Circular City

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Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla

Martin Luther King


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L’area d’intervento è situata a Castel Bolognese, città di 9.573 abitanti che si estende lungo la via Emilia, in provincia di Ravenna, tra le più grandi Imola e Faenza. Insieme ai comuni di Riolo Terme, Casola Valsenio, Solarolo, Feanza e Brisighella, fa parte dell’Unione della Romagna Feantina. La città è affiancata dal fiume Senio. L’aspetto interessante nello sviluppo di un progetto in questo luogo deriva dal fatto che Castel Bolognese si presenta come un piccolo centro senza particolari peculiarità, rappresentando così una realtà comune e rappresentativa all’interno del territorio italiano. Castel Bolognese è caratterizzato da un buon equilibrio sociale, un alto tasso di vivibilità, un buon welfare pubblico, un forte senso di comunità e di partecipazione civile. Senso che viene espresso dalle oltre 55 associazioni e le tante sagre che la città ospita, per un totale di oltre 50 giorni all’anno. Le sagre occupano una parte importante della vita cittadina e costituiscono un forte richiamo per tutto il territorio. Con origini risalenti al primo Novecento, la sagra

*sagra della Pentecoste

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*immagine storica della piazza e la torre dell’orologio


di Pentecoste è la festività principale. Nell’ottica di città circolare risulta ulteriormente interessante perché ci troviamo in una parte di territorio, la pianura padana, che è tra le più inquinate d’Europa. Come obiettivo di un maggiore benessere urbano e ambientale, deve essere ricercata una migliore qualità dell’aria. Cenni storici Castel Bolognese è una città di origine medioevale, fondata da Bologna come avamposto di difesa, in seguito alla rivalità con le città di Faenza e Forlì. L’atto di fondazione della città, sorta sulle tracce di un appostamento militare, risale al 13 aprile 1389. Si tratta di una delle poche città italiane in cui si conosce con esattezza la data di fondazione. Fin da subito venne costruito un castello posto a lato della via Emilia, che poi venne successivamente inglobata all’interno dell’insediamento. Dalla città madre, Bologna, eredita le proprie caratteristiche con un fronte porticato nel tratto lungo la via Emilia. Nel 1501 la città fu occupata da Cesare Borgia, duca di Romagna, il quale demolì le mura e la rocca, successivamente restaura quando pochi anni più tardi la città passo sotto lo Stato Pontificio. Enclave bolognese in territorio ravennate, per la sua posizione e per i benefici fiscali sempre goduti, Castel Bolognese fu un porto franco e centro di traffici e di commercio. Al fine di stroncare tali traffici papa Pio VI, nel 1791, decise di staccarla da Bologna e di annetterla alla Legazione di Ravenna. Nel 1861, in seguito alla nascita del Regno d’Italia, fu inaugurata la stazione ferroviaria e i primi collegamenti con Forlì e Ravenna. Durante la seconda guerra mondiale la città fu teatro di aspri combattimenti e vide l’arrestarsi del fronte per quattro mesi lungo il fiume Senio, con il centro abitato che fu notevolmente danneggiato. Il dopoguerra vide una fase di ricostruzione e di espansione residenziale e industriale. Paesaggio Il paesaggio agricolo è l’aspetto caratterizzante di questo luogo e dell’intera Pianura Padana. Un territorio piatto in cui l’ampiezza della pianura si perde nell’orizzonte. Un territorio che è stato percorso

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*fotografie di Luigi Ghirri


e narrato da numerosi artisti, scrittori e fotografi. Giorgio Celati, nei suoi racconti, ci parla dell’atmosfera di questo luogo e di quella “nube entro cui si vive da queste parti, una nube dove ogni luminosità si disperde in miriade di riflessi”. Una sorta di “fascia bluastra o perlacea secondo le stagioni” che avvolge questi territori. “Così la luce piombando dall’alto si ingolfa in uno strato d’atmosfera molto più denso e pesante degli altri, e ciò annulla o fortemente riduce i contrasti con le ombre diurne”. Un territorio che sempre Celati descrive come un “nuovo genere di campagne dove si respira un’aria di solitudine urbana”. Visioni espresse e contenute molto efficacemente anche nelle fotografie di Luigi Ghirri, che figurano dei paesaggi quasi fermati dal tempo. Un paesaggio che ha origine con il sistema della centuriazione romana, come opera di bonifica ed antropizzazione effettuata tra il III° ed il I° secolo a.C. Un intervento che ha trasformato radicalmente il paesaggio con l’abbattimento del bosco ed il prosciugamento delle zone paludose attraverso un sistema capillare di scolo delle acque. La centuriazione dell’Agro Faentino-Imolese è isoorientata con la via Emilia, la quale funge da decumano massimo. Il territorio viene suddiviso in riquadri di 120 acri di lato (circa 720 metri) per mezzo di strade, sentieri, canali e fossi. Gli elementi fuori terra, quali filari alberati, siepi e arginature, consentivano l’individuazione degli assi e l’orientamento nel territorio. Un disegno che è testimonianza dello stretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente e dello sfruttamento razionale di un territorio, in cui i segni della centuriazione ancora permangono. Via Emilia E’ lungo questa strada antica di origine romana che si posizione la città di Castel Bolognese. Si tratta di una strada di collegamento fatta costruire a partire dal 189 a.C. da Marco Emilio Lepido, da cui prende il nome (dal latino Aemilia), per collegare le città di Rimini e Piacenza. Con uno sviluppo lineare di 262 km, la costruzione della strada dette inizio alla colonizzazione romana della Pianura Padana. Un asse viario di grande valenza anche simbolica per il territorio, presentandosi come una sorta di riferimento ritmico, una polarità,

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una linearità centrica e distributiva. Una strada che si pone quasi come una vera architettura, una forma esplicita e un andamento geometrico orientato. Gianni Celati nei suoi scritti la descrive come una linea divisoria tracciata tra terre alte e terre basse, chiusa da un lato dal profilo collinare e dall’altro dai campi coltivati. Una strada che quindi struttura paesaggi, li connette e li influenza, presentandosi come un unicum di una molteplicità di luoghi, un filo conduttore di un racconto territoriale. Asse che all’interno di Castel Bolognese oggi si presenta anche come un punto di criticità, in quanto funge da linea divisoria che divide il paese. Non appare come un elemento di unione tra le parti ma di separazione. Causa il frequente flusso viario, anche di mezzi pesanti, la qualità della vita in quel tratto è bassa e l’affaccio su essa è svalorizzato. Già in fase di costruzione, la nuova circonvallazione permetterà di ridurre notevolmente il traffico viario all’interno della città, con la speranza che la via Emilia possa ritornare un luogo pubblico di incontro e di unione. Tipologie edilizie storiche Il territorio è caratterizzato dal dualismo tra campagna e città, tra la tipologia della casa rurale e le tipologie urbane. Con l’espansione urbana questi due linguaggi sono andati ad affiancarsi con la città che ingloba tipologie rurali. Anche a Castel Bolognese si rintraccia questa commistione di linguaggio. Il nucleo storico è caratterizzato da una tipologia a schiera a lotto gotico, anche se in alcuni punti si è arrivati alla completa saturazione della corte interna. Edifici a schiera che vanno a formare un isolato storico a forma rettangolare e distribuito ortogonalmente agli assi viari. Abitazioni unifamiliari di due o tre livelli con un affaccio su strada e uno sulla corte interna. Lungo la via Emilia il fronte è porticato con un piano terra in cui affacciano attività commerciali e botteghe artigiane. Diversamente si configura la casa rurale e il tipo presente in tutto l’agro centuriato faentino-imolese. Una forma rettangolare, con la facciata allungata e un’altezza di otto metri circa. Un fabbricato che può essere idealmente spartito in due sezioni verticali, internamen-

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*la casa rurale nella Romagna


*annessi nella casa rurale

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te separate dal vano centrale che ospita la scala. Da un lato sono disposti tutti i locali abitativi e dall’altro la stalla al piano terra ed il fienile al piano superiore. Suddivisone che viene rimarcata anche in facciata dove spiccano dei grandi finestroni necessari per l’aerazione del fienile. La struttura principale della casa veniva affiancata da una serie di annessi, con diverse funzioni, disposti marginalmente ad uno spazio centrale: l’aia, luogo cardine della vita sociale e produttiva della casa. Nell’aia si giocava, si stendeva il granoturco, si collocavano i grandi attrezzi. La casa rurale corrispondeva in ogni suo particolare ai bisogni della vita agricola, ed esprimeva un forte legame con l’ambiente e con la terra. Morfologia urbana Il centro storico, che risulta ancora ben distinto dal resto dell’edificato, rappresenta ancora oggi il centro della vita cittadina. Originalmente circondato da mura, di cui oggi rimangono sole poche tracce. Un altro elemento di forte valenza è il viale alberato che conduce alla stazione ferroviaria, posta nel lato nord della città. La città è caratterizzata da una separazione netta delle funzioni industriali dal resto della città, fattore che rappresenta una delle maggiori criticità della città, in quanto va ad impoverire l’energia urbana nel nucleo storico. Il limite urbano e il confine tra città e campagna ha subito l’effetto dell’espansione a macchia d’olio a partire dal secondo dopoguerra. Il tessuto residenziale presenta uno sviluppo intensivo della tipologia unifamiliare e bifamiliare della villetta. Una tipologia che va a definire una continuità di spazi privati e l’assenza di spazi pubblici di aggregazione. I servizi e le funzioni pubbliche sono disposte in maniera non omogenea all’interno della città, contribuendo così a ridurre l’energia urbana e la vitalità delle zone a carattere prettamente residenziale.

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Area d’intervento L’area d’intervento, con un’ampiezza di 7 ettari, è situata nella parte nord-est della città. Si tratta di un’area ancora agricola, di margine tra la città e la campagna e in stretta relazione con il carattere industriale e residenziale degli edifici adiacenti. Al centro dell’area è situata una struttura rurale in stato di abbandono e degrado. Nel lato nord due edifici lineari, con funzioni industriali, vanno a chiudere e delimitare l’area. Edifici semplici in parte inutilizzati, ma che possono essere oggetto di recupero e ri-funzionalizzazione. Soprattutto se messi a sistema con l’isola ecologica posta lungo il fronte strada. Un’area di interesse che può essere ripensata per sviluppare una serie di spazi che mirano ad una gestione efficace e integrata dei rifiuti urbani.

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*concept / molteplicazione tipologica


vita contadina La struttura della casa rurale e la vita contadina sono una rappresentazione di una tradizione passata che racchiudeva in sè un buon grado di circolarità. Il rapporto con la natura era forte, e la vita e le attività quotidiane seguivano i ritmi naturali. Tutto è cambiato con il passaggio da un’economia agricola ed un’economia industriale. La penuria del mondo agricolo implicava il principio dell’utilizzazione e del risparmio energetico, mentre l’abbondanza industriale ha prodotto il criterio dell’usa e getta, della moltiplicazione dei rifiuti e dello spreco energetico. In campagna non esisteva il servizio di raccolta rifiuti, ma tutto veniva consumato, ovvero riciclato, e in caso estremo bruciato nel focolare o nei falò. Tutto o quasi era riutilizzabile o biodegradabile. Era una rappresentazione di un sistema chiuso, in cui ogni elemento veniva riutilizzato in funzioni secondarie. Gli scarti alimentari venivano utilizzati come mangime degli animali. A sua volta il letame prodotto, insiemi agli scarti delle lavorazioni, diventava fertilizzante naturale. Mentre il legname e altri scarti alimentavano il fuoco del camino e il forno. Lo spazio dell’aia era il luogo principale in cui svolgeva la vita contadina. Era un vero e proprio laboratorio di trasformazione, riutilizzazione e riciclaggio in cui i rifiuti erano ridotti al minimo. Fungeva da luogo di raccolta, da spazio di lavoro, da essiccatoio e da centro di smistamento. Tutto quello che entrava nell’aia veniva capillarmente sfruttato, selezionato e riutilizzato.

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*fotografie da Archivio Museo della Civiltà Contadina di San Marino di Bentivoglio


*fotografie da Archivio Museo della Civiltà Contadina di San Marino di Bentivoglio

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Cibo Richiamando una dimensione legata all’aia, come centro di socialità e al tempo stesso di lavoro e produzione, all’interno dell’isolato si vuole favorire una produzione locale del cibo. Nella corte trovano così spazio degli orti e un pollaio di comunità. Un piccolo allevamento di galline permette la produzione di uova fresche e inoltre contribuisce allo smaltimento degli scarti alimentari. Rifiuti Affiancati a spazi legati alla prevenzione dei rifiuti, lungo il perimetro sono stati inseriti degli spazi per la gestione dei rifiuti prodotti. Spazi che permettono un’efficiente raccolta differenziata e il trattamento dei rifiuti organici. Mediante un impianto di compostaggio i rifiuti organici prodotti possono essere visti come risorsa e trasformati in nuovo fertilizzante. Una gestione comunitaria dei rifiuti favorisce una cura e una responsabilità maggiore da parte dei cittadini. Mobilità All’interno dell’area viene favorita una mobilità lenta. Per questo motivo, all’interno dell’isolato, si vanno a disporre una serie di spazi per la sosta e la ricarica di biciclette ed altri sistemi di mobilità lenta. Inoltre si prevede l’inserimento di un servizio di isolato che prevede la condivisione di auto elettriche. Un servizio che favorisce un modello basato sulla condivisione più che sul possesso, con numerosi benefici ambientali.

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Materiali La matrice rurale influenza anche l’aspetto esteriore degli edifici, i quali si presentano maggiormente compatti nei lati verso l’esterno, mentre si aprono verso la corte interna. La struttura viene pensata in legno, mediante il sistema di panelli di legno lamellare Xlam, che oltre ad essere un materiale naturale permette il disassemblaggio degli edifici. Si prevede un impianto strutturale semplice e modulare che permette una flessibilità e adattabilità degli spazi. L’aspetto esterno è caratterizzato da un materiale che riprende la natura degli edifici locali. Come rivestimento esterno si utilizza così un materiale chiamato “coccio blocco” sperimentato da Studio MM srl. Si tratta di un materiale naturale, estremamente circolare, prodotto assemblando leganti di origine vegetale e scarti di laterizi. La fase di produzione non richiedendo una cottura evita uno spreco di energia e la produzione di anidride carbonica. Si tratta inoltre di un materiale con buone capacità isolanti e di traspirabilità. All’interno del progetto il materiale viene utilizzato in maniera in maniera diversificata, andando così a definire diversi rapporti tra gli spazi. Mediante una disposizione diversa dei mattoni, e la realizzazione di trame, il materiale esterno contribuisce a definire una gerarchia di spazi ed il carattere degli edifici. La modularità strutturale viene accentuata e, con una trama decorativa che riprende i sistemi di areazione dei fienili, si va a creare un filtro che mantiene un grado di permeabilità visiva tra lo spazio interno e lo spazio esterno.

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Elaborati grafici

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