SchioThieneMese La Piazza 860

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Periodico di informazione dell’A lto Vicentino

anno X n. 94 - novembre 2021

Schio: Il ritorno delle masiere - p.8 ◆ “Giardino e teatro Jacquard possono rinascere così” - p.16 Thiene: Lisa Bonato, campionessa con stile e con Steel - p.18 ◆ Skating, pattini d’argento ai Mondiali - p.30

L’imprenditore che festeggia quando una dipendente diventa mamma Roberto Brazzale, contitolare dell’omonimo gruppo caseario con sede centrale a Zanè, da anni è in prima linea sul tema degli strumenti per incentivare la maternità in azienda. “Restituiamo alle mamme il tempo della prima infanzia dei loro figli, sollevandole da preoccupazioni lavorative – dice. La procreazione deve tornare un momento aureo per i neogenitori e per l’intera società”.


Di mese in mese

C’è futuro per il vecchio “de Lellis”

S

Stefano Tomasoni

i torna a parlare del futuro del vecchio ospedale “de Lellis” di Schio. Intendendo non tanto la cosiddetta “piastra” - che non ha mai smesso di ospitare strutture sanitarie e ambulatori e oggi vive la sua seconda vita come “Casa della Salute” - quanto l’edificio “storico” delle degenze, gli otto piani a forma di “ipsilon” costruiti a metà degli anni Cinquanta, inaugurati nell’ottobre del ‘56 e svuotati di ogni funzione con l’arrivo sulla scena altovicentina del nuovo ospedale di Santorso. L’ipotesi di cui si è parlato in queste ultime settimane sulla stampa locale è quella che il “de Lellis” possa diventare in futuro un polo formativo della sanità di livello veneto. La “Casa della Salute” ospita già da tempo i corsi di laurea in scienze infermieristiche e in fisioterapia dell’ateneo padovano. Ora l’idea, avanzata dal direttore generale dell’Ulss Carlo Bramezza, è appunto quella di spostare a Schio, nell’area dell’ex “de Lel-

SchioThieneMese

Periodico di informazione dell’Alto Vicentino

Supplemento mensile di

Lira&Lira e La Piazza Direttore Stefano Tomasoni Redazione Elia Cucovaz Omar Dal Maso Mirella Dal Zotto Camilla Mantella Grafica e impaginazione Alessandro Berno Per inviare testi e foto: schiothienemese@gmail.com Per le inserzioni pubblicitarie Pubblistudio tel. 0445 575688

Una rara immagine dell’ospedale “de Lellis” in costruzione, a metà anni Cinquanta (Archivio Biblioteca civica)

lis”, anche la Scuola di formazione di sanità pubblica, che forma i medici di medicina generale del Veneto e che attualmente ha sede a Montecchio Precalcino. Per affiancare infine agli spazi per lo studio anche quelli per la residenza, realizzando una sorta di foresteria per i corsisti. Per fare tutto questo ecco che, oltre alla già utilizzata “Casa della Salute”, tornerebbe utile il vecchio ospedale con i piani delle ex degenze. Si creerebbe, in definitiva, quella che lo stesso Bramezza ha definito sulla stampa “una piccola cittadella universitaria”. L’ipotesi è stata commentata con comprensibile interesse un po’ da tutte le forze politiche scledensi, visto che andrebbe a ridare vita all’intera area dell’ex ospedale, non più solo alla piastra. E non c’è dubbio che poter offrire ai futuri fisioterapisti un servizio da “campus” universitario a tutto tondo consentirebbe a Schio di rafforzare il legame instaurato con l’Università di Padova, consolidando la specializzazione della città nell’alta formazione di questa branca delle professioni sanitarie. Il problema di fondo è che si sta parlando di un edificio realizzato quasi settant’anni fa secondo le concezioni dell’edilizia sanitaria di un’epoca lontana, per di più ormai abbandonato da una buona decina d’anni e pertanto inevitabilmente fatiscente e fuori da qualsiasi norma in termini di abitabilità, di impiantistica e ovviamente di antisismicità. Insomma, un edificio ormai segnato in modo profondo dal tempo e dall’abbandono. Un conto è pensare di dare all’intera area del “de Lellis” nuove funzioni e nuovo fu-

turo, incardinandolo da un lato sulla positiva esperienza della “Casa della Salute” e dall’altro sulla realizzazione di nuovi e moderni spazi a uso foresteria per gli studenti del corso di fisioterapia; altro conto è pensare di scommettere tutto sulla ristrutturazione e il recupero di una struttura così ampiamente compromessa. Vorrebbe dire ipotecare il futuro di un’area che avrebbe ben altre potenzialità da esprimere. L’idea di un polo formativo della sanità pubblica è indubbiamente validissima e da sposare in toto, ma a questo punto, visto che si tratterebbe di una struttura importante e di caratura veneta, andrebbe messa in pratica puntando in alto, con un progetto ambizioso e non di piccolo cabotaggio. Dovrebbe diventare l’occasione per dare un colpo di acceleratore a una rinascita complessiva dell’area dell’ex ospedale (che può contare anche su un polmone di verde invidiabile per una struttura medico-sanitaria), prevedendo la demolizione del vecchio monoblocco e la costruzione di spazi moderni e funzionali, realizzati con tutti i crismi dell’edilizia moderna, e quindi con criteri di massima efficienza energetica, sicurezza antisismica, gestione degli spazi. Certo, non è che dall’oggi al domani si possa procedere all’abbattimento di un colosso come l’ex “de Lellis”: ci sono ovviamente paletti autorizzativi e burocratici da superare, analisi costi-benedici da effettuare. Ma se c’è un momento in cui si può pensare a mettere in atto uno scatto di fantasia per ridefinire il futuro di una zona strategica della città (che non a caso a metà del secolo scorso fu scelta per costruire l’ospe-


Di mese in mese dale) e darle un futuro di spessore sovraterritoriale, questo è quel momento. Considerato anche che potrebbero esserci buone prospettive di ottenere le risorse economiche necessarie attraverso i fondi del Pnrr. L’esempio del Faber Box dimostra che quando si mette in campo una buona idea applicata a un’esigenza reale e a una progettualità concreta, i risultati arrivano. Per l’ex “de Lellis” si può fare altrettanto. Abbiamo già avuto modo di dirlo in passato: non senza dispiacere per quello che il vecchio ospedale ha significato per tutti gli scledensi che abbiano più di trent’anni (se non altro perché lì buona parte di loro sono nati e lì probabilmente hanno salutato per l’ultima volta qualche congiunto), siamo dell’idea che qui ci sia da abbattere e da ricostruire. È davvero curioso, a volte, il modo in cui lo spirito del tempo guarda al passato. Negli anni Cinquanta e Sessanta in tutta Italia è stata abbattuta una miriade di edifici storici di pregio per far posto a obbrobri edilizi senza alcun valore estetico, il tutto nel nome della modernità e del rinnovamento da “boom economico”. Oggi quegli obbrobri

Lo Schiocco Chi è l’ultimo? Nel numero scorso abbiamo segnalato l’impossibilità pratica di prenotare una visita medica attraverso i numeri telefonici del Cup dell’Ulss. Anche in seguito il muro della voce registrata è risultato insuperabile, vano ogni tentativo di parlare con un operatore in carne e ossa e di prendere appuntamento. Il 2 novembre s’è provato ad andare direttamente all’ospedale di Santorso, visto che quel giorno riapriva il servizio casse e prenotazioni in presenza, dopo la lunga chiusura da pandemia. Alla zona casse a sono diventati a loro modo “storici” e si fa fatica a concepirne la demolizione per sostituirli con strutture più adatte ai tempi, sicuramente più belle (ci vuole niente), più sicure ed efficienti. Il “de Lellis” non è propriamente un obbrobrio, ma è comunque

metà mattina c’erano almeno 25 persone che attendevano il proprio turno, con il distributore dei numerini rimasto senza carta, la gente che aspettava alla rinfusa e qualcuno che arrivava chiedendo “chi è l’ultimo?” come si faceva una volta nello studio del dottore. Forse, tra reparti in crisi di personale, prenotazioni non prenotabili e rappresentanza politica di peso che nel territorio dell’Ulss è tutta espressa da Bassano, l’ultimo è proprio lui. L’ospedale di Santorso. [S.T.] pienamente figlio del suo tempo. Si può demolire, per liberare finalmente progettualità nuove, da realizzare con tecniche, materiali e tecnologie attuali. Un vecchio ospedale di settant’anni fa non è la Fabbrica Alta. ◆


[4] ◆ Thiene Copertina

Alla Brazzale sono stati adottati i Baby bonus e i congedi parentali prolungati. “Si dovrebbe introdurre subito per legge il congedo parentale fino a 3 anni, indennizzato come nei paesi civili almeno al 30%, con la conservazione del posto di lavoro”.

“F

Omar Dal Maso

are de so testa, e pagare de so scarsea”. A volte il parlar aulico e forbito porta l’interlocutore lontano dal nocciolo della questione. Ed ecco che un vecchio detto in salsa veneta casca a puntino per rendere l’idea di come deve muoversi un imprenditore propenso a innovare, perfino in un campo ”fertile” come nessun altro, quello della procreazione, in contrapposizione al calo demografico galoppante in Italia, da dispiegare sul piano lavorativo in temi cruciali come maternità, congedo parentale, supporto alla genitorialità e via dicendo. Lo sa bene Roberto Brazzale, avvocato, socio e amministratore del gruppo caseario Brazzale, che oggi conta 900 collaboratori equamente distribuiti all’estero e in Veneto, per la stragrande maggioranza nell’Alto Vicentino, con il quartier generale di Zanè e le sedi di Cogollo e Monte di Malo. Brazzale, che l’anno prossimo compirà 60 anni ed è padre di tre figli ormai grandi, non è un imprenditore abituato a dormire sugli allori e da tempo ha spalancato le porte a fronte di un modo nuovo di concepire – attenzione al doppio significato del termine – la venuta al mondo di un bebè. Non più come una questione privata di coppia, ma come un’occasione di giubilo per l’azienda in cui le neomamme e i neopapà sono impiegati. Una festa, appunto. Fatta di telegrammi di felicitazioni e, nel caso di Brazzale Spa, di un assegno da 1.500 euro (lordi) da inquadrare come mensilità aggiuntiva-premio, un gesto concreto leggibile in una sorta di “quindicesima”, giustificata per aver con-

“La maternità non può essere un problema per un’azienda” L’imprenditore Roberto Brazzale, contitolare dell’omonimo gruppo caseario con sede centrale a Zanè, da anni è in prima linea sul tema degli strumenti per incentivare la procreazione tra le dipendenti dell’azienda. “Restituiamo alle mamme il tempo della prima infanzia dei loro figli, sollevandole da preoccupazioni lavorative – dice . La procreazione deve tornare un momento aureo per i neogenitori e per l’intera società”.

tribuito a contrastare il tonfo demografico in atto. “Non è un regalo – tiene a precisare Brazzale – piuttosto un riconoscimento”. Un’iniziativa che in ogni caso appare per certi versi rivoluzionaria, oggetto di attenzioni della stampa nazionale e che nasce da un episodio agli antipodi. E da poco alle dipendenti neo-mamme è stata offerta la possibilità del prolungamento fino a un anno del congedo parentale (oltre a quello di legge). Poco più di 900 km a nord, è la normalità. Anzi, ancora troppo poco. Quale sia stato il punto di partenza lo racconta lo stesso imprenditore, cresciuto tra Zanè e Thiene e l’Altopiano, patria natìa della madre e terra fertile (!) quando si parla di burro, latte e formaggi in genere, “pane quotidiano” nella sua attività. “Proprio qui nel mio ufficio nel 2017 è entrata una nostra dipendente di 29 anni – spiega -. Aveva chiesto lei stessa un collo-

quio urgente. Temevo il peggio, un serio problema di salute. Quando ha varcato la soglia, in viso era più bianca di un foglio di carta. Per farla breve, mi annuncia che aspetta un bambino, con imbarazzo e sensi di colpa. Tutto ciò nel rendermi partecipe della notizia più radiosa che una donna possa custodire. Un assurdo se si va a fondo, e non certo per colpa sua, bensì per una mentalità e un sistema degradato in modo inaccettabile. Ho capito che bisognava fare qualcosa, ho bussato all’ufficio di mio fratello – e socio – e abbiamo deciso di mandare un messaggio forte, come azienda, senza più attendere lo Stato o il sindacato. È nato il Baby bonus, la mensilità aggiuntiva, misura concreta e fortemente simbolica”. Nel 2020 avete concesso 13 bonus (altri 15 a dipendenti degli stabilimenti in Cechia), mentre quest’anno sono già 16 “doppiando” il dato di oltre confine (8). Sorge quindi nella sfera lavorativa questa sensibilità verso la maternità?


Thiene ◆ [5] “Noi nel 2000 abbiamo iniziato a lavorare in Repubblica Ceca e a toccare con mano il sistema in uso lì e nel Centro Europa, che ci ha aperto gli occhi su quanto si può e si deve fare sul tema della tutela della procreazione, partendo da casa propria, o meglio, nel mio caso dalla nostra azienda. All’estero ho visto giovani rientrare sul posto di lavoro fino a 7 anni dopo il parto, mamme con una marcia in più, soddisfatte e serene per il progetto di vita realizzato. È sorprendente come tutta l’attività di impresa possa adattarsi a queste assenze, integrando i sostituti e accogliendo i rientri di chi ha provato la gioia di dare alla luce un figlio. A proposito: la procreazione coinvolge anche i papà, ricordiamocelo, non è detto che spetti solo alla mamma avvalersi di un congedo parentale prolungato”. Si sente una sorta di testimone oculare?

“Vivere quell’esperienza ti spinge a testimoniarla perché quelle pratiche si diffondano anche in Italia. Tutto cambierebbe. Là si vedono mamme e bambini ovunque nei parchi, in strada e nelle piazze, e a tutte le ore del giorno, c’è una sorta di emulazione tra le giovani, un circolo virtuoso. La società è più viva e più bella. Il segreto sta nel preservare il rapporto tra mamma e neonato per la prima infanzia almeno fino ai 3 anni. Gli asili comportano il trauma del distacco, dovrebbero rappresentare solo una soluzione di emergenza, non la regola. La madre è insostituibile nel suo ruolo”. Al di là della singola iniziativa, come quella adottata nella vostra impresa, come si possono traslare qui (e adattare) le buone pratiche altrui?

“Si dovrebbe introdurre subito per legge il congedo parentale fino a 3 anni, indennizzato come nei paesi civili almeno al 30%, con la conservazione del posto di lavoro.

Una libera scelta che porterebbe risparmi in termini di rette di scuole dell’infanzia o di baby sitter. Non tutti si avvalgono di nonni full time. Sembra impossibile, ma solo così si combatte l’abbandono del lavoro da parte delle donne madri, la loro emarginazione e il calo demografico. Ma qui viviamo sotto una dittatura senile. Mi vengono i brividi quando sento parlare di bambini come investimenti necessari per sostenere il sistema pensionistico. Metterla in questi termini è vergognoso”.

Copertina

In passato in altre interviste ha parlato di suicidio demografico. Vale anche oggi questa definizione?

“I numeri parlano da soli: ogni tre morti due nati. Non ho fiducia nei sedicenti esperti che guidano la mano dei governi con palliativi inadeguati come l’assegno unico. Sono in buona fede, ma non hanno capito che il vero obiettivo da perseguire deve essere netto e radicale, cioè che fare figli deve tornare a essere figo”.

Un messaggio alla portata di tutti… Creare le condizioni strutturali perché procreare torni, per così dire, consapevolmente “di moda”.

“Tutto ciò avviene solo se restituiamo alle mamme il tempo della prima infanzia dei loro figli, sollevandole da preoccupazioni lavorative: la procreazione deve tornare un momento aureo per i neogenitori e per l’intera società. Tutto sommato è un tempo breve in una carriera lavorativa, ma preziosissimo. E dopo occorre offrire maggiore elasticità negli orari di lavoro. Su questi temi, legati tra di loro, c’è una latitanza da parte dello Stato e del mondo sindacale, per la mancanza di umiltà di guardare alle esperienze estere che funzionano. Questi provvedimenti devono essere sostenuti dal sistema previdenziale, rappresenterebbe-

ro solo il 3% dell’intera spesa pensionistica. Ma il tema non è solo economico”. Dove andare a parare, quindi?

“Verso una radicale innovazione legislativa, che ne produrrebbe anche una culturale. Non aspettiamoci l’inverso. Ci vuole il coraggio di scelte di rottura, una rivoluzione di bellezza. Oggi il quadro normativo è perfino ostile ai benefici erogati volontariamente a livello aziendale. Noi per realizzare l’allungamento del congedo parentale a nostre spese siamo stati costretti a un escamotage tecnico, per vincere la viscosità del sistema. Quello che si sottovaluta, tuttavia, è il potere che possiedono i datori di lavoro e che manca ai pubblici amministratori e ai politici: possono “fare de so testa, e pagare de so scarsea”. Soddisfatto della risposta in questi tre anni da parte di dirigenti d’azienda vicentini e non? Le hanno chiesto consigli? Ci sono state emulazioni?

In questa foto, Roberto Brazzale insieme con i fratelli, soci dell’azienda. Nelle foto sopra, Brazzale nel suo ambiente di lavoro

“Sì, abbiamo creato il gruppo di confronto ‘Benvenuta Cicogna’, tra imprenditori che hanno introdotto misure a favore della maternità senza aspettare lo Stato. Ognuno ha scelto la propria via, ciascuno in base ai propri mezzi o situazione. Confindustria Vicenza ha raccolto il nostro messaggio e ci ha invitati a trasmetterlo alla recente assemblea dei Giovani industriali. Queste misure devono diventare diritti del lavoratore, non erogazioni liberali. La comunità aziendale onora e festeggia le nuove nascite assieme ai genitori, e si offre a sostegno. Nell’azienda passiamo la maggior parte del nostro tempo: perché non renderlo più bello per tutti?”. ◆


[6] ◆ Schio Attualità “Dovremo capire la situazione sanitaria in divenire e quale sarà la propensione all’acquisto da parte della gente. Un altro Natale sotto tono per il nostro settore sarebbe davvero molto pesante”.

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“Confidiamo nel Natale, ma in giro c’è ancora aria di prudenza” Con Guido Xoccato, presidente del mandamento scledense di Confcommercio, facciamo un primo bilancio di un anno che ha visto sì una certa ripartenza del settore, ma che rimane ricco di incognite.

Stefano Tomasoni

arola d’ordine, resistere. Per il mondo del commercio scledense, che già in tempi normali non se la passava bene, si va a chiudere il secondo anno di pandemia e di forte incertezza. Il 2021 è stato ovviamente migliore del 2020, visto che peggio dell’anno del Grande Lockdown non poteva oggettivamente andare, ma l’obiettivo di gran parte dei negozianti rimane quello di riuscire a “passare la nottata” in attesa di tempi migliori. Con Guido Xoccato, presidente del mandamento scledense di Confcommercio, facciamo un primo bilancio di un anno che ha visto sì una certa ripartenza del settore, alimentata dalla campagna di vaccinazione che ha funzionato meglio che in altri paesi, ma che rimane ricco di incognite. “Con le riaperture era quasi scontato che un rimbalzo ci sarebbe stato, altrimenti la situazione sarebbe stata davvero drammatica – dice -. In ogni caso è stato un rimbalzo po’ a macchia di leopardo: per alcune categorie è stato significativo, per altre meno”.

una relazione e un rapporto fiduciario con il cliente. Solo così riusciremo, alla fine di questa situazione di emergenza, a tornare a una normalità e a una vita più gratificante anche per il nostro settore”.

In questa fase, i commercianti di Schio sono ancora in sofferenza o tutto sommato se la stanno cavando?

meno importante, ritenendo di poter differire una spesa e di dare priorità magari a un fine settimana di vacanza, a qualche cena in più. Le priorità della spesa sono state rimodulate. Poi ha rallentato l’alimentare, ma questo era prevedibile, perché la pandemia ha obbligato tutti per molto tempo a mangiare sempre a casa e dunque ha aumentato la spesa, che poi con le riaperture non poteva che tornare verso la normalità”.

E i settori che hanno sentito meno il rimbalzo quali sono stati?

La pandemia ha reso ancora più pressante la concorrenza di Amazon e del commercio elettronico. Ci sono ricette per il commercio tradizionale, da questo punto di vista?

“Il commercio in generale ha ancora il fiato corto. I consumi sono ripartiti, ma non sono certo arrivati alla situazione pre-Covid, rimane un senso di difficoltà, sofferenza, tribolazione. Innanzitutto, purtroppo, sta tornando la preoccupazione per nuovo aumento della circolazione del virus e la gente si ritrova un’altra volta con qualche perplessità sul prossimo futuro. E poi stiamo anche confrontandoci con un altro problema: la perdita di potere d’acquisto per l’aumento dei prezzi. Qualsiasi cosa oggi costa quel 5-10% più dell’anno scorso, per non parlare dei costi energetici, e la gente fa necessariamente i conti con il portafoglio. C’è, insomma, il rischio di un possibile effetto depressivo, perché l’acquisto è molto legato all’aspetto emotivo: se sei sfiduciato non vai in giro volentieri per negozi. Da ultimo, noi commercianti ci troviamo in grande difficoltà per il problema dell’allungamento dei tempi di consegna delle merci.

“Una situazione più sofferta l’ha vissuta il settore dell’abbigliamento, della calzatura e della pelletteria. Perché il Covid ci ha un po’ abituati a vivere con più distacco questo ambito, arrivando da un anno e mezzo di vita più casalinga, senza più cene eleganti, matrimoni, feste, teatro.. la gente si è abituata a considerare questo comparto

“Dobbiamo diventare sempre più professionali, coccolare i clienti, dare servizi nuovi. Dobbiamo tornare a fare in modo che il cliente si affezioni a un contatto interpersonale con il negoziante. Non compererà? Non importa. Intanto gli si spiega il prodotto e la prossima volta magari farà l’acquisto. Dobbiamo vendere non solo un prodotto, ma

“Confidiamo in un Natale migliore di quello dell’anno scorso, che del resto abbiamo passato chiusi in casa. C’è una certa aria di ottimismo, però c’è anche attenzione e prudenza, perché dovremo capire la situazione sanitaria in divenire e quale sarà la propensione all’acquisto da parte della gente. Un altro Natale sotto tono per il nostro settore sarebbe davvero molto pesante”. ◆

A chi è andata meglio?

“Il mondo della ristorazione e dei pubblici esercizi ha avuto un rimbalzo abbastanza significativo, in particolare nei mesi estivi. Innanzitutto perché era stato tra i settori più colpiti nel 2020, e poi perché la gente aveva voglia di ritrovare socialità e relazioni, e queste le si vive soprattutto nei locali pubblici”.

Il presidente dei Commercianti del mandamento, Guido Xoccato

In questo quadro, il periodo natalizio come si presenta?



[8] ◆ Schio

All’opera durante il corso di formazione per il recupero dei muretti a secco.

Attualità Il recupero di queste strutture rende non solo più armonioso il paesaggio, ma pure più sicuro dal punto di vista del dissesto idrogeologico”.

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Camilla Mantella

Il ritorno delle masiere

apita spesso, passeggiando per le colline del Tretto e di Monte Magrè nelle giornate autunnali, di fermarsi ad Ottimo riscontro per il corso di formazione per il recupero delle masiere ammirare i colori caldi degli alberi e le focollinari e per il relativo bando di finanziamento: un’iniziativa che glie che iniziano a cadere. E capita pure di notare che, in più punti, sono ancora pretestimonia la volontà di rivitalizzare aree a lungo dimenticate. senti delle masiere, muretti a secco spesso molto antichi che, nel passato, hanno perquesto importo, che è raro pure per il conmesso agli abitanti del luogo di rendere abitanti tra il Tretto e Monte Magrè: perlocoltivabili terreni altrimenti in forte penpiù uomini, ma c’è stata anche una presentesto trentino, dove storicamente c’è una grande tradizione di recupero del patrimodenza e, al tempo stesso, offrire dei punti za femminile, e speriamo che le prossime di attraversamento e di collegamento con edizioni possano essere partecipate anche nio montano. Mi auguro che iniziative come strade e sentieri. da altre donne. Ai contributi hanno avuto queste siano un passo verso una maggiore Proprio per tutelare questi muretti a secaccesso 15 persone: 13 immediatamente, 2 attrattività delle nostre colline: alcune mainvece sono già in graduatoria per un prosco, la cui arte di costruzione è stata iscritta siere sono state costruite nel XII secolo ed nel patrimonio immateriale dell’umaniè un peccato vedere come negli anni sono simo finanziamento. I partecipanti al corstate abbandonate. Fino agli anni ’60 le notà dall’Unesco, il Comune di Schio ha proso, infatti, sono perlopiù proprietari di termosso un corso di formazione per il loro reni dove insistono muretti di questo tipo stre colline e montagne erano manutenute recupero in collaborazione con l’associae sono interessati a una loro sistemazione e abitate, ma con l’avvento dell’industriatanto a livello privato che come servizio alzione trentina “Sassi e non Solo”, esperta lizzazione di massa e con le migliori connella protezione e nella valorizzazione dei la comunità, dato che il recupero di queste dizioni di vita offerte dalla pianura nel sepaesaggi terrazzati. E, assieme al corso – testrutture rende non solo più armonioso il condo dopoguerra queste zone si sono pian paesaggio, ma pure più sicuro dal punto di piano spopolate, perdendo servizi e vivendo orico e pratico – ha aperto un bando del vavista del dissesto idrogeologico”. un progressivo isolamento. Oggi al Tretto lore di trentamila euro per il ripristino dei Ogni richiedente poteva ottenere fino ad rimangono un negozio di alimentari e una muretti nelle nostre colline. Tanto il corun massimo di 3000 euro di contributo (100 macelleria come servizi essenziali: abbiamo so quanto il bando hanno riscosso molto euro per ogni metro quadro recuperato) e perso pure l’ufficio postale, che era un punsuccesso, tanto che i fondi sono stati presto ha tempo fino a maggio del prossimo anesauriti e si pensa ad una nuova edizione. to di ritrovo per gli anziani dell’area. Finché “L’interesse è stato davvero elevato - spiega non riusciremo ad attrarre nuovi residenti no per completare il ripristino del muretto Renzo Sella, consigliere comunale delegato sarà difficile riuscire a riportare qui i vecchi per cui si è presentata domanda. alle aree comunali -. Tanto che desideravo servizi: progetti come questo, però, sono se“L’associazione “Sassi e non solo” che ha teanch’io poter essere tra i partecipanti ma i nuto il corso - prosegue Sella - è stata davgno di uno sforzo continuo per mettere in posti si sono esauriti davvero in fretta. L’isicurezza il territorio, renderlo piacevole, revero colpita dall’iniziativa e dal fatto che la si è sostenuta anche con un contributo di dea del recupero dei terrazzamenti viene sponsabilizzarne gli abitanti rimasti dando dal Cai di Schio e sicuraloro degli strumenti per prendersene cura”. mente è un’idea vincenL’adesione entusiastica te: avevamo già fatto un a iniziative come quelprimo corso teorico nel 2019 che aveva destato la del recupero delle un certo interesse, ma masiere è testimonianstavolta, grazie anche za di un territorio che all’insegnamento pratinon solo resiste al totale spopolamento, ma che si co e alla possibilità di acimpegna per invertire la cedere ai finanziamenti rotta e creare occasioni del bando, la risposta è di incontro, formazione stata davvero consideree valorizzazione del convole. Al corso hanno preso parte 24 persone, tutte Foto di gruppo dei partecipanti al corso testo locale. ◆



[10] ◆ Schio Attualità

Foto: Guido Rampon

La piazza intitolata ai due magistrati uccisi dalla mafia ha una sua identità poliedrica e multietnica, per quanto a volte discutibile. Poi a volte succede che si esageri e che la cosa degeneri.

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Stefano Tomasoni

accordo che Piazza Falcone Borsellino è sempre stata uno spazio dinamico e multietnico, più che una piazza nel senso tradizionale del termine. Un’area popolata da bambini che corrono, ragazzi che giocano, gruppi (non sempre raccomandabili) e famiglie di vario genere. Ne è venuta fuori un’area un po’ particolare, con questa sua caratteristica di parco giochi più che di piazza. Vabbè, ci può stare. Non che Schio sia ricca di piazze vere, visto che due sono parcheggi e piazza Rossi è comunque tagliata a metà dal traffico veicolare, comunque la Falcone Borsellino ha una sua identità, per quanto a volte discutibile. Poi però succede che si esageri e che la cosa degeneri. Già è successo qualche anno fa che sia stato necessario presidiare la piazza ogni giorno, dal tardo pomeriggio a sera inoltrata, con una pattuglia fissa della polizia locale per allontanare qualche banda di balordi che si erano resi protagonisti di atti di vandalismo o di pesante disturbo nei confronti di qualche passante. Ora quella deriva sembra superata. Il problema sembra più che altro riguardare alcuni comportamenti poco decorosi e pratiche inadatte al luogo. Come quando capita di vedere famiglie che, senza farsi il minimo problema, occu-

Serve più decoro in Piazza Falcone Borsellino La fontana usata come panchina e i bambini di bronzo come appoggiaborse, palloni che volano ad altezza d’uomo rischiando di beccare in testa i passanti… La piazza è spesso maltrattata e usata in modo inappropriato. Forse è ora di mettere qualche divieto (facendolo poi rispettare). pano tutta intera la fontana con la scultura dei bambini di bronzo come fosse una comoda panchina su cui sedere e da cui controllare i pargoli che giocano tutt’intorno. S’è visto anche arrivare al colmo di usare il bambino di bronzo con il libro aperto per appoggiarci il borsone. Oppure come quando capita di attraversare la piazza e di vedersi improvvisamente sfrecciare davanti, a un metro e ad altezza viso, un pallone da calcio fuori controllo tirato da un gruppetto di bambini che usano la piazza come campetto da calcio. Roba che se il pallone ti becca ti può rompere un occhio, al che ti resterebbe da capire se devi far causa al Comune o ai genitori dei marmocchi, a individuarli. Ecco no, così non ci siamo più. Serve fare qualcosa per restituire decoro alla piazza e togliere di mezzo i comportamenti che la fanno assomigliare a un parco giochi. Senza arrivare a ripristinare il presidio della pattuglia fissa, servirebbe comunque far capire che c’è un limite all’uso e all’abuso, cominciando col mettere un divieto di giocare a pallone e di usare le sculture e i monumenti come zone di relax. Altrimenti il declassamento da piazza a spiazzo può essere breve. E “Spiazzo Falcone Borsellino”, francamente, non farebbe onore ai due eroi dello Stato. ◆

Sei video-pillole per promuovere Schio La Fabbrica Alta, il Giardino Jacquard, il Santuario di Santa Bakhita, il museo dei treni in miniatura, Antonio Caregaro Negrin e il pittore Francesco Verla. Sono questi i sei protagonisti di altrettante video-pillole di promozione turistica della città, realizzate nell’ambito del progetto del Distretto del Commercio dall’associazione Cuore di Schio con la collaborazione del Comune e Ascom Confcommercio. I video, pubblicati on line, hanno una struttura leggera e non esaustiva, avendo lo scopo di incuriosire, invitando lo spettatore a visitare di persona per approfondire la storia di luoghi e personaggi. Le video pillole sono state realizzate da Diskos, scuola scledense di grafica comunicazione e digital design, affidando la regia a Corrado Ceron, regista vicentino. A prestare il volto per accompagnare le immagini e descrivere luoghi e personaggi scledensi sono stati scelti Luca Fabrello e Carla Urban.



[12] ◆ Schio Attualità

«Nel 2020 il blocco dei concorsi deciso per abbattere i contagi ha portato a non poter sostituire le posizioni rimaste scoperte – dice il sindaco Valter Orsi -. Quest’anno il Comune si è trovato pesantemente vincolato ad assumere nuove persone per riportare l’organico ai livelli pre-pandemia e potenziare i servizi più sotto pressione».

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Elia Cucovaz

ra le molte abitudini che la pandemia ha contribuito a modificare c’è anche il rapporto con la pubblica amministrazione. Fino a due anni fa, per avvalersi dei servizi comunali, per esempio, il pensiero spontaneo per la maggior parte dei cittadini di Schio era quello di presentarsi di persona al relativo sportello, con un fascicolo di carte già pronto in mano, attendendo in coda il proprio turno per presentare la richiesta al funzionario. Venti mesi di restrizioni, tra lockdown, smart working e disposizioni emergenziali, hanno modificato profondamente queste consuetudini. Oggi a Schio i principali sportelli comunali sono accessibili solo su appuntamento, da fissare telefonicamente (allo 0445 691242, attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13, anche per richieste di informazioni), oppure online sull’apposita piattaforma (accessibile tramite registrazione all’indirizzo: webapps.altovicentino.it/agenda_servizi_sch/). Senza contare che, come indicato all’esterno di numerosi edifici pubblici, in ottemperanza ai vari Dpcm, gli uffici sono aperti “solo per pratiche necessarie e urgenti” e comunque a un numero ridotto di persone per volta in ottemperanza al distanziamento sociale.

Sportelli su appuntamento

Foto: Edoardo Peretto

La pandemia ha modificato anche il rapporto con la pubblica amministrazione. Oggi a Schio i principali sportelli comunali sono accessibili solo su appuntamento e sono aperti “solo per pratiche necessarie e urgenti”. Una modalità che magari ha contribuito alla modernizzazione della PA, ma gli ha anche fatto perdere molto in termini di semplicità e rapporto diretto.

La pandemia, insomma, ha portato anche gli scledensi a fare i conti con un modo molto diverso di relazionarsi con la pubblica amministrazione. Una modalità che da un lato, forse, ha fatto guadagnare qualcosa al sistema in termini di ordine, ma dall’altro gli ha fatto perdere molto in termini di semplicità. Specialmente per chi non ha familiarità con gli strumenti tecnologici. Se a questo si uniscono le lungaggini dovute allo stato di emergenza e le inevitabi-

li farraginosità di un sistema avviato d’urgenza, potrebbe essercene abbastanza per far rimpiangere - e chi l’avrebbe mai detto? - le care vecchie code agli sportelli...

Enti pubblici sempre più digitali Sia come sia, è certo che questi anni di emergenza hanno impresso anche un’accelerazione alla modernizzazione dei servizi locali. Un’amministrazione pubblica sempre più accessibile anche attraverso i canali digitali può in effetti tornare a vantaggio di tutti i cittadini (a patto di imparare a utilizzarli, s’intende). Abbiamo parlato di tutti questi argomenti con il sindaco Valter Orsi, che se da una parte non nasconde le difficoltà oggettive, dall’altro mette in risalto anche gli sforzi in atto per cercare di mutare questa crisi in opportunità.


Schio ◆ [13] «Sicuramente alcune problematiche si sono verificate - spiega il primo cittadino Tuttavia va detto che non sono da imputare a una mancanza di buona volontà da parte della struttura comunale, ma a una serie di circostanze che si sono unite a quelle ben note dell’emergenza sanitaria». Uno dei fronti critici è stato senza dubbio quello legato al superbonus 110% per le riqualificazioni edilizie. «Questo incentivo ha determinato, non solo a Schio, un carico di lavoro spropositato. Gli uffici hanno dovuto far fronte a oltre 900 richieste di accesso agli atti, più del doppio rispetto alla norma». I tempi di risposta ne hanno risentito, arrivando, come conferma lo stesso Orsi, a punte di 120 giorni. «Come amministrazione abbiamo potenziato gli uffici per quanto possibile, arrivando oggi a dare risposte mediamente in 60 giorni, in linea con la media provinciale». Tuttavia proprio la necessità di rinforzare la struttura per far fronte a queste nuove esigenze - e in generale a tutti gli impegni extra per l’amministrazione locale indotti dell’emergenza sanitaria - si è scontrata con un classico cortocircuito della burocrazia nazionale. «La legge di stabilità 2019 - spiega il sindaco - ha introdotto una norma che impone a tutti gli enti locali, siano essi “virtuosi” come Schio o meno, di non superare per le spese di personale il tetto dell’anno precedente». Poi è arrivato il Covid. «Nel 2020 il blocco dei concorsi deciso per abbattere i contagi ha portato a non poter sostituire le posizioni che, fisiologicamente, sono rimaste scoperte, con una conseguente diminuzione delle spese per i dipendenti. Quindi quest’anno il Comune si è trovato pesantemente vincolato ad assumere nuove persone per riportare l’organico ai livelli pre-pandemia e potenziare i servizi più sotto pressione».

Smart working contenuto al 15% A questo si aggiunge un altro portato del Covid che, a livello nazionale, ha fatto lamentare un generalizzato calo dell’efficienza della macchina amministrativa: il ricorso allo smart working per i dipendenti pubblici. Una condizione che, come rileva lo stesso Orsi, non è la stessa cosa del lavoro in presenza «in quanto alcune pratiche si possono gestire, ma altre no, o più difficilmente. E inoltre viene a mancare del tutto il contatto con il cittadino». Secondo il sindaco, tuttavia, questa circostanza ha toccato Schio solo in parte. «Anche nei momenti di massima allerta, nel nostro Comune si sono toccate punte del 12-15% grazie alle turnazioni e alla riorganizzazione tempestiva degli spazi».

Oggi, in ogni caso, come da disposizioni ministeriali i dipendenti comunali sono rientrati normalmente in struttura. «Visti i tempi di incertezza, comunque continua Orsi -, vincendo un bando regionale abbiamo fatto in modo di coinvolgere circa la metà dei dipendenti, tra cui dirigenti e capi servizio, in un corso specifico per il lavoro a distanza, per mantenere alta la produttività qualora in futuro si dovesse ricorrere nuovamente a questa modalità». Rispetto al lavoro degli sportelli, in ogni caso, il primo cittadino esprime soddisfazione per il livello di servizio mantenuto. «Per citare quello più utilizzato, lo sportello Qui Cittadino registra ogni giorno circa 170 accessi: circa lo stesso livello che in passato. Oggi però non sono più solo in presenza, ma anche telefonici e online». E senza variazioni nei tempi di evasione delle pratiche rispetto ai tempi ante covid. Il front office di piazza Statuto detiene inoltre un primato, per quanto “ufficioso”: con le sue 26 ore di apertura settimanale (tutte le mattine, dal lunedì al venerdì e i pomeriggi di lunedì e giovedì), pare essere lo sportello comunale con il maggior numero di ore di apertura al pubblico di tutta la provincia. Ogni giorno ci sono minimo 2 operatori che rispondono al telefono per gli appuntamenti o le richieste di informazione. Per pratiche urgenti, chiamando, si può fissare un incontro anche in giornata. Molte richieste, poi, possono essere inoltrate a mezzo email (richieste di certificazioni, cambio di residenza, ecc). Inoltre è attivo il servizio di rilascio automatico dei certificati anagrafici e di stato civile (tramite il sito schio-online. altovicentino.it accessibile con SPID o carta di identità elettronica).

Il digitale al servizio dei… servizi «Non è possibile, per ora - continua il sindaco - ridurre il livello di cautela per l’accesso ai vari sportelli e uffici in quanto, nonostante a Schio i dati ci dicono esserci attualmente un livello minimo di circolazione del virus, la prudenza ci impone di tutelare quanto più possibile il personale, per evitare una paralisi delle strutture comunali. Anche perché la città ha bisogno di uffici in piena efficienza non solo per l’ordinaria amministrazione e per fornire i servizi al cittadino, ma oggi più che mai per cogliere le opportunità che, dopo anni oggettivamente difficili, si stanno dischiudendo». Il riferimento, per nulla velato, è al PNRR, il piano nazionale di ripresa finanziato dall’Europa che potrebbe permettere di imprimere l’impulso decisivo per la realizzazione di tanti progetti già avviati. «Parlando di sportelli e di servizi al citta-

Attualità dino - scende in concreto Orsi - due esempi sono il completamento del SIT (Servizio Informativo Territoriale) e la digitalizzazione degli archivi comunali, che permetteranno un accesso capillare e immediato per tutti i cittadini ai documenti della PA di cui hanno bisogno. A questo si affianca, per fare un altro esempio, il completamento della cablatura in fibra ottica del territorio comunale, per garantire a tutti un accesso adeguato alla rete». Ci sono inoltre progetti meno tecnologici, ma altrettanto utili alla cittadinanza, come il miglioramento sismico degli edifici comunali, l’assetto idrogeologico del territorio, il rinnovamento degli ecocentri… Tanti progetti già pronti nel cassetto che potrebbero rientrare nelle linee di finanziamento del PNRR. «Oltre ad affrontare l’emergenza – conclude Orsi - come amministrazione e come città abbiamo il dovere di guardare avanti». ◆

Lo Schiocco Perché il centro è chiuso?

Ci sono dubbi sulla motivazione della chiusura al traffico indicata dal cartello? Non sarebbe più opportuno scrivere “Mercoledì e sabato o altri giorni di mercato centro chiuso dalle 6.30 alle 15” o, ancor più semplicemente, “Centro chiuso per mercato dalle 6.30 alle 15”? “Repetita juvant”, dicevano i latini. “Continuata seccant”, aggiungiamo noi maccheronicamente. [M.D.Z.]




[16] ◆ Schio Attualità

Un’immagine del Giardino Jacquard. A lato, Maria Stella Schiavo la studentessa autrice dello studio sui possibili utilizzi futuri del complesso

“Giardino e teatro Jacquard possono rinascere così” Ma una volta che il recupero del Giardino Jacquard e del teatro sarà realtà, come si valorizzerà il tutto rendendolo utilizzabile per gli scledensi e attraente per potenziali turisti? A rispondere a questa domanda ci ha provato Maria Stella Schiavo, studentessa scledense di economia e gestione delle attività culturali all’Università di Venezia, che ha immaginato le possibili funzioni e destinazioni future del complesso rossiano.

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Stefano Tomasoni

l giardino e il teatro Jacquard stanno vivendo una seconda vita. Rimasto chiuso e senza futuro per decenni, anche per l’impossibilità di poter metterci mano da parte dell’amministrazione comunale finché non ne è diventata proprietaria, il complesso è ora al centro di un ritrovato interesse che ha portato a un progetto di restauro seguito dall’arch. Luisa Benedini. In questi ultimi anni cicli di visite guidate e aperture (seppur limitate) al pubblico lo hanno fatto riscoprire agli stessi scledensi, molti dei quali non erano mai nemmeno entrati al di là della cancellata in faccia alla Fabbrica Alta. Proprio in occasione di queste visite è stata una sorpresa salire al “belvedere” del giardino e vedere il centro città da un punto di osservazione inedito, rendendosi conto delle potenzialità inespresse di questo scrigno sia architettonico che ambientale e naturalistico.

E un punto di vista nuovo e fresco è anche quello con cui lo Jacquard è stato guardato da una giovane scledense, Maria Stella Schiavo, studentessa al terzo anno di economia e gestione delle arti e delle attività culturali all’Università di Venezia, che nell’ambito dei propri studi di conservazione dei beni culturali a indirizzo economico ha prodotto un progetto sul Giardi-

“Credo che fondamentale sia la ristrutturazione del teatro e della Casa del custode. Se si riportano in vita questi due spazi, il resto verrà probabilmente da sé. Sono i due elementi che danno il là a tutto”.

no Jacquard immaginandone le possibili funzioni e destinazioni future, una volta terminata la fase di restauro e recupero. Un lavoro che è arrivato fino alla scrivania del sindaco Valter Orsi e dell’arch. Benedini, tanto che entrambi hanno ricevuto la studentessa in municipio non soltanto per congratularsi, ma anche per approfondire i contenuti dello studio e coglierne gli spunti più interessanti da tenere in considerazione per le future politiche di valorizzazione dell’area. Maria Stella Schiavo, come è nata l’idea di stendere un progetto di valorizzazione del complesso Jacquard?

“È un progetto che ho fatto per un corso di conservazione e gestione seguito all’università. Il professore ci aveva presentato la Fondazione Hruby, che si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio del paesaggio, e che aveva proposto un progetto chiamato “Un capolavoro chiamato Italia” rivolto a studenti che volessero pensare a un progetto di valorizzazione di un bene poco noto. Io ho deciso di puntare sul giardino Jacquard, mettendo giù alcune idee e proposte. La Fondazione ha selezionato i sei lavori che sono piaciuti di più, tra questi anche il mio”. Quali sono, in sintesi, i punti forti del suo progetto, quelli su cui ha concentrato l’attezione?

“Credo che uno degli aspetti più importanti da valorizzare nel contesto dello Jacquard sia quello dell’accessibilità, per permettere a


Schio ◆ [17] Attualità bambini, e anche dirigenti, per creare delle installazioni multimediali e adibire lo spazio della Casa del custode alla ricostruzione della storia della Schio industriale ottocentesca attraverso le parole di coloro che ne hanno fatto parte all’epoca”. Tra le varie progettualità e idee messe in campo, ce n’è una alla quale, se dipendesse da lei, darebbe la priorità?

“Credo che la cosa più importante è proprio la ristrutturazione del teatro e della Casa del custode. Se si riesce a riportare in vita questi due spazi, il resto verrebbe probabilmente da sé. Sono i due elementi che danno il là a tutto. Due strutture molto ampie e spaziose che potrebbero esprimere grandi potenzialità”.

Certo è che il restauro in corso e le idee che emergono dal suo progetto presuppongono che poi il giardino possa essere visitabile sempre, non in poche occasioni come succede ora...

tutti di godere del bene. Il giardino è tardoromantico, con scalinate e grotte, ho pensato allora ad esempio a un percorso di visita personalizzato per un certo target di pubblico, come nei musei si fanno visite ad hoc per i bambini o per gli anziani. Le tecnologie oggi possono aiutare l’accessibilità per le persone con livelli di disabilità fisica ma anche cognitiva. Se il visitatore che ha delle disabilità non può salire al Belvedere del giardino, può intervenire la tecnologia attraverso la predisposizione di uno spazio multimediale che, magari all’interno degli spazi del teatro, vada a ricreare il giardino, consentendo a tutti di apprezzarlo, anche se in modo diverso. Si possono trovare soluzioni per far sì che chiunque possa visitare il luogo, anche una famiglia con una carrozzina. Un altro aspetto da non trascurare è la connessione tra patrimonio culturale e turismo: il giardino Jacquard può diventare un esempio di turismo basato su un’esperienza che mira a cogliere le particolarità del luogo e della comunità locale. L’idea è quella di mettere in connessione il giardino con l’esperienza data dai prodotti enogastronomici tipici della città, aprendo un piccolo spazio per la vendita e la degustazione”. Propone, in definitiva, di lavorare sui possibili collegamenti tra il giardino e la città, in modo che non resti un “gioiellino” isolato da tutto?

“Sì. E affinché il giardino possa diventare un luogo vivo nel centro della città è necessario ripensare il percorso già esistente di archeologia industriale, in modo che il visitatore possa essere più invogliato a intraprenderlo, visto che una tappa è proprio lo Jacquard. Sarebbe utile recuperare

degli spazi già presenti e inutilizzati nelle vie del centro in cui creare dei luoghi riservati a workshop o eventi legati al business, all’esposizione o all’educazione. Si potrebbero creare alcuni stand gastronomici o delle tradizioni scledensi distribuiti nei punti salienti del percorso, tra cui anche il giardino”. Due spazi che sono parte integrante del complesso Jacquard sono il teatro e la “Casa del custode”. Che tipo di interventi si potrebbero pensare, da questo punto di vista?

“Nel teatro, una volta ristrutturato completamente, si potrebbe ricavare spazio per ricostruire virtualmente, con l’aiuto della tecnologia audiovisiva, alcuni interni dei luoghi della produzione della lana o delle abitazioni, per rivivere la vita dei lavoratori anche nei momenti di svago, come le passeggiate nel giardino, realizzando un vero e proprio viaggio nel passato. Il visitatore si sentirebbe così inserito nel contesto ottocentesco per assaporare quasi dal vero la vita di un lavoratore di Alessandro Rossi. Un’altra parte del teatro può essere utilizzata per servizi: un bar, una sala relax, uno spazio dedicato ai souvenir. Si potrebbe inoltre adibire una parte della struttura con un palco per eventi, cerimonie ma anche rappresentazioni sia teatrali che cinematografiche aperte alla cittadinanza. Per la Casa del custode l’idea sarebbe quella di impiegare dei fondi comunali o creare un’iniziativa di fundraising per ottenere finanziamenti che consentano la ristrutturazione della struttura. Una volta fatta, si potrebbero recuperare tra gli archivi della biblioteca civica delle testimonianze dell’epoca di lavoratori e lavoratrici, bambine e

“Sì, dopo aver cercato di utilizzare tutte le risorse migliori per ridare vita a un giardino, l’obiettivo dovrebbe essere quello di riuscire a mantenerlo aperto quotidianamente, in modo che la comunità possa utilizzarlo per il suo scopo, ovvero quello di godere dei suoi spazi per letture, giochi e riposo”. ◆

Lo Schiocco Abbiamo visto cose che voi umani… “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E ho visto una donna in bicicletta sfrecciare sulle strisce pedonali (e non ciclabili) alla rotonda tra via Pista dei Veneti e viale Europa unita a Schio, senza nemmeno buttare l’occhio per vedere se stessero arrivando auto, impegnata in conversazione con il cellulare stretto tra la testa piegata e la spalla alzata”. Ce la siamo immaginata così, una possibile edizione aggiornata della frase cult del replicante di Blade Runner, dopo aver visto all’opera la ciclista in questione. “Ma anche questo momento - concluderebbe il replicante Roy - andrà perduto nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di mettersi le mani sui capelli”. [S.T.]


[18] ◆ Thiene Attualità “Il potenziale che può avere un cane se gli viene data fiducia è pazzesco – dice Lisa Bonato -. Se ascolta le indicazioni si adatta in gara sia che si corra in carrello che in bici”.

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Omar Dal Maso

isa & Steel, storia di un patto… d’acciaio. Quando segue la coda fluente di uno dei suoi splendidi cani di razza siberian husky lei è praticamente imbattibile. Lisa Bonato, la musher – termine tecnico con cui di solito si indicano i conduttori di cani da slitta – di Zanè trapiantata in Altopiano sia per motivi di lavoro che per “annusare” la neve a portata di mano in inverno, si è aggiudicata il campionato italiano nella specialità del bikejoring. Vale a dire la competizione in mountain bike tra i colori suggestivi dell’autunno con il traino di un cane. Il suo si chiama Steel, nato poco meno di tre anni fa, alle prime gare in una specialità che affianca il più conosciuto sleddog, la corsa con i cani nordici da slitta, ma anche il canicross, lo skyjoring o il dryland kart per sbizzarrirsi come si vuole, a patto di avere al fianco il fido amico a quattro zampe. Proprio il bikejoring sta prendendo piede, anzi, piede e zampa, a livello nazionale, con ben 107 coppie di atleti bipedi e quadrupedi al via nella tappa di Vermiglio, sotto il Passo del Tonale celebre per le imprese ciclistiche al Giro d’Italia. Nella sezione femminile Lisa Bonato e uno dei suoi husky sono stati i più bravi. Nella gara sprint di 4 km, da ripetere in due prove, non è sfuggito alla 29enne il gradino più alto del podio. Lei con il sorriso stampato sul viso, lui con la lingua a penzoloni pregustando il meritato premio che lo attendeva, ben più gustoso di una medaglia. La coppia si è cimentata in un tracciato tecnico e impegnativo con due salite importanti allestite su un “pista aperta”. vale a dire dove gli animali intenti a gareggiare “si vedono”, con reazioni istintive annesse, accrescendo la difficoltà di portare a termine il percorsoe il valore specifico del rapporto conduttore/cane. Alla prima manche la ragazza dagli occhi scuri e il cucciolone dagli occhi di ghiaccio hanno racimolato margini risicati di 3” e 8” sulle seconde e sulle terze coppie, mentre nel bis è incrementato il vantag-

Lisa, campionessa con stile e con Steel

Lisa Bonato, giovane zanediense (ora residente sull’Altopiano) conduttrice di cani da slitta, si è aggiudicata il campionato italiano femminile nella disciplina del bokejoring, guidata dal suo siberian husky Steel, all’esordio in gara di coppia. gio. Basti pensare che il siberian husky “al galoppo” è arrivato a viaggiare a 35 km/h nella tappa organizzata dalla Fidasc, affiliata al Coni. “Steel è un cane che ha tanta forza ma che tende a distrarsi, di solito lui sta dietro nel gruppo ma sta imparando ad eseguire i comandi – spiega Lisa Bonato -. Portarlo in questa disciplina con lui come traino davanti è stata un po’ una scommessa, ora posso dire di aver puntato sul cane giusto. Mi ha sorpreso tantissimo, è stato impeccabile come se avesse sempre corso da solo.

Il potenziale che può avere un cane se gli viene data fiducia è pazzesco, posso tranquillamente dire che in questo periodo era molto più allenato di me”. Ora siamo infatti all’inizio della stagione sportiva vera e propria, visto che i cani nordici si allenano con temperature sotto i 15°. Esordio, per l’occasione, anche per altri due cuccioli nati lo scorso anno nella nidiata di ben 9 cani di Lisa, per iniziare a saggiare le loro abilità future. Steel, abituato più alle grandi distanze, tonico e ben allenato, a marzo con la sua fida padrona ha partecipato a una... sfida da 115 km in tre tappe. Dovendo fare i conti con il lavoro di tecnico di laboratorio all’ospedale di Asiago di Lisa, oltre agli studi che impegnano parecchio la “mamma” della colonia canina nordica, curare tutti questi animali e trovare il tempo per tutto non è facile. Quello che rimane? “Lo dedico alle camminate in montagna, lasciandoli liberi dove è possibile e cercando di creare con loro un rapporto di fiducia: se il cane ascolta le indicazioni si adatta in gara sia che si corra in carrello che in bici. Cerco di instaurarlo fin da piccoli, anche con Steel è stato così”. Il prossimo sprint? “Mi sarebbe piaciuto anche andare a fare l’Europeo di Germania proprio con lui, ma adesso è tempo di pensare a lavoro e università”. ◆



[20] ◆ Schio Il personaggio “Mi manca il mare del marinaio, vasto e aperto. Ma quando per la prima volta sono arrivato sopra il Rifugio Papa ho scoperto che il mare e l’alta montagna non sono poi così diversi, perché in mare e sulle cime scopri quanto l’uomo sia piccolo di fronte all’assoluto”.

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Camilla Mantella

ome ufficiale di carriera della Marina Militare si è trovato a gestire, nel 1992, i primi sbarchi clandestini quando in Italia l’immigrazione era ancora un fenomeno sconosciuto ai più. In trent’anni di attività ha svolto servizio lungo tutta la penisola, con tappe importanti a Savona, Roma, Catania e Siracusa. Primo Comandante del Porto di Pozzallo, all’indomani degli attentati a Falcone e Borsellino, ha vissuto dal di dentro i grandi cambiamenti del mondo militare, dalla fine della leva con la professionalizzazione delle Forze armate all’ingresso delle donne, portando sempre con sé un grande amore nei confronti del mare, un grande rispetto per le istituzioni e una dedizione profonda alla sua attività. Lui è Massimo Di Raimondo e, oggi che è un ex ufficiale, vive a Schio con la famiglia: la moglie Lucia Monaco è titolare della farmacia di Giavenale. Un ex militare di professione, appartenente alla Marina, a Schio: in una città legata agli alpini, la sua storia sarà sicuramente diversa rispetto a quelle a cui siamo abituati.

“A dire la verità, quando sono arrivato a Schio nel 2014, al seguito di mia moglie, mi sono trovato di fronte a una realtà che ha un legame forte con la Marina. È vero che la città è lontana dal mare, ma c’è un buon numero di scledensi che ha adempiuto all’obbligo della leva militare proprio in Marina e che conserva un forte spirito di gruppo, tanto da aver dato vita a una sezione dell’Associazione Marinai in congedo di cui ora sono presidente. Approfondendo meglio la storia locale mi sono reso conto che non è poi una cosa così sorprendente: la destinazione di un mili-

Una vita nella Marina Come ufficiale di carriera della Marina Militare, Massimo Di Raimondo si è trovato a gestire, nel 1992, i primi sbarchi clandestini quando in Italia l’immigrazione era ancora un fenomeno sconosciuto ai più. In congedo, da sette anni si è trasferito dalla Sicilia a Schio con la famiglia (la moglie è titolare della farmacia di Giavenale). “Qui ci sentiamo veramente di casa”.

tare di leva a una Forza Armata piuttosto che a un’altra avveniva in base a precisi requisiti come le attività professionali, per cui in Marina si trovavano pescatori, marittimi, ma pure operai che lavoravano per aziende fornitrici della Marina. A Schio esistevano ed esistono realtà industriali, ad esempio la De Pretto, che producevano pezzi come eliche e turbine per le navi e per questo motivo i giovani operai venivano destinati a prestare servizio militare in Marina piuttosto che in Esercito.

E lei come è arrivato in Marina Militare?

“Ho scelto il mare molto presto. Sono originario di Siracusa, città marinara e importante emporio marittimo sin dall’antichità. Ho svolto gli studi liceali presso il Collegio Navale della Marina Militare “Francesco Morosini” di Venezia, quindi la laurea con lode in Filosofia e l’Accademia Navale di Livorno per diventare Ufficiale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera. Nelle Forze Armate la formazione, anche e soprattutto degli ufficiali, è continua:


Schio ◆ [21] ho conseguito specializzazioni in lotta agli inquinamenti marini, nella difesa delle installazioni militari, nel controllo navale del traffico mercantile, in materia di sicurezza del lavoro e frequentato l’Istituto di Guerra Marittima (la scuola di guerra della Marina) dove, nonostante il nome, le materie predominanti sono politica e diritto internazionali, logistica, strategia. Diverse le destinazioni di servizio che negli anni mi hanno portato a ricoprire ruoli sempre diversi in giro per l’Italia. Nei vari spostamenti sono sempre stato sostenuto da mia moglie e dalle figlie: la professione militare richiede grande impegno e sacrificio anche alla famiglia. Mi sono dimesso nel 2011, proprio per poter dare più spazio agli affetti, al desiderio di stabilità e alle ambizioni e desideri dei miei cari. Ormai siamo ben integrati nel tessuto scledense e ci sentiamo veramente a casa qui”.

Qual è il momento della sua carriera che ricorda con più piacere?

“Tutti i trasferimenti vissuti sono stati importanti, ma devo dire che quando sono stato destinato a Pozzallo si è aperto un triennio davvero eccezionale.Avevo prestato servizio alla Capitaneria di Porto di Savona, avrei desiderato una destinazione in Liguria ma fui destinato a Pozzallo, in provincia di Ragusa. Era il 1992, andavo a fare il comandante di un porto in costruzione, in un’isola che aveva appena vissuto il trauma degli attentati a Falcone e Borsellino, in un momento assai difficile: si era in guerra con la mafia, dappertutto posti di blocco, l’esercito a presidiare il territorio, leggevi lo sgomento sui volti delle persone, eppure fin dal primo giorno ho percepito fortissima nella gente l’esigenza di avere lo Stato vicino, presente. Capivi la voglia di riscatto, il non voler arrendersi alla tracotanUn bilancio della sua espeza mafiosa: le istituzioni, e io rappresentavo l’Amminirienza in Marina? “L’esperienza che ho visstrazione Marittima nella provincia ragusana, erano suto è stata assolutamenl’argine contro la delinte positiva. È qualcosa che ho voluto con forza e fare quenza organizzata. Mi soil militare di professione no persuaso che la mafia si significa dedicarsi a una infiltrava dove lo Stato era vera e propria missione; assente o inefficiente, tennon ci sono orari né mandeva a prenderne il posto. E poi i primi sbarchi clansionari, la disponibilità al servizio è totale. L’unifordestini, che allora erano una vera novità. Sono stame diventa una seconda pelle, è un mestiere molto Massimo Di Raimondo to tra i primi ufficiali itain divisa d’ordinanza coinvolgente, che ti porliani a confrontarmi con l’immigrazione clandestina. Eravamo la ta a operare in tanti contesti diversi e a nuova frontiera, affrontavamo problemadoverti reinventare a ogni trasferimento, non solo dal punto di vista lavorativo: si tiche sconosciute con pochi mezzi ma con cambiano colleghi, superiori e sottoposti, la consapevolezza della nostra principale e ma pure mentalità, geografie, climi, abipiù importante missione d’istituto: la saltudini. vezza della vita umana in mare”. Quando mi hanno trasferito da Savona a Una realtà nuova, in effetti, che si è dimostrata Pozzallo, in provincia di Ragusa, ho lasciato essere un fenomeno epocale... il cappotto nell’armadio, una novità rispet“Un fenomeno diverso dall’attuale, perché i primi flussi, spesso facendo tappa a Malto agli umidi inverni liguri: la luce, il sole, gli ambienti si ripercuotono molto sugli ta, provenivano tanto dall’Africa quanto da stili di vita e sulle attitudini delle persone. rotte molto lontane, Sri Lanka, Bangladesh, A ogni nuovo incarico cambia ogni piccolo Pakistan, Thailandia, India ed erano diretti aspetto della vita quotidiana, come possoverso le coste della Sicilia sud-orientale. Un impegno faticosissimo ed estremamente no essere un guardaroba più o meno peimpegnativo, ma anche entusiasmante: absante, una cucina diversa, amicizie e tradizioni. biamo salvato molte persone e le centinaia Ho lasciato la Marina grato per aver speridi notti insonni erano semplicemente ripamentato una professione arricchente, che gate con il sorriso dei naufraghi. Ho lavorato mi ha visto in più occasioni in prima linea davvero bene a Pozzallo: c’era un clima di e che mi ha dato davvero molto dal punto grande fiducia, di grande calore umano, di di vista umano e formativo”. grande collaborazione. Poi, il trasferimen-

Il personaggio to a Roma, presso il Comando Generale delle Capitanerie di Porto; per un periodo sono stato addetto al Gabinetto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ho così potuto rendermi conto anche di come opera l’amministrazione centrale, potendo così farmi un’idea completa di tutto l’apparato statale e del suo funzionamento”. E come si trova, ora, a Schio?

“L’Alto Vicentino era un territorio sconosciuto per me e la mia famiglia. Negli anni del liceo avevo vissuto a Venezia, ma è una città che fa storia a sé. Quando siamo venuti in visita per la prima volta, per renderci conto di come sarebbe potuta essere una vita qui, mi ha subito colpito il fatto che Schio fosse molto pulita e ordinata: col tempo ci siamo ben ambientati, la città offre una vita tranquilla e serena, è poco lontana da centri più grandi come Vicenza e siamo stati ben accolti”. Il mare non le manca?

“Certo, il mare manca: mi manca il mare del marinaio, il mare vasto e aperto, quella sensazione di immensità assoluta della natura, dell’essere in balia di qualcosa di molto più grande di te. Due anni fa ho iniziato a camminare in montagna e quando, per la prima volta, sono arrivato sopra il Rifugio Papa, alle porte del Pasubio, ho risentito quel senso di infinita piccolezza di fronte a una infinita vastità. Ho scoperto che il mare e l’alta montagna non sono poi così diversi, perché in mare e sulle cime ‘ti sovvien l’eterno’ come cantava Leopardi, scopri quanto l’uomo sia piccolo di fronte l’assoluto, perché entrambi chiedono rispetto, entrambi portano con sé un senso di profonda sacralità. Ogni marinaio ha infatti in sé una spiritualità vera, che non necessariamente ha a che fare con la religiosità, quanto piuttosto con l’intima connessione alla natura e all’universo: è una spiritualità unica, che si manifesta in tradizioni e gesti che hanno significato a prescindere dalla fede professata. A bordo di ogni nave della Marina Militare, tutti i giorni, al tramonto, l’equipaggio si schiera a poppa e, dopo la cerimonia dell’Ammaina bandiera, viene recitata la preghiera del Marinaio, scritta cent’anni fa dal nostro Antonio Fogazzaro: si sente proprio il bisogno di recitarla, la recita anche chi non crede. Quando poi viene il momento di salutare la bandiera, come anche davanti all’Altissimo, al momento della Consacrazione, i marinai si tolgono il berretto: è il segno che si percepisce qualcosa di grande, anche in un simbolo qual è la bandiera, è il riconoscimento di un valore assoluto. Come in cima al Pasubio, quando il camminatore non è che un punto nello spazio maestoso”. ◆


[22] ◆ Schio Attualità

Dalla Campus Company alla Royal Academy Arianna Calgaro, classe 1997, è entrata nel ristretto gruppo di studenti che ogni anno la Royal Academy of Dramatic Arts di Londra individua come probabili ottimi attori. Dalla RADA sono usciti grandi interpreti come Peter O’Toole, Anthony Hopkins, Joan Collins, Alan Bates e Richard Attenborough.

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Mirella Dal Zotto

e l’ha fatta… e fatica lei stessa a crederlo: Arianna Calgaro, classe 1997, scledense, è stata scelta a far parte della ventina di studenti che ogni anno la Royal Academy of Dramatic Arts di Londra individua come probabili ottimi attori. Fondata agli inizi del secolo scorso, è tra le più antiche scuole di teatro della Gran Bretagna, viene amministrata dal King’s College di Londra ed è nella top ten delle migliori scuole di teatro al mondo. Dalla RADA sono usciti, fra gli altri, Peter O’Toole,Anthony Hopkins, Joan Collins, Alan Bates, Richard Attenborough. Entrare è un’impresa, perché ogni anno i candidati sono migliaia, provenienti da ogni parte del globo. “Da adolescente mi vergognavo a parlare in pubblico – confida –. Così, quando ho iniziato il liceo, sono entrata nella Campus Company per vincere la difficoltà che mi bloccava. Il mondo dello spettacolo mi è sempre piaciuto: oltre ai corsi teatrali con la Campus frequentavo lezioni di canto e danzavo a Orizzonte Danza. Era il teatro però a piacermi di più, e là si doveva parlare… Andrea Pennacchi è stato uno dei miei primi maestri, mi ha aiutato facendomi sdrammatizzare e cercando di mostrarmi il lato comico nella vita di tutti i giorni. Poi, quando sul palco mi insegnava, mi ripeteva spesso “anche se fai una cosa bene, non te lo dirò mai, devi sempre migliorarti in questo lavoro””. Arianna, come mai con queste passioni artistiche, hai frequentato il liceo scientifico, per di più nella sezione di scienze applicate?

“Mi ero messa in testa di entrare a medicina. Poi in quarta superiore ho cambiato idea e al quinto anno di liceo mi sono tuffa-

ta, oltre che nella Campus, in corsi di musical, frequentando poi spesso il cineforum e il teatro: ho capito che potevo stare solo sul palco o davanti a una macchina da presa, ero diventata consapevole di ciò che volevo e potevo fare nella vita. Dopo il liceo mi sono iscritta a lingue orientali a Venezia, ma in un giorno di pioggia ho deciso che nemmeno il mandarino faceva per me e mi sono iscritta ai corsi della ‘Vogaria’, una scuola di teatro veneziana”. Fine dei ripensamenti?

“Fine fine: ho frequentato subito un corso per adulti scoprendo che con quattro-cinque ore di lavoro quotidiano ci si poteva preparare seriamente al mestiere di attore. I miei maestri sono stati l’attrice Stefania Felicioli che aveva lavorato con Strehler, il regista Stefano Pagin che mi ha voluto per primo in scena con “Le bagnanti” tratto da un racconto di Calvino, e Savino Liuzzi, ex attore e casting director, il primo a definirmi “animale da palcoscenico” e a prepararmi per provini nazionali”. E poi?

“E poi sono entrata all’Accademia del Teatro Stabile del Veneto – sezione di Padova, ora Accademia Teatrale “Carlo Goldoni”, con sede a Venezia. Lì ho frequentato un corso professionale triennale che ti certifica come “attore”. Ho proseguito con incontri di studio con Carmelo Rifici del Piccolo Teatro di Milano, con l’attore Ivan Alovisio, con

la performer Silvia Gribaudi e con Karina Arutyunyan, esperta del famoso metodo Stanislavskij: con lei ho affrontato Cechov”. Ma come sei arrivata alla RADA?

“Mi sono diplomata alla fine di settembre 2020, quattro mesi prima della Brexit. Ho sempre desiderato passare almeno un periodo in Inghilterra, perché amo molto il teatro inglese e i suoi autori, così a metà novembre sono andata a Londra e ho fatto tutte le pratiche per poter rimanere un quinquennio nel Regno Unito. Subito dopo è arrivato un durissimo lockdown e sono rimasta rinchiusa da dicembre ad aprile, pagandomi delle lezioni con Lorenz Mitchell, ottimo attore e preparatore. A metà lockdown, un po’ anche per disperazione, sono entrata nella newsletter della RADA e ho capito che era il mio obiettivo; la prima fase dei provini prevedeva la stesura delle proprie motivazioni e del curriculum, la seconda una prova scritta su come avrei messo in scena un testo da me scelto (scrittura, regia, interpretazione) e poi via con workshop, monologo, colloquio finale in presenza, che è andato molto bene”. Come hai reagito alla notizia di essere stata ammessa? E la tua famiglia?

“Non ci credevo, non me ne rendevo conto… sono stata ammessa al master, equivalente a una nostra laurea magistrale; francamente pensavo di partire dal triennio ed è stata una doppia sorpresa. La mia famiglia mi ha sempre sostenuto, sono stata fortunata”. Adesso, cosa ti prefiggi?

“Di mio vivo alla giornata, ma sono consapevole che mi è capitata una grande opportunità, tutta da vivere e da sfruttare. Mi piacerebbe, dopo il teatro, togliermi lo sfizio del cinema e magari di qualche serie televisiva, ma vorrei pure sviluppare il mio lato autorale, come performer. Inizierò a gennaio, intanto mi godo il presente e i paesaggi autunnali splendidi delle nostre colline e delle nostre montagne, che a Londra non ci sono. C’è altro, però”. ◆



[24] ◆ Thiene Attualità Gli alloggi previsti sono in tutto 45. Tra qualche mese l’intero complesso sarà abitato, ospitando oltre 100 nuovi concittadini.

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l grande complesso Ater di via San Tommaso a Thiene prende forma e consegna otto “mazzi” di chiavi alle prime famiglie entrate ad abitare una parte dei 45 alloggi previsti, frutto di un investimento di poco meno di 4 milioni di euro. Un’opera importante nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica, con l’Ater di Vicenza a mettere a disposizione questi spazi abitativi ad affitto calmierato, in attesa di aggiungere all’offerta i 37 rimanenti, tutti destinati a nuclei familiari con limitate possibilità economiche. Una breve cerimonia ai primi di novembre ha ufficialmente consentito l’accesso alla struttura per quanto riguarda la “scala B” dell’edificio, con presenti oltre ai vertici dell’azienda provinciale – il presidente Valentino Scomazzon in particolare – anche le autorità cittadine di Thiene, capitanate dal sindaco Giovanni Casarotto. Foto di rito, poi, con i primi quanto nuovi “inquilini”, che da mesi attendevano trepidanti il momento solenne della consegna delle chiavi degli appartamenti non appena pronti e usufruibili. Per l’Ater provinciale si tratta di un investimento ingente, considerato che il pia-

Otto famiglie con chiavi in mano L’atteso complesso di via San Tommaso, opera importante nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica thienese, accoglie i primi nuclei negli appartamenti di proprietà dell’Ater provinciale. no integrale di completamento e messa a norma del complesso immobiliare prevede una spesa totale di 3 milioni 847 mila euro. Di questi, poco più di metà impegnati a suo tempo per l’acquisizione dell’edificio, operazione finanziata totalmente con fondi propri dell’azienda. Da evidenziare la metratura diversificata, in base alle esigenze delle famiglie: in quattro casi di tratta di bicamere (con superficie media di 70 metri quadrati), tre con una sola (di circa 60) e un tricamere (di circa 80). Per tutte il canone di locazione sarà dunque agevolato. “La consegna di alloggi a canone calmierato a Thiene è una risposta importante per il territorio – ha affermato il presidente di Ater Vicenza, Scomazzon – in particolare perché si rivolge ad alcune fasce della popolazione che non hanno i requisiti per

poter rientrare nelle graduatorie Erp e non hanno però nemmeno le disponibilità economiche per sostenere il costo di una casa sul libero mercato”. I lavori erano iniziati a marzo 2019, dopo l’acquisizione dell’intero edificio a seguito di una procedura di vendita fallimentare, per poi intervenire per stralci superando vari intoppi con l’aiuto degli uffici comunali. La messa a norma dell’autorimessa, il ricavo di nuove cantine e ripostigli al piano interrato, la verifica e il completamento degli impianti esistenti, il recupero di spazi parcheggio e la sistemazione degli impianti ascensore, hanno allungato sensibilmente i tempi per il primo lotto completato nelle scorse settimane.Tra qualche mese l’intero complesso sarà abitato, ospitando oltre 100 nuovi concittadini. ◆ [O.D.M.]

Bambini a teatro con la rassegna “Cra Cra Cra!”

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ris di appuntamenti teatrali dedicati ai bimbi con la rassegna autunnale “Cra Cra Cra!”, fortunata iniziativa che taglia la 17esima edizione. Fantasia e musica applicata al palcoscenico e rivolta ai più piccoli, con tre diversi spettacoli nei sabato di novembre per raccontare storie curiosi, originali e affascinanti da lasciare a bocca a porta bambini e qualche volta anche i genitori, grazie alla bravura di autori e attori. L’iniziativa che ritorna, pensata e realizzata dall’assessorato alla Cultura di Thiene, è stata resa possibile grazie al sostegno della Fondazione Aida. Dopo l’esordio all’Auditorium Fonato con “L’Albero delle Storie”, un fantastico viaggio alla scoperta di personaggi fiabeschi, di

eroi sconosciuti, di misteri, di segreti e di avventure, secondo incontro in arte teatrale con “Rodaridiamo”, uno show incentrato sui giochi di parole creato da Artisti Associati di Gorizia e che ha come protagonisti i personaggi più stravaganti nati dalla penna di Gianni Rodari. La rassegna si conclude il 27 novembre con “Pollicino non ha paura dell’orco” prodotto da Fondazione Aida, in collaborazione con Glossa Teatro, con Pino Costalunga e Enrico Ferrari.Tratto dalla celebre fiaba di Pollicino di Charles Perrault, il piccolo eroe dopo molti anni dalla nota avventura va a trovare il fatidico Orco che troverà vecchio e ingrassato. Ora è tutta un’altra storia, sia da raccontare che da ascoltare, e soprattutto da scoprire. ◆


Schio ◆ [25]

L’Accademia è tornata in presenza

Spettacoli

L’

Accademia Musicale di Schio è presente nel territorio cittadino ormai da una quindicina d’anni e offre corsi di musica rivolti a tutti: dai bambini di 3 anni fino agli adulti, senza limite di età, per permettere a chiunque voglia di avvicinarsi al mondo delle note. Ci si può iscrivere per imparare a suonare uno strumento, per cantare, per recitare, semplicemente per imparare ad ascoltare. La musica non può non far parte della vita di una persona e anche in tempi pandemici all’Accademia si è cercato di rimanere aperti quando possibile, mantenendo comunque i corsi con lezioni online in periodo di lockdown. Da settembre, dopo le iscrizioni, è iniziato in presenza il nuovo anno didattico e, stando ai risultati, si sta confermando il trend stabile di circa cinquecento allievi. I corsi coprono tutti gli strumenti musicali: dall’arpa al violino, dalla chitarra al pianoforte, dalle percussioni al basso… seguendo diversi tipi di programmi: musica classica, moderna, jazz.

Permane come sempre la convenzione con il Conservatorio di Vicenza: si attivano corsi preaccademici propedeutici all’ammissione, per chi vuol fare della musica un vero e proprio lavoro. Dallo scorso anno è iniziato un corso di teatro per giovani e hanno riscosso molto successo i centri estivi, sia per i bambini dai 3 ai 5 anni, sia per quelli più grandi. A fine estate il musical “Diva” ha riscosso un buon successo di pubblico.

“Talent Factory” funziona Teatro Astra pieno per assistere alla quinta edizione del talent “fatto in casa” che anno dopo anno aumenta i consensi e chiama giovani artisti anche da fuori.

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hi non aveva notato le bandierine rosse e nere nelle rotonde della città e i manifestoni che pubblicizzavano il “Talent Factory”? Pochi, di sicuro. Questo format coniato in casa, nato un lustro fa nel vivace quartiere di Poleo, sta aumentando i consensi anno dopo anno ed è approdato in prima serata all’Astra. Gli organizzatori,Andrea Roccato e Alberto Filippi, stavolta hanno ricevuto iscrizioni anche da fuori regione, a testimonianza di un dato di fatto: giovani e meno giovani ambiscono a salire su un palco e mostrare ciò che sanno fare. Se poi alcuni sanno effettivamente “fare” e altri meno, è comunque

importante e divertente che giudici qualificati e pubblico assistano alle performance e suggeriscano, velatamente o no, di proseguire o meno lungo una strada di certo non facile. Teatro pieno, dunque, all’Astra, e pubblico variegato desideroso di scrollarsi di dosso restrizioni pandemiche passando una serata diversa. Ci sono state delle difficoltà registiche e temporali, ma la simpatia dei due presentatori, Daniela ed Enrico, ha ovviato agli inconvenienti tecnici e ai tempi morti. I finalisti sono stati dodici: praticamente un artista su due ha passato le selezioni. Ha dominato ovviamente la musica (otto con-

Il Comune di Schio, in accordo con l’Accademia, nella convinzione che la musica contribuisca alla crescita di una persona, offre dei corsi gratuiti per famiglie con basso reddito, ai quali si può accedere attraverso un apposito bando. Come si vede, dunque, l’Accademia Musicale è una realtà culturale e sociale più viva che mai, che contribuisce a tener vivo e pulsante il grande interesse per la musica che da sempre si registra in città. ◆ [M.D.Z.]

correnti), seguita dal ballo (due) e dal teatro (altri due). Noi abbiamo applaudito volentieri la cantautrice Emma, che meritava il podio, la cantante Thecra che si è aggiudicata il primo premio, Martina e Riccardo che sono arrivati terzi con una bella interpretazione di “Vieni via con me”, Riccardo ed Elisa che hanno omaggiato Michael Jackson aggiudicandosi il premio del pubblico. Raspa, il rapper arrivato secondo, aveva un buon testo ma forse il rap è di questi tempi inflazionato. Ci siamo divertiti con il cabaret vernacolare del datato e ruspante Augusto e abbiamo apprezzato gli ospiti d’onore: il gruppo indie-rock Rogue Charlie, la cantante blues Claudia Bianchino, la cantautrice Tullia, il cantautore e artista di strada Gaston, i ballerini del Silicon Café e l’ospite d’onore della serata, Sammy Basso, che ha intrattenuto parlando di sé, della sua malattia rara (la progeria) e delle grandi speranze che ripone nell’associazione che ha fondato, Aiprosab. ◆ [M.D.Z.]


[26] ◆ Schio Spettacoli

L’Harlem Gospel Choir

“S

coppiospettacoli”, in collaborazione con Fiabamusic e con il Comune di Schio, porterà due concerti all’Astra, a inizio dicembre. Sabato 4 dicembre l’Harlem Gospel Choir, il più famoso coro gospel d’America, da più di trent’anni sulle scene, farà tappa proprio in città per il suo nuovo tour europeo. Nato nel 1986 per le celebrazioni in onore di Martin Luther King, è l’unico coro al mondo a essersi esibito per due Papi (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) e per due presidenti USA (Carter e Obama); ha all’attivo numerose collaborazioni e memorabili sono risultate quelle con Bono degli U2, Keith Richards e Diana Ross. Nel “Back Where We Belong Tour” il coro canterà, accanto a

Il Gospel e le poesie di Giò Evan brani celeberrimi come “Oh, Happy Day” e “Amazing Grace”, altri pezzi più legati al gospel contemporaneo. Venerdì 10 dicembre salirà sul palco Giò Evan, scrittore-poeta-cantautore fattosi apprezzare da pubblico e critica al Sanremo Giovani 2020 con il brano “Arnica”, poi inserito nell’album “Mareducato”, uscito a marzo dello stesso anno per Polydor/Universal Music; sempre a marzo 2020 la casa editrice Rizzoli ha pubblicato un suo libro di poesie, “Ci siamo fatti mare”, facendo conoscere ancor più un autentico talento letterario e musicale, che agli esordi si esibiva come artista di strada in tutta Italia. “Abissale”, questo il titolo del nuovo tour, è un invito a vivere di profondità in superficie e non di profonda superficialità. “Mareducato” è il coraggio di ricondurre noi stessi fino all’abisso dove risiede il nostro io più intimo, è il percorso che facciamo quando scegliamo il cammino della conoscenza e della profondità.

Euripide e il dramma delle donne Schio Teatro Ottanta ha una sezione apposita per lo sviluppo e la ricerca del teatro classico, in particolare greco.

S

chio Teatro Ottanta da qualche anno ha istituito, nella sua associazione artistica, una sezione apposita per lo sviluppo e la ricerca del teatro classico, in particolare greco; nell’ultimo fine settimana di ottobre, in Salapoleo, è stato proposto “Troades”, liberamente ispirato alla tragedia di Euripide, ideato e sceneggiato da Tommaso Balzani ed Elena Righele, che lo ha anche diretto e interpretato. Si è trattato di una versione interamente improntata sul teatro corporeo: pochissimi i termini, per di più in greco antico, concentrazione massima sul movimento e sul linguaggio che il corpo è in grado di mettere in scena. Elena Righele, del resto, è maestra in questo e ha ottenuto premi a livello nazionale con un lavoro dedicato a una deportata in un lager.

“Il dramma di Euripide, che racconta la disperazione di donne sole nella devastazione della guerra mi è parso estremamente attuale – dice Righele -. Ho pensato alla situazione delle donne afghane, di cui non si parla più. Il femminicidio, in tutte le sue forme, è un qualcosa di ancestrale e attuale, purtroppo; stavolta non abbiamo dato voce, abbiamo dato corpo al dramma delle donne che vivono situazioni al limite della follia”. Ad aumentare il pathos, la scelta delle musiche: toccante “Il pianto di Andromaca”, composto per l’occasione dal giovanissimo Nicolò Longhi. Parecchi gli spettatori che hanno presenziato alle due serate e alla matinée domenicale, molti e meritati gli applausi per attrici e attori. Da proporre, a nostro avviso, nei licei e negli istituti superiori. ◆ [M.D.Z.]

Le prevendite, oltre che online, si effettuano alla Fondazione Teatro Civico e da Discovery. ◆ [M.D.Z.]

Il cantante Giò Evan

Bonato in Estonia L’Eesti Kontsert, istituzione estone fondata nel lontano 1941, la cui attività principale è organizzare concerti e festival musicali in Estonia e all’estero, ha voluto inserire nel programma del concerto di gala per il suo giubileo un brano del maestro scledense Giovanni Bonato. C’è stata di recente una diretta televisiva curata dalla televisione di stato estone e il compositore scledense, celebrato in Italia e in Europa, ha avuto una gradita sorpresa, in quanto pensava “solo” a una radiotrasmissione. “The old Lie”, in estone “Vana vale”, è un pezzo commissionato e scritto per le celebrazioni della Grande Guerra e i testi sono di autori vari di quel periodo; la prima era stata data nel 2016 a Tallinn, ma evidentemente le sonorità ancestrali e sperimentali, unite al coro spazializzato proposto anche lassù al nord, sono state alquanto apprezzate e la trasmissione alla tv di Stato è un’ulteriore, assoluta garanzia dell’alta qualità innovativa della composizione. ◆ [M.D.Z.]



[28] ◆ Schio Libri

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Stefano Tomasoni

bambini non vanno riempiti, ma vanno aiutati a tirar fuori le tante cose che hanno dentro. Emozioni, pensieri, paure, desideri, curiosità... E’ su questa semplice ma sostanziale “filosofia didattica” che Mirella Dal Zotto ha improntato la sua professione di maestra (bellissima e insostituibile parola, detto per inciso, se non altro perché sono i bambini a chiamarti “maestra” o “maestro”, mica ti chiamano “insegnante di scuola primaria”). Ed è proprio aiutando i piccoli allievi a esprimere se stessi e a “tirare fuori” il bello che hanno dentro, che ha pensato bene di condurre una sorta di esperimento scolastico, iniziato con una classe prima quando ancora non si era in tempo di pandemia e concluso quando ormai il virus era tra noi e aveva impattato anche sulla vita dei più piccoli. “Per un anno intero, una o due volte alla settimana – dice Dal Zotto spiegando l’idea messa in pratica in classe - mi sono seduta in cerchio con i miei alunni e ho chiesto loro di dirmi cosa sapevano o immaginavano, per esempio, sulla vita e sulla morte, sull’allegria e sulla tristezza, sulla giovinezza e sulla vecchiaia. Sono state tutte, ma proprio tutte, lezioni di vita. Dopo i primi timidi approcci, un tantino increduli di

Le verità della vita spiegate dai bambini Mirella Dal Zotto, insegnante e giornalista, ha dato alle stampe “Secondo te”, un libro che in 100 pagine contiene un universo di pensieri, riflessioni ed emozioni sprigionato dai bambini di prima elementare messi davanti all’opportunità di parlare in libertà sui temi più diversi, anche i più profondi. fronte a un adulto in cerca di spiegazioni, si sono sentiti importanti e desiderosi di dire qualcosa che una maestra considerava arricchente” Si sa che i bambini non hanno i filtri degli adulti, sono ancora pagine bianche con dentro tutte le infinite potenzialità e possibilità che presenta una pagina bianca. E dunque sì, quelle che danno, a lasciarli parlare ed esprimere, possono essere “lezioni di vita per adulti”, ossia per tutti coloro che il tempo ha riempito non soltanto di filtri, ma spesso anche di pesanti sedimenti. Così Mirella Dal Zotto, sapendo fin dall’ini-

Tutto Grendene (ed è tanto)

A

ll’interno della collana “Parole conte” di Edizioni Summano è stato pubblicato un volume dedicato agli scritti di Gianni Grendene, uomo di cultura, umanista e studioso esperto di storia locale. Il libro, dal titolo “Il territorio di Schio. Note di storia, cronaca, toponomastica” è frutto di un lavoro di attenta ricerca e selezione curato da Edoardo Ghiotto e realizzato anche come occasione per festeggiare gli 80 anni di Grendene. Il libro raccoglie contributi che l’autore scledense ha pubblicato negli ultimi quarant’anni su varie pubblicazioni (Bollettino del Duomo, Numero Unico, mensile Schio, La Voce dei Berici, Parole e cose di S.Croce), dedicati a temi vari ma tutti legati a Schio e al territorio.

“Gli interessi di Grendene sono volti spesso, ma non soltanto, alla toponomastica e alle ricerche etimologiche – scrive Ghiotto nell’introduzione -. Nella sua produzione si incontrano frequenti ricerche sulla vita religiosa, civile e culturale di Schio. Il collante è costituito dalla passione per la ricerca, dai costanti interessi storici, dalla predilezione per Schio e la val Leogra”. Un tipo di ricerca certo non per un largo pubblico, ma quel tipo di ricerca senza la quale un territorio finisce col veder seccare e morire qualcuna delle sue radici. Perché gli studi di persone come Grendene, la cui mite riservatezza allontana i riflettori, non vivono per l’oggi ma per salvare memoria. E sono un collante prezioso per tenere unita una comunità attraverso il tempo e le generazioni. ◆ [S.T.]

zio (anche grazie a un certo fiuto dettato dall’esperienza giornalistica) che da questo esperimento poteva uscirne una miniera di materiale interessante, in tutte questi periodici appuntamenti di “filò scolastico” si è appuntata su un quaderno i pensieri e le riflessioni dei bambini, e alla fine, sistemati a volte nella forma e ordinati secondo le tematiche approfondite, li ha messi in un libro, che ha intitolato “Secondo te”, e che ora ha dato alle stampe (Editrice Veneta), destinando parte del ricavato alla Città della Speranza. Si tratta di una pubblicazione che contiene una sessantina di capitoletti (una pagina ciascuno) dedicati ad altrettanti temi/concetti, ognuno dei quali contiene a sua volta un buon numero di frasi scaturite dai pensieri di questi bambini. Ne esce un prodotto che, ancorché snello e fatto di un centinaio di pagine in tutto, appare come una miniera di piccole grandi verità, da centellinare piano piano nei momenti di calma, magari la sera prima di spegnere la luce del comodino, per non rischiare di “prenderli sottogamba” e scorrerli via velocemente. Ecco, l’errore sarebbe di prendere queste frasi e scorrerle via con atteggiamento divertito come si fa con le ciliegie, che una tira l’altra. Conviene invece non avere fretta di passare oltre, seguire uno “slow reading”, una lettura lenta, per dare a ogni pagina quell’approfondimento che tutti i pensieri dei bambini meritano. E siccome almeno uno di questi pensieri è giusto citarlo, ne scegliamo uno dal capitolo dedicato alla razza: “La razza è fuori dalla persona, non è dentro, non sta con le parti più importanti del corpo”. Ecco fatto, serviva un bambino per dire tutto. ◆



[30] ◆ Thiene Sport

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Omar Dal Maso

edaglia scaccia guai per il pattinaggio Cristal Skating Team, tornato in Alto Vicentino dai Mondiali in Sudamerica con il secondo metallo più prezioso al collo e un podio iridato che rende merito alla qualità del lavoro di insegnanti e atleti locali, in gran parte in quota rosa per questo tipo di specialità artistica. Si arricchisce così di un nuovo (l’ennesimo) risultato prestigioso la bacheca di trofei conquistati dall’associazione sportiva, da oltre un decennio ormai ai vertici in Italia e nel mondo. Una medaglia d’argento conquistata nella categoria del collettivo da 20 e oltre pattinatori e pattinatrici a esibirsi, con coreografie studiate per mesi ed eseguite a puntino dopo ore e ore di allenamenti in palestra. Ad Asuncion, capitale del Paraguay, la gara è stata serrata: nessuno tra chi è sceso in pista aveva le rotelle… fuori posto e l’esibizione è stata coronata da applausi oltre che da punteggi di altissimo livello. Il Cristal ha intitolato “Per peccatum” il suo show, ispirato alla Divina Commedia e nel dettaglio al tema dei vizi capitali. Forse un pizzico di rammarico, per chi è abituato a competizioni di questo tipo, è rimasto nel bagaglio di ritorno in Italia, per aver sfiorato l’oro, andato al gruppo spagnolo Cpa Olot. Ma per il gruppo di Sarcedo si è trattato comunque di una “riscossa” da lode, dopo che agli Europei della scorsa estate il Cristal non era riuscito a mettere i pattini a rotelle sul podio continentale, dovendosi accontentare di un 4° posto dolceamaro. Come sempre, però, l’appuntamento clou della stagione in via di conclusione era in programma in autunno, con il Mondiale in cui la spedizione italiana si è fatta valere inanellando successi. In tanti sono rimasti incollati ai video dalle 16 fino alla mezzanotte della domenica (5 le ore di fuso con lancette spostate all’indietro nel continente sudamericano) per godersi lo

Qui e nelle foto sotto, la squadra del Cristal Skating Team di Sarcedo, in posa per una foto di festa e in azione durante la gara

Pattini d’argento Ai Mondiali di skating disputati in Sudamerica il gruppo di Cristal Skating Team di Sarcedo scala la classifica generale fino al secondo posto assoluto.

spettacolo in diretta streaming e soprattutto l’atto finale, trepidando al momento dei punteggi ufficializzati dalla giuria internazionale. Fa riflettere che in “sport minori” o considerati tali non esistano forme di sovvenzione esaustive per permettere agli atleti di partecipare a un Mondiale senza “sborsare” euro di tasca propria. Non a caso attraverso un sito specializzato era stata attivata una raccolta di fondi digitale – con il sistema di crowfunding - per sostenere le ingenti spese di viaggio a carico altrimenti della società e e della trentina di vicentini/e in viaggio verso il Paraguay. Soltanto un piccolo contributo è stato concesso della federazione, non sufficiente a coprire i

costi. Tutto ciò nonostante il titolo di Campioni d’Italia in tasca dello scorso giugno e il piazzamento d’onore più recente al 4° posto in Europa. Proprio il primato tricolore per l’anno 2021 aveva assegnato il pass per rappresentare lo skating italiano nelle due massime competizioni internazionali. Da ricordare, infine come la squadra sia frutto di una efficace collaborazione tra la società Apav di Fara e Bassano New Skate. Come da tradizione consolidata, infine, giusto sapere che la spedizione azzurra del pattinaggio ha concluso la missione in testa al medagliere assoluto, con 33 tra ori (11), argenti (12) e bronzi (10), davanti alla Spagna con 10 podi complessivi,Argentina, Stati Uniti e Portogallo. ◆




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