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Arte e finanza

Avv. Gaia Fusai

Milano, Viale Bianca Maria 5 gaia.fusai@studiolegalefusai.it

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Un binomio tanto perfetto quanto pericolosamente difficile

are denaro è un ’ arte. Lavorare è un ’ arte. Un buon affare è il massimo di tutte le arti». Quando Andy Warhol abbozzava in questa sintesi tanto cinica quanto realistica il concetto di arte, forse non immaginava quanto oggi pochi fatichino a non riconoscersi. Galeotto forse il vezzo del re della Pop Art americana di firmare il dollaro verde per trasformarlo ‘ipso facto ’ in una irripetibile opera unica, poi gentile omaggio ai suoi ospiti della Factory, e forse profetica anticipazione delle più conosciute serie di versioni originali che l’ avrebbero reso iconico. Da allora il mercato dell’ arte, tra strumentalizzazioni commerciali, quando non politiche, e pura passione estetica, si è polarizzato sempre più su posizioni valoriali di tutto rispetto, diventando rappresentazione di interessi economici sempre più ingombranti. L’ opera come prodotto del genio dell’ artista, dunque come bene mobile (o immobile, o adesso come bene addirittura dematerializzato) ha affiancato sempre più al suo valore storico artistico il significato preciso di asset economico. È noto come il mercato globale dell’ arte si sia attestato nell’ ultimo triennio intorno a valori medi superiori ai 60 miliardi di dollari annui, valori che hanno conosciuto una marginale contrazione solo in tempo di lockdown planetario, sapendosi tuttavia reinventare, attraverso la digitalizzazione, in processi economici innovativi di forte impatto che vedranno nei prossimi anni un largo impegno in termini di sforzi legali, e auspicabilmente legislativi, tesi alla tutela degli scambi di valore tanto intrinseco quanto commerciale. Così il mercato dell’ arte, solo in apparenza di facile seduzione, è diventato il luogo d’ elezione per la moltitudine di player sia istituzionali che privati, lasciando tuttavia pericolosamente vuota la sedia di organi regolatori riconosciuti, che possano governare la tendente opacità delle transazioni nonché le caratteristiche spesso illiquide e soggettive del valore e della valorizzazione degli asset. Del resto è noto che l’ arte sia sempre stata rappresentazione del potere, non solo economico. Appannaggio di poche élite nel passato come nel presente, quando non espressione della competizione geopolitica delle grandi contrapposizioni del ‘900, il prodotto artistico

«F è diventato oggi ancor più il luogo dell’ utile, più che del bello. Del profitto, del rendimento, della redditività, più che della gratuità e della libera fruizione. Rimane tuttavia, e sempre, fucina di cause ed effetti delle grandi trasformazioni, delle più audaci riflessioni sociali, politiche e filosofiche. Arena del dibattito dell’ etica, come dell’ estetica. Per questa ragione esposta anche all’ emozione e al sentimento che suscita, e così ancor più meritevole di un ’ attenta e scrupolosa strumentazione professionale e legale che sappia trasformarla, invertendo la citazione pop, anche “ nel massimo di un buon affare ” .

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