La scuola che... osserva progetta valuta & include - Guida didattica

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E.Madriz

I.Manighetti Della Libera con il contributo di

L.Agostinetto

E.Bortolotti

L.Bugno

M.Cornacchia

A.Nosella

Guida per valutare nella Scuola dell’Infanzia

• Griglie di osservazione

• Tabelle di valutazione

• Schede di verifica

• Questionari conoscitivi

• Documenti scuola-famiglia

• Modelli

• Fascicolo personale per la Continuità materiale per l'insegnante

L’icona posta in alto nelle pagine della Guida indica la possibilità di utilizzare il materiale presente scaricandolo dal CD-Rom, oltre che di fotocopiarlo.

Il CD-Rom allegato alla Guida è uno strumento completo e adeguato al lavoro di ogni insegnante/ educatore della Scuola dell’Infanzia.

All’interno sono presenti tutti i materiali necessari per osservare , progettare , valutare e includere tutti i bambini.

Le griglie e le tabelle sono presentate con la doppia estensione : .docx e .rtf . Entrambe possono essere modificate per rispondere ai bisogni di ogni singolo insegnante, di ogni singola scuola, di ogni singolo bambino a cui il processo educativo è rivolto

La numerazione dei file all’interno del CD-Rom segue la sequenzialità della Guida e questo permette una facile consultazione di entrambi gli strumenti.

E. Madriz

I. Manighetti Della Libera con il contributo di

L. Agostinetto

E. Bortolotti

L. Bugno

M. Cornacchia

A. Nosella

Guida per valutare nella Scuola dell’Infanzia

dall’OSSERVAZIONE alla PROGETTAZIONE fino alla VALUTAZIONE per realizzare una scuola realmente INCLUSIVA di tutti e di ciascuno

gli autori

Elisabetta Madriz

è assegnista di Pedagogia Generale e Sociale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste e tutor di tirocinio presso il Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione dello stesso Ateneo. Tra i suoi interessi di ricerca, il ruolo delle figure educative, professionali e non, e i nuovi scenari formativi.

Ivana Manighetti Della Libera

è stata insegnante di Scuola dell’Infanzia e componente della Commissione tecnica del settore pedagogico Fism Nazionale. Ha collaborato per riviste scolastiche di settore e ha pubblicato testi con La Scuola Editrice, Eli, Raffaello, Fism Nazionale. È formatrice di insegnanti e coordinatore pedagogico provinciale per la Fism di Gorizia.

Luca Agostinetto

è ricercatore in Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università degli Studi di Padova, dove insegna Pedagogia Interculturale e Pedagogia Generale e Sociale e dove è vicedirettore del Master in “Organizzazione e gestione delle istituzioni scolastiche in contesti multiculturali”. I suoi principali interessi di ricerca sono legati all’ambito interculturale e a quello dell’epistemologia pedagogica.

Elena Bortolotti

è professore associato in Didattica e Pedagogia Speciale all’Università di Trieste. Insegna nei corsi di Pedagogia e Didattica Speciale. L’ambito di ricerca si focalizza sui processi e le buone pratiche volte a incrementare le opportunità di inclusione scolastica e sociale delle persone con Bisogni Educativi Speciali.

Lisa Bugno

è dottoranda in Scienze Pedagogiche, dell’Educazione e della Formazione presso l’Università degli Studi di Padova, i suoi interessi di ricerca riguardano la Pedagogia Interculturale nei contesti scolastici. È stata insegnante di Scuola dell’Infanzia e insegna alla Scuola Primaria.

Matteo Cornacchia

è ricercatore in Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Trieste, dove insegna Educazione degli adulti ed è coordinatore del Corso di Studi in Scienze dell’Educazione. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la responsabilità educativa degli adulti e l’impiego dell’approccio umanistico nella formazione aziendale.

Anna Nosella

è psicologa e psicoterapeuta, con laurea magistrale in Psicologia Evolutiva, ed è specializzata in disturbi di ansia. Docente in corsi di aggiornamento per educatrici e istruttori sportivi, i suoi interessi di ricerca si collocano in Psicologia Antropologica e Psicologia Sportiva.

Si ringraziano i bambini, i genitori e le insegnanti delle scuole paritarie Fism di Cormons e Monfalcone (Go).

Un sentito ringraziamento a Giorgio Della Libera per le sue produzioni artistiche e per la costante collaborazione.

La scuola che...

OSSERVA • PROGETTA • VALUTA & INCLUDE

Capitolo 1

Lo sviluppo del bambino da 0 a 6 anni di Anna Nosella

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

La genitorialità di Elisabetta Madriz

Dalle Indicazioni 2012 alla Scuola dell’Infanzia oggi di Ivana Manighetti Della Libera

Utilità e ragioni del Rapporto di Autovalutazione nella Scuola dell’Infanzia di Matteo Cornacchia

La continuità 0-6: natura, cultura e potenzialità educative di Elisabetta Madriz

La scuola del bambino, per il bambino e con il bambino di Ivana Manighetti Della Libera

Scuola dell’Infanzia e campi di esperienza: il terreno di gioco dell’intercultura di Luca Agostinetto e Lisa Bugno

DSA e BES: didattica per lo sviluppo del bambino e la prevenzione delle difficoltà di apprendimento di Elena Bortolotti

Il RAV: appunti per una pratica autovalutativa di Elisabetta Madriz

La scuola che... OSSERVA

DESCRITTIVA

per descrivere una situazione FORMATIVA

per formare

OSSERVAZIONE

VALUTATIVA

per fare delle valutazioni

Comportamento specifico di attenzione ad un particolare evento: si distingue dal semplice guardare poiché è uno sguardo intenzionale, mirato, attivo, non generico, che tende a mettere a fuoco ciò che l’osservatore ritiene più rilevante e significativo in relazione ai suoi interessi, alle sue motivazioni, alle ragioni che hanno promosso la rilevazione dei dati.

Susanna Mantovani

• ipotesi

Osservazione in tre mosse

• osservazione

• elaborazione e interpretazione dei risultati

Parametri dell’osservazione

L’oggetto il cosa osservare Gli strumenti il come osservare I tempi il momento da osservare

DI VERIFICA per misurare

EURISTICA per far emergere ipotesi

La scuola che... PROGETTA

Progettare

nella scuola, oggi, risponde alle seguenti caratteristiche:

sinteticità

chiarezza

delle finalità e degli obiettivi

orientatività al futuro

Progettare vuol dire qualificare e permettere a un progetto di calarsi nella situazione concreta della singola scuola in un determinato contesto sociale e culturale.

Nel progettare , la Scuola dell’Infanzia adempie precisi compiti:

• introduce il bambino nel mondo della cultura;

• potenzia le capacità del bambino curioso;

• assolve il diritto allo studio di tutti bambini.

Attraverso una progettazione ben organizzata, la Scuola dell’Infanzia opera così:

Struttura un percorso lo sviluppa lo verifica

La scuola che... VALUTA

Valutare implica esprimere un giudizio. E nessun giudizio può mai essere oggettivo, scevro da responsabilità. Se non altro perché i criteri stessi sono frutto di una scelta, dunque di un atto più o meno discrezionale.

Ernesto Paolozzi

La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e attraverso l’individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo.

(DPR 122/2009)

La valutazione informativa

La valutazione formativa

serve al bambino per comprendere cosa sa e cosa può migliorare per raggiungere il successo formativo

serve all’insegnante per regolare il suo insegnamento

Valutazione come occasione per:

• conoscere i livelli di sviluppo e di apprendimento di ogni bambino;

• valorizzare ognuno nel modo più idoneo alle sue caratteristiche di apprendimento;

• aiutare ad affrontare i vari stadi della crescita collegati alle caratteristiche personali di ogni bambino.

• Sommativa - valuta la fine di un percorso di conoscenza

Valutazione

• Formativa - fornisce informazioni durante il percorso di conoscenza

• Autentica - valuta la padronanza di competenze reali

La scuola che... INCLUDE

Includere è un processo che:

• si riferisce alla globalità delle sfere educativa, sociale e politica;

• riguarda tutti gli alunni e tutte le loro potenzialità;

• interviene prima sul contesto e poi sul soggetto;

• trasforma la risposta specialistica in ordinaria.

Inclusione

Si focalizza sul contesto e su tutti i protagonisti. Ha la finalità di creare un ambiente che risponda ai bisogni di tutti.

Riconosce il diritto alla diversità che comprende la molteplicità delle situazioni personali.

Si stanzia sulla convinzione che l’eterogeneità costruisce la normalità.

La didattica inclusiva una didattica per tutti e per ciascuno

IL DOCENTE

VALORIZZA

le diversità degli alunni SOSTIENE

ogni alunno

INCLUSIVO

LAVORA

con gli altri cooperando

SI AGGIORNA

e si forma professionalmente

In questo contesto, insegnare deve staccarsi dall’idea predefinita e partire da una valutazione del profilo di funzionamento del singolo individuo , cioè partire da ciò che ogni singolo alunno sa fare e da lì avviare il processo di apprendimento.

Utilizzo del CD-ROM e materiali contenuti

Per fornire uno strumento completo, adeguato al lavoro di ogni insegnante/educatore della Scuola dell’Infanzia oggi, abbiamo realizzato un CD-Rom allegato alla Guida All’interno sono presenti tutti i materiali necessari per osservare , progettare , valutare e includere tutti i bambini.

L’insegnante, quindi, può scegliere se fotocopiare dal libro o scaricare il materiale dal CDRom, secondo le proprie esigenze.

Le griglie e le tabelle sono presentate con la doppia estensione : .docx e .rtf

Entrambe possono essere modificate e rispondono, perciò, alle necessità di ogni singolo insegnante, di ogni singola scuola, di ogni singolo bambino a cui il processo educativo è rivolto

La numerazione dei file all’interno del CD-Rom segue la sequenzialità della Guida e questo permette una facile consultazione di entrambi gli strumenti.

L’icona posta in alto nelle pagine della Guida indica la possibilità di utilizzare il materiale presente scaricandolo dal CD-Rom, oltre che di fotocopiarlo.

materiale per l'insegnante

• Griglie di osservazione

• Tabelle di valutazione

• Schede di verifica

• Questionari conoscitivi

• Documenti scuola-famiglia

• Modelli

• Fascicolo personale per la Continuità

L’INFANZIA E LA SUA SCUOLA Presentazione

di Ivana Manighetti Della Libera e Elisabetta Madriz

1.

UN INDIRIZZO INIZIALE

Mai come in questi tempi il bambino è stato così al centro delle riflessioni, dei pensieri, delle politiche, delle pratiche; nei modi opportuni e anche in quelli che opportuni non sono.

Verrebbe da chiedersi:

– Il bambino, oggi, chi è?

– Qual è l’infanzia per la quale tanta attenzione e tante progettualità si mettono in campo per favorirne così la crescita in previsione di un’umanità migliore, nella sua garanzia di sopravvivenza ma anche di qualità della stessa?

– E qual è la scuola - in quanto primo contesto educativo strutturato per l’età 3-6 annidi cui oggi l’infanzia ha bisogno?

Lo sappiamo: i bisogni e le risposte ad essi non sono sempre su un piano di simmetria. Però in educazione non è sui bisogni che si lavora, ma sulle potenzialità, sulle possibilità, costruendo spazi, modi, condizioni adeguate a consentire la realizzazione piena di tutti, riconoscendo l’alterità della condizione infantile

La scuola deve essere oggi soprattutto un luogo dell’infanzia sia nella sua dimensione singolare sia in quella plurale/comunitaria, deve essere ambiente vivo di relazione, di ascolto, di pratica, di condivisione solidale e progettuale.

A questa scuola dedichiamo il presente lavoro.

Lo indirizziamo agli insegnanti/educatori della Scuola dell’Infanzia, ai loro bambini e alle loro famiglie.

Lo indirizziamo a quanti credono che non vi siano modi giusti o modi sbagliati di educare, ma piuttosto azioni intenzionali e finalizzate a fare ciò , e azioni che non lo sono.

Lo indirizziamo a quanti oggi, nella Scuola dell’Infanzia, pensandosi come la naturale prosecuzione dei luoghi della prima infanzia (0-3), la accolgano nella sua intima costituzione presente, riducendo al minimo la tensione pratico-operativa verso il futuro, consentendo ai bambini e alle bambine di avere il loro tempo e di abitare comodamente la loro infanzia.

Questo pensiero è conforme alle più attuali linee di ricerca della pedagogia dell’infanzia che, muovendosi tra gli apporti della psicologia dello sviluppo e della sociologia dell’educazione, fa proprio un territorio di studio e di azione oggi sempre più complesso: ridurlo a metodi e tecniche, oltre che scorretto scientificamente, diviene insostenibile di fronte alle sfide che il contemporaneo pone, soprattutto in educazione dove, sosteneva già Dewey (1929) , “i problemi nascono autonomamente dalle esperienze educative e non dalle problematiche sociali” .

LE ANIME DEL TESTO

Il testo trae origine e si presenta con una duplice anima:

• quella della pratica educativa agita nella quotidianità;

• quella della riflessione pedagogica che solo a posteriori può esercitare la sua valenza orientativa e valutativa.

Per questa ragione non è possibile prescindere da un primo affondo sul tema delle buone pratiche , tema ricorrente e quasi pervasivo nel campo di tutte quelle professionalità che si spendono attraverso le relazioni umane e che, pertanto, non poteva che contaminare anche il mondo dell’educazione legato a quel primo fondamentale tempo della vita che è costituito dalla prima e dalla seconda infanzia.

Benché tale pubblicazione sia rivolta esplicitamente al mondo della Scuola dell’Infanzia, essa non può - in relazione alle nuove direzioni anche operative che il cosiddetto “0-6” ha tracciato - venire meno all’impegno di occuparsi di temi che trasversalmente incontrano il divenire della persona umana tra 0 e 6 anni.

Come afferma Calidoni (2008) c’è un modo di “lavorare sulle ‘buone pratiche’ che si orienta nella direzione della cosiddetta ‘organizzazione che apprende’, che fa emergere, condivide e crea conoscenze e valore” . Eccola qui l’anima della pratica educativa , della quotidianità, di quei “momenti di incontro di libere volontà umane aperte all’imprevedibilità ed all’ulteriorità” (Calidoni, 2008) che debbono trovare, all’interno della progettazione e della valutazione educative la loro coerente collocazione, per diventare non solo esperienza dell’infanzia e per l’infanzia, ma anche cultura dell’infanzia . Il passaggio non è scontato e nemmeno automatico: è qui che interviene l’anima della riflessività pedagogica , impegnata a dare conto del senso e dell’intenzionalità di quell’agire, non in quanto risposta a sollecitazione, ma in quanto progettualità geneticamente costitutiva della relazione educativa. In questo testo la quotidianità educativa e la riflessione pedagogica si danno la mano, nel tentativo di superare quello scollamento che spesso attanaglia le pratiche, buone o meno che siano, che cercano riferimenti solidi nella teoria, lasciando gli insegnanti/educatori alternativamente delusi, entusiasti ma non convinti, fermi nei convincimenti ma poi in difficoltà nell’esercitare con virtù il legame scindibile tra quel che si sa, quel che si pensa di fare e quel che si fa. Lavorare educativamente significa:

• farsi interrogare dalla natura umana, riconoscere che essa si forma all’interno di una condizione sociale;

• sviluppare un’abitudine all’analisi delle complessità in gioco;

• operare concretamente nella direzione del diritto del bambino alla sua infanzia.

LA SCUOLA DELL’INFANZIA OGGI

Come si presenta oggi la Scuola dell’Infanzia ?

La sua carta di identità ci è nota, ma dietro alle sue definizioni talvolta ci sfuggono i contesti che essa abita, le comunità umane che la rendono tale, le micro-culture che la sostanziano nella sua ricerca di equilibrio tra l’appartenenza al sistema educativo e la particolarità della forma che nel tempo è andata assumendo, e che ancora andrà ad acquisire, trasformandosi.

La Scuola dell’Infanzia , statale e paritaria, si rivolge a tutte le bambine e i bambini dai 3 ai 6 anni di età ed è la risposta al loro diritto all’educazione e alla cura , in coerenza con i principi di pluralismo culturale e istituzionale presenti nella Costituzione della Repubblica, nella Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e nei documenti dell’Unione Europea.

Essa si pone la finalità di promuovere nei bambini lo sviluppo dell’ identità , dell’ autonomia , della competenza e li avvia alla cittadinanza .

Tali finalità sono perseguite attraverso l’organizzazione di un ambiente di vita, di relazioni e di apprendimento di qualità, garantito dalla professionalità degli operatori e dal dialogo sociale ed educativo con le famiglie e con la comunità.

“Indicazioni per il curricolo 2012”, Annali della Pubblica Istruzione, Numero speciale 2012, Le Monnier

La Scuola dell’Infanzia , con il suo lungo e autorevole percorso storico, ha segnato numerose tappe legate alla consapevolezza del significato del bambino persona

Gli obiettivi raggiunti in tal senso sono chiari e lusinghieri, ma molto rimane ancora da scoprire e analizzare.

La scuola si delinea sempre più come vera e propria istituzione educativa impegnata a favorire lo sviluppo armonico e integrale della personalità di ciascun bambino .

Durante il percorso educativo avviene il riconoscimento di esigenze di ordine materiale e non, alle quali rispondono la costante attenzione, la disponibilità da parte dell’adulto, la stabilità e la positività delle relazioni, la flessibilità e l’adattabilità a nuove situazioni. Questo avviene dando a ciascun bambino la costante possibilità di esplorazione , di scoperta , di partecipazione attiva e di poter dare senso alle esperienze fatte.

Tutto questo in un intenso clima di affettività positiva e gioiosità ludica.

È una scuola che fa tesoro delle esperienze del passato, ma sempre più assume una propria connotazione nel panorama scolastico odierno. Considera ogni bambino soggetto di diritti con una propria storia personale, con il proprio patrimonio di esperienze, di relazioni, di emozioni, pronto o timoroso, ma sempre attratto dalle novità e dalle esperienze che il nuovo contesto educativo saprà proporre.

La scuola promuove lo stare bene e cura gli ambienti, la predisposizione degli spazi educativi, la conduzione attenta dell’intera giornata scolastica.

È una scuola a misura di bambino con una specificità e un’identità ben definite, nella quale ogni azione, momento, attività hanno un senso e rispondono alle esigenze reali di ciascuno.

È la scuola del bambino, secondo il bambino e per il bambino.

La scuola del bambino

Com’è - come dovrebbe essereoggi la Scuola dell’Infanzia?

È una scuola che vede il bambino sempre più partecipe della sua crescita e della sua attiva condivisione di un contesto educativo ricco, stimolante, aperto a tutto e a tutti.

Una scuola dove ciascuno si sente sicuro, accolto, importante non per quello che sa fare o fa, ma per quello che è.

Un ambiente educativo che ha come pretesto il mondo, per dare a tutti l’opportunità di sperimentare, curiosare, scoprire, assaporare, sbagliare e modificare, esercitare tutti i sensi in una successione ben equilibrata di momenti di vita.

Le attività didattiche intenzionali lasciano grandi spazi al fare costruttivo e l’adulto sa mettersi in sintonia con il bambino, avendo ancora la capacità di meravigliarsi con lui in una scoperta, in un gioco da condividere, in un percorso da compiere insieme.

• La scuola del bambino è, inoltre, una scuola dell’accoglienza .

È una scuola che accoglie le bambine e i bambini in modo personalizzato, si fa carico delle emozioni loro e dei loro familiari nei delicati momenti del primo distacco, dell’ambientazione quotidiana e della costruzione di nuove relazioni con i compagni e con gli adulti di riferimento. Attua forme di collaborazione e di collegamento per mezzo di colloqui all’inizio del percorso scolastico, momenti di vita comune dove scuola e famiglia si interrogano sul bambino, nel rispetto delle reciproche competenze.

Nei progetti di continuità verticale devono essere considerati gli incontri con

gli educatori del Nido, per poter conoscere il bambino, le relazioni, le esperienze maturate, le emozioni vissute nello scorrere della vita di ogni giorno.

• La scuola del bambino è un reale ambiente di apprendimento

Si presenta sempre più come un ambiente accogliente, dove le attività didattiche intenzionali si alternano, in forma equilibrata, alle attività di routine. I tempi sono distesi e a tutti è concesso di vivere serenamente le proprie esperienze e di poter esplorare, capire, parlare, sperimentare.

Gli spazi sono sempre più curati, c’è una ricerca del gusto estetico e una disposizione di arredi e materiali sempre più in linea con i dettami della pedagogia.

Le relazioni tra adulti, mediate dal coordinamento pedagogico, tendono alla costruzione di una comunità professionale orientata alla condivisione di una progettualità in sintonia con le esigenze dei bambini , che possono vivere serenamente la loro giornata scolastica e godere delle attività che sperimentano.

• La scuola del bambino è aperta

C’è una sorta di contaminazione che provoca nelle scuole una continua ricerca e una sana competizione nella costruzione dei percorsi educativo-didattici, impostati sulla vita di sezione, le attività per piccoli gruppi, i progetti mirati, gli appuntamenti laboratoriali.

È una fase importante questa nella scuola del bambino, dove la ricerca di nuovi interessi, l’inserimento nel contesto sociale, l’apertura al mondo passano attraverso il contatto diretto con la realtà locale , varie forme di collaborazione con altre agenzie educative quali biblioteche, gallerie d’arte, scuole di musica, centri didattico-teatrali e sportivi.

Non mancano i progetti collegati al mondo del lavoro, all’artigianato, alla natura nei suoi vari aspetti stagionali e spaziali.

3.2

La scuola secondo il bambino

Cosa accade se affidiamo a un bambino una macchina fotografica?

Le immagini fermate nei fotogrammi sono quelle che gli appartengono in quanto rappresentano il mondo come lui lo vede, dalla sua posizione, dalla sua altezza, con il suo sentire sensoriale ed emotivo, con la sua attenzione al particolare.

Cosa accade se diamo al bambino la possibilità di indirizzarsi soltanto verso quelle attività che gli sono proprie, che gli appartengono, che lo rappresentano, che lo realizzano? Probabilmente sceglierebbe alcune attività e non altre, ma soprattutto possiamo ipotizzare che concentrerebbe le sue scelte in tre grandi ambiti: gioco , relazione , esplorazione .

Ecco che la Scuola dell’Infanzia oggi deve fare suoi questi tre grandi ambiti, come fondamenti attraverso i quali costruire l’intera vita quotidiana a scuola: perché il bambino è gioco, è relazione, è esplorazione continua .

La scuola secondo il bambino è la scuola vista con gli occhi del bambino, la scuola che il bambino desidera, che si attende, che ha il diritto di ricevere.

• Nella scuola secondo il bambino si gioca

L’attività ludica, risorsa privilegiata di apprendimento e di relazione, investe totalmente la vita del bambino. Mediante quest’azione costante e sistematica, nelle nostre scuole il bambino si confronta con se stesso, con gli altri e con le cose.

La sapiente regia dell’adulto e l’armonia tra docenti fa sì che la giornata si svolga su un tracciato collegato di attività , le quali hanno come denominatore comune il gioco in tutte le sue espressioni.

• Nella scuola secondo il bambino si esplora e si ricerca .

Nelle scelte metodologiche che caratterizzano la scuola, l’esplorazione e la ricerca occupano un posto rilevante, si traducono nella curiosità e nella scoperta anche delle piccole cose.

La valorizzazione delle proposte che vengono dai bambini stessi costituiscono altrettante preziosità da non sottovalutare nell’azione educativo-didattica. È la scuola del bambino esploratore e ricercatore , è la scuola del bambino scienziato puro e ingenuo, perciò autentico.

• Nella scuola secondo il bambino si sta insieme, si esercitano relazioni .

Nella scuola si respira sempre più aria di innovazione, attraverso le sezioni aperte, le attività per gruppi, la vita di laboratorio, le quali favoriscono un clima sociale positivo e un arricchimento delle relazioni.

Lo stare insieme, all’interno di contesti pensati, di ambienti materialmente sobri e psicologicamente sereni e arricchenti, diviene in qualche modo la possibilità di fare esperienza di un agire sociale e collettivo sempre più richiesto e significativo oggi.

3.3

La scuola per il bambino

La scuola per il bambino ha un primo indispensabile requisito: la professionalità docente .

Il ruolo dei docenti, preparati, motivati, attenti alla specificità dei singoli bambini e del gruppo, consapevoli della loro funzione di registi equilibrati e attenti in un lavoro collaborativo, è determinante nel dar senso e intenzionalità ad ogni azione educativa.

Il loro stile educativo si ispira sempre più:

- all’ascolto;

- all’osservazione sistematica;

- al confronto continuo;

- al rapporto corretto con quanti, adulti e bambini, fanno parte della comunità educante.

È per questa ragione che preferiamo usare il termine di insegnante/educatore: l’etimo dell’ in+signare risulta solo parzialmente rispondente e pertinente alla figura educativa della Scuola dell’Infanzia.

Il compito non è tanto quello di contrassegnare i bambini con apprendimenti formali che traccino il loro sviluppo, quanto più quello di scoprire e dare voce alle potenzialità che li contraddistinguono.

La domanda che ogni educatore dovrebbe farsi, infatti, non è:

– Che cosa devo/posso insegnare a questo bambino?

La domanda lecita in educazione è esattamente opposta:

– Come posso accompagnare autenticamente la crescita di questa persona?

La scelta dell’una o dell’altra posizione, ovviamente, non è secondaria, ma è una scelta di principio nell’agire educativo.

In aggiunta a questo, la scuola si caratterizza anche per la sua dimensione comunitaria: l’accezione che qui consideriamo è quella della comunità professionale , in cui la pluralità delle forme, delle esperienze, dei soggettivi percorsi professionali sia considerata come una ricchezza da ridistribuire quotidianamente, da non disperdere nelle inutili logiche “i miei materiali, la mia sezione, i miei bambini”.

Questa modalità distorta di pensarsi professionalmente all’interno della scuola non può che essere dannosa per tutti, a partire dai bambini, ma i risultati peggiori li dimostra qualificandosi come un’istituzione statica, ripiegata su se stessa, resistente ai cambiamenti, quando invece i tempi odierni richiedono esattamente l’opposto.

La scuola per il bambino è una scuola dove si osserva e si verifica , dove lo stile educativo degli insegnanti/educatori è costantemente modulato sui criteri di ascolto, di osservazione, di consapevolezza e di condivisione del mondo bambino

Lo star bene a scuola del singolo bambino ha un’azione positiva che favorisce lo star bene dell’intero gruppo.

La scuola favorisce l’apprendimento, perché tutti i componenti della comunità educante si interrogano sul loro operato e sono consapevoli delle azioni da intraprendere per sollecitare la curiosità, favorire e vivere con i bambini le avventure esplorative, il contatto diretto con la natura, l’arte, la vita del territorio.

La scuola si osserva e si verifica se risponde al diritto all’educazione, alla cura, con un occhio attento ai principi di pluralismo culturale e a un’azione sollecita di mediazione per facilitare nei bambini l’interazione affettiva e la voglia di scoprire insieme.

La scuola verifica costantemente l’organizzazione della giornata scolastica con il giusto alternarsi di attività didattiche intenzionali e di attività di routine.

Si osserva e si verifica se c’è lavoro collaborativo e se le relazioni tra insegnanti/educatori, e quanti operano nella scuola, sono positive e in continua innovazione.

La formazione sistematica sugli aspetti legati all’osservazione e alla verifica contraddistingue la progettualità e l’azione educativa.

La Scuola dell’Infanzia , ambiente di vita e di relazione , alimenta e favorisce il benessere dei bambini con una cura particolare all’estetica, alla bellezza in tutte le sue forme dove non mancano le immagini significative, la riproduzione di opere d’arte e la presenza di oggetti densi di significato che suscitano curiosità e sollecitano le domande.

È una scuola dove la vita all’aperto viene organizzata in modo attento, dando ampio spazio alle iniziative dei bambini che entrano a pieno titolo nella condivisione delle esperienze.

È una scuola che verifica se le strategie, le proposte educative, i momenti di vita scolastica, i percorsi di apprendimento hanno favorito nei singoli e nel gruppo il potenziamento delle capacità, la gioia nello stare con gli altri, l’opportunità di vivere intensamente le emozioni e di essere soggetti attivi nel percorso di vita della scuola.

È in questa scuola che ogni bambino, attraverso l’azione ludica, ben predisposta dai docenti, può rendersi conto delle conquiste e sentirsi pronto e motivato per altre avventure.

In ultimo, la scuola lascia tracce

Significa dare al bambino l’opportunità di rendersi conto di saper fare, di essere persona capace; lasciare traccia significa far assumere pieno significato agli itinerari pensati e vissuti all’interno della scuola da tutti i soggetti partecipanti , rivivere le esperienze, riflettere sulle conquiste fatte, condividere la gioia di essere partecipi di tante entusiasmanti avventure didattiche.

Tutta la comunità educante può attingere costantemente informazioni, riflessioni, attivare confronti per alimentare e sostenere la crescita di tutti i bambini a livello corporeo, relazionale, culturale, etico, estetico.

La documentazione esce dalla sua dimensione obbligatoria e dimostrativa e diviene un elemento prezioso, ricco di dati che rendono sempre più la scuola un’istituzione volta a promuovere nel bambino il consolidamento della propria identità , lo sviluppo dell’autonomia , l’acquisizione di competenze , accompagnandolo a vivere le prime esperienze di cittadinanza .

La scuola favorisce il lasciare tracce ai bambini e per i bambini quando le rielaborazioni grafico-pittorico-plastiche sono:

- collocate ad altezza di bambino;

- accompagnate da descrizioni comprensibili a tutti.

Inoltre, l’utilizzo del Diario di bordo , cioè una sorta di storia illustrata della vita di scuola, favorisce la collaborazione tra tutti i componenti della comunità educante.

L’esposizione degli elaborati tridimensionali , completati da ampie descrizioni e dai commenti dei bambini, racconta gli eventi attraverso l’uso sistematico dei vari materiali.

La costruzione di schemi, di tabelle a doppia entrata e la raccolta di impressioni coinvolgono positivamente tutti i bambini, secondo le capacità, il grado di sviluppo, l’interesse, l’attenzione, per la conquista di una maggior sicurezza e per l’avvio di una certa organizzazione delle conoscenze.

I dialoghi sapientemente registrati, le strisce che raccontano collettivamente le sequenze di un progetto vissuto, in prima persona e poi rielaborato, danno significato ad ogni piccolo evento e avviano, adulti e bambini, alla pratica dell’ autovalutazione e della valutazione esterna con un miglioramento continuo dell’offerta formativa.

I DOCUMENTI E I RIFERIMENTI NORMATIVI

Ciò che presentiamo vuole essere un elenco prezioso e un contributo agevole al lavoro degli insegnanti/educatori.

Un contributo , perché immaginiamo che spesso l’aspetto legislativo sia nelle mani del coordinamento o della Dirigenza e, perciò, riguardi solo marginalmente il lavoro quotidiano dell’insegnante, senza considerare invece che ogni azione educativa in realtà è vincolata a e da elementi normativi. Essi infatti costituiscono le condizioni di esercizio dell’educare.

Tale contributo, poi, si qualifica come agevole perché non solo elenca con precisione i riferimenti che nel testo sono più volte citati o anche solo richiamati, ma perché questi ci paiono costituire la summa dei più importanti riferimenti prescrittivi del fare Scuola dell’Infanzia oggi.

L’ordine con cui li citiamo è cronologico, elemento che ci dà anche la misura dell’effettiva urgenza di conoscere nel dettaglio questi riferimenti per attuare modalità e politiche educative ad essi sempre più aderenti.

Come si può ben vedere è negli ultimi anni che si concentrano provvedimenti di legge o di indirizzo particolarmente cruciali.

La Scuola dell’Infanzia si affaccia su un nuovo scenario di scuola e di formazione: ha conosciuto gli anni d’oro con gli Orientamenti 91 e ora è chiamata a un importante passo avanti, entrando a buon diritto negli attuali sistemi di valutazione che la promuovono a luogo cruciale, di accompagnamento non solo alla crescita formativa, ma anche culturale e sociale.

Ecco l’elenco dei dispositivi di legge .

• Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne stata li - 1991

• Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione - 2007

• La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri - 2007

• Legge 170/2010

• Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento - 2011

• Direttiva Ministeriale BES 27/12/2012

• Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione - 2012

• Decreto attuativo sulla prevenzione 170 - 2013

• RAV - 2014

• “Diversi da chi?” a cura dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura - 2015

• Legge 107/2015

• RAV Infanzia - 2016

• Decreto Legislativo 62/2017 - Valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato

• Decreto Legislativo 65/2017 - Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni

STRUTTURA DEL TESTO

E INDICAZIONI PER L’USO

Questo testo nasce da una doppia mano: quella esperta del quotidiano educativo e quella dedicata alla comparazione con i principi.

La pratica e la teoria si cercano, si inseguono, si rispecchiano, si aprono l’una all’altra, si riconoscono e si valorizzano, perché la pratica non basta a se stessa e la teoria non nasce dal nulla.

Se la scienza ha origine perché inciampiamo nei problemi , questo testo fa pienamente sua la metafora e ha come obiettivo esplicito quello di parlare agli insegnanti/educatori della scuola di oggi per accompagnarli a quella di domani.

Si tratta di proporre vie praticabili all’interno dei diversi contesti, una volta condiviso un assunto: la scuola di oggi è complessa, ma proprio nella sua complessità custodisce un appello al nuovo, al possibile, al cambiamento

Comprendere i grandi temi che riguardano la contemporaneità dell’educare apre alla possibilità di una realizzazione pratica che deve essere continuamente ripensata, rinegoziata, ricalibrata sugli elementi che caratterizzano le situazioni educative. In questa necessaria flessibilità, la solidità deriva dai riferimenti normativi e scientifici che costituiscono i pilastri sui quali costruire i diversi percorsi.

Per questa ragione, il testo si presenta bipartito:

• una prima parte , che affronta i grandi temi riguardanti l’educazione nella fascia 3-6, con un preciso riferimento anche alla prima infanzia (0-3) e ai temi ad essa connessi;

• una seconda parte , che discute e presenta gli aspetti pratici dell’educare nella Scuola dell’Infanzia.

Queste due componenti sono solo una pratica scomposizione analitica, di studio e di riflessione, di quella che è l’ interezza dell’educare , la quale non è certo fatta di momenti tra loro scomponibili e autonomi, ma assume la valenza prima di accompagnamento alla realizzazione della persona (Dalle Fratte, 1986) , proprio in riferimento a quella dimensione specifica che riguarda l’azione educativa, come oggetto di studio della scienza pedagogica.

Guida per valutare nella Scuola dell’Infanzia

Quattro semplici regole facilitano la consultazione del testo e il suo utilizzo.

1. Non è un manuale : in esso non si trovano, condensate, le teorie che riguardano l’educazione nella seconda infanzia, né una rassegna di temi che caratterizzano la professione educativa.

2. È uno strumento da tenere a portata di mano : perché indica modalità di azione e di riflessione su quelle situazioni che giornalmente interrogano l’educazione.

3. Se ne fa buon uso quando si modificano i contenuti : gli strumenti che vengono presentati e illustrati sono solo un esempio per l’attività - che sia con i bambini, documentativa, di verifica ecc. - e quindi il loro scopo è quello di stimolare nuove e diverse elaborazioni.

4. Se ne fa un uso ancora migliore quando non si usa più : giacché il testo si prefigge di accompagnare l’insegnante/educatore a realizzare al meglio il suo potenziale professionale e, proprio per questo, di condurlo a sviluppare una sua autonomia ideativa e operativa, sempre vincolata alla comunità educativa di appartenenza.

Con questo augurio indirizziamo il testo ai molti insegnanti/educatori che ne faranno uso: che possano in esso ritrovare, in termini precisi e corretti, il grande impegno professionale che quotidianamente spendono a favore degli adulti di domani.

Ci auguriamo che essi non vengano mai meno nella continua passione per la cura dell’infanzia e del suo potenziale nel costruire scenari possibili, più giusti e più sostenibili per tutti e per ciascuno.

Le autrici

Per facilitare la consultazione...

l’insegnante chiede domande per calare nel quotidiano gli argomenti trattati

approfondimento focus per ampliare il proprio sapere sulla materia

hanno detto frasi e pensieri celebri a supporto delle argomentazioni

conversazione tra insegnanti proposte per la riflessione collegiale

l’insegnante risponde risposte di insegnanti ad alcuni quesiti interessanti

una chiave di lettura

interpretazione e commento del testo ministeriale

prima PARTE la teoria i grandi temi

Capitolo 1

Lo sviluppo del bambino da 0 a 6 anni pag. 31

1. Che cos’è lo sviluppo? pag. 31

2. Aree principali dello sviluppo del bambino .................................... pag. 32

3. La prima infanzia pag. 33

4. La seconda infanzia pag. 37

4.1 Lo sviluppo emotivo pag. 38

4.2 Lo sviluppo sociale ....................................................................... pag. 44

4.3 Microsistema coetanei pag. 44

4.4 Microsistema scuola pag. 49

4.5 Microsistema famiglia pag. 49

5. Lo sviluppo della moralità pag. 50

6. Conclusioni pag. 58

Capitolo 2

La genitorialità pag. 59

1. Per iniziare… pag. 59

2. La famiglia nelle Indicazioni per il curricolo pag. 60

3. Il passaggio da coppia a famiglia pag. 65

4. Le funzioni genitoriali pag. 68

5. Il sostegno alla genitorialità nella Scuola dell’Infanzia: dove inizia e dove finisce… pag. 71

Capitolo 3

Dalle Indicazioni 2012 alla Scuola dell’Infanzia oggi pag. 77

1. Cultura, scuola, persona pag. 77

1.1 La scuola nel nuovo scenario ..................................................... pag. 77

1.2 Centralità della persona pag. 87

1.3 Per una nuova cittadinanza pag. 94

1.4 Per un nuovo umanesimo pag. 99

2. Finalità generali pag. 119

2.1 Scuola, Costituzione, Europa pag. 119

2.2 Profilo dello studente pag. 156

2.3 Il profilo e la Scuola dell’Infanzia ................................................ pag. 158

3. L’organizzazione del curricolo pag. 159

3.1 Dalle Indicazioni al curricolo ...................................................... pag. 159

3.2 Aree disciplinari e discipline pag. 160

3.3 Continuità e unitarietà del curricolo pag. 163

3.4 Traguardi per lo sviluppo delle competenze pag. 166

3.5 Obiettivi di apprendimento pag. 174

3.6 Valutazione pag. 180

3.7 Certificazione delle competenze ............................................... pag. 184

3.8 Una scuola di tutti e di ciascuno pag. 185

3.9 Comunità educativa, comunità professionale, cittadinanza pag. 188

Capitolo 4

Utilità e ragioni del Rapporto di Autovalutazione nella Scuola dell’Infanzia pag. 193

1. Premessa pag. 193

2. Valutazione d’istituto e qualità della scuola: cenni storici pag. 195

3. Per una lettura critica del RAV pag. 199

3.1 Il RAV nella Scuola dell’Infanzia pag. 200

3.2 Per un approfondimento normativo pag. 204

Capitolo 5

La continuità 0-6: natura, cultura e potenzialità educative pag. 207

1. Una necessaria premessa di contesto ............................................ pag. 207

2. Natura, continuità e discontinuità pag. 210

3. La continuità per la qualità: dai documenti europei alla Legge 107 pag. 213

4. La continuità educativa della proposta 0-6 pag. 216

Introduzione alla prima parte

I GRANDI TEMI

La prima parte del volume si incontra e discute con i grandi argomenti che riguardano oggi la Scuola dell’Infanzia.

La familiarità che ci avvicina al contesto quotidiano della scuola ha permesso di rilevare alcuni elementi e nodi critici che contrassegnano la sua attualità.

Se pensiamo alla storia della Scuola dell’Infanzia in Italia essa ha radici molto lontane.

Ed è una storia particolarmente significativa, ricca di diversificate esperienze realizzatesi sul territorio, le quali sono state unificate nella loro nascita istituzionale sul finire degli anni Sessanta, con la nota L. 444/1968. Da quella data in poi, la necessità di accogliere e rispondere ai cambiamenti in atto nella società è stata sempre al centro della natura pedagogica della scuola: ciò corrisponde per noi alla scelta dei grandi temi , nodi essenziali per la trama teorica e pratico-organizzativa della Scuola dell’Infanzia.

Essi sono così riassumibili:

- il bambino e il suo sviluppo;

- la genitorialità;

- i riferimenti specifici normativi che indirizzano l’agire educativo;

- l’autovalutazione della scuola e la continuità educativa.

Quest’ultima trova nella sua formulazione appena nata - D.L. 65/2017 - la prossima necessaria sfida per un percorso educativo coerente alla crescita delle nuove generazioni.

L’andamento proposto in questa prima parte del testo mette ancora una volta al centro la scuola del bambino, anche come riflessione sulle Indicazioni per il curricolo 2012, e si apre alla presentazione di strumenti, suggerimenti operativi, esemplificazioni che potranno essere utilizzati immediatamente dagli insegnanti.

La bibliografia è stata riportata in fondo ad ogni capitolo, affinché gli insegnanti maturino subito la curiosità di ricercare le fonti delle proposte operative e perché il suggerimento dato segua una logica pratica, applicabile da ciascuno secondo il suo sentire educativo.

Il primo capitolo “Lo sviluppo del bambino da 0 a 6 anni” della Dott.ssa

Anna Nosella percorre la fenomenologia del bambino, presentata attraverso i campi di esperienza, ma assunta all’interno del più ampio panorama teorico dell’ecologia dello sviluppo umano di Bronfenbrenner.

In questo capitolo le domande guida sono proprio queste:

Chi è il bambino da 0 a 6 anni?

Come cresce?

Come progredisce nel suo percorso di vita?

Come va a realizzare le sue disposizioni?

Il secondo capitolo “La genitorialità” a cura della Dott.ssa Elisabetta Madriz affronta il tema della genitorialità. Per un educatore conoscere come nasce una coppia, cosa significa diventare famiglia, quali sono le funzioni che competono all’essere genitori risulta fondamentale per poter svolgere un ruolo che è di supporto, non solo alla crescita armonica del bambino, ma anche dell’intero nucleo familiare.

Con le parole felici di Brazelton “ce la fa un bambino, se ce la fanno i suoi genitori” : stare dalla loro parte conoscendo le dinamiche che caratterizzano la genitorialità è oggi un compito irrinunciabile.

Il terzo capitolo “Dalle Indicazioni 2012 alla Scuola dell’Infanzia oggi” curato da Ivana Manighetti Della Libera tratta in maniera specifica le Indicazioni per il curricolo 2012. L’analisi qui condotta, che riporta i passi salienti e maggiormente significativi del testo ministeriale, risulta essere funzionale ad assumere una corretta postura educativa, in particolare per due ragioni: - in primo luogo è “indicativo” e orientativo di una corretta modalità di pensare e agire nella scuola di oggi; - in secondo luogo, ci pare lasciare ad ogni scuola la libertà di esprimere la sua originale identità culturale.

Gli approfondimenti che le Indicazioni aprono e consentono sono uno spazio di libertà per l’insegnante/educatore, uno spazio dentro cui collocare la storia della propria comunità educante e gettare le basi per il suo auspicabile futuro.

Il quarto capitolo “Utilità e ragioni del Rapporto di Autovalutazione nella Scuola dell’Infanzia” del Dott. Matteo Cornacchia è dedicato all’autovalutazione, la quale entra nel sistema scolastico come in qualsiasi altro “sistema produttivo”: ciò comporta dei rischi, certo, ma a nostro avviso porta con sé delle grandi potenzialità.

Il quinto capitolo “La continuità 0-6: natura, cultura e potenzialità educative” della Dott.ssa Elisabetta Madriz parla del tema della continuità. La legge sullo “0-6” porta con sé un grande contenuto pedagogico: il bambino cresce nella continuità evolutiva e questi primi anni di vita necessitano di percorsi strutturati nella contiguità e nella cooperazione dei luoghi e dei servizi che le sono dedicati.

Concludendo con le parole di Demetrio: “L’educazione è una silenziosa, poco spettacolare, lunga marcia” (Demetrio, 2009)

LO SVILUPPO DEL BAMBINO DA 0 A 6 ANNI Capitolo 1

di Anna Nosella

La personalità di un bambino è qualcosa di molto complesso: ogni persona è un mondo a sé e, ancor di più, una mente in crescita che ha la possibilità di scelta fra diversi percorsi. Tuttavia cercheremo di descrivere alcuni punti importanti che sembrano rappresentare alcune delle tappe nella storia dello sviluppo di un individuo.

1.

CHE COS’È LO SVILUPPO?

Lo sviluppo si può definire un fenomeno di continuità e cambiamento delle caratteristiche bio-psicologiche degli esseri umani come singoli e come gruppi. Questo fenomeno copre tutto il corso della vita, si estende a generazioni diverse, contesti sociali diversi e attraversa il tempo passato fino al presente (Bronfenbrenner, 2001) .

Infatti già il neonato si può definire come un organismo competente e complesso che costruisce e interagisce nel suo ambiente modificando continuamente i suoi modelli strutturali interni. I bambini, dalla nascita fino alla maturità, attraversano alcune tappe, fasi dello sviluppo, che sono suddivise per età e per differenti aree, capacità.

Non sempre i bambini raggiungono le tappe alla stessa età o velocità; nonostante le tappe di sviluppo siano note e prevedibili, è naturale che siano presenti differenze tra individui e che, ad esempio, un bambino mostri un ritardo rispetto ai coetanei nell’acquisizione di alcune delle tappe evolutive.

A una data età alcuni bambini possono essere già abbastanza avanti nel parlare, mentre altri stanno ancora scoprendo l’importanza delle parole; alcuni bambini possono avere notevoli abilità motorie, mentre altri possono ancora trovare difficoltà nei giochi di costruzione o simili.

Inoltre, lo stesso bambino può avere ritmi di sviluppo diversi in abilità appartenenti alla stessa area; ad esempio, può capitare

che un bambino abbia ottime capacità di comprensione della lingua parlata, ma mostri contemporaneamente difficoltà nell’esprimersi.

Solitamente questo processo viene diviso in cinque fasi:

• la prima infanzia (da 0 a 3 anni);

• la seconda infanzia (da 3 a 6 anni);

• la fanciullezza (da 6 a 10 anni);

• la preadolescenza (da 10 a 13 anni);

• l’adolescenza (dai 13 anni in poi).

2.

AREE PRINCIPALI DELLO SVILUPPO DEL BAMBINO

Secondo l’approccio di Bronfenbrenner tre sono gli aspetti importanti della definizione di sviluppo umano:

1. L’individuo cresce e si muove nell’ambiente dinamicamente, ristrutturandolo.

2. L’interazione tra individuo e ambiente è bidimensionale, l’uno modifica e influenza l’altro: questo prende il nome di reciprocità.

3. L’ambiente ecologico è visto sotto forma topologica, cioè come una serie ordinata di strutture concentriche incluse l’una nell’altra, queste strutture prendono il nome di: microsistema, mesosistema, esositema e macrosistema.

Esempi di microsistema possono essere la casa, il Nido, il campo-giochi e le tre caratteristiche fondamentali sono:

• le attività - le operazioni o i compiti nei quali un individuo si vede impegnato o vede impegnati gli altri;

• le relazioni interpersonali - le relazioni che i vari individui hanno tra loro in quanto membri di un gruppo impegnato in attività comuni;

• il ruolo - insieme di comportamenti e di aspettative strettamente connesse alla posizione che si occupa all’interno della società come ad esempio: madre, padre, figlio, amico, insegnante ecc.

“Un mesosistema comprende le interrelazioni tra due o più situazioni ambientali alle quali l’individuo, in via di sviluppo, partecipi attivamente (per un bambino, ad esempio, le relazioni tra casa, scuola e gruppo di coetanei che abitano nelle vicinanze di casa sua; per un adulto, quelle tra famiglia, lavoro e vita sociale)” (Bronfenbrenner, 1986, p. 60) .

L’ esosistema è l’interconnesione tra due o più contesti sociali dei quali almeno uno è esterno all’azione del bambino: ad esempio il rapporto tra la vita familiare e il lavoro dei genitori.

Il macrosistema comprende i valori della società e la sua cultura.

3.

LA PRIMA INFANZIA

DALLA NASCITA AI 3 ANNI

Il passaggio che il bambino compie dalla nascita ai 2-3 anni è uno sviluppo incredibilmente complesso e allo stesso tempo rapido. È caratterizzato da due eventi importanti: l’acquisizione della deambulazione e del linguaggio .

Al momento della nascita, la vita del bambino è ridotta all’uso delle strutture riflesse, ovvero alle coordinazioni sensoriali-motorie, come ad esempio quelle alimentari.

Fin dall’inizio, egli manifesta un’autentica attività che testimonia l’esistenza di una precoce assimilazione senso-motoria, poi interpretata come intelligenza senso-motoria.

Nel corso dei primi 3 anni di vita il bambino sviluppa anche le sensazioni e le emozioni di base per il suo futuro. Nella prima fase il bambino vive in una sorta di egocentrismo, cioè mette il suo corpo al centro del mondo. Con il tempo e con la formazione dell’intelligenza il bimbo tramuterà questo egocentrismo in uno schema oggettivo con il quale vedere il mondo esterno e il proprio corpo come parte di esso. Così arriverà alla concezione di altri esseri viventi che interagiscono con il mondo: le persone.

Il gioco in questo periodo è fortemente orientato sul proprio corpo e tutti gli oggetti vengono portati alla bocca. Intorno al compimento del 1° anno, i genitori cominciano a notare le prime vere parole. Da un punto di vista motorio molti bambini già a quest’età sanno camminare da soli: infatti il grande evento, solitamente, si compie nel 17° o nel 18° mese.

l’insegnante chiede

Cosa pensa il neonato?

O meglio, cosa sente nella sua piccola mente? Diciamo che, prima di tutto, per il neonato non esiste quella divisione, che a noi sembra così ovvia, fra il proprio io e il resto del mondo, non sa che c’è un mondo da una parte e che c’è lui, il neonato stesso, dall’altra. Nel momento in cui il bambino nasce, il mondo nasce insieme a lui.

Proviamo a cercare di capire quale può essere il significato di questa parola: esistere.

Per il bambino vuol dire:

• dispiacere, cioè traumi, fatiche, bisogni, è verosimile che, subito dopo la nascita, tutto ciò sia vissuto dal bambino come una condizione di abbandono, di solitudine e di paura;

• piacere, e precisamente il piacere della suzione, non c’è dubbio infatti che l’attività del succhiare sia legata a una profonda emozione primitiva di piacere, così come è certo che la suzione sia qualcosa di più di un semplice riflesso.

Questo duplice atteggiamento del neonato di incorporare il piacere e allontanare il dispiacere è già una prima forma di distinzione fra la sua persona e il mondo. All’inizio tutto questo non è altro che puro istinto, ma a poco a poco si sposterà sul piano psicologico fino all’identificazione tra il dentro con la persona del bimbo e del fuori con il mondo esterno, che arriverà tra molti mesi e coinciderà con l’identificazione.

LE PRIME EMOZIONI

Secondo alcuni ricercatori un’esperienza emotiva vera e propria compare verso i 7-8 mesi e quindi con essa anche l’idea della permanenza delle figure d’attaccamento.

Al 1° mese sorride a qualsiasi oggetto si muova verso di lui; a 6 settimane sorride agli occhi che possono essere rappresentati da due punti; a 10 sorride con più facilità se agli occhi si aggiungono le sopracciglia; a 12 settimane agli occhi e alle sopracciglia si deve aggiungere il naso; a 20 settimane la bocca è un tratto rilevante; a 24 settimane un volto sorridente è più gradito di un volto serio e a 30 settimane si preferiscono i volti familiari a quelli sconosciuti.

Ovviamente un neonato ha anche manifestazioni di terrore, ad esempio di fronte a un forte rumore: questo, però, viene definito stato emotivo e non un’espe -

rienza emotiva. Sarebbe cioè geneticamente predisposto a quella reazione senza averla ancora imparata.

Nella gradualità delle esperienze emotive la paura precede la vergogna o la colpa, per le quali è necessario un più elaborato meccanismo del pensare se stesso. Non c’è una priorità tra sviluppo emotivo e cognitivo: entrambi agiscono come strutture inseparabili fin dalle primissime fasi dello sviluppo.

I PRIMI RAPPORTI COL MONDO ESTERNO

In questa fase va evidenziata la crisi dell’8° mese: corrisponde alla paura dell’estraneo . Il bambino era abituato a vedere “il viso” come il viso materno, ma ora, osservando che al viso non corrisponde più la vecchia associazione, viene quasi sconvolto. Dopo l’8° mese egli distingue le persone amiche da quelle meno simpatiche e il suo comportamento e i suoi atteggiamenti cambieranno a seconda delle persone con cui dovrà interagire.

Con gli altri bimbi al Nido non vi è molta interazione: essi si ignorano a vicenda, vi sono solo singoli sorrisi. Verso i 12 mesi, invece, c’è più attenzione all’altro, ma è solo rivolta a possibili litigi per i giocattoli.

Dall’anno ai 18 mesi, attraverso l’interazione con i coetanei, il bambino si confronta e si possono riscontrare una notevole attenzione agli amici e meno litigi per i giochi, questi incontri favoriscono il linguaggio arricchendo il suo vocabolario, poi utilizzato per rappresentare il proprio io interiore attraverso il monologo interiore, che porta poi alla realizzazione del pensiero.

Dai 18 mesi ai 3 anni circa, l’aspetto motorio è in continua crescita e inizia a rendere il bambino indipendente, ad esempio nel mangiare e nel vestirsi. È molto attivo, irrequieto e instancabile. Ha una scarsa comprensione dei pericoli comuni e non sa differire i desideri immediati. Emotivamente è ancora molto dipendente dall’adulto.

Dal punto di vista del gioco produce sequenze ludiche più lunghe, ma si rivolge in cerca d’aiuto agli adulti. Guarda con interesse gli altri bambini che giocano e a volte si unisce a loro per qualche minuto, ma non è ancora molto propenso a condividere i suoi giocattoli. Gli piace aiutare gli adulti in casa e per le compere fuori casa. Realizza in maniera efficace dei giochi di finzione che includono persone e oggetti inventati.

approfondimento

Le fasi dello sviluppo del bambino in rapporto con la madre Studiando i rapporti con le madri è stato possibile identificare alcuni particolari modelli di attaccamento che predispongono alla formazione di un’impalcatura di personalità che, pur non essendo determinante, fornisce una traccia per le future fasi di sviluppo.

Le modalità di attaccamento si cominciano a realizzare nella vita intrauterina, ma è dalla nascita che il sistema di attaccamento del neonato entra in interazione con quello dei genitori: se osserviamo al rallentatore un genitore che tiene in braccio un bambino è possibile evidenziare tutta una serie di microelementi che caratterizzano e costituiscono l’essenza di quella relazione.

La modulazione del tono, il ritmo delle parole rappresentano elementi costitutivi del processo di attaccamento nelle sue fasi iniziali predisponendo il bambino a un corretto sviluppo delle capacità di adattamento e consentendone lo sviluppo emozionale e della conoscenza di sé.

Bowlby, psicologo e psicoanalista britannico, nella teoria dell’attaccamento (1988) sottolinea l’importanza di garantire al bambino, nel corso della prima infanzia, la sensazione di sicurezza e fiducia nei confronti del genitore che rappresenterà una base sicura cui far riferimento per affrontare gli obiettivi di crescita. Ciò richiede al genitore caratteristiche di accessibilità, sensibilità e responsività. Un genitore accessibile fisicamente ed emotivamente dovrà anche essere in grado di percepire e valutare i segnali di pericolo e di disagio, e di poter rispondere a tali bisogni in maniera amorevole, pronta, costante e adeguata. Ciò produrrà nel bambino un sentimento di sicurezza e un migliore adattamento al mondo sociale. Il soddisfacimento di questi bisogni fondamentali è centrale anche all’interno di un percorso di adozione con genitori non naturali.

In base alle risposte fornite dalla figura di riferimento, il bambino strutturerà una specifica tipologia di legame o “stile di attaccamento”, che potrà essere funzionale o meno. In futuro, crescendo, questo stile di attaccamento si concretizzerà in modelli relazionali, che tenderanno a riprodurre lo stesso modello di attaccamento nelle relazioni future (comprese quelle sentimentali, in cui la componente emotiva è molto forte).

Si assiste dunque all’intersezione di fattori genetici, cioè di predisposizioni biologiche, cui si sommano gli aspetti dei sistemi di reciprocità, cioè lo stile di allevamento, che i bambini sperimentano nei primi anni di vita che, successivamente, nell’interazione con i fattori ambientali e sociali, determinano il successivo sviluppo della personalità sia per ciò che riguarda il concetto di sé, l’autostima e la sicurezza sia per quanto riguarda l’ambiente scolare, i rapporti con i coetanei, la famiglia, le capacità di prendere decisioni e fare scelte.

4.

LA SECONDA INFANZIA

L’inserimento nella scuola, l’integrazione con i coetanei, l’apprendere le regole sociali dello stare in gruppo sono solo alcune delle condizioni che il bambino si trova ora ad affrontare.

ALLA SCOPERTA DEL MONDO

All’inizio del 3° anno comincia a perfezionarsi la possibilità di esplorare qualcosa di molto diverso dall’universo fisico: gli altri, intesi come altre persone capaci di percepire e desiderare oggetti, sono compresi meglio.

La mente, con le sue manifestazioni, comincia sempre più a delineare gli interlocutori come personalità , persone . Questa capacità, dapprima estremamente rudimentale, andrà affinandosi con gli anni fino a raggiungere la sua pienezza intorno ai 4 anni, 4 anni e mezzo. Non deve stupire dunque come il bambino, all’inizio dei 3 anni, scopra nel gioco l’altro bambino. Al momento di entrare nella Scuola dell’Infanzia, infatti, quanto detto prima getta le basi per due importanti maturazioni:

• il pensiero che la mamma, quando va via, non sparisce del tutto come prima;

• la scoperta di una “nuova famiglia”, cioè la scuola.

Non è raro che, durante tali esperienze, i bambini possano incontrare delle difficoltà. A volte le difficoltà e il disagio sono superate da sole dal bambino stesso con l’aiuto della famiglia o degli insegnanti; altre volte invece sono tali da compromettere il funzionamento psichico della persona, dando luogo a una sofferenza che spesso i bambini non riescono a esprimere in modo chiaro e che può evolvere, specialmente in adolescenza, verso lo sviluppo di un vero e proprio disturbo mentale.

È importante, per questo, individuare eventuali segni di difficoltà che il soggetto presenta, al fine di prevenire la strutturazione di una problematica più seria. Alcuni segnali di difficoltà possono essere, ad esempio, una riduzione del peso corporeo, un declino dell’interesse o una chiusura nelle relazioni sociali.

Lo sviluppo emotivo

L’intelligenza emotiva è la capacità del bambino di poter esprimere e imparare a esprimere tutta la gamma dei suoi sentimenti.

“Nel nostro mondo le emozioni forniscono al bambino che cresce una mappa del mondo. Esse forniscono informazioni importanti sulla collocazione delle cose buone o cattive e sull’essere esterne di queste, e di conseguenza anche sui limiti del proprio controllo affettivo […]. Questa mappa emotiva ha una sua finalità evolutiva, perché insegna al bambino l’importanza dei suoi confini e lo salva da un senso di impotente passività di fronte al mondo” (Nussbaum, 2009, p. 257)

2/3 - 5/6 anni

5/6 - 8/9 anni

comprensione delle cause esterne come determinanti emotive

comprensione dei fattori mentali come determinanti emotive

l’insegnante chiede

riconoscimento in base a indici espressivi, cause, ricordi di avvenimenti esterni

riconoscimento del ruolo delle conoscenze dei desideri, delle intenzioni, delle credenze

Come posso comportarmi di fronte a un bambino pieno di rabbia?

Fra le emozioni fondamentali la rabbia è sicuramente quella più precoce, osservabile già nei neonati e istintiva, osservabile anche negli animali. A questo riguardo, infatti, molte ricerche etologiche hanno evidenziato che spesso la rabbia è determinata da motivi direttamente o indirettamente connessi alla sopravvivenza della specie.

Gli animali possono attaccare perché qualcosa li spaventa, perché sono aggrediti da predatori, per difendere la prole o cacciare.

Non è così per l’uomo.

Alcuni punti fermi sull’aggressività:

• fino ai 2 anni non è mai intenzionale;

• la probabilità che un bambino sia più o meno aggressivo dipende da noi e da come ci poniamo nei suoi confronti;

• si può contenere l’aggressività con autorevolezza senza abusare del proprio potere di adulto.

La rabbia è un’emozione che fa profondamente parte di noi e che dovrebbe indurre a guardarci dentro con attenzione e cura per noi stessi.

Occorre dunque imparare presto la giusta espressione della rabbia, ma ancor prima imparare a conoscere le proprie fragilità e i propri limiti.

È possibile “educare” la rabbia?

Certamente sì, soprattutto se si riesce a concepirne il potenziale positivo e a saperlo riutilizzare costruttivamente.

Come “educare” la rabbia?

• Imparando a riconoscere i propri bisogni;

• imparando a dare “parole”, “colori” e “significati” alla rabbia;

• imparando a manifestare e comunicare le proprie opinioni senza sovrastare l’altro;

• quando arriva il sentimento ascoltarlo, dare attenzione e condividerlo con qualcuno.

SVILUPPO DELLA COMPRENSIONE EMOTIVA

La regolazione emotiva

Regolare le proprie emozioni è importante sia per sé che per gli altri. Per se stessi, perché adeguare la propria espressione emotiva al contesto consente di essere meglio accettati e di sviluppare una buona stima di sé; per gli altri, perché autoregolarsi conduce a interagire in modo più efficace.

Nell’età prescolare i bambini conoscono già diverse strategie di regolazione:

• strategie esterne - cercare di modificare la SITUAZIONE (ad esempio con un avvenimento di rabbia);

• strategie di tipo cognitivo focalizzate sull’emozione - cercare di PENSARE a qualcosa di piacevole (ad esempio per reagire a tristezza e paura);

• strategie di tipo comportamentale focalizzate sull’emozione - cercare di FARE qualcosa di piacevole (ad esempio per reagire a tristezza e paura).

Un esempio: la capacità di regolazione emotiva interviene…

• nel consentire a un bambino di attendere il proprio turno;

• nell’inibire il desiderio di raccontare la propria esperienza per concludere l’ascolto di quella del compagno;

• nel mantenere la propria attenzione in un gioco o in un’attività condivisa;

• nel riuscire a non arrabbiarsi eccessivamente in uno scontro con un compagno.

Le paure dei bambini: la funzione autoprotettiva della paura

La paura è un’emozione primaria , ha una funzione autoprotettiva utile alla crescita del bambino, in quanto riesce ad attivare alcune reazioni che servono a difenderlo dai potenziali pericoli provenienti dall’ambiente esterno. La paura è importante perché ci aiuta a rispondere nelle varie circostanze e ad agire rapidamente in situazioni di pericolo, questa emozione ci esorta a stare all’erta e a far tesoro delle precedenti esperienze mobilitando le forze che ci spingono alla difesa o alla fuga, quindi, in quanto reazione difensiva, salvaguarda la vita e contribuisce allo sviluppo umano e alla crescita personale.

Talvolta le paure hanno origine nell’infanzia ma possono cambiare, trasformarsi oppure essere superate. Bisogna fare attenzione, però, alla differenza tra paura e ansia .

L’ansia è sostanzialmente una forma di paura, è una sensazione di allarme, sembra quasi il protrarsi di un disagio emotivo che ci mantiene in all’erta contro i presunti pericoli del mondo; l’ansia è caratterizzata dalla previsione di una minaccia, come se l’oggetto della paura fosse l’anticipazione del pericolo.

Mentre si prova paura davanti a uno stimolo reale o una minaccia esterna ben identificabile, l’ansia è una sorta di attesa di qualcosa di indefinito e spiacevole, un’irrequietezza psichica difficile da identificare con precisione.

Talvolta alcune di esse sorgono quando il bambino tende a immedesimarsi nelle preoccupazioni e nelle paure dei genitori. Di fronte alla visione di un fatto che può generare paura, è molto importante la reazione degli stessi genitori: i bambini percepiscono ciò che gli adulti provano e, attraverso il cosiddetto contagio emotivo , sono in grado di regolare la loro reazione emozionale sulla base della reazione dell’adulto di riferimento. In altre parole, se i genitori si spaventano, il bambino si spaventa molto più, perché impara e rinforza che quello stimolo è realmente pericoloso; se i genitori al contrario equilibrano quanto accaduto, lo aiutano a inquadrare il fatto nella giusta prospettiva.

Le tipiche paure dei bambini nelle diverse età

Le tipiche paure dei bambini rappresentano, così, una tappa naturale del loro sviluppo, non necessariamente sono causate da traumi o da un’errata educazione, possiamo quindi affermare come esse siano uno stadio naturale della crescita.

È comunque rilevante ricordare che le paure dei bambini si estinguono con maggior probabilità quando vengono manifestate apertamente e non quando vengono nascoste o temute, in quanto potrebbero acutizzarsi e diventare poi un disagio.

1° anno

La tipica paura dei bambini intorno al 1° anno di vita è di sicuro quella dell’estraneo in quanto il bambino inizia a differenziarsi dall’altro, riesce a distinguere le figure parentali o quelle di riferimento rispetto agli sconosciuti. Questa paura si manifesta in diversi modi: abbassando gli occhi, attaccandosi fisicamente al genitore, nascondendosi, con pianti, con silenzi. Tutto dipende dall’indole del bambino e dalla sua abitudine nell’incontrare volti nuovi o dalla fatica nel socializzare. In questi momenti è importante che il genitore non obblighi il bambino a interagire con lo sconosciuto, ma è preferibile che gli stia vicino, che accolga la sua paura e che si rivolga a lui in maniera pacata, calma e serena.

In questo modo il bambino imparerà ad affrontare le sue prime paure in maniera adeguata e a non fuggire.

In questa fase critica il bambino ha bisogno di trovare nei genitori una base sicura, la sensazione di sentirsi protetto per poter acquisire fiducia in se stesso, verso gli altri e verso il mondo (Bowlby, 1988) . Nei momenti di paura è importante che l’infante avverta la vicinanza dei genitori, quando è in preda a questo tipo di emozione, il sentirsi protetto fisicamente in un abbraccio è una sensazione piacevole che lo accompagnerà anche da adulto. Quando le parole non bastano, il linguaggio

del corpo diventa più importante che mai e così il calore, la sicurezza, il sostegno e l’appoggio si trasformano in strumenti essenziali per affrontare le paure dei bambini. Per Bowlby prendere in braccio il proprio piccolo che piange è la risposta più adeguata, da parte della madre, di fronte a un segnale di disagio del bambino.

1°/2° anno

Tra il 1° e il 2° anno di vita la principale paura dei bambini è quella legata alla separazione dai genitori e a una loro possibile perdita. Quando il bambino avrà avuto modo di abituarsi alla minaccia della solitudine ecco che dalla sua mente scaturiscono nuovi pericoli e nuove paure.

L’angoscia di separazione - normale fase di sviluppo sia intellettivo che sociale - si manifesta perché il bambino, non avendo ancora acquisito e introiettato la costanza dell’oggetto, non riesce a realizzare che, se la figura di accudimento si allontana, non sparisce ma ritorna. Questa assenza, anche se breve, provoca una forte angoscia nel bambino, che fatica a tollerare la frustrazione e mostra questa emozione con un pianto quasi inconsolabile, accompagnato da una nota di collera.

2°/3° anno

In questo periodo, molti bambini manifestano la paura del buio , può accadere che siano convinti che ci siano mostri in agguato negli armadi, sotto al letto o dietro le scale, a questa età oggetti e persone possono assumere improvvisamente l’aspetto di un mostro, i contorni dell’ombra possono dar luogo a un volto lugubre (Sunderland, 2004)

Vivono il buio come assenza di punti di riferimento, paura per quello che è ignoto o sconosciuto.

Così, spesso nasce la continua richiesta dei bambini di dormire assieme ai genitori. Buio come perdita di orientamento in quanto tutto appare diverso e il piccolo si sente solo e indifeso.

In questa fase, se un bambino si sente deriso, la sua paura rimarrà o si acutizzerà anche se forse non oserà più parlarne. Spettri e mostri potrebbero rappresentare cattivi sentimenti del bambino. Talvolta, quando provano rabbia o collera, mascherano queste emozioni sotto altre forme di pericolo, è come se prendessero in prestito un oggetto o un simbolo della quotidianità e facessero convergere in questi le loro inquietanti

sensazioni ed emozioni confuse; quindi, riconoscere, nominare, rappresentare una paura è dunque il risultato di un’elaborazione di ciò che provano.

Un’altra paura comune dei bambini in questi anni è quella legata alla morte , il bambino non possiede ancora la nozione di morte irreversibile e universale, ciò che potrebbe farlo soffrire non è la morte in sé ma, ad esempio, la separazione dall’animale che amava o dal nonno cui era affezionato. Può accadere che questi eventi legati alla morte generino stati di terrore nel bambino in quanto alcuni piccoli si sentono in colpa per l’accaduto o addirittura mettono il proprio comportamento in relazione alla morte. Una certa angoscia nei confronti di quest’ultima è normale, è quindi importante parlarne. Ovviamente, nel caso di un lutto in famiglia, è sempre difficile capire quanto sia opportuno proteggere i piccoli dal dolore e quanto invece mantenerli fuori dalla comunicazione familiare possa costituire un trauma sotterraneo, ma non meno nocivo.

Potrebbe essere utile modulare l’informazione a secondo dell’età del piccolo e tenere sempre in considerazione il suo temperamento, lo stadio affettivo e intellettivo in cui si trova, probabilmente è meglio non mentire o negare ma essere quanto più sinceri perché i bambini respirano le emozioni dell’adulto.

Spesso il silenzio alimenta ancora di più le paure dei bambini in quanto lascia correre la fantasia del bambino e lo induce a crearsi una propria visione degli avvenimenti.

3°/4° anno

Un’altra paura che si presenta intorno ai 3 e 4 anni, e si manifesta nella fase di addormentamento, è legata ai sogni che fanno paura : molti bambini non vogliono addormentarsi per timore di sognare cose brutte; richiamano continuamente la presenza dei genitori perché hanno il terrore di perdere il controllo, di non avere sott’occhio certe situazioni. Questo potrebbe accadere perché in molti casi alcuni bambini hanno un rapporto creativo con le informazioni interiorizzate durante il giorno e potrebbero rielaborarle nel sogno sotto forma di incubo.

Andando avanti con l’età, a 4 o 5 anni circa , possono presentarsi altri tipi di paure dei bambini: nella maggior parte dei casi, quando un bambino deve

la teoria i grandi temi

affrontare la vita sociale o il confronto con i coetanei, possono sorgere timori e angosce che gli impediscono di uscire, di fronteggiare i suoi piccoli amici o conoscenti. Potrebbe avere il timore di sentirsi sbagliato o giudicato, di non essere all’altezza dei suoi coetanei. In questo periodo, nonostante il desiderio di autonomia, egli è ancora dipendente dal caregiver. Ha costantemente bisogno di sicurezza e protezione. Le sue paure vertono inoltre sul timore di essere abbandonato dalle figure di riferimento, di non essere considerato, di perdere il loro affetto, specie dopo rimproveri o punizioni.

l’insegnante chiede

Come aiutare i bambini a elaborare i loro timori?

Nei casi in cui i bambini si mostrano molto spaventati potrebbe essere utile aiutarli a verbalizzare le loro paure. Alcuni bambini non parlano facilmente dei propri sentimenti di paura, talvolta tendono ad affrontare da soli ciò che li spaventa. Quando i bambini non sono ancora in grado di verbalizzare in modo chiaro ed esauriente le loro emozioni usando il linguaggio comune, è consigliabile sollecitarli a mostrarle in altro modo, ad esempio mettendole in scena, disegnandole o esibendole attraverso un gioco, è necessario quindi offrire loro diverse modalità per esprimerle (Sunderland, 2004).

• Migliorare la propria comunicazione, cioè praticare l’ascolto attivo.

• La comunicazione è una strada a due sensi, dove si portano non solo contenuti ma in cui si definisce chi siamo e qual è la relazione che abbiamo con il nostro interlocutore.

• Molto spesso ci capita di trovarci in situazioni in cui si è “uditi” ma non “ascoltati”: è il caso di quei colloqui in cui ognuno sta sulle sue posizioni e di fatto non ascolta l’altro. L’effetto è che l’altra persona non si senta riconosciuta e si ponga quindi in una posizione di chiusura o di attacco.

• Migliorare la propria comunicazione vuol dire comprendere appieno i contenuti che ci porta il bambino e definire se stessi e l’altro in una relazione di fiducia e di alleanza.

• Nel colloquio con il bambino, questo significa anche condividere delle corrette informazioni su di lui.

• Nessuno è disposto ad aprire il proprio cuore se non si è certi che l’altro è in ascolto.

• Un altro buon modo per aiutare a elaborare ed esprimere le paure dei bambini è rappresentato da fiabe, favole o racconti, in quanto in queste storie le paure e le tensioni sono espresse in maniera tale che i piccoli possano identificarle, riconoscerle e comprenderle. Nei racconti vi sono esempi di come le difficoltà possono essere risolte e le paure superate. Pensiamo ad esempio al Brutto Anatroccolo, a Cenerentola o Biancaneve che, dopo diversi ostacoli e prove da superare, dopo sentimenti di angoscia e timori, riescono a trovare pace e serenità.

È importante tenere presente che le paure dei bambini si manifestano in diverse forme: c’è chi lo fa in maniera diretta ed esplicita, chi invece con modalità più implicite. I piccoli potrebbero essere sollecitati a verbalizzare ciò che li impaurisce attraverso il disegno oppure con l’ausilio di altri strumenti come ad esempio carta, colori, plastilina, creta. In questo modo possono essere affrontate simbolicamente: mostri di terracotta distrutti, fantasmi disegnati e colorati sulla carta poi fatti a pezzi ecc. (Preuschoff, 1995). Comunque sia è rilevante mostrare empatia verso le paure dei bambini, anche se irrealistiche, perché un giorno potrebbero avere paura di qualcosa di più reale che non sono in grado di comunicare a voce. Se la tendenza è quella di liquidare i loro timori perché ci sembrano banali, non saranno propensi a condividere quelli più profondi.

4.2

Lo sviluppo sociale

Il concetto di sviluppo sociale non riguarda solo singoli individui, ma si estende anche alla più ampia organizzazione sociale di cui essi sono parte. Quando si realizzano dei cambiamenti, questi non coinvolgono solo lo status di una particolare persona nel gruppo, ma si estendono all’intera struttura del gruppo stesso, coinvolgendo le interrelazioni che tengono assieme il gruppo e ne definiscono le caratteristiche peculiari tramite la loro frequenza, la forza, lo schema e le caratteristiche di base (Bronfenbrenner, 1943, p. 363) .

4.3

Microsistema coetanei

È utile suddividere le relazioni in due categorie:

RELAZIONI VERTICALI RELAZIONI ORIZZONTALI

tra individui con diverso grado di potere tra individui con diverso livello di conoscenza e abilità caratterizzate da complementarietà funzione di protezione, sicurezza, apprendimento

In tutte le culture i bambini trascorrono una gran quantità di tempo in compagnia dei pari: anzi, a partire da un’età abbastanza precoce, passano più tempo con altri bambini che con gli adulti.

Dopo i 3 anni, le interazioni diventano complementari e reciproche. Si sviluppano le attività di gruppo grazie all’incremento della capacità di comunicare e delle capacità simboliche. Compaiono i giochi di finzione.

tra individui con lo stesso grado di potere tra individui con stesso livello di conoscenza e abilità caratterizzate da reciprocità funzione ludica, affettiva, con acquisizione di competenza sociale

MACROSISTEMA

Politica sociale e dei servizi

ESOSISTEMA

Condizioni di vita e di lavoro

MESOSISTEMA

Relazioni tra microsistemi

MICROSISTEMA Coetanei

MICROSISTEMA

Famiglia

MICROSISTEMA Scuola

Il gioco

Il gioco non è più solitario e i bambini messi insieme non sono più tante isole: si può fare qualcosa di condiviso, si possono scambiare delle idee. Dapprima gli altri bambini sono visti come un aiuto per raggiungere uno scopo desiderato, ma dopo diventeranno dei compagni.

A 4 anni avvengono sempre con maggiore frequenza in tutti gli aspetti del gioco, specialmente in quello di finzione, scambi verbali di ogni genere e la frase non solo è più varia nei vocaboli, ma può associarsi ad altre frasi utilizzando parole che legano due concetti, come: quando , perché , come , e poi ecc.

In molti bambini tuttavia ancora la pronuncia può essere imperfetta, specialmente di due o tre consonanti insieme.

A questa età il bambino comincia a esprimere amicizia, a dare informazioni, a fare domande precise. Qualcuno si sente di dare spiegazioni e impartire istruzioni e nasce così la figura del leader.

Il mondo recitato e fantastico, tuttavia, è a questa età così vivido da confondersi con la realtà. Anzi, la realtà può in qualche caso essere messa un po’ da parte, suscitando talvolta allarme in alcuni genitori. Ad esempio è tipico l’amico immaginario, chiamato per nome, confidente, protagonista dei giochi. Esso rappresenta un elemento normale nello sviluppo del bambino, specialmente se figlio unico, così come l’orsetto o il cagnolino di peluche diventa il fedele compagno dell’addormentamento serale.

approfondimento

Fantasia e realtà a confronto

Un’altra esperienza comune ai genitori intorno al letto di un bambino di 4 anni è quella della favola. Il racconto di cose fantastiche è particolarmente amato e i personaggi seguiti con attenzione. Alcuni bambini sono così affascinati dai libri di favole che insistono perché si insegni loro a leggerle. Essi continuano a imparare attraverso l’imitazione, cominciano a verificare le nuove capacità di cui dispongono, come l’ascoltare e il parlare, e pongono incessantemente delle domande. Ma bisogna fare attenzione a non imbrogliare nelle risposte: si accorgerebbero subito dell’errore perché sono in grado di separare mentalmente gli aspetti fisici del “sé” da quelli del “non sé”. Riescono cioè a mettersi in un punto di vista diverso dal proprio, insomma nei piedi degli altri.

Se fra i 3 e i 4 anni hanno cominciato a capire con più chiarezza i desideri degli altri bambini e degli adulti, ora cominciano a capire anche ciò che gli altri pensano e a individuare un pensiero o una credenza sbagliata.

La fantasia è un aspetto fondamentale del pensiero perché permette di anticipare la realtà, di modificarla, di sostituirla ampliando il sentimento di libertà e reagendo alle frustrazioni. È un’attività del pensiero che può negare o trasfigurare la realtà, ma svolge anche un’azione importante di mediazione e controllo del comportamento. Nella storia della filosofia ci sono state due correnti contrapposte che hanno considerato l’argomento: una portata avanti da Platone, che la descrive come una funzione che può prescindere dall’esperienza sensoriale, traendo ispirazione dagli Dei; una seconda corrente ispirata da Aristotele, il quale afferma che la fantasia è legata alle sensazioni.

Anche la ricerca psicologica considera la fantasia e la descrive come una dimensione di forze opposte:

• libera e autonoma, ma allo stesso tempo influenzata da stimoli fisiologici;

• primitiva e infantile, ma allo stesso tempo forza creatrice delle grandi opere artistiche.

I modi secondo cui la fantasia si manifesta sono numerosi e vari: il fantasticare a occhi aperti, il gioco, i sogni, l’ispirazione artistica.

Ma dal punto di vista dei bambini?

Nello sviluppo infantile l’attività fantastica svolge una funzione di equilibrio mentale, un ruolo molto importante di adattamento e compensazione delle frustrazioni, piccole e grandi, che il bambino subisce durante il percorso di crescita. Durante lo sviluppo l’attività fantastica va gradualmente affiancando l’attività consapevole della conoscenza e della realtà, adattandosi ad essa. Un contributo fondamentale è dato dall’acquisizione del linguaggio, che è uno strumento importante per l’evolversi del senso di realtà, in quanto le parole consentono un rapporto più preciso con gli oggetti.

Nella produzione mentale del bambino, dai 3 ai 6 anni di vita, si possono distinguere funzioni proprie dell’attività intellettuale e del pensiero, e funzioni proprie dell’attività fantastica . Le produzioni intellettive sono costituite da forme di ragionamento intuitivo e transduttivo, cioè dal particolare al particolare (due eventi sono considerati legati da un rapporto di causa-effetto se avvengono nello stesso tempo). Queste fasi preludono al pensiero operatorio, cioè alla capacità di formulare pensieri astratti. Si tratta del cosiddetto pensiero ipotetico-deduttivo, grazie al quale il bambino può riferirsi mentalmente a oggetti non presenti nella sua esperienza, ma soltanto ipotetici, e ricavare da essi tutte le possibili conseguenze logiche. La produzione fantastica è data da rappresentazioni mentali, da immagini derivate dalla realtà e trasfigurate. Esse si muovono, assumono forma e vita propria, si scompongono in elementi più semplici e si ricompongono in unità complesse e diverse dalle precedenti. Le forme impalpabili della fantasia sono presenti nei pensieri dei bambini, nelle fiabe, nei giochi, nello sport che essi praticano e sviluppano, sia singolarmente, sia in gruppo. Ecco di seguito alcune riflessioni interessanti. a) La prima riflessione ci porta a ribadire il principio secondo il quale l’attività fantastica svolge una funzione equilibratrice nel complesso sistema della vita psichica del soggetto. Essa permette al bambino

di rendere flessibili, ai propri desideri e alle proprie aspettative, le manifestazioni reali attraverso la trasformazione fantastica dei dati, degli oggetti e delle vicende concrete. In tal modo la durezza e l’aggressività del mondo vengono ammorbidite, modificate, e il bambino trasforma il reale in una serie infinita di fatti immaginari, soddisfacenti e piacevoli. L’animismo infantile è un modo di leggere il reale: il bambino dà vita a cose inanimate trasfigurandole secondo i suoi bisogni interiori e i suoi desideri.

b) La fantasia permette di evocare situazioni felici e rassicuranti: permette al bambino di giocare con i suoi fantasmi e di sistemarli in vicende gradevoli o sgradevoli, con vittorie conclusive. In tal modo il bambino appaga desideri nascosti difficilmente realizzabili. L’elemento magico è una creazione diretta a controllare, a proprio piacere, il mondo reale e a piegarlo alle proprie aspettative.

c) Il bambino è solito dividere il mondo reale e quello fantastico in modo bipartito: da una parte ci sono i buoni, dall’altra ci sono i cattivi. I buoni sono persone, animali, oggetti, immagini, elementi che danno sicurezza, affidamento, aiuto, amore, protezione. I cattivi sono persone, animali, oggetti ed elementi che sono ostili, malvagi, e provocano danno, aggressività, pericolo. In questo mondo di buoni e cattivi il bambino si può identificare con l’eroe delle vicende, forte e invincibile, che entra in conflitto con le forze del male distruggendole e annientandole. La divisione del mondo reale o immaginario nelle due categorie dei buoni e dei cattivi è una costante che si ritrova in ogni tempo. I bambini di tutte le epoche storiche hanno inteso la vita come un campo di lotta fra le forze del bene e quelle del male.

l’insegnante chiede

Fantasticare può diventare un problema?

Questa tendenza, se eccessiva, non aiuta a elaborare e risolvere i problemi, al contrario segnala una difficoltà del bambino ad affrontare la realtà, soprattutto se il mondo fantasticato risulta scollegato e i pensieri sembrano illogici e frammentati. È importante però non essere insistenti, altrimenti si rischia che il bambino si ritiri ancora di più in se stesso. Ci si può accostare a lui, provando a introdurre l’argomento cui si crede che stia pensando e, rispettando la sua resistenza a esporlo, è possibile che piano piano lo si aiuti a parlarne in modo coerente e realistico. Sempre però con cautela e rispettando i suoi tempi.

A questa età il gioco è in continua evoluzione. Verso la fine dei 4 anni, la socializzazione comincia ad arricchirsi, e i piccoli tendono sempre di più ad avvertire un crescente senso di compassione e di responsabilità. Mentre prima si accontentavano di osservare con distacco i compagni di gioco che si facevano male, ora mostrano nelle stesse circostanze una simpatia premurosa: corrono a cercare l’aiuto degli adulti, oppure offrono il loro conforto con il contatto fisico o con parole di consolazione. Inoltre essi diventano protettivi nei confronti dei bambini più piccoli e scoprono la tenerezza verso gli animali domestici cercando di coinvolgerli nei loro giochi.

L’umorismo è ben sviluppato, le burle, anche verbali, sono comprese e divertono molto. È inoltre il momento della scoperta delle filastrocche e degli indovinelli. Gli spettacoli di burattini sono accettati volentieri, ma più spesso sono i programmi televisivi a coinvolgere i loro sentimenti e a suscitarne il senso di imitazione.

A 5 anni il bambino dimostra di godere sempre più, non solo di elaborate attività di finzione, ma anche di giochi complicati svolti in casa e all’aperto e che richiedono precise istruzioni preliminari, buon allenamento e soprattutto stretta osservanza delle regole. Questo gli consente di sviluppare attitudini particolari come alcuni sport semplici, come il nuoto, e le attività manuali. Le arti creative si manifestano sempre con maggiore evidenza. Con l’inizio della scuola, tutto cambierà e il bambino scoprirà l’importanza di rimandare il piacere immediato del gioco per ottenere attraverso la fatica del lavoro, ad esempio imparare a leggere, una soddisfazione più grande poi. Impara cioè a regolamentare i propri impulsi e a scoprire che anche questo può dare delle gioie. È la nascita di una nuova maturità, che, dando sempre più importanza al lavoro , darà sempre più valore e peso all’ambiente esterno piuttosto che alla casa e alla famiglia. Allora si acquieteranno certi impulsi e il bambino sarà pronto per altri importanti passaggi.

Le amicizie

Secondo Selman esiste una connessione tra lo sviluppo del senso dell’amicizia e le abilità di comunicazione. Nel primo stadio, stando alla sua teoria, da 3 a 5 anni i bambini hanno dei compagni di gioco momentanei, cercano nel legame di amicizia soprattutto il contatto fisico e manca ancora la comprensione del pensiero altrui. Eppure già a questa età i bambini sono capaci di utilizzare strategie di mitigazione e di risoluzione positiva del conflitto, impiegando il compromesso, la controproposta, la giustificazione e la riconciliazione.

4.5

Microsistema scuola

l’insegnante chiede

Quali sono gli aspetti più importanti nella mia relazione con il bambino a scuola?

Sicuramente la comunicazione è tra i fattori più importanti.

Il primo passo per approdare a un buon intervento comunicativo è sicuramente quello di utilizzare nei confronti del piccolo un ascolto attivo, che consiste nel riflettere sul messaggio del fanciullo recependolo solamente, senza emettere messaggi personali.

L’ascolto è fondamentale per divenire individui capaci di apprendere informazioni ed emettere messaggi appropriati alle situazioni. Non vi devono essere accavallamenti di voce o espressioni di dissenso, si ascolta per comprendere, in tal modo il bambino si sentirà accolto e libero di esprimersi. Ovviamente, alla fine si rende necessario un feedback da parte dell’adulto, su ciò che ha compreso e ascoltato.

Si rende necessario quindi insegnare l’ascolto, tacendo e ascoltando. Il silenzio viene inteso come spazio importante per sostenere l’altro e non come semplice pausa del linguaggio.

L’ascolto attivo permette quindi la crescita e un buono sviluppo dell’autostima, favorendo anche una maggiore autonomia. È uno strumento che favorisce l’instaurarsi di un colloquio di comprensione e di chiarezza implementando un agire efficace. Spinge l’interlocutore a parlare e a esprimere le proprie idee, le proprie necessità e bisogni senza difficoltà, gettando le basi per la costruzione di un rapporto solido e duraturo. Gli allievi sono spronati a chiarirsi sia cognitivamente che emotivamente su ciò che dicono, riuscendo a gestire situazioni di differente natura. Si può quindi continuare affermando che l’ascolto attivo non si ferma alla ricezione e alla decodifica del messaggio, ma consta di un altro passaggio fondamentale: quello che vede l’incoraggiamento e il supporto dell’adulto.

Microsistema famiglia

Per crescere armonicamente, il bambino ha bisogno della presenza di adulti, in primis i genitori, in grado di porre le basi e di orientare il processo di educazione in quanto la famiglia è protagonista e referente primario dell’educazione. Quest’ultima costituisce l’ambiente primario di socializzazione, presiede ai principali processi dello sviluppo psichico e all’organizzazione della vita affettiva ed emotiva del bambino. Come agente socializzatore e educativo primario essa esercita la prima e più indelebile influenza sul bambino. Gli studi psicologici hanno mostrato l’importanza della famiglia nella formazione della personalità del bambino e sul suo sviluppo psicologico. È noto come la personalità dell’individuo dipenda in larga parte dal contesto ambientale di appartenenza : poiché i genitori costituiscono l’ambiente primario per eccellenza, la loro influenza è preminente. Quando l’adulto può garantire un efficace comportamento di cura , il bambino risponde con un atteggiamento di fiducia che è alla base di ogni proce sso di crescita.

L’identità personale si definisce come essere in relazione , come rapporto con un altro diverso da sé che consente alla persona di strutturarsi e di consolidare, al tempo stesso, la sua unicità.

LO SVILUPPO DELLA MORALITÀ

Lo sviluppo della moralità nel bambino rappresenta una tematica importante sia dal punto di vista psicologico che da quello sociale.

Inoltre, lo sviluppo morale nel bambino comprende sia il giudizio morale sia il comportamento morale. Si tratta di un campo molto ampio che rientra più specificamente tra i processi di socializzazione, ma investe anche problemi che riguardano dimensioni più interne del funzionamento della persona, e in particolare le interazioni tra affetti, esperienza sociale e processi cognitivi che portano alla coscienza morale individuale.

approfondimento

Lo sviluppo morale secondo Piaget

Piaget si dedicò anche allo studio del concetto di bene e di male. Scoprì, in questo modo, che la moralità può considerarsi un processo evolutivo: i bambini cominciano con lo sviluppo di una morale basata sulla stretta aderenza alle regole, dettata dalla convinzione che a un’azione errata segua automaticamente una punizione; successivamente, attraverso l’interazione con altri bambini, scoprono che un comportamento strettamente aderente alle regole può talvolta essere problematico. Quindi, sviluppano uno stadio autonomo di pensiero morale caratterizzato dalla capacità di interpretare le regole criticamente e selettivamente, basandosi sul mutuo rispetto e sulla cooperazione.

Lo sviluppo della moralità secondo Kohlberg

La teoria di Kohlberg è successiva a quella di Piaget e ne costituisce, in parte, un’estensione. Per Kohlberg è fondamentale il parallelismo tra gli stadi dello sviluppo intellettivo e quelli dello sviluppo del pensiero morale; il possesso delle competenze cognitive di uno stadio è una condizione necessaria ma non sufficiente perché siano presenti le corrispondenti caratteristiche del giudizio morale. Tale sviluppo deriva anche da un progressivo ampliamento della comprensione delle caratteristiche delle azioni sociali proprie e degli altri. Lo sviluppo della moralità avviene sostanzialmente attraverso degli stadi, veicolati dalla vita in famiglia e da quella nel gruppo dei pari. Ne consegue che la personalità dell’adulto riflette le caratteristiche sviluppate durante l’infanzia, anche negli aspetti della moralità.

In quel periodo si forma la concezione morale degli individui e perciò della società.

sviluppo

I BAMBINI E LE REGOLE

I bambini hanno bisogno di regole chiare, precise e adeguate alla loro età. Il bambino è una forza attiva, istintiva e va normato , cioè le regole devono essere insegnate con costanza, pazienza e coerenza. Ogni regola, inoltre, deve avere senso in base all’età del bimbo e occorre anche prestare attenzione al numero di quelle stabilite. Per un piccolo di 3 anni, le regole possono essere cinque-sei, quelle minime, che riguardano la sua vita quotidiana. Per un bambino di 6 anni, che ha già avuto esperienza di un gruppo di coetanei e di insegnanti frequentando la Scuola dell’Infanzia, quando le prime regole saranno ben acquisite, sarà possibile aggiungerne altre in modo graduale.

materiale per l'insegnante

Proponiamo, alle pagine seguenti, le schede di valutazione utili per avere un quadro generale dello sviluppo del bambino alla fine dell’anno scolastico.

Utile risulterà avere anche il confronto delle tabelle nelle tre età e in uscita dalla Scuola dell’Infanzia.

Le caratteristiche fondamentali dell’insegnamento delle regole sono:

• gradualità nella loro introduzione;

• adeguatezza dell’insegnamento rispetto all’età del bambino;

• coerenza, costanza e pazienza nell’insegnamento da parte dell’adulto.

Nell’acquisizione delle regole, quindi, un aspetto da non sottovalutare è l’età del bambino: il tipo e il numero di richieste da parte dell’adulto cambiano nel corso della crescita. Dobbiamo chiederci, come adulti, se una determinata regola è adeguata all’età del bambino, se egli riesce a fare quello che richiediamo, perché la sua giornata ruota intorno al gioco e qualsiasi altro elemento è fonte di disturbo. È opportuno trovare una strategia e come adulti è importante essere dei modelli.

SVILUPPO DEL BAMBINO - 3 anni

Nome e cognome data

Sviluppo motorio In parte No Sì

Si arrampica bene

Sale e scende le scale alternando

Corre facilmente

Pedala sul triciclo

Si sporge senza cadere

Cammina sulla punta dei piedi

Tenta di stare in equilibrio su un piede

Comincia a calciare/lanciare la palla

Sviluppo relazionale In parte No Sì

Imita gli adulti e i compagni

Si affeziona ai suoi compagni

Fa giochi con cambio turno

Comprende il concetto di mio/suo

Esprime affetto e varietà di emozioni

Va alla Scuola dell’Infanzia e si separa dai genitori

Imita e idealizza le persone vicino a lui

Sviluppo cognitivo In parte No Sì

Ragionamento trasduttivo

Atteggiamento ancora egocentrico

I concetti di quantità e qualità sono separati

Possiede il concetto di sopra-sotto-dentro

Comprende il concetto di due

SVILUPPO DEL BAMBINO - 3 anni

Nome e cognome data

Associa parole a oggetti/azioni

Compone frasi di 4-5 parole Linguaggio In parte No Sì

Gioco In parte No Sì

Tutto è un gioco

Gioca a far finta

Fa funzionare giocattoli meccanici

Gioco simbolico

Emozioni autoconsapevoli

Comprensione delle cause esterne come determinanti emotive Emozioni sociali In parte No Sì

Osservazioni:

SVILUPPO DEL BAMBINO - 4 anni

Nome e cognome data

Sviluppo motorio In parte No Sì

Comincia a essere padrone del proprio corpo

Sale e scende le scale facilmente

Salta su un piede

Si sposta avanti e indietro facilmente

Sta in equilibrio su un piede per alcuni secondi

Fa 6-7 saltelli di seguito

Esibisce la propria motricità

Sviluppo relazionale

Si interessa a nuove esperienze

Fa attività in cooperazione

Gioca a mamma e papà

Ha inventiva nei giochi di immaginazione

Si veste/sveste da solo

Sa negoziare soluzioni e conflitti

A volte non distingue realtà/fantasia

In parte No Sì

Sviluppo cognitivo In parte No Sì

È capace di generalizzare

Non è capace di reversibilità

Sa contare

Comincia ad avere il senso del tempo

Sa raccontare parte di una storia

Possiede i concetti di stesso/differente

TEAM GRAFICO

Stefania Rossini, Ester Ciceroni

COPERTINA

Stefania Rossini, Valentina Mazzarini

COORDINAMENTO REDAZIONALE

Marta Bartolucci

REDAZIONE

Giulia Eusebi

ILLUSTRAZIONI

Cristina Grottoli

STAMPA

Gruppo Editoriale Raffaello

Raffaello Libri S.p.A.

Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it - info@grupporaffaello.it © 2018

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L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.

La Guida per valutare nella Scuola dell’Infanzia si compone di due parti: la prima parte affronta i grandi temi dell’educazione nella fascia 3-6, con riferimento alla prima infanzia 0-3; la seconda parte discute e presenta gli aspetti pratici dell’educare nella Scuola dell’Infanzia.

osserva

Osservare è una costante che definisce l’ambiente di apprendimento, in cui lo stile educativo fondato sull’osservazione e sull’ascolto, sulla progettualità elaborata collegialmente, sull’intervento indiretto e di regia qualifica la pratica educativa e sostiene la professionalità docente.

progetta

Progettare vuol dire qualificare e permettere a un progetto di calarsi nella situazione concreta della singola scuola in un determinato contesto sociale e culturale. Attraverso una progettazione ben organizzata, la Scuola dell’Infanzia opera strutturando un percorso, lo sviluppa e, infine, lo valuta.

Valutare significa dar valore alla persona, al contesto, all’organizzazione scolastica. La valutazione è un aspetto indispensabile nei percorsi curricolari perché consente di orientare, modificare, individualizzare le proposte educative e renderle sempre più conformi alle reali esigenze dei bambini.

Includere è un processo che si riferisce alla globalità delle sfere educativa, sociale e politica, riguardando tutti i bambini e tutte le loro potenzialità. L’inclusione interviene prima sul contesto e poi sul soggetto, trasformando la risposta specialistica in ordinaria.

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