UN NUOVO MODELLO DELL’ABITARE CONTEMPORANEO:
Parte iii
architettura flessibile
UN NUOVO MODELLO DELL’ABITARE CONTEMPORANEO: ARCHITETTURA FLESSIBILE Arch. Massimo Tiberio
COSA VUOL DIRE CASA
Questa caratteristica si fa molto più marcata ed evidente soprattutto nella declinazione architettonica dell’abitare, in quanto l’abitare, che è uno statuto fondativo dell’uomo, oltre ad assolvere ai suoi bisogni fisici primari, si materializza in una dimensione comportamentale che fonda nel suo essere, sia l’aspetto istintuale che quello razionale , sia la sfera identificativa dell’essere e la sua parte più pragmatica, sia costituendosi come sogno e desiderio nel momento della sua ipotesi e diventando concretezza materica nel momento della sua tesi, sia venendosi a costituire come elemento oggettivo assumendo però valenze sentimentali e sensoriali specifiche per ogni fruitore. Più chiaramente Abitare .. Mette in gioco la pura fisicità del corpo, ma la organizza secondo modelli culturali 1 quindi è contemporaneamente sia forma materiale sia realtà culturale Ed è proprio questa duplicità che bisogna sempre tenere presente , se non vogliamo trasformare il rapporto forma ed essenza in una mera dicotomia; è tale rapporto che deve divenire il punto di partenza per ogni approccio ed analisi senza il quale non si può comprendere l’abitare in quanto definizione dei processi di costruzione cognitiva, sensoriale e linguistica dell’individuo attraverso il suo trovarsi orientato in una determinata topografia 2 socioculturale. Forma “Abitare” non è il semplice svolgere funzioni biologiche e sensoriali all’interno di uno spazio codificato da segni e linee, ma diviene qualcosa di più complesso; prendendo spunto dall’ esperienza architettonica di Frederick Kiesler per cui La casa è un’ epidermide del corpo umano 3, la casa è costituente l’uomo in quanto è forma dell’uomo, forma sia perché fatta attorno al corpo dell’uomo4 e sia perché fatta dall’uomo. E la forma per suo statuto non può mai essere ingenerata, ma sempre e solo essere “fatta” 5: nel nostro caso più specificatamente: arte-fatta. Luogo
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Maurizio Vitta: DELL’ABITARE. Corpi spazi oggetti immagini- piccola biblioteca Einaudi - arte architettura teatro cinema musica-2008. pag 4 Pier Paolo Antonello, “Oikos paradigmi letterari dell’abitare il luogo” Numero speciale di XAOS. Giornale di confine - 09|05 3 Italia Rossi in INTERFERENZE URBANE pieghevole mensile di arti e architettura nr 05, febbraio 2006 4 Lo spazio dell’abitare è organizzato sulla base di tenaci geometrie, il cui punto di riferimento costante è il corpo umano. Lo sviluppo storico … non ne ha mai negato la legittimità … né messo in discussione la centralità del corpo dell’abitante nel progetto dello spazio abitativo. A mutare profondamente è stato però il carattere culturale di questa centralità, ovvero il modo di interpretare il concetto stesso di “ corpo”. M. Vitta in DELL’ABITARE – Einaudi 2008 pag 28 5”nulla per noi è reale senza aver preso forma: per la conoscenza esiste un essere specifico e limitato, esistono le forme “, ovvero “ la materia che, senza una presa da parte dell’uomo, senza che questi le dia una forma resta un non senso, qualcosa di indeterminato e inutile ai fini umani”. Jeanne Hersch in ESSERE E FORMA - Bruno Mondadori, 2006 pag 12 2
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Il fare umano non è un agire puro e aprioristico, ma sempre un agire condizionato limitato , un agire secondo costume 6, di conseguenza esemplifico del periodo e del posto in cui l’uomo si trova a vivere. L’abitare, soprattutto nel suo essere casa, non lo si può semplicemente vedere come uno spazio dell’uomo, in quanto lo spazio è un astratto, un posto non definito, genericamente usato; la casa è il luogo di appartenenza dell’uomo: -Luogo in quanto è un concreto, definito da coordinate precise,ma soprattutto riconosciuto, attraverso la memoria e le emozioni. -Di appartenenza proprio perché i luoghi sono una trama intessuta di rapporti. I luoghi stanno alla storia vissuta, come lo spazio sta al tempo cronometrato. Perciò, mentre i luoghi si riconoscono - si odiano e si amano-, gli spazi semplicemente si misurano. Ne consegue che i luoghi siano, in prevalenza, figure della differenza e della qualità, gli spazi dell'uniformità e della quantità. Nel luogo domina il significato originario del raccogliere e del riunire, nello spazio quello dell'intervallo e, quindi, della separazione, del confine e del conflitto. Ma se anche, per legge, posso farti spazio o negartelo, è solo nel luogo che ti posso accogliere. E' solo qui, dunque, che l'ospitalità può aver luogo.7 Rapporto La casa non è fatta solamente di e sui corpi, ma preponderantemente di rapporti nel senso di emissione-ricezione attraverso la percezione8 e l’organizzazione concettuale non soltanto sulla base delle sue reali dimensioni e proporzioni geometriche, ma in riferimento alla percezione … non solo nella pura “ sensazione”, ma anche nel sentimento ( Empfinden) sdoppiandone quindi l’esperienza (o raddoppiandola) in un “momento gnoscio”, destinato a sottolineare “solamente il cosa di ciò che è dato oggettualmente”, e in un “momento patico”, che rivela invece il come esso si dà… 9 Rapporti quindi tra i corpi che la vivono , le cose che la costituiscono e le forme che la delimitano, percepite e vissute attraverso una soggettività sensorial-cognitiva10 impregnata della storia, delle abitudini, delle mentalità. Rapporti, attraverso cui l’abitare diviene “esperienza”. Esperienza L’abitare diviene un’esperienza multi-sensoria 11 di emissione-ricezione dal quale dipende , dopo la nostra elaborazione conscia o inconscia , il nostro comportamento (inteso come abitare); non è solo una situazione contemplativa di una presenza , ma vivo uso e partecipazione 12 . Esperienza 6
Il costume è la nostra natura (Pascal 1962:116) in Pascal, come già in Montaigne, costume e natura non costituiscono due strati sovrapposti … Al contrario natura e costumi intrecciandosi subiscono una contaminazione reciproca: se da un lato la natura viene concepita come fatta in gran parte di costumi (o di cultura), dall’altro i costumi danno luogo a una sorta di naturalizzazione. In questo modo, la natura affiora non già come uno strato autonomo e a sé stante, ma come l’esito di un processo di naturalizzazione, e dunque di stabilizzazione, a cui vengono sottoposti i costumi. Quanto più i costumi prendono il posto – per così dire – della natura umana, quanto più essi vengono “fatti propri” e “incorporati” dagli individui, tanto più essi si stabilizzano assumendo cosi una parvenza di naturalità e persino una consistenza seminaturale … idee particolari – quella del nostro gruppo- vengono trasformate in “ idee generali e naturali” , e le leggi che governano la nostra coscienza, formulate dalla nostra cultura (coustume), si ritiene che nascano invece “dalla natura” . Francesco Remotti in CONTRO NATURA,una lettera al Papa – Laterza 2008 pag 19;22 7 Andrea Tagliapietra: conferenza LO SPAZIO E IL LUOGO. LA MEMORIA OSPITALE in Spazi del contemporaneo - Alghero Sabato 01|10|05 8 percezione = conoscenza attraverso la sensazione; com’è espresso nella ” La fenomenologia della percezione” (1945) di Merleau-Ponty-edizione Bompiani 2003 9 Citazione di Erwing Strauss da M. Vitta in DELL’ABITARE – Einaudi 2008 pag 114 10 cognitiva= “cognitivismo” movimento della psicologia sperimentale secondo cui la mente umana funziona come elaboratrice attiva delle informazioni che le giungono tramite gli organi sensoriali ( da Enciclopedia Garzanti di Filosofia -1981) il cui obiettivo lo studio dei processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate, archiviate e recuperate (i principali sviluppatori di questa psicologia furono:George Armitage e Miller Ulric Neisser)( http://it.wikipedia.org/wiki/Psicologia_cognitiva) 11 Juhani Pallasmaa, GLI OCCHI DELLA PELLE. L’architettura e i sensi- ed Jaca Book, 2007, pp. 90, 12 Víctor Simonetti in ARCHITETTURA MON AMOUR- ed Simonsegni, 2003, p 49
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non come costante, poiché i bisogni umani, i loro costumi e la loro percezione si modificano secondo un processo di continua trasmutazione13, ma come continua trasformazione in cui la componente tempo ne diviene parte costituente. Sintomatico di questo è l’analisi semantica del termine latino “habitare”: è un verbo frequentativo (o intensivo) di Habere (avere), esso significa , innanzitutto avere continuamente o ripetutamente. ”Abitare” rimanda quindi all’avere con continuità. L’abitante , allora, “ha” il luogo in cui abita. Non tanto nel senso che lo possiede o ne ha proprietà, quanto in quello che ne dispone , lo riconosce , ne ha confidenza, ne è pratico 14 insomma Non domo dominus, sed domino dominus, come fece incidere Rossini sulla sua casa di strada Maggiore a Bologna. processo dinamico in continua evoluzione Tutto l’abitare è un perenne oscillare dialogico tra due polarità : icnografia15 e i volumi cognitivi16; uomo come corpo e uomo come “maschera di costume”; materialità e sensorialità. Più chiaramente, usando le parole di Maurizio Vitta: l’abitare si attua nel tempo e nello spazio, si organizza intorno al corpo dell’abitante, nella sua “persona”, e si incarna nelle strutture che lo contengono, negli utensili che ne assicurano la durata. Le sue forme insisteranno quindi sulla materia organizzata e plasmata , ma anche sulle relazioni interpersonali e di gruppo; saranno frutto di impulsi naturali e di una precisa volontà progettuale; si fisseranno come invarianti antropologiche e si distenderanno lungo percorsi storici diversificati. La realtà dell’abitare, sarà dunque rintracciabile in un fitto intrico di segnali, indizi, rimandi, ciascuno definito nella sua concretezza di evento o cosa eppure incerto circa la sua collocazione nel disegno generale , che appare comunque fluido, impenetrabile 17. Riconoscimento Nel momento in cui l’uomo si raggruppa attorno al focolare, non più al fuoco,ed incomincia a imprimere sugli spazi le proprie memorie e ricordi, modifica “consapevolmente” attraverso una forma ben precisa, esplicativa di organizzazione, l’ambiente in cui si trova, allora è li che nasce la casa18. E’ solo tramite questo processo di riconoscimento da parte dell’uomo che la stessa caverna da un momento all’altro si trasforma da semplice spazio, in luogo dell’uomo. Questa bipolarità tra Spazio e Luogo è ben radicata così tanto da essere anche espressa nella sfera semantica del lessico di molte lingue indoeuropee in cui il termine per riferirsi alla casa non prende origine dal lessico del costruire, bensì si riallaccia alla sfera del sociale, fino a divenire espressione lata della sua parte basilare: famiglia, clan,casato. Infatti, limitandoci solo ad alcuni esempi europei, per indicare la casa si usano due termini ben distinti: in tedesco Heim e Haus, in inglese Home e House, in francese “Chez” o Maison e Habitation, in latino Domus e Aedes, dove il primo termine sta ad indicare la sensazione di essere in un qui specifico, riconosciuto e sentito emotivamente come proprio al quale si appartiene , mentre il secondo determina solo una generica tipologia di edificio. Non importa se sono quattro rami incrociati od un antro, nel momento in cui l’uomo vi di-segna la sua vita modificando l’ambiente per renderlo più adatto a sé , crea le tracce che gli permetteranno 13
Frederick Kiesler da: Italia Rossi in INTERFERENZE pieghevole mensile di arti e archietteura nr 05 Andrea Tagliapietra : conferenza Abitare la casa, abitare la città in Spazi del contemporaneo -Alghero Sabato 01|10|05 15 Icnografia = proiezione orizzontale,pianta di edificio. In Lo Zingarelli ed Zanichelli 1995 . intesa come semplice spazio geometrico 16 Volumi= come espressione di una “spazialità” non come” spazio geometrico”, ma “un paesaggio individuale attraverso il quale il mondo ci tocca e attraverso il quale noi siamo in comunicazione vitale con esso”. Merleau-Ponty in FENOMENOLOGIA DELLA PERCEZIONE- Bombiani 2003p 442 Cognitivi- vedi nota 10 17 Maurizio Vitta in DELL’ABITARE - Einaudi 2008 pag 13;14 18 Riprendendo lo stesso concetto espresso da Andrea Tagliapietra : conferenza “abitare la casa, abitare la città” in Spazi del contemporaneo Alghero Sabato 01|10|05 14
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di riconoscersi in quel non più spazio indeterminato,ma in quel luogo ben specifico, in cui fare ritorno, in cui proteggersi, in cui costruire un futuro, in cui essere al sicuro, in cui essere a proprio agio, in cui essere se stesso. L’INTERPRETAZIONE DELL’ IDEA-CASA IN ARCHITETTURE REALIZZATE L’Architettura e più specificatamente , per quel che ci riguarda, l’abitazione è sempre stata interpretata come quel luogo che ben si adatta alle necessità dell’uomo, quel luogo concreto che permetta all’uomo di ritrovarsi, proprio perche lì l’abitante può misurare se stesso e il suo ambiente sentendosene cosi partecipe. Ed è questa necessità, specificatamente umana (quella di poter e potersi misurare) che l’uomo esprime in ragione della propria fisicità, in riferimento al suo corpo. Il corpo dell’uomo diventa allora parametro e il rapportarsi attraverso esso con lo spazio, durante i secoli, è stato percepito come il fulcro attorno cui e per cui determinare le differenti configurazioni spaziali. Non importa se il corpo sia vissuto come semplice unita di misura, come parametro grafico o riferimento dimensionale, se diventi il “modulor” di rapporto, o se il rapporto con esso sia proporzionale, metrico , antropomorfico, prossemico , ergonometrico 19 ,..; comunque sia, questa attività sistematica, attraverso cui gli spazi, gli apparati e le strutture si formano, si sviluppano, si differenziano, determina la formazione di un luogo specifico che corrisponde alle esigenze di “efficienza”20, a cui è sempre soggiaciuto, più o meno inconsciamente, il concetto di funzionalità. Una retrospettiva. Poiche l’abitazione non è pura forma, ma il risultato di una interpretazione soggettiva che deriva dal proprio esistere in uno spazio21( sociale, geografico, culturare, etc) ben specifico, una sintesi anche se per sommi capi e certamente non esaustiva , dell’evoluzione della tipologia abitativa dalle sue origini ci può far conoscere i processi di modificazione della maggiore o minore concentrazione e sedimentazione delle funzioni domestiche e della stretta relazione tra funzioni e società… Nell’evoluzione dell’abitazione la maggior parte degli antropologi fanno nascere la casa nell’età paleolitica (20.000 – 5000 a.C), in cui per la prima volta l’uomo riconosce lo spazio della tana, come luogo di protezione, divenendo luogo familiare, un’area unica all’interno della quale si svolgono tutte le funzioni, mangiare , giocare, dormire, riunirsi; quasi sempre erano ambiti di gruppo, (in quanto il gruppo, il clan era la “famiglia”). La "casa" delle origini è luogo, con le parole di Bruce Chatwin, del"bisogno emotivo, se non un vero e proprio bisogno biologico, di una base, caverna, covo, territorio tribale, possedimento o porto"22. E non si identifica con un edificio, ma solo col riconoscimento da parte dell'uomo di uno spazio riorganizzato artificialmente23 19
Per “corpo umano” mi sono rifatto all’idea del “corpo vitruviano” con riferimento agli sviluppi che l’immagine vitruviana ha avuto all’interno della cultura architettonica secondo quanto espresso nel libro di M.Bussagli, L’UOMO NELLO SPAZIO, Medusa , Milano 2005 20 … la nuova visione evoluzionistica influenzò la cultura architettonica del XIX sec, si affermò l’idea che le forme delle costruzioni potessero nascere in virtù di un implacabile processo vitalistico nel quale alla”funzione” veniva assegnato un ruolo fondamentale…. Le teorie di Charles Darwin avrebbero … messo in evidenza il carattere rigidamente utilitaristico dell’evoluzione indicando nel “vantaggio” connesso alla nascita e allo sviluppo di ogni nuova forma il motore primo del mutamento... In Maurizio Vitta , DELL’ABITARE-, Einaudi 2008. Pag 145,146 21 Olga La Rana in “L’Abitazione, Riflesso e Scenario dell’Abitare”. MACRAME’,n°2, Firenze University Press, 2008.pag64 22 citazione presa da Alfredo Ancora in LA CONSULENZA TRANSCULTURALE DELLA FAMIGLIA: I CONFINI DELLA CURA – ed Franco Angeli p158 23 Dapprima (gli uomini) si accampavano sui ghiaietti dei torrenti e sui depositi lacustri e per l’appunto lì hanno lasciato le più antiche testimonianze dei loro insediamenti. Tracce di “focolari” domestici vecchi di due milioni di anni, costituiti da grosse pietre disposte a circolo, col pavimento sparso di ossa … furono trovate da Mary Leakey nella gola di Olduvai nel centro dell’Africa..quella è la più antica abitazione umana in assoluto fin’ora conosciuta. Da Enrico Annoscia in IL LIBRO DELLE CASE , ed Iri Stet,1989,pag 43
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D'altra parte, la casa intesa come abitazione "privata" si svilupperà molto lentamente, oscurata dalla importanza fisica e ideologica delle architetture destinate ai sovrani e agli dèi; la tipologia della casa “privata” verrà interpretata cosi per molti secoli solo come variazioni del modello tipologico a pianta centrale caratterizzata dalla commistione di funzioni24. Anche se si può notare nella casa egizia una prima divisione funzionale tra una parte pubblica e una privata25 è solo con la cultura greca che l’abitazione diviene un’estensione di chi vi abita26 e le funzioni dell’abitazione incominciano a organizzarsi in diversi spazi monofunzionali quasi sempre spazi privati ( come l’andron riservata agli uomini e il thalamos riservata alle donne) sviluppatisi attorno ad uno spazio, pubblico e sociale, centrale (pastas [porticato] o l’oikos [cortile] con prostas [veranda])27 . Questa organizzazione si svilupperà ulteriormente, con maggior sfumatura tra parte pubblica e privata, nella casa romana, fino ad elidere, attraverso il suo comporsi in innumerevoli spazi monofunzionali28, … il precedente naturalismo architettonico …. e il rapporto corpo dell’uomo/ architettura … si dissolse nel concetto matematico di “proporzione”… dove centrale è … la mutua funzionalità di un disegno costruito sulla base di moduli astratti,… fondat-i su principi obiettivi e verificabili 29. Sempre in epoca romana con la tipologia ad insula si ha un ulteriore sviluppo nel rapporto edificio e abitante; infatti l’insula è la prima tipologia abitativa caratterizzata dal’essere una unità di diverse “case”: appartamenti vissuti da famiglie senza nessuna relazione parentale tra loro, determinando così una prima incrinatura nel rapporto identificativo tra abitazione, come edificio, e il suo abitante, rapporto che continuerà a perdere di valore nelle epoche successive ( da notare anche che l’insula rappresenta l’inizio del primato dell’alzato sulla pianta). Nel periodo tardo romano e soprattutto nel periodo medievale, non si avranno influenze sulla interpretazione della casa, che continuerà ad essere, in forme più povere e con tipologie più semplificate, quella dell’epoca “classica” . La suddivisione tra area privata e pubblica (soprattutto nell’alto medioevo) si ridurrà al semplice rapporto interno ed esterno dove la modestia dell’edilizia privata, che rispecchia una vita quotidiana schiacciata sull’esteriorità, riserva(ndo) così alla casa …. le umili prestazioni del riposo d’un letto e del ristoro d’un focolare 30 . Indipendentemente dalla tipologia della casa ( un dongione , una solariata…) e dal rango dell’abitante (un mastro, un artigiano di corporazione o un signore) lo spazio domestico ritorna ad essere tendenzialmente un unico ambiente, ove esplicare tutte le funzioni ; qualora fossero presenti divisioni (soprattutto nelle classi medie e alte) queste avvengono grazie a suppellettili e arredi mobili, quali pedane e tessuti31.
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Arturo dell’Acqua Bellavitis ,” La funzione delle stanze e degli arredi” in: IL LIBRO DELLE CASE- Iri Stet, 198, pag 73 La casa media degli egizi … era divisa in una parte pubblica e una privata: la prima , con una sala dal soffitto sorretto da colonne e divani appoggiati al muro ,l’altra , con ambienti più piccoli per dormire , la cucina e i servizi igienici da Franco Cimmino in LA VITA QUOTIDIANA DEGLI EGIZI, Rusconi, 1985, Pagg 224-227 26 infatti il termine "oìkos", indica non solo l'abitazione, ma anche tutti i beni di proprietà della famiglia, sicché l'"oikos-nomia", da cui il nostro "economia", è, come ci insegna Senofonte, la disciplina che si occupa dell'"amministrazione della casa- in Andrea Tagliapietra conferenza “Abitare la casa, abitare la città “ in Spazi del contemporaneo –Alghero, sabato 01-10-05 27 Riferimento ad: Arturo dell’Acqua Bellavitis in “La funzione delle stanze e degli arredi” nel libro: IL LIBRO DELLE CASE, Iri Stet, 1989, pag 73 28 La domus romana aveva forma bassa e distesa, a uno o due piani con il centro in un atrium e in un giardino colonnato o peristilio. La pianta era solidamente centripeta: le camere si aprivano nell’atrium ….(da M.W.Frederiksen in” Citta e Abitazioni” nel libro: I ROMANI.CULTURA E VITA QUOTIDIANA NELL’ANTICA ROMA a cura di J.P.V.D.Baldison. il saggiatore 1969 pagg213-216) e non è raro che ospiti, nella parte sulla strada , botteche (tabernae) con alloggio talora comunicanti con l’interno della domus, su uno o due piani ( da Giorgio Taborelli in” Introduzione” dal libro : IL LIBRO DELLE CASE , AAVV.Iri Stet, 1989 pag20) 29 Il corsivo è citazione da: Maurizio Vitta in DELL’ABITARE , Einaudi, 2008, pag 28-29 30 Andrea Tagliapietra : conferenza “Abitare la casa, abitare la città” in Spazi del contemporaneo ,Alghero Sabato 01|10|05 31 Mary Giliatt: PERIOD DECORATING, Conran Octopus Limited,1994,pagg16-18 25
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Anche se nel periodo del basso medioevo lo spazio della casa ( come edificio) ricomincia a riarticolarsi, lo fa primariamente più per le funzioni produttive che nella casa si svolgono: la stalla, i magazzini, i negozi. Solo molto più tardi incomincia una suddivisione interna dei locali dello spazio domestico, ma comunque limitata alle semplici funzioni primarie dell’individuo sintetizzate nel binomio giorno e notte: zona dove dormire e zona dove vivere. Lo spazio domestico, nella sua accezione contemporanea, ha origini nel XVI sec quando , rifiutando lo schema abitativo medioevale ad unico ambiente, prima in Olanda e poi in Inghilterra, viene concepito come un luogo complesso suddiviso in ambiti. E’ qui che ha davvero inizio la storia dell'abitare, che vede nella suddivisione degli spazi la risposta ad un maggiore bisogno … dell'individuo. Lo spazio si articola, complicandosi, ed è rappresentato dalla forma degli elementi che lo costituiscono e caratterizzano. Ogni parte dell'abitazione assume un carattere preciso, un determinato livello di finitura, un differente rapporto con l'esterno e con la luce in relazione alla funzione a cui è destinato e alla conoscenza dei movimenti che l'uomo compie nella sua quotidianità32. Col finire del basso medioevo, l’abitazione inizia ad essere interpretata come lo status symbol fondamentale33 ed a venire sempre più a costituirsi come intreccio esplificativo tra strutture familiari e tipologie abitative, tra l’organizzazione della società e lo sviluppo economico. Tanto l’organizzazione familiare (lignaggio, gruppo domestico allargato, famiglia nucleare, ecc) quanto la tipologia abitativa (antiche case-torri, vecchie “palatia”, e nuovi ”palazzo”, case a schiera su “lotti gotici”,ecc) sono sempre il frutto dell’adeguamento alle situazioni concrete ed alle disponibilità economiche , oltre che ai modelli di comportamento ed ai diversi ideali sociali. Così la coresidenza , in una dimora di prestigio, è propria degli antichi ceti aristocratici e dei nuovi ceti emergenti, che assumono il modello comportamentale aristocratico o magnatizio. Mentre la casa unifamiliare di livello medio è propria dei ceti mercantili e artigianali, che sono legati alla residenza autonoma della sola famiglia nucleare più la servitù o i dipendenti33. Ora sulla scia degli sviluppi scientifici ed intellettuali , nel rinascimento l’abitazione viene sempre di più concepita in virtù delle relazioni spaziali tra le sue parti: nella pianta degli edifici, scandita da relazioni di continuità e distanza, dimensione e proporzione, ispirate alla divina perfezione dell’essere umano…contano le misure i pesi, le linee di forza, dove …il rapporto tra l’intero e le sue parti cede il posto.. allo studio dello spazio considerato nelle sue proprietà puramente geometriche …. l’abitazione intesa come semplice contenitore tridimensionale, che considera il suo contenuto solo da un punto di vista funzionale 34. L’aspetto del primato funzionale si sviluppa nell’epoca del barocco, anche se più che esprimersi attraverso le architetture fisse (edifici), tende ad accentuarsi più sulle architetture “mobili” (gli arredi), che moltiplicandosi , specializzandosi e declinandosi in una miriade di tipi, forme (ciascuna soggetta ad una funzione specifica) e colori incominciano a legarsi con le parti fisse dell’architettura35 per diventarne corpo unico, un unicum in cui la casa è sentita come proiezione dell’io; e l’arredamento non è che una forma indiretta di culto dell’io, … dove un appartamento è “uno stato d’animo” e “i mobili sono i … sentimenti” 36 . Un unicum in cui gli ambienti dell’abitare si fanno sfuggevoli e provvisori; non si fissano o definiscono attraverso una loro funzione specifica, ma anzi vengono vissuti diversamente a seconda delle diverse attività che l’abitante vi svolge, lasciando agli arredi il compito di “ definire “ i locali: i locali sono ora intesi come spazi di interconnessione, interconnessione ottenuta non attraverso percorsi selettivi,ma con la presenza di più porte per ogni stanza che permette il libero accesso, valido per qualunque individuo faccia parte della struttura sociale, sia esso padrone o servo 37. Il corpo dell’abitante, quindi, si rappresenta in quegli stessi spazi non come persona specifica, ma come maschera, all’interno di un’architettura dell’abitare chiamata più ad esplicitare lo status ( tipologia sociale del proprietario) che ad essere identitaria. In linea con l’ambiente sociale in cui tutto era “teatro”, l’abitazione doveva ridurre al minimo ogni componente privata, perché le case erano fatte per vivere 32
Viviana Saitto in Margini Parte Integrante Del Progetto, AREA n°104,Introverted Architecture ,maggio giugno2009, pag non numerate Mario Sanfilippo : “Dimore Urbane In Italia Fra Trecento E Seicento”. Dal libro: IL LIBRO DELLE CASE , Iri-Stet , 1989.pag 53 34 Maurizio Vitta In DELL’ABITARE. Einaudi,2008. pag 33 35 Riferimento a: Mario Praz in LA FILOSOFIA DELL’ARREDAMENTO,Tea Arte-Editori Associati, 1993 pagg104-110 . ed a Philippe Ariès e Roger Chartier: LA VITA PRIVATA DAL RINASCIMENTO ALL’ILLUMINISMO. Laterza 1987 (specialmente per le pagg 164-202,393-424,357-289) 36 Mario Praz in LA FILOSOFIA DELL’ARREDAMENTO,Tea Arte-Editori Associati, 1993 pagg20,21(le virgolette si riferiscono alla citazione di Robert de Montesquiou ripresa da Praz) NB qui il concetto di io non deve essere inteso col concetto tipico della cultura moderna (identitario emotivo e sensoriale) ma visto come posizionale, cioè come ruolo, posto che si ha nella società, posto che dà la definizione del ruolo (quindi identifica) la persona (riferimento vedi nota 38) 37 Massimiliano Gilberti e Alessandro Valenti : “Spazio Relazionale E Dominio Privato nel Progetto dell’Alloggio Seriale” in MATERIA, n° 47 Abitazioni Collettive, maggio-agosto 2005.,pagg32-37 33
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all’aperto, aperto non come riferimento topografico del binomio esterno-interno, ma come statuto antropologico in cui la vita era apertamente “sociale” ovvero era sempre e dovunque una vita pubblica in presenza continua degli altri (la società, i pari, la corte) con cui bisognava sempre misurarsi, in quanto il misurarsi era elemento fondamentale per la definizione del proprio rango; senza questo costante confronto non si era identificati38. Il concetto moderno di privacy (basato sul primato dell’individualità) incomincerà a diffondersi solo in epoca borghese, epoca che annovera, tra i suoi fattori di nascita,, da un lato la diffusione degli ideali illuministici e dall’altro l’emergere dell’ideologia laica basata sul primato della scienza portando nella società il primo grande cambiamento degli statuti costitutivi a livello sociale, in cui l’elemento di definizione dello “status” all’interno della società, non è più il rango, ma la posizione economica. Gli avvenimenti storici ( rivoluzione francese, con l’affermazione dell’importanza dell’individuo- i diritti del cittadino-; restaurazione intesa anche come un periodo di irrigidimento dei costumi e della morale) hanno comportato anche sul versante emotivo, un contrarsi del primato del mondo sociale; ora la società viene sentita come l’esterno in opposizione all’interno spazio privato, rappresentato dall’abitazione. Cosi lo spazio domestico borghese, riflette le caratteristiche sociali e culturali del periodo; esso assume una forma calcolata sulla base di precisi criteri economici, sociali, destinata a dar figura e determinare, regolandola, la vita che al suo interno vi dovrà consumarsi. Tale forma si articola in spazi ristretti, incasellata in schemi sociali che ne parcellizzano i ruoli, definendo cosi una “privatizzazione” dell’abitare , che si realizza in una successione di ambienti destinati a distanziare progressivamente il “pubblico” (sfera sociale) dal “privato” e che stabilisce una scala di rapporti lungo la quale il corpo si dispone in sequenza: sarà il corridoio da poco introdotto nel lessico dell’abitare 39 l’ elemento ordinatore di questa sequenza , diventando la spina intesa a separare i singoli vani e tagliare l’abitazione lungo un asse di comunicazione sociale oltre che spaziale, dato che su esso si aprivano e chiudevano, secondo precise sequenze , non solo le porte di tutte le stanze (una sola per stanza ,poiché dal primo decennio del XIX venne considerato errore organizzativo e funzionale la presenza di più porte in un vano, qualunque dimensione o funzione avesse), ma anche le possibilità di relazione imposte dalla gerarchia famigliare40,gerarchia sociale che riflette e copia quella della società . Definire, regolare, incasellare , normare , codificare diventano allora non solo i principi di definizione antropologica della nuova società capitalista e industriale che si struttura sul primato della tecnica e dello standard col volgere del secolo XIX e gli inizi del XX, ma anche i paradigmi dell’abitazione, che viene considerata come un sistema codificato di funzioni, misure basato sul corpo dell’uomo non più visto in luce della sua specificità, ma come conformità ad un prototipo che rappresenti l’idea di normalità: razziale , geometrica, gestuale. Cosi la prospettiva cartesiana del corpo come una statua o macchina di terra41, vede il suo massimo sviluppo ed applicazione. La casa oramai perde ogni componente sensibile e di riferimento col corpo sensoriale dell’uomo; anzi l’uomo stesso viene percepito solo come meramente geometrico, e la casa un “exixtenz-minum” . A partire dall’idea del “modern art” nella quale la casa viene intesa come artefatto globale in cui la configurazione degli interni doveva rispecchiare in ogni particolare , fino ai minimi dettagli dell’arredo, i principi estetici dell’involucro. Globalità da imperniarsi sul corpo dell’abitante , corpo , che ormai ha perso la sua specificità ed è vissuto come sociale, e si configura solo come un insieme di funzioni, fino a divenire, nel “movimento moderno” il “modulor” lecorbusierano, sul quale l’abitazione si configura in quanto “semplice” spazio di dislocazione dei vani, la più ergonomica e razionale possibile; la pianta dell’abitazione è pensata come schema organizzativo,come spazio tra le funzioni :La casa di abitazione è un organismo tecnico-industriale, la cui unità risulta organicamente dalla composizione di molte funzioni singole … Costruire significa trovare forme spaziali che si adattino ai bisogni della vita. La maggior parte degli individui ha bisogni simili. E’ perciò logico e conforme alle esigenze dell’economia, che questi bisogni simili vengano soddisfatti in 38
Riferimenti per gli spazi interni e l’idea del vivere “all’aperto” Maurizio Vitta In DELL’ABITARE. Einaudi,2008 il palazzo e l’abituro pagg45-51 e riferimenti per l’aspetto sociale della società delle cortti (barocca) con la connotazione dell’aspetto pubblico della vita privata: Norbert Elias LA SOCIETA’ DI CORTE, Ed Il Mulino,1998, capitoli 1,2,3,4,5 39 Anche se il primo corridoio a essere stato realizzato è in Beaufort House 1597, progettata da John Thorpe ad uso esclusivo della servitù al fine di tenerla separata dagli spazi per i Gentleman e Ladies (Cfr. J. Summerson, THE BOOK OF ARCHITECTURE OF JOHN THORPE, Glasgow, 1966 citato in in Massimiliano Gilberti e Alessandro Valenti : “Spazio Relazionale E Dominio Privato nel Progetto dell’Alloggio Seriale”, MATERIA,n°47, maggio agosto 05) ma la sua larga diffusione nelle tipologie abitative si dovrà alla sua identificazione come elemento ordinatore e di gerarchizzazione degli ambienti. 40 Maurizio Vitta In DELL’ABITARE. Einaudi,2008 pag 127. La frase tra parentesi si riferisce al già citato articolo di Massimiliano Gilberti e Alessandro Valenti : “Spazio Relazionale E Dominio Privato nel Progetto dell’Alloggio Seriale” 41 Citazione di Cartesio in Massimo Baldini: GLI SCIENZIATI E I FILOSOFI DEL SEICENTO:LA RIVOLUZIONE SCENTIFICA. Armando,2001 pag 87
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modo unitario e simile. Non c’è quindi nessuna giustificazione al fatto che ogni casa abbia una diversa pianta, un diverso aspetto esterno. Lo scopo finale sarà raggiunto quando potranno essere soddisfatti tutti i desideri giustificati dell’individuo per la sua abitazione, senza che vada perso il vantaggio economico della produzione in serie 42 NUOVE NECESSITÀ DI INTERPRETAZIONE Evoluzione delle teorie dominanti Gli anni antecedenti il cambiamento del secondo millennio hanno visto il mondo interrogarsi sui propri ”apriori”43 i quali hanno perso la loro valenza di stabilizzazioni assolute; cosi ci si è riscoperti umani, anche se non più di una umanità concepita stabile e permanente come un mondo a se stante, ma di natura fluttuante, mutevole, dove la agognata stabilità non può essere raggiunta adeguandosi alle leggi di una natura imperturbabile essendo questa ontologicamente perturbabile e perciò in equilibrio44. Proprio il termine “adeguarsi” diviene il punto discriminante. Tutta la storia umana è stata un cercare di adeguarsi; adeguarsi agli idoli (fossero essi ragione, etica, morale, filosofia,teologia o similari) , adeguare le nostre strutture (fisiche e metafisiche) ai modelli che credevamo detentori del corretto e del reale. Un adeguamento già sentito estraneo e troppo artificiale, rifiutato dal postmodernismo45, che ha messo in discussione la semplificazione innata dei...principi46 del movimento Moderno. Attraverso la critica del primato funzionale, ergonometrico e modulare di un’architettura standardizzata47 Robert Venturi e Peter Blake, parafrasando48 Mies van der Rohe e Sullivan, riportano l’attenzione su… un'architettura della complessità basata su significati (...) socialmente e politicamente motivati49… in cui… l'architettura dovrebbe accordarsi con allusioni e simbolismi ed i suoi riferimenti dovrebbero derivare da relazioni con il contesto sociale e storico degli edifici50. Il Postmoderno, anche se da alcuni considerato una parentesi, ha comunque permesso alla nuova generazione di ragionare …riprendendo in modo personale la nozione di differenza ontologica di M. Heidegger (l'irriducibilità dell'essere agli enti o alla loro somma) sosten-endo che l'essere è differenza, che è incommensurabile e irriducibile a qualsiasi forma di identità perché già in sé stesso differente da sé 51. In questa nuova ottica si sviluppa il decostruttivismo52, in cui ci si interroga sull’atavico rapporto forma- funzione rianalizzando … ciò che stabilisce l'autorità della concatenazione architettonica53, venendo definitivamente a scardinare il primato funzionale col sostenere …che la 42
Walter Gropius-.-Walter Gropius:commento alla realizzazione del sobborgo Dessau-Torten-1927, citazione in M.Vitta, DELL’ABITARE come per esempio nelle filosofie del “post-strutturalismo” francese di Deleuze, Foucault, del Decostruzionismo di Jacques Derrida, Paul de Man, del “pensiero debole” di Vattimo , e nel pensiero dell’antropologo culturale Francesco Remotti ( soprattutto in: Contro Natura). 44 Equilibrio non nel senso di imperturbabile e certo, ma come stabilizzazione relativa: le stabilizzazioni-a cominciare da quelle divine- non sono altro che “soste” di un flusso continuo … le culture possono offrire spazi per un pensiero non assoluto … un pensiero che svincolandosi sa cogliere le molteplicità sotto l’apparente unità, e possibilità invece della necessità, il flusso inarrestabile come sottofondo dell’apparente stabilità delle nostre costruzioni- F. Remotti in CONTRO NATURA.una lettera al Papa,Laterza.2008-pagg35,36 45 il postmoderno ha rappresentato una presa di coscienza dei limiti del moderno e il suo superamento -Cfr. Chiurazzi, Il postmoderno, Bruno Mondadori, Milano 2002 46 Charles Jencks - The Language of Post-Modern Architecture", Rizzoli, NY 1977 47 Architettura standardizzata: vedi la citazione nota 42 48 Less is a bore , Robert Venturi in imparando da Las Vegas + La forma segue il fiasco - Peter Blake 49 Charles Jencks - The Language of Post-Modern Architecture", Rizzoli, NY 1977 50 Robert Venturi vedi nota 48 51 In Lentricchia Frank “ After the new criticism”, London, the Athlone press, 1980, citato da Sacchi Livio, “Architettura e decostruzione” in Quaderni di selezione della critica d’arte contemporanea,n°75,maggio 1989 e vedi anche www.ruggerolenci.it/didattica 52 Nelle teorie di Deleuze e Deridda : la differenza, diventa principio sovversivo e destabilizzante, simbolo della negazione di qualsiasi centralizzazione e unità fosse anche quella della struttura quale meta-principio di catalogazione e sistemazione [Cfr. J. Derrida, La scrittura e la differenza trad. it. Einaudi, Torino, 2002,p9] e si contrappone un Essere che, proprio in quanto definibile solo per differenza e irriducibile a ogni tipo 43
di identità originaria, detiene, invece, gli attributi dell'assenza, di cui non si danno rappresentazioni, ma esclusivamente tracce. [Cfr. N. Abbagnano, G. Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, Paravia, Torino 1990, vol. III, p. 611] 53 J. Derrida, “Architetture ove il desiderio può abitare”, in "Domus" N. 671, Aprile 1986. L'autore esce dagli ambiti strettamente disciplinari dell'architettura interrogandosi sui meccanismi della concatenazione architettonica come processo gnoseologico
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forma pura … sarà in grado di assumere pienamente un programma funzionale, allora si opera prima sul piano dell'espressione e poi su quello del contenuto con la tecnica dell'adattamento a posteriori54. Il decostruttivismo, in quanto "stile internazionale" (ne è anche l’ultimo, almeno come ordine di tempo), ha permesso di diffondere a livello mondiale il ritorno dell’attenzione sulle differenze, facendole divenire elemento prioritario, sia come valenza sia come ricchezza. Questa necessità della pluralità di voci e di espressioni viene ribadita ancora più fortemente (dopo il fallimento della globalizzazione), dal principio del glocal, inserendosi, all’interno di un contesto più ampio, in una trasformazione strutturale, che ha coinvolto, non solo il pensiero, ma anche l’approccio fenomenico degli uomini verso la vita. «Caduta l'idea di una razionalità centrale della storia, il mondo … esplode come una molteplicità di razionalità "locali" - minoranze etniche, sessuali, religiose, culturali o estetiche - che prendono la parola, finalmente non più tacitate e represse dall'idea che ci sia una sola forma di umanità vera da realizzare, a scapito di tutte le peculiarità, di tutte le individualità limitate, effimere, contingenti” 55. Il riappropriarsi della differenza, concepita come valore e la conseguente perdita di valenza negativa associata al termine “differenza”, ha scalzato il concetto della “certezza” come valore di base e assoluto, portando così la società a rapidi cambiamenti imperniati sul concetto di mobilità.
Cambiamenti dei fruitori Il nucleo sociale (la famiglia, sulla quale tutta la nostra struttura occidentale e capitalista ha fondato il suo credo, la sua organizzazione…), si è trasformato, ha cambiato di valenza e di semantica; quando ora si parla di famiglia risulta alieno il pensare a quella tipologia a cui i nostri nonni si riferivano con lo stesso termine. Il detto “due cuori e una capanna”,simbolico del modello tradizionale, non ha più valore; non più visione poetica di un imperituro “qualcosa” sostanziato dal “tetto” come metonimia di valore (morale e materiale). Ora la famiglia è declinata in diversi modelli che vanno dal “plesso famigliare” (diverse genitorialità costituitesi da varie tipologie di unioni con i figli nati dalle suddette o da antecedenti e/o posteriori) a quello che l’Istat definisce “famiglie uni personali” 56 ( i single). Quindi “famiglie” non più mononucleari, né tantomeno stabili. I divorzi sono aumentati del 30%, le separazioni del25% mentre i matrimoni solo del 2% 57. La famiglia non è più un uomo, una donna e bambini, ma sempre più gruppi diversificati nel tempo e nei modi. Le persone si possono sposare, divorziare e avere figli di diversi letti, passano una parte della loro vita accoppiate, poi in un gruppo, poi ritornano single e non sempre in questo ordine. La struttura stessa della famiglia non è più costante; se in passato il modello due genitori e due figli era valido per una durata media di 20 anni ora questo modello non è più possibile per le numerose varianti che intervengono (figli, anziani …): ora la convivenza sotto lo stesso tetto non si presenta continua, i figli si allontanano dalla casa, spostandosi a vivere in appartamenti spesso condivisi , per poi farvi ritorno (sia dopo il periodo universitario, sia per risparmiare, dato il lavoro precario, sia in seguito a divorzi o al fenomeno di genitorialità single), per non parlare dei fenomeni sempre in aumento dei figli pendolari, tra gli appartamenti dei genitori separati, o dei figli che restano fin oltre i trent’anni58. Sono sempre più frequenti, anche, le tre generazioni compresenti sotto lo stesso tetto. La longevità della vita ha comportato un turn over degli appartamenti dovuto al cambio generazionale, che non è più basato su una generazione, ma su due, così da determinare una riduzione ulteriore di spazi, sia inseriti nelle logica di compravendita all’interno del mercato 54
L. Sacchi, “Architettura e decostruzione”, in Quaderni di selezione della critica d’arte contemporanea, n° 75, Maggio 1989 Gianni Vattimo - Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano, 1987 56 l'Istat, le 'famiglie unipersonali' sono rappresentate da 5 milioni e 977 mila individui: il 26 per cento della popolazione italiana. Fino a 44 anni sono più gli uomini (il 9 per cento rispetto al 5,4 delle donne); dopo, la proporzione si inverte. Vivono prevalentemente al Centro-nord, ma il Lazio è tra le regioni più interessate (32,6 per cento), dietro Liguria (35,1 per cento) e Valle d'Aosta (34,6 per cento). Per maggiori informazioni vedi www.istat.it o nota 57 57 Dati Istat al 2003- sistema statistico nazionale istituto nazionale di statistica: Matrimoni,separazioni e divorzi Anno 2003,annuario 2006 istat 58 secondo il Rapporto Eurostat 2008 'The life of women and men in Europe', l'età media di chi lascia la casa dei genitori in Europa va dai 21 anni di Danimarca e Finlandia ai 30-31 di Bulgaria, Grecia e Italia 55
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immobiliare, sia come spazi quasi a costo zero in quanto passaggio ereditario. Non solo, la prolungata vita ha imposto l’attenzione sulla nuova gestione delle problematiche degli anziani: per gli anziani non autosufficienti, se la tradizione aveva risolto con l’intervento della famiglia (spesso a carico delle nuore e o figlie) per il prendersi cura dei “nonni”, oramai questo è raramente possibile poiché o entrambi i coniugi lavorano o non c’è più il secondo coniuge; quindi sempre più si fa ricorso alle badanti col successivo problema della loro sistemazione spaziale all’interno dell’appartamento. Se invece gli anziani sono autosufficienti questo comporta la necessita di nuovi spazi per lo sviluppo delle attività ludico-ricreative, nonché tutta una serie di infrastrutture e adeguamenti alle nuove necessità. L’appartamento tradizionale oramai non riesce più a sopportare questo ciclo vitale, irregolare , imprevedibile, un po’ schizofrenico, della variazione funzional-spaziale degli ambienti, essendo troppo rigido nella sua struttura e presentandosi spesso iposufficiente o ipersufficiente alle necessità. Dall’altro versante invece si trova il fenomeno dei single, che in Italia oramai sono più di sei milioni e in città come Roma e Milano arrivano ad essere oltre un terzo della popolazione. Il single non è più da considerare come elemento singolo, ma sempre di più porta con sè un reticolo di relazioni sociale, superiore del 20% alla media: ha amicizie, compagni o amanti, figli di matrimoni o unioni precedenti da ospitare, amici, ospiti e coinquilini saltuari. Questa nuova categoria di abitanti è alla ricerca di una tipologia abitativa piccola, ma flessibile e soprattutto polifunzionale. Polifunzionale diviene allora il tema sentito da molti per la propria casa, spesso anche perché la casa non è più usata solamente per “abitare”, ma sempre più spesso si ha il fenomeno del lavoro a domicilio, permesso sia dalle tecnologie informatiche, sia dalla flessibilità e mobilità del mondo lavorativo stesso. Accesso alla casa A differenza di altri paesi la fruizione del mercato immobiliare italiano sembra essere più funzionale all’opzione di garanzia finanziaria del patrimonio familiare anziché a quella del suo compito primario: fornire un’abitazione adeguata e sufficiente ai bisogni di abitazione della popolazione sopra indicati. Rispetto a quello di altri paesi occidentali è un mercato molto più rigido a causa delle sue caratteristiche. La proposta immobiliare del mercato invece, da tempo legata ad una strategia di prodotti uniformi e uniformanti (che ancora risente della cultura modernista), tende a ridurre il mercato a una scelta rigida di modelli, di minimi comune multipli, senza riuscire ad adeguarsi alle reali necessità. Un esempio singolare è il monolocale,( il boom degli anni ’90,) modello che, si è continuato a costruire imperterriti, non ostante che, dal 2000 al 2007, la perdita di quota di mercato si è aggirata attorno al 10% e nelle grandi città i rogiti dei monolocali sono attualmente meno di un decimo del totale59. Un altro esempio che emerge facendo una banale ricerca di mercato tra le proposte di nuove costruzioni (a partire dal 2000): si riscontrano ancora planimetrie rigide con enormi spazi persi in corridoi e tinelli ( o vani simili). Un altro fattore di questa staticità è il fatto che il 72% degli immobili è di proprietà (peculiarità specificatamente italiana): l’immobile di proprietà tende a rimanere costante ed invariato nel tempo sia per i costi notevoli del cambiar casa ( tali da disinvogliare qualsiasi idea di trasferimento), sia per la rigida normativa edilizia che interviene a scoraggiare qualsiasi tipo di intervento atto a modificare la struttura interna della stessa abitazione. Per giunta alla ripetitività dei modelli abitativi dell’industria immobiliare fa da contrappasso l’utilizzo che di esse ne fanno gli utenti: il parco abitativo oggigiorno non è più caratterizzato dall’utilizzo univoco, infatti oramai non sussiste più la netta divisione tra chi abita nella casa di 59
Michele Smargiassila – articolo: Cambiano le famiglie italiane e le case diventano flessibili-in La Repubblica 04-06-2009
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proprietà, chi la abita in affitto a lungo o breve termine e chi abita in una casa pubblica a canone controllato. Si moltiplicano e diversificano i nuclei famigliari e gli individui, che per svariati motivi (lavoro, studio, separazioni, etc..) si trovano, contemporaneamente, in diverse condizioni : proprietari e affittuari . Economia In più la crisi economica degli ultimi anni ha determinato una minor possibilità di spesa con il risultato che le ditte edili hanno sempre di più contratto i metri quadri standard: se negli anni del dopoguerra lo standard (appartamento medio per una famiglia media) era l’appartamento penta camere bibagni .. di 112 mq … dell’edilizia convenzionata 60, esso scende verso gli anni ’80 ai 100mq e adesso si sta sedimentando ai 60-70mq per unità familiare e 35-40 mq per unita single,quest’ultime con picchi (assolutamente non rari) di 20-25mq (specialmente in città come Milano e Roma). Interessante a proposito è vedere una statistica fatta da un forum 61 di acquirenti il cui lo scopo era una analisi degli standard: metri quadri per locale. Il risultato direi è alquanto poco confortante, data la riduzione drastica degli spazi vitali dove la casa è puramente una sommatoria di standard: ingresso sala con angolo cottura di 5x7mt. disimpegno 1x1,2mt bagno 1,8x1,5mt (spesso cieco) camera 3,5x3,9mt cameretta 1,8x3mt terrazzi 1,5x2mt. garage (box) 2,3x5mt (funge anche da cantina e ripostiglio).
Permanenza dello standard Molto semplicemente ciò che viene fuori dalle varie analisi è la presenza (ancora dominante nel paradigma edile dello statuto costitutivo) dello standard, dove l’abitazione costruita è ancora intesa solo come risultato di un progetto architettonico, in cui la "resistenza" che l’architettura oppone al cambiamento, per proprio insito statuto disciplinare, sembra relegarlo al di fuori di una piena rispondenza alle dinamiche del tempo. Il progetto architettonico, comunemente inteso come un prodotto statico ed immutabile, proteso verso l’eternità, si pone in antitesi rispetto ai sommovimenti che agitano la realtà attuale. 62; il progetto, nel suo continuare a essere inteso come una semplice sommatoria di standard normativi realizzati attraverso metodologie edili tradizionali, quando non anche speculative, rimane in posizioni conservatrici rispetto ai sommovimenti che agitano la realtà sociale attuale. ESPERIENZE e NUOVE TEORIE Esperienza europea vs italiana Non ostante il dibattito architettonico a livello internazionale abbia ormai da tempo sancito il tramonto della modernità come modello unico e abbia fatto ritornare l’attenzione al locale, alla sensorialità cognitiva dell’abitare e alla differenza, nell’esperienza italiana dell’abitare attuale ( a parte rari casi ) ciò non avviene. Mentre nei vari paesi europei gli architetti e gli ingegneri, attraverso i nuovi progetti, si confrontano sul dibattito tra internazionale e locale, sul continuo variare delle condizioni circostanziali applicando la sperimentazione e l’innovazione come valore e strumento attuativo e qualitativo, da noi le ditte edili commissionano ricerche statistiche ad architetti e ditte specializzate finalizzate alla comprensione di quale tipologia sia la più richiesta e quindi più vendibile, dove la qualità, generalmente è più soggetta a modelli abitudinari già 60
Mario Sanfilippo in “Dimore Urbane In Italia Fra Trecento E Settecento”- nel libro: IL LIBRO DELLE CASE- Gruppo Iri-Stet, 1989 pag 59 http://ermopoli.it/portale/showthread.php?t=4633 62 Antonello Monaco in ARCHITETTURA APERTA. VERSO IL PROGETTO IN TRASFORMAZIONE - ed Kappa 2004. Introduzione. 61
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conformati. Ed è soprattutto a livello europeo (in particolare in Olanda, Francia e Austria) che dagli anni novanta molti architetti si sono interrogati sulla possibilità di approcciarsi in modo nuovo sul tema all’abitazione sostenendo la necessita di passare dalla “Macchina per abitare” alla “macchina per vivere”63( oltre all’Europa, anche molti architetti giapponesi hanno realizzato opere interessanti nel sviluppare nuovi modelli dell’abitare, anche se la loro interrogazione si sviluppa più come evoluzione del loro stesso modo di concepire la casa 64 che come ricerca di un approccio nuovo). A incominciare da Steven Holl che nel 1991 con i suoi 28 residences a Fukuoka si interroga sulla spazialità variabile degli interni con i suoi “participanting walls”1 ( muri che riordinano gli ambienti domestici, muri a cerniera che possono essere spostati fino a scomparire), passando per Helmut Rirchter i cui appartamenti in Bunner Strasse a Vienna (1991) sono caratterizzati da avere come unici ingombri fissi solo una parete divisoria, un pilastro e il blocco compatto dei servizi (concentrati in spazi minimi)65, o per Helmut Wimmer che negli appartamenti di Grieshofgasse (1996, Vienna) si interroga sulla possibilità di sviluppo delle diverse funzioni entro una struttura portante generica66, fino alle case di Shigeru Ban come nella Paper House(1995), dove 110 tubi di carta formano una s di sostegno e di creazione dello spazio dinamico dell’edificio, o la Forniture House1 (1995) dove scompaiono i muri sostituiti da elementi-contenitori.67 Altri esempi interessanti che fanno del principio della flessibilità il centro del”progettare” possono essere quelli del gruppo Mecanoo in cui nelle loro “torri d’abitazione “ a Stoccarda (1993) si supera il concetto funzionalità e si opera su un’architettura che non impone la maniera di vivere: un edificio ibrido, non chiuso e compatto come quello di una “hofe” viennese, ma una scacchiera fatta di pieni e di vuoti in perenne tensione68; quello di Guido Jax in Reagal (1998 a Koblenz, Germania) in cui il principio di “una scatola” inserita all’interno di una struttura permette la creazione di diversi spazi abitativi sia verticalmente sia orizzontalmente;. o Helmut Wimmer in cui nei Wohnregal Koppstrasse (Vienna 1999) la dimensione degli appartamenti viene scelta liberamente e lo spazio all’interno dell’unità abitativa è libero da strutture portanti e strutture fisse (queste raggruppate in un nucleo in cemento armata a divisione tra spazio connettivo e spazio residenziale) 69. Primi tentativi italiani Quasi cassandriani sembrerebbero i moniti di personaggi del calibro di Umberto Eco , che già dagli anni sessanta sosteneva la nozione di “apertura” ... una nuova condizione operativa … non più contrassegnata da esiti normali ed univoci definitivi, ma da un campo aperto con differenti possibilità di organizzazione e fruizione, capaci di garantire il mutamento 70 , o quelli più specificatamente architettonici di Vittorio Gregotti che dalle pagine di Casabella negli anni’80 insisteva sulla “modificazione” quale campo privilegiato per l’attuazione del progetto contemporaneo, riferendosi alle opere che si occupavano del “già costruito”, per non riferirmi nuovamente al già citato Gianni Vattimo. In parallelo a queste teorie la storia architettonica moderna italiana ha comunque visto alcuni architetti che percependo il limite della architettura meccanicistica, si sono interrogati sui concetti di “apertura” “debilità” e di “trasformazione”: da Gio’ Ponti (la cui ricerca si era sviluppata verso le stanze comuni della casa cercando di renderle espressive attraverso alcuni stratagemmi in grado di qualificarne gli spazi, come le Porte Pitture[1955] o La Finestra Arredata[1954], dove il muro da elemento separatore statico e compatto diviene leggero, non più chiusura verso l’esterno ma in rapporto dinamico) a Umberto Riva (casa Frea Milano,1983, in cui la ricerca degli spazi abitativi lo ha portato a creare spazi 63
Citazione e riferimenti da: Andrea Iacomoni in “Abitare Lo Spazio Flessibile”, in MACRAME’,n° 2 , Firenze University Press, 2008. Pag 54 Interessante per comprendere il concetto di casa giapponese è http:/l-architecture-japonaise-contemporaine-et-la-tradition# 65 Gli esempi riportati sono presi da Maria Argentie Maura Percoco ,” Innovazione e Tecnica nel Progetto della Residenza”, MATERIA, n°47, Abitazioni Collettive. Maggio Agosto 2005 66 Gli esempi riportati sono presi da http://www.afewthoughts.co.uk/flexiblehousing/about.php 67 Gli esempi riportati sono presi da Andrea Iacomoni in“Abitare Lo Spazio Flessibile”, in MACRAME’,n° 2 Firenze University Press 2008.pag53-61 68 Da Olga La Rana in” L’Abitazione, Riflesso e Scenario dell’Abitare”, MACRAME’,n° 2 Firenze University Press, 2008.pag65 69 Gli esempi riportati sono presi da http://www.afewthoughts.co.uk/flexiblehousing/about.php 70 Umberto Eco in Opera Aperta - ristampa Bompiani Tascabili 2000. 64
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indipendenti rispetto al contenitore) fino ad arrivare a Mollino (uno dei più grandi sperimentatori di fluidità spaziali svolte sul doppio registro delle necessità razionali e delle necessità "irrazionali",:…affettive o psicologiche dell'abitante)71 che nella sede dell’ippica di Torino del 1936…scardina la grammatica razionalista, corrode le superfici con giochi materici, fraziona volumi ai quali vi contrappone una delle prime superfici ..flessuose 72. Nuove necessità Ritornando alle statistiche73, pro vendita, esse comunque nascondono dei dati molto interessanti: il locale più amato e più usato della casa è la cucina, che diviene il cuore ed il fulcro della casa, soppiantando la centralità del salotto il salotto, luogo incentrato attorno alla tv , ormai ha perso la sua connotazione analogicaintegrativa, in funzione di “piattaforma” interattiva. Un’ altra novità, dovuta ad una maggiore attenzione e cultura del benessere, si avverte nel bagno, che perde la sua caratteristica di puro locale funzionale, ed acquista sempre di più importanza divenendo l’area più innovativa attrezzandosi sempre più come stanza benessere, fitness fino a divenire un area “cocoon” della cura di sé. Altro dato importante è che, se da un lato la convivialità e ospitalità della casa diventa più una consuetudine, dall’altro l’aspetto formale di questa si riduce al minimo, con la totale scomparsa dell’area (sala) da pranzo, spesso ridotta ad un angolo e sempre più integrata con la cucina, quasi a divenirne un prolungamento naturale. Fine del paradigma funzionale-spaziale Il dato più importante, che si evince da un’analisi trasversale delle statistiche risulta la fine del paradigma funzionale-spaziale e del paradigma temporale. La fine della divisione tra area pubblica e zona privata, non più divisione tra zona notte considerata sacra e vietata agli estranei e zona giorno accessibile agli ospiti. La fine del binomio forma funzione, non più spazi fissati in una determinata forma caratterizzata dal mono uso funzionale e né tanto meno un uso specifico, o una funzione specifica a definire il tipo di spazio. La fine del paradigma temporale, non più locali di geometrie chiuse e rigide nel tempo, elementi invariabili al variare delle diverse necessità e abitudini di vita degli individui che abitano la casa. Risulta quindi un immagine di casa come luogo aperto, casa , come un organismo che fa della fluidità, della continuità, la sua parte costituente, in cui le forme e le funzioni si compenetrino e si fondano assieme attraverso uno scorrimento armonico l’una dentro l’altra. I suoi spazi non sono più regolati attraverso una concatenazione di relazioni discontinue, non più in rapporto gerarchico, ma si presentano più come punti focali, punti formanti un reticolo di collegamenti effettivi e/o potenziali in cui..l’insieme delle pratiche dei suoi abitanti determina ciò che una casa è…74 Il progetto diventa quindi una ricerca non più di bilanciamento gerarchico tra forma e funzione, ma introduce un nuovo paradigma quello di una qualità estetica declinabile in morbidezza, volumi, colori al fine di ricreare una più personale e confortevole sensorialità, una capacita di espressione e comunicazione che insiste sul corpo dell’abitante e sulla sua percezione fisica dello spazio 75; una ergonometria cognitiva . FLESSIBILITÀ
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Tratto da http://dweb.repubblica.it/dcasa/2003/04/05/interni/interni/166ita345166.html Giovanni Bartolozzi in Interferenze pieghevole mensile di arti e archietteura nr 05 73 Statistiche fatte da: Makno Consulting (la casa del futuro 2009), Politecnico Milano (indagine 2009) 74 Olga La Rana in” L’Abitazione, Riflesso e Scenario dell’Abitare”. MACRAME’, n°2, Firenze University Press, 2008.pag64 75 Maurizio Vitta in Dell’ Abitare – Piccola Biblioteca Einaudi 2008 72
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UN NUOVO MODELLO DELL’ABITARE CONTEMPORANEO:
Parte iii
architettura flessibile
Nasce la necessità di un’architettura, come espresse già G.De Carlo nel 2002, limpida, comprensibile assimilabile: e cioè Flessibile, adattabile, significante76, in quanto il luogo dell’abitare diviene un plesso dinamico e “flessibile”, che segue e si adatta, rispecchiando il corpo sociale e sensoriale dell’uomo. Flessibilità come la capacita intrinseca dell’architettura stessa di sapersi adattare e cambiare con le necessita e gli usi degli abitanti per tutto il proprio processo di vita , fin dalla sua costruzione (nella capacità di essere “progettata” specificatamente per le esigenze del suo primo abitante), al suo uso nel tempo (nella possibilità di cambiare la sua planimetria in relazione alle varie necessità specifiche che si vengono a determinare nei vari periodi di vita degli abitanti). Flessibilità che fa … della casa stessa un meccanismo variabile e individua , proprio nel meccanismo, nella sua capacità di adattarsi alle più diverse esigenza individuali o collettive, il centro del sistema, lasciando in secondo piano la forma ( mutevole), i modelli tipologici formali (sorpassati), gli schemi (troppo statici) cosi da … costruire spazi che cambino con noi.77 Flessibilità si traduce nella possibilità di scegliere o disegnare i diversi layout degli alloggi sulle proprie necessità al momento della costruzione dell’edificio, il layout si trasforma da uno schema rigido e determinato che segue uno standard ripetuto, in alcuni elementi puntuali da cui partire per generare uno spazio adeguato al corpo e al ...”modus vivendi” dell’abitante78. Flessibilità è la capacità dello spazio dell’abitare di potersi regolare, cambiare, modificare la propria configurazione nel corso del tempo in relazione alle nuove esigenze e modalità di vita dell’abitante79, senza intervenire in maniera invasiva,non dovendo ne demolire, ne ricostruire, ne ricorrere a interventi soggetti alla normativa edile vigente; i muri non sono più concepiti come delle chiusure rigide che separano,dividono gli spazi, ma come membrane, partiture che possano non solo filtrare gli ambienti all’interno di un layout scelto, ma che permettano l’alterazione e il cambiamento dello stesso layout in qualsiasi momento per un adeguamento al variare delle priorità del vivere . Flessibilità non è solo legata alla componente spaziale dell’edificio, ma anche alla possibilità di integrare nel corso del tempo nuove tecnologie, senza dovere alterare la struttura o dover intervenire in maniera invasiva sull’edificio stesso. La flessibilità quindi deve permettere allo spazio dell’ abitare di potersi facilmente e semplicemente adeguare anche ai cambiamenti demografici, delle abitudini sociali e di costume fino addirittura a permettere di cambiare completamente l'uso dell’edificio. Il tema della flessibilità non si rivolge solo in direzione del fruitore dell’architettura (autorizzandolo a prendere il controllo della propria abitazione, sia per scelte prima della costruzione finale e sia nel corso della vita della casa) ma anche in direzione dei costruttori edili favorendo l’adeguarsi delle loro costruzioni ai modelli di vita e a nuove configurazioni degli utenti; inoltre, a livello economico, evita l'obsolescenza, i costi di riconfigurazione o ristrutturazione ed a livello tecnico, consente l'incorporazione di nuove tecnologie e il potenziamento di quelle vecchie, in particolare per la manutenzione.
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Citazione da Andrea Iacomoni in “Abitare lo Spazio Flessibile”. MACRAME’ ,n°2, Firenze University Press, 2008 pag54 Maria Argenti e Maura Percoco in” Innovazione e tecnica nel Progetto della Residenza”. MATERIA, n°47,Abitazioni Collettive. MaggioAgosto,2005. Pag100 78 Dove l’abitante non solo abita la casa ma vi lavora, vi riceve , si prende cura di sé e del suo “gruppo convivente”. 79 Abitante inteso sia come singolo individuo sia come gruppo famigliare. Vedere paragrafo : Cambiamenti dei fruitori 77
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UN NUOVO MODELLO DELL’ABITARE CONTEMPORANEO:
Parte iii
architettura flessibile
Schede Nelle seguenti schede si è deciso di presentare una rassegna di architetture , tra quelle considerate come esempi più interessanti di Architettura Flessibile; gli esempi sono tratti da: o DENSITY : NEW COLLECTIVE HOUSING - Javier Mozas, Aurora Fernàdez Per, ed A+T, pag131 o ROW HOUSES :A HOUSING TYPOLOGY - Gunter Pfeifer, Per Brauneck, ed Birkhauser 2008 p o FLEXIBLE HOUSING- Tatjana Schneider,Jeremy Till, Oxford, ed Architectural Press 2007, o FLEXIBLE: ARCHITECTURE THE RESPOND TO CHANGE- David Kronenburg, ed Laurence King 2007 o SPAGNA: ABITARE PROSSIMO VENTURO - schede laboratorio di dott.XX°-XXI° - prof G.Bosoni,M.Manfredini,S.Piardi,D.Tarchini, A.Chalmers, 2006-Politecnico Milano o http://www.afewthoughts.co.uk/flexiblehousing/about.php o http://www.designforhomes.org/hda/2005/complete/oakrvill.html o http://housingprototypes.org/ o Architetto Warner Sartori - Milano Dalla analisi di questi testi e di altri in cui si tratta il tema della flessibilità in architettura si possono schematicamente ricondurre i diversi approcci ad alcuni gruppi tematici e a diverse interpretazioni della flessibilità: modulo. In questo caso la flessibilità viene realizzata attraverso l’attenta progettazione di una modularità ( o un modulo unico, o diversi moduli ) che permette di realizzare composizioni spaziali differenti. La scelta, da parte dell’abitante, di quanti e quali moduli unire permette di comporre unità abitative a misura delle sue necessità al momento del acquisto.
Involucro e struttura In questo caso si forniscono solo le pareti perimetrali dell’unità abitativa e la struttura portante dell’edificio mentre è lasciata all’abitante la decisione di come utilizzare gli spazi interni. Questo tipo di approccio oggigiorno è raramente usato, ma si trovano alcune realizzazioni a cavallo tra la fine del XX sec e i primi anni del XXI sec.
layout statico In questo approccio, le unità abitative presentano una rosa di differenti layout già progettati. Questi layout sono divisi in due tipi: una parte comune, non modificabile e costante e una, variabile, quella che permette all’abitante di adeguare l’unità abitativa alle proprie specifiche necessità. Anche in questo caso le possibilità combinatorie sono limitate al momento dell’acquisto in cui le fasi conclusive della progettazione sono concordate con l’acquirente..
layout dinamico Questo approccio prevede la progettazione di una serie di possibili layout, caratterizzati da una struttura fissa e da una struttura mobile, in modo da permettere elevate possibilità di modificare la disposizione interna secondo le necessità dell’abitante per tutto il periodo di utilizzo dell’architettura da parte dello stesso.
Le schede vengono presentate raggruppate in quattro gruppi ognuno dei quali è riferito ad una delle quattro categorie sopra citate. Ogni categoria è differenziata da un diverso colore dei banner come qui sotto rappresentato
Modulo Parete perimetrale e struttura portante Layout statico Layout dinamico 15
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