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12 BOLOGNA ECONOMIA
MARTEDÌ 16 OTTOBRE 2012
L’ambasciatore del Sangiovese che punta tutto sulla qualità
Cesari ha portato il vino romagnolo ai vertici mondiali di MARCO GIRELLA
PARE che l’attività migliore per diventare un buon produttore di vino sia il motociclismo. Infatti è in sella a una moto che nella seconda metà degli anni Cinquanta, Umberto Cesari intraprese un viaggio che lo portò ad attraversare l’Italia del Nord e la Francia fino a Jerez de la Frontera. Considerate le strade e i mezzi di allora, non fu solo un viaggio avventuroso, che solo un ragazzo entusiasta poteva concepire. Fu anche il percorso iniziatico on the road di un giovane che cercava il suo posto nella vita. Figlio dei proprietari dell’omonimo ristorante di via de’ Carbonesi, Cesari sfruttò la sua passione per la moto per attraversare i luoghi dei vigneti francesi, e constatare di persona che tra le colline della Borgogna e quelle bolognesi non correva poi tanta differenza. Il passo successivo per imboccare la strada che lo avrebbe trasformato nel re dei vitigni romagnoli fu quello di immaginare che si potesse estrarre un grande vino dal Sangiovese, allora ritenuto poco più di un accompagnamento per pasti plebei. Trasformare la droga dei poveri nella base per un vino da sultani divenne il cruccio di Cesari. Che fondò la sua azienda nel 1966 e cominciò ad acquisire poderi tra Ozzano e Castel San Pietro. Cesari, era così azzardato puntare sul Sangiovese?
«Bisognava crederci. Sangiovese, Trebbiano e Albana, che si producevano nelle nostre zone, erano considerati poco e si vendevano in bottiglioni col tappo corona. Noi puntammo tutto sulla qualità».
L’AZIENDA
Le prime vigne degli anni Sessanta per coltivare un grande sogno
Umberto Cesari nella cantina sui colli di Ozzano
I NUMERI
2,7
15
milioni
per cento
Sono le bottiglie prodotte nei vigneti dell’azienda, 130 ettari di proprietà e 150 in affitto, da 30 dipendenti
E’ l’incremento minimo del fatturato dell’azienda in tutti gli anni a partire dal 2005 grazie al 75% cento di estero
In cosa si traduceva?
«Cura della vendemmia, selezione delle uve, affinamento in botte, tappi di sughero. Già nei primi anni Settanta creammo il Liano, il nostro vino di punta, che prende il nome dalla collina più importante di Castel San Pietro, e sviluppammo il Sangiovese Riserva». Per l’epoca erano prodotti d’elite.
«Senz’altro. Predicavamo in un mondo di sordi. Tanto per capire, a Parma mi chiedevano se Sangiovese era un santo». Il famosissimo Giovese. E come ha superato l’incomprensione?
«Ho creduto da subito che fosse importante uscire dalla regione». Lei era glocal con decenni di anticipo sui tempi. Cioè credeva che i prodotti tipici locali avessero caratteristiche buone per venderli in tutto il mondo.
«Sì. Ma non c’è stato niente di facile o di scontato. Per conquistare il mercato americano ce n’è voluto». Quanto?
LE DIFFICOLTÀ «Per l’epoca eravano pionieri Già a Parma mi chiedevano se Sangiovese era un santo» «La prima difficoltà è stata trovare un distributore affidabile. Ma quando lo trovi non hai ancora risolto niente». Perché?
«Perché se si limita a tenere il tuo vino in magazzino sei sempre al punto di partenza. La svolta è arrivata quando ho cominciato a girare i ristoranti di Manhattan con i rappresentanti del distributore. Avevo la sportina termica in spalla con dentro i miei vini. I clienti assaggiavano e gradivano, i rappresentanti cominciavano a capire la filosofia del pro-
dotto, il distributore diventava un partner». Quando si è detto: ce l’ho fatta?
«Mai. Nel settore sono saltate per aria famiglie con seicento anni di tradizione. Però dagli anni Settanta, quando organizzai quattro giorni di degustazioni per gli inglesi, siamo sempre cresciuti». Anche in mezzo alle crisi?
«Sì. Un punto di svolta fu il caso del vino al metanolo, che negli anni Ottanta causò la morte di diverse persone. Il primo impatto sui produttori fu terribile. Ma poi si sviluppò nel grande pubblico la cultura del buon vino e noi eravamo pronti». Adesso il mondo è casa sua.
«Esportiamo in più di cinquanta paesi e siamo molto forti in Canada e nel Nord America. Mio figlio ha studiato negli Stati Uniti e appena arrivato in azienda ha sviluppato molto il marketing verso i paesi anglosassoni. Dopo il Liano, il nostro vino più venduto è il Moma (stesso nome del museo d’arte moderna di New York, ndr)». Moto, vino, esportazioni. La sua è una vita di corsa.
«Infatti la corsa è stata la mia passione dopo i 40 anni. Ho gareggiato in tante maratone e quella di New York resta la più emozionante. L’ultima volta avevo settanta anni».
L’AZIENDA è situata sulle colline che dominano l’antica Via Emilia, al confine tra Emilia e Romagna, ad una altitudine che varia dai 300 ai 450 metri sul livello del mare. E’ qui, nel cuore della regione, in località Castel San Pietro Terme, che Umberto Cesari e sua moglie Giuliana hanno avviato la propria attività nel 1965. Gli originari 20 ettari del primo podere si sono ampliati negli anni, raggiungendo attualmente i circa 130 ettari dove sono coinvolti un totale di 30 dipendenti. L’azienda Umberto Cesari comprende cinque poderi: Casetta, Parolino, Ca’ Grande, Laurento e Tauleto. Le uve raccolte in questi poderi, per il 70% con vendemmia manuale e per il 30% automatizzata, vengono vinificate direttamente in azienda, utilizzando le più moderne e avanzate tecniche di vinificazione, nel massimo rispetto della tradizione vitivinicola e dell’ambiente. Umberto Cesari produce annualmente circa 2.700.000 bottiglie che sono distribuite in 52 paesi. Il 75% della produzione viene esportata all’estero: tra Stati Uniti, Messico, Caraibi per il 50%; Europa per il 30%; restante 20% nei restanti paesi. La scommessa vincente di Umberto Cesari è stata quella di puntare sul Sangiovese di qualità. Cesari è riuscito negli anni a fare conoscere e apprezzare i suoi vini soprattutto all’estero, tanto da essere considerato come ambasciatore del Sangiovese nel mondo. E’ uno dei pochi produttori romagnoli che ha coniugato numeri e qualità, riuscendo a essere vignaiolo e imprenditore allo stesso tempo. Il suo sogno si è concretizzato quando il Tauleto (nel 2003 e 2007), fiore all’occhiello della sua produzione, è stato riconosciuto a livello internazionale come migliore Sangiovese.
VAI SUL PORTALE Per vedere l’intervista a Umberto Cesari e le immagini della sua azienda vai sul nostro sito all’indirizzo: www.ilrestodelcarlino.it/bologna