SchioMese
In biblioteca più donne e bambini - p.6 ◆ Nereo Fioravanzo, il collezionista di cartoline - p.8
In biblioteca più donne e bambini - p.6 ◆ Nereo Fioravanzo, il collezionista di cartoline - p.8
Nella raccolta dei rifiuti Malo ha abbandonato il “porta a porta” per tornare al sistema delle campane stradali avanzate, dotate di tessera per l’apertura e il controllo degli sversamenti. Un metodo più decoroso per l’estetica cittadina, quindi ci si chiede: sarà adottato prima o poi anche a Schio? La risposta è no: “Con il porta a porta siamo passati dal 66% di raccolta differenziata del 2014 all’82% del 2023 – dice il sindaco Orsi -. I nuovi sistemi a campana possono risultare meno ‘invasivi’, ma la percentuale di differenziata non raggiunge gli stessi livelli”.
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino
Direttore
Stefano Tomasoni
Redazione
Elia Cucovaz
Mirella Dal Zotto
Camilla Mantella
Grafica e impaginazione
Alessandro Berno
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Dal mese scorso Schio è a tutti gli effetti la città di Alessandro Rossi. Non che ci fosse qualche dubbio al riguardo: il fondatore dello storico lanificio è a tutti gli effetti il “padre della patria” scledense riconosciuto e incontrovertibile, certificato da tre elementi: 1) una toponomastica che gli ha dedicato già la piazza centrale e la via più importante del Quartiere Operaio da lui voluto, detto infatti Quartiere Rossi, 2) la presenza di ben due monumenti dedicati al Nostro, quello al quadrivio di Sant’Antonio e quello per ora al teatro Jacquard ma destinato ad abbellire la futura nuova piazza Statuto; 3) gli edifici della Fabbrica Alta, dell’ex asilo Rossi e del Villino Rossi che, per quanto attualmente non se la passino bene, rimangono tre delle architetture più pregevoli e potenzialmente più ricche di interesse della città.
Ma, si diceva, il mese scorso è intervenuto un atto ufficiale e definitivo a suggellare questo “rapporto di sangue” tra la città e Alessandro il Grande: sono state presentate le targhe stradali dedicate a Rossi, che alla fine dell’anno scorso il consiglio comunale aveva deciso di far installare agli ingressi della città. Targhe che riportano la scritta “Schio Città di Alessandro Rossi, imprenditore e senatore d’Italia”, con un logo che riporta l’effige di Rossi.
Mai decisione comunale è stata più inattaccabile e bipartisan. Ciò che ha significato Alessandro Rossi per Schio, del resto, lo ha ben sintetizzato lo storico dell’industria Giovanni Luigi Fontana intervenendo alla
presentazione delle targhe: è stato “l’uomo che più di ogni altro ne ha plasmato la storia e l’immagine urbana, facendola diventare il motore dello sviluppo di tutto l’Alto Vicentino e una delle capitali della prima industrializzazione italiana, una moderna città dell’industria. Il creatore della più grande concentrazione industriale e finanziaria italiana del tempo e di un modello di welfare d’impresa ispirato alla più avanzate esperienze europee ed americane”. A ricordare la genesi dell’iniziativa ci ha pensato il sindaco Valter Orsi: “L’idea di intitolare la città ad Alessandro Rossi risale alla fine del 2017 con la ricorrenza dei 200 anni dalla fondazione della Lanerossi e poi ne abbiamo riparlato nel 2019 con il bicentenario della nascita di Alessandro Rossi. Nel 2020 la giunta ha ritenuto che fosse arrivato il momento di sottolineare la valenza locale e nazionale di Alessandro Rossi, non solo per continuare a farlo vivere nei luoghi che furono i suoi, ma anche come elemento attrattivo storico e culturale per i visitatori. L’emergenza sanitaria ha rallentato questo progetto, come altri. Finalmente, nel novembre del 2022, mese di nascita di Alessandro Rossi, il consiglio comunale ha deliberato l’intitolazione della città al nostro illustre concittadino”.
“La dedica della città ad Alessandro Rossi – aggiunge il prof. Fontana - deve essere intesa anche come l’assunzione di un impegno a tutelare, conservare, valorizzare e trasmettere la grande e duratura eredità materiale e immateriale che egli ci ha lasciato”. Un passaggio, quello dell’intitolazione, che per Fontana deve diventare, per il Comune e per tutti gli scledensi, occasione per stringere un “patto” con la loro storia, “per perpetuarne i valori materiali e intangibili e farne la leva di nuovi sviluppi per la città e per tutto il territorio”.
Evviva Schio città di Alessandro Rossi, dunque. L’unica cosa che ci permettiamo di eccepire ha a che fare con le parole usate
Stefano Tomasoninelle targhe, che ci sembrano onestamente un po’ sciape, poco significative e non propriamente le più centrate per sottolineare i concetti fin qui espressi. Definire Rossi “imprenditore e senatore d’Italia” suona tutto sommato piuttosto riduttivo. Diciamo la verità, in questo paese dove la politica è scaduta ai livelli forse più bassi nella storia repubblicana e il Parlamento assomiglia a una Corrida di dilettanti allo sbaraglio, ormai diventa senatore anche il can del pignattaro. Oltretutto senza alcun fatica, visto che, tolte le preferenze, basta essere nelle grazie dei capipartito per avere il posto sicuro in lista. Dunque non è che indicare Rossi come “senatore” suoni particolarmente significativo e autorevole, soprattutto agli occhi delle nuove generazioni che negli ultimi trent’anni ne hanno viste di tutti i colori.
Ma nemmeno la parola “imprenditore” suona adatta a Rossi. Lui è stato un grande capitano d’industria, lo si è appena detto, mentre oggi il concetto di imprenditore si è via via così allargato che ormai, di fatto, è considerato tale chiunque sia titolare di un’attività economica, anche solo con uno o due dipendenti.
Delle ulteriori modifiche viarie del Quartiere Operaio parliamo all’interno. Qui resta solo da dire che, accanto a raccolte di firme, proteste e lamentele, ci si poteva anche aspettare che qualche buontempone se la prendesse con i cartelli sistemati un po’ ovunque, tra le vie, ad avvisare l’approssimarsi del nuovo stop o del nuovo senso unico. Invece si conferma ancora una volta che gli scledensi magari si inc…ano, ma tendono a rispettare le cose altrui, comprese quelle pubbliche. Bastava poco, in questo caso, per correggere i cartelli, non senza ragione, in “Attenzione viabilità incasinata”. [S.T.]
In definitiva, se un “foresto” che non sa chi è stato Alessandro Rossi arrivasse a Schio e leggesse che questa è la città di un “imprenditore e senatore”, potrebbe anche chiedersi: embè? Che c’è di così
particolare a essere imprenditori e senatori?
Insomma, forse un più classico e sempreverde “pioniere dell’industria italiana” sarebbe stato meglio. ◆
Quello della raccolta e del trattamento dei rifiuti è sempre un tema piuttosto dibattuto. Tutti siamo chiamati a gestire la spazzatura di casa e tutti vorremmo avere il miglior servizio possibile per la sua raccolta e smaltimento. Nell’Alto Vicentino si occupa di questo Alto Vicentino Ambiente, società partecipata da tutti i Comuni del territorio che serve, una trentina.
La particolarità è che i sistemi di raccolta variano da Comune a Comune. Pur facendo riferimento a un’unica società di gestione, ogni municipalità ha le sue modalità e questo solitamente viene spiegato con le differenze territoriali: la raccolta dei rifiuti delle contrade collinari non può essere la stessa di quella dei centri abitati più popolati. Non fa una piega, ma quando poi ad adottare sistemi di raccolta diversi sono Comuni con caratteristiche del tutto simili, al cittadino viene da domandarsi perché si facciano determinate scelte e non altre.
Diversi sistemi di raccolta
Recentemente il Comune di Malo ha modificato il tipo di conferimento dei rifiuti, tornando dal porta a porta al sistema delle campane stradali avanzate, dotate di tessera per l’apertura e il controllo degli sversamenti, che saranno presto installate in una settantina di punti del paese. Dal Comune, in alcune interviste alla stampa, si assicura che in questo modo i cittadini risparmieranno sulla bolletta e che la qualità della differenziata rimarrà comunque alta. Altre municipalità, tra cui Schio, rimangono invece al porta a porta. Una delle motivazioni è che le campane saranno anche più comode, ma la differenziata conferita è peggiore.
”Nel medio periodo a Schio non si prevedono cambi del sistema di raccolta. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di potenziare la raccolta differenziata per arrivare a conferire il meno possibile a incenerimento - spiega il sindaco Valter Orsi -. È dimostrato come il sistema porta a porta sia il miglior metodo di conferimento e anche Schio lo conferma. Con il porta a porta siamo passati dal 66% di raccolta differenziata del 2014 all’82% del 2023. I nuovi sistemi a campana possono sicuramente risultare meno ‘invasivi’, ma la percentuale di differenziata non raggiunge gli stessi livelli. Ne sono un esempio i problemi che
Nella raccolta dei rifiuti Malo ha abbandonato il “porta a porta” per tornare al sistema delle campane stradali avanzate, dotate di tessera per l’apertura e il controllo degli sversamenti. Un metodo più decoroso per l’estetica cittadina, quindi ci si chiede: sarà adottato prima o poi anche a Schio? La risposta è no: “Con il porta a porta siamo passati dal 66% di raccolta differenziata del 2014 all’82% del 2023 – dice il sindaco Orsi -. I nuovi sistemi a campana possono risultare meno ‘invasivi’, ma la percentuale di differenziata non raggiunge gli stessi livelli”.
si verificano anche a Schio per i contenitori collettivi condominiali, ai quali solo i residenti hanno accesso e in cui spesso vengono conferiti rifiuti che non rispettano le regole della differenziata. Bisogna tener presente che la maggior percentuale di differenziata ha effetti positivi sulle tariffe della Tari, in quanto la normativa generale prevede il principio che chi più inquina più paga. Più si porta a inceneritore più si paga, dunque”.
Al di là del risparmio sui costi, però, viene da pensare che se il sistema di raccolta varia da Comune a Comune, con diversi output nella qualità della differenziata, l’inceneritore è lo stesso per tutti, per cui un peggioramento della differenziata in altre municipalità può incidere negativamente sui livelli di inquinamento dell’intero territorio.
“Alcuni anni fa è stato intrapreso un percorso di unificazione dei sistemi di raccolta su due linee, quello puntuale e quello stradale – afferma Orsi -. Ci vorrà un po’ di tempo prima di arrivare a uniformare su queste due linee i vari sistemi di raccolta: servono investimenti anche da parte dei Comuni e quindi la strada prosegue in base alle possibilità. Non a caso proprio il Comune di Malo ha ottenuto un finanziamento nell’ambito del Pnrr. Come già sottolineato il sistema di raccolta incide sulla percentuale di raccolta differenziata”.
Il porta a porta con i sacchetti “fai da te”
Schio, dunque, rimane ferma sulla bontà del “porta a porta”. E se è vero che non si prevedono cambi, qualche modifica c’è stata. Dal
2020, ad esempio, non vengono più distribuiti dal Comune i sacchetti per la raccolta differenziata. In altre municipalità vicine la distribuzione continua, oppure si è passati (ad esempio per la carta) a dei bidoncini che risolvono la contraddizione del dover mettere la carta dentro buste di plastica per poterla conferire nel centro di raccolta.
“La distribuzione dei sacchetti è stata sospesa nel periodo Covid in attuazioni delle restrizioni previste per l’emergenza sanitaria – puntualizza il sindaco -. Al termine di questo periodo si è deciso di non riprendere il servizio dando quindi più libertà ai cittadini nel reperire i sacchetti. Questa scelta non incide sui costi a carico del cittadino in quanto il costo di quelli che venivano distribuiti dal Comune era compreso nella Tari come previsto dalla normativa”.
Per onor di cronaca siamo andati a controllare le nostre bollette TARI dal 2019 in avanti e i costi sono sostanzialmente invariati. Niente rincari, ma nemmeno risparmi, a cui vanno aggiunti i costi d’acquisto per i sacchetti gialli e blu che vanno comprati in autonomia.
In ogni caso la qualità della differenziata nell’Alto Vicentino, al di là delle difformità nei sistemi di raccolta, è molto alta e questo ha portato a una diminuzione della frazione secca da conferire nell’inceneritore. Un’ottima notizia dal punto di vista delle emissioni dovute al trattamento del rifiuto secco, che pone però ai Comuni
Nel frattempo Schio adotta un approccio di tutela ambientale per quanto riguarda il tema rifiuti. “Abbiamo ricevuto un contributo di circa 1 milione di euro attraverso i fondi Pnrr per la realizzazione del Parco del Riciclo che verrà realizzato in zona industriale. Il nostro progetto è arrivato al primo posto tra gli oltre mille presentati dal nord Italia, a testimonianza della validità della struttura per il territorio”, dice il sindaco Orsi.
La nuova struttura (presentata in anteprima già un anno fa dal nostro mensile) sorgerà in via Cazzola su una superficie recintata di oltre 5 mila metri quadrati.All’in-
terno troverà posto anche una “ricicleria” dove sarà possibile scambiare beni ancora utilizzabili. Il Parco del Riciclo sarà aperto 6 giorni su 7 e sarà accessibile 24 ore su 24 attraverso il proprio codice fiscale. Sono previste tre zone: una dove troveranno spazio i cassoni per i rifiuti, una dove verranno stoccati i beni riutilizzabili e una per gli uffici e la guardiola. L’idea è quella di dar vita, più che a una nuova discarica di ultima generazione, a un parco popolato di specie arboree autoctone, dove sia possibile organizzare visite guidate per le scuole ed eventi e iniziative per la sensibilizzazione verso la cultura del riciclo.
soci di AVA l’interrogativo di come gestire nel futuro l’impianto. Sul tema si è acceso il dibattito, finito nei mesi scorsi in un botta e risposta tra municipalità sulla stampa locale.
“Come amministrazione abbiamo portato in assemblea dei soci di Alto Vicentino Ambiente un documento che propone uno studio in grado di valutare la possibilità di rivedere la potenzialità dell’impianto di Cà Capretta proprio in funzione della riduzione di indifferenziata - dice Orsi, che in quanto sindaco di Schio rappresenta il Comune più popoloso del territorio -. Tra qualche anno la seconda linea necessiterà di interventi importanti e quindi nell’ottica della programmazione vogliamo capire se e quanto si può ridimensionare l’impianto in base alle reali necessità. Secondo i nostri dati ciò è possibile perché l’indotto del Bacino Rifiuti Vicenza riporta una produzione di indifferenziata, quindi materiale da incenerire, di circa 65 mila tonnellate, mentre la potenzialità media di Cà Capretta è tarata sulle 83-84 mila. I valori di smaltimento, però, non si devono leggere sui dati di tonnellaggio, ma di kcal: lo studio che abbiamo proposto è importante anche per avere un dato in funzione al raggio d’azione su cui si potrebbe sviluppare ulteriormente la rete di teleriscaldamento. Siamo in una fase di evoluzione anche sul tema del ciclo integrato dei rifiuti. Avere dati che diano la possibilità di prendere delle decisioni è assolutamente serio e necessario. Nessuna azienda privata dà il via a investimenti importanti senza sapere quali siano le varie possibilità e cosa comportano. Le aziende pubbliche non devono essere da meno. Il documento in questione non è stato approvato dall’assemblea perché è mancato il numero legale a favore - alcuni Comuni si sono astenuti. Ora è stato ripresentato come richiesta di messa all’ordine del giorno, sottoscritto dalla maggioranza dei sindaci. Terremo informata la cittadinanza sugli sviluppi”. ◆
Negli ultimi anni le persone hanno imparato a usare i servizi digitali messi a disposizione, come la prenotazione in autonomia dei testi sul portale della rete bibliotecaria vicentina.
MCamilla Mantellaaggio è il mese dei libri. Da qualche anno, ormai, in queste settimane si tengono in tutta Italia eventi, conferenze e letture pubbliche per avvicinare grandi e piccoli al piacere della lettura.
Purtroppo gli italiani sono tra i cittadini europei che leggono di meno. Secondo i dati dell’Associazione Italiana degli Editori, in Italia solo il 40% delle persone ha letto almeno un libro non scolastico negli ultimi 12 mesi, mentre in Svezia la percentuale è al 90%, in Danimarca all’82% e la Germania al 79%.
Lo scenario, però, varia da regione a regione, come spesso accade per il nostro Paese. Così, se in Calabria nel 2021 solo 28 persone su 100 hanno letto un libro nell’ultimo anno, in Veneto il numero sale a 45 persone su 100 (purtroppo in flessione rispetto all’anno precedente) e in Lombardia a quasi 49 su 100. E a Schio? Si legge? E quanto?
La biblioteca civica è probabilmente il luogo migliore per approfondire la relazione tra gli scledensi e i libri. Grazie ai dati condivisi dagli operatori è possibile farsi un’idea del numero dei libri prestati, dei servizi più apprezzati e delle tendenze di breve e medio periodo.
Innanzitutto gli accessi: nei primi tre mesi del 2023 ogni giorno sono entrate in biblioteca circa 350 persone. Accedono soprattutto per prendere in prestito libri, appartenenti tanto al fondo scledense quanto agli archivi delle altre biblioteche vicentine. Grazie alla creazione della Rete Biblioteche Vicentine, infatti, è disponibile del tutto gratuitamente il servizio di prestito
I numeri forniti dalla biblioteca civica fotografano una città che legge con percentuali più alte per le donne e per i più piccoli. Ogni giorno entrano in biblioteca circa 350 persone.
interbibliotecario, che consente di far arrivare a Schio volumi in possesso delle altre biblioteche appartenenti alla rete, che copre tutto il territorio provinciale. Solo nella Biblioteca civica “Bortoli” di Schio nel 2022 si sono gestiti 106.682 prestiti e nei primi tre mesi del 2023 siamo già a quota 24.323.
A Schio la biblioteca è divisa in due sezioni: una è dedicata ai bambini e ragazzi e una agli adulti. In entrambe sono bambine, ragazze e donne a rappresentare la maggior parte dei lettori. Nelle sale dedicate ai più piccoli sono il 62%, in quelle riservate agli adulti sono il 67%. Per quanto riguarda invece le fasce d’età, la sezione ragazzi è animata soprattutto da giovani tra i 7 e i 14 anni, mentre quella degli adulti è frequentata soprattutto da persone tra il 36 e i 60 anni, che rappresentano quasi il 40% degli accessi totali per questa sezione.
Oltre a prendere in prestito libri, i lettori partecipano agli eventi e alle attività promosse dalla biblioteca. Sono attivi 4 gruppi di lettura per adulti (di cui 2 si trovano fisicamente a discutere nei locali della biblioteca) e vengono organizzate periodicamente letture animate con laboratori creativi per bambini e ragazzi. Inoltre dal 2021, assieme al Servizio Cultura, la biblioteca pubblica un avviso per selezionare e sostenere progetti di associazioni culturali che promuovono la lettura realizzando iniziative che vengono poi distribuite nel corso dell’anno e aperte agli utenti della biblioteca.
Le tendenze
I numeri scledensi sono incoraggianti. Nonostante la pandemia avesse ridotto la frequentazione della biblioteca, da qualche mese, in modo lento ma costante, i dati di utilizzo stanno tornando quelli di un tempo. Negli ultimi anni le persone hanno imparato a usare i servizi digitali messi a disposizione, come la prenotazione in autonomia dei testi sul portale della rete bibliotecaria vicentina, e se è vero che ormai sono rimasti in pochissimi a chiedere di poter usare le postazioni internet, sono in molti a domandare stampe personali per poter avere copie di estratti dei libri. È inoltre cresciuto l’interesse per la storia locale e sono in molti a voler consultare i fondi storici o a richiedere supporto nelle ricerche.
Le biblioteche stanno sicuramente mutando sull’onda di un servizio sempre più digitale, ma rimangono presidi importanti per la cultura del territorio. Una loro trasformazione in luoghi sempre più polifunzionali, dove accanto alla consultazione dei libri e al prestito dei volumi si possa avere l’opportunità di partecipare a incontri, godere di festival (come il Festival della Lettura per giovani lettrici e lettori organizzato proprio a Schio a metà aprile) e fare esperienze culturali a tutto tondo, è probabilmente la naturale evoluzione di un percorso già in essere ma che non è ancora del tutto compiuto. Un percorso che potrebbe convincere anche i meno appassionati alla lettura a entrare in biblioteca e dare una chance al mondo del libro. ◆
Ricordate quei tempi lontani in cui, se si andava in qualche bel posto, si inviava una bella cartolina che andava scelta, affrancata e spedita con cura, magari a qualcuno che la collezionava? Oggi si scatta, si invia in tempo reale mandando un saluto veloce e tutto dura un battito di dita. “Eh, no, la cartolina è un’altra cosa - dice Nereo Fioravanzo, lucidissimo neonovantenne – e le cartoline della mia collezione sono oltre seimila, tra illustrate e postali: ognuna catalogata, ognuna commentata, ognuna inserita in album da due-trecento immagini l’uno”.
Complice una consigliera comunale, Gabriella Lain, che ha voluto farci conoscere il signor Nereo, abbiamo passato un paio d’ore a osservare autentiche rarità riguardanti soprattutto la nostra città, perché la collezione di cartoline verte soprattutto su Schio, dagli inizi del Novecento a oggi. “Ho fatto il tessitore alla Lanerossi dal ‘52 al ‘56 - ci ha raccontato – poi ho proseguito con quel lavoro in Svizzera per una dozzina d’anni e infine sono tornato in città, sempre nel ramo tessile, e sono in pensione dal 1987. Ho sempre amato viaggiare: sono stato con mia moglie in posti giudicati allora lontanissimi, come la Turchia, la Siria, la Giordania, l’Egitto, lo Sri Lanka, la Thailandia, Cuba, lo Yemen… e sono finito anche in
Cina perché volevo vedere da vicino i guerrieri di terracotta. Ovviamente, le cartoline me le inviavo! Alcuni viaggi li ho fatti anche con Giorgio Sala, ex sindaco di Vicenza, un mio caro amico. Non ho avuto figli e i viaggi hanno riempito la mia vita, però ho sempre amato molto la mia città, ci sono sempre tornato volentieri e sono consapevole che qui si vive bene. Mia moglie è di Bergamo, l’ho sposata in Svizzera, abbiamo condiviso tante passioni fin quando una malattia degenerativa mi ha costretto a trasferirla a La Casa, dove vado a trovarla e viene trattata bene. Mi manca, ma la vita è così”. Accanto alle 3500 cartoline illustrate, nelle quali è molto interessante osservare l’evoluzione della nostra città sorvolando sulle brutture architettoniche degli anni Sessanta-Settanta, il signor Nereo ne ha circa 2500 di postali, tutte con regolare annullo filatelico. Era infatti anche un appassionato collezionista di francobolli, faceva parte del tramontato Circolo Filatelico Scledense, e ne possiede oltre diecimila, quasi tutti italiani. Anche oggi, quando trova in qualche giornale o opuscolo foto di Schio che gli piacciono, “crea” la sua cartolina e se la fa affrancare con regolare annullo alle poste centrali, dove è molto conosciuto e stimato. Ci ha mostrato con orgoglio pure alcune Gazzette Fotografiche dal 1904 in poi e la sua collezione di libri di autori
americani contemporanei: tanti interessi mantengono attiva la sua mente, stupisce quanto riesce a ricordare.
“Proprio oggi ho comprato altre cartoline della Schio odierna – aggiunge Fioravanzo – ma le tabaccherie che le tengono sono sempre meno, ormai solo due-tre. E pensare che noi, quando eravamo fidanzati, scrivevamo i messaggi segreti sotto il francobollo… Quanta poesia! Ma i tempi cambiano e adesso mi piace parecchio collezionare anche i vari loghi di gruppi e associazioni della città, in questo mi dà una mano Gabriella; li raccolgo, creo cartoline postali o a tema, le affranco: spendo effettivamente parecchio, ma senza il suo francobollo la cartolina non è completa”.
Sarebbe opportuno, a nostro avviso, che una collezione come la sua fosse mostrata agli scledensi, che avrebbero modo di sfogliare la storia della città per immagini, leggendo in contemporanea battute e commenti sagaci e godibili. Prima di congedarci, Nereo Fioravanzo si lascia andare a qualche considerazione politica, che omettiamo: ogni mattina, alle 6.45, ascolta i vari radiogiornali e gli approfondimenti fino alle 8.30, “perché bisogna sapere bene quel che succede, se poi si vuol giudicare”. Il buon senso degli anziani è proprio gran cosa. ◆
Lo scledense Nereo Fioravanzo, fresco novantenne, ha alle spalle una collezione di oltre seimila cartoline, tra illustrate e postali, per gran parte riguardanti la Schio dell’ultimo secolo. Un patrimonio che ha a che fare con un oggetto sconosciuto alle giovani generazioni, ma prezioso per chi ha vissuto l’epoca dei “cari saluti da”.Attualità
“QStefano Tomasoniueo picolo griso”. Ci sono coppie, fra le tante che si sposano in Comune, che chiedono proprio lui come celebrante. Sergio Secondin. Il presidente del consiglio comunale. Vanno a fare le pratiche in municipio, fissano il giorno e l’ora, e poi fanno la richiesta: spiegano che qualche loro amico gli ha consigliato di chiedere come celebrante quel signore dai modi simpatici e informali. Siccome non sanno il nome, vanno per le spicce: “quello piccolo con i capelli grigi”. Capito al volo: Secondin. E “don Sergio” non si nega, perché fin dalla prima volta, nove anni fa tondi tondi, ha scoperto che questo impegno gli piace, dà la soddisfazione di fare un servizio che agli sposi lascia un ricordo indelebile.
Una volta presa la mano non ha più smesso, mettendo a punto la tecnica per la quale è diventato apprezzato al punto da essere richiesto. Queo picolo griso, appunto. Così è successo che in nove anni don Sergio è diventato ormai il monsignore di palazzo Garbin. Cinquecento - diconsi cinquecento - matrimoni celebrati dal 2014 a oggi. Per capire il fenomeno: in città in tutto questo tempo sono stati celebrati 521 tra matrimoni
Sergio Secondin, presidente del consiglio comunale, ha raggiunto il traguardo dei 500 matrimoni civili celebrati in municipio. “Li faccio a modo mio – dice -. Cerco di coinvolgere gli sposi, i parenti… non voglio leggere gli articoli e basta, altrimenti in dieci minuti è tutto finito in modo freddo”.
e unioni civili (l’anno più abbondante è stato il 2022 con il record di 65) e Secondin se n’è accaparrati, appunto, 500. Del resto, è stato il sindaco, a suo tempo, a dargli questa delega.
qualcosa della loro storia, quando si sono conosciuti… cerchiamo insieme di allentare la tensione”.
È andato in scena all’oratorio salesiano il secondo appuntamento di “Calcio In Concordia”, che in questa occasione ha visto svolgersi un torneo esclusivamente al femminile denominato “Piccole in Concordia” per la categoria Primi Calci. Otto le società presenti, compresi i padroni di casa del PGS Concordia, in rappresentanza di cinque province venete. Sono state 80 le giovani giocatrici delle scuole elementari, sostenute nel corso della giornata da genitori e accompagnatori. Sette partitine per ogni squadra, senza classifiche o graduatorie, hanno appassionato il pubblico e mostrato anche qualche individualità di discreto spicco. Anche il meteo ha fatto la sua parte, solo un po’ di pioggia alla premiazione alla presenza anche di don Francesco in rappresentanza dell’oratorio, e del vicesindaco Cristina Marigo.
“Nel 2014, a inizio amministrazione, dopo che sono stato eletto presidente del consiglio comunale ho dato la disponibilità per aiutare il sindaco e gli assessori nelle varie incombenze: cerimonie, convegni, ma anche appunto i matrimoni. E il rilascio delle “cittadinanze”, un appuntamento cadenzato al giovedì che consiste in una breve cerimonia nella quale si consegna il certificato di cittadinanza italiana a chi ne ha acquisito il diritto. C’è una media di 100-120 cittadinanze all’anno”.
Ma se quello delle cittadinanze è un compito necessariamente codificato e con poco spazio alla creatività, dove Secondin dà il meglio di sé è nei matrimoni.
“Il primo che ho celebrato riguardava due giovani sui vent’anni, erano un po’ tesi e allora gli ho detto: non preoccupatevi che io sono più emozionato di voi. Poi col tempo mi ci sono affezionato e ho cominciato a farli a modo mio: faccio partecipare la gente, gli sposi, i parenti… non voglio leggere gli articoli e basta, altrimenti in dieci minuti è tutto finito in modo freddo. Cerco di rompere il ghiaccio, chiedo agli sposi
A volte la tensione si taglia da sola. Come quella volta che lo sposo aveva in braccio il figlioletto piccolo e, nel bel mezzo della cerimonia, il pargolo ha detto che gli scappava la pipì. E Secondin? “Che dovevo fare? Ho sospeso, l’ho accompagnato in bagno e poi abbiamo ripreso”.
“Ne ho viste tante, ho sposato persone dai 18 ai 94 anni”. 94 anni? “Sì, un signore distinto, è venuto su con l’ascensore, con il bastone, si è seduto in sala e mi ha raccontato tutta la storia, a un certo punto gli ho detto: adesso devo sposarla, però”.
Vien da chiedersi come farà, il buon “don Sergio” fra un anno, alla scadenza del mandato, a rinunciare a questo compito diventato passione.
“Io la vedo come una pausa – spiega lui, che alla soglia dei 73 anni manco ci pensa a tirarsi indietro -. Io vorrei candidarmi come consigliere comunale, poi si vedrà come andranno le elezioni. Se sarà possibile, mi piacerebbe continuare a fare volentieri questo servizio. Non mi interessa nessun guinness dei primati, ho solo visto che alla gente piace come celebro i matrimoni, e per me questo è uno stimolo a continuare”. ◆
Dal racconto alla cronaca, il passo può essere molto breve. Lo si può certamente dire parlando di “Caccia al sindaco”, l’ultimo romanzo di Stefano Tomasoni (Piazza Editore, 346 pagine), sapientemente congegnato per far riflettere con il sorriso sui vizi e le virtù della politica e della società nell’Alto Vicentino. Il romanzo che racconta la rocambolesca corsa a primo cittadino nell’immaginaria - ma neanche tanto - cittadina di Gorzone, ha infatti aperto per davvero anche la campagna elettorale per le imminenti elezioni amministrative.
È capitato infatti che durante la serata di presentazione ufficiale del libro, il sindaco Valter Orsi, duettando con l’autore e messo simpaticamente alle strette dal giornalista e cabarettista Mauro Sartori, abbia colto la palla al balzo per tirare fuori dal cilindro il nome del candidato della sua lista Noi Cittadini per la tornata del 2024: Cristina Marigo, attuale assessore al sociale. La prima donna candidata sindaco a Schio: tale e quale a una delle protagoniste del romanzo di Tomasoni, che anche in questo si rivela “profetico”. Ma - bisogna dirlo - c’è un trucco. Non è un caso, infatti, se l’autore riesce a rendere in modo così realistico le dinamiche di cui narra, arrivando persino ad anticipare la realtà. Il “trucco” di Tomasoni sono quarant’anni di pratica nelle cronache cittadine (non ultima, dal 2012, la direzione di questo mensile). Un curriculum che pochi altri possono vantare a Schio per quanto riguarda la difficile arte di comprendere e far com-
È in libreria “Caccia al sindaco”, il nuovo romanzo di Stefano Tomasoni (Piazza Editore, 346 pagine), un cocktail narrativo per far riflettere con il sorriso sui vizi e le virtù della politica e della società, in un’immaginaria (ma più che realistica) cittadina vicentina. Che assomiglia a Schio.
prendere questo oggetto multiforme e a volte incomprensibile che è la politica locale. La trama del romanzo ruota intorno a due stimati cittadini,Adriano Drago, impresario funebre, e Alice Cumerlato, sindacalista, che scoprono di essere uniti da un legame speciale, intimo, e per certi versi inconfessabile. Ma che quasi contemporaneamente si ritrovano anche avversari, quando accettano di candidarsi a sindaco per i due principali ed opposti schieramenti cittadini. Intorno a loro, il valzer della destra e della sinistra si mostra in tutta la sua complessità, squadernando, non senza ironia, anche quello che di norma resta sotto traccia: le riunioni a porte chiuse, i calcoli, le alleanze, le fronde e i colpi bassi…
Ma il romanziere ha un lusso che al giornalista non è concesso: quello dell’onniscienza. E così il racconto travalica la cronaca mostrando un livello ancor più nascosto della politica: l’umanità dei suoi esponenti, fatta, come per tutti, di illusioni e disillusioni, certezze e paure. Tanto che non di rado al lettore viene da chiedersi, pensando che il mandato in un piccolo municipio spesso procura più oneri che onori a chi lo ottiene a prezzo di tanti grattacapi e mal di pancia: ma ne vale davvero la pena?
Un romanzo sulla politica - quindi - ma anche un ritratto sociale. L’ambientazione, con il coro dei comprimari, è troppo nitida per non lasciar trasparire quella realtà locale di cui Tomasoni si è fatto interprete anche nei suoi precedenti letterari. A partire dal romanzo d’esordio “Avevo un cuore che ti amava tanto” (vincitore del premio “Microeditoria di Qualità 2012”) per proseguire coi racconti della raccolta “Baccalà da Righetti” e ancora nei saggi “Finché c’è Schio c’è speranza” o “I dieci anni che cambiarono Schio”.
E dietro l’immaginaria Gorzone (nome del colle su cui sorge il duomo di Schio) emerge con un voluto “vedo-non vedo” un’immagine che ricorda, attualizzandolo, l’i-
dentikit del Nordest perbenista messo a nudo dalle indagini del commissario Pepe (reso celebre dal film del 1969 di Ettore Scola). Fin dalle prime pagine infatti i gorzonesi si rivelano brònse assai poco coèrte. Anzi: le faccende di Eros, siano esse la “prima volta” di due adolescenti o le liasons dangereuses di amanti clandestini, sono il vero e proprio motore del romanzo, che fra un colpo di scena e l’altro mostra anche questo lato nascosto dell’evoluzione sociale altovicentina.
Insomma, un cocktail fresco e stimolante che solleva un solo dubbio: adesso la vera campagna elettorale non rischierà di apparire noiosa? ◆
“La mia prima scultura, a 14 anni, è stata un busto di mio padre, che era morto due anni prima sotto i miei occhi cadendo da un tetto. Il desiderio di scolpire l’ho avuto sempre dentro di me, e sono cresciuto totalmente da autodidatta”.
Elia CucovazSe ci si fermasse alla sua personalità istrionica, al suo aspetto un po’ trasandato, alla sua ironia decisamente colorita, Mario Converio potrebbe apparire come un personaggio curioso e originale del grande palcoscenico del centro di Schio. Ma l’artista del ferro battuto, per i suoi concittadini, non è solo questo. Lo testimonia la calorosa partecipazione alla sua ultima esposizione personale allestita a palazzo Toaldi Capra. Ultima non solo in ordine di tempo: Converio infatti ha annunciato che questo è stato il suo congedo artistico dalla città prima di decidere, alla vigilia degli ottant’anni, di mettersi a riposo. Sono stati centinaia gli scledensi e non solo che hanno voluto immergersi nelle sue “Fantasie in metallo” - questo il titolo della mostra - anche per tributare un doveroso riconoscimento allo scultore che, piaccia o non piaccia, ha impresso indelebilmente la sua impronta nel panorama culturale cittadino, ricevendo numerosi riconoscimenti in tutta Italia e all’estero. E che molto si è speso anche per promuovere in città l’idea di un’arte spontanea e popolare in particolare come fondatore del Gruppo Artisti Scledensi e promotore dell’annuale esposizione collettiva “Sareo”, che quest’anno raggiungerà la 47^ edizione.
Abbiamo chiesto all’artista, famoso per i suoi “lati B”, di raccontare una volta tanto il suo “lato A” e di tracciare un bilancio del suo percorso.
Converio, la sua ultima mostra si è rivelata un successo. Possiamo dire che è stato il degno coronamento di una carriera artistica lunga e ricca di soddisfazioni. Arrivato a questo punto, guardandosi indietro, cosa pensa?
“Che in ogni opera ho sempre cercato di mettere tutto me stesso, il meglio di quello che ero in grado di fare. Che sono arrivato a realizzare molto e per tutto il resto non ho rimpianti. Non mi sono mai risparmiato,
Con la “personale” allestita a palazzo Toaldi Capra, Mario Converio dice di aver chiuso oltre 60 anni di carriera
artistica del ferro. “In ogni opera ho sempre cercato di mettere tutto me stesso, il meglio di quello che ero in grado di fare”.
ma me la sono anche goduta, specialmente quando ero più giovane…”.
Qual è la sua opera più riuscita, quella di cui si sente più orgoglioso?
“Non posso scegliere. Ogni opera, sia quelle nate spontaneamente sia quelle eseguite su richiesta di un committente, mi sono costate giorni, a volte settimane, di studio e di lavoro e ciascuna per me è come una figlia: ciascuna è diversa dalle altre ma non posso esprimere preferenze”.
E la sua prima scultura? Se la ricorda?
“Mio padre.A 14 anni ho modellato il suo busto in argilla. Lui era morto due anni prima, cadendo da un tetto, davanti ai miei occhi. Mia mamma invece era mancata quando avevo due anni. Il desiderio di scolpire, di trasformare una materia informe, uno scarto, in qualcosa di bello - quasi di vivo - è un impulso che ho sempre avuto dentro di me”. Come ha cominciato?
“Sono un totale autodidatta. Quando ero giovane ho provato vari supporti - argilla,
legno, pietra - e sono andato a conoscere e parlare con gli altri artisti locali per capire e apprendere. Ma i rudimenti della metallurgia li ho imparati ‘per necessità’, lavorando come operaio in varie officine metalmeccaniche della zona. La prima forgia me la sono costruita io, con pezzi di recupero. I primi riconoscimenti sono arrivati per i trofei che realizzavo, a titolo gratuito, per le gare di atletica che si disputavano allo stadio Coni di Schio”.
E i suoi famosi fondoschiena? Come è iniziata la fortunata serie che, bisogna dire, ha contribuito non poco alla sua notorietà?
“Se devo essere sincero ne ho scolpiti così tanti che non mi ricordo più… Probabilmente li faccio fin dall’inizio. In fondo la natura, gli animali, le piante, sono sempre stati la mia passione. E anche il culo fa parte della natura, o no?”.
C’è un erede di Converio? O qualcuno che sente come tale?
“Nella mia vita ci sono state - e ci sono ancora - tante persone che mi hanno chiesto di insegnare loro il mio lavoro e io l’ho sempre fatto con piacere. Ho sempre aperto la mia fucina anche ai bambini delle scuole, ma a parte la curiosità iniziale, tra i giovani di oggi pochissimi intraprendono questo percorso: battere il ferro è troppo faticoso, troppo sporco, troppo difficile e oggi cercano tutti la strada più semplice”. ◆
nella lavorazionettenzione, viabilità modificata”. Vistosi cartelli posizionati a bordo strada, nelle vie del Quartiere Rossi avvisano da settimane che, poco più avanti, c’è una sorpresa. Un nuovo stop o un’inversione di senso di marcia. È il risultato dell’ultima fase della “rivoluzione viaria” adottata dal Comune per il Quartiere di Alessandro Rossi, peraltro da tempo programmata. Di fatto, si tratta di un nuovo ribaltamento di un discreto numero di sensi di marcia interni al rettangolone storico compreso tra via Maraschin, via Trento Trieste, via Cardatori e il Leogra. In via Fusinieri, per fare un esempio, chi arriva “da monte” non si trova più lo stop su via Rossi, ma deve fermarsi prima, e per raggiungere via Maraschin deve fare un bizzarro zig-zag: a sinistra per via Tessitori, poi a destra su via Bologna e poi di nuovo a sinistra su via Rossi. Questa e le altre modifiche nascono con lo stesso obiettivo che si era posto il primo intervento, ossia quello di far passare la voglia di usare le strade del quartiere come alternativa a via Maraschin, al suo traffico e ai suoi semafori, trasformando una rete viaria tipicamente di quartiere in strade di attraversamento.
Coinvolto il Consiglio di quartiere “Quest’area residenziale è sempre stata interessata da un importante flusso di veicoli che transitavano tra le vie per evitare il passaggio sulle principali direttrici della città – dice l’assessore all’urbanistica, Sergio Rossi -. Assieme al consiglio di quartiere 1, che ha coordinato il lavoro coi cittadini, abbiamo cercato di individuare un piano della circolazione compatibile con la rete viaria del contesto abitativo, peraltro molto delicato sotto il profilo ambientale, e allo stesso tempo abbiamo cercato di accogliere le richieste e le proposte dei residenti»
Nel Quartiere Rossi è entrata in vigore la seconda parte della minirivoluzione viaria avviata due anni fa, sempre nell’intento di togliere traffico di attraversamento. E sono arrivate nuove lamentele, seguite da una raccolta di firme contraria all’intervento.
Fin dall’inizio il Comune aveva chiarito che la “fase 1” andava considerata come una sperimentazione, e in effetti per un anno abbondante molti cartelli stradali sono rimasti coperti da sacchetti di plastica nera in attesa di verificare il da farsi.
Già quella prima fase, però, se da un lato aveva accontentato una parte di residenti, dall’altro aveva sollevato le proteste e le lamentele di quella parte di abitanti della zona che a quel punto, per chiudere le direttrici di attraversamento (su tutte quella di via Lungo Leogra), si erano ritrovati ad avere loro fuori casa un continuo passaggio di auto (ad esempio via Rossi). Così nei mesi scorsi in Comune si sono trovati a fare i conti con un’altra “onda” di osservazioni e di controproposte.
“Questa seconda fase – spiegano in Comune - è frutto del tavolo di lavoro avviato coinvolgendo i residenti attraverso il consiglio di quartiere. Lo scorso agosto il Cdq ha presentato in Comune una sorta di sintesi delle varie visioni manifestate dagli abitanti del Quartiere Operaio”. Sintesi che è stata alla base della “fase 2”, e che ha portato alle modifiche del mese scorso. Fatte con intenzioni lodevoli, ma che inevitabilmente hanno prodotto una certa confusione in testa a tanti residenti, avendo interrotto direttrici consolidate e introdotto alcuni sensi unici un tantino forzati. Così, tempo una settimana ed ecco che è partita una nuova mobilitazione, attraverso una raccolta di firme che chiede il
ritorno alla situazione precedente. In una ventina di giorni la petizione ha raggiunto almeno un paio di centinaia di adesioni.
La raccolta di firme
Le modifiche causano “gravi disagi non soltanto ai residenti, ma anche alle attività economiche e commerciali presenti nelle vie interessate”, sostengono i firmatari, e non raggiungono gli obiettivi perché “provenendo da Torrebelvicino i mezzi attraversano senza difficoltà tutto il quartiere entrando da via Riboli, transitando per via Fusineri, via Tessitori fino a via Bologna con l’intersecazione nei pressi del Teatro Civico, andando a concentrarsi a velocità sostenuta nella zona più centrale e storica dello stesso”.
Anche nell’altro verso, dice la petizione, i veicoli possono “evitare agevolmente tutto il traffico di via Maraschin a discapito dei residenti del quartiere”. Non basta: dopo le ultime modifiche, si osserva, i residenti si trovano a dover allungare i loro percorsi interni per arrivare a casa o per uscirne, e c’è anche un danno per le attività economiche (poche, ma qualcuna c’è), i cui clienti verrebbero scoraggiati dalle difficoltà di circolazione. Insomma, chi si oppone alle nuove modifiche sostiene che le nuove modifiche non eliminano il traffico di attraversamento e per contro aumentano l’inquinamento e il rischio di incidenti.
Qualche ragione c’è, in queste osservazioni. Alcune modifiche introdotte sono ogget-
tivamente forzate rispetto alla logica dei flussi di transito; e ci sarà sempre chi, a dispetto di qualsiasi ostacolo si voglia introdurre, continuerà a voler “saltare” via Maraschin e a sobbarcarsi “schinche”, curve e chicane pur di riuscirci, magari facendolo anche a maggior velocità di prima, per perdere meno tempo possibile. Perché il traffico è come l’acqua: se le chiudi un punto di passaggio trova sempre un’altra via per defluire.
Per contro, è anche vero che adesso il traffico di attraversamento del quartiere appare comunque essersi sensibilmente ridotto. Basta vedere Via Lungo Leogra, che fino a un anno fa faceva concorrenza a via Maraschin per chi dal Gogna puntava verso Magrè: adesso appare quasi sgombra anche nelle ore di punta. E anche via Rossi sembra essersi alleggerita rispetto a qualche mese fa. Certo, a prezzo di qualche indubbio disagio in più per i residenti.
A questo punto, però, non si può fare a meno di dire che qualche responsabilità, nello “storico” disordine della viabilità e del traffico del Quartiere Rossi, ce l’hanno anche gli stessi residenti. Non c’è (quasi) via
del quartiere dove le auto non vengano lasciate in sosta a bordo strada senza regole. Via Fusinieri alta, ad esempio, è di fatto da sempre un tratto a una corsia, essendo l’altra occupata stabilmente dalle auto dei residenti. Nell’ultimo tratto di via Dante fino a un mese fa rimaneva giusto lo spazio per far passare un’auto. Ma è così per molte altre vie. E non è raro trovare auto parcheggiate tranquillamente a uno o due metri da un incrocio, andando a creare pericoli soprattutto per biciclette o motorini che, nel curvare, rischiano di schiantarsi contro ostacoli che non dovrebbero esserci.
La stessa via Lungo Leogra, nella parte alta, è diventata da qualche anno un parcheggio in libertà, con auto di traverso sotto le piante da tutte le parti.
È vero che il quartiere è nato in un’epoca in cui al traffico certo non ci si pensava e che oggi ci sono più auto che parcheggi o garage, ma è vero anche che più di qualche abitazione dispone di spazi interni per le auto. Insieme al “diritto” di entrare e uscire da casa senza dover fare lunghi e labirintici giri a vuoto, ci sarebbe anche il “dovere” di evitare di creare ostacoli e pericoli alla circolazione.
Le musiche di Ennio Morricone, si sa, toccano nel profondo e lo spettacolo proposto dall’Ensemble Symphony Orchestra all’Astra ha emozionato il numeroso pubblico presente. Metti una trentina di orchestrali sul palco guidati da un dinamico direttore (Giacomo Loprieno), metti un bravo attore chiamato a ricordare film celebri (Andrea Bartolomeo), metti una soprano di tutto rispetto, con la voce calda e versatile (Anna Delfino) e il gioco è fatto: si entra per circa un paio d’ore in una dimensione dove immagini, ricordi, note, temi indimenticabili diventano un tutt’uno e trasportano nella magia. Se si chiamano “colonne sonore”, un motivo ben preciso c’è: senza le musiche, più di qualche film cadrebbe nell’oblio.
Accanto a brani famosi tratti da “C’era una volta in America” (molto brava la Delfino in “Deborah’s Theme”), “Mission”, “Indagi-
Lo spettacolo che l’Ensemble Symphony Orchestra ha proposto all’Astra, dedicato alle opere musicali del grande maestro, ha emozionato il numeroso pubblico presente.
ne su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, “Novecento”, Loprieno ha voluto proporre colonne sonore meno note, ma ugualmente splendide, prese ad esempio da “La Califfa”, “Il segreto del Sahara”, “Canone inverso” (toccante l’assolo di violino di Attila Simon), “Sette anni in Tibet”, affidando un bis partecipato a “Sacco e Vanzet-
Successo all’Astra per lo spettacolo dei musicisti che girano l’Italia portando il repertorio del famoso cantautore ritiratosi dalle scene.
Juan Carlos Biondini (Flaco), che ha una voce molto simile a quella di Guccini; Vince Tempera è alle tastiere, Antonio Marangolo al sax, Ellade Bandini si sa ancora scatenare alla batteria e il giovane Enzo Frasso accompagna la band di vecchietti al basso elettrico.
ti”, con un brano cantato e portato al successo da Joan Baez, passato alla storia come un inno di libertà. In “Omaggio a Morricone” gli ingredienti per il successo c’erano tutti, tanto da potersi permettere anche le luci viola sul palco: Morricone è superiore perfino alla superstizione. ◆ [M.D.Z.]
Scoppiospettacoli ha chiamato ad affrontare Guccini all’Astra un gruppo particolare, da prendere a scatola chiusa: “I Musici di Francesco Guccini”, ossia coloro che hanno sempre suonato con lui e che ora, visto che il cantautore si è definitivamente ritirato a Pavana, sull’Appennino Tosco-Emiliano, girano per i teatri italiani con la giusta e ferma convinzione che le sue canzoni vadano riproposte così come vorrebbe lui. A cantare è chiamato
La compagnia Attori in Prima Linea presenterà il 26 maggio, alle 20, nella corte della Filanda in via Camin, la commedia brillante “Tutta colpa di Picasso”, con libero adattamento dall’omonimo lavoro di Pierre Lacroix. Ingresso a offerta libera.
Sull’età i quattro scherzano, anche perché si ritrovano davanti molti coetanei: non sono proprio agilissimi, il fiato a volte scarseggia, si lasciano andare al racconto dettagliato di aneddoti vari, si permettono le loro giuste pause e concedono un solo bis, “perché la casa di riposo chiude presto”. Però sanno emozionare, tanto, quando cantano pezzi come “Cyrano”, “La bambina portoghese”, “Dio è morto”: tutti profondi, arguti, popolari e raffinati a un tempo. Oggi le proteste sono affidate al rap, che però è altra cosa rispetto all’appassionata irriverenza e ai “j’accuse” degli anni ‘70-’80.
◆ [M.D.Z.]
I Legnanesi, compagnia molto seguita in tutto il nord Italia per il suo teatro comico, brillante e sagace, sarà a Schio, all’Astra, il prossimo 25 maggio. I biglietti sono in vendita su TicketOne.
È al via l’ottava edizione del Sacrofest, manifestazione culturale di inizio estate alquanto attesa: musica, cabaret, teatro, serate culturali, dedicate ai giovani, approfondimenti sul sociale, sulla legalità, sullo sport… tutto dal 2 all’11 giugno. Ce n’è per soddisfare il palato di ogni spettatore, anche il palato in senso fisico, visto che quest’anno gli stand gastronomici saranno ogni sera dedicati a una regione italiana diversa e si assaggerà di tutto un po’.
Gli appuntamenti si apriranno il 2 giugno in Fabbrica Alta, con il concerto di Eugenio Finardi, per dare un respiro ampio e coinvolgere il maggior numero possibile di cittadini, e proseguiranno poi come di consueto al Teatro Pasubio, da sempre location del Sacrofest. Il calendario prevede serate con il cabarettista Leonardo Manera, Schio Teatrottanta, Moni Ovadia, Don Alberto Ravagnani, Don Gino Rigoldi, Gherardo Colombo, Sergio Gasparini, Luca Rigoldi, Franco Picco, Stefano Ruaro, Luigi Dall’Igna, Patrizia Laquidara, Natale Renato.
“La nostra forza – dice Alberto Vitella, uno dei volontari dell’organizzazione –sta essenzialmente in quattro parole: collaborazione, apertura, aggregazione e contenuti di qualità. Il desiderio di spendersi per una giusta causa fa il resto, ed è tanto”. [M.D.Z.]
Due sono stati i talentuosi giovani che si sono recentemente esibiti in Sala Calendoli, per “Civico da camera”. Alessandro Santacaterina, un maestro della chitarra battente, ha entusiasmato con il suo antico strumento, diffuso soprattutto nell’Italia centro-meridionale del ‘600, che con dieci corde metalliche riesce a produrre un’elevata quantità di armonici. Santacaterina è calabrese e nei suoi concerti mette tutta la passione del Sud, spiegando ogni brano e suonandolo con forza e virtuosismo; la critica specializzata lo riconosce come uno dei migliori musicisti del suo settore: nel 2013 ha vinto un premio prestigioso come miglior chitarrista emergente al Tour Music Fest presieduto da Mogol e collabora, fra gli altri, con Eugenio Bennato. A Schio il programma proposto ha spaziato attraverso varie epoche: dalle composizioni seicentesche dello spagnolo Sanz a quelle del contemporaneo Nastari, dal barocco ritmato di De Murcia a brani originali dello stesso Santacaterina, con improvvisazioni. Una bella sorpresa, questo talentuoso e gioviale musicista, peccato però che le sue battute alla chitarra siano state più godute dagli spettatori delle prime file, che le hanno viste oltre che sentite: si pensi magari, nei concerti alla Calendoli, ad alzare la pedana…
Per la rassegna “Civico da camera”, sono stati due i concerti più recenti, che hanno entusiasmato il pubblico per la bravuta dei due interpeeti, Alessandro Santacaterina ed Elia Cecino.
Elia Cecino, giovane pianista di soli 22 anni con all’attivo una già lunga serie di premi e riconoscimenti (fra gli altri, a soli diciott’anni, il Premio Venezia riservato ai migliori diplomati dei Conservatori italiani), ha incantato il pubblico suonando Schumann, Janacek e Bartok, con una tecnica e una passione rare. È un tutt’uno con il suo pianoforte, suona a memoria, senza mai avvalersi dello spartito: è rapito dalla musica, e sa rapire.
Gli “Studi sinfonici” di Schumann, in particolare, non sono certo di facile esecuzione e passano di frequente dall’impeto al sommesso; Cecino li ha affrontati con la sicurezza del consumato professionista e
Il concerto riprogrammato con Mario Brunello, Francesco Galligioni e Roberto Loreggian ha avuto luogo al Civico alla presenza di un pubblico numeroso, attento e appassionato: pochissimi i posti libe-
ri, tutti gli spettatori in religioso ascolto di quanto Brunello al violoncello piccolo, Galligioni alla viola da gamba e al violoncello, Loreggian al cembalo e all’organo, sapevano produrre e far uscire dai loro prestigiosi strumenti: Brunello si esibisce con un prezioso Maggini del Seicento, Galligioni con viola e violoncello del Settecento.
I tre musicisti hanno entusiasmato il pubblico con ben sei sonate di Bach, autore particolarmente caro a Brunello, violoncellista di fama internazionale e fra i suoi massimi interpreti. In apertura, Brunello ha tenuto a spiegare la magia di Bach, che nei tempi lenti parla a se stesso, in quelli più veloci si ritrova e negli adagi si commuove. Ha anche avuto parole di sincero apprezzamento per l’acustica del Civico, e detto da un musicista sempre alla ricerca del suono e del silenzio perfetto, è gran cosa. Perfetta sincronia sul palco, attacchi impeccabili, passione nell’esecuzione. E Passione anche, ma quella di Matteo, nel bis. ◆ [M.D.Z.]
di certo, nel panorama del pianismo italiano e internazionale, di lui sentiremo parlare sempre più spesso. Egli stesso, più volte intervistato, ha dichiarato di vivere per la musica e di essere ben contento di farlo. Il bis, affidato a Prokofiev, ha suffragato la certezza di trovarsi di fronte a un grande pianista, che sa unire la sensibilità interpretativa all’esecuzione impeccabile. Veramente emozionante. ◆ [M.D.Z.]
Ecco un’opera realizzata da Gianni e Olivia Cucovaz, esposta con molte altre a Casa Capra, in via Giambellino a Magré, fino alla fine di maggio. Emoziona e commuove, anno dopo anno, “Ailovolivia”, mostra che ormai gode di una nutrita cerchia di estimatori, che apprezzano la fantasia e la creatività di un nonno (Gianni) e della sua nipotina (Olivia).
Cucovaz, artista di origine friulana naturalizzato scledense, ha saputo instaurare con la nipote un legame che va oltre quello parentale: sa capire la bambina come solo gli artisti capiscono i piccoli e Olivia, dal canto suo, è ben contenta di aver trovato qualcuno che la aiuta a esprimere ciò che ha dentro. L’arte, quella vera, crea legami profondi: Gianni e Olivia sembra vogliano rendere partecipi di ciò tutti coloro che osservano le loro opere. Colore, segno, delicatezza ed emozione: ma che bello! [M.D.Z.]
Io sono uno del Quartier Novo e volevo dire: punto primo che ne ho piene le scatole che quelli da fuori vengano a far le corse sulle nostre strade. Che vadano nelle loro, se le hanno, e che facciano le corse là. No per augurar male, ma chissà che vadano giù per qualche fosso o in coste a qualche muro. Penso che farò una petizione al signor Sindaco e anche al signor Riccardo, che aiuta sempre tutti, quando può, perché studino un sistema per il Quartier Novo, che, se uno non lo conosce benissimo, si perda come in un labirinto e non sia più capace di venir fuori e che continui a girare in tondo come mùscolo o che vada direttamente dentro alla Giòlgara, facendo un volo, così impara ad andare nelle strade degli altri. Ma non c’è la via dell’Impero? domando io. Oggi sarebbe via Maraschin, ma visti i tempi è
meglio chiamare questa strada con il nome che aveva una volta, no per ruffianarsi dietro a quelli che comandano, ma perché non si sa mai di chi si può aver bisogno in questo mondo. Dicevo, non c’è la via dell’Impero che è bella diritta e larga, fatta ancora al tempo del Duce e adatta anche ai cami? Cosa occorre che vengano a passare davanti a casa mia, che qualche volta mi tremano i vetri e il can comincia a sbajare?
Punto secondo: se quelli là fuori non la smettono una volta per tutte di venir qua con le macchine, io chiedo al signor Sindaco e al signor Riccardo di mettere cancelli in tutti i posti in cui si vien dentro e in quelli in cui si va fuori e questi cancelli hanno da restare sempre chiusi e si devono dare le chiavi solo a quelli che stanno nel Quartier Novo e guai se questi le prestano a gente da fuori. E
aspetta, non ho mica finito: mettere a ogni cancello una guardia, visto che ce ne sono tante e sempre in giro a tèndare. Che tèndano anche da noi un fià, no solo dagli altri. Punto terzo: se, nonostante l’applicazione dei punti primo o secondo, ci sarà ancora qualcuno che avrà il coraggio di entrare di sfroso nel Quartier Novo, non resta che un’ultima cosa da fare, che però dispiacerebbe anche a me che pur sono un cittadino indignato: buttare sbrancà di chiodi a tre punte. Ma sono io stesso a dire prima proviamo con il labirinto e con i cancelli con guardie, anche perché poi i chiodi a tre punte magari finirebbero per bucare le gomme anche dei legittimi proprietari del Quartier Novo. Che non andiamo a farci del male da soli.
Cittadino indignatoAl Palazzetto Don Bosco, casa del Concordia Basket Schio, gli under 14 (annata 2009) si sono aggiudicati il titolo provinciale battendo in finale i
pari età dell’Arzignano, a coronamento di un campionato che li ha visti protagonisti, con una sola sconfitta nella regular season. La vittoria è arrivata al termine di una partita tirata, nella quale la tensione dell’evento e la grande presenza di pubblico hanno fatto sì che la squadra inizialmente fosse un po’ contratta. Alla lunga però il gruppo ha avuto la meglio, ha chiuso le maglie in
difesa ed è riuscito a trovare numerose soluzioni in transizione offensiva. Grande la soddisfazione per il traguardo raggiunto. Un risultato meritato grazie all’umiltà e allo spirito di gruppo dei giovani giocatori, allo staff tecnico e in primis al coach Stefano Gianesini, al vice Riccardo Zanini e alla dirigente Lorena Totti, che hanno costruito un gruppo vero. ◆
Per inviare lettere e contributi a SchioMese, scrivere a: schiothienemese@gmail.com Si prega di inviare i testi soltanto via posta elettronica e di contenere la lunghezza: testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.
È già successo nel novembre del 1966, quando la zona di Schio fu interessata da un forte e insistente nubifragio. Il torrente Leogra (quello che gli scledensi chiamavano la Giòlgara) faceva paura perché l’acqua toccava le arcate del ponte di Magrè, dove l’alveo del torrente si restringe, ma ancor più sembrava pericoloso l’affluente del Leogra, il torrente Gogna che, se fosse tracimato dagli argini dove costeggia la strada di Poleo, avrebbe potuto scendere facilmente e sommergere la nostra città.
Mi raccontava mio padre che era capitata una situazione simile nel primo Novecento e mio nonno (che non ho mai co -
Una buona cosa è stata fatta nel nostro Comune: dare vita, in via Fornaci, al “Parco Canile” dell’Alto Vicentino, del quale la stampa locale ha ampiamente evidenziato l’operatività e le finalità. Nell’andarlo a vedere mi ha fatto piacere sentire quanto chiesto da un visitatore, ossia di far presente, al momento di una adozione, l’importanza di educare il proprio cane ad un comportamento che lo faccia amare dai vicini e dai passanti evitando quanto può arrecare loro disturbo e conseguente avversione. In un tempo superficiale ed egoista come il nostro mi ha stupito come ci sia ancora chi ha la saggezza e la
nosciuto) si era calato con le corde per tagliare ed eliminare i tronchi degli alberi all’altezza del ponte di Magrè. Erano eventi eccezionali che capitavano un paio di volte in un secolo, ma ora potrebbero presentarsi più spesso perché il clima è cambiato e noi probabilmente siamo poco attenti alla prevenzione.
Nel meridione ci sono le fiumare, cioè i torrenti larghi che sono quasi sempre asciutti, ma diventano impetuosi, quando arriva improvvisamente la grande piovosità. E qualche imprudente costruisce in tali zone pericolose. Da noi invece si dovrebbero tenere sotto osservazione gli argini e il greto dei diversi torrenti della zo -
na, spesso trasformato in un boschetto, la cui quota è talora innalzata per effetto dei detriti accumulati. Inoltre si restringono o si chiudono i piccoli corsi d’acqua che erano rimasti asciutti per molti anni. A Malo, ad esempio, è stata chiusa la “proa” e da noi sono state interrotte o ristrette entro tubi di plastica alcune derivazioni secondarie della roggia maestra, senza pensare che potrebbe verificarsi ancora la grande alluvione come nel passato. Il clima è decisamente cambiato, sembra simile a quello tropicale: periodi di siccità e nubifragi improvvisi, concentrati in un periodo ristretto. Perciò, invece di contare i danni dopo, mi sembra preferibile agire prima con la normale prevenzione.
Giuseppe Piazzasensibilità di rivolgere un tale invito, che se compreso e accolto contribuirebbe ad evitare tensioni e inimicizie. Ma per rendere giustizia al nostro amico a quattro zampe, ossia per non colpevolizzare solo lui in fatto di disturbi, ci sarebbe da fare una riflessione anche sulle cattiverie di un pallone calciato in continuazione in strada o martellante di fronte a un canestro nel cortile o sul terrazzo di una casa o nello spazio esterno di un condominio. Farlo tacere non è facile perché, oltre a non esserci divieti riguardo a tale agire, non c’è nemmeno la consapevolezza del male che fa.
Luisa SpranziHo pagato la benzina a un distributore cittadino con un buono carburante da 50 euro. Ho staccato la pistola a 50,02. In cassa mi è stato fatto uno scontrino di due centesimi. Non li avevo. Ho tirato fuori dal portafoglio cinque euro: ritirati. Un vero signore, in cassa dopo di me, ha allungato due centesimi: ritirati e restituita la banconota da cinque. Ho ringraziato, promettendo un caffè allo sconosciuto benefattore. Rifiutato cortesemente, con un sorriso di comprensione. Ometto la foto dello scontrino, mi vergogno io per il gestore: le accise allo Stato, i miei accidenti a lui. [M.D.Z.]