trimestrale di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi
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rnat uraliZz ne azi ♣✤✳❂❆❣✹✥♠❀ urbana Ordini degli Architetti P.P.C. delle Province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza e della Brianza, Pavia, Sondrio, Varese Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori - via Solferino 19, 20121 Milano - ISSN 1825-8182
TRIMESTRALE di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi
Direttore Responsabile Angelo Monti Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori www.consultalombardia.archiworld.it www.architettilombardia.com Redazione Igor Maglica (caporedattore) Daniela Villa Direzione e Redazione via Solferino 19 20121 Milano tel. 0229002165 fax 0263618903 redazione@consulta-al.it Progetto grafico 46xy studio, Milano Impaginazione 46xy studio, Milano Copertina R.U., 46xy Pubblicità Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori
Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale. La rivista viene inviata gratuitamente, in forma digitale, a tutti gli architetti iscritti agli Ordini degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Lombardia aderenti alla Consulta che abbiano rilasciato l’autorizzazione a: liberatoria@architettilombardia.com Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC, né la Redazione di “AL”
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IIi TRIMESTRE 2014
rinaturalizzazione urbana 4 CITTÀ E NATURA: PROVE DI DIALOGO di Angelo Monti 5 LOMBARDIA, UN GRANDE CANTIERE DI IDEE di Viviana Beccalossi 6 L’INFRASTRUTTURA VERDE DELLA CITTÀ di Damiano Di Simine 7 VERDE URBANO E RISPETTO DEL TERRITORIO PER UN NUOVO STILE DI VITA NELLE CITTÀ di Ettore Prandini 8 RINATURALIZZAZIONE? PROCESSI DI RIGENERAZIONE E TATTICHE DI RIUSO di Isabella Inti 10 INTERVISTA AD ANNA ZAHONERO XIFRÉ a cura di Antonio Angelillo 12 INTERVISTA A PAOLO LASSINI a cura di Daniela Villa 14 LA CONSULTA A URBANPROMO Intervista a Stefano Stanghellini e Vittorio Salmoni a cura di Igor Maglica Intervista a Gian Luca Perinotto a cura della Redazione di “AL” 16 L’AGRICOLTURA URBANA DI PROSSIMITÀ NEI PROCESSI DI RIGENERAZIONE URBANA di Tania Comelli 19 INTERVISTA AD ANNA GASTEL a cura di Tania Comelli le voci degli ordini: 20 COMO: RINATURALIZZAZIONE URBANA 21 DI COMO E DEI SUOI DINTORNI di Roberta Fasola 22 LODI: ESSENZE E TRAME: SEGNI DI PAESAGGIO IN CITTÀ a cura di Anna Arioli
speciale lombardia 26 SUOLO E TERRITORIO: SPRECARNE MENO, UTILIZZARLO MEGLIO di Gian Luca Perinotto 27 Criticità nel dibattito sul tema della riduzione del consumo di suolo e nelle proposte di legge lombarde (pdl40/2013, pdl140/2014, pdl156/2014 e pdl157/2014) 27 Note a margine ddl sui “princìpi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana” (ddl-lupi)
progetti 28 NUOVI PARCHI PER LA COMUNITÀ 28 UN GIARDINO PER LA CITTÀ LAND, Porta Nuova Varesine, Milano 33 UN PARCO RURALE PERIURBANO Gioia Gibelli, Parco agricolo delle Risaie, Milano / Buccinasco / Assago
Quarantatreesimo anno Chiuso in Redazione 23 dicembre 2014
Il gruppo di Consulta è su Facebook
professione 36 UNA NUOVA STAGIONE PER I CONCORSI DI ARCHITETTURA? di Roberto Gamba 42 LA SALVAGUARDIA DEL SUOLO AGRICOLO E IL RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE di Walter Fumagalli
omnibus 43 ORTICOLARIO, DENTRO E OLTRE I CONFINI di Igor Maglica 45 NEWS
Ri natura lizza zione urbana
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CITTÀ E NATURA: PROVE DI DIALOGO ANGELO MONTI
Con questo numero di “AL” ci piacerebbe poter contribuire a ridurre la distanza tra le parole, spesso assunte e omologate a slogan, e il loro significato e peso effettivo. Così ci sembra stia accadendo per tutta la stringente tematica sulla biodiversità dei territori urbanizzati, sulla loro relazione con il mondo delle attività agricole e l’uso dei suoli. Mai, come in questi ultimi anni, questi argomenti sembrano raccogliere un’attenzione quasi universale, post-ideologica verrebbe da dire. Mai, al contempo, così diverse ne sono le letture, le interpretazioni e le conseguenti ricette. In fondo il punto di partenza sembra “banalmente” semplice. La società urbana europea è a un bivio epocale. Continuare a crescere, consumando spazio al suo esterno, polverizzandosi in quelle strutture urbane a densità variabile che chiamiamo ancora città, o ritrovare un concetto di “limite” e di disegno, con luoghi urbani che crescono per “rigenerazione”, recuperando superfici vegetazionali e biologiche. Da questo presupposto si aprono le possibili strategie, che comportano inevitabilmente, un radicale salto della cultura della società. Un nuovo “patto”, così è stato ben definito, tra città, natura, agricoltura, dove la cultura urbana affronta il cambiamento dei propri programmi di crescita, coniugandolo con il ripensamento della struttura agricola tradizionale a partire dagli ambiti di prossimità e dei territori marginali sino alla revisione dei modelli del mercato agroalimentare e della sua distribuzione. Solo l’accenno a questi nodi e alla intuibile complessità delle interazioni e delle ricadute sull’economia, svela quanto il mio richiamo al “banale” sia certamente vero – le cose impossibili a volte sono più facili di quelle difficili
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– ma, al contempo, improvvido per le molteplici componenti della sfida. Per questo abbiamo voluto, grazie ai contributi di interlocutori impegnati istituzionalmente – per professione, cultura e rappresentanza – dare inizio a un percorso di approfondimento e di valutazione a cui crediamo che, come architetti, non possiamo sottrarci. In un’epoca confusa e smarrita, tocca anche alla nostra disciplina cercare di mettere a punto, al di là degli slogans, vere strategie di sostenibilità. La difesa dell’habitat è un’azione complessa affidata agli organi di tutela, alla determinazione pianificatoria, alla crescita di sensibilità del cittadino e alla cultura architettonica e urbanistica. Presuppone la volontà di riaffermare – nei progetti – e di rispettare – nell’uso – il valore di alcuni princìpi di revisione della mutazione della città contemporanea che ha rovesciato lo storico rapporto tra città e natura, interferendo fortemente con lo spazio naturale diventato spazio intercluso al mondo costruito. L’ambito di riferimento degli interventi sarà sempre più un ambito di innalzamento del livello qualitativo della biodiversità del suolo e delle connessioni ecologiche tra le parti. Molte le azioni praticabili, a partire dal ridisegno dei paesaggi periurbani, dalla difesa della tessitura costruttiva e insediativa del paesaggio agrario, sino alla riqualificazione dell’agricoltura verso una dimensione multifunzionale sempre più integrata ai contesti urbanizzati e a politiche di rinaturalizzazione della città pubblica. Le pagine che seguono raccontano, senza pregiudizi, i punti di vista, gli esempi e le buone pratiche, le tendenze e le sperimentazioni di alcuni possibili indirizzi verso città sostenibili.
Angelo Monti Presidente della Consulta regionale lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori e direttore di “AL”.
LOMBARDIA, UN GRANDE CANTIERE DI IDEE VIVIANA BECCALOSSI
Se dovessi definire con poche parole le azioni che in questi mesi stanno caratterizzando l’assessorato al Territorio, Urbanistica e Difesa del Suolo di Regione Lombardia, parlerei senza dubbio di un “grande cantiere di idee”. Fin dall’inizio della nuova legislatura, infatti, stiamo procedendo nella convinzione che la nostra regione, pur continuando a essere un modello e una guida per il Paese, non solo dal punto di vista economico, necessiti di una serie di importanti riforme per rilanciare questo ruolo. È quindi fondamentale impostare un lavoro all’insegna del confronto e della discussione che, riguardo a temi di grande interesse, non può essere solo politica, dovendo puntare a trovare soluzioni innovative, efficaci ma soprattutto adatte al contesto difficile nel quale siamo immersi. I progetti che stanno prendendo forma porteranno all’approvazione di norme innovative e sono fortemente interconnessi, perché se esaminati separatamente perderebbero una parte consistente della loro efficacia. In questo contesto, centrale è il progetto per fare della Lombarda il primo territorio nazionale dotato di una regolamentazione sul consumo di suolo. È un argomento del quale si parla molto, da diversi anni, ma caratterizzato da una complessità tale che fino ad oggi nessuno, nemmeno il Governo, è riuscito a trovare un punto di equilibrio tra le esigenze della tutela e quelle dello sviluppo. Altri grandi Stati europei hanno già affrontato il tema, l’Italia no. Confido che il lavoro di questi mesi, della Giunta e dei gruppi consiliari, sia capace di giungere a una sintesi che sappia contemperare rigore, tutela, sviluppo, sostenibilità ambientale e anche economica. Discorso simile anche per un altro Progetto di Legge che stiamo approntando, relativo alla Difesa del suolo. Un tema quasi mai considerato tra le priorità, come provato dal fatto che non è presente, per scelta precisa, nelle misure finanziate in Italia dai fondi europei, così come dalla esiguità delle risorse dedicate dai bilanci pubblici. Eppure, la gestione delle conseguenze delle calamità che con regolarità colpiscono ogni anno il nostro Paese ha un costo enorme, senza parlare delle vite umane perse ogni anno, che semplicemente non hanno prezzo. Anche la Regione da troppi anni non interviene normativamente in questo ambito e ha quindi scelto di introdurre nella propria legislazione il concetto della invarianza idraulica, così come anni fa è stato introdotto quello del consumo del suolo. Chi di voi si occupa di urbanistica, inoltre, avrà
sentito parlare anche del processo di revisione della Legge 12/2005. Ci avviamo al decennale di questa legge fondamentale per il governo del territorio, ed è di conseguenza venuto il momento di una revisione, che per definizione serva a verificare che tutto funzioni bene e apportare i giusti correttivi alle parti che mostrano i segni del tempo. Riconfermo convintamente che le tre parole sulle quali si baserà saranno semplificazione, sostenibilità, sussidiarietà. Semplificazione delle norme e degli strumenti, a favore delle istituzioni e degli operatori privati. Sostenibilità, perché anche il “territorio” è una risorsa limitata, che non può sopportare aggravi e carichi infiniti. Sussidiarietà, infine, che significa responsabilità da parte di ciascun livello istituzionale e non pensare che le opere siano fondamentali solo se realizzate entro i confini del nostro vicino di casa. Da ultimo il nuovo Piano Territoriale Regionale, lo strumento che rappresenterà il vero filo conduttore tra tutti i progetti, tra gli adeguamenti normativi e la realtà della concretezza e della vita quotidiana. Mi auguro che il lavoro di revisione, iniziato con un incontro pubblico appena qualche settimana fa, porti all’adozione di uno strumento concreto, agile, ma soprattutto utilizzato, che sia riferimento vero e non solo per la pianificazione a uso di studio accademico. Spero in un documento che possa essere utilizzato negli uffici e negli studi, che non venga dimenticato negli armadi. Per questo, deve rappresentare una naturale evoluzione rispetto al primo Piano Territoriale Regionale approvato solo pochi anni fa, dal quale molto abbiamo imparato, nel quale crediamo, e sul quale vogliamo nuovamente investire. L’ambizione, lo ribadisco, è quella di contribuire con le idee e gli spunti di tutti a quella ripresa economica, sociale e anche morale che tutti cerchiamo, ma che ancora troppo faticosamente sembra profilarsi all’orizzonte. Mai come in questo momento il laboratorio di idee a cui facevo riferimento pocanzi necessiterebbe del parere autorevole di chi quotidianamente, svolgendo la propria professione, proprio con norme e regole deve fare i conti per basare la sua attività. Non a caso mi sono impegnata perché tutti gli Ordini professionali tecnici entrassero a far parte di un Tavolo che possa fare da stimolo per queste e numerose altre iniziative. Abbiamo bisogno del vostro contributo per riscrivere le regole che, lo crediamo fortemente, possano confermare la Lombardia come la Regione faro di questo Paese.
Centrale è il progetto per fare della Lombardia il primo territorio nazionale dotato di una regolamentazione sul consumo di suolo.
Viviana Beccalossi Assessore regionale al Territorio, Urbanistica e Difesa del Suolo.
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L’INFRASTRUTTURA VERDE DELLA CITTÀ DAMIANO DI SIMINE
La geografia del ventunesimo secolo sarà in gran parte una geografia urbana. Le tendenze sono globali, e a illustrarle sono le proiezioni delle Nazioni Unite, che prospettano una popolazione urbana di 6 miliardi di persone allo scenario 2050 (contro i 3,5 miliardi attuali) a fronte di un calo nelle aree rurali, come esito di migrazioni interne e internazionali. Ciò che i numeri non dicono è come saranno le città che accoglieranno questa popolazione, come si stiperanno questi numeri impressionanti negli spazi urbani, se aumenterà a dismisura il fenomeno della suburbanizzazione dissipativa che assume già oggi dimensioni apocalittiche nelle megalopoli del sud del mondo, o se il processo urbano saprà essere intelligente, rigenerativo degli spazi e delle funzioni di prossimità, in altre parole, se le comunità umane saranno in grado di riannodare i fili e di aggiornare un processo urbano durato millenni e messo in crisi nell’intero ciclo storico racchiuso tra la fine del secondo conflitto mondiale e il default economicofinanziario dell’Occidente. Nelle mappe aggiornate dello sviluppo, la ridefinizione dello spazio urbano seguirà evidentemente percorsi differenziati nei diversi blocchi continentali, con esiti oggi imprevedibili, ma l’Europa è chiamata a un ruolo che assuma come asset la propria millenaria produzione urbana, ruolo che fino a oggi è stato molto proclamato nei documenti e nei manifesti delle smart city, ma insufficientemente praticato nelle politiche di pianificazione e di programmazione degli investimenti urbani. Per mezzo secolo, il principale driver di sviluppo delle dinamiche urbane è stata l’automobile, che, in una prima fase fortemente espansiva, ha giocato, solidalmente con le altre componenti industriali, come fattore di concentrazione demografica legata ai luoghi della produzione, e immediatamente dopo è divenuta strumento di dispersione insediativa, sparpagliando popolazione, e successivamente funzioni urbane e produttive, in spazi non urbani, contestualmente infittendo e ricalibrando la maglia infrastrutturale a spese dello spazio rurale. Oggi è paradossalmente proprio la rinuncia al possesso dell’automobile a costituire un elemento di ritrovata attrattività delle città come polarizzatrici di offerte e servizi che permettono di prescinderne. Valga per tutti il caso di Milano, che in due decadi segnate da una blanda ripresa demografica ha visto crollare del 25% il parco automobilistico dei residenti, e contestualmente crescere l’offerta di servizi di mobilità (di servizio pubblico, ma anche di mercato). I benefici di un simile aumento di efficienza non sono solo in termini di congestione e inquinamento, ma anche di spazio urbano: le oltre 200.000 auto in meno dei milanesi corrispondono a una liberazione di spazi pari a 200 ettari, l’equivalente di cinque volte il Parco Sempione. Certo, gran parte di questi spa6
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zi sono stati occupati dai city users, e ciò rende tale beneficio meno percepibile. Ma questa vastità rende conto di quali plasticità offra l’impalcatura urbana a una prospettiva di densificazione sostenibile, al ridursi delle pressioni da traffico. Aumentare la densità urbana non significa impilare nuovi volumi, ma rigenerare le funzioni della città, a partire dalla residenza, rendendo praticabili efficienze ed economie di scala altrimenti inconcepibili in tutti i campi, dalla produzione culturale alla fornitura di servizi. Tornare a investire sulla città, concentrando anziché disperdendo, significa anche favorire l’aggregazione di iniziativa d’impresa e l’integrazione di competenze necessarie a promuovere innovazioni produttive, a condizione che queste funzioni riescano a convivere con l’organismo urbano anziché venirne espulse come accaduto per il comparto manifatturiero. Nella rimodellazione della città possono e devono trovare spazio anche tutte le funzioni che hanno a che fare con la qualità ambientale e con la capacità di adattamento dell’organismo urbano entro i nuovi confini che si sono definiti nella fase espansiva. È chiaro che anche dispositivi basilari, come i sistemi di fognatura, concepiti per tutt’altre dimensioni della città, non funzionano più in presenza di grandi agglomerazioni che rendono vulnerabili agli eventi meteorologici le vastissime superfici impermeabilizzate. E, d’altro canto, le crescenti problematiche legate a fenomeni quali le isole di calore urbane sottraggono alla dotazione di verde e di spazi aperti urbani quella funzione prevalentemente estetica che ha contraddistinto la storia del giardino urbano. Le infrastrutture verdi diventano un elemento funzionale del nuovo disegno urbano, capace di associare alla funzione estetica e fruitiva propria del verde urbano anche un ruolo di natura strutturale, atto a restituire alla città, per quanto possibile, le funzioni e i servizi ecosistemici di quel suolo che l’urbanizzazione ha negato, ripristinando flussi di materia ed energia che attenuino l’anomalia geomorfologica che la città rappresenta rispetto al contesto circostante. Ma anche in questo caso si pone un problema di convivenza e uso degli spazi. È chiarissimo che sulle città e sulla loro rigenerazione – materica e culturale – si gioca una partita storica, in cui protagonista è il settore delle costruzioni, da tempo orfano di politiche industriali e condannato a produrre oggetti privi di mercato. L’affrancamento da dinamiche di rendita è sicuramente un irrinunciabile fattore di ritrovato successo per questo settore. Ed è stupefacente quanto poco, tuttavia, le politiche urbane trovino riscontro nei provvedimenti del Governo nazionale e delle regioni, che, invece, preferiscono attardarsi su soluzioni fortemente ancorate nel tardo Novecento per emergere da una crisi che quel secolo ha definitivamente affossato.
Le infrastrutture verdi sono un elemento funzionale del nuovo disegno urbano, capace di associare, alla funzione estetica e fruitiva, un ruolo di natura strutturale.
Damiano Di Simine Presidente di Legambiente Lombardia.
VERDE URBANO E RISPETTO DEL TERRITORIO PER UN NUOVO STILE DI VITA NELLE CITTÀ ETTORE PRANDINI “Sono le case a fare un borgo, ma sono gli uomini a fare una città” diceva Jean Jacques Rousseau nel 1700. Dopo tre secoli il principio è sempre valido e ha portato spesso le città ad assomigliare ad agglomerati senza anima, senza verde, senza una qualità della vita vera per chi ci abita. Negli ultimi 50 anni in Lombardia l’unica preoccupazione sembra essere stata quella di costruire. Una specie di religione del mattone e del cemento che poche volte si è integrata con una visione dell’ambiente circostante. In cinquant’anni il suolo urbanizzato della nostra regione è aumentato del 235%. Una colata di cemento che dagli anni Cinquanta ha continuato a ingrandirsi rubando suolo agricolo, facendo strage di fiori e animali e mettendo a rischio la stabilità idrogeologica del territorio. In cinquant’anni, dal 1955 al 2011, le superfici agricole utilizzate sono diminuite di oltre il 25,4% passando da 1.322.017 ettari a 986.853 ettari. Tra i territori in cui il cemento è aumentato più velocemente c’è il Bresciano dove negli ultimi anni sono spariti oltre 2 ettari di terra ogni giorno. Mentre nel Bergamasco si è persa un’estensione di suolo agricolo pari a circa 7 volte la superficie del Parco Nord Milano. Milano si conferma la provincia con più aree urbanizzate (62.618,8 ettari nel 2007), e proprio su questo territorio si sta realizzando una delle nuove grandi opere viabilistiche che stanno interessando la nostra regione: la Tangenziale Est Esterna di Milano e la nuova autostrada Brescia Bergamo Milano (Brebemi). Di fronte a un panorama del genere, una speranza viene dalla nuova politica del verde e da una nuova visione della qualità della vita negli agglomerati urbani. Se Sondrio è il capoluogo di provincia più “green” della Lombardia, sia per densità, che per disponibilità pro capite del verde urbano, Milano è la città dove si contano più metri quadrati occupati dal verde: oltre 21 milioni di metri quadrati. Solo nei capoluoghi di provincia si contano in tutto più di 61 chilometri quadrati di verde urbano. Una presenza che
contribuisce a migliorare la qualità della vita nelle città ma che, allo stesso tempo, richiede cure e manutenzione. E gli interventi sul patrimonio verde pubblico possono rappresentare una leva per rilanciare l’attività delle oltre cinquemila aziende che operano nel florovivaismo lombardo. Il verde storico caratterizza le città di Monza, dove rappresenta l’86,4% del verde urbano (pari a 7 milioni di mq) e Pavia dove è pari al 53,7% del verde totale (cioè più di 1,4 milioni di mq). A Milano il verde storico copre il 45,6% di quello complessivo (cioè quasi 10 milioni di mq) mentre a Brescia il 32,9% (per un totale di 1,7 milioni di mq). Queste ultime due città rientrano anche tra quelle in cui le aree a verde attrezzato (che includono aree adibite a giardini di quartiere con giochi per bambini, aree cani, ecc.) incidono per oltre il 20% sulla dotazione del verde. In particolare, a Brescia sfiorano il 28% del totale, mentre a Milano rappresentano il 27%. Percentuali elevate si registrano anche a Bergamo (37,7%) e Cremona (29,3%). E non dimentichiamo il boom degli orti urbani. Secondo la mappa 2014 elaborata da Coldiretti Lombardia, dal 2012 a oggi il numero è passato da circa 2.000 a quasi 2.800 appezzamenti. Nelle amministrazioni comunali si sta rafforzando la propensione a creare zone di orti urbani che assolvano a una duplice funzione: da una parte fornire ad anziani e famiglie un servizio con costi di gestione molto limitati, dall’altra migliorare la vivibilità delle periferie dove di solito queste aree vengono ricavate e attrezzate. L’orto urbano, a terra o sul balcone, è un modo per riscoprire il legame con la terra, con il ciclo delle stagioni e ha anche un effetto benefico sulla salute fisica e psichica. La nuova politica urbanistica non è, quindi, una scelta statica che riguarda solo la previsione di aree più o meno edificabili, ma deve puntare a una nuova qualità della vita, dei servizi, dell’ambiente per delle città dove l’abitare sia una dimensione dell’esistenza e non solo una necessità.
La nuova politica urbanistica non è una scelta statica che riguarda solo la previsione di aree più o meno edificabili, ma deve puntare a una nuova qualità della vita.
Ettore Prandini Presidente della Coldiretti Lombardia e della Federazione Provinciale Coldiretti di Brescia
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RINATURALIZZAZIONE? PROCESSI DI RIGENERAZIONE E TATTICHE DI RIUSO ISABELLA INTI Il termine francese per vuoto “friche”, originariamente era legato al mondo rurale, e in agricoltura designava il terreno agricolo lasciato a riposo (a maggese/jachère) – rotto e abbandonato – tra una semina e l’altra, perché si rigenerasse. Se il terreno abbandonato inizia a rimboschirsi spontaneamente si parla poi di rinaturalizzazione/accrus. I luoghi abbandonati e i piccoli spazi residuali rinaturalizzati sono un terzo paesaggio (Gilles Clément, 2006), e sono fondamentali, così come i parchi e le riserve naturali, per la conservazione della diversità biologica. I parametri concettuali dell’urbanistica tradizionale intendono il processo di rivitalizzazione di un vuoto, come conversione e rinnovo urbano. Comunque questo, al meglio, elimina le aree dismesse a livello fisico, materiale. Si pensa solo in termini di “vuoto d’uso funzionale”, lasciando da parte il tema del “vuoto di significato”. Ma dietro ad ogni vuoto fisico o area abbandonata, ci sono altri tipi di assenza: il vuoto sociale nelle forme della povertà e della disoccupazione, spesso il vuoto intellettuale sotto forma di soluzioni datate o il vuoto politico nell’incapacità di proporre soluzioni alternative alla pura riconversione funzionale. Quali immaginari e culture urbane parlano di riuso dei vuoti e di riattivazione di spazi in abbandono? Possiamo intendere la rinaturalizzazione e la ruralizzazione urbana come strategie lente affinché una molteplicità di attori, essenze e animali pionieri, possano colonizzare i territori dell’abbandono? Esistono una pluralità di modi per riattivare spazi residuali e grandi aree dismesse, alcune pratiche sono codificate e istituzionalizzate, altre sono ai margini, tollerate o rifiutate dalle Istituzioni. Le forme più tradizionali di pianificazione e progettazione urbana tentano di riattivare il potenziale di queste aree attraverso concorsi di idee, masterplan e progetti di lunga durata, coinvolgendo architetti, urbanisti, ma anche economisti, fotografi e sociologi. Attraverso un percorso che prevede la tabula rasa e la ri-fondazione di una nuova render city vengono restituite alla cittadinanza, in un primo momento, solo immagini, render di esterni e interni, dati quantitativi sul futuro delle aree riconvertite. Spesso questo processo, se non accompagnato da un percorso di progettazione e coinvolgimento della comunità locale, non facilita il dibattito pubblico sulla qualità dei futuri pezzi di città, ma, anzi, innesca incomprensioni e opposizioni tra comitati, futuri destinatari, progettisti, immobiliari e investitori. Fin dal 1986, con l’articolo “Progetto di suolo” comparso su “Casabella” n. 521, è Bernardo Secchi che propone una revisione critica del modo di progettare la città indicando nel vuoto, un modo di fare progetto, il progetto di ciò che sta tra le cose, un’infrastruttura sociale. C’è una città inversa “La città elementare”, dove il progetto di suolo si apre 8
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all’innovazione, alla sperimentazione di nuovi modi d’uso dello spazio. A fine anni ’90 molti architetti si sono liberati dei limiti delle loro pratiche professionali per estendere le loro competenze a complesse aree urbanistiche, programmatiche e infrastrutturali. Sembra che architettura, urbanistica, architettura del paesaggio e pianificazione urbana si stiano muovendo verso una forma di pratica condivisa, il Landscape Urbanism (LU). Questa nuova fusione disciplinare è stata avviata dal symposium e mostra del 1997 organizzati alla Harvard University da Charles Waldheim. I temi principali promossi dal LU per la rigenerazione di spazi in abbandono sono la definizione di un nuovo immaginario, l’organizzazione delle superfici, il metodo di lavoro operativo sul campo e i processi in divenire. Terra Fluxus secondo James Corner di Field Operation e non Terra Firma, è il nuovo modo di guardare ai processi mutevoli, provvisori e temporanei che si avvicendano lungo e attraverso il territorio urbano. L’intento di coniugare usi temporanei e pianificazione urbana di lunga durata guarda al progetto come un processo aperto, un palinsesto che permetta ai partecipanti (progettisti, abitanti, usufruttuari) di adattare nel corso del tempo gli spazi, di poter sbagliare e cambiare funzioni, di sviluppare un progetto evolutivo e indeterminato, pur mantenendo un certo grado di continuità spaziale ed este-
L'intento di coniugare usi temporanei e pianificazione urbana di lunga durata guarda al progetto come un processo aperto, un palinsesto.
Isabella Inti socio fondatore e Presidente di Temporiuso, docente di Urban Planning al Master in Architecture, Politecnico di Milano.
tica e un’indispensabile qualità di strutture e infrastrutture primarie. Nel 1970, il sociologo Lucius Burckhardt criticava la pianificazione funzionalista che partiva dall’analisi per poi arrivare a un progetto definitivo e proponeva un metodo alternativo di “pianificazione aperta” (Offenen Planungs), non programmata, che nel tempo potesse accogliere in libertà usi diversi e imprevisti. Come pure Rem Koolhaas in Delirious New York del 1978 è alla riscoperta di una instabilità programmatica, in cui tenta di combinare specificità architettonica con una indeterminatezza programmatica. Da un’osservazione attenta dei territori di frangia e terreins vagues emergono gli usi spontanei di riuso parassitario e mimetico di popolazioni di invisibili quali migranti senza permesso di soggiorno o senza tetto, oppure le forme di riuso e colonizzazione da parte di comunità locali di abitanti con progetti informali di risemantizzazione e condivisione, o ancora forme di lotta per la rivendicazione di diritti abitativi e culture alternative con occupazioni abusive e autogestioni di spazi. Da oltre un decennio in tutta Europa esistono, poi, le pratiche di riuso temporaneo di spazi vuoti con progetti abitativi, lavorativi e per il tempo libero, con contratti ad uso temporaneo di breve durata, che grazie a politiche tolleranti, hanno spesso innescato processi di rigenerazione urbana imprevisti. Nel 2003, la ricerca “Urban Catalyst” a Berlino, e, dal 2009, la ricerca-azione “Temporiuso” a Milano, tracciano nuove linee guida per l’attivazione di progetti di riuso temporaneo di spazi in abbandono o in attesa di trasformazione. Recentemente, il libro Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, in Italia interpreta il riuso come un percorso che si articola in sette mosse: la mappatura e la tassonomia degli spazi vuoti per conoscere le diverse tipologie di una potenziale offerta; la mappatura delle popolazioni che potrebbero poi fruire degli spazi; i nuovi cicli di vita da reinserire con tempi di riuso legati a esigenze site-specific; i livelli di architettura e infrastrutture primarie per poter riabitare dei luoghi per lungo tempo abbandonati o rimasti incompiuti; le regole per l’accesso e la condivisione degli spazi; le possibili politiche pubbliche per consolidare e rinnovare queste pratiche. Qui sono descritte delle possibili linee guida per attivare progetti di riuso di spazi in abbandono e sottoutilizzati, terreins vagues, e spazi della rinaturalizzazione, che ci auguriamo possano essere anche un laboratorio per comunità di cura e di progetto, dei progetti tra spazio e società.
FUTURI UTENTI
FUTURE ATTIVITÀ
studenti
appartamento
associazioni di quartiere
info point sul progetto
abitanti del quartiere
spazi per associazioni
PIANO PRIMO
PIANO TERRA
locale caldaia e deposito
PIANO INTERRATO
Progetto di riuso temporaneo della Palazzina 7 di viale Molise 62 a Milano, realizzato a cura di Temporiuso.net in collaborazione con il Consiglio di Zona 4 del Comune di Milano. Progetto per riattivare la palazzina per 3 anni. Esso prevede: tre spazi al piano terra destinati ad associazioni che operino nella Zona 4, micro-infopoint situato in ingresso e corpo scala, un piccolo appartamento di tre stanze per studenti al piano primo, un vano attrezzato a cantina nel piano interrato. Nella pagina a fianco: vista dell'area che ospita numerose palazzine liberty.
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INTERVISTA AD ANNA ZAHONERO XIFRÉ A CURA DI ANTONIO ANGELILLO
Come l’architettura del paesaggio può partecipare allo sviluppo della città? Penso che l’apporto principale che può fornire l’architettura del paesaggio consista nella sua componente analitico-progettuale capace di trovare il necessario inquadramento per la massima efficienza ecologica. La città è un sistema che richiede un consumo costante e molto sostenuto di energia superiore a quanto possa produrre essa stessa. L’architettura del paesaggio detiene una certa attitudine a comprendere quali siano i processi che possano svilupparsi per trovare in essi la massima efficienza: minimo costo in termini energetici e di risorse, anche economiche. Intendere il progetto dal punto di vista della sostenibilità e attraverso i processi degli apporti non inerti, ma biologicamente vivi alla città, penso in definitiva che sia il maggiore contributo allo sviluppo urbano da parte della disciplina.
Esiste una linea molto chiara per ricostruire la relazione tra questi due elementi, ripensando la transizione urbana verso la campagna, ma soprattutto come la campagna possa apportare una miglioria culturale e ambientale alla città. Si crea in questo modo uno spazio sufficiente per sviluppare idee su come intendere tale vincolo. In realtà la città usa lo spazio rurale quasi come fosse uno spazio ludico: i percorsi ciclabili che escono dalla città, la possibilità di esercitare attività sportive e altro. È percepita come risorsa naturale disponibile nelle immediate adiacenze della città. Il tempo libero sta iniziando a cucire la relazione tra due elementi che una volta erano molto distanti. Attraverso l’architettura del paesaggio bisogna iniziare a razionalizzare e a riequilibrare tale relazione. Esiste uno spazio fisico di relazionamento: il perimetro urbano si estende sul territorio, mentre la ruralità si sviluppa al suo interno.
Come la consapevolezza ambientale degli ultimi decenni ha influenzato l’architettura del paesaggio? In forma determinante. Negli anni ’80 e ’90 a Barcellona, la città da cui provengo, l’architettura del paesaggio si occupava principalmente di questioni inerenti lo spazio pubblico urbano. La coscienza dell’ambiente, dei cambiamenti climatici, dell’esigenza di ridurre il consumo di risorse naturali si è introdotta un po’ alla volta nella cultura progettuale che aveva interessi intellettuali verso la società. Ormai l’ambientalismo è perfettamente immerso nel progetto del paesaggio, che, pur riconoscendo la sua tradizione passata, ha ora in più l’agilità per cercare quei meccanismi che la rendono necessaria per la costruzione del mondo futuro.
Come si può progettare con la biodiversità all’interno di contesti costruiti di aree metropolitane? Probabilmente è uno dei temi più urgenti e importanti che l’architettura del paesaggio deve affrontare oggi. Certo, il paesaggista lavora frequentemente e con una certa tranquillità in contesti agroforestali, dove non si pongono particolari problemi. Tuttavia, ritengo che in ambito metropolitano sia determinante tentare di relazionare il sistema urbano, un sistema così poco autonomo e molto isolato, con residui di paesaggi ibridi tra forme agricole fragili, linee d’acqua, sistemi forestali che presentano problemi di sopravvivenza. Si tratta tuttavia di sistemi necessariamente interconnessi. Questi sono come dei piccoli doni che si offrono alla società e per tale motivo si deve affrontare il tema progettuale con gli strumenti dell’architettura del paesaggio. Quest’ultima deve fornire risposta al conglomerato delle relazioni sociali, alle condizioni ecologiche di flussi e di
Lo sviluppo contemporaneo ci restituisce una dimensione frammentata della città e della campagna. Come può l’architettura del paesaggio intervenire in queste circostanze?
In ambito metropolitano è determinante relazionare il sistema urbano con residui di paesaggi ibridi tra forme agricole, linee d'acqua e sistemi forestali. 10
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Antonio Angelillo direttore di ACMA, Centro Italiano di Architettura.
Anna Zahonero Xifré laureata in biologia presso l’UPC di Barcellona, specializzata in architettura del paesaggio.
L'equilibrio della biodiversità coincide con l'equilibrio del territorio. Dobbiamo introdurla nella stima di tutti i progetti urbani. connettività e a quelle proprie dei sistemi urbani. Il progetto deve alla fine costruire tale territorio ibrido e in più sottoposto a pressioni significative. È necessario affrontare temi del genere se si vuole costituire istituzionalmente un “insieme di città” in un’area metropolitana. La biodiversità può essere una risorsa, anche un valore economico? Certamente. Ci sono molti paesi che lo hanno addirittura inserito nel PIL in termini economici, di valori ambientali prodotti dalla biodiversità nel rapporto tra le persone e la natura. Dobbiamo tentare di introdurre tale pratica anche in tutti i conti economici, nella stima di tutti i progetti urbani. Gli organismi biologici non possono vivere da soli, ma relazionati gli uni agli altri. Dobbiamo proteggere tali relazioni e favorirne un’evoluzione. L’equilibrio della biodiversità coincide con l’equilibrio del territorio: è la giusta relazione tra un sistema agricolo produttivo funzionante, un sistema forestale controllato, una superficie ben relazionata con il sistema urbano, in modo che si possa verificare il giusto equilibrio delle intensità che si producono in termini di consumo energetico, del suolo, di alimenti, ecc. In un contesto così costruito si può sviluppare con successo la biodiversità. Non si tarderà molto a introdurre la biodiversità come indicatore economico nel linguaggio comune nei sistemi economici standardizzati, per esempio, nei bilanci delle pubbliche amministrazioni, esattamente come gli indici della finanza, ecc. Cosa pensi del caso di Lentate e della valle del Seveso attualmente sottoposto a progetti di messa in sicurezza del sistema idrogeologico? È un’area dotata di un enorme potenziale. È vero che si tratta di un sistema urbano esteso ma non è molto denso, non richiede, quindi, molta energia; inoltre, è collocato tra ambiente agricolo e forestale. In questo senso, e in termini più generali, si può riscontrare un certo equilibrio. In questo ambiente specifico si innestano poi questioni di un certo interesse che attengono a un’area più am-
pia, al sistema metropolitano. Si tratta di un sito che presenta comunque alcune problematiche concrete. Per esempio il torrente Seveso presenta una qualità di acqua sotto i limiti prescritti e uno scarso relazionamento con il suo intorno. Le questioni aperte in ambito metropolitano, come la laminazione e la rete ecologica, possono diventare pretesti per intervenire positivamente sull’area di Lentate che di per sé presenta già molte risorse, come gli spazi non occupati dall’urbanizzazione, un’agricoltura diffusa che potrebbe diventare un potenziale anche economico, un certo equilibrio del sistema forestale. Il caso di Lentate potrebbe diventare un caso esemplare per l’intera area metropolitana a nord di Milano. Cosa pensi della contraddizione espressa da questa parte della Lombardia, ricca economicamente, ma con un territorio così poco equilibrato? È una situazione che si è creata quasi per caso, per sommatoria di questioni complesse. Non penso che sia mai esistita una consapevolezza sullo sviluppo di questo tipo di territorio che, in realtà, genera uno squilibrio così rilevante. Oggigiorno sempre più si cercano dei meccanismi che permettono di intervenire in ambiti densamente urbanizzati a partire dal territorio rurale. Finora la prospettiva urbanistica considerava unicamente lo sviluppo delle città sul nulla, sul vuoto. Recentemente, i cittadini riconoscono in quei vuoti qualche valore, sociale, ecologico e, in qualche modo, questo conduce che a medio-lungo periodo si stabiliscano maggiori equilibri tra gli elementi. Direi che si renderanno complementari a quelle attrattività tipiche delle centralità urbane, come la cultura e i servizi collettivi, che sono tipici della sopravvivenza della specie umana, a cui ovviamente non dobbiamo rinunciare, quelli ambientali, ricreativi e produttivi. Molti studi e ricerche si stanno sviluppando e sono sicura che non tarderanno a essere impiegati progettualmente in aree che presentano problematiche come quelle riscontrate nell’area metropolitana lombarda.
Immagini realizzate in Zona 9 dopo l'esondazione del fiume Seveso, Milano, luglio 2014 (da: beppegrillo.it).
L’intervista è stata realizzata a Milano durante il workshop “Reti ecologiche. Progettare con la biodiversità in ambito metropolitano”, ottobre 2014, nell’ambito del Master in Architettura del Paesaggio UPC Barcellona / ACMA Milano (paesaggio.it).
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INTERVISTA A PAOLO LASSINI A CURA DI DANIELA VILLA
Parlando di rinaturalizzazione urbana, rispetto a città come Milano, ha senso oggi fare distinzione tra interventi da attuare in aree centrali, periurbane e periferiche? Si può fare riferimento a sistemi verdi diffusi su un territorio metropolitano, che non tengono conto della differenza tra “interno” ed “esterno”? Certamente ha senso mantenere una differenza. Un sistema verde diffuso non permette una fruizione intensa e la sua affermazione richiede tempi più lunghi. Questo non toglie, come si vede bene in varie città estere, che il verde diffuso possa essere una parte del verde urbano accompagnando aree verdi di pronto effetto e che richiedono una manutenzione costante e intensa. Il verde estensivo non può sostituire le funzioni svolte in città dal verde urbano tradizionale, ma le può completare, inserendo alcune aree di maggiori naturalità.
da una parte una propria struttura centralizzata in grado, sia di pianificare e innovare strategie, che di valutare, monitorare e controllare quanto avviene nella gestione decentrata, dall’altra la esternalizzazione della maggior parte della operatività, sia per gli interventi di investimento, che di manutenzione. A fianco della struttura centralizzata dovrebbe operare in parallelo una struttura pubblica operativa dello stesso ente, con maestranze ramificate sul territorio in grado di: sopperire alle emergenze e a situazioni di degrado comunque verificatesi; effettuare e gestire aree verdi modello; interagire con i cittadini e le loro associazioni; assicurare un presidio continuo nelle diverse zone; coordinare l’affidamento di lavori in rapporto fiduciario agli agricoltori per il verde estensivo periurbano e rurale. Un buon rapporto tra il volume di lavoro eseguito in appalto e quello eseguito in
Qual è secondo lei il modo migliore per affrontare la sostenibilità economica di un buon “piano del verde metropolitano”? Quali soggetti devono essere coinvolti e di quali interessi bisogna tener conto? La declinazione degli obiettivi del sistema verde di una città metropolitana e della relativa strategia è alla base della redazione e attuazione di un piano del verde. Non è così scontato come possa sembrare: varie città si dotano, ad esempio, di un regolamento del verde prima di avere definito almeno la strategia se non un piano vero e proprio. La sua sostenibilità economica deriva, sia da un’opportuna differenziazione delle aree a verde di pronto effetto e di verde estensivo, e, quindi, ad una differenziazione della intensità di manutenzione, sia dalla gestione e organizzazione del lavoro nel breve, medio e lungo periodo. L’organizzazione e gestione del verde metropolitano dovrebbe vedere, inoltre,
amministrazione diretta con agricoltori e associazioni, potrebbe essere di 4:1. Mai come ora la popolazione è stata sensibile alla esigenza di avere spazi verdi e di sentirli propri, per questo una parte del verde urbano e rurale può essere affidato ad associazioni di cittadini, come del resto bene indica la legge quadro sul verde urbano 10/2013. Ancora ritengo che la sostenibilità economica delle aree verdi possa essere incrementata attraverso gli sponsor e la loro gestione di aree verdi con un possibile cambiamento culturale: passando dalla sponsorizzazione di aree già esistenti, alla formazione di vere aree verdi fruibili a corredo dei propri insediamenti commerciali o industriali.
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Quali aspetti culturali, oltre a quelli tecnici, sollecitano e sviluppano gli interventi di rinaturalizzazione urbana (sistemi di parchi, filari, boschi, orti, ecc.). Quali positive ricadute
Paolo Lassini consigliere dell’Ordine di Milano del CONAF (Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali)
economiche possiamo stimare? Principalmente la presa di coscienza del valore e della non surrogabilità delle aree verdi, in quanto indispensabili per la qualità della vita in città, nelle periferie e nello stesso territorio rurale. In una simile visione culturale ogni comprensorio dovrebbe avere una sua dotazione di superficie a verde anche di maggiore naturalità, non delegabile o compensabile con aree esterne e del tutto scollegate. Così possono esser ripresi, valorizzati o ricreati spazi verdi dove, in particolare, si possa manifestare un certo grado di biodiversità e di apprezzamento dei cicli naturali: la presenza anche minima dell’acqua è un elemento che ben caratterizza le aree di verde estensivo. Aree non fruibili, ma ben visibili, ben si prestano a interventi di rinaturalizzazione. Le stesse nuove infrastrutture potrebbero essere meno impattanti se il loro progetto prevedesse aree di rispetto adeguate di verde estensivo anche produttivo. L’inserimento o il ripristino di elementi naturali e estensivi nel territorio quali boschi, boschetti, filari, siepi, fontanili, sponde di canali, dovrebbe essere accompagnato da una adeguata informazione sulla gestione eco-
più liberamente, sono indispensabili nel territorio urbanizzato e le loro funzioni non possono essere sostituite da altre forme produttive più o meno verticali, o da spazi verdi puramente simbolici. Gli orti urbani e le iniziative agricole puramente dimostrative, hanno avuto e hanno un’importante funzione sociale, di aggregazione, e anche produttiva per le famiglie interessate, ma non rappresentano l’attività di una azienda agricola. Penso che la vera sfida, che nel passato ci ha portato alla creazione anche di grandi spazi verdi pubblici estensivi, ora debba rivolgersi alla creazione di fattorie urbane intese come aziende agroambientali modello, che contemporaneamente producano beni alimentari e siano in grado di fornire servizi ambientali e sociali. La superficie coltivata deve permettere una vera attività imprenditoriale agricola di qualità e multifunzionale: un’ipotesi di dimensionamento minimo esemplificativo può essere di almeno 30 ettari, con una dotazione di verde naturaliforme su almeno il 10% della propria superficie complessiva. Una simile fattoria urbana potrebbe effettuare produzioni di alta qualità e caratteristiche del territorio, mantenendo sia una
nomica di questi elementi, che prevede anche il loro utilizzo per la produzione di legna, irrigazione con interventi selvicolturali. La continuità paesaggistica di questi elementi può essere mantenuta distribuendo opportunamente gli interventi di taglio, sostituzione, manutenzione, nel tempo e nello spazio.
agrobiodiversità, che una biodiversità naturale, e offrendo innumerevoli servizi alla popolazione.
Riguardo al tema del rapporto tra la città e la produzione di cibo (visto anche l’avvicinarsi di Expo 2015), quali sono le caratteristiche principali per il buon funzionamento di una “fattoria urbana”, che rispetto ai modelli degli orti urbani e delle vertical farms sembra essere la più realistica e praticabile per il territorio italiano? Quale la sua ragionevole massa critica sostenibile economicamente? Gli spazi verdi, intesi come superficie non impermeabilizzata ove la natura si possa manifestare
Ci sono incentivi e risorse economiche verso il recupero di agricolture multifunzionali? Certamente. In particolare, nel 2015, prenderà il via l’attuazione del prossimo Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 che contiene molte forme di incentivazione per una agricoltura multifunzionale e, in particolare, per la realizzazione di colture sostenibili, interventi agroambientali, siepi, filari, aree umide, mantenimento di acqua invernale nelle risaie, fornitura di servizi ambientali, ma anche interventi per fonti di energia rinnovabile e, più in generale, per lo sviluppo delle aree rurali, anche attraverso progetti integrati di area. Quindi, la creazione di fattorie urbane eccellenti non è un problema economico, ma di scelta precisa e condivisa e le occasione potrebbero essere numerose.
Azienda agroambientale La Forestina (Cisliano, Milano). Da sinistra: una veduta dei campi; il Sentiero Virgiliano nel bosco secolare; un viale fiancheggiato da alte siepi; un piccolo allevamento di mucche Varzesi, razza locale in estinzione.
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LA CONSULTA A URBANPROMO Dall’11 al 14 novembre 2014 si è svolta a Milano, presso la Triennale di Milano, l’XI edizione di Urbanpromo, evento culturale di riferimento sul tema della rigenerazione urbana. La Consulta regionale lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, avendo valutato positivamente l’offerta culturale della rassegna, ha condiviso e promosso 19 corsi e seminari delle giornate
milanesi, permettendo ai suoi iscritti di parteciparvi di persona, o, in alternativa, via webinar (e di acquisire crediti formativi richiesti al CNAPPC). In particolare, sono stati individuati tre eventi − “La filiera del Social Housing: gli attori, i progetti” (12 novembre); “Città Metropolitana: politiche e pianificazione” e “Europa 2020 e sviluppo place based. I Territori Snodo per la costruzione dell’Agenda Urbana” (13 novembre)
– offerti gratuitamente agli iscritti di Consulta in modalità webinar. Riportiamo, qui di seguito, due brevi interviste ad alcuni dei protagonisti della manifestazione, Stefano Stanghellini, Presidente di Urbit (Urbanistica Italiana srl), Vittorio Salmoni, Consiglio di Amministrazione di Urbit, e Gian Luca Perinotto, che ha coordinato la partecipazione della Consulta all’evento Urbanpromo.
INTERVISTA A STEFANO STANGHELLINI E VITTORIO SALMONI A CURA DI IGOR MAGLICA Questa che si appena conclusa è stata l’undicesima edizione di Urbanpromo, ormai quasi un appuntamento d’obbligo per tutti coloro (i professionisti, ma anche i “semplici” cittadini) che si interessano alle problematiche urbanistiche contemporanee. Su quali temi e interessi si è caratterizzata questa edizione rispetto alle precedenti? È ormai opinione condivisa che Urbanpromo sia la più importante e completa rassegna di progetti, strategie, politiche, programmi che riguardano le città e i territori Italiani. Nel corso di questi undici anni di attività UP ha saputo interpretare le tendenze, gli obiettivi e, soprattutto, le richieste che provengono non solo dagli ambiti di più diretto riferimento, quali le amministrazioni pubbliche ai vari livelli, centrale e locali, i professionisti, gli imprenditori, il mondo culturale e della formazione, ma anche da vasti settori di una società sempre più interessata alla partecipazione nella governance dei processi di trasformazione. Nelle ultime edizioni questa capacità si è espressa ancora più chiaramente con la definizione di temi e con approcci sempre più interdisciplinari, proprio per cogliere appieno la complessità che caratterizza il continuo cambiamento delle città e del territorio. Accanto ai qualificati interlocutori che UP si è scelto in questi anni, che appartengono al mondo accademico, professionale, dell'alta amministrazione pubblica, compaiono sempre più spesso nei convegni e nei dibattiti delle intense giornate della rassegna, soggetti che appartengono ad altri mondi, in primo luogo al mondo culturale nella sua più vasta definizione. Ad esempio, quest’anno, a parlare di Expo 2015, assieme a progettisti dei Padiglioni, a urbanisti responsabili della riconversione 14
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delle aree post Expo, ad analisti delle dinamiche immobiliari, sono stati chiamati artisti e light designers per introdurre visioni e “sguardi laterali”. Anche se conclusa da poco, si può già provare a fare un bilancio dell’edizione di quest’anno? Lo scenario offerto dalla Triennale di Milano ha indubbiamente costituito un “valore aggiunto” ad una edizione importante che, a dispetto dell’attuale situazione critica del Paese e del settore immobiliare in particolare, ha fornito innumerevoli spunti e approfondimenti nei vari campi tematici. Chi si occupa di Social Housing, ad esempio, ha avuto il più ampio e completo quadro sulla evoluzione che le politiche abitative hanno maturato nel nostro paese. Il processo di formazione della Città Metropolitana è stato riposizionato sulle ragioni economiche e sociali, di sviluppo sostenibile del territorio e di gestione efficiente dei servizi, che soprattutto giustificano la nuova realtà istituzionale. Urbanpromo, tuttavia, quest’anno non si conclude con le quattro giornate della Triennale. Una delle principali novità di questa edizione è il superamento della tradizionale mostra con la Galleria online di progetti. Costruita in versione bilingue, continuerà ad essere alimentata da nuovi progetti anche nei prossimi mesi e farà conoscere in tutto il mondo le iniziative e le qualità progettuali del nostro Paese. Uno dei temi riguardava il nuovo ciclo di programmazione comunitaria Europa 2020. Attualmente, qual è la situazione italiana rispetto a questo importante appuntamento? Malgrado i ritardi che si sono accumulati in tutte le sedi de-
cisionali, testimoniate dal fatto che l’Accordo di partenariato italiano è stato approvato solo di recente e che molti POR (Programmi Operativi Regionali) sono ancora in via di definizione, c’è una grande aspettativa sulle Agende Urbane che le città stanno definendo, con riferimento agli obiettivi della programmazione europea. Le Città Metroplitane e le aree interne stanno per divenire gli scenari operativi principali dei programmi nazionali, ma una grande occasione è data anche a quei “territori intermedi” che costituiscono il tessuto vitale del Paese e che con la loro vitalità, anche in questi anni oscuri, hanno reagito positivamente alla crisi. Alle città sono offerte varie opportunità di aiuti legati alla capacità di aggregazione e di strategia comune, fondata su obiettivi condivisi. Si tratta di un forte incentivo allo sviluppo e all'azione locale, i cui primi elementi riconoscibili sono apparsi nella interessante iniziativa che il Ministero delle Infrastrutture ha organizzato quest’anno. In questa edizione abbiamo assistito a tantissimi incontri sempre molto partecipati e l’impressione che si è avuta è che Urbanpromo stia sempre più sviluppando programmi anche dal punto di vista dell’offerta formativa. È una stra-
tegia che intendete perseguire? Potete già darci qualche anticipazione sull’edizione dell’anno prossimo, quella dell’Expo 2015? Da sempre Urbanpromo cura i rapporti fra tutti i settori della cultura e dell’economia che si occupano di città, territorio, ambiente, e opera perché si creino, fra essi, occasioni di confronto e di scambio. Uno di tali settori è certo quello della formazione universitaria. Nell’edizione di quest’anno Urbanpromo ha cercato di qualificare molto il proprio programma, rendendolo idoneo a contribuire all’aggiornamento e alla qualificazione delle professioni tecniche. I positivi risultati raggiunti sono il frutto della generosa e proficua collaborazione che ci hanno dato i colleghi impegnati a dirigere gli Ordini degli architetti, degli ingegneri e degli agronomi. Noi architetti e ingegneri impegnati nello sviluppo dell’attività culturale dell’INU questa volta non ci siamo sentiti soli. Ci siamo sentiti parte di una grande comunità professionale, coralmente impegnata a trovare vie d’uscita dalla difficile situazione in cui ci troviamo. L’ottima riuscita di questa edizione ci porta a pensare che la prossima edizione non potrà che essere a Milano e alla Triennale. Qualsiasi altra sede difficilmente, nelle condizioni attuali, reggerebbe il confronto.
INTERVISTA A GIAN LUCA PERINOTTO A CURA DELLA REDAZIONE DI “AL” Ti sei occupato attivamente dell’organizzazione dei numerosi eventi formativi offerti agli iscritti della Consulta. Quali sono stati gli stimoli ma anche le modalità di interrelazione con un contesto così grande e già consolidato? L’aspetto più sorprendente è che si riescano ancora a organizzare rassegne di urbanistica e territorio di una tale consistenza. Intendo dire che la preparazione di Urbanpromo rende evidente la permanenza nel nostro Paese di associazioni organizzate in grado di mettere in campo iniziative di alto valore culturale. Certo, con grande fatica di risorse umane e intellettuali. Esiste, credo, una sorta di intento comune a molti, coinvolti negli eventi in Triennale, che può essere descritto come un impegno a migliorare le cose che si conoscono. Questo fatto ritengo che sia una vera ricchezza per tutti, al di là di quelle che sono le “contingenze economiche e finanziarie attuali”, nel senso volgarizzato dei termini. Con il Presidente hai avviato e sviluppato la sinergia con Urbit. Come giudichi l’esperienza di Urbanpromo dal punto di vista della Consulta? I 19 eventi accreditati che si potevano seguire dal vivo, di cui tre in modalità webinar, sono stati apprezzati e seguiti dagli iscritti di Consulta? Cosa ci può insegnare questa esperienza, in termini positivi ma anche migliorativi, per le nostre strategie di comunicazione? Gli architetti sono stati partecipi e attivi in tutta la manifestazione. In particolare la preminenza dei lombardi è derivata dalla sede milanese di Urbanpromo, ma anche dal coinvolgimento di Consulta nell’iniziativa e dalla possibilità di seguire gli eventi in rete, cosa che abbiamo ritenuto molto importante e che ha avuto un riscontro molto positivo. Penso che la pratica dell’aggiornamento professionale, resa obbligatoria dall’inizio di quest’anno per tutti gli iscritti, si stia a poco a poco trasformando in una necessità personale di ognuno di noi a condividere esperienze,
scambiare idee, raggruppare istanze, sollecitare cambiamenti. Ecco, se vogliamo parlare di strategie di comunicazione degli architetti, sono convinto che ci si debba rafforzare tutti su un obiettivo, come si è provato a fare concretamente a livello di Ordini e di Consulta nell’ultimo periodo: quello dell’“apertura” verso l’esterno, verso gli enti, le altre professioni, la società. È mia opinione che la colpa più grave del passato, che dobbiamo evitare di ripetere, sia proprio la “chiusura” in noi stessi, nei nostri Ordini, parlando e discutendo principalmente tra noi, anziché con gli altri. Per l’anno prossimo, Consulta prevede di ripetere l’esperienza di Urbanpromo? Magari partecipando attivamente all’organizzazione di singoli incontri promuovendo temi che, come Osservatorio della professione, Consulta coglie e già sviluppa nelle sue iniziative? Consulta è fatta dagli Ordini territoriali della Lombardia e anche per Consulta vale quello che dicevo prima: l’associazione vive non solo grazie ai contribuiti economici, ma anche e soprattutto per merito delle risorse umane e intellettuali che ciascun Ordine mette a disposizione e a beneficio degli altri Ordini. La partecipazione attiva a qualsiasi iniziativa, in particolare a quelle che servono ad aprirsi verso l’esterno, è sintomo di questa vitalità. Urbanpromo è certamente uno di quegli appuntamenti di cui si sente il bisogno. Nel corso di questo “quatriduano” della cultura urbanistica e territoriale (mi piace usare l’espressione di Gianfranco Contini a proposito dell’effetto rigenerante di questo tipo di manifestazioni), penso che chiunque abbia partecipato si sia accorto dell’importanza degli incontri e della rilevanza degli eventi. Consulta, anche per questi motivi, si è resa disponibile a favorire e a costruire insieme a Urbit la prossima rassegna. Credo sia di grande interesse per noi tutti. 499 | 2014
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L’AGRICOLTURA URBANA DI PROSSIMITÀ NEI PROCESSI DI RIGENERAZIONE URBANA TANIA COMELLI A partire dalle prime radici medievali dell’ortogiardino, agli orti di guerra del periodo post bellico, fino ad arrivare alle molteplici forme odierne, l’agricoltura si connette indissolubilmente alla vita cittadina e si sviluppa in forme urbane che permeano il tessuto costruito. Il concetto moderno di orto urbano, lungi dall’essere una moda dei nostri tempi, nasce nei primi anni ’70 a New York grazie dall’intervento dell’artista Liz Christie che, attraverso la promozione di una vera e propria guerrilla gardening, mira a naturalizzare la città “vegetalizzando” le aree degradate e in disuso. Il movimento si espande immediatamente rispondendo alla pesante crisi urbana e finanziaria della città con i primi veri e propri community garden, orti polifunzionali gestiti da volontari, che, oltre alla produzione di cibo, divengono luoghi di incontro e integrazione. Anche in Europa il fenomeno si dirama e si radica in molte città, declinato in diverse forme che si ricollegano spesso alla tradizione precedente: dai consolidati orti sociali agli orti didattici, entrambi indirizzati a una specifica fascia d’età, fino ad arrivare alle nuove forme condivise di orto-giardino e food forest. Ad esempio, a Londra e a Parigi, le aree pubbliche come aiuole, grandi parchi cittadini e tetti sono costellate di giardini e orti di ogni dimensione e forma che, spesso gestiti da associazioni locali e felicemente manifesti e aperti a tutti, incrementano la qualità del paesaggio e della vita degli abitanti. All’interno della città diffusa il cittadino si riappropria dello spazio pubblico, dei frammenti degradati e inutilizzati, degli in-between spaces (1), ricercando un legame con un ambiente in cui è sempre più difficile riconoscersi e tessere rapporti sociali di
qualità; queste forme di agricoltura di prossimità che si collocano all’interno della cintura urbana, rispondono quindi a una evidente necessità produttiva e di risparmio economico, ma anche all’esigenza di coesione sociale, di integrazione interculturale, di sicurezza e salute, di ridisegno dello spazio pubblico e riuso del suolo proponendosi efficacemente come una delle risposte alle problematiche della città contemporanea. Di fondamentale importanza in questo scenario è la partecipazione attiva delle amministrazioni, soprattutto attraverso servizi ad hoc e chiare regolamentazioni (ad esempio la Charte Main Verte parigina), e la realizzazione di reti territoriali organiche e funzionali. Esempio italiano virtuoso è sicuramente la Regione Lombardia, in cui, secondo i dati Coldiretti (2) gli orti urbani sono aumentati del 40% dal 2012 al 2014, contando quasi 2.800 aree verdi coltivate a gestione pubblica, più alcune di iniziativa privata. Queste esperienze non sono solo episodi di coltivazione diretta di una particella personale concessa dal Comune, ma anche giardini condivisi in cui le aree sono destinate sia alla coltivazione collettiva, sia alla socializzazione e ad altri eventi connessi al progetto, come ad esempio (3) i Giardini in Transito di viale Montello, il Giardino Nascosto di via Bussola, l’Isola Pepe Verde nei pressi della stazione Garibaldi e Coltivando, orto del Politecnico di Milano e molti altri. L’amministrazione cittadina dal 2013 propone una guida “Giardini Condivisi” che informa e accompagna passo a passo i cittadini che vogliono intraprendere un nuovo progetto che possa abbellire, recuperare, migliorare lo spazio pubblico urbano nell’ottica di una nuova città coesa a misura di cittadino rispettoso, responsabile e consapevole.
L'agricoltura di prossimità si propone come una delle risposte alle problematiche della città contemporanea.
Tania Comelli laurea magistrale in Architettura per il progetto sostenibile, Politecnico di Torino.
Note: 1. Cecilia Scoppetta, Gli “in between spaces”. Elementi caratterizzanti della metropoli contemporanea, Cittalia – Fondazione Anci ricerche, maggio 2010. 2. http://www.lombardia. coldiretti.it/lombardia-ortiurbani-la-mappa-2014. 3. http://www.agricity.it/ giardini-condivisi.
Planimetria del Giardino Nascosto di via Bussola a Milano. Nella pagina a fianco: una mappa sull'agricoltura di Nieves Lopez Izquierdo (fonte: “Internazionale” n. 1073, ottobre 2014).
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Helsinki Stoccolma
Riga
Manchester
Dublino
Birmingham
Amburgo Amsterdam
Berlino
Varsavia
Liverpool L’Aia
Lille
Bristol
Rotterdam
Gand
Londra
Bruxelles
Katowice
Colonia
Praga
Bonn Bratislava
Monaco Friburgo
Parigi
Budapest
Zurigo Ginevra
Bucarest Lione Milano Vigo
Sofia Marsiglia Madrid
Lisbona
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Barcellona
Roma Napoli
Atene
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INTERVISTA AD ANNA GASTEL A CURA DI TANIA COMELLI
Grande impegno su scala nazionale è quello del FAI (Fondo Ambiente Italiano) che promuove attivamente sia arte e cultura, sia paesaggio e tradizione, contribuendo a ricongiungere la popolazione al proprio patrimonio e alla propria identità. Molteplici sono le azioni volte a valorizzare i beni ambientali attraverso iniziative e campagne efficaci che connettono l’uomo e la natura, la città e la campagna in un’ottica di condivisione delle bellezze e delle risorse del territorio italiano. Anna Gastel, vicepresidente FAI Nazionale, racconta, attraverso alcune domande mirate, l’impegno della fondazione nel sensibilizzare, educare e coinvolgere i cittadini. Che rapporto ha il FAI con i beni che tutela e come li connette al territorio? Dal 1975 l’imperativo del FAI è fare: grazie all’acquisizione di beni donati da privati, apriamo le porte delle case e dei beni restaurati a tutti coloro che vogliano fruire di una bellezza diversa da quella museale, una bellezza vissuta da padroni di casa e non subita: il visitatore può goderne come meglio crede, senza vincoli restrittivi o cordoni da non oltrepassare, sotto la supervisione di un volontario. La bellezza ha un potere terapeutico: la bellezza insegna la bellezza, genera attenzione ed esige rispetto… e devo dire che il rispetto viene dato. I beni restaurati (a oggi più di 50) sono il fulcro principale a cui si aggiunge un elemento altrettanto importante: la generazione di un “sistema” che racchiuda in sé l’intorno, le radici del posto, il paesaggio, che segni il rapporto con il territorio. Ne è un esempio il Castello di Masino, nel Canavese, in cui abbiamo pensato all’intero sistema e ai diversi modi di fruizione del bene da parte del visitatore: dal percorso per i bambini, ai curious mind, ai visitatori “mordi e fuggi”, ognuno può beneficiare della bellezza e della ricchezza di quel luogo secondo le proprie inclinazioni.
e testati personalmente dal FAI (tutti scaricabili dal sito www.faivialattea.it), attraverso cui raggiungere le cascine e gli agriturismi che rimangono aperti promuovendo didattica, cultura e vendita di prodotti locali a km 0. Sorprendenti sono stati i giovani agricoltori che si distinguono per l’alta qualità del loro lavoro agricolo e delle attrezzature e per l’imprenditorialità avanzata. Grazie a questo progetto città e campagna si riconnettono. La campagna va in città: ad esempio, al mercato degli agricoltori nel cortile delle armi e della Rocchetta del Castello Sforzesco, in cui 70 cascine possono vendere i loro prodotti al dettaglio senza nessun costo aggiuntivo; la città va in campagna: in poco tempo e con una piccola spesa, attraverso i percorsi sempre agibili e in particolare nelle giornate organizzate dal FAI, grazie anche a varie facilitazioni come il noleggio di bici a offerta libera e la possibilità di poter caricare la bicicletta sul vagone della metro nei giorni di Via Lattea. Il progetto permette di conoscere il territorio di prossimità, i prodotti direttamente da chi li produce e nel luogo in cui lo fa, portando la cascina come esempio di ripresa virtuosa dell’economia. Quindi, promuovete la bellezza accessibile a tutti e, indissolubilmente, connessa con il territorio? Il paesaggio dà felicità, che è la stessa felicità del tuo vicino. Le cose vanno sì comprese intellettualmente, ma con il cuore: l’emozione è per tutti, si può sentire senza spiegare, è una reazione empatica; si potrebbe parlare di eticità della bellezza, non empirica e fine a se stessa. L’intuizione, l’emozione unite al mangiar sano portano equilibrio, armonia e benessere e la bellezza stessa ha bisogno di armonia e di buon senso. Fëdor Dostoevskij diceva “la bellezza salverà il mondo”, e ricordo che Salvatore Settis commentò che “prima dobbiamo salvare la bellezza”.
Anna Gastel Vice Presidente del FAI (Fondo Ambiente Italiano) e Presidente FAI Lombardia.
Progetto Via Lattea. I percorsi 2014. Nella pagina a fianco: Villa Necchi Campiglio, foto di Kalle Söderman.
Il FAI ha avuto esperienze dirette di orticoltura urbana? Un piccolo esempio curato direttamente da noi è a Villa Necchi Campiglio a Milano: nella dimora disegnata da Piero Portaluppi che fu costruita sull’ampio terreno, un tempo di competenza del parco Cicogna, abbiamo realizzato un piccolo orto che ospita varietà autoctone. Molto interessante è il progetto Via Lattea, portatore della consapevolezza che Più AgriCultura = più Cibo, più Salute, più Lavoro, più Difesa del Territorio. Il progetto è nato nel 2011, in collaborazione con Giuseppe Sala, per portare l’attenzione sul tema del verde intorno al progetto dell’Expo 2015. Il programma quinquennale ha il fine di valorizzare il Parco Sud di Milano, vera e propria cintura verde di 47.000 ha in cui sono stati aperti 15 percorsi ciclopedonali segnati 499 | 2014
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LE ASSOCIAZIONI VOLTE AL RECUPERO AMBIENTALE, PRODUTTIVO E SOCIALE
RINATURALIZZAZIONE URBANA DI COMO E DEI SUOI DINTORNI COMO a cura di Roberta Fasola
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L’orto urbano, riconosciuto anche col termine più internazionalistico di “gardening”, nasce, genericamente, come opportunità di recupero di aree dismesse e/o degradate, ri-destinate alla produzione di fiori e ortaggi. Privo, per principio, di qualsiasi forma di lucro e di commercializzazione, caratterizzato da una forte funzione sociale, coinvolge i cittadini nella cura del territorio e del bene comune, consentendo così lo sviluppo dei rapporti tra le persone e la crescita di conoscenze dei prodotti e dei loro metodi di coltivazione. Secondo Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti - la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana) in Lombardia, negli ultimi due anni, si è registrato un aumento pari al 40% dei cosiddetti orti urbani: Como risulta in quinta posizione (con 154 lotti) dopo Milano (1.384), Brescia (212), Pavia (200) e Lecco (165). Entrando nello specifico delle nostre realtà locali, incontriamo varie associazioni che volgono il loro interesse in questa direzione. Tra queste spicca indubbiamente “Sistema Como 2015”, la quale, in linea coi valori promossi da Expo Milano 2015, opera per dare visibilità ai progetti green sociali: tra le sue realizzazioni si possono trovare orti urbani, ma anche scolastici e ospedalieri (case di riposo comprese); l’intento è quello di contribuire alla diffusione e al miglioramento qualitativo di spazi condivisi di socializzazione, siano questi per la cultura , lo sport, l’attesa o la ricreazione. “Sistema Como 2015” è un’associazione che opera anche all’esterno di se stessa, per valorizzare tutte quelle iniziative volte al recupero ambientale e produttivo, come ad esempio potrebbe essere per i terrazzamenti sulle pendici attorno al lago di Como, o di tutti quei luoghi che si prestino per attività di green economy. “Cooperativa sociale Il Seme onlus” riguarda un interessante progetto di agricoltura sociale in ambito psichiatrico, nato dall’esigenza di voler dare agli utenti del Centro Psico Sociale di Appiano Gentile la possibilità di aprire lo sguardo oltre le difficoltà, attraverso un nuovo approccio agli spazi della struttura: la realizzazione di un orto terapeutico, coltivato con il metodo dell’agricoltura biologica, è stato ritenuto funzione abilitante per gli utenti del servizio che, attraverso la guida di una figura specializzata (educatore esperto in ortofloricoltura) e l’interazione con la natura, incrementano le proprie abilità e recuperano benessere psicofisico, in vista anche di un graduale avvicinamento al mondo del
lavoro. Attualmente stanno sviluppando sul territorio provinciale diversi progetti di Agricoltura Sociale, orientata ai fini riabilitativi e di integrazione sociale di persone con problematiche di vari tipi (non solo in ambito psichiatrico). L’ortoterapia, utilizzata molto anche all’estero, diviene così metodo sociale per riscoprire sia il legame con la terra, sia benefici sulla salute fisica e psichica. “L’Isola che c’è” è un’associazione di promozione sociale nata nel 2005 che si ispira ai valori della “Carta dei Criteri delle Reti di Economia Solidale”, con la finalità di costruire un sistema locale di relazione e di scambio. Opera in diversi ambiti, con particolare attenzione al consumo responsabile e di filiera corta, soprattutto nel settore agricolo-alimentare, in quello energetico e dei rifiuti, attraverso proposte di riuso e di baratto. Sostiene finanziariamente il proprio lavoro attraverso la partecipazione a Bandi e la collaborazione con Comuni e altri Enti (Camera di Commercio, scuole, biblioteche, ecc.), oltre che la ricezione di donazioni spontanee. Tra i suoi vari progetti emergono: • Radici e Ali, finanziato da Fondazione Cariplo, che si occupa di sviluppo di comunità e pratiche di cittadinanza attiva nel quartiere Como Borghi, dove convivono esperienze di vita diversificate sia da un punto di vista culturale, che sociale ed economico. Per dare nuova funzionalità sociale a un quartiere dotato di spazi pubblici e luoghi di aggregazione che, nel tempo, hanno perso il loro valore e che necessitano di una riqualificazione complessiva; a cui si aggiungono edifici che devono trovare una nuova collocazione (es: ex Caserma, ex Circoscrizione) o spazi da rendere fruibili ai residenti (es. Parco di San Martino); • Oggi parte il domani, che promuove interventi diretti alla nascita e al rafforzamento di relazioni tra gli abitanti dei quartieri di Rebbio e Camerlata, con particolare attenzione ai contesti di vita (parchi, giardini, sale pubbliche, cinema). Attraverso la partecipazione attiva dei residenti, che conoscono risorse e bisogni del proprio quartiere, nonché dei suoi cambiamenti storico-sociali, si vogliono trasformare le criticità in occasioni di sviluppo; • Sistemi Partecipativi di Garanzia (SPG), che si sviluppano nei territori dei Distretti di Economia Solidale (DES) di Como, Varese e Monza, quali sistemi di assicurazione della qualità che agiscono su base locale. La certificazione dei produttori prevede la partecipazione attiva delle parti interessate (stakeholders) ed è costruita basandosi sulla fiducia, le reti sociali e lo scambio di conoscenze (IFOAM, Federazione Internazionale dei Movimenti per l’Agricoltura Biologica, 2008). In ogni territorio sono presenti dei comitati locali nei quali gruppi eterogenei di persone (consumatori, produttori, tecnici, ecc.) hanno approfondito la conoscenza degli aspetti tecnici del produrre biologico e condiviso i principi etico-valoriali di riferimento per definire dei protocolli sperimentali che stanno dando vita al primo SPG in Lombardia.
Ampliando invece lo sguardo verso anche i dintorni provinciali di Como, si incontra un’iniziativa, attivata alla fine del 2013, che ha visto la nascita di un’associazione culturale e per il tempo libero, denominata “Orti a Cantù”: un centro permanente di vita associativa a carattere volontario, priva di finalità di lucro e apartitica. Normata da un semplice regolamento interno, il suo obiettivo principale è di riappropriarsi di aree abbandonate, riutilizzandole per migliorare la qualità della vita e dell’ambiente: orti e giardini dove prima c’erano terreni incolti. Particelle, denominate “lotti” o “unità coltivabili”, dalle dimensioni di circa 40-50 mq vengono date in “adozione temporanea” a qualsiasi socio sia interessato a coltivarle e curarle, senza alcuna discriminazione sociale di classe o età. La
concessione delle stesse è a titolo precario e della durata di cinque anni a partire dall’inizio dell’annata agraria. Allo scopo di ancorare il più possibile il socio alla particella assegnata, ogni anno si ha il rinnovo automatico della concessione in assenza di comunicazioni contrarie: l’orto deve essere coltivato direttamente e con continuità dal concessionario e non può né essere ceduto, né dato in affitto, né trasmesso per successione; può esserne concessa, solo saltuariamente, la coltivazione a una persona di fiducia. Varie e sicuramente interessanti sono, dunque, le associazioni che operano nel settore del recupero ambientale e sociale di aree degradate e che offrono interessanti spunti di collaborazione e crescita tra i cittadini e, perché no, anche tra noi professionisti. R. F.
UNA STRATEGIA URBANA PER RIGENERARE IL TESSUTO ESISTENTE
ESSENZE E TRAME: SEGNI DI PAESAGGIO IN CITTÀ lod i a cura di Anna Arioli
“Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi. Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi. E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche. Tra le loro fronde stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito; tuttavia non si perdono in esso, ma perseguono con tutta la loro forza vitale un unico scopo: realizzare la legge che è insita in loro, portare alla perfezione la propria forma, rappresentare se stessi. Niente è più sacro e più esemplare di un albero bello e forte” (Hermann
Hesse, Il canto degli alberi, 1962). “Essenze e trame” sono i “segni del paesaggio che entra nella città”, che la rigenera riutilizzando tracce e materiali esistenti sul territorio: tutti possono trarre beneficio da queste presenze verdi, nella percorrenza quotidiana o turistica, nella percezione sensoriale e estetica, nella possibilità d’incontro e sosta ombreggiata. Il progetto (1) si sviluppa da una prima fase di studio a cura di un gruppo del Politecnico di Milano, guidato da Roberto Spagnolo, che dalla scala del territorio definisce una strategia urbana di operazioni mirate alla rivalutazione del tessuto esistente. L’obiettivo è connettere con un
Essenze e Trame, strategia urbana.
Note: 1. La ricerca per la riqualificazione e la valorizzazione degli spazi aperti sulle principali vie del centro storico di Lodi sono condotti dal gruppo di progettazione del Politecnico di Milano (DASTU), guidato da R. Spagnolo con A. Arioli, E. Cormio, E. Scaglione. Il progetto esecutivo e la direzione artistica dei lavori, realizzati nell’estate 2011, è seguita da Anna Arioli e Erika Cormio dello studio Atelier Architettura di Lodi (www. atelierarchitettura.org).
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2. L’attenzione del lavoro in tutte le sue fasi si è concentrata sull’utilizzo di materiali e sistemi di realizzazione a costi il più possibile contenuti, proprio perché una replicabilità futura dell’intervento sia fattibile e sostenibile economicamente, oltre che dal punto di vista ambientale. Una corretta e costante manutenzione, talvolta non semplice da effettuare e garantire, seppur a basso costo, è necessaria per garantire l’effettiva riuscita dell’intervento e la sua durata nel tempo. 3. La Committenza di tutto il lavoro di rinaturalizzazione delle vie cittadine, pensato anche per favorire l’economia minuta in città, è proprio il Distretto Urbano del Commercio di Lodi, costituito in primis dal Comune di Lodi (L. Guerini, S. Uggetti), dalla Camera di Commercio e dall’Associazione Commercianti Lodi.
“filo conduttore” naturale e riconoscibile gli spazi aperti fuori e dentro Lodi, in un continuo dialogo tra centro e periferia, tra spazio urbano e identità agricola, memoria storica e sviluppo auspicato. Le “isole verdi” ne danno scansione concreta: esse sono “minimi meccanismi benefici” attraverso i quali si sperimenta una nuova idea di città. A partire dal progetto pilota del centro si auspicano, infatti,
possibili altre sperimentazioni, quali la creazione di forme di micro-orticoltura urbana, installazioni d’arte, o la riproposizione dell’intervento in altri quartieri, anche periferici (2). La seconda fase di lavoro, approfondita dallo studio lodigiano Atelier Architettura, sviluppa il progetto per la realizzazione del percorso paesaggistico lungo le vie principali del centro storico, corso V. Emanuele II, corso Umberto I e corso Adda, dipanandosi a partire dai parchi esistenti – Isola Carolina e Giardini Barbarossa – fino al lungo fiume Adda. Gli elementi che lo costituiscono sono soste alberate in cordoli di granito bianco, arricchite da sedute, che accolgono alberi ed essenze floreali tematizzate. Si tratta di elementi eleganti, che si integrano con la pavimentazione esistente, agevolando la convivenza tra percorrenza di bici e pedoni – incentivata dall’intervento – e le attività commerciali (3). Le isole naturali ospitano specie arboree ed erbacee scelte con comportamento rustico, ovvero necessitanti di limitate cure manutentive, che ricreano i caratteri del paesaggio agricolo, identità profonda del Lodigiano: si delinea, così, l’auspicato “filo conduttore verde”, ora concretamente vissuto dalla cittadinanza, fatto di porzioni di paesaggio e luoghi di loisir, incastonati tra le strette vie del centro. A. A.
LE NUMEROSE INIZIATIVE DI RINATURALIZZAZIONE PRESENTI SUL TERRITORIO
LA VERDE BRIANZA MONZA E BRIANZA a cura di Maria Grazia Angiolini
In alto, fotoinserimento dell'intervento nel centro storico di Lodi. Nella pagina a fianco, alcune vedute dell'orto di Caponago gestito da "Comunorto può fare".
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È ormai da qualche tempo che, al mattino, nel recarmi in studio decido di percorrere quella strada che mi permette di vedere filari di alberi, campi agricoli, fitte siepi, qualche casa, un gruppo di maestosi platani… e che infine mi concede, come fosse un piccolo premio, di scorgere in lontananza la cintura delle Prealpi. La percorro, così, solo per il piacere di volgere lo sguardo verso spazi più ampi che non siano quelli urbani. Il piacere della vista, degli odori, dei suoni, dei colori della natura fa da sempre parte del benessere e dell’equilibrio psicofisico dell’essere umano. La natura è dinamica, cambia durante il passare delle ore nell’arco della giornata, delle settimane, dei mesi, dell’anno, degli anni. È viva. E, contrariamente a quanto accade alle città, lo è anche se priva della nostra presenza. È la ricerca di questo tipo di benessere a condurci verso un nuovo interesse per la salvaguardia del suolo agricolo? Forse non solo, ma sicuramente anche a causa di questo desiderio. E sono sinceramente stupita delle numerose iniziative legate alla valorizzazione dell’agricoltura e degli spazi aperti, parchi compresi, diffuse sul territorio della provincia di Monza e Brianza, che vado man mano scoprendo mentre cerco di approfondire la mia conoscenza sul tema della “rinaturalizzazione urbana”. Tanto da chiedermi se la Brianza voglia e possa ora tornare ad essere cantata da scrittori e poeti come lo fu in passato, per la bellezza, l’armonia e la salubrità del suo paesaggio. Quasi un tentativo di lasciarsi alle spalle il fatto di essere una delle province più urbanizzate d’Italia, con un indice che si attesta attorno al 53% di suolo edificato. A favore di questo cambiamento nel 2011 l’Amministrazione
Provinciale stilò, unitamente a Comuni e operatori agrari, la “Charta di Monza”. Un impegno per tutti sulla tutela del settore agricolo e sulla valorizzazione di chi opera e produce nel verde e sul verde. La presenza della Scuola Agraria (a Monza dal 1957) all’interno delle mura del Parco della Villa Reale, il suo essere centro di formazione professionale, è sicuramente un punto di riferimento per la diffusione di quegli obiettivi da raggiungere per la valorizzazione, non solo dell’agricoltura, ma anche del paesaggio e del territorio nella sua complessità. Tra i molteplici corsi offerti ve ne sono anche alcuni di agricoltura multifunzionale: vanno dalla formazione di figure professionali, quali l’operatore agrituristico, l’operatore di fattoria didattica e di fattoria sociale, fino a quelli di ortoterapia (o terapia orticolturale). Da qui è evidente come l’agricoltura possa assumere altre potenzialità e che non possa più essere relegata al solo ruolo di soddisfacimento di un puro bisogno primario. All’interno del territorio provinciale vi sono alcune fattorie didattiche che svolgono l’importante ruolo di diffusione della conoscenza dell’ambiente rurale, dell’origine degli alimenti, delle tecniche di lavorazione dei prodotti tipici, attraverso il contatto diretto con la campagna, gli animali e la vita contadina. Le attività previste sono principalmente rivolte alle scuole e alle persone diversamente abili. Un percorso educativo che segue i principi dell’ “apprendere facendo” e aiuta a comprendere il vero significato di “filiera corta”, “prodotto locale” ed “eco-compatibilità”. La stessa Scuola Agraria è una di queste. E per ridurre lo spazio fisico/temporale tra
produzione e consumo dei prodotti agroalimentari è sempre più diffusa la vendita diretta presso i produttori. Una reale agricoltura urbana di prossimità che viene ben rappresentata dalle 47 aziende che sul territorio commerciano quanto viene prodotto e lavorato in luogo. Dove la garanzia della qualità, la valorizzazione del legame con il territorio di origine, la riduzione dei tempi di conservazione e la contrazione dei trasporti, possono essere considerati, a ragion veduta, un valido motivo per incentivarne e premiarne lo sviluppo e la diffusione. La loro offerta alimentare comprende carne, frutta, verdure, latte, formaggi, confetture, miele e farine. Accanto ai numerosi orti pubblici urbani dati in concessione dalle amministrazioni comunali ai cittadini (vedi Monza, Lissone, Vedano, Agrate Brianza) per un uso esclusivamente famigliare dei prodotti coltivati, stanno sempre più diffondendosi gli orti sociali a carattere comunitario. L’orto sociale può essere veicolo di aggregazione e coesione sociale, di valorizzazione del luogo ove si vive e di riappropriazione di quegli spazi aperti “dimenticati”, così spesso frequenti in molti quartieri urbani. Il progetto “Un quartiere per tutti”, quartiere Cederna Cantalupo (Monza), prevede la realizzazione di orti sociali, e lo stesso accade nel quartiere S. Albino (Monza) con il progetto “City Farm”. Qui, su una superficie di 7000 mq, ora incolta, verrà realizzato un orto-giardino progettato e curato dai residenti. “Comunorto può Fare” è un’esperienza iniziata quest’anno a Caponago. Un
orto laboratorio sito nella stessa area degli orti dati in uso ai pensionati e gestito collettivamente secondo i principi della sostenibilità ambientale. Tra gli obiettivi, la sperimentazione della chiusura del ciclo dei rifiuti organici locali promuovendo l’uso del compost come fertilizzante e la riduzione dello spreco di acqua con la raccolta e l’uso di quella piovana. L’iniziativa “Orti in Brianza” promossa ad Agrate Brianza è un esempio di “Agricoltura Sostenuta dalla Comunità Locale”. Gli agricoltori si impegnano a lavorare il terreno posto lungo la strada vicinale dei Boschi di San Martino e la comunità co-produttrice ad anticipare parte delle spese di gestione di questo progetto impegnandosi all’acquisto del raccolto. Non si può dimenticare di fare cenno alla manifestazione, giunta ormai al terzo anno, “Festival degli orti” che si tiene alle Serre della Villa Reale di Monza. “Coltivare Energie” è stato il tema in programma lo scorso giugno: ovvero come le buone pratiche della vita rurale possono oggi essere riprese e sviluppate anche all’interno del contesto urbano. Aggiungo infine che, secondo un rapporto di Coldiretti (Città verdi di Lombardia, luglio 2014), Monza è “capitale del verde storico in Lombardia”. Giardini, parchi, orti botanici di almeno 50 anni, che hanno mantenuto nel tempo l’impianto originario, costituiscono l’86,4% del verde urbano monzese, e sono pari a 7 milioni di metri quadri. Non dimentica del proprio passato la Brianza si ritinge di verde natura. M. G. A.
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Numerose fotografie pubblicate in questo numero di "AL" fanno parte di un esteso progetto fotografico realizzato, nel 2012, da Filippo Poli per "AL 491", che aveva lo scopo di documentare “il paesaggio antropizzato lombardo: dall’agricoltura che si insinua fino ai limiti della città, ai capannoni industriali che occupano pianure e valli, dal paese di montagna difficilmente raggiungibile, alla
cementificazione delle seconde case nelle località sciistiche, dal paesaggio metafisico e mutevole degli argini dei grandi fiumi lombardi alla calma immobile degli ambienti lacustri”. Alle pagine 2-3: cascine dietro al quartiere dell'Ortica a Milano; p. 4: Parco Nord Milano (Bresso); p. 7: campagna di Beverate (Lecco); pp. 24-25: limite del Parco Sud Milano; pp. 26-27: quartiere Porta Nuova a Milano.
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IL LAVORO DELLA COMMISSIONE TERRITORIO DI CONSULTA SULLA LIMITAZIONE DEL CONSUMO DI SUOLO
Suolo e territorio: sprecarne meno, utilizzarlo meglio Bisogna ricordarsi che la consistente trasformazione di aree agricole coltivate in aree urbane infrastrutturate è un fenomeno dovuto essenzialmente a due fattori: la necessità o la domanda di nuovi spazi per abitazioni, attività e servizi, utili per la vita civile, familiare, lavorativa e sociale; e la convenienza imprenditoriale nel costruire su terreni liberi e rurali, anche senza la sussistenza di una reale necessità abitativa o produttiva
Un
argomento di cui si parla diffusamente in questi tempi è certo quello della limitazione del consumo di suolo. Al tema si è dato ampio spazio su stampa e mezzi di comunicazione, si sono scritte numerose e approfondite pagine specialistiche, e si è provato a costruire vari testi normativi, di cui un esito è dato dall’ultima legge lombarda in materia. L’attualità e il rilievo di tale questione hanno condotto la Commissione Territorio di Consulta a dedicarsi nel corso di quest’anno alla tematica nel tentativo di chiarirne meglio gli aspetti rilevanti, di diradare il campo da argomentazioni ideologiche, di proporre un modo di procedere più realistico ed efficace nei nostri territori. Non è semplice riportare le risultanze di questo lavoro, ma si possono evidenziare brevemente alcuni punti condivisi, che sono stati conferiti ai tavoli istituzionali quale contributo degli architetti lombardi. Anzitutto è però bene intendersi sulle parole e sulle definizioni, principio di ogni buona discussione e di ogni buona legge, anche se spesso disatteso. Non è sempre chiaro ad esempio che, quando si parla
La Commissione Urbanistica e Territorio di Consulta sintetizza alcune osservazioni sul tema del contenimento del consumo di suolo
di limitazione del consumo di suolo, per “suolo” si intenda il terreno agricolo utilizzato per la coltivazione alimentare, per “consumo” si intenda l’uso per fini diversi da quelli colturali, per “limitazione” si intenda la riduzione dello spreco del territorio agrario. Non bisogna dimenticarsi, inoltre, le cause del problema, che, se tenute a mente, sono un’utile conoscenza per deliberare soluzioni adeguate. Ci si deve sempre ricordare perciò che la consistente trasformazione di aree agricole coltivate in aree urbane infrastrutturate è un fenomeno dovuto essenzialmente a due fattori: la necessità o la domanda di nuovi spazi per abitazioni, attività e servizi, utili per la vita civile, familiare, lavorativa e sociale; e la convenienza imprenditoriale nel costruire su terreni liberi e rurali, anche senza la sussistenza di una reale necessità abitativa o produttiva. Detto questo, in considerazione del limitato spazio di queste pagine, le osservazioni principali individuate dal lavoro della Commissione possono ricondursi in sintesi a tre aspetti salienti, purtroppo trascurati, e talora omessi, nel dibattito attuale. Il primo è il riconoscimento che il territorio, in special modo quello lombardo, è uno spazio complesso, le cui componenti hanno ruoli diversi per posizione, per uso, per natura, e hanno rilevanza negli equilibri territoriali in modo dissimile. Anche il territorio agricolo è composto da parti con differenti valori ecologici e ambientali, ed è quindi semplificatorio classificarlo come un’unica entità con caratteri omogenei e indistinti, e farlo tutto oggetto di salvaguardia o di limitato consumo.
Il secondo punto è che il conteggio del suolo consumato e consumabile rappresenta una ristretta risposta al problema. La soluzione non è, infatti, riducibile solo ad una predeterminazione di inedificabilità dei terreni agricoli, di soglie dimensionali da non superare, di obblighi di compensazione, ovvero a mere verifiche di rispetto di quantità. È, invece, molto più importante dare un concreto e positivo supporto all’applicazione dei princìpi qualitativi di governo del territorio, sostenendo adeguate logiche di opportunità, necessità e qualità delle scelte di pianificazione. Occorre sicuramente non fermarsi nel perseguire questi obiettivi, come pare invece sottintendere l’approvazione dell’ultima legge lombarda che delibera una moratoria dello stato di fatto dei piani urbanistici. In altri paesi europei, dove la problematica del consumo di suolo è molto più forte che nei nostri territori, per esempio in Germania, si è convenuto che, anziché sui calcoli numerici, sia più corretto investire economicamente sulla persuasione ed educazione alle buone pratiche urbanistiche degli amministratori, dei tecnici, degli imprenditori, dei professionisti, dei cittadini. Il terzo punto riguarda i meccanismi proposti per la riduzione del consumo di suolo, che risultano spesso palesemente complicati e altresì derogabili, come risulta anche nella versione approvata del recente testo legislativo lombardo. In queste risoluzioni si ritiene di ottenere risultati attraverso particolari procedure con determinate tempistiche, i cui presunti effetti sono posticipati nel tempo. Si considera
Speciale Lombardia Milano, 30 settembre 2014 CRITICITÀ NEL DIBATTITO SUL TEMA DELLA RIDUZIONE DEL CONSUMO DI SUOLO E NELLE PROPOSTE DI LEGGE LOMBARDE (PDL40/2013, PDL140/2014, PDL156/2014 E PDL157/2014)
parimenti che alcune specie di realizzazioni e usi non consumino suolo. È il caso degli interventi produttivi estensivi del settore primario, che la normativa considera come non incidenti sulla preservazione delle regioni rurali lombarde, e che invece partecipano anch’essi al depauperamento del nostro suolo agricolo. In sostanza si introducono meccaniche contrarie all’urgenza del problema. Viceversa (ecco in estrema sintesi le conclusioni del documento di Consulta sul tema), riconsiderando le motivazioni che hanno determinato e determinano la perdita di territorio agrario di pregio, si potrebbe perseguire una soluzione più semplice e di applicazione immediata, consistente nella maggiore tassazione delle aree libere trasformabili, e contestualmente nella maggiore de-tassazione delle aree già edificate, degradate e dismesse, da riqualificarsi attraverso la demolizione e ricostruzione di parti obsolete e la preservazione e valorizzazione di parti di valore storico e ambientale. Di certo per un contrasto vero allo sperpero di suolo agricolo, come è riscontrabile in tanti casi europei realizzati, sono più efficaci proprio questi provvedimenti economici, giuridici e pianificatori, finalizzati a incentivare e agevolare il recupero e la rigenerazione urbana sostenibile, per rinnovare i nostri centri abitati e i relativi contesti territoriali. Gian Luca Perinotto responsabile Gruppo di lavoro Urbanistica e territorio, Consulta regionale lombarda degli Ordini degli Architetti PPC
La Consulta regionale degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Lombardia, dopo un lavoro di approfondimento della propria Commissione Urbanistica e Territorio, sintetizza di seguito alcune osservazioni sul tema del contenimento del consumo di suolo, oggetto dei progetti di legge lombardi, pdl40/2013, pdl156/2014, pdl157/2014, e in particolare del pdl140/2014 di iniziativa della Giunta Regionale. Nell’ultimo cinquantennio la forte urbanizzazione ha trasformato una grande quantità di aree agricole dedicate alla coltivazione in aree urbane e infrastrutturate. Tale fenomeno ha riguardato soprattutto le regioni, come quella lombarda, interessate da un maggiore sviluppo in termini di incremento della popolazione e delle imprese. Le cause di questa espansione delle città con notevole trasformazione di suolo agricolo, oltre ad una mancante logica culturale di prevedere alternative, si trovano sostanzialmente in due diverse condizioni: la prima è la necessità o la domanda di nuovi spazi per abitazioni, attività, servizi e urbanizzazioni, utili per la vita civile, familiare, lavorativa e sociale; la seconda è la convenienza imprenditoriale nel trasformare aree libere invece di aree già edificate, per le quali servono investimenti maggiori; questa convenienza è spesso assecondata dall’interesse dei comuni ad incassare oneri ai fini di bilancio, rendendo edificabili terreni rurali. (per leggere e/o scaricare il documento intero vai al www.architettilombardia.com/pagina.asp?ID=1100)
Milano, 10 ottobre 2014 NOTE A MARGINE DEL DISEGNO DI LEGGE SUI “PRINCÌPI IN MATERIA DI POLITICHE PUBBLICHE TERRITORIALI E TRASFORMAZIONE URBANA” (DDL-LUPI) La Consulta regionale lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Lombardia, dopo un lavoro preliminare della propria Commissione Urbanistica e Territorio, sintetizza di seguito alcune osservazioni sul disegno di legge, presentato a fine luglio, intitolato “Princìpi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana” (Ddl-Lupi).
L’importanza del Ddl-Lupi è data dal fatto che esso costituisce l’ultimo tentativo di realizzare una nuova legge di princìpi e di norme generali per il governo del territorio, a settant’anni dalla Legge Urbanistica fondamentale, oggi ancora vigente. Si deve da subito notare peraltro che in questa recente stesura il testo non appare scritto con particolare accuratezza, contenendo numerosi rinvii, ripetizioni, contraddizioni, equivoci, mancanze. Anche i contenuti sono in più parti contrassegnati o da troppa genericità, dove servirebbe più approfondimento, o da troppo dettaglio, dove servirebbe più semplicità. Nonostante le difficoltà di lettura, si possono evidenziare alcuni importanti contenuti, che emergono nel disegno di legge e rappresentano la base fondativa di una nuova e moderna pianificazione e gestione applicabile su tutto territorio nazionale, sebbene diversi altri elementi appaiano omessi o non sufficientemente chiariti e messi in rilievo. (per leggere e/o scaricare il documento intero vai al www.architettilombardia.com/pagina.asp?ID=1101)
progetti di architettura / 1
NUOVI PARCHI PER LA COMUNITÀ Due esempi di rinaturalizzazione urbana: un’articolata area inserita dentro un importante progetto cittadino e un parco periurbano con una sua identità ancora in divenire. Le opere qui presentate seppur a prima vista possano per molti aspetti sembrare diametralmente opposte − una terminata da poco e l’altra, a stento, ancora in corso di realizzazione, la prima con una superficie di circa 30 ettari e la seconda di cinque volte tanto, una realizzata da privati, mentre l’altra è un intervento misto, pubblico e privato −, hanno, in realtà, un obiettivo comune: rispondere ad una sempre maggiore richiesta, da parte dei cittadini, ma anche di enti, associazioni e amministrazioni “illuminate”, di spazi di qualità “verdi” dentro le nostre città. Se poi questi parchi, giardini, orti, nuovi luoghi urbani − vista la ormai cronica mancanza di territori liberi – recuperano e riutilizzano, “rinaturalizzano”, una storica area abbandonata o uno spazio di risulta cittadino, e li sistemano, offrendogli la giusta dignità architettonica e d’utilizzo che si meritano, tanto meglio. Vuol dire che da un singolo progetto di bonifica e riqualificazione urbana ne ha tratto vantaggio l’intera comunità. 28
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UN GIARDINO PER LA CITTÀ
Trenta ettari di un grande spazio orizzontale sono tornati a disposizione dei cittadini e fanno da contrappunto alla verticalità ed eterogeneità degli edifici circostanti 499 | 2014
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Planimetria. Nelle pp. 28-29: vista di un’area del progetto. Nella pagina a fianco: un’altra area “rinaturalizzata”. milano
LAND (LANDSCAPE ARCHITECTURE NATURE DEVELOPMENT) PORTA NUOVA VARESINE, MILANO Porta Nuova riunisce i tre progetti di Garibaldi, Varesine e Isola nella più grande operazione di riqualificazione urbana mai realizzata nel cuore di Milano: quasi 30 ha di terreno lasciato in abbandono per oltre 50 anni sta tornando a disposizione dei cittadini. La riqualificazione del quartiere di Porta Nuova è la naturale evoluzione dei quartieri esistenti, ognuno con la propria storia e identità da salvaguardare attraverso lo sviluppo di spazi pubblici di elevata qualità. L’obiettivo è di creare non solo un’area di passaggio tra le tre zone, ma un vero e proprio luogo di ritrovo per le persone, il progetto di un grande spazio orizzontale che faccia da contrappunto alla verticalità ed eterogeneità degli edifici. La creazione di un grande parco, la dimensione umana, l’importanza istituzionale e sociale dell’area sono tutti elementi
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che stanno alla base di uno sviluppo ambientale, urbanistico e infrastrutturale sostenibile. Il masterplan, a tutti i livelli della progettazione, racchiude, infatti, tre concetti di sostenibilità: urbana, infrastrutturale e ambientale. Il progetto mette in atto le linee guida dei “Raggi Verdi” attraverso un progetto di paesaggio che valorizza la permeabilità e la continuità degli spazi, restituendo i luoghi all’uso pubblico dei cittadini e mettendo in rete le principali aree verdi esistenti e future. Porta Nuova è un tassello chiave del Raggio Verde 1 che si sviluppa in direzione Bicocca lungo il tracciato della Martesana (…) All’interno di questa grande trasformazione, alcuni progetti chiave sono dedicati alla rinaturalizzazione urbana, alla realizzazione di un’infrastruttura verde, alla promozione della
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Scheda tecnica Landscape design: LAND, Milano (con Edaw per la sola fase di progetto preliminare) Designer: Andreas Kipar Project Manager: Valeria Pagliaro Project team: Giuliano Garello, Ivan Maestri, Cecilia Pirani, Anna Brambilla, Elisa Frappi Cronologia: 2006 - 2014 Committente: Hines Italia
biodiversità, alla sostenibilità ambientale oltre che energetica: il parco pubblico Biblioteca degli Alberi a firma di InsideOutside / Petra Blaisse; il Bosco Verticale di Stefano Boeri; il giardino degli aceri di Varesine, uno scrigno verde di oltre 6.000 mq di superficie pensile. Al termine della passeggiata pedonale più lunga della città − oltre 1 km senza auto, che da piazza XXV Aprile attraversa piazza Aulenti e piazza Aalto arrivando in piazza Bo Bardi − i giardini di Varesine regalano uno spazio di tranquillità, intimo e raccolto, lontano dal traffico e dal rumore. Oltre 6.000 mq di tetto verde che porta nel centro di Milano tutti i benefici del verde in città, dal microclima alla biodiversità, dall’abbattimento degli inquinanti alla riduzione del rumore, e riduce il rischio di allagamenti accumulando come una spugna le acque piovane per poi rilasciarle nel tempo. L’intero spazio, elegante e rustico al tempo stesso, offre ombra e aree di sosta, una grande varietà di aceri e fasce erbacee che ondeggiano al vento, campi tappezzati dalle fioriture blu e viola, bordure arbustive che dialogano con i materiali high-tech – dalle pavimentazioni drenanti continue e in WPC, ai rivestimenti in leghe di rame – ritagliando ampi scorci visuali sul nuovo skyline a contrasto con la naturalità e la stagionalità di questo giardino (dalla relazione di progetto). Giardini con il Bosco Verticale sullo sfondo; passeggiata verso corso Como; piazza Gae Aulenti.
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progetti di architettura / 2
UN PARCO RURALE PERIURBANO
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Un vasto parco in corso di realizzazione in più fasi, sulla base di iniziative pubbliche e private, in grado di interagire con l’area metropolitana GIOIA GIBELLI PARCO AGRICOLO DELLE RISAIE, MILANO / BUCCINASCO / ASSAGO Lo sviluppo di Milano, da sempre, è stato influenzato dal suo territorio (…) grazie all’altissimo valore agronomico dei suoli, all’abbondanza di acque e alle grandi proprietà agricole (…) Oggi (…) l’agricoltura è posta ai margini della città, ma non è più attività marginale come nel passato più recente. Il suo ruolo è importante per la sostenibilità e il futuro della città, il cui sviluppo dipende ancora dai servizi e dalle forniture provenienti dall’agricoltura di prossimità che fornisce benefici svariati in grado di migliorare la sostenibilità ambientale e sociale della città.
Il territorio rurale, non solo alimenta la città, ma è in grado di generare risorse ed ecosistemi importanti per l’intero metabolismo urbano e fornire servizi di paesaggio funzionali alla qualità della vita dei cittadini. Si tratta di servizi immateriali come la cultura, l’educazione, la tradizione, la ricreazione, il silenzio, la bellezza e servizi tangibili come la produzione di cibo e altri frutti della terra, preservando risorse primarie come il suolo, l’acqua e la biodiversità che stanno alla base della vita dei cittadini, aumentando la “resilienza” del sistema metropolitano.
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Planimetria generale. A pagina 33: modello visto da sud-ovest.
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In senso orario, alcune viste del Parco: Molino Montalbano, la cascina di Mezzo e le risaie; Area Basmetto; Chiesetta di San Marco al Bosco e nuovi quartieri di Assago sullo sfondo; Area Margine Ovest.
In questo scenario, si sviluppano all’interno dell’area metropolitana una serie di progetti che interessano principalmente il territorio del Parco Agricolo Sud, uno di questi è il cosiddetto “Parco agricolo delle Risaie”. Il progetto del Parco delle Risaie è nato nel 2008 come processo partecipativo di tipo bottom-up, i cui attori principali sono agricoltori e cittadini. Processo che, un po’ alla volta, è riuscito a coinvolgere anche gli attori istituzionali, quali Regione Lombardia, il Parco Agricolo Sud Milano, i comuni di Milano e di Buccinasco. Inoltre, è stato il progetto pilota del DAM (Distretto Agricolo Milanese), istituito nel 2011, dando un cospicuo contributo fattivo al discorso in itinere sull’agricoltura urbana milanese. La promozione dell’AQST “Milano Metropoli rurale” del dicembre 2013 (R.L. 2013) ha ridato ufficialità all’agricoltura milanese, confermandone l’indispensabilità nel sistema urbano. Il processo partecipativo di formazione dello scenario progettuale e i primi interventi attuativi, sono stati sostenuti dalla Fondazione Cariplo. Le tappe principali sono state: • l’avvio della partecipazione finalizzata alla
formazione dello scenario progettuale, strumento fondamentale per il coinvolgimento degli enti; • l’attivazione di due progetti Cariplo, Cives (Cittadini Verso la Sostenibilità, guidato da RCM) e “Parco delle risaie, un cuore agricolo per Milano”, volto a sviluppare lo scenario e i moduli progettuali; • la fase di attuazione, appena iniziata. Complessivamente, lo scenario affida alle diverse aree del Parco le funzioni più adatte, agricole, naturalistiche, protettive o ricreative. Costituisce il “principio ordinatore” delle molteplici iniziative in essere e future e non un disegno tassativo da conseguire. I moduli progettuali, relativamente indipendenti, sono la parte operativa e potranno essere realizzati separatamente in base alla possibilità di attingere a fonti di finanziamento diverse. In questo modo il Parco può essere realizzato in più fasi, sulla base di iniziative pubbliche e private. Il risultato atteso è un parco rurale urbano in grado di interagire con le aree metropolitane in continua evoluzione. Il progetto ha vinto il Premio mediterraneo del paesaggio 2011, nella categoria progetti e concorsi di idee (dalla relazione di progetto).
Scheda tecnica Progetto promosso da: Associazione Parco delle Risaie onlus Progetto e accompagnamento: Gioia Gibelli con Silvia Beretta, Simona Salteri, Ester Yembi Pagnoni Consulenza naturalistica: Filippo Bernini Dimensioni: ca. 600 ettari; ca. 20.000 visitatori all’anno; infiltra ca. 6.000.000 mc di acqua piovana all’anno
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professione | concorsi
UNA NUOVA STAGIONE PER I CONCORSI DI ARCHITETTURA? Si è aperta una nuova stagione per i concorsi di architettura? L’Ordine degli Architetti PPC e quello degli Ingegneri della provincia di Milano hanno messo a punto con il Comune di Milano una piattaforma informatica per la gestione dei concorsi di progettazione. L’obiettivo è quello di uniformare i regolamenti che guidano le procedure partecipative, attraverso l’istituzione di un “bando tipo”, obbligatoriamente utilizzabile in ogni occasione concorsuale, pertanto non più soggetto a obiezioni o a fraintendimenti, che prevede, fra l’altro la possibilità per i concorrenti di ricorrere all’“avvalimento” dei requisiti, a risultato ottenuto. Inoltre, l’iniziativa serve a snellire le procedure organizzative e valutative da parte dell’ente banditore e a rendere meno dispendiose per i concorrenti le preparazioni degli elaborati, non più necessitanti di stampa e di rapida spedizione postale. L’Ordine degli Architetti PPC ha sostenuto i costi del programma informatico ed è disponibile alla messa a disposizione della piattaforma, presso altri enti o Comuni che la volessero utilizzare. Di conseguenza, dalla primavera scorsa, con spirito di innovatività, il Comune di Milano ha, quindi, proceduto al varo di una serie di bandi di progettazione, per prevedere la costruzione di manufatti che si integrino socialmente e rappresentativamente nelle nuove aree di sviluppo semicentrale della città. Il concorso per la Ludoteca-padiglione infanzia, dedicato ai bambini con disabilità, che dovrà sorgere all’interno del nuovo Parco pubblico “La Biblioteca degli Alberi”, nell’ambito del Piano Integrato di Intervento “Garibaldi-Repubblica”, è stato il primo di questa serie; risulta ugualmente concepito e concertato con gli Ordini professionali, pur se non è stato inserito subito nella neonata piattaforma.
Progetto primo classificato.
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Di prossima presentazione su questa rivista saranno gli altri concorsi di tale serie, ormai giunti ad aggiudicazione. Bisogna però considerare che, per i concorsi, la nuova stagione risulterà aperta effettivamente quando si sarà verificato un convinto apprezzamento e un utilizzo diffuso della piattaforma; infatti, questo strumento per il momento non prevede di essere impiegato per i concorsi di idee; la sua esistenza e le opportunità che esso offre non paiono per il momento essere abbastanza conosciute in altri comuni lombardi. Inoltre, conviene che la sua adozione da parte degli enti banditori si associ a un maggiore impegno a rendere credibile, concreto e necessario l’istituto del concorso, presso politici, amministratori e imprenditori; affinché la scelta della qualità concorsuale non sia compiuta “al ribasso”, per accorciare i tempi, magari in nome di astratti o non chiari princìpi, che poco hanno a che fare con il modo di intendere l’architettura (come per esempio l’astrattezza di “princìpi di leggerezza, flessibilità, chiassosità” delle forme edilizie, già messi a confronto nei giudizi di alcune giurie), ma sia esito di un’analisi attenta e razionale, affidata alla competenza di esperti commissari e alla responsabile volontà di committenti “illuminati”. Degli altri concorsi qui presentati, tutti di idee, i due di Cesano Maderno erano “ad invito”; quello di Brescia è stato promosso da una società immobiliare che ha acquisito dal Demanio militare la disponibilità di un’area trasformabile; quello di Vanzaghello (derogante dalla normativa), era riservato a progettisti “under 40”; quelli di Briosco e di Travacò, avendo come tema la costruzione di edifici pubblici, di cui però purtroppo non si prevede l’immediata attuazione, hanno visto un affollato numero di partecipanti, rispettivamente di 270 e 137 progetti. Roberto Gamba
1° classificato Esaù Acosta Pèrez (Madrid), Alba Balmaseda Domìnguez, Ariadna Barrio Garrudo
2° classificato Carlo Appiani (Milano), Emiliano Rizzotti, Xavier Rechi Montes
3° classificato Carlo Rivi (Milano)
UNA LUDOTECA - PADIGLIONE INFANZIA, DEDICATA AI BAMBINI CON DISABILITÀ, ALL’INTERNO DEL NUOVO PARCO PUBBLICO “LA BIBLIOTECA DEGLI ALBERI”, PII “GARIBALDI-REPUBBLICA”, MILANO
Finalisti Andrea Trucillo, Barbara Barbieri, Alice Grandi, Laura Rusconi, Michele Alberti (Milano);
GENNAIO - MAGGIO 2014
Erano chieste soluzioni tipologiche e di architettura per organizzare correttamente la relazione fra gli spazi per le diverse attività, fra spazi per le attività e architettura e fra architettura e contesto. Tutti gli spazi dovranno essere finalizzati alla definizione di un ambiente ordinato, ben organizzato, calmo e armonioso, elementi essenziali per le attività dedicate all’infanzia e fondamentali per la visione autonoma della realtà dei bambini, in particolare dei bambini con disabilità. Gli spazi dovranno essere luminosi e consentire una visione reciproca interno-esterno ed essere concepiti in modo da facilitare, ai bambini che utilizzeranno la Ludoteca, la visione e la lettura dello spazio in cui si trovano. La Ludoteca deve costituirsi come uno degli episodi del Parco e deve contribuire con la sua presenza e con le attività svolte a stimolare ricchezza di relazioni e iniziative della “Biblioteca degli Alberi”. Banditore: Comune di Milano Commissione giudicatrice: Marco Rasconi, Giancarlo Tancredi, Andrea Viaroli, Simona Malvezzi, Enrico Molteni; supplenti: Aurelio Mancini, Marco Muscogiuri Premi: 16.000, 2.000, 2.000 euro (primo, secondo, terzo classificato); 1.500 euro (ai 7 concorrenti ammessi alla II fase)
Ambra Fabi, Giovanni Piovene Porto Goti, Francesca Benedetto, Luca Gattoni, Andrej Mikuz, Stefano De Cerchio, Paola Tentoni (Milano); Simone Capra, Claudio Castaldo, Dario Scaravelli, Francesco Colangeli, Massimiliano Faina, Stefania Guerra Lisi, Marco Basti (Roma); Diego Terna, Chiara Quinzii, Mick Van Gemert, Simone Papais, Virginio Brocajoli, Fabiano Cocozza, Valeria Pagliaro, Denise Ertugral Milica Alempic, Oyuki Manidi (Milano); Antonio Paternosto, Riccardo Zanette (Firenze); Antonio Bergamasco, Enrico Zara, Federico Lorenzon, Fausta Occhipinti, Annalisa Gatto (Milano); Josè Dias, Francisco Carvalho, Luis Carvalho, Nuno Costa, Miguel Guimaraes, Luìs Afonso (Porto)
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1° classificato ex aequo Laura Anna Pezzetti Agalmata (Lenno, CO), Nicola Mastalli collaboratori: Lorenzo Rampinini, Giorgia Favero, Giulia Prevedello
RIQUALIFICAZIONE DELL’ASSE DI VIA CONCILIAZIONE E VIA COZZI A CESANO MADERNO NOVEMBRE 2013 - FEBBRAIO 2014
Proposte per la riqualificazione dell’asse di via Conciliazione e via Cozzi; dovrà privilegiare obiettivi di riordino gerarchico dei diversi fruitori quali, nell’ordine, pedoni, biciclette, trasporto pubblico, trasporto privato, trasporto merci, con soluzioni idonee a favorire la sicurezza degli utenti e la durabilità degli interventi; dovrà essere garantito il superamento delle barriere architettoniche; dovrà promuovere la realizzazione di percorsi ciclabili e, nelle zone centrali tali percorsi potranno avere carattere di promiscuità con i percorsi pedonali; si dovrà tenere in considerazione la presenza di molteplici elementi importanti sul territorio lungo gli assi designati – scuole, parcheggi, municipio. Sono stati invitati a partecipare 9 concorrenti; sono stati consegnati 7 progetti.
1° classificato ex aequo Marco Castelletti (Erba, CO)
Banditore: Comune di Cesano Maderno (Monza e Brianza) Commissione giudicatrice: Davide Cereda, Francesca Lizio, Olga Brignone, Cinzia Colombo Premi: 2.500, 2.500, 2.000, 1.000 euro (ai primi ex aequo, secondo e terzo classificato) 2° classificato Luca Scacchetti (Milano), Giada Torchiana, Lara Fabbian, Carla Salami, Ewelina Maliborska
3° classificato LFL architetti (Galbiate, LC) Pietro Luconi, Laura Luconi, Sergio Fumagalli
VELOSTAZIONE A CESANO MADERNO NOVEMBRE 2013 - FEBBRAIO 2014
Proposte per una struttura da adibire a velostazione, nell’area prospiciente la nuova stazione FNM di via Volta; dovrà ospitare locali per il ricovero di circa 150 biciclette; inoltre, locali per l’eventuale riparazione, custodia, vendita, noleggio, bike sharing; dovrà essere una struttura modulare in grado di “crescere” nel tempo. Sono stati invitati a partecipare 9 concorrenti; sono stati consegnati 6 progetti. Banditore: Comune di Cesano Maderno (Monza e Brianza) Commissione giudicatrice: Davide Cereda, Francesca Lizio, Olga Brignone, Cinzia Colombo Premi: 5.000, 2.000, 1.000 euro (primo, secondo, terzo classificato)
1° classificato LFL architetti (Galbiate, LC) Pietro Luconi, Laura Luconi, Sergio Fumagalli
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RECUPERO RESIDENZIALE DELL’EX CASERMA “SERAFINO GNUTTI” A BRESCIA
1° classificato Luigi Serboli, boschi+serboli arch. ass. (Brescia), Valeria Boschi, Ruggero Boschi, Giuseppe Cantarelli
GIUGNO 2013 - APRILE 2014
Era da proporre la riconversione funzionale del complesso di edifici di valore storico, precedentemente destinato a caserma, con la realizzazione di unità immobiliari residenziali di pregio; la massima possibile preservazione della struttura architettonica, soprattutto per quanto concerne la facciata sul fronte strada; era da prevedere un parcheggio interrato con un minimo impatto architettonico delle rampe di accesso e delle griglie di aerazione, anche procedendo, se necessario, alla demolizione e ricostruzione di alcuni volumi, compatibilmente con i caratteri del complesso architettonico e fatto salvo il parere della Sovrintendenza; ammesso il riuso pubblico della chiesa; la valorizzazione della corte secondaria con la ricostruzione degli edifici demoliti. Era prevista l’eliminazione delle eventuali superfetazioni, estranee ai caratteri storici e architettonici dell’edificio e il recupero della slp relativa, secondo le modalità definite dal Comune in accordo con la Sovrintendenza; la cessione all’Amministrazione comunale della chiesa e dell’ingresso al monastero (se non demolito) per adibirli a servizi pubblici.
2° classificato Gianfranco Sangalli (Brescia), ABDA Camillo Botticini, Giulia De Apollonia collaboratori: Stefano Farina, Pedro Daniel Faria, Giovanni Pavanello, Federica Simoni, Riccardo Costa, Chiara Morandini
Banditore: Società Nibofin a r.l. (Casto, Brescia) Commissione giudicatrice: Orlando Niboli, Valeria Niboli, Arrigo Bandera, Angelo Rampinelli, Fausto Ventura, Elisabetta Conti, Valentino Volta
3° classificato Christian Gasparini NAT Office (Reggio Emilia), Matteo Gabbi, Andrea Maiocchi, Marco Borghi
Premi: 10.000, 5.000, 2.500 euro (primo, secondo, terzo classificato)
2° classificato Carlo Ezechieli CE-A studio (Milano) collaboratori: Ilario Nicolò, Paolo Segarini
3° classificato Marco Castelletti (Erba)
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Una serie di interventi alla scala piccola, mirati per lo più sul verde urbano, in grado di generare una nuova riconoscibilità degli spazi
RIQUALIFICAZIONE DELLA PIAZZA SANT’AMBROGIO A VANZAGHELLO NOVEMBRE 2013 - MARZO 2014
Obiettivo è la valorizzazione dell’identità della Piazza S. Ambrogio e degli immediati dintorni, mediante una serie di interventi alla scala piccola, mirati per lo più sul verde urbano, in grado di generare una nuova riconoscibilità degli spazi, incrementandone la fruibilità, valorizzandone gli edifici significativi, qualificandone gli spazi aperti e potenziando il ruolo del commercio. Ulteriori temi di progetto dovevano essere la rimodulazione dei livelli della piazza che oggi presenta parte rilevante del suo sviluppo ad una quota più bassa rispetto al piano stradale; la possibile ridefinizione delle aree di sosta degli autoveicoli che consentirebbe di inserire elementi per la sosta pedonale in grado di incrementare le possibilità d’uso e di valorizzare il ruolo del piccolo commercio locale; intervenendo, sul sistema delle piantumazioni, dell’illuminazione ed eventualmente delle pavimentazioni. Banditore: Comune di Vanzaghello (Milano) Commissione giudicatrice: Laura Gianetti (presidente), Rosalba Russo, Giovanna Crespi, Monica Bernardiello Premi: 3.000, 1.000, 1.000 euro (primo, secondo, terzo classificato)
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Dall’alto: 1° classificato Gianluca Bresciani (Cremona), Davide Corti collaboratori: Tiziano Colombi, Debora Palmieri, Valentina Demma 2° classificato Matteo Verdoia (Milano), Cristian Peracchi 3° classificato LandAlab - Maurizio Vescovi, Roberta Rizzi, Pietro Gellona, Laura Caterina Agazzi (Cernobbio) collaboratore: Nadia Bregozzo
NUOVA BIBLIOTECA COMUNALE DI BRIOSCO FEBBRAIO - MAGGIO 2014
Il lotto d’intervento è ubicato nella frazione di Capriano di Briosco all’interno di un’area di proprietà dell’amministrazione comunale. La biblioteca, quindi, dovrà contribuire alla costituzione di un polo culturalericreativo di riferimento per l’intero paese, inserendosi armoniosamente nel paesaggio, valorizzando le funzioni esistenti del parco giochi e della baita dell’Associazione Nazionale Alpini. Il terreno di circa 3.500 mq si trova su un fronte collinare a balze con un dislivello di circa 4 m. Sono state auspicate
CENTRO CIVICO INTEGRATO, SALA POLIFUNZIONALE, BIBLIOTECA, ARCHIVIO, MUNICIPIO A TRAVACÒ SICCOMARIO
soluzioni con caratteristiche di edificio passivo (ad energia quasi zero); con una superficie lorda di pavimento di 400 mq circa, oltre un locale tecnico per gli impianti tecnologici, con un costo di costruzione non superiore agli 850.000 euro.
Da sinistra, le immagini del primo e secondo classificato. 1° classificato Federico Bargone (Foligno - Roma), Francesco Bartolucci, Gianluca Pelizzi, Enrico Auletta 2° classificato Antonio Ruiu (Lacchiarella)
Banditore: Comune di Briosco (Monza e Brianza)
3° classificato Pedro Marques de Sousa (Lisbona)
Commissione giudicatrice: Claudia Maggioni (presidente), Marco Arosio, Giovanni Piazza, Angelo Maurizio Novara, Francesco Pasquali, Palmide Maria Osculati
Menzioni Paloma Baquero Masats (Granada); Pietro Pezzi (Sant’Arcangelo di Romagna), Frederic Barog
Premi: 5.000, 2.000, 1.000 euro (primo, secondo, terzo classificato)
1° classificato Michele Cro (Roma)
SETTEMBRE 2013 - FEBBRAIO 2014
L’edificio, previsto su un’area pianeggiante di circa 3.200 mq, poteva essere sviluppato su un massimo di tre piani fuori terra, funzionalmente collegati, senza piani interrati o seminterrati; doveva comprendere: sala polifunzionale (da adibire a sala riunioni, sala consiliare, sala teatrale), biblioteca, ambulatorio e archivio comunale, nuova sede degli uffici municipali. Sono state privilegiate le proposte progettuali che hanno utilizzato soluzioni architettoniche, materiali e tecnologie che possono permettere significativi risparmi economici sia in fase realizzativa che gestionale.
2° classificato Gianluca Gelmini (Sotto il Monte) collaboratore: Andrea Pressiani
Banditore: Comune di Travacò Siccomario (Pavia) Commissione giudicatrice: Italo Maroni (presidente), Ermanno Bonazzi, Davino Gelosa, Roberto Perego, Vincenzo Bertoletti, Lorenzo Agnes
3° classificato Alfredo Carbotti (Modena)
Premi: 5.500, 2.500, 1.000 euro (primo, secondo, terzo classificato)
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professione
LO SPRECO DEL TERRITORIO È UN LUSSO CHE NON CI POSSIAMO PIÙ PERMETTERE
LA SALVAGUARDIA DEL SUOLO AGRICOLO E IL RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE Poco per volta la sensibilità ambientalista ha fatto breccia nel Legislatore anche per ciò che riguarda la necessità di contenere il consumo di suolo La terra è una risorsa limitata indispensabile per la sopravvivenza dell’Umanità, perché le persone mangiano ciò che la terra (e il mare) produce: è stato calcolato che in media ogni persona consuma 22.000 mq di “spazio bioriproduttivo”, e che però già oggi lo “spazio bioriproduttivo” disponibile per ogni abitante del Pianeta è pari a poco più di 17.000 mq. Se si vuole evitare che intere popolazioni emigrino o muoiano di fame, quindi, deve essere preservata una quantità di terra sufficiente a produrre quanto meno il cibo necessario per sfamare ogni persona. È un dato di fatto elementare, che troppo spesso viene dimenticato soprattutto in un Paese come l’Italia, in cui per decenni l’economia ha fatto perno sulla realizzazione di nuovi edifici e di nuove infrastrutture, e sul conseguente consumo (e spesso sullo spreco) di suolo agricolo. Da qualche tempo, però, seppur con estrema fatica anche il legislatore si è reso conto della necessità di proteggere tale preziosissima risorsa, e ancorché con molta timidezza (e qualche contraddizione) hanno fatto la loro comparsa alcune regole aventi questa specifica finalità. In Lombardia, in particolare, l’articolo 15.4 della Legge regionale 11 marzo 2005 n. 12 persegue la tutela delle “aree agricole di interesse strategico”, affidando ai Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale il compito di individuarle, mediante previsioni che prevalgono su quelle degli strumenti urbanistici generali comunali “nei limiti della facoltà dei comuni di apportarvi, in sede di redazione del piano delle regole, rettifiche, precisazioni e miglioramenti derivanti da oggettive risultanze riferite alla scala comunale” (articolo 15.5).
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Il contenimento del consumo di suolo, inoltre, è stato perseguito aumentando il contributo di costruzione per i nuovi edifici da realizzare su suolo agricolo, e riducendolo per gli interventi di recupero degli edifici esistenti. Dal primo punto di vista, la Legge regionale n. 12/2005 stabilisce che “gli interventi di nuova costruzione che sottraggono superfici agricole nello stato di fatto sono assoggettati a una maggiorazione percentuale del contributo di costruzione, determinata dai comuni entro un minimo dell’1,5 e un massimo del
È stato calcolato che in media ogni persona consuma 22.000 mq di “spazio bioriproduttivo”, che però, già oggi, è pari a poco più di 17.000 mq per ogni abitante del Pianeta 5 per cento” (articolo 43.2 bis). Sotto il secondo profilo, tale legge dispone che: • per gli interventi di ristrutturazione non comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici “gli oneri di urbanizzazione, se dovuti, sono quelli riguardanti gli interventi di nuova costruzione, ridotti della metà” (articolo 44.10); • “i comuni, nei casi di ristrutturazione comportante demolizione e ricostruzione e in quelli di integrale sostituzione edilizia possono ridurre, in misura non inferiore al 50 per cento, ove dovuti, i contributi per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria”
(articolo 44.10-bis); • “per gli interventi di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione il costo di costruzione è determinato in relazione al costo reale degli interventi stessi, così come individuato sulla base del progetto presentato e comunque non può superare il valore determinato per le nuove costruzioni” (articolo 48.6). Non mancano poi altre disposizioni della Legge regionale n. 12/2005, intese a incentivare la riqualificazione di insediamenti esistenti degradati: • “il documento di piano può prevedere (…) una disciplina di incentivazione, in misura non superiore al 15 per cento della volumetria ammessa, per interventi ricompresi in piani attuativi finalizzati alla riqualificazione urbana” (articolo 11.5); • “la dismissione di aree non residenziali costituisce grave pregiudizio territoriale, sociale ed economico-occupazionale” (articolo 97 bis.1); • relativamente a tali aree “il comune, in seguito all’approvazione del PGT, (…) può invitare la proprietà dell’area a presentare una proposta per il riutilizzo della stessa in attuazione delle previsioni del PGT, con possibilità di incrementare fino al 20 per cento la volumetria o la superficie ammessa” (art. 97 bis.4). A queste disposizioni regionali si è venuto ad aggiungere il Decreto legge 12 settembre 2014 n. 133 (non ancora convertito in legge nel momento in cui si scrive) (N.d.R. 15 ottobre 2014), il quale ha introdotto la possibilità di rilasciare il permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d’uso, “per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse”. Walter Fumagalli
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“Orticolario”, dentro e oltre i confini
Nel mese di ottobre si è svolta a Cernobbio, nella prestigiosa sede di Villa Erba e del suo parco storico, la sesta edizione di “Orticolario. Per un giardinaggio evoluto”. L’innovativa iniziativa florivivaistica, promossa dall’Ortofloricola Comense e dal Distretto Florovivaistico Alto Lombardo, aveva quest’anno come senso conduttore l’olfatto: “un viaggio nella percezione di aromi e fragranze nell’aria e tra le essenze, nell’evocazione di atmosfere, momenti e ricordi che prenderanno corpo liberando il più antico e primordiale tra i sensi”. Mentre il fiore protagonista dell’edizione era l’Aster con le sue 250 specie, noto anche come “Settembrino”. La manifestazione “Orticolario” ha un grande successo ed è in continua ascesa, sia nel numero degli espositori, sia dei visitatori, perché piace tanto al grande pubblico quanto agli specialisti del settore. La sesta edizione era composta da innumerevoli iniziative parallele di incontri, tavole rotonde, laboratori, visite guidate, lezioni e mostre, ma anche da quelle più tradizionali come sono risultate essere l’“Emphaty Garden” (uno spazio multisensoriale all’interno del Padiglione centrale di Villa Erba), i tredici “Giardini creativi” (spazi verdi progettati, “vivibili e fruibili”, selezionati attraverso un concorso internazionale e inseriti nel Parco di Villa Erba) e gli spazi espositivi occupati dai migliori vivaisti provenienti dall’Italia, Francia e Svizzera. La novità di questa edizione è stata “Oltre i confini” – forse, la parte che più ha interessato la fascia del pubblico di architetti e landscape designer – le cinque installazioni realizzate come proposte per studiare e promuovere
un migliore paesaggio urbano. Si è trattato di “suggestioni e idee creative” volte a sviluppare nel visitatore, o nel semplice cittadino che vi passa accanto, “una maggiore attenzione verso la componente naturale nelle città”. Il tema urbano era ribadito anche dalla scelta dei luoghi in cui sono stati “installati” i progetti: Cortile d’onore del Palazzo Cernezzi, piazze Grimoldi e Cavour nel centro di Como; Villa Olmo a Como e piazza Risorgimento a Cernobbio. Tra i lavori presentati, sicuramente, quello di piazza Cavour, “Un sogno verde”, ha suscitato più curiosità e interesse. Nella storica piazza della città lariana è stata proposta dall’architetto e landscape designer Valerio Cozzi, un’altra piccola piazza che riporta le tracce romane del Cardo e Decumano. Uno spazio arricchito da “sedute ecocompatibili e fioriere colme di prato semplice e fiorito, in omaggio alla biodiversità”, cioè, un progetto di come potrebbe essere un luogo urbano contemporaneo. Per cui ben vengano le manifestazioni come “Orticolario”, che, oltre ad occuparsi di florivivaistica tradizionale, cercano di promuovere nuovi concetti del stare urbano, facendo provare al grande pubblico, anche se per un lasso di tempo breve, casi concreti come questi, che – con un po’ di buona volontà e con qualche risorsa economica in più – potrebbero migliorare sensibilmente la realtà quotidiana delle nostre città. Igor Maglica Riportiamo alcuni passaggi del breve colloquio avuto alla fine dell’evento con Emilio Trabella, presidente dell’Ortofloricola Comense e uno dei promotori di “Orticolario”.
La novità di questa sesta edizione di “Orticolario” è stata l’iniziativa “Oltre i confini” che ha promosso quattro installazioni urbane a Como e una a Cernobbio
Orticolario. Per un giardino evoluto Villa Erba, Cernobbio, 3-5 ottobre 2014.
Due vedute del Parco di Villa Erba pieno di visitatori ed espositori.
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Installazione “Un sogno verde” di Valerio Cozzi in piazza Cavour a Como.
Qual è il bilancio di questa sesta edizione di “Orticolario”? Si tratta di un evento che, fin dall’inizio, quando ci siamo trovati in quattrocinque e vi abbiamo dato il via, cambia ogni anno proponendo una veste nuova, e anche quest’anno abbiamo avuto un grande successo, sia di pubblico sia di partecipanti. Per esempio, abbiamo avuto tantissime richieste per allestire i “Giardini creativi”, che, anche se pensati come giardini a tema provvisori, trasmettevano delle nozioni a chi li “leggeva” e, soprattutto, degli spunti di riflessione. Inoltre, abbiamo cercato espositori di prima qualità che hanno dato lustro al nostro vivaismo italiano, e non solo. A noi del Comitato preme selezionare espositori che presentino ottimi prodotti, all’avanguardia, ma anche che loro stessi siano persone disponibili a raccontare e a spiegare ai visitatori come hanno ottenuto quell’essenza, intesa come pianta, come va coltivata, ecc. Per la prima volta avete promosso anche l’iniziativa “Oltre i confini”. L’idea mi è venuta un po’ vedendo il “Fuorisalone” del Salone del Mobile di Milano, che ha un successo veramente incredibile. Così, parlando con Moritz Mantero abbiamo detto, perché non lo facciamo anche noi?, ed è nata l’idea di portare in giro per la città di Como e a Cernobbio l’iniziativa. Poi, abbiamo chiamato l’assessore (ai LLPP, mobilità, parchi e giardini Ndr.) del Comune di Como, Daniela Gerosa, che ha accolto con entusiasmo la nostra proposta.
Sono progetti urbani… Sì, ma anche di piccoli angoli di città, di un giardino, di un parco, di un cortile… Addirittura anche nel Cortile d’onore di Palazzo Cernezzi è stata realizzata da una paesaggista francese, Christine Verjus (F8 Architecture), una bella istallazione dal nome Rencontre. Sì, li ho visitati. C’è per esempio anche quello di piazza Cavour a Como… Per piazza Cavour ho fatto i complimenti all’espositore, che ha mostrato in un’anteprima assoluta per “Orticolario” le piante che utilizzerà nell’area di Expo 2015. Ciò è stato veramente importante per architetti e paesaggisti, perché hanno potuto vedere piante pronte per essere piantumate in un qualsiasi periodo dell’anno, anche a fine estate, attraverso una nuova tecnica di coltivazione. Ma, soprattutto, ha realizzato un bosco in pieno centro di Como. Pensate di ripetere l’esperienza anche l’anno prossimo? Sicuramente, anzi, la nostra idea è proprio quella di allargare ancora di più i confini dell’evento. Lo speriamo veramente. Se gli architetti che leggono la rivista “AL” vogliono inviarci i loro progetti, anche di arredo urbano, per noi sarà molto interessante. Possono già farlo perché le iscrizioni sono già state aperte. Basta collegarsi al sito di “Orticolario”, al www.orticolario.it/ index.php?pag=165, e lì troveranno tutte le informazioni e le modalità per poter partecipare.
Vista di alcuni “giardini creativi” all’interno del Parco di Villa Erba.
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news
RIGENERAZIONE URBANA
Il Cavalcavia Bussa
Il concorso per la riqualificazione del Cavalcavia Bussa a Milano, che collega corso Como al quartiere Isola, è stato vinto dal progetto “Guardami”, realizzato dal gruppo romano di architetti under 35, “TSPOON”, capitanato da Eliana Saracino. Si tratta di un modello di gara “partecipato”, già sperimentato per il Centro Civico del quartiere Isola, che ha il merito di raccogliere il contributo diretto della cittadinanza.
Oggi il cavalcavia è uno spazio di 8.400 mq, lungo 240 metri, adibito a parcheggio e transito, senza una chiara identità e problematico per la sicurezza. Con l’obiettivo di rendere di nuovo accessibile e fruibile questo luogo, il progetto “Guardami” realizza una nuova piazza urbana, una promenade plantée e uno spazio di aggregazione ludico e culturale, dove le diverse attività praticabili si affacciano sul contesto e sono a loro volta visibili, in uno scambio di relazioni. La scelta di inserire una struttura verticale sul fronte dei binari deriva, infatti, da una riflessione sul contesto. L’impalcatura, sorregge una scritta luminosa che gioca sul doppio significato delle parole “Guardami” e “Guarda-Mi”, diventando sia un landmark per la città, sia un luogo privilegiato da cui osservarla. Il progetto prevede, inoltre, un parterre in continuo mutamento, denominato “Palinsesto”, destinato ad attività che si definiranno con il coinvolgimento dei cittadini.
CNAPPC
Vincitori 2014 dei tre Premi Sono stati proclamati i vincitori dei tre Premi banditi dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori in occasione della Festa dell’Architetto 2014, “iniziativa che, con cadenza annuale, intende celebrare e valorizzare l’architettura e la qualità del progetto nella loro più elevata dimensione civile e culturale”. Il Premio “Architetto italiano 2014” è stato assegnato allo studio Tamassociati di Venezia per alcune opere realizzate in Sudan, Darfur e Sierra Leone, in cui hanno dimostrato “la capacità di valorizzare una dimensione etica della professione realizzando, attraverso un approccio rigoroso e un linguaggio sempre controllato, progetti di architettura di qualità non solo in Italia ma, all’estero, anche e soprattutto, in realtà di particolare disagio, spesso caratterizzate da condizioni estreme causate da guerre, carestie, epidemie”.
Il premio “Giovane talento dell’architettura 2014” è stato assegnato allo studio romano Scape per la realizzazione dell’edificio multifunzionale di rue Paul Meurice a Parigi per “la coerenza compositiva e la maturità nel controllare un progetto articolato che si caratterizza, oltre che per la rilevante funzione sociale in un contesto periferico, per il dialogo instaurato con il contesto”. Nell’ambito dello stesso premio sono state attribuite anche tre menzioni d’onore: a MAB+LAPS per l’edificio Patronage Laïque e residenze sociali a Parigi; a Lorenzo Guzzini per la Casa G, a Como; ad Andrea Morana e Luana Rao per l’intervento di riqualificazione di Largo di Porta Reale a Noto (Siracusa).
Il “Premio Sirica 2014. Start up giovani professionisti” è stato assegnato al progetto di ricerca “Paesaggi in movimento” di Maria Bruna Pisciotta, Renè Soleti e Valentina Spataro di Matera per “il fine di divulgare e di migliorare la fruizione del sistema paesaggistico, attraverso la definizione e la sistemazione dei percorsi di collegamento relativi ad un’area interna al Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine, al limite tra il Parco della Murgia Materana e quello delle Murge Tarantine”. La Giuria dei tre Premi, presieduta da Mario Cucinella, era composta da Fabrizio Barozzi, Simone Cola, Nicola Di Battista, Francesco Fresa, Paolo Malara, Domenico Podestà e Luciana Ravanel.
LIBRI
Caccia Dominioni milanese È in uscito il terzo volume dalla collana “Itinerari di architettura milanese: l’architettura moderna come descrizione della città”, a cura dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano e della sua Fondazione, dedicato all’opera milanese di Luigi Caccia Dominioni. Il libro illustra “alcuni capisaldi della sua opera con l’obiettivo di far affiorare le peculiarità di un’instancabile ricerca progettuale, mai legata a una teoria scritta o insegnata, bensì affidata alla cristallizzazione degli oggetti costruiti, in cui l’essenza di un mestiere traspare nel ‘senso della misura’ e nella ‘rispettosa esecuzione’, delineando la propria originale calligrafia compositiva”. Alberto Gavazzi, Marco Ghilotti Luigi Caccia Dominioni (a cura di Alessandro Sartori e Stefano Suriano) Solferino ed., Milano, 2014 112 pp., euro 14
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PREMI / 1
Prix des femmes architectes 2014
MOSTRE IN CORSO / 1
Due mostre per De Carlo La prima, Giancarlo De Carlo. Schizzi inediti, a cura di Anna De Carlo e Giacomo Polin, è una piccola mostra che raccoglie gli schizzi inediti realizzati da Giancarlo De Carlo, architetto, urbanista e teorico italiano, nell’ultima parte della sua vita. Disegni di diverse dimensioni (dalle pagine di un block notes, ai grandi fogli da disegno) nati per una ricerca del tutto personale, come suggestioni o semplici idee, che la Triennale decide di presentare nel decennale della sua scomparsa. La seconda, Triennale Live -Episodio #2 – Piazza De Carlo – Gruppo A12, curata da Paola Nicolin, è un progetto di ricerca che invita a riflettere sui materiali degli Archivi Storici della Triennale di Milano legati all’attività dell’architetto, e a reinterpretarli attraverso installazioni, azioni performative, lezioni e conversazioni nello spazio di “Piazza De Carlo”, un ambiente di sosta e incontro creato dal Gruppo A12.
Alla sua seconda edizione, il premio francese per la “donna architetto dell’anno”, promosso e organizzato dall’Arvha, (associazione nata nel 1901 per la ricerca sulla città e l’abitare) è stato assegnato a Manuelle Gautrand. Tra le sue opere più note la Cité des Affaires di Saint-Etienne, lo Showroom C42 Citroën sugli Champs-Elysées, il Gaîté Lyrique di Parigi, il Museo d’arte moderna Lille Métropole (LaM) a Villeneuve d’Ascq e l’Immeuble Origami a Parigi.
Maggiore, Casa La Sbandata (La Maddalena, 2004) e l’Appartamento su tre livelli (Milano, 2006) viene illustrata la sua “visione colta e generosa dello spazio domestico” che “è interpretato quale luogo primario di espressione della personalità dell’individuo, che dialoga con le esigenze degli altri abitanti della casa”. Il percorso espositivo è completato da alcune opere di design realizzate (poltrona per Arflex, seduta in vetro per Fiam) e da una videointervista. Cini Boeri. Progettando la gioia Milano, SpazioFMG fino al 6 febbraio 2015
Oltre a lei, Maryam Ashford Brown è stata premiata nella categoria “opera originale” per il progetto Siège social Weleda a Basilea, mentre il premio “giovane donna architetto ” è stato assegnato a Agnès et Agnès Architecture. Infine, due menzioni speciali a Christiane Schmuckle Mollard e a Renée Gailhoustet.
MOSTRE IN CORSO / 2
La gioia di Cini Boeri Fino al 6 febbraio 2015, presso lo Spazio FMG di Milano, è in corso la prima mostra monografica dedicata all’opera della nota progettista milanese Cini Boeri. A cura di Luca Molinari, l’esposizione Progettando la gioia esplora le tappe più importanti della sua carriera e “getta uno sguardo ‘indiscreto’ sui lavori in corso”. Attraverso una selezione di progetti dedicati all’abitare come la Casa nel Bosco (Osmate, 1969), presso il lago
Giancarlo De Carlo Schizzi inediti e Triennale Live -Episodio #2 – Piazza De Carlo – Gruppo A12 Triennale di Milano viale Alemagna 6 fino all’11 gennaio 2015
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MOSTRE IN CORSO / 3
Vico Magistretti a Milano Architetture in Posa. Le opere di Vico Magistretti a Milano è stata prorogata fino al 14 febbraio 2015. L’esposizione, ospitata presso la Fondazione studio museo Vico Magistretti, illustra per la prima volta in questi spazi l’opera di Magistretti architetto e racconta i suoi edifici a Milano attraverso le fotografie conservate nell’archivio, con opere di autori tra cui Basilico, Sinigaglia, Monticelli, Musi. Architetture in Posa. Le opere di Vico Magistretti a Milano Fondazione studio museo Vico Magistretti Milano, via Conservatorio 20 fino al 14 febbraio 2015
A cura di Giovanni Luca Minici insieme alla Fondazione Albini, l’allestimento di Marco Marzini accompagna i visitatori attraverso documenti d’archivio e tavole originali che narrano le fasi di un progetto unitario di architettura e comunicazione visiva. 2015, passando per Cesena (gennaiofebbraio 2015), Ravenna (marzo-aprile 2015), Firenze (maggio-giugno 2015) e Roma (luglio-settembre 2015). Pier Luigi Nervi. Gli stadi per il calcio Urban Center Bologna piazza Nettuno 3 fino al 9 gennaio 2015
PREMI / 2
International Highrise Award 2014 Il “Bosco Verticale” dello Studio Boeri (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra), le due torri “boschive” per il Progetto Porta Nuova a Milano, ha vinto l’International Highrise Award 2014, assegnato ogni due anni al “grattacielo più bello e innovativo del mondo”. Il premio, istituito nel 2003 a Francoforte, riconosce i criteri di sostenibilità, design e qualità degli spazi interni, oltre alla capacità di integrarsi nel contesto urbano, per architetture che raggiungono almeno i 100 m di altezza completate negli ultimi due anni. Il progetto, scelto fra 800 edifici di tutto il mondo, si è conteso il primo posto con altri quattro grattacieli: il “De Rotterdam” a Rotterdam di Office for Metropolitan Architecture (OMA), l’“One Central Park” a Sydney e il “Renaissance Barcelona Fira Hotel” a Barcellona entrambi di Ateliers Jean Nouvel e lo “Sliced Porosity Block” di Chengdu, in Cina, di Steven Holl Architects.
MOSTRE IN CORSO / 4
La M1 di Albini, Helg e Noorda Una mostra dedicata alla metropolitana milanese in occasione dei 50 anni della linea Rossa allestita nello studio di Franco Albini, l’architetto che con Franca Held e Bob Noorda progettò il design delle stazioni, aggiudicandosi il Compasso d’Oro.
CONCORSI
Soggiorno di ricerca a Roma
M1. La metropolitana in mostra Fondazione Franco Albini Milano, via Telesio 13 fino a novembre 2015
MOSTRE IN CORSO / 5
Gli stadi di Pier Luigi Nervi Nata da un ampio progetto di ricerca, la mostra ricostruisce il percorso creativo e costruttivo dell’ingegnere italiano, illustrando i suoi progetti di stadi per il calcio in Italia e all’estero, attraverso disegni e materiali d’archivio, accompagnati da modelli costruttivi dei progetti, realizzati appositamente per l’occasione. L’esposizione, curata da Micaela Antonucci, Annalisa Trentin e Tomaso Trombetti, è la prima tappa di una mostra itinerante che proseguirà fino a settembre
Il concorso, promosso dallo Studio Roma (programma di ricerca transdisciplinare dell’Istituto Svizzero di Roma) si rivolge ad artisti delle arti visive, design, architettura, letteratura, danza, teatro, musica, ecc. e ricercatori universitari di scienze umane, sociali e naturali che desiderano affrontare un percorso di ricerca sperimentale tra discipline differenti, finalizzato a costruire nuove pratiche pedagogiche nella produzione artistica e scientifica. Il bando è aperto ai cittadini svizzeri, ai residenti in Svizzera, o a chiunque abbia comprovati legami con istituzioni culturali o scientifiche svizzere. I candidati, under 40, dovranno presentare un progetto di ricerca personale e partecipare alle attività dell’Atelier Studio Roma. La scadenza per l’invio delle domande di ammissione è il 9 febbraio 2015.
D’Aloisio, Paola Faroni, Luisa Favalli, Fabio Maffezzoni, Roberta Orio, Alessio Rossi, Roberto Saleri, Eliana Terzoni (Termine del mandato: 28.10.2017)
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori tel. 02 29002174 www.architettilombardia.com Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Angelo Monti Vice Presidente: Giuseppe Sgrò Tesoriere: M. Elisabetta Ripamonti Segretario: Fabiola Molteni Consiglieri: Umberto Baratto, Laura Boriani, Valeria Bottelli, Laura Gianetti, Gian Luca Perinotto, Pietro Triolo, Francesco Valesini, Carlo Varoli Ordine APPC di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Franceso Valesini; Vice Presidente: Carlos Manuel Gomes de Carvalho; Segretario: Alessandra Ferrari Tesoriere: Arianna Foresti Consiglieri: Remo Capitanio, Marcella Datei, Giuseppe Joi Donati, Emilio Braian Giobbi, Riccardo Invernizzi, Sandra Marchesi, Alessandra Morri, Federica Nozza, Chiara Raffaini, Stefano Tacchinardi, Barbara Venturi (Termine del mandato: 12.6.2017) Ordine APPC di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Umberto Baratto Vice Presidente: Laura Dalè Segretario: Gianfranco Camadini Tesoriere: Eugenio Sagliocca Consiglieri: Stefania Annovazzi, Stefania Buila, Serena Cominelli, Alessandro
Ordine APPC di Como tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Michele Pierpaoli Vice Presidente: Elisabetta Cavalleri Segretario: Lorenza Ceruti Tesoriere: Alessandra Guanziroli Consiglieri: Alessandro Cappelletti, Margherita Mojoli, Elisa Molteni, Angelo Monti, Entico Nava, Matteo Nava, Giacomo Pozzoli, Stefano Seneca, Alessandro Soldini, Giulia Turati, Gabriele Vaccarella (Termine del mandato: 17.2.2018) Ordine APPC di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Bruna Gozzi Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Maria Luisa Fiorentini Tesoriere: Laura Patrini Consiglieri: Elisabetta Cristina Bondioni, Eugenio Amedeo Campari, Antonio Lanzi, Massimo Masotti, Andrea Pandini, Paola Pietramala, Silvano Sanzemi (Termine del mandato: 2.10.2017) Ordine APPC di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: Maria Elisabetta Ripamonti Vice Presidente: Paolo Rughetto Segretario: Marco Pogliani Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Davide Bergna, Laura Colombo, Paolo Manzoni, Elio Mauri, Giorgio Melesi, Diego Toluzzo, Giulia Torregrossa (Termine del mandato: 8.10.2017) Ordine APPC di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti:
infolodi@archiworld.it Presidente: Laura Boriani; Vice Presidente: Alessandro Cordoni Segretario: Chiara Panigatta Tesoriere: Carlo Terribile Consiglieri: Simonetta Fanfani, Emanuele Grecchi, Paola Mori, Anna Patrizia Legnani, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 25.9.2017) Ordine APPC di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Alessandro Valenti; Vice Presidenti: Cristiano Guernieri, Pietro Triolo; Segretario: Alessandra Fortunati; Tesoriere: Mariangela Gavioli; Consiglieri: Francesco Cappa, Andrea Cattalani, Federico Fedel, Gianni Girelli, Vittorio Longheu, Martina Mazzali (Termine del mandato: 5.9.2017) Ordine APPC di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Valeria Bottelli Vice Presidenti: Franco Raggi Segretario: Paolo Brambilla Tesoriere: Marcello Rossi Consiglieri: Marco Francesco Bianchi, Antonio Borghi, Cecilia Bolognesi, Paolo Mazzoleni, Alessandra Messori, Vittorio Pizzigoni, Vito Mauro Redaelli, Clara Rognoni, Francesca Simonetti, Alessandro Trivelli, Stefano Tropea (Termine del mandato: 20.11.2017) Ordine APPC di Monza e della Brianza tel. 039 2307447 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Presidente: Fabiola Molteni; Vice Presidenti: Carlo Mariani Segretario: Enrica Lavezzari Tesoriere: Giuseppe Caprotti Consiglieri: Maria Grazie Angiolini, Marco Ballarè, Chiara Lorenza Colzani,
Luca Elli, Emanuele Gatti, Andrea Meregalli, Maura Monti, Vania Mottinelli, Fabio Sironi, Corrado Spinelli, Mariarosa Vergani (Termine del mandato: 23.12.2017) Ordine APPC di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Aldo Lorini; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Maura Lenti; Consiglieri: Roberto Fusari, Luca Pagani, Gian Luca Perinotto, Paolo Polloni, Loretta Rizzotti, Giorgio Tognon, Alessandro Trevisan, Andrea Vaccari (Termine del mandato: 2.9.2017) Ordine APPC di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giovanni Vanoi Segretario: Claudio Botacchi Tesoriere: Andrea Forni Consiglieri: Marco Del Nero, Mauro Marantelli, Carlo Murgolo, Giulia Pedrotti, Nicola Stefanelli, Giulia Maria Vitali (Termine del mandato: 23.9.2017) Ordine APPC di Varese tel. 0332 812601 www.ordinearchitettivarese.it Presidenza: presidente.varese@awn.it Segreteria: infovarese@awn.it Presidente: Laura Gianetti; Vice Presidente: Giuseppe Speroni, Emanuele Brazzelli Segretario: Matteo Sacchetti Tesoriere: Maria Chiara Bianchi Consiglieri: Giorgio Maria Baroni, Luca Bertagnon, Alberto D’Elia, Mattia Frasson, Ilaria Gorla, Carla Giulia Moretti, Dario Pesca, Franco Segre, Maria Cristina Tomasini, Stefano Veronesi (Termine del mandato: 1.10.2017)
trimestrale di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi
La rivista AL, fondata nel 1970, raggiunge ogni tre mesi i 27.635 architetti iscritti ai 12 Ordini degli Architetti PPC della Lombardia: 2.353 iscritti dell’Ordine di Bergamo; 2.356 iscritti dell’Ordine di Brescia; 1.720 iscritti dell’Ordine di Como; 706 iscritti dell’Ordine di Cremona; 955 iscritti dell’Ordine di Lecco; 403 iscritti dell’Ordine di Lodi; 713 iscritti dell’Ordine di Mantova; 12.080 iscritti dell’Ordine di Milano; 2.534 iscritti dell’Ordine di Monza e della Brianza; 876 iscritti dell’Ordine di Pavia; 372 iscritti dell’Ordine di Sondrio; 2.306 iscritti dell’Ordine di Varese. Ricevono, inoltre, la rivista: 90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia; 1.555 Amministrazioni comunali lombarde; Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.
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