SchioMese Lira 877

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L’uomo che sposa gli scledensi

l’uomo dei matrimoni (civili): in cinque

anche l’uomo dei centenari:

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È
anni e mezzo ne ha già celebrati più di trecento. È
quando un anziano spegne cento candeline è lui che va a trovarlo
portare gli auguri del Comune. È Sergio Secondin, insomma, il presidente del consiglio comunale. Il più votato di tutti, alle ultime elezioni. periodico di informazione scledense – anno IX n. 78 febbraio 2020 Città, pag. 6 Città, pag. 14 L’associazione “Cuore di Lucia” in 15 anni di vita ha raccolto fondi con cui ha realizzato 120 pozzi per l’acqua in Africa e nel mondo I comitati genitori, i rappresentanti di classe, i colloqui con i docenti... Come cambiano i rapporti tra scuola e famiglia ai tempi di whatsapp

Chi merita una via (e chi no)

Nel numero scorso, in queste pagi ne ci siamo dati alla toponoma stica e abbiamo avanzato la proposta di intitolare due piazzette del centro storico a concittadini che nella seconda metà del Novecento hanno lasciato un segno im portante nella società e nella cultura scle dense: l’ex sindaco Carlo Gramola, artefi ce della nascita di quella zona industriale che oggi rappresenta un esempio di buo na urbanizzazione produttiva, e Gianni Conforto, protagonista con Renato Borto li della nascita e dello sviluppo della bi blioteca civica (al quale Giuseppe Piazza ha proposto di cointitolare la biblioteca stessa).

Nemmeno a farlo apposta, nei giorni suc cessivi all’uscita di SchioMese il tema del la toponomastica ha fatto ingresso anche in consiglio comunale, dove, in coinciden za con il Giorno del Ricordo, è stata discus sa la proposta del consigliere Alex Cioni di intitolare una via della città ai “Mar tiri delle foibe”. La faccenda ha assunto per qualche giorno i contorni della pole mica politica tra destra e sinistra, giocata in particolare sulla semantica e sul signi ficato da attribuire al termine “martiri”, ma tutto è rimasto fortunatamente su to ni accettabili e alla fine l’idea, così come formulata da Cioni, non è passata. Anche perché il sindaco ha tirato fuori dal cilin dro un piccolo “colpo di scena”, informan do che esiste già da tempo la proposta di

intitolare una via alle vittime delle foibe e impegnandosi a “individuare un sito all’interno delle prossime aree di perequa zione urbanistica che si sono sbloccate”.

Ma l’occasione di questo dibattito in con siglio comunale ha dato modo di capire che esiste, depositato negli uffici munici pali, un “pacchetto” di richieste di intito lazione di vie avanzate nel corso del tem po da cittadini e associazioni e rimasto di fatto “sedimentato” da anni. Ci siamo pro curati questo elenco tramite l’ufficio co municazione del Comune, per verificare i nominativi che vi figurano. Lo riportiamo qui accanto.

Le curiosità che emergono sono più d’una. A cominciare dal fatto che la prima propo sta dell’elenco risale a oltre quarant’anni fa. È del 1979, infatti, la domanda avanzata dall’ente “Vicentini nel mondo” di intito lare vie a grandi città straniere dove sono presenti comunità vicentine. Discutibile già all’epoca, oggi appare un’idea del tutto irrealistica.

Numerosi, nell’elenco, i nomi di scledensi o di persone che hanno legato il loro nome a Schio. La più giustificata, a nostro aviso, appare la proposta avanzata fin dal 1984 da Italia Nostra di intitolare una via ad Antonio Caregaro Negrin, architetto che per Schio ha un’importanza paragonabile a quella di Christopher Wren per Londra: la sua impronta è un po’ ovunque. Suona no invece ormai del tutto anacronistiche alcune proposte, tra l’altro del tutto svin colate dal territorio, come quella di dedi

[2] ◆ Di mese in mese Supplemento mensile di Lira&Lira Direttore Stefano Tomasoni Redazione Elia Cucovaz Mirella Dal Zotto Camilla Mantella Per inviare testi e foto: schiomese@gmail.com Per le inserzioni pubblicitarie: andrea_zami@yahoo.com 340 9267107 - 337 475785 SchioMese Periodico di informazione scledense

care una via a un tal Amos Zanibelli, sin dacalista Cisl e deputato tra gli anni 50 e 70, o all’ex presidente della Repubblica Sa ragat, quest’ultima avanzata trent’anni fa da una non meglio precisata “associazio ne Nel segno di Saragat”.

Per quanto ci riguarda, oltre a sposare la richiesta relativa a Caregaro Negrin, ri maniamo del parere che tra le priorità da prendere in considerazione debbano es serci l’ex sindaco Carlo Gramola e il gene roso Gianni Conforto. E presto diventerà doveroso dedicare un luogo pubblico di gnitoso a padre Luigi Bolla, il missionario salesiano scledense che trascorse la sua vita tra le tribù amazzoniche degli Achuar, in Ecuador e in Perù e di cui è stato avvia to un anno fa il processo per la beatifica zione.

Ultima cosa: sempre in tema di topono mastica, di recente alcuni componen

ti del centro sociale Arcadia hanno pro vocatoriamente alterato le insegne con i nomi di tre vie cittadine,quelle intitolate a tre generali della Prima guerra mondia le - Petitti di Roreto, Pecori Giraldi e An drea Graziani – sostenendo che si tratta di personaggi tutt’altro che meritevoli di essere ricordati e chiedendo che le “loro” vie vengano rinominate. Al di là del me todo discutibile con cui è stata posta la questione, per parte nostra concordiamo quantomeno con l’opportunità di revocare l’onore di una via al generale Graziani, uti lizzando quella strada (in zona Sacro Cuo re) per attribuirla a uno degli scledensi in attesa. O meglio ancora: ad Alessandro Ruffini, l’artigliere di vent’anni che, nel novembre del ‘17 a Noventa Padovana, fu fucilato alla schiena su ordine di Grazia ni perché aveva osato salutarlo tenendo in bocca il sigaro che stava fumando. ◆

Lo Schiocco

Una prece per Kirk Douglas

Qualche settimana fa nella chiesa di SS.Trinità, durante una messa, al momen to del suffragio per i defunti, insieme ai nomi di alcuni parrocchiani il sacerdote ha ricordato anche quello di Kirk Douglas, il celebre attore americano scomparso di recente alla veneranda età di 103 anni: uno scledense aveva versato l’offerta di ri to per chiedere che nella funzione religio sa fosse ricordato appunto l’indimenticato protagonista di filmoni come “Spartacus”, “Orizzonti di gloria” e “Sfida all’Ok Corral”. Davvero un bizzarro episodio di fusione tra devozione religiosa e amore per il cinema. Ci si potrebbe costruire un racconto. E in titolarlo “Lo chiamavano SS.Trinità”. [S.T.]

Proposte di intitolazione di vie presenti in Comune al 21 febbraio 2020

1979 – Proposta ente “Vicentini nel Mondo: città estere con presenza di vicentini (Buenos Aires, Santa Fe, Cordoba, Melbourne, Sydney, Adelaide, Liegi, Charleroi, Sao Paulo, Caxias do Sul, Montreal, To ronto, Ottawa, Vancouver, Lione, Grenoble, Zurigo, San Gallo, Mon tevideo, Caracas, Maracay)

1983 – Proposta Ass. Marinai d’Italia: Lorano Gnata, marinaio

1984 – Proposta Italia Nostra: Antonio Caregaro Negrin, architetto 1991 – Proposta Ass. “Nel segno di Saragat”: Giuseppe Saragat 1993 – Proposta gruppo di privati cittadini: Don Alfredo Brancale on, salesiano

1994 – Proposta privato cittadino: Lago di Ledro

1995 – Proposta Federbraccianti: On. Amos Zanibelli

1996 – Proposta Alleanza Nazionale: Zara, Fiume, Pola e Dalmazia

1998 – Proposta Comitato onoranze ai caduti delle Foibe: Martiri delle Foibe

2002 - Proposta non specificata: Beato Luigi Orione

2006 – Proposta privato cittadino: Remo Stefano Grendene, ex sindaco

2006 – Proposta privato cittadino: Carlo Ghezzo

2007 – Proposta privato cittadino: padre Oscar Berlese

2008 – Proposta Ass. Nazionale Vittime Civili di guerra: Vittime Civili di guerra

2008 – Proposta privato cittadino: Vittime del lavoro

2009 – Proposta Gruppo Archeologico Scledense: padre Pomponio Corneliano

2010 - Proposta Ass. Arma Aeronautica di Schio: Gianni Campo longo, pilota

2010 – Proposta privato cittadino: Ludovico L. Zamenhof, inventore dell’Esperanto

2010 – Proposta privato cittadino: Giorgio Ambrosoli, avvocato

2011 – Proposta privato cittadino: Luciano Maranzi, maestro del restauro

2011 – Proposta gruppo di cittadini e CAI di Schio: Aldo Grotto, fo tografo

2012 – Proposta privato cittadino: Raffaele Dalle Nogare, alpinista

2013 – Proposta privato cittadino: Nikola Tesla, inventore e fisico rivoluzionario

2016 – Proposta Ass. Arma Aeronautica di Schio e Nastro Azzurro: Armando Mori, pilota

2017 – Proposta Centro Italiano Femminile Schio: Santa Teresa di Calcutta

2017 – Proposta Pd: don Lorenzo Milani

2017 – Proposta privato cittadino: Oriana Fallaci

2020 - Proposta privato cittadino: Enricomaria Garbellotto, ex pre tore di Schio

Di mese in mese ◆ [3]

È l’uomo dei matrimoni (civili): in cinque anni e mezzo ne ha già celebrati più di trecento. È anche l’uomo dei centenari: quando un anziano spegne cento candeline è lui che va a trovarlo per portare gli auguri del Comune. È Sergio Secondin, insomma, il presi dente del consiglio comunale. Il più votato di tutti, alle ultime elezioni.

Èl’uomo dei matrimoni. Civili, s’in tende. In cinque anni e mezzo ne ha già celebrati più di trecento. Significa che ci sono più di trecento coppie di scle densi che nell’album di nozze al posto del la foto con il parroco o con il sindaco han no la foto con lui. Sergio Secondin. Con la fascia tricolore e un composto sorriso d’ordinanza. Di sicuro lui non l’avrebbe mai detto, quando nel 1972 entrò in Comu ne con il primo contratto a termine come aiutante messo.

Ma è anche l’uomo dei centenari. Nelle foto-ricordo che si scattano quando si fa festa a uno scledense che compie cento anni il rappresentante del Comune è qua si sempre lui, anche lì sorridente e con il tricolore a tracolla accanto al festeggiato, ai parenti e alla torta di rito. Ma è anche l’uomo delle cittadinanze: c’è lui, a fare le funzioni istituzionali, anche alle cerimonie nelle quali, durante l’anno, vengono consegnati i documenti di citta dinanza italiana a stranieri che ne hanno diritto.

Insomma, Sergio Secondin è come il bar biere di Siviglia di Rossini: Figaro qua Figaro là Figaro su Figaro giù... Questo da quando, nel 2014, all’inizio del primo mandato da sindaco di Valter Orsi, è stato eletto presidente del consiglio comuna le. Incaricato arrivato anche in virtù del gran numero di preferenze ottenuto in quell’occasione, poi addirittura quasi qua druplicate l’anno scorso, arrivando primo degli eletti.

Oggi, alle soglie dei 70 anni, Secondin ha davanti altri quattro anni di mandato. Che vuol dire, a occhio e croce, arrivare ad al meno 500 matrimoni.

- Insomma, Secondin, partendo dal suo tra scorso lavorativo, lei ha passato più di qua rant’anni in Comune...

“Sì, 41 anni. Iniziati da impiegato esecu tivo e finiti da capoufficio, con il coordi namento di protocollo, portineria, messo comunale e autista... una volta c’era anche quello. Nel 2013 sono andato in pensione”.

Il segreto di Sergio Secondin

“La cosa più importante che ho imparato in questi anni è che la gente ha bisogno di confidarsi, di chiedere. Al sabato e al mercoledì, quando c’è mercato, io vado in centro a socializzare. Che vuol dire stare con la gente. Vado a fare l’aperitivo al bar, ed è lì che le persone vengono a chiederti qualche informazione o a dirti qualcosa che gli sta a cuore”.

- Dopodiché ci è subito rientrato in un’altra veste...

“Siccome non sono capace di rimanere senza fare nulla, dopo poco ho fatto il cor so per volontario della Croce Rossa. Poi, a dicembre di quell’anno, Valter Orsi, con cui ero già amico da tempo, mi ha chie sto se volevo entrare nel suo gruppo. Io

non avevo mai fatto politica, l’ho vissu ta da fuori perché in Comune in 40 anni ho visto passare tante amministrazioni. Ho accettato e quasi subito è stato tem po di pensare alla campagna elettorale del 2014”.

- Ecco, come l’avete approcciata, quella campagna? All’inizio sembrava una partita persa, era difficile pensare che Orsi avrebbe potuto vincere.

“C’era grande entusiasmo e voglia di fa re. È stata una campagna elettorale mol to intensa; il budget era molto basso, ma abbiamo consumato tante scarpe, facendo tanto volantinaggio porta a porta, con il coinvolgimento di tutti”.

- In effetti ha funzionato. E lei, da neofita, ha ottenuto un risultato sorprendente, arrivando terzo degli eletti...

“Sì, con 120 voti. Anzi 121, perché uno era il mio. Sono onesto: mi sono votato”.

- A cosa è dovuto questo suo consenso? La rete di amicizie? Il fatto di far parte della Croce Rossa, che è una realtà numerosa e coesa?

“Mah, un po’ tutto. Con quarant’anni di lavoro alle spalle posso dire di aver cono

[4] ◆ Copertina
Sergio Secondin con la fascia tricolore durante il matrimonio di una coppia in municipio

sciuto tanta gente. Credo che abbia pagato questo: l’essere stato tra la gente. Non soltan to durante la campagna eletto rale, ma per tutti i cinque anni del mandato. E continuo a far lo”.

- D’accordo stare tra la gente, ma per fare cosa?

“Per ascoltare. La cosa più im portante che ho imparato in questi anni è che la gente ha bisogno di confidarsi, di po ter chiedere. Tanti evitano di rivolgersi agli uffici comuna li per qualche forma di timo re. Quando arriva una bolletta della Tari c’è chi se ha dei dubbi si informa e approfondisce, ma c’è anche chi non se la sente di chiamare gli uffici. Così più di qualcuno, quando mi incontra, mi ferma e mi fa presente un suo dubbio o un suo problema, per cercare di capire meglio. Io vedo di informarmi presso gli uffici, per riuscire a dare una risposta”. - Insomma, la gente ha bisogno di essere ascoltata.

“Certo. E preferisce avere risposte motiva te, anche se negative. Al sabato e al merco ledì, quando c’è mercato, io vado in centro a socializzare. Che vuol dire, appunto, sta re con la gente. Vado a fare l’aperitivo al bar, ed è lì che le persone vengono a chie derti qualche informazione o a dirti qual cosa che gli sta a cuore”.

- Quindi il segreto per vincere le elezioni è frequentare i bar?

“Esattamente. Non certo per ubriacarsi, si può anche stare fuori... L’importante è essere presenti e disponibili. Dal muni cipio per andare in piazza Duomo si può scegliere via Pasini o via Btg. Val Leogra; ecco, nei giorni di mercato, quando esco dal Comune, a volte anche con il sindaco, prendo sempre via Btg. Val Leogra e passo per il mercato e regolarmente per arriva re in piazza ci si mette mezz’ora, perché la gente ti ferma, ti chiede qualsiasi cosa, fa anche osservazioni negative. Bisogna accettare tutto. Sono stato votato, quindi rappresento delle persone, vuol dire che devo fermarmi e parlare tutte le volte che serve”.

- Strategia che ha pagato, visto che al secondo giro, alle elezioni dell’anno scorso, lei ha ottenuto la bellezza di 447 preferenze, arrivan do primo assoluto degli eletti. Come ha fatto a quadruplicare i voti da un mandato all’altro? “Semplice. Si tratta di continuare ad ascol tare e a impegnarsi. Una persona una vol ta mi ha detto: il giorno dopo che entri in amministrazione sei già in campagna elettorale per il mandato successivo. Ave va ragione, perché tutto quello che si fa è politica. Se tu trasmetti qualcosa – come simpatia, modo di fare - la gente lo capi sce”.

- Qui finisce che la prossima volta lei potrà dare anche lezioni su come si acquisisce il consenso...

“Ma no... Mi fa piacere se piaccio alla gen te, ma non ho mai promesso niente, faccio soltanto da tramite, quello che posso fare lo faccio volentieri, senza andare oltre il mio ruolo. Poi a inizio del primo manda to io ho fatto una scelta: siccome da pre sidente del consiglio comunale ricevo lo stesso compenso di un assessore, mi sono sentito in dovere di mettermi a servizio del sindaco e degli assessori e ho detto: io sono qua, quando non potete andare a ce rimonie di qualche tipo, io sono disponi bile”.

- E infatti matrimoni e auguri ai centenari sono diventati da allora due suoi piatti forti...

“I matrimoni sono la parte più bella: ho ricevuto la delega a svolgerli e in 5 anni e mezzo ne ho fatti 310. Poi vado dai cen tenari a portare gli auguri. Ma mi occupo anche della consegna delle cittadinanze alle persone che ne fanno richiesta, più di un centinaio all’anno. Poi, naturalmen te, c’è il resto del lavoro: tutte le mattine vengo in Comune per preparare le delibe re, studiare le pratiche”.

- Ma, con tutto il rispetto per il presidente del consiglio comunale, agli sposi e ai centenari non darebbe più soddisfazione essere sposati o festeggiati dal sindaco?

“Chiariamo: all’ufficio di stato civile gli impiegati chiedono ai futuri sposi se de siderano essere sposati dal sindaco o da chiunque altro preposto. Se gli interessati dicono che va bene chiunque, subentro io. Se chiedono il sindaco, lui si rende dispo nibile. Lo stesso vale se chiedono un certo assessore o un consigliere.

Per quanto riguarda i centenari, di soli to vado io al momento degli auguri, poi se può viene anche il sindaco, e a volte anche l’assessore al sociale Marigo, sic ché può capitare che ci si trovi in tre. Poi,

peraltro, succede anche che quando sono tanto avanti con l’età alcuni anziani non siano molto presenti, o che gli stessi familiari chiedano cerimonie brevi. Vedo comunque che mi accolgono sempre molto vo lentieri”.

- Dal suo scranno più alto della sala consiliare, subito sotto il busto ammonitore di Alessandro Rossi, in questi anni ha visto cambiare in meglio o in peggio il rapporto tra maggioranza e minoranza?

“Per me in consiglio comuna le sono tutti uguali, non ve do maggioranza o minoranza. Chiaro che quando voto faccio parte della maggioranza, ma nel mio ruolo cerco di essere il più possibile imparziale”.

- Sì, però in consiglio non sono sempre rose e viole. C’è stato qualche momento difficile da gestire?

“La parte più difficile del lavoro è tenere il tono della discussione basso, perché a volte si rischia di finire in caciara. Il pre sidente del consiglio comunale deve ge stire bene la seduta, bloccando sul nasce re le beghe. Io non accetto che si crei un dialogo: tutti hanno la possibilità di alza re la mano e di fare gli interventi previsti dal regolamento, ma il dialogo in aula no. In ogni caso non sono arrivato a espellere mai nessuno, prima di farlo ce ne vuole. Comunque il clima è abbastanza sereno. Che poi, alla fine, in corridoio diventano tutti amici”.

- E alla conclusione di questo secondo mandato che farà? Dirà basta o andrà avanti?

“Intanto avrei 74 anni... La prima cosa è la salute, per il momento sto abbastanza bene. Vedremo. Comunque, io mi metto a disposizione volenteri, questo sì”.

- Per fare un altro giro?

“Perché no? Dai voti che ho preso mi pare di essere ben visto dalla gente. E una del le cose belle del fare amministrazione è venire a contatto con tante realtà bellis sime; alcune, dico la verità, prima non le conoscevo”.

- Qual è stata la soddisfazione maggiore in questi sei anni?

“Mi ripaga più di tutto la persona che mi ferma per strada, mi saluta e mi dice: si ricorda che mi ha sposato? Oppure: si ri corda che mi ha dato la cittadinanza? O si ricorda che è venuto a casa per il com pleanno della nonna? Questo mi gratifica. Però, se stiamo finendo, vorrei fare un rin graziamento”.

- Prego.

“Voglio ringraziare le impiegate della se greteria generale, perché anche se ho lavo rato 41 anni in Comune, fare il presidente del consiglio comunale non è semplice: devi partire da zero, e io ho avuto da loro sempre tutto l’aiuto possibile”. ◆

Copertina ◆ [5]
Secondin seduto nel posto destinato al presidente del consiglio comunale, subito sotto il busto di Alessandro Rossi

Tra i prossimi progetti c’è quello di un pozzo d’acqua nella sezione femminile di un carcere in Burkina Faso, per consentire a mamme e bam bine di sfamarsi coltivando un orto.

uore di Lucia” è un’as sociazione nata a Schio ormai 14 anni fa e in questo arco di tem po ha contribuito alla costruzione di circa 120 pozzi per la raccolta dell’acqua in tutto il mondo, diventando un punto di riferi mento importante per tante realtà impe gnate ad aiutare ospedali, scuole, villaggi nelle zone più svantaggiate del globo. Pia Clementi, che assieme alla famiglia e ai suoi più cari amici ha costituito l’associa zione, racconta come è nata l’iniziativa e quali progetti ha realizzato. - Come nasce “Cuore di Lucia”?

“Nell’estate di 14 anni fa abbiamo perso Lucia, la più piccola dei nostri figli, in un tragico incidente. Eravamo annichiliti dal dolore. Non esistono letteralmente parole per esprimere la condizione del genitore che perde un figlio: chi perde un genito re è orfano, chi perde il coniuge è vedo vo, ma chi perde un figlio si trova in una condizione indicibile. Avremmo potuto chiuderci nel nostro dolore, indossando il mantello del lutto e proteggendoci dal mondo esterno, che sembrava non avere più alcun significato. Ma siamo stati for tunati: accanto a noi abbiamo avuto per sone meravigliose che non ci hanno mai lasciato soli.

In quel periodo il padre della mia più cara amica era impegnato come volontario in un ospedale in Guinea: serviva fornire un pozzo alla struttura e noi avevamo da par te un po’ di fondi che avevamo destinato ai futuri studi di Lucia. Così, per un intrec cio del destino, ci siamo trovati a chiederci come riuscire a coprire tutte le spese per il pozzo: ci è parsa una buona idea organizzare un concerto, riunire tutti gli amici di Lucia, che allora frequentava le scuole elementari, e le loro famiglie e raccogliere la quota mancante. Doveva essere un singolo evento: avremmo raccolto i fondi, li avremmo uniti ai nostri e poi li avremmo consegnati”.

- Invece poi è nata l’associazione...

“Un amico notaio ha spinto mol to perché costituissimo l’associa zione, cosa che avrebbe facilitato le pratiche di raccolta fondi. Ci ha sorpreso preparando lo statu to sociale e non ci è rimasto che firmare, riconoscenti. L’abbiamo

Centoventi pozzi grazie al “Cuore di Lucia”

Nata 15 anni fa dalla famiglia Fiocchetti-Clementi che ha trasformato in occasione di vita la scomparsa della loro piccola figlia, l’Associazione “Cuore di Lucia” ha fin qui contribuito a realizzare 120 pozzi per la raccolta dell’acqua in varie parti del mondo, soprattutto in Africa.

chiamata ‘Cuore di Lucia’ perché avevo trovato nel cassetto della camera di Lucia una letterina che aveva scritto a S.Lucia prima di partire per le vacanze estive. Ac canto alle richieste tipiche di una bam bina della sua età, aveva scritto una frase che mi colpì molto: ‘Un senso di vita per tutti che è dentro ai nostri cuori’. Vicino aveva disegnato cuoricini pieni d’acqua. Un segno fortissimo. L’amore, inteso come dono gratuito e costante agli altri, ci sta va salvando: sarebbe stata la nostra scelta di libertà, il nostro modo per continuare a esistere e sperare.

‘Cuore di Lucia’, però, non è nata per ri cordare solo Lucia. È stata istituita in un momento particolarissimo per la nostra famiglia, ma va molto oltre l’essere un ri cordo: è una realtà che cresce da oltre un decennio e che ci ha permesso di aiutare centinaia di persone in tutto il mondo”.

- Quali sono le principali attività?

“Organizziamo periodicamente dei con certi gratuiti durante i quali raccogliamo fondi per la costruzione di pozzi nelle aree più povere del nostro pianeta. Col tempo

abbiamo intessuto una fitta rete di contat ti con missionari, volontari, professionisti che dedicano il loro tempo e le loro com petenze a realtà molto lonatane dalla no stra: una rete di relazioni di grande valore, che Lucia ci ha regalato anno dopo anno. L’ultimo concerto è andato in scena nel Duomo di Schio il 14 febbraio scorso: set tanta ragazzi tedeschi hanno deciso di spendere la serata di San Valentino rega landoci un concerto speciale. È stato uno degli eventi più impegnativi e gratifican ti mai organizzati: abbiamo trovato gran de sostegno nella famiglie scledensi che li hanno ospitati e nell’amministrazione comunale che ci ha offerto il supporto di cui avevamo bisogno.

- Quali sono i risultati concreti ottenuti fino a oggi?

“Al momento siamo a quota 120 pozzi e per il 2020 siamo già esposti per oltre 60 mila euro con 6 diversi progetti, che ci auguriamo di riuscire a coprire con i concerti – che vengono offerti senza ri chiedere alcun compenso dai musicisti che vi partecipano – e con le donazioni attraverso il 5 per mille che tut ti possono indirizzare alla nostra associazione in occasione della denuncia dei redditi. Ci stiamo focalizzando sempre più su pozzi pensati per l’auto sostentamento alimentare delle varie comunità, dopo aver contribuito alla realiz zazione di pozzi per scuole, orfa notrofi e ospedali. Tra i prossimi progetti più ambiziosi, un pozzo d’acqua nella sezione femminile di un carcere in Burkina Faso, per consentire a mamme e bambine di sfamarsi coltivando un orto, e un pozzo per un pronto soccorso in Burundi”.

◆ [6] ◆ Città
Qui e nella foto in alto due pozzi realizzati in Africa dall’associazione “Cuore di Lucia”

In attesa del giorno in cui anche il sindaco “degli adulti” a Schio sarà donna (per ora lo è il vicesindaco), ecco i giovani dare l’esempio.

Igiovani scledensi anticipano i tem pi ed eleggono un “sindaco donna”. O meglio, ragazza. Novità interessante, quel la arrivata dal consiglio comunale dei ra gazzi, rinnovato dopo una tornata elet torale che ha visto più liste presentare i propri programmi e andare a chiedere il consenso dei propri coetanei.

A uscire eletta sindaca è stata Alice Ros setto, 12 anni, studentessa di seconda me dia alle Fusinato. Dopo essere risultata terza degli eletti (in complesso 25), è stata poi scelta dai consiglieri per vestire la fa scia tricolore. È subentrata così a Edoardo Viero, il primo sindaco dei ragazzi, che ha concluso il suo mandato biennale. Ma le novità non finiscono qui, perché ora an che il vicesindaco è una ragazza, Alessia Ferracin. E perfino quasi l’intera giunta è tinta di rosa, con cinque assessori su sei, ovvero Angela Ballardin (cultura e istru zione), Chiara Cavedon (ambiente), Ales sia Ferracin (politiche giovanili), Maria Tomiello (sociale), Linda Tretto (sport); l’unico maschio del gruppo è Alessandro Zio (promozione della salute).

In attesa del giorno in cui anche il sinda co “degli adulti” a Schio sarà donna (per ora lo è il vicesindaco), ecco dunque i gio vani dare l’esempio.

Da parte della giunta “senior, il commen to su questo nuovo corso del consiglio dei ragazzi non può che arrivare da una del le componenti femminili: la vicesindaco Cristina Marigo. “C’è grande soddisfazio ne per il percorso svolto da questi giova ni, che hanno messo grande entusiasmo sia nella fase di candidatura che duran te la campagna elettorale - dice -. Anche l’impegno dimostrato per individuare gli assessori e la giunta è stato notevole, spe cialmente da parte delle ragazze che sem brano aver colto bene l’opportunità data dallo sdoganamento dei ruoli politici an che per le donne. Questo fa ben sperare per il futuro, sia come indicatore di par tecipazione alla vita della città, sia come presupposto di una nuova cultura di ge nere”.

Ora al lavoro, dunque. Alice Rossetto - che tra le sue passioni ha la montagna (l’esta te scorsa ha fatto una settimana di volon tariato al Parco nazionale d’Abruzzo a pu lire sentieri e sistemare segnaletica), ma anche lo sci, l’equitazione e il pianoforte

I ragazzi eleggono un sindaco donna

Novità interessante, quella arrivata dal consiglio comunale dei ragazzi: dalle elezioni è uscita eletta sindaca è stata Alice Rossetto, 12 anni. E non basta: anche il vicesindaco è una ragazza, e perfino quasi l’intera giunta è tinta di rosa, con cinque assessori su sei.

(in famiglia la musica è di casa visto che il papà suona il basso, il fratello la batteria e la sorella sta iniziando chitarra) – ha già alcune idee in testa, quelle presentate in “campagna elettorale”.

“Ho proposto un maggior numero di pi ste ciclabili in città – spiega la neosinda ca -. Ce ne sono già molte, è vero, ma in periferia sono meno, e i miei compagni di scuola che vengono da zone più periferi che della città devono passare spesso per strade trafficate che diventano pericolose per una bicicletta. Ho anche proposto di introdurre nelle scuole gli armadietti per sonali, cioè la possibilità per noi studenti di avere a disposizione uno spazio perso nale, un armadietto appunto, come punto di appoggio dove poter lasciare materiale scolastico, anche per non avere troppo pe so da portare in classe ogni giorno”.

Il consiglio dei ragazzi, di fatto, si è appena insediato, perciò la giunta non ha ancora avuto modo di preparare un “programma di interventi” per i prossimi due anni. Ma un paio di filoni sembrano già tracciati.

“Siamo tutti interessati ai temi dell’am biente – dice Alice-. Innanzitutto c’è da concludere due progetti realizzati dal con siglio precedente: uno è Hapitat, che è sta to dedicato all’informazione e alla sensi bilizzazione nei confronti del mondo delle api, insetti che stanno sempre più dimi

nuendo di numero; l’altro è NoSmoking, che ha portato tanti ragazzi a realizzare un disegno per sensibilizzare sul tema del fumo nei parchi. Entrambi questi proget ti si sono conclusi, ma ora tocca al nostro consiglio compiere l’ultimo passo, che consiste nel posizionare i cartelli infor mativi che i progetti hanno prodotto: per Hapitat lungo il percorso Agritour, per No Smoking nelle aree verdi cittadine”.

C’è poi interesse anche per il tema della corretta alimentazione: “Credo che sareb be bello fare qualcosa in tema di educa zione alimentare, possibilmente dando l’esempio anche nelle scuole, dove non è che si mangi bene...”.

Intanto, ora comincia il bello anche dal punto di vista della vera e propria rappre sentanza. Il sindaco dei ragazzi, infatti, ha tra i suoi compiti anche quello di parteci pare a non poche manifestazioni e ceri monie ufficiali cittadine, perlopiù accanto al sindaco “senior”, con tanto di fascia tri colore. Ci sarà da fare anche qualche breve discorso. Insomma, cose che a una dodi cenne potrebbero legittimamente creare qualche motivo di ansia o di imbarazzo. O no, Alice? “La prima volta che ho dovuto parlare, in occasione della campagna elet torale, un po’ di ansia c’era – rispode lei -. Ma in genere, una volta iniziato, mi sento tranquilla”. ◆

[8] ◆ Città
La sindaca dei ragazzi Alice Rossetto seduta alla scrivania nell’ufficio del sindaco Valter Orsi

Oggi non c’è maggiore probabilità di contagio in un ristorante cinese rispetto a uno nostrano o rispetto a qualsiasi altro luogo pubblico. Tuttavia, nonostante le rassicurazioni degli esperti, un timore strisciante verso i cinesi è arrivato a farsi sentire anche a Schio.

Il giorno in cui l’epidemia di Coronavi rus ha iniziato ufficialmente a circola re in Italia, con i primi 16 casi individuati in Lombardia e alle porte della provincia di Vicenza, il ristorante orientale “New Concept” di via Vicenza alle 19.30 è anco ra vuoto. «Non abbiamo prenotazioni per stasera - sostiene sforzando un sorriso Xue, che ci accoglie dietro il bancone -. In genere il venerdì dovrebbe essere un gior no abbastanza movimentato».

Abbiamo fatto un’inchiesta tra alcune delle attività cinesi della città, scoprendo che molti dei loro clienti nell’ultimo me se, da quando cioè si sono diffuse le notizie sull’epidemia di COVID-19 in Cina, hanno preferito tenersi lontani dalle attività ge stite da imprenditori originari di quel pa ese. Oggi, in Italia, non c’è una maggiore probabilità di contagio in un ristorante di cucina cinese rispetto a uno di cucina ita liana o in un qualsiasi altro luogo pubbli co. Tuttavia, nonostante le rassicurazioni degli esperti, un timore strisciante verso i cinesi è arrivato a farsi sentire anche a Schio. Non fra tutti, naturalmente. «Io non credo che ci sia più rischio qui che in un qualsiasi altro negozio» dice un cliente incontrato nel Mercatone Hao Yun di via Maraschin.

Qui bazar

«Sì, abbiamo visto un calo di af fari - afferma la titolare Lì Lì del bazar Hao Yun -. Ma anche il pe riodo è quello che è: fino a mar zo c’è sempre un raffreddamen to del mercato».

Lì Lì sembra quasi sorpresa quando le chiediamo se la cau sa della riduzione dei clien ti potrebbe essere la paura del Coronavirus, essendo lei origi naria della Cina. Di quale parte? chiediamo per curiosità. Vicino a Wuhan? (il principale cluster dell’epidemia in Cina). «Lìxuan - risponde l’imprenditrice -. Tra lì e Wuhan c’è la stessa distan

E i cinesi “made in Schio” come se la passano con la Coronavirus-fobia?

Abbiamo fatto una rapida inchiesta tra alcune delle attività cinesi della città, scoprendo che molti dei loro clienti nell’ultimo mese, da quando si sono diffuse le notizie sull’epidemia legata al Coronavirus in Cina, hanno preferito tenersi lontani dalle attività gestite da imprenditori originari di quel paese. Ma ha senso farlo? Proprio no, assicurano gli esperti.

za che tra Roma e Udine. In ogni caso è da tanti anni che io e i miei familiari non torniamo nel nostro Paese».

E la merce? Nel negozio Hao Yun, come nei bazar cinesi analoghi, ci sono per lo più merci “Made in China”. Potrebbero esserci rischi a entrare in contatto con oggetti provenienti da quel paese, con

l’epidemia in corso? A questa domanda ri sponde l’Istituto Superiore di Sanità nella pagina ufficiale del suo sito dedicata all’e pidemia (epicentro.iss.it/coronavirus): “Non abbiamo alcuna evidenza che og getti, prodotti in Cina o altrove, possano trasmettere il nuovo Coronavirus. Nean che le persone che ricevono pacchi dalla Cina sono a rischio. Da preceden ti analisi, infatti, sappiamo che i coronavirus non sopravvivono a lungo su oggetti come questi”.

Qui ristoranti

Il tipo di attività che anche a Schio ha più risentito della “cri si Coronavirus” sono i ristorati gestiti da cinesi. Un fenomeno iniziato già settimane prima che il virus iniziasse a fare le prime vittime in Veneto e Lombardia. «Sì, ho percepito un calo di clien ti - sostiene Lì Wei, titolare del ri storante “La Muraglia” di via Al merico da Schio -. Capisco che la

[10] ◆ Città

causa è il timore per il virus, anche se non ci sarebbe assolutamente nessun motivo per evitare il mio locale. Schio ormai è la nostra città, io e la mia famiglia ci vivia mo da 17 anni e da ben 13 non ritorniamo nel nostro Paese di origine».

“Neanche il cibo che cuciniamo proviene dalla Cina” ci tiene a sottolineare Lì Wei. Ma come? È opinione diffusa che nei ri storanti orientali si usino solo materie prime fatte arrivare dalla madrepatria. «Ma no, sarebbe troppo costoso acquista re tutti prodotti arrivati via nave. Ci rifor niamo negli stessi posti di tutti gli altri ristoratori e i prodotti sono per lo più di origine italiana ed europea».

Riguardo al cibo, in ogni caso, l’Istituto Superiore di Sanità, sempre sulla pagina web istituzionale, riferisce che «le cono scenze di cui disponiamo al momento ci dicono che la trasmissione di questo virus non avviene per via alimentare».

Nella rosticceria “Nihao-Ciao” di via Rove reto sul bancone c’è un vassoio di biscotti della fortuna in confezioni di plastica do rata con stampato in rosso il simbolo di un dragone. Sul retro insieme agli ingre dienti e ai valori nutrizionali è stampa ta l’indicazione di origine. “Made in Ger many”. «Lo prenda pure - dice la figlia dei titolari, Miao - glielo offriamo noi». I ge nitori purtroppo non possono parlarci al momento. Lei ci dice: «Non saprei dire se c’è stato un calo di clienti. Nessuno di noi è stato in luoghi a rischio di contagio, ma percepisco una certa atmosfera di timo re verso le persone di origini orientali. Se quando ci sono clienti mi viene da fare un colpo di tosse mi trattengo per vergogna». Fuori dal negozio apriamo il biscotto ci nese. Il tradizionale messaggio contenuto all’interno non potrebbe essere più adat to al contesto attuale: “Chi è sano non sa quanto sia ricco”.

Anche nel ristorante “New Concept”, Xue

Le regole per una corretta prevenzione

In tema di Coronavirus, più che farsi guidare dai pregiudizi è importante mettere in atto le misure preventive disposte dalle autorità sanitarie, che si possono consultare sul sito del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Le riassumiamo:

• in caso di malattia respiratoria, starnutire o tossire in un fazzoletto o all’interno del gomito flesso (non coprendosi la bocca con le mani)

• gettare immediatamente i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso e lavare le mani

• lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni a base di alcol

• mantenere una certa distanza – almeno un metro – dalle altre persone, in partico lare quando tossiscono o starnutiscono o se hanno la febbre

• evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani se si hanno sintomi di febbre, tosse o difficoltà respiratorie, se si è viaggiato di recente in Cina, o se si è stati in stretto contatto con una persona tornata dalla Cina e affetta da malattia respiratoria

• chi ha viaggiato di recente in Cina e presenta febbre, tosse o difficoltà respiratorie, o è stato in stretto contatto con una persona tornata dalla Cina e affetta da malattia respiratoria è tenuto a segnalarlo al numero 1500 istituito dal Ministero della salute

• chi ha sintomi lievi e non è stato recentemente in Cina, rimanga a casa fino alla risoluzione dei sintomi applicando le misure di igiene

• l’uso della mascherina è raccomandato a chi presenta sintomi quali tosse o star nuti e sospetta di aver contratto il nuovo Coronavirus o a chi si prende cura di una persona con sospetta infezione da nuovo Coronavirus.

Lo Schiocco

Cercasi adozione urgente

Si chiama “Frecciolino” ed è un adorabi le segnale stradale di senso unico alterna to: forse perché un po’ arrugginito e non più in buone condizioni, i suoi insensibi li padroni lo hanno abbandonato sotto la galleria del palazzo di mattoni e vetro di piazza Falcone Borsellino, accanto alle ve trine della banca, dove da mesi e mesi at tende invano che tornino a prenderlo. Cerchiamo per lui un nuovo padrone, possibilmente dotato di strada privata con strettoia dove poter essere esposto e tornare a sentirsi utile. A dispetto dell’età avanzata, a chi vorrà adottarlo “Freccioli no” può ancora regalare tanti affettuosi sensi alternati. [S.T.]

(che in cinese significa Neve) dice di ca pire il motivo di questo calo di clientela come effetto del timore per l’epidemia in corso, partita dalla Cina. «Ma neanche noi e chi lavora qui siamo stati in Cina di recente e non c’è davvero nessun motivo concreto per evitare il nostro locale». Lì vicino c’è anche un centro massaggi orientale. La titolare, Ju Mei, osserva che nelle ultime settimane anche lei ha per cepito un calo di clienti, nonostante, come gli altri, sostenga che né lei né altri che lavorano lì abbiano affrontato di recen te viaggi in Cina. «Oggi mi ha scritto una mia amica che abita vicino a Milano e lei è molto spaventata per il diffondersi del vi rus - racconta -. Io invece a Schio mi sento al sicuro: è una cittadina tranquilla».

Aperti e disponibili

Un’altra credenza diffusa sui cinesi nel nostro Paese è che siano persone riservate fino alla chiusura e poco socievoli se non con i connazionali. Invece in questo no stro breve viaggio tra alcune delle attivi tà cinesi presenti a Schio abbiamo parlato con persone aperte e disponibili a parlare, nonostante l’oggettiva delicatezza dell’ar gomento trattato. Ulteriore testimonianza del fatto che una cura contro il pregiudi zio è sempre possibile.

Città ◆ [11]

“Il maggior problema è la delega: molte famiglie delegano alla scuola, in toto, l’educazio ne e la gestione di figli che, di ventati sempre più complessi, faticano a capire.

erano una volta i comitati genitori, i rappresentanti di classe, le consegne delle pagelle in presen za e i colloqui con i docenti. Oggi ci sono il registro elettronico, i gruppi whatsapp e la difficoltà di ritagliare tempo ed energie per partecipare alle riunioni con gli inse gnanti.

La scuola è cambiata. Sono cambiati gli studenti che la frequentano, sempre più stimolati e sempre più complessi, so no cambiate le dinamiche familiari, so no cambiate le incombenze e i compiti dei docenti, impegnati ben oltre le ore di insegnamento frontale. E così sembrano cambiare pure i luoghi “istituzionali” di incontro tra scuola e famiglie. Ma è davve ro così? I social network e le chat dove ci si lamenta dei professori e dei maestri han no soppiantato le discussioni fisiche? Op pure, dietro il cambiamento delle moda lità di interazione, stanno fenomeni che vanno ben oltre lo spostare la chiacchiera da fuori il cancello della scuola ai messag gi via smartphone?

Un dialogo difficile

“Esiste una difficoltà di dialogo tra geni tori e scuola, è inutile negarlo”, spiega Ro berto Santacatterina, presidente di AGE, l’Associazione dei Genitori di Schio nata nel 2013 e che si occupa, tra gli innume revoli progetti sviluppati, anche di appro fondire e facilitare il dialogo tra le fami glie e il corpo docenti.

“Il maggior problema è la delega: molte famiglie delegano alla scuola, in toto, l’e ducazione e la gestione di figli che, diven tati sempre più complessi, faticano a ca pire. I genitori non riescono a trasmettere valori e sembrano parlare una lingua di versa da quella dei loro ragazzi: si affidano quindi alla scuola perché, di fatto, si oc cupi si crescerli. La scuola, dal canto suo, si vede gravata di uno sforzo educativo che va ben oltre quello che le era richie sto tradizionalmente e a volte reagisce chiudendosi, in un’incomunicabilità tra le due parti che diventa difficile da supe rare. Un vero peccato, perché negli ultimi anni abbiamo notato un grande fermento

La scuola e i genitori ai tempi di whatsapp

I comitati genitori, i rappresentanti di classe, il rito della consegna delle pagelle, i colloqui con i docenti... Pare che in Italia ci si stia dimenticando di questi momenti e “spazi” di relazione che per decenni hanno fatto parte dei rapporti tra docenti, studenti e famiglie. E a Schio come stanno le cose?

da parte degli istituti scolastici della città: vengono proposte tantissime attività ex tracurricolari, progetti capaci di arricchi re i giovani e di stimolarli a riflettere su temi attuali come l’ambiente o l’inclusio ne sociale. Attività misconosciute dai ge nitori, che della scuola vedono perlopiù le notifiche sul registro elettronico dei figli”. “Per migliorare il dialogo tra scuola e ge nitori - afferma Maurizio Gabriele Pisani, dirigente scolastico dell’Istituto compren sivo Battistella - è utile realizzare confe

renze o incontri aperti al personale scola stico e ai genitori, su tematiche educative e di prevenzione, in collaborazione con i Comitati genitori, l’Associazione Genitori e altri organismi rappresentativi. Vanno so stenute e proseguite le iniziative di Scuo la Aperta ed è necessario migliorare le for me della comunicazione scuola-famiglia. Va creata un’alleanza tra coloro che hanno un ruolo primario nella promozione della cultura della comunità scledense”.

“Servono sempre maggiori occasioni di crescita culturale, di scambio, di collabo razione e di apertura, per rinsaldare quel senso di fiducia che sta alla base del rap porto”, fa eco Emilia Pozza, dirigente sco lastico dell’I.C. Il Tessitore, mentre Simo netta Valente, dirigente scolastico dell’I.C Fusinato assicura che l’istituto sta pro gettando offerte nuove e modalità di in contro e formazione con i genitori.

Una partecipazione con luci e ombre

“Le difficoltà ci sono sempre state - ri prende Roberto Santacatterina -. E non sono stati certo i social network o i grup pi whatsapp ad acuirle: semplicemente, le rendono visibili su canali diversi da quelli a cui eravamo abituati. Quello che oggi notiamo, in realtà, è che esiste una grande discrepanza tra il singolo e il grup

[14] ◆ Città

po. Il genitore, preso singolarmente, fati ca a partecipare alla vita condivisa della scuola, ma quando si organizza, partecipa ai comitati genitori, si rende disponibile in un’ottica di gruppo, ecco che la comu nicazione diventa molto più semplice. Le istituzioni, insomma, si parlano, e anche in modo proficuo: i singoli, invece, molto meno”.

“Nel nostro istituto i genitori sono pre senti e partecipano in modo attivo al le riunioni e agli incontri con i docenti – conferma Simonetta Valente -. L’anda mento scolastico rimane una priorità per le famiglie. Le proposte che l’istituto fa ai genitori sono accolte positivamente; gli incontri riguardanti i gruppi ristretti (classe, plesso...) sono frequentati, mentre a volte le tematiche più ad ampio respiro che coinvolgono molte persone sono più difficili da organizzare, visti i numerosi impegni delle famiglie”.

In definitiva, quando si tratta di uscire dal la preoccupazione per l’andamento scola stico del proprio figlio, il coinvolgimento dei genitori diventa più complicato.

“La partecipazione dei genitori alla vita del nostro istituto è di buon livello – di ce Maurizio Gabriele Pisani -. Da noi so no molto presenti e attivi i rappresentanti dei genitori nei Consigli di classe e i Comi tati dei genitori, fanno sentire la loro pre senza in diversi momenti della vita scola stica e ci supportano in svariate iniziative progettuali: particolarmente significativo è stato il sostegno in occasione della ma nifestazione in favore di Telethon della scuola secondaria di primo grado Batti stella di Magrè, così come del gemellag gio delle classi del plesso di San Vito con la scuola tedesca di Altdorf e degli spetta coli prenatalizi. Certo, non tutti i genitori hanno una significativa sensibilità peda gogica o tanto tempo a disposizione, ma la maggior parte di loro si presenta in breve tempo a colloquio con il coordinatore di classe o con lo staff dirigenziale su richie sta della scuola”.

Anche all’I.C. Il Tessitore “buona parte di genitori partecipa alle riunioni e si ren de disponibile a collaborare con la scuo la - precisa la dirigente Emilia Pozza -. Purtroppo accade spesso che proprio le famiglie i cui figli dimostrano difficoltà nel processo educativo di crescita e di ap prendimento si allontanino, dimostran do poca partecipazione e collaborazione. In un primo momento i ragazzi possono sembrare sollevati dal fatto che i genito ri non partecipino a questi incontri, ma in verità, quando si riesce ad andare oltre questo muro che spesso gli studenti frap pongono come protezione, si trova in loro la sensazione di essere poco curati, amati, compresi e ci si rende conto che hanno bi sogno di trovare una rete di adulti forti e coerenti che li aiutino a crescere. Per que sto, tra scuola e famiglie a volte sembra di parlare un linguaggio profondamente di

verso: la scuola cerca di tenere ben saldo il timone su alcuni valori fondamentali - il valore del no, del rispetto, dell’ascolto at tivo, della coerenza educativa, dell’essere e non dell’apparire, della fatica e dell’im pegno per crescere come cittadini consa pevoli - senza però riuscire a condividerli con le famiglie”.

“Partire dai nuovi bisogni dei ragazzi”

A fare le spese della difficile comunicazio ne tra le singole famiglie e il corpo docen te sono soprattutto i ragazzi con genitori meno presenti e partecipi in quei gruppi che consentono un dialogo di valore con la scuola. Fare i genitori “da soli”, di fron te alla complessità di una realtà dove gli adulti sembrano aver perso il loro ruolo di guida delle giovani generazioni, non paga. “Per molto tempo le nostre attività di sono concentrate sull’organizzazione di incon tri per le famiglie - spiega Santacatterina -. Continuiamo a farli, come ad esempio in occasione delle giornate per la prevenzione delle tossicodipendenze, ma ultimamente il lavoro dei volontari dell’Associazione, genitori che amano la scuola, è più sotto traccia: ci occupiamo di costruire occasio ni di dialogo tra la scuola, il territorio e le famiglie, per dare vita a progetti di scam bio e comunicazione che partano da pro getti molto concreti, come quello dell’alter nanza scuola-lavoro per le scuole superiori o quello dell’orientamento scolastico per i ragazzi delle medie. Cerchiamo sempre più di promuovere occasioni di formazione per i genitori, collaborando con università e in vitando esperti che ci aiutino a fare rete, a uscire dall’isolamento della singola fami glia e a valorizzare i rapporti molto positi vi che si possono costruire con dirigenti e docenti. Quello che però manca ancora, e a

cui bisogna assolutamente pensare a breve termine, è una vera e propria politica della scuola, che parta dai nuovi bisogni dei ra gazzi e che responsabilizzi tutti gli adulti coinvolti nella loro crescita. Servono idee, serve unire le forze, serve fiducia e ricono scimento reciproco”. ◆

Troppe auto in quel marciapiede

Si perde nella notte dei tempi l’abitu dine di usare la parte interna del largo marciapiede (perché di marciapiede si tratta) di via Trento Trieste, lato Quar tiere Rossi, come parcheggio. Non una bella cosa da vedere già nei giorni feria li, figurarsi al sabato quando le auto in sosta formano una fila. Delle due l’una: o si tracciano le righe bianche e si for malizza una volta per tutte che quelli sono posti auto, o si mette un divieto di sosta per restituire al marciapiede la sua integrità. Noi saremmo per la se conda soluzione, non perché i pedoni non ci passino, ma per il buon decoro della via. [S.T.]

Città ◆ [15]

Artigiani coraggiosi

Nella sua carriera Ballarin ha costruito almeno 3 mila strumenti. Tra i musicisti suoi clienti ci sono nomi come Zuc chero, Glenn Hughes dei Deep Purple e Lionel Loueke.

Quando si entra da Manne Gui tars, in via Paraiso, si resta su bito avvolti dal profumo del legno, quel legno così particolare, e locale (paulonia, platano, castagno, acero, faggio, pioppo), con cui Andrea Ballarin da oltre trent’an ni fabbrica le sue chitarre e i suoi bassi, ricercati a livello internazionale. Prima dell’intervista ci mostra orgoglioso il bre vetto di un sistema per trovare i punti di appoggio che ogni singolo musicista uti lizza per suonare: ciò permette di fabbri care strumenti che seguono e avvolgono l’artista, diventando un tutt’uno con lui. È un traguardo professionale di cui va parti colarmente orgoglioso. Poi ci indica “la ci nese”, una macchina a controllo numerico con cui da un paio d’anni realizza parte del prodotto e che gli permette si snellire notevolmente i tempi di produzione, an che se il tocco finale spetta sempre a lui. Ballarin si è avvicinato per la prima vol ta a una chitarra a 17 anni: il fratello An gelo andava a lezione di quello strumen to e Andrea strimpellava i primi accordi da autodidatta. Solo un paio d’anni dopo tentò di costruirsi una chitarra elettrica, senza alcuna informazione in merito; in qualche modo riuscì a sapere come posi zionare i tasti, si procurò l’hardware e i pickups, nonché il legno per il manico; quello per la cassa lo ricavò da tre mensole di un vecchio armadio e il furto fu scoper to solo dopo qualche anno, dal padre. Nel 1986 arrivò l’opportunità di trasformare la passione in lavoro.

- Suonare o fabbricare chitarre e bassi? Questo è stato il suo dilemma?

“Credo che suonare sia comunque impor tante per capire le richieste dei musicisti, soprattutto per quanto riguarda le sonori tà. Suonando puoi intuire quando le pro porzioni e le sagomature hanno il giusto carattere ergonomico. Sono da sempre ap passionato di musica, ma mi sento parti colarmente realizzato dando in mano le mie chitarre e i miei bassi a chi la ama”.

- Quanto è importante innovare?

“Sono sempre stato un po’ fuori dal main stream. Riguardando gli strumenti che fa cevo negli anni Novanta, credo di essere stato anche troppo avanti. Ora forse sono, diciamo così, ‘giusto’. Però ho sempre cer

Il tocco magico di Manne Guitars

Andrea Ballarin si è costruito la prima chitarra da ragazzo con le mensole dell’armadio della sua camera e non ha più smesso: da trent’anni fabbrica chitarre e bassi di altissima qualità che vengono ricercati a livello internazionale.

cato la direzione da prendere per riuscire a lavorare, pensando al domani, a una pro spettiva a lungo termine”.

- Quanti strumenti ha realizzato in trent’anni di attività? Chi li possiede?

“Sono quasi 3 mila. I miei clienti più fa mosi sono Zucchero, Glenn Hughes dei Deep Purple, Lionel Loueke (Hancock), Nguyen Le, Federico Malaman, Massimo Moriconi che lavora con Mina, Davide Pezzin (con De André), Daniele Camarda e altri che magari sono meno noti ma che per me valgono moltissimo perché sono quelli che cercano un timbro, un qualcosa di particolare, capiscono i miei strumenti e sanno farne uscire il meglio”.

- Come ha affinato le sue tecniche?

“Ciò che costruisco mi dice e mi inse gna qualcosa: la tecnica si crea con la ri petizione, con il confronto dei risultati e con tanto lavoro. Ho sempre sperimen tato molto, sia nei materiali che nelle so luzioni, per migliorare le caratteristiche dei miei pezzi. In qualche punto credo di essere andato oltre e di avere ottenu to dei risultati che ancora nessuno riesce a uguagliare, come ha scritto un giorna lista tedesco nella più importante rivista del settore”.

- Per esempio?

“Nell’uso del pick-up piezoelettrico e nella creazione della sonorità, grazie a una co struzione che sfrutta proprio lo smorza mento acustico. Il mio valore aggiunto è la personalizzazione, la possibilità di ottene re un timbro particolare non disponibile su altri strumenti”.

- Venalmente, ci dia qualche prezzo… “I miei strumenti costano da millesei

cento a 8 mila euro. Nel novembre del ’96 ho subìto un grave furto: quaranta pezzi trafugati, per un valore complessivo di centomila euro. La mia attività ha trema to, due anni di lavoro se ne sono andati in fumo. So che bassi e chitarre sono finiti a Tirana. Ho sporto denuncia per ricetta zione, mi sono costituito parte civile, ma alla fine mi è stato detto che il danno non giustificava una rogatoria internazionale. Tutto si è risolto con un nulla di fatto. Una grande amarezza”.

- Ora il mercato com’è?

“Era calato molto negli anni passati: in ditta, negli anni Novanta, eravamo in cin que e costruivamo centoventi strumenti l’anno. Ora sono solo e ne realizzo una trentina, in collaborazione con la mia ‘ci nese’. Non mi lamento, perché nell’ultimo triennio le prospettive sono migliorate e riesco a pensare in positivo, anche se i gio vani suonano meno e la concorrenza si è moltiplicata. A me però il lavoro fortuna tamente non manca e il 7 e 8 marzo espor rò le mie ultime creazioni al Guitar Show, alla fiera di Padova”.

- Dice che i giovani suonano meno, ma ci risulta che ci siano singoli e gruppi che propongo no buona musica.

“Ma certo, ci sono dei musicisti incredibil mente bravi, però manca un sistema attor no, cosa che rende alquanto difficile vivere di musica. Penso sia necessario riscoprire la voglia di ascoltare, di andare ai concerti, di ritrovarsi per condividere emozioni, di stanti da quegli schermi che ci ipnotizza no ma non ci riempiono la vita. La musica è calore, vibrazioni, emozione collettiva. Dobbiamo solo riscoprirlo”. ◆

[16] ◆ Economia

Sella, un secolo a cavallo

Quest’anno ricorrono i cent’anni di vita della Sella, l’azienda farmaceutica scledense che è ormai una delle realtà storiche dell’imprenditoria locale. Tutto cominciò nel 1920 quando Antonio Sella rilevò la farmacia “Alla Madonna” in centro città.

Èuna questione anagrafica. Non esiste più nessuno che pos sa ricordare piazza Rossi senza l’inse gna della farmacia Sella. Per poterne aver memoria bisognerebbe essere sta ti bambini già un secolo fa. Cent’anni esatti sono trascorsi, infatti, da quando il dottor Antonio Sella rilevò la gestione della farmacia “Alla Madonna” del dot tor Saccardo, già in precedenza aper ta all’angolo di piazzetta Garibaldi. Cent’anni di attività farmaceutica in senso lato, visto che fin da subito Sel la avviò, sopra e sotto i locali della far macia, un laboratorio che poi, a inizio anni Sessanta, divenne il primo nucleo dell’azienda ancora oggi insediata in via Vicenza.

Non sentendosi appagato dallo stare al banco, Antonio Sella si dedicò fin da subito alla preparazione di galeni ci e medicinali, tipico lavoro del far macista dell’epoca. Fu così, lavorando “dietro le quinte”, che ben presto mise a punto la formula della magnesia, o meglio “magnesina effervescente”, il prodotto vincente dei primi decenni di attività. Sella strutturò l’attività co me un panino imbottito: se la farma cia era ovviamente al piano terra come qualsiasi negozio, la produzione di pre parati e medicinali venne concentrata al piano di sopra e in quello interrato. Dopo la guerra e negli anni Cinquanta, sotto la guida del figlio Gaetano, l’at tività crebbe, all’insegna di uno slo gan pubblicitario diventato a sua vol ta storico: “Prendi una Sella e sarai a cavallo!”. Stava per finire l’era nella quale il farmacista realizzava lui stes so i preparati, le bustine, le compresse, gli sciroppi su ricetta del medico o seguendo il formulario galenico nazionale, e stava arrivando il tempo delle aziende galeni che, nate dallo sviluppo di una farmacia originaria. È quello che successe anche al la Sella, che a inizio anni Sessanta aveva ormai bisogno di trovare spazi più grandi e idonei alla dimensione assunta. In quel periodo tra i prodotti più classici c’erano i famosi “gonfietti d’orzo”, le caramelle do rate, piatte e quadrate, che hanno fatto fe lici generazioni di bambini.

Nel 1963 tutto, farmacia a parte, venne trasferito nel primo nucleo dell’attuale azienda, in via Vicenza. Nel nuovo edificio tutto un piano fu destinato alla lavorazio ne dell’orzo per i gonfietti e al pastigliag gio in generale, tra cui le storiche “men te London” e le anisette. Al piano terra, invece, spazio alle pomate, alle vaseline, allo sciroppo per la tosse. Nel 1981 con l’ingresso in azienda di Roberto Salviato, genero di Gaetano, ci fu una svolta all’in segna della managerialità e a fine decen nio ecco un primo ampliamento con un

nuovo magazzino per i prodotti finiti e le spedizioni; nel 2000 si aggiunge un altro capannone e nel 2010 la struttura azzur ra che si avvicina alla rotonda di Liviera.

In questi giorni il consiglio comunale ha approvato un ulteriore ampliamento, che prevede la costruzione di un ultimo “sta dio” di azienda verso via dell’Artigianato. Sviluppi edilizi che rispecchiano quelli occupazionali: se a inizio anni Ottanta i dipendenti erano 40, ora sono arrivati a 95. “Due terzi della produzione oggi è a mar chio Sella: si tratta in parte di medicina li, ancora di derivazione galenica o gene rici, e in parte di integratori alimentari - spiega Roberto Salviato, amministra tore delegato -. L’altro terzo è dato da medicinali che facciamo noi per azien de terze (Recordati, Fidia, Giuliani) e in parte per l’export e per ospedali”.

Nel 2019 Sella ha raggiunto i 16 milio ni di fatturato, 11 realizzati con i pro pri prodotti, venduti nelle farmacie in tutta Italia, e gli altri 5 arrivati dall’al tro segmento: la produzione per terzi, l’export e gli ospedali.

“Oggi il mercato delle farmacie è ab bastanza fermo, risente della crisi generale del commercio al dettaglio – osserva Salviato -. Dove ci sono pro spettive di maggior crescita è nel seg mento degli integratori alimentari, nel quale ci sono ancora margini di crescita”.

Ma quest’anno c’è da pensare anche a festeggiare il secolo di vita. A par te un volume sul centenario, che sta curando lo studio “P&P”, è previsto in primavera un evento culturale aperto alla città che porterà la firma dell’a zienda.

Quello della cultura e quello del lo sport sono mondi ai quali da tem po Sella presta attenzione. Così come quello del sociale: da una quindicina d’anni l’azienda è tra i sostenitori del Cuamm-Medici per l’Africa, la onlus fondata settant’anni fa da un medi co scledense, Francesco Canova, og gi presente nel continente africano con ospedali e medici volontari. “Ogni anno diamo un contributo per realizzare qual che progetto in Africa – ricorda Salviato -. Ricordo ad esempio un pozzo per l’ospe dale di Lui in Sud Sudan, un progetto per l’ospedale di Tosamaganga in Tanzania e da ultimo il sostegno per l’acquisto di at trezzature pediatriche per un ospedale in Mozambico”.

Cultura e solidarietà, senza troppe auto celebrazioni, sono un buon modo per spe gnere cento candeline. ◆

[18] ◆ Economia
Lettera del 1927 di Antonio Sella al Ministero dell’Interno per chiedere l’autorizzazione a continuare l’attività di produzione medicinali Lavorazione dei gonfietti d’orzo negli anni Sessanta Il primo nucleo dell’azienda costruita in via Vicenza nel 1963

Paolini racconta Ulisse ai Millennials

L’attore veneto ha portato a Schio, con due serate in esclusiva in provincia, il suo ultimo lavoro: “Nel tempo degli dei. Il calzolaio di Ulisse”. Un lavoro epico che reinterpreta il viaggio dell’uomo per eccellenza con un linguaggio rivolto ai giovani”.

Il legame che Marco Paolini ha con Schio e con la Fondazione Teatro Ci vico è uno di quelli indissolubili ed è pro prio nella nostra città, all’Astra, che ha scelto di presentare in doppia replica il suo “Nel tempo degli dei. Il calzolaio di Ulisse”. Quelle del 14 e 15 febbraio erano le uniche due date provinciali e il teatro di via Battaglione Val Leogra si è riempito in entrambe le serate. Opera epica, tanto pensata e in gestazione da anni. La drammaturgia, firmata a quattro ma ni da Paolini e Francesco Niccolini, sem bra tradire in parte il testo originale, ma in realtà punta sul dopo trionfo a Itaca, va a raccontare quell’Ulisse che, eliminati i Proci, è ancora costretto a peregrinare, così come aveva profetizzato Tiresia. Un Ulisse vecchio, stanco, che la coppia Pao lini-Niccolini ha voluto attualizzare pun tando tanto sul linguaggio, ricco di riferi menti alla cultura dei Millennials, e sulla

musica dal vivo, anch’essa di sicura pre sa sui giovani a cui, in fondo, è destinata la pièce. Paolini poi non rinuncia a farci re le battute marcando l’accento veneto, perché le radici sono radici; e non rinun cia nemmeno al parallelismo fra i capric ci degli dei e i capricci dei capitalisti: en trambi non sanno guardare con pietà alla gente comune. Il testo è stato affidato alla sapiente regia di Gabriele Vacis, che non conosce sbava ture e va dritta al finale con consumata professionalità. Sei gli interpreti in scena, di cui tre musicisti e una cantante, Saba Anglana. Meravigliosa, semplicemente. Una che da statica ricorda la Dei dei Ser penti di minoica memoria, ma nelle mo venze sinuose e scure riesce a infiltrarsi nella mente dello spettatore portandolo poi, tra acuti da cornacchia e gorgheggi da usignolo, in una dimensione-altra, do ve a essere divinità e misura delle cose è la Donna. Poche volte abbiamo avuto modo di sentire una simile voce e di ammirare

una tale eleganza nei movimenti, tanto da poter affermare che senza di lei lo spetta colo risulterebbe monco. Sa prendersi la scena ma non soverchia, sa incantare ma poi torna al suo posto, sa abbracciare Pao lini-Ulisse con calcolato amore.

Le due ore senza intervallo passano in un lampo, avvolgendo il pubblico anche con scene e luci originali firmate da Roberto Tarasco, da anni con Vacis per aiutarlo a mettere in evidenza passaggi, volti, luoghi da evocare. Un lavoro epico, ”Nel tempo degli dei”, con cui finalmente Paolini ha affrontato, e dato corpo e voce, il viaggio per eccellenza: quello di Ulisse. ◆

La “strana coppia” che reinventa Bach

blico aggiungendo le loro improvvisazio ni, nel pieno rispetto dell’originale, che qui rimbalza arricchito.

Dopo tanti anni di frequentazioni teatral-concertistiche sappiamo che i grandi interpreti si dividono in due macrocategorie: gli inarrivabili e i disponibili, non solo per eventuali intervi ste. Danilo Rea e Ramin Bahrami, all’Astra per “Bach is in the air”, inserito dalla Fondazione in Schio Mu sica, appartengono alla seconda. Per loro però occorre aggiungere la caratteristica dell’umiltà, data la precisa volontà di non esaltare tanto se stessi, quanto un sommo del passato quale appunto Bach, che ha scritto di tutto e di più e di cui Bahrami è uno dei massi mi interpreti a livello mondiale, considerato dalla critica tedesca “un mago del suono e un poeta della tastiera”.

Questo piccolo grande uomo dal sorriso dolcissimo ha accettato di

buon grado un divertissement con Dani lo Rea, vicentino di nascita, artista eclet tico e soprattutto grande jazzista, collabo ratore di Mina, Baglioni, Cocciante, Zero, Morandi, Celentano e tanti altri. I due, sul palco, traducono Bach e lo donano al pub

Il numeroso pubblico presente ha ascol tato una dozzina di brani dimostrando di apprezzarli dal primo all’ultimo; forse è banale citare il più famoso, l’”Aria sulla IV corda”, ma una versione così sarà in dimenticabile per molti. Dopo un’ora di concerto senza il previsto intervallo, i due interpreti hanno concesso un paio di bis e hanno poi lasciato i due piano forti a coda per recarsi veloce mente nel foyer a regalare auto grafi e a parlare col pubblico.

Ah, sapete il perché del tito lo “Bach is in the air”? Perché a Bahrami piace molto “Love is in the air” di Paul Young. Da Bach a Young il passo non è breve, ma testimonia la sensibilità e la cu riosità di un artista cosmopolita, che spazia dal classico al pop. Rea e Bahrami hanno saputo, volan do sulla tastiera, far veramente volare la mente e il cuore di chi li ha ascoltati. ◆ [M.D.Z.]

[20] ◆ Spettacoli
Ramin Bahrami, uno dei massimi interpreti mondiali di Bach, e Da nilo Rea, grande jazzista, hanno incantato all’Astra con un sorpren dente concerto a quattro mani.

Quell’anarchico di Paolo Rossi

Dopo sette anni, il folletto irriverente è tornato a grande richiesta con uno spettacolo capace di divertire e far riflettere, non rinunciando all’improvvisazione.

a sottolineare o ad alleggerire, rendendo ancor più incisivo il lato comico.

Si è visto un bel lavoro, si è riso e riflettu to, si è apprezzato ancora una volta que sto ometto che ora ha un po’ di pancia, ha cambiato l’immancabile copricapo scegliendone uno come il Che o Fidel. A teatro è a casa sua, molto più che in te levisione dove, un paio di giorni dopo, lo abbiamo visto sia al Festival di Sanremo che a “Che tempo che fa” per presentare con altri compagni d’avventura (Massi mo Ghini, Angela Finocchiaro, Christian De Sica e Diego Abatantuono) l’ultima fa tica cinematografica, “La mia banda suo na il pop”.

Ateatro, a Schio, mancava da set te anni, ed è tornato all’Astra a gran richiesta con il suo “Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles”: Paolo Rossi è il solito folletto irriverente che ha fatto del la comicità un’arma potente da rivolgere a destra e a sinistra, senza distinzione. Nel lavoro è una sorta di capocomico di una compagnia tanto sgangherata quanto im prevedibile e capace di improvvisare alla grande: lui, il re, dà l’imbeccata; gli altri raccolgono ogni stimolo per liberare pen sieri e parole.

Sono in nove sulla scena, cinque maschi e quattro femmine; ma è a queste che Paolo Rossi riserva lo spazio maggiore, valoriz zando al massimo la comicità emergen

te delle donne: svampite, atletiche virago, intellettuali frustrate e cantanti pronte a prendersi totalmente la scena liberando quel sense of humour che, ebbene sì, an che le donne hanno, eccome. Di fronte a loro, Paolo Rossi si mette volentieri a lato, senza però mai lasciare le corde da burat tinaio: il testo-canovaccio è e rimane suo, è lui che deve far arrivare i suoi comici a Versailles per mettere in scena una pièce dell’adorato Molière, e li porta a destina zione cercando, paradossalmente, il rigo re nell’improvvisazione, perché è proprio questa che deve permeare le due ore oniri che ed esilaranti, dove si racconta di ieri e di oggi, di potere e libertà, di chi sta dentro e di chi sta fuori dal sistema, di chi recita e di chi vive trasformando la recita in vita e viceversa. La musica dal vivo, poi, aiuta

Cina, fede e scienza, economia: tre incontri al “Dalla Costa”

Il Centro di Cultura “Card. Elia Dalla Costa” ha programmato per il mese di marzo i suoi incontri primaverili.

Giovedì 5, alle 20.30, in Sala Calendoli,Ales sia Amighini, una delle maggiori esperte di Cina del nostro tempo, parlerà delle conseguenze economiche e politiche del la crescita cinese; considerato il momento critico che quel paese, e con esso il mondo intero, sta vivendo, l’incontro risulta par ticolarmente interessante e attuale.

Giovedì 12, alle 20.30, nella Chiesa di S. Francesco, il nuovo abate di Praglia, Ste

fano Visintin, laureato in fisica, tratterà il rapporto difficile tra teologia e scienza moderna.

Sabato 28, alle 17.30, in Sala Calendoli, in contro-convegno con Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa e direttore della Fondazione Pirelli, che parlerà di innovazione, sostenibilità e competitivi tà, valori-base per l’imprenditoria di oggi. Schio ospiterà in questo modo l’antepri ma del “Festival Città Impresa”, che anni fa prese le mosse proprio qui per migrare poi a Vicenza e in altre sedi. ◆ [M.D.Z.]

Ha cercato spesso il gobbo perché non ri cordava le battute, era forse studiatamen te rintronato, ma ha confermato che la sua dimensione naturale è sul palco, do ve è sempre libero e a suo agio, dove sa provocare e inventare, dove si dimostra ampiamente diffidente sull’oggi ma non rimpiange lo ieri e non è manco curioso di conoscere il futuro. Passeggia anarchica mente nel presente facendo però intuire un barlume di speranza nell’umanità.

Si diceva nello scorso numero che mai come quest’anno la Giornata della Me moria è stata celebrata e sentita, tan to che molti scledensi non sono potuti entrare al Civico, gremito per “Infan zia rubata” e per “Il violino della Sho ah”. L’opportunità più grande è stata la testimonianza di un sopravvissuto, Da niel Chanoch, bambino ad Auschwitz, che a Schio ha incontrato, oltre ai citta dini presenti al Civico, centinaia di stu denti, uomini e donne di domani. Preci so, incisivo e commovente, ha lasciato un segno indelebile. Anzi, si è fatto pie tra viva, pietra miliare. E allora – se non dovesse andare in porto l’idea lanciata da questo giornale di attribuire la cit tadinanza onoraria a Liliana Segreperché non proporre Chanoch, che si è adoperato in loco per la Memoria, quel la con la emme maiuscola? C’è per caso qualche inciampo? [M.D.Z.]

[22]◆ Cultura e Spettacoli
Shoah, il segno di Chanoch

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Quei segnali di inciviltà dei soliti idioti

Cercasi personale, ma per fare cosa?

Per almeno un paio di volte, negli ultimi tempi, mi sono imbattuto in questo ben triste spettacolo nel parcheggio o nelle panchine davanti alle scuole Rosmini, in via Rovereto. Rifiuti abbandonati dopo qualche “sitin” serale o notturno di qualche zucca vuota. Sembra proprio che alla maleducazione e all’inciviltà non ci sia mai fine.

R.F.

Situazioni come queste, purtroppo, si incontrano non di rado in giro per la città. Ad esempio, un punto critico dove usano bivaccare gruppetti di per digiorno lasciando il segno del loro sgradito passaggio è il giardinetto di via Trento Trieste che dal parco Donatori di sangue va verso il ponte. Più in generale, i posti più “a rischio” sono là dove ci sono panchine sulle quali sedersi e sbracarsi con adeguato rifornimento di birre. Speriamo che la so luzione non debba arrivare a essere quella di eliminare le panchine. [S.T.]

Negli ultimi tem pi quante volte ab biamo purtroppo osservato le gigan tografie che pieto samente coprivano e coprono vetrine di negozi chiusi, di smessi, abbando nati al degrado in terno ed esterno e quanto Confcom mercio Ascom Schio con l’asso ciazione Cuore di Schio cerchino di far tornare vivo e vitale il centro Cittadino? Che via Capitano Sel la sia finalmente in controtendenza? Parrebbe di sì, sperando sia solo l’inizio. Dal cartello affisso però ancora una volta sembrereb bero non essere rispettate le giuste “quote rosa” (CERCASI PERSO NALE PREFERIBILMENTE MASCHILE). Ma, scusate: cercasi per sonale per fare cosa?

In effetti cartello e negozio spoglio per ristrutturazione offrono scar se informazioni. Che sia un’agenzia di investigazione che sta met tendo alla prova lo spirito di osservazione dei candidati? No, at traverso l’unico indizio fornito - il sito internet – si capisce che si tratterà di un ristorante greco. Attendiamo con curiosità e un tan tino di acquolina in bocca. [S.T.]

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