Amicizie tossiche

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Mireille Bourret

AMICIZIE TOSSICHE Come riconoscerle e trasformarle positivamente

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Indice

Introduzione................................................................................ 7 Prima parte - Identificare le amicizie tossiche 1. Non funziona proprio più?..................................................... 17 2. C’è qualche problema?........................................................... 21 3. Utilizzare il linguaggio non verbale, quello degli altri... e il nostro........................................................... 23 4. Utilizzare la conoscenza di se stessi......................................... 28 5. L’intuito, vocina interiore....................................................... 32 6. La decisione: lasciar perdere o continuare?.............................. 39 Seconda parte - Personalità a componente tossica 7. La personalità narcisistica....................................................... 46 8. La personalità passivo-aggressiva (o negativista)...................... 54 9. La personalità dipendente....................................................... 62 10. La personalità evitante.......................................................... 69 11. La personalità istrionica........................................................ 76 12. La personalità borderline...................................................... 82

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Terza parte - La tossicità in azione 13. Impazienza, irritazione e collera............................................ 90 14. Ironia, sarcasmo, scherno e disprezzo.................................... 93 15. Suscettibilità e orgoglio........................................................ 96 16. Controllo, manipolazione e dispotismo................................ 98 17. Critiche, giudizi, intolleranza e pettegolezzi........................ 101 18. Calcolo, avarizia, appropriazione e avidità.......................... 104 19. Dispetto, invidia e gelosia................................................... 107 20. Conformismo, inazione e dipendenza................................. 110 21. Indifferenza, isolamento ed evitamento.............................. 114 22. Guarire le emozioni negative nate dalla tossicità................. 116 Conclusione............................................................................. 122 Bibliografia............................................................................... 126 Nota sull’autrice....................................................................... 127

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Capitolo 1

Non funziona proprio più?

È

assai raro che una persona presenti tratti così tossici da non riuscire mai a intrecciare rapporti d’amicizia privi di sofferenza. Ce ne sono, ma sono casi di tipo patologico. Del resto, discutendo con gli amici su questo argomento e chiedendo loro: “Qual è la caratteristica più fastidiosa che secondo voi si possa possedere? Con che tipo di persone non riuscireste mai ad andare d’accordo?” noteremo dalle loro risposte che queste sono tutte diverse. Per alcuni si tratterà di una persona calcolatrice, per altri i calcoli di un amico servono invece a chiarire le cose. Per altri ancora, la persona più difficile da sopportare è quella che ha una mentalità da vittimista, che ha la tendenza a lagnarsi e che è sempre depressa o infelice. Alcuni magari non sopportano le persone volubili, instabili, delle quali non si sa mai cosa vorranno, diranno o penseranno; le medesime caratteristiche possono però suscitare simpatia in altri che, dotati di maggior distacco, vi vedranno invece mistero. Ecco dunque la prima constatazione: a essere tossica è in genere la dinamica, la relazione, non la natura della persona 17


che la vive. In tema di relazioni spesso si parla di “chimica”: esistono reazioni chimiche di repulsione e reazioni chimiche di attrazione. Come trovare l’equilibrio nei rapporti e fare in modo che questi non comportino né sofferenza né irritazione, bensì al contrario amore e altri sentimenti positivi? Per farlo occorre porsi domande, cercare dentro di sé, indagare le proprie emozioni e intuizioni. Rimanere in ascolto di se stessi e degli altri. Ci troviamo forse invischiati in pattern relazionali che ci impediscono di evolvere, di avvertire affinità? Nella maggior parte dei casi, alcuni elementi del nostro passato ci spingono a ricercare certi tipi di persone senza chiederci perché ci attirano e inizialmente senza renderci conto che queste persone ci faranno soffrire. Di fatto, quando capiamo che un rapporto è per noi tossico, in genere significa che ci fa rivivere un rapporto doloroso del nostro passato. Per esempio, quando la nostra autostima subisce un colpo, quando in presenza di talune persone abbiamo l’impressione di essere sempre inferiori o in difetto, in colpa, quando ci sentiamo irritati da certe parole o certi fatti di un amico ma non da quelli di un altro, quando diventiamo consapevoli di come siano diverse le nostre emozioni dinanzi ai vari amici, possiamo intuire la presenza di un’amicizia tossica. Allorché tuttavia riusciamo a capire in che modo è dolorosa e cosa ci ricorda, essa può permetterci di progredire nella conoscenza di noi stessi, aiutandoci a non cercare più situazioni nelle quali ci esponiamo alla sofferenza. La prima difficoltà consiste dunque nell’individuare i rapporti della nostra cerchia che per noi sono tossici. Spesso questi rapporti affondano le radici nelle nostre abitudini di vita e di contatti sociali. Nella maggior parte dei casi, trovano origine nel nostro passato, in ciò che ci aveva già turbato o fatto soffrire. Adottiamo regole di comportamento diverse basate sui rapporti attorno a noi e reagiamo in maniera diversa 18


a seconda delle persone con cui ci troviamo, anche quando fanno o dicono la stessa cosa. È infatti il loro modo di farla o di dirla a modificare la nostra percezione. Il tono di voce, la presenza o meno d’insistenza, il calore o il distacco, la dolcezza o l’irritazione sono importanti tanto quanto (se non di più) il messaggio o l’azione di per sé. Andiamo alla ricerca di ciò che conosciamo; questa teoria non è nuova e lo stesso Socrate diceva: “Conosci te stesso”. Se quanto conosciamo è stato talvolta doloroso o tossico, avremo la tendenza a ricercarlo. Di fatto, noi conosciamo un insieme di rapporti positivi e negativi, un insieme di elementi sani e malsani e ricreiamo tale insieme nella nostra vita. In questo libro studieremo le varie personalità e le caratteristiche potenzialmente in grado di risvegliare le nostre antipatie, i nostri conflitti interiori. Vedremo poi quali dobbiamo evitare in funzione delle nostre caratteristiche, del nostro temperamento, della nostra personalità. Spesso succede che un’amicizia diventi sofferente a causa di un cambiamento di situazione. Per esempio, due amici seguono pressappoco lo stesso percorso professionale, ma uno all’improvviso ottiene una promozione mentre l’altro no oppure due donne sono amiche, ma una si sposa parecchi anni prima dell’altra. Esistono inoltre le trasformazioni naturali della vita, quali la crescita, i cambiamenti ormonali dovuti alla pubertà, alla gravidanza e alla menopausa. Vi sono poi le reazioni di ognuno davanti al rifiuto, al lutto, alla perdita del lavoro. Tra i possibili cambiamenti di situazione annoveriamo altresì l’allontanamento geografico. Possiamo inoltre renderci conto che l’amicizia provata verso qualcuno poco a poco può fossilizzarsi, perché non c’è più niente di nuovo, di stimolante. La comunicazione diventa abi19


tudinaria, non si rinnova. Nonostante tutte le nostre buone intenzioni, l’altro ci irrita sempre e comunque. Per esempio, Gilles e Thierry erano diventati amici a scuola e di quando in quando si vedevano. Benché ogni volta Gilles fosse felice di rivedere Thierry, dopo un po’ di tempo trascorso con lui si irritava. Non si era mai davvero posto domande in proposito, subiva semplicemente la situazione e aveva classificato Thierry tra gli amici che si incontrano di tanto in tanto, ogni volta non troppo a lungo. Dopo ciascun incontro, trascorreva parecchio tempo prima che Gilles decidesse di rivedere Thierry. Un giorno Gilles si è reso conto che Thierry aveva un problema di ossessività e si è informato sul tema. Ha allora capito che, durante i loro scambi, doveva prendere in considerazione questo problema e poco a poco il rapporto è diventato più profondo, più autentico. Thierry si era sempre sentito molto a disagio a causa delle sue ossessioni, ma non ne aveva mai parlato. Il gioco di tira e molla tra loro due (disagio, ritiro, comunicazione sporadica) si è interrotto quando la verità si è imposta e Gilles è riuscito a prendere una decisione chiara in merito al suo rapporto con Thierry. In questo caso, ha deciso di conservare la relazione perché ha visto che per lui implicava più piacere che disagi. Ha utilizzato l’analisi costi/benefici che affronteremo più avanti e, dopo aver preso consapevolezza del problema, è ricorso al suo intuito e alla sua empatia per avvicinare Thierry. Ha così potuto instaurare un rapporto molto soddisfacente per entrambi.

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Capitolo 2

C’è qualche problema?

I

rapporti d’amicizia sono come tutti gli altri rapporti umani, nel senso che non sempre puntano al bello stabile. Abbiamo infatti i nostri stati d’animo, le nostre passioni, i nostri difetti e le nostre qualità. Ognuno di noi ha i suoi gusti, le sue avversioni; riusciamo a tollerare certi compromessi che altri non potrebbero accettare e, al contrario, siamo magari incapaci di accettare ciò che altri considerano normale. Abbiamo tutti le nostre paure, i nostri squilibri, la nostra personale maniera di vedere la vita... e di viverla. Tanto per iniziare, non tutti siamo attratti dalle stesse persone. Quelle che ci interessano si rivolgono inconsciamente a una parte di noi stimolata da ciò che sprigionano. E lo stesso dicasi per loro. Può capitare di essere stimolati da qualcuno cui noi non interessiamo e viceversa. Questo talvolta causa all’uno o all’altro una ferita da rifiuto. A volte non ci rendiamo conto di quanto sia profonda la ferita che infieriamo agli altri ed è un bene, perché non possiamo sempre essere costretti a camminare sulle uova. Proprio come non sempre ci rendiamo conto dell’interesse 21


che suscitiamo in qualcuno, nemmeno gli altri capiscono sempre che ci interessiamo a loro. Nessuno sa leggere nel pensiero. Sono tutti questi elementi a rendere speciale un’amicizia: è una scelta fatta a ogni incontro, non esistono contratti o obblighi civili ma solo condivisione del tempo trascorso assieme e, a parte ciò, fiducia, solidarietà e piacere. L’amicizia implica una grande fortuna; occorre dunque impegnarsi un po’ se si vuole conservarla e mantenerla in buono stato. Se un rapporto d’amicizia non ci fa sentire bene, prima di chiuderlo è preferibile avviare una riflessione, così da capire in cosa siamo impegnati e se il nostro disagio nasce proprio da lì. Abbiamo a disposizione vari strumenti per intraprendere un viaggio nel mondo dell’amicizia sofferente. Innanzitutto, si tratta di diventare consapevoli dei nostri problemi personali, della nostra situazione. In numerosi casi non è necessario cercare più lontano. Il problema alla fin fine non è l’altro. Occorre prestare attenzione ai messaggi fisici e somatici che inviamo a noi stessi, oltre che tenere d’occhio quelli che ci inviano gli altri. Quando infatti ci troviamo accanto a una persona che esercita su di noi un effetto tossico, le nostre reazioni fisiche possono già trasmetterci valide indicazioni: diventiamo tesi, ansiosi, blocchiamo il respiro, ci sentiamo irritati o tristi, abbiamo voglia di scappar via oppure di arrabbiarci con l’altro, di essere aggressivi con lui. Tutte queste reazioni, che cerchiamo di non manifestare, sono emozioni inutili e nocive, sia fisicamente sia psicologicamente. Possiamo utilizzare la conoscenza che abbiamo di noi stessi per capire le nostre reazioni di fronte ai segnali altrui. Infine, abbiamo a disposizione il nostro intuito; benché non ben definito e poco amato dagli scienziati, esso esiste a tutti i livelli dell’attività sociale. Con l’aiuto di tutti questi punti di riferimento, possiamo già farci un’idea di ciò che provoca il nostro disagio. 22


Capitolo 3

Utilizzare il linguaggio non verbale, quello degli altri... e il nostro Tutti i sentimenti hanno ciascuno un tono di voce, dei gesti e un aspetto che sono loro propri. E questo rapporto buono o cattivo, gradevole o sgradevole è quanto fa sì che le persone piacciano o non piacciano. — François de la Rochefoucauld,    Massime morali (1664)

’espressione del volto può essere di primo acchito attraente

Lo repellente. Fate un piccolo esperimento: camminate per strada e assumete un aspetto attraente e sorridente dopodiché, al contrario, assumete un’aria scontrosa e musona. Osservate le reazioni delle persone che incrociate. Immancabilmente il loro atteggiamento rifletterà il vostro. La gente sorride quando ci vede sorridere. Lo stesso accade a noi: quando vediamo una cassiera o un negoziante con l’aria tesa ed esausta, non reagiamo così come reagiamo davanti a una persona affabile e sorridente. L’emozione è contagiosa e si manifesta molto di 23


più nel linguaggio non verbale rispetto al contenuto semantico di quello che diciamo. Quando incontriamo qualcuno, inviamo e riceviamo segnali emotivi che influenzano l’altro e anche noi stessi. Ecco in proposito un valido stratagemma: prendere coscienza del linguaggio corporeo. Esistono infatti gesti e codici universali. Pittori e scultori lo sanno da tempo, giacché conferiscono ai loro personaggi delle emozioni sia mediante l’espressione del viso sia con la posizione del corpo. Per farlo non hanno bisogno di studiare “l’alfabeto non verbale” a scuola (lì comunque non lo si impara); attingono invece alla loro personale esperienza, alla loro identificazione con le emozioni che desiderano rappresentare in quel momento, al loro intuito. L’unica scuola in cui è possibile imparare a mimare un’emozione è quella del teatro. Alla fin fine però, siamo noi i più adatti a decodificare i nostri gesti personali e a renderci conto del fatto che decodifichiamo già quelli altrui. Partendo da qualche codice di base, potrete sviluppare una miglior comprensione delle emozioni espresse sia dagli altri sia da voi stessi, cosa che potrà aiutarvi a riconoscere la tossicità nei vostri rapporti. Giocherellate molto con le dita, vi rosicchiate le unghie? È indice che al momento provate insicurezza per quanto riguarda la vostra autonomia; non sapete a cosa pensare, cosa fare al presente. Forse vi trovate in presenza di una persona cui attribuite autorità e con la quale vivete un conflitto irrisolto. Indugiate molto sui piccoli dettagli di un accadimento o di una percezione. Di fatto, vi trovate nel dubbio e questo dubbio pregiudica la vostra capacità di autonomia; forse siete in presenza di qualcuno che cerca in maniera eccessiva di esercitare un controllo su di voi o che vuole impedirvi di essere la 24


persona che siete. In genere, il fatto di rosicchiarsi le unghie è accompagnato da una sensazione d’ansia che si manifesta attraverso lo “stomaco in subbuglio”. Incrociate le braccia? Se il sinistro è sul destro, vuol dire diffidenza: state prendendo le distanze perché la persona di fronte a voi invade troppo il vostro spazio. Se il destro è sul sinistro, attenzione alla collera. Incrociate le gambe? Attenzione, destrimani: la sinistra sulla destra indica rilassamento, la destra sulla sinistra stress e contrasto. Per i mancini è il contrario. Caviglie: se le incrociate davanti a voi, nessun problema, siete rilassati. Se invece si trovano sotto la sedia, ciò significa che siete all’erta, diffidenti. Appoggiate i gomiti sul tavolo intrecciando le mani davanti al naso: non siete d’accordo con quanto viene detto e aspettate il vostro turno per parlare. Al contrario, se tenete il viso tra le mani la persona con cui vi trovate vi piace molto e vi sentite rilassati, stimolati. Tendete la mano verso il vostro amico mentre gli parlate? Siete aperti al dialogo e l’idea dello scambio vi fa star bene. Se invece le dita sono serrate e il pugno chiuso... non servono spiegazioni più precise! Mordicchiarsi il labbro superiore segnala stress, ansia e disagio, mentre mordicchiarsi il labbro inferiore indica dubbio, mancanza di fiducia. Passare la lingua sulle labbra significa... che avete sete. Gli occhi: abbassati indicano sottomissione o menzogna, finzione e chiara mancanza d’interesse verso l’interlocutore. Guardate l’altro negli occhi? Avete fiducia e siete incuriositi da lui, da quello che dice, da chi è. Comunichiamo più con 25


gli occhi che a parole. Possiamo alzare gli occhi al cielo, avere uno sguardo cupo o addirittura fosco, possiamo avere occhi inquisitori, sorridere con gli occhi. Il sorriso rivela ciò che proviamo molto più di quanto possiamo credere. Può essere sincero, profondo, esprimere gioia, fiducia; può invitare, apprezzare, aggredire, respingere, ironizzare. Pensate a tutti gli aggettivi che possiamo utilizzare per definire un sorriso; ce ne sono davvero tanti. Il tono di voce è importante per lo meno quanto il contenuto di ciò che diciamo, del messaggio che viene comunicato. Si tratta di un fatto appurato ed esistono persino dei software programmati per riconoscere l’emozione contenuta nella voce. Se per esempio diciamo a qualcuno “nessun problema!”, possiamo voler dire che non ci sono problemi ma anche, se il tono è sarcastico, che dubitiamo i problemi manchino. Possiamo inoltre comunicare l’esistenza di un problema con un tono di voce piagnucoloso e debole; un problema più grande viene espresso con la collera, cioè la voce diventa più forte e profonda. Soffermiamoci un po’ sui diversi toni di voce. Certamente sapete già di cosa si tratta, perché siete in grado di avvertire la mancanza di coerenza tra il tono di voce e le parole... quando l’oggetto sono gli altri. Ascoltate tuttavia il vostro tono di voce? Lo studiate per sapere cosa provate davvero? Nella morsa di un’emozione forte è difficile modificare la propria voce. Quando siamo contrariati, la voce rischia di diventare più acuta del solito. Allorché parliamo più in fretta e con un tono più alto, constatiamo di essere agitati, in collera o spaventati. Se al contrario la voce diventa più tenue e il ritmo rallenta, è più probabile che siamo tristi o ci sentiamo in colpa. Una voce 26


flebile e una tonalità media possono indicare timidezza e riflessività. Se in generale la voce è alta e squillante, avete la tendenza a essere audaci e ad andare facilmente in collera. Il tono di voce esprime altresì le emozioni interiori che avvertiamo allorché una vecchia ferita viene riattivata dall’atteggiamento o dal messaggio dell’interlocutore. Se proviamo rifiuto, la voce diventerà più flebile, le parole più sconclusionate e vaghe. Il senso di rifiuto ci impedisce di parlare e di essere compresi, perché l’altro non capisce con esattezza quello che diciamo e rischia allora di sentirsi prima spiazzato e poi di perdere interesse. L’abbandono provoca la sensazione di essere una vittima e il tono di voce diventa più lagnoso, addirittura piagnucoloso. Le richieste sono relativamente chiare, ma spesso l’altro diventa impaziente a causa per l’appunto di ciò che questo tono di voce genera: l’impressione di essere responsabili dell’altro e un senso di colpa latente, il che non è molto piacevole. Quando si prova un senso d’ingiustizia, la voce diventa più alta, secca, a volte indignata. Magari noi rimaniamo calmi, ma il tono di voce e l’atteggiamento rivelano l’indignazione interiore: ripetiamo le cose, manteniamo le distanze e il tono di voce si modula in maniera che l’interlocutore capisca l’emozione celata, quantunque non desideriamo esprimerla. L’altro si sente allora aggredito e cerca un meccanismo di difesa corrispondente al suo tipo di personalità. Se vi ascoltate parlare, se modulate la vostra voce, se mostrate un volto sorridente pur essendo arrabbiati oppure se fingete una forte indignazione mentre in realtà non provate la minima collera e gli altri si lasciano trarre in inganno, siete probabilmente degli abilissimi politici.

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