Il veliero di Capitano Strong

Page 1

Il v om el eni IS iero co R BN d o 97 i C ma 8- ap no 88 it M -4 an an 72 o to -1 S va 52 tro n 6- n i 9 g

D

Il libro è dotato di approfondimenti online su www.raffaellodigitale.it

E 7,50

Il veliero di Capitano Strong

Domenico Romano Mantovani insegna filosofia e psicologia in un liceo in provincia di Roma. Per anni ha fatto il maestro elementare nella bella Trieste, città cui è molto legato. Con Raffaello ha pubblicato “L’omino nella tromba” e ha partecipato alla raccolta di racconti “Fra streghe e... risate”.

Domenico Romano Mantovani

Un modo avvincente, fantastico e originale per parlare di temi importanti e sempre attuali, l’importanza della salvaguardia ambientale tra tutti.

36

BLU SERIE

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,­GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

Un ragazzino di oggi e un pirata del passato si incontrano in un tempo impossibile, ma del tutto reale. Uno vuole salvare il mare dall’inquinamento, l’altro è a caccia di un tesoro, che forse non esiste. Tutto per colpa di un messaggio in una bottiglia, che è stato affidato al mare. Intrighi e colpi di scena, indizi e paure si intrecciano in uno spazio, in cui i due si sfidano. A bordo di una nave pirata, il passato raggiunge il presente, sino alle nostre coste.

SERIE

dai 9

BLU

Domenico Romano Mantovani

anni

Il veliero di Capitano Strong Una storia di avventura e di pirati, ma anche di inquinamento e salvaguardia dell’ambiente


Per volare con la fantasia

Collana di narrativa per ragazzi

36


Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Team grafico: Letizia Favillo, Benedetta Boccadoro Copertina: Benedetta Boccadoro Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

Ia Edizione 2010 Ristampa 7 6 5 4 3

2021 2020 2019 2018 2017

Tutti i diritti sono riservati © 2010 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.ilmulinoavento.it www.grupporaffaello.it info@ilmulinoavento.it Printed in Italy

www.facebook.com/GruppoRaffaello È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di q­ uesto libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright. L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.


Domenico Romano Mantovani

Il veliero di Capitano Strong Illustrazioni di

Fabiano Fiorin


Alla mia Alice Cascherina


Aria di bufera Le cose ultimamente non andavano per il verso

giusto. Trascorrevo i pomeriggi a ciondolare per casa mentre i compiti attendevano sul tavolo; in classe non combinavo granché e mi ero meritato tre insufficienze, in italiano, matematica e scienze. Uno di quei pomeriggi, i miei genitori furono invitati a scuola per un colloquio urgente. Potevo già immaginare di che cosa si trattava ed ero sicuro che si preannunciava per me una vera e propria bufera. Mamma e papà, infatti, tornarono a casa con lo sguardo severo e accigliato. Erano avviliti, ma non mi fecero la predica, come altre volte. Questa volta passarono subito ai fatti: mio padre mi sequestrò l’occorrente per costruire velieri, i miei velieri, senza rivolgermi la parola. Si infilò in camera mia, non mi degnò di uno sguardo e ne uscì portando con sé scatole di montaggio, un trapano, due seghetti, morsetti, colla e altro ancora. Tutto finì sotto chiave. Ci tenevo tanto a costruire velieri, specie quando mi sentivo giù di corda. Usavo scatole di montaggio

5


che costavano anche parecchio, ma ne valeva la pena, perché il risultato era unico. In camera mia ne avevo collocati tre sulla cassettiera: un galeone, una goletta e un vascello. Tre splendidi soprammobili. Purtroppo ora tutto era sparito. Lo stesso destino dei velieri fu riservato ai miei libri preferiti, i libri di avventure e di pirati. Amavo quelle letture avventurose. I pirati, poi, da sempre esercitavano su di me un fascino particolare. E ora anche essi erano finiti in cantina. Come avrei fatto? Non mi restava più niente per consolarmi: né velieri, né libri! Fortunatamente riuscii a sottrarre a quella operazione di “polizia domestica” un libro, cui tenevo in modo particolare e del quale avevo già letto alcuni capitoli. Era un racconto avvincente, ricco di colpi di scena, ma anche di strani intrecci, che si intitolava “Il veliero di Capitano Strong”. A volte mi sembrava che in quella storia ci fossi anch’io, fra i protagonisti. Ma, si sa, chi si appassiona alla lettura spesso si lascia trascinare nella vicenda, tanto da sentirsi quasi parte della storia. Era un vecchio libro con la copertina in cuoio, trovato per caso qualche giorno prima su una panchina ai giardini. Non l’avevo rubato, no! Era lì, solo, senza padrone. Nessuno lo aveva reclamato, quindi lo avevo infilato sotto il braccio.

6


Ricordo però che, mentre mi allontanavo, qualcosa, o qualcuno, si mosse fra i cespugli. Ed ebbi l’impressione di essere osservato. *** All’ora di cena sembrava fosse tutto finito quando la voce di mio padre si abbatté su di me come un fulmine a ciel sereno. Mi ero illuso che l’argomento delle mie insufficienze fosse bello e sepolto, dopo il sequestro, invece la sfuriata vera e propria doveva ancora iniziare. - E ora come la mettiamo?! - tuonò. Poi sbatté il piatto sulla tavola. Le parole si scaraventarono su di me come tuoni e lampi su inermi marinai, sorpresi da una burrasca improvvisa. Entrambi i miei genitori minacciarono di togliermi tutto: niente mare, vacanze, giocattoli, computer, bicicletta, velieri, pirati… niente di niente! - E se la cosa non basterà… - disse perentorio papà - …passeremo alle maniere forti a suon di punizioni ben più severe! - È ora che cambi, Samuele... che diventi responsabile! - concluse minacciosa la mamma. Non terminai la cena e mi rintanai in camera mia. Piansi per una buona mezz’ora. Il mio cuscino sem-

7


brava una spugna, tanto era fradicio di lacrime. Avrei voluto fuggire... Intanto, fuori impazzava un temporale. Il mare distava poco piÚ di un centinaio di metri dalla nostra casa e io sentivo il suo rumoreggiare, nero e minaccioso. I lampioni della strada ne illuminavano a tratti la schiuma che si infrangeva su grossi massi frangiflutti. Ero a pezzi e, per tirarmi su, ripresi in mano quel libro di pirati che ormai da giorni mi teneva col fiato sospeso. Mi immersi nella lettura e l’atmosfera magica di quella storia mi avvolse di nuovo.

8


Il veliero di Capitano Strong CAPITOLO XI Al Vecchio Gufo

Alla locanda “Al Vecchio Gufo” l’aria era allegra e

chiassosa come al solito. Ma anche l’arroganza era di casa: imprecazioni e giochi d’azzardo, minacce e litigi... Tutto puzzava di alcool e di mare, in quella stamberga poco illuminata dalle lanterne, che appestavano l’aria. Sam, il figlio del locandiere, tentò di sgattaiolare all’aperto, dopo aver posato l’ultimo vassoio con alcuni bicchieri di rum, ormai tristemente vuoti. Avrebbe voluto correre subito alla spiaggia, immersa nel silenzio. Non aveva paura del buio e nemmeno del mare. In quei luoghi c’era nato: sognava di diventare un marinaio, un giorno. Il mare gli apparteneva. Sarebbe stato mozzo, poi marinaio, ufficiale in seconda e quindi comandante. Fantasticherie. In verità, la sua vita era molto più scialba. Gli toccava destreggiarsi alla locanda del padre, con la peggior masnada in circolazione da quelle parti, marinai senza regole e con un sol dovere: bere! Le loro risa sguaiate coprivano a stento il fragore delle onde, provenienti dall’esterno.

9


In ultimo, si decise ad uscire. - Dove corri ragazzo? - sogghignò Capitano Strong, sbarrandogli il passo sulla porta della locanda. - Vado alla spiaggia, signore. - A che fare? - CosÏ... - Non mentire... So quel che cerchi. - Non è vero. - Non è vero cosa? Che cerchi bottiglie? - Io non ho detto nulla. Capitano Strong cedette il passo al ragazzo, inchinandosi con finta riverenza. - Come vedi, so tutto di te, ragazzo!



Si accomodò con contegno la vecchia giacca da capitano della marina inglese, ultimo ricordo prima dell’ammutinamento che lo aveva condotto con i suoi fedelissimi a sequestrare una nave, poi divenuta pirata. Aggiunse quindi con cautela: - Si dice tu sia molto fortunato... - Chi lo dice? - domandò il giovane Sam, cercando di non cedere all’interrogatorio del vecchio pirata. - Lo sanno tutti al villaggio. Dicono che l’ultima bottiglia che hai trovato contenesse un messaggio. - Non era un messaggio... Il ragazzo si rese conto di aver parlato troppo. - E allora cos’era? - chiese il capitano mugugnando. - Una... mappa? Una mappa per un tesoro? Pronunciò questa parola con circospezione. Non ebbe risposta. I suoi capelli bianchi e unti spuntavano alla rinfusa sotto il cappellaccio a tricorno. Lasciò che il ragazzo si avviasse per il sentiero ciottoloso che scendeva alla baia deserta. Il sole era tramontato. Un riverbero rossastro di luce permetteva ancora di vedere in modo distinto dove mettere i piedi.

***

12


Ogni sera, col mare in bonaccia, Sam percorreva un lungo tratto di costa nella speranza di trovarvi qualche bottiglia che contenesse mappe e messaggi segreti. Il ragazzo immaginava che un vecchio pirata avesse nascosto un immenso tesoro, frutto di scorribande e saccheggi ai danni di ricche navi mercantili. Un vecchio pirata, alla deriva su una povera zattera, che era poi naufragato su una minuscola isola sperduta del mar dei Caraibi, lontana da tutte le rotte battute dalle navi. Un vecchio pirata che avrebbe affidato il suo segreto al mare e la mappa in una bottiglia. In effetti due bottiglie le aveva trovate, ma contenevano tutt’altro che tesori, anzi... non aveva neanche capito cosa contenessero.

13


Torna il sereno Io e i miei genitori abitavamo in una città di mare,

e tutto quanto richiamasse la natura, il mare in particolare, per noi era importante. Avevamo da sempre un forte senso ecologico, che ci rendeva agguerriti nei confronti di coloro che il mare lo inquinavano. Qualche anno prima, ad esempio, papà aveva denunciato alcuni vicini per aver scambiato la costa per una discarica a cielo aperto, abbandonandovi i loro rifiuti ingombranti. Da allora quei vicini non ci salutavano più. Per quanto mi riguardava, dopo gli ultimi rimproveri ricevuti, avevo deciso di rimettermi a studiare. Frequentavo l’ultimo anno della scuola primaria e l’anno volgeva al termine. Se volevo essere promosso dovevo impegnarmi di più. Erminia, la mia compagna di banco, super secchiona di razza pura, mi guardava con fare saccente. - Vedrai che quest’anno ti bocciano - mi ripeteva come un pappagallo, storcendo la bocca sotto un paio di occhiali rossi, dalle spesse lenti come fondi di bottiglia. In quei momenti speravo ardentemente che il

14


giardino della scuola dove facevamo merenda la inghiottisse tutta intera. Purtroppo non accadeva. Il mio desiderio restava inascoltato e la rabbia mi passava. Superata la bufera dei giorni precedenti, mio padre rese comunque meno severa la punizione inflittami. Il modellino del mio galeone del Settecento, cui stavo da tempo lavorando, ricomparve così in camera mia: mancavano per completarlo solo le vele da spiegare sui quattro alberi e i dieci piccoli cannoni da fissare con la colla. Papà diceva che l’imbarcazione “meritava il premio per le imperfezioni” e si era offerto di aiutarmi. Rifiutai. Un veliero per me voleva dire tutto: avventure coraggiose, pirati impavidi, galeoni che solcavano i caldi mari del Sud, carichi preziosi, relitti e naufragi. Anche se mi ero rimesso a studiare sodo, i miei libri preferiti, quelli di pirati e di avventure, non mi furono riconsegnati. Papà era convinto che tutto ciò che aveva a che fare con la violenza, torture, sciabolate, pugnali, rapine e arrembaggi vari insegnasse ad essere violenti ed aggressivi. Lui era un pacifista nato, insegnava filosofia, e aveva un profondo rispetto per tutti. Prova ne sia l’ultima sgridata per le mie insufficienze, che si era conclusa rapidamente, senza nemmeno una tirata d’orecchie (di quelle vere!). Invece la mamma continuò

15


a trattarmi con durezza, per via delle colleghe. Sì, perché lei insegnava nella stessa scuola che frequentavo io e penso si vergognasse dei miei risultati scolastici. Un giorno mi ribellai. - Leggere è importante - protestai. - Ne sono certo - rispose mio padre. - Allora perché non mi ridate i miei libri? - Perché le storie di pirati non mi piacciono. Sono piene di sangue. - Ma... sono solo fantasie - replicai. - Anche i libri frutto d’immaginazione insegnano ad essere violenti. - Ma io non sono un violento. - Potresti diventarlo - bofonchiò papà. - Intanto è bene che tu legga libri più consoni alla tua età. - Per esempio? - Libri di animali, scientifici, libri di fiabe, di fiabe moderne... che so... con bambini bravi... - Bambini che studiano? - lo interruppi con asprezza. - E prendono ottimi voti, per far contenti i genitori, scommetto. Sapevo che parlava di me. - Non mi riferivo a te - disse mio padre. - E a chi, se no. - Insomma!... Ti darò da leggere libri di altro genere.

16


- Voglio i miei libri, i miei - ribadii. Il dialogo si interruppe. Senza vincitori nĂŠ vinti. Per fortuna il mio libro clandestino era al sicuro sotto il materasso e avrei potuto continuarne la lettura ogni volta che volevo.

17


Il veliero di Capitano Strong CAPITOLO XII Le due bottiglie

Sam si rintanò nella sua povera cameretta ricava-

ta in un sottoscala, col pavimento in legno che scricchiolava ad ogni passo. Una candela permetteva che si vedesse a stento da parete a parete. Un topolino rosicchiava una crosta di formaggio, che il ragazzo gli aveva portato dopo aver terminato il suo turno nella cucina della locanda. Il ragazzo prelevò da una cassapanca un piccolo scrigno di legno, bucato dai tarli e con le borchie arrugginite. Vi rimestò all’interno, tirandone fuori un foglio colorato. Era simile ad un altro che aveva trovato tempo addietro in una bottiglia conficcata nella sabbia. Quando la locanda era deserta e la brezza soffiava con invadenza alle finestre, accadeva spesso che Sam si rintanasse in camera sua per esaminare ancora una volta i due messaggi ritrovati nelle due distinte bottiglie. Sperava di capirci qualcosa. Era un ragazzo fortunato, come diceva Capitano

18


Strong. Aver trovato in mare due bottiglie a distanza di poche settimane non poteva che essere una fortuna sfacciata! Il guaio era che di mappe di tesori non vi era nemmeno l’ombra. E quelle che aveva creduto essere delle vere mappe si erano rivelate messaggi di altra natura, comunque indecifrabili. L’aveva detto al capitano, ma questi non gli aveva dato ascolto e continuava a tormentarlo, convinto che di mezzo ci fosse una vera mappa del tesoro. I due fogli trovati non avevano l’aria di una mappa, questo era ormai appurato. Certo erano messaggi cifrati che avrebbero potuto condurre a qualcosa di interessante. Ma cosa? Alcune parole per lui non avevano affatto senso ed erano un vero mistero. Si trattava di due fogli colorati, uno rosso e uno blu. Colori del tutto inusuali per un foglio di carta o di pergamena. I caratteri a stampa, poi, erano molto più belli e grandi di quelli che aveva visto una volta sulla Bibbia che il pastore Smith leggeva con tanta devozione. Sul primo foglio c’era scritto:

AL GAMBERO D’ORO – RISTORANTE TEL. 040/568824 AUTOSTRADA A 4, USCITA PER LA COSTIERA 19


Sul retro compariva la seguente frase, scritta a mano con l’inchiostro:

“Ricordati che per ogni aragosta che mangi, un po’ di mare muore”. “Tel. 040/4567789” Il secondo foglio era questo:

MAI PIÙ FRIGO VUOTO! SUPERMERCATI DELL’ABBONDANZA AMPIO PARCHEGGIO PER AUTO E MOTO. Anche qui vi era scritto qualcosa sul retro: una frase, senza la minima sbavatura o macchia d’inchiostro. Si trattava di certo di un autore molto abile con la penna d’oca. Comunque, quel che conta è che Sam non riusciva ad afferrare il senso di quella frase.

20


C’era scritto:

“Quando avrai finito di mangiare, ricordati di gettare i rifiuti nei contenitori per la raccolta differenziata. Grazie!” Anche questo secondo foglio era simile al primo per fattezza e dimensioni, ma diverso per colore e contenuto. Per quanto Sam spremesse le meningi, non gli riusciva di cavare un ragno dal buco. “Auto”, “moto”… ma che diavolo potevano significare!? “Uscita Autostrada”? “ Tel.”? Le parole “Raccolta differenziata” sembravano turco. Erano termini provenienti da varie lingue? O forse si trattava di una nuova lingua sconosciuta? A volte i marinai si esprimevano usando uno strano gergo, fatto di parole apprese in vari posti, in giro per il mondo. Ecco, forse l’autore di quei messaggi parlava una lingua che solo lui conosceva. Sicuro! Era proprio così. Un strana lingua. Forse era un pirata italiano, o spagnolo, o inglese, naufragato chissà dove, che continuava ad

21


affidare al mare messaggi in bottiglia, usando quello strano gergo appreso in terre lontane. Quasi certamente si trattava dello stesso autore: troppo simile era la grafia sul retro dei due fogli ritrovati nelle bottiglie. Poteva essere un’idea. L’unica conclusione a cui Sam giungeva quasi ogni sera, dopo interminabili riflessioni e fantasie, era che non c’era traccia di alcun tesoro.

22


Povero mare S

ai che non dovresti abbandonare bottiglie in mare? - Lo so, papà , ma io sono convinto di fare una cosa giusta. - Cosa pensi di ottenere con i tuoi messaggi nelle bottiglie? - Do una mano per creare un mondo meno inquinato. - Anche le tue bottiglie inquinano. - Lo so, ma le mie bottiglie sono nulla rispetto a quello che ogni giorno gli incoscienti riversano in mare! E poi, ogni mia bottiglia può forse cambiare qualcosa. - In che senso? - Nel senso che i miei messaggi possono essere utili, aiutando a cambiare atteggiamento verso il mare e a rispettarlo di piÚ. La mamma ascoltava i nostri discorsi, mentre si preparava per andare a scuola. Intervenne. - I tuoi messaggi ecologici inquinano. E poi, le tue bottiglie potrebbero rimanere per anni in balia delle onde, senza che nessuno legga il loro contenuto.

23


- Io mi auguro che finiscano in buone mani. Sarà il mare a farle giungere dove vorrà - replicai. - Te lo auguro, ma anch’io ho dei dubbi - osservò papà. - Comunque il tuo intento è giusto - concluse la mamma, soddisfatta perché le avevo portato a casa un “ottimo” in scienze; e guarda caso per una verifica sul mare e sulle coste. Mentre preparava la sua cartella per recarsi a scuola, papà mi chiese a bruciapelo: - E le aragoste? Cosa c’entrano le aragoste con l’inquinamento? Ho letto una delle tue frasi che affidi al mare. “Ricordati che per ogni aragosta che mangi, un po’ di mare muore”. Cosa intendevi dire? - Le aragoste c’entrano, papà. E c’entrano anche tutti gli altri: pesci, crostacei, molluschi... Mi concentrai su quello che stavo per dire e proseguii: - Se mangiassimo sempre più pesce, non ci sarebbe tempo per ripopolare il mare e molte specie si estinguerebbero. - E allora? - domandò la mamma, attratta dal discorso. - Allora occorre assolutamente vietare la pesca in mare, come per i fiumi e per i laghi… ovviamente in alcuni periodi.

24


- Ci sono già regolamenti precisi in merito - disse papà. - Ma non bastano - dichiarò la mamma, lasciandosi coinvolgere dal discorso. - Samuele ha ragione. Ha proprio ragione! Ero alle stelle. Forse stavo dicendo qualcosa di importante e ne ero fiero. Lo capii dall’occhiata di consenso che si scambiarono. Tornai in camera e presi lo zaino. La mamma mi chiamò, mettendomi fretta: mancava poco all’inizio delle lezioni e dovevamo andare. Diedi un’occhiata alla finestra. Dal nostro appartamento si scorgeva un bel ristorante adagiato in prossimità della spiaggia. Di sera s’illuminava, con i tavolini bianchi all’aperto. In primavera e in estate era uno spettacolo. Ma a me non piaceva lo stesso. Di quel ristorante, dove si mangiava soprattutto pesce, odiavo più di tutto l’insegna luminosa, verde, aggressiva, che fortunatamente al mattino passava inosservata, perché spenta. C’era scritto “Al Gambero d’Oro, ristorante”. Lo stesso riferimento che avevo ritrovato nel mio libro... Incredibile! E anche il messaggio trovato da Sam nella bottiglia era lo stesso che io avevo affidato al mare! Ancora più incredibile!

25


Ricordati c he p er

mangi, e h c ta s o g a ogni ar ore u em r a un po’ di m


Quando avrai finito di mangiare, ricordati di gettare i rif iuti nei contenitori per la raccolta differenziata. Grazie!


A casa il pesce io non lo mangiavo. I miei dicevano che facevo capricci e che il pesce faceva bene. Ma io ero ostinato. Avevo le mie buone ragioni, visto che il mare è così generoso con noi. L’insegna luminosa del ristorante, la sera l’avrei presa a sassate. E so anche il perché. Per soddisfare i clienti, in mare si pescava di tutto, distruggendo l’ambiente. Eppure, quel mare avevo rischiato di inquinarlo anch’io, con le mie bottiglie. Ma era per una giusta causa. Tutto cominciò quando un giorno mia madre mi chiese di gettare alcune bottiglie di plastica nel contenitore per la raccolta differenziata dei rifiuti. Accadeva spesso. Ma quel giorno sarebbe stato l’inizio di qualcosa di veramente speciale. Erminia, la mia compagna di classe, mi accompagnava. Lungo la strada mi ero imbattuto in lei e non ero riuscito a seminarla. Si dava sempre delle arie perché brava a scuola, ma in fondo non era poi così antipatica come voleva apparire. Certo era secchiona, ma con lei si giocava abbastanza bene. Mi chiese a bruciapelo. - Sai che galleggiano? Cosa? Le bottiglie. - Lo so.

28


- Si potrebbe usarle ancora. -… - Sei di poche parole, oggi. - Senti, smettila. - Sai che dentro ci puoi mettere un messaggio? - Lo so. E allora? Quel dialogo era durato troppo. Accelerai il passo e raggiunsi il contenitore per la raccolta differenziata. - Perché non ne conservi qualcuna? - Per farne che? Se le lasci in giro inquinano. - Ma tu non le lasci in giro. Le conservi. - E per farne cosa? - Per giocarci ai giardini, nella vasca della grande fontana. - Ma sei matta? Se ci pescano i vigili, ci fanno una multa. Ecco cosa ci fanno. - E noi staremo attenti - disse con aria furba. Tutto sommato l’idea funzionava. - E cosa ci facciamo alla fontana? Nelle bottiglie, ovviamente ripulite dalle etichette, uno ci infila dei messaggi, cinque per ciascuno: due buoni e tre cattivi. - E poi? - Poi si fanno galleggiare le bottiglie, spingendole al largo nella vasca della fontana. Si mescolano, girando la testa da un’altra parte: ci si aiuta con un bastone.

29


- Mi sembra un po’ sciocco questo gioco. - Aspetta! Poi, si recupera una bottiglia ciascuno, e così via le altre. Si leggono i messaggi. Se sei fortunato sono messaggi buoni e ci guadagni. Altrimenti sei nei guai. Francamente non capivo l’espressione “sei nei guai”, anche se sapevo che per queste cose Erminia possedeva una mente diabolica: capacissima di farti pagare delle terribili penitenze. Poteva chiederti addirittura di restare in ginocchio, immobile sui sassi acuminati, anche per alcuni minuti. - Ad esempio - disse Erminia, - si può chiedere di dare un bacio a un bambino, oppure a una bambina. Oppure - rallentò il passo e anche le parole - restare tre minuti in ginocchio sui sassi… - Acuminati - conclusi, prevedendo come la frase potesse terminare. - Come hai fatto a indovinare? - disse Erminia fingendosi meravigliata. - E ti pareva! - le urlai in faccia. - Non ci sto. - Ma non è detto che accada a te. Potrebbe succedere a me. Dipende dai messaggi che recuperi. Dipende dalla fortuna. Ero titubante, ma alla fine mi lasciai convincere. Deviammo con rapidità verso i giardini. Ci divertimmo un sacco. A me andò meglio che ad

30


Erminia. Ebbi quasi tutti messaggi buoni: ero stato fortunato. Vinsi due cioccolatini e due baci ricevuti da due compagne di scuola che giocavano alle altalene. Mi fu anche chiesto, in un perfido messaggio, di baciare in bocca la mia cagnolina Luna, una femmina di carlino molto dolce. In seguito, ripetemmo il gioco, rendendolo sempre più vario, con l’aggiunta di messaggi di altro genere. Nelle bottiglie ci potevi trovare non solo pegni da pagare, ma anche finte richieste d’aiuto, mappe, barzellette o qualche parolaccia. Nella scelta delle frasi, spesso mi soccorrevano racconti di pirati, naufraghi e tesori. Mi aiutavo con idee ricavate da libri di avventura appena letti o da alcuni film che mi avevano particolarmente colpito. Però, non avrei mai pensato di usare delle bottiglie di plastica quale mezzo per affidare al mare messaggi importanti, invitando a comportamenti più ecologici. Invece... lo feci. Iniziò così la mia avventura. Forse era un po’ ingenuo credere che qualcuno potesse prestare attenzione alle mie bottiglie. Ma non disperavo. Dalle bottiglie di plastica passai alle bottiglie di vetro, sottratte sempre alla raccolta differenziata. Per un bel po’ i miei non s’accorsero di nulla. E io mi divertivo

31


così, fra un compito e l’altro di scuola, fatto sempre di malavoglia. Forse perché i miei mi stavano troppo addosso per controllare tutto di tutto. Forse… ma non ne sono sicuro. Insomma, procedevo alla grande, coi miei messaggi. A volte ero un po’ preoccupato. Temevo che qualcuno mi scoprisse, ma non successe mai. In realtà nei messaggi il mio nome non compariva. Le bottiglie sarebbero finite chissà dove, forse all’altro capo del mondo. Ecco un breve elenco di messaggi (alcuni sono poco gentili... ma non m’importa): • La raccolta differenziata non costa nulla, ma ci guadagna la terra. • Non essere tonto: pensa al tuo futuro. Non scagliare le bottiglie contro il muro. • Non abbandonare rifiuti in mare: li ritroverai sulla tua tavola sotto forma di cibo. • Un sacchetto di plastica, in mare vive mille anni. È forse più importante di te che vivi in media ottant’anni? • Gli uccelli marini ti fanno compagnia e si lasciano ammirare in volo. Perché vuoi ucciderli inquinando le acque? • Le industrie devono depurare... e non gettare veleni in mare. • Se hai letto questo messaggio, vuol dire che sai

32


leggere. Allora leggi questo: “Sei uno sporcaccione inquinatore!” • I signori viaggiatori sono pregati di allacciarsi le bottiglie, prima di decollare per L’INFERNO! • Ti piace inquinare? Niente paura! Comprati un libro di ecologia e tiratelo sulla testa: le parole entreranno più in fretta nella tua testa di zucca. • Io inquino, tu inquini, egli inquina... voce del verbo MORIRE. A volte utilizzavo volantini pubblicitari recuperati nelle cassette postali, di quelli colorati che invitavano a spendere sempre di più. Negli ultimi tempi avevo usato la pubblicità “Al Gambero d’Oro” , il ristorante vicino casa mia, e quella dei “Supermercati dell’Abbondanza”, dove trovi di tutto per soddisfare i tuoi capricci di gola. Sul retro del primo foglio avevo scritto “Ricordati che per ogni aragosta che mangi, un po’ di mare muore”, mentre sul secondo la frase era questa: “Quando avrai finito di mangiare, ri-

cordati di gettare i rifiuti nei contenitori per la raccolta differenziata. Grazie!” Mi sembravano due suggerimenti chiari. L’ultima trovata mi piaceva in modo particolare: avevo utilizzato una busta di plastica che pubblicizzava “Il Tesoro del pirata Barbalunga”, un mercatino dell’usato

33


che si trovava vicino casa mia ed era particolarmente fornito. Avevo arrotolato il sacchetto stretto stretto, affinché entrasse attraverso il collo della bottiglia, e avevo inserito dentro anche un messaggio che diceva: “Il

pirata Barbalunga ti perseguiterà in eterno, se non riciclerai questo sacchetto in modo corretto: usalo più volte. Per informazioni telefona al n. 040/5657804”. Dare il mio numero di telefono era stata certo una cosa avventata. Per un ragazzo è un errore gravissimo dare ad estranei il proprio numero di telefono, tanto meno l’indirizzo email, ma ero curioso di sapere se qualcuno avesse trovato le mie bottiglie. Se mi avessero chiamato al telefono era fatta. Voleva dire che le bottiglie erano state trovate e i messaggi avrebbero prodotto (forse!) il loro effetto. E se i messaggi fossero finiti in mano a qualche malintenzionato? Meglio non pensarci e rituffarci nella lettura.

34


Il veliero di Capitano Strong CAPITOLO XIII Ombre nel vento

Il capitano si rodeva il fegato dalla rabbia. Sbatté

il pugno così forte sul tavolo della cabina di comando, da far crepitare e brillare in modo inconsueto le fiammelle delle lanterne appese alle pareti di legno scuro. - Quel ragazzo non ce la racconta giusta! Lo voglio qui! - Sarà fatto, capitano - disse un brutto ceffo con un occhio bendato e una profonda cicatrice al braccio sinistro, procuratagli da uno squalo. - Sappiamo cosa fare - disse il secondo pirata. - Alla locanda! - ordinò all’altro marinaio. Abbandonarono entrambi la cabina di comando: uno, smilzo e con la barba ispida e rossa, aveva un fare arrogante; l’altro era piccolo e verde come una lucertola. Entrambi erano forniti di un pugnale infilato nella cintola. La nave rullava pacatamente, ancorata al largo con le vele ammainate. Il mare era in bonaccia e i due calarono una scia-

35


luppa nell’oscurità. A stento si distingueva la costa, pressoché al buio se non fosse stato per qualche raro riverbero che giungeva dalle case arrampicate sul promontorio. I due raggiunsero la locanda con circospezione e forzarono la serratura. Due ombre scivolarono nel buio, come portate dal vento. Un flebile chiarore di candela giungeva da una camera socchiusa, dove il locandiere giaceva addormentato. Sam dormiva nella sua cameretta, dando le spalle alla porta, che cigolò, perché con i cardini non oleati. I due entrarono. Ad un cenno, piombarono sul ragazzo, uno portandogli una mano alla bocca perché non gridasse, l’altro bloccandogli le gambe. Ebbero un sussulto indeciso, enigmatico, come a dire “che accade?” Poi mollarono la presa e tentarono di scambiarsi un’occhiata interrogativa, per quel che potevano scambiarsi in quell’ombra fitta, senza pronunciar parola. Fu subito chiaro che erano stati raggirati da quel ragazzo diabolico. In realtà avevano appena immobilizzato un cuscino e due povere coperte arrotolate. Sam non c’era: aveva teso loro un tranello. Furibondi, i due ceffi scivolarono nuovamente verso l’ingresso, passando fra i tavoli neri della locanda, luridi di grasso e maleodoranti di alcool e aringhe. Sarebbero tornati, certo che sarebbero tornati! Quel

36


moccioso non l’avrebbe fatta franca. Doveva sputare tutto quel che sapeva. Era questione di vita o di morte, perché il capitano sarebbe andato all’inferno, pur di avere quella mappa. E se loro fossero tornati a mani vuote, avrebbero di sicuro preceduto il capitano... all’inferno!

La grotta Sam intanto dormiva infreddolito nell’umida e fetida grotta, che si raggiungeva per un’erta a gradoni di roccia, per poi tuffarsi sempre più in basso, sino al livello del mare. Era un posto del tutto isolato, che suo padre gli aveva mostrato quando una volta erano dovuti sfuggire a una terribile ciurma di avidi corsari. Quella volta avevano salvato la pelle, ma era andata distrutta ogni cosa, alla locanda. Dovettero lavorare per ben tre mesi, prima di essere pronti ad accogliere i soliti avventori. Era questo il motivo che rendeva il padre di Sam particolarmente servile verso Capitano Strong: gli riportava alla memoria le violenze subite. Il locandiere conosceva la freddezza e la ferocia dei pirati, compresa quella del capitano, mascherata da un comportamento civile e di facciata.

37


Sam si tirò sulle spalle l’ispida coperta, cercando di resistere ai brividi di freddo. Guardò la strana mappa che aveva arrotolato sotto la giubba e tentò di riaddormentarsi. Non riusciva più a pensare. Le idee gli frullavano nella testa, senza che si giungesse a una soluzione. Sapeva che Strong lo cercava. Lo sapeva.



Anche perché quando aveva trovato quella terza e ultima bottiglia sul bagnasciuga, gli era parso che qualcuno lo spiasse, appostato dietro le rocce. I due pirati, infatti, avevano ricevuto da tempo l’ordine di non perderlo mai di vista. Restavano per ore seduti alla locanda, facendosi servire un rum dopo l’altro, poi seguivano il ragazzo quando usciva per ordine di suo padre. Lo seguivano, soprattutto quando all’imbrunire ripeteva il suo giro di perlustrazione lungo la costa. Eppure Sam doveva fuggire, perché aveva capito che quella era la volta buona: aveva trovato ciò che cercava. Si trattava di una mappa vera, segnata in tutti i particolari. Era la mappa di un tesoro! Quel tesoro che aveva sempre sognato. Sarebbe diventato ricco. Nel frattempo bisognava tenere il segreto. Poi, con il tempo, ne avrebbe parlato a suo padre. Ma ora no, ora bisognava tacere. Come comportarsi? Occhi indiscreti lo avevano visto recuperare la bottiglia. Poteva inventarsi qualcosa e dire che la bottiglia era vuota. Ci avrebbero creduto? Forse no. Scappare, bisognava scappare, nascondersi. E per quanto tempo ancora? Nascondere la mappa in qualche posto sicuro era rischioso, qualcuno l’avrebbe trovata. Meglio portarla sempre con sé, quella mappa a forma di bisaccia; una

40


sacca, così strana, fatta di qualcosa che non aveva mai visto. Forse il mare, la salsedine, l’acqua penetrata lentamente nella bottiglia avevano compiuto quell’opera. Certo non aveva mai visto nulla di simile. Una mappa tracciata su uno strano materiale azzurro, vagamente trasparente. E per metterci che? Leggera, leggerissima, frutto di chissà quale alchimia o magia. Forse l’opera di uno stregone. “Il tesoro del pirata Barbalunga”, c’era scritto così. Era il tesoro di un temibile pirata, e lui vi aveva trovato addirittura la mappa, perfetta in ogni dettaglio. L’avrebbe portata sempre con sé, nascosta sotto la giubba. Nasconderla altrove sarebbe stato peggio. Da quel giorno non avrebbe più dormito nel suo letto, visto che di notte qualche male intenzionato poteva aggredirlo nel sonno, derubandolo della mappa. Di giorno avrebbe evitato di allontanarsi da solo, per sentieri solitari. Di notte, invece, si sarebbe dileguato nell’ombra, verso il suo nascondiglio, sgusciando dalla sua camera, a tarda ora. Avrebbe lasciato un paio di cuscini sotto le coperte, affinché suo padre non se ne accorgesse. Era tutto congegnato per il meglio.

41


Verso l’ignoto Il capitano sapeva che i suoi sgherri non avrebbero trovato Sam. Conosceva bene il ragazzo ed era certo che sarebbe stato abbastanza scaltro da non farsi prendere. Quella stessa notte, dunque, si mosse da solo con la sua scialuppa e raggiunse l’anfratto che dava alla caverna, penetrando dal mare. Conosceva il posto. Era sicuro e vicino alla locanda, ideale per nascondersi. Bastava ragionarci, riflettere. Il ragazzo era lì, ne era sicuro. Un’ombra greve scivolò all’interno della caverna, come sospinta da un soffio di vento. Sam sentì un respiro sinistro nel buio... Quando si risvegliò era legato per i polsi nella stiva di una nave, che rullava piano, solcando le onde verso il largo. Era l’alba, un’alba ignota e silenziosa. Lentamente il ragazzo ebbe modo di ricostruire l’accaduto. Le immagini cominciarono a scorrere davanti ai suoi occhi, ancora frastornati e increduli: il pugnale del capitano che gli sfiorava la gola, una manaccia che lo frugava sotto la giubba, una risata sguaiata e fiera. In ultimo, ricordò una stretta ai polsi e la voce irritata del capitano che diceva: - Vuoi prendermi in giro, ragazzo? E questa strana

42


bisaccia azzurra, cosa sarebbe? La mappa, voglio la mappa, che certamente nascondi con te! Sam aveva continuato a giurare che era quella la mappa trovata nella bottiglia. - Menti! - aveva ringhiato il capitano. - Cosa diavolo me ne faccio di questo viscidume?! Dimmi dove hai nascosto la mappa, corpo di mille balene! Sam gli aveva giurato che quella e solo quella era la mappa trovata: quello strano sacco. - Bene - aveva detto allora Strong facendogli ancora più male, quando lo strattonò per i polsi legati dietro la schiena, - voglio crederti. Voglio essere clemente, per una volta. Verrai con me a bordo e salperemo immediatamente. Se la tua mappa risulterà vera saremo tutti ricchi. Altrimenti… E aveva fatto un segno come a dire: ti taglierò la gola e ti butterò in pasto ai pesci. *** Il capitano aveva rimirato ancora una volta quella strana mappa, viscida come un’anguilla e trasparente come un vetro colorato. Aveva fissato mentalmente alcuni riferimenti geografici, utili per indicare la rotta al timoniere. In quella mappa, disegnata sul sacchetto azzurro, c’erano indicazioni molto oscure: strade segnate con

43


numeri e lettere, come “A4, S.S. 16”; oppure parole come “telefona” e numeri che per lui non avevano alcun senso, trascritti su di un pezzo di carta. Ma vi erano anche simboli topografici a lui molto noti: mare, fiumi, monti… Certo era un bel rompicapo. La mappa consisteva in un tracciato topografico, schematico, che indicava il posto esatto dov’era situato il tesoro, fra un promontorio e una costa, su un golfo… Una mappa ricca di dettagli, una vera e propria pianta. La mappa era accompagnata da uno strano biglietto trovato nella bottiglia e che Sam fu costretto a consegnare al capitano. Diceva:

Il pirata Barbalunga ti perseguiterà in eterno, se non riciclerai questo sacchetto in modo corretto: usalo più volte. Per informazione telefona al n. 040/5657804. Capitano Strong aveva zittito il ragazzo, che non riusciva a smettere di singhiozzare, mettendogli un cappuccio sulla testa. Quindi lo aveva portato a bordo. Ora il ragazzo era lì, rinchiuso. Implorava di lasciarlo andare, o almeno che gli slegassero i polsi. Mosso a pietà, qualcuno scese nella stiva e lo slegò, sbattendo dietro di sé una vecchia porta, ora rinchiusa con una doppia mandata.

44


Era ormai giorno e un vento gagliardo sospingeva le vele dei tre alberi, gonfiandole con sapienza. Un teschio sventolava beffardo sulla bandiera nera.

45


Mistero Di certo era solo una coincidenza o qualcosa d’al-

tro, ma nel libro con la vecchia copertina di pelle scura c’erano molte cose che non quadravano. Un brivido percorse la mia schiena, un brivido di paura. Nell’ultimo capitolo che avevo letto, si parlava del “Tesoro del pirata Barbalunga” e la cosa era assurda: cosa mai c’entrava il nome del mercatino dell’usato che conoscevo? Chiusi in fretta il libro, allarmato da alcuni rumori che non riuscivo a decifrare. Forse era mio padre che aveva scoperto il segreto che custodivo. Se avesse trovato il libro me lo avrebbe di certo sequestrato. Non udii nessun altro rumore. Era tardi. I miei già dormivano da un pezzo, mentre io non avevo sonno. Quel racconto mi intimoriva, mi incuteva paura. Ma ne ero anche affascinato. Riaprii il libro pensando a quanto ero stato fortunato quel giorno, trovandolo, abbandonato sulla panchina ai giardini. Mi sembrava di essere diventato un po’ come Sam, oppure il suo migliore amico: avrei voluto aiutarlo, perché era proprio nei guai.

46


Se solo avessi potuto mettere le mani sul capitano gli avrei fatto passare un brutto quarto d’ora. Non sopportavo le prepotenze, specie quelle contro i bambini o i ragazzi indifesi. Purtroppo Capitano Strong non esisteva, così come non esisteva Sam, né la locanda, né la nave pirata... Erano una creazione dello scrittore, che aveva narrato quella vicenda, mescolando sapientemente luoghi e personaggi di oggi e del passato, come un cuoco mescola gli ingredienti per creare un piatto prelibato. Guardavo quelle pagine scritte e i miei pensieri si ingarbugliavano sempre più. Il sacchetto azzurro in plastica: che assurdità era quella? Certo di plastica non si parlava, nel libro. All’epoca la plastica era sconosciuta. Eppure… eppure dalla descrizione che se ne faceva si intuiva che si trattava proprio del sacchetto, il sacchetto che io avevo arrotolato nella bottiglia, poi abbandonata alle onde. Assurdo! Stavo farneticando. Come poteva una bottiglia viaggiare a ritroso, per mare, e finire centinaia di anni prima? Viaggiare nel tempo all’indietro? Era uno scherzo, un terribile scherzo giocatomi da qualcuno. Ma da chi? Forse Erminia aveva abbandonato volutamente il libro sulla panchina dei giardini. Un libro finto, di finti pirati, per ingannarmi, per ridere alle mie spalle. Un libro stampato con l’aiuto del com-

47


puter, mescolando me ad altri personaggi fantastici. Però, a ben pensarci, questo sarebbe stato troppo, troppo diabolico per una ragazzina! Erminia era sì perfida, ma pur sempre una ragazzina, incapace di orchestrare un inganno così feroce. O almeno credo. Allora? Quelle erano le mie bottiglie, le bottiglie che avevo abbandonato io in mare qualche tempo addietro. E adesso erano nel libro?! Impossibile. Era proprio uno scherzo, e pure di cattivo gusto. Cercai altri indizi. Sì, le cose cominciavano a quadrare, ma nel peggiore dei modi. Anche i due volantini colorati, quelli dei “Supermercati dell’Abbondanza” e del ristorante “Al Gambero d’Oro”, erano stati ritrovati da Sam in altre bottiglie. Ricordo che avevo già interrotto la lettura, in quella occasione, e lo stupore aveva accorciato il mio respiro. Qualcosa di impossibile stava prendendo forma, si stava avverando, come la creta nelle mani del vasaio. Fino a quel momento non avevo voluto crederci, avevo cercato di non riflettere. L’idea che le mie bottiglie fossero finite a ritroso nel tempo era così assurda che non serviva neanche pensarci. Ma ora ci pensavo. Perché? Uno scricchiolio insolito dietro la porta mi fece sobbalzare.

48


- Papà! -… - Mamma! … Rimisi il libro sotto il materasso. Spensi la luce. Respiravo piano, a fatica. Mi raggomitolai sotto le lenzuola come una mummia. Aveva ragione mio padre. Non erano libri adatti a me: non avrei mai più letto libri di pirati. Ero terrorizzato. E se ci fossero i fantasmi? Il fantasma di Capitano Strong forse voleva vendicarsi per la mappa del tesoro. Era una mappa falsa, certo. Era solo un sacchetto da trasporto, con indicazioni riferite al luogo in cui era situato il mercatino dell’usato. E poi a me interessava semplicemente combattere l’inquinamento dei mari. Figuriamoci se poteva interessarmi la mappa di un tesoro! Un’ombra frusciò tremante sulla parete, forse giungeva dalla finestra semichiusa. Forse provocata dai fari di un’auto che sfrecciava sulla strada muta. Qualcosa si mosse. Mi avvolsi ancora meglio nelle lenzuola e con un occhio scrutai attraverso una fessura. Il cuore mi batteva forte forte. Lo sentivo in gola. Mamma! Ho paura! ... Papà!

49


… Tremavo come una foglia. Decisi che avrei sospeso la lettura di quel libro, anzi lo avrei consegnato spontaneamente a mio padre. Allora mi sarei sentito al sicuro. Forse c’era una maledizione, forse era opera di un fantasma maligno. “Non uccidermi, ti prego” supplicai, ma dalla mia bocca non uscì un fil di voce. Crollavo dal sonno. Era tardissimo. E se mi avessero aggredito nel sonno?... Dovevo stare sveglio… dovevo vigilare… dovevo… dormire… dor... mire… Mi addormentai, convinto che il mattino seguente i miei timori, le mie angosce si sarebbero dileguate come neve al sole. Magari fosse stato così!

50


Burrasca in vista Il mattino era soleggiato, il ronzio delle auto giun-

geva attraverso i vetri ancora chiusi. Mamma e papà ancora dormivano. Aprii il frigo per prendere il contenitore del latte. Fu un attimo. Qualcosa o qualcuno mi sfiorò il viso e io, preso dal panico, rovesciai il latte sul pavimento. Il liquido schizzò tutt’intorno, imbiancando le pareti e le sedie imbottite. Il frastuono che ne seguì fece accorrere mamma e papà, ma più di tutto diede l’allarme l’urlo che lanciai. Entrambi mi fissarono attoniti e ancora assonnati, poi si fissarono, quindi mi fissarono: mamma partì con una sgridata, urlandomi di tutto. - Ma dove hai la testa, Samuele? Possibile che ne combini sempre qualcuna? Così non si può proprio andare avanti. È ora che tu ti dia una regolata. Alla tua età io andavo già a fare la spesa da sola, ed ero la prima della classe. Ma guarda cos’hai combinato col latte! - Clara... - la interruppe papà, cercando di tranquillizzarla. Ma lei niente, proseguiva con il rimprovero:

51


- Non sento ragioni, ora pulisci tutto e subito. Tra poco si va a scuola e voglio che sia tutto in ordine... - Clara… - ripeté papà. E lei: - Ora basta davvero! Sono stufa. Sei proprio maldestro, Samuele. - Clara! - ripeté papà, con più decisione. - Dai... non è successo nulla di grave. - Ti ci metti anche tu, adesso? - protestò mia madre con i pugni sui fianchi. Papà non accettò la sfida, gettò la spugna e andò in bagno a farsi la doccia. - Scusa, mamma - dissi sommessamente. - Scusa un corno! - replicò lei. Poi prese lo straccio e si mise a ripulire tutt’intorno. - Ma non dovevo farlo io? - Per questa volta, vada. Ma la prossima volta… Sollevò un dito in segno di minaccia. Poi mi accarezzò la testa bruna. Avevo i capelli ispidi e a spazzolino. Mi diede un bacio e sparì. *** A scuola la maestra mi appioppò una terribile insufficienza in matematica. Era una giornata sfortunata, quella. Me lo sentivo.

52


Infatti, poco dopo, la preside mi chiamò nel suo studio, per via di un allagamento nei bagni, di cui ero stato accusato. Era furibonda. - Puoi accomodarti, Samuele - mi disse. Mi accomodai… E scoppiò il finimondo. - Allora?! … Allora? - ripeté la preside. - Non hai nulla da dire a tua discolpa? - Io non ho fatto nulla - risposi a testa bassa, cercando riparo da quello sguardo indagatore. - I tuoi genitori saranno qui tra poco. Così non si va da nessuna parte. Devi darti una dritta, ragazzo. - Io non ho fatto nulla. I servizi igienici non li ho allagati io. - Dicono tutti così - disse sprezzante la preside. - Mai che uno ammetta le proprie colpe. - Ma io sotto il rubinetto mi ci sono lavato soltanto le mani. - Vuoi vedere che i servizi si sono allagati da soli? Con chi credi di avere a che fare? Non mentire! E batté un pugno sulla scrivania. - Io gliel’ho detto - singhiozzavo, - l’ho detto all’ombra, che mi stava mettendo nei guai. - Quale ombra? - domandò la preside aggrottando le sopracciglia, convinta che stessi raccontando frottole.

53


- L’ombra… È stata lei a mettere il dito sotto il rubinetto, facendo schizzare acqua dappertutto. E non smetteva... non smetteva! - Ma cosa dici? Io ne ho trovati di bugiardi, ma come te, mai. Negare l’evidenza è pericoloso! - Ma io non nego. Dico solo la verità. È stata l’ombra! - E scommetto che ti ha anche parlato, vero? - disse la preside con un sogghigno ironico. - Sì. Mi ha detto con voce grave e rauca, come se venisse da un altro mondo: “Se non ti basta, ritornerò. Ritornerò!” - E che significa? - domandò la donna, aggrottando le sopracciglia. - Non lo so, non lo so! Io avevo paura e sono corso via, mi creda! - Sei corso via per non farti scoprire - sentenziò la preside. - Non è vero - protestai tra i singhiozzi che mi sfuggivano cadenzati dalla bocca, come la goccia dal lavandino. - Non contraddirmi. Mi devi rispetto, capito?! - Ma io ho detto la verità, signora preside. - Guarda che peggiori le cose. I bidelli ti hanno visto mentre fuggivi verso la tua aula. - Certo che fuggivo: avevo paura.

54


- Basta ora. Fuori ci sono i tuoi genitori. Tua madre non merita un figlio così. Vergognati! Immagina che figura con le sue colleghe maestre, povera donna. E anche tuo padre… pover’uomo. Chinai il capo e grosse lacrime inondarono i jeans. I miei mi riportarono a casa, con una sospensione di due giorni dalle lezioni. Ero addolorato per le sofferenze che stavo loro arrecando. Ma io che potevo fare? Io l’ombra l’avevo vista per davvero. Non era un’ombra come le altre, era quasi umana, con uno strano cappello a tre punte, e una spada infilata sul fianco. Aveva ficcato il suo maledetto dito sotto il rubinetto, facendo schizzare acqua dappertutto. Non smetteva e rideva, l’ombra. Rideva e allagava dappertutto. Mi aveva bagnato la maglietta ed io ero scappato come un ossesso, fradicio e impaurito, mentre una voce sussurrava sinistra: “Ritornerò. Ritornerò”. Era l’ombra del pirata. Sì, l’ombra del capitano, Capitano Strong in persona. Ci giurerei. Era la prima volta che lo vedevo, ma ero sicuro che fosse lui. Certo, era solo un personaggio, il personaggio di un libro, anche se non ne avevo le prove, visto che nel libro non vi erano illustrazioni che lo ritraevano. Eppure doveva essere lui. Ovvero… la sua ombra.

55




*** In macchina i miei non fiatarono: muti come pesci. Mi aspettavo una sfuriata, invece non accadde nulla. Soffrivano, e io lo sapevo. A nulla servì chiedere scusa, a nulla servì dire che era tutta colpa di quell’ombra. Parlavo, parlavo e mi sembrava di parlare al vento. Papà guidava cauto, la mamma taceva immobile, come una statua di cera. - I fantasmi non esistono - disse sommessamente papà. - Non ho detto che era un fantasma. Però poteva esserlo… Quel che importa è che io l’ho vista ugualmente… quella cosa. Giuro! Mi ha parlato! - tentai di replicare. - Basta - tagliò corto la mamma. - Basta con questa storia. Sei un monello, ecco cosa sei. Tu non sai che dolore ci arrechi. - Ma io… Le lacrime mi sgorgarono come un temporale improvviso, a goccioloni. La strada, le auto che sfrecciavano, gli alberi ricchi di foglie verdi non avevano per me alcun valore. Scorrevano. “I fantasmi non esistono, i fantasmi non esistono” ripetevo mentalmente per convincermi.

58


- I FANTASMI NON ESISTONO! - urlai all’improvviso. La voce mi uscì di botto. - Bravo - dissero per darmi coraggio i miei genitori. - Bravo! “I fantasmi non esistono” - ripeterono entrambi scandendo le parole, come se parlassero a uno stupido. - Dunque - concluse la mamma pacatamente, - non raccontare più bugie e prova a dirci la verità! - La verità è che… Inutile, non era il caso di riprovare: non mi avrebbero creduto. Farfugliai qualcosa: - Sono stato io (mentivo) - sono stato io ad allagare i servizi… (era meglio mentire) e il bagno della scuola. -… - Sono stato io - ripetei. - Bene - disse papà. - Grazie per averci detto la verità. La mamma aggiunse sollevata: - Ti perdoniamo... Dai, adesso non pensiamoci più. Giungemmo a casa. L’auto fu parcheggiata nel garage e abbandonata alla sua solitudine. Non sembrava ne soffrisse. Andai in camera mia senza pranzare: non avevo fame. Ero tranquillo? Nemmeno un po’. Come si può essere sereni se dici la verità e nessuno ti crede?

59


Se invece menti, tutti scommettono su di te e si sbracciano, giurandoti che sei un bravo ragazzo. Che strano. Non ero tranquillo. Infatti, quel pomeriggio accadde l’inimmaginabile. In camera mia giocavo con un piccolo veliero sulla moquette e ripetevo come una nenia, per farmi coraggio: “I fantasmi non esistono, i fantasmi non esistono”... Ebbi un’idea. Mi avrebbe aiutato a superare ogni dubbio e timore. Accesi il computer e scrissi in grassetto: i fantasmi non esistono. Ne feci una stampa e affissi il foglio sull’armadio, di fronte al mio letto azzurro e giallo. Mi avrebbe fatto bene rileggere quella frase, specie la sera, prima di addormentarmi; oppure al mattino prima di iniziare la giornata. Mi voltai nuovamente verso il computer e rimasi di sasso. Sul monitor qualcuno aveva aggiunto delle parole alla mia frase, che ora appariva così:

i fantasmi non esistono… ma le ombre esistono. Ebbi un attimo di sgomento, poi mi feci coraggio e decisi di accettare la sfida. Continuare a sfuggire l’ipotetico fantasma non mi avrebbe portato lontano.

60


Meglio cercare di capirci qualcosa. Non avevo una connessione internet, perchÊ il miei non mi permettevano di navigare nel web senza la loro presenza. Visti i precedenti, potevo immaginare chi avesse completato la frase. Dunque? Dunque non poteva essere che lui, o lei, l’ombra, il fantasma, o chi diavolo era. Scrissi da capo:

- i fantasmi non esistono. - ...ma le ombre esistono -

fu la risposta sul

monitor.

- chi sei? - non ti riguarda. - come sei giunto qui? - avevo il tuo numero di telefono: ho recuperato l’indirizzo. - fatti vedere. - non adesso. - sei uno screanzato. - se non la smetti ti sbudello. - sei un’ombra. non mi fai paura! - te ne accorgerai. - cosa intendi dire? 61


- dimmi dov’e’ il tesoro. - quale tesoro? - il tesoro del pirata barbalunga. - e chi lo conosce! - non mentire o ti trascino con me sulla mia nave e ti torturo. - non so di che parli. - sai bene di che parlo. nella bottiglia c’era la mappa con il tuo numero di telefono. - quale mappa? - quella tracciata sulla strana borsa. - ho capito, hai trovato la mia bottiglia col messaggio. - non l’ho trovata io. - e chi allora? - sam, il ragazzo della locanda “al vecchio gufo”. Esultai! Tutto quadrava. Avevo visto giusto. - Ma io ti conosco! Anzi, vi conosco. Conosco la locanda, Sam e pure te, Capitano Strong! Quello che provai in quel momento fu splendido: d’un tratto non ebbi più paura. - Davvero? - disse una voce profonda, reale, che ve-

62


niva ora da un essere del tutto simile ad un’ombra, che mi si parava davanti, alta e austera. Ma non era un’ombra… era… era… qualcosa di solido… consistente. Come se fosse un vero essere umano! I miei timori si stavano spegnendo. In fin dei conti era solo un personaggio. - Sì - dissi rasserenato, - sei il protagonista del libro che sto leggendo. Ecco, guarda. Feci per prendere il vecchio libro in pelle “Il veliero di Capitano Strong”, ma rimasi di sasso. Non c’era, il libro non c’era più, qualcuno me lo aveva sottratto. - Cercavi forse questo, ragazzo - disse l’ombra del capitano. Teneva in una mano il volume e me lo mostrava beffardo. L’altra mano, invece, si appoggiava all’elsa di una temibile spada. - Ridammelo - intimai. - Altrimenti cosa mi fai?... - Ti trafiggo con il mio compasso. - Non farneticare, ragazzo - s’infuriò il capitano. - Qui le regole le detto io. Fuori la mappa! - ringhiò con una voce terribile. - E non provare a ridirmi quella storia del sacchetto che avevi infilato nella bottiglia. - Fuori un corno - risposi con aria di sfida. Non lo temevo più. Cosa mai poteva farmi l’ombra di un personaggio? Il personaggio di un libro, venuto da così lontano, viaggiando nel tempo?

63


Dovetti però ricredermi. Strong aveva il mio libro e io non avrei potuto leggerne il seguito. Perché quell’uomo era qui? Cosa voleva da me? Perché Sam aveva trovato le mie bottiglie? Io ero vero, loro erano solo i personaggi di un libro. E poi il tesoro non esisteva, e nemmeno la mappa. - Tu sei solo un personaggio - dichiarai con aria di sfida, mettendomi in piedi sul letto dopo aver afferrato il mio compasso, che ora utilizzavo come arma. Puntai l’ago contro il capitano, destreggiandomi come un provetto spadaccino. - Se tu, moccioso, non avessi messo la mappa nella bottiglia, io non avrei mai saputo del tesoro, e tutto sarebbe filato liscio. Si schiarì la voce cupa, poi proseguì: - Dico per te… Ora sei spacciato. Devi dirmi tutto quel che sai. - Ma quella non è una mappa! - mi azzardai a replicare. Ora il capitano era troppo vicino, spaventoso. Rimasi lì, spavaldo: non lo temevo. Invece, il capitano con un manrovescio mi scaraventò sul letto e il compasso mi sfuggì di mano. - Non parli più? - disse il pirata, raddrizzandosi il cappello a tricorno. - Allora, come la mettiamo? - domandò con voce suadente. - Questo tesoro?

64


- Il tesoro del pirata Barbalunga non esiste - dissi, supino sul letto, sotto il controllo dell’enorme ombra, che mi dominava dall’alto. - Non esiste! - Tu menti! - rispose il capitano, con un gesto di stizza, sollevando la spada. La ripose e ringhiò minaccioso. - Saprò scioglierti la lingua. Guarda, guarda lontano, sul mare. Stasera mettiti alla finestra e osserva bene, nella cortina di nebbia che scende come una coltre, al calare del buio. Puntò lontano l’indice opaco. - Saprai dove trovarmi, se vuoi salva la vita. In un attimo sparì. Se credeva di farmi paura, si sbagliava. Un personaggio inventato dalla fantasia di uno scrittore non poteva farmi paura. Come poteva intimorirmi, lui giunto da un tempo passato e ormai chiuso? Eppure parlava delle mie bottiglie. Erano proprio le mie, finite nel racconto. Forse era stato solo un incubo. Ma lo schiaffo l’avevo sentito. Eccome se lo avevo sentito.

65


Ventiquattro ore da dimenticare Dovevo ritrovare a tutti i costi il mio libro. Lì c’era

la chiave dei miei guai. Dovevo leggere il seguito del racconto e capire assolutamente perché in quella narrazione ci fossi anch’io. Giunse la sera, che mi trovò alle prese con il mio dilemma. Avevo paura. O meglio, mi era ritornata la paura, una paura matta che il capitano ricomparisse. Ero stato un incosciente a comportarmi con spavalderia. Il crepuscolo rossastro aveva lasciato il posto a un blu intenso, sempre più scuro, che inghiottiva tutto ciò che gli compariva davanti. Tutto, tranne l’ombra lontana di una nave, immobile. Era quasi un riflesso del mare, un gioco della foschia leggera, calata la sera sulle acque immote. Era l’ombra di un veliero. Dalla finestra ne distinguevo la sagoma triste e antica. Era il veliero del capitano. Forse a bordo c’era anche Sam, rinchiuso nella stiva maleodorante. Che assurdità andavo farneticando? Sam era vissuto circa trecento anni addietro, se mai era vissuto, così come il capitano, la sua ciurma, la locanda e così via.

66


E le mie bottiglie? Quelle erano giunte nelle mani del ragazzo! Non ci capivo più nulla. L’unica salvezza era nel libro: dovevo leggere, leggere per sapere. Dormii malissimo quella notte. Mi sovvennero le parole del capitano. “Saprai dove trovarmi” aveva detto. C’era la sua nave pirata, al largo. C’era anche il mio libro, da recuperare a bordo. - Devo recuperarlo! Devo recuperarlo! Lo gridai più volte, nel sonno. Accorsero i miei genitori. - È un momento difficile... - li sentii bisbigliare. Nel dormiveglia mi parve che il capitano mi puntasse la spada alla gola. “Il tesoro, ragazzo, il tesoro” ripeteva. Forse quella notte era proprio lì, vicino a me, e io ne ignoravo la presenza. Quel che contava era che la mappa non esisteva. Era solo un sacchetto pubblicitario del mercatino dell’usato “Il tesoro del pirata Barbalunga”. Come avrei fatto per convincere Strong che non c’era alcun tesoro? Giunse così il mattino a solleticarmi con un sole tiepido. L’aria profumava di mare e di alghe. Era domenica. Cercando di non pensare a quanto mi era accaduto fino a quel momento, feci colazione e domandai ai miei

67


genitori il permesso di andare ai giardini, che si trovavano vicino casa mia, in prossimità della spiaggia. Acconsentirono. I miei sembravano rasserenati, perché il giorno prima avevo detto loro la verità sulla faccenda del bagno allagato. Ma quale verità?! Incontrai Erminia, che aveva avuto la mia stessa idea di andare ai giardini. Quel giorno mi sentivo di buon umore e non accennai ad alcun segno di insofferenza nei suoi confronti, come a volte facevo. Percorremmo la strada insieme. Ai giardini ci divertimmo un sacco, specie sulle altalene. Si faceva a turno per spingere, ignari entrambi di quanto stava per accadere. Spingevo Erminia con ritmo cadenzato, senza forzare. Avevo voglia di parlare, raccontarle del pirata, del libro. Ero titubante. - Sai che ho visto un’ombra? - Tutti vediamo ombre, sciocco! - Ma la mia è un’ombra umana, un’ombra che si muove. - Ti sarai mica bevuto il cervello, Samuele? Tutte le ombre si muovono e tutte le ombre stanno ferme. Dipende... - replicò Erminia con fare da maestra. Continuavo a spingerla. - Sì, ma la mia viene da lontano. Viene dal Settecento, credo.

68


- Ma che dici!? - Giuro. È un pirata. - Sì - mi canzonò Erminia, - magari a caccia di un tesoro. - Esatto. - Ha ragione tuo padre. Quei libri di pirati ti fanno arcimale… specie al tuo intelletto bacato. È ora che tu la smetta di dire scempiaggini! - L’ombra del pirata mi perseguita, credimi. È spuntata dal libro. È il protagonista - dissi con profonda serietà. - Adesso basta! - esclamò Erminia. Avevo fatto male a parlarne. Non avrebbe capito, non poteva capire. - Fammi scendere. - Scusa, non volevo irritarti. - Fammi scendere! - ripeté categorica. Non spinsi e attesi che il seggiolino perdesse forza. Rallentava ad ogni oscillazione. D’un tratto comparve una mano buia alle mie spalle, guantata, enorme. Fu un attimo. La mano diede una spinta così energica al seggiolino, tanto che Erminia fu catapultata verso il cielo con tale rapidità ed energia da esserne sbalzata alcuni metri più avanti, ruzzolando rovinosamente sulla sabbia.

69




Le voci, che accompagnarono il tutto, giunsero da due parti distinte: - Voglio il mio tesoro! - gridò la prima voce rabbiosa. - Aiuto! Aiuto! - gridò la seconda voce sofferente. Accorse gente. Erminia s’era fatta male seriamente: forse una frattura al braccio. Fu chiamata un’ambulanza, arrivarono i suoi e i miei genitori. Per me fu la fine. Nessuno mi credette. La mano me l’ero inventata io, secondo loro. L’altalena la spingevo io, ovviamente. Ero un bambino cattivo, mi meritavo il collegio, mi meritavo una punizione esemplare... Se continuavo così sarei diventato un delinquente. Mamma non voleva più vedermi, papà mi voltò le spalle e se ne andò, i medici dell’ospedale mi scrutarono come un criminale. - Sei un incosciente - mi dissero disgustati i genitori di Erminia. ***

- Posso vederla? - domandai mortificato il giorno seguente incontrando i genitori di Erminia all’ospedale. - No! - fu la loro risposta sprezzante. - Vi prego. Solo un momento…

72


I due si guardarono, bisbigliarono qualcosa e consultarono il medico, appena sopraggiunto con aria assorta nelle sue diagnosi. - Solo un minuto - mi disse il medico. Entrai. Erminia mi fissava sotto le lenzuola, un braccio immobilizzato, un livido alla guancia, i capelli scarmigliati... - Dobbiamo dargli il tesoro - mi disse con un fil di voce. - ?... - Ho sentito anch’io la sua voce, quando ti urlava inferocito “Voglio il mio tesoro!” - Davvero? Allora mi credi! - Sì. Aveva una voce terribile. - Dobbiamo dargli un tesoro... che non c’è! - dissi con voce strozzata. Mi fece cenno di avvicinarmi. - Di più, di più - mi sussurrò. Ubbidii e le raccontai tutto. Era passato un giorno, solo un giorno: ventiquattro ore interminabili, da incubo. Ma in lontananza c’era uno spiraglio di luce.

73


La nave pirata D

evi assolutamente recuperare il libro - mi disse Erminia il giorno dopo. - Ma come? - Io un’idea ce l’avrei... - Ascolta, Erminia, non venirtene fuori con le tue idee impossibili. - Questa volta la mia idea è portentosa! Mi grattai la testa. Ai giardini si stava bene, ma non ero affatto tranquillo, seduto a quella panchina. - Dunque? - domandai. Erminia si toccò il gesso e disse, orgogliosa di sé: - Andremo sulla nave pirata! - Ma... Sei impazzita?! - No, no, ascolta. La mia è una vera idea. - E come ci andiamo sulla nave? Sempre che si tratti di una nave vera e non di una nave fantasma. - Ci andiamo col gommone di mio fratello. - Bella questa! E cosa diciamo a tuo fratello? Gli diciamo che vogliamo andare a bordo di una nave pirata che non esiste, comandata da un capitano che non esiste? O, meglio, che esiste solo la sua ombra!?

74


- È proprio quello che dobbiamo verificare: vedere se la nave che hai visto l’altra sera da casa tua è vera, oppure si tratta di un’illusione ottica. - Ti fa male il braccio? - Non molto… tu, però, non cambiare discorso, Samuele. Non avrai mica paura? - Io? Ma scherzi! Ci vengo, ci vengo a bordo. - Ok. A mio fratello ci penso io. - Come farai? - Semplice! Gli dirò che su uno yacht ancorato al largo, e “mascherato” da veliero perché più eccitante, si tiene una festa con uno strepitoso gruppo rock. Vedrai che salterà di filato sul gommone, vista la sua passione per la musica rock. - Va bene. E una volta sul posto, cosa gli diciamo? - Anche questo non è un problema. Mio fratello ha molti anni più di me, ne ha diciannove, e per me è disposto a fare tutto. Gli diremo che la festa è stata rimandata… ma che a bordo ci andiamo lo stesso, giusto per vedere la strumentazione del gruppo musicale che doveva esibirsi. Vedrai che mi asseconderà. - Beata te, che hai un fratello. Io non ho nessuno. - Hai i tuoi genitori. - Certo, ma non è la stessa cosa. - Capisco... Beh, ora basta parlare. Ci vediamo al tramonto.

75


*** A riva, l’elica del motore gorgogliava con stanca regolarità e senza capricci. Poi prese vigore e il gommone arancione si allontanò sicuro, prendendo il largo. Poco dopo scorgemmo un’ombra enorme. Non era un banco di nebbia: si trattava del veliero, tetro e imponente, immobile e muto, con le vele ammainate, tre alberi spogli e sei bocche di cannone in fila sul fianco. Accostammo e spegnemmo il motore. Era un veliero autentico. Chissà da dove giungeva? E com’era possibile che fosse arrivato sino a noi, viaggiando nel tempo? - A me pare non ci sia nessuna festa - disse Giorgio, il fratello di Erminia. - Tu non preoccuparti. Saliamo a bordo - ordinò sua sorella. Lanciammo una cima e salimmo a bordo. Gli assi di legno scricchiolarono sinistri. Il ponte era deserto, il timone immobile. La sera era ormai calata, quieta e immensa. Accendemmo tre torce e ci avventurammo in perlustrazione. Giorgio sembrava irritato. Forse aveva fiutato il tiro mancino che gli avevamo giocato. - Ehi voi, ma che razza di storia è questa?! Dove mi avete portato?

76


- Silenzio - gli ordinammo con voce soffocata. - Se il capitano ci sente… - dissi. - Per noi sono guai - concluse Erminia. - Quale capitano? - domandò Giorgio, sempre più stufo di quella storia. - Io me ne torno a casa. Mi avete imbrogliato! Qui non c’è nessun gruppo rock. - Dai, fratellino, ancora un minuto - implorò Erminia. - La festa è stata solo rimandata. Ma se te lo avessi detto prima, certo non ci avresti accompagnati quassù. - Chissà se Sam è qui, chiuso nella stiva? - dissi concitato. - Ma sei matto? - osservò Erminia con tono di spregio. - Sarà morto da centinaia di anni. - Ora basta. Chi diavolo è Sam? - domandò irritato ma anche impaurito Giorgio. I suoi timori crescevano. - Cosa mi state nascondendo? Torniamo al gommone. Qui è pericoloso! - Ti racconterò dopo - implorò Erminia, - ti racconterò dopo. Aspetta ancora un attimo. Salimmo alla cabina di comando per una scaletta unta e scivolosa. La nave era deserta. Non v’era ombra di marinaio. Chi governava quella nave? Strong in persona? Impossibile. Allora? Era un mistero.

77


Da un momento all’altro qualcuno poteva spuntarci davanti. Sarebbe stata per noi la fine. Preferivo non pensarci. L’obiettivo era il libro, il mio libro, quel maledetto libro da cui tutto era nato: dalle bottiglie finite nel racconto, al capitano giunto sino a casa per minacciarmi. E non aveva voglia di scherzare. Voleva il tesoro. Ma quale tesoro? Sul libro di bordo che trovammo vicino al timone, annerito e bruciacchiato quasi in ogni sua parte, lacero e sgualcito dal tempo, c’era scritto un nome, un nome che conoscevo bene: “Sam il timoniere”. Per il resto, nulla più era leggibile. Non sapevo proprio cosa pensare... La polvere e le ragnatele mi infastidivano. Erminia si aggirava cautamente e Giorgio aveva per fortuna mutato i suoi timori in curiosità, affascinato dal veliero, autentico reperto storico. Rovistai, cercai il mio libro con foga, ma non lo trovai. Allora decidemmo di mettere Giorgio al corrente su quello che cercavamo. Trasecolò incredulo e disse che le nostre erano solo “fantasie da mocciosi”. E iniziò a canzonarci. Io dico che in realtà aveva paura, ma non voleva ammetterlo. - I fantasmi, aiuto! I fantasmi! E tremava per finta coprendosi il viso con le mani.

78


La cosa che ci premeva era però il libro. Occorreva trovarlo. Era lì la spiegazione dei miei guai e, ormai, di quelli di Erminia. Ad un certo punto, rovistando meglio tra gli scaffali, lo trovai. Era proprio il mio libro. Era “Il veliero di Capitano Strong”. - Eccolo! L’ho trovato, l’ho trovato! - esultai. - Scappiamo, portiamo il libro con noi! - gridarono i miei due compagni di avventura. - No! Bisogna leggerlo qui - replicai. - Impossibile! Potrebbe arrivare qualcuno e potrebbe essere pericoloso - disse Giorgio con decisione. E aveva sicuramente ragione. - Ma non capite? - replicai. - Se portiamo via il libro, il capitano verrà di filato a cercarlo a casa mia. E vi assicuro che non è il caso. Bisogna leggerne il seguito qui, ora, e poi riporlo dove l’abbiamo trovato. - Io non ci sto - disse Giorgio, che ora non scherzava più. - Neanch’io! È troppo rischioso - aggiunse Erminia. - Noi ti aspettiamo sul gommone... ma solo per qualche minuto! Sfoglia i capitoli e leggine sommariamente alcune parti ma, per amor del cielo, fa presto! Giorgio consigliò di andare subito a leggere la conclusione del libro, per sapere se il capitano sarebbe tornato da dove era venuto.

79


- Mai! - risposi perentorio. - Io non leggo mai il finale di un libro, prima di aver letto tutti i capitoli. Esitai. Poi, riflettendo, aggiunsi: - Va bene, farò un’eccezione visto che il capitano potrebbe sopraggiungere inaspettato a momenti. Proverò a scorrere le pagine, cercando i passi salienti... Voglio conoscere la fine di questo veliero e del suo capitano.

80


Il veliero di Capitano Strong CAPITOLO XIV Il mare

La nave salpò in un profondo silenzio, carico di

aspettative. Tutti, a bordo, si aspettavano di trovare un immenso tesoro: il tesoro del pirata Barbalunga, di cui vecchi marinai andavano narrando avventure e saccheggi ai danni di ricchi mercantili sulle rotte d’Oriente. Fantasie, tutte fantasie frutto di solitudine di marinai abituati al silenzio del mare, senza altri contatti se non con altri marinai e qualche squalo famelico, al largo, in attesa di un lauto boccone. Il viaggio durò giorni e giorni: interminabili. Ogni tanto Sam sentiva i passi del capitano giungere nella stiva. - Allora, ragazzo, spero che il mare ti porti consiglio. - Lasciatemi andare, capitano, io non so nulla. - Nulla? Ora basta! Voglio sapere tutto su quella mappa. - Io l’ho solo trovata nella bottiglia.

81


- Questo lo so. Ma, vedi, ragazzo, si dà il caso che la mappa sia stata tracciata su un materiale a me sconosciuto. Potrebbe essere un inganno, un tuo inganno… per depistarci. Che ne dici? - Ma quale inganno! Io ne so meno di voi. Sam sedeva raggomitolato in un angolo. - Cos’altro c’era nella bottiglia? - domandò il capitano con fare minaccioso. - Lo sapete, capitano: un messaggio. Avete anche quello. Mi avete preso tutto. Io non voglio nulla. Vi prego, fatemi tornare a casa. - Taci, o te ne farò pentire - grugnì il capitano digrignando i denti, per metà mangiati dalla carie. - Tu verrai con noi. E sarai tu a condurci al tesoro! Si levò il cappello e si grattò la lunga chioma bianca, unta e ingiallita. Proseguì: - La fantasia non manca a questa masnada di corsari. E tu ne hai da vendere, ragazzo, di fantasia. Dunque... - si chinò su di lui con lo sguardo torvo e minaccioso - ...sarai tu ad aiutarmi a decifrare la mappa. Batté un pugno. - Coraggio, ragazzo, inizia a pensarci. - Qui la fantasia non basta - replicò Sam. - Non penso di esservi d’aiuto, capitano. - Vedrai, vedrai che ci riusciremo - tagliò corto Strong. Con un colpo di pugnale, inchiodò sul tavolaccio

82


quello strano sacchetto con la mappa e il foglietto. “Il pirata Barbalunga ti perseguiterà in eterno” diceva “se non riciclerai questo sacchetto in modo corretto: usalo più volte”. Qual era il senso della parola “riciclare”? E poi, cosa significavano le parole “autostrada”, “tel.”? Le domande si accavallavano a dismisura.

CAPITOLO XV Un carico prezioso La battaglia durò per ore. Alla fine la nave mercantile fu conquistata dai pirati. A bordo erano tutti morti. I cannoni avevano tuonato per poco. Poi c’era stato l’arrembaggio. La ciurma era ben preparata, anche se sempre piena di rum fino alle midolla. Fu un ricco bottino: viveri, spezie, oro, fucili, vestiario. C’era di che stare allegri. Era così che il viaggio ormai proseguiva da anni. Del tesoro neanche l’ombra. Il capitano faceva ricorso a tutta la sua esperienza, ai racconti di vecchi lupi di mare e a vecchie carte nautiche, per trovare traccia del pirata Barbalunga e del suo tesoro. […]

83


Sam fu liberato definitivamente e abbandonò la sua prigione, per un posto meno scomodo. Fu aiuto cuoco per qualche anno, poi mozzo, infine timoniere, quando Stilton, il vecchio timoniere, fu risucchiato in mare durante una tempesta. [‌] Erano trascorsi molti anni e Sam, ormai giovane, forte e sano, era un ottimo timoniere. Eseguiva alla lettera gli ordini del capitano. Sapeva tenere con fermezza la barra, anche col mare in burrasca, quando la nave rullava paurosamente, piegandosi ai venti mugugnanti e alla forza delle onde.

84


85


CAPITOLO XVI L’ammutinamento - Noi vogliamo tornare a casa, capitano. Siamo stanchi di cercare questo posto maledetto. - Il tesoro esiste. Se i miei calcoli sono esatti dovremmo essere prossimi. - Balle! - urlarono i pirati - balle! Ci avete raccontato un sacco di fandonie, capitano. Non esiste nessun tesoro... E il pirata Barbalunga ve lo siete inventato voi. - Sapete che non è vero, branco di canaglie. Diglielo anche tu, Sam, visto che sei stato tu a trovare la bottiglia con la mappa. Il capitano ora si fidava ciecamente di Sam. Erano ormai lontani i tempi dei pedinamenti e degli inganni. - Basta con questa mappa! - urlarono in molti. - Non una parola in più o per voi è la fine! - urlò il capitano afferrando due pistole già cariche. - Non una parola, vi dico. Tutto accadde in un attimo. Un gruppo si schierò col capitano, mentre gli altri erano per l’ammutinamento. Scoppiò l’inferno, a bordo. Le due fazioni si contrastarono aggredendosi con indicibile ferocia: ribelli e fedeli. I ribelli volevano mandare tutto a monte e sbarazzarsi di Strong; mentre i fedeli al capitano, che riponevano ogni fiducia in lui, combattevano nella

86


speranza di diventare ricchi. Alla fine sul ponte rimasero in pochi. Molti finirono in mare.

CAPITOLO XVII Il diario di Sam Questa nave sembra non volersi mai fermare. La bandiera col teschio sventola ricordandomi la nostra avventura. Qui siamo rimasti in pochi. Ogni tanto gettiamo l’àncora in una baia sicura, dove ripararci da gelidi e furiosi venti. Strong vive ormai con l’ossessione del suo tesoro, che forse non troverà mai. Non si regge nemmeno più in piedi: forse morirà. Allora sarò libero di ritornare a casa. E se qualcuno mi chiede perché non sono scappato prima, rispondo che in tutti questi anni avevo un dovere da compiere: portare il capitano fuori rotta, sempre più lontano dal luogo in cui è sepolto il tesoro del pirata Barbalunga. Sissignore! Ogni giorno deviavo di un grado dalla rotta assegnatami. Ogni giorno si andava, convinti di essere in buone mani, le mie; convinti di essere prossimi alla meta desiderata. Invece li tradivo, li tradivo tutti. Ma non sono pentito. Non potevo condurli da te, Samuele. Non potevo permettere che ti facessero del male.

87


I tuoi messaggi in bottiglia sono una ricchezza per tutti noi, e per quanti ci seguiranno nel tempo! La cura dell’ambiente sarà la nostra salvezza! Il rispetto per il mare potrà portarci lontano, noi e i nostri figli! Non potevo portarli da te, Samuele. Ti avrebbero ucciso. Si sarebbero vendicati per essere stati raggirati da un ragazzino, che si divertiva ad infilare messaggi in bottiglia, affidandoli al mare. Tu dovevi vivere. E anch’io dovevo vivere, per metterti in salvo. Ormai questa nave naviga da anni e anni, forse secoli. Ieri se ne sono andati altri marinai, morti di inedia e di vecchiaia. Un giorno, forse, resteremo solo io e lui, Strong, ossessionato e ormai folle nella sua avidità. Se mai troverai questo diario, Samuele, sappi che ti ho voluto bene. Un personaggio vuole sempre bene al suo lettore. E tu sei il mio lettore. Sei tu che mi hai scoperto alla locanda, tu che mi hai portato sulle tracce delle bottiglie, le tue. Sei tu che hai visto scorrere la mia vita. Sono cresciuto. Sono stato un uomo forte e coraggioso. Ora sono vecchio. Riguardati, ragazzo. Abbi cura di te. Soprattutto, custodisci il tuo libro, “Il veliero di Capitano Strong”. Non darlo mai a nessuno, tienilo sempre con te. E se mai un giorno il capitano verrà da te per sottrartelo, difenditi, difendi il tuo libro. E sappi che un

88


personaggio può solo vivere nel suo libro. Ricaccialo dentro, ficcalo da dove è venuto. È quello il suo posto. Riguardati. Sam

CAPITOLO XVIII Capitan Strong Una coltre di basse nubi leggere rendeva la costa meno nitida. La nave era ormai in vista della terraferma. Era giunta alla sua meta. Il viaggio del capitano era durato anni e anni, secoli. Strong aveva affrontato la calura martoriante e il gelo pungente, la bonaccia e i terribili venti che infuriavano indiavolati durante le tempeste, lacerando sovente le vele spiegate. La costa era lì ad attenderlo, immobile, a tratti verde e ricca di dirupi modellati dal vento e dalle acque; a tratti cosparsa di case e strade. Da quando Sam era morto, vecchio e ormai esausto per il tanto navigare, la nave aveva ripreso a dirigersi lentamente verso la meta. Ora la rotta era finalmente esatta: niente più deviazioni, niente più inganni.

89


Come avesse potuto una tale e immensa imbarcazione essere governata da un uomo solo, Dio solo lo sa! È certo che la nave aveva proseguito il suo viaggio interminabile. Tutti erano morti, tranne lui, Capitano Strong, che pur ridotto a pura ombra, senza più forza e vigore, non desisteva, schiavo della sua avidità e della sua follia di possesso. Finalmente Strong lasciò la sua nave e giunse a terra grazie ad una scialuppa. Era arrivato in vista del golfo dove avrebbe finalmente trovato il suo tesoro. Aveva superato il tempo, i secoli e ora si trovava lì, giunto al termine della sua vita. […] Strong incontrò Samuele per la prima volta in una cucina. Aveva scoperto l’indirizzo tramite il numero telefonico che compariva sul messaggio. Ferveva all’idea di mettere le mani sul tesoro. Tutto quel che rimaneva del capitano era un’ombra. L’uomo era ormai prossimo alla morte, ma per l’evento finale aveva recuperato tutte le energie, quasi sovrumane. Si ripropose di terrorizzare il ragazzo, pur di convincerlo a rivelare tutto quel che sapeva sulla mappa del tesoro.

90


Bel colpo! Immerso nella sommaria lettura dei capitoli, non

mi avvidi della presenza di qualcuno a bordo. Invano i miei amici avevano segnalato il pericolo con fischi e versi soffocati: ero come sordo, avvinto da ciò che andavo leggendo. Qualcosa di assurdo si nascondeva in quel libro. Si parlava di me: ormai era chiaro, non c’era più dubbio! Nel libro Sam mi nominava! Non avevo letto male. Io ero parte del libro. Mentre riflettevo incredulo, comparve lui, il Capitano Strong. Comparve nella sua imponente figura, tetro, opaco, ombra terrificante, sulla porta della cabina di comando. - Ti dovevo trovare e mi hai trovato tu! - urlò. - Ora sei morto! Abbandonai il libro e diedi un balzo in direzione della porta, per poter fuggire. II capitano mi sbarrò la strada e mi bloccò, stringendomi il collo con la sua manaccia. Anche se era ridotto a un’ombra, aveva forza da vendere.

91


Ormai sapevo tutto di lui. Sapevo che era vissuto un tempo smisurato. Sarebbe dovuto essere morto da almeno due secoli e mezzo. Eppure era lì, davanti a me, e ora mi toglieva il respiro. Soffocavo. Mi lasciò andare e mi scaraventò a terra. - Portami nel luogo dov’è nascosto il tesoro! - disse con forza. - Non esiste alcun tesoro - risposi, facendomi coraggio. - Lo vedremo, moccioso - rise. E nella bocca non vidi altro che ragnatele. Il suo alito sapeva di alcool. - Verrai con me a terra e mi porterai di filato al tesoro del pirata Barbalunga. Prese la sua spada con l’elsa lavorata e dalla possente impugnatura e me la puntò al petto. Sentivo il peso dell’arma sul maglione. Poi di colpo tutto divenne nero. La lanterna, flebile, che baluginava nell’angolo della cabina, si spense. Si udì un tonfo. Mi parve che l’ombra del capitano stramazzasse al suolo. Solo allora scorsi Giorgio, in un barlume di luna che si affacciava alla cabina. Il bagliore di una torcia, quella di Erminia, illuminò il remo che suo fratello impugnava ancora, dopo averlo sbattuto sulla testa del capitano.

92


Fuggimmo a perdifiato. Il gommone solcò le acque nere della notte, più veloce della nostra stessa paura. *** Il giorno seguente io ed Erminia ci ritrovammo per fare il punto della situazione. Ora conoscevo tutto del capitano e del suo veliero. Certo, nel libro erano molti i punti oscuri, a partire dall’assurda mia presenza nel racconto. Ma farsi troppe domande non è da buoni lettori. Il vero guaio era non essere riusciti a leggere il finale del libro. Sapevo che non c’era altra strada per liberarsi di Strong: bisognava sottrargli a tutti i costi il libro per sapere se quel personaggio avrebbe continuato a perseguitarmi, oppure sarebbe sparito per sempre, nel tempo da cui era giunto. - Io ho un altro piano - disse Erminia. - Chissà perché a me i piani non vengono mai in mente - mi lagnai. - Perché sei maschio. A noi femmine di idee ne vengono tante, solo che spesso non ci permettete di esprimerle. - Non ho voglia di parlare di questo, ora. - Va bene, va bene, ma dei diritti delle donne bisogna pur parlarne, prima o poi.

93


Tagliai corto: - Ti ho detto che non ho voglia di parlarne. Con tutto il rispetto per le donne... Ho capito che sei più intelligente di me. Lo si vede anche a scuola. - Quello non conta. Se tu t’impegnassi di più, potresti darmi parecchio filo da torcere, perlomeno in matematica... - Ho capito, ho capito: anche tu mi fai la predica come i miei genitori. - Ok. Basta. Parliamo del piano - disse Erminia, tornando all’argomento che più ci interessava in quel momento. - Faremo in modo che Strong trovi il suo benedetto tesoro. In cambio, però… - In cambio? - le feci eco. - In cambio gli chiederemo il tuo libro. O meglio il “suo” libro. Perché è pur sempre lui il protagonista del racconto. - Boh, io non ci capisco più niente! - dichiarai, aprendo le braccia e iniziando a parlare con voce concitata. - Il libro è mio, ma nel libro c’è lui, lui che vive ancora, che è un’ombra, mentre il veliero non è un’ombra... Io che lascio in mare le mie bottiglie e Sam che le trova centinaia di anni prima... Sam che nel libro scrive un diario in cui si parla di me... Io che compaio nel racconto, io che sono qui eppure sono un personaggio di quel libro...

94


- Basta! - disse Erminia tappandosi le orecchie con le mani. Basta! Non ne posso più. Chiudi quella bocca! Ero fuori di me. Ansimavo. Quasi farneticavo. Erminia proseguì: - In un libro un autore ci può mettere di tutto. Anche il lettore può essere un personaggio; e allora tanto meglio. È più interessante. - E invece no - dissi. - Prima che il capitano sopraggiungesse sulla nave cogliendomi in flagrante, ho letto di un’altra iniziativa che quel brutto ceffo intende mettere in atto: distruggere i modellini dei velieri costruiti da mio padre. Sarebbe un duro colpo per lui, si tratta di ore e ore di lavoro. - Questo è un buon motivo per affrettarsi a mettere in atto il mio piano, non credi? - aggiunse Erminia. Appena il tempo di dire così, che un boato ci scosse. Corremmo in salotto. Uno splendido modellino di goletta giaceva a terra, fracassato in più parti, con l’albero maestro rotto e il timone divelto. Sembrava fosse scampato a una terribile burrasca. - Portatemi subito il tesoro del pirata Barbalunga! ordinò una vociaccia. - Oppure questi bei velieri saranno solo un ricordo! Era lui, Strong. La sua ombra troneggiava presso la finestra.

95



Erminia tremava come una foglia, ma non si mosse di un solo passo. - Adesso ti sistemo io - dichiarai in un impeto di coraggio. Presi la prima cosa che mi trovai fra le mani, un posacenere, e glielo scagliai contro.

97


Il capitano si scansò e il posacenere rovinò paurosamente a terra, andando in mille frantumi. In casa non c’era nessuno e nessuno accorse al fracasso. Allora mi precipitai in camera mia, presi le mie freccette da tiro a segno e tornai dov’era il pirata, immobile, calmo, che mi scrutava con aria di sfida, ma anche interrogativa. - Guarda cosa ti faccio, stupido personaggio di un libro! - Lanciai con precisione una dopo l’altra le mie freccette. Ero un esperto. Lo centrai in pieno: due freccette alle maniche della giubba e due ai calzoni. Dovevate vederlo! Rimase così, inchiodato al muro del salotto, il mio capitano, inchiodato come un quadro da parete. Imprecava, adesso. Non sentiva dolore perché avevo trafitto solo i suoi abiti: era furibondo, semplicemente furibondo per il tiro mancino che gli avevo giocato. Ma per quanto tempo potevamo tenerlo così? Per poco. I miei sarebbero rientrati in serata. Erano le due del pomeriggio e bisognava fare in fretta. Erminia escogitò un piano, che riteneva perfetto. E io mi augurai tanto che lo fosse, altrimenti sarebbero stati guai, molto molto seri.

98


*** Più tardi io ed Erminia ci incontrammo all’ingresso del mercatino dell’usato. - Hai portato i soldi? - mi chiese lei appena mi vide. - Eccoli. Vedrai che ci bastano per comprare il forziere. - E se costa di più? - Ritorneremo - conclusi, sbuffando. Ormai ero stufo di tutta quella storia e non vedevo l’ora che finisse nel migliore dei modi. Il piano di Erminia era teoricamente un buon piano: scambio tra tesoro e libro, come tra prigioniero e ostaggio. Però i dubbi erano tanti. E se poi il capitano non se ne andava? Se avesse continuato ad importunarmi? Nel mezzo delle mie riflessioni, pensai ad alta voce: - Se poi il capitano non ci lascia ugualmente in pace? - Zitto, che ci sente la cassiera - sussurrò Erminia. - E con ciò!? Cosa vuoi che ne sappia lei di Strong. Questa è una faccenda che ossessiona me… e un po’ anche te. Indicai l’ingessatura di Erminia, ormai infiorata di firme, disegnetti e ghirigori, come un murales in miniatura.

99


- Come va con il braccio? - le chiesi. - Meglio... Ebbe un attimo di spaesamento, come se i suoi pensieri andassero a quel giorno, ai giardini, al terribile volo. Poi si riprese con un fremito deciso. - Basta pensare. Adesso muoviamoci. Nel mercatino dell’usato “Il tesoro del pirata Barbalunga” erano stipati oggetti d’ogni tipo: vecchi mobili d’epoca, monili in vetro, rame, argento, apparecchi elettrici ormai fuori produzione, quadri, lampadari fuori moda, merletti e bambole in ceramica, cassapanche, forzieri, bauli, e ciarpame d’ogni tipo. A noi interessava un vecchio e piccolo forziere del Settecento, un po’ malconcio. - Credi che Capitano Strong ci cascherà? - domandai ad Erminia. - Credo proprio di sì. Il forziere è perfetto per il nostro scopo. La commessa non voleva venderci il piccolo forziere, con le borchie in ferro arrugginito e una grossa serratura, bloccata da un lucchetto in ferro annerito. - Siete minorenni - disse - e non potrei vendervi nulla. Dove sono i vostri genitori? - Guardi, signorina, che non ha capito - disse Erminia dandosi un’aria compita. - Questo è proprio un regalo per i suoi genitori.

100


E indicò me, che in quel momento mi sentivo sprofondare per l’imbarazzo. - Beh - disse sorridendo la commessa, rasserenata, - se è così farò un’eccezione. Mi auguro che ai tuoi genitori piaccia questo forziere. Feci di sì con la testa, senza aggiungere altro. Pagammo ben 70 euro: in sostanza i miei risparmi di 6 mesi. D’altra parte ero io che avevo a che fare con il capitano. Ero io che con quella maledetta mania delle bottiglie mi ero cacciato nei guai. Per strada fu imbarazzante. Avevo caricato il forziere sulle spalle. Non era molto voluminoso, ma, di legno massiccio, sufficientemente pesante da mettermi in difficoltà. - Chissà che peso quando lo riempiremo di dobloni - grugnii per lo sforzo ad Erminia, che mi aiutava nel sostenere il forziere con la mano sana, quella senza gesso. - Già... - fu la sua risposta. - Poco loquace, eh? - replicai. - No, ho solo un po’ di paura. - Era ora! - dissi con una punta di malignità. - Sempre a fare la coraggiosa, tu. Un po’ di paura non ti guasterà di certo la vita. - Guarda che ti mollo qui. - No, no, ritiro tutto.

101


A casa tutto era andato per il meglio. La sera precedente i miei genitori erano rincasati stanchi della giornata ed erano andati a letto presto. Il salotto era rimasto deserto, al buio, col capitano che sbraitava e tentava di liberarsi, infilzato alla parete. Tutto era andato liscio. Per evitare rumori e complicazioni lo avevo anche imbavagliato, dicendogli che l’avrei liberato quanto prima e condotto nel luogo in cui era sepolto il tesoro. Doveva fidarsi di me. Il capitano non parve molto convinto, ma in quelle condizioni non poteva trattare. Si quietò. Raggiunsi Erminia in garage. - Hai portato i dobloni? - le chiesi. - Tutti quelli che avevo. - Quanti sono? - Penso un centinaio, di varie dimensioni. - Io ne ho centocinquanta. - Basteranno? - Non lo so. Vedremo che aspetto avrà il forziere, dopo averlo riempito. - I tuoi sono fondenti? - Un po’ sì, gli altri sono al latte. - Anche i miei. - E se si accorge che lo abbiamo raggirato? - Mi auguro sia abbastanza lontano, quando lo scoprirà.

102


Nutrivo seri dubbi su quello che stavamo facendo. - Cosa accadrà nel momento in cui si accorgerà che gli abbiamo rifilato tutti i nostri dobloni di cioccolato, ricevuti nelle ultime feste natalizie? Qualcuno è anche scaduto... - Non lo so. E adesso non lo voglio sapere - tagliò corto Erminia. Riversammo nel forziere i nostri dobloni doranti e luccicanti. Adesso aveva un aspetto decisamente realistico. Il “tesoro del pirata Barbalunga” era pronto! Attesi la sera per essere sicuro che nessuno mi vedesse. Presi la vanga che papà teneva in garage e mi diressi sul retro del nostro condominio, dove si estendeva un fazzoletto di terra incolto. Scavai una buca sufficientemente profonda da contenere il forziere e ve lo sotterrai. Come segnale conficcai un pezzo di un vecchio remo blu, recuperato fra le cianfrusaglie. Poi rincasai. A passo felpato mi diressi in salotto. Tutto taceva, era buio. Evidentemente Strong si era addormentato. Accesi la luce, e il cuore mi andò in gola per l’angoscia: il capitano era sparito. Di lui restavano solo alcuni minuscoli fori sulla parete, a riprova delle freccette con cui lo avevo infilzato.

103


Papà I miei nervi erano a fior di pelle. Non volli nem-

meno perlustrare la casa, nel tentativo di scovare quel malandrino. Corsi ad infilarmi sotto le lenzuola, la testa sotto il cuscino. Forse fino a quel momento non avevo preso sul serio la cosa. All’inizio sì, ma poi, col tempo, i timori si erano affievoliti, come i brutti sogni, grazie anche all’aiuto di Erminia. Ormai sapere che il capitano era un personaggio spuntato fuori chissà come da un libro che stavo leggendo, destava in me sentimenti opposti: sfida e paura. Mi rendeva coraggioso e con la voglia di sfidarlo; ma ne ero anche terrorizzato, per il male che poteva arrecarmi. Il capitano era ancora in grado di nuocere, anche se era ormai un’ombra. Mi avvolsi tra le lenzuola, restando in ascolto. Nulla, nulla che potesse indicare la presenza del capitano in camera mia. Eppure c’era qualcosa che mi inquietava. Chi aveva liberato il temibile Strong? Si era liberato da solo? Possibile. Ma se fosse stato un altro a liberarlo, chi mai lo aveva fatto?

104


Si sarebbe vendicato di me. E se fosse andato da Erminia? Respiravo a fatica. Mi parve di sentire un respiro vicino a me. Si avvicinava. Dovevo chiamare i miei genitori. Dovevo. La voce mi si strozzò in gola. Ero al buio, nel mio letto. Il capitano era lì? Lo sentivo, ne percepivo i passi. - Papà - chiamai, quando la voce mi uscì, insperata. - Mamma! - Calmati - rispose papà. Era accanto al mio letto. - Papà! Ho sentito dei passi. È lui, il capitano, è tornato… mi ucciderà. Non dovevo, non dovevo trafiggerlo con le freccette e inchiodarlo al muro. Singhiozzavo convulsamente. - Calma, Samuele, ho capito. - Fortunatamente mi hai sentito. La voce non mi usciva... - Io non ho sentito. Ero qui. - Come? - Ero qui, sapevo che mi avresti chiamato. Papà stringeva fra le mani le freccette, le mie freccette. - E quelle? - indicai, accennando ad esse col capo. - Non sopportavo l’idea che il capitano soffrisse senza ragione - disse candidamente papà. - Soffrisse?!

105


- L’ho liberato. - Tu? È il fantasma di un pirata sanguinario, un assassino. Tremavo. - E ora dov’è? - Presumo sia nei paraggi, in cerca del forziere. Gli ho detto di dare un’occhiata vicino alla nostra casa, perché è lì che tu lo avresti raggiunto... - Ma sei impazzito?! - No. Volevo solo che prendesse una boccata d’aria, mentre io e te potevamo organizzare con calma la consegna del tesoro. - Ma... non c’è alcun tesoro, e lo sai! E poi un uomo di quella specie non se ne sta nei dintorni a curiosare, senza aver scolato prima qualche bottiglia di rum. Chissà in questo momento dove si trova. Di certo è in qualche bar della zona, ubriaco fradicio. - È probabile... - Ma, papà, ti rendi conto della gravità? Può succedere di tutto! È un essere pericoloso... - Non credo farà male a nessuno. Piuttosto, è probabile che sia lui a cacciarsi nei guai perché non conosce il nostro mondo. Ricordati che viene dal passato. - Vedi? Problemi su problemi! Tu non dovevi… - Ascoltami, Samuele... - Io non ascolto! - urlavo. - Tu, proprio tu che non

106


hai creduto alla storia dell’ombra umana che mi aveva perseguitato nel bagno della scuola! - Io non credo alla storia dell’ombra - mi interruppe papà. - Sono certo si tratti di un vero pirata, giunto sino a te da molto lontano, lontano nel tempo. E la cosa è diversa. - Ma cosa dici? Un pirata vero? Strong è solo un’ombra, un’ombra. Un fantasma... - No, è un uomo. - Un uomo? Un personaggio, vorrai dire. Il protagonista di un libro in cui succede di tutto. Anche di vedere lettori, come me, che finiscono nella storia! Come fosse una cosa normale! - Calmati, figliolo. Un personaggio merita rispetto. È lui che fa la storia. - Ma è pericoloso. Vuole uccidermi. - Hai mai sentito di un personaggio che uccide il suo lettore? - No. - Dunque? - Papà, io ho paura lo stesso. Vuole il “tesoro del pirata Barbalunga”... - dissi tremando... - Ma quello è solo il nome del mercatino dell’usato, lo sai! - Questo non c’entra. Se gli hai promesso un tesoro devi darglielo… Le tue bottiglie ti hanno portato molto lontano.

107


- Ma il mio intento era solo quello di lanciare un’idea ecologica. Mi piacerebbe che il mare fosse rispettato da tutti. - Lo so, però una promessa va sempre mantenuta. - Ma Strong è un personaggio, solo un personaggio! Non esiste, non esiste! - Tu credi? E i danni che ti ha procurato? E il suo corpo bloccato, immobile sul muro come uno schiavo incatenato? - È un’ombra. - No! È un personaggio e merita rispetto. Senza di te lui non vive. - E cosa posso farci! Non voglio più leggerlo quel libro. Mi ha procurato un sacco di guai. - D’accordo. Deciderai tu se proseguirne o meno la lettura... Papà fece una pausa enigmatica. - ...Ma deciderai dopo aver ritrovato il capitano. Vedi, Samuele, lui si aspetta da te il tesoro. - Non ci penso affatto a ritrovare il capitano. Non vedo perché dovrei - replicai con stizza. - Invece devi. Perché nessun uomo può essere incatenato, anche se per giusta causa. Devi scusarti con lui ed esaudire la sua richiesta. La libertà è un diritto di tutti i viventi, uomini e animali. Lui vuole solo il suo tesoro. Poi ritornerà da dove è venuto.

108


- È un avido - dichiarai. - No, è un pirata. E un pirata vive nel suo ruolo. Tu leggi il suo racconto per questo. - Io non leggerò più storie di pirati. - Non mentire. So che continuerai, così come ho sempre fatto io per tutta la vita. - Tu? Ma se mi hai sempre vietato di leggere quel genere di libri. Ero stizzito. - E ultimamente me li hai anche sequestrati! - Sì, lo ammetto. Te li ho sequestrati tutti… tranne uno: il tuo libro. Fingevo di non sapere. Ma conoscevo il tuo segreto. Sapevo dove nascondevi il libro. Mio padre si schiarì la voce e concluse: - Volevo che tu leggessi quel libro. Ecco perché facevo di tutto per sottrarti alla lettura di altri libri di pirati. - Ma perché? Perché volevi che io leggessi proprio quello? Papà non rispose.

***

109


Mio padre sapeva del libro, sapeva che lo leggevo di nascosto e, addirittura, voleva che ne continuassi la lettura. Ma che cosa significava tutto questo? Mi sentivo preso in giro. Mio padre era d’accordo con il personaggio di un libro, per giunta sanguinario!? Proprio mio padre che non farebbe male a una mosca!? Forse erano solo allucinazioni, l’effetto di qualche sostanza inquinante che respiravamo nell’aria? Allora perché la mamma non ne era coinvolta? L’ipotesi cadeva. Nonostante questo tentativo di chiarezza, le mie idee continuarono ad essere confuse. Di certo le emozioni mi stavano travolgendo. Pensai che papà volesse nascondere qualche verità, una verità che non poteva svelarmi... - Andiamo - mi disse dopo un attimo. - Speriamo non gli sia accaduto nulla. - Ma fa paura! - Tu credi? Fa paura un uomo che puoi rinchiudere nel libro in un qualsiasi momento? - Forse hai ragione. Se io riavessi il libro, lo rimanderei diritto da dove è venuto. - Perfetto. Prima, però, dobbiamo trovare Strong e dargli il tesoro che hai preparato.

110


***

Cercammo Strong per qualche ora, poi lo trovammo seduto in una panchina, in riva al mare. Aveva una bottiglia di rum in mano, e un cane abbandonato gli dormiva in grembo. - Capitano, dobbiamo consegnarti il tesoro. Vieni con noi! Sembrava ubriaco, ma era tranquillo. - Era ora - disse pacatamente. - Non sei arrabbiato? - mi permisi di azzardare. - Perché dovrei? Sapevo che prima o poi avresti ceduto. Me l’ha detto tuo padre. Fissai papà sgranando gli occhi. Proprio non capivo. - Com’è andata in città? Che te ne pare? - gli domandò papà. - Siete tutti matti - sentenziò il capitano. - Meglio i cavalli e le candele: meno pericolosi delle auto e della corrente elettrica! Il capitano rideva a crepapelle, con la sua bocca vuota, mentre raccontava. - E questo cane? - domandai, facendo cenno al povero cagnolino che ora scodinzolava sulle sue ginocchia.

111



- Verrà con me a bordo... Dopo che avrò recuperato il tesoro, s’intende. Raggelai. - Non ho ancora deciso come chiamarlo - proseguì. Lo accarezzò con la sua mano grande e quasi trasparente. Il cane scodinzolò, gli leccò il volto secco e incartapecorito. Il capitano sorrise. Facevano tenerezza tutti e due e il capitano ora suscitava in me un senso di stima. Forse perché amava gli animali. Papà gli diede una pacca sulla spalla. Recuperò dal suo zainetto un guinzaglio e un collare di riserva, che usavamo per Luna. Assicurò il cane col moschettone e ci avviammo verso casa.

113


Il tesoro Papà consegnò una vanga al capitano. Poi si allon-

tanò lasciandomi in balia delle onde: non lo fermai. Fu come se qualcosa dentro mi dicesse che potevo stare tranquillo, anche senza il suo sostegno. Preferii non pensare al forziere ricolmo di monete di cioccolata. In quel momento era come se non mi importasse più nulla di quello che poteva accadermi. Era come se stessi partecipando a una rappresentazione teatrale, come se fosse tutto già scritto in quel libro, e io ne stessi solo recitando una parte. “Il veliero di Capitano Strong” custodiva il segreto di come sarebbe andato a finire il racconto. Quel finale che non avevo potuto leggere a bordo della nave e che ora mi attendeva, bello o brutto che fosse. Mancava poco all’alba e bisognava fare in fretta. - Salperò con la mia nave fra un’ora - disse il capitano. - Perché? - domandai. - Perché la mia storia è giunta al termine. Tieni, ecco il tuo libro. Me lo consegnò.

114


- Perché ora? - dissi titubante. - Ti fidi di me? E se tu non dovessi trovare il tesoro? - Mi fido, mi fido. È scritto tutto lì - disse indicando il libro. Accolsi con timore quel vecchio volume nelle mani. Dovevo leggerne la fine, dovevo sapere se finalmente Strong mi avrebbe lasciato in pace, se finalmente sarebbe ripartito per la sua terra lontana. - Come si conclude il racconto? - Leggilo! - ordinò. - L’ho letto. - Non l’hai terminato. - Lo farò. - Quando? - Quando tu sarai ripartito. Dove andrai? - Tornerò a casa. - Sono passati secoli. Non ci sarà più nessuno ad attenderti. - Non è detto. Nel racconto puoi anche fermare il tempo e ritornare indietro, dove la storia ha avuto inizio. Non volevo riflettere. Avanti e indietro nel tempo: mi sembrava di impazzire. Mi sentivo vivo e vero, ma nello stesso tempo mi sentivo anche come un personaggio che recita una parte nel racconto, perché anch’io facevo parte della storia. Ecco il segreto che custodivano

115


quelle pagine, ecco perché mi avevano inquietato e affascinato, con notti insonni. - Bando alle chiacchiere - dissi con uno scatto risoluto. - Il tesoro è qui. Scava! Il capitano affondò la vanga nel terreno, umido di pioggia. Vi appoggiò sopra il suo lungo stivale, per andare più in profondità. Ripeté questa operazione più volte, fino a quando non incontrò qualcosa di duro. In un angolo, tremavo come una foglia. Non volevo neanche immaginare quale terribile reazione avrebbe avuto il capitano, una volta scoperti i dobloni di cioccolato. Vicino a me, Tapioca (così il capitano aveva deciso di chiamare il cane appena incontrato) rosicchiava per i fatti suoi un bell’osso che avevo sottratto a Luna. Strong esultò. Si gettò con avidità sul forziere dissotterrato, raspando con le mani per liberarlo dal terreno che lo ricopriva ancora. Estrasse la cassa, tenendola per i manici. Rideva, rideva, con la sua bocca grigia e vuota. Il sogno della sua vita si era avverato. Aveva condotto i suoi uomini inesorabilmente verso la morte, aveva consumato le sue ossa sino a divenire soltanto un’ombra. Erano passati centinaia di anni. E ora tutto si era compiuto. Poteva ritornare nel suo libro e ridiventare un perfetto personaggio.

116


- Grazie, ragazzo. Ora posso dirmi un vero pirata, un classico della narrativa. Il mio tesoro l’ho trovato. Posso anche morire in pace. - Tu non devi morire! - lo scongiurai. - Devi vivere per sempre nel libro, per chi vorrà ancora leggerti. Per un breve, ma interminabile momento, nessuno di noi due parlò. Non sapevo proprio come liberarmi di ciò che sarebbe di lì a momento successo. I dobloni di cioccolato aspettavano nel forziere. Ad un certo momento, dissi: - Però devo chiederti un favore... Temevo il peggio. Avevo paura che si accorgesse subito del tranello teso. Dovevo rischiare e impedirgli che aprisse il forziere davanti a me. - ... Apri... il forziere… quando io sarò andato via. - Perché? - domandò perplesso il capitano. - Tu devi assolutamente essere presente, qui vicino a me. Devi gioire con me, ragazzo. Considera che è anche opera tua, se la storia finisce bene. Corpo di mille balene! Il respiro mi si fermò in gola. Avevo paura. Di papà nessuna traccia. Si era dileguato. Mi aveva abbandonato lì. Era impazzito? Ero suo figlio. Non poteva farmi questo. Non ne sarei uscito vivo! Volevo scappare a gambe levate, ma non ci riuscivo, perché qualcosa mi tratteneva lì, fiducioso. Proprio così: fiducioso che qualcosa di buono potesse ancora accadere.

117


Con un coltellaccio Strong fece saltare la serratura e affondò le mani in un mare di dobloni... tintinnanti. Erano veri! Dobloni assolutamente veri! Autentici dobloni risalenti a centinaia d’anni or sono. Strong esultava, in ginocchio davanti al suo tesoro. Io indietreggiai, esterrefatto come di fronte a un terribile sortilegio, sopraffatto dall’angoscia. Le monete di cioccolato erano scomparse e al loro posto ora il forziere conteneva autentici e pesanti dobloni d’oro. Il capitano non smetteva di ringraziarmi, al colmo dell’entusiasmo. - Grazie ragazzo. Diventerai un vero marinaio. Trasecolavo per lo stupore. - Bene, il libro te l’ho dato - proseguì Strong, riassestandosi il cappellaccio a tricorno. Sembrava avere fretta. Di certo voleva ritornare da dove era venuto. Ci fu un attimo di silenzio. - Ora devo proprio andare - riprese. - Dammi una mano, ragazzo, aiutami a portare il forziere. Pesa maledettamente, con queste monete. Accompagnami alla scialuppa. Non ci capivo più nulla. Chi aveva sostituito le monete? Papà? E quando? Era impossibile, perché non era in possesso di dobloni veri. Dove li avrebbe presi?

118


E così tanti! Non reggeva. La barca del capitano attendeva in disparte. Lontano, dal buio, il tetro veliero apparve lentamente con i primi bagliori dell’alba. Le vele erano già issate. Sembrava pronto a salpare. Il capitano mi strinse forte, percepivo il suo corpo fragile, era quasi possibile trapassarlo. - Amici? - mi sussurrò con una voce grave, ma rassicurante. - Amici - bisbigliai tremando come una foglia. Tapioca lo seguì, quasi avesse capito che doveva andare con lui. Ma Strong lo fermò con un gesto imperioso della mano. - Resta! - gli ordinò. Gli rivolsi uno sguardo enigmatico. Il capitano mi lesse nel pensiero e disse: - Sulla nave è troppo umido... Le intemperie... A volte il cibo scarseggia... e poi non avrei molto tempo da dedicargli se devo governare da solo quel grosso veliero. - Quindi? - domandai. - Farà compagnia al tuo cane. Si chiama Luna, vero? - Sì, le sono molto affezionato. L’idea non mi dispiaceva. Si sarebbero fatti compagnia. All’inizio forse avrebbero un po’ litigato, ma poi, col tempo...

119


Tapioca mi fissò, col musetto dolce. Capì e tornò indietro. Sembrava conoscere già la via di casa. Era piccolo e col pelo lungo e liscio, color champagne, le orecchie minute e basse, il musetto sottile. Rideva, il cane. Sì, perché i cani sorridono, proprio come noi. E chissà quanto aveva penato, per colpa di chi l’aveva abbandonato, senza pietà. Il capitano si allontanò, con lo sciabordio dell’acqua, ritmato ad ogni colpo di remi. Fu un attimo. Tapioca mi sfuggì. Lo vidi correre all’impazzata verso il mare. Vi si tuffò e nuotò, nuotò. Alla fine fu nei pressi della barca che già prendeva il largo. Il capitano era raggiante. Lo tirò a bordo e disse soltanto: - Se patiremo la fame saremo in due. Poi urlò verso la riva: - Dimenticavo, ragazzo! Cosa devo fare per evitare la maledizione del pirata Barbalunga? - Semplice: riutilizza più volte il sacchetto di plastica trovato nella bottiglia! - gridai. - E non gettarlo in mare. Ricorda, non gettarlo in mare. Perché il mare ti appartiene. È anche casa tua. Le mie parole scivolarono sull’acqua. Il capitano fece un cenno col capo: aveva capito. Disparve alla mia vista. Tornai a passo lento verso casa, il libro sotto il braccio.

120


Avrei atteso il primo sole, leggendo i pochi capitoli che mi mancavano per giungere alla fine. *** Fu una lettura veloce. Saltai alcune parti, preso dalla curiosità di conoscere il finale. In quel libro era successo di tutto e di sicuro qualche colpo di scena ancora si nascondeva nelle ultime pagine. Ma finalmente mi sentivo tranquillo. In fin dei conti la mia avventura si era conclusa per il meglio. - Vero Luna? - mi sfuggì dalla bocca, pensando ad alta voce. - Niente paura, è tutto finito! Luna mi fissò con gli occhi grandi e forse sapeva che non parlavo di lei, ma di me. Volle essere presa in braccio e si acciambellò sulle mie gambe. Ero pronto per leggere, disteso sul divano. Fu così che nel racconto ritrovai anche la narrazione delle ultime cose che mi erano successe. Avrei per sempre portato dentro di me la magia che nascondeva quel libro, senza chiedere più nulla. Tanto, era inutile cercare di capire. Giunsi all’ultimo capitolo. Solo allora mi sovvenne che dovevo ancora fare quello che, per strana sorte, non avevo fatto sin dall’inizio della mia avvincente lettura: cercare il nome dell’au-

121


tore. Mi era sfuggito, forse perché avvinto dal racconto. Poi ricordai che, in verità, nessun cenno sull’autore compariva in copertina e nemmeno all’interno. È vero che l’autore era l’ultima cosa che guardassi di un libro. Ma almeno per rispetto a chi aveva scritto quello splendido racconto, un’occhiata al nome avrei dovuto darla. I miei occhi si posarono sulle parole: “ULTIMO CAPITOLO”. E alle “Note conclusive” lo stupore mi lasciò di sasso, felicemente di sasso.

122


Il veliero di Capitano Strong ULTIMO CAPITOLO Note conclusive dell’autore

Samuele, figliolo,

se avrai letto il libro sin qui vuol dire che la vicenda ti ha coinvolto. Se invece ne hai sfogliato velocemente gli ultimi capitoli, preso dalla voglia di sapere come il racconto sarebbe finito, vuol dire che hai voluto bruciare le tappe, voglioso di giungere al finale: è un bene anche questo. Quando scrissi questo libro ero molto giovane. Tu eri appena nato. Pensavo di diventare uno scrittore, invece oggi sono un insegnante, e non mi dispiace. Il mio intento era solo quello di lasciarti in eredità qualcosa di speciale: il mio amore per il mare. Sapevo che saresti cresciuto con la mia stessa sensibilità per la natura e con lo spirito di avventura, che solo i racconti di pirati sanno offrire. Spesso ho impedito che tu praticassi questa passione, solo per timore che ti lasciassi troppo coinvolgere, dimenticando di studiare. Hai imparato a ragionare con personaggi che sentivi vicini o lontani, autentici oppure ombre, buoni o cat-

123


tivi. Hai vissuto nella storia, trascinando con te anche la tua amica, Erminia. Hai vissuto momenti di panico, ma anche di orgoglio. Sei certamente cresciuto. Tu mi chiederai come facevo a sapere di te e di come saresti stato a dieci anni. Lo sapevo. Immaginavo come saresti diventato, le passioni che avresti avuto, gli amici che avresti frequentato, i loro nomi. Perché anche i nomi sono un progetto. Immaginavo tutto di te, sin da quando sei nato, perché sei mio figlio. Fui io, quella mattina, a lasciare il libro sulla panchina ai giardini. Volevo che lo trovassi, come si trova un amico, per caso: il migliore amico. Questo libro è il mio regalo per te. Ora, se vuoi, puoi lasciarlo sulla stessa panchina, proprio dove l’avevi trovato tempo fa. Abbandonalo. Non andrà perso. Qualcuno lo troverà, lo porterà gelosamente con sé, ritroverà da capo la locanda “Al vecchio gufo”, conoscerà Sam e Capitano Strong, leggerà i messaggi in bottiglia, si immaginerà il veliero. Troverà anche te, Erminia e suo fratello. Infine troverà anche me e la mamma, ormai finiti nel racconto. Sarà un nuovo libro, diventerà un altro libro: dipende da chi lo leggerà. Papà

124


Ai giardini Mi guardai intorno: non c’era nessuno. Lasciai il

libro su una panchina, dopo averlo sfiorato come si sfiora un petalo di rosa. Mi nascosi e attesi. Giunse una ragazzina, si guardò intorno, non vide nessuno, riguardò, infine lo prese. Cos’era quel libro per la ragazzina? Era un vecchio libro con la copertina in cuoio, abbandonato su una panchina ai giardini. Era un vecchio libro trovato per caso. Non l’aveva rubato, no! Era lì, solo, senza padrone. Chi l’aveva dimenticato ormai era certamente lontano. Nessuno lo reclamò quando se lo infilò sotto il braccio. In quel momento le sembrò che qualcosa, o qualcuno, si muovesse fra i cespugli, mentre si allontanava. C’ero io, nascosto fra i cespugli! Ero curioso di sapere in quali mani sarebbe finito il mio libro. Proprio come papà, quel giorno già lontano, nascosto tra i cespugli, in attesa che fossi proprio io a trovare il libro. La ragazzina si girò. Non vide nessuno, ma sono certo che si sentisse osservata, così come era successo a me. Forse il suo legittimo proprietario stava tornando per riprenderlo? L’avrebbe subito restituito, il libro, se

125


qualcuno si fosse fatto avanti. Non voleva di certo passare per una ladra. Ma nessuno si fermò. La ragazzina affrettò il passo verso casa. Quel libro sarebbe stato il suo segreto, la sua porta per la fantasia. Si narrava di pirati, velieri, galeoni, ciurme e marinai votati ad ogni tipo di scorribanda; bucanieri e arrembaggi fortunosi, spettri e puzza stomachevole di aringhe. In quei pomeriggi ciondolava per casa, mentre i compiti attendevano sul tavolo. A scuola non combinava granché e si era meritata tre insufficienze, in italiano, matematica e scienze. Ma a questo ci avrebbe pensato più tardi. Lesse il titolo un’altra volta: “Il veliero di Capitano Strong”. Si rintanò in camera e si immerse nella lettura.

126


PER COMPRENDERE MEGLIO Schede didattiche a cura di Domenico Romano Mantovani


ioca g r Pe

re

I VELIERI

Nella bottiglia si nascondono i nomi di tre velieri citati nel testo. Svuota la bottiglia e scrivi i nomi accanto alla foto giusta, dopo averne letto la descrizione.

sc a G a llo t le e G o l e e va t n o

È un poderoso veliero da guerra progettato per affrontare la navigazione oceanica, molto diffuso nel XVI e XVII secolo:

È un’imbarcazione a vela, ovvero un bastimento, fornita di due alberi leggermente inclinati verso poppa:

È un tipo di nave da guerra a vela sviluppato a partire dal XVII secolo e che divenne la principale nave da battaglia delle marine militari:

RISPOSTA: Galeone - Goletta - Vascello.

128


DOVE VIVE SAMUELE?

Per gio c

are

Governa la nave di Capitano Strong fino alla costa dove vive Samuele. Per sapere se ti trovi sulla rotta giusta, devi tracciare con la matita un percorso seguendo le lettere che compongono un verbo importante per l’ecologia.

re ri

ti an

ri

co

ra cla to

ci

gia na

Il verbo è

129


parare m i r Pe ORIENTARSI CON LE COORDINATE Ecco un’altra cartina dell’Italia, questa volta fisica. Osservala attentamente e completa a lato.

130


- Inserisci i punti cardinali. - Dove si trovano i monti piĂš alti?

Per imp ara

re

- Scrivi il nome di alcune cime.

- Scrivi il nome delle isole maggiori.

- Dove si trovano le colline? Sono ben distribuite nel territorio?

- Localizza la principale pianura d’Italia. Qual è il suo nome?

- Segui il percorso di alcuni fiumi e registra in una tabella il mare in cui sfociano.

131


lettere f i r r Pe GLI ESEMPI NEGATIVI Il papà di Samuele teme che il figlio diventi violento, leggendo libri dove si parla di pirati, di combattimenti e di sangue. Ma è proprio cosÏ? Basta leggere dei libri per diventare cattivi o bulli? Oppure vi sono altri esempi negativi, come alcuni programmi televisivi, il frequentare cattive compagnie...? Prova a scrivere cosa ne pensi.

Parlane con insegnanti e genitori. Con il loro aiuto, cerca articoli di cronaca sul problema della violenza da parte di bambini e ragazzi.

132


Per rifle tter e IL RAPPORTO CON LA FAMIGLIA Nella storia si racconta anche del rapporto tra Samuele e la sua famiglia. Il ragazzo è rimproverato e punito dai suoi genitori perché studia poco. Il padre e la madre non lo capiscono fino in fondo e lui non riesce sempre a confidarsi con loro. Capita anche a te di non riuscire a parlare con i “grandi”? Secondo te quanto è importante rivolgersi agli adulti per cercare di risolvere un problema? Riesci a confidarti con qualcuno in particolare? Prova a fare un elenco di persone di cui ti fidi e sulle quali puoi contare. Poi scrivi il perché, vicino ad ognuno.

MI FIDO DI:

PERCHÉ:

133


lettere f i r , r e P LA PERICOLOSITA DELL’INQUINAMENTO Il libro sottolinea l’importanza della salvaguardia dell’ambiente, in particolare di quello marino. Prova a dare una definizione alle seguenti parole che riguardano il problema. Se non ci riesci, aiutati con il dizionario. -

estinzione: crostacei: molluschi: pesca regolamentata:

Sai cos’è la raccolta differenziata? Suddividi anche tu la spazzatura a seconda del tipo? Racconta.

Samuele afferma che alcuni tipi di pesci potrebbero estinguersi. Tu conosci altri animali a cui è successo nel passato? Ad esempio, hai mai sentito parlare del Dodo? Fai una ricerca.

134


O

Per rifle tter e LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE Lo slogan inventato da Samuele “Per ogni aragosta che mangi un po’ di mare muore” vuol dire che il consumo smodato di alcune specie di esseri viventi porterà a squilibri nella catena alimentare degli ecosistemi. È come se, piano piano, morisse non solo l’animale, ma anche l’ambiente che lo ospita. Inventa anche tu degli slogan contro l’inquinamento e lo sfruttamento selvaggio della natura. Potresti metterli in rima o creare un divertente rap, da musicare con vari strumenti a percussione (bonghi, tamburelli...). Ecco un’idea:

“Differenziare non ti costa nulla per il pianeta è una nuova culla. Non esser tonto pensa al tuo futuro, per camminare in un mondo puro.”

135


escere r c r Pe QUANTO SOMIGLI A SAMUELE? Rispondi alle domande segnando la tua risposta:

1) Se nella cantina trovi una vecchia edizione di un libro, cosa pensi? a) Puah, che porcheria! È pieno di polvere e puzza di muffa! b) Potrei portarlo a casa mia, spolverarlo, metterlo all’aria, poi sfogliarlo. c) Sono proprio curioso! Non vedo l’ora di leggerlo!

2) Un tuo amico ti chiede un consiglio su un libro da leggere. a) Gli dici che ormai siamo nell’era dei computer e che ogni cosa scritta è fuori moda. b) Gli consigli di leggere i fumetti. c) Gli parli dell’ultimo libro che hai letto.

3) La maestra ti ha invitato nella biblioteca scolastica per scegliere un libro da leggere: a) Pensi: “Che noia! Sarà tempo perso”. b) Salti i libri più vecchi e scegli quelli più nuovi e colorati. c) Guardi attentamente per scegliere il libro che ti interessa di più.

4) Devi mettere in ordine la tua camera e fare un po’ di spazio. Cosa elimini? a) I libri vecchi. b) Fumetti e giornali. c) Tutto tranne i libri e i fumetti.

136


5) Qual è il regalo che gradisci di più? a) Un gioco elettronico. b) Una bicicletta. c) Un fumetto.

Per cre sce re

ORA CONTA I PUNTI E LEGGI IL TUO PROFILO. 1 punto per ogni risposta a) 2 punti per ogni risposta b) 3 punti per ogni risposta c)

profili Da 5 a 7 punti Il libro per te è quasi un optional, visto che dai importanza ad altre cose. Inizia a leggere, magari sforzandoti, e vedrai che a poco a poco la lettura ti piacerà.

Da 8 a 12 punti Qualche volta ti piace leggere ma sei poco costante e un po’ svogliato. Cerca di migliorare!

Da 12 a 15 punti Sei un bravissimo lettore, un tipo molto simile a Samuele! Continua così perché leggendo imparerai sempre più cose e sarai sempre informato.

137


FILO DIRETTO CON L’AUTORE L’avventura narrata in questo libro potrebbe continuare. Cosa succederà alla ragazzina che, alla fine, trova il libro abbandonato ai giardini? - Lo legge tutto, poi accade qualcosa... - Ne legge solo una parte, poi... - Succede dell’altro, durante la lettura... Oppure... Le tue idee potrebbero diventare la trama per un nuovo libro. Prova a raccontare. Se credi, puoi farlo con i tuoi compagni di classe e con l’aiuto degli insegnanti. Non serve scrivere tanto. Basta solo una sintesi, una sequenza di idee! Se poi mandi una e-mail alla casa editrice (anche tramite i tuoi insegnanti, all’indirizzo info@ilmulinoavento.it), potrebbe essere l’occasione per incontrarci a scuola e per parlarne insieme. Potremmo anche costruire un’animazione su questo libro che hai tra le mani. Che ne dici? Il veliero di Capitano Strong (seguito)

138


Indice Aria di bufera

Il veliero di Capitano Strong Cap. XI Torna il sereno

5

9 14

Il veliero di Capitano Strong Cap. XII

18

Povero mare

23

Il veliero di Capitano Strong Cap. XIII

35

Mistero Burrasca in vista Ventiquattro ore da dimenticare La nave pirata

46 51 66 74

Il veliero di Capitano Strong Cap. XIV - XV - XVI - XVII - XVIII Bel colpo! Papà Il tesoro

81

91 104 114

Il veliero di Capitano Strong “Ultimo capitolo”

123

Ai giardini

125

Schede didattiche

127


Serie Gialla (prime letture) 1 – Ivonne Mesturini – Nicolò e Brilli 2 – Ivan Sciapeconi – Zezè e Cocoricò 3 – Mara Porta – Croac e la strana malattia 4 – Loredana Frescura – Il fantasma dispettoso 5 – Giovanna Marchegiani – Gedeone, il pagliaccio mattacchione 6 – Giovanna Marchegiani – Le scorpacciate di Gelsomina 7 – Luigino Quaresima – Ed ora... a scuola! 8 – Luigino Quaresima – Avventure... a scuola 9 – Luigino Quaresima – Vacanze pazze 10 – Luigino Quaresima – L’eroico Ot 11 – Giovanna Marchegiani – Rampichina e la voglia di volare 12 – Giovanna Marchegiani – Giulietta, streghetta perfetta 13 – Luigino Quaresima – Il Pianeta della Felicità 14 – Luigino Quaresima – Bob, cagnolino curioso 15 – Ivonne Mesturini – Ludovica e Taro 16 – Alessandra Rimei – Nel Mondo Rotondo 17 – Marina Rossi – La Fattoria di Prato Fiorito 18 – Patrizia Ceccarelli – Che animali strampalati! 19 – Marco Moschini – L’alfabeto incantato 20 – Quaresima, Mesturini – Guerra ai rifiuti 21 – Michela Albertini – È gelosia, piccolo Tobia! 22 – Roberto Morgese – Supermami

Serie Rossa (a partire dai 7 anni) 1 – Esopo – Le più belle favole 2 – Antonella Ossorio – Tante fiabe in rima 3 – Carlo Collodi – Pinocchio 4 – Luigino Quaresima – L’astrobolla 5 – Gabriella Pirola – Nata sotto un cavolo 6 – Luigi Capuana – Trottolina e altre fiabe 7 – Paola Valente – La Maestra Tiramisù 8 – Fatima Mariucci – Il formicuzzo Gennaro


9 – Giovanna Marchegiani – Leo e... Poldo 10 – Antonella Ossorio – Tante favole in rima 11 – Domenico Romano Mantovani – L’omino nella tromba 12 – Marco Moschini – I rapatori di teste 13 – Nicola Cinquetti – Un pirata in soffitta 14 – Valente, Mantovani, Moschini, Cinquetti – Fra streghe e... risate 15 – Annalisa Molaschi – Un safari emozionante 16 – Rosalia Mariani – Guerra agli spauracchi 17 – Maria Strianese – Il ragno volante 18 – Annamaria Piccione – Hanno rapito mio fratello! 19 – Paola Segantin – Non arrenderti, Fortuna! 20 – Gabriella Pirola – Domitilla 21 – Quaresima, Pirola – Una stella e... un mostro! 22 – Nadia Bellini – Le ortiche della saggezza 23 – Eleonora Laffranchini – Maurizio, gatto egizio 24 – Ivonne Mesturini – Girogirotondo 25 – Annamaria Piccione – Il gallo che amava la luna 26 – Ottino, Conte – Il paese del pesce felice 27 – Nazzarena Stival – Il fantasma dell’Osservatorio 28 – Marina Rossi – Tonto e Bla Bla 29 – Angela Riva – L’orripilante Mostro Trinciasucchiapelo 30 – Locatello, Vitillo – La botticella perduta 31 – Sergio Luigi Bortot – Il Natale degli Gnomi 32 – Roberto Albanese – Sette note per un mistero 33 – Maria Strianese – Alla ricerca dei colori perduti 34 – Sofia Gallo – Giò Duepiedi 35 – Fornara, Gamba – Telefonino, non friggermi la zucca! 36 – Sabrina Rondinelli – Caterina e i folletti scolastici

Serie Blu (a partire dai 9 anni) 1 – Rudolf Erich Raspe – Il Barone di Münchhausen 2 – Cinzia Marotta – Koll, la città sulle isole 3 – Lyman Frank Baum – Il Mago di Oz 4 – Luigino Quaresima – Il ritorno della mummia


5 – Nadia Bellini – Il mondo di Federico 6 – Oscar Wilde – Il Principe Felice e altri racconti 7 – Olga Sesso – Janurè e le favole del mondo 8 – Ruben Marini – Alto, forte, con i capelli un po’ lunghi 9 – Luigino Quaresima – Prigionieri della strega 10 – Loredana Frescura – Protov non dimentica 11 – Rosa Dattolico – Accidenti, che estate! 12 – Paola Valente – La classe terribile 13 – Eleonora Laffranchini – Caccia al virus 14 – Marco Tomatis – Il mistero della pietra nera 15 – Frescura, Laffranchini, Tomatis – Gatti, attori e battaglie 16 – Gualtiero Bordiglioni – Il professore non è matto 17 – Daniela Donati – L’alzabambini 18 – Luigi Ferraresso – Ciao maestro 19 – Rossana Guarnieri – Il mistero del drago 20 – Annamaria Pozzi – Prigionieri in alto mare 21 – Fiorella Herber Fattorini – Barra–Cuda 22 – Bordiglioni, Herber Fattorini, Molaschi – Misteri per tutti i gusti! 23 – Fatima Mariucci – La gattina e le scarpe da tennis 24 – Sperone, Tosco – L’amico nel taschino 25 – Nandina Muzzi – L’urlo 26 – Fiorella Herber Fattorini – La stanza dell’equinozio 27 – Cinzia Medaglia – Pepi il vagabondo 28 – Rita Stecconi – Il mistero dei Roccamanero 29 – Elena Spelta – SOS mare 30 – Paola Ferrarini Montanari – La Banda dei Bix 31 – Ivonne Mesturini – Un amico venuto dal mare 32 – Cinzia Milite – Sotto lo stesso sole 33 – Michela Albertini – Nina e la capanna del cuore 34 – Paola Valente – La Casa di Nonna Italia 35 – Paola Valente – Il tesoro dell’Unità 36 – Domenico Romano Mantovani – Il veliero di Capitano Strong 37 – Patrizia Ceccarelli – Il filo che ci unisce 38 – Paola Valente – È stato il silenzio


Serie Un tuffo nella storia – Nadia Vittori – Testa dura ma... geniale – Nadia Vittori – In marcia tra i ghiacci – Nadia Vittori– Alla ricerca del pugnale sacro – Nadia Vittori – Il profumo della porpora – Nadia Vittori – Gli scribi reali – Nadia Vittori – L’alloro e la spada – Nadia Vittori – La Guerra di Troia – Nadia Vittori – L’Odissea – Claudio Elliott – L’Eneide – Nadia Vittori – Il segreto dei vasi neri – Nadia Vittori – La lupa e l’aquila – Nadia Vittori – Le ali della fortuna – Nadia Vittori – Tre cuccioli imperiali – Nadia Vittori – La spada delle steppe – Nadia Vittori – La Preistoria: Miti–Scoperte–Invenzioni – Nadia Vittori – Le civiltà dei fiumi e dei mari: Miti e leggende – Nadia Vittori – L’antica Roma: Le più belle leggende

Serie I Classici – Esopo – Le più belle favole – Lyman Frank Baum – Il Mago di Oz – Lewis Carroll – Alice nel Paese delle Meraviglie – Carlo Collodi – Pinocchio – Edmondo De Amicis – Cuore – Louise May Alcott – Piccole Donne

Serie A spasso con la geografia – Isabella Paglia – La famiglia Millemiglia tra i monumenti d’Italia – Isabella Paglia – La famiglia Millemiglia tra le bellezze naturali – Isabella Paglia – La famiglia Millemiglia tra i fiumi e i laghi – Isabella Paglia – La famiglia Millemiglia tra i monti e le colline


GLI AUTORI DEI TESTI DELLA COLLANA “IL MULINO A VENTO“ SONO DISPONIBILI AD EFFETTUARE INCONTRI CON LE CLASSI INTERESSATE AL PROGETTO LETTURA, ORGANIZZATI DA SCUOLE, LIBRERIE O ALTRE ISTITUZIONI. PER OGNI INFORMAZIONE: www.ilmulinoavento.it/incontri/home.htm info@ilmulinoavento.it Puoi visionare i testi di narrativa on-line. Collegati al sito: www.ilmulinoavento.it

Per far sì che la lettura dei nostri testi risulti ancora più accattivante e al passo con i tempi, hai a disposizione apposite schede multimediali sul sito www.raffaellodigitale.it

Il v

eli er o

di

Ca pit an o

St ro ng


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.