Rassegna N. 01/1989

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RASSEGNA STAMPA A cura del CENTRO CATTOLICO DI DOCUMENTAZIONE - Casella Postale 61 - 56013 MARINA DI PISA

Gennaio 1989

I n questo numero:

- U. B e r n a r d i : c'è bisogno d i verità. - E l e z i o n i USA: c h i ha d e c i s o e c h i d e t i e n e i l potere. - J.F.Kennedy: a 25 a n n i d a l l ' a s s a s s i n i o d e l p r e s i d e n t e americano. - I p r e s t i t i all'URSS e l ' i n t e r e s s e d e l l ' O c c i dente . - Afghanistan: considerazioni s u l r i t i r o truppe s o v i e t i c h e .

delle

- Cuba: i 30 a n n i d e l regime comunista d i F i d e l Castro. - Gorbaciov e l'URSS: l ' a n a l i s i d i e s p e r t i vietologi .

so-

- A. S o l z e n i c y n : i l genio che spezzò l a r u o t a rossa. - Tasse:

l'imposta

invisibile.

Lo scopo di questa «Rassegna Stampa» è di offrire ai cattolici ed a quanti reagiscono alla situazione attuale, spunti di riflessione e di documentazione che li aiutino ad affermare una sempre più incisiva presenza nella realtà italiana, nella prospettiva della costruzione di una «società a misura d'uomo e secondo il piano di Dio» (Giovanni Paolo II). Si ringraziano coloro che vorranno aiutarci facendola conoscere e inviando materiale e notizie.


C'è bisogno di verità

Avvenire Sabato 31 dicembre 1988

d ì Ulderico B e r n a r d i Immemorabili riti del solstizio sopravvivono ancora i n qualche parte d'Italia. Fuochi accesi nella notte invernale a illuminare la soglia dell'anno, e generazioni che s i stringono i n festa, bevendo vino caldo e alzando gli occhi alle faville del rogo. Dalla direzione che piglieranno si s a p r à se le stagioni a venire saranno grame o grasse. Nella celebrazione non è il vaticinio che conta, m a lo stare insieme, per avvertire nel corpo enell'anima il calore vitale della c o m u n i t à . I n piccoli e grandi si smorza la paura del buio, che inghiotta il sole, e si allenta l'angoscia che viene dalla terra gelata, dove il seme potrebbe non conoscere p i ù le primavere feconde. E c h i e riverberi di e t à remote, quando il grano nel campo era l a sola garanzia di esistenza, e gli dei pagani dovevano ancora morire. I timori arcaici dei solstizi si sono dissoltineir Incarnazione, che h a indicato di l à dalla soglia tenebrosa l a vita v e n t a l i saecoli. D tempo dell'eterno è speranza di fede, non vaticinio astrologico. M a nel gelo della rinuncia alla fede che si effonde sulle nostre terre, riaffiorano antiche paure, senza p i ù riti di c o m u n i t à per esorcizzarle. Qualche potente, abbracciato alle colonne nucleari, minaccia di trascinare nella comune rovina, il tempio di tutte le genti. Eppure, ovunque, isole di volontari costudiscono il fuoco gratuito della solidarietà collettiva, i n u n mondo che privilegia la competizione economica e sociale sull'emulazione degli ideali. Sulla stampa italiana è venuto maturando i n questi mesi u n dibattito non peregrino. Numerosi intellettuali laici si chiedono smarriti quale morale sia rimasta per nutrire i giovani delle società opulente. L a memoria torna alle povere epoche delle Rogazioni contadine. Nell'andare pellegrinante di contrada in contrada, dentro i confini della parrocchia, l a preghier a corale chiedeva: «A peste, fame et bello, libera nos. Domine!». Questi tre nomi della desolazionehanno assunto contenuti inimmaginabili al-

lora. F u o r i dai confini delle s o c i e t à alto-industriali, e magari i n piccole sacche a l loro interno, coincidono ancora con l a infamia delle stamberghe colerose, con l'orrore dello stomaco vuoto, con la tragedia delle cannonate. M a nei nostri Paesi, altre piaghe lacerano il corpo sociale, e l'inedia viene dal vuoto di com u n i t à , che induce fitte lancinanti di solitudine, e le stragi sono prodotte dalla pulsione di morte, che schianta i giovani automobilisti nella guerra del fine settimana. I l marxismo intristisce, spogliato degliultimi dogmi, e il pensiero radical-liberale si agita per non essere inghiottito dalle sabbie mobili dell'egoismo individualista, dove si annega ogni residua idealit à laica. Ovunque, il bisogno di certezze e l'aspirazione al rinnovamento morale monta pressante. L o chiedono le donne, definitivamente emancipate e impedite ad esserlo dalla violenza mercificante, lo domandano i giovani, allevati nell'abbondanza materiale pagata a l prezzo dei valori essenziali, lo sollecitano genitori, che s i pongono ancora i l problema dell'autorità morale, anziani abbandonati, vecchi dalla vita media prolungata e inutile. Silenziose, si uniscono a l grido generazioni che non hanno mai visto la luce. U n coro che invoca a ritrovare il sistema dì valori, che hanno fatto la cultura d'Europa: la dignit à d ì ogni lavoro, il desiderio di ricerca, lo spirito di iniziativa, l a r e s p o n s a b i l i t à personale, l a solidarietà, il rispetto civile e l'onore proprio e altrui. Fioriti, nei secoli, sulle comuni radici cristiane. Ogni s o c i e t à h a bisogno di ordine morale per mantenere il senso dell'essere e del divenire. Davanti all'avvento di perfide sollecitazioni a negare il valore della vita e il valore della morte (l'aborto che h a la frequenza e l'indifferenza di u n atto di igiene, il suicidio protratto della droga, il costume pornografico indotto nel comune sentire, l'eutanasia evocata come mirabile atto razionale). Dentro ad u n a s o c i e t à che si accanisce

contro i deboli: nascituri e bambini, vecchi, morienti, quanto p i ù a parole riconosce i diritti dell'uomo. T e m i su cui s i dovrebbe misurare la sanità, l a s a z i e t à e l a pace di u n sistema sociale, che prima dì essere u n corpo di istituzioni, è un'essenza etica. Peste, fame et bello, non si placano con l a profilassi sociale. L a C h i e s a sembra l a sola voce rimasta a proclamare dal deserto orizzonte ideale, l'estrema valenza delle scelte etiche, presupposto di ogni riforma. Eppure, di l à dalla soglia degli anni, si profilano innovazioni dai contorni terrificanti: le possibili degenerazioni delle manipolazioni genetiche, i figli comprati come u n giocattolo da chi non gli è madre n è desidera avere a fianco un padre, i bambini fatti per l'allevamento, da smerciare a pezzi; indirizzi di sviluppo economico, che freddamente innescano processi di sradicamento nei popoli, che l i spostano addossando a i p i ù poveri i costi della integrazione culturale nei Paesi di destino. S i impongono valutazioni che i l semplicismo relativistico della logica radical-liberale, codificato nel motto «Ciascuno compia da sè le sue scelte», non p u ò , n è deve, risolvere. P e r c h è non considera gli effetti perversi, rovesciati sulle generazionifiiture, che solo l'ancoraggio etico a u n a visione personalista e comunitaria p u ò far mettere a bilancio. Affidare ogni residua speranza alle faville dell'attiv i t à sociale spontanea, che scorrono nella notte dell'inverno politico, è ingiusto e pericoloso. Sono un patrimonio incalcolabile, braci s u cui soffiare. M a il calore della solidarietà collettiva, attorno a cui convengano le genti d'Europa, dell'Est avvilito e dell'Occidente isterilito, si produce solo con l a combustione di grandi risorse morali. Ogni uomo e donna di buona b o l o n t à andrebbe chiamato a portare la sua bracciata al fuoco comune. U n a mobilitazione capace di segnare i cieli e la terra.


Avvenire Mercoledì 9 novembre 1988

PRÌMOPIANO

Mini viaggio dietro le quinte della più grande democrazia del mondo

Chi ha vinto, oltre il presidente

ELEZIONI USA

Operative, direttorio, committee: VAmerica che ha deciso e che ha ilpotere di M a u r i z i o B l o n d e t Chi v i n c e r à . B u s h o Dukakis? « N o n h a nessuna importanza, credimi. L ' u n o e l'altro sono due figure create, selezionate e messe in gara dal Committee. E n t r a m b i faranno quel che vuole il Committee». L'amico americano — che c h i a m e r ò Webster T u r n e r — è debitamente obeso, e veste, qualunque stagione sia, in grisaglia spiegazzata con cravatta scura: c i ò che lo rivela come uno dei tanti funzionari politici di Washington, a m a r a disincantata capitale dell'Impero dove — diceva Tacito di Roma — tutto si sa e n u l l a si tace. L o scambio, la collazione e l'accurata integrazione di informazioni riservate, pettegolezzi incontrollabili, documenti «classificati», è a Washington u n a enorme parte del lavoro « a m m i n i strativo»: T u r n e r è appunto uno di quelli che fanno questo lavoro. U n po' impiegato ministeriale, u n po' giornalista, un po' agente di «intelligence» e d'influenza. T u r n e r è soprattutto u n cartografo delle lobbies che s i agitano dietro le quinte della democrazia americana, p i ù o meno occulte e potenti. E ' a tipi come lui che la stampa statunitense attinge i germi degli scandali di cui vive, dal Watergate, all'Intrigate, fino alle informazioni sulla cartella clinica di Dukakis. Personaggi da prendere con le pinze: m a di loro, chi si occupa di politica non p u ò fare a meno. Perciò — gironzoliamo nel Museo dello Spazio, colossale spazio dove s'impolverano i modelli dei missili di vent'anni fa ed oggi a n c o r a i n servizio, malinconica testimonianza del declino U s a — non prendo alla leggera l'allusione di T u r n e r al misterioso Committee. Non ne ho mai sentito parlare prima: e dapprima penso che T u r n e r si riferisca alla Commissione Trilaterale, il prestigioso «centro d'influenza» e trust dei cervelli creato da Rockefeller nel '73. da cui sono usciti uomini come Brzezinski e Kissinger, i tre quarti dei «consiglieri» di Kennedy, e l'elezione di Carter alla presidenza.

M a Webster T u r n e r m i disillude: «Quelli che h a i nominato sono a i p i ù i funzionari operativi del C o m m i t t e e » , mi dice. E . siccome non capisco: «Hai u n pezzo di carta? T i faccio l ' o r g a n i g r a m m a » . S u l foglio bianco (ora siamo seduti s u u n a p a n c a del Museo).Turnerscnve,inbasso: « P r e s i d e n t of U s a » . Molto in basso: l a c a r i c a p i ù alta e pubblica è, per l u i solo il gradino infimo nella mappa del potere. Sopra, appena sopra, scrive: «Operative Officers». Spiega: «Gli operativi sono circa 200. ed h a n n o lo scopo di influire sulla politica U s a "consigliando" il presidente per conto del Committee. Kissinger (segretario di Stato di Nixon), C i r u s V a n c e (segretario di Stato di Carter),Brezmski,"consigliere" di C a r t e r per la Sicurezza Nazionale, fanno parte di questo livello, e o r a sono a fianco di B u s h . F o r s e ne faceva parte anche H a r r i m a n ». «Harriman?» «Averell Harriman. O r a è morto. E ' stato amico di Lenirò e di Stalin, ambasciatore a Mosca sotto Roosevelt, fanaticamente pro-sovietico. L a s u a famiglia a c c u m u l ò u n a fortuna attorno a l 1930, avendo ottenuto concessioni per sfruttare le miniere di manganese i n Urss. S u o fratello H e n r y si d i c h i a r ò per un controllo dell'economia di tipo pianificato, per l'eliminazione della libera concorrenza. A v e r e l l è stato anche governatore di New Y o r k e vice ministro degli Esteri, naturalmente era a Yalta, consigliere di Roosevelt. I n f l u e n t i s s i m o » . Q u i T u r n e r h a u n dubbio. « F o r s e apparteneva al livello superiore». E . sul foglio, scrive: «Operations Directorate». «D direttorio da cui dipendono gli "operativi"», spiega. «Ne fanno parte tipi che a voi italiani diranno poco. Nomi come J o h n McCloy, uscito dallo studio legale dei fratelli Dulles, alto commissario in G e r m a n i a nel '45. con poteri quasi dittatoriali. 0 come J o h n McCone. capo della C i a negli a n n i 60. dopo A l i e n Dulles. O come C l a r k Clifford, noto avvocato, che fu controllore di T r u m a n tra il '45 e il '48 e ministro della Difesa con J o h n s o n » .

«E' ancora vivo?» «Ha 85 a n n i Nella primav e r a scorsa h a convocato Jesse J a c k s o n , il negro che aspirava alla vicepresidenza accanto a D u k a k i s , e gli h a fatto capire che u n negro all a C a s a B i a n c a non ci sarebbe stato. J a c k s o n s i è ritirato i n buon ordine: Clifford è uno dei caporioni del Partito Democratico. E ' morto invece W i l l i a m Casey, capo della C i a durante l'Irangate, che faceva parte del Direttorio. Sopra questo, c'è il Committee». E scrive s u l foglio: «The Committee»: il vertice della piramide oscura. «Li chiamano anche "gli immortali", o "the O l i m p i a n s " » , assicura T u r n e r « N o n sono p i ù di u n a dozzina, probabilmente tutti molto v e c c h i » . « C o m e David Rockefeller?», chiedo: «O come i vecc h i K e n n e d y ? » . T u r n e r sorride. «Quelli che nomini tu», dice, « s o n o i nuovi ricchi. I Kennedy fecero i soldi con l'alcol durante il Proibizioni smo e comprarono la rispettabilità solo come consiglieri di Roosevelt I Rockefeller erano degli speculatori rapaci, divenuti rispettabili durante la guerra civile. No: nel Committee siede u n a nobiltà del denaro di p i ù antica data». « F a m m i qualche insisto.

nome»,

«Solo a titolo di esempio e di c o n g e t t u r e » , risponde T u r n e r «Potrei dire che nel Committee siedono famiglie antiche. C o m e i Mellon, i magnati dell'acciaio, i padroni della General Electric e della Guaranty Trust, associati da mezzo secolo con i Morgan e i Rockefeller si tratta di u n a famiglia emers a g i à p r i m a della guerra civile. O piuttosto i CabotLodge, famiglia che discende dai C a b o t ò , genovesi arricchitisi in A m e r i c a g i à nel Seicento. O i Roosevelt, che facevano parte della colonia olandese di New A m s t e r d a m , poi New Y o r k . 0 gli Astor, che divennero ricchi nel '700, prestando ad u s u r a ai cacciatori di pellicce dello Stato di Washington: un ramo, poi, torn ò i n Inghilterra, dove comp r ò il titolo nobiliare. S i trat-

ta di un'oligarchia filobritannica, ostile all'indipendenza americana. Nel 1860. u n gruppo di queste famiglie, di Boston (non a caso, nel New England) promossero un'ipotesi di secessione degli Stati del Nord, in funzione filo-inglese. Abramo L i n c o l n è stato il loro grande nemico e, probabilmente, la loro v i t t i m a Nella seconda guerra mondiale, dietro Roosevelt contrassero p i ù saldi legami con T'alleato" inglese». «Molti dei nomi che mi hai fatto», osservo, «appartengono a famiglie estinte... ». « E con ciò? Nel Committee siedono probabilmente solo i rappresentanti degli studi legali e delle banche d'affari che gestiscono i patrimoni di quelle famiglie. Per questo li chiamano "gli Immortali". L a loro funzione primaria è scegliere il presidente». L'immagine di una potenza mondiale governata da u n consesso di fantasmi e di morti m i soggioga, per un attimo. M a resto incredulo. «E quale sarebbe lo scopo degli Immortali?», domando. Turn e r è reciso: « M a n t e n e r e il potere nelle loro mani a qualunque costo. Per il resto, non hanno scopo. A n z i sono ostili a qualsiasi finalità». Sono incredulo anche oggi, mentre rievoco lo strano colloquio con l'amico americano. L e sue potrebbero essere tutte fantasie; le informazioni che m i h a dato sono incontrollabili Tuttavia, fosse pure u n a favola, la storia del Committee vale come un sintomo sinistro. Devo ricordare un'altra sinistra leggenda del nostro secolo: / Protocolli dei Savi di Sion, diffusi in R u s s i a nel 1905. in cui si delineava un simile consesso misterioso, che agiva ai danni d e l l ' u m a n i t à . E r a un falso — oggi lo sappiamo — fabbricato dalla polizia zaris t a M a anch'esso era un sintomo: se p o t è esser creduto vero da tanti, fu p e r c h é si sentiva che il potere reale era in mani diverse da quelle note e venerate dello Zar. A n c h e da auella sensazione nacque la bufera rivoluzionaria. Oggi, nella democratica A m e r i c a , la stessa sensazione sta prendendo forma.


A venticinque anni dall'assassinio del presidente americano

Kennedy che non luccica Mariedi 22 novembre I4fw

L

Cuba e Vietnam, mafia e sesso: un 'occasione perduta

di L u c i a n o G a r i b a l d i

a mafia, cioè il crimine organizzato, il vero, unico, autennco superpotere che inquina il mondo, non dimennca mai coloro che scendono a pam con essa. C h i accetta anche solo di parlare una volta chi ne sollecita, anche per scopi nobili. ! iuuto. prima o poi sarà chiamato a sdebitarsi. Se non pagherà la cambiale, v e r r à ucciso. Perché la forza della mafia sta nella determinazione e nella ferocia. Solo chi p u ò vantare una ferocia doppia, avrà ragione di essa, come dimostro il prefetto Mori nella Sicilia degli A n n i '30. come accadde nella G e r m a n i a delle Ss. dove il crimine organizzato scomparve p e r c h é al potere erano giunti criminali cento volte più spietati. Questa premessa e indispensabile a chiunque si accinga a ricordare l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy, il presidente degli Stati Uniti d'America avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963: 25 anni fa. «L'America si agita ogni volta che un Kennedy fa un ruttino», ha scritto di recente, con una punta di rancore, l'ex presidente Nixon. che di Jfk fu l'acerrimo rivale durante le presidenziali del 1960 (vinte da Kennedy con uno scarto di soli 100 mila voti) e che in seguito ebbe la carriera ostacolata e distrutta dalla irriducibile, acerrima ostilità dell'intero «clan» Kennedy. Le parole di Nixon riflettono uno stato d'animo effettivamente presente negli Stati Uniti, dove, a 25 anni dalla morte, il mito del «presidente della nuova frontiera» rimane praticamente intatto, nonostante gli errori, le mosse sbagliate, le tanto ipocrisie che. come vedremo, caratterizzarono i tre anni della presidenza di Jfk. Giovane, bello, anzi bellissimo, aitante nelle sue giacche di alta sartoria, sempre attillate, che sfoggiava disinvoltamente anche a 20 gradi sotto zero, avendo scoperto che una maglia di cashemire ripara dal freddo meglio di un cappotto. Kennedy si rivolgeva all'immaginario primitivo ed elementare di una nazione semplice, superficiale, attratta, nella sua maggioranza, più dalla forma che dalla sostanza 1 suoi miti (il giovanilismo, la « n u o v a frondera». cioè la legge sui diritti civili dei negri negli Stati del Sud ) attecchirono nell'America della «beat generation».

condizionata e influenzata dai «liberals». «quella parola», come ha detto Reagan a proposito di Dukakis « c h e incomincia per "elle" e che non desidero pronunciare». Intendiamo riferirci ai «liberals» infiltrati ai vertici dei grandi mass media, del « N e w York T i m e s » , del «Washington Post», delle reti televisive, delle organizzazioni culturali come le Università. I n Europa, nella vecchia, ammaestrata Europa, il fenomeno Kennedy non sarebbe stato possibile. Eppure fu proprio u n «liberal». Ù senatore C h u r c h . capo della Commissione d'inchiesta parlamentare nominata dai Congresso per far luce sull'assassinio di Kennedy a ubai tare le ridicole conclusioni cui era giunta, tanti anni p r i m a la Commissione Warren. a tar luce sugli intrighi mafiosi che erano probabilmente all'origine dell'agguato di Dallas. U n a storia che parte da lontano, da un gruppo di guerriglieri rifugiatisi, sotto la guida di un giovane studente di nome Fidel Castro, nella Sierra Maestra di Cuba. E r a stata proprio la mafia a finanziare e a rifornire di a r m i i castristi, con ripetuti lanci nella boscaglia, sperando che essi riuscissero a far fuori il dittatore cubano Batista, che si stava dimostrando un duro e tenace nemico dei suoi traffici. Protagonista della manovra era stato Calogero Minacori, detto Carlos Marcello, siciliano di «Cosa Nostra», controllore del 70 per cento delle case da gioco di C u b a nelle quali i ricchi americani andavano a dissipare le loro fortune, e regista dello smistamento della droga dal Sud A m e r i c a verso gli Stati Uniti. Dalla vittoria di Castro, la mafia si aspettava di poter riprendere le sue attività a Cuba. Grosso sbaglio. U n a volta al potere, il dittatore comunista si d i m o s t r ò p i ù inflessibile del suo predecessore. Da qui il desiderio di vendetta di «Cosa Nostra», che s'inseriva perfettamente i n quello di rivalsa politica degli Stati Uniti verso Cuba, dopo il fallimento dello sbarco alla «Baia dei porci» e il duro confronto dell'agosto 1982 per la questione dei missili. Con Castro, sempre p i ù aggressivo nei confronti degli Stati Uniti, finanziatore dei movimenti di guerriglia

in tutto il Centro e il Sud A m e r i c a , l'intero establishment americano voleva saldare i conti. In particolare lo voleva il potente capo dell'Fbi. E d g a r J . Hoover. implacabile nemico, in egual misura, dei comunisti e dei terroristi negri che. in modo più o meno aperto, si richiamavano a M a r t i n L u t h e r King. La Commissione C h u r c h p r o v ò che. a i p r i m i del 1963. K e n n e d y aveva accettato il progetto del senatore della F l o r i d a George Smather per uccidere C a stro. U n piano che imponeva ai servizi segreti d lasciar lavorare indisturbati gli esecutori del complotto: proprio Calogero Minacori. con l'assistenza di S a m G i a n c a m a . Santo Trafficante e J o h n n y Roselli, gangster incaricati della missione da «Cosa Nostra». E ' storicamente prov.. che furono fatti ben 24 tentativi di assassinare Castro, tutti andati a vuoto. I n p i ù d'una occasione i killer designati furono catturati dagli agenti del K g b sovietico che proteggevano Castro, e uccisi sul posto. E ben presto Kennedy fece m a r c i a indietro. G i u d i c a v a troppo pericoloso essersi lasciato invischiare fino a quel punto. M a e r a o r m a i tardi, tanto più che si era preso per amante J u d i t h Campbell Exner. la ex donna di S a m Giancana. presentatagli da F r a n k Sinatra. autorevole esponente del suo «clan», e al tempo stesso strettamente legato alla mafia. A quel punto, la «querelle» tra il presidente e «Cosa Nostra» si trasforma i n un pericoloso braccio di ferro. Hoover. sempre p i ù imbestialito contro Kennedy per la sua politica favorevole ai negri, minaccia di rendere pubblica la storia del complotto contro Castro. Kennedy accetta la sfida. Si sente p i ù forte di « C o s a Nostra». Non solo continua a tenere per amante l'ex donna di Giancana. ma svillaneggia e perseguita i profughi cubani anticastristi, e. attraverso l'ambasciatore americano in Guinea. William Atwood. cerca di stabilire un accordo di pace con Cuba. Infine, proprio pochi giorni p r i m a di Dallas, fa arrestare S a m Giancana. lanciando u n implicito monito sia a Hoover. sia alla malia: « S e continuerete a

ostacolarmi nella mia politica contro l'apartheid, se non smetterete eli attentare alla vita di Castro, s c a t e n e r ò la guerra contro il crimine organizzato». E" troppo. A questo punto. «Cosa Nostra» deve far vedere che la p i ù forte è iei. L a C i a e l'Fbi non la ostacolano. Parte il complotto, con Lee J . Oswald. ex agente della C i a . designato fin dall'inizio come caprio espiatorio, e J a c k Ruby. non a caso «creatura» di Santo Trafficante, incaricato di uccidere Oswald davanti alle telecamere, a soli due giorni dalla cattura. Il resto della stona, con Rubv '-misteriosamente» m o n o di cancro in carcere. San G i a n c a n a abbattuto a revolverate nel '65. Johnny Roselli trovato cadavere in un bidone di benzina al largo di Miami, e. con l'incapacità della giustizia americana di arrivare, dopo 25 anni, a una parola definitiva sul complotto di Dallas, è la consueta, sanguinosa «coda» delle grandi vicende di mafia (Salvatore Giuliano e Michele Sindona insegnano). Questa è ancora oggi la ricostruzione p i ù attendibile della morte di Jfk. anche p e r c h è ha il c r i s m a di una Commissione parlamentare d'inchiesta, e sebbene i commissari, prevalentemente «liberals». attribuissero alla mafia non un desiderio di vendetta, m a quello di prevenire u n a fantomatica offensiva contro il crimine organizzato, che il presidente e suo fratello R o b e n , ministro della Giustizia, sarebbero stati in procinto d'intraprendere. C h i s s à , poi, come avrebbero fatto, viste le loro saldissime amicizie con F r a n k Sinatra e gli ambienti di «Cosa Nostra», amicizie che. peraltro, riandavano molto addietro negli anni quando il loro padre. Joseph aveva fatto i miliardi traffi cando con i gangster di C h i cago ali epoca del probizioni smo. fedele al suo celebre motto: «Con il denaro si p u ò ottenere tutto». Del resto, servizi segreti americani e «Cosa N o s t r a » erano legati allora, come lo sono (forse un po' meno) oggi, come lo furono, strettamente, nel passato, quando mobilitarono la mafia siculaamericana per la preparazione dello sbarco in Sicilia


dei luelio 1943: un'antica alleanza, che i repubblicani, da otto anni al potere a Washington, troveranno difficile, anche se ci provano, a troncare. Per il resto, che cosa rimane di Jfk. al di là della mitologia populista e delle infinite ••storie rosa» sulla sua vita sentimentale, servite da sfondo ad almeno un centinaio di libri più o meno romanzati e a decine di «sen a l s » televisivi? Rimane che fu il primo, e finora unico, presidente della storia degli Stati Uniti non «Wasp» (White Anglo Saxone Protestant). Bianco si. anglosassone solo a meta, p e r c h è era di origine irlandese, e soprattutto cattolico, in un albo presidenziale monotonamente popolato di protestano. C h e grande occasione perduta! A m a v a la pace, m a con lui il mondo rischiò la terza -uerra mondiale, p e r c h è egli -i gettò nel pericoloso braccio di ferro con l'Urss per i missili a Cuba, senza allertare le Forze Armate, senza informare il Parlamento (vecchia abitudine dei democranci americani, fin dai tempi di Pearl Harbour. nascondere al popolo le decisioni fatali), e lo vinse solo p e r c h è , dall'altra parte, c'era in fondo un buon diavolo di nome Kruscev. Coinvolse l'America nella sventurata guerra del Vietnam, incitando il dittatore anticomunista Ngo Dinh Diem a tener duro con i terroristi vietcong, salvo poi mandarlo a gambe all'aria quando quello, convinto di aver finalmente trovato l'appoggio della grande potenza, si mise a fare sul serio. E si sa che gli americani i dittatori li vogliono buoni e pii (vedi la fine dei colonnelli greci e dello scià di Persia). Così, gli era sembrato poco «democratico» inviare l'aviazione a Cuba, il 17 aprile 1961. in appoggio a quei mille disgraziati che erano sbarcati nella «Baia dei porci», perciò stesso mandati al massacro con la sua sorridente benedizione. Certo, durante gli anni di Kennedy, come h a scritto uno dei suoi agiografi, e suo ex collaboratore. Richard Goodwin. «la vita era intellettualmente eccitante». E difatti, il virus della contestazione potè liberamente dilagare dalle u n i v e r s i t à californiane a tutti gli Stati Uniti e. da qui. diffondersi all'Europa. Quanto all'Italia, le «teste d'uovo» di Jfk. le famose «tre S» (Sorensen. Salinger. Schlesinger), decisero che sarebbe stato « i n t e l l e t t u a l m e n t e eccitante» aprire la «stanza dei bottoni» ai socialisti o regalarci il centro-sinistra. Le cui conseguenze scontiamo ancora adesso.

il Giornale! v e n e r d ì • is n o v e m b r e

Esteri

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S t i m i m i , d i o r i g i n e l i b a n e s e , è il n u o v o c a p o d i G a b i n e t t o d e l l a C a s a B i a n c

Bush nomina "il solista" e scontenta gli ebrei Usa Dal nostro corrispondente New York - La nomina di John Henry Sununu quale capo di gabinetto della Casa Bianca, che George Bush ha iiffir4nlmpnt<» confermato ieri pomeriggio dopo qualche giorno di incertezze, ha lasciato molti con l'amaro in bocca. La figura carismatica del governatore del New Hampshire, lo Stato che aveva salvato Bush durante le primarie risollevandolo a forza di voti dopo la grave sconfitta dello lowa, non trova consensi a Capitol Hill e non piace ad alcuni gruppi etnici, fra cui i circoli ebraici A Washington sembra quasi di esaere tornati ai giorni in cui Reagan. nonostante le premonizioni della sua Amministrazione, aveva insistito per proporre la nomina alla Corte Suprema del giudice Bork, ultra conservatore e lontano dalle Idee politiche della maggioranza democratica del gabinetto. Anche Sununu, di origine libanese, è estremamente conservatore, come ha già dimostrato nei tre mandati di governatore del piccole «Stato di granito» della costa orientale, ma soprattutto non piace per aver manifestato il suo appoggio qualche anno fa a una risoluzione varata dalle Nazioni Unite. Era il 1985 e

nu non deve essere sancita dal voto del Senato. n favorito alla qualifica di Segretario della Casa Bianca era però il trentasettenne Craig Fuller, che nel secondo mandato di Reagan aveva svolto la funzione di capo di Gabinetto di Bush e che, in queste settimane di transizione prima del 20 gennaio, già svolge questa delicata funzione. Le differenze di carattere fra 1 due sono abissali: Fuller, a detta dei funzionari di governo, è «un manager cauto che ha cercato di scivolare Inosservato nell'apparato politico»; Sununu è un uomo che vuole essere ascoltato: 1 media non lo amano, memori del giorno in cui, durante le primarie, aveva dato pubblicamente dello stupido ad un Naturalmente, a distaneza giornalista. Molti si preoccudi tre anni, quelle parole anco- pano anche a lungo termine ra bruciano. Dice Hyman delle conseguenze della scelta Bookbinder. che da 21 anni di Bush, la seconda che poocctipeil posto di rappresen- trebbe Influire sul difficile tante della lobby degli ebrei equilibrio del Medio Oriente americani a Washington, e dopo la sostituzione di Georche ha sostenuto attivamente ge Shultz. Dukakis nella sua sfortunata campagna; «Sununu ha firSununu, di padre libanese e mato altri proclami che ave- di madre salvadoregna, si è vamo a che vedere con la poli- laureato in Ingegneria presso tica estera americana; quella 11 prestigioso Massachusetts scusa non regge, e anche ades- Istituto of Technology ed è so che è arrivato il momento stato rettore della facoltà di perrimangiarsiil suo errore il Ingegneria all'università TafL governatore non dice nulla Sposato dal 1958, ha otto figli che lasci intendere che abbia e, in qualità di segretario della commesso un errore. Secon- Casa Bianca, riceverà uno stido noi sarebbe pronto a rifare pendio annuale di 90.000 dolla stessa scelta oggi». lari (circa 130 milioni di lire), E chiatti una delle caratteri- con un aumento di 20.000 dolstiche di questo personaggio lari rispetto alla carica di gopolitico è proprio quella, come vernatore. ha scritto ieri il «New York TiSilvia Kramar mes», di «voler essere un solista, non un direttore d'orchestra», di essere irremovibile e di non avere dimestichezza col circoli e le regole della capitale. La scelta di Bush, si dice negli ambienti ben Informati, ha colto molti di sorpresa, quasi quanto la nomina del giovanissimo Dan Quayle a vice presidente. Ma la decisione di Bush eh ignorare le proteste della lobby ebraica è stata irremovibile; la nomina di Sunu-

l'Assemblea generale dell'Onu aveva varato una risoluzione che condannava il sionismo, definendolo runa manifestazione di razzismo e di discriminazionerazzista;tutti i circoli ebraici, insorti, l'avevano condannata e un anno dopo l'Organizzazione mondiale sionista, tramite i suoi portavoce americani, aveva chiesto ai governatori di tutti gli Stati dell'Unione di firmare un proclama che condannasse quella risoluzione; su cinquanta firme una sola mancava, quella appunto di Sununu che all'epoca si era difeso con queste parole: «Non ritengo giusto che un governatore firmi una risoluzione intesa ad influenzare la politica estera statunitense».


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Gennaio

1989


Gennaio

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F r a t t a n t o le spese m i l i t a r i costituiscono un onere i n s o p p o r t a b i l e c h e sottrae a l l ' e c o n o m i a i talenti e le risorse m i g l i o r i e, s e c o n d o il m i n i s t r o degli E s t e r i E d u a r d S h e v a r d n a d z e , assorbe il 19 p e r cento del prodotto nazionale lordo. In conversazioni private c o n gli o c c i d e n t a l i , a l c u n i e c o n o m i s t i s o v i e t i c i a l z a n o il dato fino al 4 0 per cento. G l i S t a t i U n i t i , i n v e c e , s p e n d o n o p e r la d i f e s a s o l o il 5,9 per cento d e l p r o d o t t o n a z i o n a l e l o r d o . II m a n t e n i m e n t o

dell'impero

so-

1989

I PRESTITI

ALL URSS E L INTERESSE

vietico i m p o n e altri aggravi. I s u s s i d i necessari a tenere a galla C u b a e a finanziare l ' i n t e r v e n t o m i l i t a r e i n Africa costano almeno 6 6 0 0 miliardi di lire l'anno. A l t r i m i l i a r d i d e v o n o essere spesi per sostenere il V i e t n a m e la sua o c c u p a z i o n e d e l l a C a m b o g i a , per sorreggere i r e g i m i m a r x i s t i d e l l ' E t i o p i a e d e l l ' A n g o l a e p e r a r m a r e il N i c a r a g u a . I s o v i e t i c i d e v o n o inoltre fornire a i loro satelliti d e l l ' E s t e u r o peo il p e t r o l i o c h e a l t r i m e n t i potrebbero v e n d e r e a l t r o v e . R i c o n o s c e n d o che l ' U n i o n e Soviet i c a c o r r e il p e r i c o l o di essere « a b bandonata e lasciata indietro dalla s t o r i a » , G o r b a c i o v ha inaugurato la d u p l i c e p o l i t i c a d e l l a perestroika (ris t r u t t u r a z i o n e ) e d e l l a glasnost ( d i scussione p i ù aperta). Mentre con la glasnost lo stato s o v i e t i c o sta conoscendo un grado di trasparenza assolutamente senza precedenti, i cambiamenti economici avviati con la perestroika s o n o stati finora r e l a t i v a m e n t e di p o c o c o n t o . A n z i , a l c u n i economisti sovietici riconoscono che la s i t u a z i o n e è a d d i r i t t u r a peggiorata rispetto a c o m ' e r a q u a n d o G o r b a c i o v a n d ò al potere. A n c h e le sue r i f o r m e m e n o r a d i c a l i h a n n o i n c o n t r a t o estesa r e s i s t e n z a . L a p a r a s s i t i c a classe d i r i g e n t e s o v i e tica teme la p e r d i t a d e i s u o i p r i v i l e g i e dei suoi l u s s i . L e g i o n i d i b u r o c r a t i h a n n o p a u r a d i p e r d e r e il posto. I m a n a g e r t e m o n o i r i s c h i e le i n c e r tezze delle i n n o v a z i o n i . G l i o p e r a i prevedono lavoro p i ù duro e minor sicurezza. L e z i o n i di distensione. I n p a s s a t o i d i r i g e n t i s o v i e t i c i p a r l a v a n o spesso di c a m b i a r e l ' e c o n o m i a , s e m p r e p e r ò escludendo modifiche fondam e n t a l i . C e r c a v a n o i n v e c e di s a l v a r s i e l e m o s i n a n d o , c h i e d e n d o prestiti e r u b a n d o a l l ' O c c i d e n t e tutto q u e l c h e potevano. D o p o c h e il r e g i m e b o l s c e v i c o ebbe portato il paese a l l a r o v i n a , nel 1921 Lenin p r o c l a m ò la N E P , una N u o v a P o l i t i c a E c o n o m i c a di « c o a b i t a z i o n e c o n il c a p i t a l i s m o » . F a c e n d o balenare l'attrattiva di u n vasto m e r c a t o a n c o r a v e r g i n e , L e n i n indusse imprese occidentali a finanziare le i n d u s t r i e a e r o n a u t i c h e , s i d e r u r g i c h e , tessili e a u t o m o b i l i s t i c h e del p r o p r i o paese. Q u a n d o n o n furono p i ù n e c e s s a r i , gli s t r a n i e r i v e n n e r o e s p u l s i o, i n a l c u n i c a s i , i m prigionati c o n l ' a c c u s a d i « s p i o n a g g i o industriale». Negli a n n i S e t t a n t a , a p p r o f i t t a n d o del rifiorire d e l l a d i s t e n s i o n e , i sovietici fecero b a l e n a r e d i n u o v o agli o c c i d e n t a l i le p o s s i b i l i t à offerte d a l l ' i m m e n s o m e r c a t o s o v i e t i c o per c h i avesse il coraggio di sfruttarlo. E n t r o

DELL

OCCIDENTE

il 1976 q u a s i 1000 fabbriche costruite c o n c a p i t a l i o c c i d e n t a l i e r a n o sorte d a u n c a p o all'altro d e l l ' U R S S . P e r poterle pagare, i s o v i e t i c i ricevettero prestiti per m i g l i a i a d i m i l i a r d i di lire dalle b a n c h e d e l m o n d o libero. Sulle r i v e del fiume K a m a i m p r e s e tedesche, inglesi, i t a l i a n e e a m e r i c a n e fecero sorgere la f a b b r i c a di a u t o c a r r i p i ù g r a n d e del m o n d o . G r a z i e ai finanziamenti stranieri, i s o v i e t i c i i n t r a p r e s e r o la p i ù grande c o r s a agli a r m a m e n t i m a i a v v i a t a i n t e m p o d i pace. S i s p i n s e r o i n A f r i c a , n e l l ' A m e r i c a C e n t r a l e e nel S u d - E s t a s i a t i c o . P o i , nel 1979, i n v a s e r o V A f g h a n i s t a n . G l i a u t o c a r r i c h e trasportavano truppe e armi sovietiche per q u e l l a s a n g u i n o s a g u e r r a p r o v e n i v a n o d a l l a f a b b r i c a del fiume K a m a . A p p a r a t o m i l i t a r e ipertrofico. O r a c e r c a di n u o v o di s a l v a r s i aff o n d a n d o s e m p r e p i ù le m a n i nelle tasche d e l l ' O c c i d e n t e . P e r r i c o s t r u i r e l a loro e c o n o m i a , i s o v i e t i c i h a n n o b i sogno di potenti c o m p u t e r e d e i relativi programmi, di robot industriali, macchine utensili, fabbriche capaci di p r o d u r r e s e m i c o n d u t t o r i e altre componenti della microelettronica. V o r r e b b e r o c o m p r a r e q u e s t a tecnologia e queste m a c c h i n e sofisticate d a l l ' O c c i d e n t e e d a l G i a p p o n e . M a di m o n e t a reale, e c i o è d i b a n c o n o t e e m o n e t e m e t a l l i c h e , ne h a n n o p o c a . I loro p r o d o t t i i n genere s o n o s c a d e n t i , e c h i h a l a p o s s i b i l i t à d i scegliere n o n li c o m p r a . Q u i n d i , p e r p r o c u r a r s i v a luta straniera, i sovietici devono contare p r i n c i p a l m e n t e s u l l a v e n d i t a di petrolio, gas n a t u r a l e , a r m i e oro. L ' a n n o s c o r s o h a n n o i n c a s s a t o soltanto 4 0 . 0 0 0 m i l i a r d i d i lire i n m o n e t a reale, a p p e n a s u f f i c i e n t i a finanziare i d e b i t i g i à esistenti e le i m p o r t a z i o n i necessarie per mantenere l'economia a l suo presente, d i s a s t r a t o livello. D a q u i la c o n t i n u a fame di v a l u t a straniera. I ' U R S S

L ' O c c i d e n t e e il G i a p p o n e dov r e b b e r o rifiutarsi di fornire altro d e n a r o . I prestiti s e n z a v i n c o l i e a b a s s o interesse c h e le b a n c h e p r i v a t e h a n n o fatto ai s o v i e t i c i s o n o c o m m e r c i a l m e n t e sbagliati e ingiustificab i l i . Peggio a n c o r a , c o n il crescente i n d e b i t a m e n t o del loro paese i sov i e t i c i a c q u i s t a n o u n potere s e m p r e maggiore s u l l ' e c o n o m i a n a z i o n a l e di c h i presta loro d e n a r o . S e i n futuro, per r a g i o n i p o l i t i c h e o e c o n o m i c h e , M o s c a d o v e s s e m a n c a r e di o n o r a r e i s u o i d e b i t i , metterebbe in pericolo il s i s t e m a b a n c a r i o i n t e r d i p e n d e n t e di tutto i l m o n d o libero.


S o n o d ' a c c o r d o c o n il senatore a m e r i c a n o B i l l B r a d l e y , che dice: « S e n z a il capitale e la tecnologia dell' Occidente, i sovietici possono aum e n t a r e gli i n v e s t i m e n t i a l l ' i n t e r n o del loro paese soltanto r i d u c e n d o le spese m i l i t a r i . N o n m i s e m b r a saggio a i u t a r e i s o v i e t i c i a e v i t a r e tale scelta.» A tutt'oggi, c o m u n q u e , l ' h a n n o e v i t a t a . N e l 1986, per e s e m p i o , i c r e diti c o n c e s s i s e n z a c o n d i z i o n i a l l ' U R S S dagli istituti finanziari d e l l ' O c c i d e n t e sono equivalsi pressappoco a c i ò che i s o v i e t i c i h a n n o speso per sostenere il N i c a r a g u a . C u b a , il V i e t n a m . l ' A n g o la e l ' E t i o p i a . P e r m e t t e n d o a l l ' U R S S di a c q u i s t a r e tecnologia a v a n z a t a , l ' O c cidente e il G i a p p o n e n o n fanno che contribuire alla perpetuazione dell' ipertrofico a p p a r a t o m i l i t a r e s o v i e t i co, m e t t e n d o i n p e r i c o l o la s i c u r e z z a del m o n d o libero. L a mano tesa. C i o n o n o s t a n t e , il m i n i s t r o a m e r i c a n o del C o m m e r c i o W i l l i a m Verity. già copresidente dell' U S T E C . si è battuto r e c e n t e m e n t e perc h é gli Stati U n i t i c o n t i n u i n o la politica dei prestiti e delle v e n d i t e a l l ' U R S S . Q u e s t ' a n n o il suo m i n i s t e r o h a r i m o s s o gli ostacoli che i m p e d i v a n o agli alleati degli Stati U n i t i di v e n d e re c o m p u t e r a v a n z a t i che i s o v i e t i c i p o t r e b b e r o usare per s c o p i m i l i t a r i . Inoltre, V e r i t y Ita c e r c a t o di facilitare la v e n d i t a a l l ' U n i o n e S o v i e t i c a di sofisticata tecnologia per la r i c e r c a e la p r o d u z i o n e di petrolio. Il C o n g r e s s o a m e r i c a n o è a c u t a mente c o n s a p e v o l e dei p e r i c o l i - e

SELEZIONE

delle o p p o r t u n i t à - c h e gli Stati U n i t i h a n n o d i fronte. Se p a s s e r à il disegno di legge presentato d a i senatori W i l l i a m P r o x m i r e (da poco in pensione) e J a k e G a r n . il presidente degli S t a ti U n i t i p o t r à c h i e d e r e alle b a n c h e a m e r i c a n e di segnalare tutti i prestiti concessi al blocco sovietico, e proibire q u e l l i g i u d i c a t i d a n n o s i a l l a s i c u rezza nazionale. C o n l'approvazione di q u e s t a legge, gli Stati U n i t i pot r e b b e r o s o l l e c i t a r e la c o l l a b o r a z i o n e degli a l l e a t i , c h e h a n n o d a guadagnare q u a n t o gli a m e r i c a n i d a a u t e n t i c i cambiamenti nell'Unione Sovietica. D i c e l'ex m e m b r o d e l C o n g r e s s o J a c k K e m p : « D e p o s i t i b a n c a r i di citt a d i n i a m e r i c a n i v e n g o n o usati per rafforzare i s o v i e t i c i . P o i questi stessi c i t t a d i n i s o n o costretti a pagare tasse p i ù alte per d i f e n d e r s i dalle m i n a c c e c h e il loro d e n a r o h a c o n t r i b u i t o a creare. È a s s u r d o ! » S e G o r b a c i o v è s i n c e r o nel suo d e s i d e r i o di r i s t r u t t u r a r e la società s o v i e t i c a , s m i l i t a r i z z a n d o l a e i n i z i a n d o l a al benessere, l ' O c c i d e n t e e il G i a p p o n e p o s s o n o solo augurargli c h e r i e s c a nel s u o i n t e n t o . M a finché n o n a v v e r r a n n o v e r i c a m b i a m e n t i , il m o n d o l i b e r o d e v e astenersi d a u n a p o l i t i c a d e l l a m a n o tesa c h e p e r m e t t a ai s o v i e t i c i d i c o n t i n u a r e a fare q u e l c h e h a n n o s e m p r e fatto.

Bnl/CrU

Due prestiti 200 milioni di dollari àll'Urss ROMA. Due linee di credito di 100 milioni di dollari cadauna erogate alla Vneshekonombank, la banca per le attività economiche estere dell' Urss, dalla Banca Nazionale del Lavoro e dalla Cassa di Risparmio di Torino. . . • H primo prestito serve ad aiutare la banca sovietica impegnata nel dopo-terremoto in A r m e n i a e prelude a u n a visita del presidente Nerio Nesi i n Urss, durante l a quale s a r à firmato il prestito. n secondo prestito è finalizzato a l finanziamento di esportazioni italiane di beni strumentali e impianti verso l'Unione Sovietica.


Così Mosca si ritira dail'Afganistan

E Ivan dà l'addio a Kabul La sporca guerra ora è finita di Maurizio Blondet

I

n via di scioglimento forzato il partito comunista afgano, pronti gli aerei Antonov che porteranno in Urss i dirigenti del governo fantoccio di Kabul. l'Armata Rossa sembra decisa davvero a completare il ritiro dall'Afghanistan, dopo nove anni di guerra, entro il 15 febbraio 1989. promesso con gli accordi di Ginevra. Ma non è una n u r a t a in pura perdita. 11 conflitto afgano è stato per i marescialli sovietici un "laboratorio" da cui hanno appreso essenziali lezioni tattiche e strategiche. Lezioni che hanno immediatamente messo in pratica, fino al punto di modificare, in base all'esperienza, l'intero "ordine di battaglia" delle loro forze. Lo rivela ora uno studio dell'autorevolissimo centrostudi californiano Rand Corporation, dedito alle ricerche sui problemi stratega co-tee nologici. Intitolato Inside the Soviet Army in Afghanistan ("Dentro l'esercito sovietico in Afghanistan"), lo studio è definito dal suo autore. Alexander Alexiev. «la prima analisi delle forze armate sovietiche in condizioni di conflitto dalla seconda guerra mondiale, basato su informazioni di prima mano». Non è una vanteria. Basato sulle testimonianze di capi dei mujaheddin e sugli interrogatorii di 35 soldati russi disertori o prigionieri, lo studio rivela dati assolutamente inediti sulla nuova "filosofia bellica" sovietica. Dati istruttivi, b e n c h é allarmanti, anche per noi occidentali. Per esempio questo: per la Stavka. ossia per l'Alto Comando dell'Armata Rossa, la fanteria, la truppa generica, ha cessato di essere la "regina delle battaglie". Facile alla demoralizazione. scarsamente motivata, lacerata all'interno da dissidii etnici feroci, la truppa "di leva" si è rivelata per di più fisicamente impreparata ad affrontare le dure condizioni della guerra sul terreno afgano.

Dove non arrivavano gli autocarri e bisognava inerpicarsi a piedi, il soldato Ivan s'è mostrato miseramente insufficiente. V i sono stati casi in cui, per camminare leggera, la truppa ha "risparmiato" le munizioni negli zaini, s i c c h é s'è trovata spesso senza proiettili dopo i primi minuti di scontro. Anche per questo, spiega Alexiev. dopo i primi insuccessi in Afghanistan 1*80 per cento della vera e propria fanteria è stato usato come pura e semplice "forza d'ocupazione", con compiti di supporto (trasporti) e di "guardia a postazioni fisse", m a raramente lanciato nelle offensive. Tutto il peso dei combattimenti è invece stato praticamente addossato a truppe speciali, il 20% del totale degli uomini inviati in Afghanistan. Non si trattava dei già noti Spetsnaz. il corpo speciale di commandos e sabotatori forte, si dice, di 40 mila uomini, m a di nuovi corpi d'elite ben addestrati e fortemente motivati taggruppati in piccole unità: truppe aerotrasportate ( V D V ) . assaltatoriparacadutisti (DShB), truppe di ricognizione (razvedchiki). appositamente creati o riconvertiti per la guerra sul terreno afgano. L a procedura sovietica p i ù comune era di assegnare ad unità di fanteria autotrasportata con armamento leggero il compito di occupare i dintorni di un'area predeterminata, dentro la quale venivano immesse (per lo p i ù dal cielo) le "truppe speciali" che poi sostenevano il combattimento effettivo. «Queste unità hanno riportato impressionanti successi operativi, e sono quelle in cui i sovietici hanno esibito le maggiori innovazioni operative e le più incisive sperimentazioni tattiche».scrive Alexiev. L'attacco-lampo di sorpresa, capace di infliggere pesanti perdite al nemico, è apparsa la loro condotta preferita. Un capo mujaheddin. aggredito di sorpresa alle spalle mentre con ì suoi uomini oc-

cupava una postazione su un monte considerata molto sicura, testimonia: «Ci hanno assalito 90 V D V , che s'erano arrampicati direttamente sul versante della montagna dietro di noi: un'arrampicata che io stesso non sarei riuscito a fare. E r a gente dura, tutta diversa dal resto dei soldati sovietici, che sono dei buoni a nulla». Sono uomini, ha appurato Alexiev. che hanno acquisito tutti qualche brevetto sportivo o sportivo-militare, addestrati al combattimento ravvicinato, politicamente affidabili e uniti da forte spirito di corpo (solo due dei 35 disertori interrogati venivano da questo tipo di truppe ), e tutti di nazionalità russa, con l'esclusione di altre minoranze etniche. Sono uomini preziosi anche per gli Alti Comandi: "Per la prima volta nella storia russa, è stato notato uno sforzo per limitare al minimo le perdite di questi soldati, anche a costo di limitazioni operative". Si ha notizia di operazioni belliche annullate, b e n c h é avviate ad un prevedibile successo, dopo la morte di una cinquantina di DShB. Ed ecco l'aspetto che interessa noi europei: l'Urss conta attualmente ben sette divisioni aerotrasportate "speciali" (VDV). e cinque di queste sono dispiegate in Germania. Suggerisce Alexiev: l'Alto Comando sovietico h a fatto tesoro dell'esperienza afgana e la sta applicando al "teatro europeo". Questa truppa e specialmente adatta per operazioni "chirurgiche" applicabili appunto a questo teatro: i sovietici non hanno alcun interesse a ridurre l'Europa a un cumulo di macerie improduttive: in caso di invasione, essi useranno le loro forze speciali per disarticolare in modo preciso, rapido e puntuale le difese della Nato, neutralizzando singoli apparati-chiave della difesa europea: postazioni missilistiche, aeroporti cruciali, linee di rifornimento.

di essere ancor più efficace nella prospettiva di una totale "denuclearizzazione" d'Europa. Ciò che dà un significato meno tranquillizzante alle profferte di Gorbaciov in questo senso, e spiega cosa significhi veramente la sua promessa di riduzione degli effettivi sovietici schierati contro la Nato: uno snellimento della vecchia fanteria pletorica, a vantaggio di una più evidente efficacia operativa basata sulle "truppe speciali". L a nomina del generale Mikhail A.Moiseyev alla carica di Capo di Stato Maggiore lasciata dal maresciallo Akhromeyev sembra confermare questa filosofia bellica: il giovanissimo Moiseyev (49 anni) è un veterano comandante di truppe speciali aviotrasportate. T r a l'altro, rivela Alexiev. le truppe speciali in Afghanistan hanno subito una vasta e rapida rotazione, con frequenti avvicendamenti: e gli uomini ritirati dal fronte asiatico, dunque fornit i di esperienza bellica "reale", sono stati trasferiti in E u ropa. M a il saggio dell'esperto americano sottolinea due elementi di debolezza persistenti nel "nuovo ordine militare" sovietico. Il primo, la difficoltà cronica di mantenere un soddisfacente livello di igiene fra la truppa ("talune unità hanno avuto fino alla metà del personale colpito da epatite"). Secondo: il clima di brutalità che regna nei reparti, dove i neo-arruolati sono tormentati dagli anziani in modo crudele e. spesso, pericoloso. Uno dei due disertori interrogati che proveniva dalle truppe speciali ha ammesso di essere fuggito perché brutalmente picchiato e maltrattato nella sua qualità di "pivello".

Questa tattica, che usa forze "convenzionali", promette

Avvenire Sabato 31 dicembre 1988


L'ultima notte del 1958 il dittatore Batista fuggiva da Cuba mentre i «barbudos» scendevano in festa dalla Sierra

Fide! Castro, trent'anni dopo Barba ormai bianca, una leggera pinguedine e niente più sigari per il «Lider m a x i m o » - il dominio sulla stampa e la televisione - Un fallimento la sua società rivoluzionaria; crollo economico e disoccupazione - Persa la guerra dello zucchero, ci si aggrappa al turismo gafono e l a s u a a r m a , il suo S a r à u n a notte speciale, quemezzo di propaganda e la sfera sta notte, per Fidel. E c h i s s à di cristallo, entro l a quale l'imche il Lider maximo non trovi magine surreale di C u b a canil tempo per u n a scappata alalchimisticamente, l'Habana Libre, ex H ù t o n , c h e cellava, quella reale e quotidiana. schiere di operai stanno cercando di riportare all'antico Castro d i m o s t r a la stessa splendore, in omaggio al padronanza c o n la stampa, boom turistico. Nei saloni neo- non solo s u q u e l l a c u b a n a , sotclassici del primo piano, dove toposta a u n a c e n s u r a di ferro, oggi mangiano le comitive de- pur essendo nelle m a n i del gli inclusive tours, angariate d a partito, m a s u quella internaschiere di camerieri ostentata- zionale. Alla m a r n e r à dei leamente inefficienti, aleggiano der sovietici. F i d e l non concegli spettri dei latifondisti che, de interviste se n o n a giornaligiusto t r e n t a n n i fa, si ingozzasti di provata fede m a r x i s t a o vano col cenone di capodanno, che, attraverso anticamere attendendo invano la visita di c h e possono d u r a r e mesi, abFulgencio Batista. I l dittatore, biano dato segni di a m m i r a a quell'ora, stava g i à fuggendo zione palese per lui. D a anni, in aereo verso l'esilio. Fidel, h a i s u o i « g i o r n a l i s t i - a m m i r a arroccato all'altro estremo tori», soprattutto nordameridell'isola, a Santiago, seppe cani, che c o n v o c a quando dedella fuga dalla radio. E r a l'al- sidera far sapere qualcosa al ba: i barbudos scesi dalla Sier- mondo. Persino i fotografi sor a si abbracciavano e l a folla, no selezionati, c o m e pittori di come impazzita, faceva festa e corte. suonava i tamburi. Castro e r a N o n c'è libro s u F i d e l , scritin prreda a uno di quegli atti- to c o n l a collaborazione delmi di nostalgia c h e oggi vive l'interessato, c h e n o n s i s i a tracon sempre maggior frequen- sformato i n un'agiografia paza. G i à qualche tempo p r i m a , tetica; e n o n parlo delle interaveva scritto a Celia Sanchez: viste « i n g i n o c c h i o » , m a di bio« H o l'impressione c h e presto grafie m o n u m e n t a l i come tutto si c o n c l u d e r à e. nell'alle- quella dello statunitense T a d gria per le vittorie c h e segnano S z u l c , considerata « l a meno il traguardo di tanti sacrifici e i n q u i n a t a » . Adesso c i s i aspetsforzi, m i sento triste». ta che, attraverso u n a commeSono passati trent'anni. morazione televisiva dei suoi G a r c i a Marquez gli h a chiesto trent'anni di potere. C a s t r o riche altro vorrebbe fare, oggi, veli le sue intenzioni. E g l i h a nella vita. « F e r m a r m i a u n an- già preannunciato l a s u a tesi: golo», è stata la risposta, indi- « L a rivoluzione c u b a n a è ogni rizzata al mondo: u n a pennel- giorno p i ù solida: la s u a nave lata socratica a u n autoritratto veleggia t r a n q u i l l a nei m a n al quale lavora da sempre. A 62 della storia». anni, e arrivato alle rifiniture. Naturalmente non è cosi. M a di fermarsi non h a nessu- M a forse Castro, sollevato dal na intenzione. Certo, il tempo fatto c h e i l terremoto i n Armeh a lasciato i suoi segni. D u e n i a h a costretto G o r b a c i o v a anni fa. quando vidi Castro im- rinviare la s u a visita a Cuba, mergersi i n uno dei suoi bagni vuole prendere fiato e attenuadi folla, il primo maggio, m i re l'autocritica a l l a quale il c o l p ì il bianco della s u a barba, vento della perestroika lo cola leggera pinguedine camuf- stringe, controvoglia, da u n fata da un'uniforme di taglio paio d'anni. M a i , come i n queperfetto, gli stivaletti di foggia sti mesi, egli aveva a m m e s s o militare, m a fabbricati con cosi apertamente il fallimento pelle morbida di vacchetta. della s u a s o c i e t à rivoluzionaE r a sparito il sigaro, l'insepa- ria. D a v a n t i al T e r z o Congrsso rabile sigaro, sacrificato alla del partito -nell'86 - p a r l ò adcampagna antifumo e ai sug- dirittura di ((anarchia e c a o s » , gerimenti del medico. Altro oltre che dell'assenteismo sitocco al ritratto: Castro aveva stematico, del naufragio della annunciato l a s u a r i n u n c i a al produzione, della corruzione fumo, attraverso la televisione dell'apparato, del disamore brasiliana, alla vigilia di Nata- della popolazione per i princiledell985. pi della rivoluzione. I provveTutto c i ò che Castro fa, pen- dimenti di a u s t e r i t à preansa, manda a dire, ordina e vuole passa per l a televisione: egli rappresenta il primo caso orwelliano di potere esercitato attraverso la Tv. Trent'anni fa, il mezzo televisivo era g i à ben sviluppato a Cuba: Fidel se ne i m p o s s e s s ò e ne fece il suo me-

nunciati nel dicembre di quell'anno si trasformavano i n u n a riduzione del c o n s u m o , p a n al 18%. di prodotti come il riso, il latte, la carne e l a benzina. E . tuttavia, l a crisi della rivoluzione non era, per Castro, di n a t u r a economica, m a sociale, visto c h e «i lavoratori non lavoravano e gli studenti non s t u d i a v a n o » . L e purghe nel partito, nel corso del 1966, non hanno sortito l'effetto sperato. L a c r i s i globale continua e s i manifesta sempre p i ù esplicitamente come frutto del sistema. I n campo economico, Castro aveva promesso fin dall'inizio di combattere l a m o n o c o l t u r a dello zucchero, strumento c h e aveva reso c u b a « c o l o n i a degli U s a » . M a i tentativi di diversificazione produttiva, falliti fin dagli a n n i Sessanta, lo hanno indotto a peggiorare la situazione: oggi, lo zucchero rappresenta u n a percentuale dell'agricoltura p i ù alta c h e ai tempi di Batista, mentre il vol u m e dell'industria è sceso del 12 per cento. D i fatto, C u b a è diventata la colonia produttrice di zucchero del C o m e c o n , al quale vende la quasi t o t a l i t à della s u a produzione a u n prezzo politico quattro volte superiore a quello del mercato internazionale. Oggi, per far fronte a un'esportazione crescente c h e non h a avuto u n corrispettivo nell'auspicato aumento di produzione. C u b a c o m p r a dalla R e p u b b l i c a Dom i n i c a n a lo zucchero c h e deve allTJrss e lo paga i n dollari al prezzo di mercato, cosi com e c o m p r a il tabacco per fabbricare quei celebri sigari ai quali F i d e l h a rinunciato. I l crollo economico h a provocato u n a forte disoccupazione alla quale s i è tentato invano di por rimedio p r i m a c o n la sottoccupazione, poi c o n l'aumento della b u r o c r a z i a e dell'esercito, infine c o n l'esilio degli oppositori e l'esportazione di militari (40 m i l a i n Angola e Mozambico), di laureati (soprattutto medici) e infine di bracciati, mandati a migliaia a disboscare le foreste siberiane. Nonostante i s u c c e s s i ottenuti dal regime nel c a m p o della scuola e della s a n i t à , anche questi servizi sono fortemente difformi, se si paragonano le campagne c o n le città.

il Giornale

Gravemente in crisi sono invece i trasporti pubblici, l'acqua potabile e l'elettricità. Grave è anche il problema delle abitazioni. I n u n reeime di prezzi fissi, non c'è inflazione ufficiale, a Cuba. M a la d i s p o n i b i l i t à di denaro e spesso doppia rispetto ai beni che si possono comprare e questa è la vera c a u s a di disaffezione al lavoro, visto c h e è perfettamente inutile guadagnare di più. Castro h a sempre considerato questi problemi come il frutto di u n a «crisi m o r a l e » . P e r questo si a g g r a p p ò all'ortodossia proprio quando Mos c a c o m i n c i a v a a liberarsene, tanto è vero c h e peri ino il mercante nero de L a H a b a n a , tollerato a lungo, fu soppresso quando l'Urss v a r a v a i primi e s p e n m e n t i di privatizzazione. Oggi. Gorbaciov tira i remi in b a r c a e C a s t r o vede in pericolo i quattro miliardi di dollari che l'Urss gli versava annualmente sotto forma di aiuti. Probabilmente, visitando C u b a , il leader sovietico avrebbe parlato anche di questo e avrebbe dato a F i d e l quei suggerimenti che g i à debbono essere giunti per altre vie, tanto è vero che. in perfetto stile moscovita. Castro c e r c a ora di rimettere i n moto l'economia invocando gli investimenti dei Paesi capitalisti. I l turismo è uno degli obbiettivi principali: le grandi agenzie straniere stanno arrivando a frotte, gli alberghi vengono rimessi a nuovo, le ballerine creole, sempre p i ù nude, fanno da attrattiva e la prostituzione h a ripreso ad. espandersi a ritmi prerivoluzionari. Potrebbe dire tutto questo. Fidel. nella notte del suo trentennale? Lucio L a m i

• SABATO • 31 DICEMBRE 1988

Esteri


Convegno a Roma sulla violazione dei diritti umani

«Cuba e un gulag» parola di ex castrista Le carceri sono piene di vecchi collaboratori del dittatore R o m a - Q u a n t i sono i prigionieri p o l i t i c i d i F i d e l C a stro? S e c o n d o i l governo dell'Avana. quattrocento. M a i combattivi esponenti del C o m i t a t o c u b a n o p e r i diritti u m a n i replicano, indignati, c h e s i t r a t t a d i u n a g r o s s a m e n z o g n a e c h e le galere, l a g g i ù , o s p i t a n o a l m e no diecimila dissidenti «classificati» dalle a u t o r i t à c o m e d e t e n u t i c o m u n i . I l com i t a t o h a f o r n i t o q u e s t a cifra a n c h e a i delegati delle N a z i o n i U n i t e , r e c a t i s i di recente a C u b a per rendersi conto della situazione, aggiungendone u n a a n c o r a p i ù i n d i c a t i v a d e l tipo d i regime instaurato nell'isola caraibica: i cubani morti ammazzati o scomparsi per m o t i v i p o l i t i c i d a l 1959 a d oggi s o n o c i r c a q u a r a n t a m i la. L e quattrocento persone ufficialmente in c a r c e r e rappresentano soltanto la «vecc h i a g u a r d i a » dell'opposizione anticastrista: il ricon o s c i m e n t o d e l loro status

il Giornale»

Ricardo Botili, oppositore del regime castrista di politici dipende, infatti, dai molti a n n i di prigione g i à scontati. U n c u b a n o s u cento, d u n q u e , è i n g a l e r a p e r via delle sue idee n o n coincid e n t i c o n q u e l l e d e l l a nomenklatura. E non c'è da dubitare che la cifra fornita dal C o m i t a t o Pro Derechos Humanos s i a e s a t t a p e r c h é d i e s s o n o n f a n n o p a r t e d e i cosiddetti « c o n t r o r i v o l u z i o n a -

VENERDÌ • 28 OTTOBRE 1988

ri», b e n s i u o m i n i c h e sono s t a t i s t r e t t i c o l l a b o r a t o r i di Fidel - addirittura taluni, s u o i c o m p a g n i di guerriglia s u l l a S i e r r a agli a l b o r i d e l l a l o t t a c o n t r o i l r e g i m e di B a t i s t a - i l c u i attuale d i s s e n s o n o n è c e r t o i m p u t a b i l e a motivi meschini. I dati citati sono emersi d u r a n t e l a p r e s e n t a z i o n e del Convegno s u « l a violazione d e i d i r i t t i u m a n i n e l l ' i s o l a di C a s t r o » c h e s i tiene oggi i n S e n a t o . L o h a n n o organizzato i r a d i c a l i e il C e n t r o R u s sia e c u m e n i c a , u n sodalizio d i r e t t o c o n i n e s a u r i b i l e tenacia da don Sergio Mercanzia P r o t a g o n i s t a del C o n v e gno è il p r o f e s s o r R i c a r d o B o f i l l , d e c e n t e d i s t o r i a della filosofia all'università d e l l ' A v a n a fino a tre settim a n e fa ed o r a esule, p i ù o m e n o volontario, in E u r o p a . S e f o s s e rimasto a C u b a , B o f i l l - nato i n S p a g n a cinq u a n t a n n i fa d a u n a famig l i a di c o m u n i s t i fuggiti in C e n t r o A m e r i c a dopo la g u e r r a c i v i l e - s a r e b b e finito i n c a r c e r e p e r l a q u a r t a volta. L a p r i m a v o l t a a c c a d d e n e l 1968 ( c o n d a n n a a dodici a n n i ) p o c o dopo l a diffusio ne t r a gli s t u d e n t i d i u n s u o d o c u m e n t o c i c l o s t i l a t o sulla degenerazione della rivo l u z i o n e c a s t r i s t a . S c o n t ò solo 5 a n n i - g r a z i e all'interv e n t o s u F i d e l di m o l t e per s o n a l i t à t r a le q u a l i J . P . Sartre - m a n e l 1978 v e n n e nuov a m e n t e c o n d a n n a t o a otto anni per propaganda contro lo S t a t o . T o r n ò i n l i b e r t à nel 1982 p e r p o c h i m e s i i n quanto n e l 1983 gli i n f l i s s e r o sedic i a n n i d i r e c l u s i o n e . Ne h a scontati solo cinque p e r c h é François Mitterrand ha esercitato pressioni in suo favore. I I q u a d r o c h e R i c a r d o Bofill h a fatto del r e g i m e cas t r i s t a - a l t r i n o n m e n o qualificati d i s s i d e n t i p a r l e r a n no oggi - è scolvolgente. A C u b a , a t t u a l m e n t e , gli strum e n t i c o e r c i t i v i n o n s o n o diversi da quelli della R u s s i a s t a l i n i s t a negli a n n i T r e n t a . P e r di p i ù , t e r r o r i s m o intern a z i o n a l e e traffico di droga sono i due principali pilastri d e l l ' e s p o r t a z i o n e nell'Amer i c a C e n t r a l e , e n o n soltanto l à , d e l l a rivoluzione fidelista.

Eugenio Melani


STAMPA SERA"L u n e d ì 2 G e n n a i o 1989

INTERVISTA CON VITTORIO STRADA

I l Dio di Gorbaciov VENEZIA — Professor Strada, che succede in Urss? I l Papa in onda per la prima volta in diretta alla tv di Mosca a Natale, più tolleranza verso i fedeli, il tepore della perestrojka che sembra inaugurare una nuova epoca di disgelo religioso. Gorbaciov «apre» alle preghiere e alle icone? E ' il ritorno della religione nel Paese dell'ateismo di Stato, è la Russia di D o stoevskij che esce dal sottosuolo e riprende il cammino? La notizia è di qualche giorno fa. L a chiesa cattolica di San Luigi dei Francesi a Mosca: la messa di Natale, riverbero di candele su ori e dipinti, gesti di fedeli, mormoni e litanie che si alzano fra le navate. Dopo la comunione un breve avviso del prete: Roma ha mandato duemila Bibbie tradotte in russo, regalo personale del pontefice polacco Karol Wojtyla. Brusio fra i presenti, la voce che si propaga immediatamente anchefuori dalla chiesa. 1 fedeli si mettono in fila, poi la fila si ingrossa e diventa calca, la gente preme, la richiesta si fa pressante, la folla è impaziente, la corsa alla Bibbia rischia di trasformarsi in tumulto. 11 prete non sa che fare e per evitare il peggio sospende la distribuzione. — Che succede in Urss? E ' la rivincita di Dostoevskij su Lenin? «11 popolo russo affronterà e vincerà il miscredente», scrisse ne / fratelli Karamazov. E' così? «E' difficile dire chi, tra Dostoevskij e Lenin, abbia vinto — risponde Vittorio Strada, professore eli lingua e letteratura russa all'Università di Venezia — . E" certo che essi rappresentano due posizioni antitetiche, due diverse visioni del mondo, due opposti sistemi di valori. D a un punto di vista etico-intcllettuale la superiorità di D o stoevskij è chiara: egli non soltanto ha previsto la catastrofe rivoluzionaria, ma ne ha indagato le radici profonde, ne ha analizzato ideologie

e psicologie, ne ha svelato i meccanismi p i ù occulti. M a Lenin ha violentato la Russia e la storia, ha soffocato la voce cristiana del popolo russo, ha trasformato la realta nazionale e internazionale. O g g i , è vero, l'opera grandiosa che Lenin ha iniziato grazie al progetto di Marx e che Stalin ha proseguito con l'appoggio del comunismo mondiale, è entrata in una crisi di portata storica, dalla quale potrà uscire l'Urss come superpotenza imperiale, ma non l'idea marxista-leninista, non la v o l o n t à comunista di una rivoluzionetotale dell'uomo e dell'umanità: quest idea e questa volontà, che Dostoevskij seppe vedere nelle loro premesse e implicazioni distruttive e oppressive, ormai si presentano in tutta la loro grottesca tragicità.

«Si p u ò allora dire che D o stoevskij si prende una rivincita su Lenin? Il marxismo-leninismo non è stato soltanto un sistema di potere del tipo che si è soliti definire totalitario: esso è stato il tentativo di costruire un nuovo umanesimo anticristiano, un "uomo nuovo", come afferma l'ideologia sovietica. In un modo diverso, secondo criteri d'altra origine culturale, ma con indubbie affinità politiche, anche il nazismo ha voluto costruire artificialmente un uomo progettato nel laboratorio dell'ideologia. L'umanesimo cristiano di Dostoevskij, radicato nei valori tradizionali della cultura russa ed europea, non e soltanto un antitesi

rito su una realtà che però ha tutta la tenacia delle cose oggettive». — Allora Dostoevskij p u ò essere una lente utile per indagare l'Urss di oggi... «Che Dostoevskij sia d'aiuto a decifrare la Russia d'oggi, come anche quella di ieri, ormai lo riconoscono anche gli studiosi russi sovietici. N e l l'Urss, infatti, l'interesse per l'opera dostoevskijana è cresciuto enormemente in questi ultimi decenni, come è testimoniato dalla bella edizione critica delle sue opere in 30 volumi e da numerosi lavori critici, i quali, anche se non raggiungono alti livelli intellettuali, manifestano però un'attenzione che non è puramente accademica. I n D o stoevskij i russi d'oggi cercano criteri di comprensione della loro recente esperienza etico-storica e insieme valori di orientamento nel loro sforzo di superare tale esperienza, giunta ormai a una crisi decisiva. Si nota, nell'Urss, anche un uso strumentale di D o stoevskij, quasi la sua analisi del fenomeno rivoluzionario si adatti soltanto allo stalinismo, mentre è vero che i "demoni" del nichilismo s'erano scatenari in Russia molto prima dell'avvento del dittatore georgiano, esplodendo nella rivoluzione bolscevica.

— Quanto è esteso nella patria di Gorbaciov il sentimento religioso, c perché il regime non è riuscito a soffocarlo? «Sull'estensione quantitativa della religione nell'Urss non disponiamo di dati aggiornati e attendibili, m a si tratta certamente di un fenomeno assai ampio. Quanto all'intensità del sentimento religioso non si p u ò dubitare della sua forza. Sulle ragioni di questa vitalità religiosa il discorso è troppo complesso p e r c h é si possa ora andare oltre qualche accenno. Il processo di secolarizzazione che si è svolto nelle società industriali democratiche e che ha generato forme anomale di religiosità accanto a quelle tradizionali indebolite, questo processo in Russia, come in altri Paesi comunisti, è stato sostituito dall'imposizione di quella controreligione atea di partito e di Stato che è l'ideologia marxista-leninista con violente campagne e persecuzioni antireligiose. N o n si dimentichi poi che l'Urss, nei decenni del regime comunista, è stara teatro di tragedie senza pari, di veri e propri genocidi operati dal regime, oltre che di una guerra di tremenda distruttività.

« I n s o m m a la concentrazione di sofferenza lì è srata su« D i r e dunque che Dostoe- periore che nel resto dell'Euvskij è di aiuto nella com- ropa. D'altra parte, il regime prensione della Russia d'oggi comunista, come la sua crisi è vero, come è vero che la sua anche economica conferma, opera getta luce sulla condi- non è stato capace di garantizione dell'uomo moderno in re quel progresso materiale generale. Si tratta p e r ò di non per la popolazione che aveva banalizzare questo grande promesso, mentre il fallimenscrittore, riducendolo a u n l i - to morale di tale regime ha vello pubblicistico e illustrati- provocato guasti ancora p i ù vo, mentre c i ò che conta in lui gravi nella vita etico-civile del è la sua straordinaria analisi Paese. Come stupirsi se oggi problematica incarnata in po- le popolazioni sovietiche protenti figure poctico-simboli- fessanti varie religioni (ortoche. M i permetta, a questo dossa, cattolica, musulmana) proposito, di rimandare a c i ò vedono nella fede c nella che ho scritto in particolare Chiesa una luce di speranza c nel mio libro Le veglie della ra- di salvezza oltre il marasma gione. Miti efiguredella lettera-della loro realtà politica e sotura russa da Dostoevskij a Pa-ciale?».

ai falliti e disastrosi esperimenti di creazione di un homunculus nuovo, m a è soprattutto una diagnosi genialmente spietata dell'umanità del nostro tempo, anchein quelle sue forme che sono sfuggite ai d o m i n ò totalitari e che si sono attuate nelle condizioni delle moderne società industriali democratiche. In questo senso Dostoevskij ha sternak edito da E i n a u d i » . riportato la vittoria dello spi-


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-TRA DA

— Le aperture di G o r b a ciov: una mossa tattica o una scelta obbligata? «Se c i ò che brevemente ho detto rispondendo alle sue prime domande è servito a gettare un po' di luce sulla situazione sovietica, è evidente che le aperture di Gorbaciov (o meglio, dell'attuale gruppo dirigente sovietico) alla Chiesa sono, prima di tutto, il riconoscimento che l'esperimento marxista-leninista è fallito sul piano etico (di altri fallimenti qui non parliamo) e | che la Chiesa p u ò essere, an-

che per il potere, un ausilio nel vuoto ideale che si è creato, oltre a svolgere un'utile funzione anche dal punto di vista della politica estera. N o n credo che si tratti di una mossa tattica, anche se. ovviamente, si tratta di una ben calcolata operazione politica. Si p u ò dire piuttosto che si tratta di una mossa strategica imposta dalla situazione storica. M a per analizzare debitamente questa nuova strategia, credo che una semplice conversazione come questa non sia la sede più adatta». Mauro Anselmo

L'ESULE SOVIETICO E LA «CATASTROFE GORBACIOV»

Zinov'ev svela Katastrojka M I L A N O — -Lo so bene: dico cose che l'opinione pubblica qui in Occidente non vuole ascoltare». L'esule sovietico Aleksandr Zinov'ev, 66 anni, parla dei volumi Gorbaciov. Per o contro, che raccoglie numerosi interventi di oppositori r u s s i e del suo // gorbaciovismo, editi d a Spirali. Zinov'ev è stato cacciato dallTJrss nel '77, dopo la pubblicazione i n Svizzera di Cime abissali, fluviale satira della vita a Ibania, la terra degli Ivan, la stessa Unione Sovietica (uscito in Italia da Adelphi). D a allora vive a Monaco, con la terza moglie, Olga, e u n a figlia, scrivendo libri e articoli e girando per conferenze. A M o s c a insegnava logica matematica all'Università. -So bene che non sono popolare in molti Paesi dell'Occidente, riprende Zinov'ev. In Inghilterra e negli Stati Uniti l'uscita de n gorbaciovismo è stata fatta saltare. In Germania, dopo la visita di Kohl a Mosca, accadde lo stesso. Le case editrici che lo pubblicassero, avrebbero poi difficoltà a essere ammesse in Urss. Qui in Italia e in Francia ho invece la possibilità di parlare». Zinov'ev avverte: -Non sono un politico, ma uno scrittore e uno scienziato». E sintetizza le sue accuse politiche in questo modo: -Gorbaciov si è appropriato delle idee e delle parole dei dissidenti, di tutti i critici interni ed esterni del regime, per inscenare un esteso trasformismo, per pura astuzia propagandistica, per svuotare l'opposizione. L'obiettivo è di far restare intatte le attuali strutture di potere». D i più: -Gorbaciov sta accumulando una tale quantità di potere che giungerà a un neostalinismo». Secondo Zinov'ev oggi S a c h a r o v sembra -un ministro del movimento dei dissidenti presso Gorbaciov». E d è oggi impossibile distinguere -un agente del Kgb da un critico del regime»: sempre per questa operazione di cosmesi formalisti-

ca. L o stesso braccio destro di G o r b a ciov per l'economia, A b e l Aganbegjan, avrebbe detto che -la perestrojka è simile a una tempesta nel bosco: si muovono le cime degli alberi, le radici restano ferme». P e r c h é avverrebbe tutto questo? P e r c h é -l'Urss versa in una crisi gravissima, che tuttavia non è ancora un crack». M a proprio per evitare il crack, l'Urss -ha bisogno dell'Occidente»: di qui l'esigenza di essere appunto a c c e t t a t a dall'Occidente, di convincerlo della b o n t à delle proprie pretese intenzioni di rinnovamento. E d'altra parte l'Occidente -non e cieco, fa i suoi interessi: vuol essere più furbo del furbo Gorbaciov. Spera che il leader sovietico possa indebolire il sistema sovietico». Zinov'ev aggiunge: -Porto due esempi come prove. Il primo: l'Estonia. Breznev avrebbe distrutto con la forza il movimento estone, Gorbaciov lo sfrutta costruendosi un'immagine positiva con l'Occidente. Lo soffoca, si, ma con un vantaggio. In pratica, alla testa del movimento nazionalistico estone, salgono i più alti funzionari della repubblica. Il risultato è che il movimento sarà posto sotto controllo. Secondo esempio: quando in dicembre vedrà Reagan e Bush a New York, se farà concessioni su Cuba e Nicaragua, Gorbaciov otterrà mano libera. Allora la chiusura di imprese non produttive significherà in pratica il trasferimento più o meno coatto di milioni di lavoratori in Siberia e nel Nord del Paese». Fantapolitica? -Ho già dato prova in Cime abissali di saper prevedere il futuro del mio Paese». E quale sarà l'esito di questa situazione intemazionale? •Che l'Urss fingerà il disarmo per buttare via le armi superate, in realtà per riarmarsi: e che, una volta divenuta più forte, farà la voce grossa in primo luogo con l'Europa occidentale».

LA

Allo sfogo politico subentra il racconto dello scrittore. -Ho terminato un nuovo romanzo. Si intitola Katastrojka. La perestrojka come catastrofe. E' naturalmente un libro satirico. I personaggi sono Gorbaciov e tutti i suoi assistenti, la vicenda parla di come viene realizzata la perestrojka in una piccola città russa: in un cimitero, in una prigione, in un manicomio, nei gabinetti pubblici, nella chiesa. Spiego che la perestrojka è un'assurdità. Per esempio si decide che al cimitero i morti vengano posti in verticale per occupare meno spaino, e che le tombe passino sotto una pressa che le riduce a pochi centimetri, alle dimensioni di una cassetta per registratore. Macabro e satirico». C h e c o s a prova Zinov'ev, realmente, per il suo Paese? «7o ero un famoso scienziato, ero il fondatore di una scuola. Hanno distrutto la mia opera, mi hanno tolto la fama, anche la possibilità di diventare noto come scrittore. Nessuno ha alzalo una parola in mio aiuto. Neanche Sacharov, che non mi ha mai voluto bene. E' stato l'Occidente a imporre leader che sono al di sotto di certi livelli. Mi hanno tolto anche le onorificenze militari». E ' m a l stato comunista? -Mai. Ma sono un russo, ho la mia dignità morale. Ho fatto la guerra. Ho combattuto da russo». H a nostalgia della sua terra? -Non per la patria. Si sono comportati cosi male che la mia nostalgia se n'è andata. Tuttavia sono un russo e appartengo al mio popolo. Il mio destino è tipico di un uomo russo. La Russia ha sempre ucciso i suoi figli migliori. Nessun altro Paese al mondo mi avrebbe trattato cosi. Non ho nostalgia, ma mi è rimasta la fedeltà per il mio popolo. Tutto quello che faccio lo faccio per il popolo e la cultura russa».

STAMPA

Claudio A l tarocca

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MEZZETTI SPIEGA GORBACIOV

Il potere deriva da un fallimento

R e c e n s i o n e di Domenico Settembrini

Frutto di una lunga permanenza in Russia, dall'inizio del 1983 alla fine del 1987, quale inviato del Giornale. questo libro di Fernando Mezzetti: Gorbaciov. La trama della svolta Sugar Co

Ed., costituisce un'ottima occasione per fare un primo bilancio del nuovo corso. Per comprendere la politica di Gorbaciov e le ragioni del suo s u c c e s s o — « h a già fatto molto di più di quel che il mondo e la stessa Russia si aspettassero da lui» — occorre, secondo Mezzetti, tener presente che «nel suo disegno riformatore egli ha dalla sua. semplicemente il fallimento del sistema». Di questo fallimento citiamo alcuni dati impressionanti che negli ultimi tempi il cronista ha potuto raccogliere dalla stessa stampa ufficiale dell'Urss. Nel bilancio della famiglia media sovietica il 40% delle entrate serve solo per mangiare. Contro una media europea del 5% la popolazione attiva impiegata nell'agricoltura è in Unione Sovietica del 20% ma un contadino russo nutre col suo lavoro solamente 10 concittadini contro i 70 del contadino americano. Un terzo delle strutture sanitarie funzionano violando le più elementari norme di igiene: «In immobili di fortuna, senza riscaldamento, senza fogne, senza acqua corrente». Non sorprende perciò se l'aspettativa di vita dell'uomo sovietico è di 65 anni, della donna 67, mentre in America si eleva, rispettivamente, ai 73 e ai 77 anni. L'Unione Sovietica é al 50° posto nel mondo per le cure prodigate a salvaguardia dei neonati, ed ha quindi tassi elevatissimi di mortalità infantile. Ha-anche «la più alta popolazione carceraria del mondo», a causa della particolare severità della sua legislazione penale. Inoltre non esistono assorbenti igienici, il dentifricio copre appena il 40% del fabbisogno: la cronica mancanza di pezzi di ricambio può portare, come è accaduto in

una fabbrica di calzature pur di soddisfare il piano a produrre stivali «col tacco davanti». Nelle città medie specie «nei nuovi entri industriali, non si trova niente, letteralmente niente, come ha detto la gente a Gorbaciov e come si é sentito in TV». Alla radice di tutto questo, stanno l'assurdità del sistema, basato sulla negazione radicale dell'individualismo e della concorrenza, ma anche l'apocalittico salasso che alla popolazione é stato imposto per costringere la Russia in questo letto di Procuste: dai 25 ai 29 milioni di vittime, tra fucilati e morti di fame, secondo la stima dello storico Igor Bestuzhlevada, apparso il 15 aprile scorso sul settimanale Nedelya. Di fronte al sistema sovietico sta inoltre la rivoluzione informatica. Un regime che trema davanti alle fotocopiatrici, giungendo a sottoporne l'uso a molteplici controlli, davanti al personal-computer non ha scelta: o lo bandisce dai propri confini, condannandosi cosi al sottosviluppo oppure l'accetta ed allora addio monopolio dell'informazione, addio controllo delle coscienze: è tutto il progetto della società chiusa, pianificata dal centro, che é destinato a saltare. Ecco spiegato il mistero che ha visto all'avanguardia del rinnovamento e dell'ascesa di Gorbaciov proprio gli uomini del Kgb, da Andropov a Chebrikov e Shevardnadze, cui il segretario é ricorso per dare un volto nuovo alla politica estera sovietica e arrivare all'accordo sui missili con l'Occidente. Unica istituzione, accanto alle forze armate, che ancora funzionava nell'epoca di Breznev, il Kgb - scrive Mezzetti - «è stato il centro pensante dei paese», in grado perciò di accorgersi che o si cambiava o ne andava della sopravvivenza stessa del sistema. E ciò spiega anche perchè ci sia voluto a Gorbaciov molto tempo — ancora nel febbraio del 1986

dichiarava che lo stalinismo era un'invenzione denigratoria della borghesia internaz i o n a l e — per rendersi conto che senza «rottura col passato» un reale rinnovamento non era neppure immaginabile. D'altra parte la simpatia e l'ammirazione per Gorbaciov, e per la ventata di verità liberatoria che grazie a lui ha finito per levarsi nel paese della menzogna permanente, non fanno velo a Mezzetti, le cui conclusioni sono molto realistiche: «Il personaggio e le sue azioni sono tutt'altro che liberali». «L'unione delle due cariche al vertice e ai livelli più bassi» — ultima in ordine di tempo delle riforme politiche gorbacioviane — «sembra tutt'altra cosa della autentica separazione di partito e Stato». Da «autentico comunista», Gorbaciov cerca «un socialismo diverso da quello che finora si è storicamente e concretamente conosciuto», perciò, anche se riuscirà, la Russia non diventerà «una democrazia borghese», pur cessando di essere «la vergogna della storia che finora é stata». A tanto ci sembra però che Gorbaciov sia in sostanza già arrivato, senza tuttavia fare neppure un passo avanti — come anche Mezzetti documenta — verso l'obiettivo che più gli premeva: una maggiore efficienza. Un socialismo efficiente, d'altra parte, è una contraddizione in termini: non bastasse la teoria, l'esperienza jugoslava dovrebbe in proposito essere conclusiva. Ma ciò non fa che rendere più problematico, drammatico ed oscuro l'esito ultimo dell'esperimento gorbacioviano

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VITTORIO STRADA

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U A N D O pensiamo a l l a R u s sia sovietica e alle altre n a zioni c h e compongono l'Urss e con mente critica c i interroghiamo sulla loro storia e sulla loro realtà, i campi di riflessione che con p i ù i m mediatezza c i s i presentano sono q u e l l i d e l l a politica, dell'economia, della c u l t u ra. Se nella sfera d'analisi entra anche l a religione, sono soprattutto i suoi aspetti sociali ed ecclesiali ad interessare, come le varie ondate delle persecuzioni e delle repressioni o p p u r e la q u a n t i t à d e i c r e denti e delle sedi d i culto. Raramente i n vece l'attenzione e la riflessione si soffermano su qualcosa d i imponderabile c h e però è essenziale: l a d i m e n s i o n e morale del mondo russo nella sua fase sovietica attuale. Questa disattenzione h a le sue cause: l a difficoltà stessa d i misurare la temperatura morale di u s a s o c i e t à , per d i p i ù c o s ì c o m p l e s s a , sfuggente e l o n t a n a c o m e quella russa d'oggi; e un'altra c a u s a sta nella attenuazione della m e d i a coscienza morale del nostro stesso m o n d o occidentale, i l c u i spazio spirituale è p r e s s o c h é interamente occupato dai problemi politici, economici, c u l t u r a l i , quasi l a morale pubblica e privata fosse u n ' a p p e n d i c e o una sopravvivenza e n o n l'anima d i tutti questi problemi, dai quali, a sua volta, r i ceve concretezza. Eppure, anche u n a mente storica nemica delle speculazioni e fedele a l l a realtà effettuale deve c o n v e n i r e c h e se si p u ò discutere quanto d e l m o n d o economico, politico e culturale russo prerivoluzionario è passato i n e r e d i t à alla nuova formazione sovietica, i n u n a sfera c ' è stata u n a indubbia rottura radicale: quella d e l l a v i ta morale. N e s s u n a intenzione, si intende, di idealizzare l a s o c i e t à r u s s a tradizionale c h e n e i s u o i v e r t i c i c o n o s c e v a corruzione e disgregazione. È la morale collettiva, se è lecita questa espressione, che s u b ì u n a crescente metamorfosi negativa dopo l'ottobre del 1917.

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Aleksandr Solzenicyn compie 70 anni. È lui l'uomo contro cui invano si è abbattuta la repressione sovietica. Su di IL S A B A T O lui punta la propaganda 10 D I C E M B R E 198B di Gorbacev per mostrare che il passato è superato. Ma Solzenicyn, Nobel della letteratura, non ha intenzione di rientrare in patria dall'esilio dove è stato costretto nel Vermont. Si pubblichino prima almeno i suoi volumi dedicati all'"Arcipelago Gulag", dove hanno trovato voce i milioni di assassinati da Lenin e Stalin. Vittorio Strada ne disegna un ritratto che lo colloca non già nel ruolo ambiguo del profeta, ma in quello concretissimo della coscienza, critica di una nazione e dell'umanità intera.

È soprattutto nella letteratura che la crisi dell'esperimento storico d e l c o m u n i smo sovietico h a trovato le sue espressioni p i ù autentiche e p i ù profonde. È vero, anche nella letteratura r u s s a d i questi u l timi decenni n o n mancano i r e s i d u i della vecchia ideologia o le falsità d i u n a critica p a r z i a l e e s u p e r f i c i a l e d e l presente, anzi è questa c o m m i s t i o n e di v e c c h i a

so n e l l ' o r i z z o n t e , p e r quanto vasto, del suo Paese soltanto. I n realtà l a sua visione è russa e insieme universale, e del resto l'esperienza russa d e l nostro secolo è g i à d i natura universale, almeno per gli effetti c h e h a avuto, oltre c h e per i l suo significato intrinseco. S o l z e n i c y n non ha posseduto fin dall'inizio della sua attività spirituale u n a nozione c h i a r a della realtà in c u i è nato e cresciuto, n é l a poteva atm e n t a l i t à burocratica e d i nuovo confortingere da u n passato culturale assimilato m i s m o pseudoriformatore c h e d à i l tono in g i o v e n t ù , come è stato invece i l caso di alla media vita culturale sovietica. M a u n o scrittore come Boris Pasternak, per i l non si deve mai dimenticare i l lavoro l i quale l'ascesa verso l a v e r i t à costituiva bero e coraggioso svolto d a quella parte anche u n ritorno ad u n patrimonio d i vadella i n t e l l e t t u a l i t à russa che è andata ollori a n t i c h i e ora profondamente rinnovatre i l i m i t i d e l "disgelo" krusceviano per ti. S o l z e n i c y n è stato u n "uomo sovietiarrivare alle p o s i z i o n i del "dissenso", s u co" c h e h a c o n d i v i s o certe i l l u s i o n i properando d i gran lunga ogni ingannevole prie della s u a generazione e, grazie ad liriformismo neocomunista. Contro questi n a d u r a e s p e r i e n z a confortata d a u n a liberi spiriti, come noto, si a b b a t t é l'onstraordinaria energia dello spirito, si è l i data repressiva guidata da A n d r o p o v . alla berato della scorza della s o v i e t i c i t à ed è testa del Kgb, c o n u n danno enorme per rinato come uomo, come uomo russo prila rinascita della s o c i e t à russa, tanto c h e ma di tutto, m a a n c h e u n i v e r s a l e . neppure oggi, quando i l potere comunista Partito da quel grande piccolo libro che è ormai c o n l'acqua alla gola s i è impadroUna giornata di Ivan Denisovic, Solzeninito d i a l c u n e r i v e n d i c a z i o n i del "dissenc y n h a iniziato u n arduo e ardito viaggio so" per pervertirle, u n a vera rinascita p u ò di esplorazione di quell'arcipelago della a v v e n i r e e l a c o s i d d e t t a "stagnazione" morte e della menzogna che era diventato brezneviana rischia di trasformarsi i n u n c o l c o m u n i s m o i l suo Paese. Certo, egli pantano, nonostante l'attivismo del nuonon poteva avere i l plauso d i quell'intelvo leader del C r e m l i n o . lighenzia occidentale c h e aveva ignorato

U n a s o c i e t à come quella r u s s a che aveva lottato contro l a pena d i morte, applicata saltuariamente, restò muta quando lo sterminio ed i l genocidio divennero prassi comune. Muta p e r c h é i l nuovo potere rivoluzionario era mille volte p i ù repressivo di quello zarista, è vero, m a anche p e r c h é essa n o n trovava p i ù l a forza di sdegno morale n e i riguardi d i atrocità s i stematiche commesse i n nome degli ideali d i giustizia sociale. E se oggi consideriamo la s o c i e t à russa sovietica tra le macerie di quegli ideali degenerati i n ideologia, lo spettacolo p i ù triste n o n è dato dalla arretratezza economico-produttiva, b e n s ì dallo sfacelo morale che trova conforto in u n a r e l i g i o s i t à non sempre limpida, essendo la C h i e s a s ì oggi sottratta alle È i n questo contesto storico che dobbiap e r s e c u z i o n i e persino "riabilitata", ma mo valutare l'opera e l a figura d i A l e sottomessa anche alla politica responsa- k s a n d r S o l z e n i c y n . N o n c h e l ' a u t o r e bile d i tanto disastro. às\Y Arcipelago Gulag possa essere c h i u -


o giustificato o esaltato quell'orrore, n é egli poteva avere per essa altro c h e d i sprezzo. M a per tutta u n a nuova u m a n i t à che dai disastri della storia non è scoraggiata a d operare i n nome d i valori cristiani e laici di democrazia e d i socialismo, per costoro l'opera d i S o l z e n i c y n diventava u n apporto p i ù forte e fecondo d i tante sofisticate filosofie " c r i t i c h e " d i corto raggio d'analisi. Dal presente sovietico S o l z e n i c y n pass ò al passato russo c o n u n lavoro letterario e storico d i enorme impegno che a n cora oggi assorbe tutto i l suo tempo: i l c i clo La ruota rossa , che si immerge n e l l a vita russa alla v i g i l i a d e l l a r i v o l u z i o n e . Beneficamente spietato verso i l suo Paese. S o l z e n i c y n n o n poteva essere i n d u l gente neppure verso l'Occidente che gli a v e v a dato rifugio. V a detto p e r ò c h e neppure l'Occidente democratico è i n dulgente verso se stesso e, quando è libero d a i pregiudizi d i u n sinistro s i n i s t r i smo, p u ò accogliere le critiche di u n S o l z e n i c y n o discutere pacatamente c o n esse, per s u p e r a r n e certe troppo p a r z i a l i prospettive. A S o l z e n i c y n si è cercato d i attaccare l'etichetta di "profeta" pensando c o s ì di renderlo inviso a c h i , vittima e succube d i profetini. pensa d i dover salvaguardare la propria falsa libertà d i fronte a c i ò c h e è grande e c o m p l e s s o . M a S o l z e n i c y n n o n è u n profeta, n é tale lo reputa c h i lo rispetta. R i c o n o s c e n d o a questo scrittore i l suo grande merito letterario e storico, c o n la s u a opera e c o n le sue tesi si deve fare i conti criticamente. Ma capire S o l z e n i c y n è p i ù d i f f ì c i l e che ripetere la v e c c h i a abietta operazione di screditarlo. Oggi S o l z e n i c y n torna a d avere risonanza pubblica nella s u a patria, l i na c u i parte riconosce quanto reazionario e vergognoso sia stato l'atto di espulsione di questo uomo che è s ì u n grande scrittore, m a p r i m a ancora è u n a grande coscienza morale. C h e i libri d i S o l z e n i c y n non siano ancora stati pubblicati i n u n a Russia c h e ostenta ufficialmente le d u e nuove parole d'ordine della perestroika e della glasnost, è qualcosa di n o n meno vergognoso e reazionario della sua espulsione. In questo settantesimo c o m p l e a n no dell'autore dell'Arcipelago Gulag, a u guriamo a Solzenicyn che i suoi compatrioti possano presto liberamente leggerlo e discuterlo. Ne trarranno giovamento per una ricostruzione e per u n a trasparenza che devono superare la torbida conservazione di u n regime politico e ideologico condannato a investire prima di tutto la vita dello spirito e dell'intelligenza.

QUALE VITA Belli gli anni di chi lotta per la verità A T O n e l 1918, q u a s i i n s i e m e alla rivoluzione, S o l z e n i c y n sembra essere fatalmente legato a quell'evento storico; dopo studi d i fisica, m a t e m a t i c a e letteratura, e l'incontro e l ' a desione alle teorie marxiste, è la guerra mondiale, c u i partecipa arruolandosi come volontario, l a p r i m a tappa d e l l a s u a tormentata e s p e r i e n z a d i u o mo e d i scrittore. Infatti, a causa d i a l a r n e critiche a S t a l i n espresse i n lettere p r i v a t e , n e l 1 9 4 5 viene arrestato e c o n dannato a 8 a n n i d i l a vori forzati. Riabilitato nel 1957, nel 1962 in c l i m a d i «disgelo» chrusceviano riesce a pubblicare Una giornata di Ivan Denisovic s u Novyij Mir. è l a c e l e b r i t à internazionale, c u i s i accompagnano p e r ò i m mediati sospetti i n Patria. L e opere successive infatti (Divisione cancro d e l 1967, Il primo cerchio d e l 1968, Agosto 1914, eccetera) s i diffondono

in U r s s e all'estero esclusivamente attraverso i c a n a l i d e l samizdat, ormai consolidatisi. Il primo intervento pubblico di u n certo rilievo d i Solzenic y n è la lettera del 16 maggio 1 9 6 7 a l I V C o n g r e s s o degli scrittori sovietici, in c u i attacca l a censura politica. I l dossier d e i suoi interventi s i i n grossa f i n c h é , n e l novembre 1969, S o l z e n i c y n viene espulso d a l l ' U n i o n e degli scrittori; quasi contemporaneamente, nel '70, g l i viene conferito i l Nobel. I l cerchio si stringe: l a stretta finale è l'autorizzazione d i S o l z e n i c y n a pubblicare all'estero Arcipelago Gulag, i l gigantesco affresco dei crimini di Stato tra i l 1918 e i l 1956. L a furibonda campagna denigratoria d e l regime n e i confronti dello scrittore si conclude c o n l a s u a espulsione dal Paese, i l 13 febbraio 1974. L a battaglia d i S o l z e n i c y n contin u a a l l ' e s t e r o , d a l momento che l a s u a n o n si limita ad essere un'opposizione alla dittatura e a l totalitarismo, m a alla menzogna insita n e l materialis m o , v i o l e n t o a l l ' E s t o strisciante all'Ovest. I b r u c i a n t i discorsi d i Harw a r d e d i L o n d r a , per i l conferimento del Premio Templeton. n o n fanno che accentuare la distanza fra la posizione di Solzenicyn, la sua coscienza dell'apocalisse imminente, e la cultura dominante i n O c c i dente. O r a lo scrittore vive i solato n e l Vermont e sta conc l u d e n d o l a ricostruzione della rivoluzione. ANNA VICINI

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ALEKSANDR SOLZENKYN

ARCIPELAGO GULAG

IL SABATO :0 D I C E M B R E 1988


C O N IRINA A L B E R T I

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L settantesimo anniversario di A l e k s a n d r S o l z e n i c y n . l ' I 1 dicembre 1988, non sarà u n avvenimento per le p u b b l i c a z i o n i ufficiali sovietiche.

A s e g u i t o d e l v e t o posto dall'alto dell'ideologia di Stato, p r i m a ufficiosamente p o i pochi giorni fa esplicitamente ed a p e r t a m e n t e , i d i r e t t o r i delle riviste di ogni tendenza e di ogni genere c h e si apprestavano, c i a s c u n a a modo suo, a rendere onore allo scrittore esiliato h a n n o dato l ' o r d i n e del silenzio. In compenso parlano molto le pubblicazioni indipendenti, quelle dalla precaria esistenza nel limbo, fra l'autorizzato e i l vietato. S u c c e d e n d o a l samizdat c l a s s i c o , sono, anche i n questo caso particolare, l a voce a u t e n t i c a d e l l e persone nell'Una. N e l l e i n n u m e r e v o l i lettere giunte alle redazioni d e i giornali e delle riviste sovietiche ufficiali e pubblicate solo i n parte (per m a n c a n z a d i s p a zio) p r i m a del veto, come a n che nelle lettere alle pubblicaz i o n i indipendenti torna i n v a r i a b i l m e n t e u n motivo: l ' i m portanza fondamentale e rivoluzionaria dell'apparizione d i Solzenicyn per la vita d i c i a scuno d i coloro c h e scrivono. Ognuno d i loro dice: per me è stata u n a svolta decisiva. Poi c o n t i n u a interrogandosi: m a perché? Ripenso alla m i a e s p e r i e n za. Sono nata e cresciuta i n u n ambiente per i l quale i l m i c i diale e stolto errore del regime totalitario comunista non ave-

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aspetti sapientemente nascosti del c o m u n i s m o e della storia sovietica che d i entrambi cos t i t u i s c o n o l a costante e l a legge.

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0 Aleksandr Solrenicyn

v a segreti; infatti io e q u e l l i della m i a generazione siamo nati, per cosi dire, c o n l a cons a p e v o l e z z a d r a m m a t i c a dell'esistenza dell'universo dei campi di concentramento e della loro genesi. C'era i n noi lo sgomento costante d i fronte all'impossibilità d i comunicare quanto noi sapevamo a l mondo circostante c h e n o n ne voleva sentir parlare. (In questo senso S o l z e n i c y n è stato i l giustiziere: almeno inizialmente lo hanno ascoltato). P i ù tardi sopraggiunse i n noi l a desolazione per l'apparente adesione d e l popolo orm a i definito sovietico alla sopraffazione poliziesca e ideologica, alla barbarie. Allora come oggi l a propaganda d e l regime si dava molto d a fare per convincere tutto i l mondo di quest'adesione. D i conseguenza, per m e come, penso, per l a stragrande maggioranza d e i m i e i c o n n a z i o n a l i , a l l ' i n t e r n o d e l Paese d'origine e fuori dalle sue

frontiere, l a voce d i S o l z e n i c y n r i s u o n ò come i l tuono della giustizia divina. Scoppiava la verità. D i fronte allo strapotere comunista una mano invisibile aveva tracciato s u l m u r o le parole che ne presagivano l a fragilità e l a fine. Erano contenute entrambe nell'esistenza stessa d i Solzen i c y n e d i altri come l u i , ecco che ci s i rivelava quest'esistenza, c h e fino a d a l l o r a temevamo d i sperare. D u n q u e l a connivenza con i carnefici non era assoluta e generale come avevano cercato d i farci credere. Dunque lo spirito era v i v o s u quelle terre c h e dovevano diventare terra d e i morti, secondo la tentazione sempre presente nella storia dell'umanità. Forse proprio nella «libertàfrutto della v e r i t à » sta, p r i m a di tutto, l a grandezza eccezionale di S o l z e n i c y n , i n c o m mensurabile comunque con quella d i altri c h e p r i m a e dopo d i l u i hanno rivelato quegli

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IL S A B A T O DICEMBRE 1988

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Fra questi c i sono stati e c i sono u o m i n i d'ingegno e di grande e l u c i d o talento. M a quelli fra noi. connazionali di S o l z e n i c y n , che oggi s'interrogano s u l vero significato della rivoluzione da lui operata, arr i v a n o a l l a c o n c l u s i o n e (sia pure spesso a livello i n c o n scio), che rivoluzionaria era e r i m a n e l a globalità del suo messaggio. E d è l a caratteristica d i c h i guarda il mondo partendo dall'accettazione del progetto d i v i n o e n e l l a luce dell'incontro, reale e personale, con Cristo. U n cammino simile era stato g i à percorso, generosamente e talvolta eroicamente, da numerosi russi, p i ù o meno noti; ed è la prova, penso, della permanenza fra la gente d i q u e l l e terre d e l l a grazia d e l battesimo d i V l a d i m i r o di c u i quest'anno abbiamo ricordato i l M i l l e n n i o . Aleksandr Solzen i c y n è stato quello che ha saputo incarnare questo cammino n e l l a p a r o l a i s p i r a t a d a l suo genio letterario e spirituale. I l tempo c h e i l Signore gli ha donato, dopo che, trent'anni or sono, al reduce dei lager, ammalato di cancro, i medici annunciavano l a morte i m m i nente («tre settimane al massim o » ) , è stato accolto da Solzen i c y n come i talenti dall'amministratore fedele della parabola evangelica. L i h a messi a buon frutto.


Legge per la provincia del Kansu, una delle più povere del Paese

L a Cina sterilizza i minorati L e autorità della provincia del K a n s u , tradizionalmente u n a delle p i ù povere della C i na, hanno stabilito ieri la sterilizzazione obbligatoria per tutti i minorati mentali e l'aborto coatto per le donne attualmente gravide il cui quoziente mentale sia inferiore alla norma. Nel K a n s u i minorati mentali sarebbero circa 270 m i l a — s u di u n a popolazione che stando all'ultimo censimento è di u n a ventina di milioni — e ogni anno s i conterebbero circa duemila nascite di bambini gravemente menomati, si presume mentalmente anche se il governo provinciale che h a reso noti questi dati sommari non lo specifica, lasciando adito al dubbio che non si facciano distinzioni t r a handicap fisico e mentale. E ' molto grave che le dichiarazioni rilasciate poche settimane fa dal ministro per la Pianificazione familiare P e n g Peiyun, il quale h a reso noto che l'obiettivo di limita-

re l a popolazione entro il 2000 a u n miliardo e duecentomila milioni è già i n pratica fallito, abbiano provocato u n a risposta del genere. Primo: p e r c h é il ministro h a detto che s i c o n t i n u e r à a fere ogni sforzo per tentare di non oltrepassare di molto quella cifra m a che il governo non intende assolutamente ricorrere a misure coercitive. E queste lo sono, anche se s i mascherano dietro principi di eugenetica. Secondo: perc h é il K a n s u , che si estende per ben 456 mila chilometri quadrati, è scarsamente popolato. E qui conviene ricordare che i n C i n a la tendenza nell'applicare misure per il controllo della popolazione è sempre stata, almeno a parole, quella di calcare la mano nelle province a p i ù intensa d e n s i t à per non creare squilibri. Terzo: p e r c h é l a regione è abitata per circa il 30 per cento d a musulmani cinesi e d a gruppi etnici diversi come

mongoli, tibetani e k a z a k i Quindi si presume che questa coercizione venga accett a t a p i ù facilmente dalla maggioranza cinese che non l a intende come direttamente rivolta al proprio inalienabile diritto di proseguire la stirpe. Quarto: p e r c h é queste misure coercitive sono state imposte unicamente a u n segmento della popolazione — che s i a o no di razza p u r a cinese, c i o è han, poco importa — difficilmente definibile. E ' ovvio infetti che i n quella remota e arretrata provincia settentrionale non c'è modo di sottoporre la gente u n po' «strana» a test per stabilirne l'esatto quoziente intellettuale. Q u a n t i pastori nomadi mongoli sono classificabili come deficienti, c i o è sprovvisti di quelle conoscenze o abilità che h a acquisito invece u n contadino sedentario cinese o u n commerciante di c i t t à che semb r a siano state prese come

norma? S ì cade quindi nell'arbitrio p i ù assoluto, m a legalmente giustificato semplicemente distribuendo l'etichetta di minorati a gente che magari non lo è. E se anche lo fosse? D a noi c'è chi sostiene che tutti hanno il diritto di procreare. Non dimentichiamo p e r ò che l'incontrollabile e abnorme crescita della popolazione è un d r a m m a per la Cina che teme di vedere vanificati tutti i propri sforzi per la modemizzzazione e, di conseguenza, anche per noi. Cori è inutile continuare a condannare stando dall'altra parte della barricata la decisione del governo del K a n s u , nome che significa dolce-severo. Severo sì, dolce per niente. Sappiamo che misure dolci non servono a evitare il dramma, p e r ò potremmo almeno sperare in misure meno discriminatorie e meno arbitrarie. Noi come i cinesi, i mongoli, i kazaki e tutti i deficienti Renata Pìsu


Il peso delle tasse non si ferma al salario

L'imposta invisibile Siamo portati a sottovalutare il costo del settore pubblico, concentrando la nostra attenzione sulle entrate tributane e dimenticando altre partite importanti. Anzitutto, come abbiamo più volte ricordato da queste colonne, alle imposte visibili e a quelle invisibili va aggiunta quella forma di "fiscalità implicita" che è costituita dal disavanzo. Se il settore pubblico incassa, diciamo, 410 mila miliardi e ne spende 530 mila, i restanti 120 mila non sono certo un regalo della sorte: vengono, e non potrebbero non venire, dalle tasche dei contribuenti italiani attuali o futuri. In secondo luogo, l'inefficienza nella fornitura dei servizi «pubblici» ci costringe a rivolgerci a fornitori privati. Finiamo c o s ì per pagare due volte lo stesso servizio, con un aggravio di costo che non sempre possiamo quantificare correttamente, ma che dovrebbe essere preso in considerazione nella valutazione del costo complessivo dell'attività pubblica. C'è poi una terza, ampia categoria di costi pubblici, che chiamerei "oneri non contabilizzati", di cui non si paria mai. Si tratta di tutti quei costi dell'attività di governo in senso lato che non danno luogo a trasferimenti pecuniari, ma che non per questo sono irrilevanti.

che la minore produzione nel settore civile. C i sono poi costi gravanti sulla collettività che non rendono a l c u n c h é all'erario: basti pensare al tempo che dobbiamo dedicare per far fronte agii obblighi fiscali. Si tratta di un costo reso enormemente maggiore dalla c o m p l e s s i t à della legislazione e che non ha alcuna contropartita positiva per il fisco. A d occhio e croce direi che dedichiamo fra 5 e 10 milioni di giornate lavorative ogni anno a compilare moduli, studiare disposizioni, fare la fila alle banche e agli uffici postali, andare a consultare avvocati, commercialisti ed esperti tributari assortiti, raccogliere ricevute e attcstati, ecc. Si tratta di un costo sociale annuo di molte centinaia (se non migliaia) di miliardi che grava sui contribuenti ma non rende nulla al fisco. E sorvolo su quanto spendiamo per consulenti c avvocati, che potrebbero dedicare le loro energie a scopi socialmente p i ù utili se la legislazione tributaria fosse meno bizantina. L'elenco dei costi di questo genere potrebbe riempire diversi volumi: qualsiasi attività, specie se produttiva, deve soggiacere ad una

In alcuni casi, tali oneri imposti alia collettività comportano un vantaggio per il settore pubblico, in altri sono soltanto una perdita sociale netta. Rientra nella prima categoria, per esempio, il « c o s t o opportunità» del servizio militare obbligatorio: il costo sociale della leva, infatti, non si limita a quanto il ministero della Difesa eroga per il soldo e le altre spese, ma include anche quanto le reclute potrebbero produrre in impieghi civili se non fossero costrette a «servire la Patria». Il settore pubblico ricava un beneficio costituito da quanto i ragazzi « p r o d u c o no» nell'impiego militare (che in molti casi è di dimensioni trascurabili), ma la società sopporta sia le spese vive connesse alla leva

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serie di adempimenti burocratici, che si sostanziano in una perdita sociale netta. D u e anni fa ero in ansiosa attesa di un rimborso di imposte, quando ricevetti un avviso di assicurata in giacenza. Convinto che (dopo quattro anni) il fisco si fosse ricordato del suo debito nei miei confronti, mi recai pieno di speranza all'ufficio postale. Pagate 3050 lire di tassa a carico del destinatario, aprii la busta che conteneva non il mio rimborso ma un mandato con relativo vaglia cambiario non trasferibile per un importo di... 2190 lire! Pensate a quanto questo scherzo di Carnevale fuori stagione è costato alla collettività: il lavoro di chi ha fatto i calcoli ed emesso il mandato, quello di chi ha spiccato il vaglia, quello di chi ha steso e recapitato l'avviso, ecc., per non parlare del mio tempo trascorso all'ufficio postale. Oppure si pensi al caso delle imprese pubbliche passive: il loro costo sociale non si limita affatto alle perdite di bilancio, ma comprende anche quanto le risorse sciupate in quell'utili zzo potrebbero produrre se impiegate altrove. E ancora: le restrizioni agli scambi internazionali impongono costi ai consumatori, che pagano prezzi più alti, e alla s o c i e t à nel suo insieme per via delle distorsioni nell'impiego delle risorse; i programmi di credito agevolato sottraggono mezzi agli investimenti produttivi per destinarli ad impieghi a minore produttività, riducendo l'efficienza complessiva dell'economia, e c o s ì via. Si tratta di cifre colossali di cui non ci si rende conto p e r c h é , dal momento che non d à n n o vita a trasferimenti pecuniari, non vengono contabilizzate. Finanziamo studi e ricerche sui temi più disparati; non sarebbe male che qualcuno (a spese sue, per piacere) finanziasse finalmente uno studio accurato sull'effettivo costo totale del settore pubblico: i risultati sarebbero, credo, di utilità generale e non mancherebbero di stupire. Antonio Martino


A proposito di un'iniziativa dei Vescovi italiani SECOLO d'«4M

iMartedì

10 g e n n a i o

DOTTRINA SOCIALE,

1989

RINASCE L'INTERESSE di R I C C A R D O D E G L I A L F I E R I

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N Q U E S T O mese di gennaio il C o n s i g l i o Permanente della C o n ferenza Episcopale italiana dovrà nominare il Comitato scientifico ed organizzatore, che avrà il compito di varare le nuove « S e t t i m a n e sociali dei cattolici italiani», c o s ì come avevano stabilito i vescovi riunitisi in assemblea a Collevalenza dal 24 al 27 ottobre del 1988. 11 6 dicembre scorso M o n signor Fernando Charrier, presidente della C o m m i s s i o ne per i problemi sociali della Cei, aveva presentato la « N o t a P a s t o r a l e » approvata nella C a s a del Pellegrino, appunto, dalla X X X A s s e m blea generale dell'Episcopato italiano che «di fronte alla confusione dei messaggi ed al prevalere delle impostazioni che sembrano privilegiare solo l'utile soggettivo ed i processi ed i meccanismi economici v i n c e n t i » avevano sentito l'urgenza di un « i m p e g n o per una efficace e compieta informazione religiosa, che presenti il quotidiano insegnamento della C h i e s a a tutta l'opinione p u b b l i c a » , per cui «i laici cristiani sono chiamati in questo campo a particolari r e s p o n s a b i l i t à e ad un'azione coerente e il p i ù possibile c o n c o r d e » . L a Chiesa, dunque, scende nuovamente ed in p r i m a persona in campo in questo particolare, delicato settore della vita del nostro popolo, nell'ambito del quale era veramente assurdo, e per di p i ù pericoloso, che continuasse a restare assente. Le settimane sociali, infatti, dopo che sotto l'egida della Santa Sede si erano tenute, fin dal 1907 (il tema fu: M o vimento cattolico e azione sociale. Contratti di lavoro, cooperazioni, organizzazioni sindacali, scuole), per ben quaranta edizioni, si erano interrotte nel 1970 (l'ultimo argomento trattato a Brescia fu: Società industrializzata e condizioni umane), senza che

ancora oggi si conoscano ì responsabili di quella decisione e tantomeno le motivazioni contingenti che portarono a l la chiusura di un ciclo fecondo di attività. Anche se è intuibile che la causa principale della soppressione va ricercata in « q u e l l a malattia — come la definisce il filosofo Del Noce — che affligge i cattolici e che p u ò anche essere mortale: il senso di subalternità nei confronti di altri progetti c u l t u r a l i » , che negli anni del postconcilio si fece p i ù acuto che m a i , mettendo in crisi tutto l'associazionismo cattolico e l'idea stessa di una dottrina sociale cristiana.

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T A di fatto che a partire dalla Rerum novarum si assistette ad u n o sviluppo, un approfondimento ed un rifiorire del pensiero sociale della Chiesa « c h e impose a noi, come a tutti i cattolici italiani — affermava il conte Medolago A l b a n i al I X Congresso dei cattolici italiani tenutosi a Vicenza nel settembre del 1891 — il dovere di procedere nell'azione economica sociale in modo p i ù energico, più ampio e s i s t e m a t i c o » e che contribuì in tutti i Paesi alla nascita di s o c i e t à operaie, di sindacati, di corporazioni, di cooperative, di casse rurali ed artigiane, di assicurazioni, di opere di assistenz a , di legislazioni del lavoro, tentando in ogni modo di portare le classi sociali p i ù deboli ed indifese al loro rango di d i g n i t à e fraternità, in collaborazione con tutti gli altri ceti sociali. Tutto c i ò accadeva fino agli anni Sessanta, ricevendo, peraltro — come bene scrive Vittorio Possenti su « I l T e m p o » — « u n ' a t t e n z i o n e su scala planetaria che contrasta con un ingiustificato calo di fiducia da parte di persone, movimenti, associazioni cattoliche, che avrebbero dovuto farsene carico elaborando idee e preparando quadri.

Invece « n e l cattolicesimo progressista si diffonde negli anni '60 e '70 la convinzione che la dottrina sociale della Chiesa sia un'ideologia cattolico-conservatrice, borghese, un supporto i n p i ù del capitalismo». E negli ultimi due decenni anche tra i cattolici ci fu chi ritenne questa dottrina superata, tanto che la stessa Chiesa mise in sordina questo fondamentale insegnamento che nasce — come è scritto nella Istruzione della Sacra Congregazione per la dottrina della fede, « L i b e r t à cristiana e L i b e r a z i o n e » — « d a l l ' i n c o n t r o del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento supremo dell'amore di D i o e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della s o c i e t à » . C o s ì vi furono da parte di questi cattolici dei veri e propri rigetti, p o i c h é — come scrive A d r i a n o Bausola, rettore d e l l ' U n i v e r s i t à del S a c r o Cuore — ravvisavanfM«4»rischia «della s t a t i c i t à - p r o p r i a , di un sistema chiuso e definito u n a volta per tutte. Si mise da parte la Dottrina sociale considerandola come un po' generica ed un po' astratta. Occorrevano rimedi nuovi, si diceva. S i d i m e n t i c ò che la D o t t r i n a sociale cristiana non si bloccava nella enunciazione di concetti basilari teologici-filosofici da ripetere. A n z i era la stessa Dottrina sociale a chiedere ai cristiani di stabilire un nesso tra le affermazioni di principio e i concreti r i m e d i » . Oggi per fortuna la situazione è cambiata. A seguito di encicliche come la « L a b o r e m e x e r c e n s » e la « S o l l e c i t u d o rei s o c i a l i s » , che sono destinate a diventare pietre miliari dell'insegnamento sociale della C h i e s a , e del discorso tenuto da G i o vanni Paolo a Loreto nel 198S, nel corso del quale tutti i credenti furono fermamente

invitati a «superare quella frattura tra Vangelo e cultura che è, anche per l'Italia, il d r a m m a della nostra e p o c a » , le resistenze ed il dissenso nei confronti di questa linea pastorale trovano sempre meno spazio e le iniziative per la creazione di scuole per la diffusione della dottrina sociale si vanno sempre p i ù moltiplicando: Mons. Charrier inf o r m ò l'assemblea dei vescovi che uno studio effettuato dal competente Ufficio della Cei sulle scuole di formazione sociale e politica aveva rilevato che, al 30 aprile dello scorso anno, queste, in tutta la penisola, con prevalenza del N o r d Italia, avevano raggiunto la cifra di 91 in altrettanti diocesi. D i questo fervore d'iniziative h a dovuto prendere atto la Conferenza Episcopale Italiana, che, da un canto, ha visto consolidarsi ed affermarsi le scuole come quelle nate per iniziativa di « C o m u nione e L i b e r a z i o n e » , che assommano oggi a diverse decine e che, muovendosi in rigorosa fedeltà al magistero, possono contare centinaia di alunni e, tra i docenti, personaggi di spicco del mondo cattolico (Bausola, Morra, Del Noce, Garancini, Buttigliene, Biffi, Maggiolini, ecc. ecc.), dall'altro, ha dovuto assistere al proliferare, alle volte in maniera anche incontrollata da parte dei vescovi, di corsi di formazione che si cimentano nelle più strane sperimentazioni. Per questo « l a sollecitudine per il sociale, in consonanza con l'insegnamento del Santo Padre, impegna i vescovi e tutti i cattolici italiani sulle questioni che caratterizzano la convivenza sociale del nostro Paese. È grandemente aumentata la complessità dei problemi e la ripresa dell'esperienza prestigiosa delle Settimane Sociali, che


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aveva notevolmente contribuito al formarsi di una moderna coscienza civile dei catt oli cintali ani, deve concretarsi in un'iniziativa nuova, in sintonia con il quadro ecclesiale • maturato a seguito del Concilio». Per la verità qualcuno ha voluto intravedere in questa rinnovata sensibilità per la dottrina sociale da pane dei vescovi italiani la celata esigenza di non vedersi sottratta dai laici o da forze ecclesiali « c e n t r i f u g h e » un settore c o s ì essenziale del proprio magistero ed un'attività così importante della propria missione evangelizzatrice. Qualche altro, invece, ha attribuito questo intervento ufficiale della C e i alla preoccupazione di poter o dover assistere impotente alla nascita, attraverso queste scuole di formazione, di una nuova coscienza sociale cattolica che, prima, potrebbe prescindere dalle attuali forme di presenza politica e, successivamente, a dar vita ad organismi, associazioni o movimenti che potrebbero porsi in concorrenza o in alternativa alle forze politiche tradizionali..

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L di là, comunque, di queste interpretazioni dietrologiche, resta il fatto che, secondo la Conferenza Episcopale, « l e Settimane Sociali intendono essere una iniziativa culturale ed ecclesiale di alto livello, capace di affrontare, e se

possibile, di anticipare gli interrogativi e le sfide, talvolta radicali, posti dall'attuale evoluzione della s o c i e t à . Esse potranno rappresentare c o s ì un'espressione qualificata ed unitaria della rinnovata attenzione alla dottrina sociale della C h i e s a , ed insieme un ambito di dialogo e di confronto con quanto di nuovo m a t u r a nel c o r p o della società». In questo scenario è estremamente importante che il nostro mondo sia presente e sappia muoversi con intelligenza e cautela in modo da poter essere in grado di apporre a questo movimento di rinascita della dottrina sociale cattolica il proprio contributo originale di idee, di programmi e di sentimenti, espressione di un cattolicesimo attivo e non inquinato da suggestioni protestantiche. Anche perché nessuno come noi, che non siamo mai stati affetti da complessi di inferiorità nei confronti di nessuna cultura anticristiana, p u ò affermare che il nostro programma politico, sociale ed economico « d i v e r g e radicalmente dal programma del collettivismo, proclamato dal marxismo e realizzato in vari Paesi del m o n d o » . . . ed . . . « a l tempo stesso differisce dal programma del capitalismo praticato dal liberalismo e dai sistemi politici, che ad esso si r i c h i a m a n o » , c o s ì come testualmente recita la « L a b o rem e x e r c e n s » di Giovanni Paolo I I .


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