Rassegna N. 10/1987

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rassegna A c u r a del C E N T R O C A T T O L I C O DI Marina di P i s a .

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DOCUMENTAZIONE C a s e l l a Postale 61

OTTOBRE

I n q u e s t o numero:

- V.Messori:

1QP7

inquinamento e q u i n t e colonne n e l c a t t o licesimo

- Documentazione s u l l e p e r s e c u z i o n i

comuniste n e l

mondo: Romania, J u g o s l a v i a , - Hill

Cuba

& K n o w l t o n : o v v e r o come C h e r n o b y l è d i v e n t a t o un a f f a r e p e r G o r b a c e v

- La m o r t e d i R u d o l f Hess - Panorama i n t e r n a z i o n a l e : Perù, A r g e n t i n a ,

Filippine,

Etiopia - Eutanasia:

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UN SOS DA MESSORI

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ì, Ratzinger ha ragione quando denuncia u n inquinamento laicistico, massonico, protestantico nel cattolicesimo». I l giudizio allarmante è stato stilato da V i t t o rio Messori i n una intervista rilasciata la settimana scorsa, ad u n settimanale della diocesi d i B i e l l a // Biellese. D i Messori si conosce la riservatezza e la prudente attenzione i n ogni giudizio. Così questa uscita, n o n poteva restare senza echi, per quanto affidata ad u n giornale d i diffusione locale. Ecco per i l e t t o r i del Sabato alcune delle sue dichiarazioni. L a fede. « A m i o avviso i l problema non sta affatto nella ricerca affannosa e moralistica d i u n impossibile perfetta coerenza con i l Vangelo che faccia gridare allo scandalo quando n o n c'è. Cioè sempre, visto che siamo peccator i . I l p r o b l e m a è u n a l t r o ed ha ragione Ratzinger q u a n d o denuncia u n i n q u i n a m e n t o laicistico, massonico e protestantico nel cattolicesimo. Oggi t r o v i a m o t r o p p i c a t t o l i c i che ragionano come f u n z i o n a r i della Croce Rossa con tutto i l rispetto per questa nobile istituzione». L a M a s s o n e r i a . «Il cristianesimo è

assassinato quando lo si vorrebbe rid u r r e a unanesimo filantropico. N o n a caso la Chiesa ha sempre visto nella massoneria u n nemico m o r t a l e , m o l t o più m o r t a l e dello stesso m a r x i s m o ateo. L o s p i r i t o massonico non è d i chiaratamente ateo come i l m a r x i s m o che, q u i n d i , è u n nemico ben identificabile e identificato... Oggi d i m e n t i chiamo u n p o ' t r o p p o facilmente che la Chiesa ha p r o d o t t o duecentocinquanta d o c u m e n t i d i condanna della massoneria. P r o p r i o perché v i vede u n nemico m o r t a l e , che svuota dall ' i n t e r n o l'essenza d e l cattolicesimo». Q u i n t e c o l o n n e . «La Chiesa ha sempre dovuto difendersi da attacchi che venivano dall'esterno. T u t t ' a l più se al suo interno qualcuno a u n certo p u n t o n o n si riconosceva nella fede della Chiesa usciva o ne veniva fatto uscire, m o l t o onestamente. Oggi assistiamo spesso a u n fenomeno c u r i o so. Quando qualcuno c o m i n c i a a d avere d u b b i sulla fede n o n trova d i meglio che accreditare le p r o p r i e teorie come la vera fede cattolica». L a i c i . «Il p r o b l e m a del laico e del suo r u o l o è u n p r o b l e m a tipicamente clericale. Parlo per me: m i è successo d i s c o n t r a r m i con i l Vangelo, d i aderire alla fede, c i ho lavorato s u . . . T u t t o senza dover chiedere i l permesso a l parroco e a l vescovo... M o l t o u m i l mente credo che i l c o m p i t o d i ogni cristiano sia diventare santo nello stato i n c u i i l Signore lo ha posto».

// Sabato

26 setiembre-2

Primate greco: «Niente pace con Tirana»

A T E N E — L'arcivescovo ortodosso Serafim. primate di Grecia, ha accusato i l governo d i aver revocato lo stato d i guerra con l'Albania (dopo 42 anni, cioè dalla fine del secondo conflitto mondiale) esclusivamente per suoi f i n i politici. »11 governo greco — ha detto l'arcivescovo — tradisce senza pietà i greci che vivono in Albania, in modo tale che gli albanesi potranno dire: ecco, la Grecia accetta le orribili persecuzioni alle quali siete sottoposti, quindi non vi riconosce come suoi figli». (Ansa)

ottobre

1987


Viaggio nel più contradditorio Stato comunista dell'Est

Romania,socialismo gelido d i G i a n n i Cagianelli n fidanzato, invitato a cena dalla promessa sposa, si alza e toglie i l disturbo; sul quadrante dell'orologio stanno per scoccare le dieci della sera; rimanere un quarto d'ora i n più i n una casa non propria, significa — nella Romania delr«Epoca Ceausescu», essere ospiti; e gli ospiti vanno denunciati alla Sec u r itate (la polizia d i Stato). Alle dieci della sera, la padrona d i casa spegne la ormai inutile televisione (due ore d i trasmissione al giorno, dalle 20 alle 22) e tutti — specie se è inverno e lo scorso anno si toccarono i venti sotto zero — vanno a letto, perchè i l riscaldamento è permesso sino a più 4; ugualmente, se dopo le dieci vuoi scaldarti u n uovo sulla piastra elettrica, rischi 5000 lei di multa, cioè due mesi d i stipendio. BUCAREST,

T u t t i a nanna alle dieci dell'«Epoca Ceausescu» come l'hanno chiamata i giornali i n occasione della testa nazionale della Repubblica Socialista fondata quarant'anni fa, nel dicembre del 1947. Verso l'alba, nelle strade, dalle dieci della sera nel buio totale, cominceranno ad "uscire le prime automobil i per conquistare u n posto di testa nel serpentone chilometrico per la fila — può durare anche 48 ore—aula benzina; ed usciranno le donne di casa per la fila alla carne, se ne è annunciata la distribuzione: 70 lei al chilo, un'intera giornata d i lavoro a stipendio medio. Quest'anno l a Romania, nella festa nazionale di fine agosto, ha celebrato anche i vent'anni dell'«Epoca Ceausescu», chiamato nel 1967 alla massima carica dello Stato, dopo che, alla morte d i Gheorghiu-Dèj, aveva compiuto due anni d i rodaggio quale capo dei Partidul Comunist Romàn (il Partito comunista romeno). A c h i chiede — a venti a n n i d i distanza — se esista una differenza politica, economica, anche umana, tra l'«Epoca» Gheorghiu-Dej (ma allora non veniva così solennemente chiamata) e quella d i Ceausescu, i l romeno risponde così: se è u n seguace del Partito, no, tutto è identico e nell'impegno è nelle mete immarcescibili; se i l partito lo ha sulla stomaco, la r i sposta è sempre no: tutto è uguale, nella sofferenza e i nello schiacciamento della l i bertà. E' questo, infatti, i l volto del comunismo rome-

no d i oggi: i l massimo (con prudenza) d i antistalinismo nella politica estera, bilanciato dal più spietato (e senza prudenza) rigore stalinista nella politica interna. Quasi u n contrappasso. Ieri — venti anni fa — come oggi, la figura del leader carismatico è la stessa: è col u i che non sbaglia; e, se c i sono sbagli, accadono perchè i l leader non è stato informato («se lo avesse saputo, non lo avrebbe permesso», è l a risposta unica d i , ogni fedele; quanta rassomiglianza, i n questo con la situazione d i Fidel Castro a Cuba). La stessa politica estera — l'unica d i u n Paese orientale comunista ad avere assunto, taltolta, coraggiosi atteggiamenti d i dissidenza — è quella che venne inaugurata da GheorghiuDej, pur se, sottilmente, questa paternità non è negata, ma preferibilmente ignorata; anzi, quasi attribuita a Ceausescu. Eppure i l tipo d i vita della popolazione, m vent'anni, è stato catapultato: poveri perchè la loro economia tradizionale era quella basata sull'agricoltura, i romeni, vent'anni fa avevano, almeno, da mangiare. Industrializzati oggi (Krusiov, che sarà stato quello che era, i romeni l i aveva consigliati, con la sua teoria delle «specializzazioni» dell'economia dei vari satelliti: rimanete contadini e lasciate le fabbriche agli altri) non hanno da mangiare, per l a fuga dai campi, mentre i prodotti dello sviluppo tecnologico van tutti all'estero, alla ricerca di monete forti.

dici — a detta dell'esule Ian Pacepa — è una spia della Securitate)? E quanto deve spendere per vivere? Lo stipendio medio mensile va dai 2100 ai 2700 lei; i l che equivale, al cambio ufficiale, a 350 mila lire italiane (che, per la verità, al cambio nero, si r i ducono alla metà). I l pensionato socialista — da 60 a 62 anni gli uomini, da 55 a 57 le donne — vai bene una tomba: 950 lei al mese. Per sopravvivere occorrono queste spese: due rosette di pane sono 3 lei, cento grammi d i carne — quando c'è — sette lei, una scatoletta d i sardine quaranta lei, u n barattolo d i imodoro d i 440 grammi, 14

ÈV, i n tutto, 60 lei, quasi una

intera giornata d i lavoro. Quando viene l'inverno — e qui gli stivali sono d i rigore — c i vogliono mille lei al paio, quasi metà dello stipendio; alle dieci della sera, la signora che va a dormire e non vuole coricarsi i n sottoveste, deve aver defalcato d i ^.almeno 500 lei lo stipendio del marito, per una camicia da notte; pensare all'automobile è quasi u n a utopia, per quei 70 mila lei che ci vogliono all'acquisto — e dopo quattro anni di attesa — d i una «Dacia 1300» (la più diffusa macchina d i fabbricazione locale): quasi trenta mesi d i stipendio. Pigione per una casa d i Stato: relativamente bassa, dai 150 ai 200 lei al mese; m a se vuoi una casa privata devi tirar fuori u n terzo subito, e l'equivalente d i 300 mila lire al mese finché non hai tutto pagato (e quando ti sei fatta la casa, devi pregare i l cielothe non te ne capiti un'altra, magari in eredità; la seconda casa è u n reato contro i l socialismo, e deve essere immediatamente ceduta). Chiedi: tessere per acqui-

Da poveri contadini mangiavano da ricchi; da ambiziosi industriali hanno una fame da poveri. E ' questo i l bilancio economico dell'«Epoca Ceausescu»: fa perno nel «conducator», che na 69 ; stare i viveri? Rispondono: anni, sulla moglie Elena, pri- assolutamente no, i l nostro mo vice ministro, sul figlio non è u n paese da tessera antrentacinquenne N i b u mini- nonaria. Eppure, la tessera stro della Gioventù, su Ma- sarebbe i l male minore; g l i n n , fratello del presidente, alimenti base come pane, latda 14 anni consigliere com- te burro e carne vanno acmerciale; e su file, fratello instati solo nello spaccio del capo, vice ministro della el quartiere d i residenza, difesa. U n antico voivodato che chiede la carta d i identimoldavo. tà, e controlla nella lista i nom i degli acquirenti; zuccheQuanto guadagna u n lavor o ed olio sono razionati i n ratore medio i n Romania tutto i l paese, e possono esse(settimana di 46 ore, u n mese re acquistati a presentazione di ferie solo dopo dieci anni d i u n ticket, solo metaforica- * di lavoro, due a n n i d i carcemente diverso dalla tessera. re — e subito — se porta siGuai a prender troppa roba; garette o alcool nella fabbrii l decreto 10 ottobre 1981 ca, dove u n operaio su quin-

commina una pena da sei mesi a a cinque anni a chi «accaparra u n quantitativo eccedente i l bisogno familiare d i u n mese, i n olio, zucchero, farina di grano o di cereali, riso, caffé (anche questo metaforico, che è solo nescafé) o altri generi alimentari». Antico paese d i cultura, e di fatica, contadina, la Romania ha oggi ridotto a zero (e lo h a fatto già da tre anni) ogni lavoro meccanizzato nelle campagne; le macchine — e molte, per la verità, ne erano state messe i n funzione — sono state abolite, tornando ai tempi dei boiardi, ai carri trainati da cavalli e da buoi, e alle braccia degli uomini. Va risparmiata anche una goccia d i carburante, per impiegarla nella industrializzazione che, peraltro, ruba alla agricoltura anche le braccia, chè i giovani lasciano i campi e vanno i n fabbrica. Contro questi ostacoli, i l regime sembra inflessibile; ma è legge umana che ne esca perdente. I l decreto del 24 gennaio 1982, chiamato «Nuova rivoluzione agraria» stabilisce che «tutta la popolazione della campagna e oì)bligata al lavoro, con invalidi e ragazzi da dieci anni in poi» (articolo 10 e 11). E' stato fissato u n numero obbligatorio d i ore; e, come pena, si ha la confisca della terra per i contadini su proprietà privata (nei luoghi più impervi ed isolati), o la multa nelle cooperative agricole. Soldati, studenti, pensionati, impiegati vengono costretti a turno a lasciare i loro soliti posti e a dare manforte i n campagna E' diventato obbligatorio, sulla carta, i l «doppio raccolto» annuo, e i contadini, per evitare penalità, lavorano alla seconda semina quando ancora non è terminato i l primo raccolto. I registri di lavoro della cooperativa saranno, così, i n regola; e i prodotti a terra marciranno.

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«Oggi la repressione non è né i l gulag né la prigione — ha scritto u n esule romeno; è la condizione normale d i vita». Questa, i n fondo, la sintesi dura dell'«Epoca Ceausescu». Come si è giunti a puesto? I romeni non se lo chiedono: ma la recente visita di Gorbaciov ha scatenato una ridda di voci. E, t r a queste, la più difiùsa: nel 1971, l'unico ad attaccare la politica d i industrializzazione di Ceausescu fu Jan üiescu, segretario del Comitato centrale del Partito; per questa sua critica venne trasferito a Iasi, nella Moldavia, a pochi chilometri dal confine sovietico; ed a Iasi, fino al 1984, è rimasto quale segretario del Comitato centrale del Partito. Da due anni è sparito; nessuno sa dove sia. A Bucarest dicono: è andato i n Russia; Gorbaciov — che d i Diescu è amico (è stato anche suo compagno d i studi universitari) — gli avrebbe fatto passare i pochi chilometri che lo dividevano dal confine russo. Forse i n attesa di voltare le pagine dell'«Epoca Ceausescu».

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Jugoslavia Condannato giovane cattolico U n giovane studente cattolico, Dobroslava Paraga, è stato condannato i l 30 aprile scorso dal tribunale d i Zagabria a 6 mesi d i reclusione con la condizionale e a 3 anni d i libertà vigilata con l'interdizione a scrivere articoli o pronunciare discorsi. Paraga era stato i n carcere dal 1980 al 1984 per « propaganda ostile » , a causa del suo impegno religioso e i n difesa dei d i r i t t i u m a n i . L a nuova condanna gli è stata comminata per a l cune sue dichiarazioni i n c u i denunciava i m a l t r a t t a m e n t i subiti i n carcer e . I n suo favore è i n t e r v e n u t o anche l'arcivescovo d i Zagabria e p r i m a t e della Jugoslavia, cardinale F r a n j o Kuharié.


INTERVISTA JorgeWalls, rinchiuso per 20 anni nelle prigioni di Castro. Combattè contro Batista e fece parte del direttorio rivoluzionario

«Quel carcere chiamato Cuba» «In ogni casa c'è un carcerato, un fucilato o un agente deUa polizia. La verità è questa: a Cuba tutto ciò che non è proibito è obbligatorio», dice Walls, aiutato in questi anni duri dalla forza di una fede profonda

Avvenire Domenica 23 agosto 1987

dall'inviato R M N I . (L.O.) t i guarda i n faccia mentre parla, ma è come se guardasse sempre u n punto oltre l'orizzonte. E anche i l volto, è attraversato spesso da ombre improvvise, che sembrano allontanarlo da t u t t i gli altri intorno. M a non è u n tipo distratto, nè stravagante, Jorge Walls. E semplicemente u n uomo per cui i l tempo e lo spazio non hanno più molto significato: quasi metà della sua vita, esattamente venti a n n i e quaranta giorni, l'ha trascorsa nel «presidio», le durissime galere d i Castro. Come si misura u n tempo così? Non esiste metro adeguato per la sofferenza. M a l u i , Jorge Walls, dice ora che i n quelle prigioni ha vissuto i momenti più intensi e felici della sua vita. E che aiutato dalla fede, ha conosciuto una speranza ignota a chi invece assapora ogni giorno la l i berta. La sua è una testimonianza eccezionale. A g l i inizi degli anni Sessanta, dopo aver combattuto i l regime d i Batista, sedeva accanto a Castro nel direttorio rivoluzionario; era stato compagno d i università della moglie di Fidel, poteva avere quel che voleva da quel regime. Ma già da allora non ne condivideva i l lento scivolare verso la dittatura. Così gn capitò d i testimoniare i n tribunale a favore di^ u n amico dissidente, e per questo fu a sua volta ar restato. Era l'8 maggio 1964 Walls sarebbe uscito da quel le m u r a i l 18 giugno 1964 Ora vive i n esilio i n Francia a R i m i n i è venuto per parla re di fede e libertà a i giovani dei Meeting. M a anche a raccontare la tragedia del suo Paese., «Quello cubano — dice — è oggi u n popolo tormentato da una oppressione atroce.

E' u n popolo psicologica- carriere universitarie è di- timismo. D cristiano sa che, mente disfatto', che vive i n scriminato come cittadino d i per male che vada, i l Signore u n vero carcere più o meno quarta o quinta categoria; e sceglierà sempre per l u i la ampio, e che avendo impara- i n ogni caso non farà m a i cosa migliore possibile». to a fingere e a tacere, passa parte della gerarchia, delle A che cosa s i riferisce continuamente dalla isteria classi dirigenti». esattamente q u a n d o paralla paranoia. I n ogni fami- Come giudica l a situaziol a d i interessi stranieri? glia, c'è u n carcerato, u n fu- ne nel resto d e l l ' A m e r i c a «Al gioco d i equilibrio moncilato, oppure u n agente del- Centrale? Per esempio i n diale fra le due superpotenla polizia. E difficile spiega- Nicaragua? ze. La nostra razza, i n Cenre, ma la terribile verità è «La fortuna del Nicaragua è tro e Sud America, è giovaquesta: a Cuba, oggi, tutto che la situazione cubana ne. Forse si ha paura che ciò che non è proibito è obbli- non si è ripetuta laggiù con cresca: perchè più presto gatorio». gli stessi elementi. Nè con la cresce, e più presto decide da A n c h e n e l l a normalità popolazione, che ha radici sè. Allora i prandi vogliono della Vita q u o t i d i a n a si fa spirituali più profonde e vive che resti cosi, che abbassi la sentire i l peso del regime? cu quanto avessimo noi negli testa». «Lei pensi solo questo: che anni Cinquanta. Nè con i diChe cosa è stata per le l a per tutto, dal vendere u n l i - rigenti: Ortega non è u n nuoprigione? mone a dipingere u n quadro, vo Castro». «Tutto: università, convenbisogna chiedere i l permesV u o l d i r e che n o n h a i l to, città proprie, tribù. Le reso. Ripeto: esistè una contisuo carisma? lazioni più vere, limpide, nua, incessante ed atroce «E' una parola troppo gran- profonde, v i r i l i le ho avute pressione psicologica». de, i l carisma è dello Spirito con i miei compagni d i soffeD u n q u e sono u n i n g a n n o Santo. Dica piuttosto fasci- renza. M o l t i l i h o visti morianche i recenti segni d i no: Fidel assomiglia molto a re, impazzire, uccidersi. La apertura? Hitler, è riuscito a fomentare nostra era una comunità del«Qualcosa indubbiamente i l fanatismo nel popolo. I n le catacombe, una fratellanc'è stato: è stato permesso o Nicaragua credo che v i sia za con una intensità unica». meglio tollerato, l'incontro ancora spazio per la ragione. Q u a l è stata l a cosa più nazionale cristiano; ci sono E non penso che quel gover- i m p o r t a n t e che h a impastati poi i contatti con Madre no sia davvero interessato a r a t o là dentro? «L'umiltà». Teresa; è stato pubblicato u n instaurare u n regime con la libro tutto a favore della camicia di forza». H a m a i pensato a l suiciA l l o r a s i può n u t r i r e u n Chiesa e dunque i n totale dio? certo o t t i m i s m o dopo l ' u l - «Sì. Ci pensa ogni uomo, smentita d i tutto ciò che si t i m o p i a n o d i pace? diceva negli anni passati. Pequando teme d i non avere i l rò io non vedo reali segnali «Oh, la pace i n Centro Ame- necessario per raggiungere di cambiamento interno, nè rica è profondamente neces- i l livello d i uomo e i a morte m i pare che si stia restauran- saria M a la verità è che lag- gli appare come l'unica altergiù v i sono troppi interessi nativa. Ma come si esce da do u n clima d i diritto». Com'è l a situazione gene- i n gioco, anche a i altri. E vo- quella alternativa? Con la r a l e della libertà religio- ler servire g l i interessi stra- speranza, e la speranza è Crinieri fa uccidere la nostra sto». sa? L ' u l t i m o ricordo d i Cu«Negli u l t i m i trent'anni non gente. Allora bisogna innanè stata costruita alcuna nuo- zitutto che la nostra gente ba? va chiesa. E oggi molti vec- capisca una cosa: per avere «Alla partenza u n agente dei chi templi sono chiusi, i sa- una vera rivoluzione i n tutti servizi d i sicurezza m i chiecerdoti sono pochi. Nel Pae- i sensi — perchè è . vero che se, mentre perquisiva la valise non è neppure possibile bisogna cambiare molte cose gia: 'ma perchè vuole andare comprare u n rosario, e se — è necessario che non si \V3ÌT ed io: 'per respirare'. uno vuole una medaglia reli- versi più i l sangue. La vera L u i m i guardò con disprezzo. giosa deve farla arrivare rivoluzione è la non violen- E io soffrii perche l u i non clandestinamente dall'este- za. Quanto all'essere ottimi- riusciva a capire che, dopo ro. Chi viene marcato come, sti.... beh, io sono realista venti anni e 40 giorni di pricredente non trova lavoro, non ottimista: ma i l realismo gione, potessi rispondere conon può accedere a certe procura sempre u n certo ot- sì».


U n bestseller U s a spiega «come fare» a d essere indipendenti

I FALSI IMPEGNI E LE VERE AUTONOMIE di G E O R G E W I L L • Washington — Negli u l t i m i t e m p i gli americani hanno avuto una forte propensione per i l i b r i *how to», cioè che spiegano «come fare»: come fare, per esempio, a raggiungere alla svelta una sottile silhouette o molto lentamente l'estasi sessuale. M a i m p r o v v i s a m e n t e quest'estate — la stagione dedicata a spremere t u b e t t i d i Coppertone e romanzi d i Danielfa Steel — i l bestseller è stupefacentemente diverso. Si t r a t t a d i The Closing of the American Mind (La chiusura della mente americana) d i A l l a n Bloom. I lettori che si i n spiaggia questo ibro fanno i bagni d i mare i n fciottano o m p a g n i a d i Nietzsche,

n ' i s t r u z i o n e che p r o d u c a persone i n possesso d i conoscenze, d i abitudini e d i carattere indispensabili alla d e m o c r a z i a stessa. M a quando la tolleranza sostituisce a fondamento della democrazia i d i r i t t i naturali, allora «il seguire la corrente» Sostituisce le regole elaborate dalla ragione, le quali sono le nonne d i vita che si accordano con i d i r i t t i naturali, ossia con modi d i vita che sono giusti per creature della nostra natura. «Impegno», secondo Bloom, è una parola inventata i n omaggio alla modernità, secondo la quale i l bene s u p r e m o sarebbe I n a u t e n t i c i t à » , per essa i n tendendosi l'intensità d e l l ' impegno verso qualsiasi «valóre» che ciascuno può cogliere a caso t r a l'illimitata mercanzia i n offerta. Ogei agli studenti si insegna che non v i è una gerarchia d i valori secondo ragione. Le scienze sociali impartiscono questa fazione livellante: i l mondo è u n bazaar d i culture, d i nessuna delle quali si può dare dimostrazione che sia superiore alle altre. E' p u r vero che certi sistemi culturali attribuiscono grande valore alla tolleranza, ma lo stesso relativismo insegna che la preferenza per la tolleranza è altrettanto arbitraria d i qualsiasi alt r a preferenza.

Heidegger e simili. I l sottotitolo del libro è «In che modo una migliore i s t r u zione ha rovinato la democrazia e a b b r u t i t o l'anima degli studenti attuali». L a vendetta è davvero, come si suol dire, u n p i a t t o da servirè freddo. E questo libro costituisce la vendetta che a d i stanza d i tempo B l o o m consuma nei confronti d i quegli accademici che non trovarono a suo tempo le risorse morali per opporsi alle agitazion i che negli anni Sessanta sconvolsero le università. M a Bloom, docente d i filosofìa politica all'Università d i Chicago, va più i n là: rifiuta l'intera tradizione intellettuale che ha prodotto g l i anni Sessanta. Una tradizione, L'apertura al nuovo, la d i a suo dire, responsabile della sponibilità all'esperienza «crisi d'identità d i cui l'umavissuta, all'ascolto delle tesi nità soffre da trecento anni». I a l t r u i una volta era una virtù B l o o m e pochi a l t r i suoi pratica apprezzata i n quan-, fratelli s p i r i t u a l i oppongono tò rendeva possibile l'avvenresistenza al trionfo del relatura della ricerca, mediante tivismo e dell'ugualitarismo la ragione, d i ciò che è oggetintellettuale. Per lo spirito tivamente buono. Oggi invemoderno si t r a t t a d i imperace l'apertura mentale non è t i v i m o r a l i collegati t r a loro. più uno strumento ma u n f i I l relativismo viene considene i n sé. E ' anzi l'unico valorato u n requisito d i una sore universale, la ragione escietà libera perché l ' u n i c o . sendo stata dichiarata impopeccato moderno sta nell'in-, tente a discernere i l bene. tolleranza e l'intolleranza è' M a sotto le spoglie dell'ufrutto della negazione del , miltà intellettuale si nasconprincipio secondo i l quale de la vanità: l'apertura rende t u t t i i «valori» hanno uguale principio l'assenza d i p r i n c i dignità.

che t u t t e fa fedi scaturiscono da un'astrazione che si chiama «io», u n caleidoscopio monocromo, e che queste fed i non trovano convalida se non nell'essere, per definizione, «espressioni dell'io». Agli studenti si insegna che la produzione d i valori è u n atto della volontà, non dell'intelligenza. Per d i r l a con Bloom, questo è «nichilismo a lieto fine». L ' i n t e l l i genza non viene d i s t r i b u i t a democraticamente, ma t u t t i possono avere volontà, così come ciascuno ha un «io» da «esprimere». Questo insegnamento induce alla soddisfazione d i sé, la quale ostacola l ' a p p r e n d i m e n t o , i n quanto istilla l'idea d i non aver nulla da imparare dal passato né dalla filosofia.

Bloom scrive d i musica, d i sesso, d i ricerca, d i politica. E' appassionato e spiritoso (fumatore, afferma che la campagna contro le sigarette fa progressi perché i l nostro relativismo non si estende alle questioni riguardanti la salute fisica). H a scritto un libro *how to» per i pochi — non poi così pochi, a stare al bollettino delle vendite — che vogliono sapere «come fare» a essere indipendenti. Il libro i n f a t t i riguarda 1' ardua impresa d i raggiungere l'autonomia, intesa non Secondo B l o o m i l relativi- ' ; L o s p i n t o americano viecome capriccioso «impegno», smo toglie qualsiasi scopo alne chiuso i n nome dell'aperma come governo d i se stessi l'istruzione, che consiste nelt u r a : chiuso all'idea d i d i - ; i n accordo, con una natura la ricerca d i u n sistema d i v i scrimine ragionato t r a i moprescrittiva. Si t r a t t a d i v i ta migliore. La democrazia, d i d i vita. B l o o m sostiene , vere i n accordo con la filosodice Bloom, ha bisogno d i u qhe agli studenti si insegna

fia (la verità) invece che succubi delle convenzioni, del mito, dell'opinione corrente. Il libro d i Bloom, sorpresa editoriale dell'anno, costituisce u n fenomeno paradossale e può essere politicamente portentoso. I l suo successo rappresenta una controprova del severo giudizio che lo stesso Bloom emette circa la decadenza della capacità d i r i f l e t t e r e sulle g r a n d i q u e s t i o n i dell'esistenza. Inoltre, f i n d a g l i i n i z i degli anni Ottanta i n America si vive una ansia pressante e crescente riguardo alla direzione che sta assumendo il carattere nazionale del nostro popolo nella sua evoluzione. I candidati che si preparano alle elezioni presidenziali dell'anno prossimo faranno bene a dare un'occhiata i n l i breria. I l bestseller d i Bloom costituisce u n tempestivo segnale del livello a cui ci si può innalzare nel rivolgersi agli americani.

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L E S T R A T E G I E DI

GORBACEV

Il mio Gorba lava più bianco

H a gestito Chernobyl per conto dell'Urss. É l'agenzia che a Genova h a servito le società contro i portuali. S i chiama H i l l & Knowlton... À

L a guerra a l camallo. I l fondatore del- ad una decina d i anni fa l'informazione • • • • • • • • • « S i assiste i n occidente ad una sorta d i culto della personalità d i la società, John H i l l , iniziò negli Usa ne- politica e sociale era totalmente filtrata Gorbacev» diceva sconcertato V l a d i m i r gli anni Venti, realizzando campagne d i da quelle grandi agenzie che erano i partiBukovskij. Per i l Cremlino («che vuol far stampa per i padroni delle acciaierie con- t i . Ma dal '75 s i è verificato uno spostapagare all'Occidente i l salvataggio econo- tro g l i scioperi operai. F u tra i pionieri. mento storico, per c u i gran parte della mico dell'Urss») l'opinione pubblica occi- I l nuovo potere industriale che aveva pre- produzione d i informazioni e opinione è dentale significa soldi, soldi e soldi. N o n valso sugli agrari, apparve subito brutale stata assunta direttamente dall'industria, a caso la liberazione d i qualche decina d i e cinico. Capi che doveva controllare l'o- dal potere economico. La sparata dell' prigionieri — che ha allentato i lacci del- pinione pubblica e nella culla dei suoi Unità — come confessò Fabio Mussi — la borsa all'Ovest — è stata un'operazio- interessi multinazionali nacquero le mo- era solo la difesa d i u n terreno ormai ne gestita dal ministero degli Esteri. «Ma derne società d i Public relations. L'Italia perduto». è una campagna troppo ben congegnata ne ha scoperto l'esistenza solo nel febBob e d I I Kgb. Raggiunto a New York per essere stata concepita dai sovietici» braio d i quest'anno e — guarda caso — da // Sabato, i l signor Dilenschneider ha si dice negli ambienti parigini del dissen- nel fuoco della controversia è capitata dichiarato: «Nego decisamente che la mia so. Alain Besançon, scriveva su L'E- proprio la Hill A Knowlton. Lo scenario società abbia m a i gestito la crisi d i Cherxpress del 24 aprile che «si è rapidamente è stato i l porto d i Genova. Nella lotta che nobyl per i l governo sovietico». (Ciò che formata una lobby del commercio Est- opponeva la rossa compagnia dei portuali è curioso, i n effetti, è che — per quanto Ovest». E c'è qualcuno che conosce l'opi- al Consorzio autonomo del porto (le so- si è potuto verificare — n o n esiste a l nione pubblica occidentale come le sue cietà) i l presidente del Cap, Roberto d'A- Dipartimento del Commercio Usa la regitasche: i l signor Robert Dilenschneider lessandro, già manager della Publikom- strazione d i un contratto del genere). C'è per esempio. Chi è questo rubizzo ameri- pass (l'agenzia pubblicitaria de La Stam- una spiegazione alle parole del presidencano d i 43 anni, d'origine tedesca? É i l pa legata agli Agnelli), commissiona alla te? Nell'intervista al settimanale italiano presidente, nonché amministratore dele- Hill A Knowlton una campagna d i stam- // Mondo (27-10-86) dove rivelava per i n gato, della più grande multinazionale nel pa per sostenere le ragioni delle società ciso anche i l suo intervento a i n e r n o o y i , settore delle public relations, l'americana del Cap contro i «camalli» ( i portuali). Dilenschneider dichiarava: «Purtroppo Così dai p r i m i d i gennaio su gran parte non posso raccontare nulla d i quello che Hill A Knowlton. I l d o t t o r Dilenschneider dunque (Bob dei giornali italiani (La Repubblica, Il ci siamo detti (al Cremlino). Sa, non vorper gli amici) una tiepida mattina d'aprile Corriere della sera, La Stampa, Il Sole-24 rei che quelli del Kgb si arrabbiassero». nel suo ufficio d i New York riceve una ore, Italia oggi, Il Giorno, Il Giornale, Il Ma a // Sabato, mister Bob nega tutto, segnalazione i n arrivo da Mosca: all'altro Secolo XIX e poi Panorama e // Mondo) anche d i aver mai rilasciato quella intercapo del filo. B o b trova, nientemeno, escono articoli, inchieste, interviste che vista a // Mondo (probabilmente da MoEduard Shevarnadze, m i n i s t r o degli riproducono pari pari i dati ed i concetti sca è arrivata una strigliata). A smentire Esteri d i Gorbacev. Sono trascorse po- del l i b r o bianco predisposto dalla Hill A involontariamente i l suo presidente però L'11 febbraio, però L'Unità aveva già provveduto i l dirigente della chissime ore dall'esplosione del reattore Knowlton. n. 4 della centrale d i Chernobyl e Gorba- spara lo scoop i n p r i m a : «Da Genova Hill A Knowlton per l'Europa, Christocev teme un disastroso crollo d'immagine i n q u i e t a n t i r i v e l a z i o n i : campagna d i pher Komiserjevsky, che i n una lettera in Occidente. I l Cremlino propone allora stampa contro i portuali pagata 600 m i - pubblicata due numeri dopo da // Mondo, un ingaggio alla grande società pubblici- lioni». L'Unità pubblica addirittura stral- scriveva: «La sostanza e i l tono dell'intertaria per la «vendita» i n occidente del ci del Rapporto di attività rimesso dalla vista, cui ho assistito personalmente sono «prodotto Chernobyl». La Hill A Kno- Hill A Knowlton ai suoi committenti, do- ben riflessi nell'articolo...» (e proseguiva wlton è infatti specializzata nella gestione ve sono raccolti anche g l i articoli usciti poi chiarendo un particolare relativo aldelle «crisi»: se n'era occupata per la sui giornali. Nel consuntivo si legge fra l'acquisto della Cari Byoir). É curioso che Roche-Jivaudan nell'incidente d i Seveso l'altro: «10 m i l i o n i per inchieste e articoli questa intervista sia passata quasi inose per l a Union Carbide per la tragedia d i dettagliati cadauno...». L'Unità arriva ad servata i n Italia. Bhppal. Quelli della Hill A Knowlton in- ipotizzare casi d i corruzione, i l Pei chiede Lee e Stalin. Nella sua monumentale somma sono professionisti eccezionali: i l un'inchiesta parlamentare. Storia dell'Urss (ed. Rizzoli) scritta con Cremlino ha scelto i l meglio. Quali sono La Repubblica che con Giorgio Bocca Nekric, proprio Heller sostiene che, i l più stati i risultati? aveva iniziato una campagna anti-camal- grande successo strategico d i Stalin fu l a Michail Voslenskij un anno fa dichiara- 10 prima si accoda all'Unità nel denuncia- totale e perdurante manipolazione dell'ova a // Sabato che «dall'episodio d i Cher- re l'iniziativa del Cap, p o i conclude con pinione pubblica occidentale, per occulnobyl paradossalmente, ad uscirne per- uno sprezzante commento dello stesso tare i suoi spaventosi c r i m i n i e conquidente è stato l'Occidente. L'Urss ha sapu- Giorgio Bocca che sgombra i l campo dal- starsi una decina d i nuovi popoli. Impresto usare cosi bene l'incidente che ad le ambiguità: «La premessa ad ogni d i - sionante l'esempio d i Bernard Shaw che Ovest si è creato u n sentimento avverso scussione sul tema c i pare la seguente: visitando l'Urss nel 1932 ( i l periodo della non all'Urss (al suo potere arbitrario e mostruosa carestia con cui Stalin stermiinefficiente), m a alle proprie centrali». 11 grande potere oggi, nei Paesi avanzati, nò 10 m i l i o n i d i kulaki), lasciò scritto fra c u i i l nostro, non è né politico né Una sapiente fuga d i notizie, organizzata religioso, ma economico. N o i italiani lo sull'albo d'oro dell'Hotel Metropol: «Non dal Kgb attraverso Roy Medvedev fece scopriamo per ultimi». Franco Guzzi, ho m a i mangiato tanto bene come qui. addirittura trapelare i n occidente l a noti- dell'agenzia italiana Hill A Knowlton, zia che, al Politburo, Gorbacev f u messo spiega a // Sabato: «Ci stupì che proprio in minoranza su Chernobyl ( i n Italia f u l'Unità avesse montato i l caso perché c i La Repubblica a pubblicarla). Insomma conosceva e da tempo collaboravamo. M a la vecchia favola dello zar buono-Mikhail credo che — aldilà del problema politico contro i cattivi boiardi. M a cosa è l a Hill locale — ciò che mosse l'Unità sia stato Il Sabato 25-31 luglio 1987 A Knowlton e perché è arrivata a lavora- altro». Che cosa dunque? « I n Italia fino re per Mosca?


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CAGATO -

¿6. STtfAÌIrC^e

Domani lascio questa terra d i speranza per tornare i n Occidente dove regna la disperazione». Quella incredibile operazione d i dizinformai sia f u possibile a Stal i n anche grazie agli opinion-makers forn i t i d a l grande capitale Usa. Nel 1927, quando la Standard O i l dei Rockefeller decise d i costruire, su commessa d i Stal i n , u n a raffineria d i petrolio a B a t t i m i , i Rockefeller spedirono a Mosca i l pioniere delle società d i public relations, I v y Lee, che imbastì u n a magistrale campagna d i stampa per convincere l'opinione p u b b l i c a ed i governi occidentali della bontà d i Stalin e della necessità d i aiutarlo con c r e d i t i e investimenti (Ussr: A World Enigma, London 1927). • La p o l i t i c a d i Gorbacev ricalca perfettamente quella d i Stalin», ha scritto Heller; e g l i g n o m i occidentali si sono presentati ancora u n a volta p u n t u a l i a l i appuntamento con i l business. Franco Guzzi c i spiega che la Hill & Knowlton incrementerà sempre più i l suo lavoro nei Paesi d e l l ' E s t «proprio per i l crescente coinvolgimento delle g r a n d i società m u l t i n a zionali i n quei Paesi. I l grande g i r o degli affari si sta spostando ad est e n o i seguia-

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m o i l business. Del resto possiamo o f f r i r e un servizio eccezionale per la nostra ramificazione. Siamo l ' u n i c a società d i public relations che ha aperto un'agenzia anche a Pechino». La corsa a l l ' o r o è cominciata. Del resto le società per c u i lavora la Hill & Knowlton (General Foods, K r a f t , M o b i l o i l , Yamaha, Goodyear, Ford, Pepsi Cola) hanno alle spalle una storia decennale d i f l i r t con i l Cremlino. I l vecchio Ford — che n o n avrebbe p o i nascosto neanche le sue simpatie per H i tler — f u i l p r i m o che segui H a m m e r , nel ' 2 1 , nel salvataggio dalla bancarotta della rivoluzione bolscevica, costruendo stabil i m e n t i d i t r a t t o r i per L e n i n . E Donald Rendali, i l grande magnate della Pepsi Cola, che fece a f f a r i d'oro con i l corrottissimo Breznev, così definiva i l suo partner: «Un uomo profondamente preoccupato del benessere, della libertà e della felicità del suo popolo». I n queste settimane d i polemiche contro la Toshiba, accusata d i aver venduto all'Urss sofisticati m a t e r i a l i strategici, saltando i l Cocom, c'è d a chiedersi se i l p r o d o t t o che questi g r a n d i professionisti d e l l ' i m m a g i ne vendono al Cremlino r\?. meno strategico d i u n computer. Eppure g l i Usa sanno che le guerre (come i l Vietnam) si perdono più sull'opinione pubblica che sui c a m p i d i battaglia.

Antonio Socci

«Stalin voleva arruolare Hess» n

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Uno storico della Ddr fuggito in Occidente - «L'Urss nel '52 gli offri la libertà se avesse riconosciuto il regime comunista» P A R I G I — Nel marzo (fai

1952 Rudolf Hess. 11 delfino di Hitler che scontava una condanna a vita nel carcere berlinese di Spandati, sarebbe stato oggetto di un tentativo di «recupero» da parte di Stalin: 11 leader sovietico voleva metterlo alla testa del «Partito n a zional-democratico» della Germania Orientale, se Hess avesse proclamato che l a Ddr stava attuando 11 regime socialista che l'ex gerarca, da nazista, aveva cercato di costruire. Lo afferma. In un articolo su Figaro Magatine, lo storico tedesco Werner Maser, rifugiato In occidente dal 1953. che all'epoca lavorava all'Istituto di ricerche sull'Imperialismo a Berlino-Est. Secondo Maser, il primo ministro della Germania E s t Otto Orotewohl gli

confidò — con l'impegno di non divulgare il suo racconto se non dopo la morte di tutu gU interessati — che un aereo trasportò In segreto Hess -da Spandati In una località della G e r mania Orientale (secondo Maser, Dresda o Weimar) ove emissari sovietici non identificati gli formularono l a proposta. «Hess rifiutò categoricamente e con arroganza, dipendo che non poteva fare una cosa simile a Hitler. J russi si adirarono e risposero che, in questo caso. Hess sarebbe rimasto recluso fino alla morte, e avrebbe subito sanzioni speciali se avesse parlato a chiunque dell'incontro, un aereo militare sovietico lo riportò natio notte a Spandau». Maser è uno storico molto noto per le sue numero* se pubblicazioni sul nazi-

smo, ed anche perché fu U primo a dichiarare falsi 1 «taccuini segreti» OLRttter. pubblicati da Atena ttamr ^ -----

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ha affermato di .impegnare la sua cmdibiHté, la sua rantanni di cattiviti a Spandati, Uosa ha acuto una noti* # Ubarti cìpria«Una». Secondo Maser, r fflflffn cercava una figurata punta dai patiamo, un postico puro», par accrescere le simpatie per l a Germania Orientale da parte dei n u merosi ex nazisti dell'Ovest. Stalin voleva ripetere l'operazione che era riuscita don Ounther Qereke. ex commissario governativo nel primo governo hitleriano, eòa passò all'Est nel, 1952 con fiiorfanj ooorifl-

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Con la sua scomparsa finisce il nazismo nel modo più nazista possibile. Perché il delfino di Hitler fu condannato al duro carcere di Spandau? Lo zampino della R u s s i a 11 iimmmmtÈmim « £ scomparsa con Rudolf Hess l ' u l t i m a eco del Terzo Reich». Con questo t i t o l o i l più delle volte si diede notizia del suo suicidio, i l 18 agosto. È vero, qualcuno parlò «della vergogna che resta» nei r i g u a r d i della sua prigionia e della mancata grazia (così Montanelli) o «dell'ignominia d i una morte somministrata giorno dopo giorno per quarantacinque anni» (così Silvio Bertoldi sul Corriere della sera d i quel giorno); e certamente altre frasi egualmente i m prontate a giustizia furono usate e m i sono sfuggite. M a i l senso generale fu questo: si è trattato d i una b r u t t a pagina che si deve dimenticare. E q u i non concordo; i l caso Hess non può e non deve venire tanto rapidamente archiviato come si sta facendo oggi. Perché con la sua morte finisce sì i l nazismo con l ' u l t i m o suo capo d i rilievo, ma finisce in una maniera che più nazista non poteva essere; i l periodo che aveva avuto inizio col processo d i N o r i m b e r g a t e r m i n a nel peggiore dei m o d i .

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Qualcuno ha scritto che se si considera i l progressivo svanire della coscienza morale, quale si è verificato nei decenni dal '45 a oggi, si deve dire che H i t l e r ha vinto la guerra. Non è un paradosso: non si tratta d i r i a b i l i t a r e i l nazismo, ma di difendersi dal contagio che la sua barbarie ha esercitato sui suoi più implacab i l i o implacati avversari. La p r i g i o n i a d i Hess, assolto a N o r i m b e r g a dalle accuse di c r i m i n i d i guerra o d i c r i m i n i contro l'umanità, e condannato all'ergastolo per una colpa non contemplata da nessun codice, quella d i aver c o n t r i b u i t o a preparare una guerra aggressiva, internato nel '47 nel carcere d i Spandau, dove ha vissuto per q u a r a n t ' a n n i i n una cella d i sei m e t r i q u a d r a t i , col consenso d i vedere una sola persona al mese dietro una grata — la moglie o i l figlio, ma m a i insieme — e i l d i r i t t o d i scrivere un diar i o le cui pagine però venivano bruciate ogni sera dalle guardie carcerarie, e quello d i leggere q u a t t r o g i o r n a l i da cui venivano censurate le notizie politiche, è stata espressione non già d i una giustizia, per d u r a e intransigente che possa essere, ma d i odio; ancorché rovesciata, di quello stesso odio d i cui i lager nazisti sono i l simbolo. Oggi ha corso la distinzione tra violenza r i v o l u z i o n a r i a , giustificata e violenza reazionaria i cui responsabili sono giudicati degni d i s t e r m i n i o . Quando lessi del suicidio d i Hess, m i vennero subito in mente frasi d i una lettera che Dino G r a n d i , allora m i n i s t r o della Giustizia, aveva inviato a M u s s o l i n i il 21 aprile 1940 per consigliarlo a non entrare i n guerra, o almeno attendere a farlo. V i scriveva: «Questa guerra ha tre

Il nazi contagio Contro l a barbarie. Sul caso dell'estate un intervento di Augusto Del Noce grandi protagonisti: la Germania, l ' I n ghilterra, la Russia (...) Chi sarà l ' a r b i t r o che deciderà dell'esito del mortale duello? La Russia (...) G l i slavi riprendono la marcia verso l'Occidente. I l testamento d i Pietro i l Grande che indicava l'Occidente ed i c a l d i m a r i del Sud come direttrice alla futura espansione delle razze slave, è stato raccolto da Stalin, i l nuovo «Piccolo Padre» d i tutte le Russie (...). La Russia deve ancora d i r c i la sua parola definitiva. Quale sarà? È impossibile d i r l o oggi, ma la Russia interverrà» (// mio Paese, Ricordi autobiografici pp. 571-572). Non ci voleva un genio per avvertire questo: e m i meraviglia che non sia stata ancora curata un'antologia delle più i m portanti pagine in cui tanti a u t o r i dell'Ottocento, delle più diverse c o r r e n t i ideali, avevano concordato i l pericolo mortale che l'espansionismo russo costituiva per l ' E u r o p a , e cercato d i definirne i caratteri. Resta che stranamente i l pensiero dell'espansionismo russo appariva come r i mosso dalle menti dei p o l i t i c i degli anni che precedono la Seconda guerra mondiale; cosi da q u e l l i dell'Asse come dei loro avversari. Si giudicava: la Russia è un Paese più asiatico che europeo, e l'ha dimostrato la v i t t o r i a del c o m u n i s m o sul socialdemocratico occidentalista Kerenski; e l'artefice maggiore d i questo rovesciamento nel senso orientalistico è prop r i o Stalin con l'idea del socialismo i n un solo Paese e coi suoi metodi d i governo. Si dimenticava che per la stessa dottrina del c o m u n i s m o staliniano era inevitabile la guerra tra i Paesi capitalisti, e che questa guerra avrebbe rappresentato le condizioni per la nuova avanzata, insieme comunista e russa. Hess vide dunque per la Germania quel che G r a n d i aveva visto per l ' I t a l i a . I l suo volo f u u n ' i n i z i a t i v a personale, all'insaputa o contro i l parere d i H i t l e r , o invece concordata con l u i , alla vigilia dell'attacco contro la Russia? Nel l i b r o d i m e m o r i e d i A l b e r t Speer c'è un elemento che fa protendere per la p r i m a ipotesi. Hess g l i aveva raccontato, a Spandau, che l'idea del volo i n Scozia

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gli sarebbe «venuta in sogno, ispirata da forze sovrannaturali». Hess, insomma, avrebbe avuto u n ' i l l u m i n a z i o n e in cui avrebbe visto i l risultato della guerra: fine d e l l ' I m p e r o inglese e, per la Germania, distruzione e successiva perdita d i ogni speranza d i una posizione egemonica. Avanzata della Russia sulle rovine delle due maggiori potenze europee. È un fatto che le proposte d i pace che fece ai rappresentanti inglesi corrispondevano a queste premesse: libertà a l l ' I n g h i l terra d i esercitare i l d o m i n i o sul suo i m pero, libertà alla Germania d i realizzare il suo p r i m a t o i n Europa. Parlare d i «illuminazione in sogno» rientra nella sua o r i g i n a r i a formazione culturale. Veniva infatti dalla Thulegesellschaft, associazione culturale che si era formata a Monaco, e i n cui coesistevano confusamente superomismo nietzscheano, e m o t i v i iniziatici occultistici ed esoterici, con accentuazioni per la mistica tibetana; uno dei tanti prodotti i n f e r i o r i della «rivoluzione conservatrice» tedesca degli anni Venti. Tale formazione giovanile poteva ben p o r t a r l o a ritenersi investito dal destino ad assolvere una missione che gli u o m i n i o r d i n a r i non potevano riuscire. Se davvero avesse concordato i l piano con H i t l e r perché avrebbe dovuto tacerlo a un suo compagno d i prigione, dopo che la tragedia era finita, e perché avrebbe dovuto inventare le forze sovrannaturali che l'avrebbero ispirato i n sogno? La durezza particolare che fu usata con l u i mentre gli u l t i m i condannati d i N o r i m b e r g a avevano lasciato Spandau già nel 1966 non si comprende. Certo ci fu un'intransigenza russa nella decisione che egli dovesse m o r i r e in carcere. Basta a spiegarla la persuasione, non giustificata da nulla, che si fosse recato in I n g h i l t e r r a per proporre un'alleanza nella guerra contro la Russia? Ho letto che, secondo u n autorevole storico del Terzo Reich, i l Maser, nel 1952 Stalin aveva pensato d i estendere quel suo i m p e r o fatto d i «sovranità limitate» alla Germania r i u n i f i c a t a sotto Hess. Indub-

biamente la manovra era nel suo stile. Nazionalsocialismo voleva dire sintesi di nazionalismo e d i socialismo, che nella forma hitleriana si era dissolta, ma che poteva ricostituirsi i n altra forma: i l nazionalista Hess, senza convertirsi al com u n i s m o , avrebbe potuto dire, come socialista, che i l socialismo si stava realizzando nella Germania dell'Est. Sarebbe stato i l capo d i quel p a r t i t o nazionaldemocratico che effettivamente raggruppava g l i ex nazisti nella Germania dell'Est. Ciò rientrava i n uno scopo più generale, quello d i una Germania riunificata, formalmente come stato neutrale, d i fatto sotto l'egemonia russa. Un p a r t i t o analogo a quello degli ex nazisti avrebbe potuto f o r m a r s i all'insegna del nazionalismo e del socialismo nella Germania occidentale, e vincere i n libere elezioni. Soltanto Hess poteva esserne la guida. La leggenda del suo pacifismo, della sua r o t t u r a con Hitler, che, se avesse potuto, l'avrebbe fatto impiccare, non era certo difficile da costruire. E nel '52 i nazisti erano ancora m o l t i i n Germania, mentre oggi praticamente non esistono. Ogni partito si spegne quando viene a mancare ogni possibilità d i successo: i vecchi fedeli muoiono, gli u o m i n i d i mezza età cercano d i rifarsi una vita dopo la sconfitta, nuove leve non affluiscono. Stupisce la meraviglia con cui certi nostri giornali hanno dovuto registrare l'assenza d i consistenti manifestazioni neonaziste nella recente occasione. Ma, fedele alla m e m o r i a d i H i t l e r , Hess avrebbe r i fiutato, e pagato col carcere perpetuo. Tuttavia la fonte è strana: come mai i l p r i m o m i n i s t r o della Germania orientale di tanti anni fa, G r o t e w o h l , avrebbe comunicato, sia pure sotto i l vincolo del silenzio per un periodo d i vent'anni successivo alla sua morte, una notizia cosi riservata a uno studente dell'Università H u m b o l d t (Germania Est) che l'aveva consultato per una tesi che stava redigendo sull'ascesa del nazionalsocialismo?

Augusto Del Noce // Sabato

26 settembre-2

ottobre

1987


Da 42 anni era prigioniero a Spandati

Si è spento Rudolf Hoss il «delfino» di Hitler A veva 93 anni - Le autorità sovietiche non gli hanno mai concesso là grazia Il vecchio carcere sarà demolito - La salma verrà restituita aUa f%tg£ "

Ma la vergogna resta

Era l'ultimo. L'uno dopo l'altro, t u t t i i suoi coinquilini d i Spandau erano stati liberati: nel '54 von N e u r a t h (che nessuno aveva capito perché m a i v i fosse stato r i n chiuso), nel '55 Raeder, nel '56 Doenitz e F u n k , dieci ann i dopo Schirach e Speer. N e l t e t r o carcere-fortezza non era rimasto che l u i . M a i prigioniero aveva avuto a d i sposizione t a n t o spazio e t a n t i guardiani, m a i nessuno era tanto-costato: oltre u n miliardo l'anno. M a forse non si era nemmeno accorto d i essere rimasto solo. V i aveva trascorso quarantadue compleanni. V i era diventato pazzo, ammesso che non lo fosse già prima. M a le porte per l u i non si erano aperte. R u d o l f Hess non era più — da u n pezzo — u n uomo. Era u n monumento alla vergogna d i chi seguitava a tenerlo lì dentro, la versione aggiornata della «maschera d i ferro». Dei criminali nazis t i processati a Norimberga, era i l meno colpevole d i t u t t i , anche perché La guerra, oltre a non averla voluta, com'era ampiamente dimostrato, non l'aveva fatta. N e l momento i n cui H i t l e r scagliava i suoi Stukas sull'Inghilterra, Hess si paracadutava sulla Scozia per impetrare al governo d i L o n d r a u n armistizio con la Germania. N o n si saprà m a i se l'iniziativa fu sua o concertata col Fuehrer. Personalmente propendo per la p r i m a ipotesi. M a questo conta poco. E ' comunque u n fatto che, quando H i t l e r scatenava la guerra, Hess cercava la pace e, sperando d'indurvelo, si consegnava al nemico.

A volerlo a Norimberga furono i sovietici. Essi sapevano che Hess era andato a dire agl'inglesi che combattere contro la Germania equivaleva a combattere per la Russia. N o n é che gl'inglesi non capirono. F u Hess a non capire che una democrazia non può, nel pieno d i i m a guerra, cambiare campo e alleanze: e i l fatto che non lo capisse m i fa sospettare che i l suo cervello non fosse già allora del t u t t o i n ordine. A l (recesso, più che un'autodila sua fu una lunga e confusa farneticazione. M a su u n p u n t o fu chiaro: «Sono orgoglioso — disse — d i aver speso i m i g l i o r i anni della mia vita a l servizio del più ; rande figlio che i l mio popòo abbia generato», razzo, certo. M a non rinnegato. T u t t e le sue imputazioni si riducevano, i n fondo, a questa: d i essere stato designato da H i t l e r , nella scala dei suoi eventuali successori, al secondo posto dopo Goering. M a i l rapporto t r a i due era personale, più che p o l i t i co: Hess era stato i l segretario privato e lo scriba d i H i tler, che a l u i aveva dettato i l suo Mein Kampf. Poi, dopo la conquista del potere, era diventato Reichsminister, quello che da noi si chiama «ministro senza portafoglio». Ciò non impedì a i russi d i c h i e d e r n e la c o n d a n n a a morte. I giudici inglesi e am e r i c a n i si opposero, m a concessero l'ergastolo. E r a la legittimazione d i una yendetta che faceva a pugni con la Giustizia d i cui quel t r i b u nale si adergeva, con quàcchero sussiego, a inflessibile, ma spassionato ed equanime d e p o s i t a r i o , i n nome n o n della legge degli u o m i n i (che non c'era), ma d i quella — nientemeno — d i D i o .

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Sul «detenuto N . 7» d i Spandau si sgranarono gli anni e i decenni. I rigori del carcere non ai attenuarono mai. Nessuno poteva rivolgergli parola. A nessuno l u i poteva rivolgerla. Parlava da solo. Anche 1 medici più sospettosi convennero che vaneggiava, e chiesero i l suo i n ternamento i n una clinica. I russi risposero: niet. Forse, anche i n quei bui androni giunse qualche eco dei dibatt i t i che i n t u t t o i l mondo si svolgevano sui «diritti umani». M a nessuno, nemmeno Amnesty International, ne chiese 1 applicazione a quel povero vecchio più che novantenne dallo sguardo vuoto e d a l sorriso ebete. «Sono grato alla sorte d i non avermi fatto responsabile d i quella d i R u d o l f Hess» scrisse nelle sue Memorie Winston Churchill, i l più uomo d i t u t t i g l i u o m i n i d i Stato d i allora. «La sua unica colpa era d i aver creduto i n H i t l e r . Ancjie se d i sua i n i ziativa, era venuto a L o n d r a come ambasciatore d i pace, e come tale andava trattato. 0 , al più, come u n caso clinico». . Ci auguriamo che la n o t i zia della sua morte aia stata accolta con sollievo—sarebbe già qualcosa — da t u t t i : da t u t t i coloro, intendo, che vedevano i n l u i u n m o n u mento alla vergogna. Ora i l monumento è rimosso. L a vergogna resta. Indro Montanelli

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Verso il summit

Gli gnomi che guardano a Est Torna d'attualità un Piano Marshall. L a lobby americana vorrebbe fare affari con Gorbacev. E in Italia, De Benedetti e Gardini... • • • • • • • • • • I n quei p r i m i mesi del '47 si stava materialmente consumando la fine dell'Europa. S t a l i n divorava ad uno ad uno decine d i Stati europei r i d o t t i a mere espressioni geografiche. I l grande C h u r c h i l l viene estromesso dai laburisti di Attlee e Bevin che, come p r i m a cosa decidono — è i l 21 febbraio — l'abbandono della Grecia i n piena guerra civile. Per la p r i m a volta nella storia l ' E u r o p a non è i n grado d i badare a se stessa, un nuovo mostro t o t a l i t a r i o si estende da Trieste all'Alaska e minaccia d i inglobarsi anche l ' I t a l i a e la Francia (con T o g l i a t t i e Thorez come luogotenenti d i Zhdanov). Negli Usa l'economia è sconquassata dalle vicende belliche e s u l l ' o r l o del tracollo (gli scioperi del '46 a m m o n t a n o a 107 m i l i o n i d i giornate lavorative perdute). Cosi sul cosiddetto Piano Marshall, un'operazione d i 13,2 m i l i a r d i d i d o l l a r i , convergono con T r u m a n anche la destra d i Taft e Vanderberg e la sinistra libera dell'establishment. Com'è possibile? A l c u n i vogliono così porre un freno a l l ' I m p e r o staliniano, a l t r i per convenienza economica. L'economia Usa i n f a t t i , che comincia d i nuovo a macinare (nel '47 quasi raddoppia la produzione) ha una chance solo se riesce a t r o v a r s i m e r c a t i esteri ( f i n o r a all'export andava solo 1/12 dell'incremento p r o d u t t i v o ) , per poter smaltire le gigantesche eccedenze. ( N o n a caso a gestire i l piano sarà i l texano Clayt o n , voglioso d i smerciare i l suo cotone). Fatto sta che l ' E u r o p a compie la sua ricostruzione, i l più colossale m i r a c o l o della sua storia e conserva la democrazia. A 40

anni esatti ( i l 5 giugno) dal varo del I Piano M a r s h a l l si torna a parlarne con insistenza. È stata per p r i m a la Santa Sede, i n r i f e r i m e n t o alla gigantesca voragine d i debiti (1000 m i l i a r d i d i dollari) che sta travolgendo i l Sud del Mondo. Un nuovo piano d i aiuti per lo sviluppo come occasione storica per l'emancipazione delle aree sottosviluppate. Lo scorso 27 gennaio la Santa Sede, attraverso la Commissione Iustitia et Pax ha f o r m u lato la proposta nel documento «Al servizio della comunità u m a n a : un approccio etico a l debito internazionale». Dove si r i f i u t a sia la cancellazione unilaterale dei d e b i t i proposta da Fidel Castro (che sprofonderebbe i l sistema americano e l'economia mondiale nel baratro), sia la pretesa delle banche americane (come la Chase Manhattan Bank del liberal Rockefeller) d i affamare ancora i l Sud (sull'idea i n vista del vertice d i Venezia, è tornato i n questi g i o r n i i l m i n i s t r o A n d r e o t t i ) . G l i alti tassi d i interesse infatti fanno sì che per ogni 100 m i l i a r d i pagati ne spuntino a l t r i 100 d i interessi da pagare: «Tutti g l i abitanti d e l l ' A m e r i c a latina» notava G a l b r a i t h «dovrebbero lavorare senza mangiare e senza consumare per un anno intero». Nel frattempo le eccedenze cerealicole hanno raggiunto la incredibile cifra d i 451 m i l i o n i d i tonnellate (quanto basterebbe per sfamare i l Sud del m o n d o per 10 anni). Ma una fortissima lobby internazionale sembra orientata piuttosto al mercato sovietico (la Cina e l ' I n d i a hanno già raggiunto l'autosufficienza alimentare). Si sta affacciando così l'idea d i u n Piano Marshall I I per i Paesi dell'est. I n Italia i l propugnatore d i spicco è i l l i b e r a l Carlo De Benedetti insieme con Raoul G a r d i n i . A Venezia vedremo le due linee. Intanto c'è già chi si candida a gestire questa colossale operazione internazionale: la confraternita l i b e r a l americana. Richard Gardner, sul Corriere della Sera del 24 maggio propone la costituzione d i un «Gruppo dei saggi», composto da esperti non-governativi che svolga i l r u o l o f i n o r a affidato al F m i o alla Banca Mondiale (sempre egemonizzati dagli g n o m i liberal). Solo che p r o p r i o questi tecnici sono anche i d i r e t t i interessati del debito internazionale e del commercio...

Antonio Socci Il Sabato

30 maggio-5

giugno

1987


Lunedì 1 7 a g o s t o 1 9 8 7

GRIDO D'ALLARME DELLO SCRITTORE VARGAS LLOSA

TALLONE DI FERRO SUL PERU' a decisione del governo di L i Alan Garda di statalizzare le banche, le compagnie di

e manipolano l'informazione esclusivamente a favore di chi governa, prescindendo imperassicurazione e le finanziarie turbabilmente da ciò che penrappresenta il passo più im- sano o credono gli altri peruportante, fatto finora in Perù, viani. per mantenere questo Paese L'inefficienza e l'immoraliin uno stato di sottosviluppo e tà che accompagnano, di pari di povertà e per fare in modo passo, le statalizzazioni e le che l'incipiente democrazia, nazionalizzazioni sono causainstaurata nel 1980, invece di te soprattutto dalla dipendenmigliorarsi, degradi, diven- za servile dal potere politico tando così finzione. in cui si vengono a trovare le Agli argomenti avanzati dal imprese trasferite al settore regime, secondo i quali questo pubblico. Noi peruviani lo esproprio (che trasformerà lo sappiamo fin troppo bene già Stato in padrone dei crediti e dai tempi della dittatura veladelle assicurazioni e che, tra- squista che, tradendo le riformite i pacchetti azionari delle me che tutti noi desideravaentità statalizzate, estenderà i mo, le modificò, a forza di suoi tentacoli a innumerevoli espropriazioni e confische, in industrie e attività private) modo da far fallire quelle inviene effettuato per trasferire dustrie che avevano raggiunto quelle imprese da un gruppo un notevole indice di efficiendi banchieri alla nazione, bi- za — come quelle della pesca, sogna rispondere: «Tutto ciò del cemento o le piantagioni è demagogia e menzogna». La dello zucchero — e in modo verità è questa. Quelle impre- da trasformarci in importatori se vengono strappate, contro addirittura delle patate, che i la lettera e lo spirito della nostri industriosi antenati Costituzione che garantisce la crearono per la felicità di tutto proprietà e il pluralismo eco- il mondo. nomico e che vieta i monopoEstendendo il numero delle li, a coloro i quali le crearono e svilupparono, per essere poi imprese del settore pubblico affidate a burocrati che, in da meno di una decina a quasi futuro, come accade in tutte le 170, la dittatura, che aduuceburocrazie dei Paesi in via di va come giustificazione la giusviluppo senza alcuna eccezio- stizia sociale, aumentò la pone, le amministreranno a fa- vertà e le disuguaglianze, danvore del proprio profitto e di do un irresistibile impulso alla quello del potere politico alla pratica della corruzione e del negoziato illecito. Da allora cui ombra crescono. tali pratiche sono proliferate come una malattia cancerosa, d? diventando un ulteriore ostaIn ogni Paese in via di svi- colo alla creazione della ricluppo, cosi come in ogni Pae- chezza nel nostro Paese. se totalitario, • la distinzione Questo è il modello che il tra Stato e governo è una pura presidente Garda fa suo, imillusione giurìdica. Essa è una primendo alla nostra econorealtà solamente nelle demo- mia, con la statalizzazione crazie avanzate. In quei Paesi, delle banche, delle compagnie invece, le leggi, le costituzioni di assicurazione e delle finane anche i discorsi ufficiali fin- ziarie, un dirigismo di controlgono di differenziarli. Ma. lo che si colloca subito dopo nella pratica si confondono Cuba e quasi allo stesso livello come due gocce d'acqua. Chi del Nicaragua. Naturalmente, sta al governo si impossessa non bisogna dimenticare che, dello Stato e dispone, a pro- a differenza del generale Veprio piacimento, dei mezzi di lasco, Alan García è un goverquesto. Vi è forse prova mi- nante eletto con elezioni legitgliore del famoso Sinacoso time. Come neppure bisogna (Sistema Nazionale di Comu- dimenticare che i peruviani lo nicazione Sociale) instaurato elessero, nel modo plebiscitadalla dittatura militare e che, rio che sappiamo, affinché da allora, è stato un docile consolidasse la nostra demoventriloquo dei governi che le crazia politica con riforme sosono succeduti? Questa cate- ciali e non per fare una rivoluna radiofonica, giornalistica e zione quasi socialista che potelevisiva rappresenta forse, nesse fine ad essa. in qualche modo, lo Stato, La sua prima vittima sarà la ossia i peruviani? No. Tali libertà di espressione. 11 gomezzi pubblicizzano, adulano

verno non avrà bisogno di procedere alla maniera velasquista, assaltando, armato di pistola, i quotidiani, le stazioni radiofoniche e televisive, sebbene non sia da escludere che lo faccia: abbiamo già constatato che i l vento spazza via le promesse come fossero piume, echi. Trasformatosi nel principale portavoce del Paese, sarà sufficiente che li ricatti con l'avvertimento. Oppure, per farli inginocchiare, che chiuda loro i crediti, senza i quali nessuna impresa è in grado di funzionare. Non c'è dubbio che, di fronte alla prospettiva di morire di cotrsunzione, molti media opteranno per il silenzio o la deferenza; i meritevoli periranno.

E quando la critica scompare dalla vita pubblica, la vocazione congenita a ogni potere di crescere ed essere eterno, ha modo di trasformarsi in realtà. Di nuovo, l'abominevole silhouette dell'orco filantropo (come Octavio Paz ha chiamato il Partido Revolucionario Institucional del Messico), si profila sull'orizzonte peruviano. E tutto questo perché non esiste democrazia che possa sopravvivere a una così esorbitante accumulazione di potere economico da parte del potere politico. Se no, bisognerà chiederlo ai messicani, che vivono in un Paese nei uale, tuttavia, lo Stato non ispone di un settore pubblico così vasto come quello che avrà nelle sue mani i l governo aprista una volta approvata la legge di statalizzazione. Il progresso di un Paese consiste nella possibilità di estendere al maggior numero possibile di cittadini la proprietà e la libertà e nel rafforzamento di alcune regole di gioco, una legalità e dei costumi che premino l'impegno e il talento, stimolino la responsabilità, l'iniziativa e l'onestà' e bandiscano il parassitismo, i l perbenismo, 1 abulia e l'immoralità. Tutto ciò è incompatibile con uno Stato macrocefalo, nel quale i l protagonista dell'attività economica sarà il funzionario e non l'imprenditore o i l lavoratore; e nel quale, nella maggior parte dei suoi settori, la compeyyiza

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sarà sostituita da un monopolio. Uno Stato di questo tipo demoralizza e annulla lo spirito imprenditoriale, facendo del traffico di influenze e favori la professione più ambita e redditizia. Questa è la via che ha portato tanti Paesi del Terzo Mondo a sprofondare nel caos e a diventare satrapie. Fortunatamente il Perù è ancora lontano da ciò. Tuttavia misure come questa, che io biasimo, possono catapultarci in questa direzione. Occorre dirlo ad alta voce affinché i poveri, che saranno le vittime propiziatorie, lo possano sentire ed è necessario cercare di impedirlo con tutti i mezzi legali a nostra disposizione. Senza farci intimorire dalle invettive che ora lanciano contro i critici del governo i suoi protetti sulla stampa «fedele», né dalle masse che il partito aprista, tramite il suo segretario generale, minaccia di far scendere in piazza per intimidire chi protesta. Entrambe le cose sono inquietanti presagi di ciò che avverrà nel nostro Paese se il governo concentrerà nelle proprie mani questo potere economico Assoluto che rappresenta sempre i l primo passo verso l'aso l a t i sm«f politico. Hi'* " Cittadini, istituzioni e partiti democratici devono cercare di evitare che i l nostro Paese, che soffre già tante disgrazie, diventi una pseudo democrazia amministrata da burocrati incompetenti e dove solo potrà prosperare la corruzione.

Mario Vargas U o s a

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Obbiettivo L a visita di Shevardnadze a Buenos Aires

Urss e Argentina idìllio rinnovato La visita di Shevardnadze in Argentina, senza assumere toni trionfalistici, ha portato ossigeno al prestigio di Alfonsin ea ha consentito all'Urss di cementare un'amicizia di lunga data, contrassegnata da un realismo altrettanto stagionato. Il senso di questo incontro può essere colto nelle parole del ministro degli Esteri argentino, Dante Caputo, che, reduce da New York, ha dichiarata «Gli Stati Uniti hanno compreso il problema del nostro debito estero, che ci strangola, ma hanno eluso la speranza dell'America Latina per una rapida soluzione sulla riduzione dei tassi di interesse». Quanto all'Urss, «il governo argentino è profondamente soddisfatto per il livello di relazionile per le molte coincidenze ài vedute sulle questioni di attualità internazionale». Shevardnadze ha risposto esprimendo la soddisfazione del Cremlino per le posizioni progressiste e pacifiste dimostrate dall' Argentina in politica estera, in particolare sul tema del disarmo. L'idillio dura da sette anni: cominciò al tempo del deprecato generale Videla, quando l'embargo decretato da Carter per le esportazioni di cereali verso Mosca, dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan,. fu rotto proprio dal leader argentino che firmò varie convenzioni con l'Urss assicurandole, in un arco di cinque anni, mais sorgo e soia per 3.000 milioni di dollari l'anno, oltre a quasi 100 mila tonnellate di carne.

Da parte loro, le imprese statati argentine, nel periodo 1980-1986, hanno emesso ordinidi acquisto di materiale sovietico per 100 milioni di dollari: un acquisto . quasi simbolico che però ria favorito il nuovo accordo del 1986 grazie al quale l'Urss, che aveva allentato le importazioni, ha stipulato un nuovo contratto per l'acquisto di quattro màioni ài tonnemté di granaglie. Queste strette relazioni, già avviate nella seconda metà degli anni Settanta e che si annodarono nel pe- . riodo in cui in Argentina si era passati dal sanguinoso terrorismo rivoluzionario dei montoneros alla feroce ' repressione governativa,, ebbero risvolti politici tanto •realistici» quanto paradossali: il partito comunista argentino, che già non era stato soppresso nel•> 1976, conservò la sua legalità e collaborò col generale Videla «al fine di evitare involuzioni pinochettiste in un governo di intenti liberali». H partito comunista argentino arrivò al punto di inviare trenta suoi rappresentanti in Europa col compito di neutralizzare la propaganda dei montoneros, mentre l'Urss, dal canta suo, bloccava in vari fori internazionali i tentativi di condannare il governo di Videla per violazione dei diritti umani. Più ambigua la posizione di Cuba, alla quale Mosca sembra aver affidato il lavoro sotterraneo: Cuba ospitò i montoneros e mantenne vivi i focolai insurrezionali; ancora all'inizio di quest'anno, l'Avana ha fa-

vorito il viaggio — via Cuba — di molti attivisti comunisti argentini verso la Corea del Nord dove — secondo i servizi d'informazione — sarebbero stati ospitati in campi di addestramento per la guerriglia. Alfonsin ha notevolmente incrementato i rapporti con l'Urss, grazie atta afa visita a Mosca nell'ottobre del 1996, mirante ad •ampliare e diversificare la cooperazione economica tra t due PaatUfytqueB'ktr^ contro, si arrivò eèchead * • un accordo che consentiva ai pescherecci russi di lavorare neÓe acque delle Maidive. Un altro accordo Alfonsin-Gorbaciav prevedeva la partecipazione di un aeronauta argentino a un progetto spaziale sovietico, programma che Alfonsin ha dovuto rinviare data la rimozione di fermento alt interno delle sue forze armate. Ufficialmente, Shevardnadze non avrebbe, nel corso detta visita di questi giorni rievocato le ultime due questioni ma è probabile che, negli incontri privati, il tema dei pescherecci sia riaffiorato, nel quadro dell'intensa attività sovietica nel continente latino-americano. 4 Lucio L a m i

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Gli insegnamenti del leader politico assassinato stravolti dalla sua vedova

Ma Benigno Aquino non avrebbe votato Cory fino a che punto queste m i sure potranno essere a p p l i cate, con la frustrante condizione dei m i l i t a r i , e col loro vergognoso t r a t t a m e n t o economico. I soldati che proteggono la A q u i n o hanno una paga d i 500 pesos a l mese, circa 46 m i l a lire; la polizia m i l i t a r e , i carabinieri f i l i p p i n i , guadagnano 774 pesos al mese, circa 60 m i l a lire: ne guadagnavano 700 p r i m a della legge marziale imposta da Marcos dell'81: i n sei ann i , dunque, la loro paga è aumentata soltanto d i 74 pesos, cioè d i circa cinquemila lire. Come se non bastasse la polizia militare agisce condizionata da una serie d i l i m i tazioni. Se u n poliziotto viene attaccato da una unità d i «passeri rossi» e ne colpisce uno, può esporsi ad una serie d i guai. I familiari della v i t t i ma, i n f a t t i , diranno: • come p o t e t e d i m o s t r a r e che si t r a t t a v a veramente d i u n guerrigliero comunista, dove sono le prove? E i n certi casi, effettivamente, non è facile p r o v a r e che q u e l giovane M a queste parole Cory colpito che stava per far fuosembra p r o p r i o averle d i - ri u n poliziotto apparteneva Cory nei suoi discorsi r i - menticate. alla guerriglia. E se non si corda sempre i l marito BeniAdesso parla d i misure ec- riesce a dimostrarlo i l caragno e i l suo credo democrati- cezionali se si renderanno biniere viene messo sotto co. M a vediamo cosa vera- necessarie, ma ci si domanda processo e può essere sospemente aveva detto Benigno so dall'incarico. Aquino a proposito della d i fesa della democrazia. Poco Due mesi venne colpito da prima d i rientrare i n patria una pallottola Bernabò B u dall'esilio americano e d i vescayno, uno dei capi storici nire assassinato dai soldati della guerriglia che però si d i Marcos, aveva preparato era convertito a l processo un discorso che non fece a democratico e nel màggio

M a n i l a — Deve esserci stata una frattura tra i l m i n i stro della Difesa Rafael Lieto e certi consiglieri della Aquino. I l ministro della Difesa ha parlato d i u n possibile stato d i emergenza parziale l i m i t a t o all'isola d i M i n d a nao, punto focale dei più gravi problemi del Paese, con la minaccia dell'insurrezione armata dei separatisti musulmani e i guerriglieri comunisti adesso avvicinati in un'unica alleanza antigovernativa. M a t r a i seguaci dell'Aquino, -invece, prevale una parte chiaramente ostile ai m i l i t a r i , quella che appoggia le commissioni dei d i r i t t i umani a senso unico, che i n dagano sugli abusi delle forze armate e non sulle efferatezze della guerriglia. Adesso, sollecitata oltre che dal ministro della Difesa anche dalla opposizione, la Aquino assicura misure straordinarie, dichiarazione però affievolita da frasi precedenti i n cui si è affrettata ad assicurare che all'anarchia si risponderà con le leggi, e non con le a r m i .

tempo a pronunciare, ma d i cui si conosce i l testo. Rileggiamolo. «Come si difende la libertà? Con la verità, quando è attaccata dalle bugie; con la l o t t a democratica, quando è attaccata dai dog m i autoritari; con le a r m i , quando è attaccata dalle armi». M a leggiamo altre frasi d i Benigno Aquino: «Qualcuno sostiene che se io andassi alla presidenza a l posto d i Marcos sarei duro come l u i . Ebbene, non lo nego: non si possono governare le F i l i p pine senza una presidenza forte. Credo i n una leadership forte anche se con le garanzie democratiche. A i guerriglieri comunisti direi: Sarete legalizzati e potrete far sentire la vostra voce se deporrete le a r m i . M a se non lo farete e se continuerete ad usarle, sarete nella illegalità; ma se io userò le a r m i , invece, sarò nella legalità e ne approfitterò per colpirvi come dei cani rabbiosi. Perciò non forzatemi ad usare questi metodi"».

scorso aveva partecipato alle elezioni per i l rinnovò della Camera e del Senato. Si disse sul le prime che erano stati i m i l i t a r i a colpirlo; ma parve chiaro invece che erano stati i suoi compagni d i partito che non. gli avevano perdonato l'adesione a l processo elettorale e i l ripudio dell'azione armata. Ebbene, nell' ospedale dov'era ricoverato Buscayno ricevette la visita sollecita d i Aurora Aquino, la madre d i Benigno Aquino, la suocera dì Cory. «Ai funerali dei n o s t r i u o m i n i assassinati Cory non si è m a i v i sta», hanno detto alcune vedove dei p o l i z i o t t i assassinat i dalle squadre omicide della guerriglia. Ramon M i t r a , oggi speaker del Congresso, ma precedentemente rappresentante del governo nelle trattative d i pace coi guerriglieri, trattative p o i clamorosamente fallite, na detto: J m i l i t a r i hanno ormai perso la volontà d i vincere: dovrebbero essere pagati meglio, meglio i s t r u i t i , meglio equipaggiati». E i l capo d i Stato maggiore delle forze armate generale Ramoe ha aggiunto: «Gran parte dell'attuale situazione militare rientra nella concezione che dei m i l i t a r i ha i l comandante i n capo». U n a grave accusa alla Aquino, dato che nella sua ualità d i capo d i Stato è lei comandante supremo (lolle forze armate. Carlo Mazzarella

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Obbiettivo

Gli aiuti all'Etiopia Un anno e mezzo fa, mese più mese meno, il presidente etiopico, colonnello Menghistu Hailé Mariam. garantì i governi occidentali, in gara nell'assistenza ai suo Paese, che il regime marxista-leninista instaurato dal partito dei lavoratori (Wep), di cui egli è segretario generale, avrebbe subito al più presto una trasformazione in senso «riformista». L'assicurazione venne data dopo che, appunto in Occidente, si erano levati cori di denunce per la politica repressiva di Menghistu (non a torto paragonato al cambogiano Poi Poi) e per le conseguenze drammatiche dei trasferimenti forzati di centinaia di migliaia di persone. Alle denunce si erano accompagnati inquietanti interrogativi sulla utilizzazione e sulla reale destinazione degli aiuti alimentari e sanitari che giungevano in Etiopia. Il tempo è passato; ad Addis Abeba si è insediato un nuovo Parlamento — se così si può chiamare — e una nuova Costituzione è stata approvata, ma di riforme effettive nessuna traccia. Ne è derivato che gli aiuti occidentali si sono sensibilmente ridotti mentre la situazione etiopica è andata sempre più deteriorandosi. Ora, per la seconda volta in pochi anni, una prolungata siccità sta facendo assumere proporzioni catastrofiche al fenomeno della carestia, peraltro sempre serpeggiante in quel Paese. Le Monde ha scritto che allo stato attuale della situazione (essendo venute a mancare al raccolto 950 mila tonnellate di cereali) sei milioni e mezzo di persone dovranno essere assistite nel prossimo futuro per non farle morire di fame; quasi tre volte tante di quelle assistite finora. Di fronte a questo stato di cose, c'è poco da obiettare alla decisione presa giorni fa dal nostro ministero degli Esteri di predisporre un programma di emergenza (erosso modo dell'entità di tredici miliardi) allo scopo ai far fronte alla tragica situazione alimentare dett'Ettopia. Dice in proposito un comunicato della Farnesina: •Per evitare massicci spostamenti di popolazioni per carenza di cibo soprattutto in Eritrea e in Tigrai, di recente il governo etiopico ha rivolto un pressante appello ai Paest donatori in cui chiedeva l'invio urgente ai aiuti alimentari con invito a curare con particolare attenzione gli aspetti logistici legati alla distribuzione. L'Italia,

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in tal modo, è tra i primi Paesi a rispondere

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aiuti verrà affidata in parte atta Rrc (Rebef and RehàEi-

peranti a Makatté, che ne cureranno l'utilizzo a favore della popolazione locale e dei centri sanitari». Come si diceva, niente, proprio niente da eccepire sul piano di aiuti straordinari né su quelli che, presumibilmente, seguiranno qualora persista Ut siccità. Qualche perplessità, invece — anzi: non poche — sulla utilizzazione dette 15 mila tonnellate di farina, degli altri generi alimentari e dà medicinali che stanno per essere spediti laggiù. Ildubbio è ragionevole, in quanto la vendita sul mercato nero degli aiuti alimentari giunti dall'Italia e da altri Paesi occidentali per la gente che stava morendo di fame, in Etiopia è stata, anche nel recentissimo passato, una prassi costante. Cè chi assicura inoltre, — e convincenti smentite non sono mai venute dagli interessati — che larga parte dei generi d'assistenza (medicinali compresi), appena sbarcati sui moli di Massaua e Assab, veniva reimbarcata su mercantili sovietici arrivati in quei porti con carichi di armi per l'esercito di Menghistu. Ed è stato per di più ripetutamente denunciato il fatto che né un chicco ai grano, né un grammo di penicillina sono mai stati distribuiti dal governo di Addis Abeba alle popolazioni dette province dove la resistenza anti-regime è particolarmente attiva, Come si cautela, oggi, contro tali odiosi abusi la neocostituita Direzione generale per la cooperazione atto sviluppo del nuovo ministero degli Esteri? Aver affidato, per la distribuzione, una quota degli aiuti di emergenza atta commissione governativa etiopica è tutt 'altro che una garanzia. Anche se Menghistu non fa riforme, non si può certo voltare le spalle a centinaia di migliaia di creaturef disperate e affamate: bisogna, però, essere sicuri che l'assistenza, se è davvero disinteressata politicamente, raggiunga lo scopo e non venga •convogliata» verso ben differenti obbiettivi. Eugenio M e U n i BUJUMBURA (Burundi). Le au-

BURUNDI

A Messa solo il sabato pomeriggio e la domenica

torità dello stato del Burundi, nel centro del continente africano, hanno vietato la celebrazione di Messe cattoliche durante i giorni lavorativi della settimana con la moti vazione che esse influivano sull'economia del Paese e causavano disordini. Lo ha reso noto l'altra sera Radio Bujumbura, citando u n comunicato del ministro degli Interni colonnello Charles Kazatsa che precisa che in futuro le Messe potranno essere celebrate soltanto i l sabato pomeriggio e la domenica in quanto «parecchie persone sacrificano una buona parte della giornata di lavoro per raggiungere i luoghi di culto rientrando troppo tardi la sera». Sinora le autorità del Burundi si erano limitate a vietare la celebrazione di Messe durante le ore di layoro.


Il racconto dì un ex berretto verde ispirato da L e d i Walesa

In mezzo ai guerriglieri afghani un Rombo convertito all'Islam disertore dall'esercito sovietico Dal nostro inviato Kimini — Non somiglia a Rambo, ma piuttosto — sarà perché è lituano d'origine, sarà per la barba bionao-grigia da profeta — ad uno dei tanti dissidenti dell'Est che gironzolano al meeting di Rtmini. Invece Andrew Eiva è americano. E' stato capitano dei Berretti verdi in Vietnam e la barba se l'è fatta crescere in Afghanistan, dove ha fatto il mercenario nell'81 Da, professionista della guerra, racconta, un anno dopo aveva lasciato l'Afghanistan pieno di rabbia e con un profondo senso di inutilità: troppo forti i sovietici, troppo male armati i guerriglieri, troppo pochi gli aititi in armi e materiali che arrivavano dall'America. Ma in patria, il mercenario Eiva legge per caso un'intervista a Lech Walesa. Un giornalista chiede al capo di Solidarnosc come possa sperare di vincere la sua lotta contro il regime. Walesa risponde: «Vincere o perdere non ha significato per me. La mia lotta è nelle mani di Dio». Per l'ex Berretto verde è un'illuminazione. Da quel momento la battaglia di Andrew Eiva per la libertà dell'Afghanistan cambia fronte. «Come per il Vietnam, la guerra che non si perde in Asta, ma negli Stati Uniti», dice. Eiva si infiltra nei canali di vendita delle armi ai patrioti islamici, frequentagli uffici della Cia, scopre come vengono dirottati gli aiuti americani all'Afghanistan. «La Cia ha incamerato in sette anni un miliardo di dollari destinato all'Afghanistan, senza rendere conto di un penny», racconta. Scopre che ti 70 per cento di quella cifra non è mai giunto ai guerriglieri, ma si è disperso fra trafficanti, mediatori e generali pachistani corrotti. Eiva comincia un'azione di informazione dell'opinione pubblica che trova eco nei giornali della sterminata provincia americana: la gente si indigna e scrive ai suoi rappresentanti al Congresso. E infine, nell'84, 99 membri del Congresso presentano un progetto di legge per rendere più efficaci gli aiuti ai combattenti afghani. Eiva, che in quel momento è in Pakistan, viene arrestato dai servizi se-

greti pachistani: durante la sua detenzione, che dura 78 giorni, il progetto di legge a Washington cade. Eiva, poi, torna in Usa, riprende la sua campagna e riesce a far approvare un nuovo progetto. Dagli Usa partono le consegne dei primi missili Stinger, i soli efficaci contro i terribili elicotteri blindati sovietici. Ma col contagocce. «Venticinque Stinger al mese, per otto mesi», tuona l'ex Berretto verde. «La Cia metteva i bastoni tra le ruote. I sovietici hanno avuto tutto il tempo di mettere a punto le contromisure». Quando Eiva riesce a sbloccare la situazione e ad aumentare gli Stinger a 100 al mese, il loro k i l l rate, o tasso di efficacia, è ormai caduto dal 60 al 30 per cento. «Grazie agli Stinger, gli afghani abbattono oggi tre velivoli sovietici ogni due giorni», dice. Ciò non significa che mettano davvero tn difficoltà l'occupante («Noi americani in Vietnam abbiamo perso anche cinque velivoli al giorno, e non è stato questo a sconfiggerci»). Ma, aggiunge, «una nazione non può essere vinta se crede nella vittoria»: e gli afghani ci credono. I veri ostacoli alla loro vittoria, aggiunge, sono «fattori esterni all'Afghanistan». Eiva H elenca: «Sono cinque le cose da fare per aiutare davvero i patrioti islamici. Primo, bisogna creare negli ambienti decisionali americani l'idea che si può vincere. Quarantanni di ritirate di fronte ai rossi hanno assuefatto i nostri burocrati alla sconfitta, come ci si assuefà ad una droga». In secondo luogo, «bisogna sfruttare il potenziale della tendenza alla diserzione dei soldati sovietici, che è altissimo. In questo senso gli afghani hanno bisogno di attrezzature per sminamento: ciò che trattiene molti soldati russi dal disertare sono i campi minati che circondano i Imo campi trincerati». Terzo: «Rifornire i patrioti con lanci paracadutati direttamente, scavalcan-

do la mediazione dei militari pachistani». E inoltre: «Occorre far diventare il problema Afghanistan un punto centrale detta prossima campagna presidenziale. Non è vero che t sovietici stiano preparandosi a lasciare l'Afghanistan, come fa credere Gorbaciov. L' Armata rossa si attesta per una permanenza lunga, si trincera, si costruisce aeroporti stabili e interra serbatoi. E manda migliaia di bambini afghani in Urss per preparare la prossima generazione di quadri fedeli aWUnkme Sovietica» L'ex mercenario si occupa anche dei soldati russi che ca dono nelle mani dei guerriglieri anticomunisti: «Oggi sono 300, li stiamo trattando bene per invogliare altri alla diserzione». Fra questi Eiva ha conosciuto un suo pari: un capitano degli Speznaz, le temibili «truppe speciali» sovietiche, che ha deciso di passare ai ribelli. Un Rombo rosso convertito all'Islam e atta Ih bertà, come Eiva si è convertito al cattolicesimo. «GÙ afghani hanno la massima fiducia in lui. Al punto che è a lui che fanno sparare spesso i loro preziosi missili Stinger» m.b.

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Sarà presentato a giorni un progetto di legge governativo per depenaliz

In Olanda l'eutanasia non è reato

Non sarà punibile quella passiva, che consiste ne11 'interrompere le cure a un nudato gainfindi vita, mentre re proibita quella attiva (già largamentepraticata) che vede i medici somministrarefarmaci che accelerano la mo di FRANCO PAPITTO

L'AJA — Un compromesso pasticciato ha chiuso la lunga polemica che da due anni agita l'Olanda a proposito della legalizzazione dell'eutanasia. Provvisoriamente, però. La contraddittoria intesa che questa settimana sarà trasmessa al Parlamento dal governo di centro-destra del democristiano Ruud Lubbers è così equivoca da essere fonte potenziale di conflitti d'interpretazione a non finire. Essa distingue fra l'eutanasia passiva ed attiva. La prima non sarà più reato e consiste nell'interruzione delle cure, su richiesta reiterata del malato o della famiglia, che tengono in vita un paziente affetto però da malattia incurabile. L'eutanasia attiva consiste nella somministrazione di farmaci capaci di accelerare la morte. Essa resterà un reato condannabile fino ad un massimo di quattro anni e mezzo d i carcere. Ma la legge, mentre proibisce da una parte l'eutanasia attiva, indica un certo numero d i criteri che i medici devono rispettare scrupolosamente se decidono di praticarla malgrado il divieto del legislatore. E' sicuramente l'equivoco più grande di questo compromesso zoppo che ha salvato in extremis la

coabitazione fra democristiani e liberali nel overno di Ruud Lubbers. I n Olanda, secono statistiche di fonte medica, si praticano ogni anno 10 mila casi di eutanasia attiva su una popolazione che è meno di un terzo di quella italiana. E si tratta di un fenomeno socialmente accettato, tanto che esso non provoca scandalo e trova una grande comprensione nella magistratura che negli ultimi anni ha pronunciato rarissime condanne. Sono proprio queste, le condanne in base alla legislazione vigente, che fanno sensazione e vanno a finire sulle prime pagine dei giornali. Da qui la necessità, sostenevano i liberali, d i recepire nel diritto comportamenti sociali ormai ampiamente diffusi. Solo che le loro tesi, condivise dall'opposizione socialista, sono state accolte a metà. I n pratica, viene ora lasciato ai giudici il compito delicato di stabil ire la frontierafraeutanasia attiva e passiva—molto meno chiara, nei casi quotidiani, di quanto lasci pensare l'enunciato legislativo—anche se la giurisprudenza quasi costante degli ultimi tre anni fa prevedere che le rare condanne penali scompariranno del tutto.

Nel fissare le regole dell'eutanasia attiva, se i l medico deciderà d i applicarla nonostante la sua rilevanza penale, la legge recepisce quasi completamente i criteri già formulati dall'Associazione olandese della medicina (Knnig) e dalle organizzazioni degli infermieri. Il medico deve essere in presenza della richiesta esplicita e reiterata del malato o della famiglia, nei casi i n cui i l paziente non sia più in grado d i intendere e a i volere. Deve consultare un collegio di colleghi, tenere un diario dettagliato della sua azione, informare con la maggior completezza i l malato e la famiglia. Quanto alle tecniche dell' operazione, esiste già un manualetto scritto da un anestesista cu Delft e che indica i prodotti e le dosi i n grado d i dare la morte nella maniera più indolore a chi abbia deciso d i porre un termine definitivo alle proprie sofferenze.

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Le associazioni mediche e del personale ospedaliero — nonché 1'« Associazione per i l diritto di morire nella dignità» che conta decine d i migliaia di aderenti—si sono elevate contro il progetto per leincertezze e gli equivoci che esso lascia sussistere.

• la Repubblica martedì 1 settembre 1987

I l sabato libero Caro direttore, leggo l a notizia che f o n . Mastella ha ripresentato i l suo disegno d i legge per la settimana corta nella scuola, proponendo le ore d i 50 m i n u t i per cinque giorni alla settimana e nebulose a t t i v i tà, più o meno ricreative, al sabato m a t t i n a per chi le desidera. L'esperienza d i sei a n n i d i insegnamento con l a settimana corta m i hanno dimostrato che i cinque giorni sono troppo gra vosi con cinque o sei ore giornaliere, gravosi anche per la preparazione delle medesime, e cne d'altra parte due giorni i n t e r i consecutivi d i vacanza creano un intervallo troppo dispersivo nella normale attività scolastica. Le ore d i 50 m i n u t i sono troppo brevi e toglierebbero al totale dalle q u a t t r o alle cinque ore complessive alla settimana, nè l'esempio delle scuole sperimentali, oltre t u t t o con classi generalmenIL

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te ridottissime, è dei più confortanti. Per ricostruire la famiglia italiana così lesionata ci vuol altro che u n a m a t t i n a t a i n più d i vacanza. C i vuole u n ritorno a costumi e principi stoltamente abbandonati per seguire mode e parole d ' ordine disgregatrici. I padri •e le m a d r i lavoratori che vogliono stare vicino ai figli, come è loro dovere, possono farlo i l sabato pomeriggio e la domenica e t u t t e le sere quando i l pasto comune, ovviamente senza T v , raccoglie la famiglia intorno a l desco Indebolire ulteriormente la scuola ed incoraggiarla sulla via della «creatività» per riempire i l sabato m a t t i na d i chi non lo vuole libero, è operazione imprudente ed inopportuna e sarebbe l'ennesima riforma scolastica sbagliata. RitaCaMarini •©Of «tarlo ò«l Cnmàai Milano ¿0-8-81


UNA VITA ESTREMA D u e mesi fa m o r i v a i n Mozambico Almerigo Grilz. Giornalista, free lance, i n v i a t o sui f r o n t i più c r u d e l i e avventurosi, Grilz passava i n t e r i mesi a l l ' a n n o a l l a ricerca d i quelle storie violente d i c u i le televisioni a m e r i c a n e vanno v o r a c i . « I l Sabato», che deve a G r i l z alcuni indimenticabili scoop, come i l r i t r o v a m e n t o delle t r e suore sequestrate proprio in Mozambico, oggi lo ricorda, con questo racconto d e l l a sua v i t a . Che è anche l'occasione per conoscere u n risvolto r a r o e avventuroso del g i o r n a l i s m o d'otyfj

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A s i n i s t r a , nella foto grande, c'è " S o w " J o h n n i , 25 anni, u n tenente dei Karen, guerriglia b i r m a n a . A destra c'è A l m e r i g o Grilz, 34 anni, reporter d i guerra, f i l m a v a e scriveva per I ' "Agenzia A l b a t r o s s " d i Trieste, firmava sul Sabato. Stavano attraversando i l fiume M o e i . Sono m o r t i . L ' u n o i n Birmania, l ' a l t r o i n Mozambico. Negli occhi d i " S o w " c'è u n enigma d i tristezza e d i purità. A l m e r i g o invece ha gli occhiali, la barba curata, i l cappellaccio a posto: un enigma al quadrato. " S o w " Johnni è m o r t o cosi. Era un super-esperto, aveva visto tutto, sempre in guerra da quando era nato. La tesi d i Almerigo fu che aveva visto troppo e q u i n d i aveva deciso d i m o r i r e , cercava un'occasione per m o r i r e bene, per un a m i c o . H a a v u t o f o r t u n a . Nella sua squadra c'erano due mercenari francesi. Gli voleva bene. Poi u n bombardamento di m o r t a i o . È la cosa più t e r r i b i l e . Un francese è tranciato da una scheggia, è m o r t o senz'altro. " S o w " torna per recuperare i l corpo, sapeva che si m o r i v a a far così. Ma ha avuto fortuna, è m o r t o bene. E A l m e r i g o ? A l m e r i g o diceva pochissime parole, aveva la m i n i m a cura d i ogni cosa, teneva agende m i n u z i o s e . Era uno perfetto che aveva scelto di-andare nei posti d a n n a t i . Perché? I l perché lo sa Dio. M a com'è m o r t o lo si sa: 10 ha f i l m a t o , d i s p a l l e , m a lo ha f i l m a t o . Si vede nell'erba gente che corre tenendosi bassa (e la telecamera è alta, ferma). Poi l'avanzata è bloccata, appare come una cancellata d i ferro, la cinepresa si gira a seguire i g u e r r i g l i e r i che scappano, mentre la cinepresa sta ferma. La cinepresa non scappa. Registra anche l'audio. C o l p i . Poi uno fortissimo. La cinepresa cade, gira i l b u i o assoluto come uno s'immagina l'atto della m o r t e , e p o i qualcuno la sposta. Ecco i l piede d i A l m e r i g o . I l f i l m finisce. Quello che n o n si vede lo racconta Michael Cecil, i l giornalista inglese che era con l u i . «Vedo che portano via u n fagotto con un m o r t o . D ' i s t i n t o fotografo. M i avvicino e vedo. È A l m e r i g o con 11 suo cappellone verde insanguinato. I g u e r r i g l i e r i dicono: 'Una baia ne la cabeza . u n colpo nella nuca. Grilz era così: f i l m a v a tutto, i n piedi come u n albero.

L'ho fotografato una volta mentre la sua guardia del corpo era bocconi e l u i in alto, per vedere». Erano le 6 e 30 del m a t t i n o . I guerriglieri a n t i c o m u n i s t i del Renamo (che i n Mozambico controllano o r m a i i l 50 per cento del Pese) davano l'assalto a Caya, una città sullo Zambesi. La m a r c i a era iniziata alle 4 del m a t t i n o , a l buio. Una colonna d i trecento straccioni dotati però d i decodificatore radio e d i cannoni perfetti da 107 m m senza rinculo. Caya era difesa da 500 governativi. Di solito questi scappano, anche se la logica m i l i tare definirebbe assurdo i l r a p p o r t o tra attaccanti e difensori, i n A f r i c a si fa cosi. I governativi sono reclutati a forza, povera gente. Come i g u e r r i g l i e r i del resto, che però vogliono vincere. Stavolta però c'è stato u n guaio: 150 m i l i t a r i professionisti dello Zimbawe: truppe scelte, baschi rossi. E Almerigo, per uno stupido calcolo sbagliato, è m o r t o . Lo hanno trasportato per ore. Poi Cecil ha capito che bisognava seppellirlo i n A f r i c a , sotto una bella pianta, «l'Africa è bellissima». M a a Grilz che cosa i m p o r t a v a d i tutte queste guerre e microguerre? E poi perché mettere la pelle sul piatto, sempre, ogni volta? I suoi compagni non hanno la risposta p r o n t a . Sono q u e l l i della " A l b a t r o s s " : Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Ragazzi che nell'82 da soli decisero d i mettersi a cercare le guerre d i m e n t i cate. Senza la copertura d i una testata d i prestigio, senza assicurazione, senza curriculum. Racconta Biloslavo, una f i r m a che i l e t t o r i hanno i m p a r a t o a riconoscere. « N o n p a r l o d i me. Parlo d i l u i . A l m e r i go era una parola sola: scavare, scavare. La testa alta, m a sempre a fondo d i t u t t o . Aveva l'ossessione della realtà. Cercava la risposta nella realtà. H a voluto vedere e far vedere a t u t t i la realtà». L o v e d i a m o , G r i l z , all'opera già nel '68. Lo visse, dalla parte della destra. Arrivò a l l o scontro fisico. Divenne segretario del Fronte della gioventù, faceva v o l a n t i n i , l i disegnava. «Aveva come u n desiderio d i qualcosa d i grande, d i u n m o n d o nuovo da raggiungere attraverso la politica, anche con l ' M s i . I o lo seguivo».


Lo vediamo nei p r i m i anni '80 consigliere comunale del M o v i m e n t o sociale. Poi le d i m i s s i o n i , «anche se le idee sono rimaste quelle ed era ancora nel Comitato centrale». Eppure la politica non bastava. Dio? «Guai a parlare d i Dio con l u i . Era uno che non pregava. Io lo spingevo, non voleva sentirne parlare. Aveva i l problema della verità». Se una volta i l cielo erano le sue idee, queste ancora gli parevano giuste, ma n o n bastavano, p r o p r i o non bastavano. Voleva vedere e raccontare t u t t i i d o l o r i , le bestialità, le ingiustizie e g l i eroismi degli u o m i n i : voleva essere nella guerra senza far male ad una mosca. Testimoniando che la realtà c'è, costringendo i l mondo ad accorgersene. Desiderio d i avventura? Biloslavo nega: «Gli abbiamo proposto: senti, o r m a i ci conoscono, abbiamo lavorato per le tivù americane, per i più i m p o r t a n t i g i o r n a l i del m o n d o . N o n mettiamoci le pantofole, ma facciamo qualcosa d i avventuroso. E s p l o r a z i o n i in Amazzonia, robe s i m i l i . E l u i : è giusto, condivido, fate voi, m a io c o n t i n u o con le guerre. E credeva forse d i essere invulnerabile: perché l u i era i n guerra ma n o n c'entrava, era lì per vedere e far sapere». E Intanto imparava, mandava d e n t r o d i sé, e lasciava riposare tutto i n cuore. Quanto sarebbe durato? Biloslavo dice che erano b e n consapevoli che i l calcolo delle probabilità lo voleva m o r t o . Dieci mesi a l l ' a n n o sui f r o n t i più sanguinosi, in p r i m a linea, con i g u e r r i g l i e r i che sanno che sei giornalista e allora fanno i coraggiosi. I m p o s s i b i l e scansare tutte le pallottole. M a quanto era cambiato Grilz. Di destra restava è vero, però non c'erano più f u m i ideologici né pregiudizi. Era una ciotola d i pietra che non i m pregnava d i sé l'acqua che offriva al m o n d o . Liberation, i l quotidiano francese d i estrema sinistra a m m i r a v a i suoi servizi e l i pubblicava i n Francia. Chissà cosa cercava i n quelle note così prive d i aggettivi, così contrarie alla retorica delle file della sua militanza. Basta leggere i l nobile articolo che i l Secolo d italia, organo del M s i , gli ha dedicato per capire i l c a m m i n o d i A l m e r i g o . Grilz diviene lì u n «meraviglioso e segaligno fascio d i n e r v i tesi», sulla c u i macchina da presa «si è riversato e si è raggrumato i l sangue spillato dalla sua fronte». T r o p p i o r p e l l i , a m i c i , avrebbe forse pensato Grilz. Basta la realtà, n o n c'è bisogno che noi la carichiamo dei nostri sogni che la trasfigurano. Quante cose aveva veduto. Aveva capito che (è Biloslavo a riferire) «gli uom i n i sono totalmente i m p e r f e t t i . Non ci sono i b u o n i e i cattivi. A l l ' i n i z i o d i una guerra c'è una parte che ha t o r t o e l ' a l t r a che ha ragione. Ma p o i a r r i v a i l vortice. Non c i sono

più buoni e cattivi. C'è la guerra. Un massacro chiama l'altro. Le colpe si d i vidono. M a i , m a i la guerra è giusta. Nasce forse giusta, ma poi diviene inevitabilmente ingiusta, orrenda. Guarda i l Libano. I cristiani hanno ragione, evidentemente. M a la guerra ha generato massacri o r r e n d i da tutte le parti. L'uomo è questa cosa tremenda». È stato dappertutto: A f g h a n i s t a n , Iran, Cambogia, B i r m a n i a , Angola, Etiopia, F i l i p p i n e . E lì nelle Filippine era quasi diventato uno dei guerriglieri m a r x i s t i . Lo chiamavano ca, compagno. È gente che combatte e muore d i fame, i più poveri g u e r r i g l i e r i del mondo, secondo Biloslavo. «Me lo r i c o r d o , Almerigo, con questi m a t t i . Quelli sognavano i l Nicaragua, e l u i a d i r e che era un balla. Discutevano per ore, finché si addormentavano t u t t i nella notte». L i amava. I suoi n e m i c i ideologici, così n e m i c i da prendere i l fucile. M a n o n lo avrebbe m a i confessato. Guerre lontane, eppure ci siamo d i mezzo, eccome. «La cosa che fa più schifo è chi fa come se n o n c'entrasse, e gioca con questi massacri. Ogni guerra ha anche questi protagonisti». Ci sono le superpotenze, ma ci sono anche le a r m i italiane. Con disgusto B i l o s l a v o racconta che avevano c o n o s c i u t o u n grosso piazzista d i elicotteri (la marca non si dice, m a indovina...) che aveva i l suo ufficio pieno d i crocifissi da cristiano devoto. Aveva r i f o r n i t o d i elicotteri per operazioni antiguerriglia gli ugandesi. 18 m i l i a r d i per 4 elicotteri. Si metteva a posto la coscienza dicendo che l u i gli elicotteri l i f o r n i v a senza a r m i . Biloslavo si indigna: «Muoiono d i fame e t u li impoverisci, ed i n più t r o v i queste scuse». Cattolici d i questa fatta A l m e r i go non poteva s o p p o r t a r l i . I m i s s i o n a r i invece... Non t u t t i , certo. Ci sono stati anche i b u r o c r a t i delle congregazioni («ma sono ancora missionari?») che l i han lasciati a Natale i n albergo perché «alla loro mensa non c'era posto». M a la grandissima parte sono davvero i n p r i m a linea. Almerigo e Fausto ad esempio si erano i n n a m o r a t i d i frate Gabriele. F u r o n o loro a r i t r o v a r l o i n Angola, era dato per m o r t o o per disperso. F u Grilz poi a ritrovare la suora rapirà i n Mozambico (ed e n t r a m b i hanno mandato i n questi giorni commossi messaggi). Queste cose sono state scritte per // Sabato. Ma è bello risentire d i padre Gabriele, cappuccino. T u t t i lo cercavano. M a A l m e r i g o e Fausto odono i n u n villaggio la voce d i un g r a n d ' u o m o con la barba che parla ai b i m b i d i cose fam i l i a r i . I n portoghese, ma ha l'accento veneto. E d allora i due i n v i a t i d i guerra si s c o p r o n o b a m b i n i e giocano a g l i


esploratori. La stessa scena del ritrovamento tra Livingstone e Stanley alle sorgenti del N i l o . E loro non resistono e rifanno la scena: «Padre Garbiele, suppongo», dice Fausto. E quello: «Ma siete italiani!». Scavare, cercare. La verità dell'uomo i n guerra. Ritrovare persone sparite. Ma è così utile a chi soffre i l lavoro d i reporter sulla linea del fuoco? Non c i sono risposte. I tre dell'Albatross discutevano. E se ci offrono una bella fucilazione da filmare? Erano decisi a d i r e d i no. Anche se tutto chiama a questo. Essi partono per testimoniare ed invece i mass media («gli americani») vogliono solo i l bang-bang. I l m o r t o dal vivo (grottesco gioco d i parole). Un giorno mostrano m u c c h i d i cadaveri alle tivù americane. B u o n lavoro, ragazzi. Ma i m o r t i bisogna farli vedere m o r i r e quando sono ugandesi, se no non interessa. Hanno incontrato un mercenario i n sud est asiatico che raccontava d i quando un regista italiano, per u n f i l m d i cui non facciamo i l t i t o l o , g l i dette un m i gliaio d i d o l l a r i per uccidere davanti alla sua cinepresa u n ribelle appena catturato. Lo uccise. E n o i , magari, i n tivù vediamo e d i c i a m o : t e r r i b i l e . Ma se noi non fossimo lì a guardare, quello non sarebbe m o r t o ; anche se l ' u n i v e r s o avrebbe perduto un nobile g r i d o d i indignazione. A sua e nostra consolazione Biloslavo però r i c o r d a che senza i reportages dei giornalisi d i guerra, in Afghanistan si userebbero ancora le a r m i chimiche e le bombe anti-bambino. L'Afghanistan per i tre moschettieri dell'Albatross è la p r i ma avventura, i l p r i m o i n c o n t r o con i l grande nemico ideologico, l ' i m p e r o sovietico. Furono m i t r a g l i a t i da elicotteri. M a più dei p r o i e t t i l i , l ' a r m a d i satana era «la fame nera, e la sete nera». Avevano briciole d i una focaccia araba nascoste nei r i s v o l t i , l'avevano r i s p a r m i a t a e le succhiavano d i nascosto con voluttà. Aspettavano u n c a m i o n nel deserto ma non arrivava m a i . Partirono a piedi. Biloslavo dice: «Gian cadde, u n malore. Chiedeva d i lasciarlo lì a m o r i r e . Fai schifo, alzati, rispondevamo. Dovemmo sputargli i n faccia. Si alzò e infondo c'era davvero un'oasi e poi, lontano lontano, un punto ondeggiava. Era i l camion».

La loro amicizia così divenne indistruttibile, cementata dalla realtà. La realtà, ancora la realtà. Almerigo si era aperto ad essa come un otre, più che avvolgerla in pensieri stellati, i n riflessioni da saggio indiano, come un artista f i a m m i n g o ne ritraeva i sassolini, i m i nuti eventi. Eccone due da cui noi sar e m m o tentati d i ricavare una morale. M o z a m b i c o . Con i g u e r r i g l i e r i del Renamo, Grilz entra i n un villaggio. Ci sono ancora i m o r t i . I c i v i l i raccontano che è arrivata una squadra d i paracadutisti dello Zimbawe. I l capitano raduna t u t t i g l i abitanti. G r i d a : «Di che colore è questo cappello?» La folla deve rispondere: «È rosso!» I l parà prosegue: «Di che colore è i l sangue?» Risposta: «Rosso!» Parà: «Sapete cos'è questo?» La gente i n coro: «Un mitra». Parà: «Sapete a che serve?» Coro: «A uccidere». Parà: «Oggi lo vedrete, vedrete i l vostro sangue rosso come i l m i o cappello, e vedrete come i l m i t r a uccide». Ne prese una decina, gli sparò. Così è la guerra. Ideologia, b u o n i e cattivi? M o r t i , m o r t i . Ma A l m e r i g o lo lascia d i r e a n o i . A n g o l a . Scrive G r i l z : « I soldati giacciono con le loro tenute m i m e t i c h e scure qua e là: alcuni sono c a d u t i i n posizioni grottesche accentuate d a l r i g o r m o r t i s . Due d i essi, accartocciati l'uno s u l l ' a l t r o , sono stati uccisi mentre correvano con una barella. Uno probabilmente era i l ferito già coperto con med i c a z i o n i d i e m e r g e n z a , d a l l e garze bianche che risaltano d a l l a pelle nera. Si vede un gruppo d i cadaveri carbonizzati: impossibile dire q u a n t i ne comprende i l v i l u p p o mostruoso». Loro, questi m o r t i , erano i n e m i c i , tra loro c'erano consiglieri sovietici. Fogli sgualciti con previsioni d i avanzata in c i r i l l i c o . «Un russo sbattuto lì, chissà perché, un poveraccio, u n uomo. Aveva lì i l q u o t i d i a n o d e l l ' A r m a t a rossa, i l famigerato Stella rossa». È Biloslavo a ricordare. E ricorda l'infermiere e i l ferito. Erano abbracciati, stretti dalla morte come f r a t e l l i . Frugarono i c o r p i per vedere se c'era una lettera da mandare a casa, qualcosa. Una lettera c'era: «Caro fratello, qua la notte è fredda ed ho m o l t a paura. Avanzare bisogna, ma ho paura». Finiva così, niente i n d i r i z z o . C'era u n proiettile anche per A l m e r i go, qualcuno l'aveva già fabbricato. Lo aspettava a Caya. M a da Caya è r i u s c i t o a m a n d a r c i l ' u l t i m a lettera. Piena d i realtà, piena d i domande.

Renato Farina // Sabato

1-7 agosto

1987


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