t.a.g tutti a trent’anni erano un nudo immediato e laocoonte says: tempo). bestemmia più piano, solefemmina ti dio così a e là l’incontrò nel senso proiettivo del termine. conta due volte per sicurezza. sinceramente tuo, dante. vivissimi meravigliosi a fare complimenti vivissimi. invece diminuivano da tempo era troppo spiegato infoiato ne trattiene lo stesso solo una parte per deviare sacerdotesse che l’avrebbero portato dritto dritto allì’ermozione funzione a altrove dietro quei (a dire hanno permesso alla statua di disseminare vetro donde la storia del lupanare… da re ancor prima che per il sangue pensato in pensiero portato al maschio un caffè allucinato e di N Si può dunque discutere di numi e portenti -consapevole dei generi – ah, quegli sguardi vuoti”. non sia espressamente del Laocoonte la barbarie (della) l’indicazione semantica che è così sfatta all’ombra di poche righe. Finalmente cassandra. le scrivono qualcosa. inappropriatezze
cassandra sicura del saturday out, loro che piacevano così a j gli piaceva vederli con lei alle isole (sulle calidnie cadde l’oplitica lancia in sottotramette d’infelice liturgia erotica deve averli lei stessa posseduti per deviare così pure quelle anime a nessuno, a nessuno era di me che si parlava ecc. asserì improduttiva. l’evento sintetizza il tempo (è un attimo) j stempera una sera ancipite ma non partecipe e giro scritto tutto il tempo» divinamente diverse le storie vendicano di continuo l’inganno scatenando contro quelle due o tre ebbrezze a, insieme la si doveva portare all’osservatore, sbilenca: la stessa cosa nella stessa parola. l’ultima analisi trasmessa e ricevuta a tarda sera: un addio, poi niente
sguardi al mitico, vuoi?. ogni testo consiste nel riflesso della psiche, ah, davvero? magari achille, briseide, non una, due. fra tali e tanti costumi di che moglie sia schiava (compulsa il calepino sì, puttana. qui fottono solo, pardon. bene, di quel bene immediato sans s a modo, qualche altro in una piega o nell’altra, bella e non aspettando un minuto uno un postulato fantasma dell’osceno, una noia (se definitiva, peleo, si diceva, calandosi il chitone) tra specie, specie quel popolo c’era poi aveva col suonatore esattamente i dollari che bastavano e poi le spiegazioni: sconvolgente l’arazzo. ma di che baubò si parla
di questo stato solo indovinato soltanto l’osservatore solleva una smorfia. nel ridotto, peleo, mal fermo, al centro, ecuba, mani dal nome solenne stavano solenni senza come senza dove posa, nature, in trackback, in mano, l’agognata figa: bene. priamo fantasma nel manipolare farragazze negromanticamente sono rimaste ferme, malferme. enter il centauro. il consorte posto un frustrante sentir disgusto assume sterco di suddito i a riti di tutti i sudditi. dei di brancolamenti. ipertesi: a borgo uno pseudo olimpo per los eroticos all’anfiteatro viste nascere equine come l e servono riservandosi l’immaginazione. img. coloro dunque qui dove che, fino all’arrivo e sono a raccontare una logorrea strepitosa come stracche? (apollo timbreo su quel carro tirandosi una lì per lì staziona per il pieno. andato su di complimenti. aspetta un sorriso o che si pronunciasse almeno sui suoi costumi. cecità schiava. su cosa vada bene, meglio” arrivare fin qui riservato un posto si soffermò sul nome “tutto una i ragazzi la catena
festival del primo romanzo
cap. xvi la lingua ha la tristezza dello spettacolo e dello spettacolo la svelta esibizione facendo così per rianimare semplic dando a vedere. osservando prendiamo questo mangiano con gusto. bellissimo il verde si strofina contro un picc quadrato di legno duro, e i e sulla guancia), un freddo una grana grossa si lega alla sfumatura allo sfilamento si trovano correlazioni al capo (se ne viene) al senso vibrano soddisfazione tremano hanno visto attraverso una lente volteggiano strappati ad angolatura larghissima senza punto senza fuoco. la frattura di unghie forti al culmine di creature estremamente delicate allo stato adulto pesano circa una condizione si nasconde la frattura lo scavo la via la fuga storti sul banco “una domanda uno un punto di qualche tipo, sembravano corde piccole radici sottopelle, un profumo dolce di trama che non vuole non finisce acceso versato con voce bassa s’intona comincia ad assorbire sottili vedute come avute da origini spaventose e limpide. metton giù bottega la tiran su la richiudono il pavimento in cerca d’insetti. scivolano facevano così a milioni comincia a crescere la coda inquieta del prigioniero. segnato il passaggio ma non si vede non si nota a (asciugava la spugna, la notte, domani con cosa pulire maligna non fa che prec l’odore alto di spine d’unguenti saltano e scappano via su cose sconfinate da secoli prima delle grazie assurde continuano a muoversi a farsi incise sul bordo a crescere sotto gli occhi dell’ultima, le aperture le lettere le punte. tessuti ossa di foreste di sistemi predisposti al rigetto i batteri il cibo ( non orientati al tempo
ma indovinati da una sequenza mista al ritmo ma disfandosi questi rivelano altro forse scomparsi per sempre si isolano le venature i contenitori le plastiche a colori su terre su vaghe scorrono mascherati molti tirano e tirano via altri rallentando mollano la presa disinfettano il movimento gli ampi delta della sete il blocco infinitesimale battuti qua
la sera e l’abbondanza e la camera e la spoliazione e lo spogliatoio al tocco occhiali di protezione afferrate sottili con le mani balconate tenute su dagli occhi curiosi dei giovani erano molti e comunicavano a fatica per vie strette raccolte le canzoni le cantavano usati guanti per via dei germi, delle malattie infilavano tra amache e giacigli perché piaceva così. traditi da cento e cento notti si guardavano amare incuranti dei soli, dei giorni del resto immobili. la testa, la testa, il liquore la tenia sottile il fantasma l’uccisione in piedi di dissidenza e illusione. proibite, menavano esplicitamente una pena ne palpavano l’estrusione. la prima colonia intanto batteva dalle scale rumoreggiava anna anna perché davanti di dietro era lo stesso, antinarcotico l’amplesso
segrete della bocca. veniva e non veniva, intanto. ci si spaventava per quelle facce di ragione e di tormento. lasciati a dimenticare. con una scaglia viene praticata la prima incisione, una musica un mistero. si pesa a stento. una piuma avvertita ai vivi s’allontana e si perde le si dice hai saputo rimediare alla cura del caso e del cammino dove viene ricordato dove non si deve
in tutto il corpo la carta consumava all’angolo un tepore nell’angolo c’erano sommessi balbettii tutto un oscurare allentare cose lisciare acque con la spina nuotare. alcuni utensili d’arie intasate da villosità serotine ah questa di nuovo da cambiare appena respirare. una sega, un martello chi si mette a fare la casa, di sotto un tranquillo abbagliare e le mosche, la polvere, non sanno dove si devon posare, si vede che non è stagione. quelli, cos’hanno da guardare si riempiono poco così. i proiettili feriscono un piccolo bue lo finiscono i piccoli tra le risate erano in un piccolo baule gli schioppi serviti allo scopo. crescono a vista gli occhi siedono accanto e cominciano dalla faccia finiscono ai piedi si chiedono quale sia chi sia. dal collo parte uno spettro. a contemplarlo vengono da ogni dove e ogni via pare abbia il suo. dai che aspetto. sbuffi di talco e pazienze svolazzano nel freddo nel mistero, la struttura cede ai fianchi, state indietro guardate questo lancio. chi poteva avere quel vento quella primavera?
calamaio, penne d’oca e sensazione di solletico
…fra le dita cinque angeli d’oro un po’ di roba dentro lo stomaco l’intestino, avvolgono il fegato hanno cristalli sui lobi e le labbra creme di fiori, l’uomo e il suo cuore. alla fine, perché una fine c’è sempre, s’otterrà un aspetto insistente, si chiamava si mostrava in quanto e per come, esattamente come una massa sfatta per via degli anni di fiati ostinati al mattino dove si vedono troppe cose troppo diverse, braccia molto più lunghe, di pochissimo, messi in cammino passi rapidi e accorti i polsi si staccano e finiscono sul tavolo, cambiano colore. piuttosto grossa dove dentro si muovono, si muovevano si torcono si torcevano minuscole file d’alimenti vivi e frementi misti ad una folla assolutamente immobile si tengono si tenevano caldo e nell’occhio un odore spaventoso li circondava su su, fino al cielo strofinato il burro non amava esser visto eppure doveva sollevare il velo per mangiare il tintinnare delle posate scemava col sonno muovendosi dentro il letto sente capelli sotto la schiena e le gambe un ramo scolpito nella corteccia formava un sorriso, certo…
magadurena monogatari
sempre da qualche parte indietro mangiato un poco ancora più stretto
basta
andare
8 otto luogo coinvolti nelle leggi del fuoco in un gioco in contesa, a turno, a guardare, uno solo una possibilità peso di fortune più metallico e simile a carta.
è quella di entrare e fondersi nel e tempi lucido, sapevano di qualcosa consumate in casa
così occupati dal funzionamento probabile di qualcosa quando s’incontra abbastanza per risparmiare le scene in modo che non si sbilanci la dimensione la necessità di agire come uno spazio l’insieme delle dimensioni e la facilità di movimento. si prova il primo giorno il secondo per pratica data una mossa data un po’ presto
il flusso scorre deciso verso il resto l’unica cosa peggiore è qualcosa di nuovo separato alla sezione: molto significativo guadagnare un accenno al chiaro dei personaggi: ora si torna in rapida successione al primo pomeriggio stati disegnati scorsi
incluse le basi fino al rilascio all’estrazione, una cura hanno detto gli estremisti della pausa e del contenimento: “sovvertire i valori del pubblico lieta la sagoma s’intravvede con l’occhio
veramente male osservato l’obbligo la forma sanno le animazioni fanno persone e moti ( avrebbe dovuto interessarsi sentirsi popolo. era brava gente nel vecchio, nel centro. era ordinato ordinato l’erotismo prossimo a sotterranei a piccoli teatri neutrali (non dovrebbero esserci, c’è ci sono
una chiamata buona (suona): distinguere chiaramente tra due atmosfere. in questo è la rotazione o meglio piccole perdite dal suono pensato per brevissimo se si va ad ascoltare. quando si cammina per le strade è così commovente riprende a migliorare la circolazione nella vasca
invariato anche durante la scrittura così per pause raggiunte e livelli tollerabili dal collo e dalla schiena provate per un cambiamento particolare degli argomenti e non solo: su un periodo di nove tempi di ricerca si classifica la parola 1 2
un
posto posto
3 4 5 6 7 8 10 posto
3
luogo
89
posizioni 4 posizione posto 7 9
guardano a metà sedendo qui le cose a caso a battitura a macchina pronta ora o mai mai lo cambia lo ha cambiato con l’altro dà di più e meno sporco fila quello grasso che non molla di dare calci a lo fa sentire lo fa sentire in modo lieto allietato sopra la media ma lei diverte così è un genere di grasso che non va via (ha grandi l’ha giusto è sveglio quando sfatto dal caldo a svendere ordalie che è che cosa dice sempre e wapah!!! fatto d’approvazioni -rigano il mento
____ __________________________________________________ _______________________________________________tro vata un’altra anima in galleria chiesta subito dell’altra imparerete solleticherete ai fianchi
dlzcatessen
1 un giro un passo, inclinato tenuto molto. reso conto fermato su una complessa. intesa un’insistenza, due facce, prendete e. fatti di colpo umani, per singolarità (devono essere composte di parti). prendete. se insistere sulla porta, si spiegano, se l’aprisse per cortesia. fare posto per passare. scaffali a semplificare, si tramandano. prendete. chi pretende. significa che non è complicato, andare, avere. lo scambio sotto forma d’una specie, d’una lotta, e in rapporto a questa lotta chi perde. prendete. e in rapporto a questa un quadrato, più misterioso: ma esattamente cosa. ammobiliare spazi. chi li vede, chi li vede. i suoi. sì se cambia la direzione, la distribuzione dei punti. “sapete, il popolo manca”. il popolo manca. si possono chiamare. sarà un doppio punto il momento mai chiaro – queste affinità fondamentali – una coincidenza, se esiste. ecco, giunti alla fine. tuttavia succedono
2 la gentilezza dell’ascolto la conversazione di cinzia la teoria delle funzioni, delle articolazioni, delle performance storiche. a passeggio nei romanzi (nei moderni. alte teorie indifferenti al sapere chi è da dove arriva quale la causa l’effetto il problema. invecchiati male come invecchiano gli spiriti, anche. impronte al passaggio. quasi niente. goffredo compie un gesto uno slancio fondamentale su una porzione di tre lettere. così corretto nel dire ciò che scrive e detta, a sua volta inventa quel che rimane. si delineano i rudimenti, s’ammira la tecnica del giardino, messi a prendere un tè. due: s’avvicinano le tende per fare un po’ d’ombra, per tenerle lontane sì per proteggere dall’aria: “c’è posto nel roseto per tre
3 si procederà da qui, presentandosi tutta una serie di corrispondenze già viste: hanno familiarità con le azioni (abbastanza bene). ci sono vari tipi di condizioni richieste (consumano correttamente). vengono rapidamente classificate categorie di azioni, andamenti, gesti. giunti a conversazioni. precisano gli scambi. è suo figlio? uguale, uguale. dato un primo senso. un buon punto, una partenza. possibile prolungare fino ad avvicinare. in via molto approssimativa. altre singolarità: essere figlio, ribadito con inflessione del posto preferita a una dizione più consona “il mondo è la serie infinita, è così. si dà un tono. sembra funzionare. poi la domanda-conclusione a proposito di una curva imboccata male. una superficie a curvatura variabile, si precisa, è per quello che ha sbandato. goffredo dà segni di nervosismo, inseparabile dal proprio dolce, sezionato in parti regolari nel piattino. non c’è bisogno di insistere, intima. e l’universale, il generale, il particolare, il singolare. la densità della ceramica che tiene il caldo
4 terminate assunzioni. liquide e solide successivamente a qualcosa di assolutamente nuovo originato da un evento, più precisamente “un’ulteriore singolarità. soffermati su profumi, colori, fisiche cristallizzate su più punti, linee immaginate per via dell’ordine dovuto (dal punto di evaporazione, poi di cristallizzazione) si presentano ancora sempre come singolarità. un omaggio al già intuito, per questo predisposto un atteggiamento. un presentimento (si sta per dire): che abbiano – può darsi – un rapporto del tutto particolare ecc detto. “è una logica dell’avvenimento. chiesto che tipo di rapporto, che sia specificato. l’ultimo avanza un’ipotesi partendo da un’idea, la segue, la prende. prendete. un insieme di possibili”. goffredo rigira nella tasca una pasta, l’ultima rimasta
5 queste non possibili sono opere misteriose che si biforcano in racconti in deserti in finzioni (carmelo pare irritato). viene letto un passo senza verificare cosa che sta sotto (“ciò di cui si parla fugge alla terra”). si guardano, carmelo si guarda intorno, perplesso, per via delle tende in giardino, dove tengono, cerca il trucco. riconosciuta buona parte della zona, il posto, i sentieri. il grande ciclo degli elementi (“ciò che vediamo è il problema”). goffredo alza la voce, non ha quasi bisogno di ascoltare quel che dice, lui cita: parlando del ciclo appena finito “compare a dio una scelta un’infinità di mondi ugualmente impossibili, l’idea è bizzarra. si leva dalla succitata terra una voce, un recitativo coatto, suggerisce alternative, si decide per una e là si deforma un sostegno per via del gran vento
6 cause che eliminano altre. notato che si tratta della stessa voce, giù, che dice di fare attenzione se si versa dalla teiera. si discetta a lungo di cadaveri, quasi inestricabili tanto erano fitti, prendevano posto ordinati, nonostante la tormenta. viene decisa – unanimemente – la sospensione di tutte le attività. immaginato un sibilo un fremito perverso di goffredo (fa passare la propria essenza in secondo piano disquisendo di spettri e spazi vuoti, gli occhi, ogni più piccola cavità, vorrebbe a contropartita un seno da palpare, darebbe un senso definirebbe un assunto. scurisce intanto fuori (un principio di nero). goffredo rinuncerebbe per questo a ogni comunicazione a ogni teoria “invece nutro dubbi, affamo certezze, passo e chiudo. nessuno, nessuno (continua ma non qua
16 scendon nubi (dei destini guardiane) e nidi di bocche d’illecite palladi. enter guglielmo con federico, ne vogliono ma non è il momento: “perché ripetere le cose, riconfermare le proprie? sono venuti a visitare la struttura. ne vogliono ma fanno finta. tormentati da tanta familiarità da una lì davanti una pelle, una pelle.. la struttura è trasparente: un’immensa mancanza, un vertice, sembra, ma è una risposta tra mille che non hanno fine. improvvisi tocchi d’ardimento un po’ anche stanno dicendo ma più che altro prendendo. federico soffermandosi su alcuni dettagli. cose assai curiose. stanno inquieti, avviano motori. un personaggio se ne va, un altro scende in strada, così va all’infinito, ma non verso l’alto, a sminuire, tanto per fare, dice: “una persona, una al massimo, non c’è un minimo
22 accadono entità, si presentano convergenti in foggia di conseguenze, di piccole divergenze al tutto, proprio, conseguenti per frammenti la cui connessione non è predeterminata. la serie l’intelletto divinità sclerotiche s’avvicinano spiegano la scena al vicino ma al contrario impiegando spazi d’insieme: non sto meglio non sono migliore ecc con le dita s’affonda di qualche centimetro attraverso la dura madre una specie di scolo lungo i seni venosi appena aperti facili da maneggiare. recisi in un certo numero. in seguito presi due o tre, importante tenere bene senza stringere, indovinarli al momento, indovinarne il movimento “riposanti in modo creativo, rinnovati in rapporti in sottili permute ai nervi, hanno qualità superiori. una situazione assai curiosa: nell’intelletto s’agitano le prime, i primi – qui vanno piccoli canali, scollegati in fondo, si chiede loro perdono deglutendoli nel ciclo, un ciclo discontinuo svolto a sproposito. si tentano creazioni s’apparecchiano cure, la pazienza ha una gamba scoperta ora bisogna necessariamente che si riprenda, prima che diventi dura e così via, ancora
23 difficile spostarsi oltre. lì i blocchi durano, eterni e chiusi. avranno chi li terrà, avvertiranno abbracci, calori. la sconosciuta si siede spostando la sedia con rassicurante grazia. federico chiede altro té. questi specchi danno spazi” (olallà) «dovete considerare le connessioni. le parti sono anticipate, s’avverte la mano (eva gliela mostra – aperta agli spettatori questa non teoria s’intravvede si vedono le labbra, un leggero trucco, incerta la sua natura eterograda (ha uno stare per forza complesso, i suoi occhi dati in cimento lieto, severo: federico la vorrebbe chiusa e conservata per molto “se no niente, niente più di qualcosa da dedurre così, meno nel dire. i due finiscono
24 trattata a fondo la faccenda “venuti a seguire – contenti. finito in fretta condotti su splendide diversioni preso sfilato il bordo gommoso lungo la circonferenza sostenuta da algoritmi contati su specie d’affinità già viste di squadri di fili di piombi su quelle specie d’affinità già viste riflesse su specie d’affinità già viste estese a cose sicuramente migliori a consistenze appena state. e ora che s’indovini la somma. “in un attimo la pittura diventa un tutt’altro tipo di giardino. tenuta – sognata una gentile sulle gambe, lo spazio fra le costole è un morbido giusto “cede come elemosina la figura così spiccata alle terre alle linee, all’architettura vaga di chi prende a muoversi, lì colori in parole percettibili, proprio. gli arti avvertiti da sostanze piacevoli se solo sentissero il tepore esteso nel cerchio screziato dai sussulti, dai piccoli assestamenti. federico avverte un indolenzimento alle gambe. dice, ricorda che le attualità hanno un peso inversamente proporzionale alla resistenza dei muscoli lassi ancorché oblunghi, si convince: la fa ballare sulle ginocchia provocandole lievi sobbalzi
immagine: giacomo grosso, il supremo convegno, (1895)
roberto cavallera / riccardo cavallo: t.a.g. 1 d’una pittura, improvvisa, enorme, ordita in frasi la frase scorsa al collo, tutti gli sguardi dentro. quella: non ha padre, molte le madri, molti i quadri. sua la brevità trascorsa, andando solleva abbastanza, solleva il tempo, così, con una mano, vive nell’autoreperirsi (muore vergine tiene una verga pulisce le labbra il latte si guarda le cosce (dopo la resa la s’invita a giacere, più in là. munita di fondata sua natura. fra torino e gerusalemme una capatina. dire e ridire: la si vedesse. la treccia oscillava, presa tra un cristare e l’altro (l’altra guardava, guardava tutto, istruita a modo). dolce, amara, nel tao- non a dulcie- si trovano s’inseguono sulla tela
2 [. ..] così feticizzato per iscrizione per modo sommo. ficca a parole dritte nella sul sulle su delle parole. creature da leggenda fuori dai fogli. detto. la performance presenta difficoltà atroci: ci buttano l’occhio: lì la prima tenebra. nessun luogo è illusione, simile in ciò a un viaggiare, chi c’è dietro. si china lo vede pieno cambia la fasciatura netta secrezioni scritte e versate ne versa un po’ sui parati. concisa esercitata una breve masturbazione al bar, ne viene una bellissima. d’argento, d’avorio. l’amore impagabile delle dimensioni
3 di colori scorsi su un dio pieno messo per lungo, per dritto, pittato a partire da’ piedi” sembrato vero per via delle circostanze. non c’era nessuno, una brezza, un vento, un fetore, (anelli/seni, collana/collo, per l’uscita di là, fa il soldato, diadema/fronte, orecchini/lobi). “la gente è femmina (facendosi largo, povera madonna, facendo dello spazio, sul momento, secondo come gira (piano, piano). un movimento nel primo atto, una calca, un trionfo. il versatore brevissimo, concitatamente “fessurato” sbattuto bene fra schiume, nastri. sagoma a struggersi in una fatica tropicale, irradiata da volte, da scorse. una pagina sempre la stessa spiegata a persone, da lì tirato fuori un uno calmo, si staccano gambe che insistono camminano. scambiata per forma per teologia una morte uno spreco. con tutte visioni d’indie intorno, come un sogno, segue disfraz cervantesiano: l’impossibile preso bene. non c’è più il nell’ombra un rapporto abituale ma stacco netto tra grado e soggetto. dentro si vede una da dentro quell’aria violetta
4 stesso lato ultima traccia: kaukila, si parla della madre, il capezzolo una pietra, un fiume un oggetto un mistero: purissima, orizzontale, viene un ragazzo lo chiamano, succhia, ride qualcosa (qualcuno), più nettamente: senza sostanza, “il piede si libera e preme, così. parentele smesse al mondo, ma va’. si disegnano sulla fronte colori, aspirandoli già immaginati, verticalmente sdoppiati, salendo dal fondo si fa oscillare del maquillage, si fa gl’indifferenti, si perde un poco sui paramenti, sulle strutture, su solide questioni denarrative, per non stare lì a menarla, a precisarsi in codici, a scriversi riscritti “si fa, occiduo, errante l’universo. per mera completezza, circolarmente alla parola, mica per altro, eh, mossa per contrazione buccale su nigrissima materia, infera (impera). allora risalire al tao – no non ho capito “siffatta in te e s’appartiene più o meno a riduzione eh
5 materia: autrice la segretezza (un soggetto attivo allo al del versatore, brevissimo) prodotto d’impianto didattico, élan plutarcheo con la grazia d’un macigno, si dà e si tortura alla pari con priapesche baubò, fortissimamente pensate, computabili a convessità puntute a cavità celeri e ripidissime, inseguite in una rappresentazione in un’ombra, se ne beve un po’
6 capitolo zero. quella costruisce cerchi, croci, rettangoli, ingredienti per operette morali, con episteme e tutto, variazioni a svendere, continua indeterminata manifestandosi determinabile attivata in un’eternità coeva. l’opera sta tutta nella bianchezza, veloce, indistinta. veloce e indistinta io parlo» torna su della polvere, se ne bagna un velo, fatta una forma, stretta tagliata giusta l’attesa. suo l’impulso, la mocciosa scoperta slargava gambe ricolme di corpi, d’ipotesi di, topologica, probabilistica, scombinata tessuta in grani, in cancri appena trascorsi calpestata da esterni malati da cani. come invecchiano, destinati a priori a protrarsi in punteggiature, trasformarsi locutivi in giri già autunnali. labirinti annunciati ad ogni cambio ad ogni anno. contemplazioni millenarie elevate su draghi sangiorgeschi su preste illusioni simili a un ritorno, simili in ciò stesso a pensieri più alti e veloci a pensieri fatti di complicatissimi incesti
7 feconde regine scandite da passacaglie da gighe seguite al senso (fine verità) per ciò sia qui leggibilità ipersessuata d’una piccola lingua uno una un nauhatl come si parla a bernezzo. il barista porta dell’altro: ciondoli fuori mito destinati a protrarsi di più, prima quella volta che con affanno salendo dal fondo nel soffio salendo dal fondo della fronte disse disse voglio, tornando a essere calda di colpa si pulisce sul grembiale, stila un preventivo “esso me contiene (dilaniamento non della scrittura, non sa cosa sia, d’un solstizio, forse, ginevra, forse (s’accorge) (s’avvolge) di corpi di gioielli sotto una sorta d’influsso, d’incanto, di là vengono simultanei simultanee smorte alcesti (nemmeno viste tornare). piuttosto smantellare la struttura del congiungimento. luoghi d’esercizio alla materia. sa di meditazione, d’ombra, ne beve un po’
8 alcuni consigli di psiche per l’attesa. staccare la dicitura del libro, esaurire la sintassi, sbiadire le figure, vergare un dramma nuovo, migrare in falli in tumide segrete materne (adesso s’accentuano, insistono per gradi, insistono «questa sorte si rovescia lo stesso le partite finite il tripudio, concluse -il / “le il labello sulle labbra un piacere uno metodologico stato l’amore un altro, ma terreno, lo disegna lei, con aria un po’ maligna, sempre molta la schiuma, vecchioni a dozzine scrutano susanne senza capire, capire come fare, mediocri, mediocri, presto a consultare l’elenco sotto la voce: vialis
9 illuminati da questa che torce / declina, ammassa” passa scrittura senza scienza a reggere notti insonni a niente più che resistenze. improvvisati termini d’uso. a cuneo scendeva tutt’altro chiuso a chiave (un silenzio) scesa poi a robilante, saluta, saluta tutto il mondo. l’isomorfismo del racconto è confermato dall’altra che sale. in via bodina apparvero alcune
10 un inno agli dei esteriori, almeno quelli: sfila un burroughs da dietro si gonfia bello sta qui, come a finire l’opera, la natura lo dà in scritture in carceri in costantinopoli decolorate, più giù andromede incatenate ai venti, alle onde, ancora più giù il nascondimento mobile d’un achille fintissimo, momentaneamente integro. per questo non si sta mai contemporanei a quel che c’è, a proposito, che c’è?
11 aspirando di quella buona quell’aria buona di stroppo, così in alto così in alto da vedere vuoti molti piani. fibbie fermate sulle trecce, vuol farsi chiavare in blocco, nuova fisica in verità nuda e senza. sostanza ferma all’iride, si sarebbero detti verdi, verd’acqua visti arcobaleni ma solo i complementari”, ricordano tutto sancita l’estinzione sfugge indistinguibile all’arte che non fa scrittura, non ne fa abbastanza, chiaro, guarda nevica polvere, soffia
12 il livello del ritmo sempre piÚ basso, variazioni dell’enunciato, commento apocalittico apocalittica la genesi, la conchiglia semiaperta intesa all’atto, convinta. mucose ancora gonfie spumeggiate da veneri universe date al tragico. si costeggia a caraglio una stradina smossa, si torna a cuneo, area cimitero, s’eleggono catarsi si scaldano stufe sistemi temporali derivati e secondari, altre dimensioni, altri pezzi, sotto il landolfi un biglietto del treno
13 vicenda semplice si disfa simile a un fatto mentre si slancia morde la propria presenza, favoleggiati eroismi blu, il programma recitato in sala, finito lo spettacolo la ballerina danzerà. partiture concluse, terminate, ulteriormente terminabile l’attesa, ferma, nessuno più sopra. inserto in forma di in un prototipo gergale nascosto, parole prima sconosciute, poi rotte, bizzarra riluceva (no) un’impressione, scontando il testo chiusa in un minutissimo parlare in una microinscrizione immaginaria, esiste, viaggia sola, scorta appena, tagliata dall’ingrandimento. trovare poca morte, non abbastanza almeno. la completezza dissolva la grandezza. declinato il respiro, la massa, così per un attimo messi nel cofanetto il trucco, le lettere, circolarmente sparsi
14 enter anubis con con una giacca di tela per tenere tutto, sagoma tropicale, pochi i muscoli, libero l’ingresso. perpetua l’obsolescenza ecc dove si va, e con chi. contemplativo, sta sul vago, niente ribalta. anadiomene smarrita per l’irreperibilità della sala, né dolore né figura. scena spostata verso l’autogodimento, la creazione fossile, l’assorbenza della piega, sperduto l’inverno. rinvengono miraggi, miracoli, passano dal retro, atroci, unti da sottigliezze caprine
15 script della sepoltura (etichetta:transcriptiones). al risveglio compiuti primi viaggi guardato un posto dove s’è già stati, manifestati attraverso cifre eternità settimane archivi. (tragedia rivoltata) dissolta da terre antiquate, adeguato il movimento al luogo “esercizi di meditazione a dronero. tutto tagliato bene e invisibile nel [.rovescio di scena: …. nuova leggibilità semmai d’una topologia d’un lessico remoti, tremano veli tremano braccia, meccanismi, veicoli interdimensionali azionati d’incanto – eschilo sul sei orizzontale. seminati grumi a parte “das ist das ende das ist motore di trasgressioni, cercato un verbo uso mano. tornanti alchemiche dell’oro, suggestioni estensive della fonazione (urla) “damigella da svestizione oscilla sul sesso stilla auf gut sui quaderni, sul piano, sul pregiato volumetto delle fortune lontane
16 non c’è dialogo non c’è un’anima. per quali blande metamorfosi rimasti interi. santità ricolme, inferiori, inevitabili, macchine agganciate rimosse con ordine secondo metodologie aviarie. finisce il testo con un respiro, un soffio “detto di nessuno che raccontasse meglio, said plotinus. in forma continua che a sua volta non indica. ricamata intorno al momento una piccola memoria, trascritta nel sillabario degli epigoni, a esaurire canzoni. credendoci, s’accarezza