Il giardino del piccolo drago - Estratto

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Il giardino del piccolo drago

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: esperimenti scientifici

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avventurose Una collana composta da storie collocate nell’ambito di uno dei quattro elementi.

Terra Vegetazione, ecologia e ambiente, animali terrestri, entomologia, geologia.

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• pagine di approfondimenti tematici

Roberto Morgese

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Il racconto è arricchito da:

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Aria Composizione e natura dell’atmosfera, aria e vita, animali dell’aria, inquinamento e protezione dell’atmosfera.

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Un giallo avventuroso e intrigante per conoscere gli aspetti scientifici e le curiosità uniche del mondo vegetale.

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Il giardino del piccolo drago

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Il giardino del piccolo drago

Loris e i suoi amici sono incuriositi dal terribile odore che fuoriesce da un antico cancello. Quale tremendo segreto si nasconde in quel luogo? Vi sarà rinchiuso qualche animale misterioso? I ragazzi s’inventano “detective” e, armati di coraggio, decidono di avventurarsi da soli oltre il muro di recinzione. Tra peripezie, colpi di scena, intrighi e fughe rocambolesche, i giovani protagonisti scopriranno un mondo meraviglioso, vario ed entusiasmante, sempre troppo poco conosciuto e protetto.

Le meraviglie della scienza: le piante avventurose

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Sei curioso? Ti piacerebbe conoscere tutti gli aspetti della natura? Allora non ti resta che leggere, approfondire e sperimentare.

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avventuroseRoberto Morgese

Roberto Morgese vive a Milano. È insegnante e scrittore, conduce laboratori didattici di matematica e di altre discipline. Cerca di comunicare la propria passione ai bambini attraverso i suoi libri e guidandoli in lunghe passeggiate in mezzo alla natura. È anche supervisore di tirocinio presso il corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Universita di Milano-Bicocca.

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Fuoco Nucleo terreste, vulcani e terremoti, stelle e pianeti, calore come fonte di vita.

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I S B N 978-88-472-2423-0

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

Età consigliata: dagli 8 anni

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Ciclo dell’acqua, piante e animali acquatici, approvvigionamento, inquinamento e protezione delle acque.

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Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Consulenza scientifica: Giovanna Marchegiani Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Mauro Aquilanti, AtosCrea Copertina: Mauro Aquilanti 1a Edizione 2015 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0

2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015

Tutti i diritti sono riservati © 2015 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it info@ilmulinoavento.it www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

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Roberto Morgese

il giardino del piccolo drago Illustrazioni di Marga Biazzi



un allarme odoroso

Non c’era alcuna ragione di accelerare il passo ogni

volta che passava vicino alla lunga parete di mattoni, eppure Loris lo faceva ormai quasi automaticamente. Che cosa c’era dietro quella barriera invalicabile? Il ragazzo se lo chiedeva provando un brivido di timore lungo la schiena. Aveva visto più volte un signore con i capelli bianchi entrare nel cancello. L’uomo scendeva dall’auto, apriva i battenti di ferro, varcava la soglia della proprietà e richiudeva velocemente. Sempre le stesse operazioni, sempre in silenzio e sempre con aria guardinga. 5


Mentre il cancello era spalancato, Loris una volta aveva sbirciato all’interno: non aveva visto una bella villa signorile, come si era immaginato, ma una costruzione bassa e larga, immersa in un ampio spazio verde, ricco e curato. Quella sensazione di mistero non era però l’unico motivo che spingeva il ragazzo ad aumentare l’andatura quando passava di fianco al muro. Il suo istinto di fuga era dovuto anche all’odore. Proprio così! Ogni volta che percorreva il vicolo, sentiva una puzza orribile, acuta e disgustosa. All’inizio aveva guardato sotto le suole delle scarpe, temendo di aver calpestato il “ricordino” lasciato da un cane, poi aveva capito che il fetore proveniva proprio dal giardino oltre il muro. E si trattava di un odore davvero raccapricciante. Loris non sapeva neanche come definirlo, non aveva mai sentito niente di simile in vita sua, per questo lo associava a qualcosa di terribile: una carcassa in putrefazione, una discarica di rifiuti tossici? Anche quel giorno, arrivato davanti al muro, Loris aumentò l’andatura spingendo forte sullo skateboard e si allontanò il più presto possibile. Bastava infatti spostarsi di poche decine di metri perché l’aria tornasse respirabile. Quella faccenda, oltre a intimorirlo, lo incuriosiva, per cui decise che era il caso di parlarne con i suoi amici che lo stavano aspettando alla pista. 6


La pista era per i ragazzi il posto più bello del mondo. I ragazzi la chiamavano in quel modo perché era l’unica struttura per lo skate in città: non c’erano solo curve, scalini, parabole e ringhiere su cui scivolare e compiere acrobazie con la tavoletta a quattro ruote, c’erano anche un circuito per gli amanti dei pattini, un campetto da basket, uno da pallavolo e un grande prato sul quale giocare a pallone. Per Loris la pista era un luogo stupendo, dove incontrare Vale, Beppe, Marco, Omar, Lia e Kata. Li conosceva da anni, erano praticamente cresciuti insieme; avevano frequentato la stessa scuola fin da piccoli ed erano ancora nella stessa classe. Anche i genitori si fidavano a lasciarli soli dopo la scuola perché sapevano che sarebbero rimasti sempre in gruppo. Quella volta ci sarebbero stati tutti di sicuro: un sabato pomeriggio di primavera col bel tempo non lo si può sprecare in casa! Infatti, quando Loris arrivò, gli altri erano tutti là. – Ciao ragazzi – li salutò precipitandosi nel cerchio dove gli amici cercavano di migliorare per l’ennesima volta il record di passaggi consecutivi a pallavolo. 7


– ... 107... 108… – fu l’unica risposta che ottenne da Lia. Stava tenendo il conto e alzò apposta la voce mentre numerava per far capire al nuovo arrivato che erano troppo concentrati per dargli retta. Si stavano infatti avvicinando alla soglia dei 127 palleggi, dopo la quale, l’ultima volta, la palla era caduta a terra per un tiro troppo lungo proprio di Loris. – Ehi, ma non si usa più salutare? – li stuzzicò lui, piantandosi proprio di fronte a Lia e impedendole di vedere il pallone che Beppe le aveva lanciato. La sfera andò a finire sull’erba e Lia fissò l’amico con occhio torvo. – Loris... ancora colpa tua! Sei sempre il solito! – Oh... mi dispiace ragazzi – ridacchiò lui ironico, – ma sapete benissimo che il record non ha valore se non partecipiamo tutti. – Già, ma ammetterai che senza di te diventa molto più facile raggiungerlo! – lo prese in giro Kata. Gli altri quattro maschi del gruppo, invece, non se la presero più di tanto e scoppiarono a ridere. Poi si sedettero tutti insieme sul prato a chiacchierare. – Allora, che si fa oggi? – chiese Valentino che faceva fatica a stare fermo per più di un minuto. – Basket? – proposero in coro Beppe e Marco. Nel loro zaino gonfio e tondo si poteva indovinare la presenza del pallone arancione. – Se vi dividete in due squadre, ci sto – precisò Lia. – Insieme siete troppo forti. 8


I due ragazzi si guardarono con un sorrisetto di soddisfazione per il complimento. – Vabbè, siamo dispari... io sto fuori – concluse Omar. Gli piaceva giocare, ma era sicuramente il meno sportivo del gruppo. Era scoordinato e coltivava altre passioni: la lettura e lo studio prima di tutto. – No, ragazzi, non voglio che Omar resti fuori – commentò Loris. – Facciamo qualcosa di diverso dal solito. – E cioè? – fecero in coro gli altri. – Non lontano da qui c’è un giardino misterioso che non mi convince affatto... Mi piacerebbe vederci chiaro. Vi va di darmi una mano a investigare? Nel dirlo, Loris aveva abbassato la voce.

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Il sopralluogo

L’idea di Loris piacque a tutti. I ragazzi raccolsero zaini

e felpe e lo seguirono, Marco e Beppe in bici, gli altri a piedi. Arrivati nel vicolo, Loris si fermò di colpo. – Eccoci qui. – Qui dove? Che cosa dovremmo vedere? – domandò Vale. – Non si tratta di vedere, ma di... – iniziò Loris, ma fu subito interrotto dal commento di Kata. – Ehi, ma che puzza, ragazzi! Anche gli altri arricciarono il naso con disgusto, avvertendo improvvisamente l’odore nauseabondo. – Stai scherzando? Ci hai portati fin qui per farci sentire questo odoraccio? – lo guardò storto Lia. – È davvero insopportabile – si lamentarono Beppe e Marco tappandosi il naso. – Arriva a tratti, ma… non è un odore normale, è abominevole… – Già – confermò Loris, – sembra la puzza di un animale in decomposizione. 10


– Un animale morto? – domandò stupito Omar. – Sì... cioè non posso dirlo con certezza, ma ho pensato che ci sia una bestia morta oltre il muro. – A giudicare dal fetore dovrebbe anche essere bella grossa – proseguì Omar. – E se poi scopriamo che non è un animale ma... – esitò Kata visibilmente spaventata e raggelando il gruppo – … ma un essere umano? I ragazzi si fissarono silenziosi e sbalorditi. Fu Lia a riportare tutti alla realtà. – Calma gente, non corriamo alle conclusioni. Quella di Loris è solo un’ipotesi. Non crederete sul serio che là dentro sia stato commesso un assassinio? La ragazza si accorse troppo tardi che le sue parole, anziché tranquillizzare gli amici, avevano creato ancora più nervosismo. Kata infatti era sbiancata in volto e si affrettò a concludere: – A questo punto mi sembra che la cosa migliore da fare sia andarcene! – Ma no, è ovvio – intervenne Marco. – Dobbiamo scoprire che cosa c’è dall’altra parte del muro. – Sei matto? – intervenne Kata – non possiamo entrare in una proprietà privata! – Esatto, Marco – continuò invece Loris, contento di aver raggiunto il proprio scopo. – Be’, allora io inizio ad arrampicarmi – propose subito 11


Valentino, aggrappandosi al muro per cercare un appiglio. – Fermo, che fai? – lo bloccò Omar. – Prima organizziamoci. Ha ragione Kata: non possiamo rischiare di essere visti mentre entriamo di nascosto in un giardino privato. – In questo vicolo non passa quasi mai nessuno – lo rassicurò Loris. – È una via chiusa. – Quasi… – fece notare cautamente Kata. – E se passasse qualcuno proprio ora? – Ha ragione lei, dobbiamo essere prudenti – decise Lia con determinazione. Dopo un attimo di riflessione, infatti, iniziò a dare disposizioni a tutti: – Dividiamoci i compiti: Beppe e Marco faranno la guardia alle due imboccature del vicolo. Se arriva qualcuno, mi raccomando, fate un fischio. Loris e Omar faranno la scaletta e Vale salirà fino in cima al muro per dare una sbirciatina veloce. – E tu e Kata? – domandò Omar. – Questo mi sembra un lavoro da maschi – rispose pronta la seconda, cui la faccenda non piaceva per niente. – Io preparo il cellulare – precisò Lia – e lo passo a Vale per scattare qualche foto. Non si sa mai: se davvero di là c’è un morto, dovremo dirlo alla polizia. Senza prove non ci crederebbero. A quelle parole, Kata deglutì per la paura. L’amica allora le assegnò un compito per tenerla occupata. 12


– E tu, Kata, scriverai sul diario quello che ci riferirà Vale. – Ok – dissero tutti in coro, pronti all’azione.

Marco e Beppe si misero a fare la guardia, Kata estrasse dall’inseparabile sacca rosa il suo diario e Lia selezionò la funzione “fotocamera” sul telefonino. Omar e Loris si appoggiarono al muro, uno di fronte all’altro, con le mani intrecciate per far salire Valentino. “L’operazione puzza”, come la definì scherzosamente Omar per stemperare un po’ la tensione, ebbe così inizio. Con un balzo, Vale salì sulle mani dei due amici e, con una spinta, riuscì agilmente a tirarsi su. – Che cosa vedi? – domandò Lia ansiosa. – Calma, ragazzi! – sussurrò Vale. – Qui sopra c’è anche il filo spinato. – Brutto segno – commentò Kata mentre annotava quel particolare sulla prima pagina pulita del suo diario. – Vuol dire che c’è qualcosa da nascondere. – O da proteggere – la corresse Omar. – Allora? – lo incalzò Loris, il più desideroso di svelare il mistero della puzza. – Sbrigati! Si trattava di un giardino davvero immenso e rigoglioso. Valentino descrisse piante dalle forme e dalle dimensioni più varie. 13


Alcune svettavano a punta verso il cielo; altre si allargavano come per abbracciarsi tra loro. Certi alberi bassi erano perfetti per arrampicarsi tra i fitti rami. I cespugli e le siepi aggiungevano un effetto decorativo all’insieme, punteggiando i prati di sagome geometricamente potate o delineando i confini di vivaci aiuole fiorite. Poco più in là, un laghetto rifletteva calmo l’azzurro del cielo. Poi Valentino si sporse un po’ di più per guardare proprio sotto al muro e annunciò, con un certo sollievo da parte di tutti, che non si vedeva niente di pericoloso. Poco distante sorgeva però una strana costruzione semitrasparente, nella quale si notavano i contorni sfumati di altre piante. Il ragazzo si fece passare il cellulare da Lia e scattò un paio di foto. A un certo punto Valentino sobbalzò, vedendo qualcosa muoversi nella costruzione. Fece cenno a tutti di mantenere il più assoluto silenzio mentre osservava con attenzione. – Sembra una persona, ma non vedo bene – disse. Il ragazzo si abbassò per non farsi scorgere e drizzò le orecchie per ascoltare: sentì uno scroscio d’acqua. Lo sussurrò a Kata che annotò. Valentino riuscì a udire poi anche delle parole: “Ah, che tremendo odore di carne tutte le volte che entro qui”. Poi, di nuovo, una breve pausa; dei passi e una frase stupefacente pronunciata dalla stessa voce: “È colpa tua, mio piccolo drago!” 14


In quel preciso istante si udì un fischio dal fondo del vicolo. Marco aveva dato il segnale d’allarme. Lia avvisò subito Vale, che si girò verso la strada, graffiandosi un po’ col filo spinato, e balzò giù impaurito. Alcuni secondi dopo, una signora elegante entrò nella stradina e passò di fianco ai ragazzi. Avvertendo improvvisamente la puzza, li guardò con disgusto, come se fossero loro i responsabili del cattivo odore. Se ne andò irritata, borbottando qualcosa a mezza voce. Gli amici eccitati si allontanarono nella direzione opposta, verso la pista.

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Il piano

I ragazzi avevano il fiatone. Sentivano il cuore rim-

bombare nel petto e non solo per la corsa: erano rimasti sconvolti da ciò che Valentino aveva udito e non sapevano cosa pensare. Si sedettero nel solito angolino sull’erba, tra quattro giovani betulle. Lia aprì la galleria delle foto sul suo cellulare. Dalle immagini non emerse niente di particolare, se non che il giardino presentava una varietà straordinariamente ricca di vegetali. L’unico elemento inconsueto era la costruzione con le pareti traslucide e un bagliore di luce rossastra al suo interno. Ipotizzarono che dentro potevano trovarsi piante o animali insoliti e pericolosi. Era tutto piuttosto misterioso e inquietante. – Mio piccolo drago – pensò Lia ad alta voce, rileggendo le parole che Kata aveva trascritto sul suo diario. – Ma sei sicuro di aver capito bene? 16


– Sì, ha detto proprio così – disse Valentino. – Quindi abbiamo una gran puzza, un riparo per strani esseri viventi, un uomo misterioso, forse malvagio e... – ... un drago! – concluse Loris. Tutto era inverosimile. Si misero a fantasticare sull’esistenza di una ferocissima bestia primordiale, sopravvissuta all’estinzione chissà come. Un animale nutrito dal suo padrone con carne, magari marcia. – Ma i draghi mangiano esseri umani? – domandò preoccupato Marco. Fu Lia a interrompere il brusio che si era creato. – Calma ragazzi, calma! Stiamo correndo troppo. Anzi, per essere precisi, ci stiamo inventando tutto. – No, qualcosa di certo c’è: l’odore tremendo! – precisò Loris. – E la casetta con le pareti semitrasparenti e le luci rosse! – ricordò Omar. – E le parole che ho sentito! – terminò Valentino. – Allora non ci rimane altro da fare che entrare nel giardino per scoprire la verità – propose Marco con fare temerario. – Però ci vuole un piano. La proposta fu accolta da tutti, anche se era facile leggere una certa paura nei volti dei ragazzi e in particolare negli occhi di Kata, la meno convinta. Quando il gruppo decideva qualcosa, bisognava però andare avanti uniti e nessuno avrebbe certamente rinunciato a seguire gli amici. 17


Si accordarono per il lunedì successivo. Loris confermò di aver visto qualche volta l’uomo uscire dal grande cancello nel pomeriggio, verso le quattro e mezza, quando loro si ritrovavano alla pista. Sarebbe bastato appostarsi dietro l’angolo del vicolo e intrufolarsi dentro mentre l’uomo attraversava l’uscita con l’auto. Se fossero stati abbastanza veloci, nessuno li avrebbe notati e si sarebbero poi nascosti proprio dietro al cancello aperto, in attesa di poter girare liberamente per il giardino. – E per uscire? – domandò prudentemente Kata. – In qualche modo faremo – la rassicurò Beppe. – Troveremo un punto per scavalcare il muro dall’interno. – Evitando il filo spinato, se possibile – chiuse il discorso Vale che ancora si strofinava il graffio, facendo ridere nervosamente gli amici.

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L’intrusione

Come stabilito, tutti i ragazzi si ritrovarono il lunedì

successivo. Chiacchierando con apparente noncuranza all’imbocco del vicolo, ogni tanto lanciavano un’occhiata furtiva al cancello, pronti per entrare in azione appena fosse il momento. La loro finta tranquillità camuffava però una tensione alle stelle per il timore di ciò che stavano facendo, insieme alla paura di quello che avrebbero trovato in quel giardino. Rimanevano in attesa senza sapere se l’uomo sarebbe venuto e a che ora. Inoltre, una volta dentro, come potevano essere sicuri di non incontrare nessun altro e di non correre alcun pericolo? Il desiderio di chiarire il mistero era però più forte delle loro paure. Finalmente si udì armeggiare alla sbarra del cancello che lentamente si spalancò. 19


Si appiattirono il più possibile dietro l’angolo, mentre un’utilitaria grigia usciva piano e si fermava appena oltre la soglia. Fu in quel breve istante che, al segnale di Loris, i ragazzi riuscirono a sgattaiolare all’interno del giardino senza farsi vedere. Si nascosero quindi dietro il pesante battente spalancato. Poi l’uomo misterioso richiuse il cancello. I sette amici rimasero immobili e silenziosi. Il loro cuore batteva forte in gola. Erano riusciti a entrare. Appena sentirono l’auto allontanarsi, tirarono un sospiro di sollievo e iniziarono a guardarsi intorno. La proprietà era davvero immensa. Seguendo il vialetto che sembrava circondare l’intero giardino si arrivava alla bassa costruzione centrale che Valentino aveva notato. I muri erano lisci e grigi; delle normalissime tapparelle abbassate, di colore verde scuro, si allineavano in modo monotono sulla facciata. Si scambiarono in silenzio un’occhiata d’intesa, poi Lia, con un cenno della mano, diede il segnale: avanti! Si avvicinarono furtivamente all’edificio, gettando di tanto in tanto uno sguardo intorno per essere sicuri che nessuno li stesse osservando. Quando furono certi di essere soli, cominciarono anche a sussurrare qualche frase. – Diamo una sbirciatina dentro? – propose Valentino. – Io ho paura – disse Kata. 20


Fecero il giro di tutto l’edificio ma non riuscirono a trovare una sola finestra aperta, poi Kata vide che Marco cercava di abbassare la maniglia della porta d’ingresso e quasi svenne per la paura. – Ma che fai!? E se c’è dentro qualcuno? – lo sgridò tremando. – Beh... se c’è qualcuno… scappiamo! – fu la pacifica risposta dell’amico. Si sentì qualche risatina nervosa, nessuno si sentiva tranquillo. Anche quella porta era chiusa. Non rimaneva allora altro da fare che rinunciare a entrare nell’edificio e cercare di capire qualcosa dall’esterno. Il giardino era percorso da un dedalo di stradine ricoperte di ghiaia che portavano in diverse direzioni delimitando ampie aiuole, nelle quali crescevano numerose piante. I ragazzi non resistettero alla tentazione di gironzolare in quell’ambiente lussureggiante e misterioso. Oltre alla varietà di vegetali, che Valentino aveva già descritto, tutti notarono la splendida ricchezza di colori. Omar dichiarò di non aver mai visto in natura niente di simile in vita sua. C’erano innumerevoli tonalità di verde e un tripudio di fiori variopinti. – Ma qui non c’è niente di pericoloso, anzi… sembra un paradiso! – commentò estasiato Beppe. – Aspetta a dirlo – lo bloccò Loris. – I pericoli possono nascondersi anche nei luoghi più belli! 21


– Già – confermò Lia, – e sarà meglio darsi una mossa; siamo rimasti incantati per troppo tempo a osservare queste piante. – Perché? Non ti piacciono? – domandò subito Omar completamente rapito dallo spettacolo. – Per me non è una perdita di tempo… è servito a rasserenarmi e a donarmi tranquillità. – Sì, è vero. Solo che… – tentò di rispondere l’amica, ma non riuscì a proseguire perché l’altro riprese il suo discorso. – Sulla Terra esistono tantissime specie di vegetali e ognuna di esse ha delle caratteristiche che la rendono particolare. Per esempio, guarda la diversità di forma e di colore delle foglie: mi piace vedere in quanti modi fantasiosi si sbizzarrisce la natura. E poi devi anche sapere che le piante sono molto utili all’uomo, infatti... – Forse è meglio se rimandi la tua lezioncina, Omar – lo interruppe scherzosamente Valentino. – Non siamo qui per parlare di natura ma per risolvere il mistero del piccolo drago. – E comunque certe cose le studiamo già a scuola e non abbiamo bisogno di ripetizioni pomeridiane – proseguì Marco. – Già, ma un conto è leggerle sui libri – continuò Omar, avvicinandosi a una pianta piuttosto bassa – e un altro è vederle con i propri occhi. Guarda questa, per esempio: è una felce. 22


– Che cos’è la felce? – domandò Beppe che iniziava a interessarsi non solo alla bellezza del posto, ma anche ai suoi aspetti scientifici. – È una delle piante più antiche che esista – gli spiegò l’amico, contento di trovare finalmente qualcuno interessato. – A me sembra abbastanza giovane – commentò di sfuggita Kata. – Ma che cosa hai capito! – si innervosì Omar. – Non sto parlando di questa pianta in particolare. Dicevo che questo tipo di vegetale ricopriva il nostro pianeta in ere antichissime; allora però era molto alta. – Caspita! – si stupì Beppe. – Sì, hai ragione Omar – tagliò corto Valentino – sono argomenti davvero belli. Però, è vero, non possiamo prendercela così comoda, dobbiamo sbrigarci prima di essere scoperti. – Tranquilli, di certo quell’uomo non tornerà tanto presto; è appena uscito. Poi, a dire la verità, non sono più così convinto che ci sia qualcosa di brutto in questo posto – disse Loris. Lia allora intervenne: – Vale ha ragione. È meglio non perdere altro tempo. Andiamo a trovare il drago e cerchiamo di capire che cosa c’entra con quel maledetto tanfo. E non dimenticate che poi avremo il problema di uscire da qui. – Se saremo ancora vivi! – ci rise sopra Beppe. 23



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Lo stato d’animo dei ragazzi era dunque cambiato; dopo aver ammirato la natura in tutto il suo splendore, essi erano più sereni: non più brividi di terrore lungo la loro schiena ma entusiasmo, quasi allegria. – Se non sbaglio, la strana costruzione dovrebbe essere da quella parte – suggerì Valentino, incamminandosi a passo spedito lungo uno dei vialetti. Dopo alcune folte aiuole si aprì, infatti, uno spiazzo, in fondo al quale stava la casetta con le pareti traslucide. Nonostante fosse pomeriggio avanzato, era ancora completamente esposta al sole. Avvicinandosi, iniziarono a distinguere sempre più nitidamente un bagliore rosso. Quando invece furono nei pressi della porta, distinsero forte l’orribile puzzo. Lo riconobbero e fecero una smorfia di disgusto, poi si arrestarono in silenzio al segnale di Lia per cogliere eventuali rumori provenienti dall’interno. Non udirono però nulla. – Forse l’animale dorme – sussurrò Kata speranzosa. – Forse non c’è proprio nessun animale e nessun drago – precisò Lia. Loris aprì la porta, ansioso di svelare finalmente il mistero. Non era chiusa a chiave e tutti trattennero il fiato per l’emozione. Uno alla volta, i ragazzi entrarono. Appena varcata la soglia, furono violentemente investiti dall’odore intenso e disgustoso. 26


Lo sopportarono a stento, visto che il caldo e l’umidità di quel luogo rendevano l’aria ancora più irrespirabile. Omar, per ultimo, richiuse la porta alle proprie spalle, mentre Kata badava a stare sempre tra Marco e Beppe per sentirsi più protetta. La scena che si presentò ai loro occhi fu sorprendente e inquietante: qualcosa di mai visto prima. Non ebbero però il tempo di spiccicare una parola. La porta si riaprì lentamente alle loro spalle e una voce un po’ roca li gelò con tono ironico: – Bene bene... abbiamo dei visitatori!

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Gli esseri viventi

L’insieme di tutti gli esseri viventi, dai piĂš grandi a quelli minuscoli, è suddiviso in cinque grandi gruppi regni: il regno delle monere, il regno dei protisti, il regno dei funghi, il regno vegetale e il regno animale.

m o n e re

I CINQUE REGNI

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Il regno vegetale

Il regno vegetale comprende tutte le piante presenti sulla terra. Le piante sono gli unici esseri autotrofi, cioè in grado di costruirsi da soli le sostanze nutritive necessarie, a partire da sostanze non viventi. Tutti gli altri organismi si devono cibare di parti di altri organismi, oltre che di acqua, per sopravvivere. I vegetali stanno sempre alla base della piramide ecologica. Dopo di loro troviamo gli erbivori e infine i carnivori.

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Prigioniero!

L’anziano custode del giardino era ritornato.

Un parapiglia generale si scatenò improvvisamente all’interno dell’edificio. I ragazzi, in preda alla paura, iniziarono a correre. Schizzarono via come lepri spaventate e si precipitarono fuori urtando degli oggetti. Si sentì anche un pesante tonfo, ma nessuno si fermò per capire che cosa fosse caduto. Aggirarono l’uomo che, per la sorpresa, non riuscì neanche a parlare e, in un batter d’occhio, furono all’aperto. Senza smettere di correre, si diressero verso il cancello, che trovarono socchiuso. L’auto grigia era parcheggiata appena oltre la soglia. Evidentemente l’uomo aveva dimenticato qualcosa ed era rientrato. Svoltarono nel vicolo e in un attimo raggiunsero la pista. Una volta lì, con gli occhi sbarrati e il cuore che batteva a mille, si resero conto che la vaga impressione che avevano avuto durante la fuga era vera: non erano usciti tutti, Omar non era con loro! 30


– Lo sapevo che prima o poi per la sua imbranataggine avrebbe combinato qualcosa di pericoloso! – commentò Lia spaventata. – Ma perché, l’hai visto cadere? – chiese Loris con voce rotta dalla preoccupazione. – No, ma sono sicura che quel tonfo era lui che inciampava. – E adesso che possiamo fare? – domandò Kata col respiro affannoso. – Siamo nei guai. L’abbiamo combinata grossa! Dopo un momento di riflessione, Lia provò a comporre il numero del cellulare dell’amico, rimasto prigioniero dell’anziano aguzzino. La linea non era attiva. – Di sicuro l’uomo l’ha sequestrato e l’ha spento per non essere scoperto – sentenziò Valentino con tono tragico. – Povero Omar… – Andiamo a liberarlo! – propose Marco senza alcuna esitazione. – Siamo o non siamo una squadra? – Sì, andiamo, prima che sia troppo tardi... – aggiunse Beppe con tono cupo. Messa da parte la paura, i ragazzi s’incamminarono a passo sostenuto per raggiungere al più presto il vicolo. Senza badare a eventuali passanti, riuscirono a salire agilmente sul muro, aiutandosi l’un l’altro e sedendosi in cima, con le gambe girate verso la strada, pronti per un’eventuale seconda fuga. 31


Da principio non udirono nessuna voce, poi videro delle ombre dentro l’edificio. Si avvicinarono al punto illuminato dalla luce rossa e solo allora riconobbero distintamente le parole di Omar, in una sua tipica espressione: “Oh natura crudele!” Quella frase gelò loro il sangue nelle vene, anche perché fu seguita da una risata che non prometteva niente di buono. Quel ghigno fu sufficiente a farli agire in tutta fretta. I ragazzi spiccarono un salto dal muretto, quindi si guardarono in faccia. Negli occhi di Loris si leggeva il dispiacere per averli trascinati in quella situazione pericolosa. – È terribile! Povero Omar… – piagnucolò Kata. – Sì, è spaventoso, ma dobbiamo mantenere la calma: non possiamo perdere un minuto di più prima che... il nostro amico venga dato in pasto al mostro – concluse Loris. – Io dico che è pericoloso. Per me conviene correre alla polizia. Andiamo, presto! – propose Vale. Si girò per tornare indietro ma era talmente agitato che non sapeva se quella fosse la soluzione migliore o se fosse invece la più rischiosa. – No! – lo bloccò Lia. – Andate solo tu e Loris e portate qui i poliziotti. Noi quattro rimaniamo e blocchiamo il cancello: non si sa mai. I due corsero così via; gli altri si appostarono davanti al cancello ancora socchiuso. Nessuno di loro ebbe il coraggio di entrare una seconda volta nella casetta e 32


l’unica buona idea che riuscirono ad avere fu di sgonfiare le gomme dell’automobile per impedire all’uomo di scappare all’arrivo dei poliziotti. L’avevano visto fare in un film giallo e l’idea sembrò loro geniale. L’attesa pareva non finire mai. Gli amici di guardia non riuscirono a scambiare molte parole tra loro, ma solo occhiate timorose. Finalmente ecco il suono delle sirene e il bagliore dei lampeggianti! Con una brusca frenata gli agenti scesero velocemente dalle volanti e con loro Loris e Vale. Un ufficiale impartì gli ordini per disporsi all’entrata e per sorvegliare l’intera proprietà all’esterno. Proprio mentre stavano per fare irruzione nel giardino, il pesante cancello cigolò e si aprì. Dall’altra parte c’era il loro amico con l’anziano signore. – Omar! – urlò Loris risollevato. – Allora stai bene! Siamo venuti a salvarti! Corse poi ad abbracciarlo felice, non lasciandogli neanche il tempo di rispondere. – Ma che stai dicendo? E che cos’è questa storia? – domandò l’uomo anziano sorpreso. – Chi ha chiamato la polizia? Il tenente che comandava la squadra di agenti disse: – Già. Qualcuno vuole spiegare anche a noi che storia è questa? Non doveva trattarsi del sequestro di un ragazzino da parte di un pazzo? A quanto pare, si tratta solo di uno scherzo di cattivo gusto. 33


I ragazzi si guardarono imbarazzati e abbassarono gli occhi. La storia in cui avevano creduto fino a quel momento sembrava di colpo una grottesca fantasia da bambini. Lia farfugliò delle scuse per l’equivoco. Bastò qualche spiegazione per capire che si era trattato di un colossale fraintendimento. La polizia si allontanò. Prima, però, il tenente ammonì i ragazzi per il loro comportamento avventato. I sette, di nuovo riuniti, si trovarono soli con l’anziano signore che guardava un po’ loro e un po’ fissava le gomme della propria auto, stranamente tutte e quattro sgonfie. Allora Omar spezzò il ghiaccio e con un bel sorriso disse agli altri: – Ragazzi, vi presento Angelo, il custode dell’orto botanico!

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Il mistero svelato

U

– n orto botanico? – si stupirono gli amici in coro. – E che cosa sarebbe? – domandò Valentino. – Un orto botanico è un giardino nel quale vengono protette, curate e studiate le piante – spiegò Omar. – Adesso capiamo a che cosa è dovuta la grande varietà di alberi che ci sono in questo posto – commentò Lia, evidentemente sollevata. – Ma non potevate mettere un cartello fuori, con scritto ORTO BOTANICO ? – si innervosì Valentino. – Ci avreste evitato di scavalcare muri, pungerci col filo spinato e cercare di forzare la porta del padiglione in fondo al vialetto. – Ah, complimenti! – disse Angelo con tono di rimprovero. – Allora avete fatto anche queste altre belle cose! Omar non me ne aveva ancora parlato. Il gruppo lo osservò. L’uomo era abbastanza avanti negli anni; aveva i capelli bianchi e un’espressione simpatica sul viso. 35


Le labbra carnose e il naso a patata lo rendevano un po’ buffo, ma il suo sguardo era serio e pensieroso. Non era alto di statura, tuttavia la posa ben piantata sulle gambe e le mani appoggiate sui fianchi gli conferivano un aspetto decisamente energico. – Comunque – riprese l’uomo, – qualche tempo fa c’era una targa sul muro esterno, poi si è staccata e non è più stata riattaccata. Questo posto appartiene all’università, ma è trascurato perché è troppo costoso pagare del personale per conservarlo. Così il Comune affida tutto a me, che sono un volontario e un appassionato di piante. Non ho certo il tempo di rimettere targhe, con tutto quello che c’è da fare qui dentro! – Vuol dire che lei si occupa da solo di questo giardino? Ma è immenso – si stupì Beppe. – Ed è tenuto benissimo! – esclamò Omar ammirato. – Già – rispose l’uomo con orgoglio. – Amo le piante fin da piccolo e adesso che sono in pensione mi ci dedico volentieri. Ma ora non state lì impalati e aiutatemi a spingere l’auto: chissà chi me l’ha conciata in questo modo! – sbuffò. Una volta entrati, il volto di Angelo si rasserenò e i ragazzi capirono che quella che inizialmente era sembrata una gran brutta faccenda si stava rivelando un’occasione importante per vedere qualcosa di prezioso. I sette amici iniziarono così a guardarsi intorno con una nuova luce negli occhi. 36


– Omar mi ha già spiegato che siete entrati solo per curiosità. Attirati, se così si può dire, dall’odore – raccontò Angelo. – Sapete, qui bisogna stare con gli occhi ben aperti: c’è sempre il rischio che entrino dei malintenzionati e quando vi ho visto dallo specchietto retrovisore sgattaiolare dentro il cancello, ho avuto paura. – Malintenzionati? – si stupirono in coro i ragazzi. – Noi non volevamo fare niente di male – disse dolcemente Kata. – E io come facevo a saperlo? – rispose l’anziano. – Siete entrati di soppiatto, così ho finto di andarmene per tornare a sorvegliarvi. Qui dentro ci sono cose di un certo valore e più di una persona sarebbe disposta a rubarle. L’uomo squadrò quindi i ragazzi, poi concluse: – No, in effetti non sembrate proprio dei ladri! Diciamo che la colpa allora è un po’ anche mia. È che raramente si vedono dei ragazzi qui… L’uomo si interruppe, poi riprese pensoso con tono più tranquillo: – O meglio dovrebbe essere un luogo per ragazzi, ma purtroppo non lo è. – In che senso? – iniziò a incuriosirsi Omar. – Nel senso che le piante sono gli elementi naturali che ogni persona, specialmente voi ragazzi, dovrebbe conoscere e proteggere con grande cura. Sono diffuse ovunque e sono la base per la sopravvivenza del regno animale cui noi apparteniamo. 37


Vedendo le facce incuriosite, l’uomo riprese cambiando tono: – Lo so benissimo che queste cose le studiate già a scuola e che magari prendete anche dei bei voti a ripeterle; poi, però, sono sicuro che nella realtà fate proprio come se delle piante non vi interessasse niente di niente. Come tanti… fate pure le incisioni sulla corteccia degli alberi! Angelo si fermò e li guardò negli occhi quasi per scoprire se qualcuno di loro si fosse mai dedicato a quel passatempo, che lui giudicava odioso. Nessuno replicò ma Beppe e Marco abbassarono lo sguardo imbarazzati. – Lei tiene anche delle bestie qui dentro? – domandò Loris con aria sospettosa. Tutti rimasero in silenzio ricordando improvvisamente il motivo che li aveva spinti a violare la proprietà: l’odore di carne putrefatta che si spandeva oltre il muro. L’uomo colse il tono diffidente del ragazzo, si voltò di scatto e cambiò voce: – Bestie? Che intendi dire? – Niente, niente… È che quando siamo saliti in cima al muro, l’abbiamo sentita rivolgersi a un… a un piccolo drago – disse tutto d’un fiato. Nei brevi attimi di silenzio che seguirono alla frase di Loris, gli sguardi dei ragazzi rimbalzarono velocemente dall’amico allo strano giardiniere. L’uomo cominciò allora a farsi paonazzo in viso come se 38


stesse trattenendo qualcosa, poi esplose improvvisamente in una fragorosa e incontenibile risata che non aveva nulla di diabolico ma semmai era la prova di un sincero divertimento. – Oh sì, il mio Piccolo Drago! – ammise soffocando le risa. – Certo che ho un Piccolo Drago! E voi che siete così coraggiosi, vi siete meritati di incontrarlo personalmente. Venite: adesso ve lo mostrerò! Si incamminò a passo veloce verso l’edificio, dimostrando un buon vigore nonostante l’età. I sette ragazzi lo seguirono, poi entrarono insieme nella costruzione con le pareti traslucide. Erano molto curiosi di vedere finalmente il mitico animale. Da principio, Angelo spiegò che si trovavano all’interno di una grande serra, dove si coltivavano tanti tipi diversi di piante. L’uomo si fermò quindi davanti ad alcuni esemplari di una pianta molto particolare e disse felice: – Eccoci arrivati! Vi presento uno dei pochissimi casi in Italia di coltivazione di Dracunculus. È una pianta molto rara dalle nostre parti, anche se cresce sulle rive del Mediterraneo. Il suo nome significa proprio “Piccolo Drago” e gli fu dato dagli antichi Romani. Guardate che belle foglie ha! Per crescere bene ha bisogno di un terreno molto concimato e di un luogo caldo e umido. Per questo sono costretto a usare delle lampade particolari. Queste condizioni fanno diffondere però con più intensità l’odore forte del fiore. 39


I ragazzi ammirarono quella pianta rara; tutto si sarebbero aspettati tranne che il piccolo drago fosse quello che avevano ora davanti agli occhi. – Consolatevi, però – riprese Angelo. – Il fiore dura solo pochi giorni e ogni pianta ne produce solamente uno alla volta. E, giusto per essere precisi, quello che vedete non è un fiore: è un’infiorescenza. – Un insieme di fiori, giusto? – domandò attento Omar. – Esattamente. Proprio così – confermò Angelo. I ragazzi puntarono gli occhi su quello strano essere vivente. Nelle loro pupille non c’era solamente il riflesso delle luci rosse: si era accesa ormai la curiosità per le piante che si potevano trovare nella serra ed essi non facevano quasi più caso all’odoraccio che si percepiva distintamente. Le foglie del Dracunculus variavano dal verde chiaro al verde scuro con effetto marmorizzato, ma il suo unico petalo bordeaux e un’appendice rosso cupo che ne sporgeva suscitavano in loro la sensazione di una bellezza bizzarra. Inoltre il fusto della pianta, che si alzava fino a un metro di altezza, dava al vegetale un aspetto alquanto inquietante. Dracunculus



Angelo notò la perplessità dei ragazzi e volle spiegarsi: – Lo so che cosa state pensando, ma io credo che anche questo essere vivente abbia il diritto di vivere e di riprodursi. Se infatti eliminassimo ogni specie che non ci piace o che non ci serve, cosa resterebbe della biodiversità, cioè della varietà di tutte le specie di esseri viventi? – Allora è, come dire, la fantasia della natura – cercò di capire meglio Kata. – Esattamente! – si illuminò Angelo. – Credo che a nessuno piaccia che il mondo perda fantasia e che le forme di vita diventino sempre di meno e tutte uguali. È il rischio che si corre ogni volta che si estingue una specie. Spesso accade per colpa dell’uomo, che mette le mani sugli ambienti naturali, modificandoli o danneggiandoli. – Allora... Evviva il Dracunculus! – si esaltarono Marco e Beppe, formando un coro improvvisato. – Per questo motivo esistono posti come questo! – si illuminò Loris. – Per conservare la... biodiversità! A quel punto Loris si fece di nuovo avanti e si scusò con Angelo per avere dubitato di lui. L’altro gli sorrise, entusiasta per aver trovato qualcuno cui mostrare i suoi tesori, poi aggiunse: – E non avete ancora visto tutto. Seguitemi. Guidandoli in punti diversi della grande serra, che sembrava più spaziosa da dentro che da fuori, mostrò loro una serie di altre piante rare. 42


– Queste sono considerate le più strane che esistono sulla Terra! Le descrisse una a una, riuscendo a catturare a lungo la loro attenzione e scaldandosi egli stesso per le meraviglie che la natura sapeva creare. I ragazzi guardavano senza credere ai loro occhi. Scoprirono l’esistenza di piante color carne e di altre con un tronco che sembrava fatto di bolle di cioccolato. Si stupirono davanti a quella che può crescere per 1500 anni con due sole foglie aggrovigliate su se stesse. C’erano perfino il fiore più piccolo del mondo, delle dimensioni di una capocchia di spillo, e il più grande, che può arrivare fino a tre metri di larghezza. Alla fine di quell’incredibile pomeriggio, Angelo e i ragazzi dovettero salutarsi, ma lo fecero a malincuore. L’anziano giardiniere, infatti, avrebbe voluto mostrare loro altre zone della serra, il bellissimo laghetto, l’orto rigoglioso dove coltivava prodotti particolari e biologici. Allora si diedero appuntamento al sabato successivo, per una visita dell’intero giardino botanico. Si lasciarono però con la bellissima sensazione di aver stretto una nuova amicizia.

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La classificazione delle piante

Gli scienziati seguono diversi criteri per classificare gli esseri viventi che appartengono al regno delle piante. Per prima cosa distinguono le piante che hanno al proprio interno dei vasi conduttori, cioè dei “tubicini”, per distribuire in tutto l’organismo vegetale l’acqua e le sostanze nutritive per vivere. Esse sono dette Tracheofite. Quelle che non hanno simili vasi sono dette Briofite (ad esempio il muschio). Le Tracheofite comprendono: • le piante che si riproducono attraverso piccole cellule, le spore. Si chiamano Pteridofite (ad esempio le felci); • le piante che si riproducono per semi (Spermatofite) e che possono essere: a) G imnosperme, piante con “semi nudi” cioè che non si sviluppano dentro un fiore (ad esempio i pini e gli abeti); b) A ngiosperme, piante dotate di fiori, all’interno dei quali si forma il seme. Esse presentano la maggiore varietà di forme: • erbe (piante erbacee), con il fusto non legnoso. In genere non sono molto alte; • arbusti, con fusto legnoso che ramifica dalla base; • alberi, con tronco legnoso che si ramifica solo da una certa altezza.

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PIANTE

BRIOFITE

TRACHEOFITE

SPERMATOFITE

PTERIDOFITE

MUSCHI

FELCI

GIMNOSPERME

ANGIOSPERME

CONIFERE

LATIFOGLIE

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Il Piccolo Drago

Come hai letto, i ragazzini protagonisti della storia fanno la conoscenza di una pianta molto rara, alquanto strana e originale, il Piccolo Drago (Dracunculus Vulgaris). Scopriamo insieme alcune sue caratteristiche scientifiche. Si tratta di una pianta tuberosa, abbastanza robusta, che cresce nei terreni rocciosi. Il suo fiore, di grandi dimensioni, è particolarissimo, perché formato da una spettacolare spata violacea che contiene i veri piccoli fiori. Le piante di Dracunculus possono raggiungere un’altezza anche di 100 centimetri. Le sue foglie sono verde chiaro e verde scuro e sono talvolta leggermente marmorizzate. La spata ha un colore rosso molto scuro, vellutato, con base e vene esterne verdi. Lo spadice sporge dalla spata ed il suo appendice rosso scurissimo, quasi nero, può essere assai lungo, mentre è striato verde-marrone alla base. I suoi frutti maturano a fine estate o in primo autunno e hanno la forma di bacche scarlatte, molto decorative. 46


In realtà il Dracunculus non è un fiore ma un’infiorescenza che, nonostante l’aspetto così bello, possiede la particolarità di emettere un odore fortemente nauseabondo e molto intenso, simile a quello della carne putrefatta. L’odore sgradevole consente alla pianta di attirare insetti, soprattutto mosche e mosconi che vanno a finire nella camera intrappolatrice del Piccolo Drago. Fortunatamente il fiore, responsabile del cattivo odore, dura solo pochi giorni e ogni pianta ne produce solamente uno alla volta. Dracunculus Vulgaris

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Alla scoperta dell’orto botanico Mancavano solamente pochi giorni all’atteso incontro

con Angelo, eppure quel tempo sembrò non passare mai. E pensare che sinora nessuno di loro si era mai interessato di piante, né aveva mai compreso l’interesse delle mamme per quelle che avevano nei vasi, in appartamento o sul balcone. Consideravano una perdita di tempo annaffiarle regolarmente, pulirle, coprirne le radici con un panno durante l’inverno o avvolgerle in sacchi di plastica trasparenti. Per quasi tutti loro le piante corrispondevano solo a un capitolo di scienze sul libro di scuola. Adesso tutto era cambiato: la visita alla serra aveva acceso in loro una passione nuova. Per mantenere viva l’attesa, mercoledì, durante il pranzo nella mensa a scuola, i sette amici si misero a confabulare, tanto che il cuoco si avvicinò al tavolo per capire se stessero commentando negativamente i piatti che aveva cucinato. 48


Era un tipo piuttosto burbero, dall’aspetto secco e grinzoso: nessuno avrebbe osato contraddirlo. Non sopportava affatto gli alunni perché a tavola facevano troppo i difficili; secondo lui non capivano la sua arte culinaria che, a suo dire, si sarebbe potuta esprimere meglio in un ristorante di gran lusso, invece che in quel dozzinale refettorio. Per convincerlo che non si stavano lamentando della sua cucina, i ragazzi furono costretti a raccontargli del giardino botanico, con tanto di laghetto, serre con piante rare e un orto molto curato. Il cuoco li ascoltò con aria insofferente e poi intimò loro di non lasciare neppure una briciola nel piatto. Le sere successive i ragazzi dedicarono del tempo a navigare in internet in cerca delle piante più strane del mondo, ritrovando quelle che avevano visto con Angelo. Venerdì pomeriggio riuscirono finalmente a incontrarsi alla pista. Come sempre Loris arrivò un po’ in ritardo, scivolando sul suo skateboard fino al vialetto che conduceva al loro angolino, sul prato alberato. – ... 118... 119... – li sentì contare e non seppe resistere alla tentazione di un innocente dispetto. Arrivò silenzioso alle spalle di Lia. – ... 124... 125... Mentre la palla arrivava all’amica con uno dei perfetti palleggi di Kata, Loris le fece il solletico. 49


Lia riuscì appena a dire “126”, che dovette abbassare di colpo le braccia, lasciando così cadere il pallone proprio alla fatidica soglia del 127. Subito la ragazza si voltò e si trovò davanti la faccia sorridente di Loris, che osò pure salutarla: – Ciao! Come va? – Loris, ti ammazzo! – gli urlò iniziando a inseguirlo per il prato, fino a che lo raggiunse, atterrandolo. Gli altri, che fino a quel momento si erano gustati la scena divertiti, si precipitarono nella mischia sopra all’amico. Poco dopo, il groviglio di corpi si sciolse e ognuno rimase sdraiato sull’erba, ridendo. – Sei passato dal vicolo? – domandò Vale, riprendendosi. – C’era ancora la puzza? – Sì, odore di Piccolo Drago, ma un po’ meno: forse il fiore inizia ad appassire – rispose Loris. – Domani si va da Angelo – ricordò Lia. – Non vedo l’ora – fu il commento di Omar e tutti furono d’accordo. Prima di riprendere a giocare, si persero per un po’ nei loro pensieri, con lo sguardo rivolto al cielo sereno, incorniciato dalle fronde delle betulle. E finalmente sabato arrivò. Angelo li stava aspettando davanti al cancello socchiuso. Sembrava più emozionato di loro. – Ah, ragazzi, eccovi – esclamò contento. – Non vedo l’ora di mostrarvi gli esemplari più belli. 50


– Più belli delle orchidee, con le radici pendenti dai rami su cui crescono? – chiese Kata che era rimasta particolarmente colpita dalla grazia di quei fiori. – Hai ragione Kata – rispose Angelo. – La Cometa del Madagascar che hai visto nella serra è sicuramente stupenda, ma, come vi ho già spiegato, io trovo interessante ogni pianta. Non solo per la sua forma o il suo aspetto, ma anche perché ha sempre qualcosa di particolare. – Che cosa hanno di interessante dei normalissimi alberi come quelli? – chiese allora Valentino, indicandone incredulo alcuni vicino all’ingresso. – Bella domanda, Vale – rispose Angelo, che si sentiva già in confidenza col gruppo. – A vederli così i faggi non dicono nulla, ma le loro lucide cortecce, illuminate dal primo sole del mattino, sembrano d’argento. Ti sei mai trovato in un faggeto di montagna? – È vero! – intervenne Marco. – Io ci sono andato una mattina quando ero in vacanza: era bellissimo, sembrava un posto incantato! Ero lì con mio nonno; anche lui è appassionato di piante, ma di quelle da mangiare! Infatti cercavamo funghi. – Ehi, fermo – lo bloccò Angelo. – Perché dici che i funghi sono piante? – Be’... – farfugliò Marco – … perché crescono per terra... – Ecco, vedi? Fai l’errore di molti. In realtà i funghi hanno poco in comune con le piante – precisò il giardiniere. 51


– Infatti per i biologi appartengono a un regno a parte rispetto ai vegetali. – Un regno! – sussurrò Kata a Lia mentre si avviavano. – Sai, ora che inizio ad apprezzarle, non mi dispiacerebbe essere la regina delle piante, come nei film fantasy. Lia sorrise per la facilità con cui l’amica riusciva a lavorare d’immaginazione, una capacità che lei di certo non aveva. – Già – cominciò Omar, – i funghi sono organismi... organismi... Gli amici pendevano dalle sue labbra aspettando che ricordasse il termine corretto, ma in quel momento gli sfuggiva. Proprio allora il volto di Beppe si illuminò. – Zitti tutti! Lo so io. Eterotrofi! – sentenziò soddisfatto. Era la prima volta che il ragazzo dimostrava di ricordare un argomento di scuola e i compagni rimasero esterrefatti. – Bravo Beppe! – lo elogiò Omar, battuto una volta tanto sul suo terreno. – Non mi veniva la parola. – In effetti, guardate quei funghi. Che cosa notate? Hanno o non hanno una particolarità? – domandò l’anziano giardiniere. – Sì, crescono sopra a un tronco! – osservò Beppe. – Esatto, proprio questo! Essi si nutrono di materia vivente, come il legno – spiegò Angelo. – Le piante, invece, sono organismi autotrofi, cioè capaci di produrre il proprio nutrimento. Non mi dite che a scuola non avete mai sentito parlare di “fotosintesi clorofilliana”. 52


I ragazzi annuirono. L’insegnante di scienze ne aveva già parlato più di una volta, ma quel processo era così complicato che essi non erano sicuri di ricordarlo bene. Tranne Kata, naturalmente, che riuscì a immaginarlo a modo suo, come sempre. – Da quello che ho capito io, è come se le foglie fossero tante bacchette magiche, che trasformano in cibo l’acqua e l’aria assorbite dall’ambiente. – Perché no? – sorrise il giardiniere. – Ma se vogliamo vederla in modo meno fantastico, possiamo dire che la chioma è un grande laboratorio chimico: è lì che avviene la fotosintesi, grazie all’energia dei raggi del sole. – A pensarci bene sembra incredibile! – si stupì Valentino. – Ma è proprio quello che succede – rispose Angelo. – Per questo, dobbiamo pensare alle piante come esseri viventi, che respirano, sudano, si adattano ai cambiamenti e si riproducono. Proprio come noi. E non dobbiamo dimenticarci che le piante sono bellissime! Permettetemi di dire che sono più belle degli esseri umani! Per esempio, le foglie di quegli “insignificanti” faggi di cui parlavamo prima cambiano mille colori in autunno: passano dal verde intenso al giallo oro al rossiccio prima di assumere una morbida tonalità marrone. Un faggeto d’autunno, con i raggi del sole che filtrano tra i rami, è uno spettacolo sensazionale; è come fare un tuffo in una nuvola colorata. 53


Conquistati dalle parole di Angelo, i ragazzi pendevano dalle sue labbra. Fu Lia a interrompere la magia del momento. – Ma lei come fa a conoscere cosÏ bene le piante e tutti i loro segreti? 54


– Prima di andare in pensione ero giardiniere e ogni tanto collaboravo con i botanici dell’università, gli studiosi delle piante, ricercando i vegetali di cui avevano bisogno per gli studi. Quando ho smesso di lavorare e ho saputo che qui c’era bisogno di qualcuno, mi sono proposto come volontario. Purtroppo sono vedovo. Mio figlio ha ereditato la mia stessa passione ma ama viaggiare e compie le sue ricerche all’estero. – Dove? – chiese curiosa Kata. – In questo momento è nella foresta amazzonica a ricercare specie vegetali a rischio di estinzione per il continuo disboscamento. Se scopre qualche pianticella interessante me la spedisce e io la pianto qui, quasi sempre nella serra. – Allora lei conosceva l’orto botanico anche prima? – domandò Loris. – Certamente. Molte di queste piante le ho seminate proprio io, così mi ci sono affezionato. Ma adesso andiamo a scoprire altri segreti del regno vegetale! – concluse incamminandosi spedito sul vialetto, seguito dall’allegra brigata.

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Le parti delle piante

Le piante complesse hanno tutte una struttura simile. Sono dotate di radici, fusto e foglie. • Le radici assorbono acqua e sali minerali dal terreno e rendono stabile la pianta. • Il fusto sostiene la pianta e ne collega le diverse parti attraverso i vasi conduttori, che scorrono al suo interno. • Le foglie sono un autentico laboratorio chimico: attraverso di esse, la pianta respira, traspira e produce il suo nutrimento.

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Le radici

Le radici si allungano a partire dalla loro estremità; penetrano nel terreno diventando sempre più sottili. Esistono radici di forme diverse. Vi Radici fascicolate sono quelle fascicolate, cioè ramificate a ventaglio, e quelle a fittone, il cui esempio più riconoscibile è la carota. Quest’ultima non è altro che una radice ingrossata, piena di sostanze nutritive di riserva. Radici avventizie

Radici aeree Radici a fittone

Esistono anche radici avventizie, tipiche delle piante rampicanti come l’edera, e aeree, come quelle dell’orchidea, che in ambienti molto umidi assorbono l’acqua direttamente dall’aria. 57


I fiori

I fiori permettono la riproduzione delle piante. Essi sono un organo molto complesso costituito da elementi maschili e femminili.

antera stame polline (parte maschile) filamento

stilo pistillo (parte ovario femminile)

ovulo

Le parti maschili e femminili possono trovarsi: • nello stesso fiore (come per la maggior parte delle piante piccole o grandi); • in fiori diversi sulla stessa pianta (come nel mais che ha i fiori maschili in cima a forma di pennacchio e fiori femminili lungo il fusto); • in fiori diversi su piante separate (come in certe specie di pioppi che hanno alcune piante con fiori maschili e altre con fiori femminili). Quando cellule maschili (il polline) e femminili (l’ovulo) entrano in contatto, inizia a svilupparsi il seme, che darà vita alla “pianta figlia”. 58


Le infiorescenze

Quello che noi chiamiamo fiore spesso è un’infiorescenza, cioè un insieme di piccoli fiori sullo stesso peduncolo, più o meno riconoscibili separatamente. Persino la margherita, anche se non sembra, è un’infiorescenza. Glicine

Stella di Natale

Margherita

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Le foglie

Le foglie svolgono delle funzioni vitali, essenziali per le piante: la fotosintesi clorofilliana e la traspirazione.

LA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA Attraverso la fotosintesi clorofilliana i vegetali producono il nutrimento ad essi necessario. 1) La linfa grezza, cioè l’acqua e i sali minerali succhiati dalle radici nel terreno, raggiunge le foglie attraverso i vasi conduttori. 2) Nelle foglie la linfa grezza si unisce con l’anidride carbonica, un gas presente nell’aria penetrato nelle foglie attraverso piccoli fori, gli stomi e, grazie all’energia della luce catturata dalla clorofilla, viene trasformata in linfa elaborata, un liquido denso e vischioso ricco di zuccheri. 3) La linfa elaborata viene ridistribuita in tutta la pianta, portandole il nutrimento e si deposita in alcune parti sotto forma di amido come riserva nutritiva di scorta. Durante la fotosintesi clorofilliana la pianta libera come prodotto di scarto l’ossigeno, molto utile per la respirazione dell’uomo e di tutti i viventi.

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LA TRASPIRAZIONE Gli stomi svolgono anche la funzione di traspirazione: fanno evaporare nell’aria l’acqua in eccesso contenuta nella pianta. Più acqua traspira una pianta, più ne dovrà assorbire. Si crea così un effetto “cannuccia”, una specie di risucchio di acqua dal terreno. 61


Una brutta sorpresa

La visita si rivelò all’altezza delle aspettative. Oltre

alle aiuole fiorite e agli alberi meravigliosi, i ragazzi poterono ammirare un’altra sezione della serra, quella che conteneva una grandissima varietà di piante grasse. Non mancarono di osservare quindi lo stagno con le canne e le ninfee non ancora sbocciate. I sette amici guardavano ogni cosa incuriositi e attenti, attratti ora da questo ora da quel vegetale, come se dovessero eleggere l’esemplare più bello e interessante. Mentre girovagavano, Angelo parlava di argomenti scientifici in modo facile e avvincente. Fece anche una bella similitudine per spiegarsi. Raccontò che un giardino o un bosco possono essere visti come una casa a più piani, dove gli inquilini devono vivere in armonia tra loro. Ci sono i sotterranei, dove nascono e si sviluppano i vegetali, con gli animali che strisciano e scavano. Il piano delle piantine e dei cespugli, dove vivono piccoli carnivori ed erbivori e molti insetti. Infine il livello superiore, con le 62


chiome di alberi e alti arbusti, che ospitano altri insetti, uccelli e scoiattoli. Spiegò poi che in tutti gli ambienti, orto botanico compreso, gli esseri viventi e gli elementi non viventi, come l’acqua e il terreno, si influenzano reciprocamente e ogni cambiamento provoca delle “reazioni a catena”. Angelo mostrò poi alcune piante particolari. Il salice, ad esempio, un albero molto comune, da cui è stata ricavata in passato la sostanza contenuta in una famosa medicina, l’aspirina. Fece vedere loro la dionea, pianta che cattura e digerisce gli insetti, con le sue foglie sensibili al tatto. – Ma allora questa è una vera e propria pianta carnivora? – chiese Loris, che si aspettava che fosse dotata di mandibole e di denti per azzannare animali ed esseri umani di passaggio, come nei fumetti. – Certo! Se vuoi, puoi provare a toccarla, ma con delicatezza – lo invitò Angelo. Il ragazzo la guardò indeciso; poi, non volendo fare la figura del pauroso davanti agli amici, allungò un dito e lo passò sul bordo dentato della foglia. Questa si richiuse con un movimento lento, provocando lo stupore di tutti. Anche gli altri si cimentarono nella “coraggiosa” impresa, divertendosi a provocare quell’effetto. – Come vedete, i vegetali sono dotati di una certa sensibilità. In quel momento però i ragazzi non stavano ascoltando 63


Angelo: erano troppo occupati a farsi “mangiare” dalla dionea e lui dovette portarli da un’altra parte, per salvarla dalle loro insistenti ditate. – Dovete sapere – riprese – che le piante si possono dividere in due grandi gruppi: le sfacciate e provocanti e quelle un po’ timide e riservate. Che razza di distinzione era quella? Di sicuro sui libri di scuola non l’avevano mai letta, né gliene aveva parlato l’insegnante. – Le prime, decisamente vanitose – continuò l’uomo, – hanno i fiori e attirano gli insetti e gli uccelli per l’impollinazione, così la parte maschile incontra quella femminile e si forma... – Il bambino! – interruppe Valentino, provocando le risate imbarazzate degli amici. – Più o meno – stette allo scherzo Angelo. – Si forma un seme, una vera e propria pianta in miniatura, che, prima di svilupparsi, deve maturare dentro il frutto. In effetti ricorda ciò che accade tra gli esseri umani. I ragazzi arrossirono un po’, tranne Beppe e Marco che si guardarono con aria divertita. – Sembra quasi una storia d’amore – commentò romanticamente Kata. – E le piante timide? – domandò Valentino. – Quelle – riprese Angelo – non hanno veri e propri fiori appariscenti, ma producono lo stesso un seme, come i pini e gli abeti. Dovete comunque sapere che i vegetali 64


hanno anche altri modi di generare una “pianta figlia”. Alcuni producono piccole cellule ben protette, le “spore”; altre volte i nuovi germogli si sviluppano da un ingrossamento del fusto sotterraneo: è quello che succede con i bulbi, i tuberi e i rizomi. – Mia mamma invece fa crescere il papiro staccando un rametto di quello che ha già e immergendolo in acqua finché mette radici; poi lo interra in un altro vaso – raccontò Omar. – E non mi dite che non avete mai provato a far germogliare una patata americana – gli fece notare Angelo. – È vero! – si ricordarono improvvisamente. – Ce l’abbiamo anche in classe. Angelo era sempre più soddisfatto dell’interesse che ragazzi rivolgevano alle piante e continuò a raccontare le curiosità che gli venivano in mente. – Ma la storia non finisce qui. Quando i semi si sono formati, devono spargersi. Anche in questo caso la natura si sbizzarrisce: li affida al vento o all’acqua; li fa trasportare dagli animali appiccicati al loro pelo o, in alcuni casi, nella loro cacca! L’intero gruppo scoppiò a ridere e Angelo si godette l’allegria dei giovani amici, quando, improvvisamente, si udì l’urlo di Lia che si rivolgeva a Loris. – Ma che fai? La smetti!? – Sto aiutando la natura a diffondere i semi – scherzò lui, mentre sbuffava su un “soffione” di tarassaco appena 65


raccolto, facendo arrivare i minuscoli ombrellini volanti addosso all’amica. – Direi che Loris ha compreso il concetto... al volo! – sorrise Angelo. Le lancette dell’orologio girarono più veloci del solito e si avvicinò il momento di riaccompagnare i ragazzi all’uscita. Il giardiniere trovò ancora il tempo di far visitare il laboratorio scientifico, attrezzato con microscopi e altri strumenti, e di offrire loro uno spuntino a base di prodotti del suo orto. Angelo elencò le delizie che coltivava e non vedeva l’ora di mostrare il suo lavoro, di cui andava molto orgoglioso. Il suo vanto erano i cavolini di Bruxelles, un rarità nella loro zona, e lo zafferano, che tutti conoscevano per il classico risotto. I ragazzi, anche se abituati alle merendine commerciali, gustarono quasi tutto: è vero che fu impossibile far assaggiare il più minuscolo pezzetto di carota cruda a Valentino, verdura che egli detestava più di qualunque altra cosa al mondo, in compenso comunque egli mangiò una mela e del finocchio crudo. I vari settori dell’ampio terreno assolato erano coperti da teloni, sostenuti con strutture metalliche a forma di tunnel; tutto dava l’idea di ordine e pulizia. Angelo spiegò che le lunghe serre assicuravano le condizioni migliori per una più veloce maturazione degli ortaggi. Dietro la serra, crescevano gli alberi da frutto. 66


Ad un certo punto, però, successe una cosa inaspettata, che rovinò la spensieratezza della giornata trascorsa. Giunti nei pressi di un’ampia area di terreno lavorato da poco, il giardiniere osservò allibito lo spettacolo: la terra era stata rivoltata e la stessa cosa era successa nelle due aree di fianco. Sembrava che qualcuno vi avesse scavato di recente, creando grossi buchi e ammassando disordinatamente le zolle sollevate. – Che disastro! – commentò Angelo disperato, mettendosi le mani nei capelli. – Chi può essere stato a compiere una simile malefatta? I ragazzi non capirono subito che cosa fosse accaduto di così grave. – I miei bulbi di Crocus sativus! – si lamentò l’uomo, precipitandosi a frugare nel terriccio. – Me li hanno rubati tutti! I sette amici non afferrarono il nome latino, ma lessero il cartello della pianta coltivata in quei settori dell’orto: si trattava di zafferano. – Dai, non si butti giù – provò a dire Kata. – Lo zafferano si trova anche al supermercato. Porteremo noi qualche bustina… – Grazie, ma non potete capire – spiegò lui. – Da due anni ho avviato la coltivazione di questo fiore e non è un procedimento semplice. Lo zafferano è pagato molto bene e ne vale la pena: vendendo ai ristoranti i miei ortaggi, ma soprattutto il mio prezioso zafferano, totalmente biologico, 67


ho messo insieme molti fondi per acquistare ciò che serve a curare l’intero orto botanico. Senza quei bulbi non potrò più ricavare la spezia e ricomprarli ora sarebbe troppo costoso. I contorni del problema si fecero allora più chiari e i ragazzi diventarono improvvisamente tristi. – Non si preoccupi, Angelo, la aiuteremo noi a ritrovarli – affermò Lia. – Sarà stato sicuramente qualcuno che sapeva di questo posto. Vedrà che lo scopriremo. I ragazzi si diressero poi verso l’uscita e salutarono l’amico, ma l’uomo sembrava perso nei propri pensieri. – All’infuori dei ricercatori dell’università, io non ho mai parlato con nessuno del mio zafferano. Chi può aver compiuto il furto? – diceva quasi fra sé. Il cancello si richiuse, emettendo uno stridulo lamento alle loro spalle.

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Roberto Morgese vive a Milano. È insegnante e scrittore, conduce laboratori didattici di matematica e di altre discipline. Cerca di comunicare la propria passione ai bambini attraverso i suoi libri e guidandoli in lunghe passeggiate in mezzo alla natura. È anche supervisore di tirocinio presso il corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Universita di Milano-Bicocca.

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