Puntidivista 12 2014

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La rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta

EDITORIALE

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iù di 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame e circa due miliardi subiscono le conseguenze delle carenze nutritive e della malnutrizione, allo stesso tempo la quantità di perdite e sprechi alimentari globali (1,3 miliardi di tonnellate) sarebbe sufficiente a sfamare due miliardi di persone. Queste stime delle agenzie alimentari dell’ONU evidenziano in modo chiaro e drammatico le contraddizioni dell’attuale modello di “sviluppo”, che consuma le risorse del pianeta per produrre sempre di più ma spreca quote sempre più consistenti di una produzione alimentare che basterebbe per tutti e invece esclude una persona su otto. «Uno scandalo globale» l’ha definito Papa Francesco, esortando a «dare voce a tutti coloro che soffrono la fame». Per questo Caritas Internationalis ha lanciato quasi un anno fa la Campagna globale sul diritto al cibo, spiegando che «non si tratta di carità, ma di assicurare che tutte le persone abbiano la capacità di nutrirsi con dignità». Come? Innanzitutto attraverso una mobilitazione globale, che oltre a tutte le Caritas nazionali e diocesane coinvolge centinaia di organizzazioni in tutto il mondo in una grande opera di sensibilizzazione, che si pone l’obiettivo di sconfiggere la fame nel mondo entro i prossimi dieci anni. Per riuscirci sarà importante incidere sulla cosiddetta governance mondiale e sull’azione dei governi, ai quali sarà proposta dai promotori della Campagna l’adozione di una legge quadro sul diritto al cibo. Ma anche e soprattutto riuscire a scuotere le sensibilità dei singoli individui in un’ottica di responsabilizzazione, perché «la base per un reale cambiamento viene da noi stessi» sottolinea Caritas: «Adottare uno stile di vita sobrio e consapevole, riducendo lo spreco e scegliendo alternative solidali e sostenibili di consumo», «scoprire le iniziative di finanza etica», «costruire una società di pace». Inizia da qui la lotta alla fame nel mondo.

Cibo

per tutti

IL PUNTO

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imezzare la percentuale di persone che soffrono la fame tra il 1990 e il 2015»: questo uno dei contenuti del primo tra gli otto obiettivi di sviluppo del Millennio definiti nel 2000 dall’ONU, relativo allo sradicamento della povertà estrema e della fame nel mondo. Una diminuzione in effetti c’è stata negli ultimi due decenni, stimata intorno al 17%, ma il numero complessivo di persone che soffrono la fame a livello mondiale resta ancora inaccettabilmente elevato: almeno 805 milioni di persone, un essere umano ogni otto. Inoltre, osservano l’Organizzazione Mondiale della

Rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta - puntidivista n. 12 - novembre 2014. Registrazione n. 46 del 22 settembre 2010 presso il Tribunale di Torino.

Sanità (OMS) e la Food and Agricolture Organization (FAO), le carenze nutritive e la cosiddetta “fame nascosta” colpiscono circa due miliardi di persone, 161 milioni di bambini sono rachitici a causa della cronica malnutrizione, 99 milioni sono sottopeso, 51 milioni sono deperiti a causa di malnutrizione acuta e quasi cinque milioni al di sotto dei cinque anni muoiono ogni anno per cause legate alla malnutrizione. Va ricordato, infatti, che la malnutrizione è il più grande contributore alle malattie nel mondo, circa un terzo della popolazione dei Paesi in via di sviluppo soffre di carenze di micronutrienti che portano cecità, ritardo mentale e morte precoce. Oltre alle dimensioni etica e sociale, la fame e l’insicurezza alimentare incidono segue a pag. 2

SOMMARIO

Direttore: Marco Bonatti Redazione: Tiziana Ciampolini (responsabile Osservatorio Caritas Torino) - Marina Marchisio - Enrico Panero (caporedattore) Hanno collaborato: Francesco Mele, Carlo Rubiolo, Stefano Zucchi Immagini fotografiche: foto pag.1 www.fao.org, pag.2-3 http://food. caritas.org, pag.10 www.sxc.hu Grafica e impaginazione: Luca Imerito Informazioni: Osservatorio Caritas Torino osservatorio@diocesi.torino.it - www.osservatoriocaritastorino.org Questo numero è stato chiuso in redazione il 17 Novembre 2014

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4 Cibo: la mobilitazione italiana • 5 Lotta alla fame: Caritas Europa sfida l’UE • 6 Contro lo spreco alimentare, tornare a dare valore al cibo • 8 Let Eat Bi: una rete di economia sociale nel Biellese • 9 A Saluzzo il “Campo Solidale” • 10 Campagna contro la fame: assumiamoci le nostre responsabilità


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poi enormemente sulle economie e hanno conseguenze negative per le condizioni di vita e le capacità economiche delle popolazioni vulnerabili. I costi per la società sono enormi in termini di perdita di produttività, salute, benessere, diminuzione della capacità di apprendimento e ridotta realizzazione del potenziale umano: si stimano costi per l’economia mondiale causati dalla malnutrizione fino al 5% del Prodotto mondiale lordo, cioè in termini assoluti 3,7 trilioni di dollari all’anno o 500 dollari per persona. E le prospettive non sono positive: la popolazione mondiale è destinata a superare i 9 miliardi entro il 2050, cosa che agli attuali modelli di consumo richiederebbe un aumento del 60% della produzione alimentare globale. Questo modo di produrre, cioè il modello di sviluppo dominante, ha però ormai mostrato tutti i suoi limiti e non è pensabile un mero aumento della produzione alimentare considerando che negli ultimi 40 anni lo spreco mondiale di cibo è cresciuto del 50% ma è cresciuto anche il numero di persone denutrite. In realtà, il cibo prodotto nel mondo sarebbe sufficiente per nutrire tutti in modo adeguato, mentre fame e insicurezza alimentare potrebbero essere estirpate nell’arco di una generazione. Ma affinché ciò possa verificarsi sono necessari maggiori sforzi e più concertati: tutti gli impegni assunti per contrastare la fame e l’insicurezza alimentare devono essere tradotti in politiche, attuazione dei programmi e mobilitazione di risorse finanziarie sufficienti.

La Campagna di Caritas Internationalis

Alla luce di questa situazione globale non più accettabile, e dell’evidente im-

CIBO PER TUTTI: IDENTIKIT DELLA CAMPAGNA Cosa è: “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti” è una Campagna globale promossa dalla confederazione cattolica Caritas Internationalis per porre fine alla fame nel mondo entro il 2025.

Perché: Dato che gli obiettivi di sviluppo del Millennio, tra i quali il primo è di dimezzare la fame e la povertà, volgono al termine nel 2015 senza successo, la confederazione Caritas internazionale ha deciso di impegnarsi e unirsi a molte altre organizzazioni per contribuire al processo di sviluppo post-2015 con l’obiettivo di porre fine alle sofferenze di milioni di persone affamate in tutto il mondo. Perché il “diritto al cibo”: Oggi nel mondo c’è abbastanza cibo per tutti eppure una per-

sona su otto soffre la fame: un’ingiustizia che deve essere eliminata. Il diritto al cibo è un diritto umano, legale e giusto chiaramente definito (vedi la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), che dà luogo a obblighi dei governi per ridurre sia la denutrizione cronica che la malnutrizione. Caritas Internationalis chiede quindi ai governi di includere il diritto a un’alimentazione adeguata e nutriente per tutti all’interno delle legislazioni nazionali. Il diritto all’alimentazione tutela il diritto di tutti gli esseri umani a vivere in dignità, liberi da fame, insicurezza alimentare e malnutrizione. Non si tratta di carità, ma di assicurare che tutte le persone abbiano la capacità di nutrirsi con dignità.

Chi partecipa: Tutte le organizzazioni Caritas esistenti a livello internazionale, cioè i 164 membri nazionali e tutte le Caritas diocesane che ne fanno parte, mentre Caritas Internationalis coordina la Campagna. Come partecipare: Individualmente - «La base per un reale cambiamento viene da noi

stessi. Quando cominciamo a guardare in profondità dentro di noi ci rendiamo conto che è solo lavorando come una sola famiglia umana, in uno spirito di compassione e di unità, che si può finalmente porre fine a una grave ingiustizia: c’è abbastanza cibo nel mondo, ma molte persone soffrono la fame». A livello nazionale - La Caritas chiede a tutti i suoi membri di perseguire gli obiettivi nazionali che affrontano i problemi della fame nel loro Paese (ad es. lotta agli sprechi alimentari, promozione di orticoltura ecc.). A livello internazionale - Caritas ritiene che l’attuazione del diritto al cibo nei Paesi in cui non esiste sia un passo fondamentale per eliminare la fame nel mondo. Caritas produrrà un progetto di legge quadro sul diritto al cibo, che le organizzazioni nazionali aderenti possono incoraggiare i loro governi ad adottare, e promuoverà nel 2016 una sessione sul diritto al cibo all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Cosa si può fare: Ascoltare, conoscere la fame e unirsi alla Campagna: le organizzazioni nazionali di Caritas promuoveranno azioni della Campagna a livello locale, entrando in contatto con loro si può prendere parte alle iniziative. Caritas Internationalis si augura che la moltiplicazione di tutte queste azioni in tutto il mondo «creerà una marea di sostegno al diritto al cibo». Si può prendere parte alla campagna sui social network (Facebook e Twitter: IAmCaritas #Food4All) e porre maggior attenzione alle proprie scelte alimentari (quanto cibo si spreca, da dove viene, come si possono supportare sistemi alimentari più equi). Prossime date: Maggio 2015, Assemblea generale di Caritas Internationalis a Roma con

focus sulla Campagna per eliminare la fame. Sempre nel corso del 2015 Caritas promuoverà la Campagna a Milano nell’ambito dell’Expo 2015 - Nutrire il pianeta, energia per la vita. http://food.caritas.org


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possibilità di raggiungere il primo obiettivo di sviluppo del Millennio entro il limite previsto (2015), nel dicembre 2013 la Caritas internazionale ha lanciato una mobilitazione di 18 mesi dal titolo “One Human Family. Food for All” (Una sola famiglia umana. Cibo per tutti), iniziativa che coinvolge le 164 organizzazioni nazionali di Caritas e a loro volta tutte le migliaia di Caritas locali al fine di sollecitare un impegno globale per porre fine alla fame nel mondo entro il 2025. Un impegno auspicato anche da Papa Francesco, che comunicando il suo pieno appoggio alla Campagna aveva dichiarato: «Siamo di fronte ad uno scandalo globale di centinaia di milioni di persone che ancora soffrono la fame oggi. Non possiamo guardare dall’altra parte e fingere che non esista», invitando quindi «a dare voce a tutte le persone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo». Il diritto a un’alimentazione adeguata, osserva Caritas Internationalis, è un diritto umano universale che si realizza quando tutte le persone hanno accesso fisico ed economico in ogni momento ad una alimentazione adeguata o ai mezzi per procurarsela, senza discriminazioni di alcun tipo. Garantire la sicurezza alimentare richiede interventi in più dimensioni, sottolineano i promotori della Campagna: il miglioramento della governance dei sistemi alimentari; investimenti complessivi e responsabili nell’agricoltura e nelle zone rurali, nella sanità e nell’istruzione; supportare i piccoli produttori; rafforzare i meccanismi di protezione sociale per la riduzione del rischio. Esistono infatti, sostiene Caritas Internationalis, forti interdipendenze tra sicurezza alimentare e molte altre parti di un ampio programma di sviluppo sostenibile che affronti le questioni relative a crescita economica inclusiva, dinamiche demografiche, lavoro dignitoso, protezione sociale, emancipazione femminile e lotta alle disuguaglianze, accesso all’acqua potabile, energia, salute, servizi igienico-sanitari, gestione delle risorse naturali e protezione degli ecosistemi. «Sancito dal diritto internazionale, il carattere giuridicamente vincolante del diritto ad una alimentazione adeguata va al di là di un obbligo morale» ha ricordato Caritas Internationalis ai governi di tutto il mondo lanciando la sua Campagna. (E.P.) http://food.caritas.org/

ONU: UNA PIATTAFORMA ON LINE CONTRO LE PERDITE ALIMENTARI Gli sprechi alimentari che attualmente si producono a livello mondiale potrebbero sfamare circa due miliardi di persone: è quanto stimato dalle tre agenzie alimentari dell’ONU che il 24 ottobre scorso hanno presentato a Roma una piattaforma digitale progettata proprio per contrastare il crescente problema della “perdita di cibo”. Il nuovo programma on-line, denominato Global Community of Practice (CoP) on Food Loss Reduction (comunità globale di pratiche sulla riduzione delle perdite alimentari), è stato lanciato congiuntamente da Food and Agriculture Organization (FAO), Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e Programma Alimentare Mondiale (PAM), con l’obiettivo di diventare «un punto di riferimento globale» nella facilitazione della condivisione delle informazioni sugli sprechi alimentari tra tutte le parti interessate, come gli enti pubblici, la società civile e il settore privato, permettendo loro di attingere notizie, conoscere eventi, accedere a librerie on-line, banche dati, corsi di formazione on-line di riferimento, nonché entrare in contatto con le reti sociali attive in materia. «Con più di 800 milioni di persone nel mondo che ancora soffrono la fame, risparmiare cibo è di fondamentale importanza» ha dichiarato Maria Helena Semedo, responsabile della FAO per le risorse naturali, aggiungendo: «Quando il cibo viene salvato, sono salvate anche le risorse impiegate per produrlo. La riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari dovrebbe perciò essere una priorità per tutti». Secondo stime delle agenzie delle Nazioni Unite, infatti, circa il 30% della produzione alimentare mondiale, cioè il 40-50% dei raccolti di radice, frutta e verdura, il 20% dei semi oleosi, di carne e latticini e il 35% del pesce, va perso o è sprecato, pari a circa 1,3 miliardi di tonnellate: si tratta di una quantità di cibo sufficiente a sfamare due miliardi di persone. Secondo un Rapporto 2011 di Banca Mondiale e FAO, le perdite di grano nell’Africa sub-sahariana valgono potenzialmente 4 miliardi di dollari l’anno e potrebbero soddisfare i requisiti minimi di cibo annuo di almeno 48 milioni di persone. «Lo sforzo globale per ridurre i tassi inaccettabili di perdita di cibo deve essere di carattere olistico» sostiene il vicepresidente dell’IFAD, Michel Mordasini, sottolineando il ruolo centrale dei piccoli agricoltori che sono anche i più vulnerabili. «Le soluzioni tecniche disponibili devono ancora essere rese accessibili e alla portata delle comunità agricole più fragili, per questo è positivo l’avvio di una piattaforma web dedicata al contrasto delle perdite alimentari che metta in relazione le conoscenze di agricoltori, professionisti, ricercatori, agenzie di sviluppo e amministratori politici» ha concluso il rappresentante dell’IFAD. http://www.fao.org/food-loss-reduction/en

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Cibo: la mobilitazione italiana IL PUNTO

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n impegno alla mobilitazione per rimuovere le cause della fame e le fonti di una disuguaglianza sempre più profonda, per porre un freno alle derive di un sistema finanziario fuori controllo, per rispondere alla domanda di giustizia e alla necessità di perseguire il bene comune. Su queste basi è stata elaborata e promossa da Caritas Italiana, insieme agli organismi, alle associazioni e ai movimenti cattolici italiani “Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro”, la Campagna nazionale di sensibilizzazione e formazione sul diritto al cibo collegata alla mobilitazione internazionale lanciata da Caritas Internationalis (vedi pagg.1-3). Aspetto centrale della Campagna è l’elemento educativo, mentre tre sono i filoni tematici in cui si articola: cibo giusto per

tutti, una finanza al servizio dell’uomo, relazioni di pace. «Si tratta di questioni che ci interpellano direttamente in questi tempi di crisi, che sembrano aver ridisegnato anche i confini della povertà e della vulnerabilità» sostengono i promotori della Campagna italiana, sottolineando che «non sono soltanto i Paesi “poveri” a richiedere la nostra attenzione: i segni della deprivazione e della sofferenza sono ben presenti nel nostro mondo, assieme ai paradossali sintomi dello spreco e della dissipazione». Promuovere una prospettiva che restituisca dignità a tutta l’umanità, in equilibrio con i limiti biofisici del pianeta e nel rispetto del diritto alla vita delle generazioni che seguiranno, è dunque l’impegno assunto

“CIBO PER TUTTI. È COMPITO NOSTRO”: COME ATTIVARSI Adottare uno stile di vita sobrio e consapevole, riducendo lo spreco e scegliendo alternative solidali e sostenibili di consumo: • scopri se nella tua zona esistono gruppi d’acquisto solidale o mercati di contadini; • se hai uno spazio adeguato puoi proporre ai tuoi vicini la creazione di un orto urbano; • collabora con associazioni che propongono l’agricoltura contadina sostenibile nel tuo territorio e nei Paesi del Sud. Imparare a conoscere il sistema finanziario e scoprire le iniziative di finanza etica che possono aiutarci a risollevare la situazione economica partendo dal bene comune: • scegli bene dove tenere il tuo conto corrente; • chiedi informazioni su quali prodotti finanziari investe la tua banca; • scopri se ce n’è qualcuna che adotta scelte etiche, che aiuta le imprese del territorio, che sostiene l’agricoltura contadina e rifiuta strumenti speculativi. Costruire una società di pace basata sull’educazione alla non violenza e alla cittadinanza globale, che trova il suo fondamento nel rispetto delle persone, dei diritti e nel dialogo tra culture differenti: • scopri se nel tuo territorio ci sono associazioni che educano e gestiscono problemi sociali in modo nonviolento; • che favoriscono lo scambio e l’interazione con immigrati e cooperano con i loro Paesi di origine; • che aiutano a creare comunità di dialogo e di condivisione, anche di beni alimentari, per il bene comune; • che contestano la scelta militare a favore del servizio civile. Attraverso il sito www.cibopertutti.it è possibile consultare gli strumenti per diffondere la campagna e i toolkit formativi, nonché contattare la sede territoriale più vicina e scoprire gli eventi in programma.

dagli enti ed organismi cattolici italiani promotori della Campagna, che intende coinvolgere soprattutto i giovani e che si sviluppa a livello locale, con i territori protagonisti: le diocesi, gli organismi di volontariato e le Ong. «La complessità delle cause – si legge nel documento base della Campagna – ci sollecita ad affrontare la tematica principale del diritto al cibo in una prospettiva più ampia, attraverso i diversi elementi che la legano ai temi della buona finanza e della costruzione di un mondo di pace».

Diritto al cibo Riconosciuto dalla Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo come uno dei diritti umani fondamentali, il diritto al cibo è oggi negato ad una parte consistente della popolazione mondiale. L’attuale crisi internazionale ha reso ancor più vulnerabili masse ingenti di persone già colpite dalla fame, a cui si contrappone però una sempre maggiore diffusione dello spreco dei beni alimentari, e delle malattie legate all’obesità. È quindi urgente affrontare la questione del diritto al cibo analizzando questi elementi di squilibrio globale, sostengono i promotori della Campagna italiana: «Si tratta di una situazione che ha le sue radici in scelte politiche ed economiche dannose, responsabili di dinamiche di produzione, distribuzione e commercio internazionale sconsiderate. È necessario invece sviluppare nuovi modelli, in grado di garantire il diritto al cibo favorendo il protagonismo dei gruppi più svantaggiati, puntando su sistemi di produzione basati sulla valorizzazione del territorio e sul legame tra produzione agricola e gestione degli ecosistemi».

Una finanza rinnovata ed etica Il sistema finanziario globale è uno dei meccanismi internazionali che ha mag-


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giormente contribuito all’attuale crisi internazionale, osserva il documento base della Campagna, perché basato su relazioni finanziarie squilibrate e un sistema di regole mal funzionante, che ha favorito comportamenti speculativi e finalizzati al guadagno di pochi nel breve periodo, a danno di molti, generando dinamiche e rischi sistemici che colpiscono tutti i Paesi del mondo. Quelli più poveri in particolare, perché la speculazione finanziaria ha causato un aumento dei prezzi dei generi alimentari generando nuova fame. Oltre ad una maggiore vulnerabilità rispetto alle instabilità del mercato finanziario, la crisi ha determinato poi una riduzione dell’aiuto da parte dei Paesi ricchi, una contrazione del flusso di rimesse dei migranti e una riduzione della liquidità e del credito internazionale. Secondo i promotori della Campagna è dunque «necessario mobilitarsi a tutti i livelli, per la costruzione di relazioni finanziarie rinnovate secondo principi etici; per ricercare e proporre alternative, nuovi meccanismi di regolazione come la tassa sulle transazioni finanziarie; e per promuovere una mobilitazione nella direzione del sostegno al bene comune».

Costruire un mondo di pace «Esistono numerosi fattori che ostacolano la pacifica convivenza, e sono responsabili di squilibri, instabilità, guerre e conflitti che si riverberano nella fame» si legge nel documento base della Campagna, secondo cui «il rinnovamento delle relazioni tra le persone, le comunità, i Paesi è l’unico percorso possibile se si vuole realizzare un mondo dove si sperimenti l’accoglienza, il rispetto e la dignità di ogni abitante del pianeta, la salvaguardia del creato, della terra e dei beni comuni». Secondo Caritas Italiana e le altre organizzazioni promotrici, «la costruzione di un mondo di pace è innanzitutto un mondo libero da violenza e sopraffazione, ma anche un mondo in cui ad ogni donna ed ogni uomo sia consentito vivere in piena dignità». Per questo è quindi necessario agire per promuovere equità nella distribuzione delle risorse, democrazia, partecipazione politica, efficaci strutture di governo nazionale ed internazionale e processi di disarmo globale significativi ed efficaci. http://www.cibopertutti.it

LOTTA ALLA FAME: CARITAS EUROPA SFIDA L’UE «A livello mondiale, l’Unione Europea è il più importante donatore di aiuti allo sviluppo e le politiche europee hanno un impatto determinante sulla sicurezza alimentare globale e sui perFOOD SECURITY REPORT 2014 corsi di sviluppo sostenibile. Pertanto, l’UE ha un ruolo essenziale da svolgere in materia di lotta alla fame: garantire che le sue politiche siano realmente coerenti e sinergiche, in termini di garanzia della sicurezza alimentare e del diritto al cibo, è di vitale importanza». Così Caritas Europa ha esortato l’Unione Europea a considerare l’eliminazione della fame nel mondo una priorità per l’agenda globale di sviluppo post 2015, invitandola a far pressione affinché quello che è stato il primo obiettivo del Millennio (dimezzare la fame nel mondo) diventi per i prossimi anni l’obiettivo «Fame Zero» e ad affrontare seriamente tutte le cause di fondo della A Caritas Europa study on the Right to Food with concrete recommendations towards fame, in particolare quelle che derisustainable food systems and how the EU can champion the fight against world hunger vano da politiche dell’UE. A questi temi Caritas Europa ha dedicato il Rapporto 2014 sulla sicurezza alimentare, pubblicato recentemente e intitolato proprio Il ruolo dell’UE per sconfiggere la fame entro il 2025, avanzando alcune raccomandazioni per azioni urgenti che l’UE e i suoi Stati membri dovrebbero intraprendere in sei settori prioritari. Diritto all’alimentazione: inserire il diritto al cibo nell’ambito delle politiche europee in materia di agricoltura e sicurezza alimentare è fondamentale, secondo Caritas Europa, perché può migliorare in modo significativo l’efficacia delle azioni contro la fame. La politica europea deve considerare le cause strutturali multi-dimensionali della fame, con attenzione allo stigma, la discriminazione, l’insicurezza, le disuguaglianze e l’esclusione sociale associati alla povertà. Agricoltura: Caritas sostiene l’importanza dell’agricoltura familiare come elemento chiave per combattere la fame in modo coerente ed efficace e per garantire una vita dignitosa per tutti. Le caratteristiche principali dell’agricoltura familiare, che l’UE dovrebbe supportare, sono la conservazione delle conoscenze tradizionali, la gestione sostenibile delle risorse naturali, l’emancipazione delle donne e un modello economico basato sulla comunità e sulla solidarietà. Cambiamenti climatici: l’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza alimentare e l’ambiente deve essere considerato e valutato in modo coerente, sostiene Caritas Europa ricordando che il cambiamento climatico è fortemente interconnesso con l’accesso al cibo se si considerano i fattori legati al clima, come le zone aride, il degrado del suolo, la minaccia per la biodiversità e la dipendenza dall’acqua in agricoltura: «Senza la leadership e la partecipazione dell’UE e degli altri Paesi industrializzati le strategie per mitigare il cambiamento climatico non avranno successo». Nutrizione: per combattere la malnutrizione è necessario un approccio olistico, anche da parte dell’UE, affrontando oltre l’accesso al cibo altri fattori come le condizioni di vita, la qualità dell’ambiente, le pratiche di salute e di cura, le pratiche e le abitudini alimentari, le conoscenze nutrizionali. È essenziale coinvolgere le famiglie e l’intera comunità nel controllo della malnutrizione. Elasticità e resilienza: costruire la resilienza è importante per ridurre la vulnerabilità, soprattutto in situazioni di fragilità e tra le comunità più svantaggiate che sono di solito quelle che affrontano le condizioni climatiche più severe e il rischio di catastrofi naturali. Secondo Caritas Europa il risanamento e la ricostruzione che seguono un disastro possono costituire opportunità per la ricostruzione di mezzi di sussistenza e per la progettazione e la ricostruzione di strutture fisiche e socio-economiche che migliorino la resilienza e riducano la vulnerabilità delle comunità. Attori dello sviluppo come l’UE devono quindi concentrarsi maggiormente sulla protezione sociale e gli approcci basati sulla comunità, integrando la resilienza nel loro lavoro di aiuto. Coerenza delle politiche per lo sviluppo: senza un’azione coerente attuata da economie avanzate, economie emergenti e Paesi in via di sviluppo, così come da società civile e organizzazioni internazionali, la sfida per la sicurezza alimentare non sarà mai vinta. L’UE e l’OCSE hanno una responsabilità condivisa nel non attuare politiche che contrastino lo sviluppo, ad es. sui biocarburanti (che sottraggono terra) o in materia commerciale.

The EU's Role to End Hunger by 2025

http://www.caritas-europa.org

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Contro lo spreco alimentare, tornare a dare valore al cibo in collaborazione con

ESPERIENZE

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Nella vostra Campagna di “lotta agli sprechi” sottolineate come lo spreco avvenga in tutte le fasi del ciclo alimentare: cosa si può fare, quali sono i cardini di questa lotta e come state lavorando per diffonderla?

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i chiamiamo eccedenze, surplus, invenduti, scarti ma, qualunque sia il nome che scegliamo per parlare degli alimenti che finiscono tra i rifiuti, hanno una cosa in comune: hanno richiesto energia, acqua, terra, tempo, carburanti, risorse naturali e una serie di inquinanti per essere prodotti, trasportati, trasformati, confezionati. Hanno prodotto emissioni che hanno contribuito a cambiare il clima. Hanno richiesto denaro per essere acquistati e, ancora, energia per essere conservati. Poi sono finiti, in qualche modo, tra i rifiuti: e lì hanno consumato altre risorse». Inizia così una guida contro lo spreco alimentare curata da Slow Food, associazione internazionale senza fini di lucro con sede in Piemonte, a Bra, attiva dal 1986 nella salvaguardia della biodiversità alimentare e che oggi conta circa 100.000 soci in tutto il mondo. L’associazione è impegnata a vari livelli e in vari modi nella sensibilizzazione sugli sprechi alimentari, che riguardano tutte le fasi del ciclo alimentare dalla produzione, alla distribuzione fino naturalmente al consumo, in dimensioni

decisamente rilevanti: «Per ogni europeo si producono all’incirca 840 kg di cibo all’anno. 560 ce li mangiamo, al ritmo, del tutto rispettabile, di circa 1,5 kg al giorno all inclusive e tenendo presente le statistiche. Che fine fanno gli altri 280 kg? Poco meno di 200 vengono sprecati prima che il consumatore ci metta su gli occhi. Nei campi, nelle aziende di trasformazione, nei supermercati. Gli ultimi 95 kg circa ci premuriamo personalmente di acquistarli per poi buttarli in pattumiera». Dell’impegno di Slow Food per contrastare questo problema abbiamo parlato con Francesco Mele, responsabile della Campagna contro lo spreco alimentare di Slow Food e membro attivo del gruppo di Slow Food Piemonte e Valle d’Aosta.

Lo spreco agroalimentare inizia ben prima della semina nel campo e riguarda anche il fenomeno del “land grabbing” (accaparramento delle terre). Detto questo, per capire la complessità e la globalità del fenomeno penso che la vera chiave interpretativa per combattere davvero lo spreco alimentare alla radice sia il tornare a dare valore al cibo e alle risorse naturali e umane che servono per produrlo. Fin quando il cibo sarà considerato come una merce qualsiasi (e non come un diritto fondamentale) e, come ogni merce, valutato esclusivamente secondo il suo prezzo (più basso) e non secondo il suo valore nutrizionale, ambientale, culturale, sociale ed economico, ebbene fino a quel momento noi non saremo in grado di vincere la battaglia contro lo spreco alimentare. Per affrontare davvero il problema bisogna prendere le mosse di una qualsiasi azione concreta proprio dalla questione del recupero del valore del cibo. In sintesi, Slow Food parte dall’idea che si debba rimettere al centro delle nostre vite e delle nostre comunità un sistema agroalimentare attento alla persona e la sua comunità con tutte le implicazioni economiche, occupazionali, relazionali e ambientali che fanno parte del nostro vivere quotidiano. Un sistema agroalimentare più “sobrio” e distante da quello industriale, che ha come unico obiettivo il profitto.


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MAPPA ANTISPRECO

Siete partner delle Regioni Piemonte e Valle d’Aosta nella campagna “Una buona occasione”, in cui si vuole «incidere sulle cause che contribuiscono a formare l’eccedenza»: quali iniziative di sensibilizzazione portate avanti soprattutto con le nuove generazioni al fine di creare una nuova cultura “anti-spreco”? Il tema della lotta allo spreco agroalimentare è anche e soprattutto un grande tema educativo. Per questo motivo siamo contenti di essere partner della Regione Piemonte e della Regione Valle d’Aosta in un progetto che ha al centro delle sue attività proprio una sfida educativa per grandi e adolescenti, attraverso attività di informazione e sensibilizzazione sulle diverse diciture presenti sull’etichetta dei prodotti e sulle possibilità concrete di prendere coscienza del fenomeno dello spreco nella propria situazione casalinga, per poter cambiare stili di acquisto e consumo. Stiamo realizzando anche un breve cartoon proprio sul tema della lotta agli sprechi per poter lavorare anche coi più piccoli. Tra le vostre iniziative simboliche “anti-spreco” alimentare avete organizzato a Torino anche una “disco-salade”: di che si tratta?

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Fonte: http://www.unabuonaoccasione.it/it/mappa-antispreco Nel 2013 abbiamo dedicato lo Slow Food day, che teniamo ogni anno nel mese di maggio, proprio alla lotta agli sprechi alimentari e a Torino abbiamo organizzato una cosiddetta “disco-salade”: consiste nel recuperare dai mercati rionali la verdura in eccedenza o dall’estetica non perfetta che verrebbe gettata nei cassonetti e, a suon di musica, si prepara una insalatona collettiva distribuita gratuitamente a tutti i partecipanti. Una modalità nata in Germania e in Francia (dove sono state fatte iniziative di piazza simili con

ben 7000 persone) per sensibilizzare in modo divertente e bello un fenomeno tragico. Stiamo lavorando con le reti di Slow Food Germania e Slow Food Francia per organizzare una grande disco-salade proprio a Torino a metà 2015 in occasione dell’esposizione universale, che avrà al centro proprio il cibo e la sua produzione. Quali altre iniziative avete avviato recentemente nell’ambito della lotta agli sprechi alimentari? L’ultima è il social network “nextdoorhelp”. Si tratta di “food sharing”, una banalissima ma rivoluzionaria idea. In casa, noi tutti ci troviamo con il problema di dover smaltire dei prodotti che sono vicini alla scadenza o dei prodotti che sappiamo di non poter mangiare perché siamo in procinto di partire e lasciare la casa e il frigo per qualche giorno. Attraverso questa piattaforma, una volta iscritti, possiamo donare il cibo in più o richiedere un prodotto che qualcun altro mette a disposizione della comunità. La piattaforma promuove una relazione di fiducia tra chi dona il cibo e chi lo richiede (in gergo l’helper e il finder). Non si usano soldi, la gratuità del gesto è l’altro elemento fondamentale di questo social network antispreco. Condividere il cibo può davvero aiutarci a non sprecare il cibo. Insomma, nexdoorhelp.it è un buon miscuglio di solidarietà, innovazione tecnologica e strumento per ridare valore al cibo, soprattutto a quei prodotti che si appresterebbero a diventare rifiuti. (a cura di E.P.) http://www.slowfoodpiemonte.com


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Iniziative delle Caritas diocesane

Let Eat Bi: una rete di economia sociale nel Biellese Un progetto di attivazione del potenziale produttivo e di aggregazione sociale, costituito dall’economia solidale della terra intesa come bene comune

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n nome pop, un artista di fama internazionale, numerose realtà di impegno quotidiano per il recupero del territorio, delle tradizioni e la promozione delle persone: “Let Eat Bi” è un progetto ambizioso avviato nel Biellese che prova a coniugare coltura, cultura e convivialità, con particolare attenzione all’inclusione sociale e sulla base di un forte legame con il territorio. «Lo scopo del progetto – spiega Stefano Zucchi di Caritas diocesana Biella, tra i fondatori dell’associazione – è quello di aggregare, promuovere e contribuire a organizzare le risorse e le attività (saperi, azioni, progettualità) operanti sul territorio biellese, il cui denominatore comune sia la cura della terra, del paesaggio sociale e naturale, e di partire da tali risorse per favorire un meccanismo virtuoso di solidarietà e di inclusione sociale».

Progetti reali per un cambiamento responsabile “Let Eat Bi”, nato in forma associativa grazie al coordinamento della Fondazione Pistoletto-Cittadellarte, è la messa in opera in terra biellese del simbolo del “Terzo Paradiso” (opera di Michelangelo Pistoletto, che nasce dall’idea di coniugare mondo naturale e mondo artificiale per rifondare i comuni principi e comportamenti etici, portando «ognuno ad assumere una personale responsabilità in questo frangente epocale» - www.terzoparadiso.org). Nasce dalla necessità di realizzare, partendo dall’arte, progetti reali per un cambiamento responsabile. «Integrato geograficamente, socialmente ed economicamente nello spazio fisico biellese – commenta Armona Pistoletto, presidente dell’associazione “Let Eat Bi” – il simbolo pone le sue radici affermandosi come presenza attiva: un’arte che dialoga e coopera con quanti intendono

farsi protagonisti di una fase di cambiamento e trasformazione della società e del paesaggio sociale e culturale, creando scenari di futuro e di speranza per un nuovo rinascimento».

Un ecosistema in costruzione tra “pari” “Let Eat Bi”, attraverso la partnership con associazioni, cooperative, imprese sociali e comunità territoriali, è un ecosistema in costruzione di rilevante estensione che, stagionalmente e naturalmente a chilometro zero, può generare un’offerta di prodotto significativa, patrimonio da recuperare alla comunità con buone pratiche e i cui proventi vengono impegnati nell’economia del bene comune. Una rete tra pari che mette in connessione

un numero crescente di soggetti attivi nello spazio dell’economia sociale e solidale che, da marginale, può assumere importanza primaria per fasce rilevanti della popolazione.

La terra come bene comune «Si tratta di attività che danno e devono dare frutti concreti – precisa Stefano Zucchi –. Producono cultura, convivialità e sviluppo economico sostenibile, favorendo l’inclusione sociale. Il progetto vuole attivare infatti il potenziale produttivo ed aggregativo costituito dalla terra come bene comune: territorio coltivato e in disuso o dimenticato, come orti, frutteti, boschi, campi sociali, solidali, urbani, collettivi, di comunità, fino ai terreni degli orticoltori amatori sono nella nostra esperienza occasioni, faticose, da cui ripartire per costruire comunità e un piccolo reddito, ma di grande valore, per chi è in difficoltà». http://www.cittadellarte.it/attivita.php


n. 12 • novembre 2014

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Iniziative delle Caritas diocesane

A Saluzzo il “Campo Solidale” Caritas sta lavorando attivamente per un’accoglienza dei lavoratori stagionali stranieri non più improvvisata ma organizzata e dignitosa

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n sei anni a Saluzzo il fenomeno dell’immigrazione stagionale dei braccianti africani è cresciuto in progressione geometrica, tanto che ormai non si può più parlare di “emergenza” ma di un aspetto strutturale dell’agricoltura locale. Tuttavia, fino all’anno scorso la risposta delle istituzioni ai problemi legati a questa affluenza è stata assolutamente inadeguata. Fin dal 2010 era stata infatti la Caritas locale, per volontà del direttore don Beppe Dalmasso, a occuparsi quasi interamente dell’accoglienza (prima in un convento abbandonato, poi un in magazzino-dormitorio), mentre l’amministrazione comunale si era limitata a mettere a disposizione le poche stanze di un vecchio fabbricato in disuso. Le forme dell’accoglienza sono poi cambiate di anno in anno, ma sempre all’insegna dell’improvvisazione e dell’inadeguatezza. Il culmine dell’inciviltà si è toccato nel 2013, quando i migranti erano ormai circa 700 e nell’area del Foro Boario era sorto un accampamento spontaneo di decine e decine di tuguri di rami e cartoni, dove si viveva in condizioni igieniche spaventose. La situazione era appena mitigata dalla presenza di tre campi di container allestiti dalla Coldiretti per 120 posti-letto.

Accoglienza: la svolta del 2014 Quest’anno, finalmente, qualcosa si è mosso. Da una parte l’amministrazione comunale ha deciso di accogliere la proposta della Caritas diocesana e della Comunità “Papa Giovanni”, già avanzata invano l’anno precedente, di poter allestire un campo di accoglienza per 200 persone, autorizzando gli allacciamenti all’acquedotto, alla fognatura e alle reti elettrica e del

gas. Dall’altra, Caritas Italiana ha ottenuto dalla Cei un significativo contributo da erogare alle Diocesi maggiormente coinvolte dal fenomeno della migrazione stagionale: tra queste Saluzzo, unica realtà del centro-nord. Infine, le Caritas diocesane del Piemonte e della Valle d’Aosta hanno generosamente accettato di fornire a quella di Saluzzo le risorse necessarie all’acquisto di 35 grandi tende per un totale di più di 200 posti. È stato così costruito un “Campo solidale”, dotato delle strutture e dei servizi necessari a garantire condizioni di vita più dignitose a una parte significativa dei migranti.

Il contributo di Caritas Italiana Con l’intervento “Progetto Presidio” Caritas Italiana ha stanziato un finanziamento destinato ad attivare per il biennio 2014-2015 una serie di interventi a supporto dei braccianti stagionali, in collaborazione con gli enti locali, le forze dell’ordine, le organizzazioni umanitarie e sindacali e tutti i soggetti che sul territorio operano a favore dell’accoglienza e dell’integrazione. A Saluzzo sono stati aperti tre “sportelli” informativi sulle questioni legali, sindacali e amministrative, oltre a un ambulatorio medico che, in collaborazione con l’Asl, ha fornito una prima risposta ai bisogni sanitari dei migranti. La Caritas ha cercato di sensibilizzare i datori di lavoro rispetto al loro dovere – almeno morale, se non giuridico – di ospitare i braccianti che vengono contrattualizzati. In passato lo stesso Vescovo, mons. Giuseppe Guerrini, aveva lanciato un chiaro appello in tal senso. Qualche risposta si è avuta, ma nella maggior parte dei casi l’ospitalità non viene data e molti agricoltori rinunciano

ad assumere braccianti attraverso i “flussi”, ciò che farebbe scattare l’obbligo di ospitalità, per reclutare i migranti stagionali, a cui la legge non offre alcuna tutela sul piano alloggiativo. È anche per queste pressioni che la Coldiretti, grazie al finanziamento di una Fondazione bancaria, ha deciso di allestire i suoi campi di container.

Già al lavoro per il 2015 Rispetto alla situazione delle aree del Meridione dove la presenza dei migranti è anche molto consistente, quella di Saluzzo si caratterizza per l’assenza degli alti livelli di sfruttamento che là si registrano: non esiste il fenomeno del caporalato e il lavoro nero ha un’incidenza marginale. Tuttavia è ovvio che un’offerta così ampia di manodopera disponibile a qualunque forma di flessibilità consente a certi datori di lavoro di eludere più facilmente le norme contrattuali, per cui non di rado i braccianti sono pagati in nero per una parte delle giornate lavorate o ricevono paghe inferiori a quelle previste. Nonostante qualche strumentalizzazione politica a sfondo xenofobo, i saluzzesi vivono senza troppi patemi il fenomeno. I giornali e i social network raccolgono voci di protesta, ma anche attestazioni di solidarietà e non sono pochi quelli che offrono alimenti e vestiario. Ora che la stagione della raccolta è finita i ragazzi stranieri stanno partendo. Alcuni torneranno da dove sono venuti, altri raggiungeranno le aree del Meridione dove si raccolgono gli agrumi, altri ancora non hanno una meta precisa e cercheranno semplicemente un posto dove poter dormire all’asciutto. In Caritas ci si prepara già alla prossima stagione, per cercare di migliorare ancora il livello di accoglienza. È allo studio un progetto che prevede di stipulare una convenzione con l’Università di Torino per una ricerca sul comparto agricolo locale che permetta, tra l’altro, di definire meglio il rapporto tra esigenze produttive e occupazione. Inoltre, si cercherà di arricchire l’azione della Caritas diocesana utilizzando nuove risorse umane appositamente formate, capaci di favorire la crescita della cultura e della pratica dell’accoglienza. (Carlo Rubiolo) caritas@diocesisaluzzo.it


n. 12 • novembre 2014

Campagna contro la fame: assumiamoci le nostre responsabilità

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L’OPINIONE di don Giovanni Perini *

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er chi suona la campana? Questa volta è suonata per noi, il primo mondo, che un giorno si è svegliato e ha trovato la dispensa vuota. Ma siamo scivolati giù in Africa nell’emisfero Sud del mondo? Là sappiamo che c’è da sempre la fame e che la gente vive con poco niente! Proprio nei giorni in cui a Torino si svolgeva Terra Madre, abbiamo parlato con alcuni contadini e contadine maliani che hanno portato qui i loro prodotti. Ci dicevano con molta determinazione e convinzione che la sussistenza del pianeta è legata non solo al ritorno all’agricoltura, ma anche all’agricoltura artigianale, familiare, di comunità. Non è certo la prima volta che si affronta questo problema. Anni addietro si legava la soluzione del cibo per tutti alla riforma agraria che soprattutto nei Paesi del Sud del mondo, dove imperano i latifondismi e le grandi estensioni di terra incolta, non è mai riuscita a decollare. Governi e governanti troppo deboli di fronte al potere dei possessori di immense distese di terre, da cui villaggi interi venivano buttati fuori, senza alcun diritto, pur “possedendo” e lavorando quelle terre da generazioni immemorabili. Mi ricordo di una fotografia scattata nel nord del Brasile, dove un villaggio era stato raso al suolo dalle ruspe e dove la gente raccoglieva i rimasugli delle proprie capanne, scoprendo nel fotogramma seguente che si stavano ricostruendo il villaggio su un immondezzaio, perché lì più nessuno avrebbe allungato le mani.

Produzione agricola e diritti umani Il primo problema, ma anche il primo passo è dunque la terra e la produzione di cibo. Eppure proprio i Paesi che hanno più possibilità di coltivazione stanno sempre facendo scelte discutibili, adibendo appezzamenti enormi di terreno alla coltivazione di biocarburanti e sottraendoli così alla produzione di cibo, oppure usando semi transgenici

per moltiplicare, senza conoscerne le conseguenze, le quantità di raccolto. Secondo un Rapporto di Oxfam (una delle più grandi organizzazioni internazionali specializzata in aiuti umanitari, con una sede anche in Italia) dal 2001 sono stati venduti o affittati circa 227 milioni di ettari di terra, un’area grande quanto l’Est Europa, a investitori internazionali e molte volte l’espropriazione avviene con gravi violazioni dei diritti umani, come gli sfratti forzati di migliaia di persone dalle loro case e la distruzione dei loro raccolti. Eppure non siamo nel “far west” e nemmeno nei secoli passati! «La crescente domanda di cibo dovrà essere affrontata con le risorse naturali attuali: risorse che sono già sotto pressione per colpa del cambiamento climatico, dell’inquinamento delle acque, della deforestazione e della coltivazione di prodotti non alimentari».

Urge un cambio di mentalità Ma c’è una seconda emergenza che va affrontata, ed è l’acqua o meglio la sua scarsità. Le coltivazioni (oltre naturalmente le persone) hanno bisogno di acqua per crescere e maturare e si calcola che già nel 2000, circa 500 milioni di persone vivessero in Paesi in cui la scarsità o la mancanza di acqua erano cronici. Tutti ricordiamo le polemiche e le dimostra-

zioni sulla gratuità dell’acqua considerata bene comune e quindi non privatizzabile, che anche in Italia si sono tenute, con maggiori sconfitte che vittorie. Eppure sembra così “naturale” comprare l’acqua, complice la pubblicità e gli interessi di gruppo. Dovrebbe risultare chiaro che qui si tratta davvero, nel senso più concreto e materiale, del nostro futuro, della possibilità di sopravvivenza, del rispetto della terra e della sua cura, ma si tratta anche di un urgente cambio di mentalità che comincia con l’interessamento di tutti noi e delle nostre comunità cristiane a questi problemi mondiali.

Cosa fare? Per intanto si può cominciare a verificare i nostri stili di vita, l’uso dei nostri soldi (non solo per cosa li spendiamo, ma anche a chi in definitiva li diamo quando facciamo la spesa), la qualità e la quantità dei nostri consumi, privilegiando la nascita e lo sviluppo dei piccoli produttori locali che coltivano in modo rispettoso ed etico i loro prodotti; diffondere la pratica degli orti solidali, scegliere i cibi legati alla produzione stagionale, controllare il consumo dell’acqua e non sottrarci alla responsabilità di far sentire la nostra voce. * Teologo, direttore Caritas Diocesana Biella


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