5 minute read
Paperdì
S
A v ORMATI N SPECIALE CANTIERI
Gli APPALTI al tempo del COVID-19
Nell’ultimo decennio, in numerosi settori economici, si è assistito all’espansione dell’esternalizzazione dei servizi. Questo fenomeno ha interessato principalmente le imprese di medie o grandi dimensioni, le quali hanno affidato ad altre imprese, lo svolgimento di servizi ausiliari alla produzione, alla vendita e allo sviluppo di un prodotto o di un servizio.
Cristiano Cominotto, avvocato
Tra i contratti più comunemente utilizzati per la realizzazione dell’esternalizzazione, spicca il contratto di appalto, in quanto l’ampia definizione codicistica (art.1655 c.c.) lo rende adattabile ai più disparati ambiti economici. Tutto ciò è agevolato dal fatto che l’appalto è un contratto usato tanto nel settore privato, quanto in quello pubblico. Infatti, alla disciplina codicistica, che ne definisce l’applicazione tra privati, in caso di appalto pubblico è necessario affiancare e rispettare anche quanto previsto all’interno del cosiddetto ‘Codice degli Appalti’. Ciò che accomuna le due fattispecie è il fatto che l’appaltatore compie un’opera, un servizio o una fornitura utilizzando mezzi propri, e proprio questa caratteristica è ciò che lo contraddistingue dall’istituto del trasferimento d’azienda o di un suo ramo. Nel dibattito giuslavorista, una delle questioni centrali che si è sviluppata intorno ai contratti di appalto è la tutela dei lavoratori e la salvaguardia dei livelli occupazionali, soprattutto nelle ipotesi di cambio d’appalto. Infatti, essendo tale contratto a durata predeterminata, al suo scadere si rende necessario riaffidare il servizio esternalizzato. In questa complessa operazione, disciplinata generalmente dalla contrattazione collettiva nazionale di settore e ove spesso è richiesto l’intervento delle organizzazioni sindacali, potrà capitare che il contratto d’appalto venga stipulato con la medesima impresa, oppure potrebbe subentrare una nuova impresa, sulla quale non incombe alcun obbligo di natura legale in merito alla riassunzione del personale già impiegato presso l’appaltatore uscente. Ed ecco che si crea un vero e proprio problema di natura sociale legato alla sorte dei lavoratori. Come tutelarli?
CLAUSOLE SOCIALI
La risposta è fornita direttamente dalla contrattazione collettiva nazionale, la quale prevede l’inserimento nei contratti di appalto delle cosiddette ‘clausole sociali’. Queste clausole sono poste con l’obiettivo di tutelare la stabilità occupazionale e intendono regolare il passaggio di una parte dei lavoratori dall’impresa cedente alla cessionaria, a determinate condizioni, ma non introducono un principio generale di automaticità, in quanto lederebbe la libertà di iniziativa economica dell’impresa subentrante. Sotto il profilo pratico lo spostamento dei lavoratori
si realizza attivando una procedura di nuova assunzione presso l’appaltatore subentrante, dunque dando vita a un nuovo rapporto di lavoro. Questo comporta che, da una parte, è lasciata al libero arbitrio del lavoratore la decisione in merito alla stipulazione di un nuovo contratto di lavoro con l’impresa subentrante, dall’altra parte, si pone il problema per l’impresa uscente di gestire tutti quei lavoratori che potrebbero essere rimasti esclusi dall’applicazione della clausola sociale, o che volontariamente potrebbero aver scelto di non stipulare il contratto di lavoro con l’impresa subentrante.
BLOCCO DEI LICENZIAMENTI
Fino a poco tempo fa, l’imprenditore uscente aveva la possibilità di ricollocare i lavoratori presso un altro appalto o una nuova sede, ovvero poteva procedere
con il licenziamento per motivi economici dei lavoratori in esubero. A oggi, a fronte delle straordinarie misure per la salvaguardia dei lavoratori emanate dal Governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus, il ventaglio di opzioni per l’appaltatore uscente è stato ridotto. Infatti, con i numerosi decreti susseguitisi nell’ultimo anno è stato posto in essere un vero e proprio blocco dei licenziamenti, individuali e collettivi, per ragioni di natura economica, nonché la sospensione di tutte le procedure pendenti. Tutto questo ha ovviamente investito anche il mondo degli appalti, ma in maniera peculiare. La disposizione vigente, nelle ipotesi di cambio d’appalto, ha distinto in due categorie i lavoratori precedentemente impiegati presso l’impresa uscente: coloro che verranno riassunti, in forza della legge, della contrattazione collettiva o di una clausola contrattuale ad hoc dall’impresa subentrante, e coloro che sono esclusi dall’applicazione delle clausole sociali, o che volontariamente decidono di non impiegarsi presso un nuovo datore di lavoro. Per i primi, il divieto di licenziamento non opera, in quanto ugualmente tutelati dalla certa riassunzione presso il nuovo appaltatore, lo stesso non può dirsi però per i lavoratori in esubero, per i quali rimane vigente il blocco dei licenziamenti per motivi economici, pertanto l’imprenditore potrà solo ricollocare il personale, o avvalersi di uno degli istituti di ammortizzazione sociale messi a sua disposizione. È sempre bene, però, ricordare che le restrizioni attuate a causa del coronavirus nel campo dei licenziamenti non possono spingersi al punto di sopprimere totalmente il potere disciplinare del datore di lavoro, il quale sarà sempre libero di avvalersi dell’istituto del licenziamento disciplinare nei casi indicati dalla legge.
DECRETO SEMPLIFICAZIONI
Il D.L. 31 maggio 2021, n. 77, pubblicato in GU n. 129 del 31 maggio 2021, introduce importanti modifiche alla disciplina degli appalti, soprattutto per quanto riguarda il capitolo del subappalto. Fino al 31 ottobre 2021, il tetto del subappalto sarà elevato al 50% (fino ad ora era in vigore il limite al 40%). Dal 1° novembre il contratto non potrà essere ceduto a un terzo soggetto, non potrà essere affidata ad altri l’integrale o la prevalente esecuzione delle prestazioni o lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti o in caso di contratti ad alta intensità di manodopera (ad esempio quelle di pulizia). Il subappaltatore ha l’obbligo di garantire i medesimi standard qualitativi e di prestazione previsti nel contratto di appalto e di riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. Con la nuova disciplina, se l’attività prevalente è quella che vede l’applicazione del Contratto Nazionale Multiservizi da parte del contraente principale, il subappaltatore non potrà applicare un Contratto Nazionale minore o pirata per la porzione di attività subappaltabile. Fino al 30 giugno 2023, sarà consentito l’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, per i lavori di importo inferiore a 150mila euro e per i servizi di ingegneria e architettura e le attività di progettazione di importo inferiore a 139mila euro (fino ad oggi la soglia è stata fissata a 75mila euro).
Cristina Cardinali