Storica National Geographic - marzo 2019

Page 1

I TESORI DEL PASSATO VISTI IN D

90121

NASCITA DI UN’ERESIA

TRAFFICO DI MUMMIE

SCRITTURA IN MESOPOTAMIA

LA DECIFRAZIONE DEL CUNEIFORME

- esce il 22/02/2019 - poste italiane s.p.a spedizione in abbonamento postale d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n° 46) 1 comma 1 - lo/mi. germania 12 € - svizzera c. ticino 10,20 chf - svizzera 10,50 chf - belgio 9,50 €

SPECIALE

aut. mbpa/lo-no/063/a.p./2018 art.

I CATARI

772035 878008

I PIRATI DELL’ANTICHITÀ

9

periodicità mensile

COSÌ ERA IL MONDO ANTICO 3

N. 121 • MARZO 2019 • 4,95 E

10 º

ANNIVERSA

RIO

storicang.it

ORIENT EXPRESS

L’ARTE DI VIAGGIARE IN TRENO


23-24 marzo 2019 Piacenza Expo sabato ore 10-19 • domenica ore 10-18

tracce.com

mercato internazionale della rievocazione storica ARTIGIANATO GASTRONOMIA SPETTACOLI In contemporanea con

MOSTRA MERCATO DI COLLEZIONISMO MILITARE

www.armiebagagli.org


EDITORIALE

10

º

ANNIVERSARIO

storicang.it

ORIENT EXPRESS L’ARTE DI VIAGGIARE IN TRENO

I PIRATI DELL’ANTICHITÀ I CATARI

NASCITA DI UN’ERESIA

TRAFFICO DI MUMMIE SCRITTURA IN MESOPOTAMIA LA DECIFRAZIONE DEL CUNEIFORME SPECIALE

NUMERO 1

2009

COSÌ ERA IL MONDO ANTICO 3 I TESORI DEL PASSATO VISTI IN D

NUMERO 121

2019

dieci anni in edicola, dieci anni in redazione. Potremmo chiedere di più? Non tutti hanno la fortuna di godere di ciò che amano, anzi, con i tempi che corrono sembra che questo sia un vero e proprio privilegio. E noi ne godiamo per un’unica ragione: abbiamo avuto la fortuna che la nostra passione per la storia è anche la vostra. Quando abbiamo iniziato non immaginavamo dove ci avrebbe portato quest’avventura. Ora lo sappiamo. In dieci anni molte cose sono cambiate: la redazione, il tipo di carta che abbiamo usato, il prezzo in edicola e i temi trattati. Ma ci auguriamo che la qualità e il prestigio di Storica siano rimasti intatti. Grazie di averci permesso di entrare nelle vostre vite e di occuparne un piccolo spazio. Magari nei vostri salotti, o sul comodino in camera da letto, dove Storica riposa quando siamo troppo stanchi per continuare a leggere. O forse nel tragitto in metro o sull’autobus verso il lavoro, o di ritorno a casa. O la domenica mattina, quando il sole entra dalla finestra e l’aroma del caffè conquista l’aria. O in qualcuna delle meravigliose spiagge della nostra terra, con il mare come unico sfondo. Sapere di poter condividere con voi questi momenti preziosi nei quali, anche solo per un istante, dimentichiamo le preoccupazioni, gli obblighi e ci lasciamo portare da ciò che veramente ci appaga, è un lusso che anni fa non ci saremmo mai sognati. Che altro potremmo desiderare allora? Nient’altro, se non di ritrovarci e riconoscerci ancora tra dieci anni, in un’altra sera dopo il lavoro, o magari in qualche nuova mattina di sole. ELENA LEDDA Vicedirettrice editoriale


18

8

8 PERSONAGGI STRAORDINARI

Florence Nightingale

L’anticonformista Florence Nightingale non si piegò alle regole dell’epoca vittoriana e rivoluzionò il ruolo dell’assistenza infermieristica.

14 EVENTO STORICO La Donazione di Costantino

La vera storia del falso documento sul quale la Chiesa fondò per secoli le sue pretese temporali.

18 ANIMALI NELLA STORIA 14

La balena

Nei bestiari e nelle mappe medievali le balene erano raffigurate con enormi fauci con le quali inghiottivano le navi.

122 GRANDI SCOPERTE Le tanagrine

Alla fine del XIX secolo migliaia di terrecotte di epoca ellenistica invasero i musei e i mercati europei.

128 MOSTRE 4 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC


36 LA DECIFRAZIONE DEL CUNEIFORME cuneiforme noto è del 75 d.C. Dopodiché questa singolare scrittura, usata per tremila anni, finì nel dimenticatoio. Nel XVIII secolo s’iniziò l’impresa di decifrarla, e nel 1857 la Royal Asiatic Society di Londra annunciò che l’obiettivo era stato raggiunto, dopo che quattro studiosi erano riusciti a tradurre un’iscrizione reale assira ottenendo risultati molto simili tra loro.

L’ULTIMO TESTO

DI JAVIER PALACIOS

L’APADANA DI PERSEPOLI. SALA PER LE UDIENZE DEI SOVRANI ACHEMENIDI, GLI ULTIMI A UTILIZZARE LA SCRITTURA CUNEIFORME.

50 Pirati, il grande flagello del Mediterraneo Pur essendo una pratica antichissima, fu in epoca greca e latina che la pirateria assunse proporzioni tali da indurre i romani a lanciare una vasta offensiva contro il banditismo marittimo. DI MARK WOOLMER

64 Così era il mondo antico Storica National Geographic festeggia il suo decimo anniversario con una galleria di monumenti dell’antichità ricreati in 3D. Il Partenone, il tempio di Bayon ad Angkor o il foro romano si ergono nuovamente nella loro veste originaria. A CURA DELLA REDAZIONE

88 Catari, la nascita di un’eresia Intorno al 1160, nel sud della Francia nacquero gruppi di “uomini buoni” e “donne buone” che decisero di vivere in sintonia con gli autentici insegnamenti del Vangelo e ai margini della Chiesa ufficiale. DI PILAR JIMÉNEZ SÁNCHEZ

102 Orient Express, l’arte di viaggiare in treno Dal 1883 Parigi e Istanbul vennero unite da un treno leggendario. Durante la Belle Époque, i suoi lussuosi vagoni fecero da sfondo a serate eleganti, amori clandestini e ogni sorta d’intrigo diplomatico. DI MARÍA PILAR QUERALT DEL HIERRO

20 Mummie,

oscuro oggetto di desiderio

Le mummie egizie hanno sempre suscitato un fascino particolare. A lungo considerate medicamentose, a partire dal settecento iniziarono a suscitare la curiosità morbosa degli europei. In seguito divennero oggetto di studio. DI JOSÉ M. PARRA RITUALE DELL’APERTURA DELLA BOCCA. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE, FIRENZE.


10

Licenciataria de NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY, NATIONAL GEOGRAPHIC TELEVISION

º

ANNIVERSARIO

storicang.it

ORIENT EXPRESS L’ARTE DI VIAGGIARE IN TRENO

I PIRATI DELL’ANTICHITÀ

Pubblicazione periodica mensile - Anno XI - n. 121

NASCITA DI UN’ERESIA

TRAFFICO DI MUMMIE SCRITTURA IN MESOPOTAMIA LA DECIFRAZIONE DEL CUNEIFORME SPECIALE

COSÌ ERA IL MONDO ANTICO 3 I TESORI DEL PASSATO VISTI IN D

RICOSTRUZIONE IN 3D DEL MEGARON, UN COMPLESSO FORMATO, TRA LE ALTRE STANZE, DALLA SALA DEL TRONO. MICENE. ILLUSTRAZIONE 3D: RISE STUDIO

www.storicang.it E-mail: storica@storicang.it Esce il 20 di ogni mese

Segui Storica su Facebook. News ed eventi quotidiani anche su social network: www.facebook.com/storicang

PRESIDENTE

RICARDO RODRIGO

I CATARI

Editore: RBA ITALIA SRL via Gustavo Fara, 35 20124 Milano

Direttore generale: ANDREA FERDEGHINI

CONSEJERO DELEGADO

ENRIQUE IGLESIAS DIRECTORAS GENERALES

ANA RODRIGO, MARI CARMEN CORONAS

Vicedirettrice editoriale: ELENA LEDDA Grafica: MIREIA TREPAT Coordinatrice: ANNA FRANCHINI Collaboratori: LUIGI COJAZZI; MATTEO DALENA;

DIRECTOR GENERAL PLANIFICACIÓN Y CONTROL

ALESSANDRA PAGANO; ANNALISA PALUMBO; AMARANTA SBARDELLA; MARTINA TOMMASI

DIRECTORA CREATIVA

Consulenti: VÍCTOR LLORET BLACKBURN (Consulente editoriale) MÒNICA ARTIGAS (Coordinamento editoriale) JOSEP MARIA CASALS (Direttore, rivista Historia) IÑAKI DE LA FUENTE (Direttore artistico, Historia)

IGNACIO LÓPEZ DIRECTORA EDITORIAL INTERNACIONAL

AUREA DÍAZ DIRECTORA MARKETING

BERTA CASTELLET JORDINA SALVANY DIRECTOR DE CIRCULACIÓN

JOSÉ ORTEGA DIRECTOR DE PRODUCCIÓN

RICARD ARGILÉS Difusión controlada por

Redazione e amministrazione: RBA ITALIA SRL via Gustavo Fara, 35 20124 Milano tel. 0200696352 e-mail: storica@storicang.it

Stampatore: N.I.I.A.G. S.p.A. - Arti Group Via Zanica, 92 24126 Bergamo

Distribuzione: PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA & MULTIMEDIA via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI)

Pubblicità: Rita Cusani tel. 3358437534 e-mail: cusanimedia@gmail.com Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 31 del 22/01/2009 ISSN: 2035-8784 ©2009-2018 RBA ITALIA SRL Direttore responsabile: SIMONE BEDETTI

Servizio abbonamenti: Volete sottoscrivere un abbonamento a Storica? Oppure dovete segnalare un eventuale disservizio? Chiamate il numero 02 7542 9001 per tutta Italia. Il servizio è attivo da lunedì a venerdì, dalle 9.00 alle 19.00. Altrimenti inviate un fax al numero 030 7772387. Oppure inviate una mail ad abbonamenti@ mondadori.it, o scrivete a Ufficio Abbonamenti c/o CMP Brescia, 25126 Brescia.

Servizio arretrati: Avete perso un numero di Storica o un numero di Speciale di Storica? Ecco come richiederlo. Chiamate il numero 02 86896172 Altrimenti inviate una mail a collez@mondadori.it. Oppure un fax al numero 045.8884378. O scrivete a Press-di Servizio Collezionisti casella postale 1879, 20101 Milano.

NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY “Suscitando interesse per l’esplorazione e la protezione del pianeta” National Geographic Society è un’istituzione scientifica ed educativa senza fini di lucro fondata a Washington nel 1888 e impegnata nell’esplorazione e nella salvaguardia del pianeta.

GARY E. KNELL President and CEO BOARD OF TRUSTEES

JEAN N. CASE Chairman, TRACY R. WOLSTENCROFT Vice Chairman, WANDA M. AUSTIN, BRENDAN P. BECHTEL, MICHAEL R. BONSIGNORE, ALEXANDRA GROSVENOR ELLER, WILLIAM R. HARVEY, GARY E. KNELL, JANE LUBCHENKO, MARC C. MOORE, GEORGE MUÑOZ, NANCY E. PFUND, PETER H. RAVEN, EDWARD P. ROSKI, JR., FREDERICK J. RYAN, TED WAITT, ANTHONY A. WILLIAMS RESEARCH AND EXPLORATION COMMITTEE

PETER H. RAVEN Chairman PAUL A. BAKER, KAMALJIT S. BAWA, COLIN A. CHAPMAN, JANET FRANKLIN, CAROL P. HARDEN, KIRK JOHNSON, JONATHAN B. LOSOS, JOHN O’LOUGHLIN, STEVE PALUMBI, NAOMI E. PIERCE, JEREMY A. SABLOFF, MONICA L. SMITH, THOMAS B. SMITH, CHRISTOPHER P. THORNTON, WIRT H. WILLS NATIONAL GEOGRAPHIC PARTNERS DECLAN MOORE CEO SENIOR MANAGEMENT

SUSAN GOLDBERG Editorial Director, CLAUDIA MALLEY Chief Financial Officer, MARCELA MARTIN Chief Marketing and Brand Officer, COURTENEY MONROE Global Networks CEO, LAURA NICHOLS Chief Communications Officer, WARD PLATT Chief Operating Officer, JEFF SCHNEIDER Legal and Business Affairs, JONATHAN YOUNG Chief Technology Officer, BOARD OF DIRECTORS

GARY E. KNELL Chairman JEAN A. CASE, RANDY FREER, KEVIN J. MARONI, JAMES MURDOCH, LACHLAN MURDOCH, PETER RICE, FREDERICK J. RYAN, JR. INTERNATIONAL PUBLISHING

YULIA PETROSSIAN BOYLE Senior Vice President, ROSS GOLDBERG Vice President of Strategic Development, ARIEL DEIACO-LOHR, KELLY HOOVER, DIANA JAKSIC, JENNIFER JONES, JENNIFER LIU, LEIGH MITNICK, ROSANNA STELLA

6 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC


FESTEGGIA CON NOI

PER TE -40%

10 ANNI

CON STORICA 2009-2019

ABBONATI SUBITO A STORICA Solo euro 35,50* anziché 59,40 5 MESI DI LETTURA GRATIS www.abbonamenti.it/storica40  02.75429001 abbonamenti@mondadori.it Servizio telefonico attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00 *Più 4,90 euro per spese di spedizione. L’informativa sulla privacy è consultabile su www.rbaitalia.it - Offerta valida fino al 15/04/2019. Lo sconto è computato sul prezzo di copertina al lordo di offerte promozionali edicola. La presente offerta, in conformità con l’art. 45 e ss. del codice del consumo, è formulata da R.B.A. ITALIA S.r.l. Puoi recedere entro 14 giorni dalla ricezione del primo numero. Per maggiori informazioni visita www.abbonamenti.it/cga


PERSONAGGI STRAORDINARI

Florence Nightingale, la madre delle cure moderne Una delle più grandi donne della storia britannica, l’anticonformista Florence Nightingale non si piegò alle regole dell’epoca vittoriana e rivoluzionò il ruolo dell’assistenza infermieristica

Una donna tra i malati e la guerra 1820 Florence nasce a Villa Colombaia, vicino a Firenze, il 12 maggio (oggi giornata internazionale dell’infermiere).

1847 William Nightingale, l’unico che, almeno in parte, sostiene la figlia, le finanzia un viaggio in Italia, Egitto, Grecia e Germania.

1854 Il 21 ottobre Florence lascia Londra alla volta di Scutari, sul Bosforo. È accompagnata da un gruppo di 38 volontarie.

1883 Nightingale è insignita della Royal Red Cross. Seguiranno altri riconoscimenti pubblici e onorificenze.

1910 Muore il 13 agosto. Presso il St. Thomas’ Hospital verrà poi fondato il Florence Nightingale Museum.

U

na luce fioca vacilla nelle tenebre della sala ospedaliera. È una lanterna turca, che una giovane donna sulla trentina, dai capelli castani e gli occhi verdi, tiene davanti a sé per visitare i malati. La luce si abbassa, la ragazza si china vicino a un uomo moribondo, gli carezza la fronte e gli rivolge le ultime, confortanti parole. A notte fonda i feriti attendono il suo passaggio, la chiamano: vogliono che li rassicuri, li assista, gli mostri un volto umano e compassionevole nell’immane tragedia della Guerra di Crimea (1853-1856). Nasce così la leggenda di una figura complessa quanto formidabile: Florence Nightingale che, con la sua tenacia, non si piegò alle regole della rigida epoca vittoriana per fondare le basi dell’assistenza infermieristica moderna. Donna anticonvenzionale, decisa, accogliente eppure schiva, Nightingale rifiutò la fama per continuare a svolgere la propria attività innovatrice. Florence Nightingale nacque a Firenze il 12 maggio 1820. Il padre, William Edward,

era un ricco borghese; la madre, Frances Smith, una donna benestante della migliore società britannica. I genitori le diedero il nome della città in cui era venuta alla luce, così come avevano battezzato la primogenita Parthenope, perché partorita l’anno precedente a Napoli. Quando le figlie erano ancora bambine, i Nightingale fecero ritorno in Inghilterra, prima nella lussuosa magione conosciuta come Lea Hurst, nel Derbyshire, poi a Embley Park, nell’Hampshire. Furono William Nightingale e la moglie a impartire alle piccole lezioni di greco, latino, geografia, matematica, ma anche di cucito e ricamo, in modo tale che potessero divenire delle brave mogli. Tale era l’unico destino delle ragazze di buona famiglia nel mondo vittoriano.

La scelta della vocazione Tuttavia Florence sembrava votata a una sorte diversa: a 17 anni soffrì di una depressione nervosa, che definì «la prima chiamata di Dio», e a 24 decise di dedicarsi alle cure del prossimo. Aveva capito qual era la sua vocazione, e la voleva seguire a ogni costo. La famiglia la ostacolò, ma lei andò avanti. Respinse quindi i numerosi corteggiatori, tra cui il colto ereditiere Richard Monckton

Florence era determinata a trasformare la reputazione delle infermiere FLORENCE E LA GUERRA DI CRIMEA. THE ILLUSTRATED TIMES, 2 FEBBRAIO 1856. MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

8 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC


LE DONNE NELLA SOCIETÀ VITTORIANA

GETTY IMAGES

IL REGNO di Vittoria (1837-1901) corrisponde a un periodo di grande progresso, ma anche di notevoli problematiche. La società inglese si dimostra ipocrita, snob, pudica – ancor oggi il termine “vittoriano” è sinonimo di severità e castigatezza – e, soprattutto, piena di contraddizioni. Se le donne delle classi popolari sono forzate a lavorare in ambienti moralmente e materialmente infimi, le altre devono rispondere a modelli di purezza e virtù angelicali, incarnati dalla stessa regina. Figure come Florence Nightingale e l’attivista Emily Davies compiranno i primi passi verso l’emancipazione femminile.

Milnes, che le sarebbe rimasto sempre vicino per poi diventare anche membro della Fondazione Nightingale. In una lettera all’amica Mary Clark Mohl, Florence scriveva: «Scoppio d’indignazione quando vedo certe madri o certe spose che danno prova di quell’egoismo feroce che viene chiamato “amore materno” o “amore coniugale”. No, bisogna che ognuno abbia il diritto di dire la propria verità». E la verità di Nightingale è una sola: assistere i malati con l’aiuto di Dio. Confesserà più avanti: «La mia mente è ossessionata dalla sofferenza umana, mi assale da ogni lato».

La famiglia, e in particolare la madre e la sorella, tentò in ogni modo di osteggiare i suoi progetti, ma la giovane donna non demorse. Con un pretesto studiò a Kaiserwerth, nell’istituto tedesco di diacone dedicato al sostegno dei malati. Al ritorno in Inghilterra, vegliò su Parthenope, affetta da febbre reumatoide e disposta a tutto pur di non separarsi dalla sorella. Nel 1852 fu finalmente chiamata a dirigere una clinica privata al numero 1 di Upper Harley Street, a Londra. Era determinata nel voler trasformare la reputazione delle infermiere: fino a poco prima si dedicavano

LA SIGNORA DELLA LAMPADA LONDON STEREOSCOPIC COMPANY.

a tale mansione solo le donne povere ed emarginate che, tra la sporcizia degli ospedali, le sofferenze dei malati e le pessime condizioni di lavoro, finivano per darsi all’alcolismo. Florence cercò di nobilitare il mestiere e intuì che alla sua base vi erano due aspetti sostanziali: la preparazione e l’igiene. Non solo: ritenne che l’assistenza ai malati potesse divenire prerogativa di ogni classe sociale e che dovesse essere tenuta in giusta considerazione pure in una società austera ed elitaria quale quella vittoriana. Fu con lo scoppio della Guerra di Crimea, STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

9


PERSONAGGI STRAORDINARI

REPARTO OSPEDALIERO A SCUTARI

BRIDGEMAN / ACI

Joseph-Austin Benwell. 1856 circa, Greater London Council, Londra.

nella quale gli inglesi combatterono al fianco dei francesi contro i russi, che ebbe occasione di dimostrare quanto fossero valide le sue idee. Il ministro della guerra, Sidney Herbert, che Nightingale aveva conosciuto durante un soggiorno romano, le chiese di partire.

le forze erano allo stremo e tra le truppe si era diffusa un’epidemia di colera. All’inizio il rapporto con i medici non fu dei più semplici, perché questi si rifiutavano di riconoscere l’autorità di un’infermiera, per di più donna. Eppure pian piano Florence riuscì a imporsi e, soprattutto, a imporre le proprie reUn’infermiera in guerra gole: fece arieggiare e pulire a fondo le Il 4 novembre 1854 sbarcò a Scutari, sale di degenza, ordinò alle colleghe di oggi un quartiere di Istanbul, assieme lavare i pazienti e cambiare le lenzuola, a 38 colleghe, cattoliche e protestanti. predispose una lavanderia e incaricò un La guerra era cominciata già da un anno, cuoco francese, Alexis Soyer, di prepa-

IL GIURAMENTO «PROMETTO DAVANTI A DIO […] di vivere degnamente e di esercitare fedelmente la mia professione». Inizia così il documento redatto nel 1893 da un comitato dell’ospedale Harper di Detroit e noto come “il giuramento di Florence Nightingale”. Il 12 maggio del 2009 si è deciso di sostituirlo in Italia con un nuovo giuramento, laico e moderno.

10 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

rare pasti sani per i malati. Oggi queste possono sembrare delle ovvie norme d’igiene e di assistenza, ma allora gli ospedali da campo erano un caos di urla, sangue e sporcizia. Florence chiese inoltre di separare con una tendina i letti dove si eseguivano le operazioni al fine di evitare traumi psicologici e rispettare l’intimità dei pazienti. Raccolse, infine, dati statistici e osservazioni, che sarebbero confluiti in un testo di fondamentale importanza, Notes on Nursing (1859, Cenni sull’assistenza degli ammalati). Di lì a poco sarebbe divenuta una celebrità: a Londra i giornali iniziarono a parlare di lei come di un’eroina e la folla si appassionò alla sua dedizione. Nightingale contrasse persino la cosiddetta febbre di Crimea, eppure nulla sembrava fermarla. Continuò ad assistere i malati: di giorno vegliava sulla loro guarigione, di notte passava al loro capezzale per confortarli o


NEGLI ULTIMI ANNI l’intervento di Nightingale in Crimea è stato criticato da alcuni autori, tra cui Terry Brighton e Jane Robinson. Secondo Terry Brighton, le cure di Florence non portarono affatto a una diminuzione del tasso di mortalità: pure se puliti, i soldati morivano lo stesso. Acquisisce invece prestigio la figura di un’altra infermiera, Mary Jane Seacole, imprenditrice di origini scotto-giamaicane, che provò a partire nel gruppo di Nightingale ma fu respinta (per il colore della pelle, secondo la stessa Seacole). Mary s’imbarcò ugualmente per Scutari e curò i malati all’interno del British Hotel. La rivalità tra i sostenitori di Nightingale e di Seacole continua ancora oggi.

scrivere lettere ai parenti. Al ritorno in Inghilterra, l’accoglienza fu trionfale. Sebbene Florence si rifiutasse di mettersi in mostra – «per essere una degna serva di Dio, la prima tentazione da vincere è il desiderio di brillare in società», affermò –, il popolo e i reali l’acclamavano. Le venne dedicata persino una statua di cera presso il museo di Madame Tussaud. Florence si ammalò di brucellosi e non si riprese mai del tutto. La salute precaria non le impedì di occuparsi del St. Thomas’Hospital dal 1859 e di fon-

MARY JANE SEACOLE. NATA NEL 1805 A KINGSTON, IN GIAMAICA, DA PADRE SCOZZESE E MADRE GIAMAICANA. FU DA QUEST’ULTIMA CHE MARY IMPARÒ A CURARE LE PERSONE.

MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

NIGHTINGALE VERSUS SEACOLE

darvi, nel 1860, la Nightingale Training School, oggi Florence Nightingale School of Nursing and Midwifery. Chiamò vicino a sé giovani donne della buona società e le formò. Contemporaneamente mantenne la corrispondenza con diversi capi di stato stranieri, che le scrivevano per ottenere suggerimenti e consigli. Grazie al suo lavoro, la regina Vittoria la decorò con la Royal Red Cross e, nel 1883 il fondatore della Croce Rossa, Henry Dunant, le rese omaggio affermando che era stata “miss Nightingale” a ispirarlo.

Il 20 agosto del 1910, presso la chiesa di St. Margaret’s, nell’East Wellow, una variegata folla accorse a salutare per l’ultima volta la donna che aveva convinto la società a ripensare un lavoro indispensabile. —Amaranta Sbardella Per saperne di più

TESTI E ROMANZI

Cenni sull’assistenza degli ammalati Florence Nightingale. C.G. Edizioni Medico Scientifiche, Torino, 2010. La signora della lampada Gilbert Sinoué. Neri Pozza, Vicenza, 2010.

RBA, editore di questa rivista, propone la nuova collana grandi donne: Da Maria Montessori a Indira Gandhi, da Frida Khalo a Rita Levi Montalcini, da Simone de Beauvoir a Audrey Hepburn, le storie delle donne che hanno segnato con la loro vita quella di tutti noi. In edicola dal 18 gennaio al prezzo lancio di 2,99 ¤.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

11


Armenia tra Miti e Leggende /

Monastero di Novarank

L’autrice del libro "Viaggio in Armenia attraverso miti e leggende" traccerà il percorso culturale del viaggio. Strada facendo, sulle stupende catene montuose del Caucaso, Anush Gasparyan presenterà con grande entusiasmo il peculiare panorama del silenzioso mondo armeno. Numerose le occasioni di incontro con la gente del luogo, allietate dal suono indimenticabile del duduk e dalle danze popolari. Non mancheranno gli interventi letterari e gli stupendi canti spirituali dell’epoca antica

Un percorso denso e sorprendente attraverso miti, leggende, poesie, canti e storie armene che comincerĂ dai "piedi" del monte Ararat ove secondo il Libro della GenesĂŹ si posò l’Arca di Noè. Un tempo terra pagana, l'Armenia è diventata il confine orientale del mondo cristiano. Un viaggio in cui si svelano le affinitĂ culturali degli armeni con l’Occidente, un'esperienza che rende piĂš vicino questo paese sconosciuto e misterioso.


29 GIUGNO MILANO/EREVAN

Ritrovo dei partecipanti a Malpensa, partenza per Erevan con volo con scalo e cambio di aeromobile. Arrivo in tarda serata a Erevan e trasferimento in hotel.

GEORGIA AKHTALA HAGHPAT

30 GIUGNO EREVAN

Incontro con la guida e visita dei principali monumenti di Erevan: Piazza della Repubblica, Piazza dell’Opera, Il Monumento “Cascade�. Visita della Fortezza di Erebuni, del Museo archeologico e del Museo di Storia dell’Armenia, che offrono una vasta panoramica sulla storia dell’Armenia.

SEVAN LCHASHEN

AZER

EREVAN

1 LUGLIO GARNI/GHEGARD Km 80

Giornata dedicata alla fortezza e al tempio di Garni, eretto nel 77 d.C. dal re armeno Tiridate I per volontà dell’imperatore Nerone. Dopo una sosta ai laboratori degli artigiani si visita l’unico monastero rupestre armeno, Ghegardavank. Qui si assisterà a un concerto di canti spirituali del IV sec.

2 LUGLIO KHOR VIRAP/ NORAVANK Km 280

Partenza verso il Sud dell’Armenia, le visite di oggi si svolgeranno in compagnia di un archeologo: il monastero di Khor Virap, dove San Gregorio l’Illuminatore fu tenuto prigioniero per lunghi anni, il sito archeologico della cittĂ di Dvin. A seguire il complesso monastico di Noravank del 13° secolo, patrimonio dell’UNESCO, dove saremo ospiti per il pranzo. Infine il cimitero ebraico. Pernottamento nella suggestiva valle di Yegheghis.

3 LUGLIO SELIM/NORADUZ/LTCHACHEN/SEVAN Km 170

ECHMIADZIN

GARNI

TURKEY

NORAVANK

COSA INCLUDE?

•Volo da Milano e tasse aeroportuali •Pernottamenti in hotel 4* •Pensione completa •Esperta guida locale parlante italiano •Visite con archeologo nei giorni 4 e 5 •Ingressi •Assicurazione medico bagaglio

Si percorre un tratto dell’antica Via della Seta, anche oggi in compagnia di un esperto archeologo del luogo. Si raggiunge il caravanserraglio di Selim e successivamente il villaggio di Noraduz, ricco di khatchka, le “croci di pietraâ€? tipiche dell’arte sacra armena. In seguito sosta alla necropoli di •Supplemento singola Euro 300 Ltchashen. Dopo il pranzo sul lago Sevan, visita dell’omonimo monastero. •Assicurazione facoltativa annullamento •Voli da altri aeroporti, quote su richiesta

COSA NON INCLUDE?

4 LUGLIO HAGHBAT/AKHTALA Km 270

Giornata dedicata ai monasteri medievali del Nord dell’Armenia, inclusi nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO: il monastero di Haghbat, nel medioevo famoso centro culturale e scientifico, e il monastero di Akhtala, celebre per i suoi affreschi bizantini. Rientro a Erevan.

5 LUGLIO AMBERD Km 70

Visita al Museo Matenadaran dove sono conservati piÚ di 17.000 manoscritti antichi. Partenza verso il monte di Aragatz, il monte piÚ alto dell’Armenia dove spicca la fortezza medievale di Amberd. Pranzo presso una famiglia armena e degustazione di vino in una cantina locale. Infine sosta al Parco delle Lettere armene.

6 LUGLIO

Km80

INFO E PRENOTAZIONI

dal tuo consulente viaggi di fiducia o su

tel 02 928 533 05

METSAMOR/ ETCHMIADZIN/TSITSERNAKABERD

Lungo la strada per raggiungere Etchmiadzin si effettua una sosta a Metsamor, qui nell’EtĂ del Bronzo sorgeva una cittadella fortificata con mura ciclopiche ed un osservatorio. La cattedrale di Etchmiadzin, edificata nel 330 d.C. è il centro spirituale dell’Armenia e sede patriarcale del catholicos, suprema autoritĂ della chiesa per tutti gli Armeni sparsi nel mondo. Trasferimento a Zvartnots e visita della maestosa cattedrale di San Gregorio. Infine si raggiunge Tsitsernakaberd, Il Memoriale-museo del Genocidio del 1915, edificato nel 1965, nel pomeriggio ci sarĂ tempo libero per lo shopping.

7 LUGLIO EREVAN /ITALIA

Trasferimento in aeroporto e volo per l’Italia, con scalo e cambio di aeromobile

Tempio di Zvartnots


La più grande truffa della storia La vera storia della Donazione di Costantino (Constitutum Constantini) il falso documento sul quale la Chiesa cattolica fondò per secoli le sue pretese temporali

A

nno 314 d.C. Il grande imperatore Costantino I, che ha sconfitto il suo rivale Massenzio nella Battaglia di Ponte Milvio e si è impadronito della metà occidentale dell’impero romano rendendo finalmente lecita la religione cristiana dopo anni di persecuzioni, si ammala di lebbra. Sembra spacciato, non c’è nessuno che possa aiutarlo. I medici sono impotenti. Ma ecco comparire a corte il vescovo di Roma, papa Silvestro I. Il prelato compie il

14 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

miracolo e l’imperatore guarisce. È il Signore che, attraverso la sua mano, salva la vita dell’uomo che ha difeso il cristianesimo. E allora, sull’onda della gratitudine, Costantino fa un dono straordinario al papa e ai suoi successori: l’impero. Proprio così: il sovrano decide che alla sua morte il possesso effettivo dell’impero venga conferito ai vescovi di Roma, anche se l’esercizio del potere sarà affidato ai suoi discendenti e poi ai loro successori. Una saga fantasy? Niente affatto. La storiella appena rac-

contata era quanto la gente del Medioevo riteneva fosse accaduto davvero. O almeno lo si pensava a partire dall’VIII secolo d.C., quando la vicenda iniziò a diventare di dominio pubblico. E nei secoli successivi, sarebbe tornata puntualmente agli onori della cronaca ogni volta – ed erano tante – che papi e imperatori entravano in contrasto sul tema della supremazia fra Chiesa e stato, fra potere spirituale e potere temporale. L’oratorio di San Silvestro, presso la basilica dei Santi Quattro Coronati


EVENTO STORICO

UN PASSO DELLA DONAZIONE il passaggio in cui Costantino lascia al papa Silvestro l’impero, descritto però in termini generici e indeterminati che, secondo l’umanista Valla, erano un’ulteriore prova dell’ignoranza del redattore, il quale non poteva quindi essere l’imperatore. «E affinché la dignità pontificale non sia svilita, ma sia onorata più della dignità e della potenza della gloria dell’impero terreno, ecco che, trasferendo e lasciando al più volte nominato beatissimo pontefice [...] e alla potestà e giurisdizione dei pontefici suoi successori, il nostro palazzo e tutte le province, luoghi e città di Roma, dell’Italia, e delle regioni occidentali, deterQUESTO

LA DONAZIONE

rappresentata in un affresco dell’oratorio di San Silvestro. Basilica dei Santi Quattro Coronati, Roma. BRIDGEMAN / ACI

a Roma, ospita appunto una serie di affreschi, risalenti alla metà del XIII secolo, che la raffigurano. Peccato che fosse nient’altro che un’invenzione, appunto, ideata e redatta nella cancelleria papale in qualche momento tra il 750 e l’850 d.C., in quell’età oscura che concepì anche altre leggende, come quella d e l l a pa p es sa Giovanna, proprio per giustificare le pretese te m p o ra l i del papato.

LA DONATIO CONSTANTINI IN UNA TRADUZIONE ALL’OLANDESE DI LUTERO.

miniamo, con decreto imperiale destinato a valere in perpetuo, in virtù di questo nostro editto e prammatico costituto, che essi ne possano disporre, e concediamo che restino sottoposti al diritto della Santa Romana Chiesa». AKG / ALBUM

Bisogna inquadrare il contesto storico per capire per quale ragione i pontefici si fossero spinti a tanto.

Nasce il mito Con l’eclissarsi dell’impero romano d’Occidente e l’indebolimento del successivo impero bizantino, sempre meno in grado d’intervenire nelle faccende italiane, il papato era rimasto l’unico vero rappresentante, nella penisola, di un’autorità autoctona che non derivasse dalla forza della conquista, come quella di goti e longobardi. E proprio perché circondati dai possedimenti dei longobardi, i papi erano arrivati a chiedere l’aiuto dei

La donazione fu concepita e redatta nella cancelleria papale tra il 750 e l’850 d.C. TESTA DELL’IMPERATORE COSTANTINO MUSEI CAPITOLINI, ROMA.

più potenti tra i nobili franchi d’oltralpe, quei maggiordomi di palazzo di cui avevano favorito l’ascesa al trono in cambio di protezione contro gli invasori germanici. Papa Zaccaria, infatti, confermò a Pipino il Breve la corona del regno franco, sancendo l’uscita di scena dei re Merovingi, ma il suo successore Leone III andò perfino oltre, assegnando al figlio Carlo Magno la corona d’imperatore e resuscitando così l’antico impero romano, decaduto in Occidente da oltre tre secoli. Ma adesso, con una trovata geniale, il papa vi anteponeva l’aggettivo “sacro”, collocandolo così sotto la propria autorità in quanto vicario di Cristo, e trasformando l’imperatore in un suo sottoposto. Patti chiari, amicizia lunga? Niente affatto: ben presto fu evidente che gli imperatori tendevano a considerare il potere imperiale una diretta emanazione della volontà divina, e quindi a considerare superflua l’intermedia-

KEN WELSH / AGE FOTOSTOCK STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

15


EVENTO STORICO

COSTANTINO COLPITO DALLA LEBBRA

zione pretesa dal papa, perfino nella nomina dei vescovi. Gli scompensi di questa contraddizione sarebbero emersi in modo drammatico dopo il primo millennio, con la lotta per le investiture, cioè la disputa per la nomina dei vescovi da parte dei potenti laici, le guerre tra i due partiti dei guelfi (sostenitori del papa) e dei ghibellini (sostenitori dell’imperatore), con pa-

BRIDGEMAN / ACI

III sec. Oratorio di San Silvestro. Basilica dei Santi Quattro Coronati, Roma.

pi e antipapi che si contendevano la legittimità del potere ecclesiastico, le guerre civili e gli assalti alla “città eterna”da parte dei sovrani germanici. Ma per il momento, all’atto della creazione del Sacro romano impero, i pontefici ritennero doveroso cautelarsi creando ad arte un documento, la cosiddetta“Donazione di Costantino” (Constitutum Constantini) che, a scanso

ALLA RICERCA DELLA GUARIGIONE STANDO A QUANTO RIPORTA IL TESTO, di fronte all’avanzare della

lebbra i sacerdoti pagani avrebbero suggerito all’imperatore Costantino d’immergersi in una vasca riempita del sangue di bambini innocenti. Ciononostante l’imperatore, commosso dal pianto delle madri dei bambini, avrebbe rifiutato. Subito dopo, gli apparvero in sogno i santi Pietro e Paolo, che gli assicurarono la guarigione se si fosse fatto battezzare.

16 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

di equivoci, li rendeva effettivi padroni dell’impero, anche qualora gli imperatori avessero voluto considerarsi tali senza la loro approvazione. Il documento fu redatto in una versione latina e una greca ed è diviso in due parti: i primi dieci paragrafi costituiscono la Confessio, dove viene narrata la vicenda che portò alla donazione; i successivi dieci sono la Donatio vera e propria, ovvero la lunga serie di attribuzioni che Costantino opera a vantaggio del clero, del papa e dei suoi successori.

Il primo detrattore Ovviamente, il documento disorientò gli imperatori e li rese sospettosi: come mai era saltato fuori solo mezzo millennio dopo la sua redazione? Ma il primo a metterne davvero in dubbio l’autenticità fu, intorno all’anno mille, il giovane sovrano Ottone III, che coltivava il sogno di una Renovatio


La collezione pseudoisidoriana LA DONAZIONE non fu l’unico falso prodotto dagli

imperii riunendo sotto il suo scettro tutti i territori che un tempo avevano fatto parte dell’antico impero romano. Il sovrano morì molto giovane, ma fece in tempo a denunciare la falsità della donazione, sostenendo di sapere chi l’aveva redatta: un tale diacono, diceva, chiamato Giovanni“dalle dita mozze”. Si trattò però di una voce sostanzialmente isolata e nei secoli seguenti il credito del documento andò perfino consolidandosi, contestualmente con l’esasperazione della lotta tra partito imperiale e partito papale, che raggiunse i suoi picchi durante i regni di Federico Barbarossa, Federico II, Enrico VII di Lussemburgo e Ludovico il Bavaro. Perfino Dante, ardente sostenitore di Enrico VII, non arrivò mai a mettere in dubbio l’autenticità della donazione, quanto piuttosto il suo valore giuridico: secondo lui, un imperatore non poteva alienare le proprietà che

gli erano state trasmesse in eredità da Augusto attraverso i suoi successori; tanto meno il papa poteva entrarne in possesso senza contravvenire all’obbligo di povertà della Chiesa.

La truffa svelata Perché qualcuno avesse il fegato di definirla un vero e proprio falso e di svelare la truffa si dovette attendere l’Umanesimo, quando il recupero dell’età classica latina e greca portò alla contestuale restituzione della verità storica attraverso lo studio dei documenti. Così, un umanista insigne come Lorenzo Valla poté dimostrare tutti gli anacronismi contenuti nel testo del documento, che presentava vistose anomalie, come il riferimento a Costantinopoli, che sarebbe stata fondata una quindicina di anni dopo la presunta stesura della donazione, l’uso di termini impropri per l’epoca, come “feudo”, o la stessa lingua in cui

ARCHIVIO DI STATO DI MODENA

uffici ecclesiastici nel Medioevo per giustificare le pretese temporali dei pontefici. Nello stesso periodo, infatti, fu redatta la cosiddetta “Collezione pseudoisidoriana”, una serie di lettere dei primi papi, decretali (lettere con disposizioni giuridiche), capitolari franchi (leggi o ordinanze) e deliberazioni conciliari che, inventati di sana pianta o solo interpolati, puntavano a rendere sempre più solida la supremazia del papato. Il nome è dovuto a un tale Isidoro Mercator, che raccolse la collezione di testi basandosi su una più antica, la Hispana gallica. I riferimenti delle fonti permettono di stabilire che l’opera fu completata tra l’847 e l’852, di sicuro in Francia, probabilmente a Reims. E come per la donazione, solo con l’Umanesimo l’autenticità della collezione fu messa in dubbio. Eppure era ancora nell’edizione ufficiale del Corpus iuris canonici di fine XVI secolo.

fu redatto, un latino barbarico molto più tardo dell’epoca costantiniana. Tuttavia, il De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio, redatto nel 1440, poté essere pubblicato solo sessant’anni dopo la sua morte, nel 1517, per giunta esclusivamente tra i protestanti. La Chiesa cattolica, invece, lo inserì nell’Indice dei libri proibiti nel corso del Concilio di Trento e, da allora, non ha mai ammesso ufficialmente che la donazione fosse un falso, continuando per secoli a usarla, nelle tre lingue in cui ci è pervenuta, ovvero il latino (la versione più completa), il greco e lo slavo, per sostenere le sue aspirazioni temporali. —Andrea Frediani Per saperne di più

SAGGI

La Donazione di Costantino Roberto Cessi (a cura di) La Vita Felice, Milano, 2010.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

17


La balena nella mitologia: feroce e diabolica Nei bestiari e nelle mappe medievali le balene erano raffigurate con enormi fauci con cui inghiottivano le navi, come succede nella Bibbia al profeta Giona

P

er molto tempo la balena è stata un animale avvolto nel mistero. Nell’antichità greci e romani osservavano le balenottere e i capodogli transitare nelle acque del Mediterraneo e s’interrogavano sulla natura di quegli strani esseri sottomarini, capaci di emergere improvvisamente in tutta la loro mole di fronte a una nave o alla costa. Nel IV secolo a.C. Aristotele notò che le balene salivano in superficie per respirare e allattavano i piccoli; ne dedusse quindi che erano mammiferi e non pesci. Dal canto suo, nella Naturalis Historia Plinio il Vecchio le descrive come «enormi pesci che

SQUARTAMENTO DI UNA BALENA IN UN’INCISIONE DEL XVI SECOLO.

SPL / AGE FOTOSTOCK

18 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

emergono dal mare simili a colonne o pilastri, superando le vele di una nave, ed espellono verso l’alto un getto di acqua come se fossero dei tubi». In realtà quest’ultima è una prerogativa esclusiva dei capodogli.

Giona nel ventre della balena Gli ebrei non avevano alcuna conoscenza diretta delle balene, ma nella Bibbia ci sono varie storie di mostri marini. Una è quella di Leviatano, un serpente acquatico a più teste che vive nelle profondità dell’oceano e viene ucciso da Dio per sfamare il suo popolo eletto. «Al solo vederlo uno stramazza», si legge nel Libro di

GIONA INGHIOTTITO DA UN MOSTRO MARINO. BASSORILIEVO DELLA FINE DEL XII SECOLO. MUSEO DI CAPODIMONTE.

Giobbe. Dalla sua bocca partono vampate,sprizzano scintille di fuoco [...] Quando si alza, si spaventano i forti e per il terrore restano smarriti [...] Dietro a sé produce una bianca scia e l’abisso appare canuto. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le fiere più superbe», continua il racconto. Un’altra delle storie è quella del gran pesce che inghiottì Giona dopo che i suoi compagni lo avevano buttato in mare durante un viaggio in nave. Dopo tre giorni, il profeta fu rigettato dall’animale sulla spiaggia per ordine di Dio. Nel suo Vangelo, Matteo riprende l’episodio identificandolo con una prefigurazione della Resurrezione di Cristo. Nel Medioevo i protagonisti di queste storie bibliche furono identificati con le balene, che erano viste come creature terribili e demoniache. Nei bestiari e nelle carte nautiche la balena veniva rappresentata come un essere mostruoso, munito di due enormi fauci e accompagnato da esseri altrettanto immaginari come le sirene, i tritoni o i draghi marini. Sempre minacciosa, la balena attaccava e tentava di affondare le navi che invadevano il suo territorio. Nel suo Historia de gentibus septentrionalibus (1555) l’arcivescovo svedese Olaus Magnus parla di una balenottera con

PRISMA / ALBUM

ANIMALI NELLA STORIA


DEA / ALBUM

BALENA rappresentata come un mostro con zanne e artigli e due orifizi tramite i quali espelle acqua. Illustrazione di una mappa del XVI secolo.

la testa coronata di lance spinose e con il muso seghettato che affonda una nave mercantile.

Isole di sabbia La visione poetica delle balene ha dato origine a svariate leggende, una più fantasiosa e assurda dell’altra. Un manoscritto medievale del XV secolo racconta: «Nell’oceano Indiano ci sono balene così grandi che sembrano isole. A volte, a causa della terra che contengono, sulla loro schiena crescono delle piante. E gli uomini che attraversano il mare si confondono e sbarcano sulle balene. Quando sentono un movimento sulle loro spalle,

queste s’immergono rapidamente in profondità, e così quegli uomini annegano». Gli autori medievali comparavano questi stratagemmi a quelli usati da Satana per attirare gli uomini negli abissi infernali. Tramandate di bocca in bocca da marinai creduloni, queste descrizioni finirono per influenzare gli umanisti e gli scienziati del Rinascimento europeo. È il caso del medico e scrittore François Rabelais che, durante un viaggio nel golfo di Biscaglia con il suo amico naturalista e medico Guillaume Rondelet, ebbe diversi incontri con le balene. Così descrive Rabelais questi animali: «Ci divorerà tutti, uomini e navi, come

fossimo pillole. Nelle sue grandi fauci infernali non saremo nient’altro che un confetto masticato nella bocca di un asino». La paura e la superstizione non impedirono che nel Medioevo molti marinai si dedicassero alla caccia dei cetacei. A partire almeno dall’XI secolo i pescatori baschi operavano nel golfo di Biscaglia, zona di riproduzione di una varietà che di feroce aveva davvero poco: la balena franca (eubalaena glacialis), un animale docile che era solito avvicinarsi troppo alle coste, dove i marinai approfittavano per arpionarla. —Xabier Armendáriz STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

19


TRAFFICO DI MUMMIE TRA SCIENZA E SPETTACOLO

Dopo essere state a lungo considerate medicamentose, a partire dal settecento le mummie egizie iniziarono a suscitare la morbosa curiositĂ degli europei. In seguito divennero oggetto di studio


LO STUDIO DI UNA MUMMIA

Il dottor Fouquet studia insieme a Gaston Maspero e ad alcuni membri della Società franco-egiziana la mummia sbendata della sacerdotessa di Amon, Ta Uza Ra, ritrovata nel nascondiglio di Deir el-Bahari. L’esame si svolge davanti allo sguardo attento di alcune dame e del marchese di Reverseaux, seduto ai piedi del lettino improvvisato. Olio di Paul Dominique Philippoteaux. 1891. BRIDGEMAN / ACI


C R O N O LO G I A

La scienza delle mummie 1698

Il console francese al Cairo Benoît de Maillet effettua la prima analisi di una mummia di fronte a un gruppo di compatrioti.

1718

Il farmacista tedesco Christian Hertzog sbenda un corpo senza testa e ritrova 74 amuleti tra le fasce.

1821

Il medico londinese Thomas Pettigrew, amico e collaboratore di Belzoni, esamina in pubblico diverse mummie.

1868

1908

Margaret Murray crea un’équipe multidisciplinare per analizzare le salme di due fratelli conservate nel Manchester Museum.

APERTURA DELLA BOCCA

Alcuni sacerdoti preparano due corpi imbalsamati per questo rituale funerario volto a ripristinarne i sensi nell’aldilà. Museo archeologico nazionale, Firenze.

DEA / ALBUM

Il curatore del dipartimento di antichità egizie del British Museum, Samuel Birch, studia le mummie donate dal principe di Galles.

L

e mummie egizie hanno sempre esercitato un fascino particolare. Basti pensare al faraone Tutankhamon, il cui volto dai denti sporgenti divenne visibile una volta rimossa la dignitosa protezione delle bende e del sarcofago. O alle centinaia di migliaia di animali imbalsamati che furono sepolti nei cimiteri sotterranei di epoca greco-romana. Poter osservare l’espressione di qualcuno morto più di tremila anni fa e che in qualche modo ha lasciato una traccia nella storia genera un piacere morboso, così come contemplare la mummia di un gatto accuratamente bendato e immaginarlo a caccia di topi prima di essere sacrificato a Bastet, la dea di cui incarnava le caratteristiche. In virtù della loro quantità e dell’attrazione che suscitavano, le mummie divennero uno dei souvenir preferiti dei viaggiatori e dei turisti del XIX secolo, e ciò anche prima che i ricercatori si rendessero conto dell’ingente quantità d’informazioni che se ne poteva ricavare.


BNF

LE PIRAMIDI DI GIZA

Le tombe monumentali erette nella piana di Giza dai faraoni della quarta dinastia – Cheope, Chefren e Micerino – sono tra gli emblemi dell’Egitto. Ma al loro interno non sono stati ritrovati i corpi dei sovrani.

LA MUMMIA STUDIATA DA BENOÎT DE MAILLET. DESCRIPTION DE L’EGYPTE. OPERA A CURA DI JEAN-BAPTISTE LE MASCRIER. 1735.

IL PRIMO SBENDAGGIO SYLVAIN GRANDADAM / AGE FOTOSTOCK

NEL SETTEMBRE DEL 1698 Benoît de Maillet eseguì il primo sben-

vano una consistenza e un colore identici a quello del mum originale, e una fragranza ancor più piacevole. Fu così che ciò che gli antichi egizi chiamavano sah finì per ricevere il nome di uno strano medicinale persiano.

Un rimedio discusso

Nel suo Description de l’Egypte il console Maillet descrive con grande precisione la geografia e la natura del Paese. Ritratto di Maillet a opera di Étienne Jeaurat. Versailles.

ARD T/ BLO

RM N-

GR

AN

Non essendo sempre facile procurarsi corpi imbalsamati, i mercanti meno scrupolosi decisero di produrli in proprio, provocando un declino della qualità della merce che raggiungeva le botteghe officinali europee. Si cominciò allora a distinguere tra mummie primarie, secondarie e false. Come denunciò Guy de La Fontaine nel 1564, al termine di un viaggio ad Alessandria per procurarsi il farmaco, in molti

BENOÎT DE MAILLET

GÉR

In realtà, prima di trasformarsi in oggetti da collezione le mummie furono considerate per secoli un rimedio imprescindibile in ogni spezieria europea degna di tal nome. Tutto era iniziato con i medici greci Dioscoride e Galeno, che nei loro trattati raccomandavano un prodotto quasi miracoloso: una grande varietà di disturbi, dagli ascessi alle eruzioni cutanee, passando per le fratture, l’epilessia e le vertigini, potevano essere curati dal mum, termine persiano riferito al bitume. Ciononostante, nel corso dei secoli, con la crescita della domanda, gli affioramenti naturali di questa sostanza si erano esauriti. Riluttanti ad abbandonare il commercio di un prodotto che garantiva ottimi profitti, i solerti mercanti orientali si precipitarono alla ricerca di un’altra fonte di materia prima. E la trovarono nei corpi che per tremila anni erano stati imbalsamati sulle rive del Nilo. Una volta essiccati, le resine, gli oli e le sostanze aromatiche con cui si ricoprivano i cadaveri durante la mummificazione ave-

daggio di una mummia davanti a un gruppo di connazionali. Non scrisse nulla in merito al procedimento seguito, ma lasciò alcuni appunti sugli amuleti ritrovati tra le bende. Un disegno della mummia è contenuto in Description de l’Egypte, un testo pubblicato nel 1735 e curato da Le Mascrier.

AL DP

A

IS


LE MUMMIE, STAR DEI MUSEI

Ogni grande museo archeologico europeo degno di tal nome doveva avere la sua buona collezione di mummie. Quella dell’immagine – appartenente a una donna di età compresa tra i 20 e i 35 anni, vissuta durante il Terzo periodo intermedio – è conservata presso il Museo archeologico nazionale di Madrid ed è una delle tre sottoposte a una TAC nel 2016. Tanto la mummia quanto il cartonnage che la ricopre (che non corrisponde alla salma) furono acquistati da Eduard Toda, console spagnolo al Cairo tra il 1884 e il 1886.

24 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

VASO DI MUMMIA

Un dizionario del 1657 definiva così la mummia: «Sostanza simile alla resina venduta dagli speziali; secondo alcuni si estrarrebbe dalle tombe antiche». Contenitore esposto al Kurpfälzisches Museum, Heidelberg.

AKG / ALBUM

casi le mummie non erano altro che semplici cadaveri trattati per sembrare antichi. Il frate domenicano spagnolo Luis Urreta scrisse nel 1610 un libro di storia sui regni dell’Etiopia nel quale offre una descrizione dettagliata del processo, che richiedeva di purgare svariate volte un prigioniero moro e poi tagliargli la testa nel sonno. Il cadavere andava quindi appeso per i piedi e lasciato dissanguare, mentre gli si praticavano dei tagli con un coltello. Una volta che il sangue era interamente defluito, le varie ferite e orifizi si riempivano di una miscela speziata. A quel punto si depositava il corpo a terra, lo si avvolgeva nel fieno e lo si seppelliva per due settimane. Successivamente lo si dissotterrava e lo si lasciava al sole per un giorno intero. Secondo il frate, la carne acquisiva in questo modo proprietà medicinali anche più intense di quella delle mummie antiche, grazie al processo di purificazione. Ma non tutti concordavano sugli effetti benefici di questi rimedi una volta ingeriti.

Già nel 1582 il francese Ambroise Paré scrisse nel suo Discours de la momie:«L’effetto di questo farmaco malevolo è tale che non solo non fa migliorare i pazienti, come ho potuto constatare direttamente svariate volte, ma provoca un grande dolore allo stomaco, cattivi odori in bocca e forte vomito, e questi disturbi a loro volta generano alterazioni nel sangue, facendolo fuoriuscire dai vasi che lo contengono». In contemporanea al diffondersi di queste voci contrarie all’uso farmaceutico dei cadaveri trattati crebbe una certa curiosità per le mummie come oggetti.

Le mummie portano sfortuna Più complesso è sapere quando iniziò la moda di portare le mummie in Europa come souvenir. Sicuramente già alcuni greci e romani se ne tornavano da un viaggio in Egitto con una mummia di falco o di qualche altro animale. Ma poi l’interesse per le mummie diminuì notevolmente fino al XIX secolo, perché si diffuse l’idea che portassero sfortuna. In


PRISMA / ALBUM

UN ARCHEOLOGO SI APPRESTA A FOTOGRAFARE UNA MUMMIA IN UN MUSEO. INCISIONE A COLORI. XIX SECOLO.

precedenza le autorità ottomane avevano imposto delle leggi che impedivano l’esportazione di queste preziose vestigia del passato egizio; ma c’era sempre qualcuno pronto a correre il rischio. Nel XVI secolo Jean Bodin racconta la storia di Ottavio Fagnola, un cristiano convertito all’islam che saccheggiò svariate tombe, probabilmente a Giza, finché non trovò un corpo eviscerato avvolto in una pelle di bue e con uno scarabeo al posto del cuore – un amuleto che aveva la funzione di proteggere il defunto. La mummia fu caricata senza grosse difficoltà su una nave diretta in Italia, ma durante il viaggio i forti venti costrinsero il capitano ad ammainare le vele e liberarsi di una parte del carico. Temendo un imminente naufragio, Fagnola approfittò dell’oscurità della notte per sbarazzarsi del corpo del reato, commentando che era risaputo che le mummie «possono provocare tempeste». Che fosse una superstizione messa in giro dagli stessi egiziani allo scopo di limitare il contrabban-

LE MUMMIE rinvenute nel 1881 all’interno del nascondiglio di Deir el-Bahari furono trasferite al Museo Bulaq del Cairo. In quel momento il direttore del Servizio reperti archeologici Maspero si trovava in Francia, ma il suo assistente Brugsch decise di procedere immediatamente all’esame delle salme. Il suo capo non glielo perdonò.

do di antichità? È possibile, ma più probabilmente questa diceria trae origine da un episodio precedente alla storia di Fagnola. Alla fine del XVI secolo l’Europa e l’impero ottomano si contendevano il dominio del Mediterraneo. La tensione aumentò fino a quando, nel 1571, la Lega santa e la flotta turca si scontrarono nella Battaglia di Lepanto. In seguito alla netta vittoria cristiana, nei porti del Mediterraneo si diffuse rapidamente la voce che i turchi avevano imbarcato una mummia su una nave come portafortuna. Non sorprende che da quel momento in poi i cristiani iniziassero a pensare che

In molti casi le mummie erano semplici cadaveri trattati per sembrare antichi MERENRE I. STATUA DI RAME. MUSEO EGIZIO, IL CAIRO.

BRIDGEMAN / ACI

PRISMA / ALBUM

MASPERO E IL FARAONE


LE MUMMIE D’ORO DI BAHARIYA

Nel 1996, in un’oasi egiziana a 400 chilometri dal Cairo, è stata scoperta una necropoli con la più alta concentrazione di mummie integre dell’antico Egitto, quasi tutte di epoca greco-romana. Il luogo è stato ribattezzato “Valle delle mummie d’oro”, perché la maggior parte erano ricoperte da maschere in cartonnage rivestite da sottili strati di oro su stucco. Nell’immagine, una delle 43 mummie trovate nella tomba 54 di Bahariya, che conteneva le più importanti del sito. KENNETH GARRETT / GETTY IMAGES



MUMMIE IN VENDITA

Le mummie egizie suscitavano un tale fascino in Europa che molti turisti erano disposti a tutto pur di portarsene a casa un esemplare come souvenir. Scrisse nel 1833 l’aristocratico francese Ferdinand de Geramb: «Sarebbe davvero deludente tornare dall’Egitto senza una mummia in una mano e un coccodrillo nell’altra». Venditore di mummie. Foto del 1877 circa.

28 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC


LE MUMMIE RINVENUTE NEL NASCONDIGLIO DI DEIR EL-BAHARI VENGONO CARICATE SULLA NAVE CHE LE TRASPORTERÀ AL CAIRO. INCISIONE. XIX SECOLO.

CARNE DI FARAONE IN SCATOLA

L LOOK AND LEARN / BRIDGEMAN / ACI

o scarso interesse dei primi egittologi per le mummie è ben testimoniato dalle peripezie della salma ritrovata integra nella piramide del faraone Merenre I, della sesta dinastia (anche se forse non si tratta del suo corpo). Furono i fratelli Brugsch a scoprirla nel 1881 mentre copiavano i testi della piramide. I due archeologi misero la mummia in una cassa e la caricarono su un treno, da cui però furono costretti a scendere poco dopo a causa di un’avaria. Decisero allora di estrarre il corpo dalla cassa e portarlo a spalla, ma finirono per spezzarlo in due. A quel punto trovarono un taxi che li condusse fino alla dogana, sulle rive del Nilo. Lì alcuni solerti funzionari stabilirono che la merce trasportata dagli egittologi tedeschi era carne in scatola.

le mummie potessero facilmente causare un disastro marittimo, e un po’ ovunque spuntarono nuovi aneddoti a sostegno di questa leggenda.

JEAN-GILLES BERIZZI / RMN-GRAND PALAIS

Primi studi sulle mummie La prima analisi di una mummia ebbe luogo nel 1698, quando il console francese al Cairo Benoît de Maillet ne sbendò una, catalogando gli oggetti ritrovati. Ciononostante, il primo studio serio fu condotto da un farmacista tedesco di nome Christian Hertzog, che nel 1718 esaminò l’intero processo d’imbalsamazione e pubblicò un saggio a riguardo. Nel 1792 il suo esempio fu seguito dal connazionale Johann Friedrich Blumenbach a Londra; ma fu solo nel XIX secolo che l’interesse per le mummie si diffuse a tutti i livelli della società. Nel 1825 il medico Augustus Bozzi Granville presentò le conclusioni del suo studio su un cadavere imbalsamato. Tre anni più tardi lo storico William Osburn ne analizzò un altro con l’aiuto di

un’équipe di chimici e anatomisti. Entrambi seguivano le orme di Giovanni Battista Belzoni, che nel 1821 – in concomitanza con l’esposizione dei rilievi della tomba di Seti I, da lui stesso scoperti nel 1817 – sbendò una mummia davanti a un gruppo di medici con la collaborazione di un amico, il chirurgo Thomas Pettigrew. Dopo aver assistito a tre sbendaggi eseguiti dallo stesso Belzoni, Pettigrew fece il suo primo tentativo con una mummia comprata a un’asta. Successivamente trasformò l’operazione di rimozione delle fasce in uno spettacolo pubblico, guadagnandosi il soprannome di “Mummia Pettigrew”. Diventato uno dei massimi esperti in materia (anche grazie alle sue conoscenze di anatomia), tenne una lunga serie di conferenze sull’argomento. Il momento clou arrivava nel finale ed era costituito dallo sbendaggio di una mummia, di cui evidentemente non era così difficile procurarsi degli esemplari. Nel 1833 Thomas Pettigrew organizzò una dozzina d’incon-

“MUMMIA PETTIGREW”

Thomas Pettigrew sbendò decine di mummie e fu il primo a osservare come le tecniche egizie d’imbalsamazione si fossero modificate nel corso della storia. Ritratto di Ann W. Skelton. 1839 circa.

SC

ALA

, FI

REN

ZE


ESAME SCIENTIFICO DI UNA MUMMIA

Questa foto anonima del XIX secolo mostra lo studio di una mummia già completamente sbendata. Fu alla fine dell’ottocento che gli scienziati cominciarono a rendersi conto delle informazioni che era possibile ricavare da un corpo imbalsamato. Ciò rappresentò la nascita della paleopatologia moderna. BEAUX-ARTS, PARÍS / RMN-GRAND PALAIS



MUMMIE AL MUSEO

Nel XVIII e nel XIX secolo i grandi musei europei cominciarono a dotarsi d’importanti collezioni d’arte egizia. Il più antico museo egizio è quello di Torino, inaugurato nel 1824. Quest’olio del 1881 mostra una sala dove sono esposte varie mummie.

I BRACCIALETTI DI RE DJER

Questi quattro braccialetti furono prelevati da un arto imbalsamato trovato nella tomba del faraone Djer. Il braccio fu fotografato dagli archeologi e quindi gettato. Museo egizio, Il Cairo. ARALDO DE LUCA

32 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

tri per il pubblico londinese, che con un misto di stupore e disgusto vedeva apparire di colpo il volto rinsecchito di qualche egizio millenario. Dato che in fin dei conti era uno scienziato, Pettigrew prendeva accuratamente nota dei risultati dell’operazione. Quegli appunti gli permisero di scrivere il primo trattato scientifico in merito – una storia delle mummie egizie e una relazione sul culto e l’imbalsamazione degli animali sacri, con considerazioni sulle cerimonie funebri di diverse nazioni, e osservazioni sulle mummie delle isole Canarie, degli antichi peruviani, dei sacerdoti birmani, ecc. –, che fu pubblicato l’anno successivo. L’esempio di Pettigrew, che voleva creare una vera e propria scienza delle mummie, si diffuse rapidamente: nello stesso anno John Davison sbendò due corpi imbalsamati alla

Royal Institution e poi pubblicò un rapporto dettagliato sull’argomento, come ormai era ritenuto indispensabile fare.

Il lungo cammino verso la scienza La moda prese rapidamente piede. Dopo il successo di Pettigrew, sbendare mummie divenne uno dei principali passatempi della Londra bene. Di solito si stampavano anche dei biglietti d’invito all’evento, come nel caso di quello tenutosi alle due e trenta di lunedì 10 giugno 1850 al numero 144 di Piccadilly, nella casa di Lord Londesborough. A officiare la “cerimonia” c’era Samuel Birch, curatore del British Museum. Birch divenne in seguito il successore di Pettigrew e studiò numerose mummie, come quelle riportate in patria nel 1868 dal principe di Galles in seguito a un viaggio in Egitto. Ma nelle sue pubblicazioni Birch era più interessato ai sarcofagi e alle iscrizioni che ai corpi imbalsamati. Nel 1881 fu scoperto a Deir el-Bahari un nascondiglio di mummie reali del Nuovo


AKG / ALBUM

GRUPPO DI TURISTI DEL XIX SECOLO SUI CAMMELLI DI FRONTE ALLA SFINGE DI GIZA. 1880 CIRCA.

DEA / SCALA, FIRENZE

I TURISTI VITTORIANI

regno (TT320). Nel 1898 fu la volta della tomba di Amenofi II (KV35) nella Valle dei Re, che era stata anch’essa utilizzata come deposito delle salme di vari faraoni. Il trattamento ricevuto dalle mummie di personaggi come Thutmose III o Ramses II fu senz’altro adeguato per i canoni dell’epoca. Ma gli egittologi erano interessati soprattutto a rimuovere le bende per vedere se trovavano qualche oggetto. Fortunatamente all’inizio del XX secolo Grafton Elliot Smith, che lavorava come anatomista presso la scuola di medicina del Cairo, studiò e fotografò varie salme regali e anni dopo pubblicò un libro che ancora oggi costituisce un punto di riferimento: Catalogue of the Royal Mummies in the Museum of Cairo (1912). I suoi studi osteometrici gli consentirono di capire che i nomi scritti sulle bende di molti corpi erano sbagliati. Evidentemente i sacerdoti della XXI dinastia che avevano nascosto i cadaveri dei faraoni per salvarli da un probabile saccheggio non avevano prestato sufficiente attenzione.

NEGLI ANNI SETTANTA DELL’OTTOCENTO l’Egitto era diventato una destinazione alla moda per le vacanze invernali. Nel 1873 la scrittrice Amelia Edwards raccolse le sue impressioni in un libro. A Gurna assistette al ritrovamento di un sarcofago contenente un corpo imbalsamato e fu invitata dal governatore locale a pranzo in una tomba vicina, che era stata trasformata in un deposito di mummie.

Lo studio delle mummie era a una svolta. Anche se nel 1903 Mark Twain propose scherzosamente di usarle come combustibile per le caldaie delle locomotive egiziane, qualche anno più tardi Margaret Murray organizzò a Manchester un gruppo multidisciplinare per lo studio scientifico di due salme antiche. La strada era finalmente aperta perché le mummie fossero considerate importanti fonti d’informazione storica. Ma le battute d’arresto non mancarono: in quegli stessi anni un braccio mummificato rinvenuto nella tomba del faraone Djer fu fotografato e quindi gettato nella spazzatura. JOSÉ MIGUEL PARRA EGITTOLOGO. MEMBRO DEL PROGETTO DJEHUTY

Per saperne di più

SAGGI

Mummie reali. Immortalità nell’antico Egitto Francis Janot, Zahi Hawass. White Star, Vercelli, 2008. Il mistero delle mummie. Dall’antichità ai nostri giorni attraverso il tempo e lo spazio. Renato Grilletto. Newton Compton, Roma, 2005.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

33


LO SPETTACOLO DELLE MUMMIE Le mummie portate in Europa da viaggiatori e ricercatori divennero ben presto oggetto di curiosità. In Gran Bretagna si organizzavano sbendaggi in luoghi pubblici o in abitazioni private. La cerimonia era “officiata” da un medico o da un antiquario. Gli spettatori seguivano trepidanti, e a volte inorriditi, lo svolgersi di questo rito che coniugava spettacolo e studio scientifico.

«Una mummia di Tebe sarà sbendata alle due e mezza». Così recitava l’invito qui sopra, spedito da Lord Londesborough il 10 giugno 1850. L’evento ebbe luogo nella sua casa londinese e vide la partecipazione come “officiante” di Samuel Birch, curatore del dipartimento di antichità orientali del British Museum. Privo di formazione medica, Birch non fu in grado di fornire molti dettagli sulle condizioni della mummia. Ma i partecipanti poterono vedere apparire tra le bende il Libro dei morti, diversi amuleti e dei guanti d’argento. SINISTRA: AKG / ALBUM. DESTRA : BRIDGEMAN / ACI


SBENDAGGIO DI UNA MUMMIA DAVANTI A UN PICCOLO GRUPPO DI SPETTATORI NEL MUSEO BULAQ DEL CAIRO (PRECURSORE DEL MUSEO EGIZIO). INCISIONE. 1886.


GUDEA, SIGNORE DI LAGASH

Di questo governatore sumero sono conservate diverse statue con iscrizioni cuneiformi, come quelle della scultura qui a fianco o nella pagina seguente. 2141-2122 a.C. SINISTRA: METROPOLITAN MUSEUM / RMNGRAND PALAIS. DESTRA: MUSÉE DU LOUVRE / RMN-GRAND PALAIS


LA

SCRITTURA I N

M E S O P O T A M I A

La decifrazione del cuneiforme La scrittura cuneiforme nacque circa cinquemila anni fa tra i sumeri, nelle terre dell’attuale Iraq. Dopo ben tre millenni cadde nell’oblio, finché nel 1857 se ne annunciò la decifrazione


L’ARTE DELLA SCRITTURA

La scrittura cuneiforme richiedeva un lungo periodo di apprendistato, grazie al quale potevano formarsi degli specialisti, come i due scribi di questo rilievo assiro. VII secolo a.C. British Museum, Londra.

P

oteva contare su più di cinquecento segni costituiti da tratti a forma di cuneo. Tali segni potevano essere letti come una o più sillabe, oppure una o più parole. Come avevano potuto gli assiri inventare o leggere qualcosa del genere? Nel 1857 quattro specialisti, ognuno per conto proprio, riuscirono a decifrare un medesimo testo assiro, scritto in caratteri cuneiformi e mai pubblicato fino ad allora. Eppure una simile esperienza non dissipò i dubbi su quella strabiliante scrittura. Il successo del tentativo, portato a termine dalla Royal Asiatic Society, e poi la conferma ufficiale della decifrazione della scrittura cuneiforme, non persuasero gli scettici, che non la ritenevano una vera e propria scrittura ed erano in maggioranza. Tra questi figurava, agli inizi del XX

DEA / ALBUM. ILUSTRACIÓN: SANTI PÉREZ

WERNER FORMAN / GTRES

TESTO LEGALE RELATIVO A UN’EREDITÀ, SCRITTO SU UNA TAVOLETTA CONSERVATA NELLA SUA “BUSTA” DI FANGO. XIV-XII SECOLI A.C.

secolo, il drammaturgo August Strindberg che, sbigottito da come veniva letto e insegnato il cuneiforme, esclamò: «Giovani, non studiate l’assiro perché non è una lingua, è uno scherzo! Guardate questo semplice segno XXXX: si direbbe un dito che avverte dei pericoli del ghiaccio o indica i bagni pubblici […] Questo piccolo segno si legge così: as, dil, til, tili, ina, ru, rum, salugub, simed e tal. Ci credete? Ah, ma può avere perfino altri valori e significati! Eccoli: aplu = figlio; Ahur = Assur; êdu = unità; nadânu = dare. Vi sembra possibile?». Ef-

C R O N O LO G I A

L’OBLIO DI UNA SCRITTURA 38 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

Compaiono delle tavolette con scrittura cuneiforme sumera i cui segni presentano un valore fonetico (sillabe). Verso il 2400 a.C. gli accadi adottano il cuneiforme per scrivere nella loro lingua.

75 d.C.

UIG / ALBUM

3000 a.C.

Ultima iscrizione cuneiforme conosciuta, con osservazioni astronomiche, ritrovata a Babilonia. Tutti gli imperi del Vicino Oriente (assiri, babilonesi, achemenidi) hanno usato la scrittura cuneiforme.

DOCUMENTO CUNEIFORME NELLA SUA “BUSTA” IN ARGILLA. III MILLENNIO A.C.


1

L E O R I G I N I SUM E R E : UN A T E C N I C A SP E C I A L E P E R SC R I VE R E SUL L ’ A R G I L L A

Poiché i segni venivano cesellati sull’argilla fresca con uno stilo di canna affilato in punta, le incisioni non erano precise. Cinquemila anni fa i sumeri adottarono un’altra tecnica: impressero i segni con una canna a punta smussata. Quando la punta veniva applicata all’argilla si otteneva una figura a forma di cono, da cui proviene il nome della scrittura mesopotamica: cuneiforme, dal latino cuneus (“cono”). Gli estremi dei coni potevano essere prolungati allungando il tratto, e in tale modo si componevano le otto figure che sono alla base dei segni cuneiformi:

2

L E T A VO L E T T E DI F A N G O

Uno dei primi compiti degli apprendisti consisteva nel fabbricare tavolette di fango di forma e misura adeguate, con una superficie liscia sulla quale scrivere. La maggioranza delle tavolette veniva lasciata a seccare dopo la scrittura; per scrivervi di nuovo, bastava inumidire l’argilla. Quando si voleva evitare che i testi legali venissero alterati, oppure si voleva confezionare esemplari destinati a una biblioteca, le tavolette venivano esposte al calore e allora la superficie diveniva dura e inalterabile.

fettivamente ancora oggi gli assiriologi continuano ad affermare e a insegnare che quelli sono alcuni dei significati del piccolo segno cuneiforme. Affermazioni del genere non solo suscitavano la perplessità dei non addetti ai lavori, ma permettono anche di capire perché l’assiriologia, ovvero la scienza che studia il passato del Vicino Oriente, rimane ancora oggi una scienza enigmatica.

Segni cuneiformi

UNA SCRITTURA MOLTO COMUNE

L’impero persiano (sotto) fu l’ultimo a impiegare la scrittura cuneiforme. In Mesopotamia, la sua area geografica, sono stati trovati più di mezzo milione di testi su tavolette.

M ar

Ca

La scrittura cuneiforme degli antichi mesopotamici ricorreva a due tipi di segni: quelli che simboleggiavano parole, i logogrammi, e quelli

che rappresentavano i suoni, i fonogrammi. Inoltre si serviva di un gruppo particolare di segni, i cosiddetti determinativi, che indicavano l’ambito semantico a cui apparteneva una parola; ad esempio, il segno che indicava una città si scriveva davanti ai nomi delle città, e il nome di un dio o di una dea era in genere preceduto dal segno “divino”. Ma la complessità della scrittura cuneiforme dipende soprattutto dai diversi significati che poteva ricoprire uno stesso segno, ed era questo che faceva dubitare StrindMar Nero berg: lo possiamo

sp

io

1802-1803 Il tedesco Georg Friedrich Grotefend riesce a decifrare parzialmente il contenuto di alcune iscrizioni di Persepoli. Il suo lavoro facilita quello di Henry Creswicke Rawlinson e di Edward Hincks.

1857 Il 29 maggio la Royal Asiatic Society di Londra riconosce la decifrazione della scrittura cuneiforme, dopo che quattro studiosi avevano tradotto autonomamente un’iscrizione reale assira.

FRIGIA

Atene

Melitene

MEDIA

Ninive

Mileto

ASSIRIA

Hamadān

SIRIA Bīsutūn BABILONIA Susa ELAM PERSIA Babilonia

Damasco Med Mar Tiro iterr aneo FENICIA

Persepoli

Gerusalemme

Pe Go r lf si o co

Menfi

EGITTO CARTOGRAFIA: EOSGIS.COM

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

39


L’APADANA DI PERSEPOLI

Questo recinto di 3600 m2 era la sala per udienze dei sovrani achemenidi. Il loro impero fu l’ultimo a utilizzare la scrittura cuneiforme, e, anzi, ne creò un tipo speciale.

IL RICORDO DEL GRANDE RE DARIO Sotto, un darico, moneta in oro con l’effigie di un monarca. Prende il nome da Dario I, che la introdusse nell’impero persiano e fondò Persepoli verso il 518 a.C.

BRIT ISH

MU

SE M

/

SC

AL

A,

FIR

ENZ

E

leggere come una o più parole e anche come una o più sillabe. Non solo, una stessa sillaba si può scrivere con segni diversi. Perché un solo segno poteva essere scritto in modi differenti? Perché proveniva da un grande repertorio originario di segni che rappresentavano parole, come accade con il cinese o con i geroglifici egizi. Il parroco irlandese Edward Hincks era uno dei quattro assiriologi a cui la Royal Asiatic Society di Londra aveva consegnato il testo assiro che tutti riuscirono a decifrare. E quella sfida puntava proprio a dimostrare all’incredula opinione pubblica che era possibile decifrare il cuneiforme mesopotamico, come già avevano fatto alcuni specialisti anni prima nella tranquillità dei loro studi. A tale successo avevano contribuito in modo decisivo le indagini dello stesso Hincks, la cui conoscenza dei geroglifici egizi aveva dato un enorme vantaggio rispetto ai“rivali”. Tuttavia, il primo

passo che gli permise di riuscire nell’impresa non fu merito suo. Per capire come ebbe inizio l’affascinante avventura dobbiamo viaggiare indietro nel tempo, sino all’antico impero persiano degli achemenidi, conquistato da Alessandro Magno nel IV secolo a.C.

I testi di Persepoli Per quasi duecento anni, da Dario I ad Artaserse III, i monarchi persiani avevano ordinato d’incidere i testi commemorativi sulle scoscese pareti rocciose e su oggetti di pietra e metallo in versioni trilingue: persiano antico, elamitico e babilonese. Le due ultime lingue erano scritte in cuneiforme mesopotamico, mentre la prima ricorreva a un cuneiforme più semplice, il persiano, che utilizzava un numero minore di segni, 42 in tutto. Tali iscrizioni erano conosciute in Europa sin dal XVII secolo: i diplomatici e i viaggiatori che avevano visitato le rovine di Persepoli, l’antica capitale degli achemenidi, avevano già dato notizia di quelle strane scritte e avevano riprodotto alcuni testi. Ma solo nel 1802 il te-


JOSÉ FUSTE RAGA / AGE FOTOSTOCK

LE ULTIME TESTIMONIANZE

LA FINE DEL CUNEIFORME

ECLISSE DI SOLE A BABILONIA, CON LA GRANDE ZIGGURAT IN PRIMO PIANO. LA COSTRUZIONE S’INNALZAVA NELL’ESAGILA, IL TEMPIO DEL DIO MARDUK.

I

G. DUPRAT / CIEL ET ESPACE / CONTACTO PHOTO

n Egitto l’ultima iscrizione geroglifica si trova nel tempio di Iside a File: si tratta del cosiddetto "graffito di EsmetAkhom" e risale al 394 a.C. Fu senz’altro opera di un sacerdote, perché gli egizi si rivolgevano agli dèi attraverso i geroglifici, che vennero accantonati con l’avvento del cristianesimo. L’ultimo testo in cuneiforme concerne osservazioni astronomiche effettuate dai sacerdoti, fondamentali per il culto e le predizioni astrologiche. Il testo risale al 75 d.C.; a quei tempi gli achemenidi erano ormai un lontano ricordo e la scrittura alfabetica dell’aramaico e del greco aveva rimpiazzato il cuneiforme sia nell’amministrazione sia nella vita quotidiana.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

41


UNA PARETE DI ROCCIA Henry C. Rawlinson trascrisse le migliaia di caratteri delle iscrizioni di Dario I a Bı̄sutūn. Sotto, in una litografia del 1840 ca., con la copia di un testo cuneiforme davanti a sé.

desco Georg Friedrich Grotefend, professore a Göttingen, riuscì a decifrare la versione in cuneiforme persiano. L’utilizzo di un numero ridotto di segni suggeriva che potesse trattarsi di una scrittura di tipo alfabetico. Il successo dell’impresa poggiò quindi su tre ipotesi. La prima: le iscrizioni dovevano essere relazionate ai re persiani. La seconda: in quei testi i monarchi persiani dovevano essere menzionati con qualche titolo onorifico, soprattutto con quello di“re dei re”. La terza: gli scienziati già conoscevano i nomi e le genealogie dei re achemenidi, perché Erodoto li aveva menzionati nella sua opera, e questi dovevano quindi comparire nella scrittura cuneiforme. In aiuto di Grotefend accorse la conoscenza della religione predominante nella Persia achemenide: lo zoroastrismo, con Ahura Mazdāh come dio supremo. L’insieme di testi sacri del culto, l’Avestā, era ormai conosciuto in Europa perché nel 1771 l’aveva tradotto e pubblicato l’orientalista francese Anquetil-Duperron. Il testo era in stretta relazione con l’ave-

JEAN-MICHEL COUREAU / GETTY IMAGES

ALAMY / ACI

DARIO I SOVRINTENDE I LAVORI PER IL MONUMENTO DI BĪSUTŪN. ILLUSTRAZIONE DI UN LIBRO BRITANNICO DI STORIA PUBBLICATO NEL 1915.

stico, una lingua scomparsa nel IV secolo a.C., ma ancora utilizzata dai sacerdoti. Verso il III secolo d.C. i testi dell’Avestā cominciarono a essere tradotti e commentati in pahlavi, lingua che dopo la conquista islamica dell’Iran nel VII secolo andò in declino e scomparve, dando origine alle lingue persiane moderne. Grotefend, per esempio, trovò il titolo reale khshehioh nell’edizione dell’Avestā di Duperron e identificò un gruppo di segni cuneiformi con la parola “re”. Si può quindi affermare che l’avestico e il pahlavi ebbero nella decifrazione del cuneiforme persiano lo stesso ruolo che rivestì la lingua copta, una reliquia dei tempi faraonici, nella decifrazione dei geroglifici egizi. Una volta identificati i segni cuneiformi che corrispondevano ai titoli reali e ai nomi dei sovrani, i ricercatori avevano a disposizione un numero sufficiente di significati fonologici per iniziare la decifrazione del persiano antico. Questo passaggio ci porta a Bı̄sutūn, nelle vicinanze dell’antica città iraniana di Hamadān. Tra i fattori che condizionano il

GETTY I

M AG E

S


successo di una decifrazione vi è la quantità di testi a disposizione. La circostanza che gli assiriologi avessero un volume di materiale sufficiente la dobbiamo a Henry Creswicke Rawlinson, un altro dei quattro orientalisti che nel 1857 accettarono la sfida della Royal Asiatic Society di Londra.

La vocazione di Rawlison Inviato in Persia nel 1833 quale ufficiale della Compagnia Britannica delle Indie Orientali, il giovane Rawlinson rimase affascinato dal cuneiforme non appena trovò le prime iscrizioni trilingui degli achemenidi. Le due che erano incise nella roccia del monte Elvend, vicino Hamadān, risvegliarono subito la sua vocazione: nell’aprile del 1835 aveva già riprodotto su carta le sue versioni nelle tre lingue. Pochi mesi più tardi scoprì il monumento che il re Dario aveva fatto scolpire sull’alto della roccia di Bı̄sutūn, coperto di testo cuneiforme. Non si trattava di un’iscrizione breve, come la ventina di righe di Elvend, bensì di centinaia di righe, che in teoria avrebbero potuto

permettere la decifrazione completa di quelle misteriose scritte. Per copiare la monumentale iscrizione trilingue di Bı̄sutūn, Rawlinson impiegò ben dodici anni, sia a causa dell’inacessibilità della fonte sia a causa delle missioni militari che dovette portare a termine in quel periodo. La versione in cuneiforme babilonese fu l’ultima che trascrisse, e venne pubblicata solo verso la fine del 1851. Grazie alla lunghezza della trascrizione, Rawlinson confermò e consolidò la decifrazione del cuneiforme persiano formulata da Grotefend. Tuttavia, ammise di non comprendere il testo in lingua babilonese: «Credo che sia ancora lontano il giorno in cui saremo capaci di leggere e capire le iscrizioni babilonesi e assire», scriveva nel 1847. Non era strano, perché nel I millennio a.C. si usavano più di 600 segni cuneiformi a Babilonia e in Assiria. Ciononostante, quello stesso anno Hincks aveva già decifrato la struttura del cuneiforme assiro-babilonese, del quale si avevano sempre più testimonianze grazie agli scavi del britan-

LA SCONFITTA DEL MALIGNO

L’impressionante monumento di Bı̄sutūn, sul lato di una parete scoscesa, ha al centro un rilievo alto trenta metri e lungo sei in cui compare Dario mentre calpesta un presunto usurpatore, il mago Gaumāta.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

43


GROTEFEND: IL METODO DEDUTTIVO Georg Friedrich Grotefend era un filologo, e nel 1797 insegnava tedesco a Göttingen. A quei tempi erano già giunte in Europa le iscrizioni cuneiformi in persiano antico che il viaggiatore tedesco Carsten Niebuhr aveva copiato sulle rovine di Persepoli nel 1765. Grotefend non aveva conoscenze specifiche di cuneiforme ma era un grande amante degli enigmi, e scommise con i suoi compagni di bevute che sarebbe riuscito a decifrarlo.

LE ISCRIZIONI Grotefend si concentrò su due iscrizioni di Persepoli, che compaiono qui sotto come A e B, associate a due sculture di re persiani. Da un lato, si conosceva il titolo impiegato da questi sovrani grazie alle informazioni giunte dagli autori greci antichi. Dall’altro, si sapeva che la scrittura cuneiforme si scriveva da sinistra a destra e dall’alto in basso. E si sapeva pure che veniva impiegato un cuneo inclinato per separare le parole: . A

Serse, il grande re, re dei re, figlio di Dario, il re achemenide. B

FRAMMENTO DI UNA COPPA DEL VASELLAME REALE DI SERSE I (519-465 A.C.), CON IL TITOLO REALE. MUSÉE DU LOUVRE, PARIGI.

Dario, il grande re, re dei re, re delle nazioni, figlio di Istaspe, achemenide, che costruì questo palazzo.

GEORG FRIEDRICH GROTEFEND (17751853). LITOGRAFIA DI C. KIESEL, A PARTIRE DA UN QUADRO DI J.F. WINKELMANN. 1830.

DARIO I MENTRE CACCIA UN LEONE. IL SOVRANO, IN PIEDI SUL CARRO, SCAGLIA FRECCE CONTRO L’ANIMALE. SOPRA COMPARE UN ESSERE ALATO, FORSE IL DIO AHURA MAZDĀH. SIGILLO IN AGATA CON LA SUA IMPRESSIONE. BRITISH MUSEUM, LONDRA.

DA SINISTRA A DESTRA: LES FRÈRES CHUZEVILLE / RMN-GRAND PALAIS; AKG / ALBUM; BRITISH MUSEUM / SCALA, FIRENZE; DEA / SCALA, FIRENZE. FONTE DELL’INFORMAZIONE: MATTHEW W. STOLPER, LAS LENGUAS Y LAS INSCRIPCIONES AQUEMÉNIDAS, IN 7000 AÑOS DE ARTE PERSA, FUNDACIÓN LA CAIXA, 2004.


PRIMO PASSAGGIO

1

Grotefend osservò che la sesta parola di A era la prima parola di B. Poiché era sicuro che i testi contenessero nomi reali, ipotizzò che le due iscrizioni cominciassero con il nome di un re. Dal modo in cui gli autori greci menzionavano i titoli reali persiani, era probabile che il sovrano dell’inizio di A fosse poi nominato quale figlio del monarca dell’inizio di B. Non potevano essere Ciro e Cambise, perché i due nomi non cominciavano con la stessa lettera, né Ciro e Artaserse, perché uno era molto breve e l’altro lungo. Rimanevano solo Dario e Serse, che ben si adattavano alla scrittura.

2

SECONDO PASSAGGIO

Utilizzando come base diverse fonti, tra cui il vocabolario avestico (impiegato dalla letteratura sacra zoroastrica, che Grotefend conosceva grazie all’orientalista francese Anquetil-Duperron), lo studioso pensò che i nomi dovessero essere simili a Darheush (Dario) e Khshhershe (Serse). I segni che si ripetevano in entrambe le iscrizioni mostravano che era sulla strada giusta. Sotto sono trascritti entrambi i nomi secondo la forma usata da Grotefend e quella attuale.

Grotefend: Attuale:

kh xa

Grotefend: Attuale:

d da

sh h sha a

a a

r ra

e ya

r ra

h ya

e va

sh sha

e a

g vi

o i

sh sha

t ta

a a

3

TERZO PASSAGGIO

Sull’iscrizione A i caratteri della seconda e della quarta parola erano identici; lo erano pure quelli della seconda, quarta e sesta parola dell’iscrizione B. E nelle parole quinta e settima di A, nonché nella quinta di B, la sequenza presentava alcune variazioni. Grotefend pensò che tutti quei termini fossero legati alla parola “re”, e nel caso A dovessero essere letti come: «Il […] re, re dei re, […] del re […]». Secondo il vocabolario avestico, “re” assomiglierebbe a khshehioh.

Grotefend: Attuale:

kh xa

sh e sha a

h ya

i tha

o i

h ya

u sh u sha

Grotefend si spinse ben oltre. Serse attribuiva il titolo di re al padre, Dario, ma questi non poteva fare lo stesso, perché suo padre non era stato re. Il padre di Dario si chiamava Istaspe, e Grotefend cercò la grafia persiana del nome nei testi avestici. Era simile a Goshtasp, e trovò diverse corrispondenze nell’ottava parola di B.

Grotefend: Attuale:

FORSE DARIO I (550-486 A.C.) SUL TRONO. RILIEVO DI PERSEPOLI.

s sa

p pa

I RISULTATI Grazie al lavoro puntiglioso di Grotefend, gli studiosi avevano a disposizione 10 lettere: a, b, sh, t, s, p, t, r, u e kh; più avanti, lo stesso Grotefend avrebbe identificato la f e la k. Furono quindi svelate 12 delle 42 lettere usate dagli achemenidi. La decifrazione definitiva sarebbe giunta più di quarant’anni dopo, grazie al lavoro dell’inglese Rawlinson e dell’irlandese Hicks.


LA DIMOSTRAZIONE DEFINITIVA

TRADUZIONE A OTTO MANI

N

ella primavera del 1857, la Royal Asiatic Society di Londra ricevette quattro buste sigillate con la traduzione di un testo cuneiforme assiro-babilonese che figurava su un prisma di argilla di Tiglat-Pileser I, conservato nel British Museum. Le buste erano state inviate da H. Fox Talbot, H. Creswicke Rawlinson, E. Hincks e J. Oppert, che avevano lavorato sulle litografie dell’iscrizione. Il risultato dimostrò che era possibile tradurre le iscrizioni in quella lingua, come indicano le coincidenze dei testi che vediamo nella pagina a fianco.

LA CITTÀ DI NINIVE COMPARE QUI NELLA PARTE SUPERIORE DEL RILIEVO NEL PALAZZO DI ASSURBANIPAL. IL PRISMA DI TIGLATPILESER I FU TROVATO NELLA BIBLIOTECA DI ASSURBANIPAL.

BRITISH MUSEUM / SCALA, FIRENZE

nico Austen Henry Layard nella capitale assira di Nimrud (Iraq). A partire dal numero di segni e dal raffronto tra le diverse grafie per indicare uno stesso nome proprio, Hincks aveva intuito che a Rawlinson era sfuggito qualcosa: ovvero che, come si è detto, uno stesso segno poteva rappresentare sia una parola sia una sillaba. Hincks aveva capito pure che una sillaba poteva essere scritta sia con un unico segno sia con la combinazione di due segni, come“dur”, che si poteva indicare con un segno dal significato “dur” o con l’unione di due segni sillabici, “du” e “ur”. Le due possibili grafie cuneiformi erano servite a scrivere il nome proprio del

BRITISH MUSEUM / SCALA, FIRENZE

IL MARCHIO DEL RE DI BABILONIA I mattoni usati nelle costruzioni di Nabucodonosor II portavano il suo nome, come possiamo vedere qui sotto. A destra, una trascrizione dello stesso, del XIX secolo.

re Nabukudurriusur, ovvero Nabucodonosor. Edward Hincks non identificò solo il nome del famoso re babilonese, ma lesse anche in quelle stesse iscrizioni la prima parola comune in babilonese: anaku. Grazie alle sue conoscenze d’ebraico vi riconobbe il pronome personale della prima persona singolare,“io”, giungendo all’importante conclusione che il babilonese, come l’assiro, apparteneva alla grande famiglia delle lingue semitiche. Queste ultime si scrivevano senza specificare le vocali, cosicché il babilonese utilizzava diversi segni per scrivere sillabe come “ba”,“bi”,“bu”,“ab”,“ib”, e “ub” (le lingue semitiche avevano originariamente solo le tre vocali a, i, u). Una tale scoperta favorì straordinariamente la comprensione della grammatica babilonese. Ma il lavoro di Hincks non era finito qui.


HE NRY FOX T ALBOT

«Ma colui che danneggi le mie tavolette di pietra e i miei registri commemorativi o li distrugga: li cancelli con acqua: o li consumi con il fuoco: o mutili la scrittura: o scriva il suo nome (al posto del mio): o tronchi gli emblemi, o rompa la superficie delle mie tavolette [...]». H E NRY CR ESWI CKE R AWLINSON

«Chiunque eroda o danneggi le mie tavolette e cilindri, o li bagni con l’acqua, o li bruci con il fuoco o li esponga all’aria, o nel luogo sacro del dio gli assegni una posizione in cui non possano essere visti o ascoltati, o cancelli la scrittura e incida il suo nome, o chiunque divida le sculture (?) e le separi dalle mie tavolette [...]». E DW AR D HI NCKS

«Chi nasconderà o cancellerà le mie tavolette e le mie terre, vagherà nelle acque, sarà sospeso nel fuoco, sarà calunniato con la terra, gli verrà assegnato un luogo sgradevole nell’eccelsa casa su in alto. Sopravvivrà pochi anni e scriverà il suo nome dove il nemico lo mutilerà rapidamente e sarà (la tavoletta che lo contiene) infranta contro le mie tavolette!». J ULE S OP P ER T

«Colui che nasconde o mutila le mie tavolette e le mie pietre angolari, chi le getta nell’acqua, chi le brucia con il fuoco, chi le sparge ai venti, chi le trasporta nella casa della morte, a un luogo senza vita, chi ruba i cilindri (?), chi vi incide il suo nome e [...] chi danneggia le mie tavolette [...]». BRITISH MUSEUM / SCALA, FIRENZE

Una delle sue principali scoperte fu capire che i babilonesi usavano due stili di scrittura: il monumentale, su muri e statue, e il corsivo, sulle tavolette di argilla. La comparazione dei due stili avrebbe permesso grandi progressi nella decifrazione. Lo stesso Rawlinson avrebbe più tardi ammesso che quella scoperta aveva avuto maggiori ripercussioni sulla decifrazione di quanto non lo avesse fatto la sua trascrizione di Bı̄sutūn. A sua volta, Layard consegnò a Hincks i suoi ritrovamenti perché traducesse i testi di Nimrud e Ninive. Una tavoletta attirò l’attenzione di Hincks: un antico libro in testo assiro, una lista di sillabe che corroborava i diversi valori dei segni (come diverse sillabe e parole diverse). Fu il britannico William Henry Fox Talbot a proporre alla Royal Asiatic Society, nel marzo

1857, di far tradurre un’iscrizione cuneiforme a quattro eruditi – Hincks, Rawlinson, il francese di origine tedesca Jules Oppert e lo stesso Talbot. Un tribunale indipendente e imparziale nominato dalla Society avrebbe poi controllato le quattro traduzioni. Il verdetto, emesso il 29 maggio 1857, dava fede delle «coincidenze piuttosto notevoli che presentavano le diverse traduzioni». La data commemora la decifrazione del cuneiforme assiro-babilonese, alla quale sarebbe seguita quella delle lingue che si erano succedute nel Vicino Oriente dal III millennio a.C.

IL PRISMA DI TIGLAT-PILESER I

Di argilla, alto 39,4 cm e lungo 17,8, menziona i successi politici e militari di questo re assiro tra il 1115 e il 1077 a.C.: le sue guerre contro i mushki e gli aramei, la presa di Karkemish, le sue battute di caccia e le sue costruzioni.

JAVIER PALACIOS STORICO

Per saperne di più

SAGGI

La scrittura cuneiforme Christopher B.F. Walker. Salerno, Roma, 2008. Scritture cuneiformi Brigitte Lion e Cécile Michel (A cura di). Forum, Udine, 2012. L’origine del cuneiforme Pietro Mander. Aracne, Roma, 2005. ROMANZO

Scrittura cuneiforme Kaber Abdolah. Iperborea, Milano, 2017.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

47


BĪS UTŪN, LA ROCCIA DELLE

Versione babilonese: 112 righe di testo

Seconda versione elamitica: 593 righe di testo in 8 colonne.

1

VENTICI NQ UE M E T R I DI T E ST O

«Io sono Dario, il grande re, re dei re […] Per volontà di Ahura Mazdāh ho ottenuto il potere». Inizia così l’iscrizione incisa sulla roccia di Bı̄sutūn dal re persiano Dario I (521-485 a.C.) per legittimare il suo potere e testimoniare le sue gesta militari. L’iscrizione, alta 15 m e lunga 25, si trova a circa 60 m da terra. Il testo venne redatto nelle tre lingue ufficiali dell’impero, il persiano antico, l’elamitico e il babilonese, e in caratteri cuneiformi. La sua scoperta, avvenuta nel 1835 grazie a H.C. Rawlinson, fu fondamentale, poiché l’abbondanza di segni e il carattere trilingue la imposero come una sorta di stele di Rosetta che avrebbe facilitato la decifrazione della scrittura di queste tre lingue e la nascita della moderna assiriologia.

GUARDIA REALE. FRAMMENTO IN RILIEVO PROVENIENTE DA PERSEPOLI. V SECOLO A.C. MUSEO STATALE ERMITAGE, SAN PIETROBURGO.

PRISMA / ALBUM


ISCRIZIONI

Prima versione elamitica.

Versione in persiano antico: 414 righe di testo in 5 colonne.

2

UN LA V OR O DI ANNI

Per decifrare l’iscrizione, per prima cosa Rawlinson dovette copiarla. Il compito non fu privo di pericoli, vista la scarsa accessibilità, ma nulla fermò l’intrepido militare britannico. Rawlinson copiò la versione in persiano antico nel 1835 e, grazie alle sue conoscenze di avestico e sanscrito (e al contributo di E. Hicks), riuscì a tradurla nel 1846. Rawlinson avrebbe finito di copiare tutta la trascrizione solo nel 1847. L’impiego di un telescopio e l’inestimabile aiuto di un coraggioso e ignoto ragazzo curdo che realizzò calchi dell’iscrizione mentre era appeso nel vuoto, gli permisero di portare a termine la missione.

FRAMMENTO DELL’ISCRIZIONE DELLA PRIMA COLONNA, CON LE PRIME 15 RIGHE, PUBBLICATA DALL’ORIENTALISTA TEDESCO FRIEDRICH VON SPIEGEL NEL 1881.

SOPRA: BRIDGEMAN / ACI. SOTTO: ALAMY / ACI


IL MOMENTO DELL’ABBORDAGGIO

Questa kylix risalente al 520-500 a.C. mostra un mercantile di fronte a una nave da guerra munita di rostro e pronta all’abbordaggio. British Museum, Londra. In basso a destra, una stele egizia raffigurante un prigioniero filisteo. XIX dinastia. Musée du Louvre.

PIRATAS DE LA ANTIGÜEDAD IL GRANDE FLAGELLO DEL MEDITERRANEO

PIRATI DELL’ANTICHITÀ


BRITISH MUSEUM / RMN-GRAND PALAIS RENÉ-GABRIEL OJÉDA / RMN-GRAND PALAIS

Ci sono testimonianze scritte di atti di pirateria nel Mediterraneo di oltre tremila anni fa, ma fu in epoca greca e latina che il fenomeno assunse proporzioni tali da indurre i romani a lanciare una vasta offensiva contro i pirati


SCONTRO IN MARE

Rilievo romano del II secolo d.C. che rappresenta un combattimento navale. In acqua si vedono i corpi di alcuni soldati. Museo archeologico, Venezia. NEI PRESSI DI RODI

A destra, uno dei cinque porti della vecchia Rodi, Mandraki. Le rotte che lo attraversavano erano spesso prese di mira dai pirati.

DEA / SCALA, FIRENZE

UN’ARMA TERRIBILE

Sotto, rostro in bronzo del III secolo a.C. Situato a prua, era in grado di conficcarsi nello scafo nemico e squarciarlo.

P

er molte persone il primo contatto con i pirati sono i libri per ragazzi o i film di Hollywood. La perdurante fortuna di romanzi e film come Peter Pan, L’isola del tesoro, Il corsaro nero dimostra che la percezione popolare della pirateria è ancora oggi plasmata dall’universo narrativo degli autori del XVIII e XIX secolo. Nell’immaginario collettivo il pirata è di solito uno spadaccino che solca i sette mari alla ricerca di un tesoro sepolto, con una benda su un occhio, un arto amputato (generalmente sostituito da una gamba di legno o da un uncino) e un pappagallo appollaiato

che ripete volgarità. Ma nonostante il fascino suscitato dai filibustieri fin dall’epoca d’oro della pirateria (1650-1730), il banditismo marittimo è vecchio quasi quanto la stessa navigazione. Il termine latino “pirata” deriva dalla parola peirao, che in greco antico significa “tentare” e “prendere d’assalto”. La pirateria divenne ben presto un elemento importante nella vita quotidiana degli insediamenti costieri del Mediterraneo centrale e orientale, perché la geografia aspra di queste regioni spingeva la gente a guadagnarsi da vivere con il mare piuttosto che con l’agricoltura. La scarsità di terre fertili faceva sì che la maggior parte dei villaggi litoranei

C R O N O LO G I A

OBIETTIVO IN VISTA RPM NAUTICAL FOUNDATION

1200 a.C.

VIII secolo a.C.

Gruppi di pirati dell’Età del bronzo, i cosiddetti popoli del mare (lukka, sherden, zeker…), spadroneggiano nel Mediterraneo orientale.

Da come ne parla Omero nell’Iliade e nell’Odissea, si deduce che nell’Egeo la pirateria era un fenomeno comune.


XXXXXXXXX XXXXXX XXX

IV secolo a.C.

323 a.C.

II secolo a.C.

67 a.C.

Risale a questo periodo il mercantile greco Kyrenia, ritrovato nel 1965 in acque cipriote e affondato da un attacco pirata.

La morte di Alessandro provoca un incremento della pirateria e il ricorso ai pirati come mercenari da parte dei suoi successori.

Ascesa dei banditi della Cilicia lungo la costa meridionale dell’Asia Minore, che minaccerà le rotte commerciali romane.

La Lex Gabinia conferisce a Pompeo ampi poteri per condurre una campagna contro i pirati.

ANNA SERRANO / FOTOTECA 9X12

Nequassi re vend aec eatios esaddw evenda quidit etus qui quidunt faces ea volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut volorem oluptiu ntiunti dicimin explaborrum, ut quo torem.


RICOSTRUZIONE DELLA KYRENIA

LE LETTERE DI AMARNA

Una serie di tavolette cuneiformi come quella dell’immagine, rinvenute nella cancelleria della città egizia di Amarna e risalenti ai regni di Amenofi III e Akhenaton, attestano l’importanza del commercio internazionale in quel periodo. Musée du Louvre, Parigi. DEA / ALBUM

fossero più piccoli e più poveri di quelli dell’entroterra. Ciò significava che la sopravvivenza degli abitanti di tali zone dipendeva da risorse marine quali pesci, molluschi, alghe e sale. Di conseguenza molti uomini in buona salute dei porti del Mediterraneo centrale e orientale possedevano un’imbarcazione, imparavano a navigare in tenera età e conoscevano a perfezione le caratteristiche del mare. Tutto questo agevolava un loro eventuale ricorso alla pirateria in tempi difficili. Durante i primi secoli di storia della navigazione le imbarcazioni non erano in grado di muoversi in mare aperto, per cui il traffico era limitato a poche rotte navigabili in prossimità della costa. Le lente e sovraccariche navi mercantili costituivano dei bersagli allettanti per i ladroni del mare, che potevano giovarsi dei frastagliati litorali del Mediterraneo. Il gran numero di baie e insenature offriva un rapido accesso alle rotte commerciali e permetteva ai pirati di rimanere nascosti alla vista delle loro vittime fino a quando ormai non era troppo tardi per fuggire. Questi primi banditi marittimi attaccavano bastimenti di qualsiasi nazionalità e non dovevano fedeltà a nessuno. Non è strano pensare che le popolazioni costiere facessero ricorso alla pirateria in tempi di difficoltà economiche, considerato che non gli mancavano né i mezzi né le motivazioni necessarie.

I pirati più antichi Tra le più remote fonti d’informazione sulla pirateria nel Mediterraneo ci sono documenti e annali dell’antico Egitto. Le Lettere di Amarna, un lotto di 362 atti di corrispon-

Realizzata sulla base dei dati archeologici, mostra un’imbarcazione con un solo albero, vela quadrata e due timoni laterali. Lo scafo era protetto da un rivestimento di piombo.

RICHARD SCHLECHT / NGS

denza diplomatica tra l’amministrazione egizia e i suoi alleati e vassalli, sono particolarmente istruttive al riguardo. Risalenti all’epoca del Nuovo regno, le lettere (13601332 a.C. circa) offrono un’ottima panoramica della situazione politica del Mediterraneo orientale di quegli anni. In alcune di esse si può leggere che due gruppi di pirati, i lukka e gli sherden, stavano perturbando il commercio e la sicurezza nella regione. In una

Lo sviluppo della pirateria fu favorito dalla scarsità di terre fertili nelle aree costiere del Mediterraneo ANFORA VINARIA ROMANA RITROVATA IN UN RELITTO CHE NE TRASPORTAVA CIRCA 1.500. METROPOLITAN MUSEUM, NEW YORK. AL BU M


missiva al faraone, il re di Alasia (Cipro) nega categoricamente che il suo popolo si sia alleato con i lukka, che anzi saccheggerebbero spesso la città cipriota di Zikhra. Dai loro insediamenti in Licia (Asia Minore) i lukka potevano attaccare facilmente le comunità costiere del Mediterraneo orientale. Purtroppo la lettera non rivela come fu respinta la minaccia pirata, ma afferma che se qualche abitante locale fosse stato trovato tra le file nemiche, sarebbe stato severamente punito. Un’altra lettera dell’archivio di Amarna riferisce di un abbordaggio effettuato da un gruppo di pirati di Beirut, Tiro e Sidone a spese di un bastimento. Un racconto roman-

AFFONDATA DAI PIR ATI NEL 1965 È STATO RITROVATO nelle acque di Cipro il relitto di un

piccolo bastimento mercantile, ribattezzato con il nome della vicina città di Kyrenia. Lungo 14 metri, aveva un solo albero, una vela quadrata e due timoni laterali nella zona di poppa. Lo scafo era rivestito in piombo. Quando era affondato trasportava un carico di 400 anfore vinarie provenienti da Rodi e Samo, 29 mulini in pietra di Nisiro e circa 10 mila mandorle; l’equipaggio era composto da quattro persone. Alcuni segni di violenza hanno condotto i suoi scopritori (Michael e Susan Katzev) a ipotizzare che la nave fosse stata assalita da pirati: nello scafo erano conficcate otto punte di ferro. Se fosse stata effettivamente vittima di un abbordaggio, sarebbe la più antica testimonianza di pirateria giunto fino a noi.


zesco scritto intorno al 1100 a.C., durante il regno di Ramses III, e noto come Il viaggio di Unamon, illustra bene il potere dei pirati. Secondo il testo un altro gruppo di pirati, gli zeker, controllava il litorale che va dal sud di Israele fino a Byblos (nell’attuale Libano) e poteva attaccare la marina mercantile in totale impunità.

Banditi greci CRATERE DI ARISTONOTO

Sulla superficie è rappresentata una battaglia navale. Per secoli il confine tra guerra e pirateria fu molto sottile. 650 a.C. circa. Musei capitolini, Roma. DE AGOSTINI

56 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

Tra le prime testimonianze di pirateria in Grecia ci sono le leggende intorno alle gesta di Minosse, il potente sovrano di Creta. Tanto Erodoto quanto Tucidide sostenevano che Minosse fosse stato il primo re a creare una talassocrazia, ovvero un impero marittimo. Secondo Tucidide, «Minosse fu il più antico a dotarsi di una flotta ed estese il suo dominio su gran parte dell’attuale mare greco; sottomise le Cicladi e fu il primo a colonizzare molte di esse, espellendo i cari e insediando al governo i propri figli. E, com’era naturale, per poter riscuotere con maggior sicurezza i tributi cercò, per quanto in suo potere, di ripulire il mare dai pirati». Malgrado la tentazione di pensare che queste vicende si riferiscano a un evento reale, la talassocrazia minoica non ha una solida base storica e probabilmente entrambi gli autori la usavano come un’allegoria per parlare dell’impero marittimo ateniese del loro tempo. La pirateria come concetto chiaramente definito emerse in realtà solo più tardi, in Epoca arcaica (800-500 a.C.). L’Iliade e l’Odissea, scritte nell’VIII secolo, contengono numerosi riferimenti ai pirati. Per quanto se ne parli spesso con biasimo e disapprovazione, c’è in alcuni casi un tentativo di comprenderne le motivazioni. Quando finge di essere cretese, Ulisse spiega che grazie ai saccheggi i pirati possono elevare il loro status sociale. Quindi, se anche la pirateria era riprovevole come mera atti-

vità di sussistenza, il bottino permetteva ai pirati di professione di scalare posizioni nella gerarchia sociale. Alla fine del VI secolo a.C. le reti commerciali greche abbracciavano ormai un’area vastissima: dal Portogallo meridionale all’India occidentale, dai porti nordafricani al punto più settentrionale del mar Nero. Era cresciuto anche il volume e il valore delle merci trasportate, il che significa che per la prima volta la prosperità economica di città-stato greche come Atene, Corinto ed Egina dipendeva quasi interamente dal commercio marittimo. La pirateria rappresentava quindi una grave minaccia al benessere cittadino. Non a caso, secondo Tucidide, i corinzi furono i primi a cercare di sopprimerla con l’obiettivo di sostenere i mercanti. L’alto costo delle campagne navali su larga scala impediva però a molti stati d’intraprendere azioni militari. Anche solo una missione puntuale contro un piccolo numero di pirati avrebbe richiesto un enorme sforzo bellico e ingenti investimenti pubblici. Di conseguenza, nel V e nel IV secolo a.C. le città greche cercarono di limitare la pirateria attraverso misure meno costose, che prevedevano sporadiche operazioni volte a ripulire i mari, la formazione di alleanze, la stipula di trattati (che includevano clausole per proibire il banditismo marittimo), la costruzione di presidi militari nelle regioni in cui i pirati operavano e l’uso di scorte per accompagnare le navi mercantili. Anche se queste misure riuscirono a limitare parzialmente le azioni di pirateria, in molte regioni del Mediterraneo il fenomeno continuò a proliferare. È indicativo che alla fine del IV secolo a.C. Alessandro Magno vedesse la pirateria come una grave minaccia per i suoi piani d’invasione della Persia. Il suo esercito dipendeva dai rifornimenti inviati dalla Grecia continentale, quindi gli attacchi alla marina mercantile potevano mettere a repentaglio la campagna militare. Per questo Alessandro creò la prima vera “coalizione internazionale” contro la pirateria, cui tutti i suoi


DELO, UN EMPORIO COMMERCIALE

AC PRODUCTIONS / GETTY IMAGES

Il carattere sacro e inviolabile di quest’isola dell’Egeo ne favorì l’attività mercantile. Nel II secolo a.C. diventò un enorme mercato di schiavi alimentato dalla pirateria.


o

c

B R I TA N N I A

t

i

Deva

A

t

l

a

n

Londinium

Questa moneta fu coniata durante il regno di Demetrio Poliorcete, che si servì dei pirati in diverse battaglie. British Museum, Londra.

Uno dei successori di Alessandro, Demetrio Poliorcete, schierava regolarmente contingenti di pirati tra le sue truppe navali. Lo storico Diodoro Siculo afferma che durante l’assedio di Rodi il sovrano macedone impiegò molti banditi marittimi, tra cui il famoso Timocle e la sua ciurma. Analogamente Tolomeo II li utilizzò contro il seleucide Antioco II durante la Seconda guerra siriaca (260-253 a.C.). Ciononostante, anche se alcuni di questi predoni si guadagnavano da vivere negli eserciti dei regni dei diadochi, la maggior parte continuò a operare per conto proprio, come Timarco, un avventuriero dell’Etolia attivo in Asia Minore durante il III secolo a.C. Il crollo della potenza navale di Rodi nel 167 a.C. eliminò l’ultimo ostacolo alla diffusione della pirateria, che vent’anni più tardi costituiva di nuovo un problema rilevante. Questo periodo vide l’ascesa dei cilici, che spadroneggiavano nelle acque del Mediterraneo orientale. I pirati cilici attaccavano di solito le lente navi adibite al tra-

BRITISH MUSEUM / SCALA, FIRENZE

o

n a e

c O

Mar Cantabrico Eb r

Duero

Tago

S PA G N A ROMANA

Cadice

BRIDGEMAN / ACI

Tarragona

Nuova

Cesarea

M A U R I TA N I A

Domini romani XXXXXXXXX XXXXXX XXX

Nequassi Alleatire di vend Roma aec eatios esaddw evenda quidit etus qui quidunt faces Zona controllata dai pirati ea volorem oluptiu ntiunti dicimin Principali rotte commerciali oluptiu terrestri ntiunti explaborrum, ut volorem dicimin explaborrum, ut quo torem. Principali rotte commerciali marittime CARTOGRAFIA: EOSGIS.COM

sporto del grano. I membri dell’equipaggio e i passeggeri catturati potevano essere venduti come schiavi oppure, nel caso in cui fossero stati abbastanza importanti o facoltosi, tenuti in ostaggio fino al pagamento di un riscatto.

I romani e la pirateria Inizialmente i romani tollerarono la presenza dei cilici, in quanto le attività agri-

I prigionieri dei pirati erano venduti come schiavi o liberati al pagamento di un riscatto

58 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

PIRE Narbona NEI

vir lqui da Cartagine

Gu a

L’arrivo dei cilici

GALLIA

Brigantium

Gu ad ian a

TETRADRAMMA D’ARGENTO

Loira

o

alleati e vassalli erano obbligati a partecipare. Dopo la morte di Alessandro nel 323 a.C. nessuna potenza aveva più la forza o la volontà politica sufficienti per porre fine al fenomeno. Anzi, i successori di Alessandro ritenevano i pirati una risorsa utile a danneggiare i rispettivi avversari, e in alcuni casi li arruolarono nella propria marina come unità ausiliarie.

HERMES, UNA DELLE DIVINITÀ VENERATE DAI PIRATI CILICI. PARTICOLARE DI UNA KYLIX DEL V SECOLO A.C. LOUVRE, PARIGI.

Lione


Visto la

Colonia

GERMANIA

Re no

A

C

Da nubio

Rod ano

Luna

A

Z

IT

M ar

Ti rrPuteoli en SARDEGNA o

AL

ri

IA

at

ic

o

MESIA TRACIA

Durazzo BAL CAN I

ASIA Efeso

Tarso

CIPRO

C R E TA

M e d i t e r r a n e o

Antiochia

Eu fra te

SIRIA Damasco Cesarea

GIUDEA

Cirene Alessandria

LIBIA

Eilat

Menfi

Nilo

EGITTO

cole e minerarie dipendevano fortemente dall’abbondante offerta di schiavi a buon mercato. Ciononostante, quest’attitudine cambiò nel 74 a.C., quando alcuni cilici rapirono il giovane Giulio Cesare e pretesero un riscatto per la sua liberazione. L’incidente irritò particolarmente il generale romano, trattandosi della seconda volta che cadeva nelle mani dei pirati. Nel momento in cui venne rilasciato, Cesare mise insieme una flotta, localizzò pirati, li sconfisse e alla fine li fece giustiziare. Poco dopo, nel 67 a.C., alcuni banditi marittimi saccheggiarono Ostia, il porto di Roma. Quest’evento convinse i cittadini dell’Urbe della necessità di uno sforzo si-

S

O

Melitene

Myra

Leptis Magna

A

C A P PA D O C I A ARMENIA

Siracusa

M a r

CA UC

Trebisonda

Amiso

Tessalonica

Corinto

a

gri Ti

Cartagine

Sinope

Mar Egeo

M

N e r Dioscurias o

Bisanzio

MACEDONIA

SICILIA

M a r

Panticapeo

io

Roma

Ad

CRIMEA Danubio

Salona

Vo lga

Olbia

sp

Ostia

DALMAZIA

ar

I

Ca

Ancona

NUMIDIA

P

r

M

Don

Dne pr

DACIA

Aquileia

Po

CORSICA

R

Potaissa

L P I

Marsiglia

A

I TEMIBILI PIR ATI CILICI I PIRATI PROVENIENTI dalla Cilicia Trachea (“aspra”), nella Tur-

chia sud-occidentale, seminarono il terrore nel Mediterraneo orientale tra il II e il I secolo a.C. Quattro fattori contribuirono al loro successo: la crisi dell’impero seleucide, la cui potente flotta aveva represso fino ad allora la pirateria; il fatto che, a quanto riferisce Strabone, Roma non era interessata a frenare le attività dei cilici, perché questi rifornivano la città di schiavi a buon mercato; la linea costiera era ricca d’insenature in cui i pirati potevano ormeggiare e nascondersi, e le querce e i pini dei monti Tauri offrivano il legno con cui costruire le navi; infine, un’efficace rete informativa gli permetteva d’identificare il carico e la destinazione di un’imbarcazione in porto per poi attaccarla in mare.


Pompeo sconfigge i pirati

POMPEO IL GRANDE

Sopra, il generale romano che mise fine alla minaccia pirata nel Mediterraneo. Busto di marmo del I secolo a.C. Museo della civiltà romana, Roma. PRISMA / ALBUM

La Lex Gabinia garantiva inoltre al generale Gneo Pompeo ampi finanziamenti pubblici e un’autorità senza precedenti per combattere la pirateria, e rese di fatto Gneo Pompeo l’uomo più potente di Roma: avrebbe avuto a disposizione 120mila soldati, quattromila cavalieri, 270 navi e un fondo di ben seimila talenti. Con queste risorse Pompeo intraprese una serie di operazioni contro i principali bastioni pirata del Mediterraneo, tra cui la Cilicia, Creta, l’Illiria e Delo. L’aspetto più rilevante delle campagne di Pompeo il Grande fu la clemenza che venne concessa a molti dei nemici. Anche se migliaia di loro morirono per mano delle truppe di Pompeo, chi si arrese spontaneamente ricevette proprietà e terra in regioni lontane dal mare, dall’Anatolia all’Africa settentrionale. Tali ricompense avevano lo scopo d’incentivare la gente a guadagnarsi da vivere onestamente e ridurre in questo modo il fascino esercitato dalla pirateria. Si trattò di una delle politiche più efficaci attuate in epoca romana contro il banditismo marittimo, anche se non riuscì mai a sradicare completamente il fenomeno. MARK WOOLMER UNIVERSITÀ DI DURHAM

Per saperne di più

TESTI

Agesilao e Pompeo Plutarco. BUR, 1996, Milano. SAGGI

I pirati contro Roma Claude Sintés. Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 2016.

60 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

DEA / ALBUM

stematico per mettere fine al fenomeno. Innanzitutto fu approvata una legge antipirateria, conosciuta come Lex Gabinia (dal nome del suo promotore, Aulo Gabinio), che dichiarava i pirati hostes gentium, “nemici dell’umanità”. Cicerone espresse il medesimo concetto nella sua opera De officiis, in cui li accusava di essere una calamità per tutti gli esseri umani.

SCARICO DEL GRANO DA UNA NAVE MERCANTILE A OSTIA. GLI UFFICIALI SEDUTI ANNOTANO LE MERCI E I PAGAMENTI SU TAVOLETTE CERATE (TABULARII). RILEVO. I-II SECOLO A.C. MUSEO DELLA CIVILTÀ ROMANA, ROMA.


LET QUE

BOC

DA VID N-

ES

IG

GLI OBIETTIVI PREFERITI DAI PIRATI

i bastimenti sovraccarichi ed estremamente lenti erano il bersaglio privilegiato dei pirati. Nell’illustrazione qui sotto si può vedere l’oneraria, una nave mercantile romana dalle forme tondeggianti. Uno degli esemplari più notevoli è quello del I secolo a.C. ritrovato a Madrague de Giens, nel sud della Francia. Lunga oltre 40 m, poteva trasportare fino a 400 tonnellate di carico. Nel suo ultimo viaggio aveva a bordo tra le settemila e le diecimila anfore di vino italiano destinate alla Gallia meridionale. Il mercantile romano standard era invece molto più piccolo, tra i 15 e i 20 m di lunghezza, e aveva una capacità di 75 tonnellate.

DB

OD


C ON I PIR AT I NE SSUNO È In un mosaico proveniente da una villa romana di Thugga, Dioniso castiga

la scena rievoca la storia narrata in uno dei cosiddetti Inni omerici, il VII. Un giorno Dioniso, dio del vino e della fertilità, si trovava sulla costa sotto le mentite spoglie di un giovane dai capelli neri vestito di porpora, quando «all’im-

provviso, da una nave dalle robuste fiancate, alcuni uomini si calarono sul mare dal colore del vino». Erano pirati, che rapirono il ragazzo credendolo il figlio di un re e pensando di poterne ottenere un cospicuo riscatto. Ma le corde con


A L SICURO i pirati che avevano osato rapirlo

PAUL WILLIAMS / ALAMY / ACI

MOSAICO PROVENIENTE DALLA CASA DI DIONISO E ULISSE A THUGGA (ODIERNA DOUGGA, IN TUNISIA). III SECOLO D.C. MUSEO NAZIONALE DEL BARDO. TUNISI.

cui cercarono di legarlo non tenevano. Quando il timoniere li avvertì che doveva trattarsi di un dio, i pirati lo ignorarono. Dalla nave cominciò a defluire del vino, sulla cima dell’albero germogliò una vite e il dio si trasformò in un leone,

che si scagliò sul capitano. I pirati si gettarono in mare, e divennero dei delfini. Nel mosaico si vede Dioniso sorretto dal suo precettore, Sileno, e da un giovane satiro. Dietro di lui appare una baccante con delle foglie di vite sul capo.


SPECIALE

10

ANNI

UN PALAZZO IERI E OGGI

La villa Adriana è la sontuosa residenza fatta costruire a Tivoli dall’imperatore Adriano. In quest’immagine, le rovine del cosiddetto “teatro marittimo” si fondono con una ricostruzione virtuale. FOTO: ISTOCKPHOTO. ILLUSTRAZIONE 3D: PROGETTO KATATEXILUX

COSÌ ERA IL MONDO ANTICO

I TESORI DEL PASSATO Dieci celebri monumenti storici, dall’antica Micene ad Angkor Thom, ricostruiti


VISTI IN 3D

a partire dai piĂš recenti dati archeologici


SPECIALE

10

ANNI

Foro romano Roma

Partenone Atene

Ippodromo Costantinopoli

GRECIA

TURCHIA

ITALIA

Tomba di Pakal Palenque

Biblioteca di Celso Efeso

MESSICO

Sala del trono Micene GRECIA

TURCHIA

Sala delle cento colonne Persepoli IRAN

Al Deir Petra GIORDANIA

IL PRESENTE E IL PASSATO

Rilievo del tempio di Zeus a Olimpia nel suo stato attuale (sotto) e come appariva all’epoca (in alto a destra).

DEA / AGE FOTOSTOCK

F

ino a poco tempo fa, immaginare l’aspetto originale dei monumenti antichi richiedeva un grande sforzo alle persone non esperte. Soprattutto quando di un sito archeologico non restavano che rovine, come nel caso del megaron di Micene, l’edificio che ospitava la sala del trono della più importante monarchia greca dell’Età del bronzo, o del gigantesco ippodromo di Costantinopoli (l’odierna Istanbul), della cui enorme struttura si è conservata solo una vasta piana, che corrisponde a piazza dell’At Meydanı. I progressi della ricerca archeologica e il contributo delle nuove tecnologie hanno cambiato questa situazione, e oggi è possibile non solo vedere com’erano gli spazi monumentali dell’anti-

chità, ma anche fare una passeggiata virtuale all’interno del Partenone, oppure visitare il foro romano. Uno degli aspetti principali di questa nuova prospettiva che si apre sull’architettura del passato è il colore. A partire dal Rinascimento gli studiosi d’arte e gli artisti come Michelangelo, Bernini e Canova, che s’ispiravano ai capolavori di epoche precedenti, videro l’antichità classica attraverso il prisma della bianchezza: quella delle statue e degli edifici di marmo. Nel XVIII secolo quest’immagine trasfigurata del mondo classico, di cui era sostenitore il grande storico dell’arte Johann Joachim Winckelmann, finì gradualmente per imporsi, traducendosi nell’idea che la bellezza fosse intimamente legata a quel candore. Negli anni trenta del novecento Lord Duveen fece sottoporre a una pulizia profonda i marmi del Partenone ora esposti nella sala


Esercito di terracotta Xi’an CINA

Bayon Angkor Thom

CARTOGRAFIA: EOSGIS.COM

CAMBOGIA

ILLUSTRAZIONE 3D: RAIDEN STUDIO

del British Museum che porta il suo nome, per restituirli al loro presunto biancore originario. L’operazione provocò la perdita irrimediabile dei pigmenti che i marmi ancora conservavano.

Un mondo a colori Oggi si sa che il mondo classico, tutt’altro che bianco, era un’esplosione di colori, di blu, rossi e verdi brillanti, e che la maestria degli artisti veniva giudicata in base alla vita che sapevano infondere alle loro statue.

Secondo una testimonianza riportata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, quando chiesero al famoso scultore ateniese Prassitele di quali opere fosse più soddisfatto, questi rispose: «Di quelle passate per le mani di Nicia», rife-

Archeologia Speciale Storica National Geographic

PETRA E PALMIRA

ww.storicang.it 192 pagine, 9,90 ¤ In edicola dal 6 marzo 2019

rendosi al celebre pittore con cui collaborava. Per Prassitele, e per coloro che ammiravano i suoi lavori, era solo grazie ai colori che le statue acquistavano vita. Quei colori si ritrovano nelle prossime pagine, negli edifici da cui furono rimossi per effetto del tempo e degli agenti atmosferici. Ora è possibile ammirarli nel loro splendore originario. Questo viaggio nella storia non sarebbe stato possibile senza il lavoro di decine di autori e specialisti che, in uno sforzo di divulgazione senza precedenti, hanno dato vita a National Geographic Archeologia: una collezione in 60 volumi che offre una sensazionale ricostruzione di monumenti europei, americani e asiatici capace di alimentare la passione e l’entusiasmo dei lettori nei confronti della storia.

numero 2 marzo 2019 € 9,90

SPECIALE ARCHEOLOGIA

PETRA E PALMIRA

LE CITTÀ LEGGENDARIE RICOSTRUITE IN 3D

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

67


10

ANNI

AGE FOTOSTOCK

SPECIALE

MICENE (GRECIA)

LA SALA DEL TRONO

S

XIV secolo a.C. Il complesso del palazzo di Micene viene eretto in cima a un colle, su un terrazzamento sostenuto da enormi mura.

68 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

2

ILLUSTRAZIONE 3D: RISE STUDIO

econdo l’Iliade, a guidare l’esercito greco durante l’assedio di Troia fu il re di Micene, Agamennone. Non si sa se Agamennone sia esistito realmente, ma di sicuro è esistita Micene, che a metà del II millennio a.C. era la capitale di un regno di grande rilievo. I suoi sovrani risiedevano in un’imponente acropoli fortificata, attorno alla quale si sviluppava la città propriamente detta. L’edificio principale dell’acropoli era il palazzo, la cui parte più intima e solenne era il megaron, un complesso formato da varie stanze, tra cui la sala del trono. Quest’ultima era un ampio ambiente rettangolare, di 13 metri per 11, al cui centro si trovava un focolare circondato da quattro colonne di legno rivestite in bronzo per prevenire gli incendi. Il trono del re era addossato a una parete. I muri dovevano essere decorati con pitture, delle quali non è rimasta traccia, e che probabilmente raffiguravano battute di caccia, battaglie o scene di vita quotidiana, come in altre strutture simili.

1


1 IL PAVIMENTO

La sala del trono doveva avere un’atmosfera molto raffinata. Il pavimento era rivestito di stucco dipinto e delimitato da lastre di gesso.

2 LE VISITE

Stando a quanto riportano i poemi omerici, nella sala erano presenti degli scanni per accogliere gli ospiti del re, che qui si riunivano per mangiare e conversare.

3 IL FOCOLARE

Al centro della stanza c’era un grande focolare di oltre 3,5 m di diametro. Il soffitto del megaron era probabilmente dotato di un’apertura per la fuoriuscita del fumo.

4 IL TRONO

Forse era situato al centro della parete meridionale della sala, come in altri palazzi micenei dove sono state trovate tracce attendibili della sua posizione.

4

3


SPECIALE

10

ANNI

1 OPISTODOMO

Stanza posta dietro la cella, sostenuta da quattro colonne ioniche. Anticamente era chiamato anche parthenon (“delle vergini”) perché vi erano custodite le offerte votive delle korai, le giovani nubili. 2 CELLA O NAOS

NAGELSTOCK / ALAMY / ACI

È il cuore del santuario. La statua di Atena era situata su una piattaforma delimitata da 23 colonne su due ordini che contribuivano a sorreggere l’edificio.

ATENE (GRECIA)

IL TEMPIO DI ATENA

1

447 a.C.

Comincia la costruzione del Partenone, promossa da Pericle e diretta dagli architetti Ictino e Callicrate. Nel 432 a.C. furono collocate le ultime statue.

70 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: TRASANCOS 3D

N

el 480 a.C. l’esercito persiano attaccò la città di Atene e distrusse i templi che sorgevano sull’Acropoli, la rocca sacra che dominava la città. Dopo aver definitivamente sconfitto l’impero achemenide nella Seconda guerra persiana, il leader ateniese Pericle ricostruì l’Acropoli e vi fece erigere il Partenone, l’imponente tempio dedicato alla dea Atena, protettrice della città. Opera degli architetti Ictino e Callicrate, questo tempio circondato da diciassette colonne sui lati lunghi e otto su quelli corti ospitava la statua di Atena Parthenos (vergine). Fu il celebre scultore Fidia a dirigere i lavori di decorazione scultorea dei frontoni, delle metope (formelle in pietra scolpita a rilievo) e del fregio interno. La struttura del Partenone fu quasi completamente distrutta nel 1687 quando, durante la guerra tra turchi e veneziani un colpo di cannone provocò l’esplosione delle munizioni immagazzinate all’interno del tempio.


3 IL SOFFITTO

5 IL FREGIO

4 IL TETTO

6 NASCITA DELLA DEA

Il tetto a due falde del tempio di Atena era sostenuto da una robusta struttura in legno, che si reggeva a sua volta sulle pareti e sulle colonne.

Per la copertura furono utilizzate delle lastre di marmo pentelico, traslucide e di tre soli centimetri di spessore. I giunti tra le file erano costituiti da una serie di coppi dello stesso materiale.

3

Lungo le pareti esterne si sviluppava un fregio di un metro di altezza per 160 di lunghezza, raffigurante la processione delle Panatenee, le feste in onore della dea che si tenevano il 28 del mese di ecatombeone (luglio-agosto).

Il frontone orientale illustrava la nascita di Atena dalla testa di Zeus. Quello occidentale rappresentava la disputa tra Atena e Poseidone per il dominio dell’Attica.

4 6

2 5


SPECIALE

10

ANNI

1 L’URNA

GETTY IMAGES

Sormontato da un’urna di nove metri di altezza, il tempio fu utilizzato come chiesa in epoca bizantina. Forse per questo gli arabi lo ribattezzarono “il monastero”.

PETRA (GIORDANIA)

AL DEIR, IL MONASTERO

106 d.C.

Muore il re nabateo Rabel II, promotore della costruzione della facciata del “monastero”, che come molti degli edifici di Petra viene scavato nella roccia. 72 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: RISE STUDIO

L’

edificio, uno dei più famosi di Petra, fu scavato nella montagna che domina la città da nord-ovest. Al termine di una scalinata di circa 800 gradini scolpiti nella roccia, ci si trova di fronte all’impressionante facciata di 48,3 metri di altezza per 46,7 di larghezza, che fu costruita penetrando nel fianco del monte. Questo ha protetto il tempio dall’erosione del vento: dopo quasi due millenni dimostra ancora un eccellente stato di conservazione. A promuovere la costruzione dell’edificio era stato Rabel II, l’ultimo sovrano nabateo. Alla sua morte Petra, capitale del regno, venne occupata dall’imperatore Traiano. Alcuni secoli dopo, gli arabi ribattezzarono l’edificio “il monastero”, anche se probabilmente in realtà era un tempio dedicato al re nabateo Oboda. Proprio a lui sarebbe stata riservata una grande nicchia in fondo alla camera, di 12 metri per 12, che costituisce l’interno dell’edificio.


2 LE STATUE

1

Le nicchie inferiori e superiori conservano ancora oggi i piedistalli sui quali erano collocate le statue.

3 IL PORTICO SCOMPARSO

Sono stati ritrovati tamburi di colonne di grandi dimensioni, che fanno pensare che il tempio potesse essere fiancheggiato su entrambi i lati da un colonnato.

2

3


SPECIALE

10

ANNI

1 BASILICA NOVA

La costruzione della più grande basilica civile dell’epoca fu iniziata da Massenzio, dopo l’incendio che aveva danneggiato gli edifici del foro nel 283, e ultimata da Costantino. L’edificio occupava quasi seimila metri quadrati.

CF IMAGES / AGE FOTOSTOCK

1

ROMA (ITALIA)

IL FORO ROMANO

312 d.C.

Costantino sconfigge Massenzio nella battaglia di ponte Milvio. Dopo la vittoria realizza le ultime grandi opere: l’arco trionfale e la basilica nova.

74 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: PROGETTO KATATEXILUX

Q

uesto era l’aspetto che il foro romano avrebbe mostrato a un osservatore posizionato sul Palatino a metà del IV secolo d.C., prima che il potere di Roma declinasse e i visigoti saccheggiassero la città. Gli ultimi monumenti del foro furono costruiti da Massenzio e dal suo rivale Costantino il Grande, che lo sconfisse nel 312 e successivamente legalizzò il cristianesimo con l’Editto di Milano. Il visitatore si sarebbe ritrovato davanti agli occhi gli edifici che celebravano la gloria dell’impero: il Colosseo, fatto costruire nel I secolo da Vespasiano e da suo figlio Tito; l’arco di Settimio Severo, del III secolo; o un monumento ancora più antico, il miliario aureo, fatto erigere dal primo imperatore romano, Augusto, per segnalare il “chilometro zero” dal quale partivano tutte le strade dell’impero (si tratta della piccola colonna che appare all’estremità destra dei Rostri, la tribuna visibile nella parte inferiore dell’immagine).

4


2 IL TEMPIO DEL DIVO ROMOLO Tra la basilica nova e il tempio di Antonino e Faustina, dedicato alla memoria di suo figlio Romolo, molto probabilmente laddove prima sorgeva l’antico tempio di Giove Statore.

3

2

3 ARCO DI COSTANTINO

Eretto per commemorare la vittoria di Costantino contro Massenzio sul ponte Milvio, era decorato principalmente con rilievi provenienti da opere precedenti.

4 ARCO DI SETTIMIO SEVERO Tra i principali monumenti antichi c’era l’arco che commemorava le vittorie dell’imperatore Severo (morto nel 211) sui parti, secolari nemici di Roma.


SPECIALE

10

1 MURI DI MATTONI

ANNI

Le pareti in mattoni erano probabilmente rivestite di piastrelle smaltate, come nell’Apadana, il palazzo principale di Persepoli e l’unico più grande di questa sala.

DAVID POOLE / AGE FOTOSTOCK

2

PERSEPOLI (IRAN)

LE CENTO COLONNE

P

470 a.C.

Durante il regno di Serse I inizia la costruzione della sala delle cento colonne, che sarebbe stata portata a termine vent’anni dopo dal suo successore Artaserse I. 76 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

1

ILLUSTRAZIONE 3D: RISE STUDIO

rima della conquista da parte di Alessandro Magno, l’impero achemenide era il più grande del suo tempo. La capitale, Persepoli, era una testimonianza vivente della gloria e del potere persiani. Fu Dario I a creare la città e l’ampio complesso del palazzo; suo figlio Serse I vi fece costruire uno degli edifici più belli dell’antichità: la sala delle cento colonne, così chiamata per l’imponente foresta ipostila che sosteneva una copertura costituita da enormi travi di cedro. La sala era quadrata, misurava 68,5 metri per lato e vi si accedeva tramite due porte monumentali che si aprivano rispettivamente sulle pareti nord e sud. In questo ambiente, in cui erano probabilmente esposti i pezzi più importanti del tesoro persiano, si tenevano sontuosi banchetti e venivano ricevuti i comandanti degli eserciti achemenidi. La sala fu ridotta in cenere nel 330 a.C., quando Alessandro incendiò diversi edifici nell’area del palazzo dopo aver occupato la città.


2 LE COLONNE

Alte 14 metri, erano sormontate da capitelli floreali e protomi con due teste di toro (la protome è una decorazione costituita dalla testa o dal busto di un animale o di una persona).

3 NICCHIE

Gli oggetti piĂš preziosi del tesoro achemenide erano probabilmente esposti in questa sala, ai piedi delle colonne. Alcuni pezzi dovevano essere situati nelle nicchie sulle pareti.

4

3

4 TRAVI DI CEDRO

Il tetto era sostenuto da una struttura di travi in legno di cedro, che andarono bruciate nell’incendio del 330 a.C. e i cui resti sono emersi durante gli scavi.


10

ANNI

JAMES P. BLAIR / GETTY IMAGES

SPECIALE

COSTANTINOPOLI (TURCHIA)

IL GRANDE IPPODROMO

330 d.C.

Inaugurazione dell’ippodromo, risultato della ristrutturazione e dell’ampliamento da parte di Costantino di una precedente struttura realizzata da Settimio Severo. 78 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: 4D NEWS

C

ostantinopoli (l’attuale Istanbul) deve il suo nome a Costantino il Grande, che rifondò l’antica Bisanzio per farne la capitale della parte orientale dell’impero romano. L’ippodromo fu terminato nel 330, anno della cerimonia d’inaugurazione della nuova città. La struttura ospitò le corse dei carri fino al 1204, quando i crociati saccheggiarono Costantinopoli (allora capitale dell’impero bizantino) e ne distrussero i principali monumenti. In seguito fu usata come una miniera a cielo aperto da cui prelevare materiale per le nuove costruzioni. Oggi non rimangono che una spianata, due obelischi e la colonna serpentina. L’ippodromo misurava tra i 450 e i 480 metri di lunghezza e 117 metri di larghezza. Le sue 30 o 40 file di tribune accoglievano fino a 100mila spettatori, che ammiravano le evoluzioni dei carri intorno alla spina, l’asse centrale lungo cui si trovavano i due obelischi: quello prelevato da Teodosio I il Grande dal tempio di Karnak nel 390 e quello fatto costruire da Costantino VII (913-959).


4 3

1

2

1 OBELISCO DI COSTANTINO

3 OBELISCO DI TEODOSIO

2 COLONNA SERPENTINA

4 KATHISMA

Fu costruito a Costantinopoli nel X secolo, ai tempi di Costantino VII Porfirogenito. Era formato da vari blocchi di pietra rivestiti di lastre di bronzo dorato.

Era alta 8 metri e proveniva da un tripode del santuario di Apollo a Delfi. È così chiamata perché era costituita da tre serpenti intrecciati.

Eretto dal faraone Thutmose III a Karnak, fu portato a Costantinopoli da Teodosio I. Era collocato su un piedistallo su cui era raffigurato il sovrano intento a consegnare una palma al vincitore di una gara.

Era la tribuna da cui l’imperatore, la sua famiglia e gli alti dignitari della corte e del senato assistevano alle competizioni. Era disposta su diversi piani e comunicava con il vicino Gran palazzo.


SPECIALE

10

ANNI

1 L’EFFIGIE DI CELSO

SHUTTERSTOCK

Alle estremità della scalinata di accesso ci sono due statue equestri in bronzo di Tiberio Giulio Celso, sui cui piedistalli sono scolpite delle iscrizioni.

EFESO (TURCHIA)

LA BIBLIOTECA DI CELSO

ILLUSTRAZIONE 3D: ÁDÁM NEMETH

S

i tratta non solo della biblioteca meglio conservata dell’antichità, ma anche di un tributo al sapere e alla figura di Tiberio Giulio Celso Polemeano, personaggio illustre e governatore proconsolare della provincia romana dell’Asia. Nel 1904, in una cripta sotto la biblioteca, è stato ritrovato il sarcofago dello stesso Celso, morto nella capitale Efeso. Fu suo figlio Tiberio Giulio Aquila Polemeano a costruire questo superbo edificio in memoria del padre, all’inizio del II secolo. La facciata, di 17 metri di altezza, dava accesso a una sala di lettura di 11 metri per 17, circondata da due file di colonne che sostenevano due piani di gallerie. I circa 12mila manoscritti erano custoditi in trenta nicchie. Di fronte alla biblioteca si trovava un auditorium. Il risultato era una sorta di centro culturale.

1

110 d.C.

Il figlio di Celso inizia la costruzione, che proseguirà fino al 135 d.C. sotto la supervisione dell’architetto Tiberio Claudio Aristione.

80 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC


2 I FRONTONI

I tre frontoni (triangolare al centro e semicircolari sui lati) costituivano delle specie di tempietti sporgenti che coprivano le tre finestre superiori.

3 PADRE E FIGLIO

Quattro statue in bronzo, oggi perdute, decoravano il piano superiore. Secondo le iscrizioni sui piedistalli, tre di esse rappresentavano Celso e la quarta suo figlio Aquila.

2

3

4

4 LE STATUE FEMMINILI

Il piano inferiore era ornato da quattro statue femminili che rappresentavano le virtĂš di Celso: sapienza, benevolenza, saggezza e virtĂš.


10

ANNI

JIM RICHARDSON / GETTY IMAGES

SPECIALE

ANGKOR THOM (CAMBOGIA)

IL TEMPIO DI BAYON

1

1177 d.C.

Il primo re buddista di Angkor, Jayavarman VII, sconfigge l’esercito del regno del Champa e sale al trono dell’impero khmer. Fonda il complesso di Angkor Thom e vi erige il tempio. 82 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: RAIDEN STUDIO

V

erso la fine del XII secolo il re Jayavarman VII fondò Angkor Thom, una città circondata da mura che fu la capitale dell’impero khmer fino alla sua dissoluzione nel XV secolo. Angkor Thom comprendeva alcuni templi di epoca precedente, come Phimeanakas e Baphuon, e altri costruiti ai tempi dello stesso Jayavarman, come Bayon, che rappresenta il sacro monte Meru, la dimora degli dèi. Il tempio-montagna si estende su una superficie di 144 metri per 228, e si eleva a 43 metri sopra il livello del suolo. L’edificio centrale, con la sua torre alta 31 metri, ospitava la statua di un Buddha seduto, protetto dal re dei serpenti Mucalinda. Gli studiosi hanno inizialmente ipotizzato che i volti che decorano le torri del Bayon rappresentassero il dio induista Brahma, creatore dell’universo, generalmente ritratto con quattro facce. Ma oggi si tende a pensare che siano raffigurazioni dello stesso Jayavarman con le sembianze del bodhisattva Avalokites’vara, signore del mondo e Buddha della compassione.


1 TORRI E VOLTI

3 STRUTTURE DI LEGNO

Il numero di torri e volti è oggetto di dibattito. Si ritiene che vi fossero circa 49 torri, benché se ne siano conservate solo 37. Il numero di volti è incerto, perché ogni torre poteva averne da due a quattro.

I segni sui blocchi di pietra suggeriscono che il tempio avesse numerose strutture lignee, che forse sostenevano delle guglie, anch’esse decorate con volti. 2

2 UNA MONTAGNA D’ORO

Quando si entrava nel complesso, le diverse altezze delle torri dorate davano l’impressione di penetrare in una foresta di pietra che si elevava verso il centro del tempio.

3


SPECIALE

10

ANNI

1 L’ACCONCIATURA

I soldati di fanteria hanno i capelli legati a crocchia sulla sommità del capo e la testa inclinata verso destra. Gli ufficiali presentano la capigliatura raccolta alla base della nuca, forse per poter indossare l’elmo.

STEFAN AUTH / AGE FOTOSTOCK

1

XI’AN (CINA)

L’ESERCITO DI TERRACOTTA

210 a.C.

L’imperatore Qin Shi Huangdi viene sepolto insieme a un esercito di terracotta. I guerrieri sono rivolti verso est, in direzione dei regni conquistati dal sovrano.

84 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: 4D NEWS

I

l primo imperatore cinese, Qin Shi Huangdi, morì nel 210 a.C. Fu sepolto in una delle tombe più favolose della storia, poi ricoperta da un gigantesco tumulo sul quale furono piantati degli alberi. Gli archeologi non sono ancora riusciti a penetrare in questa montagna, ma stanno lavorando alle tre tombe scoperte nel 1974, dove fu interrato un esercito di guerrieri policromi in terracotta, che aveva il compito di proteggere l’imperatore nell’aldilà. Le fosse occupano in tutto 30.350 metri quadrati e contengono circa ottomila soldati perfettamente schierati, 130 carri e 520 cavalli, oltre a innumerevoli resti delle autentiche armi in bronzo brandite da quel fantasmatico esercito. Le immagini corrispondono alla fossa 1, la più grande, in cui si trovano 1.900 soldati di fanteria; potrebbero essercene altri seimila ancora sepolti. Ogni guerriero è unico e si distingue dagli altri per l’acconciatura, la forma degli occhi, delle sopracciglia e delle orecchie.


2 L’EQUIPAGGIAMENTO

3 PITTURA

Lo stato forniva ai soldati di estrazione contadina le armi e le corazze; il resto dell’equipaggiamento dovevano procurarselo da soli. Ecco spiegati i vestiti variopinti.

Si trattava di una vernice a base d’uovo, applicata su due strati di lacca. Purtroppo i colori non hanno sempre resistito alla prova del tempo: una volta esposta all’aria la lacca tende a sollevarsi e a staccarsi.

2

3


10

ANNI

JESSE KRAFT / AGE FOTOSTOCK

SPECIALE

PALENQUE (MESSICO)

LA TOMBA DI PAKAL

683 d.C.

Il 28 agosto muore K’inich Janaab’ Pakal, il più importante sovrano di Palenque. Viene seppellito all’interno di un monumento destinato a perpetuarne eternamente la vita e la gloria.

86 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

ILLUSTRAZIONE 3D: TRASANCOS 3D

N

ella zona sud della piazza principale di Palenque sorge una maestosa piramide a gradoni, sormontata dal tempio delle Iscrizioni, a 25 metri di altezza dal suolo. Come nel caso delle piramidi egizie, questo monumento fu costruito per ospitare le spoglie di un sovrano: K’inich Janaab’ Pakal, signore della città maya di Palenque nel VII secolo. L’edificio fu eretto su una collina naturale, cui fu data forma piramidale; era costituito da nove piattaforme che simboleggiavano i livelli dell’oltretomba maya. Il tempio superiore aveva cinque porte, separate da sei pilastri ricoperti di rilievi in stucco, e comunicava con una scala interna di 66 gradini che conduceva a una cripta scoperta nel 1952: la tomba di Pakal il Grande. Ai piedi della piramide, sotto la camera mortuaria, si estendeva una complessa rete di canali sotterranei che permetteva di trasportare il sovrano nell’aldilà.


1 LE CRESTE

3 LA SCALINATA

2 LA STORIA DI PAKAL

4 LA CAMERA SEPOLCRALE

Il portico del tempio aveva un’elegante copertura decorata, sormontata a sua volta da una “cresta” traforata. Si tratta di un elemento tipico dell’architettura maya, molto comune a Palenque. Il tempio delle Iscrizioni deve il suo nome ai tre pannelli incisi con testi glifici che decorano il pib’-naah (santuario) e raccontano la storia dinastica del ajaw (sovrano) Pakal il Grande.

1

La scalinata che conduce alla cripta va da est a ovest, a imitazione del percorso quotidiano del sole. Questo permetteva al pixan – lo spirito eterno del defunto che esalava dal suo corpo dopo la morte – di orientarsi. Misurava sette metri di altezza, sette di lunghezza e 3,5 di larghezza. Era situata a oltre 20 metri di profondità e aveva forma a volta. Era decorata con le rappresentazioni dei nove bolontiku, i signori degli inferi. 5 IL SARCOFAGO

Il re riposava all’interno di un maestoso sarcofago in pietra, del peso di 7,5 tonnellate. Era accompagnato da cinque persone di ambo i sessi, che furono sacrificate al momento di sigillare la tomba.

2

3

4

5


CASTELLO DI PEYREPERTUSE

Si erge su una cresta rocciosa di 400 m di lunghezza e 80 di altezza. La fortezza, molto vicina a quella di Quéribus, da lì visibile, passò nelle mani dei re di Francia dopo la crociata contro i catari o albigesi. HERVÉ LENAIN / GTRES


CATARI LA NASCITA DI UN’ERESIA

Intorno al 1160, nel sud della Francia nacquero gruppi di “uomini buoni” e “donne buone” che decisero di vivere in sintonia con gli autentici insegnamenti del Vangelo


BASILICA DI SAN CLEMENTE

Nell’XI secolo, a Roma, alcuni chierici criticarono il nuovo modello di autorità papale. A sinistra, la basilica di San Clemente, a Roma. XII secolo. PAPA GREGORIO VII

I

n alcune regioni del mondo cristiano, a metà del XII secolo sorsero diverse comunità che organizzavano la propria vita religiosa ai margini della Chiesa ufficiale. Assunsero denominazioni diverse a seconda della zona: albigesi, manichei, publicani o pauliciani, ariani, bulgari, bogomili, patarini… Loro preferivano chiamarsi semplicemente “uomini buoni” o “donne buone”, “cristiani” o “cristiane”. Oggi sono conosciuti come catari. Per capire perché nacquero in quel preciso momento della storia dobbiamo tornare indietro di alcuni decenni, alla fine dell’XI secolo, cioè alla vera e propria rivoluzione che papa Gregorio VII avviò nella Chiesa

cattolica. La riforma che propose mirava a sradicare i cattivi costumi del clero, e in particolare la simonia, cioè l’accesso a cariche ecclesiastiche in cambio di denaro, e il nicolaismo, ovvero il concubinato dei sacerdoti. Al fine d’impedire l’ingerenza del potere politico nelle questioni religiose, tra il 1075 e il 1122 il papato intraprese una lunga lotta contro gli imperatori, la cosiddetta “lotta per le investiture”. Il risultato fu la creazione di un nuovo modello di Chiesa in cui i papi accrebbero enormemente la propria forza, al punto che alcuni storici hanno parlato di teocrazia pontificia. Una simile evoluzione suscitò il malcontento di una parte del clero cattolico, che

1075 LA FINE DELLA LIBERTÀ

90 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

INIZIA la cosiddetta “lotta

per le investiture”, in seguito alla quale i papi rafforzano il proprio potere. I catari provengono dal clero che si oppone alla nuova Chiesa.

1167 A SAINT-FÉLIX-DECARAMAN, nel sud della Francia,

si riuniscono i rappresentanti delle comunità catare in un concilio presieduto da Niceta, forse di origini orientali.

AKG / ALBUM

ERICH LESSING / ALBUM

Promosse una riforma per sradicare le cattive abitudini del clero. A destra, ritratto del papa in una miniatura del XII secolo.

1203-1207 UN GRUPPO di religiosi cattolici, tra cui Domenico di Guzmán, affronta dei dibattiti pubblici con esponenti del clero cataro. Quello tenutosi a Montréal dura 15 giorni.


1209 DOPO L’ASSASSINIO

del cistercense Pietro di Castelnau, papa Innocenzo III chiama alla crociata contro gli eretici catari. Ha inizio un secolo di repressioni.


I CATARI VICINO AL RENO

BERNARDO DI CHIARAVALLE

Il santo cluniacense predicò contro i catari della Linguadoca nel 1145. A sinistra, un affresco di Bernardino Zenale. XV secolo. Gallerie degli Uffizi, Firenze. BASILICA DI SAINT-SERNIN

Questa chiesa romanica fu costruita a Tolosa nel corso del XII secolo, e coincide con l’espansione del catarismo nelle regioni circostanti.

in Italia, dove misero salde radici. Diversi principi e signori feudali – i conti di Tolosa e di Foix e i visconti di Trencavel (signori di Albi, Carcassonne, Béziers, Limoux e Agde) – favorirono il diffondersi dell’eresia. In genere i catari si stabilirono nei cosiddetti castra o borghi castrali, piccoli villaggi fortificati che dall’anno Mille sorsero al riparo dei castelli feudali.

Il “paese cataro” Nel 1165 presso il castrum di Lombers, nella regione di Albi, ebbe luogo il contraddittorio per eresia contro gli adepti di una setta guidata da un certo Oliver, che si autodefinivano “uomini buoni”. Dopo l’interrogatorio vennero accusati di eresia e il vescovo cattolico di Albi, promotore del processo, ricordò alla nobiltà locale del castrum, rea di aver accolto la setta, che era proibito proteggere gli eretici. Due anni più tardi, nel 1167, nel castrum di Saint-Félix-de-Caraman, a sud di Tolosa, si riunirono i rappresentanti delle comunità di“uomini buoni”e“donne buone” delle regioni di Albi, Tolosa, Carcassonne e della val d’Aran, e pure del nord della Fran-

NUOVO TESTAMENTO CON RITUALE CATARO. XII SECOLO. BIBLIOTHÈQUE MUNICIPALE DE LYON.

BRIDGEMAN / ACI

AGE FOTOSTOCK

continuava a sostenere la purezza e la povertà evangelica quali uniche vie di perfezione. Alcuni suoi membri non risparmiarono infatti critiche alle autorità ecclesiastiche di Roma, incolpate di snaturare la tradizione della Chiesa apostolica, ma si videro poi accusati di eresia dalle stesse. I catari provenivano da questi settori insoddisfatti della Chiesa e s’imposero per la loro denuncia contro il papato e la curia, anche perché si presentavano quali unici eredi degli apostoli, che durante la Pentecoste avevano ricevuto da Gesù Cristo il compito spirituale di salvare gli uomini. Anche se i focolai di ribellione catara si attestarono anche in luoghi come il vescovato di Colonia, si svilupparono soprattutto nelle regioni meridionali dell’Europa cristiana. In particolar modo nel sud della Francia, nelle contee catalane dei Pirenei e

ORONOZ / ALBUM

Germania risale a una lettera scritta nel 1147 dal chierico Evervino di Steinfeld al futuro san Bernardo, in cui Evervino descrive il processo a due uomini della regione di Colonia accusati di eresia; uno di loro si proclamava vescovo, ed entrambi pretendevano di rappresentare la vera Chiesa di Cristo e degli apostoli. Predicavano in modo itinerante, osservavano la povertà evangelica e rifiutavano i sacramenti perché inefficaci. Negli anni sessanta del XII secolo compare la prima critica contro gli eretici catari nei sermoni di Ecberto di Schönau, insediato in un’abbazia vicino a Colonia. A Bonn e a Colonia i catari avevano aperto delle scuole dove insegnavano e diffondevano il loro modello di cristianesimo e di Chiesa. Tuttavia, non ebbero l’appoggio dell’aristocrazia e furono processati e giustiziati, senza perciò riuscire a mettere radici nel territorio.

SCALA, FIRENZE

LA PRIMA NOTIZIA che abbiamo dei catari in



TERRITORIO CATARO

La cartina mostra la distribuzione dei vescovati e delle comunità catare più importanti nel sud della Francia, e i vescovati cattolici. CASTELLO DI QUÉRIBUS

PA R I G I

FRANCIA

S PAGNA

CARTOGRAFIA: EOSGIS.COM

A differenza dei corrispettivi nella Chiesa romana, i vescovi catari erano autonomi e indipendenti e non riconoscevano l’autorità superiore di un papa o di un primate. Ogni vescovo veniva affiancato da alcuni consiglieri, chiamati “figlio maggiore” e “figlio minore”, ed era questo il modo in cui gestiva la propria diocesi.

Vita in comunità La Chiesa catara si propagò soprattutto nelle aree rurali e visse in tranquillità sin dalla fine del XII secolo, come confermano gli archivi dell’Inquisizione, principale fonte d’informazioni sui catari prima della Crociata contro gli albigesi (1209-1229). Interrogati dall’Inquisizione a partire dal 1240, gli abitanti più anziani ricordavano i tempi della loro gioventù: «Allora (prima della Crociata del 1209, NdA) gli eretici vivevano tranquillamente nelle loro case dei borghi». Raccontano inoltre come, prima del 1200, alcuni membri degli “uomini buoni” e delle “donne buone”, simili ai monaci e alle monache cattolici, vivevano nelle «case» all’interno dei borghi castrali, dove condu-

SIGILLO DI RAIMONDO VII, CONTE DI TOLOSA. XIII SECOLO. ARCHIVES NATIONALES, PARIGI.

ERICH LESSING / ALBUM

JEAN-MARC BARRERE / GTRES

cia e dell’Italia. Il concilio era presieduto da Niceta, probabilmente un “papa” orientale, e vi assistette Sicard Cellerier, il vescovo di Albi, l’unico vescovo cataro della zona. Alcuni lo identificano come Oliver, il capo della setta condannata a Lombers. Niceta ordinò tre nuovi vescovi catari, di Tolosa, Carcassonne e della val d’Aran, e convalidò l’ordinazione di Sicard. Il processo di Lombers e il Concilio di Saint-Félix dimostrano come, a quel tempo, la Chiesa dissidente catara fosse già ben organizzata nel sud della Francia. Dalla fine degli anni sessanta del XII secolo, le chiese catare occitane di Albi, Tolosa, Carcassonne e della val d’Aran disponevano, al pari di quelle cattoliche, di proprie giurisdizioni territoriali o diocesi. Agli inizi del XIII secolo furono ordinati altri due vescovi, e nel 1226 e nel 1229 fu il turno dei vescovi di Razès e di Agen.

Durante la crociata albigese, il castello divenne un rifugio per i catari in fuga. Chabert di Barbaira consegnò la fortezza nel 1255.



LA CAPITALE DEI CATARI

Nel 1209, durante la crociata contro gli albigesi, un esercito al comando di Simon de Montfort assediò Carcassonne, difesa da Raimondo Ruggero di Trencavel. Montfort prese Carcassonne in 15 giorni, imprigionò Trencavel e divenne il nuovo signore della città. ARNAUD SPANI / GTRES



LA VITA DI UN VESCOVO CATARO STELE DI BARAIGNE

GUIDALBERTO DI CASTRES fu uno dei prelati catari più conosciuti,

Nel 1242 gli uomini dell’Inquisizione riesumarono i cadaveri dei catari nel cimitero di Baraigne e li bruciarono. LA CITTADINA DI BRAM

ORONOZ / ALBUM

sicuramente membro di una delle più importanti famiglie nobili di Castres. Le fonti lo descrivono come “figlio maggiore” (consigliere) del vescovo cataro di Tolosa, residente a Fanjeaux. Guidalberto viene citato per la prima volta verso il 1195. Nel 1204 concesse il consolamentum dei moribondi al signore di Mirepoix, Pietro-Ruggero, e celebrò la cerimonia pubblica in cui Esclarmonde e Filippa di Foix furono ordinate come “donne buone”. Guidalberto partecipò al dibattito di Montréal nel 1207 e svolse un ruolo essenziale nella società catara occitana. Quando ebbe inizio la crociata, Guidalberto si rifugiò a Montségur, dove nel 1220 successe al vescovo Gaucelino. Morì a Montségur nel 1240, prima della caduta del castello nel 1244. Fu uno dei prelati più coinvolti nella difesa della sua Chiesa durante i primi decenni di repressione.

AKG / ALBUM

rispettivamente sorella e moglie del conte Raimondo Ruggero di Foix, ricevettero pubblicamente il sacramento dell’ordinazione, noto come consolamentum, dalle mani del chierico di Tolosa Guidalberto di Castres. In quanto “donne buone”, Esclarmonde si ritirò in una “casa” religiosa che lei stessa aveva aperto a Fanjeaux, e la cognata Filippa si trasferì in un’altra a Dun, a sud di Tolosa.

Dibattiti e crociate Abbiamo a nostra disposizione un’altra valida testimonianza sulla vita dei catari in quel periodo. Nel 1203 un gruppo di monaci cistercensi fu inviato nel sud della Francia da Innocenzo III allo scopo di predicare nella terra degli eretici. Lungo il percorso i membri della delegazione cattolica, che comprendeva due spagnoli, il vescovo Diego de Osma e il canonico Domenico de Guzmán, il futuro san Domenico, furono accolti dalla nobiltà e si confrontarono in diversi dibattiti pubblici con i catari. A Servian Diego de Osma affrontò Teodorico, un anziano canonico della cattedrale di Nevers che era stato ospitato e protetto da

CROCIATA CONTRO GLI ALBIGESI. GRANDS CHRONIQUES DE FRANCE. BRITISH LIBRARY, LONDRA. AKG / ALBUM

BERTRAND RIEGER / GTRES

cevano una vita «consacrata a Dio e al Vangelo», lavorando, rispettando e osservando i precetti evangelici, il voto di povertà, la proibizione di mentire, la castità e l’astinenza. Queste “case religiose” erano aperte al pubblico nelle stradine dei borghi e i loro membri ricevevano la visita dei familiari. Pure la gerarchia catara, composta da vescovi, “figli maggiori” e “figli minori”, diaconi e altri, viveva in comunità e preferibilmente nei castra, disposti nelle zone rurali, a differenza di quanto faceva la gerarchia cattolica, insediata nelle regioni urbane. Nei castra i catari erano protetti dalla nobiltà locale: i signori e le loro dame assistevano alle cerimonie, ascoltavano le prediche e, a volte, sceglievano di prendere i voti per assicurarsi la salvezza dell’anima. Un esempio fu la cerimonia di Fanjeaux del 1204. Esclarmonde e Filippa di Foix,

Venne costruita in modo concentrico attorno a una chiesa nell’XI secolo. Nel 1210 venne presa da Simon de Montfort.



VILLEROUGETERMENÈS

Nel 1321, nel patio del castello fu arso vivo dall’Inquisizione l’ultimo degli “uomini buoni” catari, Guglielmo Belibasta. SAN DOMENICO

LEEMAGE / PRISMA ARCHIVO

100 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

Nel gennaio 1208 l’assassinio di Pietro di Castelnau, membro della delegazione cistercense, spinse il papa Innocenzo III a chiamare gli uomini alle armi in nome della croce e contro l’eresia della Linguadoca. Nella primavera del 1209 un impressionante esercito di crociati proveniente da tutte le regioni della cristianità latina si diresse verso i territori del conte di Tolosa e dei visconti di Carcassonne con l’obiettivo di sradicare l’eresia e ottenere il perdono e la salvezza. Con il suo seguito di assedi e roghi, la crociata pose fine ai tempi in cui i catari occitani avevano potuto esprimersi in libertà e diede inizio a più di un secolo di repressione, che venne guidata dall’Inquisizione a partire dal 1231. PILAR JIMÉNEZ SÁNCHEZ RICERCATRICE ASSOCIATA AL LABORATORIO FRAMESPA, UNIVERSITÀ JEAN-JAURÈS (TOLOSA). MEMBRO FONDATORE DEL COLLECTIF INTERNATIONAL DE RECHERCHE SUR LE CATHARISME ET LES DISSIDENCES (CIRCAED)

Per saperne di più

SAGGI

La cena segreta. Trattati e rituali catari Francesco Zambon. Adelphi, Milano, 2008. Storia delle guerre di religione Alberto Leoni. Ares, Milano, 2018. ROMANZI

Eresia pura Adriano Petta. La Lepre Edizioni, Roma, 2012.

ORONOZ / ALBUM

Stefano, signore del posto, e che qui aveva inaugurato una scuola catara. Nel 1207, a Montréal fu celebrato un dibattito che durò quindici giorni e sarebbe rimasto impresso nella memoria dei suoi abitanti. Diego de Osma e Domenico de Guzmán si scontrarono con Arnaldo Oth, Guidalberto di Castres e Benoît de Termes, membri della Chiesa catara di Carcassonne e Tolosa. Il cronista tolosano Guglielmo di Puylarens, che decenni più tardi avrebbe descritto l’evento, racconta che il dibattito ebbe inizio perché Arnaldo Oth, sicuramente vescovo di Carcassonne, mise in dubbio la legittimità della Chiesa cattolica e dei suoi esponenti, come pure la validità delle ordinazioni e dei sacramenti che questi conferivano: «Arnaldo Oth nega che la Chiesa romana sia la Santa Chiesa e la Sposa di Cristo; è piuttosto la chiesa del diavolo e la dottrina dei demoni, poiché è la Babilonia che, nell’Apocalisse, Giovanni accusa di essere la madre delle fornicazioni e degli abomini, ebbra di sangue dei santi e dei martiri di Gesù. La sua ordinazione non è né santa né buona, e nemmeno voluta da Cristo, perché mai e poi mai Cristo o gli apostoli avrebbero ordinato o detto la messa come ora».

Dopo aver fatto bruciare uno dei suoi libri e un testo cataro, quello del santo si eleva sopra le fiamme. Olio di Pedro Berruguete. XV secolo. Museo del Prado, Madrid.



L’ARTE DI VIAGGIARE IN TRENO

ORIENT EXPRESS Dal 1883 Parigi e Istanbul vennero collegate da un treno leggendario. Durante la Belle Époque, i suoi lussuosi vagoni fecero da sfondo a serate eleganti, amori clandestini e ogni sorta d’intrigo diplomatico


ATTRAVERSO L’EUROPA

Il servizio originale dell’Orient Express, che attraversava la Francia e gli imperi centrali, venne interrotto durante la Grande guerra. Dopo il conflitto s’inaugurò il Simplon Orient Express, che valicava le Alpi senza passare per la Germania. L’olio qui sotto, di Terence Cuneo, ricostruisce il viaggio notturno di questa seconda linea. BRIDGEMAN / ACI


DESTINAZIONE ISTANBUL. CARTELLO PUBBLICITARIO DELL’ORIENT EXPRESS DEL 1895, CON DIVERSE STAMPE DELLA CAPITALE DELL’IMPERO OTTOMANO E GLI ORARI DELLE PRINCIPALI FERMATE.

ALBUM

I

BRIDGEM

AN / ACI

l 4 ottobre 1883 la parigina Gare de l’Est fremeva di attesa. Ventiquattro intrepidi viaggiatori si preparavano a salire sul lussuoso treno che alle 19:30 avrebbe iniziato un lungo viaggio alla volta di Istanbul. Nessuno poteva immaginare che il convoglio pronto sulla banchina sarebbe entrato nella leggenda con il suggestivo nome di Orient Express. L’idea di una linea ferroviaria che collegasse l’Europa da ovest a est era nata dall’iniziativa dell’ingegnere belga Georges Nagelmackers (1845-1905), fondatore nel 1876 della Compagnie Internationale des Wagons-Lits (CIWL). Il suo non fu certo un cammino facile. Come non lo era stata la fondazione della Compagnie, vista la rivalità tra il progetto di Nagelmackers e quello che aveva messo a punto lo statunitense George Mortimer Pullman. Per progettare il “vagone letto”, o “vagone Pullman”, quest’ultimo si era ispirato alle barche che attraversavano il lago Erie, lungo il quale correva

PIONIERE. GEORGES NAGELMACKERS, FONDATORE DELLA CIWL, IN UNA FOTOGRAFIA DI NADAR DEL 1898.


PUNTO DI PARTENZA

Il 4 ottobre 1883 il primo convoglio dell’Orient Express partiva verso Istanbul dalla parigina Gare de l’Est, inaugurata nel 1849 per collegare la capitale francese a Strasburgo. Nell’immagine, facciata della stazione in una fotografia della metà del XIX secolo. École nationale supérieure des Beaux-Arts, Parigi. BEAUX-ARTS DE PARÍS / RMN-GRAND PALAIS


Amsterdam Amsterdam Amsterdam Amsterdam

Londra Dover

PAESI PAESI PAESI BASSI BASSI BASSI

Amsterdam Bruxelles

Calais Calais Calais

Reno

PAESI BELGIO BASSI BELGIO BELGIO Calais n Se

ORARIO DELL’ORIENT EXPRESS. IL SERVIZIO GIORNALIERO UNIVA PARIGI E BUDAPEST, CON COLLEGAMENTI DA CALAIS PER I PASSEGGERI BRITANNICI. IL TRENO ARRIVAVA NELLA CAPITALE DELL’IMPERO OTTOMANO, ISTANBUL, DUE GIORNI A SETTIMANA.

I

na

Lussemburgo Lussemburgo Lussemburg BELGIO

PARIGI

Nancy Nancy Nancy

Lussembur Strasburgo Strasburgo Strasburgo

ra Loi

Nancy Basilea Basilea Basilea Zurigo Zurigo Zurigo

Strasburg

Losanna Losanna Losanna

S V I Z Z E RA A

FRANCIA

Traforo Traforo Traforo deldel delZurigo Sempione Sempione Sempione Losanna

ro Ga

HARALD SCHÖN / AGE FOTOSTOCK

r

L’entusiasmo di Nagelmackers dovette inoltre affrontare la resistenza delle grandi compagnie ferroviarie, nonché diversi eventi, come la Guerra franco-prussiana del 1870. Fu proprio alla fine del conflitto che 106 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

Traforo del Sempione

o

Un progetto controverso Dalla sua, Nagelmackers aveva avuto modo di conoscere i vagoni Pullman durante un viaggio negli Stati Uniti e, malgrado l’ostilità manifesta del nordamericano, appena tornato nel vecchio continente era riuscito a fondare la Compagnie Internationale des Wagons-Lits. A quei tempi la maggior parte dei Paesi europei era già collegata da una strada ferrata e, sebbene le condizioni di trasporto non fossero ancora troppo confortevoli, la costruzione delle arterie ferroviarie costituiva un affare redditizio per gli investitori. I quali, tuttavia, non vedevano di buon occhio qualsiasi innovazione. Oltre a ciò, a causa del delicato clima politico in cui versava l’Europa, i capi di stato non erano molto favorevoli ad appoggiare le comunicazioni ferroviarie tra un Paese e l’altro.

Milano

Eb

la frontiera tra gli Stati Uniti e il Canada. Tali strutture erano divenute celebri nel 1865, quando avevano permesso di trasportare la salma del presidente Abraham Lincoln da Washington a Springfield, dov’era stato successivamente sepolto. Vista la popolarità dell’invenzione, Pullman era intenzionato a esportarla in Europa.

Rod an o

n

na

Basilea

Orient Express (dal 1883) Simplon Orient Express (dal 1919) Arlberg Orient Express (dal 1924) Connessione Londra-Parigi CARTOGRAFIA: EOSGIS.COM

IL TRENO DELL’EUROPA DORATA 1876

1883

Georges Nagelmackers fonda la Compagnie Internationale des Wagons-Lits per offrire il servizio di vagoni letto alle aziende ferroviarie.

Il 4 ottobre inizia il viaggio inaugurale dell’Orient Express, operato dalla compagnia di Nagelmackers. Collegherà Parigi e Istanbul.

DA SINISTRA A DESTRA: DEA / ALBUM; AKG / ALBUM; MARY EVANS / SCALA, FIRENZE


er Od

Berlino Elba

IMPERO IMPERO IMPERO RUSSO RUSSO RUSSO

IMPERO TEDESCO IMPERO TEDESCO

IMPERO RUSSO

ogo Praga

rgo

o

o

A

Stoccarda Fino al 1897

MONACO DI BAVIERA

Dal 1897

Innsbruck Innsbruck Innsbruck

Innsbruck Po

VENEZIA

IMPERO IMPERO IMPERO ´ AUSTROUNGARICO AUSTROUNGARICO AUSTROUNGARICO

Salzburgo Salzburgo Salzburgo Salisburgo

Da

IMPERO o AUSTROUNGARICO BUDAPEST nu bi

FINE ART / ALBUM

Salzburgo Trieste Trieste Trieste Trieste

A IA IA L LI AL A A TA LI IT II T A IT

d A dd AA d r A ar ar M r Ma M a M

Trieste

r r ar Ma r Ma M a M

Roma

LOGOTIPO DELLA COMPAGNIE INTERNATIONALE DES WAGONSLITS (CIWL) , CHE OFFRIVA SERVIZI FERROVIARI E DAL 1883 MISE A PUNTO IL PROGETTO DELL’ORIENT EXPRESS.

VIENNA

T TT i ri irr r rr e ee T n onnoo ir r e n o 1919

A A IIA NN N A AI M MA RR RO O OM

BELGRADO BELGRADO BELGRADO

BUCAREST

Sarajevo Sarajevo Sarajevo

Danub io

SERBIA SERBIA SERBIA BELGRADO

NisNis Nis Niš

Giurgiu Costanza ROMANIA Ruse Ruse Ruse Varna Varna Varna MM a ar M arr Fino al 1895

Sarajevo r rr i ii SERBIA Sofia Sofia Sofia a aa Ruse Dal 1889 t tt Nis IIM IM i ii M PP PE E ER R R OO O r c occoo OO OT T TT T TO i O OM M M O O A N NO A AN Sofia a t IMPERO ic o OTTOMANO MM a ar M arr E EgEgegeoeoo

Dopo l’interruzione del servizio durante la Prima guerra mondiale, vengono aggiunte nuove rotte e il treno ritrova il suo splendore.

PRINCIPALI TRAGITTI DELL’ORIENT EXPRESS. LE FRONTIERE DELLA MAPPA SONO DEL 1880.

Atenas Atenas Atenas AteneM a r Egeo GRECIA Atenas

VAGONE RISTORANTE DELLA CIWL. DISEGNO DELLA RIVISTA L’ILLUSTRATION, 1884. BIBLIOTECA AMBROSIANA, MILANO. LOCANDINA DEL SIMPLON ORIENT EXPRESS, CHE NEL 1927 RIEVOCAVA L’ESOTISMO DELL’ORIENTE.

Dal 1885

ISTANBUL. LA STAZIONE DI SIRKECI, COSTRUITA NEL 1889, ERA IL CAPOLINEA DELL’ORIENT EXPRESS.

NNe Ner eroroo

Varna

Mar Nero ISTANBUL

1939 Lo scoppio della Seconda guerra mondiale paralizza la linea, che dopo il conflitto non tornerà all’antico splendore e finirà per sparire.


KEN WELSH / BRIDGEMAN / ACI

UNA “VALIGIA” DEL MINISTERO DEGLI ESTERI BRITANNICO PREPARATA PER ESSERE MANDATA ALL’AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, NEL 1896.

UN CANALE PER L’INFORMAZIONE SEGRETA L’ORIENT EXPRESS SERVÌ anche a trasportare la

cosiddetta “valigia diplomatica”. Ovviamente, visto il lungo percorso e le caratteristiche dello stesso, non mancarono gli incidenti. Nel febbraio 1885 un’inondazione trascinò via un ponte nel percorso ungherese del treno. Il convoglio rimase bloccato per una settimana, e ci furono perciò enormi ritardi nella comunicazione diplomatica. Un certo Edgard Perron, incaricato di portare la posta all’ambasciata di Francia a Istanbul, decise di alzare un improvvisato e fragile ponte di legno e assumere alcuni portantini che, dopo averlo attraversato, fecero arrivare a destinazione la valigia con soli quattro giorni di ritardo.

Georges Nagelmackers ottenne l’appoggio del re Leopoldo II del Belgio. Il sovrano, più finanziere che politico (noto per le atrocità commesse nei confronti della popolazione congolese), seppe intuire le possibilità di guadagno dietro l’idea del connazionale il quale, grazie alla sua mediazione, ottenne i contratti adeguati con le amministrazioni ferroviarie in Francia, Germania e Austria per la creazione di quella che sarebbe divenuta la sua nave ammiraglia. E così nel 1872 entrò in funzione la rete che avrebbe unito Parigi e Vienna e che, undici anni più tardi, sarebbe arrivata a Istanbul. Per quei tempi, la Compagnie già prestava servizio di ristorazione e alloggio in


BRIDGEMAN / ACI

diversi gruppi ferroviari tramite vagoni letto, vagoni salotto e vagoni ristorante. Dopo la realizzazione dell’Orient Express, l’azienda cambiò il nome in Compagnie Internationale des Wagons-Lits et des Grands Express Européens.

Parte il primo convoglio Il viaggio inaugurale avvenne tra grandi fasti e alla presenza delle autorità del mondo politico, diplomatico e finanziario di Parigi. Il treno era costituito da tre vagoni, due vagoni letto e un vagone ristorante, più due vagoni merci per i bagagli. Ognuno di essi misurava 17,5 metri, era costruito in legno di teak, provvisto di riscaldamento a vapore

nonché illuminato dalla luce a gas. Vista la difficile situazione dei Balcani, i ventiquattro passeggeri di questo primo convoglio viaggiavano armati di pistole per la difesa personale. Tra di loro c’erano due persone le cui testimonianze si sarebbero rivelate inestimabili per conoscere da vicino il clima che si respirava sul treno appena inaugurato: Edmond About, corrispondente di Le Figaro, e Henri Opper de Blowitz, anch’egli giorna-

UN PERCORSO ALTERNATIVO

Grazie al traforo del Sempione (1906), un secondo percorso dell’Orient Express evitava di passare per la Germania, grande rivale delle potenze alleate.

OGNI VAGONE DELL’ORIENT EXPRESS MISURAVA 17,5 METRI, ERA COSTRUITO IN LEGNO DI TEAK, AVEVA IL RISCALDAMENTO A VAPORE ED ERA ILLUMINATO DALLA LUCE A GAS STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

109


INTERFOTO / AGE FOTOSTOCK

I TRENI DELL’ORIENTE

Oltre all’Orient Express, la CIWL disponeva di linee ferroviarie tra il nord dell’Africa e l’Asia, come il Taurus Express, che dal 1930 collegava Istanbul e Baghdad.

lista, in questo caso di The Times. Entrambi hanno lasciato resoconti dettagliati in cui descrivono la magnificenza del mitico treno. Blowitz scrisse: «Erano stupefacenti l’immacolatezza delle tovaglie e dei tovaglioli; lo scintillio della cristalleria, il rubino del vino rosso, i topazi di quello bianco, la trasparenza cristallina dell’acqua nelle brocche e i tappi argentati delle bottiglie di champagne». Da parte sua, About lasciò da

IL MENU OFFRIVA PRELIBATEZZE DEGNE DEGLI ALBERGHI PIÙ RAFFINATI DELL’EPOCA E VARIAVA IN BASE ALLA GASTRONOMIA DELLA REGIONE ATTRAVERSATA 110 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

parte il lirismo per paragonare le comodità dello scompartimento che gli era toccato a una garçonnière degna della penna di Guy de Maupassant; al contempo si meravigliava perché «ogni giorno vengono cambiate le lenzuola, raffinatezza sconosciuta persino nelle case più ricche». Nessuno dei due si sbagliava. L’arredamento dell’Orient Express era raffinato, tipico della sofisticatezza delle Belle Époque, e s’ispirava ai migliori hotel del mondo: i soffitti erano in cuoio lavorato a sbalzo; le lampade provenivano dai laboratori di Émile Gallé, un famoso vetraio del Liberty; le tende erano di velluto, i mobili di mogano, il vasellame d’argento e la rubinetteria di bronzo. Tutti gli scompartimenti avevano un bagno privato e non era strano trovarvi arazzi o vasi, bottiglie e brocche uscite dalle botteghe di René Lalique, uno dei vetrai più famosi del tempo. Lalique contribuì all’arredamento dell’Orient Express con il progetto e la realizzazione di alcuni pannelli in vetro incorniciati tra legni esotici e decorati con ninfe che danzavano tra le viti, e di altri con motivi floreali su un fondo d’argento, che decoravano le pareti del vagone ristorante.

Una cucina squisita Uno dei molti punti di forza del treno era la sua eccellente cucina. Il menu non si poteva certo dire economico: la cena costava sei franchi, il pranzo quattro e, per fare un esempio della carta dei vini, metà bottiglia di Moët & Chandon costava ben sette franchi – in quegli anni il salario giornaliero nelle miniere di carbone francesi era di 3,80 franchi. Il menu, in francese e tedesco, proponeva prelibatezze incredibili, come i migliori formaggi francesi, il foie gras, il mi-cuit, il roastbeef, il caviale e il soufflé flambé.

Il menu della cena inaugurale è indicativo di quanto sarebbe stato servito di solito: ostriche, pasta italiana, rombo in salsa verde, pollo alla cacciatora, lombo di vitello, tartare di cervo, insalata, pudding di cioccolato e dolciumi vari, il tutto innaffiato dai migliori vini di Bordeaux e della Borgogna


ALCUNI PASSEGGERI RIPOSANO IN UN VAGONE SALOTTO DELL’ORIENT EXPRESS, IN QUEST’INCISIONE COLORIZZATA DEL 1895.

ALBUM

e dall’inevitabile champagne. Non solo: a mano a mano che il treno procedeva nel suo tragitto, il menu variava in sintonia con la gastronomia della zona attraversata. Fu tale la fama della cucina dell’Orient Express che alcuni viaggiatori presero il treno per poche tappe solo per provarne i piatti prelibati. Al momento dell’inaugurazione, il treno partiva due volte a settimana dalla Gare de l’Est, allora chiamata Gare de Strasbourg, a Parigi, e terminava la corsa nella città rumena di Giurgiu, passando per Strasburgo, Monaco, Vienna, Budapest e Bucarest. A Giurgiu i passeggeri superavano il Danubio in traghetto fino alla vicina Ruse, in Bulgaria. Da lì un treno li portava a Varn, dove pren-

UNA STORIA D’AMORE SULL’ORIENT EXPRESS IL TRENO FECE DA SFONDO alla tumultuosa avventura della spagnola María del Pilar Muguiro y Beruete, moglie di Francisco María di Borbone, duca di Marchena, cugino di Alfonso XII. Nel 1886, non appena salita sul treno a Parigi, la duchessa mostrò il volto tumefatto e chiese aiuto perché vittima della violenza del marito. Venne soccorsa da un altro passeggero, Basil Zaharoff, un famoso uomo d’affari e trafficante d’armi, che fece arrestare l’aggressore. Da quell’incontro fugace nacque una lunga storia d’amore che dopo il 1924, alla morte del duca di Marchena, internato in una clinica psichiatrica, culminò nel matrimonio.


ARCHIVES CIWL AND PLM: ©WAGONS-LITS DIFFUSION, PARIS

AZIONE DA 100 FRANCHI DELLA COMPAGNIE INTERNATIONALE DES WAGONS-LITS.

devano un altro traghetto fino a Istanbul. Il primo viaggio dell’Orient Express attraverso l’Europa impiegò 81 ore e mezzo e si concluse con una splendida cena a Palazzo Topkapı, organizzata dal sultano Abdul Hamid II. I viaggiatori fecero ritorno a Parigi il 16 ottobre.

Il trasporto di un’Europa felice

Aveva ragione. L’Orient Express fu un’autentica rivoluzione per la vita della classe alta leggermente bohémienne e sofisticata, ovvero dello zoccolo duro di quella che sarebbe stata al centro della Belle Époque. Quando il primo giugno 1889 l’Orient Express eseguì la prima corsa senza trasbordi, in 67 ore e 35 minuti, al treno si appassionarono grandi personalità dell’epoca e, più in generale, chiunque volesse essere tenuto in considerazione dall’alta società del tempo. A mano a mano il treno divenne molto più di un mezzo di trasporto. Vi si facevano affari, si organizzavano feste, si viaggiava in incognito, si nascondevano amanti clandestini. Si aveva, insomma, l’impressione di vivere in uno degli hotel più glamourosi del momento. A bordo veniva seguito un rigido 112 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

JOHN FRUMM / GTRES

Al ritorno a Parigi, Edmond About annotò sulle pagine del suo diario: «Finora, quando si avevano giorni liberi e voglia di viaggiare, si poteva andare a Fontainebleau o nei porti sul canale della Manica. Oggi si può arrivare fino a Istanbul».


LUSSO E ARTE D’AVANGUARDIA

Dopo la Prima guerra mondiale, i vagoni dell’Orient Express, decorati in Art déco, includevano vetrate di Lalique, ebanisteria e pannelli laccati. Nell’immagine, un vagone ristorante con gli elementi originali – e restaurati – degli anni venti.


U N TR ENO PER L’A LTA

L’Orient Express offriva un’esperienza simile a quella degli alberghi Ingresso delle cucine. I commensali entravano dal lato opposto del vagone.

Passapiatti a finestra girevole che univa la cucina e la zona dei camerieri.

Interno in legno laccato e illuminazione artificiale a gas.

SCOMPARTIMENTI POLIVALENTI L’incisione pubblicata su L’Illustration del 1884 mostra le cuccette di un vagone letto dell’Orient Express. Il letto utilizzato durante la notte 1 veniva poi richiuso 3 di giorno. La stanza aveva un bagno privato 2. Le migliorie introdotte agli inizi del XX secolo riguardavano il modo di piegare i letti e le sospensioni del vagone, che incrementavano il benessere dei viaggiatori.

2

3

MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

1


SOCI E TÀ

di lusso come il Ritz o il Savoy

Soffitto diritto con rivestimento esterno in legno di teak.

Porta di connessione alla sala fumatori con specchio a parete.

VAGONE RISTOR ANTE Questo vagone ristorante in legno, in voga alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX, disponeva di una cucina collegata alla zona dei camerieri, dove questi prendevano i piatti per poi servirli. Nella parte centrale si trovava la sala pranzo, nella quale era proibito fumare, e all’altra estremità, una sala fumatori.

ALAMY / ACI

ANN RONAN / AGE FOTOSTOCK

SPA ZI RISERVATI L’Orient Express aveva zone comuni in cui i viaggiatori dell’alta società potevano parlare e conoscersi, ma anche spazi privati per trascorrere del tempo in silenzio. L’incisione dell’immagine sotto, pubblicata nel 1895, mostra una signora mentre legge in uno scompartimento riservato alle donne.


protocollo circa il modo di vestire e di comportarsi. A cena, per esempio, gli uomini dovevano indossare lo smoking o il frac, e le donne un abito da sera. I viaggiatori, inoltre, avevano a loro disposizione alcuni camerieri e di giorno le cuccette potevano essere trasformate in comodi salotti nei quali ricevere gli altri passeggeri, leggere, giocare a carte o prendere il tè.

Treno dei re e dei multimilionari Le teste coronate non resistettero al suo fascino. Tra i passeggeri illustri si contano Edoardo VII d’Inghilterra, quando era ancora principe di Galles, e l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria, che più di una volta viaggiò fino ai territori balcanici. Frequentarono l’Orient Express anche Leopoldo II del Belgio, sempre in compagnia delle numerose amanti, tra cui la ballerina Cléo de Mérode, e Ferdinando di Bulgaria, sebbene quest’ultimo lo facesse per ragioni diverse da quelle del re belga. Il monarca bulgaro era un appassionato di treni e in più di un’occasione, sempre all’interno delle frontiere del suo regno, fu lui stesso a guidare il convoglio.

Con il passare degli anni, a sovrani e aristocratici si aggiunsero i politici; gli avventurieri come Thomas Edward Lawrence, più noto come Lawrence d’Arabia, o le figure del mondo dello spettacolo quali il creatore dei Ballets Russes, Sergej Djagilev, i ballerini Vaclav F. Nižinskij o Anna Pavlova, la ballerina Mata Hari o, più avanti nel novecento, le attrici Marlene Dietrich e Greta Garbo, o la soprano Maria Callas. Furono talmente tante le personalità dirette a Istanbul che, per alloggiarle, nel 1895 venne fondato il sontuoso hotel Pera Palas: dominava il Corno d’Oro e vi si accedeva direttamente dalla stazione di Sirkeci tramite carrozze speciali. Nonostante i numerosi comfort e i progressi

TR A GLI ILLUSTRI PASSEGGERI CHE SALIVANO IN INCOGNITO CI FURONO RE, ARISTOCR ATICI E PERSONAGGI COME LAWRENCE D’AR ABIA O MATA HARI 116 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

tecnologici di cui poteva vantarsi l’Orient Express, non mancarono gli imprevisti.

Incidenti e guerra Le intemperie, per esempio, bloccavano a volte il convoglio, che rimaneva avvolto da temperature così basse che spesso i viaggiatori dovevano dormire vestiti e i membri dell’equipaggio erano costretti a percorrere chilometri e chilometri sulla neve per procurarsi il cibo. Subì pure alcuni deragliamenti, tra cui quello avvenuto nel 1907 nelle vicinanze di Budapest, che ebbe testimoni d’eccezione come lo scrittore spagnolo Vicente Blasco Ibáñez, in quel momento nel vagone ristorante. «Nel guardarmi attorno


YURY KIRILLOV / ALAMY / ACI

non riconobbi niente. Ogni cosa era rotta, distrutta, come se vi si fosse abbattuta una palla di cannone. Corpi a terra, tavole cadute, tovaglie lacerate, liquidi che gocciavano: caffè, liquore, sangue; piatti in frantumi e tutti i vetri del vagone, i grandi vetri, divenuti ormai lamine acute e sparse a terra come trasparenti lame di spada».

Tuttavia, non furono i disastri o le difficoltà a causare la decadenza del mitico treno. Erano passati solo trent’anni dalla sua inaugurazione quando lo scoppio della Prima guerra mondiale tarpò le ali al sogno di Nagelmackers, cioè a un treno che superasse le frontiere e mettesse in comunicazione un’Europa unita. Durante il conflitto, l’O-

rient Express interruppe le proprie corse e il servizio riprese solo nel 1918. L’apertura del traforo del Sempione, che aveva unito la Svizzera all’Italia, rese possibile nel 1919 la creazione di un treno alternativo, il Simplon Orient Express, che da Parigi passava a Losanna, Milano, Venezia e Trieste per poi riunirsi al percorso originario a Belgrado. In tal modo il treno non sarebbe passato in Germania: le potenze vincitrici non volevano che circolasse nei territori della rivale sconfitta. Ciononostante, l’euforia dei ruggenti anni venti sembrò restituire all’espresso il suo antico splendore. Si aprì una terza via (l’Arlberg Orient Express) che, sempre da Pari-

FERMATA INTERMEDIA

L’Orient Express giungeva a Budapest, dove diverse volte a settimana partiva un treno diretto a Istanbul. Nell’immagine, la stazione Keleti, nella capitale ungherese.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

117


L’ORIENT EXPRESS FU D’ISPIRAZIONE PER PIERRE LOTI, QUI FOTOGRAFATO NELLA SUA CASA DI ROCHEFORT. SOTTO, COPERTINA DI ASSASSINIO SULL’ORIENT EXPRESS, IL FAMOSO ROMANZO DI AGATHA CHRISTIE.

gi, percorreva l’Europa attraverso Zurigo, Innsbruck e Budapest, con alcune ramificazioni che proseguivano sino a Bucarest e ad Atene. Pure Londra si unì alla rotta del Simplon: i passeggeri prendevano un treno fino a Dover, dove s’imbarcavano su un traghetto che trasportava alcuni vagoni a Calais. Da lì continuavano fino a Parigi e si agganciavano al convoglio principale alla Gare de l’Est. La presenza di più linee comportò un notevole rinnovamento del treno, che venne dotato di mobili in legno pregiato e vasellame d’argento proveniente dalla fabbrica italiana Cesa 1882, considerata la migliore del mondo.

LEEMAGE / PRISMA ARCHIVO

La decadenza

L’ORIENT EXPRESS NELLA LETTERATURA LA MAGIA E LA RICERCATEZZA dell’Orient Express ispirarono numerosi scrittori, come i francesi Guillaume Apollinaire (Le undicimila verghe), Pierre Loti (Fantasma d’Oriente) o Joseph Kessel (Wagon- lit); i britannici Ian Fleming, che fece viaggiare sul convoglio il leggendario James Bond, Graham Green, che trasformò il treno nello sfondo del suo In viaggio con la zia, o lo spagnolo Vicente Blasco Ibáñez (Oriente), tra gli altri. Ma fu senz’altro Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie l’opera che trasformò il treno in un’icona della cultura popolare. Il giallo s’ispirava probabilmente a un fatto reale: la tempesta di neve che, nel 1929, costrinse il convoglio a fermarsi diversi giorni in Tracia.

Il rinnovato splendore durò assai poco, perché la Seconda guerra mondiale costrinse a interrompere ancora il servizio. Dopo il conflitto, la frontiera tra la Jugoslavia e la Grecia rimase chiusa sino al 1951, e tra il 1952 e il 1953 venne ostruito il passaggio tra la Bulgaria e la Turchia, per cui il treno non poteva più raggiungere Istanbul. Alla fine del XX secolo, con la caduta della cortina di ferro, i paesi satelliti dell’Urss cambiarono i vagoni originali per delle versioni locali, di qualità scadente.

L’Orient Express non aveva più la fama di un tempo, e non forniva lo stesso servizio. Nella sua dettagliata opera Orient-Express, Pierre-Jean Rémy raccoglie la testimonianza di un’anziana aristocratica, negli anni trenta assidua viaggiatrice: «Che ci possiamo fare? È cambiato tutto […] Il tempo dei principi ha lasciato il posto al tempo dei lavoratori. L’uomo che viaggia con il vestito di panno è soltanto un venditore di corsetteria, quell’altro un giornalista da due soldi; la donna dal cappello vistoso e le curve esuberanti non è neppure una demi-mondaine, bensì la sposa di un losco funzionario […] I tempi non sono

THE ADVERTISING ARCHIVE / AURIMAGES


MORANDI / FOTOTECA 9X12

più gli stessi!». La signora manifestava la medesima delusione che provò lo scrittore francese Paul Morand, ammiratore incondizionato del treno e della sua leggenda, quando nel 1959 scrisse: «L’Orient Express è diventato un treno fantasma i cui passeggeri riflettono amaramente la condizione umana. Alla nostra frivolezza, forse eccessiva, è succeduta l’angoscia». La Guerra fredda e l’evoluzione della tecnica facevano emergere un mondo nuovo in cui non c’era più spazio per la raffinata frivolezza dell’Orient Express. Il servizio iniziò a languire fino alla sua soppressione, avvenuta nel 1977. Non funzionò nemmeno un ultimo tentativo di rinnovarlo agli inizi

del terzo millennio. L’alta velocità e i voli low cost avevano definitivamente eclissato l’aura magica e misteriosa del treno più leggendario della storia. MARÍA PILAR QUERALT DEL HIERRO STORICA

Per saperne di più

TESTI

In viaggio sui binari Monia Scarpelli. L’autore Libri, Firenze, 2006. Una bella storia. Le origini dell’Orient Express Gianni Papa. Luoghi Interiori, Città di Castello, 2015.

FINE DELLA CORSA

John Dos Passos descrive l’arrivo a Istanbul, «serpeggiando tra un mare verde intenso e promontori giallognoli». Sopra, la chiesa di Santa Sofia, a Istanbul.

ROMANZI

Assassinio sull’Orient-Express Agatha Christie. Mondadori, Milano, 2015. Lo strano mistero dell’Orient Express Benjamin Monferat. Newton&Compton, Roma, 2016.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

119


CRONACA NERA DALL’ORIENT EXPRESS MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

Negli anni in cui fu attivo, l’Orient Express subì numerosi incidenti, attentati, attacchi e furti di maggiore o minor gravità. Ma furono anche le intemperie a colpire il treno e i suoi passeggeri, a volte in modo drammatico.

1901

DER AGLIAMENTO A FR ANCOFORTE

BRIDGEMAN / ACI

Secondo Le Petit Parisien, il treno «entrò in stazione a tutta velocità» e si schiantò contro la sala d’attesa. «Due persone riuscirono a salvarsi per tempo prima che il muro della sala crollasse». I viaggiatori ne uscirono illesi.

1928

MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

IL DISA STRO IN ROMANIA Nell’ottobre 1928, il Simplon Orient Express colpì un treno passeggeri alla stazione di Recea. La stampa annotava: «I morti salgono a 34, e ci sono 50 feriti […] Un uomo è stato tratto in salvo sotto le macerie dopo sei ore».


1929

1929

BLOCC ATI DALL A NEVE Nel gennaio 1929 la neve fermò l’Orient Express per diversi giorni in Tracia. Prossimi a morire di fame e di freddo, i passeggeri uscirono dal treno scavando un tunnel nella neve. L’episodio ispirò probabilmente Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie.

1931

MARY EVANS / AGE FOTOSTOCK

L A BOMBA NEL VIADOT TO Il 13 settembre, l’ungherese Szilveszter Matuska fece esplodere un viadotto durante il passaggio dell’Orient Express a Biatorbágy, vicino Budapest. La locomotiva e nove vagoni caddero in un burrone alto 30 metri. Morirono 22 persone e 120 risultarono ferite.


GRANDI SCOPERTE

Le statuette che sedussero la Belle Époque G RE

Tanagra

CI A

A

lla fine degli anni sessanta dell’ottocento alcuni contadini di Vratsi – un villaggio greco della Beozia situato a nord di Atene – scoprirono casualmente delle antiche tombe mentre aravano i campi. In assenza di ricchi corredi funerari, ad attirare la loro attenzione furono le centinaia di piccole figure femminili in terracotta che affioravano un po’ dappertutto. I contadini iniziarono a smerciare le statuette a chiunque passasse per la zona, e così la voce del sensazionale ritrovamento si diffuse rapidamente. Tra i primi a precipitarsi verso quel nuovo sito archeologico ci fu il tombarolo Yorghos Anyphantès, che nel 1870 s’installò nella vi-

ATENE

MAR MEDITERRANEO

C R E TA

cina cittadina di Schimatari convinto che anche lì fossero presenti dei reperti. E le sue speranze non furono deluse.

Furti e contraffazioni Quell’inverno la zona attorno al colle di Grimada, dove anticamente sorgeva Tanagra, fu trivellata come un pezzo di gruviera in una spietata caccia al tesoro. Si ritiene che in quegli anni furono saccheggiate più di ottomila tombe delle necropoli che sorgevano accanto alle principali vie di accesso a quest’arcaica città-stato.

LOREM IPSJDAS

1870 circa

I contadini della Beozia trovano un gran numero di figure in terracotta nel territorio dell’antica Tanagra.

1874

Ormai la spoliazione di Tanagra non era più un segreto per nessuno quando finalmente le autorità greche decisero d’intervenire inviando l’archeologo Panagiotis Stamatakis a condurre i primi scavi legali. Tuttavia i lavori di recupero si svolsero con eccessiva fretta e non furono documentati in modo adeguato. Fu solo nel 1911 che vennero intrapresi degli scavi più rigorosi. Per vedere applicata una metodologia strettamente scientifica fu necessario attendere gli anni settanta del novecento, ormai a un secolo dal ritrovamento dei primi reperti. La presenza degli archeologi non impedì che il saccheggio dei siti di Tanagra proseguisse. Allo studioso scozzese Sir John Frazer, che visitò la zona nel 1895, quel paesaggio di tombe scava-

Iniziano gli scavi archeologici del sito sotto la direzione di Panagiotis Stamatakis.

1890

ARIS / SZ PHOTO / PHOTOAISA

Alla fine del XIX secolo migliaia di terrecotte di epoca ellenistica, le cosiddette tanagrine, invasero i musei e i mercati europei

VARIE sculture di Tanagra esposte in una sala dell’Altes Museum di Berlino.

te suggerì l’immagine della resurrezione dei morti nel giorno del giudizio. Ben presto cominciarono a circolare statuette contraffatte, imitazioni a volte gros-

Il Museo nazionale di Atene ospita la principale collezione di tanagrine ritrovate in Grecia.

anni ’70

In questo decennio vengono scoperte 500 tombe ellenistiche contenenti molte statuette di Tanagra.

PACCHETTO DI SIGARETTE EGIZIANO DELL’INIZIO DEL XX SECOLO ILLUSTRATO CON L’IMMAGINE DI UNA TANAGRINA. 122 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

PNC COLLECTION / ALAMY / ACI


IL RATTO DI EUROPA TRA LE DIVERSE tematiche rappresentate nel-

LOREM UIOPSN

de popolarità nell’Europa della Belle Époque. Le statuette, per lo più femminili, presentavano una singolare sintonia con la moda del tempo. Le donne della borghesia di fin de siècle apprezzavano le forme e il pudore di quelle figure, con i loro abiti drappeggiati, i mantelli, gli scialli, i copricapi e le particolari acconciature. Lo stile delle tanagrine contrastava con le immagini solenni di divinità, statisti e

D. GIANCATARINA / RMN-GRAND PALAIS

solane, e in altri casi più riuscite, delle autentiche tanagrine, che i locali vendevano senza esitazione a un prezzo sempre più esorbitante. Recenti analisi eseguite con il metodo della datazione a termoluminescenza hanno dimostrato che circa il 20 per cento di una collezione statale tedesca non è autentica, un indice della maestria raggiunta dai falsari. Quello che è certo è che le tanagrine godettero di gran-

le figurine di Tanagra ci sono alcuni episodi mitologici. La statuetta qui sotto ricostruisce il rapimento della principessa fenicia Europa da parte di Zeus trasformato in uno splendido toro bianco. L’opera conserva parte della policromia originale, soprattutto nei capelli e nelle vesti. Musée d’archéologie méditerranéenne, Marsiglia.


GRANDI SCOPERTE

Tipi umani dell’antichità LE TERRECOTTE di Tanagra rappresentano con notevole realismo le diver-

se tipologie umane che popolavano le città della Grecia ellenistica. Le più comuni sono le donne vestite con il tipico himation (mantello), ma troviamo anche bambini, anziani, attori e personaggi mitologici.

1. La Dama in blu. Conserva gran parte della policromia originale. È avvolta in un himation e ha in mano un grande ventaglio che spunta dal mantello. Musée du Louvre, Parigi. 2. Papposileno. Questo personaggio legato a Dioniso balla accompagnandosi con dei crotali (simili alle nacchere). Musée du Louvre.

1. A. CHAUVET / RMN-GRAND PALAIS. 2. H. LEWANDOWSKI / RMN-GRAN PALAIS. 3. M. BECK-COPPOLA / RMN-GRAND PALAIS. 4. H. LEWANDOWSKI / RMN-GRAN PALAIS


4. La Sofoclea. Il nome deriva dalla somiglianza con la famosa statua di Sofocle attribuita allo scultore Leocare. Musée du Louvre.

3. Anziana con due bambini. Non tutte le figure rappresentano donne giovani e raffinate. Ci sono anche personaggi più anziani o con difetti fisici. Cité de la ceramique, Sèvres.

PRODUZIONE IN SERIE PER FARE COPIE delle figure si usava uno stampo bivalve, costituito

cioè da due parti, una per il fronte e l’altra per il retro. L’argilla veniva pressata all’interno dello stampo e lasciata indurire. Quindi si univano le due parti con una miscela di argilla e acqua, si rimuoveva lo stampo e si cuoceva il pezzo in forno. RENÉ-GABRIEL OJÉDA / RMN-GRAND PALAIS


GRANDI SCOPERTE

VENDITORE di artigianato e riproduzioni di

RMN-GRAND PALAIS

statuette di Tanagra. Foto scattata a Zeitenlik, un sobborgo di Salonicco, nel 1916.

militari della scultura greca classica che erano servite da modello per gli aristocratici dei decenni precedenti. Favorì inoltre una nuova ondata di neoclassicismo nell’estetica e nel gusto mo-

dernista dell’epoca, ispirando artisti famosi come Jean-Léon Gérôme o Childe Hassam. Se ne può scorgere l’influenza anche nelle sinuose donne Art-déco di Alfons Mucha. Le aggraziate statuette di Tanagra rivelano la maestria dei greci nella coroplastica, l’arte della lavorazione della terracotta. Prodotte a partire

dalla metà del IV secolo a.C. in diversi laboratori peninsulari, furono esportate in tutto il Mediterraneo, come dimostra il fatto che ne sono stati rinvenuti esemplari a Corinto, in Macedonia, in Asia Minore, nel mar Nero, in Magna Grecia, in nord Africa e persino in Kuwait. Si trattava di un’industria di produzione in serie, capace

Una volta cotte, le figurine venivano dipinte a fresco e in qualche caso decorate con foglia d’oro BAMBINO SEDUTO ACCANTO A UN RECIPIENTE DI CERAMICA. MUSÉE DU LOUVRE, PARIGI. ANNE CHAUVET / RMN-GRAND PALAIS

di offrire al grande pubblico oggetti a prezzi accessibili. I pezzi, realizzati con stampi bivalvi, dopo la cottura venivano ricoperti con uno strato di calce e dipinti a fresco. In qualche caso si procedeva anche alla decorazione con foglia d’oro.

Ampio repertorio Le tanagrine mostrano come il repertorio iconografico della scultura greca si sia ampliato a partire dal IV secolo a.C. Si possono trovare rappresentazioni di divinità, bambini, efebi, personaggi teatrali e persino animali, anche se i soggetti più fre-


DUE GIOVANI donne conversano

ORONOZ / ALBUM

intimamente. Statuetta rinvenuta a Mirina (Lemno, Grecia). British Museum, Londra.

quenti sono le figure femminili: riservate matrone completamente avvolte nei loro mantelli, sinuose ballerine, fanciulle che giocano… Al di là della valenza estetica, queste opere costituiscono oggi una fonte preziosa d’informazioni su alcuni aspetti della vita quotidiana che non trovano spazio nella letteratura dell’epoca. Ma cos’erano veramente queste sculture? Gli specialisti s’interrogano ancora su quale fosse la loro funzione originaria, anche se probabilmente ne avevano più di una. Considerato che la maggior parte dei ritrovamenti

è avvenuta nelle tombe, si è attribuito alle tanagrine un ruolo funerario, ipotizzando che fossero simulacri di divinità protettrici dei bambini e degli adolescenti morti prematuramente. Forse dovevano accompagnare simbolicamente il defunto nell’aldilà, oppure rappresentavano un’alternativa agli antichi rituali dei sacrifici umani. Se questo fu il loro senso primigenio, col tempo venne dimenticato, sebbene l’usanza di seppellirle con i morti sia proseguita. D’altra parte, il ritrovamento di tanagrine nei santuari indica che erano

utilizzate anche come offerte votive. Ciononostante, la scoperta di molti esemplari in contesti domestici suggerisce un’ulteriore lettura.

L’arte in casa Alcune delle figure più note – come la Dama in blu o la Sofoclea – sono ispirate a grandi statue di maestri come Prassitele o Leocare. Ciò fa pensare che potessero essere una sorta di souvenir da acquistare per puro piacere estetico e ammirazione per l’arte, una consuetudine che i patrizi romani avrebbero poi sviluppato per decorare le loro dimore.

Eraclide, un viaggiatore che visitò la regione di Tanagra nel III secolo a.C., ci ha lasciato questa descrizione delle donne locali, di cui si può trovare un riflesso nelle famose terrecotte: «Per misure, aspetto e cadenza dei movimenti, sono le più belle ed eleganti di tutta la Grecia». —Ángel C. Pérez Aguayo Per saperne di più SAGGI

Tanagras Violaine Jeammet. Picard, Parigi, 2007 (in francese). La scultura Anna Maria Riccomini. Carocci, Roma, 2014.

STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

127


M O S T R E A CURA DI MATTEO DALENA ARTE MODERNA ITALIANA

Capolavori d’arte veneta nella Russia degli zar

S

an Pietroburgo, città sul fiume Neva nata dal sogno di Pietro il Grande, conserva uno “scrigno”di autentici tesori d’arte che parlano di Venezia e del suo genio. Tale tesoro è il Museo statale Ermitage, nelle cui sale la “Serenissima” Venezia conserva un posto d’eccezione, con oltre 70 opere di grandi maestri veneti dal cinquecento al settecento. Sono giunte in Russia grazie agli spostamenti di artisti, musicisti, principi, mercanti, ambasciatori e alle fitte trame del collezionismo. Oltre a dipinti e disegni già noti di Tiziano, Veronese, Canaletto, Tiepolo, Guardi e Bellotto, dalle stermina-

te collezioni dell’Ermitage sono emersi tre inediti assoluti: due tele del pittore Luca Carlevarijs (1663-1730; Capriccio con l’Ercole Farnese e Capriccio con il ponte rotto), e un’altra di Jacopo Robusti detto “il Tintoretto” (15181594), Apollo e le Muse. C’è poi un omaggio all’architetto bergamasco Giacomo Quarenghi (1744-1817), per diversi anni alla corte di Caterina II. La zarina possedeva una personale raccolta di disegni architettonici sull’operato di Quarenghi a San Pietroburgo. Questi e altri capolavori torneranno seppur temporaneamente in laguna, a Mestre, nell’ambito di una mostra che, secondo i curato-

GIAMBATTISTA TIEPOLO (1696–1770), Quattro putti

in volo con grappoli d’uva. Ermitage, San Pietroburgo.

ri Irina Artemieva e Alberto Craievich (MUVE e Fondazione Musei Civici) si propone di riavvolgere quel filo rosso che da oltre tre secoli lega Venezia a San Pietroburgo, «due città riflesse nell’acqua che guardandosi si riconoscevano l’una nell’altra».

VENEZIA E SAN PIETROBURGO. ARTISTI, PRINCIPI E MERCANTI Centro Culturale Candiani, Mestre (VE) e Ermitage Italia Fino al 24 marzo 2019 www.visitmuve.it/ cortocircuito

ARTE FIAMMINGA

LA BORGHESIA NELLE INCISIONI DI REMBRANDT

LA DEPOSIZIONE DALLA CROCE (seconda lastra),

1633, acquaforte e bulino.

128 STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC

NON MISE mai piede fuori dall’Olanda e ciononostante fu apprezzato in tutta Europa per i suoi quadri, disegni e incisioni. Nella produzione artistica di Rembrandt (Harmenszoon van Rijn, 1606-1669) le rappresentazioni di vita quotidiana, rese soprattutto tramite le tecniche incisorie dell’acquaforte, dell’acquatinta, del bulino o della puntasecca, formano cicli

grafici nei quali trovano posto soprattutto borghesi, ricchi mercanti e mendicanti. Ne risultano innumerevoli spaccati di vita borghese, ma anche in alcuni casi spiccatamente popolare, riprodotti in più copie, destinate soprattutto al commercio. Per questi canali il nome e l’arte di Rembrandt arrivano lontano, mentre lui rimane come bloccato in un’esistenza segnata dal dolore per la

morte della moglie Saskia e di tre figli e dal successivo tracollo economico. Sono più di 30 le incisioni provenienti dalla Collezione Ceribelli ed esposte a Cosenza in occasione dei 350 anni dalla morte dell’artista olandese. REMBRANDT. I CICLI GRAFICI, LE SUE PIÙ BELLE INCISIONI Palazzo Arnone, Cosenza A cura di Associazione N.9 e Polo Museale della Calabria Fino al 24 marzo 2019 www.rembrandtcosenza.it


IN ED ICO LA

Speciale Storica. Archeologia

petra e palmira Le città leggendarie ricostruite in 3D

LE MAESTOSE TOMBE meravigliosamente scolpite

nella roccia del deserto sono la principale testimonianza di Petra, capitale della civiltà nabatea, costruita sul percorso delle rotte carovaniere che collegavano Oriente e Occidente. Palmira, costruita in pieno deserto siriano, tra il I e il III secolo d.C. divenne un’oasi di prosperità grazie al commercio

carovaniero, così potente da osare sfidare l’Impero romano e costituirsi in un regno di breve durata sotto la guida dell’ambiziosa regina Zenobia. In questo numero speciale queste leggendarie città antiche ci vengono restituite attraverso incredibili ricostruzioni in 3D. In edicola dal 6 marzo. Prezzo 9,90¤


Prossimo numero LA NASCITA DELLA BANCA NEL MEDIOEVO

SCALA, FIRENZE

L’ATTIVITÀ CREDITIZIA è una pratica antichissima, ma i suoi strumenti, le sue tecniche e il suo stesso gergo risalgono alla fine del Medioevo. All’inizio del secondo millennio l’aumento della produzione agricola, lo sviluppo dell’artigianato e il decollo del commercio marittimo moltiplicarono gli scambi suscitando un maggior bisogno di moneta e stimolando la diffusione del credito. A trarne vantaggio furono innanzitutto i centri urbani italiani.

Il grande ministro di Hatshepsut

LA VILLA DEI PAPIRI E LA BIBLIOTECA DI ERCOLANO NEL XVIII SECOLO i primi scavi effettuati a Ercolano portarono alla scoperta di una fastosa residenza che era rimasta sepolta in seguito all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. La villa era provvista di giardini, piscine, mosaici ma, soprattutto, di migliaia di fogli di papiro appartenenti alla biblioteca di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Gaio Giulio Cesare nonché avversario politico di Cicerone. I quasi duemila testi filosofici offrono una prospettiva unica sulla vita culturale del mondo romano tra il I secolo a.C. e il I d.C. SCALA, FIRENZE

Di umili origini, Senenmut divenne l’uomo di fiducia della regina Hatshepsut. Si costruì due monumenti funebri, ma la sua mummia non è mai stata trovata.

Le tribolazioni della tomba di Gesù Nel corso del tempo la chiesa del Santo Sepolcro, edificata sul luogo in cui secondo la tradizione venne crocifisso e sepolto Gesù, ha cambiato faccia molte volte.

Aristotele e il mistero della vita Aristotele riteneva che tutti gli organi si articolassero attorno al cuore, da cui emanava anche il calore necessario ad animare il corpo.

La musica della rivoluzione Ammiratore della Rivoluzione francese, Beethoven decise di comporre un’opera che rispecchiasse la grandezza della sua epoca. La chiamò Sinfonia eroica.


*La collezione è composta da 60 uscite. Prezzo della prima uscita € 1,99. Prezzo delle uscite successive € 9,99 (salvo variazione dell’aliquota fiscale). L’editore si riserva il diritto di variare la sequenza delle uscite dell’opera e /o i prodotti allegati. Qualsiasi variazione sarà comunicata nel rispetto delle norme vigenti previste dal Codice del Consumo (D.lgs 206/2005). © 2019 RBA ITALIA S.r.l.

I GRANDI SEGRETI DEL

CERVELLO Un viaggio straordinario nel luogo più sorprendente dell’universo: il nostro cervello

LE PROSSIME USCITE DELLA COLLANA

1a USCITA

solo

ANZICHÉ € 9,99

€1

* 99 ,

DAL 15 FEBBRAIO

IN EDICOLA

2 A USCITA

in edicola dal 1° marzo

LA MEMORIA

LA COSCIENZA

3 A USCITA

in edicola dal 15 marzo

4 A USCITA

in edicola dal 29 marzo

LE EMOZIONI

www.frontierescienza.it



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.