VI puntoacapo DAY
CONVEGNO NAZIONALE: LE VIE DELLA LETTERATUR A Novi Ligure (AL) Centro Comunale di cultura, Via Marconi 66
VENERDÌ 9 OTTOBRE 2015
C’è un Editore che ha raccolto attorno a un progetto coraggioso e innovativo uno staff di collaboratori motivati e di altissimo prestigio; che ha creato Format, una delle pochissime Collane antologiche che raccolgono in modo progettuale il meglio della poesia italiana (in sequenza: Massimo Sannelli, Alberto Cappi, Cristina Annino, Tolmino Baldassari, Remigio Bertolino, Alessandro Ceni, Marco Gal, Dante Maffia, Paolo Valesio, Giuseppe Piersigilli); che ha creato Collane come punto di riferimento del proprio settore, attraverso una selezione critica che rispecchia una seria programmazione editoriale; che pubblica da cinque anni l’Almanacco Punto della Poesia italiana, cui collaborano i migliori poeti ed esperti; che ha varato AltreLingue, l’unica Collana di poesia dialettale in Italia, con testo a fronte; che partecipa alle migliori Fiere e organizza direttamente oltre cento eventi all’anno, tra cui almeno un puntoacapo Day; che ha creato Collezione Letteraria, un marchio distinto per progetti originali e diversificati; che sta ottenendo i risultati più importanti nel maggiori Premi letterari…
E che ha ancora tanti progetti…
Dopo la fortunatissima serie di puntoacapo Days tenutisi negli scorsi anni, la formula del VI puntoacapo Day sarà leggermente diversa: abbiamo infatti pensato di innalzare il tono del dibattito con un Convegno sulla letteratura contemporanea – interventi critici e letture, discussioni e riflessioni che avranno come sede il Centro Comunale di cultura a Novi Ligure (Biblioteca Civica, Via Marconi 66), il giorno venerdì 9 ottobre dalla mattina alla sera. Crediamo che Autori e Collaboratori rappresentino al massimo livello le più fertili tendenze e linee di sviluppo; vista poi l’importanza dell’evento, che vogliamo diventi un preciso riferimento critico, puntoacapo ha in programma la pubblicazione degli Atti. Data la necessità di effettuare l’evento in una sola giornata, il programma prevede un numero comprensibilmente limitato di interventi poetici che si vogliono esemplificativi dei discorsi critici; vi saranno comunque altre occasioni: i nostri autori saranno sempre partecipi di un grande progetto che continua a crescere, in una atmosfera unica di amore per la letteratura, collaborazione e amicizia. I siti di puntoacapo, dell’Associazione letteraria La clessidra e della Biennale di Alessandria, oltre alla pagina facebook della Casa editrice saranno i punti di riferimento per tutte le iniziative e gli aggiornamenti.
Mai come in questo momento la cultura, e la poesia in special modo, vittima dell’emarginazione di tutto ciò che non è immediatamente spettacolarizzabile, vive in un clima di quieta apocalisse. La progressiva sparizione o forte riduzione delle collane di poesia e la crisi della critica sono solo due degli elementi che rendono sempre più precaria la vita della forma artistica per eccellenza del nostro Paese. Quello che è certo è che mai come oggi, forse, i poeti sono consapevoli e motivati, e producono poesia di grande qualità. Il Convegno, dal punto di vista di una Casa editrice che è divenuta un riferimento imprescindibile per qualità del Catalogo, dei Collaboratori e dei progetti, cercherà di dare un contributo costruttivo sia fornendo riflessioni originali che proponendo voci poetiche che rappresentano soluzioni espressive e tematiche di grande valore. Il tutto nella consueta atmosfera conviviale che tanti risultati ha già dato nelle precedenti cinque edizioni del puntoacapo Day.
PROGRAMMA Convegno nazionale
LE VIE DELLA LETTERATURA Ore 9,30 – Saluto delle Autorità e dell’Editore
GLI INTERVENTI CRITICI Ore 10,00 – Giannino Balbis: Prima del testo e del contesto. Per una terza via della didattica della letteratura Ore 10,30 – Giangiacomo Amoretti (Un. Genova): La poesia e l’accademia Ore 11,00 – Giancarlo Pontiggia: I classici e noi Ore 11,30 – Vincenzo Guarracino: Mi affumico d’incenso: Il comico nella poesia contemporanea Ore 12,00 – Giuseppe Zoppelli: Per una Poethica oggi?
CRITICA E POESIA Ore 15,30 – Mauro Ferrari e Giuliano Ladolfi: Poesia ed editoria Ore 16,20 – Salvatore Ritrovato (Un. Urbino): La poesia in contumacia Voci: Enrico Marià, Ivan Fedeli, Sergio Gallo, Alessandro Quattrone, Alessandria Paganardi Ore 17,00 – Paolo Valesio (Un. Columbia): Espatrio e Poesia Voci: Cinzia Demi, Silvia Comoglio, Daniela Raimondi, Emanuele Spano, Salvatore Ritrovato, Carla Mussi Ore 17,50 – Manuel Cohen: A partire da Baldini e Loi Voci: Remigio Bertolino, Dario Pasero, Fabio Franzin Con un ricordo di Tolmino Baldassari e Marco Gal Ore 18,40 – Ricordo di Alberto Cappi e Gianmario Lucini APERICENA ORE 21,00 – Andrea L. Chavez recita un Canto della Divina Commedia READING CONCERTO Alessandro Arturo Cucurnia: voce, arpa celtica, nichelarpa, low whistle Francesco Macciò: tastiera, bodhràn, low whistle, voce recitante Voci: Giangiacomo Amoretti, Giannino Balbis, Giancarlo Pontiggia, Paolo Valesio CHIUSURA MUSICALE CON BRINDISI
Alessandro Arturo Cucurnia e Francesco Macciò
ABSTRACTS DEGLI INTERVENTI CRITICI
Giangiacomo Amoretti Al prestigio indubbio che caratterizza ancora la poesia in ambito umanistico corrisponde paradossalmente una singolare incapacità di interpretarla in modo soddisfacente da parte della cultura universitaria. Per un verso, secondo una linea mai interrotta nella nostra accademia da Croce al marxismo di fine ‘900, la poesia viene studiata in termini storicisti e così legata a fenomeni che con la poesia non hanno nulla a che fare. Per un altro verso viene analizzata attraverso metodi formali, stilistici o linguistici, che rischiano in ultimo di ridurla alle sue mere componenti strutturali. In entrambi i casi ciò che si perde è la specificità della poesia. Il caso è emblematico di quella che probabilmente è una difficoltà assoluta, a priori irrisolvibile, di interpretazione della poesia: giacché la poesia – come molte teorie della letteratura spiegano in modi diversi per vie convergenti – è un “dire” assolutamente particolare, un “dire” che non “dice” o, all’inverso, un “non dire” che “dice”. È inevitabile quindi che il “dire” razionale dell’interprete abbia difficoltà a fare presa su questo “dire” – “non dire” irrazionale (o arazionale) della poesia; e rischi sempre di fraintenderne il senso, oppure di fargli violenza. Un rischio da cui non può certo essere esente la cultura universitaria, che del “dire” razionale (o, in altre parole, della “scienza”) è, in certo modo, la titolare ufficiale, la depositaria e la garante
Giannino Balbis Nella scuola secondaria italiana, per quanto riguarda la didattica della letteratura, dominano da decenni due metodi: quello storicistico e quello che si può chiamare, a vario titolo, testualistico, entrambi con nutrita serie di varianti e derivazioni. Questi due approcci oggi non funzionano più. L’approccio storicistico implica un senso di appartenenza ad un’identità collettiva, un sentimento del tempo, un culto della memoria che i giovani “liquidi” di oggi non posseggono e faticano a comprendere, schiacciati come sono su un presente che galleggia tra nebbie del passato e nebbie del futuro. L’approccio testualistico richiede competenze tecniche, linguistiche e retoriche, che i nostri liceali non hanno, e, soprattutto,d eve essere fondato su una sensibilità estetica – il gusto del ricercare, riconoscere, godere la bellezza (senza la quale l’analisi testuale si riduce a pura operazione meccanica, arida e insulsa)– che purtroppo si è molto affievolita, non solo nei giovani ma soprattutto nei giovani, a causa del benessere consumistico e dei suoi allegati (materialismo assoluto, economicismo imperante ecc.), e non è cosa che si possa insegnare. Bisogna trovare una terza via, che consenta di ovviare o, almeno, provare ad ovviare a questi problemi. Questa terza via – sulla quale è incentrato l’intervento – è, a mio giudizio, quella delle radici biologico-antropologiche della letteratura, ovvero l’idea della letteratura come forma basilare di quel “gioco” narrativo che è proprio di ogni individuo della specie uomo, in quanto fondato appunto sulla sua biologia (la sua sede è nella neocorteccia cerebrale), ed ha per fine la costruzione identitaria dell’io e del mondo. La
letteratura rivela, in questa prospettiva, caratteri non virtuali, non aleatori, ma realissimi e vitali, che gli studenti – adeguatamente preparati e motivati – possono facilmente recepire e riconoscere come propri, dotati di un’utilità concreta, spendibili nel personale processo di crescita e maturazione individuale e sociale. Manuel Cohen Mentre da più parti, sui quotidiani nazionali, con reiterata stanchezza nelle polemiche, ci si affanna ad annunciare la fine della poesia, il lavoro della critica e delle riviste più attente certifica e mappa le linee, le novità, le possibili frontiere, tra continuità e trasformazione, della scrittura in versi. Il varo di una collana come AltreLingue, interamente dedicata alla critica e alla scrittura neo-dialettale, potrà apparire dunque in controtendenza rispetto alla presunta morte e rispetto alla chiusura di storiche collane di poesia. A partire dal primo volume, che raccoglie interventi di Loi e di Cohen sull’opera di Baldini, si vuole dare il segno preciso e chiaro, di una attenzione critica e storiografica al contemporaneo, facendo il punto sulla neodialettalità dell’ultimo quarantennio e evidenziando gli aspetti di coralità novecentesca, o il duro filamento della koinè, da Bertolino a Pasero, da Baldassari a Segato. Parimenti, si intende offrire uno spazio editoriale agli autori giovani più interessanti. Il secondo volume di AltreLingue è infatti firmato da Fabio Franzin, una delle voci più autorevoli del panorama nazionale.
Mauro Ferrari La crisi della critica, più che quella della poesia (la quale farebbe più riferimento alla sua perdita di centralità più che alla qualità dei poeti), pone i poeti di fronte all’assenza di riferimenti, riscontri e linee guida; come un serpente che morda la coda, in un processo in cui è impossibile definire quali siano le cause e quali gli effetti, essa sta riflettendosi pesantemente sulla politica editoriale delle majors, con esiti che sono sotto gli occhi di tutti. Questa nuova realtà impone un ripensamento e un riposizionamento dell’editoria di settore, a cui si chiederà di contribuire sempre più alla definizione della poesia contemporanea attraverso un numero ristretto di sigle editoriali che avranno il coraggio e le capacità di operare scelte chiare e progetti innovativi e forti. Vincenzo Guarracino Un vezzo, niente più che un vezzo espressivo, il sintagma “M’affumico d’incenso”, più volte usato, fino quasi in punto di morte, da parte di Roberto Sanesi, un poeta tutt’altro che incline al comico e alla parodia, ma che pure amava anche scherzare su cose e personaggi della grande letteratura, nel caso specifico su Carlo Bo. Un’espressione evidentemente ricalcata sul celebre ungarettiano “M’illumino d’immenso”, rivisitato e rovesciato in arguta giocosa parodia, che qui mi permette di introdurmi in un argomento, quello appunto
dell’ironia e del gioco, che nella poesia italiana più recente annovera interpreti di sicuro anche se non sempre riconosciuto interesse. Senza voler scomodare padri più o meno nobili del Novecento (penso ad Aldo Palazzeschi e a Ernesto Ragazzoni, o al più recente Toti Scialoia), con i loro testi e la paradossalità di certi loro nonsense, giocati spesso su un teatrino divertito dell’assurdo, qui vale la pena centrare l’attenzione su autori come Attilio Lolini, Leopoldo Attolico, Guido Oldani, Federico Roncoroni, Giulia Niccolai, tutti in vario grado ben noti al grande pubblico dei venticinque lettori di poesia, e su uno scrittore molto meno conosciuto, un autentico outsider della poesia, Francesco Piscitello, che ha il merito niente affatto marginale, almeno per me, di avermi portato in evidenza il verso che dà il titolo al mio testo, “M’affumico d’incenso”, apponendolo a titolo di una sua sapida carrellata nella poesia italiana dalle origini fino ad oggi, “M’affumico d’incenso. Piccola antologia parallela della poesia italiana”, edito da Nuove Scritture nel 2005, che attraversa testi e autori da far tremar le vene e i polsi (da Guinizzelli a Quasimodo, passando per Dante, Petrarca, e giù giù Leopardi, Manzoni, D’annunzio). Giuliano Ladolfi Occorre voltare pagina e smettere di parlare di “crisi della poesia”. La poesia gode di ottima salute, nonostante l’assenza degli ambiti universitari e il disinteresse delle grandi case editrici e dei mass media. La poesia si sta costruendo una nuova posizione e una nuova funzione: agisce sui blog, nei reading, nelle pubblicazioni di nicchia e nelle riviste specializzate. Questa
realtà senza dubbio genera sconcerto e non può non lasciare insoddisfatti gli operatori del settore. Ma è assolutamente inutile e infruttuoso piangersi addosso, si rende necessario lavorare insieme per “inventare” nuovi spazi e nuovi scenari, iniziando con un chiarimento sulle funzioni, gli ambiti, i destinatari, i luoghi, gli operatori, i rapporti, il valore e soprattutto la natura della poesia e la responsabilità della critica. Atelier per vent’anni ha lavorato e sta lavorando per fondare i nuovi scenari: ha definito un’idea di poesia, ha tracciato un nuovo modello di critica, ha in pratica operato mediante scelte coraggiose. Si può ancora parlare di crisi? La poesia è morta, viva la poesia. Giancarlo Pontiggia Chi sono i classici? Cosa rappresentano per noi? In cosa consiste – se mai ancora la conservano – la loro forza pedagogica, paradigmatica? La migliore definizione di classicità l’ha forse data, nel corso del Novecento, T.S. Eliot. Ma proviamo a andare oltre, avanzando per sottrazione: non intendiamo per classici esclusivamente gli autori greci e latini; né intendiamo sottintendere, con il termine “classico”, che esistano buoni scrittori da imitare. Classico sarà semmai – per paradosso – ciò che non è più spendibile nella nostra contemporaneità, che ha perduto il suo valore d’uso sul piano linguistico e sociale. Perché allora leggerli? Perché la loro lontananza nel tempo delinea una vastità di pensieri, di forme, di linguaggi che ci preserva dall’angustia della contemporaneità: proprio perché la poesia è nel suo fondo una sguardo atemporale, archeologico sulle cose del mondo e
dell’uomo, essa esige una distanza da noi e dal nostro tempo, qualcosa di più profondo di ciò che viviamo nel presente. È inoltre nei grandi classici una lezione – esatta, sottratta all’incertezza e alla labilità delle estetiche contemporanee – delle categorie fondanti di ogni vera scrittura: moralità della parola, leggibilità e condivisibilità dei testi, disciplina dello stile, fermezza del pensiero e della visione, consapevolezza che l’atto dello scrivere affonda nella realtà della vita ma non è la vita, e che per questo si scrive: per vincere l’informe del reale, la babele delle chiacchiere, l’insoddisfazione della quotidianità. Salvatore Ritrovato La poesia, oggi, è ancora un “progetto”? E se non lo è, da quando e perché ha smesso di esserlo? L’intervento indaga le ragioni della fine di un grande sogno, cominciato nell’era moderna, di portare l’immaginazione (cioè la poesia, l’arte) al potere (cioè nel cuore del destino dell’uomo), e di risarcire, in questo modo, la poesia della sua frustrata e risentita marginalità nella nuova società borghese. Dietro il travisamento politico dello slogan antiplatonico (l’immaginazione al potere!) vi è la fine di una poesia sfrattata dai luoghi umanistici di una coltivata interiorità, e proiettata sui palcoscenici festivalieri in cui la parola diventa esibizione muscolare di una voce inutile. Forse in questa ‘inutilità’ vi è il senso di una nuova educazione alla vita?
Paolo Valesio Il problema dell’espatrio e della poesia italiana viene brevemente delineato come tema filosofico generale, e anche con riferimento ad alcune esperienze concrete di poesia italiana così come esse si sono venute sviluppando tra Italia e Stati Uniti. La ricerca è orientata a saldare il discorso della poesia fuori d’Italia con quello della poesia in Italia – o almeno, a stabilire una certa continuità fra le due esperienze. Giuseppe Zoppelli Guanto di sfida ai poeti, ai lettori e ai critici: in tempi di pensiero debole e cultura postmoderna, in cui domina la convinzione che sia irrilevante, può la poesia puntare in alto, a partire dalla consapevolezza del proprio 20 gennaio? Può puntare sul suo carattere dialogico e comunicativo, sul potere della parola, sul suo valore di testimonianza, sulla responsabilità etica del poeta? Può assumersi il compito etico di preservare un poco di umanità e di educare all’umano?
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