10 BOLOGNA ECONOMIA
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MARTEDÌ 18 GIUGNO 2013
COLOSSO Andrea Cocchi è dal 1998 l’amministratore delegato dell’azienda
L’ULTIMO GUSTO
Coni, coppe e coppette: il giro del mondo in nove tappe
Lo stabilimento sulla via Emilia, ad Anzola
«Insegniamo a fare il gelato alle vittime della crisi» Andrea Cocchi, l’ad della Carpigiani
di SIMONE ARMINIO
LA COMMEDIA degli equivoci con tanto di fine lieto, anzi, gustoso: Bruto Carpigiani era un tecnico progettista di Anzola. Suo fratello Poerio un ingegnere: il loro cognome, Carpigiani, dovrebbe essere legato a una geniale tecnica di trasformazione del moto continuo in intermittente, e invece oggi in tutto il mondo è sinonimo di gelato artigianale. Dottor Cocchi, quanto pesate oggi?
«Il 55% delle gelaterie artigianali nel mondo usano macchine Carpigiani. Se ci spostiamo sul fronte dei gelati soft, di matrice americana, la quota scende al 45%. Noi però siamo gli unici al mondo a essere presenti su entrambi i mercati». Ecco uno dei pochi mercati in cui essere italiani è un vantaggio.
«Beh, in molti Stati il termine ‘gelato’ non si traduce nemmeno». Come sono andati gli ultimi anni?
«La crescita oscilla dal 3% all’8%. Non abbiamo mai toccato le due cifre, ma neanche smesso di crescere». E la crisi?
«L’abbiamo sentita come riflesso: molti gelatieri, dal 2009 in poi, non hanno
più avuto i soldi per crescere o cambiare le macchine». E voi avete guardato altrove.
«No, semplicemente li abbiamo finanziati. E poi c’è un rovescio, positivo, della medaglia». Addirittura un vantaggio?
«Sì, per molti imprenditori o lavoratori rimasti senza lavoro il gelato è diventato un approdo sicuro o una passione da mettere a reddito. In quel caso i sol-
L’UNIVERSITÀ AZIENDALE «Imprenditori e dipendenti rimasti senza lavoro sono ripartiti dalle nostre macchine» di per l’acquisto di macchinari c’erano, perché in gran parte derivavano dalle liquidazioni di precedenti lavori. Noi ci abbiamo messo la formazione, fondando in tutto il mondo le nostre università del gelato, dove si entra appassionati e si esce gelatieri». A qualcuno queste macchine bisognava pur venderle.
«Il nostro è un mercato lento, e la lentezza è determinata anche dalla lunga vita dei prodotti che vendiamo». Si suol dire che gli oggetti di una
volta siano migliori e più resistenti.
«In realtà qualità e durata del prodotto sono le stesse: le migliorie riguardano principalmente la comodità o versatilità data dalla computerizzazione. Una nuova macchina per il gelato può fare di tutto: tecnicamente anche il risotto... Per questo, molto spesso, sono le seconde generazioni ad affiancare alla vecchia gelatiera (che resta in uso e guai a chi la tocca!) una nuova macchina più versatile». Chi produce queste macchine, e dove?
«La gran parte esce ancora dallo stabilimento di Anzola, che occupa 220 persone. Il resto viene prodotto a Forlì e, in piccola parte, in uno stabilimento spagnolo. Il resto delle sedi, 11 in tutto il mondo, sono strutture commerciali e di assistenza». Siete in tutto il mondo, perché producete in Italia?
«Produrre qui non è un dovere, anzi, è un impegno per nulla facile. Ma il nostro è un prodotto made in Italy, simbolo nel mondo di una cultura italiana, quella del gelato. Tutti i vantaggi d’immagine che ne derivano sopperiscono alle difficoltà. Poi, perché negarlo: l’artigianato italiano e il sistema industriale della via Emilia hanno ancora oggi il loro grande valore».
DOLCI NUMERI
120
milioni di euro L’ultimo fatturato, con una crescita annua che oscilla dal 3% all’8%
500
dipendenti Duecentoventi ad Anzola, gli altri in 11 sedi sparse nel mondo
10 mila
I macchinari per il gelato prodotti in un anno
PASSA il tempo, cambia il mondo: la Carpigiani è cresciuta costantemente ma è rimasta sempre lì, sulla via Emilia. È qui che Bruto Carpigiani, tecnico progettista, negli anni ’30 mise appunto una sua innovativa macchina per il gelato (la seconda in ordine di arrivo sul mercato) grazie a un suo geniale metodo di trasformazione del moto circolare in moto intermittente. Tutto era pronto per commercializzarla, bastava solo che finisse la guerra: la Carpigiani nacque infatti nel 1946, commercializzando quel prototipo che, però, Bruto (morto l’anno prima) non vide mai. PARTITE alla conquista di nuovi mercati, le gelatiere Carpigiani ne hanno fatta di strada, se è vero che oggi un gelato su due nel mondo ha lo zampino della ditta di Anzola. Dove, dal 2012, gli appassionati del cono hanno preso l’abitudine di dare un’occhiata. Merito del Gelato Museum, unico nel suo genere, dove è possibile ripercorrere la storia del peccato di gola più amato dalle sue origini nell’antico Egitto dei Faraoni fino alle più moderne macchine del terzo millennio. Una storia che, dal ’46 in poi, parla la lingua dei Carpigiani. «LA DIFFUSIONE della cultura del gelato — spiega Andrea Cocchi — è tutt’oggi uno dei valori fondanti dell’azienda, così come lo stesso Poerio Carpigiani ci ha insegnato». Un valore che da quest’anno si è arricchito di un ulteriore tassello: un ‘Gelato world tour’ fatto di corsi, gare di gelatieri con assaggi del pubblico e tanti eventi legati al gelato che, partito in maggio da Roma, nei prossimi giorni sarà a Valencia per poi toccare Chicago, Melbourne, Dubai, Sao Paulo, Shanghai e Berlino, prima del gran finale del settembre 2014 a Rimini. s. a.