Storica National Geographic - agosto 2018

Page 1

KRAK DEI CAVALIERI

L’INESPUGNABILE FORTEZZA CROCIATA

LA CONQUISTA DEL POLO NORD

GIOCONDA

CONQUISTA DEL POLO NORD

SNG114_PORTADA_e_m.indd 1 - ESCE IL 20/07/2018 - POSTE ITALIANE S.P.A SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) 1 COMMA 1 - LO/MI. GERMANIA 11,50 € - SVIZZERA C. TICINO 10,20 CHF - SVIZZERA 10,50 CHF - BELGIO 9,50 €

CLEOMENE

AUT. MBPA/LO-NO/063/A.P./2018 ART.

VESTALI

IL RE PIÙ FAMOSO DI SPARTA

PERIODICITÀ MENSILE

CLEOMENE

GLI ENIGMI DI UN SIMBOLO

80114

PRIMI ABITANTI D’AMERICA

IL KRAK DEI CAVALIERI

772035 878008

EBREI IN EGITTO

I PRIMI ABITANTI D’AMERICA

9

NATIONAL GEOGRAPHIC

LA GIOCONDA

N. 114 • AGOSTO 2018 • 4,95 €

NU MERO 114

storicang.it

LE VESTALI

MADRI DI ROMA

6/7/18 9:36


EDITORIALE

è proprio vero che a volte le cose si apprezzano maggiormente quando non ci sono più. Indubbiamente le ragioni del successo mondiale della Gioconda sono molteplici (dall’effetto ottenuto grazie all’innovativa tecnica usata da Leonardo agli enigmi sull’identità della persona raffigurata). Ma è anche indubbio che a renderla un’icona è stato il suo furto dal Louvre, avvenuto un giorno di fine agosto del 1911 per mano di un (altro) italiano, l’impiegato del museo parigino Vincenzo Peruggia. La sua fu una sensazionale operazione di marketing che, nei quasi due anni e mezzo di assenza del quadro, riempì il museo e le pagine dei principali quotidiani dell’epoca. E che continuò anche dopo che Peruggia, per ragioni non del tutto chiare, decise di rendere il quadro. Non sappiamo se egli avesse letto le Lettere a Miranda di Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, il primo manifesto contro la requisizione delle opere d’arte, pubblicato in piena Rivoluzione francese. Fatto sta che riteneva che la Gioconda fosse come le opere “rubate” (ovvero prelevate grazie ad accordi diplomatici) da Napoleone per il proprio museo, e che l’opera dovesse tornare in Italia. In realtà era stato lo stesso Leonardo a portare con sé la Gioconda in Francia quand’era entrato al servizio di Francesco I. A ogni modo, all’epoca di Peruggia, il Louvre si era effettivamente riempito di “furti legalizzati”, le stesse opere che ogni anno vengono visitate da ben otto milioni e mezzo di persone. E che forse, senza Napoleone e senza il Louvre, non sarebbero diventate pubbliche. Ma questo è un altro editoriale. ELENA LEDDA Vicedirettrice editoriale

SNG114_003_EDITORIAL_e.indd 3

6/7/18 9:14


10 ATTUALITÀ 14 EVENTO STORICO La defenestrazione di Praga

Nel 1618 i reggenti cattolici del regno di Boemia, alleati dell’impero austriaco, furono defenestrati dai rivali protestanti. L’evento rappresentò l’inizio della Guerra dei trent’anni.

20

124 GRANDI ENIGMI Morti sospette alla corte dei Medici

Nell’ottobre del 1587 Francesco I de’ Medici e la moglie Bianca Cappello morirono improvvisamente, a poche ore di distanza l’uno dall’altra. La loro fine generò sospetti che si sono mantenuti fino al giorno d’oggi.

128 LIBRI E MOSTRE

18 GRANDI INVENZIONI

L’ambulanza volante

Nel 1792 un medico francese ideò un sistema per soccorrere rapidamente i feriti sul campo di battaglia.

20 VITA QUOTIDIANA

Il profumo a Roma

Gli antichi romani usavano i profumi per scopi rituali e li consideravano tra i più nobili piaceri della vita.

24 OPERA D’ARTE

La saliera del Benin

14

Un’elegante saliera dei primi del XVI secolo illustra l’arte del regno africano del Benin.

124

4 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_004-005_SUMARIO_m_e.indd 4

5/7/18 14:54


64 LE VESTALI, MADRI DI ROMA “RAPITE” dal pontefice

massimo quando erano ancora delle bambine, le vestali rimanevano trent’anni nella loro casa sacerdotale, al centro di Roma, con il compito di mantenere acceso il fuoco sacro della città e l’obbligo di conservare la verginità. “Matrone di stato per eccellenza”, erano il modello della mater familias. Tuttavia, rispetto al resto delle donne erano esenti dalla tutela maschile e godevano di privilegi impensabili per quell’epoca. DI ELDA BIGGI LA SCUOLA DELLE VESTALI UNA VESTALE EFFETTUA LIBAGIONI DI OLIO SUL FUOCO SACRO DI VESTA E ISTRUISCE LE FUTURE VESTALI

26 Gli ebrei in Egitto Alcuni studiosi hanno cercato prove a sostegno del racconto biblico del Libro dell’Esodo, secondo cui gli ebrei, dopo essere sfuggiti alla schiavitù in Egitto, si diressero verso la terra promessa. DI J. ALONSO LÓPEZ

38 I primi abitanti d’America Nuovi ritrovamenti mettono in discussione che i primi esseri umani siano arrivati in America circa 12mila anni fa, quando esisteva un collegamento terrestre con l’Asia. DI IVAN BRIZ GODINO

52 Cleomene, il re più famoso di Sparta

78 Il Krak

dei Cavalieri

A metà del XII secolo i cavalieri dell’ordine dell’Ospedale ricevettero un piccolo castello nella Siria meridionale, che avrebbero trasformato in una fortezza inespugnabile. DI FRANCISCO DEL RÍO SÁNCHEZ

Dopo aver fatto di Sparta una grande potenza nel V secolo a.C., Cleomene fu costretto all’esilio. Al suo rientro fu incatenato a un ceppo, fino alla fine dei suoi giorni. DI F. JAVIER MURCIA ORTUÑO

92 Monna Lisa: gli enigmi di un simbolo La Gioconda fu oggetto di numerose copie, e si ritiene che lo stesso Leonardo possa averne realizzate due versioni. Un furto nel 1911 la trasformò in un’icona di massa. DI J. F. PASCUAL MOLINA

108 La conquista del Polo Nord Nel XIX secolo molti si avventurarono alla ricerca del punto più settentrionale del pianeta. Robert Peary dichiarò di averlo raggiunto nel 1909. DI J. CACHO

SNG114_004-005_SUMARIO_m_e.indd 5

STATUETTA DI UN CAVALIERE MEDIEVALE A CAVALLO. XIII SECOLO. NATIONALMUSEET, COPENHAGEN.

5/7/18 14:54


Licenciataria de NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY, NATIONAL GEOGRAPHIC TELEVISION

storicang.it

LE VESTALI MADRI DI ROMA

I PRIMI ABITANTI D’AMERICA IL KRAK DEI CAVALIERI L’INESPUGNABILE FORTEZZA CROCIATA

LA CONQUISTA DEL POLO NORD CLEOMENE

IL RE PIÙ FAMOSO DI SPARTA

LA GIOCONDA GLI ENIGMI DI UN CAPOLAVORO

PARTICOLARE DELLA GIOCONDA. LOUVRE, PARIGI. FOTO: MICHEL URTADO / RMN-GRAND PALAIS

www.storicang.it E-mail: storica@storicang.it Esce il 20 di ogni mese

Segui Storica su Facebook. News ed eventi quotidiani anche su social network: www.facebook.com/storicang

Pubblicazione periodica mensile - Anno X - n. 114

PRESIDENTE

RICARDO RODRIGO

Editore: RBA ITALIA SRL via Gustavo Fara, 35 20124 Milano

Direttore generale: ANDREA FERDEGHINI Vicedirettrice editoriale: ELENA LEDDA Grafica: MIREIA TREPAT Coordinatrice: ANNA FRANCHINI Collaboratori: LUIGI COJAZZI; MATTEO DALENA; ALESSANDRA MAESTRINI; VALENTINA MERCURI; ALESSANDRA PAGANO; ANDREA RICCI; AMARANTA SBARDELLA; MARTINA TOMMASI

Consulenti: VÍCTOR LLORET BLACKBURN (Consulente editoriale) MÒNICA ARTIGAS (Coordinamento editoriale) JOSEP MARIA CASALS (Direttore, rivista Historia) IÑAKI DE LA FUENTE (Direttore artistico, Historia)

CONSEJERO DELEGADO

ENRIQUE IGLESIAS DIRECTORAS GENERALES

ANA RODRIGO, MARI CARMEN CORONAS

DIRECTOR GENERAL PLANIFICACIÓN Y CONTROL

IGNACIO LÓPEZ DIRECTORA EDITORIAL INTERNACIONAL

AUREA DÍAZ DIRECTORA MARKETING

BERTA CASTELLET DIRECTORA CREATIVA

JORDINA SALVANY DIRECTOR DE CIRCULACIÓN

JOSÉ ORTEGA DIRECTOR DE PRODUCCIÓN

RICARD ARGILÉS Difusión controlada por

Redazione e amministrazione: RBA ITALIA SRL via Gustavo Fara, 35 20124 Milano tel. 0200696352 e-mail: storica@storicang.it

Stampatore: N.I.I.A.G. S.p.A. - Arti Group Via Zanica, 92 24126 Bergamo

NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY “Suscitando interesse per l’esplorazione e la protezione del pianeta” National Geographic Society è un’istituzione scientifica ed educativa senza fini di lucro fondata a Washington nel 1888 e impegnata nell’esplorazione e nella salvaguardia del pianeta.

Distribuzione: PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA & MULTIMEDIA via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI)

Pubblicità: Rita Cusani tel. 3358437534 e-mail: cusanimedia@gmail.com Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 31 del 22/01/2009 ISSN: 2035-8784 ©2009-2018 RBA ITALIA SRL Direttore responsabile: SIMONE BEDETTI

Servizio abbonamenti: Volete sottoscrivere un abbonamento a Storica? Oppure dovete segnalare un eventuale disservizio? Chiamate il numero 199 111 999 per tutta Italia (costo della chiamata: 0,12 euro +IVA al minuto senza scatto alla risposta; per i cellulari il costo varia in funzione dell’operatore). Il servizio è attivo da lunedì a venerdì, dalle 9.00 alle 19.00. Altrimenti inviate un fax al numero 030 7772387. Oppure inviate una mail ad abbonamenti@ mondadori.it, o scrivete a Ufficio Abbonamenti c/o CMP Brescia, 25126 Brescia.

Servizio arretrati: Avete perso un numero di Storica o un numero di Speciale di Storica? Ecco come richiederlo. Chiamate il numero 02 86896172 Altrimenti inviate una mail a collez@mondadori.it. Oppure un fax al numero 045.8884378. O scrivete a Press-di Servizio Collezionisti casella postale 1879, 20101 Milano.

Errata corrige • Storica 113 (luglio 2018): La foto a pagina 121 ritrae la cattedrale sul Sangue Versato di San Pietroburgo e non la chiesa sul Sangue di Ekaterinburg come indicato nella didascalia.

GARY E. KNELL President and CEO BOARD OF TRUSTEES

JEAN N. CASE Chairman, TRACY R. WOLSTENCROFT Vice Chairman, WANDA M. AUSTIN, BRENDAN P. BECHTEL, MICHAEL R. BONSIGNORE, ALEXANDRA GROSVENOR ELLER, WILLIAM R. HARVEY, GARY E. KNELL, JANE LUBCHENKO, MARC C. MOORE, GEORGE MUÑOZ, NANCY E. PFUND, PETER H. RAVEN, EDWARD P. ROSKI, JR., FREDERICK J. RYAN, TED WAITT, ANTHONY A. WILLIAMS RESEARCH AND EXPLORATION COMMITTEE

PETER H. RAVEN Chairman PAUL A. BAKER, KAMALJIT S. BAWA, COLIN A. CHAPMAN, JANET FRANKLIN, CAROL P. HARDEN, KIRK JOHNSON, JONATHAN B. LOSOS, JOHN O’LOUGHLIN, STEVE PALUMBI, NAOMI E. PIERCE, JEREMY A. SABLOFF, MONICA L. SMITH, THOMAS B. SMITH, CHRISTOPHER P. THORNTON, WIRT H. WILLS NATIONAL GEOGRAPHIC PARTNERS DECLAN MOORE CEO SENIOR MANAGEMENT

SUSAN GOLDBERG Editorial Director, CLAUDIA MALLEY Chief Financial Officer, MARCELA MARTIN Chief Marketing and Brand Officer, COURTENEY MONROE Global Networks CEO, LAURA NICHOLS Chief Communications Officer, WARD PLATT Chief Operating Officer, JEFF SCHNEIDER Legal and Business Affairs, JONATHAN YOUNG Chief Technology Officer, BOARD OF DIRECTORS

GARY E. KNELL Chairman JEAN A. CASE, RANDY FREER, KEVIN J. MARONI, JAMES MURDOCH, LACHLAN MURDOCH, PETER RICE, FREDERICK J. RYAN, JR. INTERNATIONAL PUBLISHING

YULIA PETROSSIAN BOYLE Senior Vice President, ROSS GOLDBERG Vice President of Strategic Development, ARIEL DEIACO-LOHR, KELLY HOOVER, DIANA JAKSIC, JENNIFER JONES, JENNIFER LIU, LEIGH MITNICK, ROSANNA STELLA

6 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_006_STAFF_e.indd 6

6/7/18 9:30


FOTO: GABRIEL PRIETO / NATIONAL GEOGRAPHIC

AT T UA L I T À

AMERICA PRECOLOMBIANA

Pacasmayo

PERÙ SUD AMERICA

AREA INGRANDITA

Paiján Cartavio e

TRUJILLO

NG MAPS

Chan Chan O CE A NO PA C I F I C O

oc

h

Huanchaquito

M

10 mi 10 km

COSTRUITA vicino alla

foce del fiume Moche, la città di Chan Chan (“sole splendente”) prosperò grazie al predominio agricolo dei chimú. Nel suo momento di maggior splendore, all’inizio del XV secolo, la città era una potenza nella lavorazione dei metalli e veniva invidiata per la sua ricchezza.

Sacrificio di bambini tra i chimú: un appello agli dei Sulla costa del Perù, degli archeologi hanno portato alla luce il più grande sacrificio di massa di bambini della storia, avvenuto più di 500 anni fa

U

na squadra di archeologi statunitensi e peruviani ha fatto una scoperta davvero raccapricciante: le tracce del più grande sacrificio di massa di bambini mai ritrovato. Il team, guidato da Gabriel Prieto dell’Università nazionale di Trujillo e John Verano dell’Università di Tulane, Louisiana, ha scoperto una fossa comune nel nord del Perù, su un promontorio a circa trecento

metri dal mare. Soprannominato dagli archeologi “Las Llamas”, il sito di sepoltura contiene i resti di più di 140 bambine e bambini tra i cinque e i quattordici anni, e di 200 cuccioli di lama, sacrificati insieme ai bambini. Gli archeologi, finanziati dalla National Geographic Society, hanno notato che gli scheletri riportavano danni compatibili con l’ipotesi di un sacrificio umano. La squadra era occupata negli scavi di un

tempio accanto all’antico sito costiero di Chan Chan, capitale dell’impero chimú, quando gli abitanti della vicina Huanchaquito hanno denunciato il ritrovamento di scheletri nella sabbia. Esaminato il luogo dove erano state rinvenute le ossa, nel 2011 gli archeologi hanno iniziato lì uno scavo, durato poi diversi anni, per recuperare e studiare i resti. Il sacrificio è avvenuto più di 500 anni fa, per mano della ricca civiltà preco-

10 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_010-011_NEWS_Peru_e_m_e_m_e.indd 10

5/7/18 13:33


IL PIÙ OSCURO DI TUTTI I RITUALI

Cadavere con resti tessili, che hanno permesso di datare la sepoltura. Alcuni cadaveri conservati grazie all’aridità della sabbia.

lombiana dei chimú, nella cui capitale Chan Chan, costruita vicino alla foce del Moche, hanno vissuto fino a 40mila abitanti.

Gli dei arrabbiati Su tutto il sito si estendeva uno strato di terreno fangoso, che ha offerto indizi interessanti sull’accaduto. Dato che i corpi sono stati ritrovati tutti in questo strato, i ricercatori hanno potuto concludere che i bambini erano andati incontro al loro destino nello stesso momento. I bambini erano sepolti con lo sguardo in direzione del mare, mentre gli animali, delle m0ntagne. Sia i bambini sia gli animali presentano sul corpo segni che suggeriscono un tentativo di re-

sistenza. Il fango, inoltre, ha potuto fare luce anche sulle motivazioni del gesto. La sua presenza in un ambiente tanto arido suggerisce un’insolita quantità di pesanti piogge, forse causata dal fenomeno meteorologico oggi conosciuto come “El niño”. Prieto e Verano hanno teorizzato che il tempo piovoso avesse causato inondazioni, danneggiando le irrigazioni e nuocendo alla pesca, e spingendo i sacerdoti a offrire quanto di più prezioso la società avesse per placare l’ira degli dei. Se le cose sono andate davvero così, questo gesto disperato è stato anche inutile: ciò che rimaneva della civiltà chimú, infatti, sarebbe stato spazzato via nel 1475 circa dagli inca.

ORONOZ / ALBUM

SACRIFICI UMANI sono stati registrati nelle culture azteca, maya e inca, ma sono un rito che in genere prevede la morte di persone adulte. Prima del ritrovamento di Las Llamas, il caso conosciuto più consistente di sacrifici di bambini era quello della capitale azteca Tenochtitlán, dove vennero uccisi in 42. Come in quel caso, anche a Las Llamas la violenza è stata altamente ritualizzata. Le teste dei bambini sono state spalmate con un pigmento rosso derivato dal cinabro, di cui sono state trovate tracce sui teschi. Gli sterni e le costole, inoltre, riportavano i segni di un colpo veloce e deliberato, molto probabilmente un profondo taglio di traverso sul petto. UN COLTELLO CERIMONIALE CHIMÚ, USATO A SCOPI CHIRURGICI E SACRIFICALI (MUSEO ORO DEL PERÙ).

SCHELETRO MACCHIATO DI ROSSO CON IL CINABRO.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_010-011_NEWS_Peru_e_m_e_m_e.indd 11

11

5/7/18 13:33


Gli eventi di Praga che scossero l’Europa Nel 1618 i reggenti cattolici del regno di Boemia, alleati dell’impero, furono defenestrati dai rivali protestanti. Ebbe così inizio la Guerra dei trent’anni

M

ercoledì 23 maggio 1618, poco prima delle nove del mattino, un nutrito gruppo di uomini armati e inferociti salì correndo al castello di Hradc̆any, da cui si dominava la città di Praga. Il capitano del castello, come precedentemente concordato, lasciò passare il drappello, che immediatamente si diresse alla sala del consiglio. Qui si riunivano i reggenti che amministravano il regno di Boemia in nome degli Asburgo, la famiglia reale al governo del Paese dal 1526. Quanto accadde in seguito ebbe conseguenze

drammatiche in Boemia e nel resto d’Europa che in quel momento nessuno dei presenti avrebbe potuto prevedere. Nel gruppo degli aggressori c’erano alcuni dei più importanti aristocratici boemi, come il conte Enrico Mattia von Thurn, Leonhard Colonna von Fels e Albrecht Smir̆ický. Le agitazioni erano iniziate tre giorni prima, quando alcuni pastori protestanti avevano dichiarato davanti alle loro congregazioni che i reggenti pianificavano di mettere fine alla libertà religiosa e politica del regno. Non era vero, ma era indubbio che negli ultimi

tempi le tensioni tra cattolici e protestanti non avevano cessato di crescere. La situazione politica e religiosa della Boemia era complessa. Il luteranesimo predominava nelle aree di lingua tedesca, in particolare tra gli immigrati delle città e nelle zone vicine al confine sassone. Vari aristocratici avevano abbracciato il calvinismo, una confessione teoricamente proibita all’interno del Sacro romano impero, ma che rivendicava le stesse tutele legali di cui godevano i luterani. La maggioranza della popolazione aderiva ad alcune varianti dell’utraquismo, una fede sorta

14 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_014-017_ES_PRAGA1618_m_e_m_e_m_e.indd 14

5/7/18 13:27


AKG / ALBUM

EVENTO STORICO

JAN HUS E L’UTRAQUISMO

DEFENESTRAZIONE DI PRAGA, 1618. Olio di Václav Brožík. XIX secolo. National Gallery of Victoria, Melbourne.

UN SECOLO PRIMA DI LUTERO, il boemo Jan Hus elaborò una teoria riformatrice che, tra le altre cose, prevedeva la comunione completa anche per i fedeli. I suoi attacchi alla chiesa cattolica, e in particolare contro la vendita delle indulgenze, gli procurarono un largo seguito fra la popolazione. Scomunicato nel 1410, venne invitato al Concilio di Costanza per ritrattare le sue posizioni, ma appena giunto in città venne arrestato e condannato al rogo nel 1415.

BRIDGEMAN / ACI

dall’insurrezione hussita dei primi del XV secolo. Il cattolicesimo era seguito solo da una piccola parte dei nobili e del popolo, ma era anche la religione degli Asburgo, imperatori del Sacro romano impero e grandi paladini del papato. I diversi credo religiosi erano trasversali alle quattro classi in cui era suddivisa la società: nobili, cavalieri, cittadini e contadini. Solo le prime tre erano rappresentate nelle assemblee generali delle cinque province del regno: Moravia, Slesia, Alta e Bassa Lusazia e la stessa Boemia. Pur costituendo la maggioranza della popolazione, i contadini erano in genere costretti ad adeguarsi alle

inclinazioni religiose e politiche dei proprietari delle terre su cui vivevano. Nel 1609 l’imperatore Rodolfo II aveva concesso la cosiddetta Lettera di Maestà, un documento che garantiva un certo regime di tolleranza religiosa. Ma i suoi successori – Mattia d’Asburgo e suo cugino l’arciduca Ferdinando, re di Boemia dal 1617 – ritenevano che quella lettera nascesse dalle pressioni dei nobili luterani, in particolare di Enrico Mattia von Thurn, e attuarono quindi una politica ostile al protestantesimo. Per citare un caso, nel 1617 lo stesso Thurn fu rimosso dalla sua redditizia carica di borgomastro di Karlštejn. Sentendosi minacciati, nel marzo del 1618 i

I protestanti vedevano diminuire i loro privilegi di fronte alla minoranza cattolica CORONA DEL SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO. ALA

MY /

AC I

SNG114_014-017_ES_PRAGA1618_m_e_m_e_m_e.indd 15

leader protestanti radicali organizzarono un’assemblea, in cui però si impose la linea della maggioranza moderata, che decise di limitarsi a inviare una denuncia alla corte di Vienna. Il governo imperiale rispose il 21 marzo con una missiva in cui si proibiva rigorosamente ai protestanti di riunirsi. Nonostante il divieto, Thurn convocò un nuovo incontro lunedì 21 maggio, accusando due dei reggenti – i conti Vilém Slavata e Jaroslav Bor̆itaz Martinitz – di essere i reali autori della risposta austriaca. Data la scarsa partecipazione a questa seconda riunione, Thurn ne organizzò una terza due giorni dopo, presso la casa di Albrecht Smir̆ický. In un’atmosfera tesa, un cittadino di Praga irruppe nella sala dichiarando che al governo municipale era stato impedito di riunirsi. In preda all’indignazione, i partecipanti decisero di prendere d’assalto il castello, dove però trovarono solo quattro dei dieci reggenti. Nella sala delle udienze Pavel STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

15

5/7/18 13:28


EVENTO STORICO

HRADČANY, la città che sorse attorno

DAVID NOTON PHOTOGRAPHY / ALAMY / ACI

al castello di Praga, su cui svetta la cattedrale di San Vito. In primo piano, il ponte Carlo sulla Moldava.

R̆íc̆anský von Ric̆an lesse ad alta voce un elenco di accuse e chiese ai quattro uomini di confessare chi avesse scritto la lettera del 21 marzo. I reggenti indugiarono, sostenendo che le loro deliberazioni erano segrete e che non erano autorizzati a rivelare l’identità dell’autore. La situazione si surriscaldò: i seguaci di Thurn afferrarono due di loro e li misero con le spalle al muro, intimandogli di ammettere la propria

responsabilità. Ma questi respinsero ogni accusa e furono trascinati fuori dalla sala. A quel punto gli aggressori, decisi a farsi giustizia da sé, rivolsero la loro attenzione a Slavata e Martinitz. E procedettero“alla vecchia maniera boema”, in riferimento a un episodio avvenuto a Praga il 30 luglio 1419: la defenestrazione del sindaco della città, all’inizio della rivolta hussita. Gli insorti afferrarono Martinitz e lo gettarono

IMPERATORE CATTOLICO FERDINANDO II era considerato dai protestanti «una stupida anima gesuita». L’arciduca, un uomo basso e corpulento, di natura affabile e gentile, basò sempre la sua politica sui princìpi religiosi che gli dettavano i suoi consiglieri. L’IMPERATORE FERDINANDO II. PALAZZO PITTI. FIRENZE. AKG / ALBUM

fuori da una finestra che si trovava circa 15 metri al di sopra del fossato del castello. Secondo uno scritto dell’epoca, mentre cadeva Martinitz «invocò ripetutamente i nomi di Gesù e di Maria». Uno dei capi della defenestrazione, Ulrich Kinsky, si prese gioco di lui dicendo: «Vedremo se la sua Maria verrà ad aiutarlo». Ma quando si affacciò alla finestra, vide con sorpresa che Martinitz era sopravvissuto alla terribile caduta ed esclamò: «Per Dio, Maria lo ha aiutato davvero». Consapevole di essere il prossimo, Slavata chiese un confessore, ma la folla inferocita respinse la richiesta, ridendo ad alta voce: «Vorreste che i vostri maledetti gesuiti venissero qua... no, non c’è più tempo». Thurn a quel punto indicò il reggente indifeso esclamando: «Onorevoli signori, è arrivato il suo momento». Gli insorti lo sollevarono e lo gettarono dalla stessa finestra del compagno. La

16 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_014-017_ES_PRAGA1618_m_e_m_e_m_e.indd 16

5/7/18 13:28


L’evento che scosse l’Europa LA DEFENESTRAZIONE del 1618 tra-

caduta fu attutita dalla pendenza del terreno ai piedi della torre – e non da un mucchio di letame, come avrebbe affermato più tardi la propaganda protestante. Ciononostante, Slavata riportò alcune ferite e rotolò verso il fossato con la bocca intrisa di sangue.

1

3 4 2

pero, a riferire l’accaduto. Quindi il conte aiutò Slavata a uscire dal fossato e lo condusse al vicino palazzo Lobkowicz. Vedendo i reggenti fuggire, i rivoltosi aprirono il fuoco e li inseguirono fin sulla soglia dell’edificio, ma la moglie del cancelliere Lobkowicz si rifiutò di farli passare. Quando la situazione si Una polveriera religiosa calmò, Martinitz e Slavata riuscirono Poi fu la volta del segretario dei reggenti, a scappare. Sebbene la defenestrazione Filip Fabricius: quando la folla si rese si fosse conclusa senza vittime, Thurn conto che era ancora in sala, non esitò aveva raggiunto il suo obiettivo: coa defenestrare anche lui. Tutti e tre gli stringere l’élite politica e sociale della uomini si salvarono anche grazie agli Boemia a schierarsi al suo fianco. Nel cospessi vestiti di lana che contribuirono municato ufficiale emesso il 25 maggio, ad ammortizzare l’impatto al suolo. Il i nobili protestanti dichiararono che il conte Martinitz, praticamente illeso, loro unico scopo era difendere i diritti si avvicinò al fossato per soccorrere tradizionali della Boemia dalle diabolil’amico Slavata, quindi andò a since- che macchinazioni dei gesuiti, e conferrarsi delle condizioni di Fabricius. Il marono la loro lealtà agli Asburgo. Ma segretario, stordito, gli chiese cos’avesse nel frattempo Thurn e i suoi complici fatto per provocare quella reazione dei cercarono aiuti stranieri per formare un nobili. Martinitz rispose che non era il esercito e affrontare le truppe che Vienmomento di fare domande e gli ordinò na avrebbe presto inviato a schiacciare la di andare a Vienna, la capitale dell’im- rivolta. Le autorità asburgiche, dal canto

INTERFOTO / AGE FOTOSTOCK

scese i confini della Boemia e del Sacro romano impero. L’autore di questa incisione olandese dell’epoca fornisce la propria versione dei fatti del 23 maggio: le tre vittime supplicanti vengono gettate dalla finestra del castello 1 e precipitano a terra 2 – la versione della caduta sullo sterco fu una successiva invenzione protestante per denigrare gli avversari. Gli osservatori sotto il castello 3 sono un’aggiunta dell’autore. In un momento successivo uno dei reggenti si nasconde in un monastero 4.

loro, non volevano lasciarsi sfuggire di mano la situazione, perché temevano di ritrovarsi coinvolti in una guerra lunga e dispendiosa. Inoltre, la Boemia era un regno troppo ricco per permettersi di perderlo. Gli insorti andavano fermati prima che la probabile morte di Mattia aprisse la questione della successione al trono del Sacro romano impero. Nel 1619 fu eletto al trono del regno di Boemia Federico V del Palatinato. Con questo gesto i nobili protestanti compromisero definitivamente ogni possibilità di riconciliazione con l’impero. L’anno successivo furono sconfitti nella battaglia della Montagna Bianca, cui seguì una dura repressione. Nel resto d’Europa, intanto, iniziava una guerra che sarebbe durata quasi tre decenni. —Peter H. Wilson Per saperne di più

SAGGI

La guerra dei Trent’anni Georg Schmidt. Il Mulino, Bologna, 2015.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_014-017_ES_PRAGA1618_m_e_m_e_m_e.indd 17

17

5/7/18 13:28


GRANDI INVENZIONI

ALCUNI SOLDATI trasportano

i feriti su un’ambulanza volante di Larrey. Musée du Service de Santé des Armées, 1809, Parigi.

La rivoluzionaria ambulanza di Larrey 1792

Un medico francese ideò un sistema per soccorrere rapidamente i feriti sul campo di battaglia, le cosiddette “ambulanze volanti”

N

el XVIII secolo le battaglie lasciavano un impressionante numero di morti. Non solo a causa dei micidiali armamenti dell’epoca, ma anche al ritardo con cui si soccorrevano i feriti, che dovevano aspettare la conclusione del combattimento per poter ricevere assistenza. Sempre che non vincessero gli avversari: in quel caso potevano venire derubati di ogni avere e uccisi, o essere abbandonati a una crudele agonia. In piena Rivoluzione francese un giovane medico transalpino di nome Dominique-Jean Larrey inventò un

sistema per ridurre questi tempi di attesa. Dopo gli studi di medicina e la specializzazione in chirurgia, nel 1792 Larrey si unì all’esercito rivoluzionario che combatteva al confine con la Germania, dove ebbe modo di rendersi conto della disorganizzazione dei servizi sanitari al fronte. Ideò pertanto un sistema di carrozze trainate da cavalli per trasportare rapidamente il paziente all’ospedale da campo e operarlo nelle 24 ore successive. Le “ambulanze volanti” si ispiravano al funzionamento dell’artiglieria volante a cavallo che accompagnava gli attacchi delle avanguardie. Pensate per agevolare il

più possibile il trasporto dei soldati ai centri chirurgici, consistevano in cassoni di legno dal coperchio arrotondato, con pannelli laterali rivestiti, due finestrelle su entrambi i lati lunghi e porte a doppio battente anteriori e posteriori. All’interno quattro rulli permettevano di far scorrere facilmente la base, sulla quale era collocato un materasso rivestito di pelle.

Medicina di emergenza Le ambulanze di Larrey furono utilizzate per la prima volta nel luglio del 1793, durante l’assedio di Magonza. Un generale scrisse che avevano con-

18 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_018-019_GI_AMBULANCIA_m_e_m_e_m_e.indd 18

5/7/18 13:30


GARY OMBLER / DK IMAGES

SET DI CHIRURGIA MINORE DELLA FINE DEL XVIII SECOLO. THACKRAY MEDICAL MUSEUM, LEEDS.

LA MEDICINA SUL CAMPO DI BATTAGLIA

JOSSE / SCALA, FIRENZE

1792

SSPL / GETTY IMAGES

tribuito «a salvare molti coraggiosi difensori del nostro Paese». Un altro giovane generale, Napoleone Bonaparte, si interessò al sistema e volle con sé Larrey nella campagna in Italia. Ai suoi ordini, nel 1797 Larrey creò un’unità di ambulanze e una scuola di chirurgia a Udine. Mise anche in funzione il sistema di triage, riprendendo il lavoro del medico francese Pierre-François Percy, grazie al quale si

BARELLA DELLE AMBULANZE DI LARREY UTILIZZATA IN EGITTO. INCISIONE DI DESCRIZIONE DELL’EGITTO.

stabiliva la maggiore o minore urgenza con cui assistere i soldati in base alla gravità della ferita – e non al grado o alla posizione che occupavano nell’esercito. Nel 1798 Larrey prese parte alla spedizione di Napoleone in Egitto. Qui organizzò tre unità, ciascuna formata da 16 ambulanze volanti trainate da muli o da cammelli, 15 chirurghi e decine di ausiliari. Dopo averle viste in azione, il generale còrso si congratulò con Larrey: «La vostra opera è una delle più belle idee del nostro secolo; saprà garantirvi da sola una fama meritata». Nella battaglia di Abukir del 1799 molti dei feriti francesi riuscirono a salvarsi grazie al rapido soccorso prestato dalle ambulanze. La carenza di carrozze e alcuni problemi amministrativi limitarono inizialmente a poche unità dell’élite questo sistema, che si sarebbe progressivamente esteso agli altri livelli della Grande armata.

Pierre-François Percy pubblica Manuel du chirurgien d’armée: i feriti vanno trattati in base alla gravità delle lesioni.

1792 Dominique Larrey inventa un sistema di “ambulanze volanti” per prestare soccorso immediato ai feriti.

1793 Durante i tre mesi in cui dura l’assedio di Magonza per la prima volta vengono usate le ambulanze di Larrey.

1798 Larrey organizza una squadra di ambulanze volanti e di chirurghi per le campagne di Napoleone in Egitto.

1810 Il sistema ferito-ambulanzachirurgica viene esteso a tutti i livelli della Grande armata.

DOMINIQUE LARREY NEL 1804. OLIO DI ANNELOUISE GIRODET. MUSÉE DU LOUVRE, PARIGI. RMN-GRAND PALAIS

—Enrique F. Sicilia Cardona STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_018-019_GI_AMBULANCIA_m_e_m_e_m_e.indd 19

19

5/7/18 13:30


V I TA Q U OT I D I A N A

Gli antichi romani consideravano i profumi uno dei piaceri più squisiti e nobili della vita

P

linio il Vecchio riteneva che il profumo fosse il più superfluo di tutte le forme di lusso in virtù del suo carattere effimero: infatti «gli unguenti perdono subito il loro odore e muoiono dopo un’ora che sono stati usati». La parola deriva dal latino fumus, un termine che rimanda alla volatilità: in origine gli ambienti venivano profumati bruciando resine, radici e legni che producevano fumi aromatici. E cosa c’è di più transitorio del fumo? L’uso delle fragranze da parte degli esseri umani è molto antico. I primi tentativi di produrre profumi risalgono a epoche remote, ma furono i greci e i romani a far raggiungere a quest’arte una delle sue massime espressioni. In passato per ottenere degli unguenti profumati, gli aromi venivano fissati con sostanze cremose o grasse, mentre l’uso dell’alcol come base si sarebbe diffuso solo a partire dal XIV secolo.

Il profumo era composto da due elementi. C’era innanzitutto la parte liquida, costituita da una sostanza grassa che aveva il compito di amalgamare e conservare le fragranze. Si trattava di un olio vegetale, generalmente d’oliva, ma anche di sesamo o di lino. Gli oli più grassi – come quello di mandorle – avevano una capacità maggiore di trattenere gli odori. A questa base si potevano aggiungere dei conservanti e dei coloranti, come il cinabro o l’ancusa. Il secondo elemento era rappresentato dalle essenze: piante, fiori, radici o resine che venivano uniti all’olio per conferirgli l’odore caratteristico. Il repertorio degli aromi era molto ampio, anche se a dominare era il profumo delle rose. Tra le altre sostanze utilizzate c’erano la mirra, la cannella, lo zafferano, il nardo, il narciso o il cotogno. Le formule per l’elaborazione dei profumi, nelle loro diffe-

RECIPIENTI FANTASIOSI CON L’INVENZIONE del vetro soffiato in Siria, nel I secolo

d.C., divenne comune l’uso delle ampullae, dei contenitori di profumi dalle forme più svariate e a volte particolarmente eccentriche. Il vetro era molto più economico dell’alabastro e ciò contribuì alla riduzione del prezzo finale dei prodotti e alla loro diffusione. UNGUENTARIO DI VETRO. IV SECOLO. MUSÉE D’ARCHÉOLOGIE MÉDITERRANÉENNE, MARSIGLIA. RMN-GRAND PALAIS

DEA / ALBUM

Le preziose fragranze dell’antica Roma

SCATOLA D’AVORIO CON STRUMENTI DI BELLEZZA. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE, NAPOLI.

renti varietà e qualità, potevano essere molto complesse. Plinio riporta gli ingredienti di una ricetta composta da olio di mandorle amare, agresto, cardamomo, giunco profumato, calamo aromatico, miele, vino, mirra, seme di balsamo, galbano e, per finire, resina di terebinto. Nel suo De materia medica Dioscoride specifica anche le quantità di ogni ingrediente, come i mille petali di rosa che, secondo lui, erano necessari per ottenere il profumo di tale pianta.

Creare una buona essenza L’aroma si ricavava dalle materie vegetali tramite la pressatura e la macerazione a freddo o a caldo. Nella pressatura gli elementi odorosi venivano avvolti in un tessuto di lino e quindi spremuti. La macerazione a freddo consisteva nella tecnica dell’enfleurage: i petali venivano disposti su uno strato di grasso ed erano sostituiti periodicamente, fino a che il grasso non era completamente impregnato della fragranza. Se si voleva ottenere un aroma più intenso, l’operazione andava ripetuta varie volte. La macerazione a caldo era il metodo più comunemente utilizzato: non era molto diverso dal precedente, ma in questo caso il composto di essenze aromatiche e sostanze oleose veniva riscaldato in un pentolone o in un forno. A Roma i profumi si vendevano in botteghe specializzate, le tabernae unguentariae. Questi stabilimenti erano raggruppati in quartieri

20 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_018-021_VQ_PERFUME_ROMA_m_e_e_m_e.indd 20

5/7/18 13:38


Lo “Chanel Nº 5” dei romani era molto nota per la sua produzione di profumi su larga scala, che raggiunse dei livelli che potremmo definire protoindustriali. La varietà più famosa era il Rhodinum Italicum, elaborato a partire dalle rose che venivano coltivate nella regione. Nelle zone di Pompei, Ercolano e Paestum sono state identificate delle botteghe di profumieri con i torchi e i recipienti per la vendita. Gli scavi rivelano che la pressatura e l’enfleurage venivano eseguiti davanti ai clienti e che, quindi, il laboratorio e il negozio erano riuniti in un unico spazio.

LA CAMPANIA

UNA GIOVANE VERSA DEL PROFUMO IN UN ALABASTRO. MUSEO NAZIONALE ROMANO. SCALA, FIRENZE

(vici unguentarii) dove si riunivano i professionisti del settore, come avveniva con le corporazioni medievali. Si trattava di gruppi familiari chiusi che custodivano i segreti dei processi produttivi, trasmettendosi le formule di generazione in generazione. Alcuni epitaffi funebri rivelano che pure le donne partecipavano all’attività, ma non è chiaro se fossero coinvolte solo nella vendita del prodotto o anche nella fase di elaborazione. I contenitori iniziarono a rivestire un’importanza centrale. I prodotti di lusso richiedevano recipienti specifici, perché alcuni materiali conservavano gli aromi me-

glio di altri: l’alabastro, per esempio, era impermeabile e perfettamente stagno, due caratteristiche che lo rendevano particolarmente pregiato, anche se piuttosto caro. La ceramica, molto diffusa in Grecia, fu sostituita a Roma dal vetro, un materiale con proprietà di conservazione altrettanto buone ma riutilizzabile, riciclabile e molto più economico.

Profumi per tutti i gusti Nell’antica Roma si profumavano tutti, ma uomini e donne usavano aromi diversi. Afferma Marziale in uno dei suoi epigrammi: «I balsami mi affa-

scinano, sono veri profumi maschili. Donne, odorate pure delle dolci fragranze di Cosmo [famoso profumiere dell’epoca]». Molti testi indicano chiaramente che profumarsi era una consuetudine diffusa tra entrambi i sessi. «Mica tutti possono odorare di unguenti esotici come te» dice Grumione a Tranione – entrambi personaggi maschili – nella Mostellaria di Plauto. Si narra che Nerone amasse cospargersi le piante dei piedi di profumo, e Svetonio riporta che l’imperatore aveva introdotto un curioso metodo per profumare la Domus Aurea, il suo lusSTORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_018-021_VQ_PERFUME_ROMA_m_e_e_m_e.indd 21

21

5/7/18 13:38


V I TA Q U OT I D I A N A

AMORINI PROFUMIERI DI POMPEI rinvenuti nella lussuosa casa di una famiglia pompeiana di commercianti, i Vettii, raffigurano degli amorini intenti a svolgere diversi compiti, tra i quali la fabbricazione e la vendita di profumo, come si può vedere in questo fregio. Inizialmente due amorini martellano i cunei del torchio per spremere l’olio 1. Alla loro sinistra, un terzo amorino rimesta in olio caldo un pentolone con una macerazione di piante 2. Al centro dell’affresco, due amorini mescolano un preparato in un contenitore alto 3 e, alla loro sinistra, un altro regge un’ampolla davanti a un armadio pieno di recipienti 4. Nell’ultima scena una cliente prova il profumo sul polso 5. GLI AFFRESCHI

4

5

AFFRESCO DEGLI AMORINI PROFUMIERI SU UN TRICLINIO DELLA CASA DEI VETTII, POMPEI.

AK G/

AL

Le statue di culto e gli animali da sacrificare venivano cosparsi di unguenti

M

fasia, un personaggio del Poenulus di Plauto, dice alla sorella: «Vuoi forse mescolarti a quelle prostitute […] di bassa lega, miserabili straccione che si profumano con unguenti da quattro soldi?». Nulla a che vedere con i profumi destinati alle élite, che erano più densi, venivano aromatizzati con prodotti esotici e potevano arrivare a costare ci-

BU

suoso palazzo romano: «I soffitti delle sale per i banchetti erano costituiti da tasselli di avorio mobili e perforati, che permettevano di spargere fiori e profumi sui convitati». Le tipologie di fragranze variavano naturalmente a seconda delle classi sociali. I plebei utilizzavano profumi scadenti o adulterati, elaborati a partire da oli di bassa qualità (per esempio quello di olive verdi o di ricino) e aromatizzati con piante come il giunco odoroso. Era questo il caso delle prostitute. Adel-

UN SACERDOTE VERSA DELL’OLIO PROFUMATO SU UN TORO. HISTORISCHES MUSEUM, BERNA.

fre astronomiche. Il valore indiscutibile del profumo è ribadito da uno degli epigrammi di Xenia, un testo di Marziale in cui si descrivono gli scambi di doni durante le feste dei Saturnali: «Non lasciare mai agli eredi né unguento né vino. Si prendano i soldi: i vini e gli unguenti tienili per te». L’uso dei profumi era invece criticato dai moralisti. Nell’Atene di Solone furono vietati per legge. Gli spartani, noti per i loro costumi austeri, espulsero dai loro territori i mercanti di unguenti. Ricorda lo

22 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_018-021_VQ_PERFUME_ROMA_m_e_e_m_e.indd 22

5/7/18 13:38


3

2 1

FOGLIA / SCALA, FIRENZE

stoico Seneca in una delle sue opere: «I lacedemoni scacciarono dalla città i venditori di profumi e gli ordinarono di uscire in fretta dai loro confini, accusandoli di sprecare l’olio». L’utilizzo delle fragranze costituiva una frivolezza imperdonabile anche per la maggior parte dei filosofi latini così come per alcuni imperatori. Nelle Vite dei Cesari Svetonio racconta che l’imperatore Vespasiano, «quando un giovane cui aveva concesso la carica di prefetto venne a ringraziarlo, tutto profumato, fece un cenno di disprezzo e gli disse severamente: “Avrei preferito che puzzassi di aglio!”, quindi gli revocò la nomina». Tuttavia in certi contesti i profumi erano perfettamente accettati. Per esempio l’uso di oli aromatizzati nel mondo dello sport è attestato fin

dall’epoca omerica. A Roma gli atleti che andavano ad allenarsi alle terme portavano generalmente con sé gli unguentari, dei recipienti con i preziosi oli che si spalmavano addosso prima dell’esercizio e poi rimuovevano con una specie di raschietto di ferro o bronzo (lo strigile).

suo uso ha iniziato a estendersi anche ai riti funebri», dice Plinio nella sua Naturalis Historia. Gli unguentari di vetro, che contenevano gli oli profumati da spalmare sul corpo del defunto, divennero degli elementi ricorrenti delle necropoli romane. Parlando della cannella, lo stesso Plinio riferisce: «In Per gli dei e i defunti un anno non si produce la quantità Nell’antichità si usava profumare gli che l’imperatore Nerone bruciò in ambienti dei templi e delle case in un solo giorno per le esequie di [sua occasione di riti e cerimonie sacre. moglie] Poppea». Gli unguenti erano offerti agli dei o —María José Noain agli antenati sugli altari di famiglia, e venivano cosparsi sulle statue di SAGGI Per culto e sugli animali da sacrificare. vita quotidiana a Roma saperne La Maria Falappone. Laterza, Ma avevano anche un ruolo centrale Roma-Bari, 2000. di più nel culto dei morti. «Il godimento dei L’estetica a Roma Gianni Carchia. Laterza, profumi è stato ammesso […] tra i piaRoma-Bari, 2004. ceri più nobili e squisiti della vita, e il STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_018-021_VQ_PERFUME_ROMA_m_e_e_m_e.indd 23

23

5/7/18 13:38


O P E R A D ’A R T E

L’arte meticcia del Benin Questa saliera in avorio del XVI secolo, tipica dello stile bini-portoghese, fu lavorata dagli artigiani dell’Africa occidentale proprio per il mercato europeo

LA SALIERA, ALTA 26 CM, SI PUÒ SMONTARE ED È COSTITUITA DA DUE RECIPIENTI.

SNG114_024-025_OA_BENIN_m_e_m_e_m_e.indd 24

potuto acquistare la seconda. Le zanne venivano poi lavorate da artigiani specializzati, chiamati igbesanwan, che destinavano i manufatti alla corte reale. Tuttavia, dopo l’arrivo dei portoghesi, l’oba del Benin acconsentì a produrre alcuni oggetti – saliere, cucchiai e forchette – per il commercio con i visitatori europei. Furono i primi modelli di arte africana concepiti per la vendita all’estero quali prodotti esotici. Ne è un esempio questa saliera datata tra il 1525 e il 1600 e conservata nel Musée du quai Branly, a Parigi. Si pensa che appartenesse a una partita di saliere in avorio quasi identiche, esportate per le tavole o le collezioni dei ricchi europei, e oggi custodite in diversi musei occidentali. L’opera combina motivi africani ed europei, come la nave e i personaggi ritratti, una commistione caratteristica del cosiddetto stile bini-portoghese, che sarebbe continuato sino alla fine del XIX secolo. —Eric García Moral FOTO: MICHEL URTADO-THIERRY OLLIVIER / RMN-GRAND PALAIS

Q

uando, a metà del XV secolo, i portoghesi discesero le coste del golfo di Guinea, considerarono gli africani come partner commerciali. I rapporti con l’Africa avvenuti in quei primi due secoli si basarono quindi sullo scambio, da un lato, di manufatti, cavalli e armi da fuoco; dall’altro, di oro, pepe, avorio e, in misura minore, schiavi africani. Questo fu pure il caso del regno del Benin, situato tra le foreste meridionali della Nigeria. Dopo l’arrivo dei portoghesi, verso il 1485, i commerci si mantennero costanti, ma ben presto fu un tipo particolare di manufatto a conquistare i portoghesi: le statuette in avorio. Nell’Africa occidentale l’avorio era un prodotto dall’elevato valore commerciale, e quindi i capi africani se ne disputavano l’utilizzo e la distribuzione. Nel Benin l’oba – sovrano dalle prerogative politiche, militari e religiose – aveva il diritto di tenere per sé una delle due zanne dell’elefante. Inoltre, se l’avesse voluto, avrebbe

5/7/18 13:40


VEDETTA

O P E R A D ’A R T E

La testa di una vedetta spunta dall’albero della nave, probabilmente con intenzioni umoristiche. Sotto, un altro marinaio sale lungo le corde fino al punto di avvistamento.

LA NAVE

La nave rappresentata sembra più un esemplare medievale che una caravella dell’epoca, forse perché all’artista era stato fornito un modello antico.

PORTOGHESI

Alla base compaiono quattro portoghesi barbuti, dal naso prominente. I due di profilo corrispondono ai servitori.

I SIGNORI

Le due figure di classe alta sono rappresentate frontalmente, in modo statico, e con vestiti più sontuosi rispetto a quelli dei loro servi.

ARMI E DECORAZIONI

Le spade, le lance e le decorazioni sui cappelli, le croci appese al collo e le giubbe abbottonate indicano la ricchezza delle figure.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_024-025_OA_BENIN_m_e_m_e_m_e.indd 25

25

5/7/18 13:40


SCHIAVITÙ IN EGITTO

Edward John Poynter illustrò con quest’olio l’idea biblica secondo la quale gli ebrei furono schiavizzati dai tirannici faraoni. Guildhall Art Gallery, Londra (1867). Sotto, a destra, menorah o candelabro a sette bracci proveniente da una sinagoga. Musée du Louvre, Parigi.

ALL’OMBRA DI MOSÈ

GLI EBREI IN EGITTO SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 26

5/7/18 13:42


AKG / ALBUM

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 27

H. LEWANDOWSKI / RMN-GRAND PALAIS

Gli ebrei vissero a lungo in Egitto lavorando come schiavi, finché intrapresero l’esodo nella Terra promessa sotto la guida di Mosè. Così racconta la Bibbia. Ma cosa ci dicono la storia e l’archeologia?

5/7/18 13:43


Dopo diversi anni di lotta, Amosi riesce a espellere gli hyksos dall’Egitto.

1550 a.C. La stele della Tempesta allude a piaghe simili a quelle della Bibbia.

1364 a.C. Akhenaton sale al trono d’Egitto. Stabilisce il culto del disco solare Aton.

XIII secolo a.C. Gli studiosi situano in questo periodo la figura storica di Mosè.

VIII-V secoli a.C.

ARALDO DE LUCA

Vengono scritti i libri della Bibbia sulla permanenza degli ebrei in Egitto.

A

quanto narra la Bibbia, la storia del popolo ebraico comincia con il patriarca Abramo, spinto da Dio ad accompagnare il popolo di Israele dalla Mesopotamia fino a Canaan, in Palestina, dove gli ebrei vivono sotto la guida dei patriarchi Isacco e Giacobbe. Tuttavia, uno dei figli di quest’ultimo, Giuseppe, si rende protagonista di una svolta radicale. In seguito a una lite con i fratelli, è venduto come schiavo e condotto in Egitto. Dopo diverse peripezie, Giuseppe porta la famiglia nel paese del Nilo, dove gli ebrei rimarranno 400 anni in schiavitù, fino alla nascita di un bambino, Mosè, scelto da Yahweh per liberare il suo popolo. Sotto la sua guida gli ebrei intraprenderanno una fuga attraverso il mar Rosso e il deserto sino ad arrivare alla Terra promessa. I primi cinque libri dell’Antico testamento che narrano la storia del popolo eletto furono redatti a partire dal VI secolo a.C., molto tempo dopo i patriarchi Giuseppe e Mosè (vissuti tra il XIX e il XIII secolo a.C.). Non possono quindi considerarsi una fonte storica diretta degli eventi, e difatti gli studiosi non hanno trovato alcuna testimonianza archeologica su Mosè, l’esodo o i quattro secoli di schiavitù degli ebrei in Egitto. Questo non significa che si tratti di una storia del tutto immaginaria. Quanto racconta la Bibbia sulla permanenza degli ebrei in Egitto potrebbe essere il riflesso di una lontana realtà storica. Il ricordo degli eventi si sarebbe trasformato con il tempo e avrebbe assunto un significato simbolico. I fedeli, infatti, riconoscono questi racconti come validi principalmente per il loro valore simbolico. In ogni caso, gli episodi biblici manterrebbero dei parallelismi con fatti e personaggi dell’antico Egitto, come mostrato nella teoria presentata nelle pagine seguenti.

AKHENATON. STATUA DEL TEMPIO DI KARNAK. MUSEO EGIZIO, IL CAIRO.

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 28

JAVIER ALONSO LÓPEZ IE UNIVERSITY (MADRID)

1

Gli ebrei furono davvero schiavi in Egitto?

L ERICH LESSING / ALBUM

1552 a.C.

a storia degli ebrei in Egitto ha inizio con Giuseppe, figlio di Giacobbe. I fratelli, invidiosi, finiscono per venderlo a mercanti che lo portano in Egitto dove, grazie a un colpo di fortuna, diventa visir del faraone. Come visir, Giuseppe ordina di accumulare riserve di grano e salva così gli egizi da una carestia. La famiglia di Giuseppe, invece, patisce la siccità e si

5/7/18 13:43


Alaka Hüyük

M

Hattusa

Avaris

Bubasti Menfi

E GIT TO

SIN A I

Abydos

PENISOLA ARABICA

o

Tebe

ss

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 29

H Y KSOS

Sais

Ro

migrazione massiccia di un gruppo etnico nel delta del Nilo alla ricerca di

le ad Avari, nel delta, e veneravano quale dio principale Baal, anche se lo raffiguravano in stile egizio. Questo, però, non portò a un conflitto religioso con i nativi, che continuarono ad adorare tranquillamente i propri dei. Gli egizi, con capitale a Tebe e seguaci del dio Amon, iniziarono una “guerra di liberazione” contro gli hyk-

Tigr i

r

D’ALTRO CANTO, è noto un episodio di

GLI HYKSOS stabilirono la loro capita-

A MOR R E I

Ma

QUESTA VICENDA riflette una realtà storica: in caso di carestia, la popolazione di Canaan emigrava in Egitto alla ricerca di cibo, perché lì i raccolti erano abbondanti e non dipendevano dalle piogge, quanto dalle inondazioni del Nilo. Nella Genesi, la Bibbia ricorda gli eventi come le “discese in Egitto” di Abramo o dei figli di Giacobbe.

una vita migliore. Questi colonizzatori di lingua semita, come gli ebrei, dominarono il delta per un secolo. Chiamavano sé stessi aamu, “asiatici”, anche se erano conosciuti come hyksos, dall’egizio heka khaset, “sovrani di paesi stranieri”.

O

Waššukanni

CIPRO

lo

reca in Egitto a comprare grano. Giuseppe concede il perdono ai fratelli e li invita a rimanere con lui: comincia la permanenza ebraica in Egitto.

UR

Qadeš Mar Sidone Mediterraneo Megiddo

Ni

La pittura murale che a Beni Hassan, nel Medio Egitto, decora la tomba del governatore Khnumhotep, vissuto durante la XII dinastia, illustra la migrazione proveniente dal Vicino Oriente in Egitto. Questa seguiva rotte come quelle segnate qui nella mappa, non molto diverse dagli itinerari che seguiranno secoli dopo gli hyksos e gli ebrei. In uno dei suoi registri compare un gruppo di “asiatici”, con vestiti colorati e guidati da un certo Abisai, che chiedono il permesso per entrare in Egitto.

TA

CARTOGRAFIA: EOSGIS. COM

POPOLI SEMITICI ENTRANO NEL DELTA

ON

TI

sos che sarebbe culminata ai tempi di Amosi (1539-1514 a.C.), fondatore della XVIII dinastia, con la sconfitta degli hyksos e l’unificazione del Paese. Avari fu distrutta e gli hyksos tornarono a Canaan. IN POCHE PAROLE, un gruppo di persone di origine semita, che venerava come dio principale una divinità straniera, entrò in conflitto con il popolo egizio e venne ricacciato nella terra da cui proveniva: Canaan. In quel momento della storia non è corretto parlare di ebrei, ma indubbiamente l’identikit coincide con quello dei discendenti di Giacobbe che viene menzionato dalla Genesi.

5/7/18 13:43


2

Mosè fu davvero una figura storica?

SCALA , FIRENZE

Q

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 30

uanto sappiamo su Mosè non proviene solo da testimonianze letterarie. Nel libro dell’Esodo della Bibbia, redatto in una versione definitiva nel V secolo a.C., si narrano gli episodi più noti della sua vita, a cominciare dal miracoloso salvataggio quando era un neonato: per sottrarsi all’ordine del faraone di uccidere i figli maschi degli ebrei, i genitori lo lasciarono lungo il Nilo in una cesta

che sarebbe stata successivamente raccolta dalla figlia del faraone. ALTRE FONTI presentano un racconto di-

verso. Per esempio, il sacerdote egizio Manetone (III secolo a.C.) scrive che, ai tempi di Amenofi, l’Egitto affrontò una piaga in seguito alla quale un gruppo di contagiati decise di andarsene in Palestina. Lungo il cammino si fermarono ad Avari, antica capitale degli

5/7/18 13:43


MOSÈ TRASFORMA IL BASTONE DI ARONNE IN UN SERPENTE. L’OLIO DI NICOLAS POUSSIN EVOCA IL FAMOSO EPISODIO DEL LIBRO DELL’ESODO IN CUI, DAVANTI AL FARAONE, MOSÈ TRASFORMA IL CADUCEO DEL FRATELLO IN UNA SERPE. MUSÉE DU LOUVRE. PARIGI.

FINE ART IMAGES / ALBUM

hyksos, e lì scelsero come capo Osarseph, un sacerdote egizio di Eliopoli. Osarseph dettò una legge contraria a quella degli egizi, e dopo essersi alleato con gli hyksos conquistò il paese del Nilo e adottò il nome di Mosè – che, in effetti, viene dall’egizio mose, “sono nato”, come nel caso del faraone Tutmosi “[il dio] Toth è nato”. sia i cronisti successivi rapportano sempre Mosè al suo ruolo di guida religiosa, alle relazioni con il popolo d’Israele e alle calamità (piaghe). Alcuni studiosi hanno ritrovato i tre elementi in una fase precisa della storia

SIA LA BIBBIA

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 31

dell’antico Egitto: la XVIII dinastia (15521305 a.C.). In quel periodo l’Egitto andò incontro a tre dolorose esperienze: la dominazione degli hyksos, la rivoluzione religiosa del faraone Akhenaton (il quale soppresse il culto tradizionale e impose quello di Aton, il disco solare) e la piaga della peste che devastò il Medio Oriente. NEGLI ANNI TRENTA DEL NOVECENTO, Sigmund Freud indicò l’affinità tra il culto di Aton e quello di Yahweh, e ipotizzò che Mosè fosse in realtà un egizio che aveva trasmesso agli ebrei il monoteismo di Akhenaton. Autori successivi hanno proposto spiegazioni più elaborate.

L’egittologo tedesco Jan Assmann, ad esempio, considera che gli eventi traumatici vissuti dagli egizi nella XVIII dinastia diedero luogo a un racconto mitico in cui comparivano invasori asiatici, un capo religioso e una piaga. Poiché il ricordo di Akhenaton, il faraone eretico, venne cancellato, ne prese il posto Mosè. La tradizione orale egizia sarebbe poi stata adottata dai cronisti ebrei che redassero la Bibbia. MOSÈ. LA MAGNIFICA SCULTURA DI MICHELANGELO PER LA TOMBA DI PAPA GIULIO II NELLA CHIESA ROMANA DI SAN PIETRO IN VINCOLI RAPPRESENTA IL LIBERATORE DEL POPOLO EBRAICO DALLA SCHIAVITÙ IN EGITTO.

5/7/18 13:44


LA MORTE DEI PRIMOGENITI. L’ULTIMA DELLE DIECI PIAGHE D’EGITTO FU LA PIÙ CRUDELE: LA MORTE DI TUTTI I PRIMOGENITI. L’OLIO DI LAWRENCE ALMA-TADEMA RAPPRESENTA IL DOLORE PER LA MORTE DEL FIGLIO ED EREDE DEL FARAONE. 1872. RIJKSMUSEUM. AMSTERDAM.

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 32

5/7/18 13:44


3

Sono davvero esistite le dieci piaghe d’Egitto?

I

l libro dell’Esodo narra che, nel momento di maggior oppressione degli ebrei da parte del faraone, Mosè e il fratello Aronne si recarono a corte per minacciarlo: se non avesse lasciato partire il loro popolo, Yahweh avrebbe scagliato una terribile piaga sull’Egitto. E così avvenne: l’acqua del Nilo diventò sangue e tutti i pesci morirono. Poiché il faraone non cedette, seguirono altre nove piaghe – rane, zanzare, mosche ecc. – finché gli ebrei ottennero il permesso di lasciare il paese. se queste piaghe abbiano o meno una base storica, alcuni studiosi hanno trovato riferimenti che rimandano al regno di Akhenaton. Le cosiddette Lettere di Amarna – tavolette che contengono la corrispondenza tra la corte egizia e altri stati del Vicino Oriente – riferiscono di una piaga (la peste?) che si sarebbe diffusa da Canaan al regno ittita e da lì a Cipro e ad Akhetaton, la capitale dell’Egitto. Nel villaggio dei lavoratori di Akhetaton (l’attuale Amarna) hanno scoperto nel 2004 un’alta concen-

TUTTAVIA la peste fu solo una delle die-

ci piaghe menzionate nel libro dell’Esodo. Forse possiamo trovare un’eco delle altre nella stele della Tempesta, scritta ai tempi del faraone Amosi (XVIII dinastia). Vi compare una serie di straordinari fenomeni atmosferici che si verificarono in Egitto, molto probabilmente in seguito all’eruzione del vulcano dell’isola di Thera, l’attuale Santorini, nell’Egeo. La devastante eruzione provocò tsunami che giunsero fino alle coste dell’Egitto e fenomeni come la pioggia di cenere, l’oscuramento del cielo, terremoti o strani comportamenti degli animali che, probabilmente, ebbero luogo in tutto il Mediterraneo orientale e, certamente, anche in Egitto. Possiamo credere che il ricordo di tale disastro, evidente anche nella stele della Tempesta, originò una serie di racconti orali che successivamente avrebbero ispirato gli autori dell’Antico testamento.

AKG / ALBUM

DAVANTI ALLA DOMANDA

trazione di pulci e parassiti fossili che contenevano il batterio responsabile della peste (Yersinia pestis).

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 33

5/7/18 13:44


4

La Legge ebraica deriva dalla legislazione egizia?

S

econdo il racconto biblico, mentre guidava gli ebrei nell’esodo in Palestina, Mosè giunse davanti al monte Sinai, salì alla vetta e lì Dio gli si manifestò e gli ordinò di annunciare al popolo il Decalogo, i dieci comandamenti. Mosè avrebbe dettato anche l’insieme di leggi rituali raccolte nella Bibbia.

braismo si definisce per il suo carattere monoteista, in disaccordo con il politeismo degli egizi. I riti ebraici si contraddistinguono per il disprezzo verso quanto è sacro agli egizi; per esempio, alcuni autori hanno inteso il sacrificio dell’agnello pasquale come un modo per prendere le distanze dal montone caro ad Amon.

SECONDO ALCUNI STUDIOSI, sia il Deca-

MALGRADO IL CONTRASTO, sono evidenti

logo sia le altre leggi del Pentateuco si caratterizzano per la contrapposizione agli egizi. Il Decalogo inizia così: «Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal Paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dei al di fuori di me». L’e-

le similitudini tra l’ebraismo e un episodio particolare della religione egizia: il culto ad Aton favorito dal faraone Akhenaton. Il salmo 104 dell’Antico testamento, successivo all’Inno ad Aton, ne ripropone alcuni temi, ma non abbiamo prove per dire se l’autore lo conoscesse o ne avesse tratto ispirazione. Uno dei capitoli dell’Inno recita: «Tutto il bestiame si pasce del proprio foraggio; gli alberi e le erbe fioriscono, gli uccelli lasciano i nidi, i loro voli lodano il tuo ka. Tutto il bestiame saltella sulle sue zampe. Tutti gli esseri alati volano e si posano di nuovo, tornano alla vita quando tu sorgi». SE ORA LEGGIAMO IL SALMO 104, le somi-

glianze balzano agli occhi: «Si abbeverano tutte le bestie del campo, gli asini selvatici vi si dissetano. Vicino a loro si posano gli uccelli del cielo; tra le fronde fanno udire la loro voce. Egli annaffia i monti dall’alto delle sue stanze; la terra è saziata con il frutto delle tue opere. Egli fa germogliare l’erba per il bestiame, e le piante per il servizio dell’uomo». AKHENATON E NEFERTITI PRESENTANO OFFERTE AL DIO ATON, IL DISCO SOLARE, CHE BAGNA I FARAONI CON I SUOI RAGGI MUNIFICI. RILIEVO PROVENIENTE DA AMARNA. XVIII DINASTIA. MUSEO EGIZIO, IL CAIRO. ARALDO DE LUCA

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 34

5/7/18 13:44


FINE ART / ALBUM

MOSÈ CON I DIECI COMANDAMENTI. LA PITTURA ANONIMA MOSTRA MOSÈ CON LE TAVOLE DELLA LEGGE CHE YAHWEH GLI CONSEGNÒ SUL MONTE SINAI. RIJKSMUSEUM, AMSTERDAM.

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 35

5/7/18 13:44


COME RACCONTA L’ESODO, DOPO QUARANT’ANNI NEL DESERTO GLI EBREI ATTRAVERSANO IL FIUME GIORDANO PER ENTRARE NELLA TERRA PROMESSA. INCISIONE. XIX SECOLO.

5

Ci fu davvero l’esodo?

C

ome succede per altri elementi della storia di Mosè, non esiste alcuna fonte storica o archeologica che confermi l’esistenza di un esodo di ebrei dall’Egitto a Canaan, come lo descrive la Bibbia. A ogni modo, se fosse accaduto, forse gli egizi non ne avrebbero comunque lasciato traccia, perché gli abitanti del paese del Nilo non erano inclini a ricordare sconfitte e

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 36

umiliazioni. Inoltre il numero di persone coinvolte (600mila maschi, per un totale di circa due milioni) è poco realistico, perché avrebbe superato il popolo di Canaan in un rapporto, come minimo, di venti a uno. Uno studio recente propone la cifra di 20mila persone. PROBLEMATICA RISULTA pure la datazione dell’episodio. La Bibbia dice che

l’esodo avvenne 480 anni prima della fondazione del tempio di Salomone a Gerusalemme, il che lo situa verso il 1450 a.C. Ciononostante, nella stessa fonte si narra che gli ebrei lavorarono alla costruzione di una città chiamata Ramesse, probabilmente Pi-Ramses, la capitale costruita da Ramses II sul delta del Nilo nel XIII secolo a.C, e ingrandirono, sempre per volontà del faraone, la città di Pitom. Malgrado ciò, alcuni indizi lo danno per certo: il percorso che, secondo la Bibbia, seguirono gli ebrei è lo stesso di alcuni schiavi fuggiti dall’Egitto nel XIII secolo a.C.,

5/7/18 13:44


VA PURE DETTO che probabilmente l’esodo dall’Egitto evoca altri episodi storici in cui gli ebrei erano rimasti lontani dalle proprie terre, schiavi, con il desiderio di tornare in patria. Nell’VIII secolo a.C., il regno di Israele andò in rovina e il suo popolo fu deportato dagli assiri. Nacque così il mito delle tribù

SNG114_026-037_JUDIOS_EGIPTO_m_e_m_e_m_e.indd 37

perdute di Israele. Ancora, il regno di Giuda fu conquistato dal re babilonese Nabucodonosor II nel 586 a.C., e l’élite ebraica venne deportata a Babilonia. Se consideriamo che il racconto biblico fu elaborato forse nel V secolo a.C., appaiono ancora più evidenti i parallelismi tra i due episodi menzionati e la storia di Mosè, che nella Bibbia è presentato quale modello di fedeltà a Yahweh e di obbedienza alla Legge. ALCUNI ESPLORATORI MANDATI DAGLI EBREI TORNANO DALLA TERRA PROMESSA CARICHI DI UVA. SCENA DA UNA CROCE D’ALTARE SMALTATA. BRITISH MUSEUM. LONDRA.

SOPRA: GRANGER / ALBUM. SOTTO: SCALA, FIRENZE

i cui spostamenti furono indicati nel Papiro Anastasi V. Inoltre, anche altri antichi testi egiziani documentano il passaggio di schiavi in fuga dall’Egitto. Come la storia di un certo Sinuhe che fuggirà nel deserto nottetempo.

5/7/18 13:45


GROTTA DELLE MANI

Situata nella Patagonia argentina, ospita sulle sue pareti pitture realizzate tra 9.300 e 1.300 anni fa. Gli animali che vi compaiono sono guanachi, cacciati dalle popolazioni locali. KENNETH GARRETT

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 38

5/7/18 13:48


I PRIMI ABITANTI D’AMERICA Quando arrivò in America il primo essere umano? Quale cammino seguì per raggiungere l’interno del continente? L’archeologia e il DNA offrono diversi indizi per rispondere a queste domande

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 39

5/7/18 13:48


LA VITA VICINO AL FUOCO

AGE FOTOSTOCK

LA GRANDE MIGRAZIONE DALL’ASIA

l’invasione assira (della stessa opinione fu, due secoli dopo, il grande naturalista Humboldt). Si credette pure che fossero i sopravvissuti a un immane cataclisma: lo sprofondamento di Atlantide. Oggi sorridiamo per l’ingenuità di quell’epoca. Sappiamo con certezza che gli antenati degli attuali nativi giunsero dall’Asia attraverso un territorio che, dopo il loro passaggio, sarebbe stato ricoperto dalle acque: lo stretto di Bering.

Un mondo di ghiaccio I primi popoli americani giunsero nel continente durante la glaciazione di Würm, l’ultima che colpì il nostro pianeta, iniziata all’incirca 110mila anni fa e conclusasi

KENNETH GARRETT

Q

uando i colonizzatori spagnoli, arrivati in America nel XVI secolo, si resero conto che non erano in Asia (dove pure credeva di esser finito Colombo), ma piuttosto in un nuovo mondo, si posero molte domande sui suoi abitanti. Chi erano? Da dove venivano? Trovarono la risposta nella Bibbia, cui riconoscevano un valore storico. Per alcuni, come Benito Arias Montano, erano i successori di Noè, il patriarca che secondo il testo sacro aveva salvato l’umanità dal Diluvio. Per altri, come fra Bartolomé de las Casas, erano invece i discendenti delle tribù smarrite di Israele, di cui si erano perse le tracce dopo

Il pittore messicano José María Velasco (1840-1912) immaginò così una delle notti nel periodo in cui gli esseri umani giunsero in America. Museo Nacional de Arte, Città del Messico.

35.000 AN NI FA C I RCA

24.000 A NNI FA CI RCA

1 4 .00 0 A N N I FA CI RCA

IN ASIA si separano i popoli

IL GHIACCIO ricopre

SI CREA un corridoio tra i ghiacciai dell’America del nord. Tuttavia questa regione non diventa abitabile per le persone sino a circa 12.600 anni fa.

orientali del continente dagli antenati dei primi americani, i quali si dirigeranno verso oriente attraverso il ponte di Beringia.

l’America del nord. Tra questa data e 18.000 anni fa circa la deglaciazione apre un cammino (che si riaprirà di nuovo 14.000 anni fa) nella costa del Pacifico.

40 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 40

5/7/18 13:48


11. 880 A NNI FA CIRCA

GLI ESSERI UMANI hanno già raggiunto l’estremità sud dell’America: in quel periodo il sito di Tres Arroyos (Cile), nella Terra del Fuoco, risulta abitato.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 41

UNA VEDETTA PER I CACCIATORI

Il sito di Mesa, in Alaska, si trova nell’altopiano al centro nell’immagine, che gli dà il nome. Da qui i cacciatoriraccoglitori potevano controllare un vasto territorio. Le punte di pietra lì trovate sono datate tra 11.700 e 9.700 anni fa.

5/7/18 13:48


1

35.000 ANNI FA CIRCA

Antenati asiatici

In questo periodo alcuni popoli provenienti dall’Eurasia e dall’Asia orientale abitano la parte occidentale della Beringia.

ASIA Malta

circa 24.000 anni fa

1 1

1

1

1

sk an

MontidiVerch oj

Yana

O

Polo Nord

Linea della costa attuale

RT I C

Una popolazione il cui DNA possiede due terzi di quello asiatico orientale e un terzo di quello euroasiatico rimane isolata nella Beringia. Le mutazioni genetiche producono marcatori di DNA nuovi e unici, corrispondenti a quelli degli attuali nativi dell’America del nord e del sud, ma non a quelli delle genti asiatiche.

Livello del mare: -120 m

EA

2

OCEANO ARTICO

AR

Parentesi beringiana

ia

OL

25.000-15.000 ANNI FA

Be

2

Mare di Bering

ri ng

circa 32.000

Manto di ghiaccio della Massima estensione Cordigliera del ghiaccio

C CIR

OL

O

P

21.000 anni fa

Manto di ghiaccio della Laurentia

AMERICA

DEL NORD 0 km

1.000

ROTTE VERSO UN NUOVO MONDO RECENTI RITROVAMENTI stanno

ridefinendo le nostre conoscenze su quando e come gli esseri umani migrarono per la prima volta in America. Nel 2014 i progressi nell’analisi del DNA hanno permesso di sequenziare un genoma paleoamericano completo nel sito di Anzick (Montana occidentale, Stati Uniti); giunge così la conferma che gli antenati degli odierni nativi americani provengono dall’Asia.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 42

MARTIN GAMACHE, NGM; AMANDA HOBBS

Il clima e gli esseri umani

5/7/18 13:49


3

Rotta costiera

La deglaciazione della costa nordoccidentale del Pacifico apre una rotta migratoria verso l’America. Le prove genetiche suggeriscono che meno di cinquemila individui si disperdono verso il sud.

14.000-13.000 ANNI FA

Rotta terrestre

Circa duemila anni dopo la rotta costiera, si apre un passaggio interno privo di ghiaccio, che faciliterà le future migrazioni attraverso il continente.

i uril Is ole C

Iso

le

5

16.000 ANNI FA

Sa

cha

6

lin

ASIA

ri ng

Livello del mare: -94 m Linea della costa attuale

e

Serpentine Hot Springs

Serpentine Hot Springs

12.400-12.000 anni fa 5

3

Manis

AMERICA DEL NORD

Grotte di

Lindsay

Klamath

circa 14.250

Paisley

circa 14.350

Columbia

Schaefer e Hebior

circa 12.650

Manto di ghiaccio della Laurentia

7 Folsom Clovis

15.000-14.000

15.500-13.200

circa 12.350

Anzick

Meadowcroft

Debra L. Friedkin

I ritrovamenti archeologici fanno ipotizzare una prevalenza del flusso inverso, verso nord, lungo il corridoio, forse perché quei popoli seguivano animali di taglia più grande. Circa 10mila anni fa, la foresta boreale cominciò a coprire il corridoio, rendendolo meno allettante per i grandi erbivori.

Grotta di Charlie Lake

6

circa 14.500 e circa 14.800

Isole del Canale

OCEANO ARTICO

Livello del mare: -64 m Linea della costa attuale

Migrazione inversa

Corridoio libero dai ghiacci

Manto di ghiaccio della Cordigliera

circa 13.800 anni fa

4

ia

Be

ri ng

OCEANO ARTICO

ia

Be

n leuti Isole A

Mare di Bering

13.000 ANNI FA

Page-Ladson

Grandi quantità di punte di giavellotto con scanalature, datate intorno ai 13.000 e 12.000 anni fa.

circa 14.400

4

Assenti

Hoyo Negro

Abbondanti

circa 12.800

4

7 4

4

Huaca Prieta 15.000 ANNI FA

Rapida espansione

circa 14.100

I resti trovati in siti come Monte Verde, in Cile, portano a credere che gli esseri umani migrarono lungo la costa e raggiunsero l’estremità meridionale dell’America del sud in qualche centinaio di anni.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 43

AMERICA DEL SUD

Arroyo Seco 2 circa 14.000

Monte Verde 14.500-14.250

13.000 ANNI FA

Cultura di Clovis

I cacciatori sviluppano punte di giavellotto in pietra con scanalature che si diffondono in tutta l’America settentrionale. Per gli archeologi queste “punte di Clovis” diventeranno la prova irrefutabile di un precoce popolamento umano in America. La scoperta delle grotte di Paisley, Monte Verde e del sito di Friedkin, tra gli altri, ha fatto retrodatare la prima migrazione di circa 2.500 anni.

5/7/18 13:49


Clovis, i cacciatori di mastodonti NEL 1929 A BLACKWATER DRAW, vicino alla città di Clovis (Nuovo Messi-

10mila anni fa. In quel periodo, infatti, calarono le temperature ed enormi masse di acqua si ghiacciarono, abbassando così il livello del mare. In ben due occasioni America e Asia rimasero unite da una lingua di terra emersa: il ponte di Beringia. Oggi lo stretto di Bering è profondo 50 metri, ma allora il livello degli oceani scese di ben 120 metri e lasciò allo scoperto una vasta regione di migliaia di chilometri quadrati.

Percorsi tra il ghiaccio

A sinistra, punta di Clovis trovata nel sito di Blackwater Draw (Nuovo Messico), con la scanalatura inferiore che serviva per dotare i giavellotti di manico.

biente, tra cui il mammut e il bisonte antico. Le stesse temperature che provocarono l’abbassamento del livello del mare e aprirono il transito tra Asia e America complicarono non poco la vita degli uomini nell’America del nord. Infatti queste causarono la formazione di due calotte di ghiaccio, il Laurentide e il ghiacciaio della Cordigliera, che coprirono gran parte del territorio impedendo così il passaggio verso l’interno. Ma all’incirca 14mila anni fa tra le due calotte emerse un lembo di terra: il corridoio dell’Alberta, che consentì agli esseri umani di circolare. Questa lingua di terra priva di ghiacci è un elemento chiave per chi crede che il popolamento dell’America avvenne allora, e non prima. Il corridoio permetteva infatti di raggiungere il centro e il sud degli attuali Stati Uniti, dove si trovano i siti archeologici che avvalorerebbero tale teoria, e dove

SPL / A

GE F

OTO STO C

K

Tuttavia non tutta la regione era coperta da un manto di ghiaccio. Tra 25mila e 12mila anni fa alcune zone del ponte di Beringia avevano un aspetto simile all’attuale tundra asiatica: un paesaggio secco e freddo, in cui, però, potevano vivere gli esseri umani e brucavano grandi mammiferi adattatisi all’am-

UTENSILI PER LA CACCIA

ORONOZ / ALBUM KENNETH GARRETT

co, Stati Uniti), vennero alla luce dei manufatti in pietra che avrebbero dato il nome ai primi gruppi americani. Diversi tratti definiscono quella che alcuni autori chiamano “cultura di Clovis”, come le punte di Clovis, di grandi dimensioni, intagliate da entrambi i lati e con una scanalatura centrale che doveva facilitare l’attacco all’asta di un’arma simile al giavellotto. Caratteristici di Clovis sono pure l’impiego di ocra rossa, legato, tra gli altri usi, al trattamento delle pelli di animale; la fabbricazione di utensili in avorio, come gli aghi, e un’economia specializzata nella caccia di grandi mammiferi: mastodonte, mammut, bisonte antico (caccia che favorì la loro estinzione). La maggior parte dei siti della cultura Clovis si trova in Stati Uniti e Canada.

I primi abitanti giunsero in America quando il livello del mare scese a causa della glaciazione GLIPTODONTE, UNO DEI MAMMIFERI GIGANTI AMERICANI ORMAI ESTINTI.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 44

SPL

/ AG

E FOTO

STOCK

5/7/18 13:49


La fine dei giganti

LA MEGAFAUNA AMERICANA L’ARRIVO dei gruppi di cacciatori-raccoglitori in America è

strettamente legato alla cattura dei grandi mammiferi e coincide con l’estinzione della megafauna in tutto il pianeta, alla fine delle glaciazioni. In America scomparvero animali come il gliptodonte, il bradipo gigante o il mammut. Si estinsero tutte le specie il cui peso superava i mille chili. Alcuni autori legano tale scomparsa ai cambiamenti

climatici, mentre altri la imputano all’arrivo dell’uomo, con le sue strategie e le sue tecniche di caccia. I recenti lavori di Bernardo Araujo, che ha studiato su scala mondiale la cronologia dell’estinzione della megafauna, dimostrano che vi incisero sia il clima sia la caccia. E anche se il cambiamento climatico ebbe un ruolo importante, la caccia fu la condizione necessaria per l’estinzione.

Mammut colombiano

Con un’altezza di 4 m fino al garrese e 10 t di peso per gli esemplari di maggiori dimensioni, scomparve circa 10mila anni fa.

Mastodonte

Cacciato in tutta l’America, quest’erbivoro poteva misurare circa 5 m di lunghezza e 3 m di altezza fino al garrese. I maschi più grandi potevano pesare fino a 7 t. Scomparve circa 11.700 anni fa.

Questo mammifero visse in sud America e scomparve circa 11.700 anni fa. Misurava all’incirca 2,75 m di lunghezza e 1,5 m di altezza.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 45

BRIDGEMAN / ACI

Toxodon

5/7/18 13:50


LA ROTTA COSTIERA

Le Channel Islands, in California, si trovano lungo la rotta costiera del popolamento americano. Gli utensili recuperati risalgono al periodo compreso tra 11mila e 10.500 anni fa.

KENNETH GARRETT

SPL / AGE FOTOSTOCK

sono state ritrovate delle caratteristiche punte litiche conosciute come “punte di Clovis”. Da lì il nome di tale teoria del popolamento tardivo in America: Clovis-first, “teoria dei primi Clovis”. Tuttavia recenti indagini, guidate dal genetista Eske Willerslev e pubblicate sulla rivista Nature nel 2016, hanno sollevato molti dubbi su tale interpretazione: il corridoio dell’Alberta sarebbe stato abitabile solo 12.600 anni fa, quando vi comparvero le prime piante di cui si sarebbero cibati gli animali cacciati dagli uomini. Poiché tale data è posteriore alle

numerose tracce umane presenti in nord America, i primi abitanti del continente non potevano venire dall’interno, ma lungo un altro percorso.

L’autostrada delle alghe Anche la costa nordamericana del Pacifico subì l’effetto dei ghiacciai, ma in due periodi – tra 24mila e 18mila anni fa e, successivamente, 14mila anni fa – l’abbassamento del livello del mare e il ritirarsi dei ghiacci lasciarono allo scoperto una lunga frangia costiera dal ponte di Beringia lungo la quale potevano muoversi i cacciatori-raccoglitori provenienti dall’Asia. I gruppi che si avventuravano in quel passaggio costiero potevano disporre di abbondanti risorse marine. Tra gli altri, gli archeologi Jon M. Erlandson e Torben C. Rick hanno avanzato la kelp highway hypothesis, “ipotesi dell’autostrada di laminarie”: i pri-

Recenti studi affermano che la costa del Pacifico fu la via d’ingresso per il continente americano da Beringia DONNE DELLE PALME, RICOSTRUITA DA UNO SCHELETRO DI TULUM (MESSICO), DI CIRCA 10MILA ANNI FA.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 46

5/7/18 13:50


Ossa antiche

CAMBIAMENTI NEL TEMPO DALL’ANALISI DEI CRANI emerge che i primi americani avevano una configurazione

nettamente diversa da quella degli attuali nativi. Perché? Alcuni ricercatori, come l’archeologo Jim Chatters, hanno ipotizzato che il comportamento e i tratti fisici mutarono a mano a mano che i popoli divennero sedentari.

Nativo americano moderno

Paleoamericano

Uomo, meno di mille anni fa, Texas centrale.

Uomo, all’incirca 12mila anni fa. Horn Shelter, Texas.

1

8

2 3

6 4

5

NGM ART. FOTO: JAMES CHATTERS (SINISTRA), DAVID COVENTRY (DESTRA). FONTE: JAMES CHATTERS

7

1 Cranio più grande

e rudimentale 2 Occhi più separati 3 Parte superiore del volto più stretta e spaziosa 4 Naso più largo

5 Cranio più allungato

e stretto

6 Zigomi prominenti, con

un angolo verso l’interno

7 Volto proteso verso l’esterno 8 Occipitale meno

arrotondato

Paleoamericano Indigeno americano attuale

Uomini e donne

I resti ossei indicano che gli uomini paleoamericani si nutrivano meglio, erano più corpulenti e vivevano più a lungo delle donne, la maggior parte delle quali non superava i 26 anni. I nativi odierni sono più robusti degli antenati, e le donne più alte.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 47

5/7/18 13:50


ACCAMPAMENTO VICINO AL FIUME

Vista aerea del ruscello Chinchihuapi, vicino al quale si trovano i siti di Monte Verde, insediamento stagionale dei cacciatoriraccoglitori.

KENNETH GARRETT

parte delle “autostrade”, cosicché i siti più antichi che potrebbero corroborare tale ipotesi sono oggi inaccessibili, e buona parte di questi è scomparsa. Le datazioni ricavate nei siti dell’attuale costa della California si situano attorno a 12.200 anni fa.

Date successive Per molto tempo la maggior parte dei ricercatori ha concordato su un popolamento tardivo dell’America, situato perfino attorno a 12mila-11.500 anni fa (lo dimostrerebbero i siti come Blackwater Draw, nel Nuovo Messico, risalente a circa 12mila anni fa). Invece, oggi sono molti i siti archeologici che, in tutto il continente americano, confermano la possibilità di un popolamento anteriore, precedente a Clovis. Tra questi risultano, per esempio, Meadowcroft Rockshelter, negli Stati Uniti (16mila anni fa); Arroyo Seco (14mila an-

GREG HARLIN / NGS

mi americani avrebbero raggiunto il continente lungo la costa del Pacifico, lontano dai ghiacciai, dove foreste di alghe laminarie (kelp), con la loro grande biodiversità, offrivano cibo abbondante ai gruppi dotati dei mezzi necessari per navigare o pescare. L’esistenza di questa rotta costiera conferma l’ipotesi di un popolamento precoce dell’America: il cosiddetto pre-Clovis, “prima di Clovis”, che spiegherebbe l’esistenza, in America del sud, di siti antichi come quello di Clovis o perfino anteriori. L’arrivo dei primi abitanti sarebbe allora avvenuto molto prima di quanto lascino credere i siti di Clovis; forse persino 40mila anni prima. Tuttavia l’innalzamento del livello del mare dopo la fine della glaciazione ha sommerso la maggior

Probabilmente i primi americani giunsero nel continente molto prima di quanto si creda, forse 40mila anni fa FIBRA VEGETALE INTRECCIATA PROVENIENTE DA MONTE VERDE (CILE). KENNETH GARRETT

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 48

5/7/18 13:50


Monte Verde

CACCIATORI E RACCOGLITORI I SITI DI MONTE VERDE, vicino alla città costiera di Puerto Montt, in Cile, sono una delle evidenze più valide e interessanti del popolamento precoce del Sud America. Gli archeologi che scavano in questo luogo, sotto la guida di Tom Dillehay, hanno ipotizzato sulla rivista Plos One che l’occupazione umana del sito si possa datare tra 18.500 e 14.500 anni fa. Come in altri siti americani, a Monte Verde si praticava la caccia di grandi mammiferi oggi estinti, come il gonfoterio, imparentato con il nostro elefante. Il ruscello Chinchihuapi inondò la zona e la coprì di sedimenti, favorendo così la conservazione di materiali tra cui piante medicinali e alghe marine, pelli e carni di animali. I ritrovamenti includono elementi di abitazioni in pelle, corde in fibre vegetali e pietre arrotondate, che potevano essere utilizzate con le fionde o le boleadoras.

A MONTE VERDE UN CACCIATORE DELL’ERA GLACIALE SI APPRESTA A LANCIARE LA BOLEADORA MENTRE NELL’ALTRA MANO REGGE UN’ARMA DA GETTO.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 49

5/7/18 13:50


MEADOWCROFT ROCKSHELTER

KENNETH GARRETT

ni fa) e Piedra Museo (12.890 anni fa) in Argentina, o Monte Verde (14.800 anni) e Tres Arroyos (11.880 anni fa) in Cile. Sono state proposte anche datazioni prossime a 50mila anni fa a Pedra Furada (Brasile), anche se tali dati non sono stati accettati da tutta la comunità scientifica.

Sono forse venuti dall’Oceania? Le più antiche datazioni dei siti sudamericani, come quelli appena menzionati, sono alla base dell’ipotesi su un popolamento dell’America del sud a partire dalle isole della Polinesia. Ciononostante, i dati forniti dai genetisti si dirigono verso altre ipotesi. I lavori più solidi, accettati dalla comunità scientifica e basati sull’analisi del DNA mitocondriale (che si tramanda di madre in figlio e figlia) e sul cromosoma Y (di padre in figlio), confermano un’origine asiatica dei primi americani. Alcuni popoli americani condividono gli aplotipi (particolari combinazioni lineari di alleli in una determinata regione cromosomica) con gli asiatici, e in particolare con quelli della zona meridionale dell’odierna Cina e del nord del Vietnam; aplotipi simili non si riscontrano, però, nella

parte meridionale di questa regione, dove si trovano le isole della Polinesia. Inoltre gli studi sui polimorfismi proteici hanno permesso all’antropologo Sergio Iván Pérez di tracciare un albero che mostra indubbie relazioni genetiche tra le popolazioni americane e quelle del nord-ovest e della zona artica dell’Asia. Sappiamo, perciò, da dove sono venuti i primi americani, ma dobbiamo ancora rispondere all’altra domanda: quando sono arrivati? Se le genti di Tres Arroyos vissero all’incirca 12mila anni fa nella Terra del Fuoco cilena, all’estremità meridionale del continente, a più di 15mila chilometri dallo stretto di Bering, quando giunsero in America i loro antenati? IVAN BRIZ GODINO UNIVERSITÀ NAZIONALE DELLA TERRA DEL FUOCO

Per saperne di più

SAGGI

Archeologia del Paleolitico. Storia e culture dei popoli cacciatori-raccoglitori Fabio Martini. Carocci, Roma, 2008. Geni, Popoli e Lingue Luigi Luca Cavalli-Sforza. Adelphi, Milano, 1996. Il martello di Darwin. Vicende di mammiferi fra estinzioni e scoperte Vittorio Muzzio. Muzzio, Padova, 1999.

ILLUSTRAZIONE: ERIC S. CARLSON – BEN A. POTTERE. FOTO: UAI PHOTO – BEN POTTER

L’antropologo James Adovasio (nella foto) diresse dal 1973 al 1978 gli scavi in questo riparo roccioso della Pennsylvania, i cui reperti risalgono a 16mila anni fa.

50 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 50

5/7/18 13:51


L’ACCAMPAMENTO DI UPWARD SUN RIVER, NELLA VALLE DEL FIUME TANANA (ALASKA), DOVE SAREBBE VISSUTA LA “BAMBINA DELL’ALBA”.

Gli ultimi dati

LA BAMBINA DELL’ALBA IL 3 GENNAIO 2018 la rivista Nature ha pubblicato un articolo di

diversi autori sul genoma di una bambina che visse all’incirca 11.500 anni fa a Upward Sun River, in Alaska. I resti della neonata, che morì quando aveva tra le sei e le dodici settimane e che è stata chiamata “la bambina dell’alba”, suggeriscono che circa 35mila anni fa un gruppo di antenati dei primi americani si separò dalle popolazioni originarie dell’Asia. Questi popoli si spostarono verso l’America, e forse all’altezza del ponte di Beringia circa 20mila anni fa i discendenti del gruppo si divisero in altri due: uno, quello degli “antichi beringiani”, cui appartiene la “bambina dell’alba”, e un altro, quello dei predecessori dei nativi americani.

SNG114_038-051_POBLADORES_AMERICA_m_e_m_e_m_e_ok.indd 51

SCAVO DEI RESTI DELLA “BAMBINA DELL’ALBA” E DI UN ALTRO BAMBINO TROVATO ASSIEME A LEI NEL 2013, NEL SITO DI UPWARD SUN RIVER.

5/7/18 13:51


LA SPARTA IMMAGINARIA

Nel XIX secolo il pittore e architetto inglese Joseph Michael Gandy ricreò in quest’acquerello il centro monumentale di Sparta. L’immagine non rispecchia l’aspetto reale della città nel VI secolo a.C., ai tempi di Cleomene.

IL RE PIÙ FAMOSO DI SPARTA

CLEOMENE Fece di Sparta una grande potenza, ma le sue ambizioni politiche e la disonestà mostrata corrompendo gli oracoli spinsero i concittadini ad allontanarlo dal potere e a incatenarlo a un ceppo, fino alla fine dei suoi giorni

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 52

5/7/18 13:57


BRIDGEMAN / ACI

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 53

5/7/18 13:58


LA CITTÀ SENZA MURA

Costruita sul fiume Eurota, Sparta (o Lacedemone) era la polis greca più temuta. Non aveva mura, perché confidava nel valore incomparabile dei suoi soldati. Nell’immagine, il teatro ellenistico-romano della città.

XXXXXXXXX XXXXXX XXX

Nequassi re vend aec eatios esaddw evenda quidit etus qui quidunt faces ea volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut quo torem. 54 HISTORIA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 54

5/7/18 13:58


A

Sparta i re avevano un ruolo più simbolico che politico. Nel sistema amministrativo della città, infatti, i compiti del sovrano si limitavano soprattutto al comando dell’esercito. Tuttavia, grazie alla sua grande personalità e al suo valore, Cleomene riuscì a lasciare una forte impronta nella storia di Sparta.

Durante il suo lungo regno, durato più di trent’anni, dal 520 al 488 a.C., la città divenne la prima potenza della Grecia. Eppure, le fonti antiche gli sono avverse e lo presentano come un uomo collerico, crudele e mentalmente instabile, che disprezzava non solo le norme umane, ma anche quelle divine. A quanto scrisse Plutarco, Cleomene aveva una sola regola: «Il danno che puoi infliggere ai nemici è più importante della giustizia».

Erede per errore Perfino le circostanze della sua nascita furono insolite. Suo padre, il re Anassandrida, era sposato con una nipote e non riusciva ad avere figli. Questo fatto generava somma preoccupazione negli efori, i cinque uomini (eletti annualmente) che a Sparta avevano il potere supremo e svolgevano varie funzioni, tra cui il controllo del sovrano. Gli efori vegliavano sulla continuità dinastica e perciò proposero ad Anassandrida di ripudiare la moglie in favore di una donna che potesse dargli un erede. Tuttavia il re amava profondamente la consorte e si rifiutò. Secondo Erodoto, gli

efori gli fecero una nuova e singolare proposta: «Poiché ti sappiamo legato a tua moglie, non ti chiediamo di ripudiarla, ma di prenderne pure un’altra che ti dia dei figli». Anassandrida acconsentì e così si ritrovò con due famiglie. Ben presto la nuova moglie diede alla luce un figlio, Cleomene, ma poco dopo la prima moglie ne ebbe altri tre. Stando alle leggi di Sparta, la successione ricadeva sul primo maschio nato dopo l’ascesa al trono del padre, e quindi Cleomene fu considerato il legittimo erede. Sebbene il giovane avesse mostrato sin da giovane i sintomi di un malessere mentale, alla morte di Anassandrida gli spartani ne accettarono la guida e lo proclamarono re. Il suo primo intervento fuori dalla patria ebbe luogo nel 510 a.C., quando guidò l’esercito spartano contro Atene per destituire il tiranno Ippia. Gli spartani volevano interrompere le buone relazioni di Atene con Argo, la loro grande nemica. Tali rapporti risalivano al padre di Ippia, Pisistrato, che aveva come concubina una donna argiva. Inoltre Ippia stava dando prova di benevolenza verso i persiani, e ciò impensieriva gli spartani, che ne temevano l’espansione

LA DEA DI SPARTA

Sopra, antefissa del tempio della dea di Sparta, Atena Calcieco (cioè “dal tempio in bronzo”). Come il teatro ellenistico, tale recinto di culto si trovava nell’acropoli che dominava la città. P. HORREE / AGE FOTOSTOCK

Pidna

J. LANGE / GETTY IMAGES

491 a.C.

494 a.C.

488 a.C.

Cleomene sale al trono di Sparta. Nel 510 a.C. espelle da Atene il tiranno Ippia.

Si libera dell’altro re, Demarato, che accusa di essere figlio illegittimo.

Cleomene sconfigge Argo a Sepeia ed elimina gli opliti nemici con l’inganno.

Al ritorno dall’esilio in Arcadia, è vittima di un raptus di follia e finisce per suicidarsi.

O

UNA VITA IN GUERRA

520 a.C.

R

C R O N O LO G I A

E

I

T

EP

Larissa SS

AG

Mantinea Messene

M

ar

L IA

Mar

Eg

Fere

Corinto Argo

e

o

Tebe Atene

Megalopoli

SPARTA

Io

nio

EOSGIS.COM

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 55

5/7/18 13:58


ATENE, NEMICA E ALLEATA

Quando Cleomene assediò il tiranno Ippia nell’Acropoli di Atene, su questa grande rocca non erano ancora stati costruiti gli edifici che l’avrebbero resa famosa, come il Partenone o l’Eretteo, che vediamo nella fotografia.

XXXXXXXXX XXXXXX XXX

Nequassi re vend aec eatios esaddw evenda quidit etus qui quidunt faces ea volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut quo torem.

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 56

5/7/18 13:58


BEAUX-ARTS DE PARIS / RMN-GRAND PALAIS

in Occidente. Cleomene invase la regione di Atene, l’Attica, e vinse Ippia. Entrò in città e assediò il tiranno, che aveva cercato riparo nell’Acropoli, protetta da mura difensive. Gli spartani evitavano sempre di combattere sulle mura, perché in tal modo sarebbero potuti morire senza gloria. Questa volta, però, la fortuna fu dalla loro parte: riuscirono a fermare i figli del tiranno mentre questi ultimi fuggivano dall’Acropoli in gran segreto. Ippia trattò la ritirata assieme alla famiglia e lasciò così Atene. L’espulsione di Ippia, avvenuta grazie a SANTUARIO DI APOLLO A DELFI. LA PIZIA, O Cleomene, consolidò la fama di Sparta come PROFETA, DAVA I SUOI RESPONSI NEL GRANDE nemica della tirannia. TEMPIO DI APOLLO. ACQUERELLO DI A. TOURNAIRE. Due anni più tardi, Cleomene tornò in un’Atene dilaniata dalla lotta politica tra Clistene e Isagora. Il primo proponeva riforme politiche che concedessero maggiore partecipazione al popolo, al contrario di L’ATENIESE CLISTENE, nemico del tiranno Ippia, fece sì che la pizia, la profeta Isagora, che invece aspirava a mantenere il di Apollo a Delfi, «corrotta a furia di denaro», offrisse a qualsiasi spartano potere nelle mani dell’aristocrazia. Durante la medesima risposta: la volontà degli dèi era di liberare Atene. il precedente soggiorno ad Atene, Cleomene Alla fine, poiché ricevevano sempre la stessa risposta, gli spartani obbesi era legato a Isagora (le malelingue dicevano dirono a quello che credevano fosse il volere di Apollo e Cleomene marciò che era stato amante della moglie). Quindi, contro Ippia e lo depose. Così narra Erodoto. quando Clistene affidò il potere al popolo, Isagora chiamò il potente amico. Cleomene si presentò con pochi soldati, a indicare che si trattava di una questione L’ESPULSIONE privata, ed entrò ad Atene. membro di un’altra casa reale. Gli alleati deDA ATENE gli spartani ignoravano che lo scopo ultimo Clistene instaurò Umiliato due volte dell’impresa fosse imporre Isagora come l’ostracismo per Il re di Sparta consegnò a Isagora il coman- tiranno. Quando, ormai ad Atene, vennero esiliare i nemici do della città ed espulse i sostenitori di a conoscenza del piano, alcuni di loro (codello stato. Il loro nome veniva scritto Clistene, all’incirca 700 famiglie. Il popolo, me i corinzi) si ritirarono. Se ne andò anche su un pezzo di però, si rifiutò di obbedire, e nella rivolta Demarato, contrario all’audace politica esteceramica come che ne seguì Cleomene, Isagora e i loro fe- ra del collega Cleomene. Alla ritirata del re, questo. deli dovettero rifugiarsi sull’Acropoli. Dopo pure gli altri alleati partirono. due giorni di assedio, pattuirono una tregua Cleomene pensò allora di reintegrare per uscirne indenni ma comunque, narra Ippia in qualità di tiranno ateniese. Erodoto, gli ateniesi favorevoli a Isagora ven- Nel 504 a.C. convocò gli alleati a nero giustiziati. Clistene e le 700 famiglie Sparta per una riunione cui anfurono richiamate in patria. Cleomene si ch’egli era presente. Cleomene sentì umiliato e volle vendicarsi degli ate- usò la scusa di aver saputo dagli niesi. Reclutò quindi un esercito tra gli allea- oracoli che gli spartani avrebti del Peloponneso e invase l’Attica. Stavolta bero patito molto per colpa la spedizione era autorizzata ufficialmente di Atene (quando era stato lì, da Sparta, e al suo comando vi erano en- aveva portato con sé gli oracoli trambi i re della città: Cleomene e Demarato, dell’Acropoli). Ciononostante gli

RENÉ MATTES / GTRES

L’ORACOLO DI CLISTENE

/ AKG

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 57

ALB

UM

5/7/18 13:58


SACRILEGIO AD ARGO QUANDO CLEOMENE SCONFISSE l’esercito di Argo nel 494 a.C., i sopravvissuti si rifugiarono in un bosco sacro dedicato all’eroe che dava il nome alla città. Cleomene non volle entrarvi e ucciderli per paura di commettere un sacrilegio. Preferì ingannarli: gli fece sapere da un messaggero che era arrivato il riscatto e che potevano uscire senza timore appena sentivano il loro nome (che lo spartano aveva saputo dai disertori). E così ne uccise cinquanta, finché gli altri che si trovavano ancora nel bosco capirono. Comandò allora agli iloti, gli schiavi degli spartani, di ammucchiare legna attorno al bosco e di appiccare il fuoco. Gli argivi furono sterminati e gli iloti si presero la colpa del sacrilegio.

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 58

TERRITORIO NEMICO

Sopra, il teatro di Argo, costruito verso il 300 a.C. La città era la grande nemica di Sparta nella penisola del Peloponneso.

COPERTI DI BRONZO.

In questa scena, i fanti o opliti portano armature simili a quelle indossate nella battaglia da spartani e argivi. Anfora del VI secolo. Musée du Louvre, Parigi.

5/7/18 13:59


alleati, e in particolare Corinto, che veniva da una lunga tirannide, si rifiutarono di appoggiare i piani del re. Ippia non venne quindi rimesso sul trono e tornò al suo esilio.

SOPRA: A. GAROZZO / GETTY IMAGES. SOTTO: SCALA, FIRENZE

Poiché non era riuscito a piegare Atene, Cleomene concentrò la sua politica estera sull’egemonia spartana nella penisola del Peloponneso. Per questo nel 494 a.C. attaccò Argo, l’acerrima nemica. I due eserciti si accamparono molto vicini, in attesa della battaglia decisiva. Secondo Erodoto, gli argivi si limitavano a copiare ogni ordine dato dall’araldo spartano al suo esercito. Quando se ne accorse, Cleomene comandò all’araldo di dare il segnale del pasto. Gli argivi si apprestarono a fare lo stesso e Cleomene li colse alla sprovvista, massacrandoli. I sopravvissuti si rifugiarono in un bosco sacro all’eroe Argo, ma Cleomene li sterminò lo stesso: atto empio che avrebbe comportato una maledizione. In seguito il re sciolse l’esercito e con mille uomini scelti si diresse all’Heraion, il santuario più importante degli argivi, dove offrì un sacrificio solenne alla dea Era. Fu però fermato da un sacerdote che lo accusò di empietà in quanto era proibito agli stranieri compiere sacrifici sull’altare, ma Cleomene lo fece frustare e compì il rito. Quindi, pur avendo Argo alla sua mercé, tornò a Sparta. I detrattori, tra i quali molto probabilmente stava il collega Demarato, lo accusarono di aver accettato denaro pur di ritirarsi, ma Cleomene ribatté sostenendo che, mentre rendeva il sacrificio sull’Heraion, le fiamme risplendenti sul petto della statua l’avevano convinto a non espugnare la città. A quanto pare, i devoti spartani presero per valida quella spiegazione. In realtà è probabile che Cleomene ritenesse che a Sparta sarebbe convenuta una Argo decimata, ma non distrutta: altrimenti le altre città del Peloponneso, come Corinto, avrebbero accresciuto il proprio potere sulle spalle di Argo. Quello che è certo è che Argo rimase senza uomini. Erodoto fissa a seimila il numero di argivi morti mentre un altro storico, Pau-

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 59

ERICH LESSING / ALBUM

Il massacro degli argivi

LEONIDA, MARITO DI GORGO, ALLE TERMOPILI. OLIO DI JACQUES-LOUIS DAVID, 1814. MUSÉE DU LOUVRE, PARIGI.

GORGO, LA BRILLANTE FIGLIA DEL RE CLEOMENE ebbe una sola figlia, Gorgo, che sin da piccola dimostrò una vivace

intelligenza. Quando Aristagora cercò di corrompere il padre perché aiutasse i ribelli ioni contro la Persia, Gorgo, che aveva otto anni, esclamò: «Padre, se non te ne vai via di qui, il forestiero ti corromperà!». In un’altra occasione, quando una donna le chiese come mai solo a Sparta le donne comandassero gli uomini, rispose: «Perché solo le donne di Sparta generano veri uomini».

sania, parla di cinquemila perdite. La città impiegò del tempo per riprendersi dal massacro e avrebbe giustificato con la mancanza di uomini la neutralità nella futura guerra contro i persiani. Nel 491 a.C. il re persiano Dario I mandò messaggeri in tutta la Grecia per chiedere terra e acqua, un gesto di solito indice di sottomissione. Gli ateniesi gettarono i messi in una vecchia cava, e gli spartani li scagliarono in un pozzo consigliandogli con scherno di prendere da lì l’acqua e la terra. Tuttavia, l’isola di Egina, nemica di Atene, accettò di sottomettersi al re persiano. Gli ateniesi si rivolsero a Sparta e accusarono gli egineti di tradimento. Cleomene si presentò a Egina per chiedere degli ostaggi, ma gli egineti glieli negarono con il pretesto

GUERRIERI BEN PROTETTI

La corazza, l’elmo, i gambali o schinieri e lo scudo costituivano l’armatura difensiva dell’oplita greco.

BR

EM IDG

AN

/A

CI

5/7/18 13:59


XXXXXXXXX XXXXXX XXX

Nequassi re vend aec eatios esaddw evenda quidit etus qui quidunt faces ea volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut quo torem.

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 60

IL TEMPIO DI APOLLO A DELFI

Cleomene ottenne l’appoggio di Cobone, un personaggio molto influente a Delfi, il quale persuase Perialla, la profeta di Apollo, a dichiarare che Demarato, avversario di Cleomene, era figlio illegittimo.

5/7/18 13:59


JEAN HEINTZ / GTRES

Trionfo e caduta Il sovrano approfittò di certi sospetti sulla legittimità del collega e suggerì di consultare l’oracolo di Delfi. Cleomene aveva corrotto i capi di Delfi e così, alla formulazione della domanda, la pizia dichiarò che i dubbi erano fondati. Demarato fu deposto e per un certo tempo rimase a Sparta, vittima delle beffe, finché scappò in Asia e si rifugiò alla corte di Dario. Al suo posto Cleomene insediò Leotichida. Entrambi si recarono a Egina e presero degli ostaggi. Come speciale vendetta nei confronti degli egineti, Cleomene li lasciò nelle mani degli ateniesi, i loro peggiori nemici. Poco dopo la corruzione della pizia venne scoperta, e Cleomene cadde in disgrazia. Temendo rappresaglie, fuggì in Arcadia, dove cercò di riunire i popoli nella lotta contro Sparta. Gli spartani lo lasciarono allora rientrare ma, appena tornato, in preda a un raptus di follia cominciò a prendere a bastonate chiunque gli si trovasse davanti. I familiari lo legarono a un ceppo finché un giorno che era rimasto sotto la sorveglianza di un ilota (un servo), Cleomene gli chiese un pugnale. L’ilota si rifiutò, ma Cleomene lo minacciò di vendicarsi una volta libero. L’ilota cedette e, a quanto narra Erodoto, Cleomene «cominciò a straziarsi dalle gambe. Fendendosi le carni nel senso della lunghezza passò dalle gambe alle cosce, dalle cosce alle anche e ai fianchi, fino a raggiungere il ventre e morì così, sbudellandosi completamente

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 61

MUSEUM FINE ARTS, BOSTON / BRIDGEMAN / ACI

che non erano venuti entrambi i re di Sparta, come stabiliva la legge. Gli egineti erano ammaestrati da Demarato che intanto, secondo Erodoto, diffamava Cleomene a Sparta. Di sicuro Demarato doveva essere il portavoce di molti spartani, ostili a Cleomene. Si erano opposti a Ippia, amico dei persiani, e non gradivano il comportamento sempre collerico e vendicativo del re, che creava tensione tra gli alleati di Sparta nel Peloponneso. La fazione avversa a Cleomene mandava sempre avanti Demarato, come a Egina. Cleomene se ne risentì e, prima di castigare gli egineti, volle liquidare Demarato.

LE RAGIONI DI UN SUICIDIO LA TERRIBILE FINE di Cleomene, esempio della resistenza al dolore tipica degli spartani, incontrò diverse spiegazioni. Nella versione locale, Cleomene impazzì per il vizio di bere vino puro (non mischiato ad acqua); altri lessero la sua morte come un castigo divino per il sacrilegio commesso nel bosco di Argo, e si pensò pure che fosse il culmine di un disturbo mentale già manifestatosi in gioventù.

e tagliandosi a pezzi la carne come liste». Altre fonti aggiungono che rideva con una smorfia di dolore mentre si lacerava il corpo. Oggi gli storici credono che furono gli spartani a giustiziarlo quando divenne un pericolo per lo stato: la sua politica personalistica e ambiziosa metteva a rischio l’equilibrio di forze nel Peloponneso, e quindi Sparta stessa.

TOGLIERSI LA VITA

Il suicidio non era ben visto nella Grecia antica. Sopra, l’eroe Aiace si suicida gettandosi sulla sua spada. Gemma del VI secolo a.C.

FRANCISCO JAVIER MURCIA ORTUÑO FILOLOGO CLASSICO

Per saperne di più

TESTI

Storie. Libri 5, 6, 7 Erodoto. Garzanti, Milano, 1990. SAGGI

Il re è pazzo, il re è solo. Cleomene I di Sparta Umberto Brutighini. Carabba, Lanciano, 2016. Sparta Ernst Baltrusch. Il Mulino, Bologna, 2002.

5/7/18 14:00


LA STORIA DI DEMARATO, Nelle Storie (libro VI, 61-72), Erodoto racconta l’origine di Demarato, che Cleomene accusa

UN RE SENZA EREDI

IL FIGLIO PREMATURO

UN FIGLIO RIPUDIATO

Aristone, re di Sparta, si è sposato già due volte, ma non ha figli. Non ammette che sia sua la colpa della mancanza di eredi e vuole sposarsi ancora: inganna quindi l’amico Ageto. Quest’ultimo ha una moglie molto bella, e Aristone ne è innamorato. Pur di averla, Aristone dice ad Ageto che gli farà un regalo e che, in cambio, potrà scegliere tra una delle sue proprietà. Entrambi suggellano l’accordo con un giuramento.

Ageto non si preoccupa del fatto che Aristone gli possa prendere la moglie, perché ne ha già due, e sceglie quello che più gli piace dei beni di Aristone. A sua volta, Aristone gli chiede la moglie. Ageto non può rifiutarsi, perché ha giurato, e la bella moglie, di cui ignoriamo il nome, sposa Aristone. Prima del compimento del nono mese di gravidanza la donna partorisce un figlio, cui danno il nome di Demarato.

Mentre Aristone è riunito con gli efori (i magistrati più importanti di Sparta), un servo gli comunica che è diventato padre. Inizia a contare i mesi trascorsi dalle nozze ed esclama: «Non può essere mio!», convinto che la moglie in realtà era incinta di Ageto. Gli efori lo sentono. Con il tempo Aristone si persuade che il figlio è suo. Demerato riceve questo nome perché gli spartani avevano augurato al sovrano la nascita di un erede maschio.

ILLUSTRAZIONE: SANTI PÉREZ

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 62

5/7/18 14:00


IL RIPUDIATO

di essere figlio illegittimo e che per questo lascia il trono

LA RISPOSTA DEL DIO

LA VERITÀ DI UNA MADRE

LA LIBERAZIONE

Quando Aristone muore, Demarato diventa uno dei re di Sparta e si scontra con l’altro re, Cleomene. Per disfarsi del rivale, Cleomene si basa su quanto sentito dagli efori e denuncia l’illegittimità di Demarato. Se figlio di Ageto, infatti, Demarato non potrebbe aspirare al trono. Gli spartani consultano l’oracolo di Apollo, ma Cleomene ha corrotto la pizia, la quale afferma che effettivamente Demarato non è figlio di Aristone.

Un altro nobile, Leotichide, sostituisce Demarato e lo schernisce per la sua origine illegittima. Deciso a chiarire la propria provenienza, Demarato sacrifica un bue a Zeus, chiama la madre e le mette in mano parte delle viscere, cosicché non possa peccare con una bugia. Quindi, le chiede chi sia suo padre. La madre gli racconta che, la prima notte di nozze, un’apparizione identica ad Aristone ha giaciuto con lei e le ha lasciato due corone.

Poi, continua a raccontare la madre, è venuto Aristone e le ha chiesto chi avesse lasciato le corone. Alla risposta di lei, Aristone nega di aver giaciuto con la donna. La madre, invece, giura di aver detto la verità. Si scopre che le corone vengono da un tempietto vicino alla porta di casa, dedicato all’eroe Astrabaco. Perciò «tuo padre è Aristone o Astrabaco», gli dice le madre. Sollevato, Demarato va in Asia, dove Dario lo prende al suo servizio.

SNG114_052-063_CLEOMENES_e_m_e_m_e.indd 63

5/7/18 14:01


Le sacerdotesse più venerate

VESTALI LE MADRI DI ROMA

MONETA: DEA / SCALA, FIRENZE. SCULTURA: DEA / ALBUM

Reclutate quando erano ancora bambine, le sacerdotesse di Vesta rimanevano in carica trent’anni. Erano il modello della mater familias anche se, rispetto al resto delle donne, erano esenti dalla tutela maschile

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 64

5/7/18 14:05


LA VESTALIS MAXIMA

Era la sacerdotessa più importante di Roma e aveva la responsabilità di sorvegliare le altre. Le vestali dovevano preservare il fuoco sacro dello stato. Statua della vestale massima con il suo abito tradizionale. II secolo d.C. Alla pagina precedente, denario d’argento con raffigurazione del tempio di Vesta e una sella curulis con la sigla A.C., “Absolvo, condemno”. II secolo a.C.

HISTORIA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 65

65

5/7/18 14:05


SCALA, FIRENZE

Il compito principale delle vestali era evitare lo spegnimento della fiamma sacra che ardeva in onore della dea Vesta, raffigurata in quest’olio di Ciro Ferri. XVII secolo.

M

arco Licinio Crasso era uno dei più ricchi e potenti cittadini romani del I secolo a.C. Eppure perse quasi tutto quando venne accusato di essere troppo intimo con la vestale Licinia. Questa non è una storia romantica: Crasso voleva sedurre Licinia per riuscire a mettere le mani su una villa che le apparteneva. Crasso fu assolto, ed entrambi ebbero salva la vita. Uno degli elementi più sorprendenti di questa storia è il fatto che Licinia avesse delle proprietà, dato che nella Roma antica non era una pratica comune per le donne possederne. Ma non è una circostanza casuale: Licinia aveva il diritto di avere proprietà proprio perché era una vestale. La storia del suo processo dimostra anche il fatto che questa prerogativa avesse un prezzo: una vestale doveva rimanere vergine.

C R O N O LO G I A

Nell’immagine, i resti del grande complesso situato nel foro romano, composto da un edificio di oltre 50 stanze e un tempio circolare dedicato alla dea Vesta.

Il calendario dell’antica Roma era segnato da numerose festività religiose, che venivano officiate da un’ampia varietà di sacerdoti: pontefici, àuguri, flamini, feziali, salii… Ma a Roma c’era anche un sacerdozio di esclusiva competenza femminile: quello consacrato alla dea del focolare, Vesta (l’equivalente della greca Estia). Le sacerdotesse vestali, e in particolare la Vestalis maxima, la più eminente di loro, erano le “matrone di stato” per eccellenza, modello di ogni mater familias. La loro carriera iniziava tra i sei e i dieci anni, quando le bambine erano captae, cioè arruolate,

716-674 a.C.

578-534 a.C.

Le fonti classiche fanno risalire la fondazione dell’ordine delle vestali al re Numa Pompilio, che consacra le prime quattro sacerdotesse di Roma.

Servio Tullio aumenta di due unità il numero delle vestali, che resteranno sei per tutta la successiva storia dell’ordine sacerdotale. UM

UN CULTO MILLENARIO

LVITO ARCOMANO / ALAMY / ACI

IL SACRO FUOCO DI VESTA

LA CASA DELLE VESTALI

VESTA IN TRONO CON IL PALLADIO IN MANO. AUREO. II SECOLO.

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 66

G/ AK

AL

B

5/7/18 14:05


DONNE PRIVILEGIATE

I VANTAGGI DI ESSERE VESTALI

N

onostante gli stretti doveri connessi alla funzione sacerdotale, le vestali godevano di maggiori privilegi rispetto alle altre donne romane. Oltre a ricevere una cospicua indennità statale, erano affrancate dalla patria potestà e dalla tutela di fratelli, mariti e figli, cui invece erano soggette le donne comuni. Le vestali potevano poi fare testamento (inoltre, custodivano quelli degli altri cittadini), testimoniare senza giuramento nei processi e amministrare autonomamente i propri beni. Se le sacerdotesse si imbattevano per strada in un condannato a morte, potevano chiedere la grazia in suo favore. Durante le apparizioni pubbliche erano trattate con il massimo rispetto: avevano diritto alla protezione dei littori – i funzionari pubblici incaricati di scortare i magistrati più importanti di Roma – e si spostavano per la città sul carpentum, un elegante carro a due ruote che veniva usato in occasioni solenni.

dal pontefice massimo. Il verbo capio significa “prendere”, “rapire”, retaggio dell’arcaico rapimento vero e proprio della sposa. Le sacerdotesse erano selezionate all’interno delle migliori famiglie romane: dovevano essere libere per nascita, patrizie (nei primi secoli), con i genitori in vita, il padre residente in Italia ed esenti da imperfezioni fisiche. Vi erano alcuni impedimenti, poi, legati all’appartenenza a gentes in cui fossero presenti personaggi con determinati incarichi politici o religiosi. Le vergini venivano investite del ruolo durante una cerimonia pubblica, attraverso una formula rituale pronunciata dal pontefice massimo

1 SEC a.C. circa Il processo di selezione delle vestali inizia a cambiare. Con la Lex Papia non è più il pontefice massimo a sceglierle direttamente, ma vengono estratte a sorte tra venti fanciulle durante una riunione (contio).

e rimanevano in carica trent’anni. Durante questo periodo avevano appunto l’obbligo di rimanere vergini. Il ruolo delle sacerdotesse vestali non era solo religioso, ma anche politico. A Roma l’intera organizzazione collettiva e statale era vista come un’emanazione della famiglia: lo stato era concepito come un’unica grande stirpe che comprendeva tutti i lignaggi della città, le cosiddette gentes. Ecco perché al centro di Roma ardeva un fuoco sacro, in analogia con l’organizzazione della domus, che gravitava attorno a un focolare originariamente si-

TITOLO DI VESTALE

Su questa placca di bronzo risalente al 247 d.C. è riportata la particolare esenzione fiscale di cui godeva Flavia Publicia, la vestale massima dell’epoca. Metropolitan Museum, New York.

391 d.C. L’imperatore Teodosio proibisce i culti e i rituali pagani e fa chiudere il tempio di Vesta. La fiamma sacra viene spenta (forse dallo stesso imperatore) e le ultime vestali sono esonerate dal servizio.

QUINTLOX / ALBUM

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 67

5/7/18 14:05


tuato nell’atrio (termine che deriva dal latino ater,“scuro”, a causa del fumo, anche se questo ambiente divenne in seguito una specie di cortile interno). Il fuoco sacro della città era ospitato nel tempio di Vesta, dove le sacerdotesse della dea erano incaricate di custodirlo. Il parallelismo tra lo stato e la famiglia spiega anche le similitudini esistenti tra il comportamento delle vestali e quello delle donne che si ispiravano all’ideale della matrona romana.

Sposate con lo stato

WHITE IMA

La stretta relazione tra sacerdotesse e matrone è evidente nell’aspetto delle une e delle altre: mogli e madri romane dovevano essere immediatamente riconoscibili dal loro abbigliamento in quanto donne honestae, e così anche le vestali. Inoltre, allo stesso modo in cui la novella sposa abbandonava l’abitudine dei capelli sciolti, alle vestali i capelli venivano recisi in un rito pubblico, per poi essere appesi a un albero, forse un loto. Ancora, queste due tipologie femminili erano accomunate dalla vitta crinalis, una benda o nastro che aiutava a tener ferma la pettinatura. Anche la divisione dei capelli in sei ciocche o trecce, i seni crines

FOTO: SCALA, FIRENZE

NEL TEMPIO DI VESTA Nel sottostante bassorilievo di epoca augustea, trovato a Roma nella Villa Albani, quattro vestali fanno un sacrificio davanti alla dea Vesta in trono. Museo della civiltà romana.

AKG / ALBUM

LA VESTALE TUCCIA, ACCUSATA DI AVER ROTTO IL VOTO DI CASTITÀ, SI SALVA PER INTERCESSIONE DI VESTA TRASPORTANDO ACQUA IN UN SETACCIO. GIOVANNI BATTISTA BENASCHI. XVII SECOLO.

posti sul capo delle vestali dopo la tonsura rituale (sulla cui forma e concetto tanto hanno disquisito storici e archeologi), fu usuale anche per le matrone. Era identico perfino l’uso della stola, veste lunga fino ai piedi, annodata in vita con un particolare nodo (detto“erculeo”per le vestali). L’elemento distintivo era il suffibulum, un lembo di stoffa quadrangolare posto sul capo durante i sacrifici per le vestali, mentre alle spose spettava il flammeum, il velo nuziale arancio-rosso, colore simbolo del matrimonio anche per la sua affinità con quello del fuoco, che risplendeva nelle case e nel tempio di Vesta. Perfette“donne di casa”– sia che quest’ultima fosse la domus privata per le donne maritate o la “casa di Roma”, cioè l’aedes Vestae per le vestali –, dovevano osservare gli antichi usi e costumi delle romane, cercando di evitare nel modo più assoluto di uscire dal solco della tradizione: per i romani la trasgressione femminile era una colpa tremenda, punita severamente. Anche le sacerdotesse avevano obblighi precisi. Il primo era quello di fare in modo che il “fuoco di

GES /

SCA LA ,

FIR EN

ZE

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 68

5/7/18 14:05


LE PREGHIERE PIÙ EFFICACI DI ROMA

Il ruolo delle vestali era di somma importanza. Queste sacerdotesse pregavano quotidianamente gli dei per la salute di Roma. Si riteneva che queste orazioni (precationes), considerate più efficaci di quelle degli altri collegi sacerdotali romani, servissero a proteggere la città. Le preghiere più importanti erano le cosiddette supplicationes, delle invocazioni di carattere pubblico che, a seconda dell’occasione, si suddividevano in gratulatorias, destinate alla salute; propiciatorias, per ottenere un intervento divino; ed expiatorias, per ristabilire il favore degli dei (pax deorum).

A SINISTRA, VESTALI CON IL SUFFIBULUM. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE A. SALINAS, PALERMO. SOPRA, TESTE DI VESTALI CON IL CARATTERISTICO VELO. ANTIQUARIUM DEL PALATINO, ROMA.

RITI SEGRETI

CERIMONIE PER SOLE DONNE

DURANTE LA FESTIVITÀ DELLA BONA DEA LE VESTALI INTERPRETANO UNA FIAMMA COME UN PRESAGIO FAVOREVOLE. INCISIONE A COLORI.

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 69

MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

L

e vestali intervenivano nelle celebrazioni ufficiali, come le Lupercalia (festività connesse alla fertilità), le Vestalia, dedicate alla dea Vesta, e l’Epulum Iovis, in onore di Giove, durante la quale le sacerdotesse preparavano la mola salsa, un alimento sacro a base di farro e sale. Ai primi di dicembre le vestali partecipavano anche ai misteri notturni della Bona Dea, divinità per eccellenza della salute femminile. Assolutamente interdetti agli uomini, questi riti segreti si celebravano in casa del magistrato cum imperio della città ed erano diretti da sua moglie, che veniva aiutata dalle vestali. Non si sa molto di queste celebrazioni segrete, ma si ritiene che fossero originariamente legate all’agricoltura.

5/7/18 14:06


IL TEMPIO E LA CASA DELLE VESTALI le sei vestali incaricate del culto della dea Vesta vivevano in una grande casa a pianta rettangolare situata nel foro romano, l’atrium Vestae. L’edificio era disposto su tre piani di 50 stanze ciascuno 1. Al centro si apriva un ampio cortile allungato di 69 metri di lunghezza 2, decorato con le statue delle donne che avevano ricoperto la carica di vestale massima. Sul lato orientale del complesso c’era un’edicola sostenuta da colonne ioniche 3, che si ritiene contenesse la statua di Vesta. Nello stesso settore sorgeva il tempio della dea 4 , dove le sacerdotesse custodivano il fuoco sacro. Si trattava di un edificio circolare (tholos), circondato da venti colonne corinzie e al cui interno era probabilmente conservato il Palladio, la statua di Pallade Atena che il principe troiano Enea aveva portato con sé dalla patria in fiamme. A SINISTRA, RAPPRESENTAZIONE DI UNA VESTALE CON UN RECIPIENTE PER LIBAGIONI. SOTTO, RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO CIRCOLARE ACCANTO ALL’ATRIUM VESTAE.

1

«Niente era considerato più sacro a Roma del tempio di Vesta» AGOSTINO DI IPPONA, LA CITTÀ DI DIO, III, 28

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 70

5/7/18 14:06


PETER CONNOLLY / ALBUM

4

4

2

4

3

4

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 71

4

5/7/18 14:06


SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 72

5/7/18 14:07


NEL CUORE DI ROMA

L’atrium Vestae visto dal cortile centrale allungato tramite cui si accedeva alle varie stanze. Al centro si trovavano tre bacini, due quadrati e uno rettangolare, che è visibile nella foto. Sullo sfondo, a destra, i resti del tempio di Vesta. A sinistra, le tre colonne del tempio di Castore e Polluce. MASSIMO RIPANI / FOTOTECA 9X12

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 73

5/7/18 14:07


SIMBOLO DI PUREZZA PER ECCELLENZA Le vestali divennero il modello di riferimento della “donna romana casta”. Ritratto in stile neoclassico di una vestale romana. XVIII secolo. Stourhead House, Wiltshire.

stato” non si estinguesse mai a parte lo spegnimento rituale, voluto, del primo marzo, primo giorno dell’anno romuleo. Il secondo, custodire nella parte più intima del tempio della dea (penus) alcuni talismani segreti e preziosissimi, tra cui un fallo sacro, il fascinus, beneaugurante come quelli all’esterno dei negozi pompeiani. Nel penus erano conservati anche i penati di Roma, e forse il Palladio – la statua di Pallade Atena che Enea, fuggito da Troia, aveva portato con sé in Italia e che garantiva la protezione degli dei. Infine, le vestali dovevano realizzare la mola salsa, una preparazione a base di farro e sale utilizzata tre volte all’anno durante le feste ufficiali e la muries, condimento sacro cotto in forno, sempre di uso rituale.

Punizioni esemplari

NT PL /S CA LA , FIR EN ZE

Donne di casa e vestali si somigliano anche nella durezza delle punizioni che ricevevano. Il diritto romano prevedeva vari tipi di punizioni per le mogli che non mantenevano un comportamento“onorevole”, come il ripudio o il divorzio. Nel caso delle vestali i castighi erano molto più severi dato che, secondo la mentalità romana, la loro trasgressione avrebbe certamente compromesso il buon andamento dello stato. Se una vestale lasciava che il fuoco sacro di Roma si spegnesse, veniva meno al suo com-

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 74

RENFIELDS GARDEN / GETTY IMAGES. COLORE: SANTI PÉREZ

RUPERT HANSEN / ALAMY / ACI

TEMPIO CIRCOLARE DI TIVOLI. PER QUANTO LA SUA DEDICAZIONE SIA INCERTA, SI RITIENE CHE QUESTO EDIFICIO RELIGIOSO DEL I SECOLO FOSSE CONSACRATO ALLA DEA VESTA.

pito originario di “custodire la casa”, il primo dovere di ogni donna sposata. La punizione in casi simili era la fustigazione, che veniva inflitta in un luogo appartato e sul corpo coperto, per rispetto nei confronti del suo pudore verginale. Ancor più grave era la violazione dell’obbligo di castità. La relazione sessuale tra una vestale e un uomo veniva definita incestum, un termine che diventa comprensibile solo se si considera che le vestali erano ritenute le “madri” di ogni cittadino romano. Qui era la virtù matronale a essere stata violata, il casta fuit con cui erano elogiate le donne defunte, e la castità di una vestale valeva molto di più! La sanzione fu terribile a partire dagli ultimi re etruschi e consisteva nel venir sepolta viva nel cosiddetto Campus Sceleratus, a Roma, presso porta Collina (attuale area di via XX Settembre). La punizione fu inflitta per prima a Pinaria, forse personaggio leggendario dell’epoca di Tarquinio Prisco. Il pontefice massimo, contraltare pubblico del pater fa-

5/7/18 14:07


‘RAPITE’ DALLO STATO PER LO STATO

CANDIDATE INVOLONTARIE

D

apprima le vestali erano scelte dai re di Roma, poi dal rex sacrorum - ovvero colui il quale ereditò le funzioni religiose dei re per l’articolazione sempre più precisa dei compiti di governo – e infine, a partire dall’età repubblicana, dal pontefice massimo. Le bambine con le caratteristiche giuste per diventare vestali erano captae (prese, rapite) dal pontefice massimo e chi veniva scelta era come “prigioniera di guerra” (Aulo Gellio). Dunque un atto di forza. La volontà delle candidate non era tenuta in conto, trattandosi, appunto, di bambine ancora inconsapevoli. E le famiglie? C’erano quelle che ambivano al sacerdozio per le proprie figlie, come le due che offrirono in contemporanea a Tiberio le proprie figlie per sostituire l’anziana vestale Occia, e quelle che, al contrario, esitavano, per cui Augusto in persona dovette assicurare che avrebbe dato sua nipote se lei avesse avuto l’età giusta per divenire vestale.

milias privato, aveva il potere indiscusso di giudicare e punire le vestali ree, poiché erano parte del collegio pontificale che lui dirigeva. È degno di nota osservare che tale luogo del supplizio fosse collocato entro il pomerium di Roma – contro ogni regola giuridico-religiosa romana, che prevedeva sepolture sempre extramurane – e che alla vestale non era tórto un capello. Ciò si spiega con la sacralità delle sacerdotesse, che non potevano essere uccise perché appartenenti agli dei. Il“complice”, invece, misero essere soltanto umano, veniva fustigato a morte, nudo, nel foro. Pagarono amaramente l’appagamento del loro desiderio sessuale, ad esempio, Opimia, che frequentò addirittura due uomini secondo le accuse, Minucia, denunciata da uno schiavo, o Cornelia, accusata da Domiziano. Tutte furono mandate a morte defossa viva. Quando l’ufficio trentennale della vestale si concludeva (dieci anni come apprendista, dieci come custode del fuoco e dieci come formatrice delle giovani) – pur avendo un’età decisamente avanzata per i tempi e considera-

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 75

to il fatto straordinario che restava comunque priva della tutela maschile - la ex sacerdotessa poteva addirittura sposarsi. Dunque, finché era “in servizio” prevaleva il suo dovere verso la patria. Invece, cessata la carica poteva diventare una sposa qualunque: testimonianza ulteriore dello stretto legame tra le mogli e le ex vergini sacre. In un’antica cerimonia di cui si sa poco, le vestali si rivolgevano alla massima autorità religiosa di Roma, il rex sacrorum, così: Vigilasne, rex? Vigila! In altre parole: “Allora, re, vigili o no sullo stato?”. Il tono familiare, molto simile a quello di una moglie verso il marito, ben illustra l’analogia esistente tra le antiche vestali e le matrone romane.

LA SCUOLA DELLE VESTALI

Quest’incisione pubblicata nel 1880 mostra una vestale intenta a effettuare delle libagioni di olio sul fuoco sacro di Vesta e a istruire le future vestali sull’importanza dei loro doveri.

ELDA BIGGI STORICA DEL MONDO ROMANO ANTICO

Per saperne di più

SAGGI

Le vergini di Vesta Giulio Giannelli. Edizioni di AR, Padova, 2011. Il fuoco sacro di Roma Andrea Carandini. Laterza, Roma, 2015.

5/7/18 14:07


SEPOLTE VIVE: IL TR AGICO Gli storici antichi menzionano vari casi di vestali accusate di immoralità LA VESTALE OPPIA AGONIZZA DOPO ESSERE STATA SEPOLTA VIVA. INCISIONE DI BALLARINI. STORIA D’ITALIA. LUIGI STEFANONI, 1882.

O P P I A (4 8 3 ella sua opera Antichità romane lo storico e retore greco Dionigi di Alicarnasso narra del castigo che venne inflitto alla vestale Oppia per aver offeso gli dei: «Tutto indicava, secondo quanto rivelarono gli indovini e gli interpreti di prodigi, che alcuni dèi si sentivano disonorati perché le loro cerimonie erano compiute senza purezza né devozione […] Qualcuno denunciò ai pontefici che una delle vergini

COLPA E INNOCENZ A DI ALTR E VESTALI

A .C .)

che custodivano il fuoco sacro, di nome Oppia, aveva perso la verginità e stava contaminando i rituali […] I pontefici le tolsero i nastri dalla testa e la condussero in processione attraverso il foro, quindi la seppellirono viva dentro le mura, e i due uomini condannati per lo stupro furono pubblicamente fustigati a morte. Successivamente, i presagi e gli auguri furono nuovamente favorevoli».

471 a.C.

271 a.C.

216 a.C.

Urbinia è accusata di aver perduto la verginità. Uno dei due uomini ritenuti responsabili si suicida, mentre l’altro viene giustiziato. La vestale viene flagellata e poi sepolta viva.

Caparronia è condannata per incestum, ma si suicida impiccandosi con una corda. Secondo Orosio, l’uomo che l’ha corrotta e il suo complice vengono entrambi giustiziati.

Opimia e Floronia sono ritenute responsabili di aver rotto i voti, fatto considerato di cattivo auspicio per Roma, sconfitta da Annibale a Canne. Floronia si suicida prima di essere sepolta viva.

ILLUSTRAZIONI: MARY EVANS / SCALA, FIRENZE. COLORE: SANTI PÉREZ

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 76

5/7/18 14:08


DESTINO DELLE VESTALI e sepolte vive nel Campus Sceleratus LA VESTALE MINUCIA È CONDOTTA AL LUOGO DEL SUPPLIZIO DOVE SARÀ SEPOLTA VIVA. INCISIONE.

M INUCI A (3 3 7

A .C .)

ella Storia di Roma dalla sua fondazione Tito Livio narra il caso di Minucia, ritenuta colpevole di vestirsi in modo improprio e di condurre uno stile di vita lussuoso: «Quell’anno la vestale Minucia, sospettata in prima istanza per un abbigliamento non adeguato alla posizione occupata, e poi accusata di fronte ai pontefici in base alla testimonianza di un servo, venne costretta da un decreto pontificale ad astenersi dai riti

sacri e a tenere sotto la sua potestà gli schiavi. Processata e condannata, fu sepolta viva nei pressi della porta Collina, a destra della strada lastricata nel campo Scellerato (il cui nome credo derivi dalla trasgressione al voto di castità perpetrata dalla vestale)».

73 a.C.

83 d.C.

220 d.C.

Fabia (sorellastra di Terenzia, moglie di Cicerone) è accusata di avere relazioni sessuali con Catilina. I due sono difesi da Catone, Pisone e Catulo e vengono assolti.

Domiziano accusa tre vestali – Varronilla e due sorelle, entrambe di nome Oculata – di avere avuto rapporti sessuali, ma gli consente di scegliere come morire.

Giulia Aquilia Severa è violentata dall’imperatore Eliogabalo, che la sposa per avere da lei dei figli «degni di un dio». La vestale diventa così imperatrice.

MARCO LICINIO CRASSO FU ACCUSATO DI AVERE UNA RELAZIONE CON LA VESTALE LICINIA. ENTRAMBI FURONO ASSOLTI. BUSTO. MUSÉE DU LOUVRE.

BRIDGEMAN / ACI

SNG114_064-077_VESTALES_e_m_e_m_e_m_e.indd 77

5/7/18 14:08


L’inespugnabile fortezza crociata

IL KRAK DEI CAVALIERI Costruito dai cavalieri crociati nell’odierna Siria meridionale, questo imponente castello del XII secolo è considerato l’opera difensiva più poderosa dell’ingegneria cristiana medievale

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 78

5/7/18 14:11


BALUARDO CROCIATO

Il Krak dei Cavalieri si trova su una collina a 650 m di altezza. Era collegato a un acquedotto posto sul lato meridionale, di cui in quest’immagine si possono ammirare gli archi. MICHELE FALZONE / AWL IMAGES

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 79

5/7/18 14:11


ISCRIZIONE COMMEMORATIVA DI EPOCA MAMELUCCA SU UNA TORRE CIRCOLARE DEL KRAK DEI CAVALIERI. DBTRAVEL / AGE FOTOSTOCK

C

hiunque varchi la soglia del Krak dei Cavalieri, la grande fortezza crociata situata sulle montagne che separano la Siria dal Libano settentrionale, non potrà fare a meno di notare le iscrizioni in arabo che commemorano una data particolare, l’8 aprile 1271. Fino ad allora nessuno era stato in grado di conquistare il Krak con la forza, e nessuno ci sarebbe mai riuscito in seguito. Quel giorno, però, gli ultimi cavalieri ospitalieri lasciarono il castello con le armi in pugno, chi a piedi e chi a cavallo, sotto lo sguardo silenzioso dell’esercito del sultano d’Egitto Baybars. Lo stavano abbandonando volontariamente, ingannati con un espediente inge-

IL BASTIONE DEI CROCIATI

gnoso. Cos’era accaduto? Il sultano d’Egitto sapeva che per consolidare il suo potere e il suo prestigio doveva mettere fine al dominio crociato in Oriente. Questo richiedeva necessariamente di conquistare la celebre fortezza nemica ed esibirla come un trofeo ai suoi alleati musulmani. Così il 3 marzo 1271 il sultano iniziò l’assedio. Tuttavia le operazioni militari non diedero i risultati sperati. Sebbene i difensori non potessero ricevere rinforzi, dopo varie settimane di combattimenti feroci gli eserciti messi insieme da Baybars erano riusciti a superare solo la prima cinta muraria. Il ridotto numero di cavalieri asserragliati all’interno della fortezza, al quale si era uni-

1110

1142

1188

L’ORIGINARIO castello dei cur-

IL CONTE di Tripoli Raimon-

DOPO aver già fallito un primo

di (Hisn al-Akrad), costruito nel 1031 dall’emiro di Aleppo, passa in mano dei crociati grazie a un’azione audace del principe normanno Tancredi d’Altavilla.

do II dona ai cavalieri ospitalieri la fortezza insieme ad altri possedimenti e territori sotto il suo controllo nel Levante mediterraneo.

attacco cinque anni prima, il sultano Saladino non riesce ancora a espugnare il Krak. Il castello resisterà in seguito ad altri dodici assedi.

80 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 80

5/7/18 14:11


1271 IL SULTANO Baybars I isola il ca-

stello e, dopo averlo vanamente assediato per un mese, lo espugna grazie a uno stratagemma. Si conclude cosĂŹ un secolo e mezzo di dominio crociato sulla fortezza. BRIDGEMAN / ACI

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 81

SCENE DI GUERRA

Un gruppo di templari esce dal Krak nel 1163 per marciare verso la battaglia in cui sconfiggerĂ Norandino, emiro di Aleppo. Affresco della cappella templare di Cressac, in Francia.

5/7/18 14:11


I MISTERIOSI GRAFITTI DEI CAVALIERI CROCIATI

MESSAGGI SULLA PIETRA

DBTRAVEL / AGE FOTOSTOCK

to un gruppo di contadini e di abitanti delle vicine montagne, aveva risorse a sufficienza per resistere a lungo. Allora il sultano mamelucco decise di ricorrere a uno stratagemma. Inviò ai difensori un piccione viaggiatore con una falsa lettera, in cui apparentemente il maestro dell’ordine ospitaliere di Tripoli esortava i cavalieri ad abbandonare il castello, con la garanzia che gli sarebbero stati risparmiati la vita e l’onore.

L’avamposto dei crociati Quello dei cavalieri ospitalieri era uno dei tanti ordini militari fioriti in Terra Santa all’epoca delle crociate (1099-1291). Rico-

Antiochia

KRAK DEI

Tripoli

C O NT E A DI TRIPOLI San Giovanni d’Acri

EOSGIS.COM

M

e

d

M a it r er

ra n

eo

P R I N C I PA T O D’ANTIOCHIA

Gerusalemme R E G NO D I

«Sit tibi copia, sit sapientia formaque detur. Inquinat omnia sola superbia si comitetur». Così recita l’iscrizione della grande sala, la cui traduzione si può leggere nel riquadro a sinistra.

nosciuto dal papa come ordine nel 1113, vantava numerosi possedimenti a Gerusalemme e nelle zone circostanti. Tuttavia la schiacciante vittoria del sultano egizio Saladino sugli eserciti crociati a Hattin nel 1187 obbligò l’ordine ad abbandonare precipitosamente molte delle sue proprietà in Palestina. Per recuperare un po’ del prestigio perduto, gli ospitalieri si dedicarono al rafforzamento e alla protezione delle loro roccaforti nella contea di Tripoli (oggi tra il Libano settentrionale e la Siria occidentale), un territorio che il conte Raimondo II di Tripoli gli aveva concesso nel 1142 perché lo difendessero dalle incursioni musulmane provenienti da Homs. Il bastione strategicamente più importante di questo principato ospitaliere, che comprendeva villaggi e fortificazioni della fertile ˛ pianura siriana e della valle della Beqa , era un castello conosciuto come Hisn al-Akrad (“la fortezza dei curdi”). Questo era stato costruito nel 1031 dall’emiro di Aleppo per ospitare una guarnigione curda. Dalla sua posizione elevata dominava le verdi montagne circostanti e i campi della valle dell’Oronte, cosa che le permetteva di controllare le importanti e antiche rotte che collegavano Antiochia a

GEORG GERSTER / AGE FOTOSTOCK

ORONOZ / ALBUM

UNA DELLE CURIOSITÀ meno note del Krak è che sulle sue mura interne si sono conservati numerosi graffiti, opera dei crociati. I disegni non sono ancora stati catalogati e studiati e in molti casi il loro scopo non è chiaro. Ci sono per esempio figure di cavalieri in sella al loro destriero, spade con croci sui pomoli o figure di animali domestici e selvatici. Su un barbacane è riportato il nome di Nicolas de Lorgne, gran maestro subito prima della conquista musulmana. All’ingresso della grande sala del castello c’è un’iscrizione del moralista Vincenzo di Beauvais che rende bene lo spirito di un cavaliere ospitaliere del XIII secolo: «Ti siano concesse ricchezza, sapienza e bellezza. Ma la superbia rovina tutto, se le accompagna».

G E R U SA L E M M E

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 82

5/7/18 14:12


IL KRAK VISTO DAL CIELO

Questa vista aerea consente di apprezzare le due possenti cinte murarie che nessun assediante è mai riuscito a oltrepassare.

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 83

5/7/18 14:12


INVIATO IN TERRA SANTA

Beirut e Aleppo a Damasco. Conquistata e poi abbandonata nel 1099, durante la prima crociata, la fortificazione tornò in mani cristiane nel 1110, grazie a un’operazione di Tancredi d’Altavilla e altri ottanta cavalieri normanni. Nel 1142 il conte di Tripoli Raimondo II la donò agli ospitalieri, che decisero di farne la loro base principale, consapevoli della sua capacità difensiva. Come sarebbe emerso in seguito, fu una decisione felice. Più volte ricostruito e ampliato, nel corso di 130 anni il Krak resistet-

BR

IDG

E

N MA

/A

CI

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 84

te a una dozzina di assedi e svolse un ruolo chiave contro le ripetute incursioni musulmane nei territori cristiani della contea di Tripoli. Divenne anche la base principale in cui si riunivano e si rifornivano le truppe crociate prima delle offensive contro le città di Homs e Hama.

Un bastione inespugnabile La fortezza si rivelò inespugnabile anche per lo stesso Saladino, che nel 1183 fallì un primo tentativo di conquistarla e poi si arrestò di nuovo sotto le sua mura nel 1188. La leggenda vuole che nel corso di questo secondo assedio Saladino riuscì a catturare il gran maestro dell’ordine dell’Ospedale e gli intimò di obbligare i suoi cavalieri ad aprire le porte della fortezza in virtù del voto di obbedienza. Il gran maestro diede l’ordine richiesto in arabo, ma poi esortò in francese gli ospitalieri a resistere fino alla morte. All’epoca delle crociate il Krak dei Cavalieri non si chiamava ancora così. Nei primi testi conservati il

MANUEL COHEN / AURIMAGES

FRANCK RAUX / RMN-GRAND PALAIS

Nel 1099, nel corso della prima crociata, Raimondo IV di Tolosa (a sinistra, al momento della partenza dalla Francia) occupò il castello su cui più tardi fu eretto il Krak.

UN CROCIATO SI BATTE CONTRO DEI GUERRIERI MUSULMANI. MINIATURA TRATTA DAL ROMAN DE GODEFROY DE BOUILLON, DEL XIV SECOLO. BIBLIOTHÈQUE NATIONALE, PARIGI.

5/7/18 14:13


DA CAPPELLA A MOSCHEA

La cappella in stile romanico (dagli archi in stile gotico) fu uno dei primi edifici del Krak a essere costruito. Dopo aver conquistato il castello, Baybars la trasformò in una moschea. Nell’immagine, il minbar, ovvero il pulpito per l’imam.

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 85

5/7/18 14:13


SCUDERIE DEL KRAK ADDOSSATE ALLA MURAGLIA ESTERNA DEL CASTELLO. SI DICEVA POTESSERO ACCOGLIERE UN MIGLIAIO DI CAVALLI. ENRIQUE LÓPEZ-TAPIA / FOTOTECA 9X12

AKG / ALBUM

nome della fortezza è Cratum o Crat, che deriva dalla designazione araba originale, Hisn al-Akrad. In seguito fu denominata Krak de l’Ospital, per analogia con il grande castello crociato a est del mar Morto, il Krak di Moab. In Siria oggi è conosciuta anche con il nome di Qalaat al-Hisn (“castello della fortezza”). Nel suo periodo di massimo splendore, e in tempo di pace, il Krak albergava una guarnigione permanente di una sessantina di cavalieri ospitalieri professi, oltre a un numero indeterminato di turcopoli (guerrieri locali al servizio dei crociati). Nelle zone circostanti sorgevano tre villaggi, la cui funzione principale era quella di rifornire gli ospitalieri. I cronisti e i viaggiatori STATUETTA DI UN CAVALIERE MEDIEVALE A CAVALLO. XIII SECOLO. NATIONALMUSEET, COPENHAGEN.

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 86

dell’epoca dichiarano che il castello poteva accogliere e nutrire un esercito di oltre duemila uomini per cinque anni, ed era in grado di ospitare nelle sue scuderie mille cavalli da guerra, oltre al bestiame e ad altri animali da soma: tutte affermazioni molto verosimili alla luce delle caratteristiche dell’edificio. Ancora oggi al suo interno si possono ammirare numerosi depositi di viveri – il maggiore dei quali è lungo 120 metri – e varie cisterne d’acqua, insieme a tutto il necessario per l’approvvigionamento di una vera e propria cittadina guerriera: laboratori di scalpellini, fabbri e ceramisti, falegnamerie e forni.

Mura e bastioni Diversi autori concordano sul fatto che il Krak è probabilmente il castello più imponente mai creato dall’architettura cristiana medievale. Ancor oggi quest’eccezionale opera difensiva, che nel corso dei secoli è stata d’ispirazione per molti architetti europei, non smette di suscitare ammirazione. La fortezza, mirabilmente conservata grazie alle circostanze della sua capitolazione e ai successivi lavori di ricostruzione, era stata eretta sul sito della fortificazione originaria, un colle tondeggiante di 650 metri di altezza.

5/7/18 14:13


LA PRIMA DIFESA

Le mura e le torri della cinta esterna costituivano una prima barriera quasi insormontabile per gli assedianti. Particolarmente alte e massicce erano quelle occidentali (nell’immagine qui a fianco) e quelle meridionali. E. STRIGL / AGE FOTOSTOCK

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 87

5/7/18 14:13


GLI AMMIRATORI DEL CASTELLO MOLTI VIAGGIATORI ILLUSTRI hanno visitato il Krak dei Cavalieri nel

corso dei secoli. Nel 1218 Andrea II d’Ungheria, impressionato dall’edificio, lo definì «la chiave delle terre cristiane», e finanziò i cavalieri perché continuassero a difenderlo. Secondo una leggenda non confermata anche Riccardo Cuor di Leone soggiornò nella fortezza e vi fece scolpire i due bassorilievi di leoni o leopardi ancora visibili sulle pareti interne. All’inizio del XX secolo, poi, uno studente britannico di nome Thomas Edward Lawrence (che sarebbe in seguito diventato famoso come Lawrence d’Arabia) girò tutta la Siria con una pistola e una bussola per scrivere una tesi di dottorato sui castelli crociati. Una volta giunto davanti al Krak dei Cavalieri esclamò: «È il castello più pregevole e meglio conservato al mondo!».

GRANGER / ALBUM

T. E. Lawrence presentò la sua tesi sui castelli crociati nel 1910. Allo scoppio della Grande guerra divenne celebre per il suo sostegno alla rivolta degli arabi contro gli ottomani.

cavalieri professi, la torre nord-occidentale dove viveva il gran maestro, l’ampio salone delle riunioni, la cappella, le cucine e la piazza d’armi. È in questa parte che l’architettura militare convive con lo stile gotico, del quale sono ancora visibili alcune tracce di delicate decorazioni in pietra e affreschi.

Un patrimonio in pericolo Dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità nel 2006, il Krak dei Cavalieri è stato gravemente danneggiato dalla guerra civile siriana. Nel 2012 è stato bombardato dal fuoco dell’artiglieria e nel 2013 è stato colpito da vari attacchi aerei. Attualmente si trova sotto il controllo del governo siriano ed è situato al di fuori della zona dei combattimenti. Ciononostante non è stato ancora possibile stimare l’effettiva entità dei danni subiti. FRANCISCO DEL RÍO SÁNCHEZ UNIVERSITÀ DI BARCELLONA

Per saperne di più

SAGGI

I castelli dei crociati Thomas Edward Lawrence. Castelvecchi, Roma, 2018. Fortezze crociate Giuseppe Ligato. Terra Santa, Milano, 2016.

EGMONT STRIGL / AGE FOTOSTOCK

L’opera nel suo complesso fu terminata nel 1170, ma proprio quell’anno una serie di terremoti costrinse a profondi lavori di restauro, che si succedettero durante tutto il XIII secolo e le conferirono l’aspetto attuale. La costruzione, di forma vagamente trapezoidale, si estende da nord a sud su una superficie di due ettari e mezzo, ed è caratterizzata dalla disposizione delle fortificazioni su due anelli concentrici. All’esterno c’è una prima poderosa cinta muraria, protetta da torrioni cilindrici che si affacciano sulle scarpate settentrionali e orientali. Il lato meridionale, che è il più vulnerabile, è protetto da altri tre poderosi bastioni. L’ingresso esterno conduce a un angusto passaggio a zig-zag, appositamente lastricato con pietre scivolose per ostacolare l’accesso a cavallo. La seconda cinta è alta più del doppio della prima ed è maggiormente fortificata. Tra le due muraglie si apre un fossato, completamente esposto all’attacco dei difensori, e che in caso di necessità poteva essere parzialmente allagato. Il centro del castello è disposto su più livelli: al piano inferiore c’erano i magazzini e gli alloggi, mentre al piano superiore si trovavano le residenze più nobili: le stanze dei

LAWRENCE D’ARABIA

88 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 88

5/7/18 14:13


LA SALA GOTICA DEI CAVALIERI

Costruita a metà del XIII secolo, era lunga 27 metri e dotata di volte a crociera. Era il luogo in cui i cavalieri ospitalieri celebravano le cerimonie principali. Nell’immagine, la loggia d’ingresso.

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 89

5/7/18 14:14


UN CASTELLO A PROVA D’ASSEDIO L’aspetto finale del Krak è il risultato di tre fasi costruttive. In un primo momento fu eretto il castello interno che ospitava vari edifici, come la cappella e la torre sud, protetti da una prima cinta muraria. In una seconda fase venne aggiunto un imponente muro inclinato per difendere i fianchi sud e ovest, e fu costruito un grande torrione che sarebbe diventato il centro di controllo della fortezza. Infine, nel corso del XIII secolo furono realizzati la sala gotica e la cinta muraria esterna, che comprendeva l’ingresso fortificato a zig-zag e una grande cisterna.

La residenza del gran maestro era austera e aveva un letto a baldacchino. Un imponente muro inclinato, di 25 metri di spessore, sostiene tre torri circolari sul lato sud del castello.

2

3

1 La porta d’ingresso era situata nella parte orientale. Una rampa coperta e fortificata dava accesso al fossato interno. 2 Un acquedotto di pietra a quattro archi trasportava l’acqua, che veniva raccolta in cisterne, distribuite per tutta la fortezza.

Torre quadrata sporgente, in grado di resistere ai proiettili e agli zappatori.

3 La cisterna situata tra le due cinte murarie era connessa all’acquedotto e, grazie a un sistema di condutture in ceramica, anche alle terrazze. 4 La grande cappella in stile romanico era dove i cavalieri celebravano messa. Venne ricostruita dopo un terremoto avvenuto nel 1170.

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 90

Scuderia lunga 60 m, addossata alla parete esterna.

5/7/18 14:14


Alloggiamenti delle truppe in una sala di 120 metri di lunghezza.

Nella grande sala gotica costruita a metĂ del XIII secolo si tenevano cerimonie e ricevimenti ufficiali. Nel fossato si svolgeva la vita quotidiana dei cavalieri e dei contadini sotto la loro protezione.

4

1

1

La cinta muraria era inframmezzata da torri quadrate e a ferro di cavallo, su cui si appostavano gli arcieri per respingere gli attacchi nemici.

ILLUSTRAZIONE: GIORGIO ALBERTINI

SNG114_078-091_KRAK_CABALLEROS_m_e_m_e_m_e.indd 91

5/7/18 14:14


CREPE DEL TEMPO

Mezzo milione di craquelure, piccole screpolature nella pittura, solcano il volto di Monna Lisa. Con il passare del tempo e varie applicazioni di strati di vernice, i suoi colori sono divenuti piĂš scuri. MICHEL URTADO / RMN-GRAND PALAIS

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 92

6/7/18 9:17


MONNA LISA GLI ENIGMI DI UN SIMBOLO

Anche se la dipinse su commissione, Leonardo da Vinci tenne sempre con sé la Gioconda. Quasi dimenticata nei secoli successivi, dopo il furto del 1911 è diventata un’icona

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 93

6/7/18 9:18


L’ARTISTA ANZIANO

rotetto da ingenti misure di sicurezza il ritratto di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, campeggia nella sesta sala del primo piano dell’ala Denon del Louvre. Più noto come Monna Lisa o la Gioconda, l’olio su tavola di 77×53 centimetri pare sempre quasi scomparire dietro la moltitudine di turisti che, macchina fotografica alla mano, si accalcano per immortalare quest’icona della storia dell’arte. Sin dalla sua creazione, misteri e aspettative hanno accompagnato questo quadro straordinario. Oggi sappiamo che verso il 1503 Leonardo iniziò il ritratto di una dama fiorentina, Lisa Gherardini, moglie del

UN QUADRO NOMADE

mercante Francesco del Giocondo, il quale commissionò l’opera in occasione del trasferimento della famiglia in una nuova dimora, o forse dopo la nascita del secondo figlio, nel 1502. Nel 2005, ai margini di un’opera di Cicerone conservata nella biblioteca dell’Università di Heidelberg, furono rinvenuti alcuni appunti del fiorentino Agostino Vespucci risalenti all’ottobre del 1503. Oltre a criticare Leonardo perché non aveva completato l’opera, Vespucci scriveva che il pittore, a quell’epoca, stava dipingendo un ritratto «del busto di Lisa del Giocondo». Grazie a queste informazioni è stato possibile scoprire una volta per tutte l’identità della donna rappresentata nell’olio del Lou-

PIETRO CANALI / FOTOTECA 9X12

P

AKG / ALBUM

Leonardo realizzò il disegno a sinistra, ritenuto un autoritratto dell’artista nel periodo milanese, verso il 1512. Biblioteca reale, Torino.

1503-1516

1519-1797

1800-1804

LEONARDO DA VINCI inizia

ALLA MORTE di Leonardo,

NAPOLEONE BONAPARTE si

il ritratto di Lisa del Giocondo. Un dipinto che porterà con sé a Milano e Roma e quindi in Francia, una volta entrato al servizio di Francesco I.

la Monna Lisa è annessa alla collezione reale. Il quadro sarà esposto a Fontainebleau e a Versailles prima di entrare in possesso del Louvre.

innamora del ritratto e ordina di portarlo nella sua residenza imperiale, nel palazzo delle Tuileries, nel 1800. Dopo quattro anni il quadro torna al Louvre.

94 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 94

6/7/18 9:18


1911-1914 UN LADRO ruba il quadro e per due anni l’opera scompare, finché non viene scovata in Italia. Successivamente torna al Louvre, dopo essere stata esposta a Firenze, Roma e Milano.

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 95

LA CAPITALE DEL QUATTROCENTO

Firenze fu la culla del Rinascimento, contrassegnato da artisti come Leonardo o Brunelleschi, autore della cupola di Santa Maria del Fiore, nell’immagine.

6/7/18 9:19


E SE NON FOSSE LISA GHERARDINI?

vre, per secoli e secoli oggetto di dibattiti. Ciononostante, in molti hanno voluto – e vogliono – continuare a ravvisare nel quadro diverse persone, senza scartare perfino un autoritratto dell’artista in vesti femminili.

Un’opera toccante La fama dell’opera si diffuse rapidamente tra chi ebbe occasione di osservarla nella bottega del pittore. Lo testimoniano le copie che se ne fecero subito, a cominciare dal disegno che realizzò Raffaello verso il 1504. Conservato anch’esso al Louvre, pare avesse ispirato il suo ritratto di Maddalena Doni, datato intorno al 1506 e simile alla Gioconda per posa della figura e composizione. Eppure la prova più indicativa della popolarità di Monna Lisa tra i pittori del Rinascimento compare nelle Vite di Giorgio Vasari, pubblicate nel 1550. Vasari, anch’egli pittore di chiara fama, si espresse con tali parole sul celebre quadro di Leonardo: «Nella qual testa [della Gioconda] chi voleva vedere quanto l’arte potesse imitar la natura, agevolmente si poteva comprendere,

ORONOZ / ALBUM

Nel 1863 Cesare Maccari rappresentò (a destra) il processo di creazione della Gioconda, come descritto da Giorgio Vasari nel 1550.

perché quivi erano contrafatte tutte le minuzie che si possono con sottigliezza dipignere. Avvenga che gli occhi avevano que’ lustri e quelle acquitrine, che di continuo si veggono nel vivo; et intorno a essi erano tutti que’ rossigni lividi et i peli, che non senza grandissima sottigliezza si possono fare […] Il naso, con tutte quelle belle aperture rossette e tenere, si vedeva essere vivo. La bocca, con quella sua sfenditura con le sue fini unite dal rosso della bocca con l’incarnazione del viso, che non colori, ma carne pareva veramente. Nella fontanella della gola, chi intentissimamente la guardava, vedeva battere i polsi: e nel vero si può dire che questa fussi dipinta d’una maniera da far tremare e temere ogni gagliardo artefice e sia qual si vuole». Di sicuro l’immediata fama del ritratto si basa su motivi ben ovvi. Secondo Vasari, la qualità dell’opera risiedeva nella veridicità, la verosimiglianza e il carattere mimetico. La vivacità della figura si spiega in buona parte grazie alla tecnica utilizzata dal Maestro, ovvero lo sfumato che, riducendo il peso del disegno, dissolve i contorni e attenua le om-

BRIDGEMAN / ACI

ISABELLA D’ESTE, DISEGNO REALIZZATO DA LEONARDO VERSO IL 1500. MUSÉE DU LOUVRE, PARIGI.

DIPINGENDO MONNA LISA

FINE ART IMAGES / ALBUM

NEL CORSO DEI SECOLI, molti autori hanno proposto molteplici identità per la donna dipinta da Leonardo. Dietro il sorriso più famoso della storia della pittura alcuni studiosi hanno intravisto la madre dell’artista o un uomo travestito, forse l’autore stesso. Secondo tali ipotesi, mosse dall’analisi che Sigmund Freud fece di Leonardo e dell’opera, l’artista avrebbe sublimato la sua sessualità attraverso l’arte, e sarebbe questa la ragione per cui avrebbe tenuto con sé il quadro sino alla morte. Antonio de Beatis, invece, ritiene fosse il ritratto di una donna fiorentina commissionato da Giuliano de’ Medici, e si è perciò pensato a una sua amante di origine aristocratica: Costanza d’Avalos, Isabella d’Este, Caterina Sforza o Isabella d’Aragona, tra le altre. Ciononostante nessuna di loro era fiorentina e, in virtù della loro nobiltà, difficilmente sarebbero rimaste anonime.

96 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 96

6/7/18 9:19


IL MAESTRO ALL’OPER A nelle sue biografie degli artisti più famosi del Rinascimento, Giorgio Vasari riempie di lodi la Gioconda. Con uno stile letterario spiega pure come Leonardo da Vinci riuscì a tratteggiare il mitico sorriso della donna. «Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie […] essendo Monna Lisa bellissima, teneva mentre che la ritraeva, chi sonasse o cantasse, e di continuo buffoni che la facessino stare allegra, per levar via quel malinconico, che suol dar spesso la pittura a’ ritratti che si fanno. Et in questo di Lionardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana a vederlo, et era tenuta cosa maravigliosa, per non essere il vivo altrimenti».

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 97

6/7/18 9:19


DIMORA FRANCESE

BRIAN JANNSEN / ALAMY / ACI

bre e le linee degli oggetti, i quali sembrano indefiniti per colpa dell’aria che si frappone tra l’osservatore e l’oggetto osservato. Con parole dello stesso Leonardo: «Per la quale aumentazione [dell’aria] di ombre e di lumi il viso ha gran rilievo, e nella parte illuminata le ombre quasi insensibili, e nella parte ombrosa i lumi quasi insensibili; e di questa tale rappresentazione e aumentazione d’ombre e di lumi il viso acquista assai di bellezza». Il ritratto di Leonardo cerca quindi di superare l’aspetto fisico del modello per addentrarsi nella sua psicologia, per mostrarne qualità e perfino virtù. Potremmo dunque affermare che il nome popolare del quadro – Gioconda – sia legato all’aggettivo “giocondo”, ovvero “allegro”, “giocoso”, “felice”?

Due Monne Lise? Leonardo non si liberò mai del ritratto. Lo portò con sé quando entrò al servizio di Francesco I di Francia, che lo acquistò nel 1518. Il quadro entrò a far parte della collezione reale francese, e nel 1797 fu annesso agli archivi dell’appena creato Museo del

Leonardo trascorse gli ultimi tre anni della sua vita nel castello di Clos Lucé (a sinistra), molto vicino alla residenza reale di Amboise.

Louvre, anche se poi, nel 1800, Napoleone ordinò di trasportare l’opera nelle sue stanze del palazzo delle Tuileries, dove rimase sino al ritorno nella pinacoteca, nel 1804. Tuttavia non è chiaro se l’originale del Louvre corrisponda all’opera descritta da Vasari. Nel 1517 il cardinale Luigi d’Aragona e il suo segretario, Antonio de Beatis, ebbero modo di osservare il quadro nella residenza francese di Leonardo, vicino al castello reale di Amboise. Secondo De Beatis, fu lo stesso pittore a informarli che si trattava del ritratto «di una certa dama fiorentina» commissionato da Giuliano de’ Medici, ragion per cui la donna dipinta sarebbe un’amante di quest’ultimo. Ma allora o Vasari o Vespucci si sono sbagliati, oppure i ritratti sono due. In effetti, il teorico Giovanni Paolo Lomazzo, in un testo sulle arti pubblicato nel 1584, parla di due opere diverse, indicate rispettivamente come Gioconda e Monna Lisa. Forse anche Lomazzo è in errore, eppure l’enigma ha intrigato da sempre gli studiosi. Inoltre, nella sua descrizione, Vasari pone l’accen-

98 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 98

6/7/18 9:20


FINE ART IMAGES / ALBUM

GÉRARD BLOT / RMN-GRAND PALAIS

LE ALTRE GIOCONDE

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 99

MICHÈLE BELLOT / RMN-GRAND PALAIS

JOSEPH MARTÍN / ALBUM

Da sinistra a destra e da sopra a sotto: Monna Vanna, disegno di una Gioconda nuda, proveniente dall’atelier di Leonardo; Gioconda di Isleworth, copia della Gioconda che, per alcuni, è una prima versione del quadro fatta da Leonardo da Vinci; Monna Lisa del Prado, dall’atelier di Da Vinci, e busto realizzato da Raffaello nel 1504 dopo aver visto la Gioconda.

6/7/18 9:21


LA GEMELLA DELLA GIOCONDA NEL PRADO

RIFLETTOGRAFIA. IMMAGINE DELLA GIOCONDA DEL PRADO OTTENUTA GRAZIE AGLI INFRAROSSI.

to sulle sopracciglia e le ciglia della donna – «le ciglia per avervi fatto il modo del nascere i peli nella carne, dove più folti e dove più radi, e girare secondo i pori della carne, non potevano essere più naturali» –, dettaglio assente nell’opera esposta al Louvre. Nel suo continuo sperimentare, Leonardo fece scomparire alcune velature dell’opera? Forse. Oppure non si tratta dello stesso quadro.

La Gioconda originale La Monna Lisa del Museo del Prado è un tassello importante nel puzzle del capolavoro di Leonardo. Non è solo è la copia più antica del quadro, realizzata da uno dei discepoli del pittore contemporaneamente all’originale; presenta pure incredibili somiglianze con la tecnica del quadro del fiorentino, tanto che sino alla seconda metà del XIX secolo l’opera fu attribuita al Maestro. Il paesaggio incompiuto e la presenza di ciglia e sopracciglia portano a credere che fu questo l’olio descritto da Vasari, il quale difficilmente avrebbe potuto vedere l’opera del Louvre, poiché Leonardo la portò con

ORONOZ / ALBUM

UN METODO INNOVATIVO

MUSEO DEL PRADO

LA MONNA LISA DEL PRADO compare negli inventari reali spagnoli a partire dal XVII secolo e appartiene agli archivi del museo sin dalla sua inaugurazione, nel 1819. Fino al 2012 si credeva che fosse una delle tante versioni del quadro di Leonardo da Vinci, ma in quell’anno sono stati pubblicati i risultati dell’analisi compiuta durante il suo restauro, durato due anni. Si è scoperto che lo sfondo nero che offuscava la tela era un’aggiunta successiva al 1750, e che sotto figurava un paesaggio identico all’originale, anche se incompiuto. Entrambi gli oli presentano le stesse dimensioni della figura e le stesse correzioni. La Monna Lisa della pinacoteca madrilena è quindi la sua più antica copia, e venne probabilmente realizzata da un bravo discepolo di Leonardo, forse Francesco Melzi o Salai, contemporaneamente all’originale e con la stessa tecnica.

Leonardo utilizzò l’innovativa tecnica dello sfumato per dipingere il famoso quadro. A destra, la tela e la cornice presenti al Louvre.

sé in Francia nel 1516, quando Vasari aveva solo cinque anni. Leonardo consegnò allora a Giocondo un’opera terminata da un discepolo o, invece, non portò a termine l’incarico? Sono i ritratti di due donne diverse? Quello che il cardinale d’Aragona vide in Francia rappresentava davvero un’amante di Giuliano de’ Medici? Come se non bastasse, per alcuni l’opera descritta da Vasari nel 1550 sarebbe la cosiddetta Gioconda di Isleworth o Gioconda giovane, un quadro leggermente più grande di quello del Louvre e dipinto su tela; l’opera è oggi proprietà di un consorzio privato conosciuto come The Mona Lisa Foundation, con sede a Zurigo. Sarebbe quella, perciò, la vera Gioconda, mentre l’olio del Louvre risalirebbe a un periodo successivo. La donna con il paesaggio incompiuto sullo sfondo, più giovane di quella presente nei quadri di Parigi e Madrid, potrebbe essere quindi Lisa del Giocondo, mentre per le donne delle altre opere sono al vaglio diverse identità, tra cui la madre dello stesso Leonardo.

100 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 100

6/7/18 9:22


SCALA, FIRENZE

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 101

6/7/18 9:22


IL COPISTA AL LAVORO

Le copie della Gioconda hanno contribuito ad accrescerne la fama. A sinistra, Louis Beroud copia il quadro nel Salon Carré, nel 1911. UNA NUOVA COLLOCAZIONE

Dal 2005 la Gioconda campeggia sulla parete eretta appositamente per lei, nella sala della Gioconda (Salle des États), dedicata alla pittura italiana.

FRANÇOIS VIZZAVONA / RMN-GRAND PALAIS

Dall’oblio a icona L’opera non era collocata in una posizione di spicco, come oggi, bensì in mezzo a tante altre opere europee. I mezzi di riproduzione meccanica non riuscivano, forse per la tecnica leonardesca dello sfumato, a coglierne tutto lo splendore. Era comunque un’opera ben nota alla cerchia di artisti e intellettuali, e molti autori continuavano a renderle omaggio nelle loro creazioni, come Corot con la sua Donna con la perla (1868). Il terreno era fertile per la “Lisamania” che scoppiò a metà del secolo tra i letterati del Romanticismo, i quali contribuirono a fare di Monna Lisa una femme fatale, dal fascino quasi magico, impassibile, «sfinge di bellezza» dal sorriso ammaliante e indecifrabile, secondo Théophile Gautier. Al punto che quando l’opera venne rubata, nel 1911, gli investigatori pensarono che il ladro fosse

un pazzo invaghitosi della donna. In realtà a compiere il furto fu l’italiano Vincenzo Peruggia, che credendo erroneamente che l’0pera fosse stata trafugata da Napoleone, aveva deciso che doveva tornare in Italia. A portare all’acme della fama la Gioconda fu proprio il suo furto, conclusosi con il ritorno trionfale dell’opera al Louvre nel 1914. La Monna Lisa divenne una vera e propria icona culturale, riprodotta a non finire, la cui fama è ancora viva, perfino tra gli artisti. Chi non ha rivisitato la Gioconda? Non solo i maestri antichi hanno imitato e reso omaggio al quadro, ma pure i contemporanei – Léger, Duchamp, Warhol, Dalí, Botero, Banksy ed altri – si sono confrontati con quest’icona della cultura occidentale. JESÚS F. PASCUAL MOLINA UNIVERSITÀ DI VALLADOLID

Per saperne di più

SAGGI

Gli occhi della Gioconda Alberto Angela. Rizzoli, Milano, 2017. Il segreto della Gioconda Silvano Vinceti. Armando, Roma, 2011. Vanished Smile Rita A. Scotti. Vintage Books, New York, 2010.

FRANCK BOHBOT / RMN-GRAND PALAIS

A ogni modo, nel XVII e nel XVIII secolo l’opera cadde nel dimenticatoio, e nel XIX la Monna Lisa non era probabilmente il quadro più popolare del Louvre.

102 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 102

6/7/18 9:22


SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 103

6/7/18 9:23


LEEMAGE / PRISMA ARCHIVO

IL FURTO DELL A MONNA LISA / 1

L’INCREDIBILE SCOMPARSA a mattina di martedì 22 agosto del 1911, il personale del Museo del Louvre notò che la Gioconda era scomparsa. Non deve sorprendere che il giorno prima non se ne fosse accorto nessuno, poiché il lunedì era giorno di chiusura. Va detto pure che a volte le opere venivano spostate per fotografarle, quindi all’inizio non venne dato l’allarme. Il giorno dopo, tuttavia, la notizia del furto dell’opera di Leonardo era sulla bocca di tutti e comparve sulle prime pagine dei giornali dell’intero pianeta. all’inizio gli investigatori pensarono a un’estorsione e che il ladro avrebbe richiesto una somma per il riscatto. Ipotizzarono pure che fosse un modo per richiamare l’attenzione sulle STAMPA. PRIMA PAGINA DELLA DOMENICA DEL CORRIERE (SOPRA) E NOTIZIA SU ABC (SINISTRA). ABC. GIOVEDÌ 24 AGOSTO 1911.

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 104

6/7/18 9:23


allo stesso tempo, lo scandalo diede risonanza mondiale al quadro. Dopo la riapertura del museo, i curiosi facevano la fila per visitare lo spazio vuoto dove un tempo era esposto il ritratto. Il dipinto veniva riprodotto dappertutto: occupava le pagine dei quotidiani – che ogni giorno seguivano la notizia –, era utilizzato come prodotto pubblicitario e sul furto si girarono persino alcuni film. Come afferma Rita Angelica Scotti nel suo Vanished Smile: «Monna Lisa abbandonò il Louvre come opera d’arte e vi tornò ormai già icona».

RUE DES ARCHIVES / ALBUM

UN CANTANTE DI STRADA VENDE «L’HAI VISTA? LA GIOCONDA» IN UNA DELLE TANTE CANZONI COMICHE CHE PROLIFERARONO DOPO IL FURTO.

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 105

SATIRA. LA GIOCONDA SALUTA «GLI IMPICCIONI» PER ANDARE DAL «MIO VINCI», NELLA CARTOLINA.

ALBERT HARLINGUE / ROGER-VIOLLET / AURIMAGES

DOPO IL FURTO, I VISITATORI DEL LOUVRE SI MOLTIPLICARONO. LA MAGGIOR PARTE VOLEVA VEDERE LO SPAZIO VUOTO LASCIATO DAL LADRO NEL SALON CARRÉE DEL MUSEO.

JOSSE / SCALA, FIRENZE

scarse misure di sicurezza del museo. Vennero arrestati Apollinaire e Picasso, allora giovani artisti d’avanguardia, ribelli che protestavano contro le antiquate istituzioni artistiche e che, di sicuro, erano stati coinvolti nella sparizione di alcune opere. I mesi passavano e il quadro sembrava scomparso nel nulla. La disperazione ebbe la meglio: dov’era finita la Gioconda?

6/7/18 9:24


SICUREZZA: LA CARICATURA DELL’EPOCA MOSTRA IL RITORNO DELL’OPERA, POSTA SOTTO STRETTA SORVEGLIANZA.

ROGER-VIOLLET / AURIMAGES

IL FURTO DELL A MONNA LISA / 2

SALVATAGGIO E RITORNO el 1913 si era persa ogni speranza di ritrovare il quadro. La Gioconda non compariva più nemmeno nel catalogo del Louvre. Tuttavia a fine novembre uno strano evento avrebbe dato una svolta imprevista alla vicenda: un certo «Leonardo», che affermava di possedere il ritratto rubato, diede appuntamento al direttore della Galleria degli Uffizi e a un mercante d’arte in un hotel di Firenze. Dopo aver esaminato il quadro e averne verificata l’autenticità, questi informarono le autorità e il ladro fu arrestato. l’identità del ladro «Leonardo» venne subito svelata. Era l’italiano Vincenzo Peruggia, ex impiegato del Louvre, che addusse una ragione politica: voleva restituire il quadro all’Italia, la sua vera patria, perché credeva che fosse una delle opere portate da Napoleone in Francia durante le campagne degli inizi del XIX secolo. Prima di tornare in Francia, l’opera fu esposta a Firenze, Roma e Milano, ricevendo l’attenzione di un nutrito pubblico. Alla fine tornò a Parigi il 4 gennaio del 1914. Peruggia era solo un povero disgraziato, e non il sofisticato ladro internazionale che la gente

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 106

BRIDGEMAN / ACI

aveva immaginato. Forse per questo uscì dalla prigione dopo soli sette mesi. tuttavia i dubbi sulla presenza di un complice o un ideatore del furto hanno dato luogo a ogni sorta di ipotesi. Nel 1932 il giornalista statunitense Karl Decker affermò di aver conosciuto a Casablanca, nel 1914, un misterioso marchese di nome Eduardo de Valfierno, che gli avrebbe rac-

6/7/18 9:24


FASTI. L’AMBASCIATORE FRANCESE, DIVERSI MINISTRI ITALIANI E IL DIRETTORE DEL LOUVRE POSANO A ROMA VICINO ALLA GIOCONDA NELLA CERIMONIA PER IL RITORNO DEL QUADRO IN FRANCIA, NEL DICEMBRE DEL 1913.

contato la vera storia del furto d’arte più famoso del secolo: il piano era realizzarne diverse copie che, fatte passare per vere, sarebbero state vendute a incauti collezionisti. La storia non fu mai provata, ma il mistero rimane. CRIMINALE SOLITARIO. FOTO SEGNALETICA DI VINCENZO PERUGGIA. NONOSTANTE LE MOLTE SPECULAZIONI SU UN MANDANTE OCCULTO DEL FURTO, SOLO L’ITALIANO FU CONDANNATO. BRIDGEMAN / ACI

SNG114_092-107_MONA_LISA_m_e_e_m_e.indd 107

UN ATTESO RITORNO. LA CARICATURA RAPPRESENTA L’ASPETTATIVA PER IL RITORNO IN FRANCIA DELLA MONNA LISA DOPO IL RITROVAMENTO IN ITALIA. RUE DES ARCHIVES / ALBUM

6/7/18 9:25


TERRE SETTENTRIONALI

L’arcipelago delle Svalbard, tra le poche terre emerse situate oltre gli 80° nord di latitudine, è separato dal polo da un migliaio di chilometri di oceano ricoperto di ghiaccio. MARCO GAIOTTI / FOTOTECA 9X12

LA CONQUISTA

POLO N SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 108

6/7/18 11:49


DEL

Nel XIX secolo vari esploratori si avventurarono oltre il circolo polare artico alla ricerca del punto piĂš settentrionale del pianeta. Lo statunitense Robert Peary disse di averlo raggiunto nel 1909

O NORD SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 109

6/7/18 11:50


1882-1884

Il tentativo di ritrovare la spedizione di Franklin, scomparsa nel 1845 mentre cercava il mitico Passaggio a nord-ovest, alimentò l’interesse per l’esplorazione dell’Artico e la conquista del polo.

L’ufficiale statunitense Adolfo Greely e la sua squadra scientifica arrivano fino agli 83° 23’. Solo sei dei 25 membri della spedizione sopravvivono al durissimo viaggio di ritorno. OROLOGIO-CRONOGRAFO DELLA SPEDIZIONE DI FRANKLIN RINVENUTO DURANTE LE RICERCHE.

1852

1872-1874

1893-1896

1853-1870

1875-1876

1899-1900

1871-1873

1879-1881

1909

Il britannico Inglefield ha l’idea «peregrina» di raggiungere il polo risalendo il canale di Smith, tra l’isola di Ellesmere e la Groenlandia, alla ricerca di Franklin.

Molti esploratori approfittano dei tentativi di trovare Franklin per studiare la regione. Alcuni sostengono di aver visto un mare aperto in direzione del polo.

L’imprenditore di Cincinnati Charles Francis Hall arriva a 82° 11’ di latitudine. Alla sua morte, la spedizione finisce nel caos e viene salvata dopo sei mesi alla deriva su un iceberg.

Mentre cerca un accesso all'Artico tramite la corrente del Golfo, una spedizione austro-ungarica scopre alcune isole sconosciute: la Terra di Francesco Giuseppe.

George Nares risale il canale di Smith sulla Alert, che resta intrappolata tra i ghiacci. La spedizione prosegue in slitta raggiungendo gli 83° 20’.

Nel tentativo di raggiungere il polo dallo stretto di Bering, George De Long naufraga a bordo della Jeannette. Venti uomini, tra cui De Long, muoiono nel delta del Lena.

Fridtjof Nansen tenta di raggiungere il polo sulla Fram, facendosi portare alla deriva dalla corrente artica. Quindi tenta di proseguire con le slitte e gli sci, ma si ferma a 86° 14’.

L’italiano Umberto Cagni, a capo di una spedizione italiana in partenza dalla Terra di Francesco Giuseppe, stabilisce un nuovo record di latitudine, raggiungendo gli 86° 33’.

Peary e (l'anno prima) Cook rivendicano di essere stati i primi a mettere piede al polo. Il merito viene riconosciuto a Peary. Entrambi i loro resoconti presentano delle lacune. UNA NAVE AVANZA TRA I GHIACCI ALLA FINE DEL XIX SECOLO.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 110

OROLOGIO: NATIONAL MARITIME MUSEUM, LONDON / ALBUM. FOTO: SPL / AGE FOTOSTOCK

1852-1909: la corsa verso il Polo Nord

6/7/18 11:50


I

l carattere inospitale delle regioni polari ha rappresentato per millenni una barriera praticamente insormontabile per gli esseri umani. Solo piccole comunità di eschimesi si erano stabiliti nelle aree periferiche del Polo Nord, ma la loro misera esistenza non offriva nessuna attrattiva commerciale ai mercanti provenienti da altre latitudini.

E così le zone artiche rimasero isolate e inesplorate per secoli. Fino a che la presenza di un gran numero di cetacei nei mari circostanti non risvegliò le attenzioni dell’industria baleniera. Ma per quanto i cacciatori di balene si avvicinassero ai confini di quel mondo gelato alla ricerca di prede, nessuno proseguiva verso nord. Che senso aveva? Il polo era una semplice chimera geografica, un punto situato a 90° esatti di latitudine senza alcun valore reale, lontanissimo dalle necessità concrete dell’esistenza quotidiana. Alla fine del XVIII secolo questa situazione cambiò. Da un lato non erano più solo i mercanti ad avere interesse per la navigazione: anche i governi organizzavano spedizioni militari in funzione dei propri obiettivi geostrategici. Dall’altro la scienza assunse un protagonismo crescente nelle esplorazioni. Ebbe un ruolo di primo piano anche l’opinione pubblica, che iniziò a dimostrare curiosità per le avventure geografiche, in particolare per quelle che si svolgevano tra i ghiacci, cioè nell’ambiente più inospitale del pianeta. Fu in questo contesto che la Gran Bretagna – all’epoca potenza egemone – intraprese una serie di spedizioni polari. Molte di queste non avevano uno specifico interesse per il polo in sé, ma miravano a raggiungere lo stretto di Bering attraverso il mar Glaciale Artico, che secondo le credenze del tempo era un oceano aperto circondato da una cintura di ghiaccio. Gli inglesi non ottennero però i risultati sperati. La banchisa bloccava l’avanzata delle navi, e i marinai che decidevano di lasciare le imbarcazioni per proseguire in slitta scoprivano con stupore che la massa

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 111

di ghiaccio galleggiante su cui avanzavano faticosamente si muoveva spesso in direzione opposta alla loro. Quando si fermavano a riposare, la deriva della superficie gelata li sospingeva all’indietro, come se stessero camminando su un tapis roulant.

Alla ricerca di Franklin La maggior parte delle spedizioni britanniche aveva come obiettivo individuare il Passaggio a nord-ovest, ovvero la rotta che metteva in comunicazione l’Atlantico con il Pacifico. Nel 1845 una flotta composta da due navi e oltre un centinaio di uomini agli ordini di Sir John Franklin scomparve nel nulla. La tragedia creò una forte mobilitazione nella società anglosassone, e nel giro di una decina di anni più di cento imbarcazioni salparono alla ricerca dei dispersi. Alcune di queste missioni di soccorso furono organizzate dalla marina britannica, altre da facoltosi cittadini statunitensi o inglesi che armarono delle navi per esplorare il dedalo di isole e canali dell’Artico canadese nel vano sforzo di rintracciare i naufraghi. Normalmente il comandante di un’imbarcazione deve attenersi scrupolosamente alle istruzioni ricevute, tanto nel caso di spedizioni militari quanto di viaggi commerciali. Ma se l’o-

UN MARE APERTO

In questa mappa del 1595 Mercatore diede forma a quella che sarebbe rimasta l’immagine della regione polare fino al XIX secolo: un mare aperto circondato da una cintura di ghiacci in cui si aprivano dei passaggi. PRISMA / ALBUM

JOHN FRANKLIN

Il tentativo di ritrovare la sua spedizione scomparsa risvegliò l’interesse per le regioni polari. AKG / ALBUM

6/7/18 11:50


De Long (Jeannette) 1879-1881 Herbert 1968-1969

1

2

Nansen (Fram) 1893-1896 Peary, 1909

Cagni, 1900

Severny Polyus (URSS) 1937-1938

3

Sempre più a nord a partire dal 1871 le spedizioni per la rotta americana di Hall, Nares e Greely si avvicinarono sempre di più al polo, ma fu Peary a raggiungere la meta. La Jeanette rimase intrappolata tra i ghiacci 1 per poi affondare 2 dopo mesi alla deriva. Quando i suoi resti furono ritrovati dall’altro lato della calotta polare 3, Nansen progettò una spedizione che arrivò vicinissima al polo e fu poi superata da quella di Cagni. Il britannico Herbert fu il primo a raggiungere incontestabilmente il polo a piedi.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 112

Rotta in mare aperto Deriva A piedi, in scialuppa o in slitta Record

6/7/18 11:50


CARTOGRAFIA: EOSGIS.COM

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 113

UNA PORTA APERTA? NEL 1852 il piroscafo britannico Isabel, agli ordini del comandante

Edward Inglefield, si addentrò nella zona del canale tra la Groenlandia e l’isola di Ellesmere (Canada), che fino ad allora si riteneva senza sbocchi. A 78° di latitudine il piroscafo fu costretto a rientrare, ma ormai aveva scoperto una rotta verso nord che successivamente sarebbe stata utilizzata da altri esploratori polari.

L’ATTREZZATURA DEGLI ESPLORATORI

Sotto, delle racchette da neve dei primi del XX secolo.

K

durò cica 27 mesi. Fu in quell'occasione che l’equipaggio scoprì un arcipelago fino ad allora sconosciuto, che fu ribattezzato Terra di Francesco Giuseppe in onore dell’imperatore asburgico. Purtroppo l’imbarcazione si schiantò sulle coste di un’isola, e per salvarsi i membri della spedizione dovettero caricare le scialuppe di salvataggio sulle slitte e trainarle in direzione sud. Fu un’operazione ardua e frustrante, perché la corrente marina spingeva la massa di ghiaccio su cui procedevano in senso opposto al loro, ossia verso nord. Dopo due mesi di marcia sfiancante si erano avvicinati alle coste di neanche 28 chilometri. Fortunatamente

OC OTOST

Molti avventurieri statunitensi ritennero che attraverso quello stretto fosse possibile accedere a un mare aperto e raggiungere il Polo Nord, e trovarono alcuni facoltosi magnati disposti a finanziare le loro ambizioni di gloria. Nel ventennio successivo varie spedizioni nordamericane tentarono di avanzare lungo il canale di Smith. Nonostante le continue avversità e la strenua lotta contro il freddo, la fame e lo sfinimento, riuscirono ad avvicinarsi sempre di più all’estremo nord. Ma alla fine le navi venivano invariabilmente bloccate o affondate da quella spietata distesa di ghiaccio, e gli equipaggi, scoraggiati, erano costretti a tornare indietro a bordo di fragili scialuppe o ad attendere i soccorsi su un iceberg alla deriva. Sul fronte europeo, tra il 1869 e il 1870 una spedizione tedesca cercò senza fortuna di dimostrare la tesi di August Petermann: il celebre geografo sosteneva che la corrente del golfo del Messico penetrava fino al centro dell’Artico, facendosi strada tra i ghiacci grazie alla temperatura delle sue acque. Nonostante il fallimento della missione, due anni più tardi una nave battente bandiera austroungarica ritentò l’impresa. All’inizio tutto sembrava procedere al meglio: la corrente effettivamente esisteva. Ma ben presto i ricercatori si resero conto che non era sufficientemente calda. La spedizione

L . MURRAY / SPL / AGE F

Il sogno del mar Glaciale Artico

NATIONAL MARITIME MUSEUM, LONDON / ALBUM

biettivo della navigazione è la ricerca di superstiti, esiste un certo margine di manovra che non sarebbe consentito nelle situazioni precedenti. Fu così che nel 1852 Edward Inglefield, capitano di una delle navi coinvolte nelle operazioni di soccorso, pensò di cercare i sopravvissuti lungo il canale di Smith, tra la costa occidentale della Groenlandia e l’isola di Ellesmere. Secondo quanto dichiarò in seguito, una volta lì ebbe «l’idea peregrina di raggiungere il polo». Non riuscì né a trovare le imbarcazioni disperse né ad arrivare ai 90° di latitudine, perché il ghiaccio gli impedì di proseguire. Ma disse di aver visto un mare aprirsi davanti a sé in direzione nord.

6/7/18 11:50


Un percorso lungo e duro

Funerale del capitano Hall in Groenlandia L’equipaggio del Polaris trascina la bara del capitano Charles Francis Hall, nel novembre del 1871, per seppellirlo a 81° di latitudine. Dopo la sua morte la spedizione sprofondò nel caos. Arrivo alla Terra di Francesco Giuseppe Nel 1873 una spedizione austroungarica scoprì la Terra di Francesco Giuseppe. Secondo il capitano la vegetazione era scarsissima, eppure a noi sembrava un paradiso.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 114

DALL’ALTO IN BASSO: BRIDGEMAN / ACI. BRIDGEMAN / ACI. ERICH LESSING / ALBUM

Quando una nave veniva bloccata dalla banchisa (la superficie dei ghiacci marini delle zone polari), l’equipaggio trascorreva mesi in condizioni durissime, in attesa di riuscire ad allontanarsi a bordo delle scialuppe o di ricevere soccorso.

6/7/18 11:51


alla fine raggiunsero il mare aperto e riuscirono ad arrivare in Russia, dove furono soccorsi da un peschereccio.

In Inghilterra il fallimento della spedizione di Franklin, e soprattutto l’emergere di prove di episodi di cannibalismo tra i membri dell’equipaggio, aveva generato nella società una certa diffidenza verso le questioni polari. Se non addirittura un’aperta avversione. Tuttavia la marina britannica guardava con timore ai progressi degli statunitensi e voleva dimostrare di essere ancora la potenza egemone nella zona artica. Nel 1875 inviò una spedizione agli ordini del capitano George Nares, iniziata in modo particolarmente promettente. L’Alert percorse il canale di Smith, oltrepassò lo stretto che da allora porta il nome di Nares e trascorse l’inverno alla latitudine più settentrionale mai toccata da essere umano. Ma da quel momento in poi le cose iniziarono ad andare storte. Se le spedizioni statunitensi utilizzavano i cani per il traino delle slitte (come facevano gli eschimesi), i britannici decisero di ignorare le conoscenze dei nativi e di trainare le slitte loro stessi, senza l'ausilio di animali. A complicare ulteriormente la situazione ci pensò lo scorbuto, che costrinse gli esploratori a fare marcia indietro dopo aver raggiunto tra immani sforzi gli 83° 20’(e quando mancavano ancora 700 chilometri all’obiettivo finale). Uno di loro riassunse la vicenda affermando che il mar Glaciale Artico aperto esisteva soltanto «nella testa di alcuni geografi folli» e il polo era «assolutamente irraggiungibile». Nel 1881 una spedizione scientifica statunitense condotta da Adolphus Greely non seppe resistere alla tentazione di battere il record inglese, per quanto vi riuscì di soli sette chilometri. Il prezzo pagato fu eccessivo per un risultato così modesto: solo sei dei 25 membri dell’equipaggio, tra cui lo stesso capitano, rientrarono vivi. Sempre in campo statunitense, l’editore del New York Herald decise di patrocinare una sua spedizione verso il Polo Nord, memore del successo che

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 115

UIG / ALBUM

La spedizione di Nares

UN OCEANO CONGEL ATO QUANDO L’ALERT raggiunse gli 82° di latitudine, George Nares scrisse: «Non si vedeva altro che ghiaccio compatto e invalicabile […] che neppure con molta fantasia poteva assomigliare a un mare polare aperto». Dopo aver trascorso l’inverno in una baia bloccati dal gelo e tormentati dallo scorbuto, nell’estate del 1876 i membri dell’equipaggio si aprirono una breccia segando il ghiaccio che li circondava e si diressero verso sud.

aveva rappresentato per il giornale l’invio di Stanley alla ricerca di Livingstone in Africa centrale. Nel 1879 la Jeanette, agli ordini di George De Long, penetrò nel mar Glaciale Artico attraverso lo stretto di Bering, con l’intenzione di lasciarsi trasportare verso nord dalla Kuroshio, una corrente calda di origine tropicale del Pacifico. Non servirono a molto gli avvertimenti dei balenieri della zona, che conoscevano per esperienza la scarsa forza della corrente e la pericolosità di quel mare. Dopo essersi inoltrata nelle fredde acque polari, la nave si

OCCHIALI DA NEVE ESCHIMESI

Gli inuit si proteggevano dal riverbero del sole sulla neve con degli occhiali a fessura, che riducevano la quantità di luce in arrivo sulla retina. BOLTIN PICTURE / BRIDGEMAN / ACI

6/7/18 11:52


Tentativi falliti L’italiano Umberto Cagni cercò di raggiungere il polo in slitta, mentre lo svedese Salomon August Andrée ci provò in mongolfiera. Fallirono entrambi, ma Cagni riuscì a sopravvivere, mentre Andrée morì lungo il viaggio di ritorno. La spedizione svedese in mongolfiera Nel 1897 tre svedesi si diressero al polo in pallone aerostatico. I loro corpi furono ritrovati nel 1930 accanto ad appunti e immagini che rivelarono che avevano avuto un incidente poco dopo la partenza ed erano morti cercando la via del ritorno.

SOPRA: GRANGER / ALBUM. SOTTO: BRIDGEMAN / ACI

Un nuovo record Dopo aver battuto di 37 chilometri il record di Nansen, il 24 aprile 1900 Umberto Cagni decise di tornare indietro: «Spero che non sia così lontano il giorno in cui si svelerà il mistero delle regioni artiche», scrisse. Quel giorno la temperatura era di -51 °C.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 116

6/7/18 11:52


PRISMA / ALBUM

ritrovò imprigionata tra i ghiacci e affondò nel giro di due anni. I membri della spedizione furono costretti a trascinare le scialuppe lungo la banchisa, fino a quando non trovarono condizioni favorevoli per poterle rimettere in acqua. Solo un terzo dell’equipaggio sopravvisse all’odissea e riuscì a raggiungere le coste della Siberia nell’autunno del 1881. Tre anni più tardi il relitto della Jeanette fu inaspettatamente localizzato lungo le coste della Groenlandia. Questa scoperta spinse lo scienziato ed esploratore norvegese Fridtjof Nansen a ipotizzare l’esistenza di una corrente marina che attraversava tutto il mar Glaciale Artico. Secondo questa teoria, un’imbarcazione che fosse stata intrappolata dai ghiacci nella zona dov’era affondata la nave statunitense avrebbe attraversato tutto l’Artico alla deriva passando per il Polo Nord.

A SPET TANDO L A MORTE

L’odissea di Nansen

«STIAMO MORENDO… come uomini. Ho raggiunto il mio obiettivo…

Nansen decise di provare a dimostrare la sua teoria. A questo scopo progettò una nave con uno scafo in grado di sopportare l’urto dei ghiacci, che chiamò Fram (“avanti”). La traversata iniziò nel 1893. Inizialmente l’imbarcazione resse bene alla pressione della banchisa e fu trascinata dalla corrente marina nella direzione sperata. Ma, dopo più di un anno alla deriva, l’esploratore si rese conto che la rotta non lo stava portando verso il Polo Nord. A quel punto, come altri prima di lui, Nansen si lasciò sedurre dal canto delle sirene polari e decise di abbandonare la Fram per proseguire a piedi. Non riuscì a raggiungere il polo, anche se batté il record precedente di 300 chilometri. Il suo viaggio di ritorno, durato oltre un anno, rappresenta una delle imprese più straordinarie nella storia delle missioni polari. Sei anni dopo l’avventura della Fram, una spedizione italiana diretta da Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi, riuscì a migliorare il risultato del norvegese. Un gruppo capitanato da Umberto Cagni partì dalla Terra di Francesco Giuseppe, a nord della Russia, e dopo aver superato numerose avversità si fermò a 381 chilometri dal polo. Sembrava ormai chiaro che quel mitico punto geografico non

Battere il record». Furono queste le parole di un Adolphus Greely praticamente moribondo quando fu ritrovato nel 1884. 18 dei 25 membri dell’equipaggio erano deceduti, e un altro morì lungo il cammino di ritorno. Gli uomini erano sopravvissuti in una tenda, nutrendosi delle carni dei compagni morti.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 117

era raggiungibile dall’Europa. L’attenzione generale cominciò a spostarsi verso le coste nordoccidentali della Groenlandia, da dove passava la rotta degli esploratori statunitensi. Uno di loro, Robert Peary, tentava ormai da anni di raggiungere i leggendari 90° di latitudine nord. Se risalire le coste della Groenlandia era già di per sé difficile, la parte più scoraggiante iniziava dopo, quando le spedizioni si trovavano di fronte l’oceano Polare congelato. Le correnti marine spostavano di continuo la banchisa, e pertanto era impossibile lasciare scorte di cibo o di materiali per il ritorno. Inoltre, le

Gli eschimesi rappresentano un esempio di adattamento. A destra, un cacciatore in una foto dei primi del XX secolo.

GRANGER / ALBUM

PRONTO PER LA CACCIA

6/7/18 11:52


NEL 1893 Fridtjof Nansen si imbarcò sulla Fram per un viaggio che secondo i suoi calcoli sarebbe durato cinque anni. Lasciò che la nave fosse imprigionata dai ghiacci nella speranza che la corrente la trascinasse fino al polo. Dopo 18 mesi alla deriva decise di proseguire a piedi insieme a Fredrik Hjalmar Johansen. I due raggiunsero gli 86° di latitudine l’8 aprile 1895, poi tornarono indietro, prima in slitta e quindi in canoa fino alla Terra di Francesco Giuseppe. Rientrarono in Norvegia nell’agosto del 1896. FRIDTJOF NANSEN IN UNA FOTO DI STUDIO DEGLI ANNI NOVANTA DELL’OTTOCENTO. SPL / AGE FOTOSTOCK

FOR ALAN / ALAMY / ACI

NANSEN, MILLE GIORNI TRA I GHIACCI

1

1 Verso terre ignote Nansen (il secondo da sinistra) e Johansen (il settimo, in fondo) il 14 marzo 1895, pronti a partire per il polo con tre slitte e 28 cani.

2

914 COLLECTION / ALAMY / ACI

2 Fine dell’odissea Nansen e Johansen trainano le proprie slitte con gli sci ai piedi. Dopo aver vagato un anno per l’Artico erano rimasti senza cani.

3

914 COLLECTION / ALAMY / ACI

914 COLLECTION / ALAMY / ACI

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 118

6/7/18 11:53


Alla mercé del ghiaccio La Fram, bloccata tra i ghiacci nel marzo del 1894. La nave disponeva di luce elettrica e il suo scafo era pronto a reggere l’urto della banchisa.

3 Lavoro scientifico Nansen misura la temperatura del mar Glaciale Artico. Il lavoro scientifico della spedizione rivelò che l’oceano era più profondo di quanto si credesse in precedenza.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 119

6/7/18 11:53


UN PUNTO NELL’OCEANO

Questo modesto segnale indica i 90° di latitudine nord. Il palo cambia di posizione a causa della deriva della calotta polare, che è trascinata dalle forti correnti marine.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 120

6/7/18 11:53


imbarcazioni erano costrette di continuo ad aggirare i canali che si aprivano sui banchi di ghiaccio a causa della deriva, o ad attendere che le acque tornassero a congelarsi. Con uno sforzo encomiabile l’esploratore statunitense fece sei tentativi di arrivare al polo in 18 anni. Apprese le tecniche di sopravvivenza degli eschimesi e riuscì a migliorare i suoi risultati a ogni missione. Finalmente, il 6 aprile 1909 toccò il punto più settentrionale del globo.

SUE FLOOD / GETTY IMAGES

Al ritorno, Peary scoprì che un suo compatriota, Frederick Cook, sosteneva di aver compiuto l’impresa un anno prima di lui. Inizialmente Cook fu ricevuto come un eroe, ma a poco a poco nel suo resoconto emersero incongruenze e lacune che ne misero in dubbio l’attendibilità. Il rapporto di Peary era più credibile, ma comunque non esente da zone d’ombra: l’assenza di misurazioni precise e un’eccessiva rapidità di spostamento sul ghiaccio (circa il quadruplo di quella abituale) insospettirono molti specialisti. Oggi la maggioranza degli esperti ritiene che né Cook né Peary abbiano toccato il polo, anche se entrambi hanno folte schiere di sostenitori pronti a difendere con passione le rispettive versioni. In ogni caso, per anni nessuno tentò di ripetere l’impresa. Nel 1926 Umberto Nobile fece una spedizione con il dirigibile Norge, cui segui un'altra, due anni dopo, con l'Italia, che si schiantò sui ghiacci. In quest'occasione fu organizzata una tra le prime spedizioni di soccorso polare per cercare i superstiti che, nel frattempo, avevano trovato riparo nella cosiddetta "tenda rossa". Roald Amundsen, invece, morì nel tentativo di salvataggio. Nel 1948, in piena guerra fredda, Stalin decise di giocare d’anticipo sul sottomarino statunitense Nautilus, che doveva arrivare ai 90° di latitudine nord navigando al di sotto della banchisa. La squadra agli ordini del colonnello Aleksandr Kuznecov si fece lasciare da un aereo nelle vicinanze del polo e fu la prima a raggiungerlo in maniera incontestabile. In seguito le spedizioni polari passarono di moda, fino a quando, il 6 aprile 1969 l’esplo-

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 121

FINE ART / ALBUM

La polemica del polo

ratore britannico Wally Herbert attraversò in solitaria tutto l’Artico diventando la prima persona a poter documentare in modo certo di essere arrivata al Polo Nord a piedi. Il sogno di decine di spedizioni era finalmente realizzato, dopo quasi due secoli di vicissitudini. Al giorno d'oggi le cose sono molto più facili: ormai da anni i turisti attraversano l’Artico su aerei e navi rompighiaccio, per poter documentare di aver raggiunto il punto più settentrionale della terra.

PROPAGANDA SOVIETICA

«I bolscevichi salutano i conquistatori del Polo Nord», si legge in questo cartello. «Non ci sono fortezze che i bolscevichi non possano conquistare», recita la parte inferiore.

JAVIER CACHO SCIENZIATO E SCRITTORE

Per saperne di più

SAGGI

La rotta marittima verso il Polo Nord Riccardo Friolo. Rivista Marittima, Roma, 2006. ROMANZI

Al Polo Nord Emilio Salgari. RBA, Milano, 2011.

6/7/18 11:54


Dopo varie spedizioni fallite, nel 1909 Robert Peary effettuò il suo ultimo tentativo di raggiungere il punto più settentrionale del globo. Percorse i mille chilometri che separano l’isola di Ellesmere dal polo in 37 giorni, e al suo ritorno ricevette gli onori che aveva ossessivamente cercato. Ma le sue misurazioni imprecise e i tempi relativamente brevi in cui percorse distanze lunghissime sollevano ancora oggi dubbi sull’attendibilità del suo resoconto. LO SCONTRO. IN QUESTA COPERTINA DI LE PETIT JOURNAL DEL 1909, PEARY E COOK LOTTANO PER IMPORRE LA PROPRIA VERSIONE DELL’ARRIVO AL POLO.

GRANGER / ALBUM

PEARY RAGGIUNSE IL POLO NORD?

Aiuto eschimese La spedizione di Peary era formata da un piccolo gruppo che dipendeva dall’aiuto dei nativi. Gli eschimesi fecero strada alle slitte con i loro cani e spiegarono agli statunitensi le proprie tecniche per sopravvivere alla lunga notte polare.

UIG / ALBUM

L’esploratore dai baffi folti Robert Edwin Peary (1856-1920) era un uomo alto e corpulento, «dai baffi folti», secondo la sua stessa definizione, ed era anche un «nuotatore infaticabile e un cavallerizzo provetto». Di carattere ostinato, in un’occasione dichiarò: «Non voglio morire senza che il mio nome sia conosciuto al di fuori di un ristretto circolo di amici». GRANGER / ALBUM

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 122

6/7/18 11:54


UIG / ALBUM

«Il Polo Nord, finalmente!» Il 6 aprile 1909 Peary raggiunse il traguardo con altri cinque uomini. Solo lui sapeva calcolare la latitudine e molti ricercatori dubitano delle sue misurazioni. La velocità con cui la spedizione percorse il tragitto di ritorno getta ulteriori ombre sull’impresa.

HULTON ARCHIVE / GETTY IMAGES

Il percorso Peary puntò sulla rotta americana: risalì in nave il canale di Smith e il successivo canale di Nares, e quindi dal nord di Ellesmere continuò in slitta. L’inizio fu difficile, ma le condizioni meteorologiche erano favorevoli, e il ghiaccio piatto e omogeneo.

SNG114_108-123_POLO_NORTE_m_e_m_e_m_e.indd 123

6/7/18 11:55


GRANDI ENIGMI

LA MORTE dei granduchi

di Toscana al termine del banchetto nella loro residenza di caccia, rievocata dal pittore Amos Cassioli nel 1872.

Morti sospette presso la corte dei Medici All’indomani dell’improvviso decesso dei granduchi di Toscana nel 1587 iniziarono a circolare voci su un loro possibile avvelenamento salute, Francesco era considerato dai suoi contemporanei una persona dal carattere cupo. I fiorentini attribuivano questa caratteristica alla sua lunga permanenza presso la corte spagnola, dov’era cresciuto sotto l’ala di Carlo V e di suo figlio Filippo II, che avevano appoggiato l’ascesa al trono di questo ramo dei Medici. Francesco aveva stretto anche dei legami familiari con gli Asburgo sposando in prime nozze l’arciduchessa Giovanna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando I e cugina di primo grado del re di Spagna. Dopo 13 anni di matrimonio infelice, Giovanna morì nell’aprile del 1578, mentre

era incinta, in seguito a una caduta sulla scalinata della basilica della Santissima Annunziata di Firenze. Già da tempo il granduca non esitava a farsi vedere in pubblico accanto al suo vero amore, Bianca Cappello, nobildonna veneziana invisa ai fiorentini, che l’accusavano di essere una strega.

Una giornata di caccia Bianca riuscì ben presto a raggiungere il suo obiettivo: nel 1579, qualche anno dopo la morte del primo marito in una rissa di strada, diventò la seconda moglie di Francesco de’ Medici. Grazie alla sua ascesa inarrestabile anche i veneziani – che un tempo le rimproveravano la

IL CARDINALE FERDINANDO ALLA MORTE di Francesco I gli succedette al trono

suo fratello Ferdinando. Nato nel 1549, fu ordinato cardinale a 14 anni e fino al suo ritorno a Firenze, quando aveva 38 anni, si occupò degli affari di famiglia a Roma, dove fu un assiduo acquirente di opere d’arte e costruì villa Medici. FERDINANDO I. MONETA DEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI FIRENZE. SCALA, FIRENZE

AKG / ALBUM

F

iglio e successore del granduca di Toscana Cosimo I e della spagnola Eleonora di Toledo, Francesco I de’ Medici non ereditò le ambizioni politiche e il genio strategico del padre, né le abilità finanziarie e l’eleganza della madre. Fin dalla sua ascesa al trono nel 1574, il nuovo granduca aveva dimostrato di preferire la tranquillità di una corte lontana dal governo, che aveva lasciato nelle mani dei funzionari per dedicarsi alle sue grandi passioni: lo studio dell’arte e gli esperimenti con formule alchemiche e veleni, di cui era un grande conoscitore. Introverso e cagionevole di

“condotta immorale”, ovvero il fatto che fosse scappata di casa proprio con il suo primo marito – iniziarono a vederla di buon occhio: il governo del doge la considerava una preziosa alleata per interferire nelle vicende toscane. Nel 1587 tutto sembrava andare per il meglio a Bianca: persino uno dei suoi principali detrattori – il cardinale Ferdinando de’ Medici, fratello del granduca – sembrava aver finalmente dato la

124 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_124-127_GE_VENENO_MEDICI_m_e_m_e_m_e.indd 124

5/7/18 14:47


BANCHETTI OPULENTI

normalmente finché, ormai al dolce, Francesco si sentì male e decise di ritirarsi nelle sue stanze. Poco dopo sua moglie venne colta da un malessere analogo. Fu l’inizio di una lenta agonia. Nei dieci giorni successivi i due coniugi furono vittime di un susseguirsi di febbri acute, vomito e diarrea, e le loro condizioni non cessarono di peggiorare. Riportano le cronache che le grida di dolore dei granduchi risuonavano per tutto il palazzo.

VASO IN CONCHIGLIA DI NAUTILUS DECORATO CON PIETRE PREZIOSE. COLLEZIONE DI FRANCESCO I. TESORO DEI GRANDUCHI, FIRENZE.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_124-127_GE_VENENO_MEDICI_m_e_m_e_m_e.indd 125

E. LESSING / ALBUM

sua approvazione all’odiata cognata. Per celebrare la ritrovata intesa familiare venne organizzata una battuta di caccia a Poggio a Caiano, nella campagna toscana, che si sarebbe conclusa con un sontuoso banchetto. La villa di Poggio a Caiano era una delle residenze preferite dei duchi di Firenze. Fu lì che l’8 ottobre 1587 si svolse quella che sembrava una delle tranquille giornate venatorie tanto amate da Francesco. La cena con gli ospiti trascorse

LE TAVOLE dei banchetti aristocratici rinascimentali erano agghindate con tovaglie di tessuti pregiati e stoviglie finissime. Durante le feste il numero dei piatti era impressionante. Ad esempio nel 1529, durante le nozze di Ercole d’Este e Renata di Francia vennero servite quasi ottanta portate. Carni di ogni sorta e pesci grassi come il luccio venivano cosparsi di spezie e salse agrodolci, mentre i dessert erano ricchi di zucchero o marzapane.

125

5/7/18 14:47


GRANDI ENIGMI

LA VILLA della famiglia Medici

BRIDGEMAN / ACI

a Poggio a Caiano, in una tempera del 1599 circa. Villa La Petraia, Firenze.

Tra il 19 e il 20 ottobre Francesco e Bianca morirono a poche ore di distanza l’uno dall’altra. In assenza di un erede diretto, la corona di Toscana passò al fratello del defunto, il cardinale

Ferdinando. Questi rinunciò rapidamente al suo status ecclesiastico e si insediò al governo del granducato, rivelandosi ben presto uno dei più abili dirigenti della dinastia medicea. Ferdinando voleva dissipare ogni dubbio in merito a una sua presunta responsabilità nella morte del fratello e della cognata, per cui ordinò un’autopsia

sui loro corpi. La conclusione dei dottori fu che Bianca e Francesco erano morti di malaria, una malattia perfettamente compatibile con i sintomi manifestati. Nonostante i risultati dell’esame autoptico, sulla morte dei duchi continuò ad aleggiare il sospetto di un avvelenamento. Fino al 2006, quando sono state pubblica-

Uno studio del 2006, oggi rimesso in discussione, ipotizzava che i coniugi fossero stati avvelenati CRONACA DEI FESTEGGIAMENTI PER LE NOZZE DI FRANCESCO DE’ MEDICI E BIANCA CAPPELLO.

te sul British Medical Journal le conclusioni di un’analisi tossicologica effettuata sulle spoglie dei due coniugi. Dopo l’autopsia effettuata all’epoca dai dottori di Ferdinando, le viscere di Francesco de’ Medici e Bianca Cappello furono sepolte separatamente dai loro corpi nella chiesa di Santa Maria a Bonistallo, nei pressi di Poggio a Caiano. Nel 2004, all’interno di un sacello pavimentale sono stati trovati dei vasi con resti organici che sono stati analizzati dai tossicologi Francesco Mari, Elisabetta Bertol e Aldo Polettini, e

CULTURAL ARCHIVE / ALAMY / ACI

126 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_124-127_GE_VENENO_MEDICI_m_e_m_e_m_e.indd 126

5/7/18 14:47


Omicidi alla corte dei Medici NELLE GRANDI FAMIGLIE ITALIANE del Rinascimento la morte violenta era un metodo comune per risolvere le

DA SINISTRA A DESTRA: AKG / ALBUM. FINE ART IMAGES / ALBUM. DEA / SCALA, FIRENZE

controversie, e i Medici non fecero eccezione. Pochi anni prima della sospetta morte di Francesco I, il suo erede era morto improvvisamente all’età di cinque anni e due donne della famiglia erano state uccise.

Isabella de’ Medici. Sorella di Francesco, fu strangolata dal coniuge Paolo Giordano Orsini il 16 luglio 1576.

dalla storica Donatella Lippi, tutti professori dell’Università di Firenze.Gli esami hanno rivelato che si trattava dei resti del fegato di una donna e di un uomo contenenti dosi significative di arsenico. Un confronto tra i campioni del materiale organico maschile e il DNA dei resti ossei di Francesco I (sepolto nelle cappelle Medicee a Firenze) ha permesso di concludere che appartenevano alla stessa persona. Dunque il granduca appassionato di alchimia e veleni era stato intossicato dal suo assassino al termine di quella giornata all’insegna

Leonora di Toledo. Fu strangolata dal marito Pietro de’ Medici, fratello minore del granduca Francesco, il 9 luglio 1576.

della caccia e della riconciliazione familiare. L’enigma sembrava finalmente risolto.

Dibattito aperto Non ci è voluto molto perché i risultati dell’équipe di Mari fossero rimessi in discussione. Gino Fornaciari, del Progetto Medici, ha spiegato la concentrazione dell’arsenico come conseguenza delle tecniche di conservazione delle viscere in uso all’epoca. Il professore ha criticato anche la metodologia con cui i tossicologi hanno prelevato i campioni di DNA di Francesco I, ritenendo che non siano stati presi in conside-

Filippo de’ Medici. Figlio ed erede di Francesco I. La sua morte, avvenuta nel 1582, fu attribuita ai malefici della “strega” Bianca Cappello.

razione fattori importanti, come la possibile contaminazione del DNA del granduca dovuta alle manipolazioni degli antropologi che ne studiarono il cadavere negli anni cinquanta. Infine, le analisi dei resti di Francesco effettuate presso le università di Pisa e Torino nel 2009 hanno rilevato la presenza di proteine di plasmodium falciparum, uno dei parassiti responsabili della malaria negli esseri umani. Ciò confermerebbe le spiegazioni fornite all’epoca dai dottori di Ferdinando. Tuttavia, ulteriori sviluppi potrebbero emergere da un

eventuale ritrovamento del corpo di Bianca, il cui luogo di sepoltura fu mantenuto segreto per volontà di Ferdinando I. Il luogo è tutt’ora sconosciuto, anche se si ipotizza che possa essere una misteriosa tomba all’interno della basilica fiorentina di San Lorenzo. Se identificati, i suoi resti potrebbero porre fine al mistero. —Xosé A. Neira Cruz Per saperne di più Il granduca innamorato Stefano Corazzini. Nardini Editore, Firenze, 2017. Bianca Cappello e Francesco I de’ Medici Costanza Riva. Pontecorboli Editore, Firenze, 2018.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_124-127_GE_VENENO_MEDICI_m_e_m_e_m_e.indd 127

127

5/7/18 14:47


L I B R I E M O S T R E A CURA DI MATTEO DALENA MEDIOEVO ITALIANO

Il crack della finanza fiorentina

I

Lorenzo Tanzini

1345. LA BANCAROTTA DI FIRENZE Salerno Editrice, 2018; 172 pp.; 14 ¤

l 1345 fu un anno terribile per la finanza italiana. Bancarotte e rovesci di mercato sconvolsero la piazza di Firenze suscitando panico e sfiducia. Tutto ebbe inizio con la decisione del re d’Inghilterra Edoardo III di non rimborsare i prestiti contratti con le famiglie di banchieri Bardi e Peruzzi, che ammontavano a quasi un milione e mezzo di fiorini. Per di più il sovrano fece ricadere sui banchieri l’accusa d’inadempienza verso

la corona. È da questo episodio che, secondo lo storico Lorenzo Tanzini, derivarono una serie di conseguenze che incrinarono il sistema delle compagnie bancarie fiorentine. I più importanti operatori commerciali e finanziari dell’Europa del tempo si dimostrarono incapaci di restituire i depositi dei clienti che li chiamavano in causa davanti ai giudici. Per alcuni cronisti la successione dei fallimenti fu l’effetto della cupidigia di quei fiorentini che pen-

savano di trarre guadagno dalla finanza trafficando con principi e signori, mentre la comunità cittadina era in mano agli usurai. “L’anno terribile” di Firenze è descritto da Tanzini attraverso le memorie di cronisti che riportano la spasmodica ricerca di provvedimenti d’emergenza per rassicurare i creditori senza annientare l’imprenditoria cittadina. La nascita di un sistema di debito pubblico, il cosiddetto “Monte”, diventò la chiave per il finanziamento della repubblica e per l’uscita dalla crisi. Furono allora nuove famiglie di imprenditori-banchieri, come gli Alberti, gli Albizzi, gli Strozzi e i Medici a imporsi sulla scena cittadina, in un clima di rinnovata fiducia.

BIOGRAFIA

Ritanna Armeni

UNA DONNA PUÒ TUTTO Ponte alle Grazie, 2018; 240 pp.; 15 ¤ COLPIVANO di notte, all’im-

provviso. Seminavano il panico tra le linee tedesche e riprendevano quota, inafferrabili per i cacciabombardieri della Luftwaffe. Erano le Nachthexen (per i tedeschi “streghe della notte”), aviatrici sovietiche del 588°

Reggimento Bombardamento Notturno, composto da sole donne. Parteciparono alla Seconda guerra mondiale dopo la rottura del patto Molotov-Ribbentrop. Addestrate da Marina Raskova, asso dell’aviazione sovietica, al motto di «una donna può tutto», volarono con i monomotori biposto Polikarpov in missioni di bombardamento e disturbo dal 1941 fino alla fine della guerra. Incrociando i documenti ai ricordi dell’ultima “strega” Irina Rakobolskaja, la giornalista Ritanna Armeni restituisce la prospettiva femminile alla guerra di Stalin attraverso le storie di donne che, a detta dell’autrice, «non avevano subito la storia ma ne avevano fatto un’occasione di emancipazione».

L’UBRIACHEZZA DAL VECCHIO AL NUOVO MONDO GIUNTI CON LE NAVI EUROPEE, vino e distillati scon-

volsero le abitudini delle società precolombiane. L’America del nord non conosceva l’alcol, mentre a sud i fermentati avevano soprattutto valenza religiosa: ubriacarsi era consentito, ma solo in certe occasioni. Letale come un’arma, il whisky rese più facile il massacro nella valle del torrente Wounded Knee, avvenuto il 29 dicembre 1890, con l’uccisione di 153 indiani lakota-minnecoju da parte dell’esercito statunitense. «Se le abitudini alcoliche degli europei non avessero attraversato l’oceano, oggi vivremmo in un mondo differente»: è la tesi dello storico Claudio Ferlan, che indaga significati e luoghi dell’ubriachezza. Claudio Ferlan

SBORNIE SACRE, SBORNIE PROFANE il Mulino, 2018; 169 pp.; 15 ¤

128 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_128-129_LIBRI_E_MOSTRE_m_e_m_e.indd 128

5/7/18 14:49


ARTE ORIENTALE

ORIENTI. 7000 ANNI DI ARTE ASIATICA DAL MUSEO DELLE CIVILTÀ DI ROMA “MAO” Museo d’Arte Orientale di Torino Fino al 26 agosto 2018 PER MEZZO SECOLO il Museo

ARTE MODERNA

Tintoretto compie 500 anni

A

rtista stravagante, capriccioso, risoluto. Nelle Vite di Giorgio Vasari, Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1519-1594) è riconosciuto come «il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura». Legato alla città di Venezia, Tintoretto introdusse nella pittura veneta gesti grandiosi, corpi muscolosi e tagli prospettici tali da ritagliargli un posto tra i giganti della pittura europea del XVI secolo. Per celebrare i 500

anni dalla sua nascita, la Fondazione Musei Civici di Venezia e la National Gallery of Art di Washington hanno avviato un progetto finalizzato a un evento espositivo a Venezia. L’appartamento del Doge di Palazzo Ducale ospiterà una settantina di dipinti dell’artista veneziano e un raro nucleo di disegni a illustrarne il percorso, dalla precoce affermazione giovanile fino alla vitalità creativa della maturità. Si attendono prestiti dalle

principali collezioni pubbliche e private del mondo. Inoltre, grazie al sostegno di Save Venice Inc., verrà eseguito l’esame scientifico e il restauro di numerose tele del Museo Correr, dell’Anticollegio, dell’Atrio quadrato e della Sala degli Inquisitori di Palazzo Ducale. TINTORETTO 1519 - 2019 Palazzo Ducale, Venezia Dal 7 Settembre 2018 al 6 gennaio 2019 palazzoducale.visitmuve.it

Nazionale d’Arte Orientale di Roma, confluito nel Nuovo Museo delle Civiltà, ha organizzato missioni archeologiche in Asia collezionando oltre 2.200 opere. Una selezione di 180 reperti, disseminati lungo settemila anni di storia a partire dalla fine del VI millennio a.C., è ora esposta al MAO di Torino. Si tratta di miniature e bronzi tibetani, statuine cinesi, dipinti giapponesi e altri reperti di arte sudarabica, regale degli achemenidi, di parti e sasanidi o islamica ghaznavide. TERMINALE in bronzo.

Iran centro-occidentale (Luristan). VII sec. a.C.

ARTE PREISTORICA

Il corpo all’alba della civiltà

Q DEA madre di Senorbì. Antica

età del bronzo. Polo museale della Sardegna, Cagliari.

uella di rappresentare sé stesso è un’esigenza da sempre presente nell’uomo. Ciò è avvenuto per mezzo di graffiti e pitture murali, ma anche mediante statuette in ossidiana, lapislazzuli, avorio. La mostra “IDOLI” (dal greco eídolon, immagine) è il primo tentativo di confronto tra oltre 100 opere raffiguranti

il corpo umano e provenienti dalla penisola iberica alla valle dell’Indo, dalle porte dell’Atlantico fino all’Estremo Oriente, dal 4000 al 2000 a.C. La cosiddetta “rivoluzione neolitica” è portatrice di idee e forme espressive che si traducono dapprima in figure femminili e poi, con l’affermarsi di società più strutturate, in rappresenta-

zioni maschili che sono dei, sovrani, eroi. Tra i reperti spiccano le “Dee Madri”, raffigurazioni femminili simboleggianti il potere della terra e della maternità. IDOLI Palazzo Loredan, Venezia Dal 15 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 fondazioneligabue.it

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_128-129_LIBRI_E_MOSTRE_m_e_m_e.indd 129

129

5/7/18 14:49


Prossimo numero SISSI, IMPERATRICE INCOMPRESA TRASFORMATA dal

SYLVAIN GRANDADAM / AGE FOTOSTOCK

cinema nel simbolo della Vienna imperiale, Elisabetta d’Austria fu una persona complessa e tormentata, che non si adattò mai pienamente alle formalità della vita di corte e non fu compresa dai suoi contemporanei. Viaggiatrice instancabile, seppe cogliere con sguardo acuto i cambiamenti ai confini dell’impero, ma dovette sopportare continui dolori familiari, che culminarono con la morte del figlio.

JIROFT, MESOPOTAMIAD’IRAN

AKG / A

LBUM

APPARSA DOPO millenni di oblio nel 2001 in

una delle regioni più remote dell’altopiano iranico, la civiltà di Jiroft presenta originali reperti in pietre semipreziose finemente lavorati, un enigmatico sistema di scrittura e indubbi contatti con la lontana Mesopotamia. Per alcuni si tratterebbe della leggendaria Aratta; per altri, del regno di Marhashi. Quello che è indubbio è che la scoperta è straordinaria.

Le mastabe dell’Antico regno Prima dell’avvento delle piramidi, i faraoni e gli alti dignitari egizi si facevano seppellire nelle mastabe, grandi tombe su cui sorgevano enormi strutture di pietra.

Il mondo visto dai greci Nel VI secolo a.C. i filosofi presocratici della Ionia avanzarono l’ipotesi che la terra potesse essere un cilindro o una sfera.

Augusto, l’imperatore dio Anche se a Roma non fu mai divinizzato in vita, già prima di morire Augusto era oggetto di un culto ufficiale nelle province dell’impero, dove era considerato un dio.

La fine di Napoleone Dopo mesi di confino sull’isola d’Elba, Napoleone rientrò a sorpresa in Francia nella speranza di far rivivere il suo impero. Ma il suo sogno si spense dopo 100 giorni.

130 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

SNG114_130_PROSS_NUM_m_e.indd 130

5/7/18 14:51


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.