Colori e Sapori La Piazza 865

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Colori & Sapori Febbraio 2022 in Veneto - Viaggi, Sapori, Territorio

Da Valli del Pasubio a casa tua Lo “Chef Wild”, Massimo Sella, ci racconta della sua personale visione di cucina e della sua scelta di diventare chef a domicilio

Il vino tra passione e conoscenza Il mio pomeriggio con Franca Miotti

Il Malgaro, ostinata passione Un libro e una mostra per raccontare un antico mestiere

Festival Cammini Veneti Intervistiamo il Direttore Michela Menegus per scoprire il tema dell’edizione 2021-2022 e i prossimi eventi in programma

Speciale San Valentino Ricette, curiosità e aneddoti dal mondo sulla festa degli innamorati a cura di Daniela Belfatto

Colori & Sapori - Febbraio 2022 - Allegato di La Piazza e Lira&Lira


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Colori & Sapori Ingredienti: • 100 gr di ceci lessati • 100 gr di frutta secca (noci, nocciole, mandorle) • 60 gr di zucchero mascobado • 80 gr di farina di riso integrale • 40 gr di farina di grano saraceno • q.b. di scorza di bergamotto (o limone bio) • 40 gr di olio di girasole alto oleico (o evo delicato) • 4 cucchiai di latte vegetale • pizzichi di sale

Social Food Le ricette della vicentina Daniela Boscariolo, autrice del Blog Timo e Lenticchie CASTAGNOLE DI CECI RICETTA SENZA GLUTINE Lo ammetto: non amo i dolci fritti. Oddio, se poi mi si offre una bella frittella non è che la rifiuto, ma non mi va di farle. Sono però legata ai dolci fritti di carnevale da ricordi particolari. Tantissimi anni fa invitai il mio “moroso” a casa mia a fare i crostoli, il modo in cui chiamiamo le chiacchiere. Più che alla ricetta e a tirare la sfoglia pensavamo a guardarci negli occhi…il risultato lasciò a de-

siderare, i crostoli non lievitarono, ma per noi erano buonissimi. Ancor oggi, ogni tanto, ricordiamo quel pomeriggio e chissà quante volte l’abbiamo raccontato ai nostri figli. Per un ricordo sulle castagnole, invece, dobbiamo tornare all’adolescenza, quando riuscivo a farle così dure, così marmoree da risultare immangiabili. Le castagnole che vi presento oggi, senza uova e burro, mi vengono invece molto soffici!

Preparazione: Accendete il forno a 180 gradi. Tritate la frutta secca in un mixer assieme allo zucchero integrale. Dopo aver lessato i ceci, versateli in un frullatore e con un goccio d’acqua frullate fino a farli diventare una crema liscia. In una ciotola versate le due farine e la frutta secca, tritate con lo zucchero, versate l’olio, la scorza grattata e infine il latte. Dovreste avere un impasto tipo frolla. Formate le castagnole rotolandole tra le mani e appoggiatele sulla leccarda con carta forno. Infornate per 15 minuti a 180 gradi ventilato. Dipende dal forno, assaggiatene una per verificare la cottura e valutare se lasciarle ancora in forno per qualche minuto. Un consiglio per tutti i dolci senza uova e burro: conviene sempre riscaldarli in forno al momento di servire per riavere la sofficità iniziale. Le castagnole si conservano qualche giorno chiuse in un contenitore di latta.

Timo e Lenticchie di Daniela Boscariolo blog.giallozafferano.it/timoelenticchie


Colori & Sapori Che tipo di cucina proponi a chi decide di affidarti il menu di una cena a casa, di un evento o di una cerimonia? Cerco di utilizzare sempre ingredienti del territorio, provenienti da piccole attività locali, non solo di Valli del Pasubio, dove mi trovo, ma anche da Asiago, Recoaro e da tutto il vicentino. Scelgo prodotti un po’ di nicchia, nel senso di piccole produzioni, e molti ingredienti selvatici: per questo mi definisco “Chef Wild”, perché mi piace andare alla ricerca di prodotti sconosciuti e trasformarli per proporre al mio cliente dei piatti legati sì alla tradizione, ma in una chiave innovativa e seconda la mia personale interpretazione.

Da Valli del Pasubio a casa tua Lo “Chef Wild”, Massimo Sella, ci racconta della sua personale visione di cucina e della sua scelta di diventare chef a domicilio Massimo, qual è il percorso che ti ha portato a diventare Chef a Domicilio? Far da mangiare è sempre stata la mia passione: fin da piccolo mi cimentavo nel preparare, pane, torte, biscotti. A dodici anni la decisione di fare di questa passione la mia futura carriera. Mi sono diplomato alla Scuola Alberghiera di Recoaro Terme e, nel mio percorso professionale, ho avuto occasione di lavorare anche all’estero, soprattutto in Spagna. Ho poi fatto varie esperienze in giro per l’Italia, finché non ho sentito che era arrivato il momento di riscoprire i valori e la cucina della mia terra, l’Alto Vicentino. Per dieci anni mi

sono fermato a lavorare in una Trattoria a Schio, una vera a propria palestra nella quale ho imparato, da autodidatta, a preparare pane, formaggi, salumi, tutto in casa, con ingredienti genuini del territorio. Ho sperimentato, ho sbagliato, infine ho imparato. Più o meno un anno fa la decisione di diventare Chef a domicilio per portare una nuova esperienza nella mia vita e qualcosa di nuovo qui nel territorio.

A parte le persone che ti scelgono come loro Chef a Domicilio, hai notato un generale ritorno ai valori della genuinità e della territorialità? Sì, ho cominciato a notare da un paio di anni, quando ancora lavoravo nella trattoria a Schio, che i clienti prediligono sempre di più prodotti e ricette semplici, genuine e della tradizione. Ricette che rischierebbero di andare perdute se non vi fossero alcune signore anziane che ne custodiscono la memoria e che la tramandano a persone come me, curiose di ascoltare e di imparare… e di carpire i loro segreti. Quindi, mi trovo a girare per le contrade di montagna e a chiacchierare con le nonne, alle quali chiedo come si preparano certe ricette, che ingredienti utilizzano, come devono essere allevati gli animali, come devono essere piantate e coltivate alcune specie autoctone. Questo per dare la possibilità al mio cliente di riscoprire e di apprezzare la storia e i sapori del territorio e del passato. C’è un piatto o un ingrediente al quale sei particolarmente legato? Ce ne sono tanti, difficile scegliere. Posso dire che uno dei miei piatti forti è il Tiramisù, che preparo con una ricetta un po’ rivisitata, con le uova pa-


Colori & Sapori una rapa selvatica che cresce qui nella zona, abbinata con una pasta di salame condita: sia la macinazione del maiale, preso dal mio fornitore di fiducia, che il mix di spezie impiegate li ho realizzati io, ho preparato l’insaccato, ho sbollentato la rapa con acqua, zucchero, aceto e l’ho condita con uno sciroppo che preparo con la linfa delle piante di nocciolo dei boschi di mia proprietà.

storizzate, così da consentire di mangiarlo anche alle donne incinta e a chi non digerisce l’uovo crudo. Poi ci sono alcune ricette molto particolari, come le “braciole col pieno”, una ricetta tipica di Schio le cui origini risalgono al 1600, una braciola di maiale con l’osso battuta, arrotolata con un ripieno di soppressa, Asiago Stravecchio e funghi e sfumata in cottura con della grappa. Questa ricetta l’ho presentata per la selezione al programma “Cuochi d’Italia”, condotto da Alessandro Borghese, nel quale ero stato chiamato a partecipare per rappresentare la Regione Veneto e le cui registrazioni sono state bloccate a causa del Covid. Combinando ingredienti selvatici e della tradizione con un tocco di creatività, si possono ottenere delle ricette davvero particolari e variare sempre il menu. Per una recente cena a domicilio ho preparato

Come si compongono i tuoi menu a domicilio e per quali tipologie di evento proponi il tuo servizio di Chef a Domicilio? Di solito preparo dalle 8 alle 12 portate: a pochi piatti abbondanti preferisco un percorso di degustazione fatto di piccole porzioni che consentono agli ospiti di assaggiare tanti sapori e ricette. Per quanto riguarda le tipologie di evento, finora ho realizzato il menu di tre matrimoni (per un numero contenuto di invitati, dai 20 ai 40), battesimi, cresime, feste di compleanno e alcuni apericena e dovrei iniziare una collaborazione con una cantina di Verona per organizzare degli eventi di degustazione. Abbiamo parlato molto di territorio, ma volevo chiederti se i tuoi viaggi e le tue esperienze all’estero hanno in qualche modo influenzato la tua cucina. A parte l’esperienza professionale in Spagna, ho fatto soprattutto dei viaggi improntati alla scoperta di cucine e culture diverse, ad esempio Thailanda, Islanda, Grecia, USA, delle vere e proprie esperien-

ze culinarie che mi hanno regalato nuove tecniche e ricette che ho fatto mie e che ho reinterpretato a casa. In Thailandia ho fatto una vera e propria esperienza di vita in una famiglia del posto con la quale ho preparato delle ricette sia italiane che locali, un vero e proprio scambio culturale. In occasione di Valli 400, ho realizzato una mia personale versione di un piatto tipico thailandese, i panini al vapore “bao bun”, farciti con una pancetta di maialino nostrano, con la concia della soppressa cotta a bassa temperatura per quasi 20 ore, e accompagnati con una salsa barbecue realizzata con le bacche di sambuco raccolte nelle nostre montagne. In Islanda ho approfondito le tecniche della fermentazione. Tutti questi input da varie cucine del mondo contribuiscono alla mia personale idea di cucina, capace di valorizzare gli ingredienti locali anche attraverso delle ricette internazionali.


Colori & Sapori Ingredienti per 18 ravioli • 200 gr di farina di zucca o altra farina integrale • 25 gr di olio extravergine di oliva delicato spremuto a freddo • 50 gr di latte vegetale bio senza zuccheri • 50 gr di malto di riso • 1 cucchiaino di lievito cremor tartaro • un pizzico di sale marino integrale • rapatura di limone o arancia bio • composta di frutta bio senza zuccheri aggiunti o crema di pistacchio

Social Food Le ricette della vicentina Daniela Boscariolo, autrice del Blog Timo e Lenticchie RAVIOLI DOLCI RIPIENI ALLA MARMELLATA Questi ravioli dolci ripieni alla marmellata potremmo chiamarli dolcetti di Carnevale consapevoli. Dolcificati con malto, la frolla l’ho preparata con una farina di zucca, ma natural-

mente si può usare una farina di grano saraceno, di tipo 2 o la farina integrale. La consistenza è di una frolla dal cuore morbido, farcita con una composta di frutti di bosco.

Preparazione: In una ciotola setacciate la farina con il lievito, la rapatura di arancia e il pizzico di sale. A parte, emulsionate assieme il latte vegetale, il malto e l’olio e aggiungete agli ingredienti secchi. Impastate come una frolla fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo. Trasferite in frigorifero per 30 minuti a riposare. Tirate la frolla a spessore di mezzo centimetro tra due fogli di carta forno (per evitare che si appiccichi) e ritagliate con le formine tonde. Posizionate un po’ di composta in metà raviolo e chiudeteli con l’altra metà sigillando bene, affinchè in cottura la composta non fuoriesca. Cuocete in forno caldo a 180 gradi per 15/20 minuti fino a doratura. Facoltativo: Per il carnevale, spolverate appena appena di zucchero integrale a velo. Conservateli in scatole di latta.

Timo e Lenticchie di Daniela Boscariolo blog.giallozafferano.it/timoelenticchie



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Il Malgaro, ostinata passione Un libro e una mostra per raccontare un antico mestiere Le emozioni, la memoria, i sentimenti e l’ostinata passione di un antico mestiere, quello del malgaro. Sfogliando il libro con i bellissimi scatti di Enrico Celotto ci si immerge in un mondo tanto vicino quanto distante, dove si vive più lento e in armonia con la natura, in cui i gesti diventano rituali che trasformano con gratitudine il latte in prodotti che portano sulle nostre tavole i sapori e i saperi di un tempo, la tradizione dell’alpeggio e il rispetto per gli animali, quotidiani compagni di vita del malgaro. Siamo andati a trovare Morena Stocchero dell’agenzia Officine micrò, che ci ha raccontato com’è nato questo progetto speciale, ideato da Latterie Vicentine e patrocinato dalla Regione Veneto e dall’Amministrazione Comunale di Cartigliano, in collaborazione con la curatrice Elena Agosti, l’art director Walter Santomauro e, appunto, l’agenzia Officine micrò: “Qualche anno fa era stato dato ad

Enrico Celotto l’incarico di documentare alcune malghe di Latterie Vicentine, lavoro dal quale è nato un archivio fotografico che veniva utilizzato per la comunicazione dei prodotti a base di latte di malga. Enrico Celotto si è reso conto di avere tra le mani un patrimonio storico, le testimonianze di un mestiere che tra qualche anno potrebbe scomparire e che raccontano dell’alpeggio, una tradizione secolare dell’Altopiano di Asiago, e delle nostre montagne”. L’idea di trasformare questa esperienza in un progetto più ampio ha preso forma nel 2020

e il Presidente di Latterie Vicentine, Alessandro Mocellin, lo ha sposato in pieno, avendo trascorso in malga 30 anni della sua vita e custodendo lì i ricordi più belli dell’infanzia. Grazie all’investimento di Latterie Vicentine, al contributo di alcune aziende Sponsor e ad un finanziamento della Regione Veneto, il progetto ha preso il via con il reportage fotografico di Enrico Celotto: sono state selezionate 5 malghe, non tutte socie di Latterie Vicentine, e il fotografo ha vissuto i momenti salienti della giornata del malgaro, dall’alba al tramonto, perché solo così poteva cogliere dei ritratti e dei dettagli non solo del mestiere, ma anche degli uomini e delle loro storie personali. Ne sono nati 10.000 scatti e ore di registrazione che raccoglievano i racconti condivisi dai malgari con Enrico e, dopo un’accurata selezione, è nato il libro “Il Malgaro, ostinata passione”, prevalentemente fotografico, con alcune citazioni e didascalie in lingua veneta e un’appendice finale dedicata alla transumanza. Man mano che si selezionavano le foto per il libro è emersa la consapevolezza di avere molto materiale che meritava di essere oggetto di una mostra. Una mo-


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stra, ci racconta Morena “che non voleva essere solo fotografica, ma anche sensoriale ed esperienziale, grazie ai video e ai suoni raccolti da Enrico e ad alcuni strumenti che consentivano di immergersi nella vita della malga e nel mestiere del malgaro”. Un inedito viaggio demoetnoantropologico, così come lo ha definito la curatrice Elena Agosti, frutto di una vera e propria ricerca etnografica. La mostra si è svolta a ottobre-novembre 2021 a Villa Morosini Cappello a Cartigliano, sia negli spazi interni che esterni della villa, comprese le cucine nelle quali è stata allestita la stanza esperienziale del formaggio e il parco. Passeggiando attorno alla villa, lo sguardo volgeva alle montagne circostanti. La risposta del pubblico è stata molto calorosa, c’è stata grande partecipazione, oltre 1.300 le persone interessate alla mostra, alla presentazione del libro e anche agli eventi collaterali, tra cui laboratori pratici, spettacoli e masterclass di degustazione. Lo stupore dei bambini e la collaborazione con gli studenti dell’Istituto Remondini di Bassano, preparati dal prof.

Tammaro Barra e che hanno accompagnato i visitatori alla mostra facendo da guide con passione ed entusiasmo, sono solo alcuni dei ricordi più belli che Morena ha condiviso con noi. Se vi abbiamo incuriosito, vi invitiamo a cercare il libro negli Spacci di Latterie Vicentine e speriamo fiduciosi, com’è nelle intenzioni, che vi sia un’altra edizione della mostra, perché il mestiere del malgaro, citando le parole di Enrico Celotto “è stato protagonista nella vita di molte famiglie del nostro territorio e sarà uno degli elementi della memoria di cui il futuro avrà bisogno”. Un mestiere importantissi-

mo e da preservare, perché le malghe non producono solo formaggi sani e genuini, ma tutelano e si prendono cura del territorio. Quello del malgaro è un lavoro lento e metodico, un bene immateriale che va trasmesso alle nuove generazioni per far capire loro l’importanza di vivere in armonia con la natura. Le aziende sponsor che hanno contribuito alla realizzazione della mostra, oltre a Latterie Vicentine: AGRIFORM, CENTRO VENETO FORMAGGI, SERGIO BASSAN, POZZA TRASPORTI CD, ZOO GAMMA.


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Il vino tra passione e conoscenza Il mio pomeriggio con Franca Miotti Arrivo alla Cantina Firmino Miotti con un po’ di anticipo, in trepidante attesa di conoscere la Signora Franca. Ripasso le domande, mi sistemo il soprabito e il cappello, metto su la mascherina. Lei arriva e mi accoglie con la domanda “caffè o vino?” e rompe subito il ghiaccio (ça va sans dire, ho scelto il vino). Decide di farmi assaggiare Anima, 100% Vespaiolo Pas Dosé, ed io inizio con le mie (copiose) domande. Ne nasce una conversazione piacevole, interessante e avvincente, fatta di ricordi e storie di famiglia, riflessioni sul mestiere del vignaiolo e condivisione di nuovi progetti. Mi concede il suo tempo senza guardare l’orologio ed io ascolto con gratitudine mentre mi svela, appunto, l’anima della Cantina Firmino Miotti. Si dice che non esistono due terroir uguali tra loro, per cui chiedo a Franca quali

sono le caratteristiche che rendono unico il Colle di Santa Lucia di Breganze: un terreno vulcanico, con una pietra semidura che consente alle radici della vite di penetrare in profondità e che ha reso possibile di non perdere delle piante anche nei periodi caratterizzati da siccità. Vespaiolo, Pedevendo, Gruajo, Groppello, Marzemina Bianca: salvaguardare vitigni autoctoni e varietà antiche, favorire la biodiversità e preferire la qualità alla quantità fa dei vignaioli come Firmino Miotti dei veri e propri custodi della terra. Questa inclinazione alla tutela del territorio inizia già

con il bisnonno di Franca: alla fine della seconda guerra mondiale si occupa di organizzare le squadre di “incalmatori” per salvare le viti dalla fillossera, afide arrivato dall’America e che a partire dalla seconda metà dell’ottocento devastò interi vigneti in Europa e non solo, contro cui fu trovato rimedio, anni dopo, nella tecnica dell’innesto della vite europea su alcune varietà di vite americana. Anche Firmino, papà di Franca, viene coinvolto da bambino in questa missione e prende a cuore la difesa delle viti autoctone di Breganze che suo nonno, uomo carismatico e figura di riferimento, si era impegnato a ricreare. Alla fine della seconda guerra mondiale centinaia di uomini e ragazzi in cerca di lavoro confluiscono nella grande azienda Laverda, per cui i campi si spopolano e le viti vengono nuovamente abbandonate. Finché i titolari dell’azienda non si rendono conto che nel periodo della vendemmia era tutto un fiorire di permessi e assenze, per cui decidono di creare una cantina interna, cui i soci operai conferiscono le uve e ai quali l’azienda rivende il vino, ad un prezzo scontato, per sostenere le spese. Questa idea della cantina sociale ha dei risvolti sia positivi che negativi: tutti i soci si adeguano alle direttive dell’azienda e ai consigli di enologi provenienti da altre zone di produzione, anche quando si tratta di sostituire alcune varietà di uva autoctone e antiche con altre più produttive. Vengono così messe a dimora delle barbatelle che hanno un indice di maturazione simile e che rendono abbastanza da soddisfare la domanda sempre crescente di vino. A parte la vespaiola, che viene mantenuta in tutto il territorio, altre varietà di uva resistono solo ad opera di quei vignaioli che non aderiscono alla Cantina Sociale o che decidono di intraprende una strada diversa. Tra questi, Firmino Miotti, fedele alla promessa fatta al nonno. A proposito di storia: lo scrittore vicentino Virgilio Scapin, nel suo libro “I magnasoete” (i mangia civette), immortala Firmino per il suo senso dell’ospitalità,


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per la sua figura di filosofo legato alla terra e alla natura. Chiedo a Franca di raccontarmi qualche aneddoto su questo libro e lei mi parla di una storia di profonda amicizia e va a prendere una copia del libro per leggermi alcuni passaggi per lei significativi, mentre io mi godo il mio calice di Gruajo (a proposito, l’idea della J è proprio di Virgilio Scapin, chiedete a Franca di raccontarvi la storia…). E arriviamo al giorno d’oggi e a Sua Maestà il Vespaiolo, vitigno autoctono dell’area della DOC Breganze, che viene interpretato in maniera diversa dai suoi vignaioli, tra storia e sensibilità personale, tradizione e sperimentazione. Dopo un breve excursus sulle difficoltà iniziali della denominazione e la rinascita commerciale del Vespaiolo, grazie anche all’abbina-

mento con i piatti tradizionali, arriviamo a parlare della moda degli ultimi tre anni, quella per i bianchi aromatici. Come si fa ad incontrare il gusto del pubblico e ad esaltare il Vespaiolo senza “tagliarlo” con altri vini più aromatici? O in vigna, potando molto corto, tecnica che andrebbe a discapito dell’appassimento per il Torcolato, oppure con il tannino, facendo un affinamento in legno. Il legno scelto da Franca è quello di acacia e così nasce l’esperimento del Vespaiolo 16.9, che mette insieme vino da botte di acacia e vino da acciaio, in un equilibrio che non va a snaturare il Vespaiolo, seppur lo renda un po’ più corposo e longevo. Nel frattempo prende forma Anima: nel 2017 inizia la sperimentazione dello spumante, per il quale si era già deciso di attendere 36 mesi, con una prima sboccatura su metà delle 4.000 bottiglie, per vedere come procedeva e testare il gradimento, e la seconda sboccatura prevista quest’anno. Il pubblico ha apprezzato questo Vespaiolo Pas Dosé, per cui si è motivati ad andare avanti su questa strada. La Guida Vitae dell’Associazione Italiana Sommelier definisce Franca una dinamica enologa, ma anche erede morale delle tradizioni di famiglia. Le chiediamo cos’ha ereditato della visione di suo padre e quale sia, invece, il suo personale contributo, la sua firma nei vini della Cantina Firmino Miotti: “Ho sempre rispettato quello che è stato fatto in vigna, le singole varietà autoctone e il modo in cui le aveva proposte mio padre. Quello che ho portato io è stata un po’ un’innovazione nell’uso dei legni, cercare di snellire la produzione e stare al passo

con i tempi, proponendo vini, ad esempio il Fondo53, che rispondano ad alcune richieste del mercato, senza mai snaturare la nostra identità. Credo fortemente che il Vespaiolo possa dare un ottimo spumante, senza l’apporto di varietà aromatiche, quindi questa mia testardaggine nel supportare questa varietà e nell’interpretarla in modi diversi è quello che mi ha contraddistinto dalle generazioni precedenti”. Man mano che Franca si racconta, capiamo con quanta passione svolga il suo lavoro, cui si aggiunge l’impegno, in qualità di Priore della Magnifica Fraglia del Torcolato, di promuovere l’intera area della DOC Breganze, in sinergia e in amicizia con gli altri vignaioli e cantine del territorio. Dal punto di vista dell’enoturismo, secondo Franca, è positivo che ci siano più cantine che lavorano bene, perché questo eleva l’intera area di Breganze e la rende più attrattiva rispetto al passato. Il sole sta tramontando ed è arrivato il momento di lasciare la Cantina, non prima di aver chiesto alla Signora Franca di salutarci Cuvée, il “vignaiolo a quattro zampe” protagonista di tante storie di Instagram e di chiederle qual è la parte più difficile e cosa, invece, la rende felice del suo lavoro: “La cosa più difficile è che ogni stagione è una nuova sfida, può andare bene o può andare male, e periodi come quello che stiamo vivendo e la conseguente instabilità del mercato ti instillano alcuni dubbi. Però poi, quando il cliente torna ed è contento perché apprezza il tuo vino e il tuo lavoro, questo ti rende felice e ti da la motivazione per andare avanti”.


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Festival Cammini Veneti Intervistiamo il Direttore Michela Menegus per scoprire il tema dell’edizione 2021-2022 e i prossimi eventi in programma Direttore, come nasce l’idea di un Festival Diffuso e quali sono i partners di questo progetto? L’idea del festival diffuso è nata dall’esigenza di proporre al più vasto pubblico un evento di disseminazione dei risultati del progetto “Sulle Tracce del Fogazzaro” promosso dall’ente Interlingua Formazione di Vicenza e finanziato dalla Regione Veneto attraverso il FSE (Fondo Sociale Europeo). Il progetto “Sulle Tracce del Fogazzaro”, localizzato in un’area caratterizzata dalla presenza di siti culturali di grande rilievo, ha voluto metter in evidenza in modo ancor più diretto come la realizzazione di proposte culturali sia un volano fondamentale di ricaduta su tutto il territorio. Il progetto si è sviluppato attorno ai due Cammini “Fogazzaro-Roi” e del nascituro “Rigoni Stern”, riconosciuti come “Cammini Veneti”, in un percorso ad anello che tocca la bassa provincia di Vicenza e l’Altopiano di Asiago, passando

per Vicenza. L’idea del progetto è orientata a tre punti centrali dai quali hanno origine specifiche iniziative: • la valorizzazione del patrimonio culturale, • la promozione culturale in sinergia operativa pubblico-privato, • l’elaborazione di un messaggio comunicativo integrato e coordinato affinché si sviluppi una chiara identità delle iniziative. L’offerta formativa e l’attività divulgativa messe in campo da Interlingua assieme ai Partners di progetto Associazione Cammini Veneti, Associazione Slow Tourism, Biosphaera snc, hanno occasionato: • un positivo riscontro da parte degli attori territoriali pubblici e privati, i quali hanno accettato l’invito a partecipare a momenti di confronto ed infine a collaborare proattivamente,

• una risposta proattiva da parte di alcuni professionisti, i quali hanno accettato di lavorare in rete per costruire tutti assieme una proposta culturale afferente ai Cammini. Dandosi poi l’occasione del centenario della nascita dello scrittore Mario Rigoni Stern, si è scelto di collocare detta proposta culturale integrata sulla traccia dei Comuni solcati dal nascituro Cammino Rigoni-Stern. Ne è conseguito che quello che doveva esser un singolo evento di disseminazione di risultati progettuali è divenuto un festival diffuso in itinere, espressione corale delle singole offerte territoriali coerenti e utili a ricordare l’eredità culturale e morale di Mario Rigoni Stern. La rete di professionisti vicentini che assieme al capofila Interlingua Formazione ha realizzato il Festival è formata da: Michela Menegus, direttore, progettista, promotore turistico-territoriale e formatrice, Michele Ferretto, guida naturalistica, progettista turistico-culturale e fondatore di Biospaera, Paola Sartori, web specialist e food writer, Michela Montagna, organizzatrice di eventi, Chiara Dalle Molle, archeologa ed esperta in didattica museale, Graziella Tonato, progettista EU, Michela Rompato,



Colori & Sapori • nella dimensione spirituale • sul cibo delle radici • sulla sostenibilità e sull’essenziale ruralità • sulla natura • sulla Russia, quale luogo di riflessione più ampio sull’umanità. Il calendario dei prossimi eventi in programma e le informazioni sulle modalità di partecipazione sono disponibili al sito: www.festivalcamminiveneti.eu

artista. Di più, il coinvolgimento attivo, sia virtuale che fisico, nel progetto dell’Associazione Italiana Food Blogger AIFB, diretta da Anna Maria Pellegrino, cuoca, maestra di cucina, food writer, docente di Gastrosofia, storia ed evoluzione della Cucina, Accademica della Cucina Italiana, ha proiettato a livello nazionale la notizia, naturalmente approcciando i tematismi della rassegna dalla prospettiva del cibo e della cultura alimentare-culinaria territoriale. Non ultimo, i Comuni toccati dagli eventi hanno supportato entusiasticamente le iniziative: Bolzano Vicentino, Caldogno Calvene, Chiuppano, Lugo di Vicenza, Roana, Sandrigo, Quinto Vicentino, Zugliano. Il filo conduttore che lega gli eventi e le iniziative dell’edizione 2021-2022 è “i ritorni” di Mario Rigoni Stern, un concetto, quello del ritorno, che assume in questo caso un senso più ampio rispetto alla sola dimensione fisico-meccanica... Tutte le istanze emerse durante il percorso di formazione e di animazione territoriale, hanno portato al concetto di ritorno quale tema eleggibile e declinabile negli eventi del Festival. Difatti, nelle iniziative si parla di ritorno inteso come cammino nella sua accezione fisico-meccanica:

• di arrivo a baita dalla Russia • di rientro a casa dal lager • di pellegrinaggio verso il Santuario di Monte Berico…

ma soprattutto declinato in quel moto spirituale e etico che Mario Rigoni Stern ha incarnato, ovvero: • il ritrovarsi, dopo la guerra e la prigionia • il ritorno al cibo delle radici, inteso come sostrato identitario e pratica sostenibile • il recupero di un rapporto sano e equilibrato con la natura • il tener viva una memoria storica pacificata, quale linfa per la crescita delle nuove generazioni. Da qui deriva il titolo “Ritorni” della prima edizione del Festival diffuso sui Cammini Veneti in memoria di Mario Rigoni Stern. Il ricordo di Mario Rigoni Stern è operato attraverso la rievocazione dalla cifra umana dello scrittore e viene stimolato attraverso eventi di varia natura – esposizioni a tema, animazioni letterarie in movimento, percorsi gastronomici narrativi, ambientazioni d’epoca, etc. – articolati:

Tra questi, segnaliamo: FRAMMENTI Itinerario non figurativo di Michela Rompato fino al 27 febbraio 2022 Bunker di Villa Caldogno Via Zanella, Caldogno VI È un percorso non figurativo, sicuramente emozionale ed a tratti concettuale, fatto di analogie e di suggestioni al vissuto di Mario Rigoni Stern: la solitudine nel vagare nella neve dopo aver perso i compagni; la chiusura all’interazione; l’isolamento della persona umiliata e ridotta a numero; l’istinto di autoconservazione; lo sfinimento nella ricerca di un appiglio per salvarsi; e, finalmente, il recupero del proprio corpo, unito al laborioso lavoro di ricostruzione della propria anima, per farla riemergere in una rinnovata brillante vivacità, dopo un lungo periodo di aridità. Il ritorno ad una nuova esistenza è un movimento lento, che affiora da lontano, “come una bolla d’aria che viene dagli abissi”, direbbe Mario Rigoni Stern.




Colori

&

Sapori

Speciale San Valentino Ricette, curiosità e aneddoti dal mondo sulla festa degli innamorati


Colori

&

Sapori

San Valentino Curiosità e aneddoti dal mondo sulla festa degli innamorati Che dire, per quanto alcuni pensino che San Valentino sia una festa un po’ commerciale, in realtà molti inguaribili romantici credono nel valore simbolico di questo giorno e aspettano con ansia di avere un’occasione in più per celebrare il proprio amore. Nel periodo antecedente questa festa è tutto un pullulare di sfumature di rosso, dal rubino delle rose a quello accesso di cuori di peluche, cartoline, biglietti di auguri e mille idee regalo. Se vi concentrate bene sentirete molto “Love Is In The Air”, come cantava John Paul Young nel 1978. A modo nostro, rendiamo omaggio a questa giornata con una piccola rubrica dedicata a San Valentino, con aneddoti e curiosità tratte dal web e che ci portano in viaggio per il mondo in sella ad un grande cuore alato.

LO SAPEVATE CHE…? Gli uomini spendono in media il doppio delle donne per il giorno di San Valentino (156 dollari contro 85) Durante San Valentino, avvengono molte competizioni sul “bacio più lungo”. Il bacio più lungo è durato 58 ore 35 minuti e 58 secondi Il 73% dei fiori venduti a San Valentino è acquistato da uomini, mentre le donne sembrano preferire l’acquisto di cartoline e bigliettini Ogni anno, i biglietti d’auguri di San Valentino che circolano per il mondo sono circa un miliardo. Finlandia: per la festa degli innamorati la tradizione finlandese vuole che il marito porti la moglie in spalla nel corso di una difficile corsa ad ostacoli. Romanticismo a parte, si tratta sicuramente di un modo alternativo per rinnovare la promessa di amore eterno alla propria amata. In Giappone, al contrario, le protagoniste sono le donne, che devono regalare cioccolatini, fatti a mano o acquistati, ai loro compagni, ma anche amici, colleghi di lavoro o compagni di scuola in segno di amicizia. Un mese dopo, il 14 marzo, si celebra il “White Day”, in cui gli uomini devono ricambiare il gesto, con dei cioccolatini rigorosamente bianchi!

Danimarca: il 14 febbraio le donne danesi chiedono ufficialmente la mano dei loro innamorati. L’usanza risale al Medioevo, quando la regina scozzese Margareta stabilì che solo nel mese di febbraio una donna potesse chiedere in matrimonio un uomo. In Inghilterra ci si scambia cioccolatini e fiori, ma sono celeberrimi dei bigliettini romantici indirizzati alla persona amata, chiamati “Valentine”. L’usanza vuole che il mittente resti anonimo, per rendere il messaggio ancora più dolce. Una tradizione che risale al XV secolo quando Carlo D’Orleans, prigioniero nella torre di Londra, inviava missive alla sua amata moglie chiamandola “ma tres doulce Valentinèè”, ancora oggi conservate nella British Library di Londra. Brasile: qui la data dei festeggiamenti slitta al 12 giugno sia perché è la vigilia di Sant’Antonio, il protettore dei matrimoni, sia perché il mese di febbraio è segnato dalle celebrazioni della festa nazionale per antonomasia, il Carnevale. In occasione della festa degli innamorati, secondo i costumi brasiliani, le donne nubili portano con sè durante la giornata una statuetta del santo a cui rivolgono la preghiera di trovare al più presto marito.

Thailandia: tra le feste nazionali più popolari, il giorno di San Valentino e i suoi festeggiamenti sono molto partecipati dalla popolazione locale. Verona, la città di Romeo e Giulietta, riceve all’incirca 1000 lettere all’anno indirizzate a Giulietta il giorno di San Valentino. Nel Medioevo il giorno di San Valentino era usanza dei giovani pescare un nome da una ciotola. Il nome pescato lo avrebbero portato sulla manica per una settimana. Al giorno d’oggi “to wear your heart on your sleeve” (ovvero “indossare il cuore sulla manica”) significa manifestare apertamente i propri sentimenti. Il Kenia è la patria di una tradizione molto particolare e romantica, quella della “coppa dell’amore”. Le donne regalano al proprio marito una zucca piena di vino di palma e lui, in cambio, una focaccia di tiglio. Dopodiché bevono entrambi dalla coppa. Nei paesi asiatici l’uomo regala alla donna un abito. Se lei accetterà di indossarlo, significherà che ha intenzione di sposare il suo corteggiatore. In Sud America e nei paesi scandinavi (tra i quali Danimarca, Finlandia ed Estonia) il 14 febbraio è il giorno dell’amicizia. La stessa cosa avviene in alcune zone dell’Olanda, dove è usanza regalare un cuore di liquirizia. In Russia, nelle zone in cui più forte è il credo ortodosso, non si festeggia San Valentino. C’è anche chi ha proposto di vietarlo. Lo stesso in Pakistan, dove ci sono stati confronti fra favorevoli e contrari. Nella Corea del Sud, come in Giappone, le donne devono regalare cioccolatini ai loro compagni. Ma in questa nazione l’usanza e meno gioiosa: gli uomini che non hanno ricevuto nulla né il 14 febbraio né il 14 marzo, sono tenuti a “festeggiare” il 14 aprile, il “Black day”, recandosi in un ristorante dove mangeranno spaghetti al nero di seppia, lamentandosi delle loro sventure e della loro solitudine!



Colori

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San Valentino

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Fiori e cioccolatini: i simboli di San Valentino

La rosa rossa è il simbolo degli innamorati perché Venere, la dea romana dell’amore, adorava le rose rosse ed erano i suoi fiori preferiti. La prima scatola di cioccolatini di San Valentino è stata inventata da Richard Cadbury nel 1868.Ora l’azienda Cadbury è la seconda al mondo per la produzione di dolciumi, preceduta dalla Mars. Nel 1800 i medici prescrivevano cioccolato alle persone che soffrivano a causa delle pene d’amore. Il 15% delle donne americane single si auto-regala dei fiori il giorno di San Valentino.

Il 50% di quelle fidanzate, invece, afferma che se non dovessero ricevere regali dal proprio fidanzato sarebbero pronte a lasciarlo. Le rose sono in assoluto, in cima alla lista dei regali più gettonati della festa. Ma attenzione al numero di fiori nel bouquet! Ad ogni composizione corrisponde una precisa “legenda amorosa”: 108 rose rap-

presentano una proposta di matrimonio, 99 rose si interpretano come “per sempre”, solo 11 si regalano alla “preferita” e ne basta una per dedicarla al solo ed unico amore! Negli anni è diventata più la festa di chi cerca l’amore che di chi lo ha trovato. L’ideale è sempre la cena romantica, ma sono sempre più apprezzate le idee che coinvolgono la coppia in un momento intimo e di benessere. E pensare che in origine si festeggiava un martire che, una delle leggende vuole, fosse egli stesso innamorato.





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Amore e vino

Che ne dite di regalare al vostro amato/ amata il suo vino preferito e coronare una cena romantica con un ottimo vino? La relazione tra vino, amore ed eros è stato oggetto di tantissime riflessioni letterarie e di poemi. Vi diamo un’idea: trascrivetene uno su una pergamena e regalatelo insieme alla bottiglia di vino…e recitatelo mentre innalzate il calice per brindare al vostro amore! Paul Verlaine (1844 - 1896) da “Poesie” L’amore tuo diffonde il suo vigore in tutto il mio essere, come un vino.

Edmondo De Amicis (1846 – 1908) Il vino aggiunge un sorriso all’amicizia e una scintilla all’amore. Gabriele D’Annunzio (1863 – 1938) Non era meglio, invece, abbandonarsi ingenuamente alla prima ineffabile dolcezza dell’amor che nasceva?».

Ambedue, nel tempo medesimo, posarono su la tovaglia il cristallo. La comunità dell’atto fece volgere l’una verso l’altro. E lo sguardo li accese ambedue, più assai del sorso.

Egli vide Elena nell’atto di bagnare le labbra di un vino biondo come un miele liquido. Scelse tra i bicchieri quello ove il servo aveva versato un egual vino; e bevve con Elena.

Pablo Neruda (1904 -1973) da “Poesie del Centroamerica” Vita, sei come una vigna, tesaurizzi la luce e la distribuisci trasformata in grappoli.



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La ricetta dal “cuore” buono Per un San Valentino senza eccessi, i biscotti vegan della vicentina Daniela Boscariolo, autrice del Blog Timo e Lenticchie BISCOTTI CUORE DI FROLLA FRIABILE VEGAN Senza burro e uova, questi biscotti cuore di frolla friabile vegan al cioccolato vi stupiranno per la loro bontà. Ho utilizzato il malto al posto dello zucchero e ne è uscita una frolla molto friabile, veramente buona, non molto dolce, dal mio punto di vista perfetta per i biscotti.

Ingredienti: • • • • •

200 gr di farina di tipo 2 70 gr di farina di riso integrale 100 gr di malto di riso due cucchiaini di lievito cremor tartaro 60 gr di olio extravergine delicato o girasole

• 50 gr di latte vegetale (io ho scelto quello di avena) • semini di vaniglia bourbon • un pizzico di sale • 100 gr di cioccolato fondente veg • frutta secca tritata per decorare


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Preparazione: In una ciotola setacciate la farina 2 e quella di riso con il lievito, aggiungete la vaniglia e il pizzico di sale. Sciogliete il malto nel latte vegetale tiepido e aggiungete l’olio. Formate la classica fontana con la farina e versate i liquidi. Impastate fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo. Trasferitelo in frigorifero per 30 minuti a riposare. Tirate la frolla a spessore di un centimetro e ritagliate con le formine a cuoricino. Cuocete in forno caldo a 180 gradi per 15 minuti fino a doratura. Tritate la cioccolata e scioglietela a bagnomaria. Quando i biscottini si saranno raffreddati, intingeteli per metà nel cioccolato e poi spolverateli con mandorle o nocciole tritate. Conservateli in scatole di latta (e regalateli al vostro amore).

© Timo e lenticchie


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