Lab light - Tempo

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Leonardo light

Progetto laboratoriale

Team grafico:

Valentina Mazzarini, Mauda Cantarini, Ester Ciceroni

Coordinamento redazionale:

Marta Bartolucci

Illustrazioni e colore:

Valentina Bolco, Giuditta Gaviraghi, Isabella Fontana, Vinicio Salvini, Agnieszka Ulatowska, Valeria Branca, Lisena Sabolo, Mariangela Zabatino, Silvia Raga, Cristina Grottoli

Stampa: Gruppo Editoriale Raffaello

Tutti i diritti sono riservati

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lightLeonardo

UNA RISPOSTA CONCRETA AL NUOVO MODO

Perché parlare di laboratorio?

DI “FARE SCUOLA”

La didattica per laboratori porta a considerare il bambino protagonista del percorso di scoperta e di conoscenza e fa scaturire un modo diverso di pensarla, un modo che C. Rinaldi così esplica: “... un bambino animato dall’enorme potenziale energetico dei suoi miliardi di neuroni, dalla forza di chi vuole crescere, dalla ricchezza della curiosità, che lo porta a ricercare i perché di ogni cosa. Un bambino che sa aspettare e che si aspetta molto, che vuole mostrare che sa e che sa fare, con la forza e la ricchezza di chi sa stupirsi e meravigliarsi. Un bambino competente nella relazione e nell’interazione, nella costruzione; competente nel costruirsi, mentre costruisce il mondo e a sua volta dal mondo è costruito.” È da qui che parte l’idea del laboratorio, dai bambini stessi che lo formeranno. Il laboratorio viene definito da F. Frabboni come uno spazio didattico deputato ad assicurare alla scuola un assetto organizzativo di stampo modulare: aperto, flessibile, polivalente.

Con il laboratorio si punta ad un’organizzazione multispaziale e integrata del plesso scolastico; si punta a dare una nuova immagine culturale di officina di metodo, di analisi, sistematizzazione e ricostruzione delle conoscenze canoniche contenute nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo.

I laboratori danno qualità alla nuova scuola, fanno in modo di farle superare la sua datata visione totalizzante, a favore di una metodologia di apprendimento dinamica. Così il compito fondamentale della scuola sarà insegnare ad apprendere e a inventare

I laboratori si basano sul metodo induttivo , cioè che le esperienze concretemanipolative, costruttive, sperimentali - precedono la teoria, quindi la generalizzazione, e la categorizzazione avviene solo a posteriori.

I laboratori, come definisce Frabboni, sono caratterizzati da un viaggio formativo basato sul binario dialettico azione-pensiero.

Valorizzano i bisogni-interessi del soggetto che apprende, servono per valutare i livelli cognitivi di partenza e, contemporaneamente, vengono valutati i bisogni e gli interessi che caratterizzano il singolo bambino.

I laboratori pongono l’accento sui suoi bisogni e i suoi interessi, perché lo pongono al centro del processo di apprendimento.

Frabboni ha trovato sei punti fondamentali che caratterizzano il laboratorio e la didattica legata a questo:

1. la comunicazione che utilizza non solo linguaggi verbali, ma anche non verbali;

2. la socializzazione che ingloba sia il valore relazionale nel piccolo-medio o grande gruppo e il valore culturale dell’incontro di diversità;

3. il fare da sé che si connota al meglio nell’ambiente dinamico e autonomo del laboratorio;

4. la costruzione che diviene parte integrante del processo di apprendimento;

5. l’ esplorazione che soddisfa la grande voglia di conoscere dei bambini in età evolutiva;

6. la fantasia che trova nel laboratorio il suo campo ideale.

Nella scuola del nuovo millennio, il laboratorio, proprio per la sua modularità e flessibilità, ha il vantaggio di introdurre uno stile sperimentale di insegnamento-apprendimento.

Frabboni sostiene che i laboratori sono titolari di un triangolo cognitivo, formato da: ri-produzione, ri-costruzione e re-invenzione delle conoscenze. Considerando che, in questa realtà, convivono perfettamente le conoscenze e le competenze, le prime caratteristiche della disciplinarietà e le seconde dell’interdisciplinarietà; i laboratori aprono le porte ad un scuola che fa ricerca, permettendole di farsi luogo formativo in cui si apprende osservando, esplorando e scoprendo.

Inoltre i laboratori hanno almeno tre fondamentali caratteristiche base della loro valenza educativa:

1. la polifunzionalità , cioè l’immagine di un ambiente polivalente; 2. il plurilinguismo , cioè un ambiente popolato da più linguaggi; 3. l’ interdisciplinarietà , cioè il mezzo per smontare e rimontare le conoscenze canoniche in favore di nuove competenze.

Quando parliamo di laboratorio riferendoci all’ambiente scolastico, si vuole sottolineare l’intenzionale valorizzazione del contesto, introducendo nella situazione, a volte artificiale della scuola, modalità proprie dell’esperienza extrascolastica. La Scuola dell’Infanzia , più degli altri ordini di scuola, è predisposta a recepire questo modello. Bisogna aver chiaro che non è sufficiente, però, una diversa organizzazione dello spazio, la creazione di qualche angolo o il ricorso alle attività pratiche, ci sono due punti fondamentali che caratterizzano la didattica del laboratorio:

un costante incoraggiamento alla ricerca personale e allo sviluppo dell’autonomia; una costante partecipazione attiva, perché il bambino si misura con problemi che lo sfidano e lo incuriosiscono.

Nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo del novembre 2012 si legge: “Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio, se ben organizzato, è la modalità di lavoro che meglio incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri, e può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento.”

Per concludere, quindi, le motivazioni che conducono a questa scelta metodologica sono:

esplorare - per intraprendere percorsi di ricerca sempre nuovi e tracciati di volta in volta:

interagire - per far evolvere relazioni con gli altri: calorizzare - per garantire la possibilità di successo e di produttività individuale:

conoscere - per formare nuove conoscenze sempre più strutturate: incuriosire - per accrescere in un ambiente culturale la naturale curiosità: emozionare - per vivere situazioni nuove in totale sicurezza emotiva: creare - per sviluppare l’inventiva e l’originalità: apprendere - per favorire apprendimenti metacognitivi e competenze specifiche.

L’adulto, conduttore dell’attività laboratoriale, si pone come regista, figura guida, osservatore in una negoziazione condivisa da tutti i partecipanti.

Ecco allora che il laboratorio e le attività che si svolgono al suo interno, rappresentano l’elaborazione dell’apprendimento che diventa costruzione personale, dando così spazio all’esperienza del bambino, al suo esplorare, ricercare e sperimentare.

L’autrice:

Marta Bartolucci, docente di sostegno presso la Scuola dell’Infanzia Negromanti di Jesi (A N ).

Come nasce Lab light - Tempo:

Il laboratorio è stato realizzato nella sezione

A della Scuola dell’Infanzia di Castelbellino Stazione ( AN ) nell’anno scolastico 2013/2014 con il supporto delle docenti di sezione Ida Ricci, Maria Isanna Graciotti e nella sezione E della Scuola dell’Infanzia di Pianello Vallesina ( AN ) nell’anno scolastico 2013/2014 con il supporto delle docenti di sezione Emanuela Rosetti, Tiziana Tarabù.

Hanno collaborato anche le docenti della Scuola dell’Infanzia Negromanti di Jesi, sezioni E e F: Cristina Stronati, Paola Zenobi, Annamaria Magrini, Patrizia Pieretti.

Ringraziamenti:

L’autrice ringrazia la Dirigente Scolastica M. R. Cascetti, le docenti di sezione Ida Ricci e Maria Isanna Graciotti, Emanuela Rosetti, Tiziana Tarabù e l’intero team delle Scuole dell’Infanzia dell’Istituto C omprensivo Beniamino Gigli di Monte Roberto, e le docenti Cristina Stronati, Paola Zenobi, Annamaria Magrini, Patrizia Pieretti della Scuola dell’Infanzia Negromanti di Jesi. Inoltre ringrazia tutti i bambini che si sono divertiti, hanno sorriso, lavorato e scoperto durante tutto il progetto.

I ndice

PREMESSA

Il Tempo è la nozione che organizza la mobile continuità di stati in cui s’identificano le vicende umane e naturali, ricollegandola a un’idea di successione o di evoluzione, è la continuità illimitata ma suddivisibile in corrispondenza allo svolgersi di determinati fenomeni.

È la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Esso induce la distinzione tra passato, presente e futuro. La complessità del concetto è da sempre oggetto di studi e riflessioni filosofiche e scientifiche.

Per Piaget la nozione di tempo nel bambino è collegata con la nozione di movimento e di velocità. Mentre, però, la velocità è considerata dallo studioso come un’intuizione primaria, lo stesso non si può dire per il tempo e la durata.

Jean Piaget si è interessato di come si sviluppa nel bambino la percezione del tempo, inserendo questa abilità nel suo quadro dello sviluppo cognitivo e del pensiero. Tralasciando le prime osservazioni sui tentativi in età prescolare, secondo Piaget i veri progressi sono quelli che avvengono tra i 4 e i 9 anni; in questo periodo egli individua tre fasce di evoluzione.

Le osservazioni di Piaget sono fortemente condizionate dalla teoria della relatività di Einstein, e da ciò si comprende come mai la percezione del tempo, secondo lui, è inestricabilmente legata al concetto di velocità.

Una seconda osservazione da fare è che, a differenza delle tappe individuate per lo sviluppo cognitivo, in questo caso Piaget fatica maggiormente ad associare ad ogni fase un intervallo di età.

Il primo stadio di evoluzione nella percezione del tempo è tipico del bambino che vedendo due oggetti, uno dei quali si spinge più lontano, lo crede più veloce: il tempo è associato al piano spaziale . Tale comprensione si associa ad un’altra caratteristica del pensiero, cioè l’irreversibilità, e fa sì che il bambino viva in una sorta di presente continuo, perché basa le sue considerazioni su ciò che accade nell’immediato essendo ancora incapace di fare ricostruzioni a posteriori - reversibilità di un’azione.

Il secondo stadio prende il via quando l’attenzione del bambino comincia ad essere attratta dall’azione durante il suo farsi . I piccoli intuiscono che non contano solo i punti di arrivo per determinare chi è più veloce, ma anche cosa accade durante.

Questa intuizione giunge alla piena maturazione durante il terzo stadio. A questo punto i bambini riescono a scindere il piano temporale da quello spaziale (più concreto) quindi a due uguali punti di partenza e arrivo possono corrispondere due diverse velocità e, di conseguenza, una percezione temporale diversa per i due oggetti in moto.

Questa separazione è alla base della percezione astratta del tempo che continuerà ad affinarsi senza più il bisogno di punti di riferimento concreti.

In questo volume il concetto di Tempo viene presentato ai bambini in età prescolare inserito in contesti e routines ben precisi, per riuscire a farne acquisire le basi attraverso attività divertenti, ludiche e variate nel corso dell’intero anno scolastico.

PER COMINCIARE A PARLARE DI...

NON M’ANNOIO

Tempo, tempo comunque vadano le cose lui passa e se ne frega se qualcuno è in ritardo puoi chiamarlo bastardo ma tanto è già andato e fino adesso niente lo ha mai fermato e tutt’al più forse lo hai misurato con i tuoi orologi di ogni marca e modello ma tanto il tempo resta sempre lui quello l’unica cosa che ci è data di fare è avere il tempo da poter organizzare sì da organizzare da dividere in passi cassa rullante la mia voce ed i bassi bassi medi e alti per fare salti per far ballare il pubblico sugli spalti e non m’annoio e no che non m’annoio e non m’annoio io no che non m’annoio e non m’annoio no che non m’annoio no che non m’annoio tempo 109 battute al minuto quando finisce forse ti sarà piaciuto la chiave per capire questo genere di suono che a molte orecchie può sembrare frastuono e liberare la tua parte migliore chiudere gli occhi aprire bene il cuore che non c’è musica che vale di più di quella musica che vuoi sentire tu e non mi stanco e no che non mi stanco non mi stanco io no che non mi stanco non mi stanco no che non mi stanco no che non mi stanco sono passate 1000 generazioni dai rockabilli punk e capelloni i metallari i paninari e sorcini e ogni volta gli stessi casini perché i ragazzi non si fanno vedere sono sfuggenti come le pantere e quando li cattura una definizione il mondo è pronto a una nuova generazione e non m’annoio e no che non m’annoio e non m’annoio io no che non m’annoio non m’annoio no che non m’annoio no che non m’annoio io no che non m’annoio tempo prezioso

conosco un modo per rimanere a galla non abboccare a questa grande balla del tempo che ti fa cambiare che ti modella e più vai avanti più la vita è meno bella sfuggi dal gruppo e pensa con la tua testa

e stare insieme sarà sempre una festa se riuscirai a sopravvivere lontano dal branco non c’è noia non sarai mai stanco sfuggi dal gruppo e non lasciarti fregare e non m’annoio io continuo a ballare e non mi rompo e no che non mi rompo non mi rompo io no che non mi rompo non mi rompo no che non mi rompo no che non mi rompo tempo quando stai bene lui va via come un lampo quando ti annoi un attimo sembra eterno il paradiso può diventare inferno tempo, ti frego con il ritmo ti cattura e ti chiudo in una ritmica di aspetto molto duro e ti organizzo in battute in quattro quarti all’ora non avrai tempo di liberarti e con le gambe muovo anche il cervello e allora il tempo sarà mio fratello e come lui mi darà sempre una mano mi darà tempo per andare lontano e come Ulisse cercherò di ritrovare quella mia isola ma tanto viaggiare sarà piacevole sarà indispensabile anche se l’isola sarà irraggiungibile (ahaaaaa) e non m’annoio e no che non m’annoio non m’annoio io no che non m’annoio non m’annoio no che non m’annoio no che non m’annoio e non mi stanco e no che non mi stanco non mi stanco io no che non mi stanco non mi stanco no che non mi stanco no che non mi stanco e non mi rompo no che non mi rompo non mi rompo io no che non mi rompo non mi rompo no che non mi rompo no che non mi rompo tempo.

LORENZO CHERUBINI, JOVANOTTI

BIBLIOGRAFIA

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DESTINATARI

PARTE OPERATIVA

I bambini della sezione E - eterogenea - della Scuola dell’Infanzia Collodi di Pianello Vallesina e la sezione A - eterogenea - della Scuola dell’Infanzia Arcobaleno di Castelbellino Stazione, due bambine diversamente abili; i bambini di 4 anni delle sezioni E e F - omogenee - della Scuola dell’Infanzia Negromanti di Jesi.

MOTIVAZIONE

Offrire ai bambini laboratori didattici da vivere come preziose opportunità per sperimentare nuove interpretazioni, individuare particolari importanti, effettuare semplici ed efficaci deduzioni attraverso un percorso a metà tra lo scientifico e lo sperimentale.

FINALITÀ

Comprendere i diversi aspetti, le diverse sfaccettature del concetto di Tempo.

OBIETTIVI OPERATIVI

Il bambino: sviluppa il senso dell’identità personale; sa di avere una storia personale e familiare; si orienta nelle prime generalizzazioni di passato, presente e futuro; riconosce i segnali e i ritmi del proprio corpo; sa collocare azioni quotidiane nel tempo della giornata; riferisce eventi del passato recente; sa dire cosa succederà in un futuro immediato; osserva con attenzione il suo corpo, gli organismi viventi e i loro ambienti, i fenomeni naturali, accorgendosi dei loro cambiamenti; riflette, si confronta, discute con adulti e pari e comincia a riconoscere la reciprocità nel dialogo; utilizza materiali e strumenti, tecniche espressive e creative, esplora le potenzialità offerte dalle tecnologie; usa la lingua italiana, ascolta e comprende narrazioni e racconti, sa argomentare, raccontare e descrivere; acquisisce il concetto di sequenzialità temporale; ricostruisce storie in sequenza;

amplia la sua memoria a breve e lungo termine.

NATURA DEL LABORATORIO

Trasversale.

TEMATICA

Il concetto di Tempo è molto vasto e complesso, partendo dalla possibilità di acquisire conoscenze sulla sequenzialità, sulla successione degli eventi, i bambini scoprono come possono conoscere il loro Tempo e imparare a gestirlo.

ITINERARIO DI RICERCA

Reperire narrazioni, immagini, musiche, costruire le strutture preparatorie per le attività, predisporre attività psico-motorie, materiali da utilizzare e creare situazioni-stimolo per le scoperte dei bambini.

FASI DI ARTICOLAZIONE DELLE ATTIVITÀ

Allestimento dello spazio-laboratorio sul tempo.

Lettura animata e scoperta del personaggio guida.

Attività di routines.

Attività espressive, creative e manipolative.

Ascolto e ricostruzione di storie e filastrocche in sequenza.

Scoperta del concetto di tempo e dei suoi vari aspetti e sue potenzialità e delle leggi fisiche e chimiche che lo regolano.

CONOSCENZE ED ABILITÀ IMPLICATE

Attenzione, ascolto delle narrazioni, lettura d’immagine, coinvolgimento a livello psico-motorio e mimico, orientamento temporale e spaziale, verbalizzazione grafica e verbale, memorizzazione di filastrocche, osservazione dell’ambiente naturale e della sua ciclicità, compimento di attività di routines, autonomia personale, manipolazione e creatività...

MODALITÀ DIDATTICA PRIVILEGIATA

Ricerca-azione sulla base della curiosità e dell’interesse mostrati dai bambini al momento dell’attività e delle varie proposte didattiche...

SPAZI

Sezione - laboratorio espressivo/sperimentale - giardino della scuola.

DISPOSIZIONE DEGLI ARREDI

Circle time per le attività di routines con panche o seggioline in semi-cerchio, ambiente laboratoriale con a disposizione i materiali occorrenti in ogni proposta didattica.

MATERIALI

Strutturati e non, a disposizione della scuola.

SUGGERIMENTI

Dare importanza alla narrazione e alla lettura animata per facilitare la comprensione, la memorizzazione, e per catturare l’attenzione anche dei bambini più “distratti”.

TEMPI DI IMPEGNO SETTIMANALE

Quotidiani in sezione per le attività di routines, tre ore a settimana per le attività specifiche.

TEMPI DI SVILUPPO COMPLESSIVO DEL LABORATORIO

Intero anno scolastico.

MODALITÀ DI RAGGRUPPAMENTO DEGLI ALUNNI

In grande gruppo in sezione nel momento delle attività di routines e della lettura animata di storie e filastrocche, in piccolo gruppo per la realizzazione di attività pratiche, individuale per verificare la comprensione del lavoro svolto.

MODALITÀ E CRITERI DI ACCERTAMENTO E VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE

La valutazione nella Scuola dell’Infanzia avviene in itinere, osservando il bambino durante le attività e i contesti di routines quotidiane, quindi attraverso la verbalizzazione grafica e la compilazione di schede didattiche strutturate ad hoc.

PREMESSA

Non c’è capacità di parlare senza sviluppo adeguato della capacità di ascolto.

Annamaria Manna

L’ascoltatore interagisce con il testo poiché mette in atto delle strategie di comprensione che si chiamano inferenza , anticipazione , ipotesi , ricombinazione di quanto ascoltato e quanto ipotizzato.

Sulla base di quanto l’ascoltatore già sa, sia dal punto di vista linguistico che extralinguistico, può inferire cose sconosciute da ciò che gli è già noto.

L’insegnante a questo punto deve far leva su quanto l’alunno ha capito affinché non si scoraggi, sostenendolo nell’indirizzare l’ascolto verso il compito dato, spingendolo a fare inferenze, a mettere in correlazione quanto ancora non sa con quanto già sa.

Sarebbe opportuno far precedere il momento dell’ascolto da una fase di rilassamento che aiuti il bambino a prendere distacco dagli stimoli ambientali, creando un contesto di attenzione che favorisca la concentrazione, la fantasia, la capacità di farsi coinvolgere dal racconto.

Anche l’ ambiente potrebbe essere strutturato in modo tale da permettere l’ascolto ad ognuno in una posizione preferita; anche la luminosità dell’ambiente potrebbe essere ridotta per favorire la capacità uditiva rispetto alla visiva, perché quest’ultima risulta essere sempre più forte e fonte di distrazione.

La drammatizzazione sarà, infine, la formula per completare il processo di comprensione della storia presentata.

Storia dell’omino che perse il tempo

C’era una volta un omino piccolo piccolo che viveva in una casetta piccola piccola e piena zeppa di orologi.

L’omino aveva, infatti, una grande paura: quella di perdere il tempo e continuamente gridava, correndo:

– Ho perso il tempo! È tardi! È tardi! Devo correre!

E correva come un matto di qua e di là, su e giù per le scale, correva in giardino, correva sul sentiero che portava al paese, arrivava al paese poi tornava indietro senza aver combinato nulla e continuava a gridare:

– Ho perso il tempo! È tardi! È tardi! Devo correre!

E correva come un matto di qua e di là, correva lungo il sentiero, correva nel giardino e arrivava fino alla sua casetta e correva su e giù per le scale, mentre continuava a gridare:

– Ho perso il tempo! È tardi! È tardi! Devo correre!

E correva come un matto di qua e di là, su e giù per la scale, correva in giardino, correva sul sentiero che portava al paese, arrivava al paese poi tornava indietro senza aver combinato nulla e continuava a gridare:

– Ho perso il tempo! È tardi! È tardi! Devo correre!

E correva come un matto di qua e di là, correva lungo il sentiero, correva nel giardino e arrivava fino alla sua casetta e correva su e giù per le scale, mentre continuava a gridare:

– Ho perso il tempo! È tardi! È tardi! Devo correre!

Un giorno, però, mentre correva come un matto per arrivare in paese l’omino piccolo piccolo non vide un bimbo con la bici che lo investì in pieno.

Sbang!!!!

L’omino cadde svenuto sul prato e non corse più.

Il bimbo preoccupato scese dalla bici e cominciò a chiamarlo scuotendolo di qua e di là: – Omino! Omino! Come stai?!

L’omino, con le stelle che ruotavano intorno alla sua testolina piccola piccola, riaprì gli occhi e vide tante nuvole bianche nel cielo, morbide se ne stavano lassù tranquille e beate ed egli non le aveva mai viste, era troppo impegnato a correre!

– Cosa sono bimbo quelle cose bianche lassù? – chiese.

– Sono nuvole ed è bellissimo guardarle cambiare forma! – spiegò il bimbo e si mise lungo accanto all’omino. – Guarda quella sembra una giraffa!

E il bimbo indicò una nuvola...

– Quella un coccodrillo feroce!

E ne indicò un’altra.

L’omino se ne stava lungo sull’erba con gli occhi al cielo poi all’improvviso gridò:

– Quella sembra un aquilone di panna montata!

Poi pensò tra sé:

“Che bello perdere il tempo ogni tanto... dovrò ricordarmi di farlo più spesso!”

Così, da quel giorno, l’omino piccolo piccolo si fermava, ogni tanto, ad osservare le nuvole, le stelle, i fiori, gli alberi e il vento tra i prati... senza preoccuparsi di perdere un po’ di tempo... ogni tanto.

INTRODUZIONE: IL CONCETTO DI STORIA E DI SEQUENZIALITA

Nel contesto della Scuola dell’Infanzia

una disciplina così complessa com’è la storia può sembrare un orizzonte lontano e troppo complesso, soprattutto perché si fa riferimento a bambini in età prescolare.

Eppure, se pensiamo che ogni bambino, appena si affaccia alla Scuola dell’Infanzia, possiede già una sua storia costruita con le esperienze vissute, ci si rende conto che essa è parte integrante della vita di ognuno; il compito dei docenti sarà, quindi, quello di fornire gli strumenti adatti al bambino per fare sì che impari ad organizzare la sua storia personale e, successivamente, acquisisca il concetto di sequenzialità.

L’insegnante può porre il bambino nella condizione di ricostruire qualche esperienza: farà individuare le tracce da cui far scaturire le informazioni utili a rappresentarla, farà organizzare nel tempo e nello spazio le informazioni e indurrà a scoprire quale concetto utile sottostà a una nuova conoscenza.

Operare con la sequenzialità temporale ha lo scopo di portare i bambini ad occuparsi del tempo dando alle informazioni l’ordine che serve a dare forma alle storie: successione, contemporaneità, durata, periodo, ciclo...

Partiamo innanzitutto dal presupposto che i bambini arrivano alla Scuola dell’Infanzia possedendo già una prima competenza temporale per il fatto stesso di interagire socialmente, di saper raccontare, di aver vissuto concrete esperienze personali.

Si darà, quindi, giusta importanza alle preconoscenze indagandole con conversazioni che stimolano i bambini a manifestarle, rafforzando il concetto di sé, e a condividerle per renderle patrimoni o del gruppo.

LA SEQUENZIALITA SPAZIO-TEMPORALE

Un quadro temporo-spaziale, comprensibile e prevedibile, costituisce il primo passo per poter impostare un lavoro educativo con i bambini nel periodo della Scuola dell’Infanzia.

La strutturazione tuttavia non deve significare rigidità, ma deve essere flessibile, costruita in funzione dei bisogni e dei livelli di sviluppo del singolo bambino e soggetta a modifiche in ogni momento; né deve essere fine a se stessa, ma rappresentare un mezzo per aiutare ogni bambino.

Strutturare il suo tempo significa rispondere ad alcune domande:

– Quando? Per quanto tempo?

Il passare del tempo, come sostiene la Dott.ssa Donata Pagetti Vivanti, è una nozione difficile da apprendere, perché si appoggia su dati non visibili.

Per questo è importante strutturare la giornata attraverso una organizzazione del tempo che informi ad ogni momento il bambino su ciò che sta accadendo, ciò che è accaduto e ciò che accadrà.

È consigliabile disporre una agenda giornaliera , soprattutto per i bambini di 3 anni, costituita da una sequenza di oggetti, di immagini o di parole scritte, ordinata dal momento iniziale dell’arrivo, fino all’uscita da scuola.

Anche il numero di sequenze inserite varia secondo le abilità e le capacità riscontrate nel gruppo sezione, o il grado di abilità raggiungibili nel corso dell’anno. Potrebbe anche essere una sequenza inizialmente basilare, poi complicabile con l’andare del tempo.

Molti bambini hanno difficoltà con la memoria sequenziale e con l’organizzazione del tempo, perciò possono andare in crisi per mancanza di certezze rispetto a ciò che poi sarà.

Oltre che dare indicazioni su cosa fare durante il giorno, uno schema del tempo può aiutare, perciò, ad organizzare e prevedere gli eventi quotidiani e settimanali. Questo riduce l’ansia riguardo il non sapere cosa accadrà dopo L’agenda giornaliera di ciascun bambino potrebbe avere le seguenti caratteristiche:

scandire bene ogni singolo momento della giornata scolastica; presentare i vari momenti in forma facilmente comprensibile (uso di fotografie o immagini, linguaggio simbolico...); prevedere un equilibrio tra le attività individuali, di gruppo, di autonomia individuale; dare spazio alle pause, al rinforzo, all’alternanza tra attività non gradite e quelle gradite; definire chiaramente le transizioni - dove andare, cosa fare, con chi...; informare i bambini su inizio e fine di un determinato momento.

Essa è uno strumento compensativo alla mancata capacità di strutturare un’immagine mentale delle sequenze di attività nel tempo ed indica tutte le attività previste per la giornata e la loro successione.

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