RASSEGNA
SIAM HA
A CURA DEL CENTRO CA TTOLICO DI DOCUMENTAZIONE-CASELLA
A n n o X V I , n.92
POSTALE
30 - 56013
MARINA DI
maggio-giugno 1997
FOIBE: CRONACA DI UNA CENSURA
F. Cardini: la storia cancellata
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Ricordare senza odiare: presentato a Firenze i l video sulle foibe
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Sbaglia chi sostiene che le stragi furono solo u n a operazione militare
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C. Sgorlon:
Foibe, olocausto dimenticato
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I g i o r n i feroci della " p u l i z i a etnica"
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Intervista: o n o r e ai m o r t i insepolti
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G. Are: la barbarie non ha bandiere
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Sono uscito dalle foibe
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Lettera aperta di una testimone degli eccidi c o m p i u t i in Istria
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E la sinistra scopre le foibe
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Per i l totalitarismo rosso suona 1' ora dell' i n f a m i a
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I l partigiano d i T i t o : " L e foibe f u r o n o una p u l i z i a p o l i t i c a "
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" T i t o ordinava, io ammazzavo"
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I l Pds esclude le foibe dal " m u s e o "
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I l vento della storia
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L e vittime dei c o m u n i s t i n o n meritano d i b a t t i t i
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Foibe: la storia dimenticata
21-22
Convegno a Pisa organizzato da "Ideazione"e dal g r u p p o "Cultura per le libertĂ "
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PISA
TERZA PAGINA
H.7TXPO
« A X O U V ' M
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V.
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La memoria perfida di chi teorizza il dovere dell'oblio sui massacri che non portano acqua al mulino della p
d i FRANCO C A R D I N I
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EMBRA che stia tornando d i moda la storia dei massacri. Imperversano le polemiche circa le cose d i cui la Chiesa dovrebbe «chieder perdono» — esse sono ricomparse con puntualità ora che a Roma, a Palazzo Venezia, è aperta una mostra sulle crociate —, mentre finalmente sembra che qualcuno si sia accorto d i certi genocidi dimenticati, come quello degli armeni fra Sette e Ottocento. Qualcuno, sulla stampa, si è meravigliato e perfino indignato del fatto che dalla mostra romana sulle crociate non sia (cito alla lettera gli affascinanti stilemi d i certa bella prosa p o l i t i callycorrectista) «emerso con chiarezza u n giudizio di condanna ecc.». Stupisce come forme di bigottismo d i questo tipo conquistino e coinvolgano anche giornalisti d i solito intelligenti e studiosi seri. Pensavamo che uno dei più solidi legati che i l pur declinante storicismo ci aveva lasciato fosse i l principio che i n un giudizio storico criticamente sorvegliato i moralismi non avessero posto. L'etica è un'altra cosa ed è legittima, beninteso: ma dev'essere esercitata nei modi e nei luoghi opportuni. Del resto, i l moralismo non è mai etico: d i solito è strumentale, quindi ipocrita, quindi immorale.
Le crociate hanno lasciato dietro d i sé una scia di sangue e d i lutti. E' vero: per quanto non più di altri eventi. Non più ad esempio delle campagne militari del generale Bonaparte. poi imperatore Napoleone, che pur si celebrano in questi mesi i n molte città d'Italia (Roma compresa) senza che perciò a quel che m i risulta si scatenino speciali campagne d'indignazione e di orrore. Ailo stesso modo, non capisco come mai si chiami tanto spesso i n causa la Chiesa anche per colpe non sue. Le streghe della prima età moderna, ad esempio, sono state bruciate più dai protestanti che dai cattolici: e. nei Paesi cattolici, per iniziativa del potere civile e non sempre nemmeno con l'appoggio d i quello ecclesiastico. Si pensi al grande Jean Bodin. che con i suoi scritti è da considerarsi uno dei fondatori della teoria moderna dello Stato. Come giudice nella Francia del Cinquecento ha fatto bruciare più streghe l u i di tutti i tribunali ecclesiastici della Spagna e di Roma messi insieme (so quel che dico: guardatevi, i l libro del Mandrou su magistrati e streghe nella Francia rinascimentale). Ebbene, perché dei massacri delle streghe s'incolpa sempre la Chiesa e mai lo Stato assoluto moderno? E allora, diciamo la verità senza infierire su nessuno: anzi, nella consapevolezza che tutta la storia umana è anche (ma. non dimentichiamolo, non soltanto) un'immensa tragedia, una catena sinistra d i lacrime e di sangue. Si è parlato per decenni del «dovere della memoria»; si è detto, si è scritto e si è insegnato nelle scuole che chi non conosce il passato è condannato a riviverlo. In realtà, però, ci si è serviti strumentalmente, disonestamente, perfidamente della
memoria. I mostri evocati, gli scenari orribili ricostruiti (e talvolta perfino dilatati ad arte: come se fosse stato necessario ampliare l'orrore vero inquinandolo con delle falsità) non servivano a farci ricordare: servivano al contrario a far dimenticare altri orrori, altri mostri. Si batteva ossessivamente i l tamburo su alcuni stermini, alcuni genocidi, non — ohimè — perché essi pesassero ancora sulla nostra coscienza, bensì al contrario c'era fra noi chi voleva liberarsi di certe responsabilità cercando u n capro espiatorio cui si potessero comodamente addossare tutti gli orrori: e c'era chi si serviva cinicamente della memoria dei massacri per farsene alibi e strumento d i ricatto e di controllo delle coscienze e delle scelte politiche altrui.
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REDO si debbano recuperare — ora. mentre ci si appresta a riformare l'insegnamento della storia nella scuola — due forme di moralità e anche due metodologie: quella della verità obiettiva e quella del senso di responsabilità. E obiettivamente non c'è purtroppo — specie nell'età moderna — movimento politico, non c'è ideologia che non abbia le sue colpe e i suoi orribili scheletri nell'armadio. Prendiamo l'antifascismo, o meglio, le varie forme di esso: per legittime che possano essere, rimane vero quel che ha scritto per l'Italia don Gianni Baget Bozzo: «Fu solo uno strumento del Pei per legittimarsi e uno strumento della De per delegittimare la destra». Analoga strategia di legittimazione, analoghi tipi di ricatto morale e politico vedo spesso purtroppo sottostare alle ricorrenti istanze di condanna dei crimini nazisti, sui quali non s'insisterà mai abbastanza a patto però che non servano come alibi per nascondere, collocati al proscenio, altri crimini meno comodi da ricordare. Ora. credo che una cosa vada riconosciuta, e ciò non ha nulla a che vedere sulle chiacchiere che si fanno attorno al «revisionismo storico»: che vi sono massacri la memoria dei quali e servita a ricattare moralmente e politicamente una parte dell'opinione pubblica italiana, europea, mondiale. Per questo, diciamolo con serenità: ora basta. Basta ad esempio la funebre computisteria dei milioni di morti, basta la sinistra graduatoria degli orrori. Ogni crimine è un crimine i n assoluto, punto e basta. Le Fosse Ardeatine non giustificano affatto le foibe, i l Lager non bilancia per nulla i l Gulag, i l sanguinoso terrorismo degli integralisti islamici non può aver come effetto l'annullamento della memoria — e della condanna — d i quanto hanno commesso i terroristi sionisti dell'Irghun e della banda Stern. Davanti al riaccendersi del «caso foibe» e al rilancio del «caso Priebke» (purtroppo conosco abbastanza i l mio Paese, i suoi politici e i suoi intellettuali, per credere anch'io che essi siano in parte strumentali: i l che non attenua i l diritto-dovere di sapere e di ricordare) le varie forme di malafede sono venute a galla. V
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A AD esempio u n senso qualunque, al d i là dei fatti — e. se ve ne sono, è bene siano appurati — ricapitolare tutti i crimini del nazismo per farne carico al capitano Priebke? L'esecuzione d i un crimine è d i per sé un crimine: ma è antigiuridico e immorale confondere l'una con l'altro. Quanto alle foibe, la sinistra ha tergiversato; prima ha risposto ricucendo la strumentale polemica contro i l «revisionismo», poi ha blaterato d i «provocazione», poi ha chiamato i n causa i «contesti storici»; alcuni, tra i più onesti, hanno parlato d i «rimo!one». Ora. non si è trattato affatto d i rimozion-. i sinistra ha fatto i n questo mezzo secolo un L inemerito lavoro ricordando a tutti, incessantemente, l'Olocausto: convegni, pubblicazioni, cinema, Tv. La ben oliata macchina intellettuale, propagandistica, scolastica e storicoaccademica della sinistra non ha perso u n colpo i n tal senso. Ma allora, cari miei, sulle foibe per voi non si .è trattato solo d i rimozione: si è trattato d i occultamento dei fatti e d'inquinamento delle loro prove. Avete occupato tutti gli spazi e gli interstizi possibili parlando dei crim i n i nazisti e magari d i altre cose che v'interessavano (quelli d i Franco, d i Pinochet. magari le crociate e l'Inquisizione...) ma avete taciuto sulle foibe, sulle eliminazioni di.massa della Ceka, sullo sterminio i n Afghanistan, sulla Cambogia. Il mostro nazista v i è servito non per tener deste le coscienze morali, ma al contrario per addormentarle; per impedire che venissero a galla i molti mister Hyde, i troppi gabinetti del dottor Galligaris della vostra parte ideologica e politica. Questi sono i fatti: da noi, Pasternak e Soljenitzin si sono letti poco e i n tragico ritardo per colpa dell'insensibilità e dell'impreparazione culturale dei non-comunisti, ma anche del silenzio-stampa dei mass media controllati dai comunisti. E queste cose Ernesto Galli della Loggia le aveva dimostrate puntualmente, prima che ve la prendeste per qualche dichiarazione d i Susanna Tamaro. Lasciamo perdere allora i patetici t r i nariciuti postcomunisti o neocomunisti che ripetono di non aver nulla di cui vergognarsi: tutti abbiamo qualcosa di cui vergognarci, figurarsi loro. Ma non posso accettare che Franco Cassano continui a parlare di «unicità dell'Olocausto» se non altro perché ha usato la tecnologia e perché ha trasformato i n crimine «la semplice appartenenza a un determinato gruppo». Di tecnologia, dai bombardamenti a tappeto contro i patrioti afghani negli anni Ottanta fino alle tecniche d'isolamento e di dissuasione dei dissidenti i n Urss, i l comunismo ne ha usata fin troppa. Né si può star a prenderci in giro quando si parla delle «dolorose prese di coscienza» della sinistra, dal rapporto Krushev in poi. La sinistra ha sempre considerato una sua faccenda privata quella che. se vogliamo, possiamo anche eufemisticamente definire «dolorosa presa di coscienza»: chi ha parlato di crimini commessi nel suo ambito senza appartenerle, si è sempre buscato come minimo del provocatore. I l rapporto Krushev ha colpito un particolare aspetto della criminalità comunista, lo stalinismo, che all'interno della sinistra è servito come capro espiatorio: col risultato che. per anni, c'è stato pericolo di venir politicamente e intellettualmente scomunicati se si osava ricordare che lo stalinismo è stato parte integrante e fondamentale della storia comunista: e che orrori sono avvenuti anche al d i fuori di esso. Che dire ad esempio dei milioni di persone eliminate a freddo, dalla Ceka, i n età pre'stalinista. sulla base della semplice identificazione anagrafica come appartenenti alla borghesia e inassimilabili al proletariato? Non potendo riconoscere i l principio della responsabilità penale individuale (dal momento che le
azioni dell'individuo dipendevano dalla struttura sociale i n cui era inserito) i comunisti eliminavano «borghesi» e kuìaki solo perché erano tali, esattamente come i nazisti facevano con gli ebrei (solo che ne hanno eliminati un numero maggiore: ma la computisteria funebre, abbiamo detto, non serve). Ma. in un recente dibattito su Furet e sul suo libro dedicato all'illusione comunista. Beppe Vacca lo ha detto con chiarezza: la sinistra ha già meditato su certe cose, si è già resa conto dei suoi errori, riaprire i l d i scorso è inutile e fuori tempo. Insomma, la sinistra si è autogiudicata: un privilegio che essa non accorda né alla Chiesa, né alle.destre né a nessun altro. A l pari di Dio. la sinistra giudica e non è giudicata, anzi addirittura si autogiudica. Quando la sinistra giudica, i l suo è rigore: se sono altri a giudicare lei. è una provocazione.
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ON Q sto. A l l o stesso modo, non accetto che Domenico Losurdo (che io del resto stimo, al pari di Cassano) venga a parlarc i dei crimini leninisti come reazione a quelli della prima guerra mondiale. Con questo principio, si finisce con lo scagionare semmai soprattutto proprio i l nazismo, i l quale fu reazione ai c r i m i n i della prima guerra mondiale, alla pace ingiusta d i Versailles, alle canagliate d i plomatiche dei francesi che pretendevano d i perpetuare la vittoria del '18 come vendetta per la sconfitta del 7 0 e ai crimini comunisti i n ' Urss e i n tutta Europa. No, cari amici della sinistra: non ci si salva l'anima buttando a mare Stalin e pretendendo così di aver pareggiato i conti; sarebbe troppo comodo pagare i conti definendo «rigore» la denunzia dei c r i m i n u i altrui e «provocazione» la denunzia altrui dei c r i m i n i propri. E che vuol dire che gli orrori si debbono 'contestualizzare storicamente? Se ciò vale a giustificare gli assassini di preti nel Messico del '26 CTnelia Spagna del '36, allora vale anche per i l nazismo. E siamo alle solite. VMà'Losurdo ha ragione su u n punto: perché, se un bell'esame collettivo d i coscienza si deve fare, n o n lo facciamo a trecentosessanta gradi? Perché ..minimizzare i c r i m i n i commessi nel passato? Perché non parlare di quelli perpetrati fuori Europa? Bene: è quel che ho sempre detto anch'io. Bando al cronocentrismo e all'eurocentrismo. Ma allora, cari a m i ci laicisti, permettete finalmente a noialtri cattolici u n sospiro d i sollievo. Perché anche riguardo a questi c r i m i n i , si è sempre sbattuto i n prima pagina solo i mostri che giovavano a certe cause occultando scrupolosamente g l i altri. Abbiamo parlato moltissimo — e intendiamo continuare a farlo — delle v i t t i m e dell'Inquisizione e della conquista spagnola dell'America. Benissimo: si è u n po' pariamo anche dello sterminio degli i n diani delle praterie 4 a parte dei nordamerican i , perché que3to^uìj"certo momento ha interessato u n certo p^étismo liberal. M a perché non si è mai detto^on sufficiente chiarezza che tanti stermini — dagli indiani del N o r d a m e r i ca alla Tasmania al Sudafrica — hanno affondato le loro radici nel rigorismo calvinista? Forse, al solito, denunziare i delitti dei cattolici è rigore e quelli dei protestanti provocazione? Lo sapete o no che i calvinisti hanno bruciato più streghe dei cattolici? Lo ignorate o meno che tra Sei e Settecento i cattolici sono stati sterminati i n Scozia e i n Irlanda dal fanatismo d i Cromwell e dei suoi eredi? Tra i l '92 ed oggi m o l t i cattolici hanno ricordato gli orrori della Rivoluzione francese e del dottrinarismo ghi-
gliottinatore dei giacobini: perché l i avete trattati solo come degli integralisti m i n i m i z z a n d o e occultando i dati relativi al Terrore e al genocidio i n Vandea? A n d i a m o alla radice. Roger Garaudy ha scritto proprio su questo tema, l'ideologia d e l massacro e le sue basi, u n libro forse provocatorio, forse repellente: perché i n tutto i l m o n d o tale libro è occultato e censurato? Perché n o n volete che se ne p a r l i , magari per respingere le sue argomentazioni con ragioni migliori? Sono usciti d i recente (editi dalla Mursia) l i b r i d i den u n c i a sulle atrocità commesse dopo i l '45 da americani e da slavi su prigionieri e c i v i l i tedeschi, evidentemente ritenuti colpevoli i n blocco e illimitatamente dei c r i m i n i nazisti: perché n o n se ne parla mai? V i sono forse orr o r i l e c i t i e o r r o r i i l l e c i t i , vittime «buone» e vittime «cattive»? Facciamolo, i l Museo dello Sterminio che l'assessore Magiar ha detto d i volere a Roma. Però facciamolo a trecentosessanta gradi, per tutta la storia e per tutta l'umanità. Senza censure, senza d i s c r i m i n a z i o n i : parliamo dei massacri nazisti e d i q u e l l i comunisti, d i q u e l l i colonialistico-liberali e d i q u e l l i sionisti, d i q u e l l i i n tegralisti e d i q u e l l i atei, d i quelli c a t t o l i c i e d i q u e l l i protestanti. Facciamolo anche parlando dei «crimini bianchi», del ben educato e d i screto liberismo mondialista, che condanna alla fame c o n t i n e n t i i n t e r i e proletarizza aree crescenti della stessa Europa. Scopriamo u n a buona volta che la storia va trattata con pietas e che nessuno ha i l d i r i t t o d i appropriarsi d e l l ' i m menso p a t r i m o n i o d i sofferenza dell'uomo per far tornare gli squallidi conti della sua botteguccia politica.
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Presentato a Firenze il video sulle foibe realizzato sulla base di documenti che si credevano dispersi
RICORDARE SENZA ODIARE
Cominciano ad emergere le verità sugli orrori titini contro gli italian E N R I C O NISTR1
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EL 1945 la pace giungeva anche ai confini orientali dell'Italia. Ma era una pace che per gli istriani e i dalmati era vestita di gramaglie. Loccupazione da parte delle truppe di Tito, i massacri compiuti dai partigiani slavi l'esodo di decine di migliaia di profughi che ne derivò, le minacce all'italianità della stessa Trieste, facevano della fine della secoiida guerra mondiale una catastrofe di dimensioni bibliche. Mentre i nostri connazionali venivano precipitati a migliaia nelle foibe, campane a morto suonavano per gli istriani e per l'Istria. Una regione die fin dal Settecento le stesse carte geografiche francesi attribuivano alla penisola italiana e che italiana era stata sempre, sotto l'impero romano come sotto la Serenissima, si accingeva a divenire una provinda della Jugoslavia, qucrto Stato artificiale destinato a finire pochi anni dopo dove meritava, ovvero nella pattumiera della storia. Il dima politico italiano di quegli anni non era certo tale da favorire una divulgazione di quegli eventi Eppure uno dei più importanti cinegiornali dell'epoca - la celeberrima «Settimana Incora» inviò nel '46 i suoi operatori in Istria, a calare le cineprese nel fondo delle foibe dove venivano compiute le prime esumazioni. Ne emersero documentari di una crudezza agghiacdante, che però non hanno mai avuto la diffusione meritata. Dapprima il Pei, all'epoca al governo, ne boicottò per ovvi motivi la distribuzione. Nel '47 e nel '48 i filmati conobbero una piccola, quasi clandestina diffusione fra gli esuli. Poi la scelta neutralista di Tito, che ne fece un avversario di Stalin e un persecutore (con metodi per altro prettamente staliniani) degli stalinisti presenti nel partito comunista jugoslavo, ammorbidì l'atteggiamento dei governi italiani nei confronti delia questione orientale. Quando la settimana Incom fallì, dei documentari si perse tracria anche negli archivi dell'istituto Luce e solo di recente, grazie a una serie di circostanze fortunose, ne è stato possibile il reperimento. Sulla base di questa documentazione tanto eloquente quanto, di fatto, inedita, è nato un video dal titolo Foibe, martiri dimenticati, curato da Gaudio Schwarzenberg e Guido Cace per l'editrice Lampo (via Garibaldi 66. Campobasso, fax 0874-4820.74). Un video nato per
ricordare, ma non per odiare, anche se l'austera eloquenza delle immagini riproposte potrebbe autorizzare anche questi sentimenti. E che proprio con questo spirito, di pacificazione nazionale e non di rivalsa o di vendetta, è stato presentato a Firenze, a Villa Arrivabene, in un incontro promosso dal Quartiere 2. con la collaborazione del presidente dell'Associazione nazionale dalmata Guido Cace e del dottor Gianni Bonini, cultore di storia del Novecento e presidente della Fiorentinagas La proiezione dei filmati è servita per ripensare una tragedia fino ad oggi rimossa dalla coscienza collettiva, dimenticata o sottovalutata dai manuali di storia e soprattutto dai libri di testo, legittimata in certi casi come una naturale rappresaglia per le disaiminazioni subite dalle minoranze slave durante il ventennio. In realtà i l fascismo non fece die valorizzare un'italianità testimoniata dagli stessi monumenti storici, dalle carte d'archivio e dai documenti parrocchiali, dall'Arena di Pola come dal gotico veneziano delle chiese della Serenissima. E l'azione terroristica delle bande slave non colpì solo i fascisti, ma l'intero elemento italiano; quella borghesia locale fatta di insegnanti, professionisti volontari di guerra, che era sempre stata uno dei più formidabili veicoli di italianità Fu insomma, come soltanto oggi si incomincia a capire, una grande, spietata, criminale operazione di pulizia etnica: il solo genocidio che abbia colpito gli italiani in quanto tali e che una nazione in perenne crisi d'identità dopo lo psicodramma dell'otto settembre non ha trovato di meglio che rimuovere. Al punto da continuare a pagare le pensioni minime - 650.000 lire, che in Slovenia corrispondono a un ottimo stipendio - anche a exdirettori di campi di sterminio per i nostri connazionali. Ma in realtà sono serviti anche ad altro l'incontro fiorentino e le molte altre analoghe iniziative che l'Associazione dalmata sta organizzando in tutta Italia, anche in scuole medie superiori dove gli studenti dopo la proiezione, si «rivoltano» contro insegnanti colpevoli di aver taciuto fatti tanto gravi. Tornare a parlare delle foibe è anche un modo per raccogliere testimonianze che nel corso degli anni erano rimaste inascoltate, per lo stato d'animo di soggezione psicologica o di vero e proprio terrore che il terrorismo tifino era riuscito a instillare nei superstiti. Ri-
tiratesi dalie terre rimaste all'Italia, le milizie slave avevano fatto saltare con l'esplosivo l'interno di molte foibe, per cancellare le tracce dei massacri polverizzando parte dei cadaveri Ma soprattutto erano riuscite a ottenere che, per il timore, gli stessi scampati riluttassero a parlare della loro esperienza. E lo stesso Stato italiano aveva dimostrato ben poco rispetto per quei poveri martiri a nessuno dei quali era stata concessa una medaglia al valore, anche quando come il custode dei giardini di piazza Dante a Trieste - erano stati impiccati per essersi rifiutati di gridare «Vìva la Jugoslavia!». A Firenze, come in molte altre città dltalia, la verità comincia a emergere. Tante verità tante piccole storie personali che insieme compongono l'affresco di una grande tragedia. Come quella del tenente defia Finanza, oggi generale in pensione, salvatosi grazie a un paio di stivali Giovane ufficiale, rimasto a Trieste in servizio di ordine pubblico, all'arrivo dei titini portava la fascia del Comitato di liberazione nazionale. Dopo l'ingresso nella sua caserma delle squadre slave, formalmente alleate, si accorse che la situazione stava precipitando quando un milite cominciò a guardare fissamente i suoi stivali pretendendo che l u i un ufficiale, li consegnasse e andasse in giro scalzo. Un colloquio inutile con un tenente tifino, il lampo di ferocia nello sguardo del partigiano, lo convinsero che era me ; glio fuggire, approfittando di una scusa per appartarsi e saltare i l muro di cinta. Tutti gli altri finanzieri che si fidarono furono arrestati e condotti alla foiba di Basovizza. Di loro non si è salvato nessuno. Sono stati tutti gettati nelle foibe: i più fortunati morti finiti con un colpo di pistola, gli altri precipitati viri, legati ai cadaveri, le mani immobilizzate dietro la schiena dal filo di ferro. Oggi davanti ai martiri della barbarie slava si inchinano i presidenti della Repubblica - prima Cossiga e poi lo stesso Scalfaro e in Slovenia, anche per le pressioni della Germania che alle riolenze tifine ha pagato anch'essa un pesante tributo di sangue, le foibe sono onorate come luogo sacro. Ma sono innanzitutto i nostri cuori a dover onorare le vittime delia tragedia dell'Istria. È il nostro cuore - come avrebbe detto un poeta che nelle petraie del Carso combatté la sua guerra - il paese più straziato.
buArmo Perché sbaglia chi sostiene che le stragi furono solo un'operazione militare: i documenti occultati
PAOLO| «MONCHO»
Foibe, cronaca di una censura
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e non è il caldo ferragostano (malgrado i recenti temporali) è allora l'indifendibilità di certe posizioni politiche quella che fa dire, . ad esempio a Stefano Rodotà, che le foibe sono state solo "manifestazioni di brutalità di tipo militare"; suggerendo così una difesa agli •» autori ad esempio anche deli? la strage di Sant'Anna di Stazze ma. Già, chissà cosa si penserebbe delle foibe se a finirvi dentro, a opera dei nazisti, fossero stati civili jugoslavi L a questione è assai più vasta e articolata di quanto possa apparire: coinvolge infatti, oltre la necessità politica post-bellica di "silenziare" fatti -e documenti, anche la cattiva coscienza di chi, pur partigiano, stava dall'"altra parte" cioè con le divisioni "Garibaldi" che in nome del comunismo Internazionale aggredirono l a cattolica " O soppo". Necessità, insomma, al pari all'antisemitismo di importanti esponenti dell'intellettualità antifascista, di "rimozione" dalla coscienza democratica italiana di un dramma che vide confonderefinoa svanire anche le più semplici coordinate politiche e Ideologiche. Alcuni importanti documenti diplomatici e militari delle due Italie,fascistae antifascista, possono essere assai utili a illustrare questo intreccio etnico-culturale che si sovrapponeva agli stessi schieramenti militari: l'ambasciatore Prunas, segretario generale del ministero degli Esteri del Governo Badoglio, avvertiva
telava meglio dell'alleato partigiano Tito, le popolazioni del nord-est E a dimostrazione di come le coordinate ideologiche in quelle regioni fossero completamente saltate, sta parimenti la documentazione della R s i al sottosegretario agli Esteri, Serafino Mazzolini e allo stesso Mussolini, giungono, dalla primavera-estate '44, rapporti che indicano prossimi spostamenti di fronte di ustascio,
e dome brand
che
da alleati diverrebbero nemici, accordi difattofrapartigiani slavi e tedeschi, per non combattersi e, ansiosa e favorevole attesa da parte delle autorità locali del fascismo repubblicano di uno
che non solo il progresso della ricerca e una maggiore sensibilità culturale, ma anche la legge consente l'accesso a quella
documenta-
zione, c'è da rimaner stupiti. Appare infatti ormai incontestabile che da parte del Governo Bonomi si cercò e si riuscì a contattare ripetutamente autorità politiche e militari della Rsi per difendere confine e popolazione italiane dai partigiani Jugoslavi Che un esponente antifascista giuliano come Carlo Schiller ebbe incarico di scrivere una lunga e dettagliata relazione rimasta dattiloscritta, sui rapporti etnic i culturali e politici tra le popolazioni italiane e jugoslave di confine, probabilmente a supporto del Governo italiano alla Conferenza della pace, e le cui conclusioni - stante l'antifascismo dell'autore - dovrebbero essere probanti Che, probabilmente nel 1946, il ministero degli Esteri preparò il volume (però non diffuso) "Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l'8 settembre" con documentazione, anche fotografica, agghiacciante. Tutta questa e altra importante documentazione dovrebbe finalmente consentire non già una "rilettura", ma una piena, comune consapevolezza del problema "foibe".
sbarco alleato a Trieste e nell'Istria. Insomma il "nemico" e raUeato" in Istria e Venezia Giulia, dove era? Certo nella zona non reggeva affatto lo schieramento politico militare internazionale. E questa elementare constatazione h a pesato moltissimo nel dopoguerra italiano, comportando la necessità complice di tacere sulle stragi delle foibe: vera e propria pulizia etnica, altro che "brutalità militare"; con buona pace di Rodotà vi finirono dentro flnanco bambini. Ma quella "necessità complice" era obbligata da circostanze non solo din fatto che non sia stata plomatiche, ma anche culresa pubblica al momento in turali: la nefanda accusa di cui fu scritta, è ulteriore tefascismo era pronta ad abstimonianza ripflsi "censura" battersi su chi avesse svelato o ricercato o anche solo ri- su quel dramma, Non solo cordato i gruppi di italiani con i documenti ma anche con la negazione dei docuspesso anche antifascisti, menti si ricostruisce la stoprecipitati legati a gruppi ria. Soprattutto quando fa nelle fenditure rocciose. comodo non sapere. -Pure, ¡la, documentazione infatti il 16 maggio '44 il miufficiale da parie Italiana su ' nistro Sfona dei timori nelquei crimini era stata racla Venezia Giulia «per la sicolta. Dal 1945 al '47 ad etuazione che potrebbe crearsemplo, sia i l ministero desi se e quando le truppe gergli Esteri che quello dellaDimaniche dovessero ritirarsi fesa avevano scritto e pubdalla regione». Neanche un blicato relazioni e documese dopo, un "appunto sementi sulle atrocità jugoslagreto" a Badoglio, ricordava ve commesse contro le poche per la «tutela dei nostri polazioni Italiane durante e confini orientali e delle podopo la guerra. Solo furono polazioni italiane della-Vpr, "diplomaticamente" consernezia Giulia» le possibilità vate a uso interno; non s i di successo dell'azione del volle che circolassero. Ora, Governo erano «purtroppo Inversamente proporzionali al successo delle operazioni militari anglo-americane». Insomma, per 11 Governo italiano il nemicotedescotu-
Foibe, l'olocausto dimenticato di C A R L O S O O R L O N
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E UNO legge per intero 1' opera letteraria d i Fulvio Tomizza, lo scrittore istriano ] più noto i n Italia e nel mondo, ; non trova neppure i l minimo i cenno alle foibe. Ciò è accaduto evidentemente perché lo scrittore I appartiene a due etnie, quella slava e quella italiana, e gli è aci caduto d i dimenticare, per u n I comprensibile transfert psicologico, delitti efferati compiuti da I uno dei popoli cui è legato. Ogni [ foiba, dove sono stati gettati dieI cine d i morti, o centinaia (ma • nella miniera d i Basovizza, pres' so Trieste, certamente migliaia) , rappresenta una Fossa Ardeatina, 1 caduta nel silenzio soltanto 1 perché gli assassini non erano tedeschi, ma slavi.
A l u i e al suo centro cominciarono ad affluire notizie d i ogni genere. A m i c i e parenti degli scomparsi, testimoni casuali, gente qualunque, cominciarono a Marco Pirina cominciò a fare la parlare, a farsi avanti, a spedire • ricognizione delle foibe e a raccofotografie, indicazioni, date, ' gliere- tutte le possibili notizie. I n nomi d i luoghi, d i assassini e as1 ogni spazio d i libertà che i l suo sassinati. lavoro gli concedeva, riprendeva Non è vero quello che spesso ad occuparsi d i trucidati, d i i n - ripetevano le autorità, ossia che foibati, di scomparsi, d i dispersi, la gente non vuole più saperne d i di gente svanita nello sterminato turbine della guerra. Si occupò di massacri lontani, e desidera soltanto dimenticare. La gente semfoibe istriane, ma anche friulane plice vuole esattamente i l contrae venete. Pure nelle nostre Prealrio. I l popolo possiede u n sentipi c i sono fenomeni carsici e i n mento elementare ma profondisghiottitoi scadati dalle acque. Ve simo della giustizia, e vuole che n'è uno sull'alla verità venga alla luce del sole, topiano del anche se è sepolta a decine o cenCansiglio (il tinaia d i metri sottoterra. Bus de la Lum) in Friuli, a Taipana. nell'alta valle del Torre, a Trevesio (Busa del can, Fous de la Balancetta). Suoi amici speleologi si calarono nella foiba del Cansiglio, e portarono alla luce sacchi pieni di ossa umane, appartenenti a i n dividui morti da pochi decenni. Quasi tutte le autorità, segretari comunali, assessori, sindaci, persino vescovi, cercarono d i dissuaderlo dal continuare. Erano delitti lontani, episodi feroci, ma ormai dimenticati. Marce Pirina n o n si fece convincer A . nessuno. La voce interiore gli diceva che le ossa d i quei poveri assassinati andavano recuperate, seppellite, onorate con una croce, una lapide, u n monumento, come le vittime del' le Fosse Ardeatine, o della strage di Marzabotto. Cominciò a segnalare le tristissime fosse comuni, costituite dalle foibe, i n cui spesso si era tentato d i cancellare ogni traccia dei morti, gettando grandi quantità d i terra, ghiaia, sassi o addirittura cemento, occultando le bocche degli inghiottitoi, tenendo lontano i curiosi da esse con ogni possibile mezzo. Ma Marco Pirina, testa dura d i friulano, continuò. Degli amici lo aiutavano. A Pordenone, dove si era stabilito con la moglie gori-
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ziana, fondò un'associazione dal nome grandemente significativo: «Silentes loquimun>. Pur tacendo, parliamo. Con g l i scarsissimi contributi concessi dalle Istituzioni, presso le quali alcuni vedevano l'associazione come i l fumo negli occhi, continuò le ricerche. Pazientemente mise assieme più di novemila dossiers, ognuno dei quali contiene tutte le informazioni e le testimonianze che ha potuto raccogliere su ogni scomparso, ogni infoibato, ogni gettato i n mare, o finito chissà dove e chissà come.
Non vuole vendette, così come non le vuole Pirina, né altri che si sono dedicati alla medesima missione. Ma desidera che le storie vengano a galla e che i nomi dei poveri morti non siano d i menticati.
Dalle mie parti, nel Friuli, dove la guerra civile e la resistenza contro i tedeschi e contro gli slavi ha lasciato tante ferite, tutti conoscono Marco Pirina e sanno della sua attività. Tutti, informati della serietà delle sue ricerche, gli affidano documenti di ogni natura. Anche i n Friuli sono avvenute cose terrificanti. Per esempio a Travesio, u n paesino delle Prealpi Giulie, dove esiste la foiba ricordata, «Fous de la balancetta» (fosso della bilancetta; sembra, anzi è, i l friulano d i Pasolini). Lì dentro finirono diecine di vittime, molte delle quali dopo essere state violentate, torturate, straziate in tutti i modi. Spesso si trattava d i forestieri, per esempio triestini fuggiti dalla loro città, i n cerca d i quiete durante la guerra; oppure di friulani ormai da anni stabiliti in Francia, ma tornati in patria nel '40, ossia nel momento del pericolo. , Nella zona agivano squadre d i partigiani rossi, o meglio d i sedicenti tali, che uccidevano per rubare una bicicletta, un servizio di argenteria, o per godersi la bellezza d i una giovane donna. Nei suoi libri, (per esempio il più re-
ovemila dossier preparati da u n medico che ha dedicato la v i t a a ricostruire i delitti c o m u n i s t i
cente, All'ombra della svastica, storie di caduti, dispersi, deportati) Pirina riferisce documenti e testimonianze che fanno rizzare i capelli. Storie d i orrore, d i morte, di furti, di assassinii, d i paure soffocanti, che chiudevano la bocca alla gente, la quale non osava dire quello che 'sapeva, neppure anni dopo la fine della guerra. Tra poco, come ho ricordato, i tribunali di Roma fisseranno la data del processo allestito per alcuni assassini delle foibe. Ci sarà un avvocato d i parte civile, l'onorevole Augusto Sinagra, che da decenni si sta occupando della medesima materia. Il Pubblico Ministero sarà Giuseppe Pititto, che naturalmente, come è costume da noi, ha già ricevuto minacce d i morte, se oserà sollevare i l velo sopra cose che, secondo la logica partigiana di certa estrema sinistra, dovrebbero essere lasciate nell'ombra. Ci saranno testimoni ormai vecchi, talvolta vecchissimi, che si sono tenuti dentro per decenni tremendi segreti. Ma i l supertestimone sarà Marco Pirina. poco più che cinquantenne, che da una vita fa risuonare l'arpa friulana, giuliana, istriana, come un missionario, per sottrarre al silenzio i l nome di poveri morti, che devono essere almeno ricordati, anche se non furono vittime del nazismo, ma d i un'altra barbarie, capace dei medesimi delitti. È giusto e doveroso, perché l'Italia deve tornare ad essere la Patria d i tutti gli italiani, e non soltanto quella della parte vincente nell'ultima guerra. (2 - fine. La prima puntata è uscita l'il marzo) IL
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FOIBE: I GIORNI FEROCI DELLA "PULIZIA ETNICA"
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a nostra rirista, nel n. 8/9 (agostosettembre scorso) ba pubblicato a pag. 6, con l'articolo "Da 50 anni, silenzi e omertà sulla Foibe", il commento . dell'VSUCl alle dichiarazioni del Presiden-_ te della Camera On. Violante ad un conce-' gno di formazione politica, secondo il quale "l'unico modo per conquistare la piena autonomia rispetto al passato è raccontare tutto il passato con pienezza di verità, considerandolo nel bene e nel male Una parte della storia d'Italia". Concludevamo il nostro commento alle obiettive e per tanti versi coraggiose affermazioni dell'On. Violante con l'impegno di informare da queste colonne gli Ufficiali USUCl "sui risultali ai quali via via perverranno gli studi e le ricerche per decretare per sempre colpevolezze e responsabilità nel nome sacrosailto della verità ~. Pertale motivo pubblichiamo ora per intero l'articolo di fondo "Foibe: l'atrocità come metodo"apparso in apertura del n. 11 de "Il Corriere dell'Aviatore", a firma del nolo scrittore di Treviso Carlo Sgorlun che. vincitore di prestigiosi Premi letterari nazionali e autore quattro anni fa del romanzo storico "La foiba grande", ripercorre qui la tragedia del genocidio consumato in Istria dalla caduta del fascismo al 1947. per una "pulizia etnica "alimentata dall'odio di un nazionalismo feroce. Ora che "le ombre hanno ricominciato a parlare ", attendiamo con fiducia che sul massacro delle Foibe si faccia dopo mezzo secolo quella luce che squallidi compromessi politici hanno consigliato finora di oscurare.
G.C.
FOIBE: L'ATROCITÀ COME METODO
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are che finalmente .siano stati r i mossi gli ostacoli che impedivano l'inizio del processo contro gli autori principali dei massacri delle Foibe. Forse è necessario spiegare le cose dal principio, perché molti in Italia non sanno ancora neppure di cosa si tratti. Dalle mie parti, ossia l'estremo lembo del Nord-est, tutti possiedono queste vaste informazioni. Ma al di là del Piave il concetto stesso di n.-a
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•foiba- comincia ad oscurarsi. Oltre il Po coloro che conoscono la foiba sono pochissimi, oltre il Tevere quasi nessuno. Da noi, soprattutto nella zona di Trieste o di Gorizia, c'è stata sulle Foibe e i loro orrori un'impressionante messe di pubblicazioni, soprattutto sui giornali. Storici locali, come Roberto Spazzali, hanno dedicato ad esse libri imponenti, dibattendo il problema criticamente. Altri, come Marco Pirina, hanno raccolto con infinita pazienza il nome di migliaia di vittime. Costui ha anche fondato un'associazione Silentes
loquimur,
persone pazienti e discrete, che per anni si sono dedicate alla ricerca di testimonianze sul genocidio. Esso fu consumato soprattutto in Istria, nell'epoca che va dalla caduta del fascismo al Quarantasette, ossia due anni dopo l'occupazione dell'Istria da parte dei partigiani e degli eserciti regolari jugoslavi. Se alcuni conoscono in Italia il significato di -foiba-, e ciò che essa fu nella seconda guerra mondiale, è dovuto anche a un mio romanzo storico, La foiba grande, pubblicato quattro anni fa, che trova ancora parecchi lettori.
a foiba è un inghiottitoio roccioso a forma di due 'imbuti, uniti nel punto più stretto. Esso si trova spessissimo nel Carso, in conseguenza della natura chimica di quella montagna. Poiché le rocce carsiche sono composte di bicarbonato di calcio, solubile con l'acqua, ne deriva il fatto che esse sono piene di caverne, grotte, doline, foibe, acque sotterranee, come il celebre Timavo. I l Carso è una catena di montagne di altezza modesta, ma sforacchiate da vuoti come un legno tarlato. Negli anni ricordati, le foibe si riempirono di cadaveri di sventurati italiani della costa istriana, da Capodistria a Fola. Ma vittime delle foibe furono anche cittadini di Trieste e di Gorizia, che furono occupate da titini in armi per più di quaranta giorni, alla fine della guerra. Molti vennero gettati nell'abisso, spesso profondo molte decine di metri, ancor vivi, legati col filo di ferro al cadavere di un altro appena ucciso con un colpo alla nuca. Vi sono al r i guardo testimonianze impressionanti. A volte lamenti di so-
prawissuti uscivano dal buco nero delia foiba per giorni e giorni. Ci sono state lunghe controversie sulla questione. Gli jugoslavi, specie prima che il Paese e il regime comunista si sfasciassero, sostennero che i morti delle foibe furono sì e no un mezzo migliaio, e che si trattava di nazisti e fascisti, che si erano macchiati di delitti nei confronti delle popolazioni. Questa tesi più o meno, è stata sostenuta anche da comunisti italiani, ad esempio Mario Pacor, in un libro pubblicato da Feltrinelli, La questione
del confine
orientale.
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iò è vero senza dubbio. Ma questa è soltanto una piccola parte della verità. Nelle foibe finirono anche molte migliaia di italiani, la cui unica colpa fu appunto di non essere né slavi né comunisti. Al massimo avevano avuto la tessera del partito fascista soltanto perché essa era obbligatoria nel loro lavoro. L'odio etnico degli slavi ci metteva pochissimo a generare e a stabilire l'equazione: italiano uguale fascista. Ma era un'equazione che aveva una finalità pratica, e serviva soltanto a nascondere ' la squallida realtà di un nazionalismo feroce. Ma quanti finirono realmente nelle foi- ' be? E molto difficile dirlo. In alcune fu- j rono gettati grandi carichi di cemento per far sparire le tracce del delitto. In altre ogni esplorazione fu vietata da- j gli jugoslavi e comunisti. In altre ancora l'esplorazione era diffici- ! le per la profondità eccessiva della foiba. Ma va ricordato che presso Trieste, nella cosiddetta foiba di Basovizza (in realtà si tratta di una ex miniera), oggi monumento nazionale, furono trovate molte e molte decine di metri cubi di ossa umane.
Qualcuno dice centinaia. Si tenga presente che un metro cubo può contenere le ossa di cinquanta o sessanta esseri umani. Ci sono poi le migliaia di nomi raccolti da Marco Pirina. Una riprova indiretta e impressionante della tragedia delle Foibe sono i fatti recenti della guerra di Bosnia. La tecnica degli slavi del sud in cinquantanni non è affatto mutata. Il loro fine in Istria, e Gorizia, a Trieste, nella costa dalmata, era quello di terrorizzare le popolazioni italiane con i rapimenti e gli assassini. La gente veniva rapita nel cuore della notte e poi non se ne sapeva più nulla. In tal modo si costringevano i superstiti a lasciare le loro case e i loro beni. Così si realizzava la -pulizia etnica- di cui abbiamo tanto sentito parlare negli ultimi tempi, perché gli slavi meridionali, a causa del loro nazionalismo intollerante, non sanno convivere con etnie diverse dalla loro. Essa fu perseguita anche in Bosnia, come è notissimo a ciascuno.
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he vi sia un processo, finalmente, è cosa giusta e doverosa. Nessuno cerca vendette, ritorsioni o incarceramenti, dopo tanto tempo. Ma il processo servirà a far conoscere una terribile realtà storica rimasta finora pressoché sconosciuta. E sempre mancata nei governi italiani, succedutisi negli ultimi cinquantanni, una autentica volontà politica di far sapere quei fatti, proprio l'opposto di ciò che è avvenuto per i delitti compiuti dai nazisti. Dopo le guerre i crimini di coloro che hanno perduto sono sempre stati fatti conoscere infinitamente di più di quelli dei vincitori. Prevale un atteggiamento partigiano, per cui le colpe degli sconfitti vengono pubblicate con ogni mezzo, mentre su quelle dei vincitori si gettano, come direbbe l'autore del Gattopardoinfinite palate di terra. Ma questo modo di procedere non è in regola né con la giustizia né con la storia nel raccontare tutta la verità dei fatti. Ma pian piano la giustizia e la storia sono arrivate anche per le foibe, e i delitti degli slavi, contro innocenti popolazioni italiane, commessi in nome di un comunismo retorico e di un nazionalismo reale, tribale e fanatico. Ai morti silenziosi delle foibe è stata finalmente restituita la parola, e le ombre hanno ricominciato a parlare. Carlo Scorion r
Sccoto ci Italia
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INTERVISTA CON CARLO SGORLON
ONORE AI MORTI INSEPOLTI MASSIMILIANO M A Z Z A N T I
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ALLA «Malga di Sii» giunge una voce. È la voce di unAntigone moderna, la voce di Carlo Sgorlon, die chiede di poter seppellire morti che la cultura ufficiale ha sempre frettolosamente voluto dimenticare, affinché il loro ricordo non accendesse più i sentimenti che avevano incarnato prima di essere uccisi; è una voce che vuolericordareil senso della sacralità annullato dalla modernità e senza più il quale il mondo appare più barbaro e crudele; è una voce che denunda l'ipocrisia degli «uomini di Cultura», soprattutto della «Cultura di Sinistra», che spesso ha svenduto i suoi sentimenti e anche i propri affetti e le proprie personali tragedie per un po' di successo e per una legittimazione die appare oggi sempre più vuota e meschina La «Malga di Sir» (Mondadori ed. pp. £ 30.000), romanzo imperniato sulla vicenda della Malga di Porzus, della strage dei partigiani della «Osoppo» ad opera di comunisti titilli - e nella quale fu assassinato anche Guido Pasolini, fratello del celebre scrittore e regista - è, come dice l'autore stesso, un'ode alla «sacralità» che ispirava i friulani «semplid», la gente di paese, delle montagne, ma anche una denuncia dell'ipocrisia della «storia ufficiale» che, per raggiungere i suoi scopi, umilia la verità e, soprattutto, non rende giustizia ai morti, impedendo di raggiungere una vera pacificazione fra gli uomini che la guerra ha tragicamente diviso. B3H Sgorion, il suo «Malga di Sir» è un romanzo) un'opera narrativa, nel quale però assume un'importanza centrale la denuncia di un certo modo di fare «Cultura» e in partkoiar modo «Storia» nell'Italia dei secondo dopoguerra. Perché ha sentito l'esigenza di fare questa denuncia?
Perché abbiamo vissuto per cinquanfanni in un Paese dove la storia è stata scritta dai «resistenti», dagli intellettuali di Sinistra, e perciò aedo che di certe cose non si sia parlato abbastanza. Ci sarebbe voluto più equilibrio, ma ri hanno bombardato con
Lo scrittore friulano ci paria de «La Malga di Sir», il suo nuovo romanzo in cui viene rievocata la strage di Porzus compiuta nel '45 dai partigiani comunisti ai danni dei «bianchi» della «Osoppo». Unìniame pagina di storia dimenticata per 50 anni
l'affermazione che l'Italia è «il Paese della Resistenza», di conseguenza la Storia ha diviso il torto e laragionein modo molto squilibrato e. soprattutto, non si è parlato di tutte le vittime. Eppure Stalin ha fatto più vittime di Hitler, anche se era dalla parte dei vincitori.
• M I A questo tipo di affermazioni gii intdlettuaO di Sinistra accusano I loro interiocutori di voler mettere sudo stesso piano di valori dittature e democrazie, vittime e c a m e f l d .
Ma non è questo il problema, fra dittatura e democrazia bisogna certo scegliere la democrazia. Però, soprattutto pensando a quello che è accaduto nel Friuli bisognaricordareche la democrazia era dalla parte degli angloamericani non certo dei russi e dei comunisti. D problema è che la Storia deve essere una visione di tipo generale, una visione alta, di tipo contemplativo e non può essere, invece, un'insieme di bugie e di nascondimenti. Forse, il problema è che nella Resistenza qualcuno, i comunisti, si batteva per sostituire una dittatura con un'altra.
Questo è ovvio. Infatti, quando sento parlare i comunisti friulani, mi sento in fortissimo disagio pensando al fatto che combatterono assieme alle bande titine per l'affermazione di un mondo comunista tutfaltro che democratico. Peraltro, quando i comunisti dicevano che dovevamo combattere coi titini i tedeschi perché avevano inglobato la nostra regione nel loro Reidi. non erano sinceri: i tedeschi erano ormai in ginocchio, se ne sarebbero andati comunque, mentre i «rossi» erano pronti a cedere Trieste, Gorizia, il Friuli fino al Tagliamento. Quindi traditori erano loro ai miei occhi, o anche loro. •EB
Come, I partigiani «traditori»?
Si nel senso che noi volevamo combattere i tedeschi ma mentre questi a un certo punto non sembravano più pericolosi perché sconfitti i titini erano «in piena salute», e c'era il rischio di perdere, oltre all'Istria che poi abbiamo perso, anche le italianissime Trieste e Gorizia In fondo; noi di «resistenze» ne abbiamo dovute fare due anche se delle vicende e dei morti di una non abbiamo potuto più parlare come avremmo voluto e avremmo dovuto. | morti. N d suo «la Malga di Sir» il t e m a della morte affiora n d senso più tragico e antico, quello di Antigone...
...Sì, in tutta la letteratura antica ce 0 tema dei morti insepolti, ai quali bisogna rendere giustizia È un archetipo che diffonde la sua luce attraverso i millenni e lo sentiamo anche noi Però non è il tema dominante del libro...
H Z D Oie, invece è...
«La democrazia era dalla parte degli angloamericani, non certo da quella dei comunisti. La storia non può essere un insieme di bugie»
La dimostrazione die la gente semplice, se non è ridotta alla barbarie come sembrano ormai dimostrare certi popoli balcanici, sa convivere. Basti pensare al Friuli al santuario di Lussare virino al Tarvisio, dove nel Trecento sarebbe apparsa la Madonna, die è un luogo sacro a tre popolazioni se non addirittura a quattro. Quando ero bambino e andavo in pellegrinaggio là ho potuto vedere come, nello svolgere le proprie funzioni religiose, austriac i italiani e slavi stessero vicini gli uni agli altri senza problemi Poi tutti quanti sono imbestialiti per colpa della guerra. • 2 3 Allora, più d i e la semplicità d d i a gente è il venir meno di Dio e d d timori religiosi a «imbestialire»» gU uomini?
Piuttosto die di Dio, die è sempre un'ipotesi parlerei del sentimento della sacralità I moderni purtroppo, con la «concezione laica» hanno distrutto la concezione della sacralità della vita umana, ma direi della sacralità di tutta la Natura, sacralità senza la quale non è facile nutrire sentimenti di fratellanza. E il personaggio principale della «Malga di Sir» è appunto una donna che incarna questo senso del sacro e che si oppone alla guerra, fino a che la guerra non travolge andie lei e la trascina con sé nella guerra partigiana. Poi quando il suo amante, partigiano anch'egli verrà ucciso nella «Malga di Por-_ zus» da partigiani comunisti, toma alla campagna, perché la guerra ha riempito tragicamente tutte le sue misure.
ttBS Mentre — e tomo ai libro, ad uno degli spunti «fi maggior Interesse: la storia di Guido Pasolini, fratdlo di Pier paolo, ucciso dai comunisti appunto nella «Malga di Porzus», di cui I d narra la vicenda — Pasolini non ebbe esitazioni, pur di non rinunciare ai successo, a nascondere la tragedia della sua famiglia.
Entrare in Pisolini è moko difficile Pasolini certamente un grande scrittore, certamente una grande personalità aveva però il complesso di Dio: Voleva essere tutto e fare tutto. Ed ha fatto tutto, perché non c'è attività artistica, culturale politica e saggistica che non abbia fatta Dunque per Pasolini sarebbe statò addirittura incomprensibile trovarsi in un punto della storia non illuminato dai riflettori: quindi scelse la Sinistra, anche se ideologicamente era molto contraddittorio, e la Sinistra peggiore, sviluppando quella soi j di «calvinismo pasoliniano» per i l quale i borghesi erano necessariamente condannati dalla storia senza possibilità di riscatta
Raccontare con coraggio la guerra — e particolarmente la guerra partigiana n d Friuli in questo m o d o — , secondo qualcuno, ha reso Sgorion un «solitario periferico d d i a letteratura». Ma, da quanto d siamo detti finora, non mi sembra che i d soffra molto nei restare anche da solo ndie sue «malghe»...
«Abbiamo vissuto per cinquantanni in un Paese dove la storia è stata scritta dagli intellettuali di sinistra e perciò credo che di certe cose non si sia mai parlato abbastanza»
Beh. insomma... tutti abbiamo un po' il desiderio di essere al centro, ma se devo stare in periferia, accetto il mio destino. Del resto, la mia non è una periferia geografica, ma una periferia ideologica, nel senso che in Italia gli scrittori che sono stati fatti andare per la maggiore erano tutti o quasi progressisti e di Sinistra, al punto che fino a qualche tempo fa si negava addirittura che esistesse una cultura non progressista, non di Sinistra. Dunque, io che sono legato ai miti, agli archetip i io che non posso che essere un conservatore, debbo restare «solitario periferico». •11 • Insomma, le piacerebbe essere uno scrittore al centro ddl'attenzk>ne, ma non a patto di rinunciare alle sue idee?
Appunto, lei interpreta bene le mie parole: sui miei sentimenti profondi non ho mai potuto transigere, non ho mai fatto mercato di idee
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Giuseppe Are
Foibe, la barbarie non ha bandiere
Gli infoibamcnti sono stati oggetto di rievocazioni e di controversie nelle ultime settimane, sotto due differenti profili. La loro comparabilità alle molteplici forme di stragi, variamente bestiali, in cui si è segnalato il nostro sciagurato secolo. E il senso da attribuire ad essi, nella formazione di un'identità e di una coscienza storica nazionale adeguata alla democrazia di massa, quale il nostro Paese è compiutamente diventato soltanto dopo la seconda guerra mondiale. Che cosa essi sono stati è noto ormai anche a chi lo ignorava del tutto. Nella Venezia Giulia, perlopiù sopra Trieste, ma anche in vari punti della costa Dalmata, diecine di migliaia di italiani furono precipitati in profondi crepacci carsici, perlopiù dopo orrende sevizie. E lo furono, nella stragrande maggioranza dei casi, non in quanto responsabili di alcun delitto o sopruso verso le popolazioni della Jugoslavia. Ma soltanto, appunto, in quanto italiani. Che. di costoro il nuovo regime comunista titino voleva far piazza pulita nelle sue terre. La controversia sulla comparabilità ha dato la stura a squisitezze che meritano qualche commento. Una tendenza, forse prevalente fra i nostri intellettuali, è stata quella di voler assegnare un carattere di incomparabile esemplarità negativa all'olocausto. Secondo le più raffinate argomentazioni a sostegno, questo dovrebbe essere considerato incommensurabilmente più infame di qualunque altra strage suggerita dalla barbarie delle guerre, sia civili che intemazionali. Ciò perché, sembrerebbe di capire, solo esso scaturì da un piano scientificamente premeditato ed attuato, ai quale si attribuiva in modo demoniaco un significato risolutivo e salvifico nella stona universale. Ma forse che il sacrificio di diecine di milioni di persone, sterminate nelle pianificazioni comuniste, dalle collettivizzazioni forzate in Unione Sovietica e in Cina alle follie del cambogiano Poi Pot. non si giustificava anch'esso appunto con l'attuazione di un disegno «scientifico» di definitiva emancipazione della storia umana dalle sue «contraddizioni», dal peccato originale dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo?
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Certo, quando fu fatto a nostro danno dalla Dalmazia al Carso rientra in una categoria, se si vuole, meno filosofica, meno metafisica: quella degli sfoghi di odii nazionalistici a danno di popoli vinti e
di loro residue minoranze di cui i vincitori vogliono sbarazzare il proprio territorio o quello conquistato giudicandole inassimilabili ed irrimediabilmente aliene. Questo fu il conto che la nuova Jugoslavia di Tito volle far pagare agli ultimi eredi di quelle popolazioni di Dalmazia che. per secoli e secoli, avevano impresso a quella terra un carattere di italianità che appare inconfondibile perfino nei sassi a qualunque disinteressato osservatore. Peraltro gli autori di tali gesta avevano perpetrato analoghe stragi e sevizie, e su scala anche più vasta, a danno dei popoli che definivano fratelli (serbi e croati reciprocamente). E tutti sanno come sia finita questa illusione. Particolarmente infame però, nel caso nostro, il fatto che l'occupazione j u goslavo-titina della stessa Trieste e del suo immediato retroterra fu favorita, poi caldeggiata, successivamente anche contrattata con una diplomazia parallela dallo stesso Togliatti: che mai come in questo caso manifestò il proprio ossequio alla strategia espansiva dell'Unione Sovietica. Non c'è dubbio che questa ferita infetta alla nazione e alla civiltà italiana non avrebbe mai dovuto essere dimenticata. Non per fame oggetto e pretesto di impossibili e inutili rivendicazioni territoriali. Non per ostacolare quel tanto di rapporti di buon vicinato che l'Italia è riuscita, con molta buona volontà ad instaurare e a mantenere con lo Stato jugoslavo, fino a quando esso si è sfasciato sotto il peso della sua artificialità e delle sue intrinseche incompatibilità. Ma. se non altro, per avere un orientamento più sicuro sul come meglio avvantaggiare le nostre posizioni nella disastrosa situazione che esso ha lasciato in eredità. Ma ancora più. direi, per ricavarne un insegnamento di portata più generale, che mai come in questo momento dovrebbe scattare come una reazione spontanea nel cuore di tutti gli italiani, quali che siano i motivi di insoddisfazione e di amarezza che essi hanno per come funziona il loro Stato e il loro sistema politico. La storia non perdona a quei popoli che credono di poter meglio risolvere i loro problemi con gli egoisti e i particolarismi delle fazioni o delle regioni, e non con la solidarietà e l'unione. Andiamo, certo, verso un mondo più concorrenziale anche se più integrato. Ma saranno le nazioni, che sappiano funzionare economicamente e culturalmente come organismi, non i loro spezzoni anarcoidi, confliggenti e reciprocamente ostili, i protagonisti ven anche di questa nuova storia.
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Martedì 10 settembre 19%
LETTERE E ARTI
Paria l'unico superstite dei lómila italiani fucilati dai doni in Istria. Sopravvisse perché cadde nell'acqua e non sulle rocce della fossa
Sono uscito dalie Í
Lino Pellegrini
.1 tema foibe è tornato d i stringente attualità. Ma, superando le voragini nostrane come i l Bus de la L u m , Basovizza e Monrupino, trasferiamoci oltre confine, nell'attuale Slovenia. Là, fra i l 1943 e i l 1945, i nostri connazionali infornati da slavi titini furono circa sedicimila. Ottobre 1943, zona di Vines, proprio nel cuore dell'Istria. Un mese prima, i n quella foiba, i titini hanno ettato moltissimi italiani, oi, con l'arrivo delle truppe tedesche, i massacri s o no cessati. E u n gruppo di ludici d i Pola. affiancati a un reparto della Milizia per la Difesa Territoriale e da risili del fuoco, si recano alla foiba per recuperarne i m o r t i . Dispongono, i vigili, di funi, argani, carrucole, insomma dei mezzi che com sentono d i calarsi fino a 145 metri d i profondità, per poi imbragare e risalire. All'operazione assiste, fra gli altri, l'allievo ufficiale Graziano Odorisi, diciottenne, d i Pola. Che m i racconta i particolari orrendi del recupero dei cadaveri. Povere salme ormai putrefatte, segni d i torture, occhiaie vuote, mani legate, i l ventre, ancora rigonfio d'una donna incinta. I parenti che si aggirano fra quei resti cercando i loro car i non possono non provare u n senso d i raccapriccio; ma proprio per tentare d i identificare quei corpi l i debbono esaminare nei dettagli. Via ria che le salme sono riportate i n superficie coprirsi naso e bocca con u n fazzoletto serve a poco, ' i l tanfo ammorba tutta la campagna. Quante, queste salme? Centqquindici. Né è detto che la ricerca, pur condotta con abnegazione ammirevole, abbia raggiunto un risultato totale. Così, la foiba di Vines. Così m i racconta, documentando con fotografie, Graziano Udorisi, testimone oculare d'una pagina di storia.
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Ma le foibe (dal latino foves, ossia crepaccio, baratro), numerosissime nella geologia dell'Istria e della Venezia Giulia, nonostante i loro sedicimila morti, sin quasi ai nostri giorni la stona non l'hanno fatta. Motivo: i massacri non collimavano, com'è noto, con la successiva direttrice di marcia della politica italiana. Per
cui, silenzio. 0 , addirittura, M a perché «Cane Nero»? omaggi al condottiero degli Perché, secondo la credeninfornatori, maresciallo Tiza popolare, se u n cane nero veniva gettato i n una foito. ba egli v i tratteneva le aniPeraltro, i n fatto d i silenme potenzialmente moleste zio sul tema foibe, nessuno per l'umanità. Ora, i l nome avrebbe potuto immaginadella foiba nei dintorni d i re u n certo estremo, u n apiFianona significava che, nelce che, per certi versi, supela notte dei tempi, u n cane ra addirittura i l confine deldoveva esservi stato sacrifila morte. Siamo, stavolta, a cato e che quindi vi si potePola, nel maggio 1945.1 tevano gettare anche i sei itadeschi ripiegano, irrompoliani. Nel frattempo, i l sottono gli slari. Un sottotenente tenente è riuscito afarscivodella Milizia per la Difesa lare i l cappio del fil d i ferro Territoriale, saputo che g l i dal gomito al polso. slari lo cercano, si presenta spontaneamente al loro coI sei sono dunque sull'ormando, anche per alleggerilo della foiba. Dinanzi a lore la posizione dei propri ro u n gruppo d i armati, comnulitoni. Cinque magpronti a far fuoco. Movigio, ore 17. Interrogatorio, menti convulsi fra i condannati, altri fili si spezzano. stesura minuziosa d i tutti i Come i l p r i m o colpo dei bodati del giovane ufficiale. Di ia titini parte, i l sottotenenprocesso, nemmeno parlarte si getta giù. Sicuro, si getne. I l sottotenente ed altri vengono legati a due per ta nella foiba un tempuscodue" per i polsi o per le brac- lo prima che lo colpiscano, cia, col fil d i ferro. Eria,a seguendo un impulso irrepiedi, verso Digitano, una frenabile. I l volo è d i una marcia d'una dozzina di chi- trentina d i m e t r i . I n fondo, lometri. Là, sosta i n u n pic- fortunatamente, non rocce colo campo d i prigionia, ma acqua. Anche gli altri cinque sventurati vi precipiquindi continuazione della tano. Sott'acqua, l'ufficiale marcia, sempre legati, sino sente come una zolla di tera Barbana, Arsia, f iedalbo- ra... No, è la testa d'un comna. I n quest'ultima località i pagno, anche lui illeso. I l prigionieri vengono caccia- sottotenente lo porta a galti déntro una palestra, dove la, lo salva. Poi entrambi si l i si costringe... a correre a appoggiano a una sporgentesta bassa contro i m u r i . za, si scambiano qualche paSe, dopo i l cozzo, gli sventu- rola. «Maledetti, ancora virati perdono i sensi, l i si fa vi!», urlano, i n alto, gli slavi rinvenire con secchi d'ac- titini. E giù bombe, che pequa oppure a colpi di coltel- rò feriscono i due superstiti lo o d i baionetta. Siamo - solo leggermente. Gli altri vedi caso! - a due passi dalla quattro ihfoibati sono scomparsi. Ceno, p r i m a della cafoiba di Vmes. Dopo Piedalbona, nuova duta, l i ha colpiti il.piombo marcia, per una scorciato- dei boia. E, con i boia, finiia, verso Fianona. Totale, da sce così. Pola, sui cinquanta chilomet r i . La notte viene trascorsa Pur nel freddo, nel sandai prigionieri nella stanza gue, nella spossatezza, i due d'una caserma. Vengono de- superstiti debbono attenderubati d i tutto, comprese re i l buio, cioè trascorrono giacche e scarpe: poi trasfe- un'intera giornata in foiba, rimento in una cella, come prima di tentare i n qualche dire una trentina di persone modo la risalita. Ci riesconon più addossate ma am- no! Poi affrontano, con massate i n pochi metri qua- ogni possibile cautela, ma drati. All'alba del 14 maggio scalzi, i cinquanta chilome1945, sei di quei prigionieri tri che l i separano da Pola. sono condotti nei dintorni Temono sia la sbirraglia uridi Fianona, alla foiba detta na sia i cani da guardia, che del Cane Nero. Il sottotenen- non scherzano, sia le vipere, che i n Istria abbondano. te della Milizia viene frusta- Ma, un certo giorno, ecco to a sangue da una donna. che i l sottotenente è sulla Lo percuotono i n faccia col porta d i casa, e chiama la calcio d'una pistola, frattu- sorella Mafalda. La quale r i randogli una mascella. Col sponde: «Non sei t u . è solcalcio d'un fucile lo colpi- tanto la tua voce...». No, era scono alla schiena, lesionan- lui. Lui, chi? Graziano Udodogli u n rene. Intanto, a visi, già testimone del recucausa sia del fil di ferro sia pero delle salme della foiba del fatto che ha dovuto tra- di Vines. Sicuro. Graziano scinare coi polsi un poverac- Udovisi, dopo aver constatacio rimasto al suolo perché to direttamente i risultati moribondo e poi cadavere, dei massacri, era stato infoiil sottotenente soffre dolori atroci.
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bato a sua volta. Oggi, quindi, Udovisi è l'unico superstite dei sedicimila infornati (l'altro superstite, Giovanni Radeticcnio, emigrò in Australia, dove è mancato parecchi a n n i fa). A Pola, nella sua casa, Udovisi trovò un o t t i m o nascondiglio. Poté lasciare l l s t r i a nell'agosto 1945, con l'arrivo degli Alleati. Quattro anni d'università, poi i n segnante d i scuola media. Ora vive a Reggio Emilia, dove sono sepolti i suoi genitori. Intelligente, occhi orillan t i , sorriso pronto - u n orecchio fuori uso e u n rene menomato non debbono avere importanza -, Udovisi continua a far corpo unico con' l'Istria. La sua terra e lui sono - nonostante gli anni, la distanza, la moglie reggiana, la figlia sposata a Reggio e la sorella che vive nelle Marche - una cosa sola. Gli canticchio la celeberrima canzone istriana «La mula de Parenzo»; l u i non soltanto la completa ma v i aggiunge alcune canzoni triestine tradizionali, per cui, dopo aver conversato con Udovisi, m i sembra d'esser tornato i n quella Venezia Giulia che sin da ragazzo cominciai a conoscere e ad amare. Domanda ovvia. Perché mai i l colpo di scena, cioè l'apparizione dell'unico superstite delle foibe, soltanto ai nostri giorni? Perché, prima, Graziano Udovisi i l suo infoibamento lo volle tenere per sé. Troppa tragedia, troppo orrore, troppa ostilità politica persino ai livelli massimi, per divulgarlo. Più tornato i n Istria?, chiedo a Udovisi. «No, mai!». Vogliamo andarci, a Fianona, sulla foiba del Cane Nero? «Ci andrei, se m i invitassero». Già. Ma l'invito dovrebbe significare una nuova mentalità e, fra l'altro, la possibilità di iniziare ricerche anche nelle foibe slovene (Vines insegna). Senonché, tanto l'invito quanto i l cambiamento della mentalità degli slavi sono, oggi, ancora inconcepibili. Ne, d'altra parte, possiamo lamentarci troppo noi, che, sino a ieri, i l tema foibe lo abbia mo considerato tabù. «Tanto tabù - c o n c i a Udovisi - che a suo tempo non facevo vedere nemmeno questo» e intanto estrae di tasca un minuscolo ciond•••Ietto d'oro. «Gli slavi non me lo trovarono perché ¡ avevo ficcato nel taschino delle mutande. Sicuro, è stato nella foiba anche lui. Me l'aveva regalato la mamma».
LETTERA APERTA DI UNA TESTIMONE DEGLI ECCIDI COMPIUTI IN ISTRIA
Maro e d V a s c o n
_ ' a r i italiani, non come politico (sono stata deputato) ma come essere umano, come istriana e come bambina-testimone degli o r r o r i delle foibe vi chiedo: per l'amor d'Iddio, fermiamoci, fratellL N o n avrei m a i potuto immaginare che la poca conoscenza d i una tragedia nazionale (perché sempre vergognosamente nascosta nella sua dimensione e verità) avrebbe potuto portare, oggi, in Italia, a così superficiali e sconvolgenti espressioni. A s i m i l i conclusioni d i deviata umanità. Fa venire le vertigini come si è sviluppata sul Corriere la disputa Priehke-foibe. Si usaTio t e r m i n i da arrita M i l a n tter, mentre viene toccata carne viva e calpestati dolori immensi di un'immensa tragedia dell'uomo. Fermiamoci a riflettere, serve a t u t t i recuperare la capacità d i darsi u n pensiero pulito, liberato da i n crostazioni di parte. Posso chiedere, perciò, a u n polemista d i formazione marxista (così scrive fa didascalia del Corriere per i l professor C a n tora) e ad u n ebreo pacifista (Victor Magiari d i allontanare dalla mente, almeno per i l tempo d i lettura d i questa mia lettera-supplica, pensieri quali: «Ma parliamo d i cose più serie!» e «Comunque si combatteva su u n piano d i parità».
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Liberi e responsabili di continuare a pem sare i n questo modo. Non vorrei cadere i n una gara d i contabilità del macabro: quanti sono stati gli infoi" bati? Il conto lasciamolo al Creatore-Giudice: mille, diecimila, o «purtroppo solo» ventimila o cinquantamila o meno dell'Olocausto ebraico e dell'ecatombe d i Hiroscima? Io penso a quell'uno. Egli sta sull'orlo dell'imbuto che sprofonda anche 300 metri nel calcare carsico. Ha i l polso legato con il filo di ferro a quello di u n altro infelice. Riceve il colpo a i grazia alla nuca e trascina, vivo, nel baratro anche i l compagno... Penso che quell'uno porta nell'abisso" t u t t i noi. Pisino, Parenzo, Buie...: d i voce i n voce, si sa che, di notte, da ogni paese parte i l camion della morte piena d i infoibandi... Da noi. i n Istria. 1.700 sono le foibe ufficialmente registrate... Madonna salvaci: questo servizio, la linea paese-foiba, quan-
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«Vi racconto le foibe» L'ex deputata Mamcci Vascoiv così l'Italia ci abbandonò do finirà? Sarà oggi fa notte del m i o capolinea?Ascoltatemi, fratelli: io appartengo alfa stessa matrice culturale degli sterminati delle foibe. Sono dello stesso i m pasto d i quei cento m e t r i cubi d i carne ed ossa che ingombrano fa foiba d i Basovizza. «Giuseppe Paolo, contadino: a morte! La signorina della Posta d i Antiguaría: a morte! M a r i a C o n cetta Valenti, casalinga: 'ù, nella foiba d i S u r a n i ! uido O r i o opèraio: a morte! Benedetto G a l l i , detto Beno, falegname: giù! C h e r s i Giusto, impiegato, C h e r s i Mario, panettiere... Giù... Giù... Giù...: Padre d'Iddio, perchè? Perchè? ...Loro così distanti da responsabilità e da colpe, tranne quella d i essere nati i n Istria e parlare una lingua diversa dai «liberatori». E l i m i n a t i perché erano italiani, esattamente come gli ebrei che venivano uccisi ad Auschwitz: perché erano ebrei. ...Loro, gente comune, che n o n sapevano «come si combatte su u n piano d i parità o d i disparità» perché l'unico combattimento che conoscevano era quello con le onde tempestose del mare o con fa filossera della vigna. ...Madri con i grembialini e le mani ancora sporche dell'impasto del pane: dopo aver detto al figlio piccolo: «Fai i l bravo, torno
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subito», hanno seguito docilmente gli armati con la stella rossa, che urlavano: «Brze naprej». Violenza sottile e psicologica incominciata con fa «rieducazione del popolo nelle "basi"» del partito. Obbligatoria per ogni adulto, «taljan borghese e fascista, nemico del popolo lavoratore». Violenza diretta come u n pugno nello stomaco: i l sequestro dei poveri beni: fa barca, le reti, D campo d i pápate, la v i gna, l'officina, fa bottega. A qualcuno già la casa. Tutto deve essere collettivizzato (messo i n Skupcina), secondo le nuove leggi della Riforma agraria, quelle che p u n i scono reati contro i l regime, parole e pensieri contrari alfa dittatura ael proletariato. Violenza e intimidazione: spettacolarizzati i processi politici. Per aver comperato i n Occidente, a Trieste, per noi studenti, le grammatiche d i greco antico. Amatore de G r a s s i , umanista, si busca, come ridere, i lavori forzati. Si riempie Goli Otok e si finisce per u n niente alla Ljubianka. Violenza con claustrofobia: come a Berlino. I confini diventano invalicabil i . A chi scappa i «graniciari» sparano come si spara ai fagiani...Fratelli, questa è fa pulizia etnica: l'Istria con le foibe e c o n tutto i l corollario d i saponi, spazzolini e acido muriatico è i l p r i m o laboratorio scientifico dove si sperimenta i l programma balcanico d i ecologia umana. Fatemi ricordare come è incominciato. 1945: i n Istria, fa gente sta per festeggiare. Finalmente, fa pace. Le campane del mio paese devono essere sciolte perché - così assicura la radio - la guerra è
finita. I papà e le mamme, sfiniti da una guerra che è stata durissima, smunti dalla fame e dalla permanenza nei rifugi, escono sui campielli e nelle calli e si abbracciano, ubriachi d i gioia. Nói b a m b i n i sogliamo u n pane spalmato d i • marmellata e un letto dentro a una casa. A differenza del resto d'Italia, la nostra pace viene portata dall'esercito popolare jugoslavo, che immediatamente c i fa capire l'antifona. A chi si aspetta l'arrivo degli angloamericani, come nel N o r d d'Italia, viene spianata la m i t r a gliatrice. Per l'Istria la sospirata pace equivale a u n incubo. Squadre, organizzate dall'Ozna, la polizia segreta, battono le campagne e, d i notte, terrorizzano i cittadini, pestando sui portoni delle case, scrivendo su d i essi slogan rivoluzionari e avvertimenti d i morte contro «i nemici del popolo». Questi avvertimenti, a d ogni alba che sorge, si traducono nella sparizione del d i rimpettaio, del compagno d i lavoro, del calzolaio, del pescatore, d e l prete, della maestra.... Tutti su u n c a m i o n che torna indietro vuoto. La parola «foibe» corre per l l s t n a , sul cavallo dell'Apocalisse. «Nessuno conosce i l d r a m m a delle foibe» dice Victor Magiar. È vero. Passato Monfalcone, pochi lo conoscono. N o n sarebbe logico chiedersi i l perché? Proviamo a cercarlo assieme. Vedeteiratelli: noi urlavamo la disperazione dai nostri tristi paesi, dietro quel m u r o che spaccava i n due l'Europa. Urlavamo, anche se ti bavaglio che ci cingeva l a gola, poteva diventare u n cappio. Urlavamo, da Golo Otok e dalla Ljubianka: abbiam o urlato dallo squallore dei 149 campi profughi, disseminati dalla Sicilia al Trentino. Eppure le nostre voci, come quelle che si levavano dai campi di sterminio degli ebrei, non erano sentite da nessuno: non arrivavano oltre i l confine d i Sezana; e dopo, nell'esilio, fa nostra voce non ha oltrepassato i l reticolato dei campi profughi. Le colpe dei nostri infoibati. N o n d i aver fatto attentati. Non d i aver progettato offesa armata contro chicchessia... N o n ne sarebbero stati capaci. Le uniche «armi» che esso sapevano maneggiare erano l'aratro e i l remo. I più vecchi,uVangelo. M o l t i d i essi erano appena arrivati dai mille fronti deDa guerra. Scampati per m i racolo ai siluri e ai bombardieri. Sognano d i gettare le reti nel loro mare: come i l giovane M a r i o L o c c i a , massacrato e consegnato alfa madre orrendamente gonfio e mutilato e con i l certificato di... suicida. Pensa al grano appena seminato.
Che ne sa, quando viene "interrogato, d i fascismo, della rivoluzione proletaria, d i T i t o e di B e n i t o , Paté DJ Umberto, che vive i n u n paesino dove n o n arriva la luce elettrica e neanche i l giornale? E i l papà dei miei amichetti, inventore d i tanti giochi per n o i b a m b i n i , i l m i t e e b u o n sior Pipino, impiegato alla Cassa malati? Si è giocato la vita; forse per aver messo u n t i m b r o d i traverso su u n libretto sanitario. I nostri sacerdoti. E i francescani. Tutta una vita a far novene e questue. A sfamare i miseri della comunità e a predicare la
A r r i g o Petacco
S
e andate a consultare l'enciclopedia Garzanti alla voce « F o i b e » , troverete questa risposta: varietà di doline frequenti in Istria. Se cercate, nove pagine più avanti, la voce «Fosse A r deatine». troverete un dettagliato riassunto del massacro c o m p i u t o dalle SS i l 24 marzo del 1944. Questo sconcertante contrasto m i sembra sia sufficiente a rimarcare ancora una volta i l «doppiopesismo» (così da qualche tempo si usa dire per sottolineare la mancanza d i obiettività) di cui ha fatto vasto uso la nostra storiografia in questi u l t i m i c i n q u a n t ' a n n i . V a l g o n o dunque d i più le 335 v i t t i m e massacrate da Kappler. Priebke e compari, delle m i g l i a i a e m i g l i a ia (solo D i o sa quante) d i italiani che i partigiani d i T i t o , con la complicità d i qualche rinnegato, hanno scaraventato ancora v i v i nelle «doline frequenti i n Istria»? Evidentemente pensavano di sì. Infatti, ancora p o c h i g i o r n i fa, p o l i t i c i e o p i n i o nisti di sinistra sono insorti scandalizzati dall'«improponibile» paragone. C o m e se esistesse una differenza fra i massacri e g l i stermini nazisti e q u e l l i c o m u n i s t i . Ora. anche se con imperdonabile ritardo, sembra finalmente g i u n t o i l m o m e n t o d i far conoscere a tutti gli italia-
parola del poverello d'Assisi. L o risento ancora u n o d i loro, quello con i l saio sempre liso: « Bisogna esser bon i , volerse ben, che d u t i xe fioi de Dio». Dovrà costruire strade per mezza Jugoslavia: otto anni d i lavori forzati. N o r m a Cosse ito studentessa universitaria, allieva del prof. Concetto M a r c h e s i . Era bellissima e piena d i vita. F u stuprata per u n a notte intera da u n a banda. Poi impalata, p o i buttata i n foiba. Ebbe la laurea dopo il recupero del-
ni un d r a m m a t i c o pezzo di storia patria c o l p e v o l mente ignorato dalla S i n i stra con reticenza, fastidio e superficialità. L ' o l o c a u s t o d e g l i italiani d ' I s t r i a e della Venezia G i u l i a — u n o dei p u n t i più acuti delle tragedie che l ' E u r o p a ha conosciuto i n questo secolo — è stato finora coperto e legittimato dall'ideologia totalitaria del c o m u n i s m o . Si cercava d i far credere che g l i italiani «infoibati» non erano altro che fascisti contro i quali si era scatenata la furia popolare deg l i slavi dopo anni d i sopportazione e d i angherie. In realtà, anche se è storicamente provato che, i n certe situazioni, i m i l i t a r i italiani non furono inferiori ai tedeschi in fatto d i rappresaglie, le v i t t i m e delle foibe non furono i n grandissima parte né m i l i t a r i , né fascisti, ma semplicemente u o m i n i , d o n ne, vecchi e b a m b i n i che avevano l ' u n i c a colpa d i essere italiani. L'olocausto istriano fu i n fatti pianificato a t a v o l i n o c o l solo scopo d i d i s i t a l i a nizzare l ' i n t e r a Istria. Fu i n s o m m a i l p r i m o esemp i o d i quella tragica operazione di «pulizia etnica» che in questi u l t i m i t e m p i ha insanguinato l ' e x Jugoslavia. Da Fiume a Pola a Trieste, mano mano che l'esercito partigiano del maresciallo T i t o avanzava verso nord, i m i l i z i a n i
la sua salma. M a r c o V o l l i , diploma di maestro. Dopo l'armistizio cerca la strada d i casa, a Pisino, dove i l padre gestisce un'osteria. Viene tenuto ai ferri per 20 giorni nella prigione dei M o n tecuccoli. I l padre lo estrae dalla foiba d i Vines assieme ad altri 84. Pensare e decidere se queste pochissime storie d i u o m i n i sono cose d i cui n o n bisognerebbe parlare perché c i sono «altre cose più serie». I o non posso che ripetere la supplica: fermiamoci a pensare, fratelli. Finché siamo i n tempo. Ragioniamo, con i l sentimento d i u o m i n i e non con i l preconcetto delle talpe. Tutto questo immenso dolore merita la ricerca d i u n senso. E n o n merita, questa tragedia italiana ed europea, anche l'onore dei fratell i italiani?
croati e sloveni provvedevano a rastrellare g l i italian i strappandoli dalle loro case e dalle l o r o terre d o ve v i v e v a n o da generazion i . Spesso senza processo, o con processi burletta, i p r i g i o n i e r i v e n i v a n o percossi, v i o l e n t a t i , legati c o n filo spinato e q u i n d i gettati ancora v i v i nelle foibe che sprofondano nel terreno per centinaia d i m e t r i . Nella foiba di Basovizza. è o r r i b i l e scriverlo, sono stati ricuperati «500 metri cubi d i resti umani». A l t r e centinaia d i cadaveri sono stati in seguito ricuperati dalle foibe di G a l l i gnana. V i l l a Bassotti. T r e ghelizza. S e m i . V i l l a Pucc i n i . Carròzza. C r e g l i , V i l la Surana. per non citare che le più importanti. M o l t i altri cadaveri riposano ancora nelle profondità di queste « d o l i n e » così frequenti in Istria. Contabilizzare un massacro può anche essere d i c a t t i v o gusto: n o n è i l n u mero dei m o r t i che rende più infame un gesto c r i m i nale. C i ha c o m u n q u e provato i l polesano Gaetano La Perna in un suo l i b r o pubblicato da Mursia («Pola. Istria, Fiume 1943-1945»). Ne ha contati 3.545 e l'elenco dei m o r t i occupa 55 pagine del v o l u m e . D i questi. 1.269 erano m i l i t a r i e 2.276 c i v i l i , compresi 6 sacerdoti e 229 fra donne e ragazzi.
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A/Azione,
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FOIBE / DOPO 50 ANNI ANCHE UN DIRIGENTE DEL PDS AMMETTE CHE VENTIMILA ITALIANI FURONO UCCISI DAI COMUNISTI
Per il totalitarismo rosso suona l'ora dell'infamia
« M e g l i o tardi che mai», commentano i parenti delle vittime. M a per Rifondazione è solo «una squallida ricerca di consenso» D o orandi G ai ol lv' iannvni ai tM TRIESTE — «Nella storia non sempre la verità trionfa, ma come si suol dire i l tempo è galantuomo», commenta Denis Zigante, che è presidente di una delle associazioni. l'Unione, che si denero nel dopoguerra quei disperati fuggiti dall'Istria e dall'Iugoslavia di Tito, per salvarsi dal terrore di finire nelle foibe, i crepacci carsici, le orride gole di questa terra tormentata, dove furono spinti, molti v i v i . 20 mila italiani. Pagina bianca di questo scorcio di secolo, perchè parlarne inquieteva le coscienze dei giusti e dei vicini di casa, che invece dovevano essere tenuti buoni. Così di foibe per decenni si parlava nelle case dei profughi come se fosse un fatto di famiglia, una questione più privata che da portare in pubblico. Perchè non stava bene: passavi per fascista. Poi finalmente ci sono stati i tormenti di Stelio Spadaro. i l segretario provinciale pidiessino di Trieste, che alla fine ha ammesso: le foibe sono state una vergogna del totalitarismo comunista, e nel dir ciò ha suscitato scandalo e ammirazione, sebbene nella schiera dei post-ex-comunisti non sia stato il primo a fare tanto rumorosa scoperta. Lo ha fatto perfino un leggendario partigiano rosso. Giovanni Battista Padoan. che fu commissario politico della divisione Garibaldi-Natisone. e qualche conto aperto deve averlo avuto, visto che fu condannato a trent'anni (poi amnistiato) per aver partecipato al massacro della brigata Osoppo, rea di combattere i nazisti e gli slavi. Nell'eccidio morì anche il fratello di Pier Paolo Pasolini. Ebbene i l comandante Vanni, così si chiamava Padoan. uomo d'azione sebbene ormai abbia i capelli bianchi, ha detto che le foibe furono un'operazione di pulizia politica ed etnica. E dopo di lui ha parlato Spadaro. che l'altro ieri ha mandato un comunicato ai giornali per fare la storica ammissione. «Ma a noi di Primorski, stranamente non è giunto», si lamenta il direttore del giornale sloveno. Ed ecco la frase dello scandalo: «La tragedia delle foibe fu espressione di un nazionalismo virulento a cui l'ideologia totalitaria del comunismo diede allora copertura e legittimazione». Poi. prendendosela con la cultura di sinistra per aver minimizzato la tragedia: «So bene che la sinistra italiana ha rimosso a lungo la vicenda delle foibe e ciò ha significato non fare i conti con la storia di tutto il nostro paese». Belle parole. «Ma quello parla di cultura totalizzante comunista, quando fino al '91 era comunista anche lui!», protesta Giorgio Canciani. segretario di Rifondazione comunista, che definisce tutta la vicenda «una storia squallida». «Non credo che per giustificare le proprie capriole politiche ci sia bisogno di costringere ad una ricoversione la storia. E" un'operazione strumentale per cercare nuovi spazi di consenso», sentenzia. E anche il di-
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Un laccio di fil di ferro usato per legare le vittime. rettore del giornale in lingua slovena. Bojan Brezigar. si sente tradito dall'inversione di rotta pidiessina e maliziosamente ricorda che a novembre ci saranno le elezioni provinciali e che la provincia, ora commissariata, aveva una maggioranza di centrodestra. C'è una connessione tra l'argomento foibe, molto sentito a Trieste e dintorni, e la prossima scadenza elettorale? Brezigar, parodiando un costume capitolino, risponde: «Questo io non l'ho detto», facendo capire di sospettarlo fortemente. Più fiduciosi invece i profughi, come Piero Parentin. che è presidente dell'associazione delle comunità istriane e che a 14 anni fu separato dai genitori e costretto a fuggire in Italia, per la sola colpa di essere studente di seminano. «Meglio tardi che mai», commenta, augurandosi nuove aperture anche da pane delle autorità slovene e croate. «Anche il mio è un giudiuzio positivo — i n terviene Denis Zigante dell'Unione istriani — ma aspetto la prova dei fatti, ad esempio nell'inchiesta del giudice Pititto. che è stata frenata da pressioni venute non certamente da parte nostra». Da Roma Pititto si aggiunge al coro: «Rilevo con soddisfazione...». Che consolazione, che conforto, che traguardo ammettere, tutti insieme dopo 50 anni, che 20 mila italiani furono uccisi dai comunisti. Sempre più Fratelli d'Italia.
Padoan, 89 anni, iscritto al Pds, fu alleato dei comunisti slavi
I l partigiano di Tito: «Le foibe furono una pulizia politica» L
CORMONS (Gorizia)
Fausto BilosJavo
le foibe? F u r o n o p u l i z i a p o l i t i c a ed e t n i c a . Priebke? D o p o c i n q u a n t a n n i era m e g l i o n o n p r o cessarlo. I c r i m i n i d i g u e r r a ? Son o t u t t i u g u a l i , d a l l T s t r i a a l l e Fosse Ardeatiné. P a r o l a d i G i o v a n n i B a t t i s t a P a d o a n , classe 1909, vecchio partigiano «rosso», ancora m a r x i s t a c o n v i n t o , che h a c o m battuto i l secondo c o n f l i t t o m o n d i a l e n e l l e f i l e della Resistenza sul f r o n t e o r i e n t a l e . N a t o a C o r mons, fra Gorizia e Udine, c o n t i n u a a v i v e r c i i n u n a n o n i m o palazzo; o v v i a m e n t e , i n v i a G r a m s c i . C o n s i d e r a t o u n p e r i c o l o s o sovversivo d a l T r i b u n a l e speciale fascista passò sette a n n i i n galera. N e l l ' o t t o b r e '43 fondò i l p r i m o reparto p a r t i g i a n o c o m u n i s t a d e l F r i u l i e d a l n o v e m b r e '44 d i v e n n e c o m missario p o l i t i c o della Divisione Garibaldi-Natisone. Tremila e cinq u e c e n t o u o m i n i che a c c e t t a r o n o la «dipendenza operativa» d e l EX Corpo d'Armata jugoslavo del maresciallo Tito, p r o n t o ad annettersi le n o s t r e t e r r e f i n o a l Tagliam e n t o . I r o n i a d e l l a s o r t e , i l EX C o r p u s è ridiventato f a m o s o c i n omanrecente àg uuo,earqnruta'aa ncnidnvoii l edè osnpceooi:pBpaai lal ctsaaunol ia, cc'era il
colonnello Ratko Mladic. Promosso g e n e r a l e s u l c a m p o , è o g g i accusato d i c r i m i n i d i g u e r r a d a l T r i b u n a l e i n t e r n a z i o n a l e dell'Aja. L'avvocato A u g u s t o Sinagra, che c o n i s u o i esposti h a d a t o i l via a l l ' i n c h i e s t a d e l l a P r o c u r a d i Roma sulle foibe, ha denunciato anche P a d o a n . L o s t u d i o s o p o r d e nonese M a r c o P i r i n a è c o n v i n t o che G i o v a n n i B a t tista a b b i a p a r t e c i p a t o alla p i a n i f i c a zione della p u l i z i a etnica contro gli i t a l i a n i . L e foibe s o n o delle cavità n a t u r a l i carsiche dove i p a r t i g i a n i jugoslavi fecero sparire migliaia eli connazionali da G o r i z i a , Trieste, I s t r i a e D a l m a zia d a l '43 a l '47, i n m o l t i casi a ostilità f i n i t e da u n pezzo. I l c o m a n d a n t e «Vanni», n o m e d i b a t t a g l i a d i P a d o a n nelle
file della Resistenza, f u c o n d a n n a to nel dopoguerra a trent'anni d i carcere p e r u m a s s a c r o d e l l a m a l ga Porzus, n e l l ' a l t o F r i u l i , d o v e i Gap ( G r u p p i a r m a t i p a r t i g i a n i ) italiani, su ordine dei «compagni» sloveni, uccisero 22 a n t i f a s c i s t i della B r i g a t a O s o p p o , c o m p r e so i l f r a t e l l o d i P i e r P a o l o P a s o l i n i , r e i d i v o l e r s i o p p o r r e a tedes c h i e s l a v i n e l l o stesso t e m p o . V a n n i scappò i n C e c o s l o v a c c h i a , m a n e l '59 f u a m n i s t i a t o . O g g i d i m o s t r a i l peso d e g l i a n n i s o l o n e l t o n o r a u c o d e l l a voce e i l t r e m o r e delle m a n i , m a è i n c r e d i b i l m e n t e lucido. Ci accoglie con la m o g l i e russa i n u n m o d e s t o s a l o t t o . Sott o g l i o c c h i a l i c o n l a spessa m o n tatura i n tartaruga e i folti capelli b i a n c h i c'è a n c o r a t u t t a l a g r i n t a d e l vecchio p a r t i g i a n o , che sfoder a i n q u e s t ' i n t e r v i s t a esclusiva c o n II Giornale.
Come giudica le foibe? «Furono u n sistema d i p u l i z i a politica perpetrata dai p a r t i g i a n i d i T i t o c o n t r o c h i u n q u e si o p p o nesse, all'annessione d i t e r r i t o r i italiani alla futura Jugoslavia, compresi i convinti democratici a n t i f a s c i s t i . I l 7-8 m a g g i o d e l 1945 ( d u r a n t e l ' o c c u p a z i o n e t i t i na del c a p o l u o g o g i u l i a n o , ndr) arrivai con i l comando della Divisione a Trieste e c i a c c o r g e m m o che l a g e n t e v e n i v a a r r e s t a t a i l l e g a l m e n t e e d e p o r t a t a . L o stesso accadeva a Gorizia...».
E in Istria e Dalmazia, dove gli infoibamenti iniziarono nel *43?
«La p u l i z i a p o l i t i c a si m e s c o l ò a quella etnica. Durante i l ventenn i o i l f a s c i s m o aveva c o m b i n a t o cose t e r r i b i l i da quelle p a r t i . Per g l i s l a v i , i t a l i a n o e fascista era u n a cosa sola e q u a n d o p o t e r o n o si presero u n a t r e m e n d a rivincita».
Ma voi garibaldini eravate al fianco degli infoibatori... « N e l '44 l a D i v i s i o n e s i trasferì i n Slovenia e accettammo la d i pendenza o p e r a t i v a d e l EX C o r .pus, m a c h i a r i m mo subito che q u a l s i a s i annessione d i zone m i s t e c o m e Trieste e Gorizia doveva far p a r t e d i u n negoziato a g u e r r a finita e c o m u n q u e ve-
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n i r deciso c o n p l e biscito. Quando n e l '45 c o m i n c i a m m o a d avere n o t i z i a delle d e p o r t a zioni d i italiani protestammo con f o r z a . Delle f o i b e vere e p r o p r i e ne v e n i m m o a sapere s o l o n e l '47».
Sicuro che nessun partigiano italiano partecipò alla pulizia etnica contro i connazionali?
«In Slovenia combatteva i l batt a g l i o n e " T r i e s t e " c o m p o s t o da i t a l i a n i passati c o n i p a r t i g i a n i d o p o l'8 s e t t e m b r e '43. C'erano m o l t i s a r d i e l i comandava u n maes t r o , M a r i o A b r a m , che d o p o l a g u e r r a r i m a s e per a n n i d i r e t t o r e di Radio Capodistria. G r a n parte dei 500 u o m i n i d i questo reparto sono stati i m p i e g a t i dalla p o l i z i a j u g o s l a v a a Trieste, n e l '45, e q u i n d i n o n escludo che a b b i a n o p a r t e cipato agli arresti i n d i s c r i m i n a ti».
Proprio in Slovenia^raso-stati aUestitLoaniprdiconcentramentd^per gli italiani. Ne sa qualcosa?
• «Il c o m a n d a n t e della D i v i s i o n e visitò q u e l l o d i B o r o v n i z a e riuscì a p o r t a r e i n salvo d i e c i i t a l i a n i , c o m p r e s o u n carab i n i e r e , che t e s t i moniò pubblicamente l'accaduto. I n realtà^avevamo p o c h e speranze d i ribaltare la situazione. È vero che m o l t i connazionali m o r i r o n o o furono u c c i s i d u r a n t e i l u n g h i spostament i a p i e d i . C'erano altri campi all'int e r n o d e i B a l c a n i e forse u n o a d Aidussina (vicino all'attuale confine, ndr)».
Quanti furono gli infoibati?
« S e c o n d o i m i e i d a t i , c i r c a duem i l a , alla fine della g u e r r a n e l l a Venezia G i u l i a d i a l l o r a , c o m p r e n -
dente G o r i z i a , Trieste e l T s t r i a . U n a c i f r a più bassa d i q u e l l a i n d i c a t a f i n o a d oggi, m a c o m u n q u e pesante». E lei si sente colpevole? «Assolutamente n o , m i s o n o semprg^ep^ósto a q u e s t i m e t o -
« S t i a m o s c h e r z a n d o ? A l t r o che r o b e t t a : le f o i b e f u r o n o c r i m i n i g r a v i , c r i m i n i p o l i t i c i . N o n esiston o l i v e l l i d i i m p o r t a n z a p e r ques t o genere d i a t t i , s o n o c r i m i n i e b a s t a , c o m e la p u l i z i a e t n i c a avvenuta i n Bosnia in q u e s t i anni». E coloro che l i compiono, sia che a b b i a n o perso o v i n t o l a g u e r r a , siano «rossi» o «neri», come l i giudica? «Gli i n f o i b a t o r i erano certamente d e i c r i m i n a l i come t u t t i gli altri. Ci eravamo illusi d i poterli fermare nel nome di u n a n u o v a società. I n v e c e avvenne i l c o n t r a r i o e sorse, a n c h e a causa delle f o i b e , i l m u r o f r a due m o n d i , u n o a Est e l'altro a Ovest».
Ma n o n ha m a i rotto con gli jugoslavi... « N o n p o t e v a m o a s s u m e r c i la responsabilità d i spezzare i l f r o n t e c o m u n e d e l l a Resistenza i t a l o - j u goslava f a v o r e n d o così i tedeschi». Eppure agli atti della Procura d i R o m a esiste u n d o c u m e n t o c h e l e i h a f i r m a t o i l 18 m a r z o del '45, su carta intestata d e l I X Corpus, i n c u i chiede ai comandanti p a r t i g i a n i d i zona d i fornir e a l più p r e s t o l a l i s t a d e i c r i m i nali di guerra da punire... «Balle, m i m o s t r i n o q u e l f o g l i o , sono tutte i n v e n z i o n i . C o m u n q u e sono p r o n t o a t e s t i m o n i a r e d a v a n t i al giudice P i t i t t o (titolare dell ' i n c h i e s t a s u l l e f o i b e , ndr) per spiegargli tutto». D e l l ' i n c h i e s t a sulle f o i b e cosa pensa? «È u n a stupidata e u n danno per l ' I t a l i a . Provocherà solo la richiesta d a p a r t e slovena e c r o a t a d i riaprire fl c a p i t o l o d e i c r i m i n a l i f a s c i s t i i m p u n i t i che h a n n o a g i t o nell'ex J u g o s l a v i a . E r a m e g l i o nominare una commissione di s t o r i c i e g i u r i s t i , che possa accedere l i b e r a m e n t e a g l i a r c h i v i d i Lubiana, Belgrado e Roma per far l u c e su t u t t i i c r i m i n i c o m p i u t i i n queste terre». Veniamo al processo dell'ann o , q u e l l o a l i ex u f f i c i a l e n a z i sta E r i c P r i e b k e p e r l a strage d e l l e Fosse A r d e a t i n e . C o m e g i u d i c a q u e s t a v i c e n d a u n vecchio partigiano? (Fa u n a l u n g a pausa). «Forse era m e g l i o , d o p o c i n q u a n t ' a n n i , neppure c o m i n c i a r e questo processo, t e n e n d o c o n t o d e i p r o b l e m i ben più i m p o r t a n t i che assillano i l n o s t r o Paese. N o n v o g l i o p r o n u n c i a r m i s u l l a sentenza che ha sollevato l a r e a z i o n e d e i f a m i l i a r i delle v i t t i m e , perché rispetto i l l o ro d o l o r e . M a da v e c c h i o p a r t i g i a no penso che sia g i u s t o c o n d a n narlo, non incarcerarlo. O r m a i Priebke è u n rottame umano». L e i è i s c r i t t o a l P d s e saprà che u n suo c o m p a g n o d i p a r t i to, i l consigliere comunale d i R o m a V i c t o r Magiar, ha proposto d i i s t i t u i r e u n m u s e o che r i c o r d i "le F o s s e A r d e a t i n e , m a n o n le f o i b e . C h e c o s a n e p e n sa? «Se v o g l i o n o fare u n m u s e o del genere v a n n o ricordati t u t t i i c r i m i n i e q u i n d i d e d i c a t o alle v i t t i m e delle Fosse A r d e a t i n e , a quelle delle f o i b e e a i m o r t i nelle s t r a g i nazifasciste i n Venezia G i u l i a , senza distinzioni». N o n c o n s i d e r a le foibe u n s e m p l i c e a t t o d i g u e r r a , u n a cosa p o c o s e r i a , c o m e è s t a t o d e t to, o c o m u n q u e gli i n f o i b a t i vitt i m e d i s e r i e B?
Ab
«Tito ordinava, io ammazzavo Parla il «Priebke rosso»: «Sì, fucilai gli italiani. Era mio dovere e lo rifar
I
Intervista esclusiva a Oskar Piskulic I l principale indagato per i massacri del dopoguerra in Istria
FIUME
Fausto Biloslavo
skar Piskulic ha settantasei a n n i e i l peso delle f o i b e s u l l a coscienza, anche se n o n l o a m m e t te. A l l a f i n e della Seconda g u e r r a m o n d i a l e e r a i l capo d e l l ' O z n a a F i u m e , l a p o l i z i a segreta d e i p a r t i g i a n i d i Tito. I n poche settimane, occupat a la.città, sono s p a r i t i n e l n u l l a , second(5l<5l5TlRhò50pOi*denonesé M a r ' - ' co P i n n a , $53 i t a l i a n i i n g r a n p a r t e u deportati e scaraventati ancora v i v i * nelle f o i b e , le cavità carsiche usate p e r far s p a r i r e le tracce della p u l i z i a etnica. Piskulic, chiamato «Zuti», i l g i a l l o , a causa del c o l o r e p a r t i c o l a r e d e i s u o i o c c h i , è stato i n c h i o d a t o dalle t e s t i m o n i a n z e raccolte d a l p u b b l i c o m i n i s t e r o d i R o m a , Giuseppe P i t i t t o : «...Assieme a m i o p a d r e vennero ammazzati altri antifascisti, i l dr. M a r i o Blasic che è stato s t r a n g o l a t o c o m e i o p o t e i constatare n e l l a c a m e r a m o r t u a r i a d e l c i m i t e r o - si legge n e i v e r b a l i d i i n t e r r o g a t o r i o i l dr. N e v i o S k u l l che aveva salvato t a n t i p a r t i g i a n i nelle f o n d e r i e d i c u i era p r o p r i e t a r i o (...)». O s k a r P i s k u l i c i n d a g a t o per o m i c i d i o p l u r i m o p l u r i a g g r a v a t o , reato da ergastolo, n o n si è m a i mosso da F i u m e . Vìve m o d e s t a m e n t e a l q u i n t o p i a n o d i u n palazzo da e d i l i z i a socialista alla p e r i f e r i a d e l c a p o l u o go q u a m e r i n o . Vede i g i o r n a l i s t i come i l fumo negli occhi e la polizia c r o a t a g l i h a promesso d i i n t e r v e n i re, se q u a l c u n o venisse a r o m p e r g l i l ' a n i m a . S u l l a t a r g h e t t a del c a m p a n e l l o c'è i l suo n o m e e c o g n o m e , m a suonare è i n u t i l e perché n o n apre più la p o r t a . A l l a fine r a g g i u n g i a m o u n c o m p r o m e s s o e q u e l l o che per m i g l i a i a d i i t a l i a n i d i c o n f i n e è «il b o i a d i Fiume» risponde alle d o m a n d e del Giornale con u n ' i n t e r v i s t a esclusiva d i 45 m i n u t i , avvenuta via cavo, da u n a c a b i na t e l e f o n i c a trasform a t a i n f o r n o dall'afa estiva del Q u a r n a r o . Signor Piskulic, lei è i l p r i m o indagato d e l l inchiesta sulle f o i b e . S i s e n t e r e sponsabile d i quel genocidio? « N o n si è t r a t t a t o d i g e n o c i d i o , m a d i g u e r r a antifascista. I o sono i n n o cente perché ho fatto solo i l m i o d o vere. A F i u m e ( d u r a n t e la Seconda g u e r r a m o n d i a l e , n d r ) ero u n pesce p i c c o l o , che eseguiva g l i o r d i n i . Spesso c h i c o l l a b o r a v a c o n la Gestapo (la p o l i z i a p o l i t i c a tedesca, n d r ) e veniva c o n d a n n a t o a m o r t e d a l t r i b u n a l e del p o p o l o , ci era stato i n d i cato da d e l a t o r i della p o l i z i a i t a l i a na. Che P i t i t t o faccia q u e l l o che v u o le, i o ero c o m u n i s t a e l o sono ancora, che venga pure a i n t e r r o g a r m i gli mostrerò i l u o g h i d e i massacri c o m p i u t i d a i fascisti».
M a d e l l e f o i b e cosa m i d i c e . . . « L e foibe..., le s t r a g i d i i t a l i a n i . . . , sì c i s o n o state ed erano i n c o n t r o l l a b i l i s o p r a t t u t t o i n I s t r i a . E p e n s i che d o p o fa g u e r r a i m a n d a n t i sono d i v e n t a t i a m b a s c i a t o r i . Anche i b a t t a g l i o n i d i M u s s o l i n i u t i l i z z a v a n o la t o r t u r a e tagliavano i genitali, allora i l m a r e s c i a l l o T i t o ha o r d i n a t o " f u c i l a t e " e n o i eseguivamo, m a l a c o n f u sione era g r a n d e . I o stesso a F i u m e h o d o v u t o svolgere u n ' i n c h i e s t a per s c o p r i r e c h i d e i n o s t r i avesse preso i l podestà». D a t i s t o r i c i i n d i c a n o che l e i abbia fatto sparire nel nulla oltre cinquecento italiani da Fiume. E vero? « S o l o c i n q u e c e n t o ? Q u a l c u n o avev a d e t t o v e n t i m i l a . La s t a m p a i t a l i a n a scrive che sono stati i n d i v i d u a t i c e n t o c r i m i n a l i delle foibe: s o n o sol o i o i l responsabile? Siete v e n u t i a o c c u p a r e la m i a t e r r a , m i avete c o n d a n n a t o a m o r t e e v i ho c o m b a t t u t o , se c i t o r n e r e t e imbraccerò le a r m i anche a questa età e c o n u n a g a m b a i n menp^Perché n o n processate g l i a m e r i c a n i che h a n n o b u t t a t o la Bómba a t o m i c a su H i r o s h i m a o n o n avete messo alla sbarra P e r t i n i per la f u c i l a z i o n e senza processo d i M u s s o l i n i . I o son o innocente come l o r o , h o fatto solo i l m i o dovere da p a r t i giano. Comunque i l n u m e r o preciso d i m o r t i i n I s t r i a nessuno lo conosce». E d i I v a n M o t i k a , i l suo c o i n d a gato, cosa m i racconta? «Ci s i a m o c o n o s c i u t i d u r a n t e la guerra, q u a n d o era giudice del popolo. Q u e l l o che avete s c r i t t o su d i l u i sono sciocchezze. L e i n o n può i m m a g i n a r e i l c l i m a d i q u e g l i a n n i : c'è c h i scambiava t u t t i g l i a b i t a n t i d i u n a città per fascisti e d o p o la guerra a n c o r a peggio. Nel '48 fu f u c i l a t o il mio miglior amico, compagno d ' a r m i , per i l suo filo sovietismo. E r a innocente». Si sospetta che anche gli italiani siano responsabili degli infoibam e n t i . È vero? «Certo, i t a l i a n i c o m u n i s t i che vivon o a n c o r a nel v o s t r o Paese e ricevon o la pensione d i guerra. M a n o n m i chieda i n o m i , la verità salterà f u o r i solo d o p o la m i a m o r t e . L o chieda p i u t t o s t o a i servizi segreti i t a l i a n i , che l i c o n o s c o n o tutti». N o n teme d i venir arrestato ed e s t r a d a t o p e r i l processo? «Durante le i n d a g i n i s u l m i o c o n to sono a n d a t o i n I t a l i a varie volte, sono a r r i v a t o f i n o anche fino a U d i ne i n c o m p a g n i a d i m i a moglie, e nessuno m i ha f e r m a t o . A Z a g a b r i a m i h a n n o d e t t o che n o n possono e s t r a d a r m i a l t r i m e n t i scoppierebbe u n caso d i p l o m a t i c o . E i n rondo ho ancora a m i c i anche nel vostro Pae-
A*P
se, che n o n v o g l i o n o v e d e r m i neanche sotto processo. I l m i o governo, q u e l l o a t t u a l e , a c u i rispondo, m i roteggerebbe se c i fossero dei p r o lemi». N o n si è m a i pentito d i quello c h e h a fatto? «Sul p e n t i m e n t o s i può discutere, m a q u e l che è stato è s t a t o . C o m u n que, d o p o 50 a n n i q u e i f a t t i si vedon o d i v e r s a m e n t e : sarebbe stato b e l lo n o n provocare tanti m o r t i , m a i m possibile».
V
ictor Magiar, il consigliere comunale (Pds) di Roma che ha lanciato l'idea di merter su un Museo degli stermini in occasione del Giubileo, ha dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera che nella sua galleria vedrebbe bene le Fosse Ardeatine, ma le Foibe no. Perché no? «Perché... ma parliamo di cose più serie.'». Cinquantamila morti ammazzati - e ammazzati per il solo fatto di essere italiani non sono una cosa seria. Probabilmente • secondo Magiar - si tratta di barzellette. Se fossimo un Paese normale si potrebbe dire che l'umorismo del consigliere comunale pidiessino equivale a quello di chi va dicendo che le camere a gas sono una leggenda, che i forni crematori erano in realtà impianti di riscaldamento un tantino difettosi e che forse tutto sommato Hitler era una brava persona. Ma non siamo un Paese normale e i cinquantamila fatti a pezzi da Tito non hanno diritto di competere né con i seimila ebrei italiani massacrati dai nazisti né con le vittime delle Fosse Ardeatine.
E
J i
IL
qoZfJbLÌL
Domenica 18 agosto 1996
Il Pds esclude le foibe dal «museo»
La classifica degli orrori Enzo Carnazza
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4%
Tutto molto politicamente corretto. Se non fosse che con il suo divertito disprezzo per gli italiani d'Istria il nostro impagabile Victor Magiar rischia di distruggere quel bastione antileghista che il suo compagno dipartito Luciano Violante sta tentando di tirar su con pazienza e fatica. Anzi, se fossi nei panni di Bossi o di Boso darei al signor Magiar la cittadinanza onoraria della Padania: un contributo così potente alla causa anti-italiota non può esser lasciato privo di adeguata ricompensa.
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J altra parte, cinquantanni di vita repubblicana ci avevano già insegnato che i cittadini di questo Paese, avendo perso la Seconda guerra mondiale come italiani, ave\>ano potuto far credere a se stessi di averla vinta in quanto comunisti e democristiani. Tante che a ogni 25 aprile • fatto unico al mondo democristiani e comunisti commemorano con russi e americani la sconfitta del Nemico italiano. Non ne hanno combinata una giusta, gli italiani. Il Risorgimento? Una pagliacciata. E quanto ai seicentomila morti della Prima guerra mondiale, be', si trattava di poveri deficienti mandati a farsi ammazzare da una Patria inesistente. Adesso Magiar conferma: l'Italia, con tutto quel che è italiano, va bandito dalla memoria degli apolidi che pascolano abusivamente su questa plaga dal nome proibito. Per questo - grazie a Magiar e con buona pace di Violante - la Lega non ha in realtà un avversario all'altezza dei temi che pone; per questo, se anche domani un referendum dicesse no alla secessione, l'idea d'Italia è già defunta in Italia, mentre la Penisola di spopola di italiani per riempirsi di padani non più che di progressisti, europeisti, extracomunitari, assessori alla Pace e promotori di comitati di solidarietà od organizzatori di musei dello sterminio fondati sulla più scrupolosa pulizia etnica dei crimini contro donne e bambini colpevoli più di credersi che di essere italiani. Per questo si può dire che Tanna in grado di salvarci dalla secessione non può più essere la memoria, di cui ormai siamo stati deprivati, ma soltanto un ostinato e per ora invincibile istinto di sopravvivenza. E un'arma che in venti secoli ha dato buona prova di sé. Ma non è sicura al cento per cento: in un paio di occasioni ha fatto cilecca e nulla autorizza, a credere che non possa incepparsi ancora.
«New York Times» e foibe
Il vento della storia
il Giornale Sabato 26 apiile 1997
Carlo Pelanda l i l i S ^ 1:1 'dAV¿\J V^-M
enso t o c c h i a m e rendere omaggio a u n a memoria. L'astrazione è n e l vento, è l a B o r a . L a concretezza della storia è nella roccia carsica, m a p r e c i p i t a t a n e i s u o i b u c h i , le foibe, sop r a Trieste. I n mezzo a l vento e alla piet r a l'emozione d i u o m i n i n e l r i c o r d o del genocidio d i a l t r i . Come u n a grande g r u i l New York Times, qualche g i o r n o fa, h a estratto 2 0 m i l a cadaveri d i t r i e s t i n i , i s t r i a n i e c r o a t i gettati nelle foibe d a i t i t i n i nel 1945. Adesso i l m o n d o finalmente l o sa, e la c o n g i u r a del s i l e n z i o ' p i l o t a t a d a i c o m u n i s t i è svelata e n o n può più restare chiusa n e l b u n k e r i t a l i a no. Sono decenni che q u a l c u n o t e n t a d i far riemergere l a verità e ottenere g i u s t i zia: b r a v i g i u d i c i , b r a v i i t e s t i m o n i del tempo, e le associazioni. M a i c o m u n i s t i e i loro c o m p l i c i nelle i s t i t u z i o n i e n e l sistema che produce la c u l t u r a e s t o r i a ufficiali i n I t a l i a hanno sempre soffocato la verità. Tuttavia la B o r a è andata oltre e ha chiesto aiuto agli a l t r i venti del m o n d o . E grazie a questo l'astrazione si è fatta più forte della p i e t r a : i l sentimento d i chi m a i ha smesso d i ricordare finalmente può volare su d i n o i i m p o n e n d o c i n o n solo la m e m o r i a , m a s o p r a t t u t t o l a g i u stizia. Chi ha b u t t a t o quegli i n n o c e n t i nelle foibe - vera e p r o p r i a p u l i z i a e t n i - ! ca/ideologica - deve essere g i u d i c a t o e condannato, senza perdono, se ancora vivo. Segnalato come assassino alla sto- ' ria, se m o r t o . I c o m u n i s t i d i oggi, avendo voluto c o n t i n u a r e l a complicità d i q u e l l i d i ieri, devono pagare p o l i t i c a mente, culturalmente, m o r a l m e n t e . Devono m o r i r e d i vergogna.
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omaggio che m i compete riguarda u n piccolo evento, m a grandis/ simo come presidio m o r a l e del senso d i umanità e giustizia. Avevo poco più d i 11 armi nei p r i m i a n n i '60. E r o giovane atleta della Società G i n n a s t i c a Triesina (Sgt). U n g i o r n o i l prof. B e r t o l d i , istruttore, m i disse d i indossare l a l tenuta da c e r i m o n a : «i c a l z e t t o n i g i u sti», m i raccomandò severo. Nella picco- ¡ la Seicento b l u eravamo i n cinque, pressati, le bandiere della società, le m e d a glie; i l grande tricolore. N o n c'era n e a n che spazio per muovere u n d i t o . I l m o t o re faticava nella salita verso Basovizza, la giornata era p l u m b e a . E r o b a m b i n o , e m i stavo scocciando. Q u a n d o a r r i v a m m o d i fronte a u n e n o r m e lastrone d i cemento che copriva l a foiba t u t t i si d i sposero per u n rito, le diverse generazion i d i ginnasti sull'attenti. )
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l o n o n capivo bene. Distratto, guardavo c o n i n v i d i a i l m i o collega più anziano - Carlo anch'esso - perché già poteva i n dossare i c a l z i n i l u n g h i e b i a n c h i del g i n nasta m a t u r o . Io, cucciolo, m i vergognavo d i q u e l l i c o r t i . M a questi m i diede u n a pacca i n testa e m i sibilò d i restare sull'attenti. F u silenzio per dieci m i n u t i . Chiesi a B e r t o l d i che cosa stavamo facendo. M e l o spiegò. L a Società ogni a n no rendeva o m a g g i o alla m e m o r i a dei suoi soci t r u c i d a t i nel 1945. « M a perché s i a m o solo n o i a farlo?». M i diede u n a carezza e borbottò che q u a n d o sarei stato più grande avrei capito. Volevo i n s i stere, m a g l i v i d i le l a c r i m e agli occhi, gli a l t r i c o n lo sguardo rivolto a l vuoto. I l g i o r n o p r i m a , a scuola si era parlato d i «astrazione». T i m i d a m e n t e azzardai: «È un'astrazione?». B e r t o l d i , u n p o ' sorpreso, m i squadrò u n a t t i m o , e m i fece: «Sì, m a è più solida della pietra, r i c o r d a telo per i l t u o carattere quando sarai cresciuto». Poi g l i a d u l t i si raccolsero per pregare, u n m i n u t o . Si alzò d i colpo i l vento, le n u b i si mossero e i l sole sparò raggi d i luce come riflettori: u n o spettacolo.
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iscendendo con la Seicento da Basovizza, i l golfo d i Trieste si spalancò, dall'alto, a i m i e i occhi, la B o r a , i l m o v i m e n t o , la luce. E b b i i b r i v i di - per questo m i ricordo bene quel giorn o - e m i sognai sui m a r i , i l m o n d o . E d o p o p o c h i a n n i veramente c i andai, nel m o n d o e i l presente fu più eccitante della m e m o r i a . M a essa t o r n a spinta dallo stesso vento, ora che sono u o m o m a t u ro. E finalmente ho capito perché l'astrazione è più d u r a della pietra: i l carattere d e l l ' u o m o che n o n m o l l a m a i , la forza m o r a l e d i essere nel giusto, la perseveranza anche c o n t r o t u t t i . Questa memor i a va a c h i m i ha f o r m a t o come u o m o , ritorna a m e come dovere d i testimoniare d o p o t a n t i a n n i i l senso morale d i c h i p u r solo, m a i ha smesso d i ricordare, mai d i presidiare la speranza della giustizia. Trieste m i a .
OTTAMI Mario Cervi
Le vittime dei comunisti non meritano dibattiti L
a' giornata televisiva dedicata1 dalla Rai all'Olocausto, con il film Schindler's list e con altre tra- \ smissioni, è stata un immenso successo, anche di audience. Chiunque abbia cuore, e memoria, non può che gioirne. Per la strage funesta voluta dal nazismo non sono possibili silenzi né oblii revisionistici. La Shoah resta una vergogna dell'umanità, anzi della disumanità. Quando se ne presenti l'occasione - e si presenta di frequente - è giusto riproporne gli orrori. Questo lancio rievocativo s'inquadra del resto - almeno lo sostengono i responsabili della televisione pubblica -in un proposito generale di ripercorrere la storia, cogliendo gli spunti che la cronaca offre. A questo punto avverto tuttavia un'incongruenza. Che cosa c'era di più toccante e importante per un'ampia carrellata informativa su quel terrìbile evento che fu la guerra civile spagnola - della beatificazione di Ceferino Jimenez Malia? Questo nomade analfabeta che Giovanni Paolo -II ha'elevato.'-nella corni- ' ce solenne ai piazza Sant Pietro, all'onore clegli àltà- ^ ri era stato fucilato dai miliziani antifranchisti per la sola colpa d'aver voluto difendere un religioso-uno tra le molte migliaia di trucidati - e per non essersi voluto privare del rosario, custode della sua anima. Una vicenda fatta apposta, o così mi sembra per programmi televisivi, articoli, testimonianze, dibattiti, magari polemiche, quanto serviva insomma per ricordare agli italiani un passaggio storico europeo di cupa grandezza.Non avrei voluto, sia chiaro, un ripasso fazioso e tanto meno la negazione delle atrocità di cui anche le truppe e i so-,', stenitori di Franco si macchiarono.
non mancavano davvero i film che, come Schindlers list, potessero arricchire spettaco' larmente il tutto.Invece .il ' martirio del nomade immolato - senza, colpa alcuna - alla rivoluzione è stato tenuto dai telegiornali e dai quotidiani in un ambito strettamente celebrativo, s'è parlato di miliziani assassini senza specificare da che parte stessero e nel nome di quali ideali si battessero, termini come «rossi» o «comunisti» sono stati accuratamente evitati. Molta enfasi liturgica, e poi abbondanti dosi di folclore tzigano, ma nessuna riflessione politica è mancata. Il povero Ceferino non ha acceso alcuna scintilla di interesse retrospettivo nei cauti direttori di telegiornali e quotidiani.
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Ma nella gara sanguinaria i rossi non furono di meno dei loro nemici, e la nutrirono d'odio anticlericale. C'era tanto da raccontare, se da Ceferino Jimenez si voleva risalire a una visuale più ampia: e
di Antonio
D'Ettoris
E' veramente straordinaria la capacità della nostra società di uccidere chi è già morto, chi è stato vittima incolpevole di un'inaudita violenza ideologica o, più semplicemente, di una pura decisione burocratica. Costituisce, allo stesso tempo, m o t i vo di riflessione il fatto che quella sorta di assassinio socio-culturale continui vergognosamente a perpetrarsi a danno dell'uomo contemporaneo. D i questo delitto si sono macchiati quanti hanno tenuto nascoste scomode verità alterando la storia e i l significato profondo dei fatti, scrivendo sui libri di testo sui quali hanno studiato generazioni di giovani falsità come quella, ad esempio, secondo la quale i l Medioevo sarebbe un'epoca di oscurantismo, oppure addirittura calando i l sipario del silenzio su eventi che avrebbero meritato un ben diverso trattamento. Le foibe appartengono a questa storia dimenticata, "quella, storia che era politicai correct tacere poiché si rischiava di evocare una presenza fastidiosa; parlandone, infatti, si metteva in dubbio quell'identità di apparente democrazia che i l comunismo combattendo i l nazismo si era guadagnato. L o storico, invece, deve avere un atteggiamento di pietas, d i pietà, di comprensione per coloro che ci hanno preceduto, soprattutto per coloro che non essendo nel vento della storia vengono d i m e n t i c a t i " . 1 Circa 5000 italiani, secondo stime attendibili, dell'Istria e del Venezia Giulia, sono stati trucidati dai partigiani di Tito nel periodo settembreottobre del 1943 e nel maggio-giugno del 1945. Una storia ancora oggi ignorata, soprattutto dai giovani. I l termine foiba deriva dal latino e significa fossa. Essa è il risultato del fenomeno del carsismo (l'acqua piovana scioglie i l calcare di calcio contenuto nella roccia). Con il passare dei secoli questo fenomeno provoca degli sprofondamenti del terreno fino anche a centinaia di metri. Ed è in queste fosse, normalmente utilizzate come scarico di rifiuti animali, che sono stati " b u t t a t i " i nostri connazionali. Si realizza in tal modo un'inversione della scala dei valori: gli italiani trattati alla stregua di un rifiuto. Con l'8 settembre 1943 viene a mancare nell'Istria e nel Venezia-Giulia ogni forma di potere, si crea un vuoto di autorità e controllo che f a v o r i s c e la t r a g e d i a d e i deportamenti e delle foibe e comincia a caratterizzarne i l fine politico che rimane, però, ancora avvolto da un'opaca cortina a causa dell'occupazione dei grossi centri da parte dei tedeschi (zona d'occupazione Litorale Adriatico). Solo con i l 1945 si riesce a comprendere pienamente quali fossero gli scopi che animavano i partigiani di Tito nella consumazione di tanto esecrabili ed efferati delitti. E' da confutare la tesi della e d . "pulizia etnica", presentando essa diversi limiti. Lo sterminio della razza, i cui connotati sono sempre più labili e i m p r e c i s i 2 , nonconsente di inquadrare i l problema, anzi for-
Foibe. La storia dimenticata 1943-1945. Circa cinquemila italiani massacrati e battati nelle voragini istriane nisce una lettura fuorviarne degli avvenimenti se si considera, tra l ' a l tro, che vennero uccisi anche sloveni e croati. A l l o stesso modo è riduttiva l'argomentazione dello scontro tra fascisti e antifascisti acuì fanno riferimento alcuni storici. In realtà l'effettiva sostanza politica degli avvenimenti relativi alle foibe consiste nella realizzazione di un "progetto jugoslavo" di edificazione del comunismo. "Per i l gruppo dirigente jugoslavo la posta in gioco fu prima d i tutto un'opera d i nation building, la creazione d i un'identità nazionale jugoslava: non racchiusa in sé però, non capace d i luce propria, bensì saldamente coesa con la rivoluzione proletaria. T r a nation building e comunismo i l nesso è inscindibile". 3 Tito si preoccupa d i prendere immediatamente i l potere, prima che arrivino scomodi testimoni e di emanare una serie di atti che mettono in luce una visione della politica intesa come annientamento dell'avversario nella prospettiva di una strategia di annichilimento del dissenso. Come individuare allora i l nemico? La definizione di avversario era labile e molto elastica; non solo tutto l'apparato amministrativo e di p o l i zia venivano considerati come esercito e apparato nemico, ma anche, e soprattutto, chiunque, compresi i C L N del Venezia-Giulia, si sottraesse alle mire egemoniche di Tito e all'instaurazione della società socialista e, di conseguenza, all'annessione dell'intera regione alla Jugoslavia. " N e i giorni di maggio del 1945, non aver commesso alcun crimine non era dunque una ragione sufficiente per poter vivere, a fronte di una spinta politica ben più pressante: lo dimostra, ad esempio, la sorte dei finanzieri della legione d i Trieste, che non avevano mai concorso ad azioni antipartigiane, che avevano collaborato con i l C L N e partecipato all'insurrezione finale, ma che ciò nonostante vennero prelevati ed eliminati in massa. I I punto è che aver combattuto contro i tedeschi negli ultim i giorni d i guerra sotto i l comando del C L N non costituiva affatto per g l i jugoslavi un t i tolo di merito, anzi veniva considerato come la prova del preciso i n .tentp .delle stesse forze "che già avevano sostemuto i fascisti, d i conti-. nuare a svolgere la loro funzione antislava mutando bandiera". * • • • Qualche anno più tardi, dal 1949 al 1956, si verificherà i l fenomeno della deportazione e del massacro di migliaia d i comunisti italiani fedeli, alla linea togliattiana nell'isola d i G o l i O t o k . a 17 chilometri al largo di Segna nel mare Adriatico, che conferisce maggior vigore alla tesi del progetto della nazione Socialista j u -
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goslava. Qualcuno potrebbe addurre a sostegno della tesi dello sterminio etnico le prove eclatanti dell'uccisione di donne, vecchi e bambini, episodi che sembrerebbero non avere alcun nesso con' l'utopia della creazione dell'uomo huovo. M a in situazioni di questo tipo commettere degli eccessi appare come una conseguenza del tutto naturale che fa si che alla volontà politica si intreccino errori e uccisioni per rancori personali; gli stessi responsabili della politica jugoslava a Trieste ammettevano che la situazione era loro "scappata di mano". E ' , invece, particolarmente interessante la reazione agli eccessi che si concretizza nell'occultamento delle vittime "buttate", alcune ancora vive, nelle voragini e che segna una profonda analogia tra gli jugoslavi e i sovietici, tra i massacri delle foibe e di Katyn. "L'eziologia di queste cose è un problema che bisogna porsi altrimenti si potrebbe cadere nella banalità di deboli argomentazioni come la barbarie nazista, l'orrore comunista, la ferocia musulmana e così via. Queste cose succedono perché hanno delle ragioni e queste ragioni lo storico e i l docente di storia hanno i l diritto-dovere di capirle bene. A d esempio il grande massacro degli armeni (circa tre/quattro milioni) viene accreditato ai turchi. Ecco come al giorno d'oggi si inganna la gente partendo da realtà oggettive. E' noto che i turchi ammazzarono gli armeni nel 1916, però chi volete che fossero, erano musulmani perciò incivili, feroci e intolleranti. M a se si va a indagare, compito precipuo dello storico, si scopre che i turchi che ammazzarono gli armeni erano degli appartenenti al partito Unione e Progresso, ohibò erano progressisti ! Naturalmente usavano la bassa forza che era costituita da musulmani bosniaci. M a cosa c'entravano i bosniaci? C'entravano perché il congresso di Berlino del 1878 aveva massacrato l'area balcanica, aveva tracciato i soliti stupidi e irrazionali confini per i motivi di neoreligiosità o area di tipo nazionalista e questi poveri disgraziati della Bosnia si erano visti buttati a calci fino a Costantinopoli dove i l Sultano g l i aveva dato un po' di casette vicino all'Armenia. Ora i l ministro Berlinguer parla dello studio del novecento, come si fa però a spiegare ai ragazzi determinati eventi (massacro degli armeni, crisi arabo-israeliana degli anni venti) se non si spiega, prendendole fino almeno dalla metà dell'ottocento tutte le concatenazioni complesse di cause ed effetto che hanno determinato da un lato i l sorgere del movimento socia-
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Ricordare senza odiare
Udine Gorizia
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lcuni episodi della sto ria d e l 9 0 0 sono enfatizzati. Su altri è caduta una cortina di silenzio. In questa convinzione un grupio di docenti aderenti ai circoi culturali "Ideazione" e "Cultura per la libertà" ha organizzato una serie di conferenze dedicate alla "storia dimenticata". La prima, che si è svolta in un'affollatissima Aula Magna della Sapienza, è stata dedicata alla tragica vicenda delle f o i b e i n Istria durante la seconda guerra mondiale, un episodio della nostra storia del 900 di cui si è parlato poco e quasi sottovoce. H a n n o partecipato come relatori Marco Tangheroni, docente d i storia "medievale del nostro ateneo, 10 storico fiorentino Franco Cardini e i l saggista Gaetano La Perna. Ha introdotto i lavori Valeria Valeretto. docente di italiano e storia all'ITC di Pontedera che, in una breve introduzione, ha sottolineato come alla base di questa iniziativa non ci sia nessun intento ideologico o di pane. Prima d f tutto, cosa sono le foibe? la foiba, ha spiegato La Pema, protagonosta di quel tragico p e r i o d o della storia istriana, è una cavità del terreno, profonda anche centinaia di metri, prodotta dal carsismo, un fenomeno caratteristico di certe zone dove le acque alterano le rocce scavando voragini. Dalla fine del '43 al '45, con 11 progressivo ritiro dei tedeseni d ' a r r i v o delle forze partigiane e delle truppe di Tito, si creò in Istria un clima di venm detta contro g l i italiani di quella regione che, a centinaia, furono seppelliti vivi nelle foibe. Un filmato inedito proiettato nel corso della conferenza ha mostrato immagini di veri e propri massacri di massa che avvenivano con una dinamica raccapricciante: le vittime, in fila sul ciglio delle foibe, venivano legate l'una all'altra; la prima, colpita da un'arma da fuoco, cadeva giù trascinando nel precipizio le altre che morivano soffocate vive. Tra le
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lista, dall'altro l'inganno che tale movimento insieme alla diplomazia inglese e'francese ha organizzato nei confronti della Germania, i l nascente nazionalismo arabo contro la Turchia, i l tutto per trionfare nella prima guerra mondiale e per poi tessere quel capolavoro di iniquità che è la pace di Versailles da cui dipendono ancora oggi gran parte dei guai mondiali che noi dobbiamo affrontare. Ecco come si concepisce una riforma della scuola malvagia e moralmente disonesta". 5 Le Foibe hanno tristemente rappre : sentato, per decenni un fenomeno silenzioso, finito nella memoria storica di una sola parte. Solo un duro lavoro di revisione generale della nostra storia, dopo l'apertura degli archivi dell'ex Jugoslavia, ha consentito che le foibe diventassero patrimonio storico d i tutti affinché si possa ricordare senza odiare, perché eventi di questo tipo siano di monito per l'umanità intera. N o t e 1 Prof. Marco Tangheroni Ordinario di Storia medievale all'Università di Pisa ed esponente di Alleanza Cattolica"La storia dimenticata. Foibe: ricordare senza odiare". Conferenza Pisa, Aula Magna Storica "Sapienza". 26 /05/ 1997. 2 Si veda in proposito "Lo stato onnipotente" di Ludwig Von Mises. Rusconi. 3 Giampaolo Valdevit ."Foibe: l'eredità della sconfitta" dal libro "Foibe.Il peso del passalo" a cura di Gianpaolo Valdevit. Marsilio. 4 Raoul Pupo. "Violenza politica tra guerra e dopoguerra: il caso delle foibe giuliane 1943-1945" dal libro "Foibe. Il peso del passato" 5 Prof. Franco Cardi ni, ..ordinaria.di Storia medievale all'Università di Firenze. Conferenza sulfa Foibe. Pisa 26 705/ 1997.
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centinaia di vittime donne violentate, sacerdoti evirati, bambini di tenerissima età uccisi con le loro mamme, 300 persone macellate col piccone. Tutte vittime innocenti, morte due volte ha tenuto a sottolineare Valerio Valeretto: prima per mano dei loro carnefici, per i l silenzio colpevole* di esponenti dei mass media e della c u l t u r a dopo. Per Marco Tangheroni la storia delle foibe è passata sotto silenzio perchè il parlarne avrebbe messo i n d i scussione quella identità d i paladina della democrazia che l'Unione Sovietica si era procurata comoattendo il nazismo. " I n Italia - ha spiegato i l docente a differenza di altri paesi europei, è valsa l'equazione Russia uguale antinazismo e quindi democrazia, con il risultato che chi osava criticare il comunismo finiva per l'essere considerato fascista. L'intervento di Franco Cardini, molto efficace e applauditissimo, si è concentrato in buona parte sul problema dell'insegnamento della storia del 900 nelle scuole, una questione molto dibattuta dopq ri progetto presentato dal ministro Berlinguer che prevede che-il programma di storia dell'ultimo "anno delle superiori sia dedicato solo allo studio di questo periodo. I l progetto non piace allo storico fiorentino. Lo ritiene "parziale e moralmente disonesto" e, come tale, da denunciare. "Studiamolo il 900 - dice Cardini ma risaliamo anche alle cause che sono la base di certi fenomeni. Berlinguer e i suoi saggi, contesta i l docente, limitano invece lo studio di certi eventi al periodo in cui si sono verificati. A conclusione del suo intervento Cardini si è associato al professor Tangheroni nel lodare lo spirito dell'iniziativa pisana augurandosi che se ne possano qrganizzare altre per ricostruire h storia del 900 nel modo più ampio e obiettivo possibile. Rosamaria Ciannella