La rotta delle
S I R E N E Catalogo della mostra itinerante
Centosessantasette sirene per rappresentare la reale bellezza delle donne
SIRENAS Catalogo della mostra itinerante di Libretas Viajeras con sirene ispanoamericane
CC Creative Commons copyright di ogni singola opera e dei testi di proprietà di ogni artista In copertina: opera dell’artista messicana Angélica Argüelles Kubli Prima edizione, 2017
Dagli sketch books alle Libretas Viajeras di María Antonia Rodríguez Navarro (Traduzione Tania Gibertini) Un libro di bozzetti o “sketch book” è un blocco o quaderno di fogli bianchi per i bozzetti ed è usato solitamente dagli artisti come parte del processo creativo per disegnare o dipingere. Accompagna l’artista nelle sue uscite in cerca di inspirazione, su di esso annotano impressioni e sentimenti che poi risultano utili da applicare alle opere da finire in studio. Grandi geni della pittura di tutti i tempi lo hanno utilizzato: Leonardo da Vinci, Rembrandt, Van Rijn, Goya, Turner, John Constable, Paul Cézanne, Vincent Van Gogh sono solo alcuni degli artisti i cui quaderni di bozzetti sono stati considerati opere d’arte di gran valore che si conservano in musei, creando così un genere pittorico specifico di grande interesse per studenti, collezionisti e amanti dell’arte. Oggi esiste un fenomeno universale: gli “Sketchers” che, attraverso i social network, organizzano eventi per lavorare in gruppi, per strada o in casa, quasi sempre su album da disegni con tecniche consuete come pennarelli, acquarelli e inchiostri, data la loro facilità di uso, la rapida asciugatura e il semplice trasporto. Partecipare a queste attività è un’esperienza unica. Lo Sketch Book infine è di uso privato e personale dell’artista, come mezzo per prendere appunti e fare schizzi che gli serviranno per completare le opere nel suo studio. Una Libreta Viajera (Album Itinerante) invece è condivisa dal proprietario/a con persone che disegnano o dipingono su di essa. Il proprietario è colui che stabilisce regole, argomenti, tecniche o capricci. La Libreta viaggia verso la casa di ognuno dei partecipanti, ci si prende il tempo adeguato di esecuzione e si invia alla persona seguente, precedentemente iscritta e di cui è informato il proprietario della Libreta, che segue il percorso del suo viaggio fino a quando torna nelle sue mani. È legittimo però domandarsi: come è nata l’idea di questo speciale scrigno di bellezza condiviso con altri? Nel 2012 Facebook non faceva parte della nostra quotidianità. Per interagire con altre persone su Internet ricorrevamo ai forum e ai blog; le comunicazioni non avevano la stessa immediatezza di Facebook col quale oggi conviviamo e che rientra nelle nostre abitudini. I social network non erano conosciuti. In un forum di pittura (Golfoforo), in un gruppo di amici formatosi grazie al prolungato tempo di permanenza, condividevamo attività ed esperienze. Non so se sono stata la prima, ma non ho trovato riferimenti a una simile iniziativa precedente. È stato nell’aprile del 2012 quando ho proposto l’attività delle LIBRETAS VIAJERAS. L’idea è piaciuta ed è nato questo gioco, questa attività tra amici che durò dall’aprile del 2012 al 2013 solo in Spagna. Nessuno sapeva a che punto della lista di amici, che avevano chiesto di intervenire, si fosse arrivati, nessuno sapeva che itinerario facesse, chi la passasse a chi all’interno della lista degli interessati a partecipare. Questa incognita faceva parte del gioco in cui era prevista anche la possibilità di domandare attraverso il forum dove fosse arrivata, ma non farlo significava vincere la curiosità e l’impazienza. Era un modo di dimostrare totale fiducia negli amici. C’era chi dava totale libertà d’intervento, c’era chi stabiliva regole e chi, come nel mio caso, lasciava libertà assoluta di argomento e tecniche, ma col capriccio che ogni partecipante creasse un francobollo della propria località, non acquistato, ma dipinto e inventato per me. Da questa I
Libreta nasce un gruppo Facebook, “Libretas Viajeras” in cui sono riuscita a far mettere in contatto partecipanti dal Messico con la Spagna, tra gli altri. Per altri due anni la mia libreta ha visitato la casa di nuovi e stupendi amici. Ciascun dipinto è un ricordo indimenticabile e averli tutti con me, ogni volta che sbircio il mio album, è un tesoro dal valore inestimabile. Negli altri casi gli interventi di ogni artista sono stati a volte liberi da condizioni, a volte i proprietari hanno suggerito una regola: scelta del tema, tecnica pittorica o qualche stravaganza come quella che i partecipanti si facessero fotografare durante l’intervento di pittura sulla libreta. Hanno viaggiato in paesi utilizzando la corrispondenza, mezzi di trasporto privati e quando il postino le consegna a casa, aprire la busta e dare un’occhiata al lavoro di amici, alle opere prodotte.. è come averli di fronte. È emozionante riceverle e altrettanto emozionante inviarle sperando di soddisfare le aspettative della persona che la riceve. Trasportano più di una semplice libreta. Ogni disegno, ogni dipinto è il riflesso del suo autore. Per poterlo realizzare ha messo attenzione, sentimenti, tempo, dedizione, sforzo, cura, responsabilità e, durante la realizzazione si pensa sempre alla persona che lo riceve, con l’intenzione di compiacere l’amico. Alcune libretas sono state acquistate, altre espressamente realizzate per l’evento, personalizzate dal proprietario. Sono piccoli e grandi gioielli, unici, irripetibili, sia per la libreta in se stessa sia per il contenuto artistico. Quella realizzata da me è una piccola Moleskine giapponese piegabile a fisarmonica, in modo che i costi della corrispondenza non siano gravosi. Uniscono persone di paesi differenti, creano legami che durano nel tempo. Las Libretas Viajeras consentono di condividere arte, tempo ed emozioni. Questa iniziativa dell’Associazione Culturale Progetto 7LUNE segue il percorso di cui io sono stata l’iniziatrice e la promotrice, spedendo 8 libretas tematiche con la partecipazione di più di 100 artisti dell’America Latina, con lo stesso formato piegabile a fisarmonica da me precedentemente utilizzato. Ho accettato con piacere la sfida di scrivere l’introduzione per questo catalogo e dare inizio alle sue pagine con la mia personale opera: “Tessendo sogni assieme”.
II
III
Le nostre Libretas Viajeras di Carmen Parada Una libreta viajera è un particolare supporto artistico: si dipinge su carta, ma non su di un foglio qualsiasi, scelto individualmente da chi si appresta a disegnare. Chi accetta di formar parte della “squadra” di artisti che da diversi paesi interverrà sulla Libreta in circolazione, deve adattarsi al formato e alla carta del quaderno preconfezionato che riceverà. Non solo, ma deve anche prendersi la briga di riceverlo, rispettare dei tempi per eseguire il disegno, fare attenzione a non macchiare le altre pagine, avere l’accortezza di proteggere le opere già eseguite precedentemente, imballare la libreta e spedirla al seguente artista o portargliela personalmente, con un passaggio di mano in mano che prevede appuntamenti cancellati, posticipati, impegni da risolvere, incontri a volte con sconosciuti. Accettare di far parte di tutto ciò è dunque una responsabilità e un impegno, che non tutti sono in grado di accettare. Per questo come Responsabile del Departamento de Artes dell’Associazione Culturale Progetto 7LUNE mi sento di ringraziare, assieme agli altri membri del direttivo, i più di 100 artisti di vari paesi dell’Ispanoamerica, alcuni residenti persino in Canada e Stati Uniti, per aver accolto la sfida di dare testimonianza della presenza dell’icona della sirena anche nella nostra cultura latina, raffigurando su espressa richiesta nostra, delle vere donne latinoamericane, la tradizione e la cultura delle nostre ave in queste creature splendidamente interpretata. Non solo si tratta di opere di indubbio valore artistico, campionario di svariate tecniche e della maestria di alcuni già affermati e altri meno noti pittori, incisori, fotografi di questa zona del mondo. Si tratta anche dell’intenzionalità di questi artisti di partecipare con impegno, organizzazione e rispetto ad un progetto comune, in cui si è solo una parte di un mosaico più ampio, tesserina preziosa e insostituibile di un disegno di maggior respiro. Questa collaborazione di parti diverse che si intrecciano armoniosamente è splendidamente sintetizzata dall’immagine che abbiamo scelto di mettere in copertina fra le tante possibili: un bellissimo dipinto ad olio della pittrice messicana Angélica Argüelles che come un miraggio ricco di colori emerge dalle acque a dichiarare la sua forza, data proprio dall’essere composita, dall’essere molteplice, dall’essere sintesi di molte. Far circolare 8 libretas viajeras con la stessa tematica contemporaneamente in vari paesi e riuscire a seguire le tracce di ogni sirena, rispondendo agli inevitabili dubbi di questioni pratiche di ognuno dei 136 artisti non è stato semplice. Per questo noi di Progetto 7LUNE ringraziamo esplicitamente i coordinatori di ognuna delle 8 libretas senza il cui aiuto non saremmo riusciti a far giungere a destinazione le 150 sirene che hanno invaso le coste veneziane: Angélica Argüelles, Ruth Geiler, Coco Villareal, Mònica Ramírez, Nery Muñoz. É stata un’avventura impegnativa ma entusiasmante seguire il percorso delle sirene che hanno attraversato l’oceano: alcune, selvagge e ribelli come conviene alla loro natura, sono sfuggite alla regola inizialmente consigliata, di intervenire artisticamente direttamente sulla libreta: non abbiamo potuto fare a meno di accettare anche altre splendide sirene eseguite sulla stessa carta e nello stesso formato ma giunte su fogli separati: le abbiamo integrate noi in alcune pagine lasciate vuote proprio per quello scopo. Questo catalogo cerca di riprodurre nella forma e nella sequenza, il contenuto delle 8 libretas riprodotte in ordine d’arrivo a destinazione (Venezia), ma è evidente che non tutti i commenti, aneddoti di viaggio, pensieri e riflessioni scritti sul retro del dipinto, possono IV
essere riportati qui. Vi invitiamo perciò a recarvi ad una delle prossime tappe della mostra itinerante SIRENAS per godere dal vivo dei particolari delle nostre creature mitologiche, osservando in prima persona la cura con cui sono state, magistralmente confezionate da una delle artiste partecipanti a questo progetto, la pittrice messicana Claudia Medina.
V
“La voce della sirena che risuona nei secoli” Silvia Favaretto Più di un centocinquanta splendide e agguerrite sirene hanno preso d’assalto le coste veneziane nei pressi della sede della nostra Associazione Culturale Progetto 7LUNE. Provengono tutte da mari, fiumi, laghi, acquari e vasche domestiche dell’Ispanoamerica, tutte sono state create dall’ingegno di artisti della nostra amata America Latina che hanno risposto come sempre numerosi al nostro invito di rappresentare attraverso le molteplici tecniche dell’arte, una figura così controversa e ricca di fascino. Abbiamo voluto che le sirene giungessero a noi recando traccia delle distanze percorse, dipinte su degli “album itineranti” (libretas viajeras) e che pertanto contenessero nella struttura stessa del supporto l’idea di viaggio, di movimento, di spostarsi “in branco” per andare alla conquista: una colonizzazione all’inverso, che dall’America Latina approda in Europa, e non ci strazia con violenza e saccheggi, bensì viene a portare il suo vitale messaggio di forza femminile, espressivo e colorato, di verso poetico e urlo di battaglia, di sororità, di molteplici forme di bellezza, di tutto ciò che c’è di magico nella sirena, da cui possiamo attingere per imparare da lei e dai suoi insegnamenti. Gli antichi poeti come Omero attribuirono alle sirene una splendida voce ammaliante (da cui deriva il termine “sirena” usato anche per gli odierni dispositivi sonori collocati in ambulanze e altre vetture che servono, appunto, a richiamare l’attenzione nel traffico per consentire ai veicoli di procedere in maniera più spedita), ma per quanto concerne la loro apparenza, le creature ricordate nell’odissea erano metà donna e metà uccello, e così per lo più vennero rappresentate fino al XII secolo, salvo poche eccezioni. Il Liber Monstrorum del VIII secolo fu il primo a descrivere le marinae puellae come creature per metà donne e per metà pesce, anche se per secoli le due rappresentazioni si contaminarono fino a rendere predominante la sirena dotata di coda. Ora ripercorrerò brevemente l’evoluzione dello stereotipo della sirena, per creare un background in cui collocare le opere degli artisti ispanoamericani che vi presentiamo, i quali apportano nuove interpretazioni e rivisitazioni sorprendenti di una figura che ha ancora molto da dare e da dire. La parola, o meglio la voce, è appunto il primo tratto distintivo di questo essere ammaliante che Omero consegna alla storia:il canto delle sirene attira i marinai verso gli scogli e le isole decretando il loro irrevocabile destino, in quanto muoiono divorati da loro. Non è certo, però, che si tratti di un canto vero e proprio. Potrebbe essere invece semplice parola, parola di conoscenza, di saggezza: una sapienza che in questo caso è destinata a distruggere. L’aspetto seducente della sirena, che normalmente viene immaginata come una donna bellissima dai seni nudi e dalla coda di pesce, non è quello che racconta l’Odissea: erano orribili uccellacci con artigli pronti ad afferrare e smembrare la carne dei poveri uomini attratti dall’irresistibile suono delle loro voci. Così lo racconta Ulisse, che dopo aver parlato con Circe sa che, arrivando verso un’isola vicina a Scilla e Cariddi “Alle Sirene giungerai da prima, Che affascìnan chïunque i lidi loro Con la sua prora veleggiando tocca. Chïunque i lidi incautamente afferra VI
Delle Sirene, e n'ode il canto, a lui Né la sposa fedel, né i cari figli Verranno incontro su le soglie in festa. Le Sirene sedendo in un bel prato, Mandano un canto dalle argute labbra, Che alletta il passeggier: ma non lontano D'ossa d'umani putrefatti corpi E di pelli marcite, un monte s'alza. Tu veloce oltrepassa, e con mollita Cera de' tuoi così l'orecchio tura, Che non vi possa penetrar la voce. Odila tu, se vuoi; sol che diritto Te della nave all'albero i compagni Leghino, e i piedi stringanti, e le mani; Perché il diletto di sentir la voce Delle Sirene tu non perda. E dove Pregassi o comandassi a' tuoi di sciorti, Le ritorte raddoppino ed i lacci” (Odissea XII) La mitologia ci viene in soccorso anche per conoscere l’origine della progenie delle sirene, figlie del potente Dio dei fiumi Acheloo o di Forco e Sterope, spesso accostate anche a Persefone, regina dell’Ade, poiché con la loro musica potevano rendere più dolce la discesa agli inferi. Delle sirene alate si dice che fossero fanciulle delicate che rinunciarono alla loro bellezza per essere trasformate in volatili e poter seguire l’amica Persefone rapita da Ade, adombrando quindi il simbolo di una tenera amicizia femminile che spinge al sacrificio, nella volontà di donarsi completamente per aiutare un’amica. Le ali delle sirene più antiche sembra fossero spelacchiate proprio perchè le Muse non tollerarono d’essere sfidate nel canto. Oltre ad Ulisse, lo stesso Orfeo dovette competere con loro, peraltro vincendole. Spietate, disposte al sacrificio per salvare un’amica, ambiziose e facilmente raggirabili da un uomo astuto: queste le caratteristiche che gli antichi scrittori ci hanno tramandato di loro, da Aristotele a Plinio, Ovidio ecc. E gli artisti non potevano esser da meno, riproducendo su ceramiche e cattedrali sirene-uccello come quella a Saint-Benoit-sur-Loire o quelle a due code a San Miguel en Aiguilhe de Puy, che sono tra quelle più antiche. Lo stesso Dante ha parlato delle sirene e non esattamente in modo lusinghiero: una donna invita Virgilio a far annusare a Dante il fetore che proviene dal ventre della sirena, che viene evidentemente assimilata dal poeta con una sorta di strega dai bassi istinti, simbolo di lussuria, eccesso, corruzione dell’anima. Come Dante in molti seguirono questo filone interpretativo: Sant’Ambrogio nelle sue “Opere Dogmatiche” incita a stare in allerta di fronte alla voce dolce ma mortifera delle sirene che attraggono i giovani verso il piacere, l’adulazione, i vizi mondani e altre eresie ancora. Nelle dissertazioni di San Massimo da Torino la loro astuzia è paragonata all’eloquio solenne che corrompe il cuore delle anime semplici e paragona l’Ulisse incatenato all’albero maestro della barca a un novello Cristo inchiodato alla croce, mentre le sirene sono interpretate come l’opera seduttrice del demonio. Tuttavia altri intellettuali come Cicerone, nel suo “De finibus bonorum et malorum” considerano l’attrazione esercitata dalla sirena come un potere di seduzione intellettuale, e l’istinto dei marinai a seguirle come avidità d’apprendere. Ovidio le raffigura con bei volti VII
di vergine e voce umana, Igino include nelle fattezze umane anche i seni, tirando in ballo per la prima volta la caratteristica di seduzione intrinseca al corpo della sirena che fino a quel momento non era apparsa. A quanto riportano i mitografi, l’apparizione di questo connotato di tipo sessuale allude all’ abitudine dei marinai di ricorrere ai servizi offerti dalle prostitute nei vari porti in cui le navi attraccavano, alcune di loro abili anche nel canto, altre invece veicolo di malattie veneree mortali. Nel Medio Evo l’iconografia della sirena sembra attingere a quella assiro-babilonese e ad altre tradizioni. Il passaggio da figura alata a mostro marino sembra procedere da un immaginario in cui confluiscono Giona ingoiato a metà da una balena (esempio di umano con coda di pesce), il già citato mostro Scilla dotato di testa e petto di vergine ma fianchi pullulanti di lupi e serpenti e da tritoni e uomini-pesce citati nelle più disparate mitologie di diverse latitudini: in Asia Minore Uanna, nel Mediterraneo Dagón oltre ai conosciuti Tritone e Glauco, il quale, spiaggiatosi in un’isola dell’Egeo che, dopo essersi nutrito di alcune alghe, si avvelenò ricoprendosi di squame e trasformandosi in “sireno”. La ragione della presenza fin dall’antichità della figura di uomo-pesce può risiedere nell’antica professione di pescatore che spingeva i fanciulli delle coste a sviluppare la capacità di nuotare per grandi distanze o di immergersi a grandi profondità per molto tempo per raccogliere ostriche e coralli o alla ricerca di spugne e perle. Fu così che nacquero ad esempio leggende come quella del siciliano Nicola Pesce, vissuto nella seconda metà del secolo XV, un abile pescatore che poteva trattenersi sott’acqua persino un’ora. Anche le leggende di relazioni tra uomini e sirene sono riscontrabili in varie epoche e a varie latitudini: in Europa, ad esempio, nel XVI secolo si narra di un hidalgo della Galicia che pescò nei pressi dell’isola di Lobeira una sirena e se ne prese cura finchè le caddero tutte le squame e poi la sposò generando con lei dei figli che vennero chiamati mariños. Persino nelle versioni cinematografiche del mito, normalmente la sirena vive storie d’amore con umani e ciò determina motivo di drastici cambiamenti e tragedie che a volte sfociano in un lieto fine. Primo fra tutti il cartone animato della Sirenetta nella versione Disney, in cui Ariel accetta per amore la proposta della strega-polipo Ursula che le donerà le gambe al posto della coda, pretendendo in cambio la sua splendida voce, tanto “agli uomini non piacciono le chiacchiere, s’innamorano delle donne che stanno zitte”! In questo modo la perdita della coda e della possibilità di esprimersi si configura come un sacrificio d’amore: Ariel rinuncia alla possibilità di parola e al suo lato “meraviglioso”, al suo intero mondo e alla sua famiglia, per rendersi piacevole agli occhi di un principe che in realtà era innamorato proprio della sua melodiosa voce e dei misteri celati dal suo incanto: il suo essere “normale” e per giunta muta, non lo attira più. Si tratta perciò di una metafora dell’ inutile abnegazione di chi rinuncia a sè per compiacere ipotetici desideri altrui. La sirena è speciale proprio nella sua diversità. Il suo essere ibrido è la sua cifra essenziale, una forza vorace, che attrae e spaventa al tempo stesso, e che le deriva dall’avere una parte umana e l’altra animale. Altre sono le belle fanciulle che la tradizione ha descritto con parti animalesche, come Melusine, parente stretta delle nostre sirene, capace di prendersi cura e di consolare, bellissima e saggia. Melusina è protagonista di una leggenda medievale in cui si narra di questa fata, maledetta dalla sua stessa madre e per questo tramutata per metà in serpente, discendente di una generazione di donne che hanno subito lo scotto di accompagnarsi con uomini incapaci di mantenere una promessa. Guardiana della fonte sacra, Melusina può assumere sembianze mortali ma ogni sabato VIII
farà il bagno , e immergendosi nella vasca ritroverà le sue ibride sembianze, svelando la sua coda di serpente a patto che suo marito non la veda, pena l’abbandono e la trasformazione definitiva in donna-serpente. Naturalmente il consorte rompe il patto e la vede, con le conseguenze funeste che erano state predette, perciò Melusina lancia un grido e fugge in volo dal castello nel quale tornerà solo di notte per far visita ai suoi figli. Le ondine, sono altre figure assimilabili alle sirene, presenti soprattutto nel folclore germanico. Si tratta di spiriti acquatici senz’anima, che possono ottenerne una solo sposando un uomo e concependo un figlio. Presenti in laghi, cascate, fiumi e sorgenti che attraversano i boschi, le loro voci si possono percepire mescolate al rumore dell’acqua. L’ondina più famosa è forse Lorelei. Anche nella terminologia medica esiste una patologia, la sindrome di Ondina, che ha relazione con la sua storia: la ninfa, per castigare l’infedeltà del suo sposo, lo condannò a stare sempre sveglio per respirare, cosa che l’uomo non poté sostenere a lungo, in quanto si addormentò e morì. Questa malattia, chiamata anche sindrome d’ipoventilazione alveolare centrale congenita, colpisce gravemente il controllo nervoso autonomo della respirazione. Altro caso di parentela con le sirene è quello delle Lamie, streghe rapitrici di bambini e seduttrici di giovinetti, per metà belle donne e dalla cintola in giù draghi o serpenti. La figura rientra tra le rappresentazioni della dea della notte e la superstizione popolare la dipingeva come un essere fuori dalle leggi morali che poteva essere scacciato col sale, una creatura con caratteristiche di vampiro e di strega, prima sacerdotessa di Lilith. A livello simbolico queste donne con parti d’animale, sorelle delle sirene, rappresentano secondo Juan Eduardo Cirlot, l’essenza bestiale della donna che si manifesta come essere inferiore, caratterizzato da una natura perversa e attratta dagli istinti più bassi, dagli aspetti più primitivi della vita. Questi esseri serpentiformi o pisciformi sono inoltre metafora di desiderio insoddisfatto e di autodistruzione, dato che il loro corpo anomalo non può soddisfare i desideri che il seno e il canto risvegliano. Le sirene sono, perciò, simboli delle tentazioni, dal momento che il mare adombra l’abisso inferiore, l’immagine del subcosciente. Wirth vede le sirene come simbolo per eccellenza della donna, ovverosia l’incarnazione autentica dello spirito della Terra, in opposizione all’uomo, figlio del Cielo: la fanciulla seduttrice si muove grazie alla natura cangiante della stessa luna che si rinnova costantemente, e con lei il ciclo mestruale, le stagioni, le correnti. Non dimentichiamo le sirene contemporanee che pullulano nelle insegne di locali notturni e sexy shop, quelle rappresentate come oggetto sessuale in pubblicità e televisione: slogan in carne ed ossa (o pesce ed ossa?) che svolgono l’antica funzione di “attirare”, stavolta non i marinai ma i compratori, quelle tatuate da tempi immemori sui bicipiti possenti di pirati, soldati e altri uomini di mare, quelle presenti in poesie, romanzi, microracconti e splendidamente catalogate ed interpretate da Javier Perucho, quelle rappresentate in pellicole cinematografiche, brani musicali, palcoscenici di teatro, quelle raffigurate da tutti gli artisti di ogni luogo ed epoca: questo mito sembra non avere fine, si alimenta di tradizioni, leggende, superstizioni, pregiudizi, sincretismi, fantasia, storie reali e testimonianze. É lecito chiedersi da dove derivi tanto interesse, nei secoli, per questa figura in grado di suscitare una passione inesauribile e dalla quale anche noi del Progetto 7LUNE siamo rimasti irretiti. Forse perché abbiamo tutti impresso nel nostro DNA questa immagine del nostro stesso corpo fluttuante nell’acqua: ancora oggi e dalle origini del mondo, il feto umano nuota per nove mesi nel liquido amniotico presente nella placenta materna. In IX
quasi tutte le mitologie del mondo la vita sorge dall’acqua, così come è stato confermato dalla scienza in epoche meno remote, e sappiamo che il nostro stesso corpo è formato per la maggior parte da acqua. Pertanto immaginarci sirene ci ricorda di come ci sentiamo nell’acqua, risveglia le prime sensazioni percepite. Immergersi nell’acqua significa sentire il corpo più leggero, non così difficile da sostenere, sentire i capelli muoversi in modo armonioso e fluttuante come alghe che accarezzano la pelle, percepire la freschezza di questo elemento che trasmette energia e vitalità permea lo spirito di gioia della libertà e dell’armonia. Ci auguriamo che, dopo aver sfogliato questo catalogo e visitato una delle tappe della nostra mostra itinerante SIRENAS, grazie alle preziose suggestioni che ci regalano i nostri artisti e all’immaginario che ci offrono le sirene con i loro messaggi vividi, intensi, il nostro rapporto con il loro mito e la nostra percezione del loro mondo divenga ancora più forte ed arricchente.
X
LIBRETA VIAJERA coordinata da Ruth Geiler
Argentina
1
Copertina di Ruth Geiler, senza titolo, tecnica mista, 2017.
2
Claudia Licciardone (Clau Licci), Sirena contemplativa, tecnica mista, 2016.
3
Claudia Licciardone (Clau Licci), Sirena bambina, matite colorate, 2016.
4
Claudia Licciardone (Clau Licci), Dal cielo al mare, tecnica mista, 2016.
5
Ruth Geiler, senza titolo, acquerello, 2016.
6
Ruth Geiler,senza titolo, acquerello, 2016.
7
Ruth Geiler, senza titolo, acquerello, 2016.
8
MarĂa del Carmen FernĂĄndez, senza titolo, tecnica mista, 2017.
9
Ruth Geiler, senza titolo, acquerello, 2016.
10
Manuel Rubín, Sirena, tecnica “rubinismo”*, 2016.
11
Ruth Geiler, senza titolo, tecnica mista, 2016.
12
Ruth Geiler, senza titolo, acquerello, 2016.
13
Ruth Geiler, senza titolo, tecnica mista, 2016.
14
Ruth Geiler, senza titolo, pennarello, 2016.
15
Ruth Geiler, senza titolo, pennarello, 2016.
16
Ruth Geiler, Sardine e Sirene, tecnica mista, 2016.
17
UNA SIRENA MOLTO SPECIALE: LE PAROLE CHE ACCOMPAGNANO LE SIRENE DI RUTH GEILER Cáncer que palabra con una carga tan negativa… Todo empezó con un tumor de mama en el año 2007... Decidí dar batalla y no dejarme vencer. Mis hijos tendrían el ejemplo de lo que era pelear por la vida. Comprendí que algunos debíamos rendir pruebas para transitar por este mundo, y estaba dispuesta a atravesarlas. Dos operaciones y rayos. Luego controles. Año 2010: ¿Pero ahora por qué?. ¿Por qué si cumplí al pie de la letra todas las indicaciones médicas? ¿Por qué si aún soy tan joven y tengo tanto por hacer?. Un tumor mucho más agresivo y en el mismo lugar. Única opción: extirpar el pecho. Muchas lágrimas, dolor, sensación de impotencia, enojo con el mundo, angustia, desamparo… y una decisión: vivir. Recordé las palabras de un conocido que me dijo “Dios no te pone pruebas que no puedas atravesar” y me convencí que una vez más sería capaz de afrontarlo. Me extirparon el pecho. Pocas veces en mi vida sentí tanto el amor de quienes me rodeaban... Muy duro fue ver la imagen que me devolvía el espejo, costó poder reconocerme, ni siquiera fui capaz de curar la herida, iba todos los días al médico o venía una enfermera a mi casa. Confiaba en que el resultado de la biopsia no requeriría que efectuara quimioterapia, pero me equivoqué... “Se te va a caer el pelo”. Esa frase retumba aún en mis oídos… el pelo… ese tesoro que tanto cuidaba, de cuyo color y alisado estaba siempre pendiente, otro símbolo de femineidad que me era quitado… No me alcanzaban las lágrimas para descargarme. Qué difícil era aceptar que tras perder el pecho, ahora era el turno del cabello. En un momento determinado me sentí un muñeco. Para ir a dormir me quitaba la peluca, las cejas postizas, veía que me faltaba un pecho y casi como la “mujer biónica” pensaba que en cualquier instante me quitaría la pierna y la apoyaría al costado de la cama antes de acostarme para volver a poner todo en su lugar a la mañana siguiente. Decidí que había que cambiar. Algo no funcionaba. ... La furia... bronca, enojo, desazón, tristeza, decir “basta!”. Lágrimas... muchas, más que las que creí tener. Y de repente ese “basta!”, ese “hasta aquí llegamos”. ... Y reaccioné. La vida no espera, va en avión: te subís o dejas partir el vuelo. Una decisión: pelear hasta el último momento de aliento, no bajar los brazos, no dejarme vencer, probarme a mi misma que soy fuerte, que puedo, ser un ejemplo para mis hijos de cómo se debe vivir y luchar ... Lo más difícil, el primer paso: no dudar en aceptar lo que había que hacer, drástico, radical y necesario. Luego, admitir que sola no podía. Necesitaba ayuda para casi todo, hacer las cosas en mi casa, curarme la herida (por una imposibilidad personal de ver mi cuerpo mutilado) y, un profundo deseo de mirar adelante. He llegado a compararme en ese sentido con un caballo, que por sus anteojeras, sólo tiene la posibilidad de mirar en esa dirección. Esa soy yo, siempre mirando al el futuro, del pasado únicamente puedo extraer enseñanzas, no albergo rencores, no puedo vivir sumergida en el ayer. Aprendí que ese es el único modo de avanzar. Cada mañana elegí la imagen que quería vieran de mi. Hoy ya no es grave, porque mi pecho fue reconstruido y el cabello creció, por lo que me levanto con la cara desastrosa de cualquier mortal, pero, en aquellos tiempos eso no era así. Casi un rito podía definirse mi actividad tras cada despertar: la ducha, elegir el pañuelo, las extensiones, pegar las cejas, maquillarme y no parecer jamás enferma (“Muerta antes que sencilla” fue el lema que todos me escucharon decir). ...El dueño de mi corazón, estuvo a mi lado a pocos minutos de recibir la noticia. Con él compartí las primeras lágrimas, la impotencia, el dolor y la incertidumbre de lo que me aguardaba. No dejó ni un momento de alentarme, parecía un partido “Ruth vs cáncer”, y obviamente, él era el barrabrava que más hinchaba por su equipo. Sus caricias, sus palabras de amor en todo momento, la contención que me dio y, por sobre todo, el seguir haciéndome sentir femenina pese a la falta del pecho, del pelo y mis angustias. Cada día sus frases: “qué linda estás”, “estás hermosa”, o su “te quiero”, así como aquellos “para mí estás igual o más hermosa”, eran y son, una inyección de vitalidad. 18
El “dejate de joder, vos podés” se convertía en un empujón cuando creía flaquear. ... El pelo, su pérdida repentina, la decisión de pelarme, un gran dolor y una necesidad de no pensar en eso. Dejar pasar el tiempo, tratar de manejar la ansiedad y el miedo. Advertí que hasta ese momento no había sido dueña de algo tan fundamental como es mi tiempo personal. No había reparado antes en que no valoraba mi tiempo, ni me lo dedicaba. No puedo decir que estuviera frustrada porque no es así, pero si que mi vida transcurría acomodándome a los demás, a las necesidades de quienes me rodeaban, pero no a las mías (quizás porque no advertía que las tenía o simplemente porque adoptaba la postura de sentarme a protestar por ello y no hacer nada al respecto). El cáncer es sanador dijo alguna vez Pilar Sordo, haciendo referencia a que si uno sabe capitalizar la enseñanza, el cuerpo y la mente sanan. Estoy de acuerdo con ella. ,,, Que increíble lo que me ha pasado. Sin un pecho, pelada, peleando esta batalla contra el cáncer, pude decir que me sentía tan en paz, tan tranquila, tan conforme conmigo misma, bella (como me hacían sentir) y tan feliz ... que parece mentira. ... ¿Perdí un año y medio de mi vida en un tratamiento para superar el cáncer?, -De ningún modo, gané un año y medio para conocerme y permitirme disfrutar de tantas cosas que tengo, de tantas que pasan (como cuando me paré en el estacionamiento de un comercio a fotografiar el pájaro que había en la medianera o las hojas que el otoño había teñido de rojos, amarillos y naranjas). Supe, gracias a lo que me pasó, que me quiere más gente de la que yo creía. Jamás pensé que podrían hacer una cadena de oraciones por mí, que tantas personas podían preocuparse por mi salud y estar pendientes de ella. ¿Era necesario enfermarme para eso?, -Evidentemente si, pareciera que la primera vez no había entendido el mensaje y todo volvió a ser lo que era. En realidad lo había comprendido, pero la vorágine diaria me empujó a olvidarme. Esta vez no ocurrirá, me preocuparé a diario por recordar las prioridades, me obligaré a ello. Dos formas de ver la vida: puedo decir que la enfermedad llevó un año y medio de mi vida, mi pecho, mi pelo, mis cejas, mis pestañas o, como resuelvo hacerlo: que me ha dado la chance de un año y medio para disfrutar lo que realmente es pasar por esta Tierra, ver con los ojos bien abiertos, con la mente despejada y receptiva, con el corazón en paz, reconocer los verdaderos afectos, y priorizar que si yo no estoy bien no puedo brindar nada a quienes me rodean. Hoy quiero seguir agradeciendo a la vida por esta nueva oportunidad (sin quejarme por lo que algunos debemos atravesar para ganar el derecho de estar en este mundo)... ¿Puede pedirse más?. Y yo era la que preguntaba ¿por qué...?. ¿Por qué?, para que pudiera darme cuenta de todo esto. Por eso...creo que todas somos sirenas....si nos dan amor, nos erguiremos y guiaremos su camino, pero de lo contrario, emergerá la fiera que te hará descender al Averno. Somos sirenas reales, de carne y hueso, luchando día a dia...
19
(Traduzione di Tania Gibertini:) Cancro…una parola dal fardello così pesante..Tutto è cominciato con un tumore al seno nel 2007. Decisi di lottare e di non lasciarmi sconfiggere. I miei figli avrebbero avuto l’esempio di cosa significhi battersi per la vita. Ho capito che alcuni di noi dovevano accettare delle prove ed io ero disposta a percorrerle. Due operazioni e radioterapia. Dopo, controlli. Anno 2010: “Qual è la ragione adesso?” “Perché se ho seguito alla lettera tutte le indicazioni mediche? Perché se sono così giovane e ho ancora tante cose da fare?. Un tumore nello stesso punto e molto più aggressivo del precedente. Una sola possibilità: l’asportazione del seno. Tantissime lacrime, sofferenza, sensazione di impotenza, rabbia verso il mondo, angoscia, abbandono… e una decisione: vivere. Ricordai le parole di un conoscente che mi disse “Dio non ti mette davanti a prove che non puoi superare” e mi convinsi che ancora una volta sarei stata capace di affrontarlo. Mi asportarono il seno. Poche volte nella mia vita ho sentito così tanto l’amore delle persone che mi circondavano…Fu molto dura vedere l’immagine che mi restituiva lo specchio, mi è costata fatica potermi riconoscere. Non fui nemmeno in grado di curare la ferita, andavo dal medico tutti i giorni o veniva un’infermiera a casa mia. Speravo che il risultato della biopsia non richiedesse la chemioterapia, ma sbagliavo….“Ti cadranno i capelli”. Questa frase mi rimbomba ancora in testa…i capelli…quel tesoro di cui tanto mi prendevo cura, sempre attenta al colore e alla lisciatura, un altro simbolo di femminilità che mi era stato tolto…Non bastavano le lacrime a sfogarmi. Quanto era difficile accettare che dopo aver perso un seno, ora sarebbe stato il turno dei capelli. Ad un certo momento mi sono sentita un manichino. Per andare a dormire mi sfilavo la parrucca, le sopracciglia finte, vedevo che mi mancava un seno e come fossi “la donna bionica” pensavo che in qualsiasi momento mi sarei tolta la gamba e l’avrei appoggiata al lato del letto prima di distendermi, per poi rimettere tutto al suo posto la mattina seguente. Decisi che dovevo cambiare. Qualcosa non funzionava…La furia…protesta, rabbia, malessere, tristezza, dire “basta”!. Molte le lacrime, più di quelle che credessi di avere. E all’improvviso questo “basta!”, questo “la finiamo qui”…E reagii. La vita non aspetta, è un treno che passa: o lo afferri o lo vedi partire. Una decisione: lottare fino all’ultimo respiro, non arrendersi, non lasciarmi vincere, provare a me stessa che sono forte, che posso farcela, essere un esempio per i miei figli su come si debba vivere e combattere…La cosa più difficile, il primo passo: non tentennare sul da farsi, drastico, radicale e necessario. Poi ammettere che non potevo fare da sola. Avevo bisogno di aiuto per quasi tutto, fare le faccende in casa, medicarmi la ferita (per un’incapacità personale di vedere il mio corpo mutilato) e un profondo desiderio di guardare avanti. Sono arrivata a paragonarmi in questo senso ad un cavallo che, a causa dei paraocchi, ha solo la possibilità di guardare in quella direzione. Questa sono io, sempre rivolta al futuro, dal passato posso solamente trarre insegnamenti, non nutro rancori, non posso vivere immersa in ciò che è stato ieri. Ho capito che questo è l’unico modo di procedere. Ogni mattina sceglievo l’immagine di me che volevo gli altri vedessero. Oggi non è grave, il mio seno è stato ricostruito, i capelli sono ricresciuti, per il resto mi sveglio con il viso disastroso come qualsiasi mortale, ma allora non era così. La mia attività dopo il risveglio poteva definirsi quasi un rito: la doccia, la scelta del foulard, le extension, incollare le sopracciglia, truccarmi e non sembrare mai malata (“Morta prima che trascurata” sono state le parole che tutti mi hanno sentito dire)…Il custode del mio cuore, mi è stato accanto subito dopo aver ricevuto la notizia. Con lui ho condiviso le prime lacrime, l’impotenza, l’incertezza di ciò che mi attendeva. Non ha smesso un momento di incoraggiarmi, sembrava una partita “Ruth contro il Cancro”, e ovviamente lui era il tifoso che più incitava la sua squadra. Le sue carezze, le sue parole d’amore ad ogni istante, l’equilibrio che mi ha dato e soprattutto il suo continuare a farmi sentire donna, nonostante la perdita di un seno, i capelli caduti e i timori. Ogni giorno le sue frasi: “Che bella che sei”, “Stai bene”, il suo “Ti amo”, oppure quel “Per me sei uguale o ancora più bella” erano, e sono, un’iniezione di vitalità. Il suo “Smettila, puoi farcela” è diventata una spinta quando credevo di cedere…I capelli, la loro 20
caduta improvvisa, la decisione di rasarmi, un gran dolore e la necessità di non pensarci. Lasciar trascorrere il tempo, cercare di gestire l’ansia e la paura. Mi resi conto che fino a quel momento non ero stata padrona di qualcosa di tanto fondamentale com’è il proprio tempo personale. Non mi ero accorta prima di non dar valore al mio tempo, né me lo dedicavo. Non posso dire che fossi frustrata perché non è così, ma di certo la mia vita trascorreva adattandomi agli altri, alle necessità di chi mi stava attorno, non alle mie (forse perché non sapevo di averle o semplicemente perché adottavo l’atteggiamento di sedermi a protestare senza fare nulla al riguardo). Pilar Sordo disse in qualche circostanza che il cancro è guaritore riferendosi al fatto che se uno sa far tesoro dell’insegnamento, il corpo e la mente guariscono. Sono d’accordo con lei.. È incredibile quello che mi è successo! Sebbene fossi priva di un seno, calva, lottando questa battaglia contro il cancro, fui capace di dire che mi sentivo talmente in pace, talmente tranquilla, talmente in sintonia con me stessa, bella (proprio come mi facevano sentire gli altri) e talmente felice…che potrebbe sembrare una menzogna..Ho perso un anno e mezzo della mia vita a causa di una cura per superare il cancro?, - Assolutamente no, ho guadagnato un anno e mezzo per conoscermi, per darmi la possibilità di godere delle tante cose che ho, di tante che passano (come quando mi sono fermata nel parcheggio di un negozio per fare una foto all’uccellino che stava sul muro o le foglie che l’autunno aveva tinto di rosso, giallo e arancio). Ho appreso, grazie a quello che mi è successo, che mi vuole bene più gente di quanto pensassi. Non avrei mai creduto che potessero organizzare una catena di preghiere per me, che tante persone potessero preoccuparsi della mia salute e interessarsi. Era stato necessario ammalarmi per tutto questo?, -Evidentemente sì. Sembrerebbe che la prima volta non abbia capito il messaggio e tutto era tornato a quello che era. Lo avevo capito in realtà, ma la voragine quotidiana mi aveva spinto a dimenticarmene. Questa volta non succederà, mi impegnerò ogni giorno per ricordare le priorità, mi obbligherò a farlo. Due modi di vedere la vita: posso dire che la malattia si è presa un anno e mezzo della mia vita, un seno, i miei capelli, le mie sopracciglia, le mie ciglia o, come decido di spiegarlo io: che mi ha dato la possibilità di un anno e mezzo per apprezzare realmente ciò che significa passare per questa Terra, vedere con gli occhi spalancati, con la mente limpida e recettiva, con il cuore in pace, riconoscere i veri affetti e dare priorità al fatto che se non sto bene non posso offrire nulla a chi mi circonda. Oggi voglio continuare a ringraziare la vita per questa nuova opportunità (senza lamentarmi per quello che alcuni di noi devono superare per guadagnare il diritto di stare a questo mondo)…Si può chiedere di più? E io ero quella che chiedeva –perché…? perché…?, per dovermi rendere conto di tutto ciò. Per questo…credo che tutte siamo sirene…se ci danno amore, ci alzeremo e guideremo il loro cammino, contrariamente emergerà la fiera che ti farà discendere nell’Averno. Siamo sirene reali, in carne ed ossa che lottano quotidianamente …
* Lo stile prende il nome dall’autore che vuole descrivere visualmente l’abbondanza di forme e colori. E’, secondo la definizione dello stesso artista, “un modo di viaggiare attraverso la percezione verso un luogo dove impera il piacere. Il godimento è l’atmosfera che descrive minuziosamente le circostanze”
21
LIBRETA VIAJERA coordinata da Coco Villareal
Messico
22
Copertina di Coco Villareal, senza titolo, tecnica mista, 2016.
23
Jesu Ramos, Offerta alla luna, acrilico, 2017.
24
Guadalupe Montemayor, Canto alla libertĂ , tecnica mista, 2016.
25
Lourdes MartĂnez, L’attesa, china, 2006.
26
Coco Villareal, Esisti?, acrilico, 2016.
27
Eliezer Blanco, senza titolo, tecnica mista, 2016.
28
Rosalinda de Wolberg, Cercatrice di perle, olio, 2016.
29
Margarita Isabel Rodríguez “R.C. Margarita”, Merlusina, olio, 2016.
30
Ma Irene Espinosa, Ieri non è venuto... forse domani, acrilico, 2016.
31
MarĂa EnrĂquez Caballero, Destino incerto, olio, 2016.
32
Marisol Vera Guerra, Lo spirito della sirena, penna, 2016.
33
Michelle Pรกez, senza titolo, tecnica mista, 2016.
34
Diana Aguirre, Penso a te, acrilico, 2016.
35
José Díaz Luzardo, La Virgen de Regla es nuestra Yemayá, mista, 2017.
36
Aida Ambriz. senza titolo, tecnica mista, 2017.
37
Luisa Isabel García Meriño, Hija de Ochún, acquarello, 2017. (Colombia)
38
Teófilo Villacorta Coahuide, L’attesa, acquarello, 2017. (Perú)
39
TeĂłfilo Villacorta Coahuide, Donzella abbandonata, olio, 2017. (PerĂş)
40
TeĂłfilo Villacorta Coahuide, Principessa del mare, olio, 2017. (PerĂş)
41
Vero Juรกrez, Infinito, acquarello, 2017.
42
Vero Juรกrez, Cafecito al gusto, acquarello, 2017.
43
Ana Gabriela PĂŠrez, VĂctima y victimario, fotografia, 2017.
44
Rocío Bolaños, Renacer, acquarello, 2017.
45
Dalle prime pagine di questa Libreta Viajera Guadalupe Montemayor dichiara nei suoi versi: “continuiamo ad essere sirene/ ci adorano e ci temono/ dato che proiettano in noi/ le intenzioni che hanno”. Lourdes Martínez definisce le sirene “muse indispensabili”, Coco Villareal cita la poesia di Benedetti dove il grande autore sudamericano si dichiara innamorato pur avendo la convinzione che la sirena non esiste. Dalle pagine di Eliezer Blanco parte invece un’invettiva contro l’inquinamento dei mari: fermate gli esperimenti con armi sonore! Rosalinda de Wolberg ammonisce a non soffermarsi sui difetti che galleggiano in superficie, bensì a cercare le perle in profondità, immergendosi. La Melusina di Margarita Isabel Rodríguez invece sentenzia con dure parole il fato umano: “La tragedia di Melusine è che sempre un uomo le prometterà di fare più di ciò che è capace”, lo spettro dell’incomprensibilità fra i generi riappare, come nella commovente rappresentazione di Ma Irene Espinosa: Ieri non è venuto, forse domani... Anche la sirena di María Enriquez Caballero, secondo le parole dell’artista, deve affrontare un destino incerto, ha perso la rotta, non sa più se è corrente, schiuma, o onda. Dai suoi intensi versi, Marisol Vera Guerra parla della violenza psicologica e fisica alla quale la donna è sottomessa: anche se mi strappi la carne con conchiglie affilate, anche se di me dici che non ho anima... anche senza pelle, anche senza mani, con le mie ali di cormorano, con le mie tre teste di cagna, canterò la canzone del vento sull’albero maestro dello specchio”. La sirena di Michelle Páez racchiude in sé femminile e maschile, rivestendo “la voce di tutte”, senza esclusioni, Diana Aguirre si focalizza sul mistero e la magia delle leggende marine e la libreta parte dal Messico per arrivare in Italia. Giunge dunque alle mani del cubano José Manuel Díaz Luzardo che raffigura la YemayáVirgen de Regla che l’artista lega ad un ricordo intimo dell’inizio della gestazione di sua figlia. Aída Ambriz scrive della sua sirena intrappolata nella boccia dei pesci rossi, che si chiede se un giorno il suo cuore sarà libero. Imprigionata dall’amore, piange lacrime invisibili poichè si mescolano all’acqua. La figlia di Ochún descritta da Luisa Isabel García Meriño nei suoi landai, tesse occhi per vedere dai suoi capelli, tratto distintivo della discendenza africana La dura immagine scelta da Ana Gabriela Pérez, fotografa messicana residente a Treviso, parla degli abusi a cui è sottomessa la donna, maltrattata a parole e vessata con atteggiamenti denigratori e umilianti. Ma la speranza riappare nel dipinto e nello scritto della salvadoregna Rocío Bolaños, residente a Milano, che nel dipinto intitolato “Rinascere” disegna sua figlia e scrive “Il mio focolare è il colore verde dei tuoi occhi”.
46
LIBRETA VIAJERA coordinata da Carmen Parada
Messico
47
Copertina di Carmen Parada, senza titolo, tecnica mista, 2016.
48
Claudia Medina Ă ngel, Sirena e 7 Lune, tecnica mista, 2016.
49
Sandra Luz Valenzuela, Meditazione, graffite, 2016.
50
Julia Ă valos, Tu propia trampa, acquarello, 2016.
51
HĂŠctor Orozco, Sirena Triste, tecnica mista, 2016.
52
Oligar Esquivel, Alla ricerca di Tenochtitlan, tecnica mista, 2016.
53
Laura Esther Herrera, Sublime incanto, acrilico, 2016.
54
Rosa Alicia Araujo, Sirenetto, acrilico, 2016.
55
Rebeca Alcรกntara Quiroz, Luna, acrilico, 2016.
56
Blanca Flor Senciรณn Barajas, Sirena innamorata, tecnica mista, 2016.
57
Adi Rivera, Anche le sirene vanno in cielo, tecnica mista, 2016.
58
JosĂŠ Luis RamĂrez, Sirene della notte, acrilico, 2016.
59
Maria Ă vila Leubro, senza titolo, tecnica mista, 2016. (Colombia)
60
MarĂa del Carmen Vargas CĂĄrdenas, Donna, sirena, indigena, olio, 2016.
61
Ana Gloria Trapero, Ataduras, matite colorate, 2016.
62
Enrique Loza, Sirena, acrilico, 2016.
63
Gloria Cuevas, Profundidad maternal, matite colorate, 2016.
64
Alejandra Bernal, Fuente de la Tlanchana, acrilico, 2016.
65
Araceli Lara Zamora, Chiedilo alla luna, piccola mia, tecnica mista, 2016.
66
Neftalhi Andrea Hinojosa, Sirena belligerante, matite e pennarelli, 2016.
67
Beatriz Argelia Franco, Guardando, pennarelli, 2016.
68
Poe Andrea “Qadira Azahara”, Equilibrio, tecnica mista, 2016.
69
Norela, Sirena argentata, tecnica mista, 2016.
70
Carmen Parada, Tentazioni, acrilico, 2016.
71
Mari Carmen Souza, senza titolo, tecnica mista, 2016.
72
Claudia Valencia Aldrete, Sirena Melomana, goache, 2016.
73
Ric Ruiz, Sirenas aún en pié de lucha, acquarello, 2016.
74
LIBRETA VIAJERA coordinata da Carmen Parada
Messico
75
Copertina di Diana Romero, Recuerdo de sirena, tecnica mista, 2016.
76
Samuel López Cunche, L’amo, inchiostro e acrilico, 2016.
77
Ruth Noemi Mora Papalotl, Ti trovo nella mia ombra, acrilico, 2016.
78
Raven Shinoda, Batracio, tecnica mista, 2016.
79
Hilda Sรกnchez, Offerta, acrilico, 2016.
80
David Ríos Reyes, L’importanza dell’amor proprio, tecnica mista, 2016.
81
Silvia Madrigal, Tra l’essere e la fantasia, tecnica mista, 2016.
82
Silvia Madrigal, Bellezza, graffite, 2016.
83
Carmen Parada, La chiave della libertĂ , acrilico, 2016.
84
Sawako Kiroshima, Mermaidmeow, acrilico, 2016.
85
Perla Rivera, Sacrificio, acrilico, 2016.
86
María Vázquez, Spettinata, tecnica mista, 2016.
87
Angélica Jiménez, Solitudine, acrilico, 2017.
88
Vero Juรกrez, La mia parte umana, acquarello, 2017.
89
Sugey Chรกvez, Salpicรณn de agua, acquarello, 2017.
90
Sugey Chรกvez, Bagno di purezza, acquarello, 2017.
91
Nayeli Chรกvez, Sogno infinito, acquarello, 2017.
92
Itto Aguirre, Genealogia acquatica, tecnica mista, 2017.
93
Carmen Vรกsconces, Emnciparsi dal naufragio, arte digitale, 2017. (Ecuador)
94
Elizabeth GarcĂŠs, Sirena Pittrice, acquarello, 2017.
95
Beatriz H. de la Garza, Tu mi sostieni e sbocciano fiori dai miei seni, acr, 2017.
96
Beatriz H. de la Garza, Tra conchiglie e scie siamo tutte sirene, mista, 2017.
97
Carmen Parada, SerenitĂ , acrilico, 2017.
98
Le due libretas viajeras coordinate da Carmen Parada, una con la sua copertina e una con copertina di Diana Romero, sono ricche di spunti e suggestioni: David Ríos Reyes parla di “sororità” nel retro del suo dipinto, Samuel López Cunché descrive le sirene mistiche che ritrova nella quotidianità, per la strada, mentre Ruth Papalotl si identifica nella sirena da lei ritratta, la cui coda disegna una luna con l’ombra. Raven Shinoda descrive un anfibio come emblema della metamorfosi, mentre Beatriz Argelia Franco sottolinea gli aspetti di simulazione, incanto, desolazione della donna. Alejandra Bernal rappresenta la signora dell’acqua dolce, la figura mitologica della Tlanchana, indigena a cui si chiede benedizione per la buona pesca e i matrimoni felici. Carmen Parada sottolinea come sia necessario allontanarsi dagli ami di cui è disseminato l’oceano, mentre Perla Rivera stimola ad una interessante riflessione: il sacrificio della bellezza fisica per raggiungere la bellezza eterna. María del Carmen Vargas parla della condizione delle donne indigene, prodotto del machismo che compromette l’integrità fisica di questa speciale sirena rappresentante delle donne discendenti dai pueblos originarios. Sulla stessa linea le parole scritte da Ric Ruiz che presenta la lotta della sirena contro la misoginia, la disuguaglianza e il sessismo. María Leubro invita a rompersi in mille pezzi per poi abbracciarsi di nuovo a imparare ad amarsi davvero. Enrique Loza allude all’ abbraccio della morte e una soglia da attraversare per arrivare ad un nuovo destino, mentre Ana Gloria Trapero invita a scioglere catene e legami che impediscano di raggiungere la felicità. Oligar Esquivel parla della profezia legata a Tenochtitlán. Elizabeth Garcés dipinge una sirena pittrice, Angélica Jiménez spinge a riflettere riguardo quello che si considera bellezza in una donna. Le preoccupazioni relative al passaggio del tempo identificano la natura umana rispetto a quella animale nella seconda opera di Carmen Paradache spinge a conservare la serenità nonostante la sabbia scorra nella clessidra.
99
LIBRETA VIAJERA coordinata da AngĂŠlica Arguelles Kubli
Messico
100
Copertina di AngĂŠlica Arguelles Kubli, senza titolo, tecnica mista, 2016.
101
Sergio Guerrero, Aglรกope (colei dal bel volto), olio, 2016.
102
VĂctor Peralta, Serenata dal fondo del mare, inchiostro, 2016.
103
Aida Emart, terza sirena e un cavalluccio afferrato alla luna, collage, 2016.
104
Kathia Recio, Atlachane, acuarela seca, 2016.
105
Tania Recio, La sirena del rĂo Conchos, acrilico e collage, 2016.
106
Alicia Montes de Oca, Il silenzio delle sirene, olio, 2016.
107
Ă ngeles Bravo, Sirena Terrible, acrilico, 2016.
108
Irma Soria, Donzella marina, acrilico, 2016.
109
José María Noriega Pérez “Piru”, La Madre, tecnica mista, 2016.
110
Otilia Carrillo, Sirena Spiaggiata, acquarello, 2016.
111
Patricia Palencia, Sirena amata, olio, 2016.
112
Marina Gonzรกlez Solano, giocando con le bolle, olio, 2016.
113
Andrea Magaña de la Parra “Cala”, Miraggio, olio, 2016.
114
Beatriz Eugenia Hernรกndez, Oggi sono sirena, acrilico, 2016.
115
Xรณchitl Azuara Monter, Sirena di Atlantide, acrilico, 2016.
116
Emilia Gonzålez, L’incanto della sirena, tecnica mista, 2016.
117
Yadira Soto, Uscendo dalla profonditĂ , olio, 2016.
118
Marisol Vélez Díaz, Sueño profundo, acrilico, 2016.
119
Melba Vidal, La Tlanchana, acrilico, 2016.
120
Milagro PĂŠrez Quintana, La sirena innamorata, acrilico, 2016.
121
Dolores Arena, Sirene nel mare profondo, acrilico, 2016.
122
Juan Trujillo, Sirena, acrilico, 2016.
123
Sylvia Medina, In vacanza, olio, 2016.
124
Verรณnica Jaime Morales, Mondo al rovescio, acrilico ed olio, 2016.
125
Laura Méndez, Nella profondità dell’oceano, olio, 2016.
126
Alicia Anton GarcĂa, Incantesimo di luna, acrilico, 2016.
127
Victoria GutiĂŠrrez, Il canto delle sirene, acquarello, 2016.
128
Estela Casillas DĂaz, senza titolo, acquarello e inchiostro, 2016.
129
Renata Lleidas, Tra i pesci, tecnica mista, 2017.
130
Gabriela Cadena Barrera, Sirena dai mille colori, olio, 2017.
131
Cristina Ruiz, Afrodite, acquarello, 2017.
132
Angélica Argüelles Kubli, Dea marina, olio, 2017.
133
Sergio Guerrero dichiara di eseguire la sua opera ipnotizato, preda della bella Aglaope (colei dal bel viso), mentre Víctor Peralta vede nella sirena dolcezza ed incanto, Kathia Recio si sofferma sulla sirena di Metepec, la Tlanchana e Aida Emart percepisce nell’aria l’arrivo della “terza sirena”. Tania Recio trascrive nel retro della sua bella illustrazione, il testo di una canzone del gruppo “Bandula”, la sirena del río Conchos, ballata che racconta di una sirena che alimenta con le sue lacrime un fiume che si sarebbe altrimenti prosciugato. Alicia Montes de Oca cita Franz Kafka affermando “Le sirene possiedono un’arma molto più terribile del canto: il loro silenzio” e anche Ángeles Bravo ricorre a una citazione, direttamente dall’Odissea. Beatriz Eugenia Hernández parla di donne che sono guerriere, assumendo diversi ruoli a seconda delle necessità, molteplici copioni uno dopo l’altro. Xóchitl Azuara Monter parla di Atlantide, Emilia González assimila la sirena con il poeta, Yadira Soto spinge a credere di nuovo nella magia persa a causa della quotidianità. Marisol Vélez parla alla sirena che è stanca dopo aver nuotato persino controcorrente e le raccomanda di riposare, finalmente. Milagro Pérez Quintana racconta la leggenda della sirena che si innamorò della luna, conquistandola con la musica della sua arpa. Dolores Arena raffigura anche a parole le sirene in un branco, assetate di morte, pronte a catturare gli uomini, mentre Juan Trujillo afferma un provocatorio: “le sirene hanno l’obbligo di restare solo nell’immaginazione degli uomini!”. La sagace immagine di Sylvia Medina viene commentata da una frase che ne rivela lo humor e allo stesso tempo il messaggio profondo: “la sirena va in vacanza lontano da qualsiasi mito, senza canti né incantesimo, enigmatica e seduttrice gode della sua libertà”. Estela Casillas Díaz dichiara a nome delle sue sorelle sirene: “a noi piace galleggiare tra i pesci, godere degli uomini, sedurre entrambi”. Cristina Ruiz definisce la sirena come un’ Afrodite vestita di conchiglie, coi capelli d’oro e pelle di madreperla. Veronica Jaime Morales dipinge la sua sirena a testa in giù, rifacendosi all’artista tedesco Georg Baselitz, neo espressionista, per esprimere la sensazione che lei percepisce, ovverosia che il mondo è al rovescio e che non ha senso quello che succede oggigiorno nella società. Una sirena dunque che spinge ad esigere un cambio di prospettiva.
134
LIBRETA VIAJERA cordinata da Nery Muñóz López
Messico
135
Copertina di Nery Muñóz López, Vanidad sin precio, tecnica mista, 2016.
136
Abril Salgado, senza titolo, tecnica mista, 2016.
137
Alicia JimĂŠnez, Il sogno rosso della sirena, tecnica mista, 2016.
138
Francisco G Merino, Le acque profonde di Alicia, acrilico, 2016.
139
Gabriell Arce Siqueiros, Blu profondo, tecnica mista, 2016.
140
Ari de la Mora, Anonimo, tecnica mista, 2016.
141
Ă ngel Waz, Fra tanti miti e racconti, olio, 2016.
142
Manuel Cantoral, senza titolo, tecnica mista, 2016.
143
Ivanocs, La sirena spiaggiata, tecnica mista, 2016.
144
La libreta viajera che arriva dal Chiapas illustra anche a parole la profondità del mare, il fruscio delle onde come il battito del cuore nell’opera di Gabriell Arce Siqueiros, le acque agitate che a volte incarnano la passione e le emozioni forti, a volte invece la pacatezza della bonaccia. Queste sirene arrivano alla terra ferma con le esperienze della vita, attraverso la conoscenza e l’autonomia: insegnano a sapersi “staccare”, a controllare gli istinti e a muoversi senza paura verso il riconoscimento di sé stesse. La sensazione dell’obiettivo raggiunto, promettono, è la più dolce in assoluto. Anche nello scritto di Francisco G. Merino l’oceano simbolizza la libertà, la forza, lo spirito dinamico: vede la sua sirena immersa nella primavera, metafora di ciò che rinasce, offrendo una nuova possibilità di scelta, la rinascita, il nuovo inizio. Sono sirene, quelle di questa libreta, che dichiarano di voler stare in evoluzione costante, sempre in movimento, senza opporre resistenza al destino, lasciando fluire l’energia, assecondando il movimento delle correnti marine.
145
LIBRETA VIAJERA coordinata da Gina Palafox
MESSICO
146
Copertina di Gina Palafox, senza titolo, tecnica mista, 2016.
147
Gina Palafox, Asteroidea y la sirena, acrilico e pastello, 2016.
148
Guadalupe Araceli Moreno Carrillo, Emergendo, tecnica mista, 2016.
149
E. GarcĂŠs, Sirena Migrante (Tlanchana porti il sole nella valigia), acqar, 2017.
150
Lau Sepúlveda, Preludio in sintonia d’amore, olio, 2017.
151
Carmen Arriola de Locca, Sirena Dragรณn Koi, tecnica mista, 2016.
152
Margarita Tellez Meneses, Sirena Ascendente Fenix, tecnica mista, 2016.
153
Susana G. Aguirre, senza titolo, tecnica mista, 2016.
154
Lupita Anaya, Sirena de agua dulce...Sirena que vives en el rĂo, mista, 2016.
155
María Elba Verdín Ruiz, la serenità della sirena, Matite colorate, 2016.
156
M. E. VerdĂn Ruiz, sirena petenera del Mar que canta huapangos, mista, 2016.
157
Bruno Valente VerdĂn LĂłpez, senza titolo, tecnica mista, 2016.
158
Omar Enrico, AĂąorando a la juventud, tecnica mista, 2016.
159
Omar Enrico, Sognando le 7 lune, tecnica mista, 2016.
160
FermĂn Tapia, Alfonsina 2, acquarello, 2016.
161
I testi che gli artisti hanno scelto come accompagnamento ai loro dipinti alludono alla simbologia contenuta nelle immagini. Gina Palafox chiarisce che le stelle marine che ha deciso di rappresentare, presenti in tutti i mari del mondo, hanno la straordinaria capacità di rinnovare i propri arti e i propri tessuti. Lei sceglie di rappresentare il rinnovamento attraverso questi esseri complessi, alludendo alla capacità insita negli esseri umani di rinnovare emozioni e spirito. Da Gina Palafox la libreta viajera è passata, via posta, alle mani di Araceli Moreno. Le parole che l’artista aggiunge sono fondamentali per capire l’importanza simbolica della sua sirena, che appare seduta sulla luna: la sirena è colei che ama esplorare e riesce ad utilizzare ciò che ha con sé (l’ancora) per raggiungere il suo obiettivo e sperimentare nuovi mondi; sa di appartenere al mare, ma si permette di uscire dal mare quando è in tempesta, per cercare la calma della luna: ha nel suo grembo una conchiglia, simbolo di cura. Questa capacità della donna-sirena-serena di uscire dal caos e dall’angoscia per ritrovare la pace utilizzando i mezzi che ha a disposizione è una metafora di grande valore, anche per le nostre bambine. Il messaggio dell’importanza dell’esperienza, della decisione e della trasformazione prosegue anche nelle parole scritte da Carmen Arriola de Locca che assimila la sua sirena al Drago Koi. Si rifà alla leggenda della carpa che supera vari ostacoli per risalire la cascata della porta del drago, in un’antica leggenda cinese, e fa riferimento alla capacità della donna-sirena di sviluppare costanza, perseveranza, coraggio per affrontare le avversità della vita. L’idea della trasformazione prosegue nel riferimento alla Fenice utilizzato da Susana G. Aguirre per la sua sirena, di cui scrive, citando J.C. Cooper, “la sirena rappresenta l’unione del principio della Grande Madre con l’acqua”, è una sirena che, secondo quanto dichiarato dalla pittrice, col suo potere femminile porta l’uomo fino alla profondità dei sentimenti, delle emozioni, dell’elemento irrazionale e intuitivo. Nella poesia che segue, Susana come Sirena Fenice dichiara “Sono unica, di carattere, gran cuore e imperfettamente felice”. La ricerca della felicità e l’accettazione dell’imperfezione è un altro punto fondamentale su cui focalizzare l’attenzione in un’ottica di rivalutazione della simbologia delle sirene. Giunta a Guanajuato, la Libreta Viajera coordinata da Gina Palafox passa alle mani di Lupita Anaya che sceglie di abbordare il tema della politica statunitense di Trump raffigurando il famoso muro con filo spinato che separa gli Stati Uniti dal Messico e accompagna la sua illustrazione con questa frase: un muro non potrà allontanarci, non potrà separare il sangue o le relazioni, la sirena d’acqua dolce non conosce frontiere, il fiume è di tutti, tuo e mio”. Un canto che reclama uguaglianza a fratellanza e che fa proseguire la libreta fino a María Elba Verdín Ruiz che realizza due opere e fa sperimentare il tema della sirena anche al nipotino Bruno Valente di 7 anni. María Elba cita i famosi versi di Amado Nervo e descrive la sua sirena in pace con se stessa e in armonia con l’ambiente che la circonda. Nel secondo dipinto María Elba raffigura il suo tema preferito, la catrina, accompagnandola con una canzone popolare messicana “la petenera”. Brunito scrive dietro alla sua sirena un racconto su di una piccola sirena che aiuta gli uomini in un naufragio e Fermín Tapia Ortiz spiega a parole la sua immagine Alfonsina n.2 che fa parte della sua serie “50 sin cuenta” riferita ai femminicidi avvenuti sul golfo del Messico e nel Pacifico, dedicata alle donne gettate nel Rio Bravo e nel Suchiate.
162
LIBRETA VIAJERA coordinata da Mรณnica Villareal
Messico
163
Copertina di Roma Sanchez, senza titolo, tecnica mista, 2016.
164
K. Sรกnchez Mills, Emancipazione e trasformazione,mista, 2016. (Costa Rica)
165
YazmĂn Belcerra, Immensa luna, olio, 2017.
166
MĂłnica RamĂrez, Ascoltando il mare, tecnica mista, 2016.
167
BenjamĂn P Varela, Catrina che sorride suonando una canzone, mista, 2016.
168
Anna Marie Sånchez Varela, La cena è pronta, matite, 2016.
169
Ruby Ă vila, En mi propia burbuja,tecnica mista, 2016.
170
Irma Garza GarcĂa, Ricordo marino, acrilico, 2016.
171
Fany Mares, LibertĂ ,acrilico, 2016.
172
Magdalena G RamĂrez, Los Sirenos, olio, 2016.
173
Alicia Miner, Sirena della lotteria, acquarello, 2016.
174
Alicia Miner, Sirena felice, acquarello, 2016.
175
Questa libreta Viajera ha poche parole ad accompagnare vistose immagini che, probabilmente, parlano da sole: la sirena che perde le sue piume, con la testa avvolta in un fazzoletto, è un toccante omaggio alle donne che con serenità e forza hanno affrontato uno dei mali peggiori del nostro secolo: il fiocchetto rosa sul seno della sirena non lascia spazio a dubbi né a commenti nella raffigurazione ad opera di Roma Sánchez. Dal retro dei dipinti Kristina Sánchez Mills parla della sua sirena che rappresenta la donna coraggiosa che vive in ognuno di noi, colei che riesce ad emergere dalla profondità rompendo le catene che la ingabbiavano, colei che, secondo le parole dell’artista, dice basta all’abuso, alla tristezza, alla malsana dipendenza. La sua sirena si muove verso la luce e nel percorso si trasforma in un essere differente, più forte nella sua magnificenza. Anche se i demoni del passato la inseguono, nuove creature amiche l’accompagnano e sul cuo capo la corona-corna-corallo che definisce la sua radiosa metamorfosi. La sirena di Anna Varela, invece, illustra una scena in cui la dea Coyoxauhqui sfuggita dal cerchio di pietra e trasformatasi nella regina dell’oceano, sta seduta sui gradini di una piramide tenendo in una mano un pesce arancione con dei capelli e lo da in pasto agli squali. Accanto a lei c’è Coatlique, divinità legata alla terra, madre degli Dei, simbolo di potere e protezione. Alicia G de Miner scrive invece l’origine della sua sirena della lotteria messicana, nata in Italia nel 1400, arrivata nella Nueva España nel 1769 ad uso delle classi privilegiate nella colonia. Passatempo quotidiano tra i soldati durante la guerra d’indipendenza, ha formato una parte essenziale nelle fiere popolari itineranti messicane e dalla fine del 1800 “La lotería” è diventata un classico gioco da realizzare in famiglia, per questo motivo l’artista l’associa al focolare domestico e all’unione familiare.
176
Postfazione di Silvia Favaretto Come di consueto, cerco di riunire in queste ultime pagine, alcune delle molteplici suggestioni che gli artisti ci hanno offerto con le loro immagini e che si trovano racchiuse nelle “Libretas Viajeras” che hanno per tema le sirene. In pochi casi è stato scelto di rappresentare la versione più antica, quella passeriforme della sirena (Ángeles Bravo), associata in altri casi, e convivente, con quella dotata di coda di pesce, come nella copertina della libreta coordinata da Nery Muñoz. Uno dei temi più ricorrenti è senza dubbio la connessione tra sirene e musica che deriva dalla tradizione presente nei bestiari medievali, in cui sono raffigurate tre sirene dotate ognuna di un diverso strumento espressivo: canto vocale, flauto e lira. Nel Bestiario Valdese tutte e tre cantano, ma la voce in due di loro viene paragonata al suono di flauto o arpa, e così vengono assimilate alla rappresentazione dell’amore: si dice che avevano ali e artigli perché l’amore vola e ferisce e che dimoravano tra le onde perché è dal mare che nacque Venere”. Sirene associate a note musicali sono ad esempio, quella dipinta da Guadalupe Montemayor Salazar e Víctor Peralta. Le sirene rappresentano, dice Meri Lao, quanto di incomprensibile e minaccioso si paventa nella femminilità: umide, molli, madide, intrise, turgide, lascive e viscide, marce e lunari, poichè legate all’astro notturno che governa le acque. Per questo anche la luna appare in varie di queste rappresentazioni: Enrico, Moreno, Arriola de Locca, Verdín Ruiz solo per citarne alcuni. La sirena procace e sessualmente attraente è stata raffigurata da alcuni artisti come Sergio Guerrero. L’avvicinamento tra l’immagine della sirena e quella della prostituta risale persino a Boezio che parla della pericolosa seduzione delle donne pesce come quella di una “prostituta da teatro”. Anche Cecco d’Ascoli racconta di come le sirene costringessero i marinai a rapporti carnali prima di divorarli, personificando in questo modo la lussuria e la crudeltà. La sua attitudine ribelle di sfida e spregio del destino umano è riferita da Philippe de Thaon in questo modo: “la sirena canta se c’è tempesta e piange quando il tempo è bello”. Questa capacità della sirena di cantare in mezzo alla tempesta può essere interpretato invece come un valido insegnamento. Molte sono le sirene dei nostri artisti ispanomaericani che mostrano sirene in grado di muoversi libere anche quando le circostanze sono loro avverse: pescate con ami impietosi, attirate in reti o inseguite dagli squali, esse sanno muoversi alla ricerca della luce e dell’armonia (Samuel López Cunché, Irma Soria, Carmen Parada). Se di aggressività si parla, si allude a un’ attitudine di lotta necessaria (Hinojosa) , oppure di una una crudeltà auto-inflitta (Leubro). La sirena che si azzanna ricorda anche la polinesiana Vari-ma-te-takere che per riprodursi strappa a morsi un pezzo del proprio fianco destro. La libertà della sirena rifiuta la sofferenza, a meno che essa non sia appunto scelta consapevolmente. Normalmente, è più facile che le sirene vengano rappresentate allegre, come le havfruene scandinave, il cui tratto espressivo è proprio una risata caratteristica. Nel caso dei nostri artisti, la sirena forse più ridente e giocosa è quella di Manuel Rubín. Il lato selvaggio della sirena non tollera alcun ostacolo alla sua volontà. L’unico modo per assoggettarla è imprigionarla: per questo appaiono sirene collocate in acquari, vasche e persino in una tazza (Ambriz, Chávez, Verónica Juárez): come la Murgen catturata secondo la leggenda nel Seicento in terra anglosassone ed esibita nelle fiere dentro ad una cisterna d’acqua. Accostare la sirena ad altri animali, marini e non, risulta pure come una modalità tradizionale. Pesci e polipi appaiono in varie di queste raffigurazioni: Lourdes Martínez, Margarita Telles Meneses, Diana Romero o Gina Palafox con il suo splendido mondo 177
marino. Nel Bestiario Toscano ci si riferisce a tre nature della sirena: metà donna e metà pesce, metà donna e metà uccello e per finire quella metà donna e metà cavallo. Il cavallo o cavalluccio marino appare in vari di questi disegni ispanomaericani (Montes de Oca, Emart, Verdín Ruiz). Il pesce è ovviamente l’animale più volte presente in prossimità della sirena, sia nella sua carica metaforica di simbolo di Cristo pescatore d’anime, che come compagno ed amico delle fanciulle, a volte si tratta di delfini ritratti come guida e compagni di nuotate (Sánchez-Mills, Sepúlveda), tranne nel caso dei pescecani che assurgono ad emblema del vittimario, del violentatore (Parada). La sirena pescata viene raffigurata con un amo che pretende di attirarla, a volte usando come esca un cuore innamorato (López Cunché), altre un frutto proibito (Parada). Cioè che più interessa alle sirene ritratte è perciò l’amore e il piacere, ma dall’altro lato anche la conoscenza, la cultura, che viene raffigurata come la chiave di tutto (simbolico a questo rispetto il dipinto di Carmen Parada). Alla sirena preda fa da contrappunto la sirena pescatrice (già definita da Yeats che descrive sirene che “vanno a pesca di uomini con i sogni per esca”) o meglio “guerriera”, rappresentata però in pochi casi (Hinojosa, Ruiz). La sirena oltraggiata, ferita o uccisa e un’altro dei topoi ricorrenti (Vera Guerra, Juárez, Romero, Tapia Ortiz) per utilizzare il suo potente simbolismo nella lotta contro la violenza di genere. Anche in merito a questa tematica, possiamo ricordare come il “corpo della sirena” sia stato nei secoli oggetto di interessi illeciti e morbosi. Nei secoli c’è stato un commercio clandestino di supposti cadaveri di sirena: principalmente si trattava di razze morte e chirurgicamente modificate dall’uomo per dar loro l’apparenza di un corpo umano. Questa pratica fuorilegge ha dato luogo a creazioni che hanno persino un nome proprio: Jenny Haniver. Sembra che venissero così battezzati i cadaveri modificati di questi animali, il cui nome deriva dall’anglicizzazione dal francese di Jeune d’Anvers (la ragazza di Anversa) poichè furono i pescatori britannici di questa città a dare inizio a questo commercio fraudolento. Consueti attributi delle sirene sono lo specchio ed il pettine. Lo specchio è normalmente quello ad impugnatura, tondo su croce, simbolo di Venere e del femminile in generale, oggetto che riflette come l’acqua stessa e che mostra fedelmente, senza lusingare, ciò che in lui si riflette. Il pettine è un oggetto strettamente legato ai lunghi capelli delle sirene, caratteristica che le rende attraenti, e sono legati alla loro sessualità, come appare evidente nella raffigurazione di Rosalinda de Wolberg o in Susana G. Aguirre. Le sirene incarnano l’erotismo femminile eppure sono prive di canale vaginale in quasi ogni raffigurazione. All’interno di questo catalogo alcuni artisti come Teófilo Villacorta, restituiscono invece alle sirene l’organo per permette loro non solo di risvegliare il desiderio altrui, ma anche di provare piacere e godimento. Già Antonella Barina aveva nel 1980 sostenuto che alla sirena fossero stati cancellati i genitali per punire la sua ribellione all’autorità del maschio. Restituirle la vagina in questi dipinti è un modo per renderla nuovamente abile di provare piacere, di non essere solo oggetto di desiderio, ma soggetto, fornirle labbra per parlare e per sentire. Alcune di queste sirene sono invece volutamente androgine, come nel caso del pensieroso e delicato essere di María Enriquez Caballero, o dell’oscuro anfibio di Raven Shinoda o addirittura sono dichiaratamente portabandiera delle tante sirene transgender che, dalle squame di una coda che sembra la trama di provocanti calze a rete, lasciano trasparire un organo sessuale maschile che si coniuga con esuberanti seni in vista: si tratta dell’opera che chiama in causa una questione controversa e necessaria, il femminile nel maschile, il maschile nel femminile, di Michelle Paez. Sirene più evanescenti, tracce di code dorate e delicati capelli d’alga appaiono invece come presenze fuse alla natura, all’elemento dell’acqua (Aguirre, Geiler), formate da trasparenze e giochi di luce (Arguelles), alcune delle sirene divengono persino astratte (Geiler) o si trasformano in calligrammi di pinne ed ossa (altra di Geiler) 178
Sono sirene rappresentate in varie fasce d’età: dalle bimbe (Licci) alle preadolescenti (Emilia González), adolescenti (Azuara Monter), a sirene mature (Parada), si esplicitano in alcuni casi persino i legami familiari: mamme sirena che leggono fiabe ai loro piccoli (Rodríguez Navarro) o li allattano (Araujo) o convivono come sintesi generazionale in un’unica immagine (Bolaños, Itto Aguirre). La coda, curiosamente, non sempre appare: ci sono donne che sono evidentemente sirene anche senza rendere manifesto il loro attributo principale, come nel caso dell’iperrealistica Melusina di Margarita Isabel Rodríguez o nella dea delle acque di Ruth Geiler. A volte la coda c’è ma è troncata (Juárez), lasciata di lato (Ivanocs), abbandonata come un organo posticcio, di ricambio (Geiler), o appesa ad asciugare come un capo di abbigliamento (Medina). La sirena che lascia coda, conchiglie e alghe stese ordinatamente ad asciugare è forse una divertente allusione alla sua fuga in cerca d’avventure verso la barca di pirati che s’intravede a largo: una sirena che si è stancata di restare incagliata agli stereotipi e cerca invece nuove strade da percorrere. Gli artisti di queste Libretas Viajeras, infatti, non hanno disdegnato nemmeno lo humor: le sirene giungono a Venezia a bordo di una gondola (Villareal), oppure si trovano strette assieme a pesci commestibili nella scatola delle sardine (Geiler) Ma principalmente, le sirene di questo catalogo sono donne reali, creature di vera carne e desiderio, vicine a noi donne comuni e si discostano perciò dalla vaghezza del mito, dalla lontananza dovuta alla loro immortalità di figure mitiche. Esse sono invece esseri terreni ma mai banali, che si muovono in acque reali, quotidiane. Di sirene reali ci sono varie testimonianze anche nella storia. Nel Cinquecento sembra che un ebreo di Metz, seguendo una ricetta di Avicenna, ottenesse una mandragora-sirena piumata, con testolina di ragazza che visse solo cinque giorni. Si dice anche che Alessandro il Grande fosse venuto a contatto con delle sirene testimoniando di averne catturate due, di carnagione candida come la neve e con lunghe chiome fluenti. Alberto Magno nel XII secolo attribuisce loro seni penduli e lunghi per poter allattare i piccoli e consiglia di evitarle gettando dalla nave bottiglie vuote con le quali le sirene possano giocare finchè la nave non sia andata oltre, espediente questo che ricorda da vicino le biglie offerte agli indios dai primi conquistadores. Nel 1500 Lycosthénes parlava di un avvistamento di una coppia di sireni, lei con capelli corvini parzialmente raccolti e mammelle prominenti, apparsi in un fiume egiziano che, a testimonianza dei presenti, durante tutto il tempo che furono esposti allo sguardo della folla restarono muti, per poi sparire nuovamente tra le acque. Teodoro Gaza nel 1400 aveva trovato dopo una tempesta una donna-pesce agonizzante sulle sabbie del Peloponneso e la rimise in acqua salvandola, ma perdendola per sempre. Ulisse Aldrovani, medico bolognese del 1500, pescò e descrisse una carpa dal volto umano. Ma non serve andare così indietro nel tempo per trovare riferimenti alle sirene come esseri autenticamente esistenti: in tempi più recenti, nel 1961, l’azienda di promozione turistica della Isla of Man offrì una ricompensa per chi fosse riuscito a pescare una sirena. Raffigurate su polene e antichi mappamondi, le sirene appaiono per la prima volta in terra latinoamericana, secondo il resoconto di Colombo, il 9 gennaio 1493, e qualche decennio dopo sono avvistate al largo delle coste dell’Ecuador e vengono raffigurate nella carta topografica di Peter Apian nel 1545: sono le prime sirene ispanoamericane ad essere illustrate. Sempre nel 1500 si legge nella storia del Portogallo che al re Manuel I in seguito alla la scoperta del Brasile furono portate una donna e una ragazza marina, ultime superstiti di un gruppo catturato nelle Indie, che però non parlarono mai e vissero tristemente per alcuni anni in cattività. I Marinai spagnoli, di fatto, ancora nel 1800 erano tenuti a fare giuramento davanti a un magistrato, di non darsi a commerci carnali con le Sirene nelle rotte verso l’America Latina. 179
I tratti che caratterizzano le sirene come ispanoamericane, tra le opere racchiuse in questo catalogo, sono evidentemente le caratteristiche somatiche (come nel caso delle sirene di Carmen Arriola de Locca, Maria Leubro, Luisa Isabel Meriño o Fermín Tapia) o le decorazioni e i tessuti che vi compaiono (Esquivel, Cháves) piuttosto che i chiari riferimenti a leggende locali (Alejandra Bernal, Mabel Vidal), personaggi del folclore (Maria Elba Verdìn, José Luis Ramírez, Benjamín Varela), allusioni al passato precolombiano (Anna Varela, Oligar Esquivel) e alle popolazioni originarie (Maria del Carmen Vargas) In particolare compare Chalchiuhtlicue, che in nahuatl significa “Colei che veste la gonna di giada”, assimilata a Matlalcueitl e alla Malinche, per quanto riguarda la zona del Messico o a Yemanjá nella cultura afrocubana (Díaz Luzardo) e non solo, in quanto è una divinità molto presente anche in Colombia e Brasile. Alcune di queste opere sono chiare citazioni di passi letterari di struggente bellezza come “le sirene hanno un’arma ancor più terribile del loro canto, ed è il loro silenzio” (Kafka) citato nel titolo dell’opera di Alicia Montes de Oca, o “Tutte le onde che passavano mi hanno promesso la tua vela” (Charles Maurras), nel delicato “Ieri non è venuto.. forse domani” di Ma Irene Espinosa. E ancora, la sirena con una maschera di carne, di Beatriz Argelia Franco, ricorda i versi di Baudelaire: “Prendi la maschera di una sirena/ fatta di carne e di velluto”. Impossibile non pensare ad Alfonsina Storni, poeta argentina, guardando l’opera di Fermín Tapia e il suo titolo, una citazione dichiarata dalla stesso artista della canzone “Alfonsina y el mar” di Félix Luna e Ariel Ramírez, testo che ricorda la morte volontaria per annegamento, di una delle più grandi poete argentine, la Storni. Si tratta di sirene che non disdegnano nemmeno l’attualità: la sirena-gitana di Lupita Anaya appoggiata ad un muro che separa e ghettizza è una chiara allusione alla politica di Trump che fomenta l’odio in particolare nei confronti degli immigrati messicani. Non tutti i nostri pittori sono caduti nella tentazione di dare bei volti alle sirene da ritrarre: alcune sono volontariamente ritratte di schiena (Enrico, Geiler, Susana G. Aguirre, Palafox) per lasciare il dubbio riguardante la reale bellezza del viso, altri hanno volutamente delineato un profilo o una costituzione poco attraente (Enrico, Parada). Un ultimo cenno, queste sirene, lo fanno sulla questione ambientalista, ecologista, che l’argentino Rodolfo Wilcock aveva avvicinato raccontando di una sirena vittima dell’inquinamento, impanatanata nel fango con i bimbi che le lanciano cocci e gli uomini che le dicono volgarità: è Eliezer Blanco che nel commento autografo alla sua sirena fa un riferimento all’inquinamento acustico delle acque e alla responsabilità dell’uomo nei confronti dell’ambiente. Sono sirene sagge quelle qui presentate, specchio della saggezza femminile di tutti i tempi e di tutti i luoghi, abbastanza franche e trasparenti da non nascondere debolezze e nostalgie, ma pronte anche a guardare in faccia la realtà e ad affrontarla, oltre ogni fiaba, leggenda e mito.
180
INDICE DEGLI ARTISTI AGUIRRE DIANA M. AGUIRRE ITTO AGUIRRE SUSANA G. ALCÁNTARA Q. REBECA AMBRIZ AIDA ANAYA LUPITA ANTON GARCÍA ALICIA ARAUJO MUÑOZ ROSA ALICIA ARCE SIQUEIROS GABRIELL ARENA DOLORES ARGÜELLES KUBLI ANGÉLICA ARRIOLA DE LOCCA CARMEN ÁVALOS JULIA ÁVILA RUBY AZUARA MONTER XOCHITL BELCERRA YAZMÍN BERNAL ALEJANDRA BLANCO ELIEZER BOLAÑOS ROCÍO BRAVO MEMIJE ÁNGELES CADENA BARRERA GABRIELA CANTORAL MANUEL CARRILLO OTILIA CASILLAS ESTELA CHÁVEZ NAYELI CHÁVEZ SUGEY CUEVAS NAVARRO GLORIA DE LA MORA ARI DE WOLBERG ROSALINDA DÍAZ LUZARDO JOSÉ MANUEL EMART AIDA ENRICO OMAR ENRIQUEZ CABALLERO MARÍA ESPINOSA TORRES MA IRENE ESQUIVEL OLIGAR FERNÁNDEZ MARIA DEL CARMEN FRANCO BEATRÍZ ARGELIA G. MERINO FRANCISCO G. RAMÍREZ MAGDALENA GARCÉS ELIZABETH GARCÍA MERIÑO LUISA ISABEL GARZA GARCÍA IRMA GEILER RUTH 181
GONZÁLEZ EMILIA GONZÁLEZ SOLANO MARINA GUERRERO SERGIO GUTIÉRREZ VICTORIA HERNÁNDEZ BEATRIZ EUGENIA HERRERA LAURA ESTHER HIDALGO DE LA GARZA BEATRÍZ HINOJOSA NEFTALHI ANDREA IVANOCS JAIME MORALES VERÓNICA JIMÉNEZ ALICIA JIMÉNEZ ANGÉLICA JUÁREZ VERO KUROSHIMA SAWAKO LARA ZAMORA ARACELI LEUBRO MARÍA LICCI CLAU LLEDIAS RENATA LÓPEZ SAMUEL "CUNCHÉ" LOZA ENRIQUE MADRIGAL SILVIA MAGAÑA DE LA PARRA ANDREA MARES POTTER FANY MARTÍNEZ LOURDES MEDINA ÁNGEL CLAUDIA MEDINA SYLVIA MEESER CARLA MENDEZ LAURA MINER ALICIA MONTEMAYOR SALAZAR GUADALUPE MONTES DE OCA ALICIA MORA RUTH NOEMI "PAPALOTL" MORENO CARRILLO GUADALUPE ARACELI MUÑOZ LÓPEZ NERY NORELA OROZCO HÉCTOR PÁEZ MICHELLE PALAFOX GINA PALENCIA PATRICIA PARADA CARMEN PERALTA VICTOR PÉREZ ANA GABRIELA PÉREZ NORIEGA JOSÉ MARIA PÉREZ QUINTANA MILAGRO POE ANDREA 182
R.C. MARGARITA RAMÍREZ JOSÉ LUIS RAMÍREZ MONICA RAMOS JESU RECIO KATHIA RECIO TANIA RÍOS REYES DAVID RIVERA ADRIANA RIVERA PERLA RODRÍGUEZ NAVARRO MARIA ANTONIA ROMERO DIANA RUBÍN MANUEL RUIZ CRISTINA RUIZ RIC SALGADO ABRIL SÁNCHEZ HILDA SÁNCHEZ MILLS KRISTINA SÁNCHEZ ROMA SÁNCHEZ VARELA ANNA MARIE SENCIÓN BARAJAS BLANCA FLOR SHINODA RAVEN SORIA IRMA SOTO YADIRA SOUZA MARI CARMEN TAPIA ÓRTIZ FERMIN TELLEZ MENESES MARGARITA TRAPERO VÁLDEZ ANA GLORIA TRUJILLO JUAN VALENCIA ALDRETE CLAUDIA J. VALENZUELA SANDRA VARELA BENJAMíN P. VARGAS CÁRDENAS MARIA DEL CARMEN VÁSCONES CARMEN VÁZQUEZ MARIA VÉLEZ DÍAZ MARISOL VERA GUERRA MARISOL VERDÍN RUIZ MARIA ELBA VERDÍN LÓPEZ BRUNO VALENTE VIDAL MELBA VILLACORTA CAHUIDE TEÓFILO VILLARREAL COCO WAZ ÁNGEL
183
Il presente catalogo è stato realizzato digitalmente da Silvia Favaretto e Daniele Rubin dell’Associazione Culturale Progetto LUNE al solo scopo di diffondere le opere in esso contenute e lasciare testimonianza del percorso compiuto dalla Mostra Itinerante. Dove non altrimenti menzionato le traduzioni sono di: Silvia Favaretto Per contattare l’associazione: info7lune@gmail.com www.progetto7lune.it
184