Responsabile si, colpevole no!

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Yves-Alexandre Thalmann

RESPONSABILE SÌ, COLPEVOLE NO! Il giusto approccio al senso di responsabilità


Indice

Introduzione ......................................................................... 7 PRIMA PARTE - LE RESPONSABILITÀ DI CIASCUNO Le responsabilità di ciascuno ................................................ 13 Di che cosa sono responsabile? .............................................. 15 Di che cosa sono responsabili gli altri? ................................... 23 Di che cosa siamo responsabili assieme? ................................. 29 SECONDA PARTE - DALLA RESPONSABILITÀ AL SENSO DI COLPA Dalla responsabilità al senso di colpa ..................................... 37 Quando non mi assumo tutte le mie responsabilità ................... 39 Quando mi assumo troppe responsabilità ................................. 49 Vittimismo e colpevolizzazione: una coppia inseparabile ........... 57 Questione di educazione ....................................................... 63


TERZA PARTE - ATTUARE UNA SUDDIVISIONE DELLE RESPONSABILITÀ Attuare una suddivisione delle responsabilità ........................... 71 Mi assumo tutta la responsabilità delle mie emozioni: i messaggi-io ..................................... 73 Rinuncio al linguaggio deresponsabilizzante: il potere di decidere ....................................................... 83 Scelgo l’interpretazione positiva: l’a priori del dubbio positivo ... 87 Lascio che gli altri siano responsabili delle loro emozioni: l’analisi delle scelte ................................... 93 Non mi lascio più manipolare: fare richieste chiare ................. 105 Conclusione ...................................................................... 111 Nota sull’autore ................................................................. 115

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Le responsabilità di ciascuno

La responsabilità è figlia della libertà. Solo un essere libero, infatti, può davvero compiere delle scelte, condizione necessaria all’esercizio della responsabilità. Al contrario, una persona privata della sua libertà e costretta a obbedire a ordini esterni non può assumersi tutta la responsabilità delle azioni compiute sotto costrizione. La responsabilità che deriva dalla libertà riguarda tutti noi, giacché disponiamo di una grande indipendenza in ambiti assai numerosi, soprattutto negli Stati di diritto. Può dunque essere definita naturale, perché intrinsecamente legata allo status di essere umano (secondo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, ad ogni modo). Accanto a questa responsabilità naturale esiste anche quella conferita dagli altri, la quale si accompagna 13


a un potere attribuito. Il politico eletto al governo ha a disposizione un potere affidatogli dai cittadini, ma deve in cambio assumersene la responsabilità, cioè rispondere delle sue scelte e di quelle dei suoi subalterni nell’esercizio del mandato. Lo stesso dicasi per il dirigente, che deve rispondere del buon andamento degli affari (e quindi anche del rendimento dei suoi impiegati) davanti al consiglio direttivo o agli azionisti. Non è diverso per i genitori: la società conferisce loro l’autorità sui figli fino alla maggiore età e questo implica che i genitori devono assumersene la responsabilità. Queste responsabilità conferite sono indissociabili dal potere attribuito. Se la responsabilità naturale è figlia della libertà, quella conferita è sorella del potere! In quest’opera tratteremo esclusivamente la prima categoria, quella della responsabilità naturale, quantunque i ragionamenti esposti in questa sede si possano applicare in parte alle responsabilità del secondo gruppo. La domanda è dunque questa: sul piano individuale, qual è di preciso la natura delle mie responsabilità? Di che cosa devo rispondere davanti agli altri?

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Di che cosa sono responsabile? Delle mie azioni In quanto individuo libero, sono interamente responsabile delle azioni che scelgo di compiere. Sono il solo a doverne rispondere: scelgo le mie azioni e i miei gesti, pertanto devo assumermene le conseguenze. Se colpisco qualcuno, ancorché in risposta a una provocazione, sono tenuto a porre rimedio alle ferite provocate dai miei colpi. Nessun giudice sarebbe disposto a concedere le circostanze attenuanti a un giovane attaccabrighe che dichiara: “Sono stato costretto a rompergli la mandibola perché mi aveva provocato con uno sguardo sprezzante!”. Analogamente, sono responsabile di tutti i danni che causo al volante della mia auto, anche nel caso in cui ne perdessi il controllo. Lo stesso principio si applica alla sfera professionale. Ognuno è responsabile dei gesti che compie. Il medico deve assumersi le conseguenze di un errore nella diagnosi o nel trattamento, il sommelier deve pagare di tasca propria un errore nelle ricette del giorno ecc. Anche se la ditta o l’istituzione presso cui lavora l’indi15


viduo che ha commesso l’errore accetta di farsi carico delle spese derivanti, anche se è stata stipulata un’assicurazione per la riparazione del torto, a livello di coscienza chi ha compiuto il gesto rimane responsabile. Io sono dunque completamente responsabile delle mie azioni. L’unica eccezione a questa regola generale riguarda i minori, dei quali i genitori si fanno garanti fino alla maggiore età, e gli individui con responsabilità ridotta, in particolare a causa di un handicap mentale o di determinate patologie invalidanti (per esempio l’Alzheimer). Delle mie parole Le parole si possono considerare come azioni verbali. Nell’enunciazione delle frasi vi è infatti qualcosa che richiama l’agire. Pertanto ne consegue che, essendo io responsabile delle mie azioni, sono anche interamente responsabile delle mie parole: i vocaboli che utilizzo, i costrutti che prediligo, le intonazioni che applico ecc. sono il risultato di una mia personale scelta. Sono dunque tenuto ad assumermene tutta la portata. Del resto, un insulto può essere perseguito penalmente in quanto torto morale. Dire che “ci è sfuggito di bocca” senza intenzione non è una scusa sufficiente. Occorre tuttavia sottolineare una cosa. Le parole 16


che pronuncio sono sicuramente una mia totale responsabilità. Cionondimeno, l’interpretazione che ne dà l’interlocutore è di competenza sua e non mia. Se per esempio in assoluta buona fede invito una donna al ristorante e lei mi risponde: “Voi uomini non pensate che a quello!”, la distorsione tra le mie parole e il senso che lei vi attribuisce è evidente. Ovviamente io sono responsabile del mio invito, ma non di un’ipotetica proposta a sfondo sessuale. Del resto, è per questo motivo che i manipolatori vanno pazzi per i doppi sensi e le allusioni: a cose fatte, non è possibile rimproverare loro alcunché e in ogni caso non ciò che non hanno esplicitamente proferito! Io sono dunque completamente responsabile delle parole che pronuncio, ma non del senso sottinteso che i miei interlocutori vi colgono. Dei miei pensieri Le mie riflessioni non mi vengono dettate dall’esterno (eccezion fatta per certi disturbi psichici quali la schizofrenia). Sono il solo a scegliere i pensieri che alimento, benché non sempre ne abbia coscienza. Nessuno infatti mi costringe a pensare in questo o in quel modo! Del resto, è ciò che rivendica la diffusissima frase “Io la penso come mi pare!” (per esempio di fronte a qualcuno 17


che tenta di convincermi). Certo, posso essere influenzato o addirittura manipolato da un discorso particolarmente eloquente o da una pubblicità eccezionalmente efficace. Ma in definitiva sono proprio io a scegliere di prestarvi o non prestarvi attenzione. Di conseguenza, sono interamente responsabile dei pensieri che coltivo. Per esempio, è mia la responsabilità se rimugino per giorni e giorni sulle parole scortesi di un collega, invece di pensare ad altro. Analogamente, è mia la responsabilità di dare la preferenza a informazioni pessimistiche sulle condizioni del mondo, invece di rivolgere la mia attenzione alle notizie positive che leggo sul giornale. Così come le mie parole sono azioni verbali, i miei pensieri sono azioni mentali e ne sono quindi completamente responsabile. Questo anche se ho l’impressione di essere influenzato e di non controllarli, in maniera analoga a ciò che avviene sulla strada, dove il guidatore rimane responsabile della sua automobile anche quando ne perde il controllo. Delle mie emozioni e dei miei sentimenti Nei confronti delle emozioni abbiamo troppo spesso la tendenza a considerarci soggetti passivi, in preda a un fenomeno che ci sommerge e si spinge oltre. Questo però non corrisponde ai risultati delle ricerche scientifi18


che condotte sull’emotività in questi ultimi decenni. Oggi sappiamo che la maggior parte delle emozioni e dei sentimenti è determinata dai pensieri. Contrariamente alle sensazioni, che sono semplici risposte a stimoli (per esempio al caldo e al freddo), le emozioni implicano una cospicua attività mentale. Il modo in cui attribuiamo un senso a un evento detta l’atteggiamento nei confronti dello stesso. La pioggia sarà dunque causa di delusione per il vacanziere, ma di sollievo per l’agricoltore. La corbelleria di un bambino diverrà da principio fonte di divertimento per la madre, ma il giorno dopo provocherà in lei una forte collera. La differenza sta nel fatto che il primo giorno la madre vi vede soprattutto l’originalità e la creatività del suo piccino, mentre l’indomani la interpreta come un atto di disobbedienza. L’evento è perfettamente identico, varia solo l’interpretazione. Analogamente, davanti al decesso di una persona cara la reazione emotiva risulterà diversa a seconda dell’età di questa persona e delle condizioni in cui è morta: la morte del nonno anziano e malato non sarà accompagnata dalla stessa tristezza che permea l’annuncio di un incidente mortale in cui è rimasto coinvolto un giovane di quindici anni. Infine, lo stesso mazzo di fiori verrà accolto da una donna con gioia (“Sono così felice che tu abbia pensato a me!”) e da un’altra con sprezzo o inquietudine (“Lo sai bene 19


che non mi piacciono i fiori!” o “Hai qualcosa da farti perdonare?”). Gli esempi si potrebbero moltiplicare all’infinito e tutti confermerebbero la regola generale: le reazioni affettive dipendono molto più dal nostro dialogo interiore che dalle situazioni incontrate. Come già affermava il filosofo Epitteto agli albori della nostra era, “Ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma l’opinione che essi ne hanno”. *

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Non sono quindi gli eventi, bensì l’interpretazione che ne traggo a dettare ciò che provo. E dal momento che sono responsabile dei pensieri da me coltivati, cioè del senso che attribuisco agli eventi, occorre concludere che sono anche responsabile delle mie emozioni, come pure di ogni azione compiuta sotto il loro influsso. Le mie responsabilità sono pertanto ben delimitate e si applicano a tutte le mie azioni, a tutte le mie parole, a tutti i miei pensieri e a tutte le mie emozioni, cioè a tutto ciò che dipende dalle mie scelte personali. In altri termini,

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sono responsabile al cento per cento delle mie azioni, delle mie parole, dei miei pensieri e dei miei sentimenti.

Da questa affermazione possiamo trarre un primo corollario. I pensieri che coltivo e le emozioni che ne derivano rappresentano la componente principale di ciò che chiamiamo felicità, così come confermano gli studi condotti dagli psicologi sull’argomento. In quanto responsabile dei miei pensieri e dei miei sentimenti, divento anche responsabile del mio benessere o del mio malessere globale, a prescindere dalle circostanze esterne. Anche nel caso di abusi e traumi subiti? Sì, se ci riferiamo alla capacità di recupero dell’essere umano (cioè la sua facoltà di rimettersi in piedi dopo gravi difficoltà), attestata da svariate testimonianze. Non siamo responsabili di aver subito una violenza durante l’infanzia, però siamo responsabili di intraprendere una terapia o un lavoro personale per guarire le nostre ferite. Per riprendere una famosa formula, non siamo responsabili di ciò che ci è stato fatto, ma di come reagiamo a ciò che ci è stato fatto!

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Siamo responsabili di come reagiamo a ciò che ci è stato fatto!

Per concludere questa sezione è opportuno precisare che essere responsabili delle proprie azioni, delle proprie parole, dei propri pensieri e dei propri sentimenti non significa essere responsabili di tutto ciò che ci accade, anzi! Non siamo i soli su questa terra, bensì interagiamo continuamente con altre persone che hanno anche loro delle responsabilità. È dunque necessario prendere in considerazione l’esatta portata delle responsabilità di coloro con cui entriamo in contatto.

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