Gometra - Press Release

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“Tra Legno e Acqua�: come salvare e incentivare il restauro delle imbarcazioni d’epoca?

Un convegno sulle imbarcazioni d'epoca per salvare, tutelare e incentivare il restauro degli scafi storici e tradizionali Posted on marzo 1, 2015 by La Redazione in Barche&Cantieri // 0 Comments


Grande partecipazione per il convegno nazionale dell’Associazione Vele d’Epoca Verbano. La seconda edizione dell’evento sulla tutela delle imbarcazioni di valore storico svoltosi al Golf Club di Travedona Monate ha riunito più di ottanta partecipanti da tutta Italia, fra cui i maggiori esperti del settore. Lo scopo primario dell’Associazione Vele d’Epoca Verbano rimane quello di salvare, tutelare e incentivare il restauro delle imbarcazioni d’epoca. Come è emerso dal convegno, tuttavia, per far comprendere l’importanza culturale di questo patrimonio è necessario valorizzarlo nel contesto territoriale, ricreando lo storico legame da sempre esistito fra nautica e tradizioni locali. Un esempio da copiare, secondo Giovanni Panella, delegato italiano della European Maritime Heritage Organisation, è certamente il Festival della Loira: “Le feste della marineria che si tengono ogni anno in Nord Europa – ha affermato lo scrittore – hanno una storia che risale agli anni ’80 del Novecento, quando ci si è resi conto che gran parte del patrimonio rappresentato dai vecchi velieri e dalle imbarcazioni tradizionali da lavoro stava scomparendo e che bisognava intervenire perché non fosse perduto per sempre. Da allora, questi avvenimenti hanno accompagnato il risveglio di attenzione nei confronti della “cultura marittima”. Anche l’AVEV vorrebbe ora il suo “festival” e sta già pianificando contestualmente alla Verbano Classic Regatta, il raduno velico dedicato agli scafi d’epoca e classici nelle acque antistanti il golfo di Laveno, una serie di manifestazioni a terra. Previste per il mese di settembre, questi eventi punteranno a coinvolgere gli appassionati ma anche ad interessare la popolazioni locale e i numerosi turisti che nel periodo estivo affollano le rive del lago.

Tra le tante relazioni interessanti del convegno, ci ha colpito in modo particolare quella di Andrea Rossi che ha presentato il restauro di Gometra, un’imbarcazione in legno del 1925. Tutto inizia dalle regate di Cannes del settembre 2006, Matteo Rossi – padre di Andrea e già armatore della barca Madifra, disegno Giles del 1965 – deve andare a Montecarlo in macchina ed ha un po’ di tempo da perdere. Decide di fare la costiera al posto del’autostrada, attraversando Nizza intravede


un relitto in secca tra la altre barche, inchioda e lascia un bigliettino. Dopo circa un mese Andrea e Matteo tornano a Nizza con camion, trasporto eccezionale etc e la portano via, verso la Liguria. Oggi Gometra è ai lavori in un capannone sopra a Chiavari e tornerà praticamente com’era a navigare nel giro di pochi mesi, dopo un lungo resatuaro. Gometra viene Commissionata ad Alfred Mylne dall’Ammiraglio James Farie nel 1925 per le acque costiere britanniche, Gometra porta il nome di un piccolo isolotto al largo di Mull. Ha iniziato la sua carriera agonistica nelle regate di Firth of Clyde con base a Port Bannatyne. Nel 1928, durante la West Highland Race a Inverary l’ammiraglio rimasto vedovo ha incontrato la sua seconda moglie e nel 1930 con Gometra hanno navigato verso sud prima a Falmouth in Cornovaglia e successivamente a Lymington nell’Hampshire, dove però Gometra si dimostrò troppo grande per il suo ormeggio sul fiume. Tra gli aspetti più interessanti della sua storia, e motivo per cui fu soprannominata “The Gold Ship”, nel 1939 quando la Seconda Guerra Mondiale era iniziata Gometra fu riportata in Scozia, a Greenoco vicino a Glasgow, era di proprietà di James F. Lang ma quando la Norvegia venne attaccata dai Nazisti il destino di Gometra divenne chiaro. Fu scelta per trasportare al sicuro in Canada le riserve d’oro della Corona Norvegese, fu caricata sul cargo Bra Kra con il suo equipaggio in stand-by per poter proseguire a vela verso la salvezza nel caso il cargo fosse stato affondato dagli U-Boot. A spanne, perchè fino a che non sarà finito il restauro di dati precisi non ce ne sono, la lunghezza fuori tutto è di 13.50 m, baglio max 2,60 m, disl. 10 ton, albero 17 m. E’ molto simile ad un 8 metri Stazza Internazionale, non lo è ma quasi. La stazza originale dovrebbe essere “12 Tonnellate del Tamigi” qualsiasi cosa ciò significhi.



del

Giornale scafi d’epoca navigante

di Paolo Maccione

RESTAURI

Sahib e le altre all’Antico Cantiere del Legno Aprea A Sorrento prosegue il restauro del ketch bermudiano lungo 22,38 metri costruito nel 1956 dal cantiere ligure Sangermani su progetto di Cesare senior e non solo ahib (foto a destra) in Campania dallo scorso ottobre, è stata sottoposta recentemente al risanamento delle tavole di fasciame in mogano di circa 40 mm di spessore e al rifacimento dell’impiantistica. Dopo lo smontaggio del timone si è proceduto alla sistemazione della losca (le due aperture circolari nel piano poppiero dove

S

passa l’asta del timone), degli agugliotti (i due perni maschi del timone, che collegano il timone alla poppa e ne consentono i movimenti angolari) e femminelle (la parte femmina del cardine del timone). Sverniciati anche gli alberi e lucidate le ferramenta. Sahib tornerà a navigare nel 2016. Il cantiere ha anche completato il ricondizionamento di Marlin (foto a sinistra), il fast commuter del 1930 appartenuto a J.F. Kennedy oggi di proprietà di Della Valle. La barca farà

base a Capri. Riconsegnato anche Ala di Sogno, un altro Sangermani armato a sloop del 1954. Alle maestranze è stata inoltre affidata la costruzione dell’albero sociale del Circolo del Remo e della Vela Italia di Napoli, progettato da Stefano Faggioni. Realizzato in legno di douglas, misura 16 metri di altezza. L’attrezzatore Giovanni Caputo si è occupato della messa in opera dell’attrezzatura marinaresca.

LUTTI

Addio al maestro d’ascia Giovanni Ambrosetti ■ Era soprannominato mani d’oro, per la capacità che aveva di plasmare il legno in occasione dei restauri compiuti nel corso della sua vita. Giovanni Ambrosetti, portofinese classe 1939, è scomparso a Santa Margherita Ligure lo scorso 8 giugno a causa di un malore improvviso. Dal 2010 stava lavorando al restauro di Gometra, l’imbarcazione costruita in Inghilterra nel 1925 lunga

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14,50 metri meglio nota come The Gold Ship. Quando la Norvegia fu attaccata dai nazisti questa barca venne infatti scelta per trasportare al sicuro in Canada le riserve d’oro della Corona norvegese. Caricata sul cargo Bra Kra era pronta per proseguire a vela verso la salvezza nel caso il cargo fosse stato affondato dagli U-Boot. Ambrosetti aveva messo il cuore e l’anima in questo

recupero, che nonostante tutto verrà presto completato dal figlio Angelo, classe 1973, da sempre accanto al padre nei lavori di carpenteria. Gometra appartiene a Matteo Rossi, attuale presidente AIVE (Associazione Italiana Vele d’Epoca). Tra i restauri del passato compiuti da Ambrosetti Spruin (‘spruzzo’ in genovese), un 5 Metri S.I. (Stazza Internazionale) recuperato nel corso degli anni Novanta.

www.anticocantieredellegnoaprea.it


NUOVI VARI

Il ritorno di Bamba

RITORNI

Mariella e Barbara, due ‘vecchie’ signore da Del Carlo ■ Ormai non esiste periodo dell’anno durante il quale il Cantiere Navale Francesco Del Carlo di Viareggio non sia impegnato nel recupero di qualche imbarcazione d’epoca. Recentemente sono entrati in cantiere due scafi storici che verranno sottoposti a importanti lavori di ristrutturazione. Il primo è Barbara, yawl bermudiano lungo 15 metri, costruito nel 1923 dal cantiere inglese Camper & Nicholsons, arrivato in Italia dalla Spagna. La barca era stata già sottoposta a restauro all’estero, ma oggi necessita di essere revisionata soprattutto nella zona dell’opera viva. Gli interventi riguarderanno principalmente il controllo della chiglia e l’attacco del bulbo. La seconda imbarcazione è Mariella, un altro yawl bermudiano progettato da Alfred Mylne costruito nel 1938 dal noto cantiere scozzese Fife. La barca fa base ad Antigua, ai Caraibi, e oltre ad avere compiuto numerose traversate atlantiche ha vinto alcune edizioni dell’Antigua Classic Yacht Regatta. Le maestranze programmeranno gli interventi in base allo stato di usura di alcune componenti della barca e ai danni subìti da Mariella in seguito ad un uragano. Se tutto procede secondo i piani entrambe le imbarcazioni torneranno a navigare nel 2016.

■ Bamba, un 8 Metri Stazza Internazionale lungo 13,90 metri, costruito nel 1927 dal cantiere Baglietto di Varazze su progetto di Francesco Giovannelli, è tornato a navigare. Il restauro è stato effettuato dal cantiere Pezzini di Viareggio, oggi una delle realtà più apprezzate a livello nazionale nel settore del recupero di scafi d’epoca. Fondato oltre cento anni fa è oggi diretto da Massimo Pezzini, figlio del maestro d’ascia Attilio. Numerosi gli interventi cui è stata sottoposta l’imbarcazione nel corso degli ultimi tre anni. Tra questi la sostituzione della chiglia in legno di iroko, delle staminare (la parte inferiore dell barca, maggiormente incurvata), di ogni elemento del fasciame in lamellare di frassino e di alcune tavole di fasciame in mogano dello spessore di 25 mm. Ricondizionata la coperta, realizzata in compensato e doghe di douglas verniciate. Per la propulsione a secco di vele Bamba si affida a un motore Nanni diesel da 11 cv con elica tripala

Max Prop. Il progetto del restauro è stato eseguito dallo Studio Faggioni della Spezia, già coinvolto in passato nel recupero di scafi storici come Orion, La Spina, Lulworth, Pianosa e Patience. Dopo i test in mare l’armatore milanese Guido Tommasi iscriverà Bamba a una serie di raduni di vele d’epoca, tra cui il Valdettaro Classic Boats (4-6 settembre) nel golfo della Spezia, dove la barca farà base.

Vela e Motore 217 ottobre 2015



del

Giornale navigante

di Paolo Maccione

Scafi d’epoca

Salviamo il Pandora

La lancia Falcia entra in museo

Una piccola barca di legno attende un nuovo proprietario che prosegua il restauro già iniziato. Il tempo stringe e se a breve non verrà trovato un acquirente che se ne prenderà cura, il Pandora rischierà di essere demolito

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l Pandora è una piccola imbarcazione in legno disegnata e costruita negli anni Sessanta da Bruno Veronese, yacht designer meglio noto con lo pseudonimo di Capitano Black. Questo sloop bermudiano, lungo 8,50 metri e con un dislocamento di circa 5 tonnellate, ha sempre dimostrato un’ottima tenuta di mare, rivelandosi adatto a crociere di tipo familiare grazie anche a interni comodi e capienti.

Insomma, un piccolo-grande yacht con la “poppa a canoa”, frutto del genio di uno dei grandi protagonisti della progettazione navale moderna. Oggi Pandora si trova a Santa Marinella, nel Lazio, in attesa di trovare un nuovo armatore che continui i lavori di recupero prima che sia troppo tardi. Per eventuali informazioni si può contattare il proprietario Sig. Angelo Cozzo (angelocozzo@virgilio.it).

Il ritorno di Gometra

Da pochi mesi la “gold ship” Gometra è tornata a navigare. Questa imbarcazione di 13 metri armata a sloop bermudiano, costruita nel 1925 presso il cantiere scozzese Bute Slip Dock su progetto dell’architetto Alfred Mylne, venne così chiamata perché nel 1939, quando la Norvegia venne attaccata dai nazisti, fu scelta per trasportare al sicuro in Canada le riserve d’oro della Corona Norvegese. La barca fu caricata sul cargo Bra Kra con l’equipaggio in stand-by, pronto per poter proseguire a vela verso la salvezza nel caso la nave fosse stata affondata dagli U-Boot. Nel corso della sua vita Gometra ha navigato in Cornovaglia, Canada, Hawaii, California, Messico e Guatemala. Giunta in Europa nel 2006 via cargo è stata acquistata da Matteo Rossi, presidente dell’Associazione Italiana Vele d’Epoca, che l’ha fatta restaurare in Liguria dal maestro d’ascia Giovanni Ambrosetti, scomparso nel 2015 poco prima del varo tecnico dell’imbarcazione. Gometra è costruita in fasciame di pino norvegese su ossatura in iroko lamellare.

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Gredo compie cento anni 1916-2016. Con una grande festa tenutasi presso la Nautica Lavazza di Brebbia, sul lago Maggiore, sono stati celebrati i cento anni di Gredo, rimorchiatore fluviale costruito in ferro presso il cantiere tedesco Bodan Werft Kressbronn. Nel 2013 l’imbarcazione, lunga 15 metri, era tornata in acqua dopo un restauro durato cinque anni, compiuto presso la suddetta Nautica Lavazza. In passato Gredo, ex Christ, ha navigato nel porto fluviale di Dortmund e negli anni Sessanta ha svolto attività di rimorchio per chiatte. Nel 2007 un gruppo di armatori di varie nazionalità l’ha rilevato

e trasferito in Italia. Il restauro ha riguardato anche il ripristino della macchina a vapore di bordo, oggi tornata perfettamente funzionante. Gredo, associata all’AVEV (Associazione Vele d’Epoca Verbano), partecipa spesso a varie manifestazioni sul lago Maggiore e ai raduni di imbarcazioni storiche. Per portare la caldaia in pressione è necessario imbarcarsi molte ore prima dell’uscita, momento in cui viene caricato il combustibile da bruciare e verificato il buon funzionamento dell’apparato propulsivo. In navigazione il vapore emesso dal fumaiolo garantisce uno spettacolo d’altri tempi.

I restauri di Valdettaro Black Swan, Armelea e Latifa. Sono questi i principali restauri di imbarcazioni d’epoca compiuti recentemente presso il cantiere Valdettaro delle Grazie, in provincia di La Spezia, tornato da diversi anni a restaurare scafi storici in legno. Il ketch aurico Black Swan (foto sotto, del 1899, lungo 33 metri, era fermo da sette anni. Rilevato da un nuovo armatore francese è stato sottoposto a sverniciatura, rimozione dei vecchi stucchi, sabbiatura e ricondizionamento dei motori. La barca, costruita da Camper & Nicholson, è costruita in legno di teak e quercia. Su Armelea, ketch bermudiano costruito nel 1969 dallo stesso cantiere Valdettaro su piani di Franco Anselmi Boretti, è stata invece posata una nuova coperta in teak, ripristinata l’intergrità dei due alberi in douglas, rifatta parzialmente l’impiantisti-

ca elettrica e totalmente quella idraulica, ottimizzati gli interni e razionalizzato il piano di coperta. Armelea (foto sopra), lunga 23 metri, è tornata a regatare al raduno di vele d’epoca di Imperia lo scorso settembre. Lo yawl bermudiano Latifa, un Fife di 21 metri del 1936, è stato invece rivenduto a un nuovo armatore che nei prossimi cinque anni navigherà intorno al mondo. Tra i lavori effettuati la rigommatura del ponte e la riverniciatura integrale, alberi compresi.

È stata fatta costruire nel 1949 da Siro Ricca Rosellini, uno dei protagonisti della nascita del Museo della Marineria di Cesenatico, ed è proprio qui che è tornata per essere permanentemente esposta al pubblico. La Falcia è uno splendido esemplare di lancia romagnola, lunga circa 5 metri, realizzata dal cantiere Della Santina di Cattolica. Un tempo questo genere di scafi, armati con le tradizionali vele al terzo, venivano impiegati per portare a terra il pesce pescato al largo dalle imbarcazioni più grosse. In disarmo dai primi anni Settanta, venne donata inizialmente al Museo Etnografico di Palazzo Gaddi di Forlì, ma dopo la sua chiusura si è pensato di trasferirla a Cesenatico. Oggi, dopo una movimentazione non priva di complicazioni, la Falcia è stata ripulita, lavata e dopo essere stata riarmata con le vele originali è entrata ufficialmente a fare parte del naviglio statico del Museo della Marineria di Cesenatico.

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news Scafi d’epoca

di Paolo Maccione

❘❙❚■ incontri

‘Sold out’ il convegno sulle barche d’epoca

❘❙❚■ IN DARSENA

Manutenzione straordinaria per la ‘vikinga’ dei marinai ❘❙❚■ premi

GOMETRA, VOTA ANCHE TU! Entrata a fare parte della rosa di imbarcazioni candidate alla vittoria finale del Classic Boat Award 2017, lo sloop costruito nel 1925 potrebbe vincere anche grazie al tuo contributo

Dopo otto anni di restauri effettuati in Liguria dal maestro d’ascia Giovanni Ambrosetti, purtroppo deceduto pochi mesi prima del varo ufficiale, l’imbarcazione corre ufficialmente con le unità candidate alla vittoria finale del Classic Boat Award 2017, il premio per il miglior restauro attribuito annualmente dalla prestigiosa rivista inglese di settore Classic Boat. Si tratta dell’unica imbarcazione restaurata in Italia nel 2016 iscritta a questo concorso internazionale. Gometra, varata nel 1925 presso il cantiere scozzese Bute Slip Dock su progetto di Alfred Mylne, è uno sloop

bermudiano lungo 13,20 metri. Durante la seconda guerra mondiale venne selezionata come barca-appoggio per trasferire le riserve aurifere della Norvegia fino in Canada per salvarle dall’invasione nazista. Gometra concorre nella categoria “Restauro dell’anno per barche superiori a 40 ft (12,1 metri)”. Per votarla basta cliccare sul tasto ‘Vota’ al link http:// www.classicboat.co.uk/awards2017. C’è tempo fino alla mezzanotte del 15 marzo 2017. Ad aprile verranno annunciati i vincitori. www.gometra1925.it

Anche nel centro di Milano può capitare di assistere al recupero di un’imbarcazione storica in legno. In questo caso si tratta di uno scafo a remi lungo 12 metri per 350 chilogrammi di peso, utilizzato per l’addestramento alla voga degli appartenenti alla sezione sportiva dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, con sede presso la storica Darsena milanese e all’Idroscalo. Questa barca, chiamata Vikinga dai marinai meneghini, prevede l’imbarco di 14 rematori suddivisi in due file, alle quali si aggiunge il timoniere. Costruita in Finlandia, è stata concepita non tanto per le gare di canottaggio, quanto per il trasporto la domenica dei fedeli diretti in chiesa attraverso le placide acque dei laghi scandinavi. Da qui il nome di ‘Church Boat’. Una volta alata in secca verrà verificata la tenuta del fasciame del tipo ‘a clinker’ (tavole sovrapposte) e dell’ossatura, dopodiché si procederà alla scartavetratura integrale, alla riparazione di alcuni puntapiedi danneggiati e alla successiva verniciatura. La Vikinga tornerà presto ad essere impiegata dagli atleti e, come già successo in passato, pianificherà una nuova futura partecipazione alla famosa Vogalonga di Venezia. www.anmi-mi.org

Grande successo per la quarta edizione del convegno sulle barche d’epoca organizzato dall’Associazione Vele d’Epoca Verbano lo scorso 28 gennaio presso il Ristorante Tana d’Orso del Borgo di Mustonate, a Varese. Ben centodieci i partecipanti, al punto che si è reso necessario sospendere le prenotazioni qualche giorno prima per l’impossibilità di accogliere tutti. Durante la giornata si sono avvicendati dieci relatori che hanno discusso di libri (Classe 5.50 e romanzo storico Rex Iuba), recuperi subacquei in Adriatico, restauro di gozzi a vela latina e di barche d’e-

poca (Santa Rita e Marga 1910), di festival marittimi (Brest e Morbihan), del mercato delle barche d’epoca, della costruzione di alberi in legno. In esposizione anche gli acquerelli di Emanuela Tenti e le foto di Marco Trainotti. Due gli interventi flash, che hanno riguardato l’auspicata prossima riapertura del Museo della Barca Lariana di Pianello Lario e la premiazione del mantovano Mauro Massa, vincitore della Coppa dei Laghi 2016, trofeo per vele d’epoca e classiche che coinvolge i laghi lombardi. www.veledepocaverbano.com

❘❙❚■ RESTAURI

❘❙❚■ refitting

Baltic, il rimorchiatore torna in mare

Una nuova coperta per Puritan

Si chiama Baltic il rimorchiatore in acciaio lungo 27 metri, costruito nel 1963 dal cantiere norvegese Westermoen Batbyggeri & Mek Mandal per la Esso Petroli. Sottoposto a un importante restauro sarà convertito in pleasure boat per lunghe navigazioni da diporto La barca, rilevata nel 2014 da un armatore lombardo, si trova ai lavori in Francia a La Ciotat, vicino a Marsiglia, dopodiché verrà trasferita in Italia per la realizzazione degli interni. La progettazione del restauro è stata affidata al cantiere Sibma Navale Italiana di Imperia, specializzato da oltre

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50 anni nella costruzione e nel recupero di scafi storici. A bordo di Baltic verranno ricavate cinque cabine più gli alloggi per il comandante e l’equipaggio. Ampia l’autonomia di navigazione, che consentirà di imbarcare 24.000 litri di gasolio, 8.000 litri d’acqua e serbatoi da 2.500 litri per le acque nere. Un desalinizzatore sarà in grado di produrre 360 litri/ora d’acqua. La velocità di navigazione sarà di circa 9-10 nodi. Il rimorchiatore, che farà base a Imperia, tornerà a navigare entro i prossimi 12 mesi. www.sibma.it

È evidente lo stato di degrado in cui versa la barca, oggetto di un radicale restauro che la vedrà in forma entro un anno.

Puritan, la goletta aurica in acciaio lunga 38 metri costruita negli USA nel 1930 su progetto di John G. Alden, è stata per tanti anni la barca preferita di Arturo Ferruzzi, l’industriale erede dell’omonimo impero agroalimentare fondato nel 1948 a Ravenna. Circa un anno fa è stata venduta a un nuovo appassionato armatore italo-londinese. Dopo la partecipazione ad alcuni raduni di vele d’epoca in Grecia e in Francia, Puritan è stata trasferita e alata presso il Cantiere Navale dell’Argentario di Porto Santo Stefano, in Toscana, per essere sotto-

posta alla sostituzione della coperta e a una serie di altri interventi che garantiranno la navigabilità per i prossimi anni. In tempo di guerra questa goletta venne requisita dalla Marina americana e in passato è anche appartenuta al figlio del presidente del Perù. Il Cantiere dell’Argentario era già intervenuto su Puritan all’inizio degli anni Ottanta, quando al rientro da una traversata atlantica verso l’Europa aveva rotto un albero, poi ricostruito dalle maestranze toscane. La bella goletta tornerà a navigare entro l’estate.

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Gometra, la barca restaurata da “Mani d’Oro” si piazza seconda al Classic Boat Awards Giovedì 20 aprile 2017

Portofino. Gometra, storica imbarcazione varata nel ‘900 e che tante azioni eroiche ha compiuto durante la sua lunga vita si è classificata seconda ai “Classic Boat Awards 2017”. L’imbarcazione, vero e proprio pezzo di storia, si è resa protagonista nei tempi passati per avere portato a termine difficili missioni. Per esempio trasportartando al sicuro, in Canada, le riserve d’oro della Corona norvegese proteggendo il prezioso carico lontano dalla portata degli U Boot di Hitler. Lo rende noto il Comune di Portofino, precisando che Gometra è così cara e importante per il Borgo perché dopo un periodo di inattività di ombre è stata riportata alle luci della ribalta dopo la restaurazione del Maestro d’Ascia Giovanni Ambrosetti, portofinese Doc e soprannominato “Mani d’Oro”. Giovanni Ambrosetti, noto Maestro d’Ascia di origini puramente portofinesi, è nato a marzo del 1939 dal matrimonio di Virgina Carbone e di Vito Ambrosetti. Giovanni è solo il sesto di otto figli, quattro maschi e quattro femmine. Ai tempi, le famiglie numerose erano all’ordine del giorno. Giovanni inizia a lavorare a soli otto anni sotto la guida di Gaetano Viacava con il quale impara il mestiere che diventerà la più grande passione della sua vita. A quattordici anni, pur continuando a vivere a Portofino, inizia a lavorare in un mobilificio sammargheritese e a vent’anni viene assunto in cantiere sempre a Santa Margherita Ligure. A ventidue anni parte per il militare, che svolge presso Viterbo e Pisa. Torna in congedo un anno e mezzo dopo. Genova24.it

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L’anno successivo si sposa e va a vivere a Santa Margherita Ligure insieme alla moglie, dalla quale ha avuto quattro figli. Dopo il trasferimento, intraprende un nuovo percorso lavorativo presso i cantieri di Chiavari. La vera svolta per la sua carriera arriva nel 1993, quando Giovanni Ambrosetti diventa imprenditore ed inizia ad esercitare il suo amatissimo mestiere in autonomia. Veniva soprannominato da tutti “Mani d’Oro”, per grandi risultati ottenuti grazie al talento e alla dedizione con i quali svolgeva il suo lavoro. Qualche anno dopo, il figlio Angelo si avvicina al papà e da quel momento iniziano a lavorare insieme. Giovanni ha lavorato fino all’8 giugno del 2015 quando, mentre era in cantiere a lavorare, a causa di un malore ha lasciato la moglie, i figli ed i suoi adorati nipoti. Giovanni è stato un uomo dalle mille risorse, fin da quando era giovane, oltre che per il lavoro, riusciva a trovare il tempo fare tantissime attività in quanto suonava la tromba nella banda cittadina di Portofino, portava i Cristi durante le processioni in segno di devozione e vogava in occasione del Palio Remiero per Portofino. La prima settimana di maggio, Gometra, riceverà un importante riconoscmento – grazie alla sua propulsione a motore a bassissimo inquinamento – in occasione del Santa Vela Festival. Oggi la barca si trova a Santa Margherita, nel primo pontile davanti all’Hotel Laurin.

Genova24.it

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E’ possibile motorizzare elettricamente una barca a vela d’epoca? Certo. E in Italia abbiamo un esempio molto particolare: Gometra, costruita da Alfred Mylne su commissione dell’Ammiraglio James Farie nel lontano 1925 ed entrata nella leggenda per aver contribuito a salvare l’oro norvegese dalle grinfie naziste. Una storia tutta da conoscere. “Nel 2008 mio padre passava per Nizza quando intravvide la prua di Gometra1925. In quel momento solo un relitto abbandonato, papà ne restò affascinato e lasciò un biglietto da visita, dopo due settimane la barca era da noi, al sicuro in Ligura“. L’ingegnere Andrea Rossi, figlio di Matteo l’armatore di Gometra ed ex presidente dell’Associazione Italiana Vele d’Epoca, ricostruisce per VaiElettrico il risorgimento di questo prestigioso pezzo di storia grazie all’intuito del padre. A distanza di quasi dieci anni, dopo

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ben 8 di certosino e filologico restauro, quel “pezzo di legno” oggi, grazie al lavoro di Andrea, è un monumento nautico ammirato quando veleggia nelle più prestigiose regate dedicate alle barche d’epoca.

Il varo con motore elettrico di Gometra1925

Ma facciamo un passo indietro e torniamo al 1925, in Scozia, quando l’ammiraglio James Farie commissiona Gometra ad uno dei maggiori architetti navali, Alfred Mylne, che la costruisce nel cantiere di Bute Slip Dock. Dopo il varo l’ammiraglio partecipa con buoni risultati a numerose gare agonistiche, poi deve vendere e nel 1939 – quando la Norvegia è attaccata dai nazisti- Gometra viene scelta per trasportare al sicuro, in Canada, le riserve d’oro della Corona Norvegese. Una traversata di successo per la Gold Ship. Finita la guerra mondiale resta in acque tranquille, diventa l’ammiraglia del Royal Vancouver Yacht Club e si fa onore nei campi di regata. Infine negli anni sessanta cambia ancora di mano, partecipa a regate transoceaniche e nel 2006 rientra in Europa. Una storia travagliata e tutta da leggere, nei dettagli, nel sito dedicato.

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Una foto d’epoca di Geometra nel suo periodo canadese

“La motorizzazione elettrica ce la siamo inventata noi” racconta Andrea, che ricorda come Gometra1925, al momento del ritrovamento, montasse un motore diesel Yanmar da 35 cavalli. Inadatto. “Ci balenò l’idea di una propulsione innovativa e quindi via con la scelta dell’elettrico” sottolinea l’ingegnere e imprenditore, socio della start-up Hytem Srl dedicata alla nautica elettrica, che spiega: “Si tratta di un motore inglese a corrente continua. L’abbiamo scelto per la semplicità dell’impianto di alimentazione e le ridotte potenze richieste. Inoltre per la leggerezza e le dimensioni che meglio si adattano alle geometrie interne dello scafo”. Questa la spiegazione di Andrea che nel sito mette a disposizione disegni e tutte le specifiche del motore, destinato alle manovre e ai piccoli spostamenti: “Siamo sempre stati consapevoli del suo carattere ausiliario, ci è andata sempre bene. Abbiamo 13 Kw, equivalgono a 20 cavalli, ma sono d’avanzo per le nostre esigenze. Alla velocità minima possiamo contare su un’autonomia di circa 30 miglia”.

Il disegno e i principali dati del motore

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L’alimentazione è assicurata da un banco di batterie al litio da 15kWh di capacità. “Una scelta dettata dalla tecnologia più evoluta del litio, le abbiamo volute già preparate e pensate per un’ applicazione marina. Il sistema composto inoltre ci permette in futuro, quando saranno presenti sul mercato batterie più performanti, di cambiare solo l’alimentazione e di tenere tutto il resto”. Un gran vantaggio. Per i tempi di ricarica Andrea parla di circa 8 ore utilizzando la tradizionale colonnina da 220 del posto barca che “soddisfa le nostre esigenze. Si fa la ricarica in una notte”. La conferma, senza grandi pretese, che anche una barca a vela di quasi un secolo può montare e navigare con un motore elettrico.

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Gometra tra guerre e regate in 100 anni di navigazione

Una foto di Gometra in navigazione del Royal Vancouver Yacht Club Nel porto di Rapallo c’è una barca a vela, al momento in secca. Si chiama Gometra e solo a vederla fa subito venire voglia di uscire in mare. Le sue linee e la qualità con cui è stata costruita, nel lontano 1925, hanno fatto innamorare moltissimi velisti, tra cui Matteo Rossi, avvocato e presidente dell’Associazione Vele d’Epoca, che la trovò semi abbandonata a Nizza nel 2006 e decise di riportala, filologicamente, al suo aspetto autentico. Una barca unica con una storia unica, che l’ha vista navigare dalla Scozia al Sud America, passando per la Norvegia, durante una missione nella Seconda Guerra Mondiale. Andando con ordine, Gometra iniziò la sua storia nel 1925 dall’incontro tra l’ammiraglio James Farie e l’allora notissimo progettista Alfred Mylne. La futura “Gold Ship” navigò per una decina d’anni tra Inghilterra, Galles e Scozia, cambiando proprietario diverse volte, fino al 1939, quando nel Vecchio Continente si accese il secondo conflitto mondiale.

Come Gometra divenne la Gold Ship Quando scoppiò la II^ Guerra Mondiale, Gometra venne “arruolata” dalla Norvegia per una missione speciale: il trasporto in Canada dell’oro reale norvegese, 45 tonnellate circa, mentre il Paese scandinavo stava per soccombere all’invasione nazista. Gometra venne stivata su un cargo, di nome Bra-Kar, insieme all’oro che venne nascosto dentro casse legate con barili vuoti, in modo che potesse – l’oro- galleggiare in caso di affondamento del cargo. La buona sorte sorrise a Bra-Kar e a Gometra, che non vennero intercettate e non ebbero incidenti durante la traversata. Una volta giunto ad Halifax, l’oro fu immediatamente trasportato nelle banche canadesi, mentre la “Gold Ship” venne sbarcata nel porto. Il capo del Parlamento canadese in persona, C. Hambro, partecipò alla traversata. Gometra dopo la guerra: da Halifax alla Liguria passando per il Messico Finita la guerra Gometra rimase al Royal Yacht Squadron Nova Scotia in Canada per 40 anni ed il suo fascino stregò un gran numero di persone, tra cui Charles Rawlings che ne ricostruì la storia insieme ad uno degli skipper della barca, William J. Roué. Nel 1976 venne acquistata da David Millis che in quell’anno con Gometra partecipò alla regata transpacifica di 2300 miglia dal Canada alle Hawaii,

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Victoria-Maui. Nel 2003, dopo molti anni senza navigare, la “Gold Ship” tornò a solcare i mari con Molly Holt al timone lungo le coste del Messico, del Guatemala e di El Salvador, prima di tornare in Europa nel 2006 ed essere abbandonata. In quell’anno le regate portarono l’avvocato Rossi con il figlio Andrea a Cannes. Passando per il porto di Nizza, Matteo Rossi vide la prua di Gometra spuntare tra le altre e, da amatore e curioso di barche classiche, decise di fermarsi per saperne di più… neanche due settimane dopo i due Rossi erano a Nizza con un camion per portarla via. Il restauro di Gometra ed il ritorno in acqua Gometra a prima vista sembrava un relitto. Era stata tirata in secca perché non affondasse e solo ad un analisi più attenta si capì che sarebbe potuta tornare in acqua senza finire sul fondo. Infatti gran parte dello scafo era sano, così come la coperta e le sovrastrutture e venne fatto un piano di restauro, che però non contemplava cantieri specializzati o nomi altisonanti. A chi rivolgersi, dunque? Venne allestita una squadra di artigiani molto selezionata, guidata dal compianto maestro d’ascia Giovanni Ambrosetti, detto “mani d’oro”, soprannome che la dice lunga sulle sue capacità e competenze. Purtroppo Ambrosetti è mancato poco prima del varo, dopo un restauro durato otto anni, seguendo i piani originali del 1925. Durante i lavori cominciò anche la ricostruzione di un’altra componente fondamentale: la storia di Gometra. Un tuffo nel passato attraverso vecchi ritagli di giornale, telefonate intercontinentali dall’Australia al Canada, ricerche di foto in archivi polverosi e racconti di eredi di vecchi armatori. Una ricerca che ogni giorno, ancora oggi, regala dettagli e curiosità emozionanti di una piccola grande barca. Gometra e la propulsione elettrica: tra il passato e il futuro c’è il presente La ricostruzione filologica del motore non è stata possibile perché l’originale era un “6 cavalli” a paraffina, che non viene più prodotto per ovvi motivi. “L’unico esemplare ancora esistente –ha raccontato Andrea Rossi– è in un museo scozzese ma chiaramente non ce lo lasciano. Quando a bordo abbiamo trovato un Yanmar da 30 cavalli, ci è sembrato molto poco poetico per una barca come Gometra e abbiamo deciso di passare all’elettrico. E’ stata una scelta coraggiosa, perché 10 anni fa nessuno lo aveva e abbiamo dovuto progettare tutto noi. Si tratta -ha sottolineato Rossi- di un motore a corrente da 13 kW di potenza a 72 volt, mentre le batterie sono al litio perché garantiscono migliori prestazioni e densità rispetto alle batterie tradizionali”. Con questo motore la Gold Ship ha un’autonomia di circa 30 miglia alla velocità minima e può raggiungere i 7,5 nodi di velocità massima. Il progetto è stato curato proprio da Andrea Rossi, ingegnere che con la propulsione elettrica lavora nella startup Hytem. “Oggi -ha spiegato Rossi- Gometra naviga a vela e a motore in silenzio e a zero emissioni. Un vero piacere!”.

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