AL 10, 2006

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AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi

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FORUM Parchi in Lombardia interventi di Marco Engel, Francesco Borella, Fabio Lopez Nunes, Fosco M. Magaraggia, Domenico Zambetti Aree protette in Lombardia

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INFORMAZIONE Dagli Ordini

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INDICI E TASSI

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EDITORIALE

10 OTTOBRE 2006

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Giuseppe Rossi; Vice Presidenti: Achille Bonardi, Ferruccio Favaron, Giorgio Tognon; Segretario: Sergio Cavalieri; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Emiliano Campari, Stefano Castiglioni, Angelo Monti, Biancalisa Semoli, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidenti: Paola Frigeni, Angelo Mambretti; Segretario: Antonio Cortinovis; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Gianfranco Bergamo, Matteo Calvi, Enrico Cavagnari, Stefano Cremaschi, Alessandro Pellegrini, Francesca Rossi, Mario Salvetti, Italo Scaravaggi, Carolina Ternullo, Elena Zoppetti (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Stefania Annovazzi, Umberto Baratto, Franco Cerudelli, Laura Dalé, Antonio Erculani, Paola Faroni, Franco Maffeis, Donatella Paterlini, Silvia Pedergnaga, Enzo Renon, Roberto Saleri (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Chiara Rostagno; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Angelo Avedano, Antonio Beltrame, Alessandro Cappelletti, Laura Cappelletti, Enrico Nava, Michele Pierpaoli, Andrea Pozzi (Termine del mandato: 15.3.2010) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Gian Paolo Scaratti; Segretario: Federica Fappani; Tesoriere: Luigi Fabbri; Consiglieri: Luigi Agazzi, Giuseppe Coti, Davide Cremonesi, Antonio Lanzi, Fiorenzo Lodi, Fabio Rossi, Paola Samanni (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidenti: Massimo Dell’Oro, Elio Mauri; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. 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Dragoni, Maura Lenti, Gian Luca Perinotto, Giorgio Tognon, Alberto Vercesi (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Marco Ghilotti, Enrico Scaramellini, Laura Trivella (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Laura Gianetti; Tesoriere: Pietro Minoli; Consiglieri: Luca Bertagnon, Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Antonio Bistolettil, Emanuele Brazzelli, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni, Adriano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2009)


Maurizio Carones

3 EDITORIALE

Guardando una carta della Lombardia in cui siano evidenziate le aree sulle quali è stato istituito un parco nazionale, regionale o locale, se ne ricava l’impressione di una regione il cui territorio é in buona parte tutelato. Se poi leggiamo il lungo elenco dei parchi, ne riconosciamo alcuni come molto noti, altri ci risultano poco o per niente conosciuti, come ad indicare una loro rassicurante diffusione. Da questa lettura sembrerebbe dunque poter dedurre una grande attenzione alla salvaguardia e alla tutela ambientale, atteggiamenti strettamente relativi all’idea più diffusa che si ha del “parco”. D’altra parte, sovrapponendo a questa rappresentazione una recente fotografia satellitare del territorio lombardo si potrebbe invece facilmente rilevare come, soprattutto negli ultimi decenni, il costruito si sia notevolmente esteso, in modo particolare in alcune aree, determinando una sorta di continuo urbano. Se poi, ancora, si analizzassero alcune soglie storiche di questi stessi territori, confrontando una rappresentazione del 1950 con una del 2000, si rileverebbe come in questi ultimi cinquant’anni si sia completamente trasformato un paesaggio che, sino a quella data, era rimasto per secoli quasi invariato. Da questo quadro apparentemente contraddittorio si potrebbe quindi evincere che la questione della tutela del paesaggio, proprio per la recente vicenda di intensa costruzione del territorio lombardo, sia diventata una delle priorità della società e delle politiche, quasi necessario rimedio ad una saturazione insediativa. Si sa invece che non è così e che la pulsione all’uso estensivo del suolo è continua, spesso contenuta solamente grazie all’istituzione di parchi che, in questi casi, diventano una sorta di linea di frontiera, talvolta non proprio gradita, nei confronti dell’espansione. Allo stesso tempo, dallo scorrere l’elenco dei parchi lombardi è evidente come essi differiscano notevolmente fra loro, dai grandi parchi alpini a quelli fluviali, a quelli di pianura, a quelli periurbani. Conseguenza della varietà del paesaggio regionale, sorta di campionario di situazioni, che rende molto difficile stabilire a priori obiettivi comuni, mettendo in un certo senso in crisi una astratta nozione di parco. Ciò indica, come proposto anche nei qualificati interventi qui raccolti nel Forum, che un adeguato atteggiamento di tutela del paesaggio non può coincidere esclusivamente con scelte vincolistiche e di perimetrazione, ma deve essere in grado di proporsi come individuazione di risorse, cultura del territorio che forse dovrebbe interessare l’intera estensione del territorio regionale, corrispondendo ad una differente idea dello sviluppo e dell’uso dei suoli. Questione che peraltro riguarda l’intero territorio nazionale, che a differente scala da quella regionale, propone una varietà di paesaggi ancora maggiore, con gli stessi contrasti e con analoghe situazioni di degrado, talvolta in modo ancora più drammatico. Se letta in questi termini, la differente cultura della tutela, della salvaguardia e della valorizzazione del territorio che sembra diffondersi, si presta ad essere una grande occasione di “ricostruzione” nazionale, che, diversamente da quella che seguì la seconda guerra mondiale, dovrà riparare i danni provocati da processi di sviluppo molto accelerati, svoltisi senza adeguate politiche di pianificazione territoriale. In questa sorta di “ricostruzione” la nostra cultura architettonica potrebbe far valere la sua preparazione scientifica, che negli anni, alle scale del progetto del territorio e del paesaggio, ha accumulato esperienze e specificità disciplinari che vanno costantemente riaffermate.


Parchi in Lombardia

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Nel forum di questo numero intervengono Marco Engel, architetto, vicepresidente dell’Ordine degli architetti di Milano, Francesco Borella, architetto, progettista, già direttore del Parco Nord Milano (1983–2000); Fabio Lopez Nunes direttore settore Parchi e mobilità ciclabile della Provincia di Milano, già presidente sezione italiana di Europarc (Federazione dei Parchi nazionali e naturali d’Europa); dott. Fosco M. Magaraggia, dirigente Struttura, Culture e Sviluppo locali, Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, Regione Lombardia; Domenico Zambetti, già assessore alla Qualità dell’ambiente della Regione Lombardia. Ringraziamo tutti i partecipanti per la loro collaborazione.

Una nuova stagione per i parchi regionali della Lombardia di Marco Engel

Con crescente insistenza si sente parlare di una prossima revisione della Legge quadro regionale sulle aree protette (L.R. 30 novembre 1983, n. 86): l’unica, fra le leggi lombarde con effetti di organizzazione del territorio, a non essere stata toccata dalla recente stagione di riforme. È dunque tempo di bilanci, del resto più che giustificati dalla storia ormai più che trentennale dei parchi regionali lombardi. La L.R. 86/83 giungeva a conclusione di una lunga fase di studio e sperimentazione avviata, nella prima metà degli Anni ’70, con l’attività della commissione speciale costituita presso il Consiglio Regionale (1972), poi col primo progetto di legge per un sistema di parchi regionali, di iniziativa dell’assessore all’Ecologia Nino Pisoni, nella stessa legislatura; quindi con l’istituzione, fra il ’74 e il ’76, dei primi parchi regionali: Ticino, Parco Nord, Groane. Di questa è bene ricordare gli inizi, perchè hanno avuto un’influenza determinante sull’impostazione delle politiche che verranno seguite con una certa uniformità da quasi tutti i parchi lombardi, anche quelli più recentemente istituiti. Primo fra tutti ha fatto scuola il Parco del Ticino: istituito nel 1974, con una legge dedicata a lui solo, a seguito di una campagna di sensibilizzazione condotta da ambientalisti, gruppi politici, associazioni locali. La legge istitutiva contiene tre indicazioni fondamentali, che si ritroveranno in seguito in quasi tutti i parchi regionali lombardi: • il parco è costituito dall’intero territorio dei comuni; • il territorio del parco, quindi l’intero territorio dei comuni del parco, sarà oggetto di un unico piano territoriale; • il governo del parco sarà affidato ad un consorzio composto dalle amministrazioni locali territorialmente interessate: comuni e province. Quanto all’organismo di governo del parco, la forma scelta, il consorzio, per molti anni è rimasto l’unica forma adottata dalla Regione Lombardia, ma anche la forma più diffusa nelle altre regioni italiane. All’epoca dell’istitu-

zione del Parco del Ticino doveva apparire come l’unica in grado di superare la naturale diffidenza delle amministrazioni locali, pertanto fu preferita ad altre forme, che avrebbero potuto forse garantire una maggiore efficienza complessiva, come gli enti autonomi che già governavano con successo alcuni parchi nazionali. Il Piano territoriale del Parco del Ticino, al quale, ancor fresco di laurea, ebbi modo di collaborare, rimane un caposaldo nella storia della pianificazione dei parchi lombardi: alla sua impostazione si sono riferite quasi tutte le esperienze successive, con la significativa eccezione di Parco Nord. In sintesi il Piano territoriale del parco si presenta come uno strumento urbanistico sovracomunale che definisce: • la ripartizione del territorio inedificato in zone di diverso valore, alle quali sono attribuite differenti forme di salvaguardia; • la perimetrazione delle aree lasciate alla pianificazione comunale, come ritagliate dal territorio del parco, per le quali sono dettate norme di indirizzo, riguardanti i centri storici, le aree di loro pertinenza paesaggistica, l’indivduazione di particolari altri valori da assoggettare a tutela, ecc. Il Piano contiene molto altro, ma interessa qui sottolineare la sua funzione urbanistica, poiché a questa si accompagna inevitabilmente un ruolo politico: ciascun comune infatti dovrà ottenere dal parco il parere sul proprio strumento urbanistico, ossia accettare un intervento di verifica aggiuntivo rispetto alla prassi ordinaria, operato da un ente sovraordinato, posto a metà strada fra il Comune stesso e la Regione. Alla fine degli anni ’70, nel periodo della redazione del Piano del parco del Ticino, si sviluppa un dibattito serrato fra due fazioni contrapposte: da un lato chi sostiene il ruolo di supplenza che il piano deve svolgere di fronte all’assenza di strumenti di pianificazione di area vasta, particolarmente necessari in situazione dall’equilibrio ambientale delicato e prezioso; dall’altro chi ritiene che il piano debba avere carattere specialistico, occuparsi cioè principalmente dei territori di maggior pregio e degli interventi necessari alla costruzione del parco stesso. Le due impostazioni, che potremmo definire semplicisticamente “urbanistico-amministrativa” ed “ambientalistico-fruitiva”, continueranno a confrontarsi per un lungo periodo e talvolta riusciranno anche a convivere, come nel caso del Parco delle Groane. Ma alla fine la prima è destinata a prevalere, con conseguenze vistose: prima fra tutte la minore attenzione dedicata alla costruzione del parco rispetto alle maggiori energie profuse per attrezzare la struttura preposta al rilascio di pareri e autorizzazioni. Ne è un esempio lampante il Parco Agricolo Sud Milano, al quale si deve una efficace salvaguardia passiva del territorio, garantita dalla gestione di perimetrazioni e vincoli, accompagnata una politica realizzativa poco più che marginale. Diversamente non si spiegherebbe per qual motivo si senta oggi l’esigenza di lanciare, come un’assoluta novità, l’idea di una nuova cintura verde per Milano, un bosco metropolitano destinato ad occupare gran


Il forum di questo numero è illustrato da fotografie tratte da un lavoro sul Parco del Mincio, realizzato dal fotografo Arnaldo Genitrini nel maggio 2006, appositamente per “AL”. Lo ringraziamo della collaborazione.

FORUM GLI INTERVENTI

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parte delle aree dello stesso Parco Sud, istituito da oltre quindici anni. Con l’approvazione dei piani territoriali di quasi tutte le province lombarde e con la riforma degli strumenti di governo del territorio, contenuta nella Legge regionale del 2005, vengono a cadere i motivi che avevano fatto prevalere l’impostazione “urbanistico amministrativa”: potrebbe essere un buon momento per riaprire una discussione che sembrava ormai chiusa e dotarsi di nuovi strumenti per la valorizzazione del grande patrimonio ambientale della nostra regione.

L’esperienza del Parco Nord Milano di Francesco Borella

Ho cominciato a lavorare al Parco Nord Milano nell’83, quand’era poco più che un segno sulla carta. Erano anni ormai che l’idea, il sogno urbanistico di un nuovo grande polmone verde nel nord milanese, proposto da quei matti del PIM, dei quali facevo parte, nonostante un intenso decennio di impegno politico amministrativo e di studi e

progetti, non riusciva a decollare, non riusciva a concretarsi in un qualche intervento di riqualificazione ambientale, o di rimboschimento, o di pista ciclabile. Anche la Regione Lombardia, che nel ’75 aveva recepito il progetto PIM riconoscendo PNM di rilevanza regionale, nell’’83, con la Legge quadro sulle aree protette n. 86, che prevedeva la sola categoria dei parchi naturali, lo aveva declassato a parco locale. Per convincere la Regione a tornare sui suoi passi è stata certamente importante la motivazione culturale addotta, riassumibile all’incirca nei seguenti termini: si può capire che la preoccupazione principale del legislatore regionale sia stata quella di tutelare i “santuari della natura” (Adamello, Ticino ecc.); non si capisce affatto, e si ritiene anzi una grave lacuna, la mancata tutela delle aree verdi strategiche per l’equilibrio ecologico delle aree metropolitane, aree preziose quindi per la loro collocazione anche in assenza di valori naturalistici, aree che in tutta Europa con la politica delle green belts ci si premura di tutelare, di valorizzare, di riqualificare, di promuovere; sulla base di questo nuovo quadro culturale la Regione, con la L.R. 41/85,


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serelle, le connette tra loro e con il tessuto edificato circostante, proiettandosi quindi all’esterno del parco e stimolando il nascere di nuove reti di percorsi all’interno dei comuni del parco, col risultato complessivo di dar vita, gradualmente, ad una grande rete ciclo-pedonale sovraccomunale, vero sistema di mobilità alternativa al servizio di un vasto settore metropolitano. Non c’è spazio, in questa sede, per una vera riflessione sopra questa esperienza (anche se, per chi fosse interessato all’approfondimento, sono disponibili su CD gli atti del convegno per il trentennale di PNM dell’ottobre 2005, allegati al n. 14 della rivista Architettura del Paesaggio, e stanno per uscire sulla rivista “Territorio” alcune relazioni di un seminario tenutosi lo scorso marzo al Politecnico di Milano, PTUA, sul tema degli spazi aperti metropolitani, muovendo proprio dall’esperienza PNM). Solo una breve considerazione finale, in estrema sintesi. Il PNM ha trasformato un’area che “era il retrobottega della città costruita”, quella terra di nessuno che allora separava, anche a nord, Milano dai comuni della prima cintura esterna; è un parco interamente circondato dall’edificato e comprensivo di tutte le aree rimaste libere (in parte liberate, con intervento attivo di recupero) all’interno di questo edificato; aree allora marginali, sottoutilizzate, spesso degradate, di periferia e oggi diventate aree pregiate, nuova centralità verde. La valutazione degli effetti ambientali e urbanistici dell’operazione Parco Nord muove per me da questa constatazione: il parco, questa nuova centralità verde (nuova piazza, dice spesso Balducci) ha innescato un processo di riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica di area vasta, esteso potenzialmente all’intero settore metropolitano; ha provocato un contrarsi, un restringersi di quel non luogo urbano che si chiama periferia e un ampliarsi della città vivibile, con tutto ciò che ne consegue e che spero ci sia altra occasione per approfondire.

Pensare agli ambienti protetti di Fabio Lopez Nunes

L’ambiente naturale non ha, in astratto, alcuna necessità di “protezione”, poiché si evolve in autonomia; ma esiste l’uomo, con la sua capacità di distruggere e cementificare in tempo ormai infinitamente breve. Si pensi soltanto che, nelle nostre regioni, gli ultimissimi decenni di “civiltà” hanno urbanizzato e quindi desertificato la stessa quantità di superficie che era stata urbanizzata dall’alba della storia ai giorni nostri. La Regione Lombardia nel 1983 aveva giustamente individuato un insieme di aree da sottrarre a tale processo distruttivo, verso una dimensione più sostenibile di governo del territorio, vincolando il 20% circa del proprio territorio. Fu il frutto di una felice intuizione il cui merito va in particolare ascritto alla caparbia inziativa di pochi intellettuali e politici, fra i quali Achille Cutrera, Giorgio Morpurgo e Vittorio Rivolta.

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ha integrato la normativa della 86/83 istituendo la nuova categoria dei parchi di cintura metropolitana, entro la quale si è reso possibile il recupero al livello regionale del Parco Nord, ma anche la successiva istituzione del Parco Sud. Ma altrettanto importante e convincente della “buona idea” è stata in quella circostanza la “buona prassi” avviata, la politica dei piccoli passi, delle prime forestazioni, delle prime bonifiche ambientali, dei primi interventi concreti che ha consentito a PNM di dare avvio al processo realizzativo e di recuperare sul campo quella credibilità sulla fattibilità del parco che si era andata poco a poco perdendo. Quei primi anni, dall’’83 all’’88 circa, sono stati gli anni critici, gli anni veramente difficili del Parco Nord, gli anni in cui si è passati dal parco che non c’era, anche se tutti ne parlavano da quasi vent’anni, ai primi segni leggibili sul territorio, ai primi rimboschimenti, ai primi tracciati, ai primi prati curati e fruibili, alla montagnetta recuperata. Quando si è cominciato a capire che quei bastoncini infilzati nel terreno fitti fitti, in una sterpaglia ove un contadino entrava ogni tanto con un trattore, trainando a volte una botte e a volte una fresa, diventavano pianticelle, e poi piante vere, e quindi un bosco e che quindi il paesaggio cominciava a cambiare e che la realizzazione del futuro parco era davvero cominciata, si è capito che la scommessa era vinta, che quello che si era fatto si poteva ormai considerare irreversibile (anche perché, per fortuna, c’era la partecipazione corale dei cittadini a difenderlo); da parte mia, ho capito che da quel momento potevo dedicare la mia attenzione prevalente al problema della qualità, architettonica e paesaggistica, del futuro Parco. Quel periodo difficile è stato anche, per altro verso, l’avvio di una straordinaria esperienza, di lavoro collettivo, d’impegno, di ricerca; tutte le scelte più importanti per il futuro del Parco sono maturate in quegli anni, in primo luogo quella metodologica di fondo, la scelta della gradualità, del work in progress, sia progettuale che realizzativo, all’interno della quale è maturato poco a poco il disegno, il progetto (ma meglio sarebbe dire il processo e il progetto) complessivo del parco (il primo e l’unico, mi risulta, di questa dimensione e tipologia, realizzato in Italia nel secolo scorso). Oggi, a più di vent’anni dall’avvio di quell’esperienza attuativa, PNM, pur ancora in fase di completamento (ma ben oltre la metà dell’opera), ha una sua specifica connotazione, sia rispetto agli altri parchi regionali (tra i quali è l’unico totalmente “artificiale”), sia rispetto ai parchi locali e di trasformazione urbana: si caratterizza per il verde estensivo, a basso costo sia d’impianto che (relativamente) di gestione, con prevalenza di prati e boschi e acque (poche, per ora, ma destinate a crescere in questo work in progress che è la metodologia del farsi di questo parco); con attrezzature leggere soprattutto periferiche, di bordo parco, e invece un cuore naturaliforme; con un vasto sistema di percorsi ciclo-pedonali che innerva capillarmente le aree del parco e, attraverso pas-


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In questa chiave, le Aree protette lombarde sono state un autentico successo, soprattutto nella regione metropolitana. I loro obiettivi primari sono stati pienamente conseguiti: la tutela degli habitat, del paesaggio ed in particolare il blocco all’avanzata del cemento. È sufficiente il raffronto fra le ortofoto degli anni ’80 e quelle attuali: più ci si avvicina alla città, e più la marmellata urbana ha cinto d’assedio i parchi regionali. Ormai parchi come le Groane, il Nord Milano, la Valle del Lambro sono perfettamente riconoscibili nelle foto del 2000 senza tracciare a penna il confine amministrativo, semplicemente osservando le isole di verde assediato dal grigio dell’edificato. Nonostante questo indubbio merito, molte sono tuttavia le critiche che sono state mosse all’universo dei parchi in questi anni. Se si eccettuano alcuni rilievi “di nicchia” provenienti dal mondo ambientalista, soprattutto dai puristi della natura, la loro matrice è riconducibile ad un bisogno represso di maggior consumo dei parchi e non di maggior tutela. Sia chiaro, spesso esprimono esigenze più che legittime, talvolta sono portatrici di importanti pubblici interessi, ma pur sempre sono tese a facilitare il sacrificio di aliquote del capitale parco piuttosto che il “non uso”: esigenze per esempio sulle grandi infrastrutture,

sulla allocazione di opere e servizi che il sindaco non sa più dove mettere (perché il suo comune ha consumato tutto il resto del territorio), necessità di risparmiare i costi per le opere di mitigazione ambientale (quando esse vadano a beneficio delle aree protette), e così via. C’è poi chi ritiene che i parchi avrebbero dovuto essere contenitori dove inserire tutto lo scibile universale in materia di ricreazione, da ripartire a pezzi per far campi da golf o altre attrezzature sportive, piuttosto che parchi divertimenti, o circuiti per corse di ogni tipo. Molte critiche poi derivano dalla circostanza che i parchi “costano” e non sono autosufficienti nel loro budget annuale; tali posizioni confondono l’ente parco con una società produttrice o erogatrice di servizi alla persona. La tutela della natura e del paesaggio non genera denaro, ma produce risparmio di risorse per il futuro (quelle che si dovranno altrimenti spendere per gli inevitabili disastri che l’urbanizzazione eccessiva procurerà prima o poi). È pur vero che taluni servizi alla persona possono anche essere erogati nelle aree protette, ma sempre per una quota modesta del budget. Neanche lo stratosferico National Park Service americano riesce a quadrare il proprio budget (da Yellowstone alla Statua della Libertà) senza ingenti sostegni


altre parole, deve crescere una consapevolezza e un’iniziativa di governance del non urbano, con gli enti parco al centro delle relazioni e delle azioni attorno al quale far convergere, per esempio, le politiche di sviluppo rurale, di forestazione o assetto idrogeologico, nonché le opere di mitigazione e compensazione ambientale. È il modello sul quale si è regolato, fra gli altri, il sistema dei parchi regionali di Francia, che ha conseguito un risultato straordinario di crescita e di capacità d’iniziativa. La nostra realtà è diversa, ma l’idea è valida per trasformare gli enti parchi da meri gestori di un vincolo territoriale (che deve comunque perpetuarsi) a soggetti attori dello sviluppo e della crescita sostenibile nella realtà in cui operano.

Il Parco culturale integrato quale motore dello sviluppo locale di Fosco M. Magaraggia

Il Turismo culturale “tradizionale” quale fruizione di un singolo bene culturale, sia esso un castello, un museo, una abbazia, una mostra, un giardino storico in Italia è quasi ovunque in contrazione. La filosofia del Turismo culturale come turismo d’arte – attività legata solo alla fruizione di una “eccellenza” – non convince più. I “nuovi” turisti si muovono verso un territorio nel suo complesso e vi cercano, sì la Cultura (beni culturali storico-artistici quali i beni architettonici, archeologici, demo-antropologici), ma anche paesaggio, cucina locale, prodotti agro-alimentari o di artigianato di qualità, spettacoli, escursioni ed altro. Questo turista cerca un mix di elementi attrattivi, piuttosto che una meta singola, un capolavoro singolo. Non è più il turista “del vedere”, quanto “dell’esserci e del fare”. Si tratta di progettare percorsi turistici alternativi che si basino sulla conoscenza del territorio e sulla valorizzazione delle eccellenze diffuse ivi presenti. Il contesto territoriale di riferimento può essere esso stesso patrimonio che produce ricchezza ed essere in grado di contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale delle comunità locali. Vale la pena di mutuare il richiamo alla centralità del paesaggio nell’azione di valorizzazione e fruizione dei beni culturali di una area culturale omogenea, di una area vasta. Il Paesaggio è un bene culturale, un’identità profonda e radicata dei singoli territori relazionata alle popolazioni che in quei territori vivono ed operano, una risorsa trasformabile, ma non rinnovabile e quindi da proteggere nella sua evoluzione. I paesaggi identificano e rendono riconoscibili le differenti parti dei territori, ne testimoniano la storia, tramandando i segni delle loro trasformazioni avvenute in tempi più o meno lunghi e legate alla cura ed al lavoro. Per il territorio lombardo si può esplorare il ricchissimo materiale dell’Archivio di Etnografia e Storia sociale della Regione Lombardia, il più grande e ricco archivio

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federali, nonostante il ticket d’ingresso applicato a ciascun parco (procedura praticabile solo in ambiti ben delimitati, totalmente diversi dalle nostre realtà) e il carosello di servizi offerti a pagamento. In Europa c’è solo qualche parco cintato o demaniale che riesce a quadrare il bilancio senza aiuti di Stato: conosco solo due casi, su migliaia. Il parco olandese della Hoghe Veluwe (6.000 ettari di riserva cintata famosa in tutto il mondo), e il parco croato di Plitvice (25.000 ettari nel cuore dei Balcani), ma in questo caso tutto è statale, compresa la catena degli alberghi, ristoranti e camping, per cui l’ente può permettersi di dedicare il 10-15% delle risorse umane e finanziarie ai costi di gestione dell’ambiente, contro un 80-90% di business turistico di massa. Sarebbe, per esempio, come immaginare una sola società che avesse la contestuale proprietà di tutte le strutture turistiche di Ponte di Legno e dell’intero Parco dell’Adamello. Tutti scenari forse affascinanti, ma poco credibili. Certo, il sistema delle aree protette lombarde può e deve riformarsi, ma solo per crescere e rafforzarsi, non per lasciare più spazio al consumo o al mercato: non è quella la sua mission. Con l’approssimazione inevitabile in uno spazio così limitato, si possono solo enunciare un paio di temi per una riforma che, se fosse così concepita, potrebbe essere la benvenuta. Innanzitutto occorre passare da una logica della protezione per isole ad una tutela di rete ecologica. La buona scienza, cominciando da Odum, ci insegna che la conservazione dell’ambiente richiede anche nelle aree metropolitane la destinazione di parti del territorio al non uso o all’uso durevole, e soprattutto alla interazione fra di esse. Per questo è fondamentale creare una strategia globale, integrando e rafforzando le iniziative che già le province lombarde hanno avanzato nella stesura dei loro Piani territoriali di coordinamento (PTCP), con l’individuazione dei corridoi ecologici, delle greenway e dei parchi locali (PLIS): la Regione dovrebbe rafforzarne gli istituti (anche attraverso le norme di governo del territorio), e fornire agli enti intermedi gli strumenti amministrativi assieme alle risorse finanziarie occorrenti. Per dare maggiore vitalità a ciascun ente parco (sia regionale che locale) non servono stravolgimenti istituzionali, ma occorre che le regole e i comportamenti vengano prioritariamente destinati al conseguimento di un pacchetto unitario di obiettivi e interventi, concertato e condiviso da tutti gli attori del governo del territorio: lo Stato, la Regione, gli Enti locali, i portatori degli interessi diffusi e i rappresentanti delle categorie economiche coinvolte. Tutti insieme dovrebbero decidere per un programma decennale d’iniziativa, condividerlo e sottoscriverlo. Si tratterebbe di un contratto volontario fra le parti, vincolante per tutti, monitorato a cadenza sistematica, verificato e aggiornato. Il Parco deve diventare soggetto attivo, partecipe e primario del governo sostenibile di quel segmento di territorio, non solo all’interno di un perimetro artificioso, ma in tutte le relazioni con il suo contesto. In


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demo-etno-antropologico d’Europa (www.aess.regione.lombardia.it). Questa visione di integrazione progettuale sottintende che gli enti territoriali e gli operatori turistici e culturali del territorio si pongano un obiettivo comune condiviso e una programmazione comune. Si tratta di concordare linee di sviluppo e comportamenti congruenti con questa visione che tengano in conto tutta la filiera produttiva messa in moto dal progetto di turismo culturale, sia come valorizzazione che come fruizione: lo strumento privilegiato di questo intervento integrato su un territorio omogeneo si è rivelato il Parco culturale integrato: un piano di promozione e fruizione delle eccellenze di un territorio omogeneo che sia condiviso e sostenibile dalle Comunità locali (eccellenze culturali da promuovere e valorizzare, trasporto di persone sul territorio, ospitalità, servizi, ecc.); fruizione sostenibile in quanto mezzo di crescita civile e di benessere locale per i residenti. Nel quadro programmatico il Parco culturale integrato va inteso nella sua duplice valenza di strumento di attuazione connesso alle dinamiche di sviluppo locale (infrastrutture, regimi di aiuto, interventi formativi, promozione integrata) e di strumento di innovazione del sistema amministrativo-istituzionale secondo le logiche del

partenariato, della sussidiarietà e della programmazione negoziata. Alla base deve esserci un’accurata ricerca storica che tracci i perché quel territorio oggi si configuri così com’è e ne individui anche un filo conduttore, un segno distintivo che lo contraddistingua; ad esempio, per il Distretto del Garda (pur distinto nei territori omogenei dell’Alto Garda, ecc.) il filo rosso che “cuce” il territorio, oltre al lago stesso, può essere il Romanico del Garda, in quanto la ricerca storica ha individuato nelle costruzioni romaniche l’elemento storico e culturale peculiare di questo territorio trentino-lombardo-veneto (il Triangolo d’oro del Romanico). Presentiamo di seguito alcuni Parchi Culturali Integrati che sono a vario grado di realizzazione in Lombardia (www.lombardiacultura.it/itinerari). • L’acqua ed il Riso: dalla Lomellina in poi, (in via di completamento), per la cui promozione/attuazione 14 Comuni, con capofila Mortara, due Consorzi di bonifica, la Diocesi di Vigevano e l’Arcidiocesi di Vercelli, Associazioni di categoria degli Operatori (Camera di Commercio, Associazione Albergatori, ecc.) hanno fondato ad hoc l’Associazione culturale ”Leonardo”, con sede a Mortara (www.associazioneleonardo.it).


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• Alpi-Prealpi e i percorsi della Grande Guerra: quattro Parchi Culturali Integrati per il Turismo culturale. - La Guerra Bianca: il suo territorio, le sue genti (completato); va dal Pizzo del Diavolo alla sponda lombarda del Lago di Garda; coinvolge il territorio di 3 Province, con 3 Parchi ambientali, 7 Comunità Montane, 49 Comuni, una Università, varie Associazioni di categoria ed alcune Associazioni culturali (www.museoguerrabianca.it). - La Linea Cadorna: non per la guerra, ma per il tempo libero (completato); va dalla sponda lombarda del Lago Maggiore al Pizzo del Diavolo in territorio bergamasco; coinvolge il territorio di 5 Province, con 16 Comunità Montane, 262 Comuni (www.lineacadorna.it). - I Forti della Grande Guerra in Lombardia (avviato), naturale continuazione e sviluppo del precedente; vedrebbe nei suoi percorsi turistico-culturali la presenza degli unici due manufatti completamente integri di tutto il fronte della Grande Guerra: il Forte di Oga sopra Bormio (a 1748 s.l.m.) ed il Forte di Colico sul Lago di Como. - I Forti di Pian di Spagna e dell’ Alto Lario (a livello di progetto), snodo geografico e storico dei precedenti parchi, rappresenterebbe una vera cerniera di svincolo e di unione storico-ambientale; comprenderebbe il territorio lecchese che si snoda dalla Abbazia di Piona ai complessi fortificati di Forte Fuentes ( XVI° secolo ) e di Forte Montecchio (XIX° secolo ) nel comune di Colico, sino a Verceia. • Il Po di Matilde di Canossa (finanziato il progetto preliminare dalla U.E. su Cultura 2000; ulteriore finanziamento con un InterregIIIC in partner con la città spagnola di Valencia, la città greca di Eleus, Tolone in Francia, Bergen in Norvegia, ecc.; sviluppo previsto verso la Provincia di Reggio Emilia con l’integrazione con “I Percorsi Matildici del Reggiano”), copre il territorio dell’Oltrepò mantovano e comprende le terre più amate da Matilde, che lì vi si fece seppellire; vi hanno formalmente aderito 23 Comuni e l’Amministrazione provinciale di Mantova (www.terredimatilde.it). • La Via dei Metalli (parzialmente finanziato ed in via di attuazione) è finalizzato alla riqualificazione delle aree minerarie della Val Seriana, della Val del Riso, della Val di Scalve e della Valle Trompia a fini di Turismo culturale. Vi sono coinvolte, in primis, le Comunità Montane competenti per territorio e la Regione Lombardia (www.scalve.it/ski-mine; www.miniereinvaltrompia.it). • L’Isola Comacina (in via di attuazione e finanziato come sopra riportato a seguito di Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale – AQST) comprende il territorio dell’Alto Lario comasco, sino al Canton Ticino. Rappresenta uno dei territori più significativi di tutto il nord lombardo, un vero e proprio scrigno culturale. I Percorsi di Spiritualità (Itinerari in www.lombardiacultura.it): • Le Abbazie del Sud Milano (in via di completamento) comprende il territorio tra le Abbazie storiche cistercensi di Chiaravalle, Viboldone e Morimondo, in provincia di Milano; tre perle di spiritualità, arte e storia, in un territorio, il Sud Milano, che va dalla alta antropizzazione intorno a Viboldo-

ne ad un paesaggio principalmente agricolo intorno a Morimondo (www.comune.morimondo.it; www.viboldone.it). • I Sacri Monti di Piemonte e Lombardia (parzialmente attuato) che comprende il territorio dei sette Sacri Monti del Piemonte (Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Varallo Sesia) e dei due Sacri Monti della Lombardia (Ossuccio e Varese) dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’Umanità (www.sacrimonti.net). • La Via Francigena (quasi attuato) comprende i luoghi, dalla Val d’Aosta alla Puglia, percorsi dai pellegrini che da Canterbury andavano a Roma, per poi proseguire per Gerusalemme. Il territorio oggi promosso è quello percorso da Sigerico, vescovo di Canterbury, che tenne un diario del suo viaggio sino a Roma nel 990 d.C. Questo percorso di un pellegrinaggio laico ciclo-pedonale si snoda da Canterbury, attraversa la Francia, la Svizzera e, in Italia, attraversa la Val d’Aosta, il Piemonte, la Lomellina e la Bassa Pavese in Lombardia, l’Emilia Romagna, la Lunigiana in Liguria, la Toscana ed il Lazio sino a Roma. La Lombardia è coinvolta con le province di Pavia e Lodi in un percorso molto suggestivo che attraversa 19 comuni (www.associazioneviafrancigena.com). Nel volume di Renata Salvarani, Storia locale e valorizzazione del territorio, dalla ricerca ai progetti, Vita e Pensiero, 2005, si potranno trovare analizzati altri casi emblematici, sia nazionali che internazionali.


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La politica delle Aree protette in Regione Lombardia di Domenico Zambetti

Il territorio lombardo In Lombardia risiede il 16,1% della popolazione nazionale e il 19% di quella dei comuni italiani. La densità media è di 394 abitanti per kmq (circa il doppio del valore medio nazionale). Al 31.12.2005 la Lombardia contava oltre 798 mila imprese pari al 15,6% del totale nazionale. La forte densità degli insediamenti produttivi regionali risulta evidente dal fatto che si contano mediamente 33,5 imprese attive per kmq, il valore più elevato fra tutte le regioni italiane, per le quali la media è di 17. Anche l’indice di motorizzazione in Lombardia è superiore al valore nazionale. Dal punto di vista territoriale il sistema lombardo comprende superfici e componenti naturali e seminaturali di buona od ottima qualità, superfici di verde storico di grande valore culturale, paesaggi naturali e agricoli di rilevante bellezza, ma anche molte superfici aperte non particolarmente pregiate o addirittura degradate. Quella lombarda è un’identità e una struttura diversa e più complessa rispetto a quella dei sistemi territoriali che comprendono in prevalenza aree marginali di alta naturalità: è la regione più urbanizzata e industriale d’Italia con la massima complessità d’intreccio di problemi territoriali e ambientali. La legislazione regionale in materia di aree protette La Regione Lombardia ha dovuto sviluppare un sistema di aree naturali protette, prevalentemente in territorio ad altissima densità demografica e produttiva, comprendente, accanto a ecosistemi naturali di valore (soprattutto in ambito montano), anche paesaggi culturali di qualità non eccezionale o addirittura degradati, ma con eleva-

te potenzialità compensative dei carichi ambientali provenienti dalle adiacenti aree industriali ed urbane. La Regione Lombardia è stata la prima in Italia a istituire un assessorato all’Ecologia (1970) e la sua attività legislativa in materia di parchi e riserve è iniziata nel ’73, con la L.R. n. 58, quando sono stati istituiti i primi Parchi: Ticino (’74), Nord Milano (’75), Groane (’76), Colli di Bergamo (’77) e sono stati tutelati molteplici biotopi e geotopi di interesse naturalistico e scientifico. Il più importante passo legislativo successivo è rappresentato dalla L.R. 86/83 “Piano generale delle aree protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale”, che ha inteso realizzare un organico sistema di aree protette regionali. La L.R. 86/83 ha chiaramente esplicitato l’intento non solo di tutelare e conservare il patrimonio naturale esistente, bensì di recuperare, riqualificare e valorizzare il territorio con un minore grado di naturalità e con livelli più o meno elevati di degrado. In quest’ottica sono nati ad esempio il Parco della Valle del Lambro e il Parco del Serio, su aree che di valori naturalistici ne avevano ormai pochi ma che presentavano estesi ambiti caratterizzati da forti potenzialità riqualificative. Col passare degli anni il sistema regionale delle aree protette ha assunto una significativa consistenza: attualmente conta 22 parchi regionali, 62 riserve, 28 monumenti naturali e 60 parchi locali di interesse sovracomunale, per un totale di circa 550 mila ettari su una superficie di territorio lombardo pari a 2.386.060 ettari. Nel 1991 è stata approvata la Legge quadro nazionale sulle aree protette, L. 394/91, e la Regione Lombardia che prevede l’individuazione, all’interno degli stessi parchi regionali, di aree da destinare a parco naturale (Art. 2 L. 394/91). Fino ad oggi sono stati approvati 9 parchi naturali. Sulla base


delle direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE che prevedono l’individuazione di siti per costituire una rete europea di difesa della biodiversità denominata Rete Natura 2000, la Regione ha intrapreso forme di tutela e riqualificazione del territorio che s’integrano con le scelte precedentemente avviate. Sono quindi stati istituiti 175 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e 62 Zone di Protezione Speciale (ZPS) che costituiscono fondamentali elementi al fine della contemporanea definizione della Rete ecologica regionale. Nella sua totalità il sistema delle aree protette regionali rappresenta quindi circa il 25% del territorio regionale, dato decisamente superiore alla media nazionale che si attesta all’11%. Oggi l’obiettivo prioritario della pianificazione ambientale nel contesto lombardo, al di là di alcune limitate eccezioni, non deve essere quello della costituzione di nuove ampie aree protette, ma, più opportunamente, la messa in rete di questo importante patrimonio che altrimenti correrebbe il rischio di vedere esaurirsi la sua insostituibile dotazione di naturalità e biodiversità. Oggi appare inderogabile definire forme di salvaguardia e di riqualificazione per la costituzione di corridoi ecologici di collegamento all’esterno delle aree protette, più che al loro interno. Oggi emerge sempre più la necessità di creazione di una rete ecologica che protegga e colleghi tra loro habitat caratterizzati da un certo grado di naturalità, ottimizzando così l’efficacia nella conservazione della biodiversità. In questo contesto il sistema delle Aree protette lombarde già di per sé delinea sul territorio regionale una rete ecologica in cui i nuclei funzionali sono rappresentati dai Parchi regionali, dalle Riserve, dai monumenti naturali e dai Siti di Rete natura 2000, mentre i corridoi e le zone tampone trovano supporto su alcuni Parchi Locali di Interesse Sovracomunale.

Principali motivazioni della politica delle aree naturali protette Le principali motivazioni che hanno spinto la Regione Lombardia a dotarsi di una puntuale politica sulle Aree protette si basano su alcune considerazioni di fondo legate allo specifico contesto lombardo. In passato la crescita economica e urbanistica si è sviluppata in modo disordinato e ha determinato una progressiva compromissione dell’ambiente naturale con effetti diretti per la vita stessa dell’uomo. La politica delle aree naturali protette della Regione Lombardia ha inteso porre importanti basi per contribuire ad arrestare questo processo e ristabilire l’equilibrio tra l’uomo e la natura mirando alla realizzazione di una rete di aree naturali protette costituenti l’ossatura di un sistema composto da un continuum di aree verdi interconnesse, a rottura delle conurbazioni e a superamento della frammentazione causata in primo luogo dal tessuto delle infrastrutture stradali e ferroviarie. Una delle preoccupazioni è stata assicurare la fruizione di ambienti naturali ai propri cittadini attraverso l’erogazione di un servizio pubblico. Un altro elemento importante riguarda gli strumenti di pianificazione territoriale. La creazione di un sistema di aree naturali protette con il coinvolgimento di una pluralità di Comuni ha offerto l’occasione per la Regione e per gli Enti locali coinvolti di avviare e sperimentare un processo di pianificazione territoriale sovracomunale attraverso il Piano generale delle aree regionali protette. La Regione Lombardia ha perseguito la protezione della natura e quella della fruizione, concependo, anche attraverso l’utilizzo delle opportunità messe a disposizione della legislazione di settore, il sistema delle aree naturali protette come elemento di crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti e avente un’organizzazione territoriale unitaria.

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Aree protette in Lombardia a cura di Anna Ramoni

Poiché più di un quarto del territorio lombardo è tutelato dal punto di vista ambientale, ci sembra utile segnalare tutte le Aree protette esistenti nella nostra regione. La mappa pubblicata e tutte le informazioni sono tratte dal sito www.parks.it, il portale dei parchi italiani, dove sono reperibili ulteriori indicazioni e rimandi ai siti dei singoli parchi. 1. Cascate dell’Acquafraggia (Sondrio) MN 2. Marmitte dei giganti (Sondrio) RNR 3. Pian di Spagna – Lago di Mezzola (Como – Sondrio) RNR 4. Parco del Bernina, del Disgrazia, della Val Masino e della Val Codera (Sondrio) PR

5. Piramidi di Postalesio (Sondrio) RNR 6. Bosco dei Bordighi (Sondrio) RNR 7. Parco locale della Bosca (Sondrio) PLIS 8. Parco delle Orobie Valtellinesi (Sondrio) PR 9. Parco delle Orobie Bergamasche (Bergamo) PR 10. Boschi del Giovetto di Palline (Bergamo – Brescia) RNR 11. Parco locale del Lago Moro (Brescia) PL 12. Parco locale del Barberino (Brescia) PLIS 13. Parco dell’Adamello (Brescia) PR 14. Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo (Brescia) RNR 15. Parco nazionale dello Stelvio (Brescia – Sondrio) PN 16. Parco del Livignese (Sondrio) PR 17. Paluaccio di Oga (Sondrio) RNR 18. Parco locale delle Incisioni Rupestri (Sondrio) PLIS

19. Pian Gembro (Sondrio) RNR 20. Valli di Sant’Antonio (Brescia) RN 21. Masso di Arenarie rosse del Permico (Brescia) MN 22. Parco Alto Garda Bresciano (Brescia) PR 23. Valle di Bondo (Brescia) RNR 24. Sorgente Funtanì (Brescia) RNR 25. Buco del Frate (Brescia) MN 26. Altopiano di Cariadeghe (Brescia) MN 27. Parco locale delle Colline di Brescia (Brescia) PLIS 28. La Balota (Brescia) MN 29. Torbiere di Iseo (Brescia) RNR 30. Piramidi di Zone (Brescia) RNR 31. Valle del Freddo (Bergamo) RNR 32. Valpredina (Bergamo) RNR 33. Parco dei Colli di Bergamo (Bergamo) PR 34. Parco dell’Oglio nord (Bergamo – Brescia – Cremona) PR


93. Garzaia di Sant’Alessandro (Pavia) MN 94. Abbazia Acqualunga (Pavia) RNR 95. Garzaia del Bosco Basso (Pavia) RNR 96. Garzaia di Cascina Notizia (Pavia) MN 97. Garzaia di Villa Biscossi (Pavia) RNR 98. Boschetto di Scaldasole (Pavia) RNR 99. Parco locale le Folaghe (Pavia) PLIS 100. Parco locale Palustre (Pavia) PLIS 101. Garzaia della Roggia Torbida (Pavia) RNR 102. Parco locale di Fortunago (Pavia) PLIS 103. Parco locale del Castello di Verde (Pavia) PLIS 104. Parco locale del Castello dal Verme (Pavia) PLIS 105. Monte Alpe (Pavia) RNR 106. Parco locale del Monte Lesima (Pavia) PLIS 107. Garzaia di Colpenchio (Pavia) MN 108. Parco locale della Brianza centrale (Milano) PLIS 109. Sasso di Guidino (Milano) MN 110. Monticchie (Lodi) RNR 111. Parco dell’Adda Sud (Cremona – Lodi) PR 112. Adda Morta (Cremona – Lodi) RNR 113. Parco locale Valle del Serio Morto (Pavia) PLIS 114. Palata di Menasciutto (Cremona) RNR 115. Naviglio di Melotta (Cremona) RNR 116. Boschetto della Cascina Campagna (Bergamo) RNR 117. Bosco de l’Isola (Bergamo) RNR 118. Bosco di Barco (Brescia – Cremona) RNR 119. Bosco della Marisca (Brescia – Cremona) RNR 120. Isola Uccellanda (Brescia – Cremona) RNR 121. Lanche di Azzanello (Cremona) RNR 122. Parco locale dello Strone (Brescia) PLIS 123. Parco locale del Basso Mella (Brescia) PLIS 124. Parco locale del Basso Chiese (Brescia) PLIS 125. Lanca di Gabbioneta (Cremona) RNR 126. Parco dell’Oglio Sud (Cremona – Mantova) PR 127. Le Bine (Cremona – Mantova) RNR 128. Parco locale del Po e del Morbasco (Cremona) PLIS 129. Lanca di Gerole (Cremona) RNR 130. Parco locale della Golena del Po (Cremona) PLIS 131. Garzaia di Pomponesco (Mantova) RNR 132. Parco locale San Colombano (Mantova) PLIS 133. Parco locale San Lorenzo (Mantova) PLIS 134. Torbiere di Marcaria (Mantova) RNR 135. Parco del Mincio (Mantova) PR 136. Palude di Ostiglia (Mantova) RNR 137. Isola Boschina (Mantova) RNR 138. Isola Boscone (Mantova) RNR 139. Vallazza (Mantova) RNR 140. Valli del Mincio (Mantova) RNR 141. Bosco Fontana (Mantova) RNS 142. Complesso morenico di Castellaro Lagusello (Mantova) RNR 143. Lago d’Endine (Bergamo) RNR Legenda: MN = Monumento naturale PLIS = Parco locale di interesse sovracomunale PN = Parco nazionale

PR = Parco regionale RNR = Riserva naturale regionale RNS = Riserva naturale statale

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Una diversa forma di protezione: i biotopi I biotopi (biotopo significa letteralmente “luogo di vita”) sono aree protette di piccole dimensioni che tutelano ambienti particolari, un tempo molto diffusi ma divenuti oggi assai rari a causa delle alterazioni causate dalle varie attività dell’uomo. Si tratta soprattutto di zone umide quali stagni, paludi e torbiere, dove vivono piante e animali minacciati di estinzione. L’istituzione dei biotopi permette di frenare la progressiva scomparsa di questi preziosissimi ambienti, tutelando l’habitat di specie che altrimenti andrebbero incontro ad una progressiva rarefazione e nei casi peggiori all’estinzione locale. In Trentino – Alto Adige i biotopi sono stati definiti con la Legge Provinciale n. 14 del 23 giugno 1986 “Norme per la salvaguardia dei biotopi di rilevante interesse ambientale, culturale e scientifico” (modificata dalla L.P. n. 28 del 29 agosto 1988). L’individuazione ufficiale dei biotopi risale al 1987, quando ne vennero individuati cartograficamente 287. Successivamente, con la L.P. n. 7 del 7/8/2003 “Approvazione della variante 2000 al piano urbanistico provinciale”, il numero totale dei biotopi divenne 289, di cui 222 di interesse “locale” la cui istituzione e gestione è di competenza comunale, e 67 di interesse provinciale. All’istituzione di un biotopo segue sempre la sua tutela attiva, condotta attraverso interventi di gestione mirata, a seconda dei casi limitati o radicali. In particolare, per tutelare la flora e la fauna è spesso necessario ricorrere a interventi di carattere anche molto diverso tra loro: interventi di ripristino naturalistico, interventi straordinari di miglioramento ambientale e interventi ordinari di tutela attiva e miglioramento. Con i primi si cerca di riparare i danni prodotti in passato dall’uomo, soprattutto ripristinando ambienti precedentemente esistenti; con i secondi si migliora l’ambiente, creando ex novo habitat adatti alle piante e agli animali; con i terzi, senza modificare in maniera permanente l’habitat naturale, si introducono elementi “artificiali” finalizzati alla tutela attiva soprattutto della fauna o si conserva “artificialmente” l’attuale stadio vegetazionale. Queste aree di dimensioni contenute e spesso degradate possono diventare, dunque, risorsa per il territorio in cui sono inserite, sia da un punto di vista naturalistico che da un punto di vista turistico, incidendo positivamente sull’economia locale.

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35. Parco del Serio (Bergamo – Cremona) PR 36. Parco locale dei Fontanili e dei Boschi (Bergamo) PLIS 37. Fontanile Brancaleone (Bergamo) RNR 38. Parco dell’Adda nord (Bergamo – Lecco – Milano) PR 39. Valle Brunone (Bergamo) MN 40. Parco delle Grigne (Lecco) PR 41. Parco locale del Valentino (Lecco) PLIS 42. Sasso di Preguda (Lecco) MN 43. Parco locale San Tomaso (Lecco) PLIS 44. Sass Negher (Lecco) MN 45. Parco del monte Barro (Lecco) PR 46. Parco San Genesio – Colle Brianza (Lecco) PR 47. Lago di Sartirana (Lecco) RNR 48. Parco di Montevecchia e della Valle del Curone (Lecco) PR 49. Parco della Valle del Lambro (Como – Lecco – Milano) PR 50. Riva orientale del Lago di Alserio (Como) RNR 51. Parco locale del Lago del Segrino (Como) PLIS 52. Sasso Malascarpa (Como) RNR 53. Pietra Luna (Como) MN 54. Pietra Lentina (Como) MN 55. Fontana del Guercio (Como) RNR 56. Parco della Brughiera (Como) PR 57. Lago di Montorfano (Como) RNR 58. Parco Spina verde di Como (Como) PR 59. Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate (Como – Varese) PR 60. Parco locale del Lura (Como) PLIS 61. Parco locale della Brughiera Briantea (Como – Milano) PLIS 62. Pietra Nairola (Como) MN 63. Pietra Pendula (Como) MN 64. Lago di Piano (Como) RNR 65. Parco locale Primo Maggio (Varese) PLIS 66. Parco del Campo dei Fiori (Varese) PR 67. Lago di Ganna (Varese) RNR 68. Lago di Biandronno (Varese) RNR 69. Sasso Cavallaccio (Varese) MN 70. Palude Brabbia (Varese) RNR 71. Parco Lombardo della Valle del Ticino (Milano – Pavia – Varese) PR 72. Preia Buia (Varese) MN 73. Parco locale Alto Milanese (Milano – Varese) PLIS 74. Parco locale del Bosco di Legnano (Milano) PL 75. Parco locale del Roccolo (Milano) PLIS 76. Bosco WWF di Vanzago (Milano) RNR 77. Fontanile Nuovo (Milano) RNR 78. Parco Agricolo Sud Milano (Milano) PR 79. Parco Nord Milano (Milano) PR 80. Parco Locale Grugnotorto – Villoresi (Milano) PLIS 81. Sorgenti della Muzzetta (Milano) RNR 82. Parco delle Groane (Milano) PR 83. Parco Locale della Molgora (Milano) PLIS 84. Parco Locale del Rio Vallone (Milano) PLIS 85. Garzaia della Cascina Villarasca (Pavia) MN 86. Garzaia di Porta Chiosa (Pavia) RNR 87. Garzaia della Carola (Pavia) RNR 88. Bosco Siro Negri (Pavia) RNS 89. Garzaia della Cascina Verminesca (Pavia) MN 90. Garzaia della Cascina Isola (Pavia) RNR 91. Garzaia della Rinalda (Pavia) MN 92. Palude Loja (Pavia) RNR


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Bergamo a cura di Alessandro Pellegrini

L’articolo è stato scritto dall’arch. Moris Lorenzi quale responsabile del Servizio Aree Protette dell’Amministrazione Provinciale di Bergamo, così come la foto è stata gentilmente concesse dallo stesso servizio.

Una provincia “verde” La Provincia di Bergamo, fortemente urbanizzata e industrializzata, è anche una tra le più ricche in Lombardia di aree protette, contando ad oggi ben ventuno ambiti territoriali appositamente istituiti per la tutela della natura oltre a diciassette siti di importanza comunitaria e a otto zone di protezione speciale della Rete europea Natura 2000. Ciò ne fa un piccolo paradiso di natura e biodiversità, che però non a tutti è noto. La prima area protetta istituita sul territorio orobico è stato il Parco regionale dei Colli di Bergamo, previsto dalla Legge Regionale 18 agosto 1977 n. 36, ed esteso su una superficie di 4.050 ettari nel comprensorio di Bergamo e dei comuni della corona settentrionale del capoluogo. A questo hanno fatto seguito altri quattro parchi regionali, nell’ordine: Parco dell’Adda Nord e Parco dell’Oglio Nord, istituiti con la Legge Regionale 13 settembre 1983 n. 80, la legge lombarda che definisce il sistema regionale delle aree protette, estesi rispettivamente per 7.400 e 14.170 ettari; quindi il Parco del Serio (7.750 ettari), istituito con la L. R. 1 giugno 1985 n. 70, e il Parco delle Orobie Bergamasche, previsto con la L. R. 15 settembre 1989 n. 56, si estende su una superficie di circa 70.000 ettari, tutti in Provincia di Bergamo, ed interessa 44 comuni appartenenti alle Comunità Montane di Valle Brembana, Seriana Superiore e di Scalve. Oltre ai cinque parchi regionali, il territorio bergamasco ospita anche sei riserve naturali di grande interesse. Queste sono: la Valle del Freddo (70,3 ettari di superficie), situata in territorio comunale di Solto Collina, famosa per i fenomeni microtermici derivanti dalla presenza di buche nel suolo da cui fuoriesce aria sensibilmente fresca, la quale favorisce la presenza di specie vegetali tipiche di ambienti alpini. Lungo il fiume Oglio, ai confini meridionali della Provincia di Bergamo si trovano altre due piccole riserve naturali: il Boschetto della Cascina Campagna (1,50 ettari di superficie) e il Bosco de l’Isola (42 ettari di superficie circa), interessanti per la presenza di farnie e lembi residuali di bosco che richiamano alla memoria le antiche foreste planiziali ormai quasi del tutto scomparse. A nord di Caravaggio, quasi al confine con Pagazzano, si trova il Fontanile Brancaleone, riserva naturale estesa su

10,15 ettari di superficie attorno ad una delle più importanti risorgive della provincia. In Valle Cavallina, precisamente in Comune di Cenate Sopra è possibile visitare l’Oasi WWF di Valpredina, estesa per oltre 90 ettari, di cui 37 a riserva naturale lungo le falde meridionali del Monte Misma tra quota 380 e 1.100 m circa. In alta Valle di Scalve, infine, si trova la riserva naturale dei Boschi del Giovetto di Palline, ad una altitudine che varia dagli 800 ai 1.800 m. La motivazione che ha spinto alla tutela dei Boschi del Giovetto è la presenza di una ricca popolazione di Formica lugubris, molto simile alla Formica rufa, che costruisce nelle abetaie dei vistosi nidi alti fino ad un metro, utilizzando gli aghi delle conifere. Queste formiche sono rigorosamente protette per la loro grande importanza ecologica in quanto sono i principali nemici naturali della Processionaria del Pino, una specie di lepidottero molto dannoso allo stadio larvale, quando i bruchi costruiscono tra gli aghi delle piante grandi bozzoli sericei in grado di contenere centinaia di individui che ogni notte escono in lunghe file per nutrirsi, defoliando con grande voracità anche interi alberi. La Provincia di Bergamo ospita anche un interessante monumento naturale: la Valle Brunone, in Comune di Berbenno; la principale valenza dell’area è rappresentata dal giacimento paleontologico denominato “Ponte Giurino” dove, a partire dal 1973 è stata trovata una serie di affioramenti di argilliti nere a granulometria fine, ben stratificate e finemente laminate, del Triassico superiore. Queste rocce conservano una ricca fauna fossile comprendente rettili (tra cui Eudimorphodon ronzii e Drepanosaurus unguicaudatus), pesci e numerosi crostacei e insetti. Le più recenti aree protette istituite sul territorio provinciale riguardano i Parchi Locali di Interesse Sovracomunale, istituto di tutela più snello e direttamente gestibile dai

Parco dell’Oglio Nord: il naviglio di Cremona.

comuni, singoli o associati o da enti sovracomunali da questi ultimi delegati. Sono stati sino ad oggi istituiti e riconosciuti nove PLIS, quasi tutti interessanti ambiti di pianura: questi sono nell’ordine: il PLIS dei Fontanili e dei Boschi di Lurano e Pognano (150 ettari di superficie), il


Moris Lorenzi

Como a cura di Roberta Fasola

Spina Verde: come un parco può costruire la città Con il nome di Spina Verde viene individuata la dorsale collinare che si estende a sud-ovest del centro storico di Como, a cavallo del confine italo svizzero. Si è scelto di affrontare l’analisi di questo Parco oltre che per le sue valenze paesaggistiche ed ambientali anche per la presenza di monumenti e di testimonianze storiche e preistoriche: risalendo il Colle del Baradello si incontrano i resti della Chiesa S. Martino in Silvis, sino a raggiungere l’omonimo Castello; nelle sue immediate vicinanze il Parco delle Rimembranze, realizzato nel ’34, e le cascine fortificate medioevali; sui suoi declivi meridionali le antiche dimore (Villa Odescalchi di Monte Caprino, Villa Giovio a Breccia, Villa Imbonati e Villa Archinto a Cavallasca, Palazzo Odescalchi a Parè) o vari luoghi dedicati al culto. Sulle pendici meridionali del Monte Croce le tracce lasciate dagli antichi abitanti: le Camere di Roccia, basamenti di complessi abitativi scavati nell’arenaria, l’insediamento di Pianvalle, le rocce con incisioni rupestri e la Fonte della Mojenca, unitamente ai resti archeologici dell’abitato preromano di Como (Comum Oppidum). Una prima attenzione a questa porzione di territorio risale agli Anni ’30 grazie ad un bando di concorso per lo studio di massima del PRG promosso allo scopo di individuare un modello organico di sviluppo urbano. Nel ’52 emergerà una prima riconfigurazione delle previsioni urbaniste sancite nel ’37 e che convoglierà in una sua approvazione definitiva nel 1967. Le normative del piano che seguiranno nel ’69 e le sue precisazioni risalenti al ’72 e ’74, hanno definitivamente confermato il valore naturalistico di quest’area e che si è consolidato nel PRUG del ’75. In questa occasione vengono evidenziate

anche le possibilità offerte dai suoi percorsi interni, con una serie di suggerimenti e spunti offerti da Guglielmo Zambrini, che per primo ha colto l’importantissimo significato strategico coperto da quest’area all’interno dello sviluppo urbano comasco. L’avv. Antonio Spallino, ex sindaco della città di Como, è stato tra i primi a sostenere la ricchezza di questo parco e a lavorare affinché la Regione si attivasse in merito: le varie iniziative che sono state promosse intorno agli Anni ’70 miravano tutte sia al suo recupero a funzione collettiva che alla sua valorizzazione naturalistica, contenendo gli indici di edificabilità ed assumendosi come obiettivo quello di recuperare a prevalente funzione pubblica la zona di interesse archeologico. Inizialmente la salvaguardia di questo Parco venne proposta per impedire una saldatura completa del territorio urbanizzato e per mantenere un’area inedificata esterna alla Città Murata. In seguito si è esteso il Parco a tutte le aree libere non edificabili, tentando di individuare all’interno del perimetro edificato percorsi pedonali di approccio arricchendo così i percorsi interni allo stesso e le aree ad esso legate, sino a modificare in gran parte della città la struttura del tessuto urbano. Nel ’93 viene costituito, con la L.R. n.10 il Parco Spina Verde, la cui gestione è affidata ad un Consorzio tra la Provincia di Como, i comuni di Como, S. Fermo della Battaglia, Cavallasca, Parè e Drezzo. Le indagini preliminari del ’99 ed il Progetto del Parco del 2001 redatto dall’arch. Silvano Cavalleri con l’ing. Riccardo Colombo, grazie anche ad una serie di preziose collaborazioni, sembra essere la logica conclusione di questo lungo percorso. Sostanzialmente questo progetto nasce come somma di quattro aree: • 1° versante, con una connotazione omogenea che da Drezzo va fino a San Fermo il cui obiettivo è la conservazione della naturalità in termini qualitativi, con l’individuazione di una serie di percorsi pedonali; • 2° versante, su Como, caratterizzato da un ambito investito da forte naturalità e non antropizzato, a causa sia delle sue caratteristiche orografiche che per un non interesse a portarvi elementi insediativi; • 3° versante, che rivela la presenza di insediamenti antropici a partire dal 9 sec. a.C. e che, giunti in Convalle, hanno portato alla fondazione della città di Como e rimane la zona più consumata dal punto di vista dell’utenza; • 4° versante, su Albate, in cui si alternano zone boscate a radure povere dal punto di vista vegetazionale; unica risorsa presente è la ex polveriera, una struttura fatiscente, inserita in una zona soggetta a degrado e che necessita di rimboschimento, che potrebbe essere recuperata per funzioni di riferimento all’area. Fondamentale nella redazione di questo progetto, è stata l’individuazione di obbiettivi precisi, tra cui: • la costruzione della Spina Verde come elemento caratterizzante del sistema tranfrontaliero dell’area pedemontana lombarda;

17 FORUM ORDINI

PLIS del Lago d’Endine (1.606 ettari), il PLIS del Brembo e dei Cantoni di Lenna (200 ettari), il PLIS del Monte Canto e del Bedesco (2.969 ettari), il PLIS del Rio Morla e delle Rogge (1.365 ettari), il PLIS dell’Alto Sebino (7.768 ettari), il PLIS del Basso Corso del Fiume Brembo (978 ettari), il PLIS del Fiume Tormo ad Arzago d’Adda (200 ettari) e il PLIS delle Valli d’Argon (549 ettari). Sono in corso di definizione ulteriori PLIS, tra cui il Parco della Gera d’Adda, quello del Serio Nord, il Monte Varro e il Torrente Malmera, che rafforzeranno ulteriormente il già ricco sistema di aree protette bergamasche.


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• la valorizzazione delle reti ecologiche che porta legata a sé vincoli di inedificabilità (nel versante su Como i falchi migratori trovano riposo prima di procedere nella loro tratta successiva); • la promozione di laboratori di ricerca a carattere storico-culturale di interesse ambientale (area archeologica); • la valorizzazione delle presenze arboree; • l’incentivazione, attraverso l’agriturismo, di aree a forte vocazione agricola; • l’utilizzazione dell’ingegneria naturalistica. Nella relazione che guida la lettura degli elaborati del Piano Territoriale di Parco figura, tra l’altro, un elaborato grafico che rappresenta, ad una scala territoriale più vasta, la situazione delle previsioni di pianificazione contigue all’ambito del Parco della Spina Verde, che formano un sistema di grande rilevanza paesistico-ambientale: verso ovest, in territorio Svizzero il “Bosco del Penz”, che conclude la dorsale collinare residua; verso est in senso antiorario la conclusione della dorsale collinare nei territori dei comuni di Lipomo e Capiago Intimiano (parte del Parco della Brughiera Comasca non istituito) sino alla riserva del lago di Montorfano (decreto Regionale), lo specchio d’acqua più bello dei laghi Briantei, poi la proposta del piano locale del Monteorfano che vi si specchia e per finire il parco di interesse sovraccomunale della Valle del Cosia nei comuni di Tavernerio e Como: una ipotesi di un grande parco “oltre il Parco della Spina Verde”. Per promuovere il Parco in tutti questi suoi aspetti è stato creato il WebGIS, sito internet a supporto sia della ricerca archeologica che come mezzo di comunicazione volto a farlo conoscere anche all’esterno dei suoi ambiti tipici di fruizione. R. F.

Cremona a cura di Fiorenzo Lodi

Intervista all’arch. Marco Ermentini: il Parco Regionale del Serio Istituito con legge regionale nel 1985, il Consorzio Parco Regionale del Serio ha lo scopo di tutelare le testimonianze dell’antico paesaggio fluviale del Serio, importante affluente del fiume Adda. Incastonato, con i suoi 7.500 kmq di superficie e 54 km di sviluppo fluviale, nel territorio sempre più antropizzato ed urbanizzato della pianura lombarda, costituisce una roccaforte della biodiversità. Con i suoi molteplici ecosistemi (fasce boscate, zone umide, aree agricole) si caratterizza per la varietà degli

aspetti naturali e si distingue per la presenza di due riserve naturali: la Palata Menasciutto, inserita nei siti di importanza comunitaria e habitat di numerosissime specie animali e la Malpaga-Basella, gioiello botanico e morfo-paesistico. Per avvicinare la realtà di questo parco ci siamo rivolti all’arch. Marco Ermentini, già presidente della Shy Architectural Association, in qualità di consigliere di Amministrazione del Parco del Serio. Dall’intervista emerge la sua approfondita, appassionata e chiara conoscenza della realtà del parco e si delinea con precisione il carattere fondante di quell’“atteggiamento timido”, suggerito da Marco Ermentini come linea guida da adottare non solo nell’ambito del restauro dell’architettura, ma anche in quello della tutela degli ambiti naturali. Adriano Alchieri Alla luce dello Statuto, dell’Organigramma e soprattutto del Piano Territoriale di coordinamento, come si può delineare la “politica” generale di questo Consorzio Parco Regionale del Serio? Il Parco Regionale del Serio è stato istituito da 20 anni e comprende l’area del fiume dalla periferia di Bergamo alla sua immissione nell’Adda a Montodine con 26 comuni nelle province di Bergamo e Cremona. Si tratta di un territorio in gran parte agricolo che, soprattutto nella sua parte meridionale, possiede particolari caratteristiche. Il Piano Territoriale di coordinamento è stato approvato nel 2000. Il territorio è diviso in aree differenziate in base al diverso utilizzo previsto ed al grado di naturalità, nelle quali sono in vigore norme specifiche. Gli scopi principali sono quelli legati alla tutela e alla valorizzazione delle bellezze paesaggistiche, architettoniche ed artistiche, alla tutela ed alla conservazione delle specie animali e vegetali, dei boschi e per la difesa degli equilibri ecologici ed idrogeologici, allo studio ed alla conoscenza dell’ambiente, allo sviluppo delle iniziative di educazione ambientale, fruizione sociale e turistico-ricreativa, alla promozione delle attività compatibili e alla istituzione di aree di riserva naturale. Come si traducono le previsioni e gli obiettivi del PTC nella pianificazione attuativa e nei singoli interventi? Le previsioni del PTC vengono attuate tramite i piani di gestione che prevedono gli interventi necessari per la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale ed ambientale, gli interventi di carattere culturale, educativo, ricreativo e turistico-sportivo per lo sviluppo dell’utilizzazione sociale del parco, le previsioni di spesa per l’attuazione del piano e le priorità di intervento. Qual è la “politica” del Parco, nel suo territorio, in ordine alla questione delle infrastrutture territoriali e come si rapporta con il recupero e la valorizzazione del paesaggio?


Che rapporti esistono tra il Parco e gli enti locali consorziati, in relazione alla pianificazione urbanistica, all’attività edilizia e a quella turistica? Il Parco è nato dalla volontà degli enti locali ed i rapporti sono di fattiva collaborazione. In particolare la redazione degli strumenti urbanistici generali comunali viene concordata con il Parco nel rispetto degli obiettivi di tutela degli ambiti fluviali; particolare attenzione viene posta nel rapporto con le attività economiche insediate, con le zone di riqualificazione ambientale e le zone agricole. L’attività edilizia è disciplinata nel Piano Territoriale e l’Ufficio Tecnico del Parco svolge anche un’attività di consulenza ai singoli progettisti che propongono gli interventi negli ambiti protetti. Nei giovani professionisti è migliorata la sensibilità e la preparazione specifica. Per quanto riguarda le attività turistiche, c’è ancora molto da fare. Il paesaggio fluviale ha grandi potenzialità ancora inespresse. Il Parco ha come obiettivo il completamento dell’intero percorso ciclo-pedonale sulle sponde da Bergamo a Montodine e ritorno. Molti interventi sono in corso e altri in fase di progettazione. Spesso si tratta di realizzare piccoli ponticelli e collegamenti di percorsi già esistenti, come strade campestri, ripe e sentieri. Si stanno realizzando anche aree di sosta e parcheggi. Nei tratti già realizzati il successo è evidente, gli abitanti escono dai centri e in breve tempo i percorsi e le aree di sosta nelle zone naturalistiche o lungo i laghetti e le lanche vengono frequentati. Gli interventi effettuati nel parco debbono essere, a mio parere, “timidi”. Penso che sia giunto il momento di ripensare molti dei nostri atteggiamenti verso la natura. Di fronte all’efficientismo, al produrre risultati a tutti i costi in tempi brevissimi è necessario prendersi una pausa, cioè trovare il tempo per pensare e prendere distanza dalle cose. Intendo promuovere l’atteggiamento timido nei progetti di conservazione e trasformazione. Le persone coraggiose cambiano, modificano e alterano la realtà ma i timidi sono i protettori della vita. Sono i veri “conservatori”. I timidi sono attenti e sensibili, sono le nostre sentinelle, se li ascoltiamo, la loro paura può proteggere tutti quanti. Il progetto timido è l’arte di saper ascoltare. Certo è molto difficile imparare a farlo. Il timido impara ad ascoltare l’altro, astenendosi dal volerne anticipare il pensiero ed è disposto a prestare attenzione. La vera ricchez-

za dell’intervento timido è data da saper intervenire con poco, del quale poco non vi è mai penuria, la sua grande ricchezza è l’assenza, la rinuncia all’intervento, l’inutilità dell’intervento se non strettamente necessario. La sua qualità è il nascondersi, il fermarsi al momento opportuno, la non spettacolarizzazione dell’intervento, la consapevolezza di non poter capire tutto, la prudenza, in una parola la timidezza. Ritengo che questo atteggiamento possa essere suggerito come guida per ristabilire un rapporto più attento e consapevole con gli ambiti naturali. Come si traducono in azioni le politiche di acquisto, esproprio o utilizzo convenzionato di aree private per l’attuazione degli obiettivi del Parco? I progetti del Parco comportano spesso l’acquisto di aree da privati. Per nostra fortuna, trattandosi di aree residuali non adatte allo sfruttamento agricolo intensivo, i prezzi di acquisto sono contenuti. Le aree più interessate sono quelle per i percorsi ciclo pedonali, le aree di sosta, le aree naturali, i fontanili, i boschi. Sono attive anche numerose convenzioni che permettono il recupero di aree degradate e la creazione di nuove fasce erborate. Quali sono oggi i temi di maggiore attualità che il Parco dovrà affrontare? Si intravede la necessità di una revisione del PTC? Il Parco, trascorsi i primi 20 anni di funzionamento e di applicazione del Piano Territoriale, ha in corso un’approfondita riflessione sul proprio ruolo, sugli obiettivi e sugli strumenti che si è dato. Se alziamo lo sguardo ci accorgiamo che l’intera pianura lombarda è diventata una grande conurbazione nella quale lo spazio, la natura è stata quasi cancellata. Tuttavia nella bassa pianura le fasce fluviali, lungo le quali è stato istituito il sistema dei parchi, conserva i lembi di natura che nell’alta pianura non ci sono più. Molte cose sono cambiate, l’agricoltura ad esempio; è anche aumentata la sensibilità degli abitanti che richiedono più natura di fronte all’accerchiamento dell’artificiale, dell’urbano. Anche in un territorio come il nostro torna a farsi sentire l’esigenza di stabilire un rapporto di affetto con i luoghi, con la memoria, con la storia, con il passato. Certo il nostro paesaggio è costituito dalla stratificazione degli interventi, dalla tecnica dell’uomo; non esiste un’ipotetica “natura originaria”. Nessuno vuole riportare il paesaggio ad una supposta origine naturale. D’altro canto siamo tutti consapevoli di cosa significa il troppo consumare, il troppo volere sfruttare un bene collettivo quale è il territorio. Un bene di tutti che è indispensabile alla nostra sopravvivenza e alla nostra identità. Questi sono i principali temi in discussione che costituiscono anche una riflessione che il parco sta effettuando con il Politecnico di Milano in vista di una revisione del Piano Territoriale. A. A.

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M.E.: Il Parco è molto attento all’impatto delle infrastrutture territoriali, ad esempio la TAV o la BREBEMI, con studi specifici e collaborazioni con gli enti interessati, osservazioni e proposte; a questo proposito è nato da poco un coordinamento tra i parchi fluviali della regione, che si sta occupando dei criteri di compensazione e degli obiettivi comuni nell’affrontare l’esame di progetti così incisivi sul territorio. A livello locale vi è una proficua collaborazione con le province ed i comuni nella valutazione degli interventi minori che spesso possono subire miglioramenti nell’inserimento nel paesaggio, mitigazioni e compensazioni del loro impatto.


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Lecco a cura di M. Elisabetta Ripamonti

Il piccolo parco dai grandi primati Il piccolo Parco del Monte Barro (665 ettari) vanta diversi primati: è l’unico in Lombardia ad essere stato fortemente voluto dalle comunità locali, è l’area protetta con la maggior ricchezza flogistica, è il primo parco naturale individuato in Lombardia e accoglie il primo museo etnografico riconosciuto dalla Regione. Lunghe ricerche archeologiche hanno portato alla luce uno dei più importanti e rari insediamenti della dominazione gota: la città di Barra. Il Barro è un rilievo isolato e costituisce una sorta di balcone panoramico (sito a 922 metri s.l.m.) aperto a 360° sul territorio circostante. L’interesse paesaggistico ed escursionistico è legato soprattutto ai magnifici panorami che esso offre sulle colline della Brianza, costellata da laghi di origine glaciale, sulla valle dell’Adda, sulle Grigne, sul Resegone, sui Corni di Canzo, per finire con un’ampia porzione della Pianura Padana, sino alle Alpi piemontesi. Il prof. Giuseppe Panzeri, attuale presidente del Parco, già sindaco di Galbiate (che occupa circa il 70 % del territorio del parco) e, dal lontano 1974, presidente del Consorzio Parco del Monte Barro; oltre ad aver contribuito a scrivere pagine di storia del Parco, da sempre coltiva interessi per la cultura popolare e la storia Galbiatese. Con l’occasione lo ringraziamo per aver così fervidamente contribuito a delineare le peculiarità di questo piccolo, grande parco. Prof. Panzeri, ci racconti come nasce il Parco. La nostra caratteristica è quella di essere sorti per volontà delle comunità locali: con il Decreto Prefettizio del 1974, dieci anni prima che venisse istituito il parco regionale (L.R. del 16 settembre 1983 n° 78), è sorto ai piedi di Monte Barro un consorzio comprendente i comuni di Galbiate, Oggiono, Pescate, Malgrate, Garlate, Valmadrera, la Comunità Montana del Lario Orientale ed il Comprensorio Lecchese. Questo organismo di tutela e valorizzazione è nato spontaneamente prima che la regione istituisse il Parco regionale. Tuttora comuni come Lecco, Oggiono e Garlate (che non hanno nemmeno un metro quadro di territorio comunale nel Parco) sono parte del consorzio e partecipano all’assemblea consortile. Lecco ha un collegamento storico con la montagna e da sempre il Monte Barro costituisce un’attrattiva per i lecchesi. In che modo viene attuata la legge istitutiva del Parco? Con la Legge Regionale si è elaborato il piano territoriale di coordinamento del Parco, individuando delle zone che

Nucleo medioevale di Camporeso sede del Parco e del Museo Etnografico.

si distinguono per particolari caratteristiche. Il PTC ha valenza superiore a qualsiasi altro strumento di pianificazione territoriale ed ogni comune è tenuto a recepirne le previsioni. Nel nostro Parco, anche considerata l’esigua dimensione, la politica di notevole salvaguardia non ha mai consentito ulteriore sviluppo edificatorio. Quando e perché il Parco del Monte Barro è divenuto il primo parco naturale in Lombardia? La Regione, recependo la Legge Nazionale 394/91, ha provveduto all’individuazione dei parchi regionali nelle zone di maggior pregio ambientale classificate come parco naturale regionale. Il piccolo Parco del Barro è stato il primo ad esser divenuto parco naturale in Lombardia, seguito dal Parco del Ticino (parco regionale più grande). È esclusa dal parco naturale la parte costituente il versante lecchese (circa un terzo del parco) che coincide con la zona all’interno delle quale è ancora consentita attività venatoria. La nostra è l’area protetta in Lombardia con il più alto livello di biodiversità vegetale: in meno di 700 ettari si rinvengono oltre 1000 specie di piante superiori (il Parco del Ticino, esteso 150 volte più del Barro, ne ha 600!). Nel maggio 2006 è stata inaugurata presso la nostra villa Bertarelli la sede centrale del Centro Regionale per la tutela della Flora Autoctona (CFA) a cui la Regione Lombardia ha affidato la gestione. L’obiettivo fondamentale di questo centro d’eccellenza è quello di promuovere azioni tali da garantire la disponibilità di piante autoctone compatibili con le popolazioni lombarde. Finalità didattiche si associano a temi di notevole interesse scientifico-conservatoristico; il CFA offre i propri servizi a tutte le aree protette regionali in collaborazione con gli orti botanici lombardi ed è gestore della Banca del Germoplasma delle Piante Lombarde. Quali sono le iniziative in corso per salvaguardare e valorizzare la risorsa parco? La nostra politica è caratterizzata dalla notevole attività di ricerca, non solo in campo naturalistico ma anche in quello storico-archeologico. Scavi archeologici condotti dal 1986 al 1997 hanno portato alla scoperta dell’insediamento fortificato della città di Barra proprio alla sommità del monte, risalente al periodo della dominazione dei goti (V-VI d.C.). Il territorio di scavo interessato dal Parco Naturale Archeologico dei


Ci descriva il rapporto con le amministrazioni locali. Quando su un territorio ci sono due enti che hanno competenza è inevitabile che possano sorgere delle conflittualità. La maggior parte del territorio del Parco nel comune di Galbiate non è sottratto alla giurisdizione comunale. Dal punto di vista della pianificazione urbanistica la decisione spetta al parco mentre le infrastrutture sono di competenza comunale. Vi è sostanziale sinergia tra Parco e Comune perchè operiamo tutti per lo stesso territorio, frequenti sono le occasioni per la gestione comune di alcuni aspetti. Quali sono i programmi a breve e lungo termine, quali gli auspici per il futuro? È in programma il recupero della chiesa di S. Michele, monumento architettonico opera di Attilio Arrigoni originario di Galbiate. Inizieremo a breve i lavori di messa in sicurezza di questa importante opera della presenza umana all’interno del Parco. L’auspicio è che centri di ricerca, che innalzano il livello qualitativo della gestione, possano funzionare; abbiamo una missione culturale, educativa che trascende il piccolo territorio in cui operiamo, dobbiamo svolgere un servizio a favore di tutta la regione riassumibile nello slogan: “Il parco fuori dal Parco!” M. E. R.

Lodi a cura di Antonino Negrini

Conservazione ambientale e gestione delle zone umide nel Parco Adda Sud Oltre alla resistenza di fruitori legati a modelli a volte inaccettabili di uso del patrimonio naturale e di categorie tra-

dizionalmente insofferenti a vincoli ritenuti vessatori, ai rischi connessi alla realizzazione di opere di interesse regionale o nazionale e alla progressiva antropizzazione del territorio, ogni parco deve affrontare e cercare di risolvere – con risorse sempre più limitate – i problemi gestionali di una moderna conservazione ambientale. Uno degli esempi migliori è costituito dal governo naturalistico delle zone umide, che sono spesso gli elementi di maggior pregio in parchi di pianura come l’Adda Sud, ampio oltre 24.000 ettari e nato vent’anni fa per proteggere gli ultimi 70 chilometri di fiume prima del suo sbocco in Po. Infatti, tali ambienti evolvono naturalmente, attraverso stadi successivi, in aree boscate dotate di biodiversità modesta, mentre per contro il fiume – regimato in modo a volte eccessivo e con alveo in abbassamento – molto difficilmente realizza nuove zone umide nel corso delle piene. Si rende quindi necessario contrastare questa tendenza all’impoverimento, per mantenere in condizioni ottimali almeno gli ambienti di maggior interesse naturalistico e le specie che vi trovano condizioni adatte alla sopravvivenza. Inoltre, alcune importanti zone umide artificiali sono soggette all’abbassamento della falda superficiale, che ha determinato scomparsa o periodiche crisi ambientali nelle residue teste di fontanile, e altre alla perdita di interesse economico dei loro prodotti: per questo motivo le marcite sono praticamente scomparse nel Parco Adda Sud. La fauna collegata alle acque ferme e alle loro sponde, fondamentali anche per garantire riproduzione, sosta durante le migrazioni e svernamento dell’avifauna, include numerose specie rare e minacciate, di interesse conservazionistico europeo e in alcuni casi endemiche (cioè esclusive a livello mondiale di territori ristretti, come la Pianura Padana o il Nord Italia). Per la salvaguardia e l’incremento delle popolazioni sono stati recentemente effettuati interventi mirati, con la realizzazione di tre siti di acclimatazione della testuggine di palude, destinati a fornire individui da liberare poi nelle paludi del Parco adatte allo scopo, e l’acquisto e miglioramento ambientale di due siti adatti alla nidificazione degli aironi, che sono stati circondati completamente dalle acque per garantire la sicurezza contro predatori terrestri e disturbo antropico. Inoltre sono stati presi accordi con la proprietà di una piccola garzaia di recente costituzione per la necessaria riqualificazione della palude nella quale è collocata. Ovviamente sono stati eseguiti anche alcuni interventi mirati a contrastare direttamente gli effetti dell’abbassamento del letto del fiume (con la riseparazione dalla sponda di un’isola nella Lanca di Soltarico), dell’interrimento di zone umide (con la risagomatura della porzione asciutta della Morta di Abbadia Cerreto), dell’anossia di corpi idrici lentici (con la sistemazione di un canale per l’adduzione di acqua nella Morta di Soltarico), della gestione scorretta di paludi (con la progettazione di interventi nella Lanca di Soltarico, nell’Adda Morta di Pizzighettone e nella Torbiera dei Pra’ Marzi di Crotta d’Adda).

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Piani di Barra è di circa 100 mila mq. Il Museo etnografico dell’alta Brianza, che ha sede nel nostro Parco, è il primo museo etnografico riconosciuto dalla Regione Lombardia ed è dedicato agli usi e costumi della gente della Brianza storica. Si tratta di un museo che parla dei lavori tradizionali e delle usanze, delle credenze, delle forme espressive delle classi popolari nei secoli XIX e XX. Occupando il Monte Barro una posizione strategica rispetto alle rotte migratorie, in quanto collocato presso l’asse lariano, e vedendo la presenza di centinaia di specie di invertebrati nelle sue praterie, esso costituisce una stazione di sosta e alimentazione prima e dopo l’attraversamento delle Alpi. La Stazione Ornitologica Sperimentale di Costa di Perla investiga gli aspetti legati alle presenze ornitiche nidificanti sul Barro.


ricchezza e diversitĂ  biologiche, ereditato dalle generazioni che hanno preceduto la nostra, deve essere mantenuto e se possibile implementato per quelle che la seguiranno.

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Riccardo Groppali direttore del Parco Adda Sud

Mantova a cura di Sergio Cavalieri

Parco Adda Sud.

Il Piano delle Piste e dei Percorsi Ciclopedonali

Nella prospettiva di applicare successivamente le conoscenze acquisite, sono in corso alcune importanti indagini naturalistiche: per quanto riguarda esclusivamente le acque ferme sono in fase di completamento studi riguardanti la fauna di marcite e fontanili, la situazione degli aironi nidificanti nelle garzaie, i risultati di interventi di salvaguardia attiva degli anfibi rana di Lataste e Pelobate, e le libellule del Parco. In questo caso lo scopo è anche quello di fornire ai fruitori dell’area protetta una guida all’osservazione del suo patrimonio entomologico, per proporre forme di fruizione ecocompatibile, successivamente alla realizzazione tematica del Sentiero delle Libellule lungo le sponde della Morta di Abbadia Cerreto. Inoltre sono stati attivati rapporti internazionali con altre aree che tutelano zone umide di importanza internazionale e che condividono in parte le medesime specie di avifauna migratrice e svernante del Parco Adda Sud: in particolare sta dando buoni risultati la collaborazione con la Riserva svizzera delle Bolle di Magadino, il Parco bosniaco Hutovo Blato, la Riserva slovena Salina di Sicciole, il Parco croato del Lago Vrana, e il Parco Ornitologico senegalese Djoudj. Per quest’ultimo è stato pubblicato un testo ornitologico in francese, fornito gratuitamente ai gestori dell’area protetta africana e ai villaggi circostanti per essere messo in vendita ai visitatori, con ricavato che servirà a finanziare iniziative conservazionistiche e di miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali. In questo modo il Parco Adda Sud cerca di assolvere al suo compito istituzionale di laboratorio per il governo del patrimonio naturale collettivo, adottando tutte le misure possibili per la gestione corretta delle sue preziose zone umide, che contribuiscono alla conservazione del fiume come uno degli ultimi grandi corridoi ecologici della Pianura Padana, sempre più antropizzata e solcata da manufatti privi di possibilità di transito per la fauna. Infatti è dovere prioritario di ogni parco la conservazione della biodiversità, in considerazione che l’attuale patrimonio di

All’interno del più ampio quadro sui parchi regionali lombardi si vuole porre l’attenzione su uno strumento di pianificazione redatto dall’Area Gestione del Territorio della Provincia di Mantova, ai sensi del PTCP: Il Piano delle Piste e dei Percorsi Ciclopedonali. Il Piano ha l’obiettivo di connettere, attraverso la costruzione di un sistema di rete ciclabile provinciale, le principali risorse del territorio in termini di emergenze paesaggistiche, parchi regionali, riserve naturali, beni storico-culturali, ecc. A partire dal raggiungimento di obiettivi generali, quali la continuità, la sicurezza, l’attrattività e la riconoscibilità degli itinerari e dei percorsi individuati, si sono riconosciuti una pluralità di obiettivi settoriali che rappresentano i riferimenti assunti nella definizione delle azioni strategiche e per la predisposizione di specifici interventi. In particolare tra gli obiettivi strategici si evidenzia la necessità di: • garantire la continuità dei percorsi a livello extra-provinciale, provinciale e intercomunale, attraverso la costruzione di un modello a rete identificato da tratti e nodi connessi e la messa a sistema di singole tratte ciclabili non collegate tra di loro; • sviluppare l’attrattività della rete e dei territori, attraverso la dotazione ed integrazione di attrezzature, servizi e strutture ricettive per il cicloturismo, nonché la valorizzazione e la riqualificazione degli ambiti a maggior valenza ambientale e storico-culturale; • potenziare la fruizione del sistema delle aree protette; • valorizzare l’intermodalità di trasporto in tutte le sue formule (bici+treno, bici+bus, bici+barca); • sviluppare il turismo sostenibile ed eco-compatibile basato sulla messa in valore di un insieme ampio e diversificato di risorse ambientali, culturali, enogastronomiche e tradizionali. Al fine di raggiungere questi obiettivi e affinché il ruolo del Piano provinciale possa essere di coordinamento per la progressiva attuazione della rete ciclabile territoriale, nell’elaborazione del Piano si è applicata la seguente metodologia:


tualità ai diversi livelli istituzionali e territoriali e valutazione delle criticità e delle opportunità in essere; • individuazione degli ambiti di fruizione turistico–ambientale in funzione delle risorse (storico-culturali, ambientali, enogastronomiche e legate alle tradizioni locali) che caratterizzano le diverse parti del territorio; • definizione dello Schema strutturale della rete dei percorsi provinciali costituita da corridoi e nodi ai quali sono stati attribuiti differenti ruoli e livelli strategici, coerenti con quelli della rete ecologica provinciale del PTCP; • individuazione dei percorsi e classificazione degli stessi in funzione della loro rilevanza nella costituzione della rete; • qualificazione e denominazione dei percorsi in ciclovie attraverso caratteristiche che ne completano la fisionomia, la qualità e la percorribilità, ovvero in itinerari che devono assumere una identità che va al di là di una semplice successione di tratti, avere caratteristiche tecniche (fondo stradale, pendenze, ecc.) che li rendano percorribili, avere una specifica segnaletica da renderli riconoscibili; • individuazione dei programmi strategici, dei progetti e delle priorità d’intervento, da proporre e condividere con gli altri soggetti interessati, atti a garantire la continuità e la riconoscibilità della rete, ad attuare la mobilità sostenibile a scala urbana ed extra-urbana, a valorizzare e a riqualificare il territorio; • sviluppo di progetti per la risoluzione di alcuni elementi di criticità individuati e per la valorizzazione delle opportunità presenti; • definizione di indirizzi normativi (di carattere orientativo, prestazionale e prescrittivo) di riferimento per la provincia, i comuni e gli altri enti e soggetti interessati e di criteri progettuali a supporto delle strategie individuate e per la realizzazione degli interventi. Il Piano fornisce quindi la lettura del territorio in termini di percorribilità ciclo-pedonale, di opportunità legate alla realtà territoriale e di sviluppo di contenuti, e si configura come uno strumento di indirizzo che organizza e orienta le scelte strategiche da verificare nel tempo. Annarosa Rizzo Area Gestione del Territorio e Infrastrutture Provincia di Mantova

Milano a cura di Roberto Gamba

Metà del territorio della Provincia di Milano è edificato o comunque urbanizzato. L’Amministrazione si impegna,

sia attraverso la rete dei parchi regionali, sia attraverso quella dei parchi locali (PLIS) alla conservazione dell’ambiente naturale e del paesaggio. Sei sono i parchi regionali sul territorio. Gli altri cinque sono governati da consorzi partecipati dalla Provincia. Undici sono i parchi locali d’interesse sovracomunale, brani del territorio agroforestale, significativi per i valori paesaggistici, ambientali e di rete ecologica che rappresentano. L’individuazione e la gestione è scelta volontaria dei comuni interessati, singoli o associati (in convenzione o con consorzi specifici). La Provincia ne cura il riconoscimento istituzionale, la pianificazione e la programmazione. Abbiamo ricevuto il contributo scritto, di seguito pubblicato, da Cristina Boca, una dei funzionari progettisti del Parco Agricolo Sud Milano, che illustrano le ragioni e gli indirizzi del loro operare. R. G.

Cos’è il Parco Agricolo Sud Milano Il Parco Agricolo Sud Milano, parco regionale di cintura metropolitana, gestito dalla Provincia di Milano, istituito nel 1990, occupa 46.300 ha. Il suo territorio comprende aree agricole (riso, cereali, foraggio e pioppo) e quelle a vocazione naturalistica (boschi planiziali e zone umide) di 61 comuni, tra cui Milano, ed è attraversato da una fitta rete irrigua. Ha come principale obiettivo la tutela di queste zone agricole straordinariamente produttive e la valorizzazione delle emergenze storiche del territorio (le Abbazie di Morimondo, Chiaravalle e Mirasole, i castelli Rocca, Brivio…) ed importanti infrastrutture (i tre depuratori e l’alta velocità, per esempio). Tra le sue finalità c’è la tutela e il recupero paesistico e ambientale delle fasce di collegamento tra città e campagna e il miglioramento delle connessioni con i sistemi di verde urbano. In quest’ottica appare fondamentale la creazione di una rete di piste ciclabili che connetta i punti più interessanti e degni di nota come le ghiacciaie (Cornaredo, Albairate), i musei agricoli esistenti (Albairate, San Giuliano), le cascine trasformate in centri di attività espositiva-culturale o agriturismi, le aree naturalistiche e le emergenze ambientali-paesaggistiche. Ai sensi delle norme di attuazione del Piano Territoriale di Coordinamento del 2000, l’ente gestore ha il compito di promuovere atti di pianificazione urbanistica di concerto e d’intesa con i comuni e gli enti interessati. Il Parco procede alla redazione dei Piani di Cintura Urbana (in cui si articolano le destinazioni d’uso del suolo e di singoli edifici o monumenti, aree a servizi, attrezzature, a regimi di vincolo ecc.); il “Piano di settore” (identifica gli

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• ricognizione, analisi e rappresentazione della proget-


Monza e Brianza

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a cura di Francesco Redaelli e Francesco Repishti

Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale “Brianza Centrale”

Agricoltura e canali a Chiaravalle, Milano.

insediamenti rurali isolati di interesse paesistico, le emergenze storico-architettoniche e monumentali, nonché i nuclei aventi valore storico-monumentale, prevedendo le modalità di intervento, recupero e riuso consentiti); il Piano di settore Fruizione” (che organizza la funzione ricreativa, educativa, culturale e sociale) e quello per la “Vulnerabilità idrogeologica” (miglioramento della qualità delle acque superficiali e sotterranee; riequilibrio del bilancio idrico). Inoltre l’Ente Gestore segue la progettazione di interventi di miglioramento e recupero ambientale, rimboschimenti e valorizzazione di aree umide, opere di ingegneria naturalistica lungo i corsi d’acqua e bonifiche di aree degradate. Presta attenzione all’inserimento ambientale e paesistico di infrastrutture (depuratori, canali scolmatori, nuova viabilità), tramite lo studio di opere di mitigazione e compensazione (filari, aree boscate, marcite). Contestualmente opera per una corretta fruizione del territorio: dal 2002 è reso disponibile, dopo un accurato restauro, un Polo Botanico con finalità didattico-scientifiche, a Casa Gola (Rodano); sta approntando la sede per il centro etnografico e storico delle arti e delle tradizioni contadine presso cascina Castello (Settala); sta creando i Punti Parco, per divulgare informazioni destinate ai cittadini (vedi www.provincia.milano.it/parcosud). Non si dimentichino poi il restauro al Mulino dell’abbazia di Chiaravalle, che ritornerà a macinare grano, grazie all’acqua proveniente dal depuratore Milano Nosedo; e l’opera sui canali navigabili e Navigli, per i quali è stato firmato un protocollo d’intesa con la Regione, per lo studio della “Greenway Milano-Pavia-Varzi”, di collegamento ciclabile tra Milano e l’Oltrepò pavese. Cristina Boca, Alessandro Caramellino, Gaetano Randazzo settore programmazione e controllo Parco Agricolo Sud Milano

Nel 1983 la Legge Regionale n. 86 introdusse – accanto a forme già sperimentate di tutela ambientale – parchi regionali, riserve, monumenti naturali, i cosiddetti PLIS Parchi Locali d’Interesse Sovracomunale. Si tratta di una istituzione con grado vincolistico limitato, ma con interessanti potenzialità finalizzate alla conservazione e alla riqualificazione del territorio inedificato. I PLIS hanno riscosso notevole interesse, soprattutto negli ultimi anni, da parte di molte Amministrazioni comunali, le quali in forma singola o in raggruppamenti, tramite convenzioni e consorzi, hanno deciso di individuare porzioni di territorio, in genere aree a standard e agricole di particolare pregio ambientale e strategiche nella rete ecologica, da tutelare con maggiore vigore rispetto ai tradizionali strumenti di pianificazione locale (PRG-PGT). I vantaggi di questo strumento sono senza dubbio le modalità di istituzione, riconoscimento e gestione più semplificati e agili rispetto ai parchi regionali: caratteristiche fondamentali per incentivare i comuni a proteggere il proprio territorio senza il timore di ingessature irreversibili. Partendo da questi presupposti, il Comune di Seregno ha istituito il Parco “Brianza Centrale” il 30.1.2001 e la Regione Lombardia lo ha riconosciuto quale Parco locale d’interesse Sovracomunale il 15.6.2001. Il parco è localizzato nella zona nord della Provincia di Milano, in quella che prossimamente sarà la Provincia di Monza e Brianza, su aree del territorio del Comune di Seregno per una superficie di oltre 385 ettari, dimensione raggiunta in seguito al recente ampliamento riconosciuto dalla Provincia di Milano nel 2005. Attualmente il parco è “monocomunale”, anche se le potenzialità e le aspettative per ampliamenti verso i comuni confinanti ed in particolare Albiate, Carate Brianza, Desio, Cesano Maderno, Seveso, sono crescenti. Pur essendo un PLIS di dimensioni relativamente piccole, il Parco Brianza Centrale è sicuramente un caso interessante ed un buon esempio: è costituito da una tipologia di aree particolarmente importante per la politica ambientale del verde nella Provincia, quel sistema di aree, di spazi aperti non ancora edificati, ormai totalmente interclusi nell’urbanizzato, in quella parte molto densa dell’urbanizzazione continua, reticolare, pluricentrica che è la Brianza milanese. Questi spazi aperti non hanno rilevanti valori intrinseci dal punto di vista paesistico: quel paesaggio stupendo che era la pianura asciutta è praticamente scomparso nell’immediato dopoguerra; i filari di gelsi, talvolta con la vite maritata, sono stati tolti; non vi sono aree umide, non vi


convenzionando con il PLIS la realizzazione di siepi e filari ecologici ed eventualmente valorizzandoli anche economicamente applicando criteri di perequazione urbanistica. La salvaguardia e la valorizzazione ambientale del Parco viene perseguita attraverso una pianificazione e una programmazione di dettaglio: il Parco Brianza Centrale è stato tra i primi PLIS (2005) ad approvare un Piano Particolareggiato riguardante l’intera superficie vincolata. Il Piano individua gli indirizzi e le modalità di attuazione degli interventi, sia privati che pubblici: in particolare per questi ultimi è previsto un Programma pluriennale degli interventi. Il Programma prevede una serie di opere pubbliche che vanno dalle piste ciclabili, alla riqualificazione a parco urbano, alla formazione di aree boscate, ai corridoi ecologici ecc.. Di particolare interesse è la costituzione di nuovi boschi, permanenti o produttivi: i cosiddetti boschi di pianura, peraltro al centro delle politiche ambientali di Regione e Provincia, sono un elemento fondamentale per la costituzione di grandi isole verdi da connettere con il sistema dei corridoi ecologici. Il Parco Brianza Centrale partiva da un patrimonio boschivo

Il “Parco 2 Giugno”.

molto ridotto, residuale e circoscritto dall’attività agricola, costituito prevalentemente da robinie e sambuchi. Ci si è attivati per la creazione di nuovi boschi, prevalentemente querco-carpineto: negli ultimi anni ne sono stati piantati oltre tre ettari e a breve ne sono previsti altri sette. Sarà questa una delle armi per combattere i processi di saldatura urbana in Brianza? Alberto Colombo responsabile tecnico del Parco Brianza Centrale Parco Brianza Centrale ente gestore: Comune di Seregno via Umberto I, 78 20038 Seregno (MI) tel. 0362263308 www. parcobrianzacentrale.it info.parcobrianzacentrale@seregno.info

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sono boschi. Da un punto di vista qualitativo non è un bel paesaggio, però ha un enorme valore potenziale per riqualificare questa conurbazione molto densa, molto inquinata, e per costruire degli spazi pubblici fruibili per i cittadini. Quindi, vi è un valore intrinseco bassissimo, un valore potenziale rilevante, molto rilevante, in un momento in cui su questi spazi aperti si gioca il destino di questa conurbazione della Brianza, cioè il raggiungimento di un certo livello di sostenibilità ambientale dello sviluppo economico, oppure una traiettoria evolutiva che può essere molto problematica da questo punto di vista. La costituzione del parco va inquadrato in una visione di insieme più ampia: la vicinanza con il parco delle Groane, il parco della Valle del Lambro e il parco della Brughiera Briantea, è sicuramente di importanza strategica. La creazione di un parco sovracomunale in posizione baricentrica rispetto a questi parchi rappresenta un’occasione imperdibile per dare garanzie di un possibile mantenimento di spazi verdi e la creazione di corridoi ecologici tali da consentire il passaggio di specie faunistiche da una zona all’altra. Le aree incluse nel Parco Brianza Centrale sono essenzialmente di tre tipi. Le aree più consistenti sono quelle agricole: nella parte di Brianza in cui ci troviamo è legittimo domandarsi che tipo di agricoltura c’è e che senso ha. Ci si interroga ormai da un po’ di tempo sul futuro di un agricoltura che si basa essenzialmente su finanziamenti pubblici e non sulla propria capacità di generare reddito autonomamente. Di fatto è un agricoltura che preserva l’ambiente, gli spazi aperti, affinché non diventino incolti, discariche o depositi di materiali vari, edili piuttosto che rottami. Con la riduzione o il taglio dei finanziamenti comunitari a favore dei nuovi Paesi entrati recentemente nella UE, si apre una sfida importante per quella che sarà la gestione delle aree agricole: enorme potenziale per incrementare la rete ecologica o nuove discariche a cielo aperto? Il secondo tipo di aree, il più apprezzato, è chiaramente quello costituito dai parchi urbani attrezzati: nel Parco Brianza Centrale in particolare c’è il “Parco 2 Giugno” di quasi 50 ettari, che è il frutto di un costante processo di acquisizione e trasformazione di aree private, attraverso cessione di standard per operazioni immobiliari, cessioni bonarie e, purtroppo dove non è stato possibile raggiungere un accordo, anche tramite espropri. L’ultima tipologia di aree incluse nel parco è quello di più difficile lettura e interpretazione. Una rete discontinua di piccoli appezzamenti, in genere recintati, delle dimensioni variabili da 1000 mq all’ettaro circa. Sono aree che non hanno un utilizzo definito (agricolo, depositi, orti ecc.), su cui i privati hanno forti e pressanti aspettative edilizie. Diventa molto difficile gestire e dare ordine a questi spazi: una sfida aperta per renderli un possibile strumento di valorizzazione ambientale. Un modo potrebbe essere quello di intendere questi spazi come luoghi privati di fruizione/aggregazione del tempo libero e come orti, magari


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Pavia a cura di Vittorio Prina

Il Parco Lombardo della Valle del Ticino: un parco fuori e dentro le città Gli oltre 90.000 ettari di territorio del Parco del Ticino costituiscono un patrimonio di inestimabile valore. Il fiume, i 20.000 ettari di foreste planiziali, i 50.000 ettari di territorio rurale, con la fitta presenza di rogge, canalizzazioni irrigue, fontanili, zone umide, costituiscono un habitat ideale per oltre 2400 specie vegetali ed oltre 2500 specie animali. L’originalità di questo ricco ambito di biodiversità, che si è meritato il riconoscimento di Man and Biosphere Reserve da parte dell’UNESCO, è la compresenza di una cospicua antropizzazione: lungo il corso del Ticino, dal Lago Maggiore fino al Po, nei 47 comuni consorziati nelle Province di Varese, Milano e Pavia, vivono ed operano oltre 450.000 abitanti, con tutte le loro esigenze di insediamenti ed infrastrutture. Le presenze sono arricchite poi dall’enorme numero di turisti che apprezzano le possibilità di visita offerte dagli 8 centri Parco, dagli oltre 120 chilometri di piste ciclabili e 420 chilometri di sentieri, dagli agriturismi, dalle fattorie didattiche e da tante realtà connesse all’ospitalità. Gestire ed orientare un così articolato complesso territoriale non è stato e non è certo semplice. Dopo la legge istitutiva del 1974, il Parco si è dotato di un Piano Territoriale di Coordinamento, approvato nel 1980. Oltre all’individuazione delle zone di riserva, necessarie per la tutela degli habitat naturali, sono state previste delle zone agricole e forestali per le aree di valle incisa dal Ticino, delle zone agricole per le porzioni di Parco ricadenti sul livello fondamentale della pianura e delle zone di iniziativa comunale a favore di una gestione decentrata da parte dei singoli comuni consorziati, sempre in un quadro di coordinamento ed indirizzo degli strumenti urbanistici comunali. Agli estensori di questo strumento va riconosciuta grande capacità di lettura del territorio e grande lungimiranza strategica, che ha permesso al PTC di rimanere il valido punto di riferimento di governo per le diverse amministrazioni che si sono alternate fino all’anno 2001, anno dell’approvazione del nuovo Piano Territoriale. L’attuale strumento rispetta la struttura del precedente, risultando però strutturato secondo l’orientamento normativo della legge quadro sulle aree protette, distinguendo quindi il territorio in Parco Naturale e in Parco Regionale. L’aspetto senz’altro innovativo del nuovo PTC è quello legato alla tutela del paesaggio che, prima solo indirettamente prevista, oggi ne è componente fondamentale. Questa parte del piano è stata affrontata sotto il duplice aspetto di tutela dei singoli elementi di percezione visiva del paesaggio tipico della Valle del Ticino e di tutela del

valore intrinseco di interi “sistemi ambientali” così come individuati dalla ex legge 431/85. L’attività di tutela e di miglioramento del paesaggio del Parco è diventata ancora più incisiva all’indomani della approvazione della L. R. 12/2005, che trasferisce ai parchi le funzioni amministrative per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Il primo atto assunto dal Parco del Ticino per esercitare in maniera completa la delega assegnata, è stata l’istituzione della Commissione per il Paesaggio. Consapevoli che, come definisce il Codice dei beni culturali e del paesaggio, il paesaggio è una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni, i componenti scelti per la commissione hanno diverse professionalità (architetto, forestale, naturalista, biologo, agronomo) che ben si completano per una lettura interdisciplinare del paesaggio in tutte le sue componenti. Gli strumenti principali di riferimento per il lavoro della commissione, che nel primo

Morimondo Cascina Fiorentina (foto di Norino Canovi).

anno di gestione della delega ha già espresso oltre 350 pareri, sono i due PTC, che contengono precise norme di riferimento per il mantenimento ed il miglioramento del paesaggio. Vista l’estensione e l’importanza del territorio agricolo, il primo ambito strutturato di intervento di conservazione e riqualificazione del paesaggio si fonda sull’abaco delle tipologie rurali del Parco del Ticino. In questo allegato al PTC sono individuati i caratteri fondamentali della architettura rurale del Parco ed alcune regole compositive, tipologiche ed architettoniche a cui riferirsi nella progettazione degli interventi nelle zone agricole. Un approfondimento del tema “cascine” è contenuto in una pubblicazione che individua “schede tecniche di progetto” riferite ai singoli elementi architettonici caratteristici delle cascine e un’importante sezione relativa alle mascherature a verde (siepi e filari). Si cerca quindi di indirizzare in senso sostenibile gli interventi, garantendo la conservazione delle strutture di pregio e consentendo però il ricorso a tecniche e materiali a minor costo per le strutture produttive agricole, sempre in un contesto di attento inserimento per forme, colori, materiali e mascherature. Il lavoro di tutela, valorizzazione e ricostruzione del paesaggio non può limitarsi all’ambito agricolo: è stata attivata una collaborazione con il Politecnico di Milano Facoltà di Architettura, per l’elaborazione di una nuova sezione dell’abaco relativa a tutte le categorie di edifici


Isabella Dall’Orto responsabile settore Urbanistica e Tutela del Paesaggio, Parco del Ticino

Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni

Parchi: dalla cultura del vincolo al vincolo della cultura Non mi sono mai piaciute le imposizioni. Pertanto epidermicamente prendo sempre le distanze dai vincoli. Questo mi porta troppo spesso a litigare con funzionari incaricati di valutare miei progetti in zone paesisticamente interessanti. Ma non riesco a capire come ciò coesista con la mia indole di soggetto sensibile alle emozioni che il paesaggio ci riserva. Ho voluto pertanto indagare su questa forte e presunta contraddizione. Leggendo alla voce “Parchi Nazionali” nell’edizione originale del 1935 dell’enciclopedia Treccani lasciatami in custodia da mio nonno, ho trovato la seguente definizione: “Territori caratteristici per le bellezze naturali in genere, per la rarità delle piante e degli animali che vi si trovano o anche per qualche fenomeno geologico, che lo stato o altri enti intendono proteggere con disposizioni legislative…”. Oggi, utilizzando internet, la De Agostini fornisce, invece, la seguente definizione: “Territorio sottoposto a tutela dello stato per protezione e conservazione della flora, della fauna o di elementi notevoli del paesaggio...”. Dal confronto di queste due definizioni insorge una lieve differenza, ma, a mio avviso, di enorme significato. Dal 1922, data di definizione del primo parco italiano, quello del Gran Paradiso, ad oggi, la componente legislativa ha rubato il campo a quella culturale, vero motivo di tutela. È l’ennesimo caso in cui il metodo ha superato il concetto, prendendo il sopravvento e travisandone i veri scopi. Ripercorrendo a ritroso il percorso di concetto di parco diviene difficile individuare il momento di questo ribaltamento concettuale che ha messo in crisi lo strumento di tutela, facendolo diventare l’ennesimo “lenzuolo” di norme e limitazioni steso a macchia d’olio sul territorio. Diventa pertanto urgente mettere in atto un forte processo culturale per ridefinire l’esatto rapporto esistente tra territorio ed abitanti al fine di rendere ovvia e non obbligata la difesa della propria identità. Ora, questo percorso di riculturizzazione del territorio appare più gravoso in quan-

to deve forzatamente fare i conti con l’abitudine al vincolo che la legislazione italiana ha prodotto in tutti i fruitori territoriali. L’appartenenza ad un parco non è mai motivo di vanto, ma quasi sempre preoccupazione per iter burocratici e perdite di valore che le proprie parcelle di territorio finiscono per subire. Si è perso completamente quel rapporto con il territorio che è sempre stato l’enzima di ogni processo culturale significativo. La presunta tutela voluta dallo Stato italiano, non è stata affiancata alla necessaria musealizzazione che ne avrebbe garantito la vera salvaguardia. Quello che nel Settecento è successo alle collezioni private dei signorotti locali, con la nascita dei musei ottocenteschi, non è ancora capitato, se non in qualche raro caso, con le parti di territorio degne di essere musealizzate. Qualche esempio possono essere i primi ecomusei in nascita in questi anni, soprattutto in Piemonte, così vicino agli esempi Francesi ma comunque in ritardo di circa trenta anni. Ma questi ecomusei sembrano più dei parchi a tema che altro, e sono ben lontani dal concetto di museo diffuso studiato ed enunciato dal prof. Luca Basso Peressut del Politecnico di Milano. Nel testo “Il museo fuori dal museo” curato da Valeria Minucciani, il prof. Basso Peressut scrive: “il museo nei luoghi diventa strategia di intervento, ponendosi a catalizzatore di progetti di valorizzazione dei sedimenti storici presenti sul territorio”. E non è proprio questo il motivo generatore dei parchi nel lontano 1922? Pertanto, a mio personale avviso, è proprio da qui che è necessario ripartire. Solo attraverso la musealizzazione del territorio se ne ottiene la reale elevazione culturale. In primo luogo occorre rianalizzare la collezione, costituita da tutto ciò che è presente nel territorio, non solamente con gli occhi della tutela, ma anche con quelli del tradizionale conservatore museale, che ne studia tutti gli elementi, anche nelle loro interconnessioni. Poi occorre rivolgersi ai visitatori, in prima analisi costituiti dagli abitanti, per una loro crescita ed erudizione nei confronti del territorio di appartenenza. Solo così il compito affidato al concetto di parco potrà avere il suo corso e divenire non semplice vincolo ma blasone culturale. Ricordo sempre una starna coincidenza capitatami nel corso della mia vita professionale. Contemporaneamente un cliente francese ed uno italiano hanno ricevuto la notizia che un loro terreno edificabile era stato inserito in un parco. Il primo mi ha chiesto con entusiasmo un bel progetto per non sfigurare con la bellezza del luogo, il secondo di fare opposizione per togliere il terreno dalla perimetrazione del parco. Questo è sintomatico di quanto tempo si sia perso in Italia per l’affrancamento culturale del paesaggio. Ma non si deve assolutamente abbandonare il percorso culturale che già è stato tracciato da altre nazioni e da progetti pilota nazionali. La conoscenza del reale valore del nostro territorio è intimamente insita in tutti noi. Occorre confrontarsi con esso, semplicemente inserendolo nella nostra quotidianità, come facciamo con la musica o la letteratura. Matteo Sacchetti

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non rurali, che ponga particolare attenzione allo studio dei margini urbani con l’obiettivo di migliorare la parte di territorio di connessione tra città e campagna.


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Visioni italiane a Pechino Ha aperto i battenti il 3 luglio, al National Museum of China in Piazza Tien an Men a Pechino, la mostra Visionitaliane: architettura e design verso un ambiente sostenibile, un progetto promosso dal Ministero dell’Ambiente, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e inserito nella “Sino-Italian Green Week”, manifestazione dedicata ad illustrare molteplici aspetti della cooperazione italocinese. La mostra, curata da Mario Occhiuto, è un viaggio in un secolo di ambiente, architettura e design italiano e si è sviluppata in partnership con “Domus” e con il contributo della collezione permanente della Triennale di Milano e dell’ADI. Il progetto dell’allestimento, curato da Mario Occhiuto, Gruppo Bandello Comunicazione e Angelo Bucarelli, è concepito come un viaggio che ha inizio dalla grande scala del paesaggio, quindi procede in una sezione dedicata alle città e alle piazze italiane, per poi giungere ad affrontare i vari ambiti tematici della vita quotidiana (abitare, commercio, sport, culto, lavoro, cultura, gusto/tempo libero, viaggio e infanzia) in altrettante sezioni specifiche. Un tunnel con grandi proiezioni sul rapporto tra costruito e paesaggio accoglie i visitatori all’ingresso, per poi immergerli in uno spazio raccolto dedicato a mostrare le qualità architettoniche e ambientali di nove città italiane, delle quali sono in mostra le viste aerofotogrammetriche accompagnate da altrettanti filmati appositamente girati. Lo spazio dedicato alle piazze presenta in proiezioni a terra filmati girati in tre importanti piazze storiche italiane, ed è esso stesso trattato come uno spazio esterno. Segue la sezione più propriamente dedicata ad una rassegna dell’eccellenza di un secolo di architettura e di design, suddivisa in nove aree tematiche delle quali la prima che si incontra – l’abitare – occupa uno spazio aperto e arioso, affacciato sulla Città Proibita. Una carrellata di esempi eccellenti racconta cent’anni di evoluzio-

ne della casa, con sezioni specifiche su case unifamiliari, condomini, quartieri di edilizia popolare, casi di recupero a fini abitativi, accompagnata da una trentina di oggetti e prototipi di arredi in prestito dalla collezione permanente della Triennale di Milano. Le altre otto sezioni occupano altrettanti cubi tematici che riportano all’esterno progetti di architettura di grande valore qualitativo e all’interno installazioni diverse riferite al tema. Così il viaggio vede il racconto dell’evoluzione della Vespa, lo sport racconta Luna Rossa, la nazionale di calcio, il motomondiale, il culto ospita i costumi de Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, l’infanzia racconta i molti casi di eccellenza italiana dai libri di Bruno Munari per Corraini alle esperienze di Reggio Children e del Muba al Parco di Pinocchio a Collodi, il gusto ospita una carrellata di oggetti per la tavola, da iGuzzini ad Alessi, mentre il lavoro, la cultura e il commercio presentano una rassegna di immagini,

citazioni e oggetti. Disseminati nello spazio mostra poi vi sono numerosi modelli di recenti architetture prestati da studi di architettura e modelli di treni presenti grazie a Trenitalia. “Domus” ha dato un deciso contributo alla documentazione fotografica riportata sui pannelli delle varie sezioni, ha pubblicato il catalogo della mostra, curato da Luigi Spinelli, e ha presentato, all’interno delle manifestazioni, la nuova edizione cinese

della rivista, con una struttura editoriale ad hoc. Il progetto della mostra, sviluppato in tempi molto brevi, è stato possibile grazie alla costituzione di una squadra di lavoro che ha concepito, progettato e diretto in loco i contenuti, l’allestimento, il progetto grafico, i filmati e la comunicazione con l’obiettivo di presentare il meglio della creatività italiana a un pubblico prevalentemente cinese di non addetti ai lavori.


Promosso da Fulvio Irace, responsabile dell’architettura della Triennale di Milano e Pio Baldi, direttore della Darc, il prestigioso premio con cadenza triennale (giunto alla sua seconda edizione) viene assegnato ad un’opera realizzata in Italia o all’estero, ma progettata da un architetto o da uno studio italiano. Il premio intende promuovere l’architettura contemporanea italiana come costruttrice di qualità ambientale e civile, frutto del dialogo tra progettista, commitenza ed impresa. Una giuria ristretta ha assegnato la Medaglia, il 24 maggio 2006, durante la cerimonia svoltasi presso la Triennale di Milano, a Renzo Piano, per il suo progetto dell’High Museum of Art di Atlanta negli Stati Uniti. Premi speciali sono stati, inoltre, assegnati, per la committenza, a Ferrari Spa, per il progetto di Massimiliano Fuksas del Centro Sviluppo prodotto a Maranello; per l’opera prima, a “IaN+” per l’edificio dei labora-

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tori dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata; per il restauro, a Corvino + Multari e Renato Sarno per il grattacielo Pirelli a Milano. Numerose sono state anche le Menzioni d’onore. Renzo Piano, presente alla cerimonia e visibilmente commosso, ha reso omaggio a Milano, città in cui ha studiato, e ha ricordato il notevole ruolo svolto, nel proprio percorso formativo ed umano, dai suoi maestri e dal padre, costruttore, al quale deve l’idea del “pezzo” come unità generatrice che, nella sua ripetizione ed aggregazione, diventa edificio.

International Architecture Award Si è riunita a Milano, durante il Salone del Mobile (5-10 aprile) una giuria composta da Cinzia Anguissola, Maurizio Carones, Luca Scacchetti e Maria Giulia Zunino che ha selezionato 33 progetti di architettura e urbanisti-

ca partecipanti al 2006 International Architecture Award. La manifestazione, promossa dal Chicago Athenaeum Museum of Architecture and Design e dalla Metropolitan Arts Press Ltd., ha preso il via nel 2005 con l’intento di premiare i migliori progetti, realizzati e non, in ogni parte del mondo.

Anna Ramoni

Edilizia sostenibile premiata Un milione di dollari in premi è stato assegnato il 25 aprile scorso a Bangkok, in Thailandia, alla conclusione della prima edizione del concorso internazionale Holcim Awards per l’edilizia sostenibile, indetto dalla Holcim Foundation. Alla competizione hanno partecipato oltre 3.000 progetti, da 118 paesi diversi, tra cui sono stati selezionati i 15 finalisti; fra questi sono risultati vincitori (300.000 dollari di premio), ex aequo, il team venezuelano Proyectos Arqui 5 CA, per un progetto di valorizzazione ed integrazione dell’infrastruttura urbana nella baraccopoli di San Rafael a Caracas, e il progettista tedesco Christoph Ingenhoven di Düsseldorf per il progetto di una nuova stazione ferroviaria centrale a Stoccarda. Il secondo premio, di 250.000 dollari, è stato assegnato all’italiano Luigi Centola, dello studio Centola&Associati di Roma, per il master plan regionale mirato a

rafforzare la base economica della Valle dei Mulini nell’entroterra di Amalfi. Terzo classificato, con premio di 150.000 dollari, il team canadese OUEF guidato da Daniel Pearl, per il progetto per il rinnovamento urbanistico e architettonico di Montreal, coinvolgendo la comunità locale e impiegando nuove tecnologie. La giuria internazionale, composta da ingegneri, architetti e professori universitari, ha selezionato i progetti in base a diversi criteri: dalla qualità ambientale ed estetica fino ad elevati standard etici ed economici, ritenendo che progresso e sviluppo sostenibile siano due tematiche strettamente connesse. A. R.

Premio Dedalo Minosse Il Premio Internazionale alla Committenza di architettura Dedalo Minosse, promosso da ALA Assoarchitetti e dalla rivista “l’Arca” insieme a Caoduro Lucernari, è giunto alla sesta edizione. Peculiarità dell’evento è il fatto di essere indirizzato ai committenti pubblici e privati che, nelle fasi di progettazione, si sono segnalati per volontà di partecipazione e dialogo. Questi sono segnalati dai progettisti stessi. La giuria, composta da Stanislao Nievo, Paolo Caoduro, Cesare Maria Casati, Bruno Gabbiani, Kisho Kurokawa, Pier Paolo Maggiora, Adriano Rasi Caldogno, Frederik Samitaur Smith, Roberto Tretti e Claude Vasconi

ha premiato Joji Aonuma per la Gallery in Kiyosato progettata da Satoshi Okada architects. Il premio ALA Assoarchitetti è stato assegnato a Giuseppe Nardini per Bolle, spazio eventi delle Distillerie Nardini, progettato da Massimiliano Fuksas; quello alla Committenza di Architettura Under 40 allo Sweden National Property Board per il Museum of World Culture di Gothenburg, progettato da CÊcile Brisac ed Edgar Gonzalez. La cerimonia di premiazione si è svolta presso il Teatro Olimpico di Vicenza il 30 giugno 2006. Le opere selezionate sono state esposte dal 30 giugno al 30 luglio sempre a Vicenza nella Basilica Palladiana. Martina Landsberger

OSSERVATORIO ARGOMENTI

Medaglia d’Oro all’architettura italiana


a cura di Roberto Gamba

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Progettazione dell’immagine esterna di un supermercato GS, a Milano ottobre 2005 – febbraio 2006 La società GS ha bandito un concorso nazionale aperto ad architetti, di età inferiore ai 40 anni, per rinnovare l’immagine esterna dei suoi punti vendita, utilizzando come modello il fabbricato esistente di piazza Siena angolo via Moroni a Milano. I progetti dovevano essere originali, inediti, concepiti espressamente per il presente concorso. Era richiesto il progetto dell’immagine esterna del fabbricato proposto a modello, senza sostanziali modifiche della struttura esistente, ma attraverso una ridefinizione delle finiture esterne o l’impiego di strutture e materiali da sovrapporre all’esistente e individuando elementi caratterizzanti, specialmente sul fronte principale (ingresso clienti); il tutto in modo tale da poter facilmente essere replica-

to su altri edifici con le stesse caratteristiche. Il progetto doveva coinvolgere in termini cromatici e di arredo urbano anche la sistemazione dell’area antistante adibita a parcheggio. Era richiesta un’unica tavola in formato A0, con pianta, prospetti e sezioni quotate con l’evidenziazione di tutti i materiali strutturali di finitura ed i rispettivi RAL delle cromie; particolari costruttivi; prospettive a colori. L’importo complessivo delle opere non doveva essere superiore a centomila euro. La commissione giudicatrice era composta da Luca Scacchetti, Davide Ferrari, Maddalena Fiori, Marco Metti, Vincenzo Brizzi, Claudio D’Antoni. Sono stati attribuiti premi di euro 8.000, 2.000 e 1.000. Il progetto del vincitore subito dopo è stato realizzato.

1° classificato (foto 1-3) Gianpiero Maria Latorre (Roma) collaboratori: Daniele Serretti, Roberto Simeone

con un linguaggio architettonico nuovo. Il muro bianco intonacato – parete muta – cambia colore al variare della luce; il piano verticale in pietra grigia accompagna all’interno; le lastre di vetro color arancio mutuano il passaggio dall’esterno all’interno rendendo visibile e riconoscibile l’ingresso; la pensilina come segnale urbano, elemento caratterizzante ogni singolo intervento, avvolge il contenitore bianco definendo lo spazio esterno in modo sempre diverso per ogni punto GS; si accende di rosso invadendo con la propria luce la superficie intonacata e lo spazio esterno.

Il progetto propone un’idea architettonica semplice e allo stesso tempo fortemente evocativa, un elemento, un segno, un’icona riconoscibile a distanza. L’idea raccoglie, rielabora e sintetizza tutti gli elementi che caratterizzano e definiscono, oggi, i centri della grande distribuzione GS: il bianco, l’arancio, il rosso e la pensilina di accesso; non stravolge i segni iconici di riconoscimento dei supermercati GS, ma li re-interpreta

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2° classificato (foto 4-5) Franco Tagliabue (Milano), Chiara Toscani Il colore lucido, brillante dell’alluminio sagomato della panca, è accostato alla parte sovrastante della facciata in vetro U-glass, bianco e satinato, a formare un diagramma che richiami il codice a barre dei prodotti, in un gioco di riferimenti al mondo del commercio. Il marchio storico GS viene serigrafato nel colore rosso, ingigantito e duplicato sopra la superficie vetrata. Il rivestimento non è più una superficie neutra bianca a cui è sovrapposto il marchio luminoso, ma diventa essa stessa logo, senza più distinzione tra immagine pubblicitaria e edificio.

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Questa nuova pelle interagisce costruendo rapporti con lo spazio commerciale e il parcheggio adiacente: attraverso l’affinità cromatica, la superficie della panca si prolunga sulla pavimentazione esterna, ad identificare una zona limite immediatamente adiacente al filo della facciata, destinata unicamente ai pedoni. Questa superficie continua, ramificandosi in differenti percorsi, come una struttura ad albero all’interno del parcheggio, in modo tale da accompagnare il cliente dalla macchina all’ingresso del supermercato e viceversa e costruisce una sorta di tappeto che potrebbe arrivare ad estendersi ai marciapiedi pubblici, alla fermata dell’autobus, ecc.


La proposta consiste in un nuovo rivestimento composto da pannelli con tre dimensioni standard, che formano un volume cieco sospeso agettante. Questo risulta leggero grazie alla sua matericità e, per riflessione e gioco di luci, smaterializza in parte la sua presenza captando le differenti luci e colori, lungo il variare delle giornate, delle stagioni e delle situazioni atmosferiche. Più precisamente questo volume è composto da una sequenza irregolare di tre moduli differenti di due materiali: alluminio colore naturale e policarbonato alveolare traslucido con pellicola riflettente, quest’ultimo retroilluminato. I due materiali, uno semiriflettente l’altro riflettente, rispec6

chiano lo spazio circostante, scomponendolo in una composizione frammentata, ma di una stessa realtà. Il logo GS viene mantenuto nella sua forma, ma viene proposto secondo questa logica di riflessione e frammentazione dell’intorno. D’inverno, nelle ore pomeridiane e serali, o come pubblicità nelle ore notturne, l’immagine generale proposta si modifica per essere scomposta in elementi luminosi fluttuanti. Infatti, solo i pannelli di policarbonato alveolare sono retroilluminati; si genera così un effetto grafico simbolico particolare, che può diventare facilmente riconoscibile per la sua particolare composizione e cromia. La parte sottostante, quella corrispondente al livello dell’entrata, è composta da un serramento con moduli regolari in alluminio di colore naturale o, in vetro semplice traslucido retroilluminato.

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Riqualificazione della piazza Unità d’Italia di Tirano (So) settembre 2005 – gennaio 2006 L’Amministrazione comunale di Tirano ha in previsione uno stanziamento di 520.000 euro per la riqualificazione della piazza Unità d’Italia. Per la redazione di un progetto preliminare ha bandito questo concorso, che ha l’obiettivo di rafforzare della piazza il ruolo urbano di centro del quartiere, sviluppatosi alla destra idrografica dell’Adda, sotto la stazione ferroviaria, dagli anni ’60 ad oggi. Punto di partenza è la riqualificazione del parco esistente, la riorganizzazione del sistema della circolazione, la riconsiderazione del ruolo della vicina struttura scolastica, della zona attualmente coltivata e delle alberature presenti sulle strade; la riorganizzazione e sistemazione della sosta e della circolazione; la considerazione della presenza del complesso scola-

stico; la possibilità di organizzare manifestazioni pubbliche all’aperto ed un’eventuale mercato settimanale; la realizzazione di servizi igienici pubblici. Il progetto doveva essere composto di 2 tavole in formato A1. Il concorso si è concluso con l’attribuzione di tre premi (euro 4.000, 2.000 e 1.000). Il Comune si è impegnato ad affidare l’incarico, per le successive fasi di progettazione, al vincitore del concorso. La commissione giudicatrice era composta da Mauro De Giovanni, Marco Scaramellini, Aurelio Valenti, Paolo Clementi. Oltre ai progetti premiati e qui presentati, sono stati menzionati i lavori di: Paolo Castellanelli e Giovanni Sacchi, con Alessandra Manzoni, Piero Luconi, Laura Luconi, Sergio Fumagalli, Lenny Panzeri, Mario Zappa.

OSSERVATORIO CONCORSI

3° classificato (foto 6-8) Giorgio Santagostino (Milano) collaboratori: Monica Margarido, Katharina Litz

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1° classificato (foto 9-11) Daniele Vanotti (Sondrio), Marco Ghilotti rendering: Andrea Murada La proposta vuole essere un tassello del complesso mosaico urbano teso alla ricostruzione del tessuto periferico presente nel settore sud occidentale dell’abitato. Per queste prerogative, nasce da un profondo confronto con il contesto e cerca di ricomporre le relazioni tra le parti alle diverse scale esistenti, principalmente quella del quartiere d’intervento; di creare una nuova centralità nel quartiere, operata attraverso la costruzione di

una piazza urbana; di coinvolgere la scuola adiacente come edificio istituzionale significativo; di realizzare spazi ad uso ricorrente e temporaneo per il mercato e per attività commerciali e ricreative. È prevista la costruzione di una sala polivalente in grado di ospitare concerti, proiezioni cinematografiche, feste popolari. In sintesi si prevede la realizzazione di un nuovo spazio aperto pavimentato, di un padiglione freddo, l’ampliamento dei giardini esistenti, la realizzazione di nuovi parcheggi e una revisione più funzionale della viabilità.

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2° classificato (foto 12-14) Giampaolo Rinaldi (Tirano), Silvano Molinari, Giuseppe Sgrò collaboratori: Paolo Vaja, Stefania Pini, Lorenzo Pola, Duilio Ficcioli

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“giù per la Cartiera…” è da sempre stata un’espressione (per chi non ci ha mai abitato) che indica, approssimativamente, una porzione di territorio di mezzo fra la Tirano storicamente consolidata e la prima grande industria che, pionieristicamente, avviava un processo di riconversione e di colonizzazione. Nel mezzo si costruivano con grandi speranze le abitazioni del “boom economico” e ne veniva fuori quel magma caotico e indifferenziato che è oggi questo tessuto unicamente resi12

denziale fatto di edilizia popolare e case unifamiliari. All’interno, e adiacente al tracciato oramai storico e strutturante di via Vanoni, resiste, superstite, un pezzo di terra a forma triangolare che, da campo per affollati e appassionanti giochi liberi si è spento in una condizione di semiabbandono e di grande parcheggio. Il progetto si organizza dalla forma e si consolida attraverso la creazione di una piazza lineare-passeggio lungo la via Vanoni; di un’aula coperta che è uno spazio protetto per le possibili attività didattiche della vicina scuola elementare e anche luogo di ritrovo (kuerc); riorganizza il giardino e gli spazi verdi connessi; la mobilità complessiva a livello pedonale, ciclabile e carrabile.


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33 OSSERVATORIO CONCORSI

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3° classificato (foto 15-17) Andrea Forni (Sondrio), Paolo Delvò, Alessandro Gusmerini Il progetto ha il compito di definire il limite sud-ovest della città, attraverso la creazione di un nuovo spazio pubblico che si relazioni con tre elementi esistenti (scuola, edicola e pizzeria), nonché di ricucire con nuovi percorsi pedonali la struttura urbana esistente. L’intervento prevede il mantenimento di tutte le alberature esistenti, il recupero del muro di contenimento del grande spazio verde, la sistemazione

degli spazi verdi e la definizione di una nuova piazza pavimentata e attrezzata per il tempo libero. Il ridisegno urbano, avviene mediante la realizzazione di due strutture: una tettoia in grado di ospitare manifestazioni pubbliche, il mercato settimanale o semplicemente il parcheggio; e una chiusa destinata ai servizi pubblici. Si vengono così a costituire nuove gerarchie tra i percorsi pedonali esistenti, i nuovi collegamenti e l’area di parcheggio, così come tra la piazza, gli spazi verdi e gli edifici adiacenti i quali diventano parte integrante del progetto.

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Tentori sull’opera di Persico Francesco Tentori Edoardo Persico. Grafico e architetto Clean, Napoli, 2006 pp. 92, € 15,00 Con la prosa asciutta di tanti suoi studi, Francesco Tentori, in poco più di 80 pagine, conduce il lettore attraverso un’istruttoria appassionante sulla personalità e l’opera di Edoardo Persico.

Ribadito nelle prime pagine che “il nome di E. P., critico di arti figurative e di architettura, ma addirittura architetto egli stesso, (…) rimane nel nostro panorama, anche a distanza di settant’anni dalla sua morte, come quello di un autentico gigante”, il volume ha il merito di non cedere a “deplorevoli distrazioni” circa episodi oscuri o romanzati della vita del critico napoletano, attorno alle quali costruire una ennesima “più veritiera” biografia, ma di addentrarsi in una rassegna puntigliosa della bibliografia esistente, al fine di ricercarne il reale valore artistico e critico. Anziché una biografia, una bibliografia. Dopo aver segnalato lacune tuttora persistenti negli studi a lui dedicati, il libro sembra concentrare l’attenzione soprattutto sull’attività redazionale e grafica di Persico, rispetto a quella critica e architettonica. E questa visuale risulta illuminante, perché nel nitore della sua opera grafica sembrano condensati, quasi in metafora, i caratteri più autentici della personalità di Persico, l’intensità spiritualista delle sue architetture non meno del rigore intransigente del suo sguardo critico.

Facendo parlare la “bibliografia”, Tentori lascia intravedere le corrispondenze profonde che legano il ritmo grafico delle “due pagine in una” alla rarefatta astrazione spaziale dei tralicci espositivi per la Galleria o per la Mostra dell’Aeronautica; il diradamento, fino quasi al silenzio, della copertina bianca di “Casabella”, o la composizione per masse tipografiche di Arte Romana, alla solenne gravità, alla sublimata classicità antica del Salone d’onore alla VI Triennale. I suoi scritti principali Persico li pubblica altrove, non su “Casabella”; nella quale, tuttavia, la sua impronta grafica, sempre più limpida e tesa tra avanguardia e classicismo, sembra assumere il ruolo di vero contenuto ideale della rivista, traduzione di una architettura contemporanea di spirito europeo. È in questo intreccio di apporti e contributi che il libro ci avvicina a scoprire quel segreto religioso che Persico identifica con il carattere vero dell’architettura moderna, e che a ben vedere è anche il carattere più profondo della sua insuperata testimonianza etica e poetica. Enrico Bordogna —

Comporre la casa Nicoletta Ossana Cavadini Casa Cattaneo a Cernobbio Silvana, Milano, 2005 pp. 98, € 21,00 L’Archivio Cattaneo inaugura la collana, “Quaderni dell’Archivio Cattaneo”, con una pubblicazione dedicata alla casa d’affitto che Cesare Cattaneo realizza fra il 1938 e il 1939 a Cernobbio. L’autrice del volume non solo ripercorre la storia dell’edificio ma, grazie a una esauriente documentazione grafica d’archivio, nonché a una sezione riservata alla pubblicazione di fotografie appositamente realizzate da Lorenzo Mussi, offre, cosa rara nel panorama dell’editoria di architettura, una lettura compositiva del progetto. Poche sono, infatti, le pagine dedicate alle traversie e alle vicende progettuali; al contrario, grande spazio è lasciato allo studio della composizione del-

l’edifico nelle sue diverse versioni, analizzata sempre in relazione con la teoria dell’architettura del giovane Cattaneo (1912–1943). L’architetto comasco, grazie alla frequentazione di un ambiente particolarmente ricco dal punto di vista culturale (Terragni è il suo primo maestro, conosce Le Corbusier, lavora o incontra direttamente artisti del calibro di Mario Radice, Manlio Rho, Bruno Munari, Osvaldo Licini, Giovanni Sartoris, per fare solo alcuni nomi) non si limita a costruire e progettare, ma si occupa anche di teoria della progetta-

zione. Seguendo la strada già percorsa da Platone e più tardi da Paul Valéry, – pubblica il “dialogo” Giovanni e Giuseppe in cui i due protagonisti appaiono come emblemi di due diverse forme di pensiero che contraddistinguono il dibattito sull’architettura moderna: Giovanni è portavoce del razionalismo, Giuseppe, invece, rappresenta il pubblico comune con la caratteristica diffidenza critica. Giovanni, alter-ego di Cattaneo, chiarisce la propria idea di architettura in quanto “volto della sintesi”. A partire dal precetto vitruviano, Cattaneo-Giovanni sostiene l’esistenza di una corrispondenza fra le parti e il tutto: ogni scelta non può prescindere da una visione unitaria del progetto tale per cui il principio fondativo non venga contraddetto. Casa Cattaneo, in quest’ottica, diventa manifesto di questo pensiero e di una metodologia progettuale in cui studio del luogo, tipologia, decorazione e costruzione – nel senso di realizzazione tecnica – appaiono come i momenti fondamentali dell’intero iter progettuale. Martina Landsberger

Giardini storici Laura Sabrina Pelissetti, Lionella Scazzosi (a cura di) Giardini, contesto, paesaggio. Sistemi di giardini e architetture vegetali nel paesaggio. Metodi di studio, valutazione, tutela Leo S. Olschki, Firenze, 2005 II volumi, pp. 840, € 68,00 Sono pubblicati in questi due volumi i contributi presentati a Cinisello Balsamo, nella fastosa cornice di Villa Ghirlanda, in occasione del convegno internazionale sul tema del “Giardino storico, contesto, paesaggio”, svoltosi nel 2004, organizzato dal locale Centro di Documentazione Storica del Comune. Questi incontri biennali, sono diventati un appuntamento molto importante per studiosi ed esperti del settore relativo alla tutela del paesaggio e dei giardini. La Convenzione europea per il paesaggio, promulgata a Firenze nel 2000 e il nuovo Codice dei Beni culturali e paesaggistici hanno dato nuovo impulso agli studi sulla concezione del paesaggio e sui metodi per il controllo e la gestione degli insiemi paesistici. Attualmente la valenza paesaggistica è stata estesa a tutto il territorio da pianificare e la tutela dei beni non è più limitata alle sole bellezze naturali e ai beni monumentali. In questo studio viene affrontato il tema del giardino storico, con indagini sulle origini degli esempi più rappresentativi, in Italia e all’estero, con ricerche relative alle modalità di realizzazione nelle diverse epoche, in riferimento sia ai modelli del disegno all’inglese sia alla progettazione del giardino all’italiana. Vengono esaminati anche gli aspetti di valorizzazione e gestione del giardino monumentale. In particolare, le problematiche affrontate vertono sul rapporto tra giardino e contesto, sul ruolo che ogni architettura vegetale intrattiene con tutti gli elementi che concorrono a determinare il sistema paesistico a cui il parco appartiene: edifici, viali di accesso, zone agricole, aree boscate, insediamenti rurali, centri urbani, sistemi idrici naturali e artificiali, connessi visivamente, simbolica-


Manuela Oglialoro

Gestire il costruire Aldo Norsa (a cura di) La gestione del costruire. Tra progetto, processo e contratto Franco Angeli, Milano, 2005 pp. 240, € 22,00 Le competenze di gestione del processo edilizio, nei loro risvolti tecnico-economici di confronto dialettico con la produzione, sono da tempo assenti nell’offerta didattica delle facoltà di architettura, per uno strabismo un po’ snobistico che punta a centrare tutto l’interesse del corpo docente sul progetto e a trascurare il concreto farsi dell’architettura, fatta eccezione per

il dato materiale della fabbrica in quanto direttamente interagente con la composizione. Attento a indagare ambiti vieppiù – invece – cruciali nel determinare la capacità di incidere sulle politiche di trasformazione del territorio, il pool di ricercatori che ruota intorno alla figura di Aldo Norsa a Venezia persegue da anni un’apertura verso il mondo delle imprese e dell’industria per le costruzioni, per arricchire il corpus disciplinare di quei portati di economia e tecnica gestionale senza i quali la figura dell’architetto non può che capitolare dal suo ruolo di “regista” degli interventi edilizi. Si tratta, in altre parole, di importare anche in Italia la cultura del Building Surveying, di tradizione anglosassone, conferendole il giusto livello di formazione accademica, ovvero di preparare profili di competenze qualificati per tutti gli operatori del processo edilizio che, prima e dopo il progetto, ne garantiscono i reali termini di cantierabilità. Testimonianza di questo impegno è stato il primo Master in Management delle Costruzioni, organizzato dallo Iuav di Venezia in collaborazione con l’Associazione dei Costruttori di Treviso, di cui il testo qui recensito restituisce l’apparato teorico che ha presieduto alla sua istituzione e

Claudio Sangiorgi

Dentro Milano AA.VV. CamminaMilano. 10 passeggiate d’autore per un’inconsueta guida alla riscoperta della città No Replay, Milano, 2006 pp. 112, € 16,00 Questa guida, a cura di Francesco Buscemi e Daniela Reale, raccoglie dieci passeggiate di scrittori, giornalisti, artisti legati a Milano, che raccontano altrettante forme di vivere la città. Gianni Biondillo, con una fiction ambientata d’estate, ci conduce da piazza Duomo alle colonne di San Lorenzo. Gerry Scotti ripercorre in senso inverso il tragitto della propria infanzia, da Piazza Duomo all’Abbazia di Chiaravalle. Nicoletta Rusconi propone un viaggio in bicicletta da corso Venezia ai Giardini Pubblici passando per gallerie fotografiche e locali chic. Alessandra Appiano, esplorando la zona di casa sua, va da via Napo Torriani ai Giardini Pubbli-

ci. Tra poesia e storia, Alessandro Bertante ci porta a spasso per corso Buenos Aires. Eugenio Finardi che da Piazza Amendola arriva a via Conservatorio, ci riconduce nell’impegnata Milano blues degli anni Sessanta. Nanni Delbecchi, partendo da piazza Duomo sovrappone idealmente le vie di Milano a quelle del “Monopoli” facendole magicamenete coincidere. Piero Colaprico, nei panni di un detective, viaggia in metrò, da Sesto a Bisceglie ricostruendo episodi di cronaca nera. Pao scivola lungo il naviglio grande rintracciando segni di land art meneghina e siti underground. Alessandro Beretta, infine, compie un colto pellegrinaggio per librerie, da piazza del Carmine al Castello Sforzesco. Che si tratti di ricordi o di invenzione, nel percorrere le strade della città, l’importanza dei luoghi è data da un legame affettivo più che estetico: il valore, qui, si misura con l’anima, non con lo sguardo. I tragitti sono rappresentazioni del tempo interno, dove il bello è ciò che pulsa nella “durata”. In ciò che i luoghi significano per ognuno. Un omaggio e insieme un’esortazione a guardare diversamente una metropoli che ha perduto piccoli e gradi luoghi, quelli in cui la gente si incontra e si racconta, che diventano cari perché sono campi di esperienza, nuclei di memoria. Un riscatto per una città che si è imbruttita, non solo fuori ma dentro, perché è rimasta a lungo senza parole. Senza tarduzione di significati, né condivisione di vissuti. Questi brevi racconti, descrivendo qualcosa chè è “lì fuori”, sono un modo di riappropriarsi della città “da dentro”. Irina Casali

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mente e funzionalmente tra di loro. Gli interventi sono ordinati in tre sezioni dedicate rispettivamente alle “Metodologie di lettura, studio, valutazione”, alle “Problematiche di tutela, restauro, valorizzazione” e ai “Casi studio italiani ed europei”. La pubblicazione contiene in allegato due documenti fondamentali sulla tutela dei giardini storici: la “Carta di Firenze sui Giardini storici” del 1981 e la “Carta Icomos – Ifla, Historic Gardens”, del 1982.

la ricchezza di riflessioni che ne è derivata quale esito. Un master finalizzato a formare, come efficacemente riassunto da Norsa, “esperti di progetto” da affiancare agli storici “autori di progetto”. L’obiettivo ultimo è quello di creare quadri e figure professionali qualificati per l’impresa, per le attività e azioni di controllo e di validazione, per le strutture di progettazione e coordinamento tecnico; ovvero generare un respiro strategico più ampio di quello corrente per le strutture direzionali e associative del variegato universo delle costruzioni.


a cura di Sonia Milone

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Sperimentare una città nuova Microrealities. Un progetto sui luoghi e sulle persone Vicenza, Museo Palladio in Palazzo Barbaran da Porto 9 giugno – 30 luglio 2006 Nata dalla volontà dello studio Cibic&Partners di interrogarsi su quali siano le mancanze, i

Ognuna di queste microrealtà, sotto forma di modello, viene presentata all’interno di un box ed è raccontata, con un linguaggio divertente e vagamente pop, attraverso un video che ne spiega tutte le potenzialità. Così l’intersezione della linea metropolitana con la tangenziale si caratterizza come luogo di movimento, ma anche di permanenza, offrendo, a tutte le ore del giorno, molteplici servizi e occasioni di svago; il centro com-

Aree industriali: immagini dai confini Ex Fabrica. Identità e mutamenti ai confini della metropoli Milano, Castello Sforzesco Sale Viscontee 14 giugno – 10 settembre 2006 I sotterranei del Castello Sforzesco di Milano ospitano la mostra Ex Fabrica. Identità e mutamenti

nelle aree della Zona della Ex Fabrica metropolitana, sagome rilevate solo quando risulti strettamente necessario ai procedimenti della polizia scientifica, ultimi relitti umani in uno scenario di abbandono o prime avanguardie di fronte al Nemico alle porte in una guerra personale mai veramente conclusa. Questa sotterranea e straordinaria mostra è la rivelazione di come l’attività di un’istituzione possa divenire, attraverso un atto, dovuto, di documentazione della memoria metropolitana, un concreto contributo critico ad una costruzione metropolitana cosciente. Stefano Cusatelli

desideri e le esigenze legati alla città e all’abitare, la mostra Microrealities si propone innanzitutto come un esperimento, “un progetto sui luoghi e sulle persone”. L’esposizione, ospitata attualmente a Palazzo Barbaran da Porto a Vicenza, era già stata presentata nel 2004 alla Biennale di Venezia e nel 2005 alla Kunsthaus di Graz. Quattro plastici e quattro video descrivono realtà possibili per luoghi comuni presenti in ogni grande città: un nodo di interscambio (“Le porte della città”), un centro commerciale (“Shopping Center”), un parco (“La città degli orti”) e una stazione metropolitana (“Shangai: 100 nuove stazioni metro”). Una riflessione su luoghi reali, privi di una precisa identità, all’interno di aree metropolitane come Milano e Shangai; situazioni che perdono il loro carattere monofunzionale per diventare luoghi di socializzazione e di qualità urbana.

merciale si trasforma in un’architettura osmotica, pubblica e privata, ricca di servizi; il parco assume una valenza di eco-village flessibile in ogni stagione, atto a ristabilire il contatto uomo-natura e per questo dotato di architetture “leggere” e facilmente raggiungibile dalla città; infine, le stazioni della metropolitana diventano una rete di funzioni complementari permettendo alle comunità locali di relazionarsi in spazi aperti, ben progettati, che danno respiro ad un tessuto urbano troppo denso. Questo tentativo di stravolgere alcuni usi e costumi già acquisiti dalla società contemporanea rischia di dare ai progetti di Aldo Cibic un carattere fortemente utopico; nonostante ciò le sue idee, anche quelle più paradossali, nascono da un continuo confronto con le esigenze reali e con la possibilità di essere messe in pratica. Maria Chiara D’Amico

ai confini della metropoli, curata dalla Conservatrice del Civico Archivio Fotografico, Silvia Paoli, che presenta l’acquisizione di una campagna fotografica condotta da Giampietro Agostini, Francesco Giusti e Tancredi Mangano, sul destino degli edifici e delle aree industriali della cintura metropolitana. L’impostazione collettiva rifiuta la sistematicità propria delle consuete celebrazioni dell’archeologia industriale, approdando a una feconda libertà d’indagine per ognuno degli autori. Giampietro Agostini si accosta, più d’ogni altro, alla centralità fisica dei manufatti industriali abbandonati e alla natura goticoreligiosa della loro tipologia di padiglioni, vere e proprie Cattedrali dei riti antichi del lavoro passato, corpi morti in bianco e nero, relitti da metabolizzare nel presente, con l’imperativo morale di una non cancellazione della memoria. Tancredi Mangano rivela, invece, nei campi della Bovisa, attraverso la documentazione di personali “architetture della sopravvivenza” l’ultima difesa della dignità umana degli Inabitanti, isolati dalla vegetazione dai soprusi della società e delle sue leggi e costretti a colorate autocostruzioni tessili, sfuggendo al confine vitale definitivo di un plastico sudario in bianco e nero. Nelle immagini di Francesco Giusti il crescendo rivela, infine, i volti e i destini degli Stalker di Vietato l’accesso alle persone non autorizzate, costretti dalla clandestinità delle loro esistenze a vivere

Il gran teatro del mondo Roma Barocca. Bernini, Borromini, Pietro da Cortona Roma, Castel Sant’Angelo lungotevere di Castello 50 16 giugno – 29 ottobre 2006 Come in una camera oscura la Roma reale si proietta nelle sale ombrose di Castel Sant’Angelo, ricomponendosi nei frammenti di quel gran teatro che è stata la città in uno dei suoi momenti di massimo splendore artistico e autorità culturale. Assecondando una storiografia

ormai concorde nel fissare a Roma la nascita del Barocco, la mostra, curata da Paolo Portoghesi con Marcello Fagiolo, ne documenta gli atti di fondazione attraverso l’opera della triade Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, raccogliendo pezzi rari e sontuose ricostruzioni dei progetti perduti o irrealizzati. Accanto a disegni originali e frammenti di opere effettivamente realizzate e ancora esistenti, infatti, grandi plastici ricostruiscono opere perdute, come la Villa del Pigneto Sacchetti di Pietro da


Filippo Lambertucci

Il paese dipinto in “un grido di colore” Aligi Sassu: Milano – Arcumeggia andata e ritorno. Omaggio in quattro tempi sedi varie: Varese, Galleria Ghiggini, via Albuzzi 17; Cunardo (Va), Cunart via Fornaci Ibis 3; Gavirate (Va), Chiostro di Voltorre, piazza Chiostro 23; Arcumeggia (Va), Bottega del pittore, via Beretta 2 luglio – 16 settembre 2006

Fra i vicoli e le case addossate di un piccolo borgo arroccato sulle montagne, si cela un patrimonio artistico unico al mondo. È il 1956 quando l’Ente Provinciale per il Turismo di Varese invita i maggiori pittori di allora ad affrescare i muri esterni delle case di Arcumeggia, trasformando un intero paese in una galleria a cielo aperto. Fra i maestri che si alternarono sui ponteggi basti ricordare Usellini, Funi, Dova e Sassu. Oggi la Provincia di Varese festeggia il cinquantesimo anniversario del paese dipinto di Arcumeggia con una grande retrospettiva dedicata ad Aligi Sassu, ricambiando così l’affetto che l’artista milanese ha sempre nutrito verso il paesino della Valcuvia, tornandovi più volte per affrescare nel 1957 i

saggi, il ciclo dei cavalli, dei ciclisti, dei caffè) in cui riveste un ruolo fondamentale l’attenzione dedicata al sacro. Fu un interesse che Sassu approfondì in seguito alla forte amicizia sviluppata con Edoardo Persico intorno agli anni ’33-’34 e che culmina ne L’ultima cena, ambientata in una moderna periferia urbana. Una vita coraggiosa e avventurosa la sua (immortalata nell’autobiografia Un grido di colore), che ha attraversato da protagonista, per quasi un secolo (1912-2000), i più importanti avvenimenti sociali, politici e artistici di Milano e della Lombardia: dagli esordi futuristi alla Galleria Pesaro al Manifesto “dinamismo e riforma muscolare” firmato con Bruno Munari, fino a Corrente, al Realismo e al dopoguerra. Sonia Milone

I tempi del progetto Carlo Scarpa. Disegni mai visti Roma, Museo Andersen via P. S. Mancini 20 27 maggio – 2 luglio 2006 celebri Corridori, nel 1963 la stazione della Via Crucis con Gesù inchiodato alla croce e nel 1991 il San Martino che dona il mantello al povero. D’altronde l’aspirazione di Sassu ad un’arte vicina alla gente e l’interesse per la pittura murale lo accompagnavano da sempre, ritenendo che i muri cittadini fossero il supporto “pubblico” ideale “per la rinascita dell’arte nella sua funzione sociale”. Ne è massimo esempio il monumentale murale in ceramica realizzato nel 1993 per la nuova sede del Parlamento Europeo a Bruxelles, senza dimenticare anche le grandi opere pubbliche collocate a Milano in via Brera, di fronte all’Accademia, e nel giardino del palazzo della Confcommercio. Artista profondamente impegnato (nel ’37 viene incarcerato a Milano per attività antifascista), anche se i temi di carattere politico (basti ricordare I martiri di Piazzale Loreto del ’44) o sociale non esauriscono la sua immensa vena creativa, contraddistinta da una fecondissima pluralità di soggetti (i pae-

Se uno degli obiettivi non dichiarati al quale sembra tendere disperatamente la produzione architettonica contemporanea è quello di costringere il momento progettuale in tempi sempre più ridotti – progettare sempre più velocemente –, a questo proposito la mostra allestita negli spazi del Museo Andersen, dedicata ad una serie di progetti di Carlo Scarpa sullo spazio domestico, può indirettamente costituire l’occasione per alcune considerazioni. Infatti, oltre a permettere la conoscenza più approfondita di progetti notevolissimi e poco conosciuti, prodotti tra il 1930 ed il 1960, i 40 disegni in parte inediti tratti dall’archivio del maestro veneziano consentono di ricostruire l’avvincente tortuosità dei suoi percorsi ideativi rintracciandola nelle sovrapposizioni dei segni, delle campiture, delle intenzioni e dei ripensamenti addensati sulla carta. Ed è proprio la dinamica di questi processi progettuali a indicarci quanto sia ristretta per la poetica scarpiana – ferma restando

la sua sorprendente capacità creativa di dominare le tecniche materiali – la definizione ancora in uso, ma sempre più stanca, di architettura del frammento o del dettaglio sapiente. Approfittando, infatti, di facoltà visive supplementari fornite dal suo disegnare, “vedo solo quello che disegno”, a venire esplorata da Scarpa è l’interezza delle problematiche inerenti alla definizione dell’oggetto architettonico: dalla sua apparenza formale alle sue qualità atmosferiche, dalla sua organizzazione spaziale alla sua consistenza materiale, dall’attenzione rispetto alle abitudini della committenza sino all’ascolto delle circostanze specifiche dei luoghi. Come conseguenza di un’ansiosa, ma feconda attitudine a “concentrare tutto in ogni cosa”, questa avventura progettuale esclude le scorciatoie o le accelerazioni dirette a rintracciare soluzioni sbrigative dei problemi, privilegiando invece una strategia di investigazione che raccoglie ed esplora idee e dati procedendo con lente traiettorie circolari sempre più circoscritte, in una strutturazione complessiva di relazioni interne sempre più ricca e raffinata. La reale, percepibile intensità delle architetture di Carlo Scarpa, se comparata con l’inconsistenze presenza di troppe architetture contemporanee concepite nel segno della fretta, sembra avvisarci sull’urgenza di porre la questione del tempo del progetto come condizione necessaria alla costruzione di cose significative. Amanzio Farris

37 OSSERVATORIO MOSTRE

Cortona, o interi frammenti di città, episodi di un Barocco interrotto, mai arrivato a compimento, come il “Foro Pamphili” di Piazza Navona, o ancora le proposte per il Louvre di Bernini e Pietro da Cortona. Attraverso la concordia discors dei pezzi esposti, alcuni dei quali raramente a disposizione del pubblico, si rammaglia l’unità di un progetto culturale che permea la forza rivoluzionaria di un linguaggio che investe tutte le arti, e che proprio nel perseguire l’unità delle arti visive si impone come “emblema assoluto dell’arte come meraviglia, spettacolo, invenzione assoluta”, come Portoghesi avverte nel catalogo. Meraviglia e invenzione come gioco sapiente e controllatissimo, seppure spinto spesso fino all’esoterismo, raramente fine a sé stesso, potente e visionario come nel palazzo-fontana di Pietro da Cortona per i Chigi a piazza Colonna, divertito e serissimo nel colossale layout ligneo di Luigi Vanvitelli per lo studio di una luminaria per S. Pietro. Il mondo va in scena e il gran teatro ha bisogno di machine, di luce, di scenari, dove tutto però è vero, ma si fa narrazione, invenzione, stupore; stupore che si rinnova ancora oggi accostando al mondo nuovo anticipato da quelle visioni la solitudine degli oggetti bizzarrissimi e stravaganti, ma irrimediabilmente isolati che cercano di riempire il vuoto di una contemporaneità pseudobarocca ingolfata di icone ma ancora assetata di meraviglia. Un catalogo ricco di contributi e apparati offre punti di vista nuovi e studi aggiornati su un tema che ha ancora molto da insegnarci.


a cura di Walter Fumagalli

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Il Piano di governo del territorio di Milano Ai sensi dell’Articolo 26 della Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa (cioè entro il 30 marzo 2006) i comuni dovevano deliberare l’avvio del procedimento di adeguamento del loro Piano regolatore, per poi procedere all’approvazione di tutti gli atti del Piano di governo del territorio. Nel rispetto di tale termine, il 29 giugno 2005 il Comune di Milano ha dato notizia dell’avvio del procedimento preordinato alla redazione del proprio Piano di governo del territorio. A seguito di ciò sono stati redatti gli atti preliminari del P.G.T., dei quali la Giunta comunale ha preso atto con apposita delibera e che sono stati pubblicati sul sito internet del Comune di Milano. Dall’esame di tali atti si può cominciare ad avere un’idea di quella che potrà essere la versione definitiva del Piano di governo del territorio di Milano. Appaiono di indubbio interesse, in particolare, alcuni dei temi trattati in uno degli atti costitutivi del P.G.T., il Piano delle regole. Gli obiettivi ed i criteri del Piano delle regole Il dichiarato intento degli estensori del Piano delle regole è stato quello di perseguire tre obiettivi fondamentali. • Anzitutto il Piano delle regole si propone di semplificare le norme, così da fornire ai cittadini “regole chiare e semplici”, ovviamente nei limiti in cui la complessità della materia lo consente (più una materia è complessa, infatti, e più una regolamentazione che aspira ad essere “semplice” rischia di rivelarsi “semplicistica”, e quindi inadeguata). La semplificazione troverà riscontro sia nella struttura delle norme, sia nel contenuto degli elaborati grafici mediante i quali il territorio comunale verrà ripartito nelle sole zone omogenee territoriali, laddove invece l’at-

tuale Piano regolatore individua più di venti zone funzionali. • Secondariamente, il piano persegue lo scopo di garantire una tendenziale equità nell’assegnazione dei diritti edificatori. A tal fine, il Piano delle regole darà attuazione ai criteri individuati dal documento di piano al fine di garantire la perequazione fra i proprietari di immobili compresi nel territorio comunale, così come espressamente previsto dall’Articolo 8.2, lettera “g”, della Legge Regionale n. 12/2005. Lo scopo non è solo quello di dare risposta ad un diffuso spirito equitativo nei confronti delle posizioni giuridiche dei diversi titolari di proprietà immobiliari, ma è anche quello di creare i presupposti per accrescere a costo zero il patrimonio delle aree comunali, e quindi per ridurre l’onerosità della realizzazione di opere pubbliche e conseguentemente per rendere concretamente attuabili le previsioni dello strumento urbanistico generale. • Ed infine, il Piano delle regole si propone di favorire i processi di partecipazione delle proprietà pubbliche e private, per il raggiungimento di obiettivi di interesse collettivo. Le zone omogenee Il Piano di governo del territorio suddividerà il territorio di Milano in due grandi ambiti: da un lato il “tessuto consolidato”, il quale comprenderà più o meno le attuali zone omogenee “A” e “B” nonché quelle porzioni delle zone omogenee “C” e “D” che in questi anni sono state edificate, e dall’altro il “territorio inedificato o parzialmente edificato”. All’interno del tessuto consolidato il piano individuerà tre classificazioni: • i nuclei di antica formazione; • il tessuto urbano di sviluppo dei piani regolatori storici; • gli ambiti in attesa di trasformazione e di ridefinizione urbanistica. All’interno del territorio inedificato o parzialmente edificato, invece, il piano individuerà: • il territorio compreso nei parchi regionali e sottoposto a strumenti di pianificazione sopraordinata;

• le aree non comprese nei parchi, poste ai margini del tessuto consolidato. La perequazione Come si è già accennato, uno degli obiettivi qualificanti del Piano di governo del territorio sarà costituito dalla cosiddetta perequazione. A questo scopo, in ciascuna zona omogenea saranno individuate aree di pertinenza diretta ed aree di pertinenza indiretta. Le aree di pertinenza diretta saranno quelle suscettibili di generare diritti edificatori attuabili sulle stesse, mentre le aree di pertinenza indiretta saranno quelle non edificabili, ma suscettibili di generare ugualmente diritti edificatori che però potranno essere realizzati solo su aree di pertinenza diretta. Le aree di pertinenza indiretta saranno ovviamente quelle che il Comune intenderà acquisire gratuitamente per realizzare servizi pubblici. Per poter attuare i diritti edificatori generati dalle aree di pertinenza indiretta, infatti, mediante atto da stipulare contestualmente al rilascio del permesso di costruire oppure mediante la stipula della convenzione di attuazione dello strumento urbanistico esecutivo queste ultime dovranno essere cedute gratuitamente all’Amministrazione comunale, che in questo modo potrà incrementare il proprio patrimonio immobiliare senza sostenere oneri economici, e potrà poi utilizzare le aree così acquisite per realizzare le opere pubbliche ivi localizzate dal Piano dei servizi. I diritti edificatori potranno inoltre essere trasferiti da un’area di pertinenza diretta ad un’altra area di pertinenza diretta, ma questo solamente se l’Amministrazione comunale avrà interesse ad acquisire gratuitamente la proprietà dell’area non utilizzata edificatoriamente. Le tavole del Piano di governo del territorio individueranno le aree di pertinenza diretta e le aree di pertinenza indiretta comprese entro le zone omogenee “A” e “B”. Tali tavole qualificheranno invece


Il meccanismo della perequazione opererà secondo le seguenti regole. Il Piano di governo del territorio attribuirà a tutte le aree comprese entro ciascuna zona omogenea un identico indice base territoriale. Alle aree di pertinenza diretta, poi, il Piano di governo del territorio attribuirà un indice fondiario minimo, più elevato dell’indice base territoriale, che gli interessati dovranno necessariamente rispettare se vorranno edificare su di esse, nonché un indice fondiario massimo che in ogni caso non potrà essere superato in sede di edificazione. Il proprietario di un’area di pertinenza diretta, per poter costruire su di essa, in pratica dovrà dunque acquisire dai proprietari di aree di pertinenza indiretta tanti diritti edificatori quanti ne saranno necessari per poter edificare la quantità di volume ivi prescritto in applicazione dell’indice fondiario minimo, e se vorrà potrà acquisire ulteriori diritti edificatori così da poter realizzare un volume maggiore, fino raggiungere quello consentito applicando l’indice fondiario massimo. Se ben applicato, questo meccanismo consentirà di soddisfare le esigenze del proprietario dell’area di pertinenza diretta, che potrà utilizzare i diritti edificatori attribuiti dal Piano di governo del territorio al proprio terreno nonché quelli che nel frattempo

avrà acquistato secondo i correnti prezzi di mercato, le esigenze del proprietario dell’area di pertinenza indiretta (area che altrimenti sarebbe stata vincolata per la formazione di servizi pubblici), il quale avrà un ritorno economico dalla vendita a valore di mercato dei diritti edificatori generati dal proprio terreno, come se questo fosse direttamente edificabile, nonché le esigenze della stessa Amministrazione comunale, la quale acquisterà la proprietà dell’area di pertinenza indiretta senza sborsare alcunché. Le destinazioni d’uso Il Piano regolatore vigente suddivide il territorio di Milano in una ventina di zone funzionali, e all’interno di ciascuna di esse individua minuziosamente le specifiche attività ammesse, fissando per ognuna di esse le percentuali massime consentite in termini di superficie lorda di pavimento: al di fuori di tali destinazioni, nessun’altra attività può essere insediata. Così impostato, nel tempo il Piano regolatore si è rivelato assai rigido, e quindi inadatto a rispondere alle sempre nuove esigenze manifestatesi nel corso degli anni dalla dinamica società milanese. In passato il Comune di Milano ha cercato di superare tale rigidità non già attraverso la modifica del Piano regolatore, come sarebbe stato logico fare, ma attraverso una strada quanto mai tortuosa e di dubbia legittimità, cioè introducendo nel Regolamento edilizio una norma (l’Articolo 13) che consente di sostituire alle attività già insediate all’interno degli edifici esistenti, altre attività ivi ammesse dal Piano regolatore, senza obbligo di rispettare le percentuali massime e minime prescritte dal Piano regolatore stesso. In applicazione dell’Articolo 10 della Legge Regionale n. 12/2005, il P.G.T. sovvertirà questa disciplina, in quanto da un lato si limiterà ad individuare le destinazioni d’uso principali (residenza, servizi e attività economiche), mentre dall’altro individuerà le destinazioni d’uso non consentite in cia-

scuna zona omogenea, ammettendo di conseguenza tutte le altre. In linea generale, nelle zone omogenee “A” e “B” sarà consentito l’insediamento di tutte le destinazioni d’uso principali, mentre non saranno ammesse le destinazioni d’uso industriali, le attività insalubri comunque qualificate, nonché le attività direzionali e terziarie dotate di dimensioni tali da costituire attrattori di traffico incompatibili con le capacità e le criticità della rete stradale e delle linee di strasporto collettivo. Nelle zone “C”, invece, saranno ammesse tutte le destinazioni d’uso, con la sola esclusione delle attività insalubri. Ovviamente il Piano di governo del territorio dimensionerà i servizi, prevedendo anche gli incrementi indispensabili per soddisfare l’eventuale fabbisogno indotto dai potenziali mutamenti di destinazione d’uso degli edifici esistenti. Per quanto riguarda le destinazioni commerciali, riconducibili nel più generale concetto di “attività economiche”, il Piano di governo del territorio consentirà liberamente l’insediamento degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita di livello inferiore, mentre l’insediamento delle medie strutture di vendita di livello superiore e delle grandi strutture di vendita sarà consentito solamente se esse risulteranno compatibili con la condizione urbana circostante l’area di intervento e con il livello di accessibilità della stessa. W. F.

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tutte le aree comprese entro le zone “C” come aree di pertinenza indiretta, e demanderanno quindi ai singoli Piani attuativi il compito di scegliere quelle di pertinenza diretta, sulle quali i diritti edificatori potranno essere concretamente attuati. Ovviamente, anche le aree di proprietà comunale saranno suscettibili di essere classificate come aree di pertinenza diretta o indiretta, e il Comune potrà utilizzare direttamente gli inerenti diritti edificatori per realizzare opere pubbliche, ivi compresa l’edilizia residenziale pubblica, oppure potrà decidere di commercializzarli e di utilizzare il relativo ricavato per il perseguimento dei propri fini istituzionali.


a cura di Emilio Pizzi e Claudio Sangiorgi

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Innovazione nei cicli di manutenzione di facciate a intonaco Tra le problematiche che più di sovente uno stabile condominiale e la sua amministrazione si trovano a dover affrontare, vi è la necessità di provvedere a interventi di manutenzione straordinaria sugli intonaci di facciata, allorquando questi, dopo un ciclo di vita utile di durata estremamente variabile – in funzione della perizia esecutiva iniziale, della qualità dei materiali e delle condizioni climatiche di applicazione – perdono di coesione e danno luogo a più o meno estesi distacchi. Sul piano normativo e regolamentare, il rifacimento degli intonaci, qualora non si vada a modificare il colore dei fronti, ricade, sotto il profilo delle categorie di intervento ex Legge 457/78,

nel perimetro della manutenzione ordinaria, senza quindi obbligo di comunicazione preventiva alla pubblica Amministrazione, sempre che ovviamente un vincolo specifico di natura architettonica o paesaggistica, legato all’intorno edificato dello stabile oggetto di intervento, non obblighi in ogni caso a verificare in via preventiva, presso gli appositi enti di tutela, la più corretta modalità con cui operare sui paramenti di facciata interessati. Problematiche di modalità tradizionali d’intervento L’intervento di manutenzione straordinaria di una facciata in intonaco ha conosciuto negli ultimi anni una radicale revisione delle tecniche esecutive, finalizzata ad accelerare i cicli lavorativi, a contenere gli oneri di rimozione dei vecchi strati in parte decoesionati e a incrementare

le prestazioni delle nuove finiture applicate. Alla tradizionale “stonacatura” fino al vivo della muratura da realizzarsi sulle intere superfici oggetto d’intervento, si è infatti andata sostituendo, al giorno d’oggi, una modalità operativa che prevede la rimozione delle sole parti in effettivo distacco di queste e la stesura di una rasatura uniformante sul fronte trattato. Soprattutto in edifici a telaio in calcestruzzo armato degli anni ’50/’60 – laddove i tamponamenti laterizi dei prospetti sovente erano realizzati con soluzione di muratura a cassetta e con tavolato esterno in semplice tavella – un intervento di radicale sostituzione dell’intonaco può, in effetti, scontrarsi con la difficoltà di procedere alla sua rimozione senza di fatto contestualmente demolire l’intero paramento esterno del doppio tavolato, o, comunque, senza dover dare luogo a rabbocchi di


Le diverse fasi di un moderno ciclo di facciata Per ovviare a questi inconvenienti, l’evoluzione dei prodotti per questa specifica tipologia di interventi, ha condotto al diffondersi di veri e propri cicli di lavorazione, messi a punto dalle diverse case produttrici, che operano nel senso di consentire il mantenimento dell’antico strato di sacrificio sotto il nuovo intonaco protettivo e di aumentare il potere idrofobizzante del rivestimento così ottenuto prima e miglior garanzia per il contenimento del degrado dei prospetti. Più nel dettaglio, indipendentemente da quale sia la scelta finale di finitura, essi prevedono la seguente successione di fasi: • battitura dei fronti allo scopo di individuare le parti in distacco e rimozione di questi ultimi; se si ravvisasse una percentuale di superficie in distacco superiore al 40%, allora è gioco forza riconsiderare l’opportunità di un intervento di radicale rimozione; • strollatura e successiva rasatura di malta bastarda sotto staggia sulle superfici riportate al vivo della muratura; tali operazioni, ovviamente, devono essere precedute da una buona pulitura del supporto e da una bagnatura fino a rifiuto dello stesso al fine di evitare la “bruciatura” della malta in seguito applicata; • idrolavaggio a pressione della facciata per ottenerne idonea depolveratura, (per rimuovere residui di qualsivoglia natura si siano su di essa depositati nel corso degli anni), eliminazione di parti decoese non rimos-

se nella fase precedente ed eliminazione di scaglie di pitturazione. • applicazione di un primer quale promotore di adesione per gli strati a finire di successiva stesura; • rasatura cementizia additivata in due mani, con interposta rete portaintonaco in fibra di vetro annegata nella prima mano; • applicazione di un primer quale promotore di silicatizzazione (nel caso di strato di finitura ai silicati); • esecuzione di spatolato colorato in pasta, ai silicati piuttosto che ai silossani, quale mano a finire, in sostituzione dell’usuale, ancorché collaudata, pittura al quarzo per esterni. Risultati e prestazioni Il risultato che si ottiene, come detto, è di economia di tempi e di materiali (basti pensare alle quantità di sabbia e cemento che una tradizionale strollatura di un fronte anche di modeste dimensioni comporta) e di efficacia prestazionale rispetto alla tenuta agli agenti atmosferici e all’azione aggressiva delle atmosfere metropolitane. Ma l’affermarsi e il successo di tali cicli, oltre che ai fattori sopra menzionati, si deve anche alla intrinseca possibilità di razionalizzazione dell’intervento sul piano logistico che essi comportano, con squadre di addetti specializzati che intervengono in serie, operando come subappaltatori rispetto al corpo principale dell’impresa, permettendo una più agevole organizzazione del cantiere e riducendo i tempi morti. Carlo Sironi

Facciata con ciclo ai silicati, in ambito vincolato a Milano per prossimitĂ  ai Navigli.

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Facciata con ciclo ai silossani, per migliorare le qualità di tenuta all’acqua di un fronte privo o quasi di aggetti, sporti e cornici.

Per saperne di più Tra le recenti pubblicazioni sul tema degli intonaci, di particolare interesse risulta il volume Intonaco Terranova. Storia e attualità di un materiale (a cura di Valerio Di Battista e Alessandra Cattanei), frutto della collaborazione tra Saint-Gobain Weber spa e Politecnico di Milano, che, in 160 pagine riccamente illustrate, ripercorre la storia dell’intonaco premiscelato in polvere e pigmentato, detto per l’appunto Terranova, dalle origini alle più aggiornate formulazioni e varianti. Un testo vieppiù significativo per Milano, la cui architettura, a partire dagli anni ’30 in poi, vede molti tra i più significativi edifici della città, sotto il piano linguistico, esibire tale soluzione di facciata.

PROFESSIONE NORMATIVE E TECNICHE

malta nei punti di rottura che penalizzino le prestazioni termiche già scarse di simili manufatti. Ma anche sulle murature in mattoni pieni, l’azione del martello demolitore, quando non condotta con l’adeguata perizia, può portare a un danneggiamento della sezione resistente e alla trasmissione di vibrazioni, che sarebbe comunque sempre meglio evitare su strutture di carattere storico, magari già compromesse da precedenti incongrui interventi quali nuove aperture o similari.


a cura di Sara Gilardelli

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Il progetto edilizio: piccoli suggerimenti per evitare grandi problemi Raccogliendo la richiesta formulata da molti giovani professionisti che si affacciano alla professione vogliamo indirizzare specificatamente a loro questo breve vademecum preparato dall’arch. Giulio Orsi, consulente presso l’Ordine di Milano in materia di procedure e normative edilizie, per sintetizzare come affrontare i momenti più delicati nella richiesta dei titoli abilitativi.

o più conveniente al proprio caso particolare. Come noto, con l’introduzione di elementi di semplificazione procedurale, i titoli abilitanti si sono ridotti a due: il Permesso di costruire e la Denuncia di Inizio Attività. Il D.P.R. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) riservava agli interventi maggiori e più complessi il ricorso al Permesso di costruire. Lo stesso Testo unico prevedeva, però, che le regioni potessero intervenire modificando l’applicazione di una procedura piuttosto di un’altra. La Regione Lombardia con la L.R. 12/2005 (Legge per il Governo del Territorio) ha ulteriormente semplificato prevedendo che “chi ha titolo per presentare istanza di permesso di costruire ha facoltà, alternativamente e per gli stessi interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, di inoltrare al Comune Denuncia di Inizio Attività”. Il ricorso, quindi, alla Denuncia di Inizio Attività in alternati-

La procedura Ogni opera di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comporta, in linea di principio, la necessità di acquisire idoneo titolo abilitante all’esecuzione delle opere stesse. La concreta redazione del progetto edilizio deve essere preceduta da opportune ricerche e verifiche presso gli uffici urbanistici ed edilizi del Comune nel quale si vuole effettuare l’intervento. In particolare occorrerà acquisire il certificato di destinazione urbanistica e, alla luce di quanto in esso indicato, verificare sulla base della strumentazione vigente urbanistica (tavole di PRG e Norme Tecniche di Attuazione) ed edilizia (Regolamento edilizio) l’ammissibilità di quanto si intende progettare. Essenzialmente due sono le verifiche principali da eseguire: una riguarda la possibilità di insediare una determinata destinazione d’uso e l’altra è volta ad accertare se l’intervento sia realizzabile liberamente, se sia vietato o se necessiti di preventivi atti di pianificazione urbanistica o di convenzionamento. Una volta verificata l’ammissibilità dell’intervento si potrà procedere ad individuare il titolo abilitante necessario Burocrazia, scultura di Vincenzo Pellegrini.

va al Permesso di costruire è sempre possibile; si tratta di valutare, caso per caso, se tale possibilità non debba essere preceduta da qualche altra incombenza procedurale. I casi più frequenti riguardano interventi, anche di lieve entità, che ricadono in ambiti con vincolo (monumentale o ambientale): in questi casi è indispensabile acquisire preventivamente l’autorizzazione all’intervento da parte dell’ente preposto alla verifica del rispetto del vincolo. Procedura analoga si deve seguire quando l’intervento edilizio è soggetto alla preventiva stipula di una convenzione con il Comune. Si potrà quindi presentare una Denuncia di Inizio Attività solo successivamente alla stipula della convenzione. Non sarà invece possibile utilizzare la Denuncia di Inizio Attività quando per la realizzazione dell’intervento sia necessaria la richiesta di una deroga ad una normativa vigente. In questi casi sarà sempre indispensabile la richiesta di un Permesso di costruire. Lo strumento della Denuncia di Inizio Attività potrà quindi essere utilizzato dal progettista tutte le volte che si sarà estremamente sicuri del rispetto di tutte le normative (urbanistiche, edilizie, igieniche, ecc.), quando si sarà accertata l’assenza di qualsiasi tipo di vincolo (monumentale, ambientale, idrogeologico, aeroportuale, ecc.) e quando non sarà necessario richiedere alcuna deroga. Non si deve dimenticare, infatti, che il progettista, con la Denuncia di Inizio Attività, assevera sotto la propria responsabilità anche penale (persona esercitante un servizio di pubblica necessità) che le opere progettate sono conformi alle norme urbanistiche vigenti e adottate, ai regolamenti edilizi, alle norme di sicurezza statica e a quelle igienico-sanitarie.


ti ammessi quelli che “possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”. Ben si comprende la diversa portata di tali interventi che possono determinare, con la demolizione totale o parziale dell’organismo preesistente, la realizzazione di un “nuovo” edificio, ma nel rispetto della volumetria preesistente. Un particolare cenno va fatto al concetto di volumetria preesistente. In molti comuni, tra cui Milano, la volumetria è determinata dal calcolo della Slp (Superficie lorda di pavimento) moltiplicata per un’altezza virtuale di tre metri. Nel caso di interventi sull’edificato, anche se l’edificio è stato costruito in base a norme che prevedevano un diverso calcolo della volumetria, la verifica della volumetria esistente va effettuata utilizzando i criteri del vigente Regolamento edilizio. Le verifiche Potremmo ora riassumere le principali verifiche da effettuare per consentire un percorso il più agevole possibile ad un progetto edilizio: • verifica della fattibilità dell’intervento consultando il PRG e relative NTA (destinazioni d’uso e modalità); • qualifica dell’intervento con particolare riguardo, nel caso di opere su edifici esistenti, alle opere che potrebbero far modificare la qualifica da risanamento conservativo a ristrutturazione edilizia; • calcolo, esatto e conforme alle norme del vigente Regolamento edilizio, della Slp ammissibile in funzione degli indici di PRG o calcolo della Slp esistente nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia; • perfetta conoscenza della presenza di eventuali vincoli (monumentali, ambientali, idrogeologici, aeroportuali, ecc.) e necessità delle autorizzazioni preventive; • corredare, sin dall’inizio, la documentazione progettuale di tutti gli elaborati richiesti per ogni tipo di intervento; • documentarsi, nel caso di edifici esistenti, sulla legittimità di quanto

precedentemente eseguito (atti di fabbrica, concessioni e autorizzazioni precedenti, condoni, ecc.); • non eseguire varianti in corso d’opera, nel caso di varianti essenziali, senza aver preventivamente ottenuto il necessario titolo abilitante; • ricordarsi sempre che la Denuncia di Inizio Attività è uno strumento assolutamente valido ma espone il progettista a maggiori rischi professionali e penali. Giulio Orsi

43 PROFESSIONE ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE

La qualifica degli interventi Un altro argomento che deve sempre essere tenuto nella massima considerazione da ogni progettista è quello relativo alla “qualifica degli interventi”. Una prima sommaria distinzione si può fare considerando due categorie di interventi: quelli non onerosi e quelli onerosi. L’onerosità di un intervento è costituita dal fatto che l’operatore deve corrispondere il cosiddetto “contributo di costruzione”, alla cui formazione concorrono sia gli oneri di urbanizzazione sia la quota relativa al costo di costruzione. Ben si comprende, quindi, come sia importante per l’economia di un intervento l’esatta individuazione del regime a cui sarà sottoposto. La discriminante tra gli interventi non onerosi e quelli onerosi è tutta da individuare tra le due qualifiche “limite”: quella di “risanamento conservativo e restauro” e quella di “ristrutturazione edilizia”. Mentre non vi dovrebbero essere molti dubbi sulle qualifiche più facilmente individuabili quali la manutenzione ordinaria, la manutenzione straordinaria, la nuova costruzione o la ristrutturazione urbanistica, molta attenzione va portata alle definizioni di “risanamento conservativo e restauro” e di “ristrutturazione edilizia”. Nel definire il risanamento conservativo il legislatore ha usato la dizione “conservare e recuperare l’organismo edilizio” mentre nel definire la ristrutturazione edilizia ha usato la dizione “trasformare gli organismi edilizi”. Per entrambe le tipologie di intervento è previsto che si operi con un “insieme sistematico di opere”. La caratteristica principale di un intervento di risanamento conservativo è senz’altro quella che permette di rispettare gli elementi tipologici, formali e strutturali. Semplificando molto si potrebbero annoverare tra questi interventi quelli che si mantengono all’interno della sagoma dell’organismo edilizio. La definizione di “ristrutturazione edilizia” permette, invece, di annoverare tra gli interven-


a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

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Legge G.U. n. 25 del 24.6.2006 a 3 Serie speciale Regolamento regionale 27 marzo 2006, n. 5 Modifiche al Regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1 (Criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (Art. 3, comma 41, lettera m), Legge Regionale 5 gennaio 2000, n. 1) Il regolamento apporta talune modifiche al Regolamento regionale n. 1 del 10 febbraio 2004 riguardante i criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. G.U. n. 152 del 3.7.2006 Provvedimento 18 maggio 2006 Trattamento dei dati personali nell’ambito dell’amministrazione condominiale Il Garante per la protezione dei dati personali in relazione a diversi quesiti e segnalazioni inviate, inerenti al trattamento dei dati personali effettuate nell’ambito delle attività connesse all’amministrazione dei condomini, prescrive, ai sensi dell’Art. 154, comma 1, lettera c del Codice, di adottare le misure necessarie indicate nel provvedimento allo scopo di rendere conforme alle disposizioni vigenti il trattamento dei dati personali ai soggetti titolari di un trattamento di dati personali nell’ambito dell’attività di amministrazione dei condomini. B.U.R.L. 4° Suppl. straordinario l al n. 22 del 1 giugno 2006 D.d.g. 29 maggio 2006 – n. 5918 Interventi ex L.R. 30/2002 Approvazione del bando per l’assegnazione di contributi finalizzati alla realizzazione di interventi per la qualificazione e l’infrastrutturazione dei centri fieristici – anno 2006 Il direttore generale della direzione commercio, fiere e mercati decreta di approvare il Bando per la concessione di contributi finalizzati alla realizzazione di interventi per la qualificazione e l’infrastrutturazione di centri fieristici – anno 2006. Il Decreto, in attuazione della L.R. n. 30 del 10 dicembre 2002, Promozione e sviluppo del sistema fieristico lombardo e s.m., degli indirizzi regionali in materia fieristica contenute nel PRS, del piano strategico per la competitività e lo sviluppo

del sistema fieristico lombardo, concede contributi in conto capitale destinati a sostenere la qualificazione e l’infrastrutturazione dei quartieri fieristici lombardi mediante l’ammodernamento strutturale, il potenziamento delle tecnologie informatiche e telematiche, il miglioramento dell’accessibilità con interventi di completamento della infrastrutturazione e della segnaletica. B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 23 del 9 giugno 2006 D.g.r. 31 maggio 2006 – n. 8/2638 Piano triennale di programmazione degli interventi di edilizia scolastica 2006/2008 e determinazione delle tipologie e delle modalità di finanziamento degli interventi di edilizia scolastica – Fondi anno 2006 in attuazione della L.R. 23/1996 e L.R. 1/2000 La giunta regionale delibera di approvare il piano generale triennale di programmazione degli interventi di edilizia scolastica 2006/2008 provvisto di allegati relativi ai fabbisogni di edilizia scolastica segnalati dalle Amministrazioni comunali e provinciali. B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 26 del 30 giugno 2006 Com. r. 13 giugno 2006 – n. 80 Piano delle Cave della Provincia di Milano – L.R. 8 agosto 1998, n. 14 Il piano delle cave della Provincia di Milano è stato elaborato in conformità ai criteri ed alle direttive per la formazione dei piani delle Cave emanate dalla Regione Lombardia. Il piano individua i giacimenti sfruttabili, identifica gli ambiti territoriali estrattivi, definisce i bacini territoriali di produzione a livello provinciale, individua le aree di riserva di materiali inerti, identifica le cave cessate da sottoporre a recupero ambientale, le destinazione d’uso delle aree, determina tipi e quantità di sostanze di cava estraibili, stabilisce le normative generali applicabili a tutte le attività estrattive. B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 27 del luglio 2006 D.g.r. 27 giugno 2006 – n. 8/2844 Contributi per agevolare l’accesso ed il recupero della prima casa di abitazione (Art. 3 L.R. 23/1999) – Determinazione criteri, procedure e modalità operative per l’attuazione del sesto bando In relazione alla Legge Regionale 23/1999

la Giunta regionale delibera di approvare l’indizione del sesto bando finalizzato all’erogazione di contributi per agevolare l’accesso alla prima casa di abitazione delle famiglie lombarde “giovani coppie”. Il Decreto definisce i soggetti beneficiari, le priorità all’interno della categoria, contenuti e procedure relative alle presentazioni delle domande. C. O.

Stampa Ambiente Ambiente, la riforma tira il freno. Stop a Via e a Vas fino al 2007. D.Lgs. verso la sospensione (da “Italia Oggi”, del 28.6.06) Dopo la spallata all’eco-codice, il D.Lgs. n. 152/06, con la dichiarazione d’inefficacia di 17 decreti di attuazione, un nuovo stop arriva con il maxi – emendamento al Ddl di conversione del decreto proroghe presentato sul quale verrà votata la fiducia: l’Articolo 1-septies contiene lo slittamento al 31 gennaio 2007 dell’entrata in vigore della parte seconda del codice sulle procedure di valutazione d’impatto ambientale, la Vas e la Via. Appalti Il codice appalti slitta a febbraio. Sette mesi in più per l’appalto integrato e la trattativa privata (da “Italia Oggi”, del 28.6.06) Proroga al 1 febbraio 2007 delle norme del codice appalti su centrali di committenza, dialogo competitivo, appalto integrato, accordi quadro, trattativa privata e abrogazione della norma premiante sui subappalti negli affidamenti a contraente generale. È quanto prevede l’Articolo 1octies del maxi emendamento presentato dal Governo al Decreto Legge 12 maggio 2006, n. 173 sulla proroga dei termini. L’emendamento, che a questo punto sembra superare quello parlamentare presentato dalla presidente della Commissione Lavori pubblici, Anna Donati, incide direttamente sul Codice degli appalti pubblici, ma prevede anche una novità rispetto alla proposta del ministro Antonio Di Pietro, cioè la soppressio-


Metropoli Emergenza periferie. Avvicinarle al centro contro il degrado (da “Italia Oggi”, del 28.6.06) “Oggi tutti parlano di periferie, ma nessuno capisce che siamo ormai alle soglie di un’emergenza mondiale”. Così l’antropologo e architetto Franco La Cecla ha introdotto la tavola rotonda sul tema “Futuro delle periferie, futuro delle città” svoltasi a Milano, in occasione della presentazione del rapporto annuale 2005 della Fondazione “Unidea - Unicredit”, fondazione privata costituita nel 2003 da Unicredito per progettare e sostenere interventi nel campo della solidarietà. Il rapporto è stato presentato all’indomani dell’uscita del nuovo rapporto delle Nazioni Unite sulle città e riguarda il tema delle periferie. Normativa Costruzioni, modifiche al Testo unico. L’Oice propone tavolo tecnico contraltare al monitoraggio (da “Italia Oggi”, del 28.6.06) Il monitoraggio sul testo delle norme tecniche per le costruzioni sarà concluso a fine anno e saranno pronte le norme migliorative. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, Angelo Calducci, al convegno organizzato dall’Oice dal titolo “Gli effetti delle norme per le costruzioni” svoltosi a Roma. L’obiettivo prioritario è quello di semplificare l’insieme delle norme in vista di una loro applicazione univoca “che eviti periodi di incertezza al momento dell’entrata in vigore”. Professione Architetti e ingegneri, le donne guadagnano la metà dei colleghi. Solo il 55% sceglie lo studio con 2-3 addetti (da “Il Sole 24 Ore” del 26.6.06) A tracciare i contorni di queste due professioni è una ricerca del Censis sulla

segmentazione dei ceti professionali, relativa al periodo tra il 2001 e il 2005, che evidenzia come la specializzazione crescente di molti profili abbia contribuito da sola a segmentare le categorie. Non solo le donne guadagnerebbero in media meno dei loro colleghi, sia che si tratti di ingegneri o di architetti, ma avrebbero anche redditi minori. Sulle parcelle pesa l’incognita dei costi. Il Decreto Bersani accresce gli oneri di gestione (da “Il Sole 24 Ore” del 10.7.06) La manovra-bis varata dal Governo Prodi ha come finalità la tutela del cittadino in quanto consumatore di beni e utente si servizi, anche professionali. La nota esplicativa della manovra (contenuta nel Decreto Legge 223/06, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 153 del 4 luglio 2006), indica tra gli effetti auspicabili la “riduzione delle parcelle” da pagare per le prestazioni fornite da professionisti. Traguardo perseguito iniettando nell’attività dei professionisti una forte dose di concorrenza. Sono ammesse: la liberalizzazione degli spot, la possibilità di creare società multidisciplinari, l’abolizione delle tariffe minime e del divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento di determinati risultati. Vizi dell’opera, la divisione delle responsabilità tra impresa e autore del progetto (da “Edilizia e Territorio” del 26.6.06-1.7.06) Viene pubblicata la relazione di uno degli esperti di “Edilizia e Territorio” tenuta al seminario dedicato alla progettazione nell’ambito del terzo forum della rivista. Il tema al centro della relazione è la responsabilità dell’appaltatore, ovvero dei rischi dell’appaltatore, nell’esecuzione dell’opera sia pubblica che privata. Il tema dei vizi e delle difformità deve essere letto in connessione anche con il profilo della responsabilità del progettista e del direttore dei lavori Urbanistica Il Sindaco Faglia sfida Formigoni: “No al cemento sulle zone agricole”. Monza, la nuova Legge urbanistica permetterà di lottizzare la Cascinazza (dal “Corriere della Sera” del 6.7.06) Al centro della disfida, la Cascinazza, una grande area agricola su cui la “Iei” (che fa riferimento al fratello dell’ex premier) dal

1980 vorrebbe realizzare insediamenti residenziali per circa 338 mila metri cubi. L’Amministrazione comunale vorrebbe inserire questa area nel sistema dei parchi cittadini. La situazione procedurale è molto intricata e risale al 1964. Nel 2005 la svolta arriva con la nuova Legge Regionale n. 12/2005. La Legge sancisce la nullità delle varianti al piano regolatore per i comuni il cui piano sia precedente al 1975, (Monza e Campione d’Italia). Quindi, Monza dovrebbe attenersi al PRG del 1964-1971, che non conteneva misure di salvaguardia ambientale, in relazione appunto all’insediamento rurale in oggetto. In sintesi, la normativa regionale permetterebbe, nel comparto la Cascinazza, la possibilità di costruire altri due milioni di metri cubi di cemento. M. O.

45 PROFESSIONE STRUMENTI

ne dal corpus dell’articolato di una disposizione prevista dalla Legge obiettivo (443/2001). In particolare, negli affidamenti a contraente generale non sarà più oggetto di valutazione l’entità dei sub-affidamenti disposti dal contraente generale.


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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Monza e della Brianza fax: 039 3309869 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it

Milano

a cura di Laura Truzzi Designazioni • IMMOBILIARE SAVINO SRL di Milano: richiesta di terna per collaudo di opere strutturali relative alla costruzione di n. 3 villette bifamiliari in Comune di Villa Cortese – Via di Lottizzazione PL 11. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Elena BOSCIANO, Stefano COZZAGLIO, Roberto F. DELL’ACQUA BELLAVITIS. Serate • Verso la riforma delle professioni. La questione tariffaria in Europa: Spagna e Irlanda, due realtà professionali a confronto 3 luglio 2006 Ha presentato: Alberto Scarzella Hanno partecipato: Massimo Gallione, John Graby, Rafael Pellicer L’impegno dell’Ordine di Milano sul tema della riforma delle professioni è un punto fermo che il Consiglio sta portando avanti, affrontandolo sia attraverso opportune azioni istituzionali relative alle proposte di legge che vengono presentate, sia approfondendolo attraverso la conoscenza delle esperienze già in atto in Europa e il dibattito proposto in un ciclo di conferenze presso la sede di via Solferino. Lo scorso 3 luglio, presentati dal consigliere Alberto Scarzella, John Graby, direttore del Royal Institute of Irish Architects, Rafael Pellicer avvocato del Consiglio Nazionale Spagnolo degli Architetti, e Massimo Gallione, vice-presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti si sono confrontati su quello che avrebbe dovuto essere l’orientamento della futura riforma degli Ordini professionali in tema di parcelle e che invece è stato varato dal Consiglio dei Ministri giusto tre giorni prima. Massimo Gallione introduce le novità inserite nel Decreto Legge, varato appunto il 30 giugno 2006 dal Consiglio dei Ministri, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale” il cui Art. 2 si occupa

della concorrenza nel settore dei servizi professionali eliminando le tariffe minime per le prestazioni delle attività libero professionali e intellettuali, il divieto di pubblicizzare i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni e il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Rafael Pellicer racconta di una riforma, avvenuta in Spagna nel 1997 per volere dell’Autorità antitrust nazionale, che ha eliminato le tariffe minime e che ha determinato il passaggio da un carattere fortemente corporativo del Collegio degli Architetti alla maggiore libertà nell’esercizio della professione senza prescindere dalla linea etica che la professione stessa comporta. Concretamente però, rileva Pellicer, la riforma non ha modificato sostanzialmente il modo di tariffazione dei servizi professionali, in quanto a livello europeo manca completamente uno studio economico sistematico sul mercato dei servizi professionali che aiuterebbe la razionalizzazione della politica e degli orientamenti comunitari. La riforma in Spagna è stata voluta e indotta solo dalla politica dell’Autorità di Competenza Antitrust e non da uno studiato piano politico economico. Se l’obiettivo comunitario è il miglioramento del servizio e l’abbassamento dei costi per l’utenza, secondo Pellicer è indispensabile lo studio economico del settore dei servizi professionali e più sicurezza giuridica che indichi ai professionisti cosa si può fare e cosa non si può fare. La realtà irlandese, dove ci sono associazioni e non Ordini, è invece esposta da John Graby che introduce il suo intervento dichiarando che l’eliminazione delle tariffe minime non rappresenta la fine del mondo per i professionisti. Pur essendo un Paese abbastanza regolato l’Irlanda non ha più le tariffe minime già dal 1986. Qui l’incarico viene affidato ad un consulente esterno per stabilire i prezzi ed il valore di mercato della prestazione. I vantaggi di questo sistema sono stati: l’approvazione da parte dell’anti-trust; la dota-

zione di strumenti utili alla contrattazione per gli architetti e l’espansione del mercato con le tariffe che sono passate in secondo piano in quanto i servizi richiesti erano aumentati. Conclude Graby che comunque l’opposizione ai professionisti non è costituita dai governi, ma dalle autorità anti-trust. Ancora una volta, visto il tema decisamente interessante per gli architetti liberi professionisti, non sono mancati i numerosissimi interventi del pubblico, alcuni anche favorevoli alle associazioni libere per la tutela degli interessi degli architetti come in Irlanda. Da altri interventi emerge invece che non deve spaventare l’eliminazione delle tariffe minime se si informa bene l’utente sul servizio che va a proporre; c’è piuttosto una “liberazione” positiva della burocrazia anche in questo senso. Coclusione di Rafeal Pellicer che sostiene il diritto alla concorrenza; oggi tutti i diritti sono in gioco: degli architetti, dei politici, dei clienti e dei cittadini. L’obbiettivo è comune ed è quello di tutelare l’interesse comune... bisogna solo trovare la strada migliore per raggiungerlo. L. T. • Fare parchi a Barcellona 6 luglio 2006 Sono intervenuti: Giovanni Cutolo, Toni Falcon Ha presentato: Franco Raggi Chi oggi si occupa di progettazione degli spazi pubblici urbani sa che la Spagna, specie Barcellona, rappresenta un riferimento, per le similitudini ambientali e sociali che ci sono con le aree metropolitane italiane e per la qualità e quantità degli interventi: prima dei giochi olimpici del 1992, Barcellona disponeva di circa 500 ettari di spazi verdi; oggi sono 1.100 ettari. La Spa-


to micro-climatico (fino a 4 gradi), gli alberi abbattono il rumore (circa del 10%), le polveri e i gas inquinanti in atmosfera. Le aree verdi urbane, oltre a generare plusvalore immobiliare, costituiscono un fattore di attrazione e occasione di rapporti sociali, danno la possibilità di svolgere attività sportive, di relax o anche di contesto al trasferimento ciclo-pedonale. Come in ogni settore della progettazione, per realizzare spazi verdi bisogna conoscere i “materiali” che si intende utilizzare e saper unire gli aspetti estetici con quelli funzionali e gestionali; qui si tratta di alberi o comunque di materiali vivi, che esigono conoscenze specifiche: “è necessario capire gli alberi, il loro sviluppo nel tempo, il loro comportamento nelle stagioni e il loro fabbisogno agronomico”, dice Falcon. La possibilità di disporre di piante già sviluppate, preparate e trapiantate in modo da garantirne l’attecchimento è un’agevolazione per il progettista e un miglior servizio per il fruitore dell’area verde. Nel processo creativo bisogna considerare la totalità delle percezioni sensoriali: ogni specie arborea ha uno specifico sviluppo (rapporto tra altezza e diametro), una forma naturale della coppa (che può essere controllata nella gestione), una densità e quindi una trasparenza fogliare, una gamma di colori nel corso delle stagioni, una geometria del tronco, profumi ed aromi. Inoltre, produce suoni, attira un certo tipo di fauna, e così via. Tutti elementi che definiscono paesaggi molto diversi. Infine, per i viali, i parcheggi e tutte le aree di maggior passaggio pedonale e veicolare, è indispensabile considerare anche le caratteristiche delle diverse specie che possono risultare incompatibili con l’ambiente urbano o che comporterebbero problemi gestionali come la resistenza dei tronchi, la caduta di frutti o la perdita delle foglie eccessivamente frazionata nel tempo. Alessandro Ferrari • L’architettura degli ingegneri 13 luglio 2006 Tavola rotonda con Chiara Molina, Antonio Monestiroli, Emilio Pizzi

47 Pubblichiamo di seguito una sintesi degli interventi. – Emilio Pizzi, vice preside della Facoltà di Ingegneria EdileArchitettura del Politecnico di Milano, polo universitario di Lecco: il rapporto tra architettura e ingegneria è stato un tema importante nel dibattito sull’architettura, e lo è anche rispetto al nostro momento storico, in cui è decisiva, sia sul piano della formazione, sia sul piano della costruzione dell’architettura, la questione della multidisciplinarietà del progetto e della complementarietà, o quantomeno dell’alternanza delle figure professionali nelle diverse fasi del processo. È riduttivo relegare l’ingegnere al ruolo di progettista della struttura così come ridurre l’architetto a semplice artefice della forma. Oggi è necessario prendere le distanze dal progetto, guardarlo in tutte le sue diverse parti, senza mai perdere di vista l’obiettivo finale, cioè la qualità dell’oggetto architettonico. Riflettere sull’architettura degli ingegneri significa riflettere sull’unità dei saperi che concorrono alla definizione del progetto, che corrisponde all’idea di mutidisciplinarietà portata avanti dalle Facoltà di Ingegneria Edile-Architettura. – Chiara Molina, vice preside della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano: la mostra, prodotta dalla Facoltà di Architettura Bovisa, risale a cinque anni fa. In questi anni, qualche passo nel senso dell’approfondimento del rapporto tra le due figure, dell’architetto e dell’ingegnere, è stato fatto. Il corso di laurea in Architettura delle Costruzioni considera la didattica come educazione al mestiere, ed è quindi basato espressamente sul rapporto tra progetto architettonico, progetto strutturale e costruzione, come ricerca trasversale in cui le diverse discipline, composizione, tecnologia, impiantistica, interagiscono tra loro. Non basta

far sedere attorno allo stesso tavolo progettisti con competenze diverse per ottenere una sintesi, occorre affrontare le discipline a partire dalle loro radici storiche. – Antonio Monestiroli, preside della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano: la mostra propone 18 esempi, 9 di architettura antica e 9 di architettura moderna, scelti all’interno di un panorama molto più vasto di opere per la cui architettura è molto importante la costruzione. Quello che impressiona è che le opere moderne sono assolutamente all’altezza di quelle antiche. E questo non capita spesso, vale solo per quelle architetture in cui struttura logica e apparato tecnico coincidono, in cui tutte le azioni del costruire sono rivolte a mettere in evidenza il fine ultimo dell’architettura. “Architettura degli ingegneri” sono quindi le architetture fatte dagli ingegneri, ma non solo, anche tutte le architetture che si fondano sulla costruzione: non basta l’integrazione delle discipline, ma è necessaria la loro convergenza verso un unico obiettivo. Il corso di studi in Architettura delle Costruzioni fa riferimento appunto al fatto che non tutte le costruzioni hanno un’architettura, una forma espressiva di sé, del motivo per cui sono state costruite. L’onestà, la verità della costruzione come garanzia di buona architettura è un gravissimo equivoco, che porta al formalismo tecnologico: gli edifici diventano degli oggetti di design perfettamente risolti dal punto di vista tecnico-costruttivo, ma non sono architettura. Silvia Malcovati Al termine della serata è stata inaugurata la mostra già allestita nell’ottobre 2000 presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano.

INFORMAZIONE DAGLI ORDINI

gna è uno dei Paesi più all’avanguardia per la progettazione del paesaggio e per l’attenzione all’integrazione fra gli spazi verdi e il costruito a partire dal piano urbanistico, fino alla definizione dall’arredo urbano. Giovanni Cutolo, docente presso la Facoltà di Design del Politecnico di Milano e presidente della Santa & Cole Italia, inquadra il ruolo della Spagna nel panorama del design di arredo urbano e spiega come Santa & Cole, fondata nel 1985 e da due anni presente anche sul mercato italiano, sia oggi riconosciuta come una delle ditte di design all’avanguardia. Ciò è dimostrato anche dalla scelta aziendale di sviluppare, dal 2004, la produzione e commercializzazione di alberi e piante ornamentali per rimboschimenti e per la creazione di giardini urbani. Santa & Cole impiega l’innovazione tecnologica delle coltivazioni per garantire la manipolazione, il trapianto e la radicazione di esemplari anche di grandi dimensioni, apprezzati dai progettisti di paesaggio, meno dagli agronomi per le difficoltà di attecchimento e sviluppo. Toni Falcon, paesaggista catalano, docente di Architettura del Paesaggio presso l’Universitat Politecnica de Catalunya e il Centro Superior de Arquitectura di Madrid, è il direttore generale del comparto forestale di Santa & Cole del Parc Belloch e per 17 anni è stato direttore del Settore Parc y Jardins, del Comune di Barcellona. Falcon racconta la sua esperienza alla direzione del Settore Parchi e Giardini, trasformato in una vera e propria società di proprietà del Comune, che si occupa non solo della gestione di tutto il verde urbano di Barcellona, ma che partecipa e vince appalti in altre città, arrivando a produrre anche un utile economico. Il verde urbano, se progettato correttamente, apporta alla città benefici specifici sul piano estetico, ambientale e di comfort sociale. Gli elementi vegetali, se da un lato vengono percepiti come elementi di identificazione del paesaggio urbano, dall’altro ne costituiscono l’elemento di maggior variabilità nel corso delle stagioni. Oltre all’apporto di ossigeno, con il conseguente miglioramen-


A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969

Base dell'indice-novembre 1969:100

Anno 2003

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Maggio

Luglio

1513,16 1514,42 1544,56 1548,32 1570 1570.93 1573,44 1600 1604,83 1606,09

Agosto Settembre Ottobre Novembre 1520 1518,19 1520,70 1524,46 1525,72 1529,49 1550 1549,58 1552,09 1552,09 1552,09 1555,86 1580 1577,21 1579,72 1580,97 1583,48 1583,48

Tariffa stati di consistenza (in vigore dal dicembre 1982)

anno 1982: base 100

Anno 2004 2005

INDICI E TASSI

Gennaio Febbraio Marzo Aprile 1500 1510 1501,86 1504,37 1509,40 1511,91 1530 1540 1532 1537,02 1538,28 1542,04 1560 1555,86 1560,88 1563,39 1568,42 1590 1589,76 1593,53 1596,04 1599,81

Dicembre

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10%. Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato)

1529,48

G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA

1555,86 1586

Gennaio 260 264,74

Febbraio Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre Ottobre

Novembre Dicembre

265,61

266,48

266,91

267,56

267,78

268,21

268,21

268,21

268,86

268,86

268,86

269,73

271,03

271,47

271,90

272,55

272,99

273,20

273,64

273,64

274,07

265,82 270 270,17

2006

274,72 275,37 275,81 276,46 277,33 277,54 n.b. I valori da applicare sono quelli in neretto nella parte superiore delle celle

Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno 2004 2005 2006

Gennaio 117,08 118,90 121,49

Febbraio 117,46 119,28 121,78

Marzo 117,56 119,48 121,97

Aprile 117,85 119,86 122,26

anno 1995: base 100 Maggio 118,04 120,05 122,64

Giugno 118,33 120,24 122,74

Luglio 118,42 120,53

Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)

anno 2000: base 100

Anno 2004 2005 2006

Giugno 108,73 110,49 112,78

Gennaio 107,58 109,25 111,64

Febbraio 107,93 109,61 111,90

Marzo 108,02 109,78 112,08

Aprile 108,28 110,14 112,34

Maggio 108,46 110,31 112,69

Luglio 108,81 110,75

Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)

anno 1999: base 100

Anno 2004 2005 2006

Giugno 113,95 115,80 118,20

Gennaio 112,75 114,51 117,00

Febbraio 113,12 114,87 117,28

Marzo 113,21 115,06 117,46

Aprile 113,49 115,43 117,74

Maggio 113,67 115,61 118,11

Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

2001 103,07

2003 108,23

2004 110,40

1997 108,33

1998 110,08

1999 111,52

2000 113,89

1998 101,81

Agosto 108,99 110,93

1999 103,04

2000 105,51

2001 117,39

2002 111,12

Settembre Ottobre 108,99 108,99 111,02 111,19

Novembre Dicembre 109,25 109,25 111,19 111,37

Settembre Ottobre 114,23 114,23 116,35 116,54

Novembre Dicembre 114,51 114,51 116,54 116,72

gennaio 2001: 110,50 2006 114,57 novembre 1995: 110,60 2002 120,07

2003 123,27

2003 113,87

2004 116,34

anno 1997: base 100 2001 108,65

Novembre Dicembre 118,90 118,90 121,01 121,20

gennaio 1999: 108,20 Agosto 114,23 116,26

anno 1995: base 100

Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

2005 112,12

Settembre Ottobre 118,61 118,61 120,82 121,01

dicembre 2000: 113,40

anno 2001: base 100

2002 105,42

Tariffa DLgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

Luglio 114,04 116,08

giugno 1996: 104,20 Agosto 118,61 120,72

2004 125,74

2005 127,70

2006 130,48

febbraio 1997: 105,20 2005 118,15

2006 120,62

Tariffa P.P.A. (si tralascia questo indice in quanto non piĂš applicato)

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale Legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Articolo 9 della Tariffa. Provv. della Banca d’Italia (G.U. 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 4,50% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 4,75% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 4,50% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 4,25% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 3,75% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 3,25% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 2,75% Provv. della Banca d'Italia (G.U. 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 2,50% Provv. della Banca d'Italia (G.U. 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003 2,00% Con riferimento all’Art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.

Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003

3,35% +7 2,85% +7

10,35% 9,85%

dal 1.7.2003 al 31.12.2003

2,10% +7

9,10%

Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11)

Comunicato (G.U. 8.1.2005 n° 5) dal 1.1.2005 al 30.6.2005

dal 1.7.2005 al 31.12.2005

2,02% +7

9,02%

dal 1.1.2006 al 30.6.2006

dal 1.7.2004 al 31.12.2004

2,01% +7

9,01%

dal 1.7.2006 al 31.12.2006

C Per valori precedenti consultare il sito internet del proprio Ordine.

2,05% +7

Comunicato (G.U. 13.1.2006 n° 10)

dal 1.1.2004 al 30.6.2004

Comunicato (G.U. 9.7.2004 n° 159)

2,09% +7

Comunicato (G.U. 28.7.2005 n° 174)

2,25% +7

Comunicato (G.U. 10.7.2006 n° 158)

2,83% +7

9,09% 9,05% 9,25% 9,83%

Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’Art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla diiplina delle locazioni di immobili urbani. 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’Art. 1 della Legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’Art. 24 della Legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’Art. 1 della Legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’Art. 24 della Legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove). Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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