La mari | 2002 (part.)
Dora Bassi morì giovane, a 86 anni. Difatti, come gli déi, Dora non fu mai vecchia. Anche prima dell’ora fatale, che attendeva con ironica lucidità, impegnava il tempo rimasto a “mettere la cose a posto”, a riordinare la sua vita e i suoi pensieri, le sue opere.
Un omaggio a questa straordinaria donna goriziana Antonio Devetag Assessore al Parco culturale di Gorizia
La reincontrai dopo parecchi anni (nel 1997 il Parco culturale del quale ero Assessore aveva allestito una sua antologica) grazie ad Alba Gurtner, che per prima mi avvertì delle gravi condizioni di Dora. La incontrai nella sua casa di Gradisca d’Isonzo insieme alla figlia Roberta Corbellini che, come la sorella Patrizia, ha ereditato dalla madre intelligenza e sensibilità. Parlammo dei suoi ricordi: Dora era stata estimatrice e grande amica di mio padre Cesare Devetag, con il quale in gioventù, tra le rive dello Judrio e quelle dell’Isonzo, aveva passato intere giornate a parlare d’arte e di cultura insieme ad altri pittori, artisti e semplici amici di quella felice generazione di goriziani doc. Dora mi spiegò il suo graduale allontanamento dall’informale per un felice approdo nella grande tradizione figurativa italiana, ovviamente reinterpretata attraverso la sua grande sensibilità e la sua percezione quasi sovrannaturale per la luce. Mi disse della sua volontà di lasciare a Gorizia alcune sue opere. Volle incontrare il Sindaco Ettore Romoli, allora appena eletto: fummo felici e lusingati entrambi quando Dora ci disse di aver scelto per Gorizia quelle meravigliose tele ispirate a Pasolini. Quadri che sono poesie e musica, che non possono non commuovere, in cui Dora affronta il tema dell’adolescenza con la luce dell’Assoluto, sfrondando nell’Arte qualsiasi dicotomia terrena tra Bene e Male, confermandosi ancora una volta una protagonista del nostro Novecento. La Galleria che porterà il suo nome è un omaggio a questa straordinaria donna goriziana e ospiterà soprattutto artisti della nostra città, da sempre incredibilmente feconda di talenti.
Alla fine dell’estate del 2003 incontravo Dora Bassi nella sua casa-studio di Gradisca d’Isonzo: non era la prima volta che avevo l’occasione di trascorrere del tempo con Dora, di parlare con lei di arte, di letteratura, di vita.
Tracce per una lettura Emanuela Uccello Operatore culturale del Comune di Gorizia
C’eravamo già incontrate in momenti diversi: avevo recensito diverse sue esposizioni, seguito la pubblicazione e presentazione del suo romanzo L’amore quotidiano e, soprattutto, avevamo lavorato insieme all’antologica voluta dal Comune di Gorizia nel 1997 e allestita al Castello. Quegli incontri erano “finalizzati”: Dora Bassi preparava la mostra che la Galleria Spazzapan le dedicava e a me spettava (non è piaggeria pensarlo come un privilegio) scrivere del ciclo di opere intitolate Gioventù Innocente. Quattro anni dopo, alla fine dei suoi giorni, Dora Bassi propone di donare alla città di Gorizia, attraverso il Comune, un ciclo dei suoi lavori più recenti: la scelta cade proprio su quei tredici dipinti ispirati alle Poesie a Casarsa di Pier Paolo Pasolini. Dora Bassi aveva riletto il giovane Pasolini su invito di Gianfranco Ellero e ne era rimasta affascinata: si diceva quasi abbagliata dalla bellezza di quelle poesie in friulano pubblicate a Bologna dall’Editore Landi nel 1942. Aveva così partecipato alla mostra Omaggio a Pasolini realizzata dal Centro Friulano Arti Plastiche nel settembre del 2002 e allestita nella casa della Confraternita di Udine in occasione del sessantesimo anniversario della pubblicazione della raccolta.
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>> Dora Bassi aveva scoperto una profonda empatia con Pasolini: aveva ascoltato con la sensibilità dell’artista la musicalità della parola in una lingua conosciuta di grande potenza evocativa, aveva sentito quel sentire realizzando dei dipinti che non sono né interpretazione né tantomeno illustrazioni delle liriche pasoliniane ma sono ricerca dell’essenza di quei testi, essenza alla quale si giunge attraverso l’analisi del tutto (il componimento poetico) e della parte (la singola parola). E questo avviene proprio in un momento in cui Dora Bassi, sperimentando, ricercando, teorizzando ma soprattutto dipingendo, si era così splendidamente avvicinata all’essenza della sua pittura attraverso una sapiente frequentazione delle possibilità espressive del colore. I dipinti riuniti in questo ciclo sono oggi una delle testimonianze più alte del lavoro di Dora Bassi pittrice: dipinti di una forza evocativa unica, conclusi nella singola tela, nel singolo soggetto e, al contempo, racconto che rimanda di quadro in quadro quasi si trattasse di un unico canto. Le figure adolescenziali efebiche, innocenti e inquietanti in sé emergono e si immergono ad un tempo nella natura detta o allusa attraverso il colore prezioso steso con una pennellata sapiente fino a scomparire (ma meglio dire fino a trasfigurare) nella luce pura. Alta pittura di una grande artista che, donando le sue opere, ha scelto di rimanere legata alla sua città. Come non ringraziarla…
“La frès-cie rosàde” | 2002 (part.)
Dora Bassi Dora Bassi, nata a Feltre il 3 febbario del 1921, trascorre la
Biografia
fanciullezza tra Brazzano e Gorizia; si trasferisce nel ’40 a Firenze dove si diploma al Liceo Artistico frequentando poi la Libera Scuola del Nudo. Dal ’41 al ‘43 la Bassi ha frequentato l’Accademia di Venezia. Alla fine degli Anni Cinquanta apre un laboratorio di ceramica ad Udine: comincia ad esporre e a partecipare attivamente alla vita artistica regionale prima e nazionale poi. Nel 1971 Dino Basaldella la chiama all’Accademia delle Belle Arti di Brera come assistente della cattedra di scultura. A contatto con i gruppi operanti a Milano, la Bassi rivisita le proprie teorie artistiche e modifica le proprie opere: dopo il periodo Neorealista le opere eseguite assumono connotazioni formali astratto-minimaliste. Ritornata in Friuli, Dora Bassi lega la propria attività a particolari eventi (il terremoto del ’76 e l’esperienza di partecipazione attiva degli artisti nelle ricostruzione ad esempio), ed ambiti di ricerca (l’espressività artistica femminile del DARS). Lungo l’elenco delle mostre degli Anni Ottanta e Novanta: tra queste da ricordare l’antologica voluta dal Comune di Gorizia nel 1997 allestita al Castello. Del 2002 l’Omaggio a Pasolini, mostra allestita al Centro Friulano di Arti Plastiche di Udine che dà l’avvio al ciclo di opere Gioventù Innocente. Del 2003 la mostra Il colore della sera allestita alla Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo (dove ripropone il ciclo ispirato e dedicato alle liriche di Pasolini) e dell’anno seguente il Premio alla carriera per le Arti Visive della Società Operaia di Pordenone. Nel 2005 Dora Bassi espone La leggenda d’Oro dedicata a Sant’Orsola alla Chiesa di Santa Maria dei Battuti a Cividale del Friuli. Dora Bassi si è spenta a Udine nell’agosto del 2007.
L’idea prima, poi il desiderio e la volontà di lasciare a Gorizia, la mia città, una traccia permanente del mio lavoro di artista si erano consolidati lentamente negli ultimi vent’anni, ma poi, in un attimo, tutto è divenuto improrogabile. Questa la circostanza. >>
“Serène puàrte la sère ombrène” | 2003 (part.)
>> Nella scorsa primavera mia figlia ed io aspettavamo una sentenza medica che mi riguardava, una sentenza definitiva ad un processo irreversibile. Per alleviare la tensione ci eravamo immerse nel verde di una strada che fiancheggiava un ramo del Brenta. Qui aprimmo la busta. Come la placida, variegata acqua del Brenta, la vita che mi restava scorreva, ora, in un senso unico, verso la foce. Vivo adesso su una sponda d’attesa prosciugata, fuori dal tempo. Da questo strano posto di attesa, privo d’angoscia, parlo alla mia città. Io sono un’artista del ‘900 e come tale ho vissuto due momenti particolarmente decisivi, che mi hanno costretta a invertire il rapporto con l’arte a me contemporanea. A metà degli Anni Ottanta come insegnante a Brera, in cui come docente mi si richiedevano competenze di aggiornamento continuo e di trasmissione dei nuovi modelli artistici attraverso la didattica, mi accorsi con sgomento di essermi infilata in piena buona fede nel meccanismo perverso del consumismo e della veloce obsolescenza del prodotto artistico. Tagliai quindi di netto il rapporto con ciò che avveniva nel sistema dell’arte e mi immersi nel museo. Ritrovata lucidamente la perfetta continuità tra arte antica e moderna rifiutai i principi allora correnti e cioè
che nell’arte vale più il processo che l’opera; che in arte ciò che così prende nome arte diventa; e che bellezza ed estetica marciano di pari passo. Mi chiedevo, dunque, chi era quel cretino che, salito sul monte delle leggi, ne era sceso con questi dettami e a chi avrebbero giovato. Ad artisti come Donald Judd o Frank Stella, che a quei tempi assai bene se la spassavano, certamente avevano giovato molto. Inoltre, quando in un grande museo entravano tre assi di legno dipinte, queste stranamente acquistavano prestigio e pari diritto come Les Demoiselles d’Avignon o la Ronda di notte. Era tempo di gettare al rogo l’inesistente abito dell’imperatore, quello del celebre apologo citato dal mio amico Walter Schönenberger e finalmente libera da qualsiasi partita del dare e avere, da vecchia regina nuda, iniziai la serie delle anti-sculture, che ho chiamato le scatole a specchio. (…) Il secondo momento determinante per il mio rapporto con l’arte contemporanea è più recente: usare unicamente il racconto come costruzione di un mondo alternativo alla sostanza concreta del vivere. In entrambi i casi la mia ambizione era di ricostruire i legami stretti tra l’arte antica e l’arte moderna in cui credevo fermamente.
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Narcis | 2003 (part.)
>> Nascono così le serie impegnative de Il sogno di S. Orsola e il progetto Nebbie a Milano. La serie che propongo alla mia città, Gorizia, rientra certamente in queste elaborazioni, le rende visibili e concrete, essendo espressione di esperienze vive, con le mie campagne, con questi cieli, con questa casa, con queste acque. (…) Riparto da un punto, dall’idea che il processo creativo abbia altrettanto peso quanto l’opera. Non ci credevo più. Per chiamarsi tale, l’opera deve palesarsi concreta davanti ai nostri occhi in tutta l’evidenza del suo esistere ed è per questo che quattro assi di legno collocate in un museo non mi sembravano esattamente un’opera d’arte come la Ronda di notte. (…) Stavo pensando a tutte queste cose, incerta sul punto dove collocare una luce lontana su un fondale piuttosto limaccioso, quando la voce dell’amico storico Gianfranco Ellero venne a ricordarmi che proprio in quei giorni cadeva l’anniversario dell’edizione delle Poesie a Casarsa di Pier Paolo Pasolini, e Altari, stella del dolore si posò dolcemente a illuminare la notte.
Altàir | 2002 (part.)
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>> GIOVENTU’ INNOCENTE Opere ispirate a Pier Paolo Pasolini Immersa com’ero nei miei Interni, a Pasolini proprio non pensavo in quei giorni. Ma è bastato aprire una pagina e un’espressione sola, balzando fuori dai versi, mi ha presa per mano e ha cominciato con l’inviarmi una serie di sollecitazioni visive, sonore, di memoria, che pensavo proprio non esistessero neanche nei miei fondali più profondi. I versi sono stati questi: Narcìs, tu vévis il colôr da la sère, quand li ciampànis ‘a sunin di muàrt.. Dunque si parla di un bambino morto che aveva il colore della sera, questo colore indefinito dell’aria quando la luce coesiste. E poi c’è il suono, il tocco della campana e poi, in fónt al pòs Ciasàrse,che si specchia nel fondo del pozzo, in lontananze infinite. E chi parla, chi ricorda questo? Il frut pecjadôr. Credo che Pasolini abbia scelto non a caso la parola friulana frut, che significa anche frutto. E peccatore perché? Da dove viene questa sensazione di peccato? E poi: tutte le poesie si immergono in acque lustrali: i bambini giocano nell’acqua, l’acqua riflette il tramonto, l’acqua è dappertutto e ancora il rumore dell’acqua. C’è certamente un richiamo classico, al lavacro, ad una colpa che non c’è, che non esiste. I bambini giocano sulla riva del fiume, i loro corpi rincorrono il riflesso delle foglie. Quindi natura panica, quindi paganesimo innocente, il piacere dei corpi giovani.
>> Tai nestris cuàrps | 2005 (part.)
>> Ed ecco che in questo quadro idilliaco si insinua il diàul peciadôr. Lui, Pasolini. Si prepara per la festa del paese, e nello specchio vede riflesso il proprio volto, brut diàul, le future colpe. Aveva ventidue anni Pasolini e la poesia era già completa dentro di lui. Insomma questa cosa sconvolgente, anche per l’innocenza stessa del racconto, la forza e l’icasticità delle parole, hanno dato vita a questo ciclo di opere, una dozzina, forse quindici, in cui, diversamente dalle opere precedenti, ho raccontato una storia fatta di situazioni, di ambienti, memorie. La storia di un ragazzo, Pasolini, che si trova trasportato in un mondo anche pauroso e nello stesso tempo profondamente innocente, storia che termina, al di fuori del contesto delle liriche a Casarsa, con l’immagine della vecchia Susanna, diventata una nuvola bianca, la madre verso cui lui si sente fino all’ultimo debitore. Ecco questa è la serie di Pier Paolo Pasolini che offro in dono alla mia città, con il vincolo di una esposizione permanente dell’intero ciclo, in una sala istituzionale aperta al pubblico, un’esposizione che mantenga evidente la coerenza estetica ed il contrappunto narrativo che collega le mie tele.
Dora Bassi
Udine, 1/10 agosto 2007
I ragazzi del fiume | 2003 (part.)
art :: punktone.it
CICLO DI OPERE DAL TITOLO GIOVENTÙ INNOCENTE DEDICATE ED ISPIRATE ALLE POESIE A CASARSA DI PIER PAOLO PASOLINI
Info: Comune di Gorizia Ufficio Attività Espositive – Castello tel. 0481.383.287 / 383.297 fax 0481.383.352 e.mail: urp@comune.gorizia.it www.comune.gorizia.it Fotografie: Carlo Sclauzero, Gorizia Testi: Antonio Devetag, Emanuela Uccello, Dora Bassi Si ringraziano: Patrizia e Roberta Corbellini, Roberto Dolso, Associazione Amici della Galleria Spazzapan
Auditorium della Cultura Friulana Via Roma, Gorizia
La claf | 2003 (part.)
Spìrit d’amôr | 2002 (part.)