di informazione dell’Alto
anno XI n. 105 - novembre
Schio: La zona di S.Maria non ha una bella cera - p.8 ◆ Industria e commercio alla prova dell’inverno - p.12
Thiene: Calvene è tutto nel presepio di Diego Pasin - p.6 ◆ L’ultimo cordaio di Thiene - p.16
Ma qual è il futuro dei medici di famiglia?
La carenza generale di medici a livello nazionale si sta scaricando inevitabilmente anche sulla medicina di base. In futuro anche qui faremo fatica ad avere garantito il buon vecchio medico di famiglia? “Tutti i posti di medicina di base sono coperti – assicura Francesco Calcaterra, direttore Cure primarie e responsabile del Distretto 2 Alto Vicentino dell’Ulss -. La situazione da questo punto di vista è sotto controllo”.
Periodico
Vicentino
2022
La Valdastico nord è come il ponte sullo Stretto
Stefano Tomasoni
Ecosì con la Valdastico Nord siamo di nuovo al punto di partenza. L’e terno dibattito sullo “sbocco a nord” tanto caro all’Alto Vicentino, ovvero il prosegui mento dell’autostrada A31 da Piovene verso il Trentino, rimane per l’ennesima volta al palo. Si scopre quello che non era difficile prevedere, ossia che i trentini – a dispet to di quanto lasciato intendere negli ultimi anni - continuano in realtà a non avere nessuna intenzione di “lasciar passare” l’autostrada e farla arrivare a Trento. È trascorso mezzo secolo da quei primi anni Settanta in cui fu inaugurato il ra mo Vicenza-Piovene dell’AutoValdastico, la cosiddetta “Pirubi”, acronimo nato dalle prime sillabe dei tre politici triveneti pa dri di quell’infrastruttura, Flaminio Piccoli, Mariano Rumor e Antonio Bisaglia. Mezzo secolo di parole, intenzioni, proclami, di battiti, promesse, ipotesi, progetti, varianti di progetti, varianti di varianti. Non ci si è fatti mancare niente. Con la parte vicen tina – politici e categorie economiche in testa – a spingere continuamente per la prosecuzione dell’arteria verso nord con l’obiettivo di avere finalmente un collega mento viario diretto verso l’Europa, alternativo all’ingolfato asse dell’Autobrennero; e con la parte trentina a fare il gioco inver so, cioè a respingere gli “attacchi” vicentini, mettendosi di traverso e rifiutando ogni soluzione.
Negli ultimi due o tre anni da Trento era arrivato un atteggiamento più disponibi le, tant’è che qualcuno si era spinto a credere che potesse essere finalmente la volta buona. Ecco così rifiorire ipotesi di trac ciato che, transitando perlopiù in galleria, avrebbero dovuto sbucare in Trentino per pochi chilometri fino ad allacciarsi all’Au tobrennero dalle parti di Trento nord. Ma la cautela e i precedenti avrebbero dovu to mettere sul chi va là e portare quantomeno a una sana diffidenza. E infatti ecco che adesso salta fuori la fregatura: Trento è disponibile allo sbocco a nord, ma non
nella direttrice più sensata e logica, quella che arriva appunto dalle parti del capoluo go trentino, ma in una beffarda direttrice che, una volta fuori dal tunnel, dovrebbe portare l’autostrada in orizzontale (e per fino con una curvatura finale verso sud) a Rovereto. La giunta della Provincia autono ma di Trento ha infatti approvato appunto un tracciato che prevede l’aggancio della Valdastico nord a Rovereto sud. Una solu zione che probabilmente risponde alla volontà trentina di rilanciare l’area roveretana, ma di fatto una soluzione che annulla il senso dell’opera. Perché se punti verso nord e scavi chilometri e chilometri di tunnel per farlo, non puoi poi, dopo essere sbuca to di là, puntare a sud-ovest. È un controsenso che sa di presa per i fondelli. Proporre una cosa del genere significa sbattere la porta in faccia ai vicentini. Come dire che il “niet” è sempre “niet” e, dunque, che non c’è trippa per gatti: Trento la Valdastico sul suo suolo non la vuole. Inutile girarci in torno.
L’irritazione del mondo economico della provincia è tutta concentrata nelle dichia razioni rilasciate dalla presidente degli Industriali vicentini, Laura Dalla Vecchia: «Decenni a parlare di trovare uno sbocco a nord e alla fine la grande iniziativa del nuovo corso di Trento è approvare una inu tile, quanto costosissima, uscita a Rovereto sud. Decenni a ricercare compromessi, soluzioni progettuali all’avanguardia, un percorso che rispettasse le necessità viabi listiche, urbanistiche, ambientali, e la soluzione approvata dalla giunta trentina va invece a costituire un assoluto nonsense dal punto di vista trasportistico. La deci sione della giunta provinciale trentina è l’ultima sconfortante puntata di una sto ria assurda, iniziata nel 1965, che vede due territori incapaci di condividere un colle gamento infrastrutturale moderno ed efficiente. Si tratta di un grandioso fallimento, su tutta la linea. Progettuale e politico». “Chiederemo l’impegno per arrivare alme no a una prospettiva, che dovrebbe rispondere a logiche di efficienza, per dare una
Supplemento mensile di Lira&Lira e La Piazza Direttore Stefano Tomasoni Redazione Anna Bianchini Elia Cucovaz Omar Dal Maso Mirella Dal Zotto
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risposta reale e concreta – dice Valter Orsi, in particolare nella veste di consigliere provinciale delegato a mobilità e trasporti -. Proporre una sorta di circumnavigazione del territorio sembra andare dalla parte op posta, è come dire un sì che in realtà è un no. C’è anche da chiedersi in quanti stanno giocando questa partita. Ci sono degli inte ressi anche da parte di Autobrennero, che stanno nel fatto che il loro tratto autostra dale sia percorso il più possibile”. Alla fine, la morale è che la Valdastico nord torna per l’ennesima volta nel cassetto. E chissà, a questo punto, se e quando qual cuno lo riaprirà, quel cassetto polveroso e ormai vintage.
Beninteso, non è che proseguire l’autostrada sarebbe a “costo zero” per il territorio della Valle dell’Astico: ci sarebbe da mettere in conto l’ impatto ambientale derivante da an ni di cantiere, con scavi, sminamenti, consumo di suolo. Svantaggi immediati (e non di breve durata) per la comunità locale, a fronte di vantaggi duraturi futuri per l’economia di un’intera provincia. È il solito dualismo che si crea quando si tratta di progettare un’in frastruttura che non serve a uno specifico territorio, ma ha valenza ultraregionale, se
Lo Schiocco Di mese in mese
Un malinteso al cimitero di Magrè
Il marciapiede costruito di recente su via Tuzzi a costeggiare il prato adiacen te al cimitero di Magrè, ha impedito quest’anno il consueto uso di quello spa zio come parcheggio di “sfogo” per quanti sono andati a portare fiori sulle tombe dei parenti per la festa di Ognissanti. In quest’occasione, infatti, il parcheggio vero e proprio, all’esterno del camposan to, non è sufficiente a far fronte al flusso della gente e il prato di via Tuzzi serviva allo scopo.
Stavolta, dunque, la gente, non sapendo che pesci pigliare, si è autoregolata inven tandosi una sorta di secondo parcheggio davanti a quello esistente, invadendo non
non nazionale. Non siamo ai livelli di im portanza del rigassificatore di Piombino o della Tap in Puglia, senza i quali l’Italia in tera avrebbe gravi problemi di approvvigionamento energetico, però la logica è quella.
soltanto le zone erbose, ma utilizzando perfino la pista ciclabile come corsia di accesso e uscita a questo parcheggio auto gestito. Col rischio di incrociare un ciclista e fargliela a lui, la festa di Ognissanti. Forse allora è il caso di chiarire un punto: il giorno dei morti si va al cimitero per ri cordare chi è già defunto, non per provare a farne di nuovi. [S.T.]
In tutti i casi, forse è meglio mettersi il cuore in pace. La Valdastico nord sembra essere un po’ come il ponte sullo Stretto. Una di quelle cose di cui si parla, si parla, si parla... Chimere, destinate a rimanere tali. ◆
Copertina
“C
Stefano Tomasoni
hi è l’ultimo?”. Chiunque sia diversamente giova ne ricorderà dove si sentiva questa frase fino a una ventina d’anni fa. Nell’ambula torio del dottore. Si andava quando se ne aveva bisogno, entrando si chiedeva chi era l’ultimo in attesa per ricordarsi che dopo di lui toccava a noi, e si stava lì ad aspettare anche tutta la mattina. Poi sono arrivate le visite su appuntamento, poi le “medici ne di gruppo integrate”, con più dottori in sinergia e tanto di segreteria e infermie re. Tutto bene (o quasi) fino a oggi. Perché adesso la carenza generale di medici che si registra a livello nazionale si sta scarican do inevitabilmente anche sulla medicina di base.
Un problema, quello del numero di me dici in calo, che è figlio di scelte politiche sbagliate fatte decenni fa per l’accesso al la professione dei futuri medici. Con una capacità di guardare lontano pari a quel la di Mister Magoo - il vecchietto talmente miope che non riconosceva un elefante da una bicicletta a due metri di distanza - la classe politica italiana ha lasciato che ci fossero troppo pochi ingressi alle facoltà di medicina e che, dopo la laurea, ci fosse ro ancora meno posti in specializzazione. Un controsenso totale: si facevano laurea re meno medici di quanti in futuro ne sarebbero serviti e a quei pochi laureati non si garantiva nemmeno il posto in specia lizzazione perché potessero completare la loro formazione professionale. L’idea che la generazione del boom economico sarebbe un giorno andata in pensione e che in po chi anni si sarebbero create voragini negli organici medici in tutta Italia, non è venu to in mente a nessuno. Ed ecco il risultato: pochi medici, e tanti che appena possono se ne vanno nella sanità privata, visto che in quella pubblica devono lavorare per due, rischiare per due e stressarsi la vita per tre. Il problema riguarda anche i medici di fa
Teniamoci stretti i medici di famiglia
La carenza generale di medici a livello nazionale si sta scaricando inevitabilmente anche sulla medicina di base. In futuro anche qui faremo fatica ad avere garantito il buon vecchio medico di famiglia? Francesco Calcaterra, direttore Cure primarie e responsabile del Distretto 2 Alto Vicentino dell’Ulss, è ottimista: “Tutti i posti di medicina di base sono coperti – assicura -. Abbiamo alcune situazioni in cui siamo in attesa di copertura, ma nel frattempo l’assistenza è garantita.
miglia. Anche nell’Alto Vicentino nell’ultimo paio d’anni c’è stato un discreto numero di pensionamenti. Oggi come oggi in Veneto due medici di medicina generale su tre hanno più di 55 anni. Si stima che in tuttol il Veneto tra il 2021 e il 2025 andran no in pensione poco meno di 2 mila medici di base dei quasi 2 mila oggi in servizio. Il picco sarà raggiunto l’anno prossimo, con 184 pensionandi.
Del presente e del futuro della medicina di base del territorio scledense e thienese parliamo con Francesco Calcaterra, diret tore Cure primarie e direttore del Distretto 2 Alto Vicentino dell’Ulss 7 Pedemontana. Dottor Calcaterra, la situazione veneta e nazionale mostra un’evidente carenza di medici di fa-
miglia, che da sempre costituiscono il primo accesso alla sanità pubblica da parte dei cittadini. Qui da noi come siamo messi?
“Posso dire che nella nostra Ulss riusciamo a garantire assistenza a tutti i cittadini, abbiamo una copertura che è praticamen te totale. Tutti i posti di medicina di base sono coperti. Abbiamo alcune situazioni in cui siamo in attesa di copertura, ma nel frattempo l’assistenza è garantita attraver so la “continuità assistenziale diurna”, ossia attraverso i medici che vanno a coprire gli ambulatori di quel dato medico che è andato in pensione, con gli stessi orari e la stessa organizzazione, in attesa che quel posto sia coperto in modo definitivo. In questo momento abbiamo tre casi che si
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trovano in questa condizione, sul totale di 119 medici di medicina generale che opera no nel Distretto 2. La situazione da questo punto di vista è sotto controllo”. Vengono segnalati, però, casi in cui si allungano non di poco i tempi di attesa per un appuntamento con il proprio medico. Capita che ci si senta dire che il primo posto libero è a dieci o anche quindici giorni dalla chiamata... “Da contratto, i medici di medicina generale sono tenuti a erogare il servizio nell’arco di 5 giorni. Devo dire che noi non abbiamo mai avuto reclami per lungaggini dei tem pi di attesa. L’Ufficio relazioni con il pubblico dell’Ulss ci manda regolarmente i reclami che arrivano fai cittadini, in seguito ai quali noi apriamo un’istruttoria e an diamo a verificare. Io ho ricevuto reclami più che altro relativi a lungaggini dovute al call center, all’organizzazione che riceve le telefonate e poi le passa al medico, ma in questo caso la causa era più che altro do vuta alla pandemia, che ha fatto esplodere la richiesta di consulti medici. Per il resto non abbiamo mai avuto segnalazioni. Più in generale, comunque, posso dire che non c’è mai un vuoto nell’assistenza, per i problemi più importanti. Nel nostro Distretto abbiamo perlopiù medicine di gruppo, integrate o semplici: i medici lavo rano insieme, su appuntamento, ma tutte le medicine di gruppo, semplici o integrate che siano, hanno delle fasce nel corso del la giornata nelle quali chi ha un problema importante viene ricevuto dal medico in servizio in quel determinato momento. È chiaro che tutto è migliorabile, ma l’orga nizzazione bene o male sta tenendo”. Dunque si sente di dire che la medicina di gruppo integrata è stata in questi anni la risposta più adeguata?
“Direi proprio di sì. È uno dei fiori all’occhiello di questa Ulss. Fermo restando che il rapporto individuale tra medico e pa ziente c’è sempre, il valore aggiunto che la medicina di gruppo integrata ha dato è che anche quando il proprio medico è assente ci sono gli altri medici di quel gruppo che rispondono, disponibili dalle 8 alle 20. Le medicine di gruppo in questo periodo di ca renza di medici, stanno garantendo la copertura assistenziale. Perché nel momento in cui per un motivo o per l’altro rimane scoperto un posto che non riusciamo tem poraneamente a coprire, gli altri medici si fanno carico dell’assistenza dei cittadini che avevano quel medico. Ogni medicina di gruppo integrata ha anche un’équipe in fermieristica che dà una serie di risposte in stretto contatto con il medico. Per questi motivi posso dire che siamo invidiati dalle altre Ulss della Regione, quantomeno per il numero di medicine di gruppo integrate che abbiamo. In tutto il distretto abbiamo
soltanto due medici che hanno rifiutato di mettersi in gruppo, per il resto il territorio è coperto a 360 gradi”.
Le riporto un’osservazione di un medico di base: sottolineando come la medicina di gruppo nell’Alto Vicentino sia un’eccellenza riconosciuta da tutti, questo medico sostiene che sotto questo aspetto il Distretto 1 di Bassano è meno forte e che l’aver unito Bassano e Alto Vicentino in un’unica Ulss ha finito col porta re Schio-Thiene a un adeguamento al ribasso della qualità del servizio di medicina generale. Insomma, anziché essere Bassano ad alzarsi ai livelli dell’Alto Vicentino, sarebbe stato l’Alto Vicentino ad abbassarsi ai livelli di Bassano. Lei che dice?
“No, invece direi che da un paio d’anni abbiamo omogeneizzato il servizio verso l’alto, avendo tutti gli stessi obiettivi e lo stesso tipo di organizzazione. È vero che nell’Alto Vicentino abbiamo più medicine di gruppo integrate e che Bassano ne ha meno perché storicamente era così, ma gli obiettivi sono gli stessi, con la possibili tà di raggiungerli in maniera graduale, in modo da dare omogeneità all’assistenza in tutta l’Ulss. Non è che noi siamo andati al ribasso per adeguarci, direi che è stato il contrario: abbiamo trainato verso l’alto Bassano”.
Se lei guarda avanti, diciamo fra cinque o dieci anni, che realtà vede? I medici di medicina ge nerale saranno sempre meno?
“I giovani medici tendono a scegliere altre specializzazioni, però c’è pur sempre un 10% che sceglie la medicina generale. Le stime fra pensionamenti futuri e nuovi ingressi mostrano che nei prossimi anni dovrebbe essere possibile poter gestire la situazione meglio di adesso. È da tener pre sente poi che con le future Case della Comunità ci si arricchirà di nuove esperienze di integrazione dei medici di medicina generale”.
Perché? Cosa succederà con l’entrata in funzione delle Case della Comunità?
“Nelle Case ci sarà un’aggregazione delle medicine di gruppo integrate: i medici con fluiranno nelle Case della Comunità, che saranno aperte 24 ore su 24, con assistenza garantita dalle 8 alle 20 dal medico di medicina generale e poi dalla Continuità assistenziale notturna. La logica è quella dell’attenzione verso i problemi di salute, ma anche verso i problemi di prevenzione. Ci si occuperà sia dei sani, in modo da fare educazione sui fat tori di rischio che possono far ammalare, sia di chi ha problemi di salute”.
Quante Case ci saranno nel nostro Distretto, e dove?
“Saranno quattro. Una a Schio, una a Thiene, una a Malo e una ad Arsiero. L’attivazione è prevista entro il 2026. stiamo lavorando su questo, la progettazione è già in atto”.
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Insomma, lei per la medicina di base del territorio vede un futuro migliore dell’attuale presente? “Lo vedo meno oscuro di quello che uno possa pensare se si sentono i mass media che parlano di carenza di medici. Anche noi abbiamo avuto un’ondata di pensio namenti, ma siamo riusciti a tamponarla grazie all’organizzazione che nel frattem po ci si è dati. Io sono ottimista, e spero naturalmente di non essere smentito, per ché stiamo parlando di previsioni e di stime”.
Per quanto riguarda la pediatria di base, qual è la situazione? In questo caso l’osservazione che capita di sentire è che i pediatri tendono a evitare le visite a casa e ricorrono spesso a consulti telefonici…
“Anche in questo caso il mio metro di osservazione e misura non può che essere legato alle eventuali segnalazioni che ci arrivano. Devo dire che finora non ho mai dovuto aprire un’istruttoria per lamentele verso i pediatri territoriali. Si sta cercan do di dare delle risposte che siano organiche a tutti i problemi di salute, e in questo i pediatri stanno collaborando fattivamen te. Si sono resi disponibili anche ad aprire un ambulatorio il sabato pomeriggio e la domenica pomeriggio per venire incontro alle esigenze delle famiglie”.
In definitiva, si sente di dire che questa dal punto di vista della sanità territoriale è ancora un’isola felice?
“Direi di sì. Questa Ulss, nel suo piccolo, riesce a dare delle risposte che sono molto più esaustive rispetto ad altri contesti e altre situazioni. Il prossimo futuro dunque non lo vedo così oscuro, lo vedo anzi anche più roseo del presente”. ◆
Schio ◆ [5]
C’
Attualità
Anna Bianchini
è il centro di Calvene, la sua vita e la sua storia, nel presepio di Diego Pasin, calvenese orgoglioso, che in 6.500 ore di lavoro ha ricostruito, mattone su mattone, una parte del suo paese, trasfor mandolo nel posto dove nacque Gesù.
Ma ci sono anche le tre cime di Lavaredo e il rifugio Locatelli, simboli del Veneto, e una piccola e strabiliante malga di Calve ne, adibita oggi a casa vacanze per i giovanissimi, a fare da cornice alla Natività, che sarà esposta dall’8 dicembre al 22 gen naio nella stalla del centro, e che anche quest’anno, come succede da tempo, farà accorrere visitatori da tutte le province del Veneto e anche da fuori.
“C’è anche il ponte che balla, che oggi non esiste più ma rappresenta la nostra storia – racconta l’autore –. E quest’anno ci sarà anche il municipio, con la sala consigliare, le aule della scuola elementare con le date delle prime lezioni scritte sulle lavagne e la stanza del sindaco”.
73 anni, un’abilità manuale da fare invi dia e tanto amore per la sua Calvene, ha cominciato a costruire quello che si può tranquillamente definire uno dei più bei presepi del Veneto nel 2008 e da allora non si è fermato più.
“A tredici anni facevo il presepio con il tra foro, poi ho cominciato a lavorare presto, mi sono sposato, ho avuto figli e non ho più avuto tempo – racconta –. Nel 2008 ho par tecipato a un concorso a premi indetto dal parroco di Calvene, ho fatto il presepio da vanti casa e ho vinto il primo premio. Mi si è riaccesa la passione e ogni anno metto qualcosa di nuovo”.
Praticamente nel presepio Pasin ci ha co struito ormai almeno mezza Calvene. Ma a colpire e meravigliare non sono soltant le case, Contrà Maglio, il campanile, il muli no o il grande ponte di cemento, “il primo in Italia costruito con una unica arcata di cemento nel 1907 e studiato in tutta Italia”. Sbalordiscono i particolari: gli uccellini
Calvene è tutta nel presepio di Diego Pasin
sui rami con i nidi colmi di uova, le case finemente arredate con i libri sugli scaffa li e le finestre che si aprono. L’acqua scorre nel fiume e nel mulino, le pecorelle sono rivestite di lana perché “la plastica non è realistica”. E poi c’è l’orto vero, i lampioni illuminati, i pesci nell’acqua, il gattino che dorme nella cesta in casa. Vita vera, che si respira in un presepio interamente realiz zato a mano, dove ogni angolo si può riconoscere e dove non c’è confine tra l’antico e il presente, con il tempo che si mescola e catapulta nell’atmosfera calda di paese. “Mi ci sono volute 501 ore per costruire il municipio per il presepio di quest’anno. Nella sala consigliare ho messo l’immagi ne del presidente Sandro Pertini, che mi è rimasto nel cuore – dice orgoglioso Pasin
–. Ci sono tanti personaggi nuovi e anche questa volta mi ha aiutato mia sorella, che ha realizzato gli abiti in lana, interamente fatti a mano.
“Non ho voluto fare un presepio in legno o polistirolo, o con materiali moderni che vanno di moda adesso – continua l’autore -. Ci ho preso mano con il tempo, le case so no fatte in muratura, con mattoncini veri, saldati con la malta, come le case vere. L’ar redamento lo faccio a mano. Il presepio lo faccio sempre dentro una stalla. La natività è posizionata all’interno della riproduzione della stalla stessa, in onore del posto dove faccio il presepio”.
Il presepio di Pasin è inserito nel circuito della “Strada dei Presepi”, realizzato dalla pro Loco di Cittadella, che ha “schedato” i presepi più belli della regione realizzando un percorso turistico, proposto ai turisti con un opuscolo.
“Finalmente le restrizioni dovute al covid sono finite – conclude l’artista –. E possia mo ricominciare a vivere in modo normale. Invito tutti a vedere il presepio”.
Tutte le offerte raccolte grazie al presepio andranno in beneficenza grazie a Madre Elisa Valentina Baù, una suora che Diego Pasin conosce e che opera in una missione in Guinea Bissau, da lei stessa fondata. ◆
Diego Pasin in 6.500 ore di lavoro ha ricostruito, mattone su mattone, una parte del suo paese, trasformandolo nel posto dove nacque Gesù. “Quest’anno ho fatto anche il Municipio”.
[6] ◆ Thiene
Diego Pasin accanto alla “sua” Calvene ricostruita sotto forma di presepio. Nelle foto sotto, altri “scorci” dell’opera di Pasin
Attualità
La chiesetta è sempre al suo posto, con la sua gradevole struttura, la sensazione di essere un angolo di tranquillità che favorisce il raccoglimento. Il problema sono gli immediati dintorni.
Stefano Tomasoni
Non sembra un bel periodo per S. Maria in Valle. O meglio, per la zona che le sta intorno. La chiesetta è sem pre al suo posto, con la sua gradevole struttura, la sensazione di essere un angolo di tranquillità che favorisce il raccoglimento, e anche con una bella macchia colorata di fiori al di là del muretto, lungo la sponda della roggetta. Il problema sono gli imme diati dintorni.
Prendiamo l’area dove fino a qualche tem po fa c’era il mini-parco giochi, a sinistra della chiesa. Le attrezzature per i bambini erano tutto sommato poca roba: una “ca setta scivolo”, un’altalena, due o tre di quegli animaletti a dondolo su cui mettersi a cavalcioni. E tuttavia erano lì da decenni e avevano un loro senso, essendo l’unica area un minimo attrezzata per i giochi dei più piccoli, tra centro e Valletta. C’era un pro blema reale, è vero: le installazioni subivano troppo spesso le attenzioni dei vandali e di qualche “banda di sbandati” adusa a frequentare e a lordare le panchine lungo il vialetto che porta alla scalinata verso il Castello. Sicché i bambini si ritrovavano a giocare in parchetto non semplicemente sporco, ma con le attrezzature danneggiate
La zona di S.Maria non ha una bella cera
L’area del mini-parco giochi è lasciata all’erba incolta e alla sporcizia, la scalinata che va al Castello non se la passa meglio, le Scalette dell’Arco sono state rabberciate con delle badilate di bitume.
o con sotto il naso disegni e scritte volgari o oscene. Non proprio la cosa più edificante e piacevole. Aver tolto i giochi, però, ne ave vamo già scritto, lascia la brutta impressione di aver alzato bandiera bianca davanti all’inciviltà. Spiace, anche perché adesso là dove c’erano i giochi c’è un pateracchio di terra smossa, erba incolta e tanta sporcizia sotto forma di cartine e cartacce. Uno spet tacolo nel complesso poco decoroso. Rimanendo in zona, non si può non sotto lineare lo stato in cui non di rado si trova la vicina scalinata che sale verso il Castello. Per il fatto che si tratta di una zona poco fre quentata, nascosta alla vista e poco illuminata, diventa a sua volta un punto borderline, in cui è facile trovare sporcizia varia: carte, bottiglie di birra vuote (non sempre intere), lattine, avanzi di cibo, fazzoletti sporchi non si sa di cosa. Forse si potrebbe cominciare col togliere le due panchine che si trovano lungo la scalinata, tutto sommato utili soltanto a chi vuole appartarsi o per chi produce i rifiuti succitati.
E poi – last but not least - ci sono le Scalette dell’Arco, quelle che portano fino in cima a via Brolo del Conte passando in mezzo alle ville anni Sessanta, che all’epoca avevano fatto della zona la Beverly Hills scleden se. Da qualche tempo le scalette appaiono rabberciate così come si vede nella foto. Il tempo e il freddo avevano evidentemente
danneggiato in più punti le lastre di pietra che da sempre costituiscono la pavimen tazione della scalinata, ma le riparazioni sono state fatte non andando a sostituire le lastre rotte, quando piuttosto “trando là” qualche badilata di asfalto, e creando ine vitabilmente un effetto patchwork inguardabile.
È possibile (e sperabile) che si tratti di un intervento tampone in attesa di sistemare la scalinata in modo degno, ma siccome si sa che siamo il paese in cui niente è più definitivo del provvisorio, viene da pensare che sarebbe stato meglio intervenire subi to in modo definitivo, senza lasciare nemmeno per poco tempo questo spettacolo francamente orrendo.
In definitiva, è da augurarsi che nessun “foresto” in visita alla città capiti in questo periodo dalle parti di S.Maria, soprattutto non dalla scalinata del Castello e dalle Sca lette dell’Arco. Non ricaverebbe un’impressione di ordine e di pulizia. Meglio che si limiti a passare davanti alla chiesetta, dire magari una preghiera, e tirare innanz. A meno che non si faccia qualcosa per ri mediare alla situazione. Cominciando a sistemare le Scalette dell’Arco come Dio comanda e magari installando una teleca mera di sorveglianza che controlli la scalinata verso il Castello e l’area dell’ex parco giochi. ◆
Come appare ora l’area dove fino a un paio d’anni fa c’erano i giochi per bambini. Nella foto sotto, un punto delle Scalette dell’Arco rabberciate... alla peggio
[8] ◆ Schio
Attualità
È una vera “immersione” nelle
tombe dei Re egizi quella che si può vivere quando si entra nella sala che ospita la mostra, con i monumenti funerari riprodotti in scala 1:20.
Anna Bianchini
Thiene come la Valle dei Re in Egitto. In centro storico, nell’area dell’ex Nordera, si trovano le ricostruzioni, minuziose al limite della perfezione, fatte dall’architetto Gianni Retis, delle spetta colari tombe del faraone Seti I e di Nefertari, moglie di Ramsete II e nuora di Seti. Un tesoro conosciuto da pochi, realizzato dalle mani “sapienti” del noto architetto di Montecchio Precalcino e residente a Zanè, scomparso a 82 anni nel 2015. È una vera “immersione” nelle tombe dei Re egizi quella che si può vivere quando si entra nella sala che ospita la mostra e si viene accompagnati all’ingresso dei mo numenti funerari, costruiti in scala 1:20. Lunghi corridoi che scendono verso il bas so, con pozzi per dissuadere eventuali ladri dall’andare avanti e pareti completamen te ricoperte di geroglifici e disegni che raccontano la vita di Seti I e Nefertari, gli Dèi, le gesta, la famiglia dei Re, delle loro spose e dei numerosi figli.
La passione di Retis per l’architettura, lo aveva portato a costruire “modellini in sca la”, partendo dalle ville del Vicentino e da palazzi della provincia fino ad arrivare al le famosissime tombe dei due antichi reali egiziani.
Per Retis la passione per l’Egitto è stata in vasiva, fulminante, portandolo addirittura a elaborare teorie sulla costruzione delle piramidi per le quali, grazie alla sua espe rienza di architetto, ha formulato attendibili ipotesi. Teorie esposte nell’edificio che ospita la mostra sulle tombe, che si posso no approfondire grazie a dipinti e calcoli che raccontano le varie idee dell’architetto per edificare i monumenti funerari più fa mosi del mondo.
Ma parlando dell’antico regno egizio, è con i modellini delle tombe di Seti I e di Nefer tari che ha dato il meglio di sé. Nella riproduzione delle tombe di Seti I e della regina infatti, non è soltanto la rea lizzazione in scala perfetta a colpire il visitatore, ma anche la copia esatta dei geroglifici e dei disegni, riportati fedelmente e
La Valle dei Re è in centro a Thiene
Nell’area dell’ex Nordera si trovano le ricostruzioni, minuziose al limite della perfezione delle spettacolari tombe del faraone Seti I e di Nefertari, moglie di Ramsete II. Un tesoro conosciuto da pochi, realizzato dalle mani sapienti dell’arch. Gianni Retis, scomparso nel 2015.
minuziosamente, in grado di far comprendere alla perfezione che cosa fosse la sepoltura di un Re nell’antico Egitto e che cosa avessero provato gli archeologi che per primi scoprirono le tombe nella Valle nel momento dell’apertura delle varie porte e dei muri, fino ad arrivare al sarcofago che conteneva la mummia del re. Ad accompagnare il visitatore sono Stefania Vischio, Antonio Valle e Renzo Priante, cu stodi professionali e appassionati dell’arte di Gianni Retis, vere guide per far conoscere l’antico Egitto e la storia del re e della regina defunti durante la 19esima dinastia, Sono loro, consapevoli del tesoro che custodisco no nel palazzo all’ex Nordera, a organizzare visite e mostre, a far rivivere lo spirito dei faraoni nel cuore di Thiene (per visitare la mostra, si possono contattare i numeri 333 4134370 oppure 348 2921158).
“Retis ha fatto tutto a mano, senza l’aiu to di tecnologia – spiegano –. Appassionato del colore, aveva avuto l’idea di dipingere l’esterno dei capannoni industriali per ab bellirli”.
Un artista vero, architetto ma non solo, in grado di riprodurre edifici e pitture in sca la per farli apprezzare nel loro complesso, nella loro interezza.
La scoperta della tomba di Seti I, con l’en trata per la prima volta nel cunicolo dell’archeologo padovano Giovanni Belzoni, viene descritta da Stefania Vischio, docente in grado di far vivere al visitatore nel centro di Thiene un’emozione pari a chi entra nel la tomba nella Valle dei Re. È lei che, percorrendo i 7 metri del modellino riprodotto da Retis, descrive le sensazioni di incredu lità e stupore del team di Belzoni, fa osservare il soffitto ricoperto di stelle (ricostruito alla perfezione), descrive pitture e legge geroglifici come un’egittologa professio nista, capace di far sentire perfino l’odore pungente che si respira nelle vere tombe egiziane, quando per arrivare al sarcofago si entra nelle viscere della terra e si scende sempre più in basso, circondati da dèi con il volto di animali e da uomini antichi, che dai dipinti raccontano la vita in un’epoca lontana e meravigliosa. ◆
[10] ◆ Thiene
Il modello delle tombe egizie in mostra a Thiene
Attualità
Ha da passà ‘a nuttata / 2
Proseguiamo il nostro breve viaggio dentro la realtà sociale ed economica del territorio, alla luce delle difficoltà legate al periodo, tra rincari delle bollette energetiche, inflazione in aumento e scenari di incertezza geopolitica.
Il tessuto produttivo e commerciale locale sta resistendo all’attuale congiuntura economica, ma le incertezze sono molte ed è difficile fare previsioni sull’immediato futuro.
Camilla Mantella
Adare un’occhiata ai dati Istat, gli indicatori economici sono buo ni: all’inizio dell’autunno in Italia crescono le vendite al dettaglio e le aziende del Bel Paese risultano le più produttive del gruppo dei G7. I risultati sono positivi e in coraggianti, ma vanno contestualizzati: gli aumenti sono spesso calcolati avendo come riferimento il 2020 o il 2021, anni in cui tut to il tessuto produttivo è stato pesantemente toccato dalla pandemia. Per cui se da un lato possiamo festeggiare una certa tenuta del mondo economico – soprattutto consi derato il vicino conflitto ucraino – dall’altro la situazione è ancora molto fragile e incer ta e per l’immediato futuro è difficile prevedere rimbalzi positivi degni di nota.
La situazione del settore commerciale e di quello industriale “Veniamo da un triennio davvero complicat - spiega Guido Xoccato, presidente del mandamento di Schio di Confcommercio -. Scontiamo lunghi mesi di difficoltà e pro babilmente il settore commerciale è stato quello maggiormente colpito dalla crisi economica legata alla pandemia. Proprio nel momento in cui iniziavamo a intrave dere un timido miglioramento, alla fine dello scorso anno, abbiamo dovuto fare i conti con una nuova fase di instabilità in ternazionale. Certo, nel frattempo ci sono stati anche dei risultati positivi, penso al boom turistico dell’estate appena trascor sa, ma in linea generale permangono forti dubbi sui prossimi mesi. Con l’inflazione galoppante e l’aumento del costo della vita, ci chiediamo se e quanto le persone conti nueranno a riempire i negozi”.
Anche per l’industria la congiuntura attua le è tutt’altro che di semplice gestione. “Il momento non è semplice - interviene Silvia Marta, presidente d el Raggruppa
Industria e commercio alla prova dell’inverno
“Ci sentiamo in balìa di speculazioni non controllabili e abbiamo bisogno d’aiuto, altrimenti i più esposti tra noi non riusciranno a tenere aperto”, dice Silvia Marta, presidente degli Industriali dell’Alto Vicentino. “Siamo alla finestra in attesa di capire che inverno ci aspetterà – dice il presidente dei Commercianti, Guido Xoccato -. Schio oggi è più viva e animata. Si può sempre migliorare, ma l’obiettivo è non perdere ciò che è stato ottenuto finora”.
mento Alto Vicentino di Confindustria -.
Le aziende stanno soffrendo, e quando le aziende iniziano a soffrire questo si riper cuote anche sui dipendenti, sulle loro famiglie e, allargando la prospettiva, su tutto il tessuto comunitario. Come imprenditori siamo abituati ad affrontare congiunture sfavorevoli: lo abbiamo fatto con la crisi del 2008, poi con quella del 2011, ancora con la pandemia del 2020. Affrontiamo con corag gio anche la crisi attuale, ma ci sentiamo in balìa di speculazioni non controllabili e abbiamo bisogno d’aiuto, altrimenti i più esposti tra noi non riusciranno a tenere aperto, con tutto ciò che la perdita di re altà produttive comporta per il nostro territorio, che per quanto sia vivace, proattivo e capace di resistere viene da 14 anni di impegno contro scenari macroeconomici negativi”.
Caro energia,
inflazione e costi delle materie prime
“Come commercianti ci troviamo a doverci destreggiare su due fronti – sottolinea Xoccato -. Da un lato l’aumento del co sto dell’energia e delle materie prime sta rendendo difficile tenere aperti gli eser cizi più energivori – come ad esempio i panifici, che hanno visto triplicare, qua druplicare e in alcuni casi quintuplicare le bollette mensili – e continuare ad ap provvigionarsi a prezzi adeguati. Dall’altro l’inflazione ormai a doppia cifra contrae i consumi dei clienti, vanificando gli sforzi per offrire beni e servizi di qualità. A volte ci troviamo a dover fare i conti con fornitori che aumentano i prezzi nell’arco di una nottata e per alcuni colleghi que sto significa dover decidere se aumentare i prezzi, consapevoli che i clienti potreb
[12] ◆ Schio
bero comprare meno o altrove, oppure abbassare le serrande”.
“Anche l’industria, ovviamente, fa i con ti con il caro energia, a cui si aggiungono gli aumenti dei prezzi legati ai trasporti e quelli delle materie prime – specifica Silvia Marta -. Per chi fra noi è importatore, poi, pesa molto l’attuale tasso di cambio tra eu ro e dollaro: negli ultimi mesi la valuta statunitense si è rafforzata significativamente, per cui ci troviamo in una situazione di svantaggio economico che si somma a tut te le altre criticità. Anche il rialzo del tasso dei mutui, utile per frenare l’inflazione, fa sì che l’accesso al credito sia tutto in sali ta, esponendo soprattutto le industrie che desiderano fare investimenti o che, sem plicemente, hanno bisogno di liquidità per far fronte agli aumenti attuali”.
Attualità
“Necessario
sostenere
le imprese” “Gli imprenditori hanno bisogno di essere sostenuti, come si era fatto durante la pan demia – prosegue Marta -. Ci auguriamo che il governo ci stia a fianco: non basta che Con findustria venga invitata a partecipare ai vari tavoli di lavoro, servono soluzioni concrete e declinabili sui territori. Nessuno ha la bacchetta magica, ma è necessario che re altà produttive, governo e parti sociali remino verso la stessa direzione, concentrandosi sull’arginare le speculazioni finanziarie che stanno giocando al rialzo scommettendo sulle difficoltà del tessuto produttivo. Ecco, quello che non è assolutamente asupicabi le è che si vada avanti con una serie di ‘falsi aiuti’ che da un lato ti agevolano e dall’altro ti tolgono: ci sono broker energetici che of frono contratti a costi tollerabili – non buoni, ma tollerabili – che chiedono fideiussioni bancarie prima della stipula dei contratti, di fatto addossando nuovi costi sulle spalle degli imprenditori costretti a ricorrere agli istituti di credito come garanti”.
“Soffriamo la speculazione nelle nostre attività quotidiane - aggiunge Xoccato -.
E questi continui rialzi rendono davvero difficile fare delle previsioni. Quanta mer ce dovrò tenere a magazzino? Molti negozianti stanno facendo investimenti al buio, ordinando beni per la prossima stagione sperando che da un lato nel frattempo i costi di acquisto non lievitino e dall’altro che l’inflazione non deprima la richiesta di prodotti da parte dei consumatori. Il ri schio di invenduto è alto, l’ansia nella programmazione si sente”.
Un territorio che tiene e reagisce “Come commercianti, però, siamo abituati a vedere il bicchiere mezzo pieno - osserva Xoccato -. Dobbiamo mantenere alta la spe ranza tutte le volte che riceviamo segnali positivi da parte dei clienti. I negozi sono il riflesso del commerciante che li anima:
se manca la fiducia nel futuro le vetrine vengono trascurate, gli scaffali si svuota no e ne perde anche la comunità. Grazie al lavoro che è stato fatto negli scorsi anni dal Distretto del Commercio, dall’Associa zione Cuore di Schio, dalla stessa Ascom e dall’amministrazione comunale, oggi pos siamo notare che gli esercizi commerciali scledensi stanno resistendo all’urto di que sta crisi. Certo, siamo tutti alla finestra, in attesa di capire che inverno ci aspetterà: siamo preoccupati, ma ci facciamo forza dei risultati raggiunti, considerando pe raltro che alcuni settori, come quello del food e del turismo, stanno reggendo bene. Ci auguriamo di poter attraversare questo difficile frangente con meno perdite pos sibili. Schio oggi offre varie opportunità di acquisto, è più viva e animata. Si può sem pre migliorare, ma l’obiettivo è non perdere ciò che è stato ottenuto finora”.
“In questi mesi ci concentreremo sulle sfide che giorno dopo giorno ci verranno poste di fronte - conclude dal canto suo la presidente degli Industriali dell’Alto Vicentino -. Pur troppo fare previsioni è impossibile, trovare facili soluzioni impensabile. Le industrie sono frenate sulla progettualità e sulla pro grammazione per il futuro e si aspettano un aiuto da parte delle istituzioni, quantomeno delle facilitazioni che rendano più semplice il fare business in questo frangente. Quan do una realtà industriale chiude, il danno sociale ed economico è importante e va a toccare direttamente la vita delle persone. Siamo un raggruppamento che lavora su un territorio industrialmente vario, avanzato, forte, ma ora abbiamo bisogno di sostegno, soprattutto contro meccanismi che rispon dono a logiche economiche-finanziarie lontane dall’economia reale”. ◆
Schio ◆ [13]
Silvia Marta (Industriali)
Guido Xoccato (Commercianti)
Il personaggio
Moro si può definire come l’erede dell’Antica Corderia Verona di Thiene. Lo si può vedere all’opera spesso nel corso di eventi che richiamano appunto i mestieri antichi, invitato qua e là per l’Italia. A cominciare proprio dalla Rievocazione storica thienese.
Omar Dal Maso
Chi… tende a tirare troppo la corda, per evitare di far danni può rivolgersi a Rodolfo Moro, un thienese che, nell’anno 2022, rimane tra i pochissimi esperti in materia. La materia, in senso fi sico, è composta dai fili di canapa, necessari per intrecciare le robuste corde “di ogni or dine e grado” secondo un metodo antico che solo i maestri artigiani del mestiere, detti cordai (o cordaioli in alcune zone d’Italia), conoscono a menadito e sanno mettere in pratica come una volta. A patto di aver a di sposizione gli strumenti adatti e una sorta di telaio d’altri tempi. Attenzione che qui, a Thiene, è lecito parlare anche di “sogàro”, dal dialetto veneto che indicava il fabbrica tore di corda “in proprio”. La sòga, appunto. Un mestiere di nicchia che per due secoli buoni ha dato da mangiare a intere famiglie. Rodolfo Moro, conosciuto con il diminuti vo di “Rudy”, a buon diritto si può definire come l’erede dell’Antica Corderia Verona di Thiene. Lo si può vedere fisicamente all’o pera spesso (e per lui più che volentieri) nel corso di eventi che richiamano appunto i mestieri antichi, invitato qua e là per l’I talia. Senza far tanta strada, quello più a portata di mano è proprio a Thiene, quan do ogni ottobre si svolge l’evento “Thiene 1492”, rievocazione storica della concessio ne del mercato franco del lunedì, ottenuta dopo la conquista della città di Rovereto da parte dei thienesi, riportando l’orologio del tempo indietro fino al Medioevo.
Anche Rudy Moro attiva la sua personale macchina del tempo per scoprire gli albo ri di questa genuina passione per la corderia, termine che più di qualcuno andrà a digitare sui motori di ricerca. Per lui, in vece, 45enne thienese doc, basta chiudere un attimo gli occhi e “indietreggiare” di una trentina d’anni o poco più. A quando
L’ultimo cordaio di Thiene
era bambino e frequentava la Corderia del nonno, così come oggi, ricordandolo sem pre indaffarato tra spaghi e cordoni di diverse lunghezze, composizioni e spessori. Il più delle volte all’ombra di gelsi secolari, su una striscia di terra lunga e stretta chia mata “àndio”. Attrezzi dalle forme bizzarre e matasse di corde accatastate qua e là, oggi divenuti cimeli preziosi sul piano tanto af fettivo quanto della storia artigiana locale.
La famiglia fa Verona di cognome, di resi denza a Thiene. Quasi una “stirpe” di artigiani laboriosi, della contrada Capovilla, ora via San Camillo De Lellis, che ospita la sede dell’antica officina. Il laboratorio, chiuso a fine anni ‘80, ha ripreso vita pro prio grazie a Rudy, che già in età matura ha deciso di apprendere l’arte della corderia, sfruttando l’abilità e le conoscenze delle zie e mettendoci tanto di suo.
Oggi la sede è diventata anche un Museo della Filatura, una vera e propria finestra sulla storia di un lavoro del passato che seppur messo in “naftalina” accresce il proprio fascino man mano che se ne affie volisce il ricordo in epoca moderna. Oggi la filatura a mano della canapa rap presenta per Rusy una passione e una fetta importante della sua vita, a fiamco del cugino Giorgio, probabilmente il più gio vane filatore in Italia, di Roberto, maestro di “mòla”, e di Roberta, le persone che lo
accompagnano spesso nei suoi viaggi in qualità di esperti artigiani e che regalano insegnamenti ai tanti curiosi impazienti di apprendere le badi di un’arte manua le la cui memoria si perde nei secoli. Una passione che ha origine in frammenti di memoria della fanciullezza, poi il resto lo hanno fatto un il destino e la voglia di ri mettersi in gioco. E, come spesso accade, serve una “leva” offerta dal destino.
“È iniziato tutto con una telefonata degli organizzatori della Rievocazione a Thiene, parecchi anni fa, ridestando l’interesse per il laboratorio chiuso a metà anni ’80 – rac conta Rudy -. Insieme ai volontari del gruppo ?Amici di Thiene’ e grazie alla memoria storica delle figlie di Francesco Verona, Ma ria e Valentina, si è deciso di ricostruire un telaio da filatura sulle specifiche di quello esistente in laboratorio, un macchinario in uso ancora oggi a distanza di vent’anni. All’interno del museo inoltre conserviamo anche attrezzi utilizzati oltre due secoli fa”. Un Museo della Filatura che propone atti vità didattica per le scuole del circondario, ma c’è chi viene da ogni parte di Italia per visitare la corderia
Rudy Moro abbraccia la cultura in ogni suo ambito, non solo quello storico, e coltiva più passioni sin dai tempi degli studi in Econo mia, completati a Venezia, città che conosce come e forse più del laboratorio, dove ha vis
storica di Thiene.
Rodolfo Moro rimane tra i pochi in Veneto a conoscere il mestiere antico del cordaio, appreso dalle zie e dal nonno Francesco, detto il “Barba Sogàro”, nel laboratorio di San Vincenzo.
Rodolfo Moro al lavoro nella sua attività-passione di cordaio
[16] ◆ Thiene
Attualità
Unendo la musica alla didattica, Scapin sta ottenendo notevoli soddisfazioni: crea laboratori che sono percorsi ludico-ricreativi, per tutte le classi, soprattutto in quelle dove sono inseriti alunni disabili.
MMirella Dal Zotto
atteo Scapin, in arte Matthews S., classe 1989, oltre che esse re compositore, produttore discografico e musicista, si occupa di disabilità, mettendo le sue competenze a servizio delle persone con handicap. Incontrarlo è un’esperienza arricchente, perché si ha a che fare con un artista e con un uomo di grande sensibili tà, che dopo anni sta raccogliendo i frutti di un paziente e convinto lavoro. In que sto periodo della sua vita insegna produzione musicale all’Istituto Musicale Veneto Città di Thiene, alla scuola di musica Pan tarhei di Vicenza, all’associazione Arte Sia di Bassano; propone i suoi progetti in varie scuole e si occupa di disabilità cercando di usare la musica e le immagini come faci litatori comunicativi. Nel febbraio scorso, all’Università Cattolica di Milano, ha tenu to una lezione parlando della sua attività. “Nasco come sound designer – spiega – cioè mi occupo della musica all’interno di un film o di uno spot pubblicitario, adattan dola al video. Ho collaborato con brand come Miu Miu e Prada, ho lavorato con Discovery Channel. Sono state esperienze che mi hanno arricchito, ma è il contatto quo tidiano con la disabilità che umanamente mi fa crescere di più e mi stimola a cercare nuove strade”.
Finito il liceo socio-sportivo a Thiene, do po il diploma Matteo Scapin ha optato per un paio d’anni di servizio civile a favore di
Matteo Scapin, umanità in musica
Matteo Scapin, in arte Matthews S., classe 1989, oltre che essere compositore, produttore discografico e musicista, si occupa di disabilità, mettendo le sue competenze a servizio delle persone con handicap.
soggetti con handicap, scegliendo di pro posito questo specifico settore che già in quarta superiore, nel corso di uno stage, aveva sentito come particolarmente adatto a lui. Non ha frequentato il Conservatorio, anche perché in quel tipo di scuola la sua specializzazione non è contemplata, e non si è iscritto all’Università sia per non pesa re sulla famiglia che per spirito d’indipendenza: la sua scuola è stata la vita – si dice così, - ma l’affermazione in questo caso è proprio azzeccata.
Unendo la musica alla didattica sta otte nendo notevoli soddisfazioni: crea laboratori, che sono percorsi ludico-ricreativi, per tutte le classi, e lo fa soprattutto in quelle dove sono inseriti alunni disabili, parten do dalle idee di bambini e ragazzi per concretizzarle musicalmente. È attivo anche all’associazione Edùco di Thiene, propo ne i suoi laboratori “Music4all” a disabili e non, sta introducendo la pet therapy nei suoi vari interventi. Lo scorso 5 novembre, nella biblioteca civica di Schio, ha curato la colonna sonora per la presentazione di “Vuoi volare con me?”, delicato libro sulla disabilità scritto da Elena Mantiero. “Le persone diversamente abili mi tra smettono moltissimo – afferma convinto -. In questo periodo è Filippo, un cin-
quantenne affetto da sindrome di Down, la mia medicina naturale. Dall’esperienza con chi, per tanti versi erroneamente, rite niamo meno fortunati di noi normodotati (termine che non mi ha mai convinto), è nato anche Matebox, una sorta di scatola interattiva che, unendo immagini e musi ca, viene sperimentata nelle scuole e negli studi specialistici medici: permette di la vorare sui bisogni di chi non si sa esprimere verbalmente, si può personalizzare ed ha molte potenzialità, a mio avviso, anche per soggetti affetti dall’Alzheimer. Matebox un brevetto e nutro serie e concrete speranze che possa essere prodotto su vasta scala: la musica è tutto per me, vorrei tanto che fos se un aiuto concreto per gli altri”. ◆
2015: giudicato “miglior artista emergente” da MTV Italia. Assegnatario del premio “Città di Thiene”.
2016: firma un contratto con la casa editrice indipendente INRI.
2018: esce l’album “First”.
2019: escono due singoli.
2020: in era Covid, pubblica “DayDream”, esperimento di smart playing music (lo smart working dei musicisti)
[18] ◆ Thiene
Attualità
“Stiamo raccogliendo le manifestazioni di interesse da parte di diverse associazioni cittadine ‘in cerca di casa’ che si dimostrino in grado di prendere in carico la gestione di questo spazio”, dice l’assessore Maculan
Elia Cucovaz
Il Rustico Pettinà per tanti anni è stato senza dubbio uno dei più vivaci poli di aggregazione della comunità locale: uno spazio aperto alle esigenze di famiglie e gruppi, sede di associazioni e servizi, tra cui un ambulatorio infermieristico, non ché punto di riferimento ricreativo e culturale. Sembra strano doverne parlare al passato, ma il presente e futuro dell’ormai ex centro civico del quartiere non è mai stato così incerto. Da giugno infatti le porte del lo storico edificio, caratterizzato dall’ampio porticato, per tanti anni animato da feste pubbliche e private, assemblee, mostre, presentazioni e iniziative di ogni tipo, so no chiuse.
Il centro civico dell’ormai ex Consiglio di quartiere “Stadio-Poleo-Aste-San Marti no-Cappuccini” è stato vittima del flop elettorale dell’ottobre 2021: il non raggiun gimento del quorum (nella circoscrizione aveva votato solo l’11% dei residenti, contro un minimo richiesto pari al 15%) ha porta to al decadimento del Cdq numero 2 che ne aveva in carico la gestione garantendone l’accessibilità. La strada dell’”associazione di quartiere”, che pure era stata costituita per portarne avanti lo spirito e l’attività, si è rivelata, alla prova dei fatti, troppo ardua. Il problema principale è stato il canone ri chiesto dall’amministrazione per l’affitto
Che peccato il Rustico Pettinà tutto chiuso
Dopo esser stato per anni un fulcro della vita del quartiere, animato da feste pubbliche e private, assemblee e iniziative di ogni tipo, il Rustico da giugno è chiuso. Il centro civico dell’ormai ex Consiglio di quartiere “StadioPoleo-Aste-San Martino-Cappuccini” è stato vittima del flop elettorale dell’ottobre 2021.
del centro civico: 8 mila e 800 euro annui, utenze escluse. Una cifra giudicata non sostenibile dai volontari, che, dunque, hanno scelto di fare un passo indietro.
L’ultimo atto di questa vicenda è ora la chiusura formale dell’associazione, attual mente in corso, come confermato dal suo presidente Renzo Ferracin. La situazione di stallo è sancita anche da un laconico co municato presente sul sito del Comune di Schio: “In seguito al mancato raggiungi mento del quorum alle elezioni del 3 ottobre 2021, il Rustico Pettinà non è più sede del Consiglio di Quartiere. Attualmente il servizio di affitto del salone o del portico è sospeso”.
Restano il dispiacere e l’amarezza per la fi ne di un’esperienza trentennale di autogestione del Rustico da parte della comunità locale, espressa da volontari a lungo attivi nel quartiere come Alcide Pettinà, Augusta Golo, Stefano Aver, che del Cdq 2 è stato l’ul timo presidente.
“Ci saremmo aspettati un maggiore spiri to di collaborazione da parte dell’amministrazione comunale - spiega quest’ultimo -. Soprattutto perché un consiglio di quar tiere, sia nella vecchia forma di istituto di partecipazione civica sia nella nuova for ma di associazione, non svolge un’attività economica propria, ma gestisce il centro civico a uso dei cittadini. Comprendiamo che il Comune debba muoversi entro i bi nari della normativa, ma ci è dispiaciuto
Lo
Schiocco
Una multa non basta
Qualcuno è salito con una Cinquecento su questo marciapiede accanto all’ingresso dello stadio “De Rigo” e in un colpo solo è riuscito a ostruire il passaggio dei pedoni, a bloccare l’ap posita via di discesa per carrozzine e passeggini e a farsi beffe delle strisce pedonali che portano appunto al mar ciapiede (o vi partono, a seconda dei punti di vista). Un “tris” che meritereb be altrettanti provvedimenti: multa, rimozione forzata e obbligo di scrive re cento volte “Toglietemi la patente se parcheggerò ancora in questo modo”. Anzi, cento sono poche. Cinquecento, toh. [S.T.]
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che, all’interesse per la questione manifestato a parole quando è stato discusso il problema, non sia seguita una concreta vo lontà di trovare una soluzione che permettesse di mantenere aperto quello spazio a individui ei gruppi. Da parte dei volonta ri riuniti nell’associazione di quartiere c’è stato il tentativo di portare avanti la gestio ne, come è stato fatto fino a giugno per garantire almeno le attività già programmate. Però a fronte di un costo di affitto così
elevato la buona volontà non basta. Peccato che un patrimonio pubblico così bello e - fino a pochi mesi fa - vivo e vivace, oggi debba restare inutilizzato”.
A puntualizzare la situazione per l’ammi nistrazione comunale è l’assessore Alessandro Maculan.
«In seguito al mancato raggiungimento del quorum alle ultime elezioni dei consi gli di quartiere, l’associazione che aveva in gestione il Civico Pettinà a Poleo ha deci so di cessare la propria attività e di conseguenza le convenzioni con il Comune per l’uso degli spazi sono decadute - dice Ma culan -. A Poleo, così come per altri consigli di quartiere, sarebbe bastata una mancia ta di voti per raggiungere il quorum. È doveroso continuare a incentivare e favorire la partecipazione attiva e diretta della cit tadinanza negli organi decentrati, potenziando ulteriormente i processi di coinvolgimento e questo in parte dipende anche da noi tutti, amministrazione e cittadini stessi. Per quanto riguarda ora il futuro dell’edificio Rustico Pettinà stiamo racco gliendo le manifestazioni di interesse da parte di diverse associazioni cittadine “in cerca di casa” che si dimostrino in grado di prendere in carico la gestione di questo spazio che, in linea con quanto avvenuto fi
Attualità
nora, dovrà comunque essere a disposizione in parte della comunità del quartiere». Il tema dell’uso dei centri civici non inte ressa solo il Quartiere 2, ma anche alcune delle altre aree della città in cui il Cdq non è stato costituito a causa della troppo esi gua partecipazione alle elezioni per il rinnovo. Tuttavia è particolarmente sentito in quella circoscrizione che aveva fatto del Rustico Pettinà il proprio fiore all’occhiel lo. Lì, infatti, oltre alle riunioni di varie associazioni che avevano posto lì la propria sede e all’ambulatorio infermieristico vo lontario che erogava varie prestazioni e che ora è chiuso, si svolgevano feste aperte a tutti, come quelle di Natale e Carnevale, e iniziative di carattere quanto mai vario: dalle presentazioni di libri alle assemblee di condominio, passando per gli incontri dell’amministrazione coi cittadini, fino al la recita del fioretto mariano.
La speranza di tutti è ora quella di rive dere il Rustico Pettinà, dopo qualche mese di stop, tornare ad essere, in un modo o nell’altro, lo spazio di incontro e confronto che da sempre ha rappresentato. ◆
Scoprire l’autunno camminando in collina
Èin pieno svolgimento il programma di “Autunno in collina”, sei appun tamenti in mezzo alla natura organizzati dalle cooperative Biosphera ed Ecotopia in collaborazione con il Comune: passeggiate, escursioni e laboratori dedicati ad adulti e bambini, per scoprire il territo rio collinare, da ottobre a dicembre. Si tratta di una nuova proposta per conoscere di più e meglio la natura e i paesaggi di Schio, do po il successo dell’edizione estiva.
In occasione della prima uscita, “Alla scoperta del Giardino dei Sogni di Monte Magrè”, hanno partecipato una quarantina di persone, fra cui famiglie con bambini. “Già da tempo poniamo un’attenzione particolare ai più piccoli quando organiz ziamo rassegne dedicate alla scoperta dei nostri luoghi - dice l’assessore alla promo zione del territorio Barbara Corzato -. Con ‘Autunno in collina’ cerchiamo di far cono scere la bellezza che ci circonda e di favori-
re il contatto con la natura, soprattutto per quei bambini e quei ragazzi che negli ulti mi due anni hanno trascorso troppo tempo davanti agli schermi del computer. Tutte le proposte di questa rassegna, inoltre, sono curate da due realtà del territorio che han no una notevole esperienza nell’organizzare attività “outdoor” per famiglie e bambini. Conoscere il territorio, viverlo con gioia e divertimento e renderlo parte della pro pria quotidianità fin da piccoli aiuta senz’altro a rafforzare il rispetto per l’ambiente e la sua cura”.
Nel mese di ottobre si sono svolte due escursioni: una da Magré a Contrà Ri ve dove alla Fattoria Roversa Stefano Ramazzotto ha presentato il suo libro “Antichi Segreti”, un giallo ambientato in Val Leogra, e l’altra tra i boschi di Sant’Ulde rico, con castagnata finale. A novembre i più piccoli hanno passeggiato in Valletta e al Castello, raccogliendo materiali per le lanterne da usare poi nei boschi. Domeni ca 4 dicembre si “scoprirà” la frazione di S.Rocco e sabato 17 dicembre la rassegna si chiuderà con una caccia al tesoro nei boschi di Monte Magré, con laboratorio creativo natalizio.
E soprattutto si andrà tutti gioiosamente a passo lento, perché la bellezza della natura va assaporata con calma. ◆ [M.D.Z.]
Schio ◆ [21]
Attualità
Camilla Mantella
Nelle scorse settimane la colonnina di rilevazione della velocità appena installata su via Leonardo da Vin ci, la strada che collega l’ospedale De Lellis con Poleo, ha registrato il passaggio di un’automobile a velocità da record: oltre 100 km/h. Via da Vinci, dove in passato si sono registrati incidenti mortali, è spesso percorsa a grande velocità, soprattutto di prima mattina, quando da Poleo si scende verso il centro per raggiungere le scuole e la zona industriale: complice la lunga di scesa, si accelera parecchio, e pericolosamente.
Ma cosa si può fare per costringere i guida tori a moderare la velocità? Quali strumenti di dissuasione sono presenti in città?
Partiamo da un primo dato: a Schio non ci sono autovelox fissi. Eventuali controlli di velocità vengono effettuati con strumenta zione mobile dalla Polizia locale.
“Abbiamo chiesto alla Prefettura di poter installare degli autovelox fissi sul territo rio comunale - spiega Giovanni Scarpellini, comandante del Consorzio di Polizia Locale NordEst Vicentino -. In particolare recentemente abbiamo domandato l’auto rizzazione per collocarli su via Maestri del Lavoro e proprio su via Leonardo da Vinci, ma non ci è stata concessa”.
La Prefettura valuta le domande vaglian dole assieme alla Polizia Stradale e ha ritenuto che per le strade scledensi non siano necessari autovelox. Che peraltro latitano in tutto l’Alto Vicentino, dove sono stati collocati solo sulla salita del Costo, contri buendo alla riduzione degli incidenti. “Non possiamo dimostrare in assoluto che gli autovelox fissi determinino una ridu zione dei sinistri - prosegue Scarpellini -. Altre province del Veneto, dotate di un nu mero maggiore di questi strumenti, registrano in ogni caso numeri di incidenti in linea con i nostri. Tuttavia esperienze co me quella della strada del Costo ci dimostrano che un certo grado di deterrenza è evidente”.
Se quindi, per il momento, gli autovelox non sono presenti, ci sono altri strumenti a cui si ricorre per invitare alla riduzione della velocità: l’installazione (dove possibi le) dei dossi e delle piattaforme, i controlli mobili della Polizia locale e le colonnine per la rilevazione della velocità. Queste ul time sono attualmente 4 su tutto il terri-
Andavo a 100 all’ora
Sono ancora numerosi gli automobilisti che attraversano a tutta velocità le vie del centro abitato, superando di molto i limiti consentiti. Come si può intervenire per prevenire incidenti che possono avere esiti mortali?
torio comunale: una è quella, come scrivevamo, di via Leonardo da Vinci, mentre le altre sono su via Rovereto all’intersezione con via Brandellero, su via San Giorgio al bivio tra contrada Calesiggi e via Falgare, e l’ultima su via Lungo Gogna. Nel frattempo i cittadini più attenti avran no notato che sono stati rimossi i box arancioni di predisposizione per gli autovelox che erano stati installati una decina di an ni fa: rimasti vuoti, hanno finito per essere dismessi perché non più compatibili con la vigente normativa, che li vedeva troppo vicini alle instersezioni stradali. Ne riman gono sei a norma di legge corrente, dove la Polizia locale può installare l’apparecchia tura mobile per i controlli.
L’eccesso di velocità è nella maggior parte dei casi una concausa determinante per gli incidenti stradali. “Spesso l’eccesso di velo cità si lega allo stato d’ebbrezza, che di fatto diventa il motivo determinante dell’inci dente – conclude Scarpellini -. Ci si mette ancora troppo spesso alla guida senza essere nelle condizioni di farlo, causando danni a sé e agli altri che talvolta sono ir reparabili”.
Si cerca quindi di lavorare sulla sicurezza stradale a tutto tondo, per prevenire com portamenti poco responsabili ed educare soprattutto i guidatori di domani.
“Circa tre anni fa abbiamo organizzato un ciclo di riunioni sul piano del traffico con i consigli di quartiere, durante i quali ab biamo dedicato uno spazio proprio al tema sicurezza stradale - precisa Sergio Rossi, assessore all’Urbanistica, Lavori Pubblici, Edilizia Privata -. Attualmente il Consorzio di Polizia locale è impegnato in attività di educazione stradale in tutte le scuole del territorio: è un’opera di sensibilizzazione molto importante perché rivolta alle nuo ve generazioni in un’ottica di prevenzione. Spesso grazie alla formazione ricevuta in aula sono proprio i giovani - in particolar modo i bambini - a ‘insegnare’ ai genito ri a prestare attenzione alla guida. Come amministrazione stiamo intervenendo sul miglioramento della sicurezza degli attra versamenti pedonali come in viale dell’Industria, in via da Vinci o in via Cap. Sella e con l’installazione di pannelli di rileva mento della velocità veicolare. Stiamo lavorando con le risorse a disposizione anche grazie alla partecipazione a bandi pubbli ci su un tema che è da sempre una nostra priorità. Ci tengo a sottolineare quanto sia fondamentale il rispetto delle norme quando ci troviamo in strada, tanto per i conduttori dei veicoli quanto per gli uten ti ‘deboli’ come pedoni e ciclisti che sono esposti a un rischio maggiore”. ◆
[22] ◆ Schio
Via Leonardo da Vinci è una delle strade cittadine più a rischio, considerata l’alta velocità con la quale in molti la percorrono. Negli anni si sono già verificati vari incidenti, anche mortali
Attualità
Frequentando qualche cimitero scledense, nei primi giorni di novembre, si sarà notata la grande disparità di tombe che caratterizza i camposanti loca li, così come quelli di tutta Italia: splendide tombe di famiglia degli inizi del secolo scorso, altre anni Sessanta-Settanta che se gnano l’opulenza di grandi industriali del boom, altre ancora più o meno ricercate disseminate nei vari campi, alcune abban donate, loculi con innumerevoli tipi di vasetti per contenere qualche fiore.
Tutti, sia chiaro, vogliamo ricordare i nostri cari nel miglior modo possibile, e lo dimo striamo spendendo chi più chi meno per tumulare i feretri. Ma davanti alla morte non siamo forse tutti uguali? Siamo sicuri che le persone care vogliano proprio quel che per loro desideriamo noi? Magari ce l’hanno rivelato in vita, se hanno fatto a tempo, o magari, come la nonna di chi scri ve, hanno sempre evitato l’argomento con un diplomatico e scaramantico “ci penserò al momento opportuno”.
Così lanciamo un’idea che ci è balenata osservando i campi preparati nella nuova ala del cimitero principale della città: per ché non riservare uno spazio per chi vuole riposare sotto una semplice croce bianca uguale a quella di tanti altri? Ricorda trop po i cimiteri militari e non vogliamo spartire nulla con le guerre? Vero, ma è possibile copiare: potremmo, che so, proporre croci in ferro battuto o lapidi bianche dello
E se in cimitero ci fosse uno spazio per riposare in pace tutti uguali?
La proposta: riservare un’area, in cimitero, per chi vuole riposare sotto una semplice croce, uguale a quella di tanti altri, o con lapidi dello stesso formato e misura.
stesso formato e misura. Sarebbe pure bel lo, nell’area del Novegno dove le ceneri vengono disperse, che gli alberi lì vicino avessero una targhetta col nome del defunto: si piantano gli alberi per i neonati, perché un albero non può ricordare, in altro luogo, una persona deceduta?
In tanti anni abbiamo assistito a funera li tradizionali con seppellimenti a terra o in tomba di famiglia, a cerimonie in chie sa che si chiudono con la partenza verso la cremazione del feretro che così si fa un ul timo viaggio, a doppie cerimonie con con-
seguente sistemazione dell’urna cineraria in casa, a spargimenti nel vento di cene ri: lo scorso anno, una quasi centenaria e originale parente ha voluto espressamente essere dispersa sul Summano e prima ha lasciato detto che chi era lì doveva brindare in suo ricordo.
Pur condividendo in pieno, per il momen to, il pensiero della nonna espresso sopra, l’opzione delle croci o delle lapidi bianche su campo verde, unitamente a quella degli alberi con targhetta, ci riposa il cuore e ci mette in pace più di tutte le altre. ◆ [M.D.Z.]
“Puliamo il mondo”, due ciclabili liberate dai rifiuti
Anche quest’anno Schio ha partecipato all’iniziativa di Legambiente “Puliamo il mondo”, uno dei più importanti momenti di volontariato am bientale per liberare dai rifiuti i parchi, i giardini, le strade, le piazze e i fiumi. L’ap puntamento in città si è tenuto il primo sabato di novembre per ripulire i cigli della strada e i dirupi lungo le ciclabili di viale dell’Industria e via Maestri del Lavoro. «Con questa iniziativa, che negli anni scor si ha ottenuto un grande successo di partecipanti, vogliamo promuovere l’impegno verso il bene comune, sensibilizzare la cit tadinanza sull’importanza della tutela del territorio e invitare a riflettere anche chi si comporta incivilmente - dice l’assesso re all’ambiente Alessandro Maculan -. Per l’edizione di quest’anno abbiamo concen
trato le attività di pulizia lungo due dei principali assi viari della città affiancati da altrettanto estese piste ciclabili, dove i fenomeni di micro-abbandono di rifiuti associati ai cattivi comportamenti di alcu ni conduttori delle migliaia di autoveicoli che le attraversano ogni giorno si fanno evidenti».
«Tutto iniziò nel 1989 quando un velista di Sidney si organizzò con un gruppo di amici per ripulire il porto della sua città. Quell’i niziativa fu via via replicata in altri paesi e nel 1993 Legambiente ne ha organizzato la prima edizione in Italia - ricorda il presidente di Legambiente Schio, Lorenzo Baiocchi -. Nel 2009 il nostro Circolo, appe na nato, ha portato anche a Schio ‘Puliamo il Mondo’, coinvolgendo innanzitutto le scuole e successivamente altre associazio
ni e singoli cittadini. Queste giornate non sono soltanto un servizio che i cittadini fanno alla loro città, ma anche un invito a riflettere sul problema della gestione dei rifiuti e la necessità di ridurne la quantità prodotta riusando gli oggetti e alla fine ri ciclando correttamente ciò che non è più utilizzabile». ◆
[24] ◆ Schio
L’ala nuova del cimitero, esterna alle mura dello “storico” camposanto di S.Croce
Volontari alla “Puliamo il mondo” dello scorso anno
Spettacoli
I ragazzi del “Sanga Bar” di Thiene si sono messi con entusiasmo a disposizione per recitare come attori e cimentarsi in vari altri ruoli anche dietro le telecamere.
Omar Dal Maso
Il “corto” che strappa... lunghi applausi. Sicuramente meritati dai membri del cast di attori, composto da giovani thienesi con disabilità, che sono divenuti nei mesi scorsi protagonisti di “Don Chisciotte: Lost in Marrakech”. Una pellicola breve che è stata di recente proiettata in alcune sale di Thiene, ricevendo consensi che vanno ad aggiungersi sul “piatto” dei benefici al di vertimento garantito durante le riprese, e adesso facendosi applaudire – e pure pre miare - anche al “Festival Internazionale del Cinema Nuovo“ di Bergamo, una rasse gna che raccoglie opere cinematografiche dall’Italia e dall’estero connesse ai temi della disabilità e dell’inclusione nella so cietà. L’appuntamento culturale clou nel campo del cinema “speciale” su cui la trou pe thienese ha lavorato a lungo, trattandosi di un percorso iniziato nel 2019, interrotto nei mesi di inizio pandemia e poi comple tato con successo in vista della XXII edizione del Festival. Le soddisfazioni in arrivo, oggi, ne hanno compensato tanto la fatica quanto l’attesa.
Un’iniziativa, quella che rientra nel pro getto “Abilmente”, subito coronata da tanti complimenti, ideata e realizzata da Engim Veneto Impresa Formativa di Thiene, “do po la “prima” in città del 10 novembre con i ragazzi del “Sanga Bar” di Thiene a met tersi con entusiasmo a disposizione per recitare come attori e cimentarsi in vari altri ruoli anche dietro le telecamere.
Quel Don Chisciotte è da primo premio
Il cortometraggio “Don Chisciotte: Lost in Marrakech”, ideato e realizzato da Engim Veneto Impresa Formativa di Thiene, è stato premiato al Festival Internazionale del Cinema nuovo a Bergamo. Premiato anche come miglior attore Alberto Gnata.
Ad accrescere l’attesa nei giorni precedenti alla proiezione “in casa” del cortometraggio nella sala del cinema San Gaetano era stata proprio la notizia dell’accesso nel la rosa dei film finalisti tra i 200 in rassegna al Festival lombardo. E la ciliegina sulla torta è arrivata con il premio come miglior attore assegnato ad Alberto Gnata, un ragazzo di Lugo affetto da trisomia 21 (sindrome di Down), di professione barista e cameriere ma conosciuto ormai da tem po come artista a tutto tondo, con una vena comica innata e già abile attore di spetta coli teatrali. Ha evidentemente dimostrato le proprie doti di recitazione conquistando i favori della giuria e, quindi, si è aggiudi cato il riconoscimento individuale più ambito: pronto a salire sorridente ed emozionato sul palcoscenico del teatro Donizetti, sfoggiando eleganza abbinata a simpatia. Nel corso della serata di premiazioni pre senti tra gli altri Claudio Bisio e Roby Facchinetti del mondo dello spettacolo. Nel “corto” Alberto Gnata interpreta un mo derno Don Chisciotte nel secondo episodio di quella che sta diventando una vera e pro pria saga, stavolta ambientata in Marocco. Risate garantite, avventure e anche spunti di riflessione profondi non mancano nel le scene. Dopo le proiezioni in programma per il lancio nelle sale di Thiene e dintorni, il video sarà disponibile sul canale Youtube di Engim Veneto – Patronato San Gaetano.
Nel film il protagonista si propone non a caso come difensore dei deboli e promoto re dell’inclusione, districandosi in un paese sconosciuto del Nordafrica nel corso di una serie di rocambolesche situazioni. Co me nel Don Chisciotte originale di Cervantes, si troverà nei panni di un eccentrico eroe che riuscirà a cavarsela anche in ter ra straniera, sfuggendo alla setta dei “Magnaschei” perennemente alle sue calcagna. Da vedere e applaudire, come garantiscono i thienesi che si sono assicurati un posto alla “prima” recente. Molti dei quali atten devano con impazienza il seguito del primo capitolo della saga, della durata di 15 minuti, dal titolo “Don Chisciotte: down town dreaming”, realizzato nel 2018 con regia di Marta Rigo e Giuseppe Zamboni in ambiente urbano a Thiene e dintorni.
“Il messaggio che vuole passare questo la voro – spiega proprio chi ha seguito i ragazzi in questo progetto in veste di produttori - è una sorta di viaggio per chi crede nei propri sogni e valori, per dimostrare che disabilità fa rima con infinite possibilità. Il film è stato girato in parte prima della pandemia e concluso successivamente nel 2021, superando diversi ostacoli nella sua genesi e per questo assume un valore sim bolico ancora più forte. Un cortometraggio che va oltre le frontiere per ricordare a tut ti di non mettere limiti alle possibilità dei giovani con disabilità”. ◆
Alberto Gnata nei panni di attore per il corto con cui ha vinto il premio come miglior attore al Festival Internazionale del Cinema nuovo di Bergamo. Sotto la consegna del premio
[26] ◆ Thiene
Cultura e Spettacoli
“A Malo – annuncia Artusosi sta avviando un progetto sul cinema ‘fatto a mano’ e si arriverà a produrre un cortometraggio utilizzando riprese fatte da varie persone che raccontano e confrontano i luoghi di Meneghello, ieri e
Mirko Artuso: “Il teatro cambia la vita”
Mirella Dal Zotto
La Fondazione Teatro Civico ha deciso di aprire la stagione di Schio Grande Teatro con un omaggio a Luigi Meneghello, nel centenario della sua nascita. Ha affidato il compito a due attori molto conosciuti dal pubblico scledense, Mirko Artuso e Giuliana Musso. Il loro “Liberaci dal male” ha portato in scena squarci letterari che mostrano un cielo terso e puro: brani recitati, brani letti, brani accompagnati dalle musiche originali di Sergio Marchesini e Francesco Ganassin si sono susseguiti rapidamente per far ride re, ricordare con malinconia, riflettere. A tirare i fili, Mirko Artuso, che firma la regia dello spettacolo. “Ho avuto il piacere di conoscere Luigi Me neghello e di lavorare con lui - ci ha detto – e già molti anni fa ho portato in scena la sua scrittura. A Schio, poi, ho messo in scena ‘Piccoli maestri’ con i ragazzi della Campus Company. Ricordo bene quel lavo ro e non nascondo la nostalgia per un periodo in cui ai ragazzi ho dato, ma dai quali ho anche ricevuto tanto”. È forte, dunque, il suo legame con la nostra città... “Certo, sono legato a Schio, alla sua storia, al suo teatro di cui ho seguito il restauro da vicino. Da voi ho amici e mi piace ogni tan to rifugiarmi al Tretto, al Maggiociondolo. Ho spesso da fare in zona: a Malo, ad esem pio, si sta avviando un progetto sul cinema ‘fatto a mano’ e si arriverà a produrre un cortometraggio utilizzando riprese fatte da varie persone che raccontano e confronta no i luoghi di Meneghello, ieri e oggi. Penso che uscirà proprio una bella produzione”. Nel primo “Libera nos”, quello del ‘91, aveva al suo fianco Marco Paolini, nel 2005 Natalino Balasso.
“Colleghi carissimi con cui condivido tuttora molto. Pensi che trent’anni fa ‘Libera nos’ fu suggerito a me e a Marco da Franzi na: noi trevisani distratti non ci avevamo
pensato fino ad allora, ma poi ci siamo per fettamente calati in una realtà di provincia e di un tempo ‘altro’ che è stato anche quel lo della nostra infanzia; ci siamo divertiti e riconosciuti. Non nascondo di amare mol to la provincia, ci trovo dei valori che non riscontro nelle grandi città; in provincia si vive meglio, non è una banalità”. Come ha voluto caratterizzare questa versione dell’opera? Com’è caduta la scelta su Giuliana Musso?
“Ho scelto un approccio non malinconico, ma lucido e ironico; penso poi che Mene ghello abbia saputo dar voce alle donne e Giuliana sa rappresentare perfettamente il mondo femminile. Io stesso poi, sul palco mi sento diverso rispetto al ‘91 e al 2005: ho scelto altri brani e ovviamente il lavoro ha un’impostazione nuova”. Accennava prima al suo rapporto con Schio e con i ragazzi della Campus: cosa può fare il teatro per i giovani e i giovani per il teatro?
“Guardi, con convinzione e semplicità posso affermare che il teatro cambia la vi ta e ti mostra il mondo in modo più chiaro. Se non facessi l’attore, veramente non saprei che altro fare… ma ogni persona, giovane o meno giovane, che fa teatro, si guarda meglio dentro e vede meglio fuo ri: apre testa e cuore, si relaziona di più e meglio, capisce i bisogni degli altri. In questo periodo, ad esempio, sto lavoran do a un racconto filmico sulla disabilità in collaborazione con l’associazione A.GEN. DO (Associazione Genitori con figli Down) di Vicenza, che mira a rendere queste per sone disabili sempre più autonome e indipendenti: non ha idea di come mi sia diventato chiaro il concetto di errore e di come mi stia allontanando da certi pre giudizi. Con quei ragazzi sono libero di provare, di sbagliare, di sperimentare. Ec co, il teatro è uno scambio continuo che eleva: è di tutti, con tutti e per tutti”. ◆
Tutto Dalla per i 15 anni dell’Accademia
Per festeggiare i quindici anni di attività, l’Accademia Musicale organizza un concerto al Teatro Civico, che si terrà sabato 10 dicembre alle 21. Per l’occasione è stato invitato il Trio Girotto-Servillo-Mangalavite, che dedicherà l’intera serata alla musica di Lucio Dalla. La fama del casertano Peppe Servillo è legata innanzi tutto al suo ruolo di front man degli Avion Travel; l’argentino Natalio Mangalavite è stato una solida spalla, fra gli altri, di Ornella Vanoni; Javier Girotto, anche lui argentino, deve la propria fortuna in Italia al successo del suo gruppo, Aires Tango, e collabora con i principali jazzisti di casa nostra, come Enrico Rava e Paolo Fresu. Nel concerto “L’anno che verrà”, proposto nei principali teatri italiani, ascolteremo la voce inconfondibile di Servillo, mentre Girotto si esibirà al sax, ai flauti andini e alle percussioni; Mangalavite canterà e sarà anche al pianoforte e alle tastiere. Con questo concerto l’Accademia si ripropone anche come organizzatrice di eventi mu sicali, fatto ricorrente nel passato, mentre oggi si concentra sull’attività didattica, apprezzata anche nelle scuole, dove si moltiplicano i progetti che richiedono la professionalità dei suoi docenti. ◆ [M.D.Z.]
Insieme a Giuliana Musso, l’attore trevigiano ha aperto la stagione teatrale scledense con uno spettacolo dedicato ai testi di Luigi Meneghello. “Il teatro – assicura Artuso - è uno scambio continuo che eleva”.
oggi”.
[28] ◆ Schio
Giovanna Musso e Mirko Artuso
Sport
Omar Dal Maso
Una passato da calciatore di buon livello in gioventù, il periodo della maturità trascorso in sella a una mountain bike e un presente, oggi, da triathleta e da persona malata di Parkinson. Senza che una di queste due componenti escluda l’altra nel suo rimodulato approccio alla vita e allo sport. Ha imparato a convivere prima anco ra che a “sfidare” la malattia Stefano Ruaro, imprenditore di Schio che vive a Magrè con Paola, padre di due figli e atleta da sempre. Un’anima in perenne movimento, che per beffa del destino si è trovata a convivere con la patologia del sistema nervoso, che non ne scalfisce la tenacia. L’ostacolo imprevisto di un male neurodegenerativo lo ha messo sì a dura prova, ma senza fermarlo. La storia personale di Ruaro affronta un bi vio all’incontro suo malgrado con la malattia, scoperta nel corso della pandemia tra i ritardi di diagnosi a causa del Covid-19. Per poi divenire una storia speciale, e da raccontare, ancor più dopo la realizzazio ne, a metà settembre, di una vera impresa sportiva: il completamento della Ironman di Cervia, grande evento sportivo dedicato al triathlon, in 14 ore, 7 minuti, 28 secondi. Il significato di questi numeri tocca a lui stesso spiegarlo. “Significano tanta fatica ma anche altrettanto divertimento, frutto di un anno di preparazione”. Tradotto in dettaglio: 1,8 km in acqua, 180 km in linea in bici da corsa e, infine, una maratona da 42,195 km. Tutto in un giorno. Già di per sé un’impresa pure tra i “giova ni e sani”, figuriamoci quando si deve far conto con gli effetti del Parkinson e di una terapia farmacologica divenuta compagna di viaggio quotidiano. “Diciamo che a com plicare le cose c’erano già le 58 primavere che ho sulle spalle, in più ci si è messo il Parkinson – dice Ruaro con un sorriso -. Dopo un periodo in cui mi sono abbattu to, post diagnosi, ho deciso di rimettermi a fare ciò che mi piaceva di più, pur se tra tante incertezze: quando ho iniziato gli al lenamenti era tutto un’incognita”.
Ironman nonostante il Parkinson
Lo scledense Stefano Ruaro, imprenditore e anche ex calciatore, convive da due anni con il morbo ma non si è perso d’animo grazie allo sport: a settembre ha partecipato alla “Ironman” di Cervia ed è stato il primo atleta italiano affetto da Parkinson a concludere la gara “cult” del triathlon.
Mesi duri di training costante, da calare tra impegni di lavoro e di famiglia e so prattutto con le cure in corso. Tempi vissuti in condivisione con altri atleti della Delta Sport Performance di Schio, società di triathlon di cui Ruaro fa parte, e con chi lo seguiva passo dopo passo.
“L’idea di provarci costituiva un’esperien za inedita per chi è nelle mie condizioni, devo ringraziare i miei preparatori che mi hanno subito detto ‘dai che ce la facciamo’, mentre ero forse io il primo titubante. Un anno dopo posso dire che tutto è andato be ne e oltre le aspettative: mi ero imposto la soglia delle 16 ore. Ho fatto meglio del pre visto”. Segnando un primato: in Italia è il primo atleta affetto dal Parkinson a entra re in una graduatoria Ironman, e di sicuro tra i pochi al mondo.
Ruaro a 32 anni chiudeva con il primo spor tivo amore, il calcio, dopo una carriera con apice all’Interregionale dopo le giovanili ai Salesiani e le maglie di Schio, Marano e Scledum. Un ginocchio “saltato” lo mette ai box per un po’, prima di dedicarsi a tempo pieno alla vita da papà e da imprenditore.
Ma, qualcosa di essenziale, mancava. “Al la soglia dei 97 kg ho pensato di rimettermi in forma, dedicandomi alle gran fondo in mountain bike, e poi alla corsa con mia moglie. A questo punto ormai mi mancava solo saper nuotare per completare l’opera”. Fino al triathlon, appunto, e fino a Cervia. “Il momento più duro è stata la partenza della prova di nuoto: mi sono buttato nel mucchio, col timore delle onde alte. Pas sato questo, me la sono goduta dal primo all’ultimo chilometro e no, non ho mai avuto paura di non farcela. Poi la marato na finale l’ho percorsa con mia moglie che si è affiancata a me”. E con uno striscione da Libro Cuore al traguardo: “Stefano vs Parkinson 1-0. Hai imparato a nuotare, a pedalare e a correre. A noi hai insegnato a volare!”
Conclusa l’impresa, Stefano pensa al suo fu turo da sportivo come un anno fa? “C’è un problema di cui non mi posso dimenticare: sono malato e nessuno può conoscere l’evo luzione. Sicuramente farò qualcosa e un’idea ce l’ho in mente. Ma è prematuro per ora fissare altri obiettivi a lungo termine”. ◆
[30] ◆ Schio