[FOTO DI ALESSANDRO MARIA NACAR]
Da morti è più facile. Un piccolo ma grave incidente sbalza una donna e un ragazzo nell’altro mondo in una condizione tra la vita e la morte, un confine perfetto per farsi domande importanti in serena complicità: perché in amore si chiede di dare quello che non si ha? E come vola un aereo? Perché ogni voce è diversa? Cos’è veramente un gioiello? C’è un nocciolo dentro la Storia? Ma la vita è pronta a riprenderseli. Attraverso un quantum di coma che avviene in un lampo, l’amore li trascinerà giù. “L’anima è una storia che va raccontata.”
ANCORACINQUEMINUTI
Marina Wiesendanger
Marina Wiesendanger
Marina Wiesendanger, milanese, si è formata nel mondo del design italiano. In questo campo ha creato, nel 1976, un’impresa patafisica, conclusa nel 2005 (www.avantdedormir.com/museum). Ha scritto la sua biografia, Un cinema in testa. Vive poco a Milano e molto in Umbria, in campagna, dice di sé che gli occhi le vanno solo su quello che le piace vedere.
Ancoracinqueminuti
Prosa e Narrativa
€ 15,00 CollezioneLetteraria
CollezioneLetteraria Narrativa
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ISBN 978-88-98224-32-6
Marina Wiesendanger
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CollezioneLetteraria
ai miei
“Lord Ronald con un salto montò in sella e galoppò via pazzamente in tutte le direzioni.” Stephen Leacock, Gertrude the Governess
...e non sempre sto a Tivoli quando ci sono M.Yourcenar, Le memorie di Adriano
Prima parte Cascata all’insù
Capitolo 1 Cascata all’insù Febbraio 2014
Sono morta da poco e già mi intervistano in tanti. Sono piena, affollata di cose che ancora non so. Il tempo è diverso, è piuttosto uno spazio dove ogni attimo è illuminato anche negli angoli e vivono insieme ogni presente e ogni passato. Siamo a cena in famiglia, sono piccola, tutti seduti contenti a parlare con un’aria di festa. Arriva la minestra bollente con gli occhi brillanti di grasso, i cappelletti, quelli buoni della mia nonna. Lei adesso, riempiendomi il piatto e contandomi i pezzi di pasta ripiena, undici, uno dei miei numeri amati, e parlandomi piano, mi dice che poi finirà di darmi quella ricetta che non le era riuscito di dire sul suo letto di morte. Grazie, rispondo guardando i suoi capelli d’argento colorati di azzurro, e ricordo: era la salsa verde e c’era un segreto. Quella è stata l’unica cosa che non è riuscita a fare per me, e il nostro discorso ricomincia da qui, da quel dicembre quando il suo medico scuotendo la testa le dava poco tempo di vita, senza tenere conto del natale in arrivo. Ma lei doveva preparare la cena per tutti. Poi il capodanno, e il compleanno del nonno, poteva non farcela? E i compleanni di tutti venivano in fila, penultimi i miei anni di luglio e il suo dopo. Passate le feste ha dato ragione al dottore, che non sapeva quanto valesse nell’universo un sorriso di lei, e se ne è andata un attimo prima di dettarmi la salsa. A tavola c’è la mamma, il nonno e il papà. C’è la mia bella, bellissima zia, solo undici anni di differenza tra noi e quindici invece tra lei e sua sorella, mia madre. La nonna ha patito un sacco di aborti tra loro due. E ha molto soffer7
to. Erano maschi: questo il nonno cercava. Le femmine, dicevano, sono più resistenti, si aggrappano all’utero e non vogliono scendere. Lei è arrivata con un nasino all’insù, bionda vera con le onde e alta come se i suoi genitori si fossero messi in piedi una sull’altro per farla così. E se n’è andata ancora bella, bellissima nonostante quel male improvviso e implacabile e lento nei giorni della sua sofferenza. Ancora timida per tanta bellezza. C’è lo zio, il suo fidanzato giovanissimo e intenso, più tardi si spezzerà di dolore. Gli toccheranno due vite, quella con lei e quella dopo, e due cuori, uno vecchio buttato e uno nuovo. E il mio, lei lo farà diventare un vaso di fede incrollabile perché morendo con le mani allacciate alle mie mi ha detto ‘ho paura’ e io piano ma forte le ho detto, no, non paura, guarda la nonna, è venuta a prenderti, è qui, e ci ho tanto creduto che la vedevo. Ci credo da allora. Niente mi avrebbe convinto più di lei che se ne andava che la vita non potesse essere tanto crudele e finire per sempre. Lei mi ha dato la grazia e adesso lo so che è davvero così. È così. Vicino a lei c’è il suo futuro suocero, lo zio Peppino, un uomo di grande avventura di dentro e di fuori. La tratta come lei fosse di vetro e piena di fiori, è felice per questa nuova famiglia promessa. A tavola ancora c’è Virgilio, un amico di famiglia, straordinario in tutto a cominciare dal fatto che è quasi romano eppure amato da questa combriccola di milanesi come uno di noi. Ha un coté marchigiano da parte del padre, la stessa sua aria elegante di grande signore. Aveva tanta terra e una casa immensa a Fabriano, la guerra poi gli ha portato via tutto. Perché è stato un pilota del duce. E il nonno, che certo fascista non è perché ha combattuto da fante nella prima guerra mondiale e quella gli è bastata per trarne un giudizio per sempre, gli vuole bene. È della stessa sua terra, lo stima e rispetta perché è un uomo buono e sincero, e tutto gli scivola addosso a Virgilio, lui che la storia l’ha vista così da vicino ed è l’unica persona che il nonno conosca senza 8
una sola nozione di matematica che non fosse quella del suo aeroplano. Un due di quadri gli faceva terrore. Una cosa che lui, ingegnere di teleferiche, trova stupefacente. Il fatto lo incuriosisce ogni volta che giocano a carte mentre vede che lui fa finta di capire di cosa si tratta; e lo diverte tanto guardarlo quando deve pensare allo scarto: Virgilio alza gli occhi al cielo cercando una risposta qualsiasi. Fantastico, sussurra il nonno ogni volta e ridacchia senza cattiveria tra sé. Virgilio Vittore è nato a Parigi, battezzato in Notre Dame addirittura e sua madre è lievemente irlandese. Mio padre lo ha conosciuto in Africa, pilota anche lui, così diversi, Gigi anche troppo preciso e pignolo, l’altro leggero come il vento che tutto scuote tranne se stesso, perché la sua natura è volteggiare tra le cose del mondo senza dare importanza a quello che trova. Gli uomini ora sono sul balcone a fumare. Camicie bianche arrotolate ai polsi, polsi così diversi per ognuno di loro. Pantaloni larghi con le pinces e gesti larghi e aperte le braccia, sorridono come in una fotografia. Sono tutti felici e anch’io bambina che non mi chiedo il perché. È finita la guerra, quasi lontana, tutti si sono abbastanza ripresi e stanno rimettendo a posto la vita, c’è il lavoro, siamo usciti da una difficile coabitazione e abbiamo, tutti, una casa. Non suona più l’allarme di notte, quello me lo ricordo anche se ero appena nata, posso riconoscere l’odore umido di una cantina quando lo incontro. Ma non l’ho saputo, quello che stavo vivendo. E non sapevo che avrei ammazzato qualcuno.
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Capitolo 2 Trasparenza
Qui dove sono adesso non so, non ancora. I ricordi sono la prima cosa che incontro. È questa l’uscita? Vedo le vite degli altri, so che la nostra misura ci viene da loro. Ci siamo scelti, ci siamo naturalmente legati, quanto affetto, che abbracci! E quanti abbandoni... non è stato facile. Vedo gesti meschini tra noi e mi sento ancora soffrire. Questo dolore ora cambia, è come salire una scala che ti fa sentire più alto di dentro. Comprendo che tutti hanno avuto un futuro e un passato che non ho conosciuto. È una luce senza giudizio, c’è pietà e una strettissima appartenenza. Mi perdono e perdono. Pensavo tu fossi così ed era solo una foto. Perdonami. Grazie. Hai creduto di non darmi di più, ti perdono e ti amo. Sono spinta a capire l’insieme, quando non c’ero neppure, lontano nel tempo che va in fila nel mondo, un minuto dietro un minuto, come uno scolaro ignorante del prima e del poi, come le patate in cantina che si allungano in ogni modo possibile per un’insopprimibile pulsione verso il chiarore e per bisogno di luce si gonfiano sotto la pelle. Come i neuroni che per cercarsi dentro il cervello si fanno chi preda e chi artigli in uno spazio inventato lì dentro, che pure è già così pieno, per condividere le informazioni. Qui, nella mia trasparenza, sono informata da molto lontano. Sì, sono come una radio che riceve frequenze. Finalmente, mioddio. Quante volte sono stata vicina a capire cose profonde che non ci stavano nella mia testa, a sforzare il limite per arrivare a una poesia che mi dava emozione senza trovare le parole per dire. O fare un disegno, io che non so disegnare, e perché non ne ero capace se ne sentivo la voglia? Una tremendissima voglia! O per un momento 11
capire il mistero del mondo. Quante volte ho trovato i miei muri che mi dicevano, basta non puoi andare avanti di piÚ, non ci riesci. Prendi il Sudoku. Il muro è caduto, posso procedere oltre. Ricevere, quanto? Tutto per me, per quanto posso ricevere. Ma molto di piÚ di quando ero viva.
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Caro lettore, puoi leggere il seguito del romanzo acquistando il volume: www.puntoacapo-editrice.com/acquisti
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