AL 10, 2002

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AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 10 Ottobre 2002

Editoriale

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Forum L’architetto nella pubblica amministrazione interventi di Vittorio Prina, Achille Rossi, Giuseppe Speranza

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Bergamo Brescia Como Lodi Mantova Milano

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Argomenti

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Concorsi

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Professione e aggiornamento Legislazione Normative e Tecniche Organizzazione professionale Strumenti

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Informazione Dagli Ordini Lettere Stampa Libri, riviste e media Mostre e Seminari

Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano

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Itinerari

Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL)

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Indici e tassi

Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Martina Landsberger Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - Fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Impaginazione Chiara Giuliani

Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 22.150 copie In copertina: Spaccato di teatro pubblico, Parma, Fondazione Cariparma. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL

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Sommario

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Il progetto di Legge Regionale per il Governo del Territorio, proposto dall’Assessorato regionale rappresenta indubbiamente una circostanza di rilievo, soprattutto per l’intendimento a riproporre una generale revisione della L.R. 51/75 che ha costituito il fondamento della normativa urbanistica della Lombardia immutata per oltre 25 anni e attuale riferimento d’obbligo della pianificazione del territorio. I recenti provvedimenti normativi di cui alla L.R. 23/97, 9/99 e 1/2001 avevano per la verità predisposto ad un allentamento in termini quantitativi degli standard, ad una semplificazione dei processi dell’iter di approvazione degli strumenti, ad una interpretazione più flessibile del “ servizio pubblico” . La recente Delibera di Giunta del 21.12.2001 n° 7/586 sui criteri orientativi per la redazione del Piano dei Servizi era poi sostanzialmente posta nell’ottica di un doveroso aggiornamento dei contenuti della pianificazione Comunale mentre il testo “ sulle linee Guida per la riforma urbanistica regionale” dell’anno precedente lasciava comunque intravedere tempi estesi per l’elaborazione dell’” articolato” . L’attuale proposta che investe uno scenario a tutto campo, spaziando da temi attuali propri dell’urbanistica della 2ª generazione (quali la sostenibilità, le aree metropolitane, l’articolazione della pianificazione in pluralità di strumenti) a vecchi nodi irrisolti o elusi in passato (quali la compensazione e la perequazione) non può non porre dunque una serie di interrogativi, considerazioni, dubbi e pluralità di ipotesi nel contempo. E ciò sia a scala di problematiche nodali e strutturali (per così dire “ di scocca” ), sia a livello di concreta applicazione e di prassi di governo amministrativo. Se il contesto dell’ecosistema appare radicalmente mutato negli ultimi anni soprattutto per la complessità e la dinamicità dei processi di trasformazione e di conseguenza decisionali, poco compatibili con schemi e modelli normativi ormai datati, il superamento di criteri, riferimenti abituali e (nel bene e nel male) sperimentati non appare, né univoco, né facilmente traducibile in esiti gestionali. Il Seminario promosso dalla Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, dall’I.N.U. con l’apprezzata disponibilità dell’Assessorato Regionale e di figure competenti nell’ambito disciplinare si propone pertanto di concretizzare un primo dilatato confronto ed una serie di significativi contributi, operando convergenza di teorizzazione culturale, di esperienza professionale, di gestione amministrativa per un “ percorso innovativo” delle modalità di pianificazione urbanistica che deve necessariamente minimizzare il margine di errore e neppure può delegare la verifica dell’efficacia alla sperimentazione diretta ed immediata sul territorio. Stefano Castiglioni Presidente Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti


CONSULTA REGIONALE LOM BARDA DEGLI ORDINI DEGLI ARCHITETTI – I.N.U. LOM BARDIA

SEM INARIO Urbanistica in Lombardia: Nuova Legge per il Governo del Territorio contributo degli Architetti degli Ordini lombardi e I.N.U. Lombardia M ILANO, 15 novembre 2002 orario 9.00 - 18.00

Fondazione Le Stelline Corso M agenta 61

Sala D (primo piano) (MM1 CONCILIAZIONE o CADORNA – MM2 CADORNA o S. AMBROGIO) Il Seminario sarà articolato in 2 sessioni, che consentiranno di affrontare nodi e problemi specifici del Nuovo Testo Urbanistico Regionale.

I tecnici urbanisti che interverranno con considerazioni e quesiti preventivamente sottoposti agli Uffici Regionali e alla Commissione tecnica che ha elaborato la bozza di legge, solleciteranno risposte e approfondimenti. PROGRAMMA ore 9.00 Registrazione dei partecipanti ore 9.30 Introduzione del Presidente della Consulta, arch. Stefano Castiglioni Intervento dell’Assessore Regionale, dott. Alessandro Moneta ore 10.00 Illustrazione della proposta di legge: analisi delle relazioni nel contesto legislativo attuale e con le “Linee guida per la riforma urbanistica Regionale” già presentate nel dicembre 2001 Relatori: – Mario Rossetti, Direttore Generale, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, Regione Lombardia – Anna Bonomo, Dirigente Struttura Giuridico Territoriale, U.O. Pianificazione e Programmazione Territoriale, Regione Lombardia ore 10.30 1a sessione: Valutazioni problematiche/nodali e “strutturali”: • Il raccordo con il compendio normativo esistente; • Quadro strutturale e architettura legislativa; • Piano Regionale e Provinciale; • Piano Comunale quale elemento base della pianificazione urbanistica; • La sostenibilità ambientale; • Perequazione urbana e territoriale; • Il ruolo attribuito alla partecipazione. Interventi da parte della Consulta e dell’I.N.U. Partecipano: Anna Bonomo, Alberto De Luigi, Massimo Ghiloni, Gaetano Lisciandra, Mario Rossetti, Giuseppe Sala, Lanfranco Senn, Cristina Treu Coordinatore: Leonardo Fiori PAUSA BUFFET OFFERTO DALLA CONSULTA ore 14.30 2a sessione: Gli aspetti applicativi della nuova legge: – L’esperienza della legislazione regionale di seconda generazione Relatore: – Piero Properzi (Segretario Nazionale I.N.U.) ore 15.30 – Esame e approfondimento di quesiti e aspetti operativi dell’articolato: • Validazione e controllo; • Grandi aree urbane: i nodi critici; • La nuova impostazione del Piano urbanistico comunale; • Le difficoltà applicative per i Comuni minori; • Piano, Programma, Attuazione; • Il Piano di assetto morfologico: strumento per il miglioramento della qualità della città e degli spazi pubblici?; • Dagli standard al Piano dei Servizi; • L’ambiente tra pianificazione generale e piani di settore; • Risorse, strumenti e supporti per un’azione di riproposizione pianificatoria diffusa e non episodica. Interventi da parte della Consulta e dell’I.N.U. Coordinatore: Stefano Castiglioni (Presidente della Consulta) Partecipano: Antonino Brambilla, Gian Angelo Bravo, Angelo Bugatti, Lucia D’Ettorre, Massimo Giuliani, Bruno Mori, Giulia Rota. Comitato organizzativo: Paolo Gatti, Claudio Maffiolini Interventi non programmati potranno essere proposti in sede di Seminario, solo in forma scritta, che, comunque, verrà in ogni caso posta agli Atti, con il nominativo del Proponente.


Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 http://www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 http://www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Guido Dallamano, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 http://www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 http://www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 http://www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 http://www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 http://www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guarnieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 http://www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 http://www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Gianni M. Colosetti, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 http://www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 http://www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)


Maurizio Carones

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Editoriale

Non sappiamo con esattezza quanti dei ventimila architetti iscritti agli ordini lombardi svolgano il proprio lavoro come funzionari pubblici. Certo è che, considerando come nella regione stessa, nelle undici province, nei consorzi, negli enti parco, nelle comunità montane, nelle sovrintendenze e nei più di millecinquecento comuni della Lombardia lavorino numerosi architetti, è facile ipotizzare che una parte consistente di quei ventimila abbia in tali enti il ruolo di funzionario pubblico. Allo stesso tempo è da rilevare che quando si parla di lavoro dell’architetto ci si riferisca invece con più facilità alla condizione di un libero professionista che, ottenuto un incarico, “ presenta” il suo lavoro ad una pubblica amministrazione, come se questa fosse qualcosa di estraneo, se non di ostile, al suo lavoro o, più in generale, all’architettura. In realtà gli architetti funzionari pubblici hanno una formazione analoga a chi svolge la libera professione e a volte essi stessi svolgono parallelamente il lavoro di progettisti privati. D’altra parte si ha con frequenza la sensazione che l’architetto-funzionario pubblico – a volte anche nelle parole raccolte in questo numero – si consideri incompreso, sia dall’amministrazione pubblica che dai suoi stessi colleghi professionisti. Il forum di “ AL” è dedicato ad una ricognizione sulle modalità di svolgimento del lavoro dell’architetto funzionario pubblico, intendendo soprattutto dare voce ai colleghi che lavorano presso gli enti pubblici. I vari interventi confermano la complessità di un’attività svolta in equilibrio a volte precario fra una competenza disciplinare ed una prassi amministrativa ma mettono anche in evidenza un’evoluzione del compito del funzionario, sia nel far comprendere agli amministratori la funzione civile dell’architettura, sia nell’esercitare la verifica della correttezza delle procedure. Compiti resi ancor più rilevanti dall’attuale legislazione sui lavori pubblici che assegna, come si sa, particolari ruoli ai funzionari, sia nell’ambito del procedimento amministrativo che nella stessa progettazione di opere pubbliche. Il compito di tecnico dell’ente pubblico, sorta di “ garante architettonico” per conto dell’amministrazione e quindi dell’intera società, pare allora essere sempre più importante, a maggior ragione nella prospettiva delineata dal progressivo alleggerimento delle prescrizioni formali delle normative e dal sempre maggior ruolo della concertazione fra privato e pubblico nella attuazione delle prescrizioni urbanistiche. In questo senso è di particolare rilevanza la questione della formazione e dell’aggiornamento, che – evidentemente – non riguarda solo i funzionari pubblici, ma che è anche in questo caso un argomento determinante. C’è quindi da augurarsi che le amministrazioni pubbliche si occupino sufficientemente della formazione e dell’aggiornamento dei loro tecnici e ne assecondino in modo adeguato le aspirazioni di qualità. Solamente valorizzandoli ed incentivandoli, così come accentuandone la competenza tecnica (considerando l’architettura stessa come tale), l’amministrazione può infatti avere funzionari che svolgano con cosciente e motivata autorevolezza il loro importante ruolo pubblico di tecnici per il governo del territorio.


L’architetto nella pubblica amministrazione

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Il Forum di questo numero intende affrontare la questione del ruolo dell’architetto che opera all’interno di una pubblica amministrazione. Le “figure” che abbiamo pensato di coinvolgere nel dibattito sono di due tipi differenti: da un lato l’architetto-progettista che si occupa propriamente della progettazione e, dall’altro, l’architetto-funzionario che invece svolge funzioni più propriamente amministrative. Entrambe le figure sono accomunate dal fatto di avere alle spalle conoscenze ed esperienze acquisite nel corso degli studi e sul campo, da applicare in due ambiti che apparentemente paiono essere molto distanti. In realtà, a ben guardare, l’architetto-progettista e l’architetto-funzionario – come pure chiunque svolga il mestiere di architetto – è destinato a incidere con la propria professionalità sulle modificazioni delle città e del territorio. L’architetto ha dunque un preciso dovere “pubblico”: deve confrontarsi con la collettività e la sua opera deve essere riconosciuta dalla società. I grandi architetti della storia hanno lavorato in quest’ottica, aiutati in alcuni casi da committenti illuminati che possedevano una precisa idea di costruzione della città. Pensiamo, per fare solo due esempi, alla Berlino di Federico Guglielmo III e di Schinkel, o alla Parma di Maria Luigia e di Petitot, i cui disegni sono stati utilizzati come materiale illustrativo di questo Forum. I contributi dei tre architetti partecipanti al Forum, sono incentrati proprio intorno a questi argomenti e prendono spunto dalle diverse occasioni ed esperienze che i tre interlocutori hanno potuto maturare lavorando all’interno di pubbliche amministrazioni differenti. Ringraziamo, per i loro contributi, l’architetto Vittorio Prina funzionario tecnico del Comune di Pavia, l’architetto Achille Rossi, dirigente del servizio concessioni edilizie del Comune di Milano e l’architetto Pippo Speranza, funzionario presso la Regione Lombardia. Inoltre, dobbiamo un particolare ringraziamento, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Parma che ha gentilmente concesso l’autorizzazione alla pubblicazione dei disegni di Ennemond Alexandre Petitot appartenenti alla collezione della Fondazione Cariparma.

Enti pubblici a Pavia: due esperienza a confronto di Vittorio Prina Quando scelsi – dieci anni orsono per l’Istituto Autonomo Case Popolari di Pavia, ora ALER, sei anni orsono per il Comune di Pavia – di partecipare ad un concorso per essere assunto presso l’Ufficio Tecnico di una pubblica amministrazione, avevo ben presente come punto di riferimento l’esperienza di Massimo Carmassi, presso il comune di Pisa, che, con la creazione dell’Ufficio Progetti, produsse una serie di progetti e realizzazioni di altissima qualità nonché una documentazione analitica della città attraverso lo strumento del rilievo, delineando un progetto urbano unitario. Un eccelso, ma più lontano, riferimento – fatte le debite distin-

zioni di importanza e contesto storico – è l’opera di Bruno Taut a Berlino ove realizza 10.000 abitazioni in otto anni sostenuto da Martin Wagner quale assessore all’edilizia, e a Magdeburgo ove fonda uno speciale “ ufficio per l’ampliamento urbano” preposto alla programmazione di una lunga serie di progetti pubblici nonché l’impostazione del nuovo Piano Regolatore utilizzando anche un “ programma pubblicitario” che si basa su di una sorta di progettazione didattica. L’esperienza presso l’Ufficio Tecnico dello IACP di Pavia, ove mi sono occupato di sola progettazione – escludendo quindi la maggior parte delle funzioni burocratico-amministrative – è stata caratterizzata da un approfondito lavoro di ricerca, condotto autonomamente e su mia iniziativa, relativo all’edilizia residenziale: dallo studio degli esempi storici, alle tipologie innovative, alle caratteristiche morfologiche, ai rapporti con il contesto, sino a temi fondamentali per la residenza quali la definizione di spazi pubblici, semi-pubblici e privati, il senso di soglia e di ingresso, elementi nodali quali la distribuzione orizzontale e verticale nei suoi rapporti con il movimento umano. Ricerca svolta anche rispetto all’edilizia residenziale popolare storica realizzata in Pavia e provincia sino a raccogliere e ordinare il materiale per la pubblicazione di un volume. L’esito di queste ricerche sono state anche numerose pubblicazioni sulla rivista “ Edilizia Popolare” . Non ultima è stata l’attenzione finalizzata ad ottenere una qualità anche nell’elaborazione grafica dei progetti. Dei numerosi progetti – sia di nuova realizzazione che di restauro – da me redatti in quattro anni, nessuno è stato realizzato a causa dell’insensatezza politica, decisionale e burocratica. Di tutt’altro genere l’esperienza, ancora in corso, presso l’Ufficio Progetti del Comune di Pavia, ufficio che al momento della mia assunzione era in corso di formazione. Molteplici sono le occasioni progettuali che mi sono state proposte, dalla nuova costruzione, al restauro, alla riqualificazione delle più varie tipologie. Alcuni esempi, tutti realizzati o in corso di esecuzione, sono: l’ampliamento e riqualificazione dei cimiteri di Mirabello e San Lanfranco, il nuovo edificio per gli spogliatoi e servizi del campo sportivo alla Frigirola, la ristrutturazione e ampliamento del centro di accoglienza di Fossarmato, la nuova scala di sicurezza del settecentesco Teatro Fraschini, il restauro del primo lotto dei sotterranei del Castello Visconteo adibiti ad esposizione museale, il restauro del Monastero di Santa Clara quale sede di una biblioteca multimediale con sale per esposizioni e congressi, gli allestimenti permanenti della quadreria dell’Ottocento e della donazione della collezione Morone presso le sale del Castello Visconteo. Numerosi, ma limitati a una quantità “ fisiologica” i progetti non realizzati a causa di “ assestamenti” delle finalità dell’amministrazione o di necessità mutate o superate: progetti di massima di edifici a servizio del Cimitero Maggiore, sistemazione del fossato del Castello Visconteo con esposi-


Piante di teatri pubblici, Parma, Fondazione Cariparma.

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zione dei resti della torre civica, progetto di massima dell’ampliamento di una piscina coperta, progetto di massima dell’ampliamento e ristrutturazione del centro di quartiere Scala, parcheggio pluripiano nell’area limitrofa alla chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro, centro polisportivo con palazzetto, piscine e palestre. Il settore è strutturato in modo tale che il funzionario non è solamente progettista e direttore dei lavori, ma è anche tenuto a occuparsi di tutti gli atti tecnico-amministrativoburocratici relativi a ogni lavoro (a esclusione delle procedure di appalto); da questo consegue il totale controllo del procedimento (il responsabile è il dirigente di settore), ma anche un carico di lavoro che spesso toglie tempo ed energie all’attività progettuale, oltre che la richiesta di competenze specifiche non esclusivamente tecnico-artistiche. In questo contesto quindi non è possibile identificare un progettista o un amministrativo “ puro” . Le decisioni strategiche o le priorità nell’ambito di un progetto urbano unitario spettano comunque all’assessore e al relativo dirigente del Settore Lavori Pubblici, anche se supportati, per le strategie, dai funzionari tecnici. Una non completa visione e conduzione unitaria è imputabile al fatto che i settori “ colloquiano” con difficoltà tra di loro; non ci è dato, ad esempio, di intervenire in merito alle decisioni relative al nuovo Piano Regolatore (incarico peraltro affidato all’esterno).

Ritengo quindi molto difficoltosa la gestione unitaria di un “ progetto urbano” , che vada dal controllo del P.R.G. sino ai progetti minori, in un comune di media grandezza quale è Pavia. Grazie comunque alla caparbietà di assessore e dirigente del settore Lavori Pubblici è stato ed è possibile gestire all’interno dell’ufficio tecnico la maggior parte della progettazione architettonica, usufruendo di incarichi conferiti a professionisti esterni solamente in relazione a incarichi di rilievo e analisi, progettazione di strutture e impianti, restituzione informatizzata degli elaborati grafici, assistenza alla direzione lavori, contabilità, piani di sicurezza, ecc. Il funzionario tecnico di conseguenza ha la possibilità di progettare coordinando una équipe di tecnici che integrano competenze che per specificità della materia o per carenza di personale non potrebbero essere altrimenti fornite dall’ufficio tecnico; questo comporta, oltre alla valutazione dei curricula, una non facile opera di coordinamento di diverse discipline specialistiche anche non propriamente architettoniche, una mediazione rispetto agli intenti dell’amministrazione e una composizione e correlazione con le procedure amministrative, legislative e burocratiche che costellano ogni passo dell’attività di un ente pubblico. Un esempio emblematico è il restauro del monastero di Santa Clara, vasto complesso dotato di un chiostro e di due chiese affrescate e sito nel centro storico, la cui realizzazione è suddivisa in diversi lotti e comprende anche la rea-


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lizzazione degli arredi e l’acquisizione e sistemazione di alcune aree limitrofe. Preludio alla progettazione, oltre a ricerche storiche, sono state un accurato rilievo geometrico dell’intero complesso, un rilievo materico del degrado e dei dissesti esistenti, analisi stratigrafiche per la definizione delle diverse tipologie di intonaci e pavimenti, verifiche statiche e prove di carico sulle strutture murarie e sulle volte, ecc. La progettazione e direzione lavori è stata condotta dall’Ufficio Progetti del Comune che ha coordinato una équipe di professionisti esterni che ha supportato l’ufficio sin dalle prime fasi del lavoro e nel suo sviluppo, dal rilievo alle analisi, alla restituzione grafica informatizzata relativa sia al rilievo che al progetto, allo sviluppo di particolari costruttivi specialistici, alle varie assistenze alla direzione lavori (architettonica, strutturale, impiantistica e contabile). Un ulteriore esempio di tentativo di condurre un insieme di lavori secondo un progetto globale e una programmazione unitaria è quello relativo al Castello Visconteo. È stata innanzi tutto nominata dall’amministrazione una Commissione Consultiva di carattere tecnico, architettonico, artistico, di professionisti sia interni che esterni al Comune (commissione di cui faccio parte) preposte ad analizzare e formulare ipotesi di soluzioni ai problemi del Castello che sono i più vari e la cui gestione costituisce una vera e propria “ fabbrica” : dalla manutenzione ordinaria e straordinaria, ai lavori di analisi strutturale e consolidamento, al restauro architettonico e pittorico, all’adeguamento tecnologico e impiantistico secondo le recenti normative, sino all’allestimento. Contemporaneamente sono stato incaricato dall’amministrazione di coordinare ogni tipo di intervento relativo al Castello, occupandomi sia direttamente di progettazione e direzione lavori (restauro dei sotterranei; progettazione relativa alla sostituzione ed unificazione di tutte le porte del Castello; progettazione architettonica relativa al rifacimento degli impianti di riscaldamento, elettrici e di illuminazione; allestimenti, ecc.) che di controllo e coordinamento dei progetti e dei cantieri proposti dall’amministrazione e dalla dirigenza dell’ufficio tecnico e dei Musei Civici del Castello, affidati sia all’ufficio – comprendendo anche il settore manutenzione – sia a professionisti esterni, affrontando anche in maniera unitaria le procedure burocratiche e amministrative relative. L’ottenimento, ad esempio, del Certificato Prevenzione Incendi ha portato all’adeguamento, per fasi successive, degli impianti di rilevamento fumi, delle vie di esodo con intervento unitario su tutte le uscite e con la realizzazione di nuove scale e ascensore alla testata nord-est; interventi non realizzabili senza l’adeguamento degli impianti elettrici (dorsale primaria e rete secondaria), di illuminazione e di antiintrusione. Sono anche in corso di realizzazione: il monitoraggio relativo alle condizioni statiche – in alcuni punti assai problematiche – preludio agli interventi di consolidamento; il primo di tre lotti di lavori di manutenzione delle coperture e dei camminamenti relativi; la costruzione della nuova centrale termica e lo studio relativo al nuovo impianto di riscaldamento; il primo lotto del lavori di restauro dei sotterranei che versano in uno stato di completo abbandono; il completamento della continuità espositiva delle sale con il restauro e allestimento della sala VI e la previsione del restauro della parte ovest dei sottotetti per accogliere depositi e uffici al fine di liberare ulteriori spazi espositivi al primo piano. Come si può immaginare la gestione e il coordinamento dei citati lavori – molti dei quali previsti da tempo o già avviati – è assai difficoltosa; lavori la cui complessità è insita anche in considerazione dei vincoli di tutela architettonica e artistica.

Planimetria del Giardino Ducale, inchiostro nero a penna, acquarelli, bruno, giallo, azzurro, rosa, e verdino su carta bianca giuntata, 82,5 x 42,5 cm., il foglio aggiunto 26,2 x 30 cm. Parma, Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, inv. CRP 60808.

Pianta del Boschetto d’Arcadia e alzato del Tempietto, matita e inchiostro nero a penna, acquarelli verdastro, grigio e nero su carta bianca, 44,6 x 57,3 cm. Collezione privata.


Non ultima è anche la necessità di avviare opere di rilievo geometrico – che diventa insostituibile ogni volta che si interviene progettualmente –, di scavo archeologico e di coordinamento della “ semplice” manutenzione ordinaria relativa anche a distacchi di elementi, di intonaci o affreschi. Il tentativo è comunque riferibile, se non a un controllo complessivo dell’insieme degli interventi urbani, ad una logica generale di interventi unitari condotti per parti di città che costituiscono una rete puntiforme di interventi pubblici e che determinano una sorta di “ qualità diffusa” senza dubbio necessaria nella città contemporanea.

Dare ordine alla costruzione della città

Spaccato dell’acquedotto, matita, inchiostro nero e bruno a penna, acquarelli grigio, rosa e verdino su carta bianca, 77,72 x 46,7 cm. Collezione privata.

Pianta di acquedotto, matita, inchiostro nero e bruno a penna, acquarelli grigio, nero e verdino su carta bianca giuntata, 40,2 x 56,7 cm. Collezione privata.

Non è facile comprendere quali siano le ragioni che inducono un numero consistente architetti ad intraprendere la carriera presso la pubblica amministrazione. È difficile infatti immaginare un lavoro meno istintivamente appagante per chi abbia nel suo curriculum una laurea in una disciplina “ creativa” come l’architettura. Alcuni forse hanno scelto questa professione alla ricerca del cosiddetto posto sicuro, per altri si è trattato di un inizio casuale dopo essere stati selezionati in un concorso al quale ci si era iscritti senza troppo entusiasmo. Resta il fatto che assai di rado si offre ai dipendenti degli enti pubblici l’opportunità di svolgere le attività tipiche del mestiere di architetto (progettazione edilizia, direzione dei lavori, ecc.) e forse è anche giusto che sia così. Sembra logico, infatti, anche andando un po’ al di là di quello che dice la legge Merloni, che le opere di maggiore rappresentatività, o quelle molto complesse, siano affidate a professionisti ragionevolmente selezionati in base alle proprie attitudini tecnico–artistiche e alla propria capacità operativa. Evitiamo per brevità di approfondire l’argomento complesso della selezione per l’affidamento degli incarichi che meriterebbe una trattazione a sé. Qual è, allora, la vocazione specifica degli architetti che lavorano presso Comuni, Province, Regioni, enti statali? Il lavoro concreto che capita di svolgere in questi enti, anche per chi ha una formazione tecnica, è di solito di tipo prevalentemente formale e burocratico. Nel campo dei lavori pubblici le funzioni tipiche dell’architetto, o comunque dei dipendenti con qualifiche tecniche, sono quelle riassunte dalla legge nella figura del responsabile del procedimento, che segue, in estrema sintesi, tutti gli aspetti formali della realizzazione delle opere pubbliche, dalla programmazione, al progetto a tutte le fasi della realizzazione. D’altra parte, molti enti, soprattutto i più grandi e organizzati, provvedono in alcuni casi alla realizzazione di opere affidando anche il progetto e la direzione dei lavori agli uffici tecnici, che si trovano quindi a svolgere attività assai simili a quelle più tipiche della realtà professionale. Anche chi lavora nel campo dell’urbanistica e dell’edilizia privata si trova ad operare in situazioni che possono essere abbastanza diversificate. Non mancano casi in cui vengono direttamente affidati agli uffici gli incarichi di redigere piani e programmi di iniziativa pubblica o strumenti normativi. Il lavoro senza dubbio più caratteristico in questo campo, almeno nella realtà comunale, è comunque l’istruttoria tecnica e formale delle richieste (o delle DIA) per l’esecuzione di opere edilizie e dei piani attuativi di iniziativa privata. In questa veste gli architetti si trovano sostanzialmente ad essere i tutori del rispetto delle regole costituite. Regole che appaiono spesso come un guazzabuglio di norme, nazionali, regionali, comunali, di pronunciamenti della giurisprudenza, tutti in continua evoluzione, spesso difficilmente interpretabili, a volte in aperto contrasto tra loro. Basti pen-

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di Achille Rossi


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Interno della Cappella Ducale, matita, inchiostro nero a penna, acquarelli grigio, nero, rosa e gialletto su carta bianca, 47 x 50,7 cm. Parma, Museo Glauco Lombardi, inv. 427.


Essere architetto ai tempi del procedimento di Pippo Speranza “ (…) e poi in Cacania un genio era sempre scambiato per un babbeo, mai però, come succedeva altrove, un babbeo per un genio” . Lo scriveva Robert Musil nei primi del Novecento riferendosi alla burocrazia austriaca, una burocrazia già moderna, non troppo distante dalla nostra. L’aforisma rimane ancora utile per sintetizzare la complessità del rapporto tra istituzione e cultura e la difficoltà di fissare un punto di equilibrio definitivo. Forse la relazione tra istituzione e cultura non può fare a meno di sbandare tra gli estremi del “ genio” e del “ babbeo” e noi non possiamo far altro che accontentarci della risultante media e procedere per aggiustamenti e approssimazioni. Abbiamo bisogno di continuità e punti fermi e l’istituzione dovrebbe garantirli. Abbiamo bisogno di trasformare le cose e l’istituzione non dovrebbe ostacolare questa esigenza. Bisognerebbe essere contemporaneamente conservatori (burocrazia?) e innovatori (amministrazione pubblica?), imparare a lavorare in uno stato di dissociazione permanente. Questo lo spazio esistenziale e professionale del funzionario pubblico in generale. Se poi il funzionario è un architetto lo spazio si amplia fino a comprendere valori morali e categorie estetiche. Si vorrebbe, che gli interventi e le opere delle amministrazioni pubbliche fossero utili, esemplari e belli. La cosa è ovviamente legittima se solo riuscissimo ad intenderci sul significato dei termini e ad essere tanto abili da non scambiare geni per babbei e viceversa. Apollodoro, Michelangelo, Wren, Chambers, Schinkel, Unwin, May, Meyer, Oud, sono stati, nel loro tempo, architetto di corte, architetto del principe, surveyor-general, baumaister, rijksbouwmaster; oggi, forzando la definizione, li chiameremmo funzionari pubblici. Avevano il compito di dare forma tangibile alla volontà di un potere politico (a un programma, si direbbe con più eleganza) e di risolvere il problema della qualità urbana e architettonica (sotto specie di augusta benevolenza, di decoro civico, ecc.). Il rapporto tra gli architetti e la cosa pubblica, dunque, è un fenomeno antico e risaputo. Il dato di interesse risiede semmai nella forma che tale rapporto ha assunto storicamente. Qui si va dagli estremi dell’architetto cortigiano a quelli dell’architetto demiurgo, si confonde lo spazio

che compete alla polis con quello che compete all’urbs. Riportato ad oggi, sarebbe utile sforzarsi di capire quanto attiene al programma e quanto al progetto almeno per circoscrivere ruoli, compiti responsabilità e forze in gioco. La questione non era semplice ai tempi degli imperatori figurarsi quando il potere del committente è un potere mediato come nelle società moderne e quando l’esercizio della scelta e della responsabilità soggettiva cede la primogenitura a una declamata oggettività tecnica. L’architetto del principe è un’immagine di grande fascino che soddisfa più il sentimento che la ragione: ci vuole un principe, ci vuole un talento indiscutibile, ci vuole un’idea di forma condivisa. Non abbiamo principi ma presidenti e sottosegretari con mandati a tempo, l’architetto del principe è perlopiù un consulente di un’estetica condivisa. Si può rimpiangere un’età aurea in cui società e architettura vibravano in consonanza ma sarebbe un errore non riconoscere alla società contemporanea un desiderio di qualità urbana e architettonica (se non altro in termini di aspirazione o di cattiva coscienza). Il problema eventualmente è capire se gli strumenti che utilizziamo sono efficaci o meno. Veniamo alla cronaca del rapporto tra pubblica amministrazione e architettura. Si può pensare al “ responsabile del procedimento” come a una forma evoluta “ dell’architetto del principe” ? Trattando di opere pubbliche, cosa significa lo spostamento dell’accento dalla responsabilità del progetto alla responsabilità del procedimento? La legge Merloni istituendo questa figura non fa che assumere e formalizzare un fenomeno in atto da diversi decenni. L’attività di progettazione è oggi un’attività residuale delle amministrazioni pubbliche. L’architetto progettista è un esemplare di professionista che si trova ancora negli organici delle amministrazione comunali ma già i livelli superiori della macchina pubblica (province, regioni, stato) privilegiano attività di coordinamento, programmazione e controllo. Oggi sul progetto vince il procedimento, (per utilizzare un parallelo ricorrente col lavoro del cinema: tra produttore e regista prevale il primo). La complessità dei processi produttivi e gestionali richiede specializzazioni spinte e il progetto non è che una tra le attività necessarie alla realizzazione di un’opera edile. Vince il procedimento, in sintonia con l’affermarsi di una filosofia produttivistica che si astrae dall’oggetto materiale ed esalta il metodo. Nuovi mestieri hanno radici più alla Bocconi che al Politecnico: developer, manager, società di investimento. Le lamentazioni circa la perdita di centralità del progetto, delle qualità non riducibili al dato efficientistico sono fondate. D’altra parte non si può negare che sia più semplice codificare la procedura di assegnazione di un appalto che non i problemi della qualità (l’importante è non assimilare i due livelli). Viste le sempre più scarse possibilità di progetto, cosa rimane all’architetto impiegato pubblico che non voglia rinunciare alla specificità delle proprie conoscenze? Può cercare di farsi paladino della propria disciplina ma con la disponibilità (meglio se non dichiarata) a riconsiderarne i confini. Può operare perché l’amministrazione pubblica si assuma integralmente il proprio ruolo di committente consapevole (il che non può che far bene all’architettura). Può cercare di affinare le capacità critiche e di confondere quanto meno possibile “ geni” e “ babbei” e ovviamente… seguire il flusso quotidiano delle “ pratiche” e della “ gestione corrente” . Più civil-servant che architetto del principe, dunque.

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sare alle recenti vicende della cosiddetta superDIA, o delle norme sul recupero dei sottotetti! In questo panorama lo spazio che residua per considerazioni di natura prettamente architettonica o anche di semplice opportunità pratica (corretta dotazione di opere di urbanizzazione, inserimento nell’ambiente), sembra ridursi a quasi nulla. D’altra parte anche la fatica per dare chiarezza interpretativa alle norme o lo sforzo organizzativo per razionalizzare lo svolgimento dei procedimenti in sede comunale sono sicuramente un contributo, benché indiretto, alla qualità delle realizzazioni. In sintesi, con differenti sfaccettature e tra innumerevoli difficoltà e contraddizioni, il lavoro dell’architetto presso una pubblica amministrazione, consiste in qualche modo nel contribuire a dare ordine al complicato gioco delle parti che costruiscono e cambiano la città. Cercando di alzare un po’ lo sguardo al di sopra delle difficoltà quotidiane e delle fredde ragioni della burocrazia, forse, si può affermare che la vocazione dell’architetto dipendente pubblico è quella di dare un proprio contributo alla costruzione della bellezza (perché non usare questa parola così semplice e così carica di significati?) delle città e del loro territorio. E forse non è poco.


Bergamo a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pellegrini

L’architetto dipendente pubblico

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La professione dell’architetto in ambito pubblico ha subìto nel tempo un’evoluzione che non so ancora se definire positiva. La legislazione in materia urbanistica e di lavori pubblici ha subìto in particolare nell’ultimo decennio una brusca accelerazione. Le nuove norme introdotte sia a livello nazionale che regionale hanno cercato di migliorare e velocizzare l’azione amministrativa e di controllo sul territorio ma hanno anche confuso le idee a molti dei professionisti che a esse debbono attenersi. Professionisti fra cui devono essere inclusi di diritto anche i tecnici comunali che al di là si sia da una parte o dall’altra del “ banco” devono assolvere compiti ben precisi ovvero quelli di dare al committente un prodotto giusto che risponda alle loro aspirazioni mediato dall’inventiva del professionista privato e dalla norma applicata dal professionista pubblico che lavora al servizio della comunità. Spesso invece si crede di lavorare su due piani completamente diversi, ma non è così: l’intendimento è quello di giungere a dare al richiedente, il committente, ciò per cui ha speso sogni ed aspettative. La propria abitazione, il proprio desiderio di realizzare l’ampliamento che permetterà di avere un livello qualitativo di vita migliore. Infatti checché ne dicano le norme vigenti il fabbisogno abitativo, con l’aumentare del benessere generale della vita ha cambiato le necessità dei singoli intendendo come singoli i nuclei familiari, che, in effetti, sono andati riducendosi nel corso dei decenni come numero di componenti, aumentando di contro la richiesta in vani. Oggi ci troviamo con piani regolatori che pensano in vani/abitante ma con persone che ragionano in termini di n+1 vani per persona in numero variante in base alla disponibilità economica. Quest’ultima è l’unica variabile tra il castello e il monolocale, il numero di vani da chiedere al mercato e di conseguenza ad un piano regolatore che si confaccia alle proprie esigenze. L’attuazione di nuovi strumenti di programmazione in ambito regionale, dalla L.R. 51/75 alla L.R. 1/2001, ha cercato di far intendere alla popolazione che la vivibilità di un centro urbano non è data solamente dal numero dei vani ma anche dai servizi che vengono a crearsi attorno e all’interno dell’abitato: il verde, le scuole, i centri di aggregazione, ecc. In questo quadro rimane un compito professionale da assolvere ovvero controllare, consigliare, indirizzare, i colleghi architetti ovvero ingegneri ovvero geometri, verso la correttezza dell’applicazione delle norme tecniche di attuazione. A volte succede che il professionista non pubblico voglia prevalere nel dare il suo giudizio sulle norme, spesso per venire incontro alle esigenze della committenza, a volte si discute; spesso non si giunge ad un accordo e prevale il giudizio del tecnico comunale semplicemente perché questi ha una coscienza ed esperienza migliore nell’applicazione della norma. In questa ipotesi è triste constare come il professionista dipendente della pubblica amministrazione sia considerato da altri colleghi di un livello inferiore rispetto a chi applica la libera professione. Frasi fatte e considerazione retrograde che invece devono in futuro portare a collaborazioni sempre maggiori tra professionista pubblico e privato per fornire servizi degni di un paese che si considera tra le prime potenze economiche ed intellettuali del pia-

neta. In coda a questa esposizione si può aggiungere che le figure professionali dell’architetto tra esterno (privato) ed interno (pubblico) sono comparabili anche se si può affermare quanto riferitomi dalla moglie di un professionista privato: “ mio marito non cambierebbe mai la sua nicchia di professionalità per il mare normativo che tocca sopportare al pubblico” . Può essere esemplificativo? arch. Mauro De Simone tecnico comunale, Calvenzano (Bg)

Il Responsabile di servizio Tutto ebbe inizio un giorno in cui, con la nota legge 127/97, qualcuno si inventò la nuova categoria dei Responsabili di servizio, pensando di risolvere solo così, ed in un colpo solo, gli atavici vizi dell’italica amministrazione pubblica. Oggi a cinque anni di distanza, la presenza dei Responsabili dei servizi negli uffici comunali è un fatto ormai acquisito ma le difficoltà in cui essi si trovano ad operare sono ben lungi dall’essere risolte ed anzi, coloro che in particolare occupano tali posizioni nell’ambito degli uffici tecnici possono a buon diritto fregiarsi del titolo di veri eroi del nostro tempo. È cosa nota, infatti, che i comuni già da qualche anno sono il perno - forse potremmo dire l’ultimo anello di una catena di un continuo ed univoco passaggio di competenze - di un sistema di riforme che dalla devoluzione, alla sussidiarietà verticale ed alla delega di funzioni ha visto via via aumentare in modo esponenziale il carico di competenze e funzioni in carico agli enti locali. Inutile dire che tutto questo ampio “ abbandono” di funzioni dagli enti superiori ai comuni ha interessato quasi esclusivamente gli uffici tecnici che, per altro, nel pressoché totale disinteresse degli amministratori locali, che non hanno saputo o voluto investire in questi uffici, sia in termini di aumento di personale che di formazione dello stesso, non hanno fatto quel conseguente e necessario salto di qualità rimanendo nella maggior parte dei casi alla stessa stregua degli altri uffici di segreteria, anagrafe e ragioneria. In questa situazione non certo idilliaca operano oggi i geometri, gli architetti e gli ingegneri che hanno scelto di esercitare la propria professione nell’ambito della pubblica amministrazione e che purtroppo tutti i giorni hanno a che fare con quelle materie dove il concetto di “ risarcibilità del danno” può trovare facili ed innumerevoli occasioni di applicazione. Pensiamo alla vastità e complessità di materie quali l’edilizia, l’urbanistica, i lavori pubblici, gli espropri, l’ambiente e la sicurezza sui luoghi di lavoro ed altre ancora che il tecnico responsabile deve saper profondamente conoscere per tutti gli aspetti, tecnici, legislativi, regolamentari e giurisprudenziali al fine di conformare la sua attività amministrativa a canoni di assoluta legittimità. Pensiamo ancora ai contesti prettamente giuridici oppure alle necessarie nozioni contabili e finanziarie relative alla verifiche dei bilanci di un procedura di gara ad evidenza pubblica, e ancora alla delicatezza della gestione del personale interno, oppure alla molteplicità e complessità dei procedimenti edilizi non confinabili a meri atti formali e sempre più investiti dei temi del diritto. Tuttavia anche la più profonda conoscenza a volte non basta; tutti sappiamo infatti quanto spesso il corpo normativo si contraddice, quante volte le leggi ai vari livelli entrano in contrasto con il solito valzer delle legittimità e con i soliti attriti di sfere di competenze o di incostitu-


arch. Giovanni Azzali tecnico comunale, Gorlago (Bg)

Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli

Due esempi bresciani In una provincia vasta, come quella di Brescia, con circa 200 comuni, le strutture delle singole pubbliche amministrazioni sono le più diverse e diversi sono i ruoli dei colleghi, che dedicano la loro opera ed il loro impegno all’interno di queste realtà. Intendiamo contribuire a questo “ Forum” descrivendo come si strutturano le aree tecniche in due Comuni della provincia e nel capoluogo, riportando le differenti opinioni ed esperienze di alcuni architetti che ivi prestano la loro attività professionale. L’arch. Giorgio Fortini ci ha illustrato la sua esperienza nel Comune di Gardone Riviera, dove ha lavorato come responsabile comunale negli scorsi anni, ed in quello di Lonato in cui ha il ruolo di responsabile dell’area tecnica dal 2001. Il Comune di Gardone Riviera, è un comune di 2.5003.000 abitanti, dove il responsabile dell’ufficio tecnico, si occupa personalmente di tutta la parte relativa all’edilizia privata e dirige una piccola struttura costituita da tre geometri che si occupano dei problemi di manutenzione ma anche di progettazione interna. Il comune di Lonato è invece più grande, con una popolazione di 12.000 abitanti, e quindi la struttura è ovviamente più complessa: al responsabile dell’area fanno capo tre settori diversi, lavori pubblici e manutenzione, edilizia privata ed urbanistica, ecologia, ciascuno con i suoi responsabili diretti; recentemente è stato anche costituito un ufficio di progettazione interno. Gli incarichi vengono generalmente ripartiti dal dirigente, costituendo un gruppo di lavoro, che attualmente si sta occupando, tra l’altro, dell’ampliamento di una scuola, facendo ricorso a tecnici esterni per problemi specifici di natura ad esempio impiantistica, che non possono essere risolti dal gruppo di lavoro interno. Il dirigente, solitamente, avoca a sé la funzione di responsabile del procedimento, in modo tale che la funzione di controllore e quella di controllato non facciano capo alla medesima persona. L’esperienza dell’arch. Fortini, come tecnico dipendente della pubblica amministrazione è positiva, sia pure con i normali alti e bassi; i lati positivi principali sono in primo luogo l’autonomia dal committente, che generalmente rispetta il suo ruolo di indicare cosa deve essere fatto ma non il come, ovviamente questo dipende anche dal tipo di formazione degli amministratori, che, se di tipo tecnico, li porta ad intervenire più frequentemente sulle scelte tecniche. L’altro lato positivo è quello di avere la possibilità di un’esperienza a tutto campo nell’ambito del progetto, sia dal punto di vista tecnico che da quello burocratico. Il comune di Brescia ha una struttura ancora più complessa; delle numerose “ aree” in cui è organizzata, due sono quelle tecniche: quella dei servizi tecnici, impegnata nel campo della progettazione, realizzazione e manutenzione delle opere pubbliche, e quella della gestione del territorio, mirante ad assicurare l’ordinato utilizzo del territorio e la salvaguardia dei connotati ambientali. Ciascuna area, a sua volta, risulta articolata secondo uno schema piramidale in Settori e Servizi: l’Area servizi tecnici comprende i settori: edilizia civile e speciale, edilizia

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zionalità dei vari provvedimenti (per tutti basti citare la vicenda della Denuncia di Inizio di Attività) lasciandoci a rischio “ interpretazione” e alla continua ricerca di “ sentenze in materia” che come si sa, quando ci sono, dicono sempre tutto e il contrario di tutto. Capita così che talvolta l’interpretazione del tecnico comunale che deve sempre tendere ad una interpretazione, diciamo, “ equidistante” e forse più garantista nei riguardi dell’interesse pubblico e dei terzi interessati, si scontra con quella del tecnico professionista esterno che a volte, in quanto portavoce di interessi privati, ancorché legittimi, è portato naturalmente a interpretazioni più “ estensive” in favore della parte committente. Nessuno come il responsabile dell’ufficio tecnico, pur operando secondo diligenza e correttezza è così esposto al quotidiano rischio di essere sottoposto prima o poi a procedimenti civili o penali fosse anche per un incidente causato da una buca apertasi sulla strada a causa del maltempo e non tempestivamente riparata. Il responsabile dell’ufficio tecnico però assurge a vero super-eroe, a vero super dotato del comune, quando alla responsabilità dell’ufficio aggiunge quella del procedimento di opera pubblica. Costui diventa allora il personaggio più mirabolante dell’intero panorama tecnico, è colui che viene nominato in 26 occasioni nella legge Merloni, 164 volte nel Regolamento, 34 volte nel Capitolato Generale d’Appalto, e per il quale, quella che potrebbe essere una semplice curiosità statistica, rivela in realtà tutta la complessità delle sue funzioni. Tutto il nuovo sistema dei lavori pubblici ruota intorno a questa figura che deve occuparsi di ogni singola fase del processo di realizzazione dell’opera pubblica, dalla progettazione al collaudo, attraverso un percorso che rende lo stesso responsabile più project manager che semplice tecnico. Infatti, se si analizzano più nel dettaglio tutti i doveri del Responsabile del procedimento, i compiti più rilevanti, pur attinendo alla sfera tecnica, investono in modo ancor più rilevante attività di coordinamento, indirizzo e controllo; in particolare possiamo dire che il Responsabile del procedimento svolge, nell’ambito di ogni procedimento di opera pubblica, attività di accertamento, di certificazione, di verifica, di proposta e di promozione. Costui, che dovrebbe svolgere i propri compiti con il supporto dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, o in caso di carenze accertate di organico e di mancanza di professionalità, affidarle all’esterno, è nella maggior parte dei casi, l’unico impiegato tecnico in servizio presso l’amministrazione e in quotidiana lotta contro il tempo per tamponare la normale emergenza dell’operare in una pubblica amministrazione. In ultima analisi possiamo pertanto affermare che oggi, operare nella pubblica amministrazione in qualità di tecnico comunale responsabile di servizio, significa essere professionisti due o anche tre volte, per la vastità delle conoscenze necessarie per gestire tutte le competenze in carico, conoscenze non solo di ordine tecnico ma anche e soprattutto per il carattere legislativo regolamentare e del diritto e per il solito luogo comune che accompagna ogni dipendente pubblico e cioè la presunta poca redditività lavorativa: provi qualcuno che svolge attività privata e che è sempre pronto ad affondare giudizi taglienti, a lavorare per un breve periodo in un ufficio tecnico di un comune lombardo! poi ne riparliamo; infine per il grande esercizio di autocontrollo che si deve obbligatoriamente tenere anche quando talvolta “ l’utenza” dello sportello non lascia intuire un’etichetta diremmo propriamente “ oxfordiana” .


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scolastica e monumentale, strade, verde pubblico ed arredo urbano. L’Area gestione del territorio è articolata nei settori: ambiente ed ecologia, edilizia privata, interventi speciali sul territorio, mobilità e traffico, urbanistica. Gli architetti inseriti in ciascuna delle due “ aree” svolgono attività nel campo della progettazione e direzione lavori. Nella seconda area tuttavia, comprendente, tra l’altro, l’edilizia privata, si esercita maggiormente la funzione di verifica dell’operato dei privati nella trasformazione del territorio; inoltre l’organizzazione di tipo gerarchico prevede un’attribuzione di maggiori responsabilità organizzative e di controllo delle procedure mano a mano che ci si sposta ai vertici della struttura. Da alcune testimonianze fornite da parte di chi opera all’interno di questo contesto emerge in generale un’opinione sostanzialmente positiva del proprio lavoro; di seguito riportiamo le osservazioni che ci sono state fatte pervenire assieme a due progetti, che esemplificano l’attività di progettazione degli uffici del Comune di Brescia. “ L’architetto dipendente di una pubblica amministrazione in qualità di ‘progettista’ ritiene di svolgere la propria attività professionale al pari di chi opera nel campo della libera professione. Con una nota che non vuole essere affatto polemica, viene evidenziato infatti che l’attività tecnica svolta ‘internamente’ richiede uguale perizia, impegno e responsabilità. Al contrario, non va dimenticato che la realizzazione di edifici e spazi destinati ad una utenza pubblica necessita spesso di un maggiore sforzo nell’attività progettuale, affinché venga promossa un’architettura di qualità che al contempo tenga in forte considerazione gli aspetti legati all’uso ed alla manutenzione. Un ulteriore impegno è rappresentato anche dall’iter burocratico, imposto dalla recente normativa nell’ambito delle opere pubbliche, che implica spesso procedure e meccanismi ben più complessi di quanto accada nel settore privato. Di contro, il vantaggio di operare in questo ambito è sicuramente rappresentato spesso dall’autonomia accordata al progettista, soprattutto nelle scelte tecniche, assieme all’opportunità di occuparsi di opere di grande rilevanza nel contesto urbano (come per esempio per chi opera nel settore del restauro monumentale), che sarebbero sicuramente precluse in particolare ai giovani architetti. Ciò nonostante, negli ultimi tempi sta creando non poca preoccupazione nei tecnici dipendenti la sempre maggiore tendenza da parte dell’Amministrazione ad avvalersi di liberi professionisti. Sebbene la normativa sui Lavori Pubblici incentivi la progettazione ‘interna’ (art.18 L. 109/94 e successive modificazioni), sono sempre più frequenti gli incarichi professionali: qualora sussistano particolari ragioni motivate dal responsabile del procedimento, come le effettive carenze d’organico e strumentali o di competenze specialistiche, ma talvolta anche per opportunità legate al prestigio del professionista ‘esterno’ che, secondo l’intento dell’Amministrazione, dovrebbe fornire maggiore garanzia circa il positivo esito del lavoro e, quindi, del consenso da parte del pubblico. Per tale motivo riteniamo significativo concludere questo breve contributo illustrando due progetti (un’opera è già conclusa ed ha riscontrato un largo consenso), sviluppati da personale tecnico del Settore Edilizia Civile e Speciale del Comune di Brescia, ad evidenziare che, se si verificano i giusti presupposti e le necessarie sinergie, è possibile gestire e coordinare ‘internamente’ la realizzazione di un’opera pubblica, anche con caratteristiche rilevanti, in tutti i successivi livelli di approfondimento tecnico.” P. T.

Residenza Socio-Sanitario Assistenziale “Villa Elisa”, via S. Polo 2, Brescia Il progetto doveva confrontarsi con una preesistenza costruita all’inizio degli anni ‘60, caratterizzata da un impianto architettonico semplice, modesto, e da un sistema strutturale rigido dettato dai pilastri centrali del corpo di fabbrica, inserita in un contesto urbano frammentato e disomogeneo: il palazzo della Questura, le palazzine di civile abitazione, gli opifici, la strada; un quadro privo di riferimenti precisi. Il progetto doveva inoltre misurarsi con una normativa ben precisa, con gli standard e con le esigenze della nostra committenza: i Servizi Sociali. Dall’analisi complessiva risultava evidente che l’intervento sarebbe stato pesante e pertanto l’approccio progettuale non poteva limitarsi allo studio dell’organizzazione funzionale-distributiva; era necessaria una reinterpretazione globale dell’immobile. Lo studio si è mosso valutando: l’aspetto compositivo architettonico; la scelta dei materiali; le destinazioni d’uso e i caratteri distributivi; la definizione delle aree a verde. L’aspetto compositivo architettonico Relativamente al primo punto, il progetto ha previsto l’inserimento di quattro nuovi volumi di cui tre finalizzati alla movimentazione verticale e un quarto adibito a spazi comuni. I tre volumi tecnici sono localizzati all’ingresso e alle due estremità del corpo di fabbrica, il quarto sulla facciata retrostante. L’opera viene ridisegnata con l’obbiettivo di attribuire al fabbricato una propria identità e un carattere sobrio e rigoroso. Attraverso l’aggregazione di forme geometriche elementari, abbiamo ottenuto una facciata compatta caratterizzata dalla simmetrica scansione delle logge; ne esce un disegno chiaroscurale di pieni e di vuoti. L’elemento che identifica l’impaginazione del prospetto è il volume a “ T” della pensilina d’ingresso; esso costituisce un esempio di sintesi tra funzione e forma; all’interno di questo volume è collocato un ascensore che collega tre livelli: il camminamento perimetrale al fabbricato, la quota giardino e la quota ingresso. Il disegno a “ T” diverrà poi il logo di Villa Elisa. Il fronte posteriore ripropone l’impostazione geometrica della facciata d’ingresso, con la variante costituita dal nuovo volume a “ scalare” pensato come elemento di raccordo, di trait d’union tra la facciata e il giardino. La scelta dei materiali La configurazione formale del fabbricato richiedeva l’impiego di un materiale da rivestimento. La scelta si è indirizzata sul klinker, nel formato mattone con finitura opaca colore bianco-beige. Tale soluzione oltre a garantire affidabilità veniva a costituire un aspetto importante, attraverso la materia, il colore e la trama, nel contesto di reinterpretazione e ridisegno del fabbricato esistente. Per le pavimentazioni dei percorsi esterni il progetto ha previsto l’impiego di un ghiaietto lavato in semina per il suo aspetto naturale particolarmente in sintonia con il rivestimento in klinker. Relativamente alle pavimentazioni interne sono stati privilegiati per motivi di igienicità, resistenza e manutenzione, materiali vinilici. Le destinazioni d’uso Al piano seminterrato: i servizi generali della struttura, la cappella e la palestra; al piano rialzato: ingresso e portineria nella zona baricentrica, sul lato sinistro, uffici amministrativi, direzione sanitaria, sale ritrovo; sul lato destro un nucleo abitativo


Vist a prospet t ica: la simmet rica successione delle logge nella facciata principale.

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La facciata con il volume a “ T” dell’ingresso.

La reception.

Atrio: servizi amministrativi e sanitari.

di 12 posti con cucina di reparto, ambulatorio di piano, bagno assistito soggiorno e sala da pranzo; al piano primo: nucleo abitativo di 25 posti, corredato ovviamente di tutti i locali accessori; al piano secondo: nucleo abitativo di 25 posti identico al precedente; al piano terzo: salone pluriuso. In sintesi l’edificio raggiunge una capacità di degenza pari a 62 posti suddivisi su 3 livelli; le camere sono 46 di cui 30 singole e 16 doppie; 2 sono le tipologie: camera singola e camera singola accoppiata alla doppia con disimpegno e bagno in comune. In merito agli spazi comuni abbiamo evitato di concentrare la socializzazione in un unico grande ambiente, privilegiando invece numerosi spazi e angoli ai diversi piani.

Gli arredi delle camere e del “ reparto giorno” sono stati realizzati su nostro disegno utilizzando rispettivamente: per le prime l’abbinamento ciliegio - radica color panna, e per il secondo legno rivestito con laminati plastici. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio cromatico delle finiture degli interni caratterizzate da tinte calde coordinate tono su tono, e alla ricerca dei complementi di arredo: dai corpi illuminanti, ai serramenti interni, fino alla selezione dei quadri. Sedie e poltrone sono state selezionate nell’ambito della produzione industriale puntando su prodotti di design con caratteristiche ergonomiche compatibili alle esigenze della particolare utenza.

Le aree a verde Lo stato di fatto evidenziava due diverse situazioni: una importante presenza di conifere nell’area antistante l’ingresso e una superficie disordinata con alcune piante da frutto nell’area retrostante. Il progetto si è mosso con l’obbiettivo di valorizzare i cedri (Deodora, Atlantica) sull’area d’ingresso, proponendo sul retro una sistemazione con spazi di aggregazione collettiva e spazi di maggiore intimità e tranquillità. Il disegno si sviluppa intorno all’elemento forte e simbolico del laghetto con la sua cascata e il ponticello, e gioca con alcuni leggeri salti di quota che riescono a dilatare gli spazi aumentando la variegazione percettiva. I percorsi sono accessibili a tutti. L’impianto dell’arredo vegetale prevede oltre ai cedri, alberi a foglia caduca: i tigli lungo il parcheggio, gli aceri saccarini a ceppaia intorno al laghetto, aceri platanoides e querce rubra e fastigiate lungo i percorsi.

Scheda tecnica • Progetto architettonico e della sistemazione a verde: arch. Sergio Baronchelli, ing. Carlo Arrighi, geom. Antonio Cazzoletti • Progetto di arredo: arch. Sergio Baronchelli • Direzione lavori: arch. Sergio Baronchelli • Assistente di cantiere: geom. Amadio Ferrari • Dati generali: inizio lavori: ottobre 1997 fine lavori: aprile 2000 durata dei lavori: 2 anni e 6 mesi superficie del lotto: 10.000 mq slp: 5.000 mq volume: 17.800 mc costo complessivo: 3.357.000,00 Euro (esclusi gli arredi)

A conclusione un accenno all’arredo. Due gli obbiettivi: forte desiderio di rinnovamento rispetto a tante situazioni stereotipate e “ vecchie” ; continuità con il linguaggio formale del fabbricato.

Comune di Brescia Settore Edilizia Civile e Speciale Servizio Edilizia Civile


Nuova Caserma dei Carabinieri, via Bianchi - via San Zeno, Brescia In attuazione delle indicazioni fornite dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Brescia e degli indirizzi progettuali tratti dalla pubblicazione edita dal Comando generale dell’Arma, l’attuale progetto si propone di realizzare una “ stazione media” con un fabbisogno di locali e servizi (zona operativa, zona logistica, zona servizi, zona alloggi) per un organico costituito da 2 sottufficiali e otto militari di truppa.

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Dimensionamento Allo scopo di soddisfare le esigenze sopra esposte, il progetto dal punto di vista dimensionale-funzionale-organizzativo, si è sviluppato considerando i seguenti aspetti: • individuazione delle destinazioni funzionali degli ambienti in relazione ai fabbisogni predeterminati; • definizione dei reciproci rapporti di localizzazione delle diverse destinazioni d’uso, zone e ambienti; • organizzazione planimetrica e volumetrica del corpo di fabbrica in rapporto al lotto, al contesto urbano e al tema “ sicurezza” . Tutto ciò è tradotto in termini dimensionali con le seguenti superfici utili nette: caserma: 690 mq; n. 4 alloggi: superficie residenziale 520 mq; superficie accessoria e servizi 240 mq.

Più precisamente, nel volume con affaccio su via S. Zeno, troviamo la caserma vera e propria, parallelamente i 4 alloggi a schiera disposti in duplex e lateralmente i servizi adibiti ad autorimesse, da un lato quelle per la stazione, dall’altro per le abitazioni. Dal punto di vista architettonico il progetto, pur evidenziando, le due differenti destinazioni d’uso, mantiene tuttavia una continuità compositiva caratterizzata da alcuni denominatori comuni: pieni, vuoti, muri-diaframma, feritoie, dosaggio delle aperture verso l’esterno, affacci residenziali verso il patio, rivestimento. Esso, inoltre, prevede pur nella continuità dei nuclei, la netta separazione tra superfici a destinazione militare e quelle a civile abitazione. Relativamente al materiale di rivestimento esterno, è previsto il mattone faccia a vista; tale scelta è parsa idonea sotto il profilo di identificazione, di rappresentatività e di affidabilità. Il mattone, materiale di pregio, di durabilità e familiarità, ben si adatta alla morf ologia dell’ edif icio grazie alla sua versat ilit à nella tessitura dei corsi, nel gioco dei pieni, dei vuoti e dei curvi.

Impianto tipologico architettonico Il progetto cerca di riprodurre una edificazione chiusa sullo spazio centrale del patio, elemento vitale intorno al quale il costruito si sviluppa cercando un senso di protezione. L’impianto presenta due volumetrie in linea a 2 piani fuori terra (zona logistica-operativa e zona alloggi), legate lateralmente da altri due nuclei, ad un piano fuori terra, adibiti a servizi.

M ateriali Dal punto di vista strutturale il fabbricato prevede in verticale una muratura portante mista (poroton - c.s.) e in orizzontale dei solai in latero-cemento; i tavolati sono in laterizio. La copertura dei corpi di fabbrica a 2 piani verrà realizzata con lastre metalliche in alluminio preverniciato per tetti piani, mentre quelle delle autorimesse propongono una soluzione a tetto verde. Relativamente alle finiture interne troviamo: intonaci premiscelati tipo “ pronto” , pavimenti in conglomerato cementizio e granulati di marmo per le zone pranzo - notte - uffici, ed in ceramica con bicottura in pasta rossa per i bagni e servizi igienici, serramenti interni in legno con rivestimento in laminato “ millerighe” , serramenti esterni in alluminio a taglio termico e non, in buona parte con volume vetrato antiproiettile, antischeggia e blindati, nelle tipologie scorrevoli, vasistas, a battente e anta-ribalta. Per la sistemazione esterna sono previste pavimentazioni in grès porcellanato per i percorsi pedonali (ripresi poi anche nei porticati e balconi) ed in autobloccante con grigliatura forata per formazione tappeto erboso, nei percorsi comuni. La recinzione verrà realizzata con muretto in c.a. lavato in opera con sovrastante cancellata in tubolari di carpenteria zincati a caldo. La sistemazione dell’area a verde prevede sui fondali ad est-sud la messa a dimora di fraxinus orus e sulle restanti zone alcune quercus robur fastigata e acer saccarinum

Schizzo prospettico lato est: facciata zona alloggi.

Schizzo prospettico: facciata zona servizi.

Contesto urbano Trattasi di un contesto a bassa densità edilizia, privo di particolari elementi ordinatori. Il lotto di pertinenza, ritagliato all’interno di un’area ben più vasta, è di mq 7.220, e si affaccia in angolo su via S. Zeno e via Bianchi. L’ingresso pedonale della caserma è in via S. Zeno, mentre su via Bianchi troviamo gli ingressi degli alloggi ed il carraio della caserma stessa. Tale scelta risponde a esigenze di inserimento nel contesto urbano in relazione alle reti stradali. L’opera prevede, inoltre, su via S. Zeno, un parcheggio di mq 1.580 ad uso pubblico. Lo schema della viabilità è disegnato tenendo in considerazione un possibile sviluppo per le destinazioni future della restante area attigua.


Impianti È previsto un impianto di riscaldamento e raffrescamento alimentato dalla rete di teleriscaldamento urbano per l’energia termica e, da un gruppo frigorifero ad espansione di gas con compressore elettrico, per l’energia frigorifera. I terminali d’impianto nelle zone riscaldate e raffrescate saranno costituiti da ventilconvettori dotati di proprio termostato. In ogni alloggio è previsto un impianto autonomo di riscaldamento con scambiatore di calore, radiatori a colonna in acciaio e tubazioni di distribuzione in rame preisolato. Per quanto riguarda gli impianti sanitari, gas combustibile ed elettrico, sono previste utenze indipendenti per caserma, alloggi e parti comuni alloggi, ognuna dotata di proprio contatore. È ovviamente previsto un impianto d’allarme. Costi e tempi di esecuzione La realizzazione del progetto comporta: un costo a base d’appalto di 2.325.000,00 Euro (iva esclusa); un tempo utile per ultimare i lavori di un anno e mezzo; l’inizio dei lavori è previsto per l’inizio dell’anno 2003. Scheda tecnica • Progetto architettonico: arch. Sergio Baronchelli, geom. Aldo Micheli collaborazione geom. Stefano Vizzone Comune di Brescia Settore Edilizia Civile e Speciale Servizio Edilizia Civile

Schizzo prospettico lato ovest: facciata principale, ingresso zona operativa della caserma.

Como a cura di Roberta Fasola

Due esperienze nelle pubbliche amministrazioni della provincia di Como Il duplice incontro con l’arch. Andrea Mattiroli, responsabile tecnico nei comuni di Albiolo e Cirimido, e l’arch. Luigia Martinelli, ex responsabile tecnico per il centro storico del Comune di Como, ha portato ad affrontare un’interessante discussione su quelli che sono i diversi profili professionali che un architetto ha la possibilità di ricoprire, in base alla categoria di appartenenza, come dipendente di Amministrazione Pubblica, e, di conseguenza, le differenti problematiche che da questi scaturiscono. L’aspetto forse più interessante di questa riunione è stato quello di analizzare la questione a due livelli di scala molto differenti, rapportando in tal modo la realtà di Comuni molto piccoli con quella di uno decisamente più ampio, come è il Comune di Como. L’arch. Luigia Martinelli, innanzitutto, chiarisce che “ il quadro di articolazioni e di profili di ruoli individuati, si riferisce all’organizzazione attualmente vigente per il pubblico impiego e in particolare: 1. istruttore tecnico (categ. C); 2. istruttore direttivo tecnico o funzionario (categ. D); 3. dirigente tecnico, distinto a sua volta in differenti fasce economiche: • categoria C, che corrisponde ai tecnici diplomati ma che spesso viene utilizzata anche da laureati per ottenere l’accesso ai pubblici impieghi; • categoria D riservata ai soli laureati per l’accesso ai concorsi dall’esterno; • ruolo dirigenziale per i soli laureati. Secondo le diverse formule organizzative dei Comuni o delle Province, il Dirigente Tecnico può essere responsabile di un ufficio o servizio interno di un dato settore, rivestendo in questo specifico caso una funzione dirigenziale limitata agli obiettivi che gli vengono assegnati dal Dirigente del Settore; oppure può essere egli stesso Dirigente di Settore, con però l’impegno di doversi rapportare a un Direttore di Area; infine, può ricoprire il ruolo stesso di Direttore d’Area oltre che di Settore. Più specificatamente, l’architetto, a seconda della categoria di appartenenza, può assolvere a: • compiti di Istruttore in posizione subordinata; • compiti di Istruttore Direttivo in posizione autonoma per attività specifiche - anche di progettazione - o come Responsabile del Procedimento; • compiti di direzione in posizione autonoma nell’ambito di Ufficio di Settore, con compiti di progettazione o attività di Responsabile del Procedimento. In particolare, il ruolo di Responsabile del Procedimento per i lavori pubblici - non può, a seguito della Legge Merloni, coincidere con quello di progettista o direttore lavori: ne consegue che il rapporto tra le due figure dovrebbe essere almeno di tipo paritario, all’interno della Pubblica Amministrazione, al fine di garantire una regolare e corretta esecuzione delle opere. Più frequenti, però, sono i casi in cui quest’ultimo risulta essere gerarchizzato, per cui il dirigente con un ruolo di maggiore peso risulta essere il Responsabile del Procedimento, a scapito quindi, del Progettista. Essendo inoltre, nell’organizzazione interna degli uffici piuttosto rare anche le posizioni dirigenziali di staff per

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a ceppaia, nel parcheggio ritroviamo, nelle aiuole, un filare di fraxinus orus ed uno di tilia tomentosa. Le superfici a prato sono completate da alcune bordure di tappezzanti quali: lavanda officinalis, juniperus, nandina domestica, pittosporum lonicera e cotoneaster.


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la progettazione (le quali, peraltro, risultano il più delle volte scarsamente dotate sia di risorse umane che strumentali) sembra sempre più complesso il raggiungimento della qualità del progetto, che finisce con l’essere semplicemente subordinata alla tempistica e ad una corretta funzionalità, senza andare verso una ricerca più approfondita del rapporto forma/funzione. La situazione tratteggiata è conseguenza della rinnovata normativa sui Lavori Pubblici (1994) e dalla revisione della disciplina nel ruolo dei dirigenti ai quali vengono richieste (e conseguentemente maggiormente apprezzate) capacità gestionali, organizzative e di controllo, piuttosto che affinate capacità progettuali: qualità che non dovrebbero mai mancare nell’esperienza di un dirigente tecnico al fine di garantire fondatezza ed attendibilità delle azioni di giudizio e di controllo tecnico/amministrativo. Sulla scorta della mia esperienza, quale dirigente e dipendente di Pubblica Amministrazione (1968-2002), mi sembra che l’attività di progettazione, pur considerando le diverse formule di organizzazioni sperimentate negli anni, non possa conciliarsi con posizioni dirigenziali apicali, a meno di una corrispondenza con scelte, per così dire, forti ed effettuate da parte dell’amministrazione (vale a dire l’istituzione di uffici preposti alla sola progettazione). La mia esperienza di progettista-dipendente è stata determinata da un obiettivo prioritario formulato dal Comune di Como alla fine degli anni ‘60, vale a dire la realizzazione, entro tempi decisamente rapidi, di tutte quelle strutture scolastiche (infanzia e obbligo) che erano state giudicate necessarie a soddisfare le esigenze della popolazione, che in quegli anni risultava essere in costante accrescimento, sia nei quartieri di nuova formazione che nel territorio consolidato. Per alcuni anni (circa dal 1968 al 1975) tutti i progetti in questione, sono stati redatti all’interno degli Uffici Comunali in cui rivestivo il ruolo di progettista; solo in seguito indirizzi amministrativi differenti e stesse risorse di collaboratori tecnici, unitamente alle esigenze di manutenzione del patrimonio edilizio, hanno prodotto la ripresa degli affidi di incarichi comunali a esterni, parallelamente ad una significativa continuità di produzione interna. Complessivamente, all’interno della mia attività per l’area “ Lavori Pubblici” , ho firmato come dirigente-progettista, progetti per la realizzazione di 20 nuovi edifici scolastici (asili nido, scuo-

le materne, elementari e medie), oltre a recuperi di edilizia storica e restauri di complessi monumentali. All’interno del Comune di Como ho sempre rivestito un ruolo dirigenziale le cui prerogative di autonomia inizialmente sono state individuate nella progettazione; ho sempre sostenuto i contenuti professionali della mia attività per operare con libertà di scelte e responsabilità dei risultati” . L’arch. Mattiroli, sottolineando da subito come la sua esperienza sia stata vissuta ad una scala decisamente inferiore rispetto a quella affrontata dall’arch. Martinelli per il Comune di Como, evidenzia come, in ogni caso, la qualità nel progetto di opere pubbliche, purtroppo venga troppo spesso disconosciuta, soprattutto sotto campagna elettorale, a favore di un semplice mantenimento delle promesse, a seguito anche spesso di un impiego esiguo delle risorse: non sempre il tecnico comunale è infatti, in grado di affrontare in maniera cosciente e completa l’intero iter progettuale di un lavoro, poiché per la maggior parte del suo tempo si trova costretto a confrontarsi con i piccoli problemi quotidiani del pubblico, per il quale deve prestare servizio. È proprio a questo punto che dovrebbe subentrare il ruolo del Responsabile del Procedimento: figura in grado di sopperire a queste mancanze organizzando tempistica, qualità ed efficacia, nonché verificando e sollecitando, il lavoro del progettista vero e proprio, unico responsabile della qualità del progetto. Qualità che viene qui intesa come sommatoria di proprietà differenti del progetto inerenti sia l’utilizzo di tecnologie avanzate, che la sua durabilità o riutilizzabilità funzionale al variare delle necessità sociali mutate col trascorrere degli anni, unitamente alla presenza di un adeguato costo di realizzazione, che risulta comunque essere sempre il fattore determinante per la scelta di realizzazione o meno di un progetto. Unica possibilità, per il Responsabile del Procedimento, di interferire sulla qualità del progetto, è quella di colloquiare con l’Amministrazione durante la fase delle scelte per il conferimento dell’incarico, conservando tuttavia sempre un ruolo di controllo ma mai di autorità. La Legge Merloni ha tentato, in questo senso, di controllare l’affidamento degli incarichi in via fiduciaria ponendo un tetto massimo per gli incarichi diretti e affidando la ricerca di qualità per i progetti più grandi ai Bandi di Concorso.

L. Martinelli, Scuola media di Sagnino, Como, 1971.

L. Martinelli, Scuola media di Prestino, Como, 1972.

L. Martinelli, Scuola materna di via Palestro, Como, 1975.

L. Martinelli, Scuola elementare Camnago Volta, Como, 1981.

R. F.


a cura di Antonino Negrini

Un’esperienza maturata nella pubblica amministrazione Diversi nostri colleghi, operano nell’amministrazione pubblica come tecnici del Comune, o funzionari; molte sono le esperienze che vengono a maturare con gli anni e che sapientemente vengono ad impiegare nello svolgimento della libera professione. L’intervento che si intende proporre, riguarda la progettazione di una scuola materna avvenuta nell’anno 2000, nel Comune di Sordio, ad opera dell’architetto Ferdinando Invernizzi in collaborazione con l’ingegnere Domenico Gatti; l’architetto Invernizzi ha maturato oltre quindici anni di esperienza come tecnico Comunale ed attualmente collabora nella pubblica amministrazione del Comune di Borgo San Giovanni. L’incarico è stato affidato da un privato, in quanto l’opera - attualmente in corso di costruzione da parte dell’Impresa So.chi srl, di Cornegliano Laudense - è realizzata a scomputo degli oneri di urbanizzazione di un piano attuativo. Risulta alquanto significativo il contributo acquisito lavorando nella pubblica amministrazione, come sottolinea il collega, per predisporre il progetto seguendo i canoni dettati dalla Legge 109/94 (Legge Merloni), le convenzioni e muoversi con una certa disinvoltura nelle varie complicazioni burocratiche, che normalmente bisogna affrontare in questi casi. Di seguito si illustra il progetto, estrapolando alcune informazioni dalla relazione ad esso allegata; si ringrazia per la gentile collaborazione l’architetto Invernizzi, che ha fornito la documentazione utile per la stesura dell’articolo. La scuola materna, si inserisce nella zona adiacente al Municipio ed alla palestra, lontana da depositi, da industrie rumorose e da strade di largo traffico. La superficie complessiva dell’area su cui sorge è pari a 8.980 mq, mentre la superficie di progetto è pari a 1.457 mq, con una volumetria di 4.810 mc; l’ampiezza dell’area permette di operare successivi ampliamenti e trasformazioni dovuti ad esigenze di carattere demografico o didattico. Nel progetto si sono individuate due unità funzionali, articolate ciascuna su tre sezioni. Ogni unità è caratterizzata dai seguenti spazi: • spazio per le attività ordinarie; • spazio per le attività libere; • spazio per le attività pratiche. Sono inoltre previsti: • spazio per la mensa; • servizi generali. Ogni sezione ha una funzione importante nel progetto educativo, nello stesso tempo si è cercato di valorizzare anche un momento di socializzazione e di scambio. Lo spazio esterno può assumere una valenza educativa organizzandolo in modo da permettere la continuazione delle attività che si svolgono all’interno della sezione. La tipologia costruttiva è di tipo tradizionale, con fon-

dazioni in cemento armato, muratura portante in blocchi di laterizio semipieni, con intercapedine isolata con pannelli di poliuretano e tavolato interno di laterizio forato. La copertura è a falde, realizzata con muretti e tavelloni, strato isolante e manto in pannelli di alluminio e rame. Pavimentazione interna in linoleum, ad esclusione dei servizi e del locale cucina; serramenti esterni in alluminio preverniciato e dotati di doppi vetri. È inoltre dotata di impianto elettrico, idrico, sanitario, riscaldamento e di fognatura. L’importo delle opere ammonta a Euro 930.000,00 mentre il termine dei lavori è previsto per luglio 2003. A. N.

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Lodi


Mantova a cura di Nadir Tarana

La figura del Sindaco e quella del Principe

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Mi sono chiesto spesso, negli anni scorsi in particolare, quanto la mia formazione culturale fosse attinente alla mia funzione di architetto responsabile dell’area tecnica del Comune per cui ho lavorato per anni, prima, e per il Comune per cui lavoro ora. Lo sconforto era grande. Le nozioni e le conoscenze maturate in anni di studio, tra le mura di storici palazzi fiorentini, venivano soppiantate dal quotidiano contenzioso di autorimesse abusive o da villette circondate da forme di cemento raffiguranti Biancaneve e i sette nani. E ho pensato spesso di abbandonare quello che non sembrava proprio il mio lavoro, ma nel contempo ho sempre avvertito che potenzialmente un architetto ha il dovere morale di esprimere le proprie conoscenze nel campo della pianificazione territoriale e della progettazione, a livello pubblico. La rivoluzione dell’organizzazione degli enti pubblici dei primi anni ‘90 non è stata applicata immediatamente, purtroppo, poiché i politici hanno faticato molto ad adeguarsi al loro nuovo ruolo di mero indirizzo, abbandonando quello gestionale, che veniva assegnato invece ai funzionari, ma che da sempre assicurava loro potenzialità elettoralistiche. Col tempo il cambiamento è diventato ineluttabile. Nel momento in cui, un po’ per scelta un po’ per necessità, mi sono trasferito in un altro Comune, mi sono reso conto che fondamentalmente le possibilità di svolgere le proprie funzioni, dipendono in gran parte dal grado di illuminazione del Sindaco, figura centrale da quando viene eletto con voto popolare. È da questo punto in poi che si sono riaperte le possibilità di svolgere la funzione di architetto e di mettere in pratica gli insegnamenti e la cultura assimilati all’università e collaudati, comunque, con la realtà di tutti i giorni. Che rapporto esiste oggi tra la figura dell’architetto dell’Amministrazione Comunale, e quella dell’architetto del “ Principe” ? Innanzitutto è necessario partire dall’analisi della differenza che esiste tra il capo dell’Amministrazione Locale, ossia il Sindaco, e il Principe. La prima figura è una figura elettiva, che deve rendere conto del proprio operato ai cittadini, e al giudizio dei quali viene sottoposto a scadenze. La seconda invece, rappresenta un potere avulso dal popolo, al quale non deve necessariamente rendere conto. La seconda differenza sostanziale, che deriva dalla prima, è la gestione del denaro. Il Sindaco gestisce il denaro pubblico e deve attenersi rigorosamente a un bilancio approvato dal consiglio comunale e non può gestire a proprio piacere le risorse dei cittadini. Il denaro del Principe, pur essendo percepito dal popolo, è di sua proprietà e non deve rendere conto della sua spesa. Ecco quindi che Federico II Gonzaga, contestatissimo dai suoi cittadini per le spese sostenute da Giulio Romano alla costruzione di Palazzo del Te, fa proseguire senza nessun ripensamento il suo architetto di Corte. E Maria Luigia, Duchessa di Parma, lascia carta bianca al Petitot nella riqualificazione urbana, che diventa immagine di un potere illuminato e futura memoria.

Ma non è certo una novità dire che i segni sul territorio e l’architettura, siano l’espressione del potere. Lo sono stati per secoli, anche se ultimamente, specialmente in Italia, lo sono stati un po’ meno. Il Capo di un’Amministrazione o il “ Principe” determinano le loro scelte; ed è una scelta politica che generalmente assegna una funzione al territorio, o che ordina la costruzione di un oggetto architettonico. Io ritengo che il potere debba definire il “ Cosa” , ma l’architetto funzionario pubblico, oggi come ieri, debba studiare e indicare il “ Come” . L’indirizzo politico non contiene tutti gli elementi di pre-analisi di una trasformazione territoriale. È compito del funzionario studiarne gli effetti, gli impatti culturali, ambientali e soprattutto la sostenibilità in rapporto con la città e il territorio. Poi deve essere lo stesso architetto che comunica i risultati della progettazione e degli effetti connessi al politico che, se illuminato, prende atto di queste valutazioni, per esprimere un parere e raggiungere, con il suo collaboratore, il risultato. Potrebbe sembrare teoria pura se non utopia, ma questi percorsi sono assolutamente realistici, in un’amministrazione comunale dove i ruoli sono chiari, e soprattutto dove viene garantita all’architetto, la reale possibilità di svolgere la propria funzione, anche per una fiducia reciproca con il Politico. È possibile tutto ciò, ne parlo per esperienza. arch. Angelo Beduschi dirigente dell’Area Servizi al Territorio Comune di Suzzara (Ma)


a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba

M ilano da fare All’interno delle strutture tecniche del Comune di Milano, assume sempre maggior valore, per l’impegno progettuale e realizzativo in corso, il settore dell’arredo urbano. La gestione degli spazi pubblici è fondamentale per la vivibilità del tessuto esterno usufruito, più o meno quotidianamente, da tutti. Di questo ufficio municipale, si possono individuare schematicamente questi campi di azione: per la riqualificazione, si ridisegnano ambiti urbani, sia in aree centrali che periferiche; gli interventi di valorizzazione comportano sistemazioni e posizionamento di servizi in sottosuolo, si revisiona la circolazione sia veicolare che pedonale, si ripavimentano aree o spazi destinati alla pedonalizzazione, con materiali lapidei di pregio, o con soluzioni unitarie che vedano l’impiego di materiali alternativi, ma idonei all’uso collettivo, si riorganizzano i servizi in superficie e gli arredi. Con riferimento a monumenti e fontane, elementi simbolici importanti e punti di riferimento irrinunciabili per la cittadinanza, i compiti istituzionali sono la manutenzione e il restauro, la progettazione di nuove fontane e la collocazione di nuovi monumenti. Per riordino ambientale si intende un campo di intervento assai vasto che si traduce in un impegno continuo contro le cause e le espressioni di degrado; nel riordino complessivo di aree, sia con interventi minimali, sia a carattere strutturale, ossia che riguardino la forma e la ripavimentazione dei luoghi; nella progettazione di nuovi manufatti di arredo e di buona qualità. La collocazione dei manufatti è naturalmente connessa al tema della loro manutenzione. La predisposizione di piani per il riassetto di aree di interesse turistico-commerciale comporta poi la regolarizzazione e il posizionamento degli oggetti sul territorio stabilendo dei criteri, delle linee guida a cui riferirsi e progettando manufatti di occupazione del suolo pubblico coinvolgendo i privati che li utilizzano ai fini commerciali. L’Assessore preposto è il sen. Riccardo De Corato; la dirigente del settore l’architetto Silvia Volpi. Il programma in corso riguarda il coordinamento di interventi per il recupero della qualità storica del centro urbano, con interventi di valorizzazione dei luoghi e con l’intento di recuperare anche maggiore pedonalità e per restituire la grandezza civile della Milano ottocentesca e del primo Novecento. Inoltre è necessario dare identità alle periferie creando e risistemando spazi, piazze ed ambiti in modo tale che possano divenire elemento trainante di aree anonime o degradate; recuperare i monumenti storici ed inserire nuove opere d’arte; valorizzare le fontane esistenti ed inserirne di nuove. In particolare Silvia Volpi, laureata nel 1985 al Politecnico di Milano, dal 1986 presta opera presso il Comune, dapprima come collaboratrice dei precedenti dirigenti (Ombra Sutter, Carlo Corna, Giovanna Franco Repellini), come progettista e direttrice lavori. Ha seguito in particolare le sistemazioni di piazza Fontana, corso XXII marzo, piazza VI Febbraio, via dei Chio-

stri, via S. Calimero, via Torino, Isola Pedonale Mercanti – Cordusio - Dante, piazzetta Reale – Passaggio Arengario (progettazione e direzione artistica), ambito Brera, ambito S. Lorenzo - Grande Giubileo 2000 (progettazione esecutiva e direzione lavori), piazza S. Giovanni Battista alla Creta. Ha svolto opera di supervisione al restauro della statua di Vittorio Emanuele II in Piazza Duomo, del gruppo scultoreo di Leonardo da Vinci in piazza Scala, della fontana del Piermarini in piazza Fontana, del monumento “ Il grande Sole” in piazza Meda. Dal 2001 è direttrice del settore e attualmente responsabile del procedimento dei seguenti interventi di riqualificazione: concorso “ cinque piazze per Milano” (Anita Garibaldi, Tirana, Gabrio Rosa – Omero – Martini, Costantino, Affori – S.ta Giustina); riqualificazione quattro piazze (Bausan - Massara de’ Capitani – Schiavone, Lelio Basso - Gratosoglio, Betulle – Olmi, Greco); interventi vari di riqualificazione per i quali è in corso la progettazione (Piazza Fontana, Piazza S.Eustorgio – S.ta Croce, S.ta Maria delle Grazie, P.le Lodi, Corso Como – Corso Garibaldi), concorso Piazze 2001 (Roserio, Ohm, Gambara – Antonello da Messina).

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Milano

San Lorenzo.


Svolge attualmente un lavoro frenetico, (e ogni milanese si accorge di quanto siano frequenti e lunghi i cantieri sulle strade. Gli ampi uffici del settore sono situati proprio in piazza del Duomo, vale a dire staccati dal resto delle strutture tecniche municipali, collocate nell’alta torre, che sovrasta la via Melchiorre Gioia. Sono comunque un vero e proprio laboratorio di progettazione che nel corso degli ultimi decenni ha vissuto fasi alterne di attivismo e di produttività. L’opera di arredo urbano sembra evidentemente aver riconquistato un ruolo primario nella gestione e trasformazione dell’ambiente pubblico cittadino.

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Isola pedonale Mercanti - Cordusio.

Ci si è accorti che con la vastità e la complessità degli sviluppi costruttivi contemporanei non si riesce a evitare la compromissione dell’” immagine” e della qualità manutentiva delle vie e delle piazze; pertanto, da una fase di inerzia, nei decenni scorsi, in cui l’ufficio, in pratica, gestiva le sole manutenzioni e coordinava – forse senza crederci troppo – qualche raro progetto di riqualificazione, non sempre attuato, affidato a architetti esterni, si è passati, nella prima metà degli anni Novanta, all’elaborazione – a cura proprio di Silvia Volpi – di una serie di progetti di risistemazione, ispirati anche per necessità, dai programmi di pedonalizzazione di alcuni luoghi importanti della città. Questi primi risultati, misurati nella loro qualità, accurati nella scelta dei materiali, precisi nel seguire gli scopi prefissati dagli strateghi del traffico e del trasporto (pedonalizzazione, razionalizzazione delle carreggiate automobilistiche e tranviarie, recupero delle aree verdi), sono stati seguiti da una miriade di ambiziose ipotesi di recupero urbano, progettualmente in seguito affidate a vari professionisti. La loro redazione sembra essere in progressione crescente, sotto il coordinamento dell’amministrazione comunale, ma, ancora più di recente, si rileva che il settore e la sua dirigente si occupano di concorsi (unitamente all’Ufficio concorsi del Comune). A Milano, come in altre metropoli italiane è stata adottata una formula (utilizzo di un unico bando-tipo e di un’organizzazione metodologicamente applicata a più ambiti e in più fasi) che consente il rapido affidamento di incarichi a una varietà di progettisti, ben motivati dalla competizione e dall’obiettivo progettuale. Silvia Volpi ha attraversato queste fasi e si è impegnata appunto come progettista, come direttrice lavori, ora come coordinatrice dell’ufficio. La trepidazione, che la sua figura esprime, interpreta chiaramente il ruolo di responsabilità che riveste: la costruzione dell’arredo urbano non coinvolge interessi finanziari particolari, né risolve necessità sociali. Deve però rispondere a attese incessanti della cittadinanza, che si riflettono di conseguenza in insistenti sollecitazioni da parte delle autorità, che cercano così di attuare i programmi e gli obiettivi della politica. R. G.

Piazza Cordusio.


A cura della Redazione

Archivio Cattaneo, sintesi di un anno di attività to a “ continuare la discussione” . Questo scopo viene perseguito con l’organizzazione di serate di incontro con architetti contemporanei, spesso giovani emergenti, che hanno così l’occasione di presentare personalmente la loro attività e la loro “ filosofia” sul modo di intendere il mestiere dell’architetto, con particolare attenzione alle tematiche legate all’architettura in generale e specificamente ai legami tra il linguaggio Moderno e le esperienze architettoniche più recenti. Al dibattito, viene affiancata un’esposizione monografica, dedicata ad una selezione di progetti significativi di ciascun architetto. È per queste ragioni che vengono sintetizzati questi concetti nel titolo dato all’iniziativa: Il linguaggio moderno e l’esperienza architettonica contemporanea nella casa d’abitazione. Un primo incontro è stato dedicato al Bureau d’Architectes Richter et Dahl Rocha di Losanna, che in una mostra dal titolo Subtilités hanno inquadrato la loro architettura da tre specifiche angolature: tipologia, materia e tempo, tre argomenti oggetto di appassionata indagine anche da parte di Cattaneo nel citato Giovanni e Giuseppe. Entro i limiti, la mostra sull’opera di Francisco e Manuel Aires Mateus, recensita sul numero di feb-

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“ Non c’è forse espressione più appropriata all’attività di Cesare Cattaneo di quella usata da Raffaello Giolli su Casabella alla fine del 1943 per ricordarne la prematura scomparsa: è la “ tensione dell’intendere” , l’ansia di capire, che sembra infatti siglare l’opera di un architetto forzatamente limitata dalla morte avvenuta a soli trentun anni e tuttavia già profondamente segnata da impegno e qualità di risultati” . Così nel 1993 Ornella Selvafolta introduce la riedizione critica del Giovanni e Giuseppe per i tipi di Jaca Book. E lo stesso Cattaneo, nella postfazione del libro, dichiara categoricamente: “ Il responsabile del libro – ben sapendo che Giovanni e Giuseppe hanno discusso molto ma hanno concluso pochissimo – sarebbe lieto di continuare la discussione – in forma epistolare o verbale – con quel lettore che volesse; e di conoscerne l’opinione. Il suo indirizzo è: (…)” . Bene ha fatto pertanto l’Associazione Archivio Cattaneo di Cernobbio, costituitasi sì per riorganizzare il materiale relativo all’attività professionale dell’Architetto, ad attivare anche iniziative di riflessione architettonico-culturale che non fossero limitate alla sua attività specifica ma coscientemente aperte al dialogo e al confronto, quasi a raccogliere l’invi-

Cesare Cattaneo. Allestimento della mostra: “ La casa e l’ideale. La casa famiglia per la famiglia cristiana” , (fotografie di Filippo Simonetti).


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braio 2002 di “ AL” , ha proposto una particolare metodologia progettuale, la prospezione del delimitare, il disegnare dentro qualcosa, quasi spazialità riconoscibile a partire dal limite, come se lo spazio fosse traducibile in scavo della materia e come se la materia lo fosse in scavo dello spazio. Sabina Snozzi e Gustavo Groisman hanno progettato nel Canton Ticino una piccola, rigorosa casa unifamiliare che sorge sullo stesso terreno dove qualche anno prima Luigi Snozzi aveva progettato un intervento di restauro ed ampliamento, poi non realizzato. Progetti e metodologie posti a confronto hanno costituito occasione per un dibattito costruttivo sull’antico nel moderno, sul modo di misurarsi con l’intorno. A seguire, Maria Antonietta Crippa ha ripreso un emblematico progetto di Cattaneo, quella Casa Famiglia per la Famiglia Cristiana che aveva concluso il ciclo dei progetti pubblicati da Domusnel 1942 sul tema “ La casa e l’Ideale” . È forse il progetto più significativo, certamente il più esplicito, del percorso intellettuale dell’architetto comasco: la forma estetica assunta ad etica. Allo Estudio Cano Lasso è stata dedicata una seconda manifestazione “ storica” , riprendendo tre interventi significativi – intervallati in cinquant’anni di attività – del grande architetto spagnolo, medaglia d’oro per l’architettura 1991 dell’Accademia Reale e premio COAM 1992. Appare evidente, a chi ha partecipato agli eventi, la relazione tra l’opera di Cesare Cattaneo e quella degli architetti presentati: il recinto della casa-famiglia è il confine “ tra l’habitat sicuro e civile e il caos esterno, tra la spiritualità e la materialità” e si confronta con il limite delle architetture dei fratelli Aires Mateus, in particolare la loro casa di Alenquer; la sintesi degli elementi in una sola proporzione, che Cattaneo chiama unità dello spirito o polidimensionalità, rivela particolari sintonie con l’unità del sapere – “ bisogna perseguire l’unità del sapere. Il sapere è soprattutto mettere in relazione, e dobbiamo fare in modo che l’interdisciplinarietà sia effettiva, che tutte le scienze siano considerate parti di una cultura generale e che si articolino tra di esse formando un insieme coerente” – presupposto basilare per interpretare il pensiero e l’opera di Julio Cano Lasso; ecc. Ancora in questa prospettiva verranno organizzati i prossimi incontri dedicati a Pierre Alain Croiset e Nikos Ktenas (ottobre 2002) e a Pia Durisch & Aldo Nolli (gennaio 2003); l’attività del 20032004 svilupperà un tema particolare, il vuoto urbano. Per informazioni, telefonare allo 031-513960 o 031-342396; sito Internet: www.cesarecattaneo.it D. C.

Allestimento della mostra: “ La casa e l’ideale. La casa famiglia per la famiglia cristiana” , (fotografie di Filippo Simonetti).


A cura di Roberto Gamba

Ristrutturazione e ampliamento della scuola materna di Carcano di Albavilla dal Comune sono due: la realizzazione di un nuovo edificio scolastico che, attraverso la ristrutturazione e l’ampliamento di quello esistente, ospiti almeno tre sezioni; l’annessione alla scuola materna di una struttura destinata al micro-nido; l’ampliamento del parcheggio esistente o la realizzazione di uno nuovo, con capacità adeguata e corrette caratteristiche funzionali.

1° classificato Francesca di Gennaro collaboratori: Chiara Aliverti, Giovanni Bassi, Fabio Boiardi, Erika Samsa

pi di fabbrica e si adatta alle esigenze specifiche della scuola. La vocazione di stampo didattico e ludico del giardino-parco si declina in base ad una logica fluida, consapevolmente contrastante con quella più rigorosa che anima l’organizzazione dell’edificio. Il nuovo edificio si compone di due corpi principali disposti a L, con copertura a una falda inclinata verso la corte interna. Il lato corto, disposto perpendicolarmente al vecchio corpo di fabbrica, contiene l’ingresso, l’aula per le attività libere e la mensa; è un elemento semitrasparente che permette la connessione visiva tra le due corti. Il lato lungo disposto parallelamente al limite dell’area, al muro di contenimento e per analogia al paesaggio, contiene le aule dedicate alle tre sezioni, le quali sono rivolte verso il lago di Alserio, ma mantengono sempre un contatto diretto con la corte interna, attraverso il lungo corridoio attrezzato aperto verso il giardino anche se schermato da brises-soleil. Sul lato opposto al corpo delle aule trova sede un volume tecnico che contiene gli spazi della nuova cucina, e la centrale termica.

La ricerca di una relazione con l’esistente, sia dal punto di vista della qualità ambientale e paesaggistica, che dal punto di vista funzionale, ha portato a liberare il fronte est dell’edificio esistente e di posizionare i volumi del nuovo edificio per fasce parallele. La scelta è stata quella di distinguere formalmente e funzionalmente i due edifici e le due scuole, così da poter identificare la specifica funzione con una sua propria forma e allo stesso tempo disegnare due spazi aperti - le corti, spazi necessari e complementari al progetto del costruito. La prima corte, antistante l’edificio storico e che si apre sul paesaggio, si presta ad una fruizione collettiva come luogo di incontro tra genitori, bambini e abitanti del nucleo storico. È un prato delimitato verso il paesaggio dai gelsi capitozzati. La seconda corte-giardino, rivolta all’interno è definita dai nuovi cor-

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Concorsi

Il territorio ove sorge Albavilla è denominato piano d’Erba, e si distende lungo la direttrice che dal capoluogo di Como, unisce i due rami del lago lariano, attraverso la conca dei laghi morenici di Alserio, Pusiano e Annone. Il paesaggio costruito vede la compresenza di antiche ville, in posizioni panoramiche, con begli effetti ambientali. Le finalità del concorso bandito


Concorsi

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2° classificato Rina Agostino collaboratori: Elvia Redaelli, Marco Valentino, Francesco Panzeri La costruzione è globalmente orientata sull’asse nord-sud e è concepita secondo uno schema “ a pettine” , i cui “ denti” sono costituiti dalle tre sezioni, concepite co-

3° classificato Giorgio Santagostino, Jorge Orellana collaboratore Emiliano Cavalleri Il progetto si definisce nel concetto di non costruire un edificio che sia il semplice prolungamento di quello esistente, ma fondamentalmente nella creazione di un luogo, essendo composto da quattro elementi che lo definiscono e lo

me piccole case o, come piccole barche ancorate ad un molo, costituito dall’asse dei servizi comuni. Questo mantiene la giacitura dell’edificio esistente e si estende lungo il ciglio stradale, connettendo le varie sezioni fino a concludere il sistema con il giardino antistante l’ultima sezione. È costituito da un fronte chiuso

sulla strada, punteggiato da aperture essenziali, porticato lungo il lato “ interno” , aperto sui giardini delle singole sezioni. Al suo interno sono contenuti i servizi strettamente connessi all’attività didattica: bagni e spogliatoi. Le sezioni sono affacciate a sud, e sfruttano l’apporto del sistema solare passivo, costituito da am-

pie serre, che offrono uno spazio di soggiorno abitabile e adatto alla creazione di un giardino d’inverno; inoltre fungono da collettore solare. Nei giardini di fronte alle serre è prevista la piantumazione di grandi alberi a foglia caduca, come castagno, faggio, gelso.

concretizzano: il tetto arborizzato come nuovo piano naturale a compensazione della nuova area occupata dall‘intervento; le siepi lungo il perimetro della costruzione, pareti che riflettono il paesaggio e lo prolungano; il muro di pietra esistente, limite dell’intervento, esso stesso architettura nuova, che definisce chiaramente il confine tra il paesaggio e l’interno del nuovo luogo; la trasparenza delle su-

perfici vetrate, relazione tra interno ed esterno, permette l’esistenza all’interno della costruzione della natura circostante, con una soluzione di continuità. L’edificio nuovo nasce dalla funzione di articolare l’esterno con l’interno della scuola relazionandosi con l’area verde che lo circonda e con il muro che ne costituisce il limite. L’entrata, collocata tra l’edificio esistente e il nuo-

vo intervento, in una posizione baricentrica, avviene attraverso diversi piani di approssimazione, da un’apertura nel muro di confine si passa attraverso un patio piantumato da alberi esistenti, i cui lati vetrati ci conducono visualmente già all’interno dell’edificio. Una bussola d’accesso all’atrio d’entrata divide la zona delle aule dalle zone comuni (mensa, sala polivalente).


Recupero e riuso del complesso di villa Padulli e di riqualificazione ambientale del parco annesso di Cabiate Negli ultimi decenni, Cabiate, paese di settemila abitanti in provincia di Como, ha conosciuto una crescita urbanistica imponente e vanta un tessuto economico-produttivo assai concentrato. Il vecchio nucleo, quello a ridosso della collina su cui sorge la Villa Padulli, una volta costituiva il centro geografico dell’abitato. Le nuove residenze hanno superato il torrente Terrò, il confine naturale del villaggio ori-

ginario, spingendosi tutto verso est, lasciando così dalla parte opposta la brughiera come ultimo polmone verde di un certo pregio. Il Comune con questo concorso in due fasi (10 concorrenti ammessi alla seconda fase) ha chiesto la progettazione per il recupero e riuso del complesso di Villa Padulli e di riqualificazione ambientale del parco annesso, per un costo presunto di 6 miliardi di lire.

1° classificato ex aequo Marco Castelletti, Stefano Santambrogio

punto originario. L’introduzione di un adeguato corpo scala protetto permette la creazione di un percorso museale che collega i tre piani. Il nuovo edificio funge da cerniera tra la villa e la depandance e diviene l’accesso principale al complesso edificato per il quale il piano a quota del posteggio ne costituisce la reception, oltre che il foyer della sala polifunzionale. Il progetto interviene in modo differenziato all’interno del parco. Nell’area ovest si dovrà assecondare il carattere dell’ambiente boschivo autoctono del parco della brughiera Briantea. Nell’ottica dell’inserimento di elementi arborei ed architettonici adottati negli edifici storici, trova qui adeguata motivazione l’inserimento del pergolato che collega la villa alla depandance concepito come struttura leggera predisposta per essere coperta da essenze rampicanti da fiore.

L’intervento si pone come opera di conservazione integrale delle caratteristiche del complesso in relazione al grado di importanza documentale delle opere stesse. La depandance adibita a ristorante e albergo manterrà integralmente l’aspetto esteriore, modificando in parte la distribuzione interna, mentre la Villa Padulli viene ripulita da una serie di partizioni interne. L’edificio che integra il sistema di risalita all’intero complesso si articola su due livelli: la reception che funge da foyer, dotata inoltre dei servizi per il pubblico e la sala al livello superiore. La copertura è concepita come platea per spettacoli estivi all’aperto ed entra a far parte del sistema di percorsi e spazi esterni del parco. Il porticato del piano terra viene riaperto riportando l’accesso alla sala nel

Concorsi

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1° classificato ex aequo Pier Alberto Ferrè, Carolina Rozzoni Il progetto prevede di “ riutilizzare” la posizione della ghiacciaia per inserire un collegamento verticale, un ascensore, che conduca dalla quota della strada, alla quo-

ta del cortile della villa (Belvedere). Un percorso in piano, scavato nella collina che la villa sovrasta, conduce dalla strada e dal parcheggio posizionato in sua corrispondenza, fino a questo punto di risalita verticale. Percorso orizzontale e risalita sono segnalati all’esterno in modi


Concorso Domus-Bocconi, per il nuovo campus universitario

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28 differenti. Il corpo di ingresso si incunea nella roccia e diventa esso stesso percorso, la sua immagine è riconoscibile dalla strada, la sua direzionalit à un segno f ort e e profondo. La risalita alla superficie invece si apre in una scatola di vetro, che contrasta con l’architettura della villa e manifesta la sua leggerezza. Il collegamento verticale offre anche la possibilità di accedere direttamente allo spazio ipogeo collocato nello spazio antistante la villa, sotto la quota del cortile, che costituisce il cuore del complesso: la sala polifunzionale. Attorno a questo nucleo gli altri edifici si prestano all’insediamento di nuove funzioni: nell’ala originaria del 1830-40 trovano collocazione l’e-

sposizione permanente di settore e gli spazi per mostre d’arte a rotazione. Quale estensione dell’esposizione verso il parco, sul lato nord della villa si trova un podio, che può ospitare sculture di grandi dimensioni. Nell’ala originaria del 1860 trovano posto gli uffici pubblici e privati, sedi di enti, rappresentanze. Il cortile assume un ruolo centrale nel progetto: è questo il luogo degli accessi, degli affacci ma anche della sosta. Nell’edificio a nord della villa vengono collocati i servizi all’ospitalità, legati all’attività congressuale; al piano terreno il ristorante; al primo piano vi sono poi 11 stanze con servizio interno.

Progetto segnalato Emilio Caravatti, con Andrea Carmignola, Emanuele Panzeri

la corte con il parco circostante. Ad una quota intermedia tra l’attacco a terra del sistema di risalita e lo spazio della corte, un patio verde, riannoda i percorsi del parco al costruito, donando viste e ambiti nuovi. Il patio esterno verde si trasforma così in foyer per attività che si svolgono all’interno, elemento di snodo tra parco e volume edificato.

A sud il volume ora in rovina della serra, posto ad una quota ribassata rispetto alle quote di ingresso della villa e il lungo muro di terrazzamento esistente, con la sua giacitura ed il suo salto di sezione, che guarda al paese, ridefiniscono i limiti e i rapporti del-

Si è tenuta tra giugno e luglio, presso l’Urban Center in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, la mostra dei progetti partecipant i al concorso “ Universit à Bocconi: un campus per il Terzo Millennio” . Si trattava di dare una sistemazione all’area della prestigiosa università milanese di economia, che è stata di recente ampliata con un nuovo corpo per la didattica, progettato dallo studio Gardella e che si arricchirà prossimament e di un nuovo complesso di uffici e auditorium, il cui progetto è stato aggiudicat o per concorso alle irlandesi Yvonne Farrell e Shelley McNamara. Si è scelta la strada della compet izione int ernazionale riservat a agli st udent i (con l’ organizzazione della rivista “ Domus” ) al fine di valorizzare le capacità creat ive e proget t uali dei giovani. La giuria (presieduta dal rettore Carlo Secchi, con il direttore di “ Domus” Deyan Sudjic, Cesare Stevan, con il direttore del-

l’Accademia di Belle Arti di Brera Fernando de Filippi e dagli artisti Arnaldo Pomodoro ed Emilio Tadini), ha premiato cinque progetti e ha segnalato altri tre lavori con una menzione speciale. Al concorso avevano partecipat o 110 gruppi, provenient i da t ut t o il mondo; a loro veniva chiesto di adottare un approccio progettuale che tenesse in conto tutte le questioni formali dell’ archit et t ura, quant o gli aspetti connessi al design e alla commissione di opere d’arte pubblica. La sfida ha prodotto una quantità impressionante di idee: olt re a audaci composizioni archit et t oniche e spaziali, sono stati presentati anche esempi di design industriale complessi, ma definiti con grande sicurezza. Ad attirare l’interesse dei giurati sono stati soprattutto i progetti che tendevano a oltrepassare le barriere della pura ricerca formale per indirizzarsi al potenziale sociale e simbolico del campus.

1. Ruth Plascencia e Hannah F. Ruppel (Houston, Texas, USA), hanno vinto il primo premio, con un progetto che ha visto attrezzate le diverse aree per occupazioni diurne, come lo studio, ma anche per attività notturne di tipo sociale; aree tranquille che fanno da sfondo alle attività teatrali e ai più affollati vialetti di raccordo; pareti ester-

ne “ mediatiche” mirano a favorire un’interconnessione su scala globale; un monticello erboso s’innalza dolcemente dal terreno del settore residenziale, mentre una linea affilata lo taglia, creando un palcoscenico dinamico. Il sito è delimitato da alte torri, pronte a contorcersi e a trasformarsi.

2. Il progetto di Omar Pasquinelli (Università di Camerino), secondo premio, è costituito da due volumi principali, che hanno la funzione di padiglione espositivo e ricreativo e altri due elementi più piccoli, che fungono da aree di sosta e ridefinizione degli spa-

zi marginali. La copertura è a lama; il rivestimento interno degli edifici è in pannelli di legno; i volumi di sosta sono costituiti da una semplice tamponatura vetrata, con struttura in travetti Ipe, collegati tra loro con un reticolo di tiranti.


5. Il gruppo guidato da Davide Crippa, con Leonardo Belladelli, Pier Luigi Gelosa, Evaristo Iori, Federico Lissoni, Chiara Martini, Emanuele Naboni, Lorenzo Rossetti (Politecnico di Milano e Accademia di Belle Arti di Brera), che si è

aggiudicato il quinto premio, propone la costruzione di un terreno passionale/oggettivo attraverso l’omogeneizzazione degli spazi interstiziali dell’attuale Campus impiantando un bosco di alberi ad alto fusto.

3. Per Jonah Sendelbach e David S. Shively (University of Houston), autori del terzo progetto vincitore, il campus è uno spazio in cui l’individuo cerca il suo posto nel-

4. Il quarto premio è andato al tedesco Michael Stoppe (Università Tecnica di Monaco di Baviera), che

la società. Così, il contrasto fra spazi pubblici e privati si attenua, favorendo l’interazione fra le persone.

interpreta l’università come un suolo fertile per un’educazione sempre migliore.

Le tre menzioni speciali sono andate ai gruppi, guidati rispettivamente da Johannes Weiss (Università di Scienze Applicate di Stoc-

carda), Amna Ansari (University of Houst on) e Jorge E. Ramos Jular (E.T.S. Arquitectura di Valladolid).

Riqualificazione della piazza Europa e delle vie adiacenti a Passirano Passirano, in provincia di Brescia, si divideva anticamente in due ben distinti villaggi, Passirano sera e Passirano mattina, detti anche di Sopra e di Sotto, ognuno con il suo castello e la sua parrocchiale. Oggi dei due paesi rimane solo un vago ricordo; lo sviluppo nell’ultimo secolo è avvenuto soprattutto nella zona, attorno alla chiesa, ove si trovano le scuole, il municipio, la biblioteca civica con annessa una piccola sala teatrale. Le due precedenti parrocchiali sono divenuti edifici privati; del castello di Passirano mattina restano solo le mura limitrofe, mentre

resta imponente il castello di Passirano sera, che è tra i meglio conservati di tutta la Lombardia. La centralità di questa zona ora è stata definitivamente riconosciuta con la realizzazione di piazza Europa, a fianco della quale sorge un moderno palazzetto dello sport. Si tratta di una grande piazza a pianta rettangolare con il fondale nord costituito dai tre importanti edifici storici (la chiesa, la ex scuola, la ex casa del fascio) Il Comune ha bandito questo concorso di idee per riqualificarla, insieme alle vie a essa adiacenti.

1° classificato Marco Bonera, Caterina Amodio, Armando Casella, Riccardo Manfredi, Stefania Mattinzioli, Francesca Ravelli

Il volume relativo all’attuale edificio comunale, risalente agli anni ’60, senza elementi di particolare valore storico, viene spostato e ampliato quanto consentito, nel “ vuoto” lasciato dalla recente sistemazione di piazza Europa, a completamento della stecca di edifici in linea posti sul lato nord-est della piazza. Si crea una sorta di unico grande spazio, che dai giardini (a sud dell’area oggetto del concorso) arriva a congiungersi con il sagrato della chiesa e l’ingresso del futuro teatro, presso l’ex casa del fascio. Lungo l’asse centrale nordsud, su cui si attesta l’attraversamento pedonale è posizionato un nuovo elemento di richiamo visivo e funzionale, un percorso pedonale coperto, ampiamente per-

La proposta progettuale tiene in considerazione le preesistenze storiche, riproponendo sia l’antico tracciato viario, evidenziato con una pavimentazione lapidea in porfido, contornata da fasce di botticino, sia il corso d’acqua, ricordato mediante una doppia fontana, proprio in corrispondenza dell’antico canale. Infine l’edificio più antico, unitamente alla chiesa, viene ulteriormente valorizzato grazie ad un’ampia piazza antistante che unisce, da est a ovest, tutti i corpi di fabbrica con maggior valore storico, dalla chiesa fino all’ex casa del fascio.

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3° classificato Aldo Lanza

meabile, che potrà essere punto di ritrovo coperto, antistante le funzioni culturali (teatro) e reli-

giose (chiesa), nonché palcoscenico per eventuali manifestazioni o sagre di paese.

2° classificato Valentina Gallotti, Marco Imperadori, Massimiliano Casalini

no e seguono la variante stradale. Questi consentono di sedersi sulle panche che rivolgono all’interno e di essere protetti (visivamente e materialmente) dal flusso veicolare. Il muretto che delimita la nuova piazza verso il sagrato della chiesa è alto 60 cm, per consentire la seduta e alla sua base sono incastonati dei fari che illuminano il centro della piazza. Al centro della piazza è ubicata una fontana a raso, con acqua che spruzza da ugelli posizionati sotto una griglia metallica, dotata di illuminazione incastonata.

La nuova piazza viene t ot almente disegnata da una maglia base quadrata 4 m x 4 m definit a da conci di calcest ruzzo bocciardato già presente in altre porzioni di pavimentazione esistente. All’interno di questo reticolo viene posata una pavimentazione in calcestruzzo addittivato con pigmenti colorati. L’arredo urbano della piazza si compone di elementi semplici come i setti murari che la delimita-

Il progetto propone la demolizione del vecchio municipio e la realizzazione di un corpo edilizio con le stesse dimensioni di quello fronteggiante per rafforzare l’unitarietà del sito. Il nuovo fabbricato avrà l’intero piano terra a portico, con colonne e volte a crociera. La chiesa sarà dotata di un proprio sagrato, elevato di 90 cm, nella parte terminale del piano, per un tratto pari alla sua larghezza. Saranno mantenuti inalterati i due tratti laterali, uno in corrispondenza della loggia e l’altro in corrispondenza dell’accesso alla canonica. Al centro, il dislivello viene superato con una scalinata di

sei gradini e, lateralmente a questa, vanno realizzate due balaustre in muratura dell’altezza di 70 cm. Questa proposta consente di delimitare il sagrato sul filo delle cinte limitrofe e quindi di ampliarne l’estensione verso la piazza, di arricchirne la presenza con una riconoscibilità di tipo monumentale, con lampioni decorativi posti sulla balaustra in pietra e di creare un osservatorio sulla piazza in una posizione leggermente sopraelevata e protetta. Il progetto propone di spostare il monumento ai caduti, sull’asse principale ed al centro della nuova area verde ed alla confluenza dei viali pedonali e con una più adeguata pavimentazione della base.


Legislazione a cura di Walter Fumagalli

La disciplina relativa all’affidamento degli incarichi pubblici di progettazione dettata dall’articolo 17 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (c.d. legge Merloni), di cui ci si è già occupati nel numero 11/2001 di questa rivista, è stata parzialmente modificata dalla legge 1 agosto 2002 n. 166 (pubblicata sulla G.U. n. 181 del 3 agosto 2002), che è entrata in vigore lo scorso 18 agosto. Le modifiche apportate alla citata disciplina riguardano sostanzialmente l’ampliamento della categoria dei soggetti privati a cui la pubblica amministrazione, ricorrendo le tassative circostanze elencate nell’articolo 17.4 della legge Merloni, può affidare gli incarichi di progettazione, e la parziale ridefinizione dei criteri di affidamento di tali incarichi ai suddetti soggetti. Per quanto attiene al primo dei due profili in esame, si deve rammentare che ai sensi dell’articolo 17.1 della legge Merloni, anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 166/2002, i soggetti privati che potevano essere affidatari di pubblici incarichi di progettazione erano solamente i liberi professionisti, singoli o associati, iscritti negli appositi albi professionali (articolo 17.1, lettera “ d” ), le società di professionisti e le società di ingegneria (articolo 17.1, lettere “ e” ed “ f” ) ed i raggruppamenti temporanei tra liberi professionisti, tra studi associati, tra società di professionisti, ovvero tra società di ingegneria (articolo 17.1, lettera “ g” ). L’articolo 7, lettera i), della legge n. 166/2002 ha ampliato tale novero di soggetti, introducendovi espressamente anche: • a. i soggetti con qualifica di restauratore di beni culturali, con specifico riferimento agli interventi di restauro e di manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici (articolo 17.1, lettera “ d” ); • b. i consorzi stabili di società di professionisti o di società di ingegneria, formati, ai sensi dell’articolo 12 della legge Merloni, da almeno tre consorziati che abbiano operato per un periodo non inferiore a cinque anni nel settore dei servizi di ingegneria e di architettura (articolo 17.1, lettera “ g-bis” ). Con riferimento, invece, ai criteri per l’affidamento degli incarichi di progettazione a professionisti privati, anteriormente alla modifica di cui trattasi la legge Merloni ed il relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554) stabilivano che la pubblica amministrazione potesse provvedere ad affidare tali incarichi con modalità differenti a seconda del valore dell’incarico oggetto dell’affidamento. In particolare era previsto che: • per gli incarichi di valore inferiore a 40.000 Euro il committente potesse procedere all’affidamento diretto a soggetti di propria fiducia (scelti in base ai curricula fatti pervenire dai professionisti all’amministrazione committente); • per gli incarichi di valore compreso tra 40.000 Euro e 200.000 Euro l’affidamento dovesse avvenire mediante espletamento di una apposita gara pubblica, da svolgersi nella forma della licitazione privata; • infine per gli incarichi di valore pari o superiore a 200.000 Euro l’affidamento dovesse avvenire mediante l’espletamento di

gara pubblica a licitazione privata ovvero nella forma del pubblico incanto. Per effetto della legge n. 166/2002 gli incarichi da affidare ai privati sono invece ora distinti secondo nuove fasce di valore, e precisamente: a) gli incarichi di valore inferiore a 100.000 Euro; b) gli incarichi di valore compreso tra 100.000 Euro e la soglia di applicazione della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi (tale soglia è normalmente di 200.000 Euro, fatta eccezione per alcuni servizi assegnati da determinate amministrazioni, in relazione ai quali la soglia è quella di 130.000 Euro); c) incarichi di valore pari o superiore alla soglia di applicazione della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi. La pubblica amministrazione può affidare gli incarichi di cui al punto “ a” direttamente a professionisti di propria fiducia, senza necessità di esperire alcuna procedura di gara. Stabilisce infatti l’articolo 17.12 della legge Merloni, così come modificato dall’articolo 7, lettera i), della legge n. 166/2002, che “ per l’affidamento di incarichi di progettazione ovvero della direzione dei lavori il cui importo stimato sia inferiore a 100.000 euro le stazioni appaltanti per il tramite del responsabile del procedimento possono procedere all’affidamento ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f) e g), di loro fiducia, previa verifica dell’esperienza e della capacità professionale degli stessi e con motivazione della scelta in relazione al progetto da affidare” . Èstata dunque aumentata da 40.000 Euro a 100.000 Euro la soglia di valore degli incarichi di progettazione al di sotto della quale gli stessi possono essere affidati direttamente dall’amministrazione committente a soggetti di propria fiducia. Non è chiaro per quali ragioni il sopra citato articolo 17.12 non contempli anche i consorzi stabili di cui alla lettera g-bis) dell’articolo 17.1, così come introdotta dalla legge n. 166/2002, salvo che non si possa ritenere che la lettera g-bis) sia stata implicitamente richiamata con il generico riferimento alla lettera g). Gli incarichi di cui alla precedente lettera “ b” (e cioè quelli di valore compreso tra 100.000 Euro e la soglia di applicazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi) sono invece disciplinati dall’articolo 17.11, modificato dalla legge n. 166/2002. Poiché la nuova versione di tale articolo 17.11 è sostanzialmente analoga alla precedente, fatta eccezione solamente per i differenti valori degli incarichi presi in considerazione (che anteriormente alla modifica erano quelli compresi tra 40.000 Euro e 200.000 Euro), è da ritenere che il loro affidamento debba avvenire nel rispetto della disciplina dettata dagli articoli 62, 63 e 64 del D.P.R. n. 554/1999, che prevedono l’assegnazione mediante licitazione privata degli incarichi di progettazione di valore compreso tra 40.000 Euro e 200.000 Euro; e ciò ovviamente in attesa che il sopra citato decreto venga adeguato alle disposizioni dettate dalla legge n. 166/2002. Infine gli incarichi di cui alla precedente lettera “ c” (quelli cioè di importo pari o superiore alla soglia di applicazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi) sono disciplinati dall’articolo 17.10, così come modificato dalla legge n. 166/2002.

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Professione e Aggiornamento

La nuova disciplina degli incarichi pubblici di progettazione


Professione e Aggiornamento

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Anche in relazione a tali incarichi, attesa la sostanziale identità di contenuto tra la nuova versione dell’articolo in esame e quella precedente, è da ritenere che debba trovare applicazione il vigente regolamento di attuazione della legge Merloni (il sopra citato D.P.R. n. 554/1999), che per l’affidamento di incarichi di progettazione di valore pari o superiore a 200.000 Euro obbliga l’amministrazione ad esperire una pubblica gara nella forma della licitazione privata o del pubblico incanto. Tuttavia, ai sensi del citato articolo 17.10, qualora l’amministrazione aggiudicatrice sia un Ente che opera nel settore dell’acqua, o dell’energia elettrica, dell’energia termica, del gas, dei trasporti ovvero delle telecomunicazioni, gli incarichi di progettazione dovranno essere affidati secondo le modalità di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e non secondo quelle dettate dalla legge Merloni e dal relativo regolamento di attuazione. Ultima modifica di rilievo apportata dalla legge n. 166/2002 appare, infine, la soppressione del secondo periodo dell’articolo 17.4 della legge Merloni, il quale stabiliva che alle società di ingegneria (articolo 17.1, lettera f” ) ed ai raggruppamenti temporanei (articolo 17.1, lettera “ g” ) potevano essere affidati esclusivamente gli incarichi di progettazione il cui valore fosse stimato di importo pari o superiore a 200.000 Euro, fatta debita eccezione per i casi di opere di particolare complessità o che richiedessero una specifica organizzazione. Con l’abrogazione di tale limite le società di ingegneria ed i raggruppamenti temporanei possono oggi essere incaricati dalla pubblica amministrazione di svolgere le prestazioni inerenti le attività di progettazione, anche di importo inferiore alla soglia dei 200.000 Euro. Luca de Nora

Le tariffe degli architetti per le opere pubbliche Tra le numerose innovazioni alla legge 11 febbraio 1994 n. 109 introdotte dall’articolo 7 della legge 1° agosto 2002 n. 166, al punto 6 della lettera i) si trova una disposizione riguardante i corrispettivi relativi alle prestazioni tecniche connesse alla realizzazione di opere pubbliche. Tale previsione rappresenta l’occasione per ricostruire l’evoluzione normativa che si è avuta nel corso degli ultimi anni in tale materia. L’articolo unico delle norme sulle tariffe degli ingegneri e degli architetti, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dalla legge 5 maggio 1976 n. 340, aveva sancito il principio di inderogabilità degli onorari minimi previsti dalla tariffa professionale degli architetti. Se da allora tale principio è stato pacifico nei rapporti tra privati, non altrettanto può dirsi per le prestazioni svolte su incarico di Enti pubblici. Al momento dell’entrata in vigore della legge n. 340/76 vi erano alcuni decreti ministeriali, che prevedevano la riduzione degli onorari degli ingegneri e degli architetti per le prestazioni professionali relative alla costruzione di case di tipo popolare per le quali era prevista l’erogazione di contributi a carico dello Stato. Si pose dunque il problema di stabilire se tali disposizioni avrebbero potuto trovare applicazione anche nel mutato quadro legislativo, e più in generale se il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari dovesse comunque valere anche per gli incarichi conferiti da Enti pubblici. Per ovviare a questa incertezza interpretativa fu introdotto l’articolo 6 della legge 1° luglio 1977 n. 404, il quale disponeva che “ l’articolo unico della legge 5 maggio 1976 n. 340 deve intendersi applicabile esclusivamente ai rapporti intercorrenti tra privati” .

Benché la norma ora citata fosse chiara nel senso di escludere l’applicabilità tout court del principio di inderogabilità degli onorari minimi previsti dalle tariffe professionali alle prestazioni svolte su incarico di Enti pubblici, essa fu a sua volta oggetto di discussione per il fatto che era collocata nell’ambito di una legge concernente l’edilizia penitenziaria. Ci fu infatti chi sostenne che l’esclusione dell’inderogabilità dei minimi tariffari per gli incarichi conferiti da Enti pubblici dovesse valere solo limitatamente a tale settore. Sul punto intervenne anche la Corte di Cassazione la quale chiarì che l’articolo 6 della legge n. 404/77 aveva natura di norma di interpretazione autentica (in quanto tale dotata di efficacia retroattiva), e carattere generale, sebbene fosse stata inserita in una legge relativa all’edilizia penitenziaria; con la conseguenza che dovevano ritenersi ancora applicabili i decreti che avevano disposto la riduzione degli onorari per le prestazioni professionali relative alla costruzione di abitazioni di tipo popolare fruenti di contributi statali (Cassazione civile, Sezione II, 17.3.1993, n. 3167). Nel frattempo era entrata in vigore un’altra norma, l’articolo 12bis del decreto legge 2 marzo 1989 n. 65, così come modificato ad opera della legge di conversione 26 aprile 1989 n. 155, il quale prevedeva la possibilità di ridurre fino al 20 per cento i minimi di tariffa “ per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri Enti pubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque di interesse pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e degli altri Enti pubblici” . Il quadro normativo subì poi un ulteriore cambiamento per effetto dell’articolo 6 della legge 18 novembre 1998 n. 415, di modifica della legge 11 febbraio 1994 n. 109. Tale norma, la quale ha aggiunto i commi 14 bis, ter e quater all’articolo 17 della legge n. 109/94, prevede che, ai fini della determinazione dell’importo da porre a base dell’affidamento, i corrispettivi delle attività di progettazione sono calcolati sulla base delle aliquote determinate con decreto ministeriale; a tale scopo la norma prevede che si proceda alla ripartizione della somma delle aliquote fissate dalle tariffe in vigore in tre aliquote percentuali, corrispondenti ai livelli di progettazione. La norma prevede altresì che, con lo stesso decreto, siano determinate le tabelle dei corrispettivi relativi alle diverse categorie di lavori e la percentuale per il pagamento delle attività di supporto, di responsabile di progetto e di coordinatore in materia di sicurezza. In applicazione di tale norma è stato emanato il decreto ministeriale 4 aprile 2001 che peraltro è stato recentemente annullato dal TAR del Lazio con le sentenze n. 6552 e n. 7067 del 2002, sul rilievo che gli organi rappresentativi di alcune professioni non erano stati coinvolti nel procedimento di determinazione dei corrispettivi. L’articolo 17, comma 14 quater della legge n. 109/94 indica poi che i corrispettivi così determinati “ sono minimi inderogabili ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall’articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340” , sancendo altresì la nullità di ogni patto contrario. Essa tuttavia fa espressamente salva la possibilità di deroga ai minimi tariffari entro il limite del 20 per cento di cui al citato articolo 4, comma 12 bis, del decreto legge n. 65/89. Ora l’articolo 7, lettera i), della legge 1° agosto 2002 n. 166, aggiungendo il comma 12 ter all’articolo 17 della legge n. 109/94, ha introdotto un’ulteriore previsione in tema di corrispettivi per le attività connesse alla realizzazione di opere pubbliche, che ricalca lo stesso schema del sopra citato comma 14 del medesimo articolo, introdotto dalla legge n. 415/98. L’articolo 17, comma 12 ter prevede che, con decreto ministeriale, siano determinate le tabelle dei corrispettivi delle attività che possono essere espletate dai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 17, ossia dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti, dagli uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori costituiti con le modalità di cui agli articoli 24, 25 e 26 della legge n. 142/90 (ora artt. 30-32 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), dagli or-


Riccardo Marletta

Le opere pubbliche eseguite dai privati L’articolo 7 della legge 1° agosto 2002 n. 166 ha profondamente innovato la disciplina delle opere pubbliche dettata dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109 (peraltro più volte modificata nel corso degli anni), apportando alla stessa sostanziose, ulteriori modifiche. La lettera “ a” di tale articolo, in particolare, ha completamente sostituito l’articolo 2 della citata legge n. 109/1994 individuando, al quinto ed al sesto comma, due casi in cui la realizzazione di opere pubbliche non è soggetta all’obbligo di rispettare le disposizioni sugli appalti pubblici. Il quinto comma costituisce una risposta alla decisione del 12 luglio 2001, mediante la quale la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha sentenziato che “ la direttiva del consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE (…) osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi” (pari a 5 milioni di Euro). Curiosamente la decisione testé riportata (di cui questa rubrica si è occupata nel numero 11/2001 di “ AL” ) è stata resa nell’ambito di un ricorso in quel momento pendente davanti al T.A.R. Lombardia, ma che pochi mesi dopo è stato dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato con decisione n. 140 dell’11 marzo 2002, di cui al momento in cui si scrive è stato pubblicato solo il dispositivo e non ancora la motivazione. Comunque resta ferma la sentenza della Corte di Giustizia, cui oggi fa seguito la nuova norma statale la quale in pratica fissa due regole: • in via di principio, la disposizione sancisce la supremazia della normativa urbanistica su quella relativa alle opere pubbliche, giacché stabilisce che le disposizioni della legge 109/1994 non si applicano “ agli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all’attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui al quinto comma dell’articolo 28 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, e successive modificazioni, o di quanto agli interventi assimilabili” ; • non potendo peraltro porsi in contrasto con le vigenti disposizioni comunitarie, il quinto comma precisa poi che “ per le singole opere d’importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla citata direttiva 93/37/CEE” .

In pratica, dunque, grazie a questa norma in Italia rimane ferma la regola per cui i privati possono (ed in certi casi debbono) realizzare opere pubbliche di urbanizzazione, a scomputo degli oneri dovuti per le concessioni semplici o in attuazione di convenzioni di lottizzazione; allorquando però il costo di una di tali opere superi di per sé la soglia dei 5 milioni di Euro, i privati sono tenuti a scegliere l’esecutore di essa (e solo di essa) seguendo le procedure di evidenza pubblica stabilite dalla Comunità europea. Il sesto comma dell’articolo in esame, a sua volta, codifica una regola che già l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici aveva enunciato nella determinazione n. 24 del 5 dicembre 2001. Tale regola traeva spunto dall’articolo 43 della legge 27 dicembre 1997 n. 449 (oggi abrogato dall’articolo 6 della legge 31 marzo 2000 n. 78) e dall’articolo 119 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267. L’articolo 43 disponeva che, “ al fine (…) di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione (…) con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile” (primo comma), dopo di che precisava che “ le iniziative di cui al comma 1 devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, dovendo escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti” (secondo comma). L’articolo 119, in applicazione di queste disposizioni, confermava che, “ al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contatti di sponsorizzazione (…) diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi” . Prendendo le mosse da queste norme, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici aveva chiarito che: • accanto alla sponsorizzazione passiva, in cui “ l’ente locale (sponsee) offre ad un terzo (sponsor), che si obbliga a pagare un determinato corrispettivo, la possibilità di pubblicizzare in appositi determinati spazi nome, logo, marchio o prodotti” (e nella quale, pertanto, “ lo sponsor ottiene la pubblicizzazione della propria immagine tramite l’attività stessa della pubblica amministrazione” ), sulle tracce della dottrina civilistica va configurata anche la c.d. “ sponsorizzazione interna” , nella quale lo sponsor finanzia per intero l’intervento e trae da ciò il beneficio pubblicitario perseguito mediante tale iniziativa; • trattandosi di un negozio gratuito, la sponsorizzazione interna “ prescinde dall’applicazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, che presuppone invece l’onerosità dell’accordo negoziale” ; • in particolare, possono formare oggetto di contratti di sponsorizzazione anche “ le attività di progettazione, ed accessorie, nonché l’esecuzione di lavori pubblici” ; • anche nel caso della “ sponsorizzazione interna” , tuttavia, non si può prescindere “ dall’obbligo generale stabilito dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109 e successive modificazioni in base al quale gli esecutori di lavori pubblici debbano essere all’uopo qualificati. Il sesto comma del nuovo articolo 2 della legge n. 109/1994 traduce fedelmente queste enunciazioni, stabilendo che le disposizioni della legge stessa, fatta ovviamente eccezione per l’articolo 8 testé richiamato, non si applicano ai contratti di sponsorizzazione, ovvero ai contratti ad essi assimilabili, aventi ad oggetto i lavori pubblici definiti dal precedente primo comma come “ le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica” . Nel caso individuato da questa norma, pertanto, per valorizzare la loro immagine gli sponsor privati sono liberi di realizzare opere pubbliche da “ regalare” agli enti competenti, e, trattandosi di opere costruite senza l’utilizzo di denaro pubblico, i loro esecutori possono essere scelti comunque (indipendentemente dal costo delle stesse) senza necessità di seguire le procedure comunitarie di evidenza pubblica. W. F.

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ganismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi, da liberi professionisti singoli od associati, dalle società di professionisti, dalle società di ingegneria, dai raggruppamenti temporanei, e da consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria aventi i requisiti indicati dalla stessa norma. Il comma 12 ter dell’articolo 17 prevede che la determinazione dei corrispettivi debba essere effettuata “ tenendo conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate” . Anche in questo caso la norma dispone che i corrispettivi “ sono minimi inderogabili ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall’articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340” e che “ ogni patto contrario è nullo” . In un’epoca in cui l’utilità stessa delle tariffe professionali è posta in discussione, si riscontra dunque la tendenza del legislatore ad estendere il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari, seppure entro determinati limiti e non senza qualche eccezione.


Normative e tecniche a cura di Emilio Pizzi e Tiziana Poli

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M anutenzione programmata in edilizia ed evoluzione del quadro normativo Lo scenario di riferimento Nell’ultimo decennio il tema della manutenzione edilizia programmata ha assunto crescente importanza, coinvolgendo sia ambiti di ricerca e di elaborazione teorica, sia il terreno della prassi gestionale. A testimonianza dell’interesse che questa tematica ha saputo destare sono i numerosi studi prodotti (1) e le graduali, ma significative, modificazioni nei comportamenti degli operatori del settore. Denominatore comune di queste esperienze è il riconoscimento di una mutazione di paradigma in corso nella cultura e nella prassi della manutenzione edilizia, da attività intesa semplicemente come esecuzione di interventi riparativi, isolati ed episodici, ad attività programmatoria svolta, continuativamente nel tempo, a fini preventivi e correttivi, basata su una capacità previsionale e organizzativa e affrontata secondo le logiche del servizio. I motivi di questa trasformazione sono molteplici e complessi, tra questi si potrebbero citare, senza essere esaustivi: • il progressivo invecchiamento del patrimonio edilizio (sottoposto sia a degradamento fisico sia ad obsolescenza funzionale) e la graduale saturazione del territorio costruito. In particolare costituisce un patrimonio con crescenti necessità di intervento la maggior parte dello stock edilizio realizzato negli anni ‘50 e ‘60 e caratterizzato dal ricorso a prodotti e processi di bassa qualità; • l’aumento della componente impiantistica all’interno degli edifici e la conseguente necessità di una più attenta integrazione tra subsistemi e componenti diversi per cicli di vita e per cicli manutentivi; • i molteplici dispositivi di legge che prevedono adeguamenti dell’esistente (antincendio, accessibilità handicappati, sicurezza impianti, ecc.); • lo scenario innovativo che si delinea attraverso la legge quadro in materia di lavori pubblici 109/94 e successive modificazioni; • il trasferimento al settore edilizio di un quadro organico di criteri, metodi e strumenti sviluppati dalla cultura manutentiva industriale; • l’innalzamento degli standard di qualità degli edifici; • la maturazione dei tradizionali enti di gestione dei patrimoni immobiliari, spinta anche da politiche di outsoucing e da una sempre più attenta gestione delle risorse economiche; • il crescente interesse per la “ dimensione finanziaria” degli immobiliare a seguito della comparsa dei fondi di investimento, con il conseguente sviluppo di strategie di valorizzazione dei patrimoni edilizi; • la comparsa di nuove, integrabili, forme di gestione, ossia il facility management, l’asset management e il property management e di relative nuove forme contrattua-

li (si pensi per esempio alla recente diffusione dei contratti di global service) (2). In termini generali si può affermare che sempre più la manutenzione programmata si sta configurando come una strategia per il mantenimento della qualità nel tempo, connotata dall’obiettivo di garantire l’utilizzo di un immobile e delle sue pertinenze, di mantenerne il valore patrimoniale e di preservarne le prestazioni nel ciclo di vita utile, favorendo l’adeguamento tecnico e normativo. Da parte degli operatori del settore (proprietari, enti gestori pubblici e privati, consulenti tecnici, società di servizi, associazioni di categoria, progettisti, ecc.), in mancanza di consuetudini consolidate, emerge la richiesta di riferimenti coerenti e condivisi per agire in modo innovativo e concorrenziale nell’ambito della manutenzione edilizia. L’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) ha saputo bene e prontamente recepire questa esigenza e ha risposto con una serie di iniziative che stanno vedendo la produzione di un quadro articolato e organico di norme volontaristiche e consensuali, attraverso il coinvolgimento di figure accademiche e imprenditoriali da tempo impegnate, a diverso titolo, nelle tematiche manutentive. La Sottocommissione UNI “Manutenzione dei patrimoni immobiliari” Il primo segnale di risposta dell’ambito UNI alle richieste del settore è individuabile sicuramente nella costituzione, su sollecitazione del CNIM (Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione), della Sottocommissione UNI SC3 “ Manutenzione dei patrimoni immobiliari” (3) attivata nel febbraio 1995 all’interno della Commissione Manutenzione. Questa Commissione, operante dal 1989 in campo, in origine, solo industriale, vede accanto alla SC3, la presenza di altre due, antecedenti, Sottocommissioni: la Sottocommissione UNI SC1 “ Principi generali e terminologia” e la Sottocommissione UNI SC2 “ Contrattualistica” . È importante sottolineare che una sottocommissione che, con i suoi gruppi di lavoro, opera su temi edilizi all’interno di una commissione di matrice industriale, è il segno di volontà e strategie di innovazione miranti a: • aprire un terreno di dialogo e confronto tra settori industriali ed edilizi per il tramite della cultura normativa, alla ricerca di sinergie e di ambiti di interesse e di mercato intersettoriali; • facilitare il processo di trasferimento dal settore industriale a quello edilizio di criteri e procedure necessari per operare nell’ambito della gestione degli edifici secondo logiche di qualità e di organizzazione del servizio, pur nel rispetto delle specificità di settore e di mercato; • riconoscere all’ambito edilizio la valenza di settore industriale in grado di esprimere operatori dai comportamenti improntati alla efficacia e alla efficienza. I lavori della SC3 hanno potuto avvalersi di un articolato quadro di norme UNI in materia di manutenzione


Le norme UNI prodotte dalla Sottocommissione UNI SC3 “Manutenzione dei patrimoni immobiliari” La SC3 assume l’obiettivo di fornire agli operatori del settore un quadro di riferimento per guidare i comportamenti, per regolare le relazioni e per agevolare il processo di innovazione organizzativa in atto nell’ambito della gestione dei patrimoni immobiliari. La logica di produzione delle norme si articola su due livelli, tra loro coordinati: 1. la realizzazione di una “ norma-quadro” , la UNI 10604, 1997, “ Manutenzione. Criteri di progettazione, gestione e controllo dei servizi di manutenzione di immobili” , che delinea il quadro di riferimento complessivo, che stabilisce alcuni importanti criteri e che individua alcuni temi centrali e le relazioni che li legano, aprendo, per il loro approfondimento, a norme successive e coordinate; 2. un sistema di “ norme di approfondimento” che, a partire dai temi individuati e nel rispetto dei criteri generali dettati dalla UNI 10604, indicano procedure, strumenti e comportamenti rispetto ad alcuni aspetti fondamentali del processo gestionale: • a. la documentazione di progetto al fine della manutenzione con le norme UNI 10831-1, 1999: Manuten-

zione dei patrimoni immobiliari; Documentazione ed informazioni di base per il servizio di manutenzione da produrre per i progetti dichiarati eseguibili ed eseguiti; Struttura, contenuti e livelli della documentazione e UNI 10831-2, 2001: Manutenzione dei patrimoni immobiliari; Documentazione ed informazioni di base per il servizio di manutenzione da produrre per i progetti dichiarati eseguibili ed eseguiti; Articolazione dei contenuti della documentazione tecnica e unificazione dei tipi di elaborato; • b. la realizzazione di manuali d’uso e di manutenzione per la definizione di standard di servizio (4) per le attività manutentive con la norma UNI 10874, 2000: Manutenzione dei patrimoni immobiliari; Criteri di stesura dei manuali d’uso e di manutenzione; • c. la gestione delle informazioni per la manutenzione con la norma UNI 10951, 2001: Sistemi informativi per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari; Linee guida; • d. l’impostazione e la gestione dei servizi di manutenzione con il progetto di norma in corso di elaborazione “ Global Service per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari” ; • e. le procedure, i metodi e gli strumenti per la pianificazione della manutenzione con il progetto di norma in corso di elaborazione “ Criteri per la stesura dei piani e dei programmi di manutenzione degli edifici” . La norma UNI 10604 La norma UNI 10604, ormai riconosciuta concordemente dagli operatori del settore come una guida di comportamento cognitivo e operativo, fissa in primo luogo alcuni importanti principi: • la manutenzione di un immobile deve garantire l’utilizzo del bene, mantenendone il valore patrimoniale e le prestazioni iniziali entro limiti accettabili per tutta la vita utile e favorendone l’adeguamento tecnico e normativo al-

Norma

Anno

Titolo

UNI 10144 UNI 10144 UNI 10145 UNI 10146 UNI 10146 UNI 10147 UNI 10148 UNI 10148 UNI 10224 UNI 10366 UNI 10388 UNI 10449 UNI 10584 UNI 10604 UNI 10652 UNI 10685 UNI 10749-1 UNI 10749-2 UNI 10749-3 UNI 10749-4 UNI 10749-5 UNI 10749-6 UNI 10831-1

1992 1992/A1: 1995 1992 1992 1992/A1: 1995 1993 1992 1992/A1: 1995 1993 1994 1994 1995 1997 1997 1998 1998 1998 1998 1998 1998 1998 1998 1999

UNI 10874 UNI 10831-2

2000 2001

Classificazione dei servizi di manutenzione Classificazione dei servizi di manutenzione Definizione dei fattori di valutazione delle imprese fornitrici di servizi di manutenzione Criteri per la formulazione di un contratto per la fornitura di servizi finalizzati alla manutenzione Criteri per la formulazione di un contratto per la fornitura di servizi finalizzati alla manutenzione Manutenzione. Terminologia Manutenzione. Gestione di un contratto di manutenzione Manutenzione. Gestione di un contratto di manutenzione Manutenzione. Principi fondamentali della funzione manutenzione Manutenzione. Criteri di progettazione della manutenzione Manutenzione. Indici di manutenzione Manutenzione. Criteri per la formulazione e gestione del permesso di lavoro Manutenzione. Sistema informativo di manutenzione Manutenzione. Criteri di progettazione, gestione e controllo dei servizi di manutenzione di immobili Manutenzione. Valutazione e valorizzazione dello stato dei beni Manutenzione. Criteri per la formulazione di un contratto basato sui risultati (“ global service” ) Manutenzione. Guida per la gestione dei materiali per la manutenzione - Aspetti generali e problematiche organizzative Manutenzione. Guida per la gestione dei materiali per la manutenzione - Criteri di classificazione, codifica, unificazione e supporto Manutenzione. Guida per la gestione dei materiali per la manutenzione - Criteri di selezione dei materiali da gestire Manutenzione. Guida per la gestione dei materiali per la manutenzione - Criteri di gestione operativa Manutenzione. Guida per la gestione dei materiali per la manutenzione - Criteri di acquisizione, controllo e collaudo Manutenzione. Guida per la gestione dei materialiper la manutenzione - Criteri amministrativi Manutenzione dei patrimoni immobiliari - Documentazione ed informazioni di base per il servizio di manutenzione da produrre per i progetti dichiarati eseguibili ed eseguiti - Struttura, contenuti e livelli della documentazione Manutenzione dei patrimoni immobiliari - Criteri di stesura dei manuali d’uso e di manutenzione Manutenzione dei patrimoni immobiliari - Documentazione ed informazioni di base per il servizio di manutenzione da produrre per i progetti dichiarati eseguibili ed eseguiti - Articolazione dei contenuti della documentazione tecnica e unificazione dei tipi di elaborato Sistemi informativi per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari - Linee guida Manutenzione. Linee guida per la preparazione dei contratti di manutenzione

UNI 10951 2001 UNI ENV 13269 2002

Tab. 1 - Quadro della normativa UNI in materia di manutenzione.

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(vedi Tabella 1), che costituiscono una importante piattaforma di riferimento generale per quanto riguarda la terminologia, i criteri, i metodi e gli strumenti della funzione manutentiva. Le norme prodotte dalla SC3 hanno recepito questo ricco apparto di contributi, svolgendo una duplice azione culturale: da una parte la conferma del carattere di trasversalità dei concetti e delle metodologie alla base della cultura manutentiva e la verifica di applicabilità all’ambito edilizio; dall’altra l’arricchimento delle elaborazioni provenienti in larga parte dall’ambito della produzione industriale grazie agli apporti derivanti dalle esigenze, dalle procedure, dai comportamenti tipici della gestione dei patrimoni immobiliari.


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le iniziali o nuove prestazioni tecniche scelte dal gestore o richieste dalla legislazione; • la manutenzione non deve essere intesa semplicemente nella sua dimensione tecnica e operativa di intervento sugli edifici, quanto nella logica sistemica e strategica di un servizio (5) progettato, gestito nel tempo e controllato (6); • il processo manutentivo si basa su un flusso di informazioni che provengono dalla fase progettuale (adeguata documentazione di progetto) e realizzativa (elaborati “ as built” ), dalla lettura della consistenza, delle caratteristiche e delle prestazioni degli immobili (rilievi, ispezioni e monitoraggi), dalle informazioni provenienti dagli interventi manutentivi (informazioni di ritorno). La crescita di informazioni comporta crescita di conoscenza sui comportamenti di materiali e sistemi, sulle modalità di intervento, sui costi e, di conseguenza, progressivo miglioramento delle capacità programmatorie del gestore; • lo sviluppo di politiche di manutenzione programmata deve avvenire secondo criteri di gradualità di attuazione. La programmazione delle attività manutentive e la razionalizzazione delle risorse sono cioè obiettivi da raggiungere gradualmente nel tempo – compatibilmente con la struttura e le risorse degli operatori – attraverso un processo di progressiva acquisizione delle informazioni che incrementa le capacità organizzative e predittive dei comportamenti nel tempo degli elementi tecnici. A partire da questi principi la norma UNI 10604 introduce, nella sua articolazione, quattro temi principali: • L’informazione per la manutenzione La norma individua caratteristiche, livelli di approfondimento, modalità di raccolta e utilizzo delle informazioni per la conoscenza del patrimonio immobiliare (anagrafi di censimento e anagrafi tecniche); definisce il ruolo dei servizi diagnostici e il tipo di informazione che da questi deve provenire, al fine di conoscere, rispetto a standard di qualità prefissati, lo stato prestazionale degli immobili; afferma ruolo e contenuti delle informazioni di ritorno dai controlli e dagli interventi manutentivi; fissa requisiti generali, obiettivi e logiche di funzionamento dei sistemi informativi per la manutenzione; • Le strategie immobiliari e di manutenzione La norma suggerisce l’opportunità di operare in sistema di qualità aziendale e afferma con chiarezza quali debbano essere i livelli strategici necessari alla progettazione del servizio – ossia strategia immobiliare (7), politica di manutenzione (8), strategia di manutenzione (9) – e quale sia il loro ruolo nel processo di pianificazione; • Il piano di manutenzione La norma attribuisce al piano di manutenzione un ruolo fondamentale nell’impostazione, nello sviluppo e nel controllo di un servizio di manutenzione: “ il piano di manutenzione è il principale strumento di gestione delle attività manutentive; esso programma nel tempo gli interventi, individua e alloca le risorse necessarie in attuazione delle strategie predeterminate dalla proprietà” (Norma UNI 10604, p. 6). La norma si pone l’obiettivo di delineare le logiche, le procedure, i metodi e strumenti della pianificazione della manutenzione e a tal fine propone uno schema, descrittivo del sistema di azioni e retroazioni che costituiscono la procedura di piano, nelle sue fasi di istruttoria, di predisposizione e di attuazione; • L’attuazione operativa delle strategie di manutenzione e il controllo tecnico-economico del servizio La norma infine fissa criteri di comportamento per due attività di supporto fondamentali per l’attuazione e il controllo del servizio di manutenzione. In primo luogo delinea obiettivi e modalità di organizzazione delle risorse economiche e umane e dei materiali al fine di rendere efficiente sul pia-

no tecnico ed economico la conduzione delle attività di manutenzione. In secondo luogo fissa i criteri di base attraverso i quali operare il controllo tecnico, economico e prestazionale degli interventi di manutenzione. Cinzia Talamo ricercatore presso il Dip. BEST (Building & Enviroment Science & Technology), Politecnico di Milano

Note 1. Per un quadro della produzione bibliografica italiana ed estera sul tema della manutenzione programmata, delle sue procedure e dei suoi strumenti si veda: C. Talamo, Itinerari tematici e bibliografici per la manutenzione, in S. Curcio (a cura di), Manutenzione dei patrimoni immobiliari, Maggioli, Rimini, 1999, pp. 243-72. 2. Global service: “Pluralità di servizi sostitutivi delle normali attività di manutenzione con piena responsabilità sui risultati da parte dell’assuntore” (Norma UNI 10144). 3. Sulle attività della Sottocommissione SC3 UNI “Manutenzione dei patrimoni immobiliari” si vedano i numerosi scritti del suo presidente, prof. Claudio Molinari, riportati nei Riferimenti bibliografici. 4. Standard di servizio: “identificano, per ciascuna opera di manutenzione, riferita a sua volta alle diverse categorie di elementi della costruzione, la frequenza e le modalità (tempi, ecc.) per la sua esecuzione” (Molinari, 1994, p. 328). 5. Servizio: “Un insieme di funzioni offerte ad un utilizzatore da un’organizzazione” (Norma UNI 9910). Servizio di manutenzione: “insieme organizzato delle funzioni necessarie alla manutenzione di un bene immobile (UNI 10874). Servizio di manutenzione: “l’insieme delle attività dirette, complementari ed ausiliarie di manutenzione, sviluppate in forma autonoma e responsabilizzata da parte dell’appaltatore. Da questo e dall’assunzione congiunta di responsabilità ed impegni da parte del committente e dall’appaltatore per la definizione dei contenuti e degli obiettivi, si prospetta l’opportunità di convergenza di sinergie, e quindi creazione di valore aggiunto” (Ferrari, 1994, p. 222). 6. “Si tratta di passare dalla manutenzione intesa come insieme di attività che producono opere alla manutenzione intesa come funzione di servizio prodotta da una struttura organizzativa che ha come compito principale quello di conoscere, di prevedere, di programmare, di prevenire, di controllare” (Molinari, 1999, p. 6). 7. Per ogni immobile devono essere esplicitate le specifiche di prestazione e di servizio applicabili. La strategia immobiliare detta gli obiettivi guida per la definizione degli standard di qualità e delle priorità di intervento in relazione al mantenimento del valore patrimoniale dell’immobile. 8. La politica di manutenzione, a partire dagli obiettivi assunti, stabilisce, anche con il supporto della diagnostica, l’insieme delle strategie di manutenzione e le priorità di intervento da applicare al piano. 9. Le strategie di manutenzione si riferiscono al ”quadro nel quale vengono prese le decisioni riguardanti la manutenzione“ (Norma UNI 10147) e si possono tradurre in: manutenzione a guasto e di emergenza; manutenzione preventiva predittiva; manutenzione preventiva secondo condizione; manutenzione di opportunità. All’interno del piano di manutenzione convivono più strategie di manutenzione, in relazione al tipo di elemento, agli obiettivi del servizio, alle risorse a disposizione e alle conoscenze in possesso sui comportamenti nel tempo di materiali e componenti. Riferimenti bibliografici G. Ferrari, La gestione della manutenzione, F. Angeli, Milano, 1994. C. Molinari, La manutenzione edilizia, in AA.VV., Manuale di progettazione edilizia. Fondamenti, strumenti, norme, vol. III, Hoepli, Milano, 1994, pp. 297-366. C. Molinari, Programmazione della manutenzione: criteri generali e piani di manutenzione, in “Unificazione & Certificazione”, n. 7, luglio 1996. C. Molinari, Il nuovo quadro di riferimento tecnico-normativo, in S. Curcio (a cura di), Manutenzione dei patrimoni immobiliari, Maggioli, Rimini, 1999, pp.1-26. C. Molinari, Le attività della Sottocommissione Manutenzione di patrimoni immobiliari della Commissione Manutenzione, in “Unificazione & Certificazione”, n. 1, gennaio 2000. C. Molinari, Norma UNI 10685 e manutenzione di patrimoni immobiliari: un difficile trasferimento, in “Unificazione & Certificazione”, n. 10, nov./dic. 2000. C. Molinari, Vent’anni dopo, in “Modulo”, n. 67, dicembre 2000. C. Talamo, La manutenzione in edilizia. Le coordinate di una nuova professione, Maggioli, Rimini, 1998.


Organizzazione professionale a cura di Ilario Boniello

L’articolo qui pubblicato e quelli che seguiranno nelle prossime edizioni hanno l’obiettivo di descrivere un processo di progettazione conforme con i regolamenti inerenti le opere pubbliche e improntato su un modello aderente all’insieme di norme denominate “ Vision: 2000” per la gestione di un sistema di qualità (cfr. “ AL” n. 3, marzo 2002, Qualità: istruzioni per l’uso. I sistemi di gestione per la qualità negli studi di progettazione). Ciò che ne scaturisce può essere considerato uno schema di programma per la gestione dell’attività di progettazione all’interno di ambito di lavoro professionale. Tale schema, tuttavia, poiché tende a generalizzare le questioni, non pretende di essere esaustivo e non pretende neppure di essere l’unico possibile. Lo scopo che si prefigge è unicamente quello di proporre una organizzazione plausibile per la gestione di un processo di progettazione che si basa su alcuni presupposti assegnati e di seguito elencati: • 1. Ogni attività di progettazione richiede un processo di sintesi tra l’insieme delle istanze di trasformazione dello stato di fatto, le informazioni in entrata, la disponibilità di risorse, i regolamenti cogenti, le possibilità tecniche, le funzioni da allocare; • 2. La progettazione è informata a princìpi di minimizzazione dell’impegno di risorse materiali non rinnovabili, di massimo riutilizzo delle risorse naturali impegnate dall’intervento, di massima manutenibilità, durabilità dei materiali e dei componenti, sostituibilità degli elementi, compatibilità dei materiali e agevole controllabilità delle prestazioni dell’intervento nel tempo; • 3. La progettazione è strutturata come attività volta alla realizzazione di un intervento di qualità e tecnicamente valido, nel rispetto del miglior rapporto fra i benefici e i costi globali di costruzione, manutenzione e gestione; • 4. La responsabilità del progetto è personale; tutti gli elaborati devono essere sottoscritti dal progettista o dai progettisti responsabili degli stessi nonché dal progettista responsabile dell’integrazione fra le varie prestazioni specialistiche. Chiariti i fini e individuati i presupposti, occorre aggiungere una precisazione: la suddivisione del processo di progettazione mutuato dalla Merloni, secondo la quale il progetto è definito e redatto secondo tre progressivi livelli di definizione (preliminare, definitivo ed esecutivo) determina una ripartizione fittizia, poiché i tre livelli si sviluppano senza soluzione di continuità. Tuttavia l’individuazione delle tre fasi è utile nella strutturazione del processo, oltre che necessaria nella prassi, a condizione che i tre livelli costituiscano una suddivisione di contenuti interagenti.

Il documento preliminare Il progetto preliminare stabilisce i profili e le caratteristiche più significative degli elaborati dei successivi livelli di progettazione, in funzione delle dimensioni economiche, della tipologia e della categoria dell’intervento. I progetti, con le necessarie differenziazioni, in relazione alla loro specificità e dimensione, devono essere redatti nel rispetto degli standard dimensionali e di costo e in modo da assicurare il massimo rispetto e la piena compatibilità con le caratteristiche del contesto territoriale e ambientale in cui si colloca l’intervento, sia nella fase di costruzione che in sede di gestione. Di conseguenza devono essere redatti considerando il contesto in cui l’intervento si inserisce in modo da non pregiudicare l’accessibilità, l’utilizzo e la manutenzione delle opere, degli impianti e dei servizi esistenti. Inoltre devono salvaguardare, nella fase di costruzione e in quella di esercizio, gli utenti e la popolazione delle zone interessate dai fattori di rischio per la sicurezza e la salute degli operai. Poiché, come si è detto il progetto scaturisce da una esigenza di trasformazione, il primo passo del processo dovrà essere quello di “ fotografare” la situazione di partenza e di “ registrare” gli obiettivi e le strategie della trasformazione. Si tratta di mettere “ nero su bianco” le informazioni che forniscono la piattaforma di avvio al processo di progettazione e di riscontro per la verifica degli stati di avanzamento. Quando queste informazioni sono espresse in modo generico e ambiguo determinano l’insoddisfazione del committente rispetto alle soluzioni proposte dal progettista. In realtà sarebbe indispensabile compilare un “ documento preliminare” contenente tutte le informazioni che possono essere utili a tracciare ambito di pertinenza del progetto. Il documento preliminare, con approfondimenti tecnici e amministrativi graduati in rapporto all’entità, alla tipologia e categoria dell’intervento da realizzare, dovrà riportare l’indicazione: • della situazione iniziale, degli obiettivi generali da perseguire, delle strategie per raggiungerli e delle esigenze e bisogni da soddisfare; • delle regole e norme tecniche da rispettare, dei vincoli di legge relativi al contesto in cui l’intervento è previsto, delle funzioni che dovrà svolgere l’intervento, dei requisiti tecnici che dovrà rispettare; • degli impatti dell’opera sulle componenti ambientali, del sistema di realizzazione da impiegare; • delle fasi di progettazione da sviluppare, dei livelli di progettazione e degli elaborati grafici e descrittivi da redigere e della loro sequenza logica nonché dei relativi tempi di svolgimento; • dei limiti finanziari da rispettare e della stima dei costi e delle fonti di finanziamento.

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Progettazione Preliminare


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Il progetto preliminare Una volta stabilita la base di partenza si potrà avviare la progettazione. Naturalmente la soluzione progettuale ottimale avrà un percorso più o meno sofferto e passerà attraverso varie formalizzazioni euristiche, tentativi, verifiche e riesami volti al confronto con gli input definiti nel documento preliminare, fino a che non si giungerà ad una verifica terminale che darà soddisfazione a tutti i punti espressi e che perciò potrà essere validata e approvata. La fase preliminare della progettazione potrà essere approvata al completamento dei seguenti elaborati: • relazione illustrativa e tecnica; • studio di prefattibilità ambientale; • planimetria generale e schemi grafici; • calcolo sommario della spesa. La relazione illustrativa, secondo la tipologia, la categoria e la entità dell’intervento, deve innanzitutto contenere la descrizione dell’intervento da realizzare e l’illustrazione delle ragioni della soluzione prescelta sotto il profilo localizzativo e funzionale, nonché delle problematiche connesse alla prefattibilità ambientale, alle eventuali preesistenze archeologiche e alla situazione complessiva della zona, in relazione alle caratteristiche e alle finalità dell’intervento, anche con riferimento ad altre possibili soluzioni. Inoltre dovrà esporre la fattibilità dell’intervento, documentata attraverso lo studio di prefattibilità ambientale, dell’esito delle indagini geologiche, geotecniche, idrologiche, idrauliche e sismiche di prima approssimazione delle aree interessate e dell’esito degli accertamenti in ordine agli eventuali vincoli di natura storica, artistica, archeologica, paesaggistica o di qualsiasi altra natura interferenti sulle aree o sugli immobili interessati, compreso l’accertamento in ordine alla disponibilità delle aree o immobili da utilizzare, alle relative modalità di acquisizione, ai prevedibili oneri e alla situazione dei pubblici servizi. Inoltre dovrà fornire gli indirizzi per la redazione del progetto definitivo, anche in relazione alle esigenze di gestione e manutenzione, il cronoprogramma delle fasi attuative con l’indicazione dei tempi massimi di svolgimento delle varie attività di progettazione, approvazione, affidamento, esecuzione e collaudo, le indicazioni necessarie per garantire l’accessibilità, l’utilizzo e la manutenzione delle opere, degli impianti e dei servizi esistenti. Sarà necessario dare chiara e precisa nozione di quelle circostanze che non possono risultare dai disegni e che hanno influenza sulla scelta e sulla riuscita del progetto. Nel caso di opere puntuali, la relazione illustra il profilo architettonico e riferisce in merito agli aspetti funzionali e interrelazionali dei diversi elementi del progetto e, inoltre, raccoglie i calcoli sommari giustificativi della spesa. La relazione tecnica, invece, deve riportare lo sviluppo degli studi tecnici di prima approssimazione connessi alla tipologia e categoria dell’intervento da realizzare, con l’indicazione di massima dei requisiti e delle prestazioni che devono essere riscontrate nell’intervento. Lo studio di prefattibilità ambientale in relazione allo scopo di ricercare le condizioni che consentano un miglioramento della qualità ambientale e paesaggistica del contesto territoriale deve prevedere la verifica, anche in relazione all’acquisizione dei necessari pareri amministrativi, di compatibilità dell’intervento con le prescrizioni di eventuali piani paesaggistici, territoriali ed urbanistici sia a carattere generale che settoriale e lo studio sui prevedibili effetti della realizzazione dell’intervento e del suo esercizio sulle componenti ambien-

tali e sulla salute dei cittadini. Inoltre deve contenere l’illustrazione, in funzione della minimizzazione dell’impatto ambientale, delle ragioni della scelta del sito e della soluzione progettuale prescelta nonché delle possibili alternative localizzative e tipologiche con la determinazione delle misure di compensazione ambientale e degli eventuali interventi di ripristino, riqualificazione e miglioramento ambientale e paesaggistico, compresa la stima dei relativi costi da inserire nei piani finanziari dei lavori. Infine deve dare indicazione delle norme di tutela ambientale che si applicano all’intervento e degli eventuali limiti posti dalla normativa di settore per l’esercizio di impianti, nonché l’indicazione dei criteri tecnici che si intendono adottare per assicurarne il rispetto. Nel caso di interventi ricadenti sotto la procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), lo studio di prefattibilità ambientale, deve contiene le informazioni necessarie allo svolgimento della fase di selezione preliminare dei contenuti dello studio di impatto ambientale. Nel caso di interventi per i quali si rende necessaria la procedura di selezione prevista dalle direttive comunitarie lo studio di prefattibilità ambientale consente di verificare che questi non possano causare impatto ambientale significativo ovvero dovrà consentire di identificare misure prescrittive tali da mitigare tali impatti. Gli schemi grafici, con le necessarie differenziazioni in relazione alla dimensione, alla categoria e alla tipologia dell’intervento sono costituiti: per opere e lavori puntuali: • dallo stralcio dello strumento di pianificazione paesaggistico territoriale e del piano urbanistico generale o attuativo, sul quale sono indicate la localizzazione dell’intervento da realizzare e le eventuali altre localizzazioni esaminate; • dalle planimetrie con le indicazioni delle curve di livello in scala non inferiore a 1:2.000, sulle quali sono riportati separatamente le opere ed i lavori da realizzare e le altre eventuali ipotesi progettuali esaminate; • dagli schemi grafici e sezioni schematiche nel numero, nell’articolazione e nelle scale necessarie a permettere l’individuazione di massima di tutte le caratteristiche spaziali, tipologiche, funzionali e tecnologiche delle opere e dei lavori da realizzare, integrati da tabelle relative ai parametri da rispettare; per opere e lavori a livello urbanistico-territoriale: • dalla corografia generale contenente l’indicazione dell’andamento planimetrico delle opere e dei lavori da realizzare e gli eventuali altri andamenti esaminati con riferimento all’orografia dell’area, al sistema di trasporti e degli altri servizi esistenti, al reticolo idrografico, all’ubicazione dei servizi esistenti in scala non inferiore a 1:25.000 (se sono necessarie più corografie, va redatto anche un quadro d’insieme in scala non inferiore a 1:100.000); • dallo stralcio dello strumento di pianificazione paesaggistico territoriale e del piano urbanistico generale o attuativo sul quale è indicato il tracciato delle opere e dei lavori da realizzare e gli eventuali altri tracciati esaminati. Se sono necessari più stralci, deve essere redatto anche un quadro d’insieme in scala non inferiore a 1:25.000; • dalle planimetrie con le indicazioni delle curve di livello, in scala non inferiore a 1:5.000, sulle quali sono riportati separatamente il tracciato delle opere e dei lavori da realizzare e gli eventuali altri tracciati esamina-


zione dei relativi pesi normalizzati necessari per l’applicazione della metodologia di determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Responsabilità e risorse Il Progettista (o il responsabile del coordinamento dei progetti specialistici) provvede a creare le condizioni affinché il processo di progettazione risulti condotto in modo unitario e in conformità ad ogni disposizione di Legge pertinente. A tal fine, direttamente o tramite un team di supporto cura la redazione del documento preliminare all’avvio della progettazione (nel caso che il Committente non vi abbia provveduto in modo esaustivo o non l’abbia fatto per niente), con allegato ogni atto necessario alla redazione del progetto e promuove e sovrintende agli accertamenti e alle indagini preliminari idonei a consentire la verifica della fattibilità tecnico-economica. Egli verifica la conformità ambientale, paesistica, territoriale e urbanistica e coordina le attività necessarie al fine della redazione del progetto preliminare, verificando che, nel rispetto del contenuto del documento preliminare alla progettazione, siano indicati gli indirizzi che devono essere seguiti nei successivi livelli di progettazione e i diversi gradi di approfondimento delle verifiche, delle rilevazioni e degli elaborati richiesti. Naturalmente deve partecipare ai riesami e alla verifica degli stati di avanzamento effettuando, prima della validazione del progetto, le necessarie verifiche circa la rispondenza dei contenuti del documento alla normativa vigente, alle indicazioni del documento preliminare. Il Progettista ha l’onere di validare e approvare gli elaborati finali del progetto preliminare e la responsabilità di lasciare evidenza di tutti i riesami svolti, di tutte le verifiche effettuate e di tutte le approvazioni rilasciate. Gabriele Nizzi

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ti. Se sono necessarie più planimetrie, deve essere redatto un quadro d’insieme in scala non inferiore a 1:10.000; • dai profili longitudinali e trasversali altimetrici delle opere e dei lavori da realizzare in scala non inferiore a 1:5.000/500, sezioni tipo idriche, stradali e simili in scala non inferiore ad 1:100 nonché uguali profili per le eventuali altre ipotesi progettuali esaminate; • dalle indicazioni di massima, in scala adeguata, di tutti i manufatti speciali che l’intervento richiede; • dalle tabelle contenenti tutte le quantità caratteristiche delle opere e dei lavori da realizzare. Sia per le opere e i lavori puntuali che per le opere e i lavori a livello urbanistico-territoriale, il progetto preliminare specifica gli elaborati e le relative scale da adottare in sede di progetto definitivo ed esecutivo. Le planimetrie e gli schemi grafici riportano le indicazioni preliminari relative al soddisfacimento delle esigenze evidenziate nel documento preliminare. Il calcolo sommario della spesa è effettuato, per quanto concerne le opere o i lavori, applicando alle quantità caratteristiche degli stessi, i corrispondenti costi unitari dei bollettini della Camera di Commercio della città di pertinenza o desunti da interventi similari realizzati, ovvero redigendo un computo metrico-estimativo di massima con prezzi unitari ricavati dai prezziari o dai listini ufficiali vigenti nell’area interessata. Il capitolato speciale prestazionale del progetto preliminare contiene l’indicazione delle necessità funzionali e dei requisiti e specifiche prestazioni che dovranno essere riscontrati nell’intervento in modo che questo sia rispondente alle esigenze del Committente e degli utilizzatori, nel rispetto delle rispettive risorse finanziarie, la specificazione delle opere generali e delle eventuali opere specializzate comprese nell’intervento con i relativi importi e una tabella degli elementi e sub-elementi in cui l’intervento è suddivisibile, con l’indica-


Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

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Leggi G.U. n. 189 del 13.8.02 – Serie Generale Legge 31 luglio 2002, n. 179 Disposizioni in materia ambientale La seguente legge oltre a rivedere le autorizzazioni di spesa incrementandole e gli organici di controllo tratta delle misure di prevenzione inerenti alle emissioni inquinanti e alle norme in materia di inquinamento acustico. In particolare definisce interventi di riorganizzazione e di bonifica in taluni parchi e siti. Detta inoltre norme relative ad ambienti marini, a fasce costiere, a siti minerari abbandonati, allo smaltimento dei rifiuti sanitari. Per consentire la verifica e il monitoraggio delle aree a elevato rischio idrogeologico viene effettuato fra gli enti interessati un accordo per la realizzazione di un piano di telerilevamento ad alta precisione. La legge stabilisce inoltre alcune norme in ambito amministrativo istituendo anche dei fondi per le imprese interessate da emergenze ambientali. G.U. n. 193 del 19.8.2002 – Serie Generale Testo del decreto legge 20 giugno 2002, n. 122, coordinato con la legge di conversione 1°agosto 2002, n. 185 recante: “Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione” Il decreto tratta della sospensione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione per gli immobili ad uso abitativo di cui all’art 1, comma, 1 del decreto legge del 27 dicembre 2001, n. 450, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2002 n. 14 prorogandola al 30 giugno 2003. Su ricorso del locatore, notificato al conduttore, qualora sussistano i requisiti richiesti per la sospensione dell’esecuzione, il giudice dispone in base al decreto legge del 23 gennaio 1982 n. 9, convertito con modificazioni dalle legge 25 marzo 1982, n. 94 la prosecuzione dell’esecuzione con provvedimento da emanarsi nel termine di otto giorni dalla data di presentazione del ricorso Avversi il decreto è ammessa opposizione al tribunale. G.U. n199 del 26.8.2002 – Suppl. ordinario n. 174 Decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale Il decreto regola la progettazione, l’approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale e l’approvazione, in base all’art. 13 dei progetti degli insediamenti produttivi strategici e delle infrastrutture strategiche private di interesse nazionale, di cui alla legge del 21 dicembre 2001 n. 443. Pertanto in tale programma, il governo, in concerto con le regioni e le province autonome individua le opere di interesse nazionale. Le regioni o le province autonome partecipano alle attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio, secondo la normativa regionale vigente. Le procedure di aggiudicazione delle infrastrutture sono regolate dal presente decreto legislativo, che inoltre esclude le competenze dei comuni, delle città metropolitane, delle province e delle regioni, in materia di progettazione che non siano previste dallo stesso decreto. I fondi sono individuati dalle risorse finanziarie che la legge finanziaria destina alle attività di progettazione, istruttoria, e realizzazione delle infrastrutture inserite nel programma. B.U.R.L. 1° Suppl. Straord. al n. 30 del 26 luglio 2002 Legge Regionale 22 luglio 2002 – n. 14 Modifiche alla legge regionale 10 giugno 1996, n. 13 “Norme per il riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica ed istituzione delle Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale (ALER)” La legge modifica l’art. 8 della legge regionale del 10 giugno 1996, n. 13. Sono presi in esame i consigli di amministrazione rivedendone le norme per il numero, la designazione e le nomine dei componenti.

B.U.R.L. 2° Suppl. Straord. al n. 29 del 18 luglio 2002 D.g.r. 21 giugno 2002 – n. 7/9507 Rettifica della deliberazione n. 7/2869 del 22 dicembre 2000 di approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco regionale Adda Nord, relativamente alla perimetrazione del Parco nel territorio del comune di Cisano Bergamasco. La giunta regionale delibera di rettificare la deliberazione n. 7/2869 del 22 dicembre 2000 limitatamente al perimetro del Parco escludendone talune aree citate dal presente decreto. B.U.R.L. 2° Suppl. Straord. al n. 31 del 1° agosto 2002 D.d.g. 16 luglio 2002 – n. 13505 Direzione Generale Opere Pubbliche, Politiche per la Casa e Protezione Civile – Attuazione degli interventi di edilizie residenziale pubblica finanziati nell’ambito dei Programmi di Recupero Urbano (P.R.U.) di cui alla d.g.r. 6/47140 del 17 dicembre 1999. Modalità operative. Il direttore generale dispone che l’attuazione degli interventi finanziati nell’ambito dei Programmi di Recupero Urbani (P.R.U.) avverrà secondo i criteri allegati al presente decreto. B.U.R.L. 1° Suppl. Straordinario al n. 38 del 17 settembre 2002 Bando per la concessione di contributi in conto capitale finalizzati ad interventi di rivitalizzazione commerciale e riqualificazione urbana. La Regione Lombardia, in attuazione alla legge regionale del 21 marzo 2000 n. 13, “ Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese commerciali” istituisce un bando per la concessione di contributi in conto capitale nel rispetto della disciplina comunitaria per la realizzazione di interventi innovativi per la rivitalizzazione socioeconomica sostenibile negli ambiti territoriali dei centri storici e delle periferie urbane, ove hanno sede operativa piccole e medie imprese commerciali, artigianali e di servizi. Tali contributi inoltre sono devoluti alla valorizzazione dei luoghi dei servizi e delle presenze commerciali in quanto attività in grado di qualificare l’ambiente urbano, ed alla promozione di azioni di marketing urbano e/o commerciale atti alla realizzazione di nuovi servizi. I soggetti beneficiari sono i Comuni, le associazioni di impresa regionali lombarde, le piccole e medie imprese commerciali che abbiano i requisiti richiesti. C. O.


Professione Vietati ai docenti universitari i progetti dei lavori pubblici. L’Autorità di vigilanza interviene sulle convenzioni con gli atenei (da “ Il Sole 24 Ore “ del 11.7.2002) L’attività di docente universitario è incompatibile con l’attività professionale di progettazione e di direzione dei lavori, mentre la docenza “ parziale” consente di svolgere legittimamente la libera professione. È quanto affermato, con la deliberazione 179/2002, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici che - sempre in materia di progettazione di appalti - ha anche approvato un’altra delibera, la 181/2002, con cui si accertano i confini della copertura assicurativa della polizza di responsabilità professionale del progettista esecutivo. Al tecnico niente compenso se non c’è l’accettazione scritta dell’incarico. Anche quando l’ente ammette l’esistenza del debito (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 12-17 agosto 2002, n. 32/33) Per vedersi riconosciuto l’onorario il professionista non deve dimenticare di inviare all’ente l’accettazione scritta dell’incarico con l’indicazione del compenso da percepire. In mancanza di questo documento il contratto può essere ritenuto nullo ed egli può perdere le proprie spettanze. Diritti d’autorità, si cambia. Copie libere se l’uso è personale. Responsabilità penale per chi viola password e sistemi di protezione. Balzello sui cd (da “ Italia Oggi” del 28.8.2002) È in dirittura di arrivo il decreto legislativo che, attuando la legge comunitaria per il 2001, interviene a tutto campo sulla vecchia legge 633/1941. Tra le principali novità del provvedimento, che deve andare al vaglio del Consiglio dei ministri, la responsabilità penale per chi viola password o sistemi di protezione delle opere e possibilità di effettuare copie gratuitamente se l’uso è personale. Perizie giudiziarie, crescono le tariffe (da “ Edilizia e Territorio” del 12-31 agosto 2002) Finalmente in “ Gazzetta” l’aggiornamento degli onorari da corrispondere a ingegneri, architetti, geometri e periti che collaborano con i tribunali. Il decreto del Ministero della Giustizia del 30 maggio 2002, apparso su “ Gazetta Ufficiale” n. 182 del 5 agosto scorso, rimodula i compensi in percentuale e gli onorari variabili in materia civile e penale, fermi dal ’97. Normativa tecnica Immobili, standard per i requisiti. Tra i contenuti anche le indicazioni per la redazione dei capitolati e delle redazioni tecniche (da “ Edilizia e Territorio” del 23 luglio-3 agosto 2002) Scomporre l’organismo edilizio in modo da rendere la progettazione efficace dal punto di vista della gestione e della manutenzione del bene immobile. È questo l’obiettivo dei quattro standard Uni. Se si vogliono monitorare nel tempo le prestazioni di un edificio è necessario individuare gli “ oggetti o elementi unitari” che compongono un edificio per poterne “ misurare” le prestazioni. Una volta definiti questi elementi, vanno stabiliti i requisiti che deve possedere tutto l’insieme e i “ carichi” o gli “ agenti” di usura che deve o può sostenere. Super-Dia “fai da te” per le Regioni che vogliono darsi norme autonome. La legge obiettivo valida soltanto in assenza di disposizioni locali diverse (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 5-10 agosto 2002, n. 31) L’articolo 13, comma 8, del Collegato modifica i commi della legge obiettivo (legge 443/2001) riguardanti la super-Dia. Mentre nella prima stesura si ammetteva che le Regioni soltanto con legge potessero ridurre l’elenco degli interventi soggetti a super-Dia, ora si ammette che si possa ridurre o ampliare l’ambito applicativo delle disposizioni” e si fanno esplicitamente salve le leggi regionali approvate prima dell’entrata in vigore della 443 (Toscana e Lombardia). Lavori pubblici Tutte le novità della legge omnibus. Il provvedimento interviene anche sull’urbanistica e sull’edilizia privata (da “ Edilizia e Territorio” del 29 luglio-3 agosto 2002) Non c’è soltanto la riscrittura della legge Merloni nel collegato infrastrutture approvato in definitiva il 17 luglio dalla Camera. Nei suoi 47 articoli si trovano disposizioni di vario genere, molte delle quali destinate ad avere un forte impatto per il settore dei lavori pubblici e più in generale per l’edilizia. Si va da alcune novità in materia urbanistica alle disposizioni che dovrebbero semplificare l’accesso ai fondi della legge 211/1992 per i trasporti di massa; dall’ampliamento delle possibilità edificatorie nelle fasce di rispetto intorno ai cimiteri; alla caduta del monopolio di Autostrade per i crash test sulle barriere stradali. Legge Lunardi, piena vittoria delle Regioni. Per i tracciati intesa obbligatoria tra le varianti automatiche: a decidere sarà l’ente appaltante (da “ Edilizia e Territorio” del 29 luglio-3 agosto 2002) Le Regioni ottengono l’” intesa” sulla definizione del programma di opere strategiche. Mentre il Collegato Infrastrutturale modifica la legge obiettivo andando in-

contro alle richieste delle Regioni anche il decreto legislativo di attuazione della legge Lunardi cambia volto per tener conto delle proposte formulate dal Senato e dalle autonomie territoriali. A cambiare sono soprattutto le disposizioni sulle varianti progettuali la cui gestione e l’eventuale limitazione sono delegate alle stazioni appaltanti. Regioni in ordine sparso su appalti e territorio. Merloni fai-da-te per Friuli, Sicilia e Sardegna, autonomie ordinarie pronte a seguirle - Oscar 2002 alla Calabria per l’urbanistica (da “ Edilizia e Territorio” del 2-7 settembre 2002) L’Italia delle regole sul territorio comincia a frammentarsi. Forti delle nuove competenze ricevute dalla riforma federalista del titolo V della Costituzione le Regioni hanno infatti iniziato ad avventurarsi nei nuovi spazi legislativi acquisiti grazie alla legge 3 del 18 ottobre 2001 trasformando il volto normativo del Paese. Le novità toccheranno il settore dei lavori pubblici, l’edilizia privata, governo del territorio, tutela dell’ambiente. Sulle tariffe il Tar arriva per primo. Decreto annullato senza la norma “salvaonorari”. Il ministero della Giustizia rassicura: ”Aumenti ancora validi” - ma geologi e Anci non ci stanno (da “ Edilizia e Territorio” del 23 luglio–3 agosto 2002) Sulle tariffe per la progettazione il Tar Lazio prova a bruciare sul tempo il Collegato, ma ingegneri, architetti e ministero della Giustizia difendono con le unghie e con i denti la barriera eretta con la nuova legge. La sentenza del tribunale amministrativo romano ha annullato il Dm 4 aprile 2001 con gli aggiornamenti tariffari per le attività di progettazione. La presa di posizione dei giudici (sentenza n. 6552, i sezione, depositata il 23 luglio) ha sollevato una bagarre: il decreto - vi si legge - è illegittimo perché affetto da un vizio di fondo: si applica a tutte le attività della progettazione e dunque anche alle professioni che avevano fatto ricorso (geologi, periti industriali, dottori agronomi e forestali) ma non è stato preparato in collaborazione con queste categorie. Edilizia ANCI risponde. Testo Unico sull’edilizia, l’applicazione è rinviata (da “ Il Sole 24 Ore” del 15.7.2002) Il decreto legge 20 giugno 2002 n. 122 (pubblicato sulla G.U. n. 144 del 21 giugno) proroga al prossimo 1 gennaio l’entrata in vigore dei Dpr 380/2001, Testo unico delle disposizioni in materia di edilizia, e 327/2001, Testo unico delle disposizioni in materia di espropriazioni. È la seconda proroga per ambedue i testi al fine di armonizzarli con le recenti modifiche che riguardano: per il Testo unico sull’edilizia, le disposizioni contenute nella legge 443/2000, in particolare per i titoli abilitativi; alcune scelte legislative compiute da alcune Regioni e l’entrata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione. Urbanistica Lombardia, debutta il “Piano servizi”. Lo standard non è più a metri quadri (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti - Dossier 2002, “ Speciale Regioni” n. 34) La Regione Lombardia, con Delibera di Giunta del 21 dicembre 2001, n. 7/7586, ha reso noti i “ Criteri orientativi per la Redazione del Piano dei Servizi ex. 7, comma 3, della legge regionale 15 gennaio 2001” . Il documento, che è stato pubblicato sul “ Bollettino Ufficiale” della Regione Lombardia del 14 gennaio 2002, n. 3, è composto da tre parti: nella prima vengono introdotte le novità sostanziali della legge 15 gennaio 2001 e viene spiegata l’evoluzione del concetto di standard urbanistico; nella seconda si descrivono gli elementi generali e gli obiettivi del Piano dei Servizi; nella terza sono tracciati degli indirizzi per la pianificazione comunale dei servizi. Riabilitazione urbana, scatola vuota che amplia la lista dei piani speciali. I contenuti del nuovo strumento saranno definiti con decreto ministeriale (da “ Edilizia e Territorio” del 5-10 agosto 2002, n. 31) L’articolo 27 del collegato Infrastrutture introduce un nuovo programma speciale, “ di riabilitazione urbana” , che entra a far parte della grande famiglia dei programmi urbanistici speciali. Le iniziative dovranno essere promosse dagli Enti locali e poi inviate al Ministero per la selezione e l’eventuale assegnazione di finanziamenti statali. La legge, tuttavia, non stanzia per ora fondi, e le indicazioni sulla natura dello strumento sono molto vaghe, salvo un riferimento alla demolizione e ricostruzione. Tutti i dettagli saranno fissati con un decreto del ministero delle Infrastrutture. Recupero Recupero, sgravi 36% a pieno ritmo nel 2002. Ma a giugno le domande precipitano (-35%) (da “ Edilizia e Territorio” del 23 luglio-3 agosto 2002) Nonostante la battuta d’arresto di giugno, la corsa agli sgravi Irpef per ristrutturare le case continua. Lo scorso mese le domande di incentivi per il recupero delle abitazioni (in tutto 16.331) sono risultate in calo del 35,6% rispetto a giugno 2001. La frenata non pesa più di tanto sul ritmo di crescita dei piccoli cantieri agevolati dal Fisco che, secondo i dati forniti dall’agenzia delle Entrate, nei primi sei mesi del 2002 sono stati 158.053, con un aumento del 12,4% rispetto al periodo gennaio-giugno 2001. M. O.

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Professione e Aggiornamento

Pubblicistica


Dagli Ordini

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Informazione

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Bergamo Le Città Parallele. Hypercities Palazzi coperti da immagini pubblicitarie. Schermi di dimensioni ciclopiche che attraversano il cielo per promuovere la creazione di nuovi prodotti e l’avvento di nuove possibilità. Ologrammi e immagini virtuali che ti avvicinano per strada e sembrano conoscere i tuoi gusti e le tue passioni. Luci al neon che fanno da guida nel labirinto cittadino e nascondono il grigio di case e palazzi. Immagini che fanno da sfondo a molti libri e molti film di un tipo di fantascienza un po’ sporco e cattivo entrato ormai nella nostra memoria collettiva grazie ad alcuni romanzi di P. K. Dick e alle loro riduzioni cinematografiche (basti pensare al Blade Runner di R. Scott); immagini a tal punto forti da porci il dubbio sulla natura dei nostri futuri paesaggi metropolitani. Tuttavia, nonostante sia impossibile scrutare oltre la cortina del domani per scoprire se questi saranno realmente gli sfondi animati della città del futuro, osservando le città odierne si può notare come alcuni segni di quest’ipotetico avvenire siano già visibili. Passeggiando per le vie di un qualsiasi centro cittadino è, infatti, oggi possibile notare la grande abbondanza di stimoli sensoriali: in modo particolare gli stimoli visivi paiono essere i più pronti a catturare la nostra attenzione e a indirizzare le nostre percezioni–decisioni (non a caso la civiltà contemporanea occidentale è stata spesso definita società dell’immagine).

Esistono, specialmente nelle metropoli, degli spazi in cui le immagini caratterizzano a tal punto un luogo da arrivare a smantellare gli stessi limiti fisici dell’ambiente incorporandosi nell’immaginario comune. Ad esempio come diventerebbe Piccadilly Circus epurata dalle réclame che rivestono i palazzi della piazza? Non sarebbe f orse deluso chi, avendola vista in cartolina, la trovasse spogliata dei suoi celeberrimi colori? La piazza, pur rimanendo fisicamente tale e quale, perderebbe di certo la propria identità spaziale. Come nota S. Boeri, fenomeni di democratizzazione interessano sempre di più il nostro territorio ed in particolare l’ambiente metropolitano: il risultato è il proliferare nella città di una molteplicità di luoghi sempre uguali, periferici per definizione, dove gli spazi privati sono personalizzati tramite impercettibili ma sostanziali variazioni mentre gli spazi pubblici, quasi esclusivamente di comunicazione, si stemperano in indefinite anonimità. Quello che ci si presenta diluito sul territorio pare confermare un altro tipo di fantascienza, un po’ meno creativa ma non certo meno destabilizzante: la periferia ipertecnologica, iperecologica, ipersicura dei romanzi di J. G. Ballard in cui perfette SuperCannes e asettiche periferie di Dusseldorf spremono i desideri di iperproduttivi e stacanovisti manager sull’orlo di una crisi di identità (fortunatamente nella realtà fenomeni di riterritorizzalizzazione e riappropriazione fanno presagire varianti meno psicotiche ed asettiche). Tuttavia, nonostante la periferizzazione delle città, pare che i centri urbani e le altre densificazioni

del tessuto sociale-abitativo mantengano stretti contatti con la cultura visionaria dell’immagine e con il predominio immaginativo della pubblicità. Nel cuore delle vecchie città ci si presenta un tessuto misto in cui si incontrano anonimato ed immagine delineando quelli che sono stati definiti i Nonluoghi. I Nonluoghi, secondo la definizione di M. Augè, sono gli spazi dell’impersonalità; spazi ogni giorno più numerosi e frequentati da individui simili e soli. I Nonluoghi sono le infrastrutture per il trasporto rapido (stazioni, aeroporti,…); i supermercati e le catene alberghiere; le grandi piazze e in genere tutti i luoghi di aggregazione e di passaggio. È quasi naturale che gli elementi visivi trovino nei Nonluoghi, privi di forte caratterizzazione sociale e di riferimento, il terreno ideale per svilupparsi e sovrasvilupparsi senza intralci di sorta: come in un’intricata giungla, i messaggi pubblicitari tendono a sovrapporsi l’uno all’altro in continua lotta per aggiudicarsi l’attenzione del pubblico, arrivando così fino al punto di colmare ogni spazio disponibile. Gli individui che ogni giorno attraversano questi ambienti, in essi si annullano, poiché il Nonluogo è per definizione (dello stesso Augè) non identitario, non relazionale e astorico; tuttavia proprio la presenza di una selva d’immagini può creare un nuovo sistema di riferimento per le persone, quasi una nuova topografia. Il tal cartellone, la tale insegna, il tal negozio diventano i punti cardinali attraverso i quali orientarsi nel marasma del vivere quotidiano. E così Piazza Garibaldi a Padova diventa piazza Ricordi (dal nome della catena di negozi di

Ordine di M antova tel. 0376 328087

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Piccadilly Circus, Londra.

Edgeware Street, Tyneside.

Stazione Ferroviaria, Londra.

Aeroporto municipal, Brasilia.

Ordine di Sondrio tel. 0342 514864

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Alberto Cristini Lorenzo Belletti Alessandro Martinelli

Bibliografia minima: Marc Augè, Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Elèuthera. George Simmel, La metropoli e la vita dello spirito, Armando ed. S. Boeri, Sezioni del paesaggio italiano, Art&. AA. VV, Mutations, Arc en Reve. Luigi Manzione, a-topics u-topics, la periferia e/è la città, da http://www.architettura.it

M ilano Deliberazioni della 113a seduta di Consiglio del 9.9.2002 Domande di prima iscrizione presentate nei mesi di giugno e luglio 2002 (n. 86, di cui 49 architetti unicamente l.p. e 37 architetti che svolgono altra professione): 13237, Agostani, Manuela, 28.6.1970, Milano; 13208, Bardella, Matteo, 15.5.1970, Milano; 13205, Bardone, Elena, 20.8.1971, Trento; 13249, Barison, Ivano, 26.9.1972, Seregno; 13256, Bassanini, Carlo Giuseppe, 17.4.1970, Milano; 13265, Benzoni, Emilia Maria, 6.4.1973, Vizzolo Predabissi; 13212, Bianchetti, Valentina, 18.5.1972, Milano; 13242, Bissacco, Amelia, 18.8.1973, Desio; 13259, Bocola, Mafalda, 16.4.1969, Sesto San Giovanni; 13261, Bottigella, Emanuele, 1.3.1974, Biella; 13201, Brofferio, Anna, 20.9.1972, S. Giovanni Rotondo; 13224, Bugatti, Giulio, 23.8.1973, Clusone; 13267, Buraggi, Domingo Gianluigi, 2.8.1966, Seregno; 13231, Cacciatore, Massimiliano, 23.1.1966, Milano; 13220, Campo, Elena Stefania, 27.7.1963, M ilano; 13223, Carriero, Isa, 18.12.1975, Ceglie Messapica; 13211, Colacicco, Marta, 2.5.1973, Milano; 13240, Colombo, Barbara, 30.6.1973, Legnano; 13215, Conti, Francesca, 5.5.1974, Torino; 13202, Cordara, Simone, 7.11.1972, Milano; 13236, De Maddalena, Elisabetta, 18.1.1966, Bollate; 13217, Di Corato, Luca, 27.10.1974, Milano; 13199, Dimit ri, Bernardino, 23.5.1973, Manduria; 13207, Dinelli, Elisabetta, 16.12.1971, Lucca; 13229, Epis, Ivano, 31.10.1970, Milano; 13257, Erba, Romano Angelo Maria, 7.8.1937, Milano; 13214, Esposit o, Sabrina, 21.3.1973, Rho; 13219, Folzini, Davide, 28.2.1972, Cremona; 13238, Gabrielli, Tomaso, 26.9.1967, Cles; 13206, Galli, Fabio, 28.8.1969, Giussano; 13232, Giani, Mara, 10.7.1973, Vimercate; 13198, Giardina, Davide Pierpaolo, 23.11.1972, Seregno; 13270, Goldmann, Isabella, 12.1.1957, L’ Aja; 13243, Gorla, Glenda, 16.4.1973, Milano; 13266, Grassi, St ef ania, 24.6.1973, Rho; 13254, Intropido, Tania, 21.1.1965, Milano; 13255, Ladjeri, Viola Salima, 19.1.1975, Milano; 13260, Larcher, Claudio Vittorio Prisco, 12.8.1971, Milano; 13190, Leoni, Alessandro Davide, 9.6.1972, Milano; 13269, Magni, Chiara, 8.3.1975, Monza; 13222, Malacrida, Marzia Miriam, 9.7.1973, Monza; 13186, Manna, Andrea, 21.8.1959, Roma; 13192, Mari, Renato Maria Guido, 14.12.1970, Milano; 13239, Martignone, Roberto, 22.2.1971, Genova; 13252, Marzioni, Andrea, 11.11.1972, Milano; 13262, Mascaretti, Filippo Francesco, 23.6.1969, Milano; 13230, M ilani, Laura, 22.8.1973, Milano; 13191, Munerati, Alberto Mario, 13.8.1970,

Milano; 13200, Nizzola, Carlo Maria, 30.10.1965, Milano; 13218, Notarianni, Sonia, 21.1.1971, Milano; 13196, Paganini, Emiliano, 31.7.1973, Busto Arsizio; 13264, Perego, Rita, 10.12.1973, Seregno; 13268, Poddi, Giampaolo, 16.6.1967, Mesagne; 13234, Pozzi, Rossana, 3.1.1966, Gorgonzola; 13263, Praolini, Andrea, 8.1.1972, M ariano Comense; 13248, Praolini, Maria, 24.3.1973, Mariano Comense; 13228, Prestini, Carolina Anna, 16.4.1969, M ilano; 13221, Pullega, Silvia M aria Rit a, 28.5.1964, Broni; 13187, Ravasio, Ant onio, 21.10.1974, Vaprio D’ Adda; 13245, Rigoldi, Marco, 16.9.1972, Milano; 13204, Ripamonti, Paolo, 31.1.1967, Milano; 13226, Ritrovato, Maria, 11.3.1976, Sesto San Giovanni; 13233, Riva, Milena, 11.2.1973, Monza; 13241, Rossi, Mara Francesca, 19.4.1970, Lovere; 13195, Sala, Giampaolo, 17.12.1965, Lissone; 13271, Salfi, Loredana, 17.9.1969, Bernalda; 13203, Sassone, Flavio, 24.4.1967, Rho; 13246, Scandurra, Alessandro, 30.10.1968, M ilano; 13258, Scarcella, Domenico Emilio Carmelo, 11.12.1949, Milano; 13250, Scatigna, Gianfranco, 11.10.1972, Milano; 13247, Sita, Marco Giovanni, 4.1.1964, Milano; 13253, Soluri, Paola, 29.3.1968, Catanzaro; 13209, Stefanoni, Fabiana, 3.10.1975, Desio; 13244, Tagliabue, Gianni Angelo, 10.12.1972, Seregno; 13188, Tagliabue, Massimo, 11.10.1974, Melzo; 13197, Tagliabue, Stefania, 11.2.1973, Seregno; 13194, Tripodi, Antonino, 18.12.1962, Motta S. Giovanni; 13227, Turetti, Maria Elena, 1.2.1971, Breno; 13251, Valsecchi, Fiorella, 31.7.1973, Mariano Comense; 13216, Valsecchi, Jole Maria Vittoria, 14.12.1973, Milano; 13213, Veronese, Gianluca, 4.8.1973, M ilano; 13210, Viganò, Alessandro Maria, 8.11.1975, Carate Brianza; 13189, Villa, Tiziano, 15.8.1972, Desio; 13193, Visconti, Gianluca Emilio, 21.2.1968, Milano; 13235, Viviani, M auro, 12.3.1969, Milano; 13225, Zarbo, Andrea Giuseppe, 15.11.1972, Milano. Reiscrizione all’Albo: Giovanni Abiuso. Iscrizioni per trasferimento da altro Albo: David Dydek da Brescia; Giovanna Ippolita Masciadri da Pavia; Maria Giulia Montalbano da Palermo; Tommaso Piccioli da Rimini, Maria Rosaria Volpe da Napoli. Cancellazione su richiesta: Rossana Gatto. Cancellazioni per trasferimento ad altro Albo: Francesco Bertazzi a Varese (18.7.02); Maria Luisa Fiorentini a Cremona (11.7.02); Domenico Int rocaso a Pavia (10.7.02). Rilascio di n. 2 nulla osta per trasferimento ad altro Albo: Francesco Gulinello a Cesena-Forlì; Francesca Petroli a Lecco.

Designazioni • Il 14 maggio scorso il Consiglio dell’Ordine di Milano ha provveduto alla designazione del’architetto Alessandro Annoni quale “ terzo arbitro” per la controversia tra la STECOM S.r.l. e il Condominio di Via Ponte Vetero n. 23 a Milano. • Lo stesso 14 maggio si è provveduto alla designazione della terna di professionisti, tra i quali l’Impresa EDIL MAGENTA di Desio ha potuto scegliere il professionista per il collaudo statico dei lavori di “ Demolizione di edifici esistenti e realizzazione di una palazzina residenziale di due piani fuori terra” di cui alla Pratica Edilizia n. 44/2002 – Prot . 2110 del 22/02/2002. La terna è composta dagli architetti Elena Bosciano, Fabio Massimo De Castiglioni e Roberto Vittorio Pozzi. • Il 15 maggio è stata comunicata all’ISAD, Istituto Superiore di Architettura e Design e alla Regione Lombardia, Direzione Generale Formazione Istituzione e Lavoro, la nomina dell’architetto Susanne Wettstein quale esperto per prove di accertamento finale nei corsi per Assistente Interior Designer QPD. (4° Ciclo) e Interior Designer SPD (2° Ciclo). • Il 28 maggio è stata comunicata all’Accademia Arti Applicate di via Martignoni a Milano e alla Regione Lombardia, Direzione Generale Formazione e Lavoro, la nomina dell’architetto Federica Monetti quale esperto per prove di accertamento finale dei corsi di formazione professionale. • Il 29 maggio si è provveduto alla designazione della terna di professionisti, tra i quali l’Impresa Edilizia Toscano di Mariano Comense ha potuto scegliere il collaudatore delle opere in cemento armato relative alla realizzazione di un fabbricato ad uso abitazione (n. 5 casette a schiera) da edificarsi nel Comune di Seregno. La rosa è composta dagli architetti Michele D’Errico, Rosario Enrico Giuardanella e Giuseppe Tropea. • In relazione alla richiesta dall’IDI, Interior Design Institute di Milano, e alla seguente richiesta della Regione Lombardia, l’Ordine di Milano ha comunicato in data 11 giugno la nomina degli esperti per prove di accertamento finale dei corsi di formazione professionale, sono stati designati i professionisti Gualtiero Colombo e Umberto Pelosi, che hanno dato la propria disponibilità ad essere componenti la Commissione esaminatrice costituita presso l’Istituto. • Il 19 giugno sono stati comunicati al Preside della Facoltà di Architettura Campus Leonardo i nominativi dei rappresentanti dell’Ordine nelle sedici Commissioni per la sessione degli esami di Laurea in Architettura nei giorni 15-16 Luglio 2002. I professionisti designati sono risultati: Franco Galavotti nella 1° Commissione, Chiara Maria Freyrie nella 2°,

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musica), allo stesso modo i ragazzi a Milano si ritrovano in piazza S. Babila sotto la pubblicità della Levi’s, Mc Donald’s diviene il luogo più semplice per darsi appuntamento in una città straniera nella quale altrimenti mancheremmo di punti di riferimento. Potremmo addirittura arrivare a dire che tali riferimenti servono a surrogare le certezze perse uscendo dalla nostra sfera personale (casa, famiglia,…) ed entrando nel frenetico e impersonale mondo dei Nonluoghi. Portando poi alle estreme conseguenze il nostro ragionamento arriveremmo a concludere che i vari stimoli visivi, pur diversificandosi tra loro per attrarre il pubblico, finiscono per standardizzarsi e cristallizzarsi all’interno di categorie proprio per generare certezze negli individui. Perciò vediamo che le grandi multinazionali dei servizi tendono a riprodurre le strutture dei loro punti vendita sparsi ai quattro angoli del globo e così strade di città come Tokio, Seul o di altre grandi metropoli (anche africane e sudamericane) risultano indistinguibili dalle vie di città europee o americane. Dunque è proponibile il concetto di una Ipercittà nel quale le città reali, strutturalmente diverse tra loro, si possono ricongiungere in un unico modello virtuale capace di superare le diversità culturali e di tradizione nello stesso modo in cui un ipertesto ritrova caratteristiche similari in un altro ipertesto. Inoltre se, citando R. Koolhaas, “ a city is a plane of tarmac with some red hot spot of intensity” (cioè: la città è come un piano di catrame ruvido ed opaco dove alcuni punti caldi di intensità emergono rivelandone il vitalismo) allora è addirittura possibile proporre il concetto di Ipercittà, sintomo evidente di intensità, come indice di metropolitaneità, di densificazione e congestione non solo fisica.


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Luigi Caregnato nella 3°, Alfonso Crott nella 4°, Marco Vistarini nella 5°, Sandro Pinna nella 6°, Enrico Chiappetti nella 7°, Giovanna Perego nella 8°, Claudio Madesani nella 9°, Renato Gerbino nella 10°, Davide Mariconti nella 11°, Massimiliano M. Molinari nella 12°, Ilva Zimmaro nella 13°, Gianluigi Reggio nella 14°, Erminio D’Orsi nella 15° e Tiziana Maria De Paoli nella 14° Commissione. Il 27 giugno, in seguito alla richiesta da parte del Politecnico della designazione di un sostituto è stato comunicato il nominativo di Gennaro Spinosa per la 12° Commissione, il 12 luglio il nominativo di Caterina Varano per la 5° Commissione. • Il 19 giugno sono stati comunicati al Preside della Facoltà di Architettura del Campus Leonardo i nominativi dei professionisti Marco A. Coppi e Paolo Rapetti quali rappresentanti dell’Ordine nelle due Commissioni relative agli Esami di Laurea in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale (PTUA), ed al Preside della Facoltà di Architettura Civile di Milano/Bovisa sono stati comunicati i nominativi dei rappresentanti dell’Ordine nelle quattro Commissioni per la sessioni degli esami di Laurea in Architettura nei giorni 15-16 Luglio. I professionisti designati sono stati: Manuela Mandelli nella 1° Commissione, Francesco Pasquale Paravati nella 2°, Flavio Lazzati nella 3° Commissione ed Egidio Porta nella 4° Commissione. • Il 26 giugno sono stati comunicati al Responsabile del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Canegrate i nominativi dei professionisti, tra i quali l’Amministrazione potrà scegliere per il rinnovo della Commissione Edilizia. Sono stati designati Gabriele Munari ed Eugenio Vendramet per la Commissione edilizia; Giovanni Alberello, Pietro Lenna, Domenico Incorvaia, Alessandro Marcheselli, Giorgio Riccadonna, Antonio Rossin quali Esperti in questioni di tutela ambientale e Giordano Boffi, Ugo Ferrari, Pierpaolo Danelli, Alberto Grimaldi, Claudio Lopasso quali Esperti in materia di abbattimento delle barriere architettoniche. • Il 28 giugno sono state comunicate al Direttore del Settore e Demografici e Sviluppo Economico del Comune di Cesano Boscone la nomina della terna di professionisti tra i quali l’Amministrazione potrà scegliere il rappresentante in seno alla Commissione di gara. La terna è composta dai professionisti Gianni Braghieri, Donato D’Urbino e Luca Scacchetti. • Il 9 luglio, su richiesta della società ICOGEN s.r.l., il consiglio dell’Ordine ha designato il professionista Laura Di Giulio quale “ arbitro” per una controversia riguardante uno stabile in via Lattuada a Milano. Lo stesso 9 luglio, su richiesta della STECOM

S.r.l., il Consiglio dell’Ordine ha nominato, quale “ terzo arbitro” per una controversia riguardante un Condominio in Via Ponte Vetero a Milano l’arch. Letizia Visone in sostituzione dell’arch. Alessandro Annoni. • Il 10 luglio l’Ordine di Milano ha comunicato i nominativi dei suoi rappresentanti per la sessione degli esami di Laurea in Disegno Industriale del 15 e 16 Luglio. Per le 7 commissioni sono stati designati i professionisti Francesco Vittorio Castiglioni, Claudio Salocchi, Laura Valeria Naj, Gabriele Buratti, Gianfranco Ceschia, Silvano Beneggi e Mara Carlotta Beretta. Per la prima Subcommissione del 15 luglio è stato inoltre nominato il professionista Nicola Bersani. Convenzione È stata istituita una convenzione fra l’Ordine degli Architetti di Milano e l’Orchestra Sinfonica di Milano “ Giuseppe Verdi” diretta da Riccardo Chailly, per la stagione sinfonica 2002-2003. • Abbonamento a 30 concerti: giovedì ore 20.30, venerdì ore 20.30, domenica ore 16.00 Settore A, € 465,00 (anziché € 546,00) Settore B, € 390,00 (anziché € 465,00) Settore C, € 315,00 (anziché € 345,00) • Abbonamento a 15 concerti: giovedì ore 20.30, venerdì ore 20.30, domenica ore 16.00 (Serie Verde oppure Serie Blu) Settore A, € 285,00 (anziché € 300,00) Settore B, € 252,00 (anziché € 285,00) Settore C, € 210,00 (anziché € 220,50). • Gli abbonamenti possono essere sottoscritti presso: Auditorium di Milano Largo Gustav Mahler tutti i giorni, ore 10.00-19.00 tel. 02 83389.201/2/3. APT-Azienda Promozione Turistica via Marconi (angolo P.za Duomo) lun/ven. ore 10.00-13.00 e 14.0018.00 sab/dom. ore 10.00-13.00 e 14.0017.00 tel. 02 72004268. Banca Cesare Ponti Piazza Duomo (ang. via Mengoni) lun/ven. ore 9.30-13.30 e 14.4516.15 tel. 02 72277478. Per usufruire delle condizioni particolari è necessario mostrare la tessera di dell’Ordine degli architetti della provincia di Milano. Il programma della Stagione Sinfonica 2002-03 è consultabile sul sito: www.orchestrasinfonica.milano.it

Lettere redazione.al@flashnet.it

Ancora sulla sicurezza Mi riferisco ad una parte dell’articolo dei colleghi E. Pizzi e T. Poli, apparso sui numeri 7/8 di luglio/agosto, denominato: “ Sicurezza nei cantieri: teoria e pratica“ . Provengo da una discreta esperienza professionale, maturata nel meridione d’ It alia, prima, e in nord-Africa, dopo. Lavoro per un’impresa di costruzioni e m’interesso di sicurezza oltre che di conduzione cantieri. Quando iniziai (oltre 20 anni fa), nonostante la normativa in vigore, “ sicurezza“ era solo un vocabolo “ nemmeno” alla portata di tutti. Evocava divise, furti e, per qualcuno, solidità economica. Nei cantieri, si funambolava su andatoie traballanti, sospese nel vuoto e “ guai“ (mascolinamente parlando) a dimostrare di avere paura. Per quanto riguarda l’esperienza nord-africana, lascio ai colleghi immaginare cosa fossero i cantieri. Da quegli anni si sono fatti passi in avanti, anche se i dati INAIL, sugli infortuni in edilizia, consigliano di tenere alta la guardia. Ben vengano le disposizioni della 626/94 e della 494/96, che hanno introdotto una serie di innovazioni, considerate “ i cavalli di battaglia” della sicurezza. Molte volte, però, un legge sbagliata o giusta che sia, diventa un pretesto per fare arricchire una categoria o per raccogliere un po’ di voti. Al proposito, ricordo il clima creato dalla 47/85, meglio conosciuta come “ condono edilizio” . Appena uscito il Dlgs 626/94 e man mano che si avvicinava la scadenza del 1995, si diffuse il panico nel mondo produt t ivo. Molti professionisti ne hanno approfittato redigendo “ vocabolarieschi” documenti, cui, spesso, non è seguita né alcuna opera né un’adeguata conoscenza del problema, da parte dei cosiddetti “ datori di lavoro” . Una categoria, quest a, che cont inua (soprattutto nel piccolo) ad essere molto disinformata, nonostante gli sforzi delle associazioni di categorie e dei comitati paritetici.

Se la sicurezza è, spesso, vista come un inutile rompicapo, è anche perché, alcuni colleghi, burocratizzano eccessivamente, il contenuto delle visite nei cantieri, vedendo nell’impresa un “ manipolo di furbi e figli di …” . È anche perché ci si preoccupa di “ salvarsi il … prima di tutto” . Sto dalla parte dell’impresa da parecchi anni, dopo aver ricevuto incarichi di progettazione e direzione lavori oltre che di tecnico comunale part-time e posso testimoniare che l’atteggiamento, verso i problemi della sicurezza, di questi operatori non è affatto negativo. La verità è che, per ottenere una buona sicurezza, bisognerebbe, “ fare sicurezza” nel vero senso della parola (mi scuso per la ripetizione). Anticipare, per esempio, il P.O.S., significa dare prescrizioni specifiche ed aderenti alle reali fasi di lavorazione, non indicare tutto lo scibile Sulla questione, poi, dei costi della sicurezza, ci sarebbe tanto da dire. In particolare sulle “ cosiddette” opere compiute, i cui prezzi contengono al loro interno gli oneri di sicurezza, che, pertanto, non vanno sommati al costo dell’ opera ma solo est rapolat i ed identificati quali oneri non sottoposti a ribasso d’asta. Prendiamo, ad esempio, i dispositivi di protezione individuale: un vero tormentone, per come viene gestita l’intera sicurezza, per datori di lavoro e per lavoratori. Quante volte dobbiamo ripetere agli operai che vanno indossati? Quanti ne troviamo (guanti, occhiali, mascherine, ecc.) abbandonati, girando per il cantiere? Un vero sterminio, consentitemelo! Altro che riutilizzo in piu’ cantieri! Perché l’operaio non li paga, direbbe qualcuno! Quanti DPI, onestamente, sono “ ergonomici“ ? Quanto, effettivamente, si fa per “ Formare ed informare“ come vuole la legge? Una frase di W. Allen dice: ” ciò che conta è quanto avete imparat o dopo averne preso conoscenza” . Ma quanti lavoratori, datori di lavoro, ripeto, hanno preso conoscenza del problema? Michele Arcuri Erba, 2 settembre 2002


Lavori in corso: la Fallingwater di Frank Lloyd Wright

“ Nel 1992 l’Istituto americano di architetti nominò la Casa sulla Cascata, costruita da Frank Lloyd Wright nel 1936, il migliore edificio mai progettato da un americano. Adesso gli architetti della nazione possono tirare un sospiro di sollievo perché il 19 marzo la costruzione sarà di nuovo aperta al pubblico dopo una piccola riprogettazione. Sembra bizzarro ma, a quanto pare, la costruzione è stata salvata dal collasso solo perché uno studente di ingegneria aveva notato che il nome, oltre ad essere evocativo era, dal punto di vista strutturale, anche profetico (stava proprio cascando). La Casa sulla Cascata è una costruzione magnifica che attira circa 130.000 visitatori ogni anno. Con una progettazione d’avanguardia, essa presenta diverse drammatiche terrazze che sporgono come enormi trampolini sopra una cascata d’acqua. Da lungo tempo le terrazze evidenziavano crepe e cedimenti ma si supponeva ch’essi fossero dovuti alla natura sperimentale delle straordinarie strutture a sbalzo e non a qualcosa di fondamentalmente sbagliato. All’epoca Wright era mortificato nell’essere venuto a conoscenza che, con il benestare del committente, l’impresa di costruzione aveva aumentato di nascosto il numero di barre di acciaio rinforzante, più di quanto aveva chiesto lo stesso Wright. Fino ad epoca recente si credeva che i cedimenti fossero dovuti a questo acciaio in più. Con ogni probabilità, sono stati proprio questi rinforzi a salvare la casa dal collasso, già da anni. Nel 1995, un giovane studente di ingegneria dall’Università di Virginia, J.P. Huguley, contattò l’amministrazione della Casa per informarla che, secondo i suoi calcoli, la casa era malsicura. In seguito la

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società d’ingegneria Silman di New York ha corroborato questi dati. I supporti strutturali della Casa continuavano a piegarsi, ed il cemento si muoveva da 60 anni - almeno 40 anni in più dell’accettabile. Nel 1995 le zone più sensibili della Casa furono chiuse ai visitatori, in attesa di opere di puntellatura temporanea. Nell’Aprile 1999, dopo un dibattito pubblico, un comitato di architetti e storici approvarono un nuovo, più permanente, progetto. Nel novembre scorso la società Silman cominciò a installare cavi di sostegno sotto il pavimento di beole nel soggiorno e sotto le terrazze adiacenti. Tale lavoro strutturale risultò costare circa un terzo del totale importo di $11.500.000. Il resto sarà speso per nuove fognature e la ricostruzione del giardino. Porzioni della casa rimarranno visibilmente in uno stato di cedimento ma saranno stabilizzate. Riportarle a livelli troppo alti avrebbe causato crepe molto più gravi. Ma Wright è meno geniale per tutto questo? Gli avversari dell’architettura moderna diranno che Sir Christopher Wren e Filippo Brunelleschi facevano palazzi che duravano ben più di 60 anni. Ciò nonostante, l’ingegnere Silman, fra altri, difende il suo connazionale. Dal soggiorno della Casa sulla Cascata, lui insiste che Wright era un “ visionario d’avanguardia e pertanto c’era d’aspettarsi qualche problema” . L’articolo termina con questa considerazione di Silman. È interessante la fotografia riportata in fondo all’articolo dove si notano l’insieme dei puntelli di sostegno e gli altri adeguati mezzi, posti in opera per rinforzare le strutture a sbalzo dell’edificio. Concludo ricordando ancora una volta ciò che nel 1986 Paul Goldberger, critico di architettura per il New York Times, scrisse: “ Questa è una Casa che rappresenta la somma di concetti architettonici

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Non sono a conoscenza dello stato attuale del consolidamento delle terrazze della Fallingwater. Quando la visitai nell’anno 1995 non avevo notato né cedimenti strutturali, né opere di protezione intorno all’edificio. E soltanto recentemente ho appreso e sommariamente delle opere in corso di esecuzione così come erano riportate da giornali esteri. Poiché si tratta di un avvenimento culturale d’interesse internazionale ho fatto tradurre dal “ The Economist” del 16 Marzo 2002 un articolo scritto a Mill Run Pennsylvania, dal titolo “ Frank Lloyd Wrong” . Era chiaro il sottointeso gioco di parole: Frank Lloyd Wright (right) = giusto Frank Lloyd Wrong = sbagliato Il sottotitolo recitava: “ Un capolavoro dal nome appropriato si riapre” . Ma ecco la traduzione dell’articolo.

La casa sulla Cascata. In alto: fotografia riportata in “ The Economist” del 16 marzo 2002. del ventesimo secolo e che poi ha proiettato il secolo ancora più avanti. Dentro questo straordinario edificio, Frank Lloyd Wright ha ricapitolato i temi che lo avevano impegnato da quando aveva iniziato la carriera 50 anni prima, ma senza riprodurli letteralmente. Infatti egli aveva gettato la sua rete a coprire una zona molto più vasta, integrando il modernismo europeo ed il proprio amore per la natura e per l’audacia strutturale, unendo l’insieme in una totalità risolta in modo brillante. Fallingwater è la più grande proiezione di Wright nello spazio orizzontale, è il suo più potente pezzo di dramma strutturale, è la sua più sublime integrazione fra uomo e natura“ . Dopo le espressioni di un critico di

architettura che di Wright aveva compreso tutto non c’è da fare che una sola considerazione. Non è lecito scrivere di piccola riprogettazione ma è fondamentale che l’intervento strutturale in corso di esecuzione non alteri e non modif ichi in alcun modo l’aspetto architettonico dell’opera. Certamente tecnici qualificati esistono così come esistono macchine e materiali straordinari, per compiere operazioni di rinforzo strutturale del genere, ripeto, senza alterare o modificare in alcun modo l’aspetto architettonico di un’opera di rara bellezza. Enrico Bertè Milano, 5 settembre 2002


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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro

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Beni culturali Morimondo, i frati lasciano l’abbazia. Il decano dei parroci: “Si rischia il degrado, chiederemo aiuto al nuovo arcivescovo di Milano” (dal “ Corriere della Sera” del 10.9.02) I frati se ne vanno da Morimondo e con loro tramonta un’epoca per la celebre abbazia cistercense, dal cui sagrato si domina la valle del Ticino. Il timore adesso è che un solo sacerdote, che sostituirà i frati nella conduzione dell’abbazia, non riesca a reggere il peso delle numerose attività e che così il monastero perda molte delle sue potenzialità. I frati hanno organizzato rassegne di concerti, mostre, visite guidate, rievocazioni storiche, corsi di cultura medievale, l’allestimento di una biblioteca specialistica e infine anche il “ Centro di etica ambientale” per lo studio e il confronto della concezione della tutela del territorio nelle culture e nelle religioni di tutto il mondo. Allarme per il degrado. Crolla la cascina Monluè. Il Comune: nessuno vuole ristrutturarla, le priorità sono altre. Mancano fondi, deserti gli ultimi bandi. I Ds: scelte sbagliate (dal “ Corriere della Sera” del 15.9.02) Edificata nel 1100, protetta dai beni architettonici, dimenticata dal Comune. Cascina Monluè è oggi un rudere di 760 metri quadrati, semidiroccato, senza tetto e senza speranze: dietro all’abbazia c’è il disastro. Un disastro di cui gli amministratori avevano cominciato a discutere a metà degli anni 90 e che si è trascinato di giunta in giunta fino al crollo della copertura avvenuto nel dicembre ’99. Quello di cascina Monluè non è un caso isolato. Al punto che da tempo l’assessore al Demanio, Giancarlo Pagliarini, ha deciso di affrontare il problema delle cascine e, come primo passo, ha deciso di ricostruirne storia, condizioni e prospettive. Stop alle Spa per i beni culturali. Il Consiglio di Stato boccia il regolamento ministeriale per l’istituzione di società pubblico-private per gestire l’arte (da “ Il Sole 24 0re” del 19.9.02) Per il momento la cultura dovrà fare a meno delle Spa miste, pubblico-pri-

vato, concepite per gestire i luoghi d’arte. Il Consiglio di Stato ha stoppato il progetto. La sezione consultiva per gli atti normativi ha, infatti bocciato il decreto predisposto dal ministero dei Beni culturali. Il motivo è soprattutto uno: si è voluta disciplinare con regolamento una materia che, dopo la riforma federalista, è anche di competenza delle Regioni. Lo Stato deve, pertanto, limitarsi a fissare per legge i princìpi generali, mentre alle Regioni spetta attuarli.

porterà un aumento di costi da 79 a 4–500 milioni di Euro. Inoltre imporrà un adeguamento del piano di copertura economica già concordato con Autostrade. Ministero, Anas, Regione Emilia Romagna e Autostrade hanno perciò deciso di costituire un “ gruppo tecnico” per approfondire le previsioni di traffico e il piano economico-finanziario dell’opera, al fine di calcolare gli oneri aggiuntivi e trovarne copertura, con contributi pubblici o incrementi dei pedaggi.

Bioarchitettura

Milano

Vernici antismog e filtri per l’aria pulita nella nuova biocasa. Gli strumenti per eliminare i pericoli nascosti (dal “ Corriere della Sera” del 11.9.02) Per scovare i pericoli nascosti nella propria casa, sono sempre di più gli italiani che si rivolgono a un biotecnico specializzato, che dopo un accurato sopralluogo stili l’elenco dei pericoli. E soprattutto dei rimedi per neutralizzarli. “ La buona notizia – dice l’ingegnere Franco Marinelli, direttore dell’Istituto nazionale di bioarchitettura – è che oggi avere una casa biologica non è più un affare costoso. Costruire ‘bio’ non costa più dell’edilizia convenzionale. E con alcuni accorgimenti ogni ‘vecchio’ appartamento può ridurre fortemente i rischi di inquinamento” . Questi sono alcuni degli argomenti al centro del dibattito al Sana, la fiera dell’alimentazione naturale, salute e ambiente che si tiene a Bologna, nella prima metà di settembre.

Restauri autogestiti ai palazzi Aler. L’esperimento coordinato dal Politecnico ridisegnerà le corti di via Monte Falterona (dal “ Corriere della Sera” del 8.9.02) La sistemazione di tre corti di un caseggiato Aler da 250 appartamenti passa per le discussioni con gli abitanti. La chiamano ” progettazione partecipata” e a condurre l’esperimento, nelle corti di via Monte Falterona e via Maratta è il Politecnico. “ È un metodo nuovo – dice Anna Delera, architetto che coordina il progetto – La manutenzione di grandi stabili popolari viene di solito affidata a grandi ditte esterne che calano nell’ambiente, sistemano e se ne vanno. Noi invece puntiamo a coinvolgere gli abitanti, affinché siano le loro esigenze a indirizzare i lavori” .

Design Il design come arma strategica. Investiti 130 milioni di euro in una struttura equipaggiata con le più sofisticate tecnologie di progettazione (da “ Il Sole 24 Ore” del 1.9.02) La strategia vincente del gruppo Psa Peugeot-Citroen passa anche attraverso la riduzione dei corsi ottenuta sfruttando tutte le possibili sinergie. Ma senza ripetere gli errori del passato quando la corsa al risparmio si tradusse in una accentuata “ spersonalizzazione” delle due marche. Se l’obiettivo è quello di esaltare la diversità, il ruolo del design diventa fondamentale. Da qui la decisione di interpretare anche questa risorsa strategica in chiave sinergica, investendo 130 milioni di euro nella realizzazione a Vèlizy (nei pressi della capitale francese) di un centro di design “ unificato” di cui è stata appena posata la prima pietra e che diventerà operativo all’inizio del 2004, con uno staff di 800 persone. Infrastrutture Bologna punta sul passante. Un atto aggiuntivo con Autostrade coprirà i maggiori costi rispetto alla terza corsia della tangenziale (da “ Il Sole 24 ore del 4.9.02) La realizzazione del passante autostradale di Bologna, a nord del centro urbano, decisa dagli enti locali e dal ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi al posto del previsto potenziamento a tre corsie della A14, com-

Allarme falda: in 3 mesi è salita di 70 centimetri. Soltanto nel mese di agosto sono caduti 171 millimetri di pioggia, il doppio dell’anno scorso (da “ Il Giornale” del 7.9.02) La falda torna a salire, dopo due anni di “ tregua” . A Piazza Fontana, negli ultimi tre mesi, il livello del grande fiume sotterraneo si è innalzato di 60 centimetri. A dare la notizia è l’assessore all’ambiente Domenico Zampaglione, che ha incontrato i tecnici di Metropolitana e Acquedotto per discutere del problema. “ In diversi punti della città – ha spiegato Zampaglione – la falda è salita di 40-70 centimetri. Non siamo ai livelli massimi ma la cosa ci fa pensare” . E mentre si discute delle cause dell’innalzamento, il Comune annuncia nuovi interventi: entro la primavera entreranno in funzione 45 pozzi. Ecco il nuovo piano per salvare i Navigli. La “cura” degli esperti del Politecnico: niente alberi, meno auto. Consolidati ponti e sponde (da “ Il Giornale” del 12.9.02) “ La strategia d’urgenza per il recupero? Togliere le cause di disaggregazione come alberi e arbusti. Ripiantando in seguito essenze giuste. Epoi sarebbe necessario riorganizzare il transito insieme con la sosta, creando una soglia di rispetto ampia alcuni metri ed eventualmente pedonale. L’alzaia può essere ridotta ad un solo senso di marcia nella parte più lontana dalla costa” . A parlare è Antonio Migliacci, docente universitario ed esponente del gruppo di lavoro del Politecnico sugli interventi d’urgenza per la salvaguardia delle sponde dei Navigli. In pratica la “ fase uno” del Master Plan, il progetto di rinascita di questo luogo simbolo di Milano.

Recupero “Uno sponsor per restaurare le antiche Mura”. De Corato: al via un progetto da tre milioni di euro, si potrà passeggiare sui Bastioni come nel Settecento (dal “ Corriere della Sera” del 16.9.02) Il Comune restaura le Mura spagnole. Anzi, il Comune ha pronto il progetto per il restauro e cerca sponsor che si facciano carico della spesa prevista in oltre 3 milioni di euro. In cambio però lo sponsor potrà sfruttare lo spazio del cantiere per farsi pubblicità. Con una differenza rispetto a esperienze del passato: è il Comune a definire il progetto e i tempi di esecuzione ai quali il privato si deve attenere. Trasporti Piani del traffico avanti al rallentatore. Prevalgono ancora gli interventi limitati a circolazione e sosta, ma iniziano a diffondersi progetti più globali (da “ Il Sole 24 Ore “ del 2.9.02) A dieci anni di distanza dalla sua introduzione, il Piano urbano del traffico (Put) ancora non decolla e le città non riescono ad affrontare con risultati soddisfacenti la vera emergenza del territorio: la gestione della mobilità urbana. Secondo le stime per il 2002 (sulla base di dati parziali regionali) appena il 35% degli oltre 800 comuni con più di 30mila abitanti, obbligati dal Dlgs 285/92 (Codice della strada) ad adottare il Put, si è messo in regola; nel 15% dei casi il provvedimento è già stato redatto, mentre sfiora il 20% la quota dei piani in fase di redazione; poi c’è la giungla dei semi-adempimenti, tra affidamenti effettuati e in corso, indirizzi programmatici (24%) e ci sono anche le amministrazioni ferme al palo (6%). Questo il bilancio sull’attuazione dei Put sulla base di stime effettuate nel 2000. Urbanistica Legge urbanistica, scontro sulla riforma. L’opposizione: “Taglio inaccettabile degli standard di verde” (da “ la Repubblica del 13.9.02) Riprende l’attività al Pirellone ed è subito polemica, dopo che in commissione la giunta ha presentato una bozza di nuova legge in campo urbanistico che vuole riformare la legge regionale del 1975. L’assessore al Territorio, Alessandro Moneta ha portato una prima ipotesi di articolato per un riordino concepito sulla base di quattro linee guida: 1) pianificazione sostenibile; 2) sussidiarietà; 3) flessibilità; 4) attenzione al cittadino. Il verde Carlo Monguzzi, fin da queste prime battute, emette un verdetto negativo: “ Questo testo riduce la quota di verde e servizi garantiti ad ogni cittadino da 26,5 metri quadrati a 18. Spariscono gli standard obbligatori, salvo quelli imposti dallo Stato, lasciando piena discrezionalità ai comuni” . Monguzzi cita uno studio dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, secondo il quale le aree urbanizzate potrebbero crescere del 15% a scapito del verde e dei servizi.


Riletture a cura di Antonio Borghi Chi si accontenta gode (e i cocci sono suoi)

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Vietato l’accesso ai non residenti: un guardiano accerta l’identità di due visitatrici. un centro commerciale. Tante case, nessuno spazio di aggregazione. Albertini ammette: Per questi interventi dobbiamo appoggiarci ai privati e i privati devono avere un ritorno, quindi si tuffano sulla residenza. (…) Albertini è soddisfatto. Certo, non abbiamo visto Ponte Lambro, lo Stadera o qualche via dimenticata di Quarto Oggiaro. Ma complessivamente non possiamo essere accusati di avere dimenticato le periferie. Abbiamo risistemato piazze e non solo quelle del centro, abbiamo costruito case cercando di destinare sempre una parte all’edilizia convenzionata. E comunque non dimentichiamo che siamo un’amministrazione: come si dice? Il privato è un fulmine, il pubblico un pachiderma”. Parole che lasciano ben sperare da parte del nostro primo cittadino e, nel Controcanto, Lina Sotis aggiunge un proprio commento. “ All’exOm, che sembra una copia, per i poveri, di Brasilia: stradone e casone, gli alberi e i prati non risolvono tutti i problemi. Gli abitanti della periferia, per non sentirsi di serie B, hanno bisogno di temi collettivi: dove trovarsi, incontrarsi, sentirsi parte di una città. dove andranno i ragazzi dell’ex-Om la sera? Dove non c’è una piazza, non c’è un monumento, non c’è una chiesa, non c’è un muretto, che non si possa vendere a metro quadro. Costruire un quartiere è un lavoro urbanistico non solo murario. La torre di Fuksas all’ex-Om ricorda una donna sciatta che pensa che una cipria Chanel, messa in fretta, basta a renderla presentabile. Per fortuna

all’ex-Om non si vive solo, ma si lavora. Come un bicchier d’acqua in un deserto si erge l’edificio, adibito a uffici, di Valentino Benati. Persino nelle favelas gli abitanti si costruiscono le piazze.” Un altro tema legato all’evolversi della qualità della vita a Milano è stato affrontato da Gianni Santucci sul “ Corriere” del 3 settembre. L’inchiesta La città difficile era dedicata agli universitari e intitolata Cercare casa a Milano, l’esame più difficile. Ecco il fenomeno in cifre: “ 170.000 sono gli studenti iscritti alle Università di Milano. L’ateneo più frequentato è la Statale, con 60.000 studenti. Seguono la Cattolica con 29mila e il Politecnico con 25mila. 50.000 è il numero degli iscritti che non risiedono a Milano la maggior parte dei quali è costretta a trovare alloggio in città. 88% affittano un posto letto in appartamento. Gli altri alloggiano nei collegi universitari o privati, che hanno a disposizione poche migliaia di posti. 400 Euro è il prezzo che molti studenti si sentono proporre per l’affitto mensile di una stanza singola. Ma per camere ampie in quartieri centrali si arriva anche a più di 500 Euro al mese. 300 Euro è il prezzo per chi è disposto a dividere la camera con un altro studente. I canoni delle stanze doppie variano molto a seconda della zona, fino a un massimo di 400 Euro. Ed ecco un paio di aneddoti raccontati da operatori del settore: molti arrivano senza conoscere la città e hanno l’acqua alla gola. In questo periodo (settembre, ndr) a Milano si affitta qualsiasi cosa. Un monolocale a 700 Eu-

ro? Sui Navigli lo darei via in tre giorni, in via Padova aspetterai qualche settimana, vuoto non rimane di certo. E vuoto non è rimasto il posto letto in via Andrea Doria: una rete, tre cuscini da divano al posto del materasso, senza armadio. In una lunga stanza con altri due letti: 220 Euro al mese. Qualcuno ha preso anche la singola in Città studi per 250 Euro. A dirla così un affare imperdibile, un annuncio da trenta telefonate all’ora. A cui rispondevano: Non c’è nessun errore, il prezzo è quello, solo che deve portare i suoi mobili, letto compreso. La stanza comunica con il corridoio attraverso un arco senza porta. E non un muro ma un armadio la separa dalla stanza accanto. Ultima cosa, non c’è il termosifone. Viene a vederla lo stesso? Certo. Affittata la scorsa settimana.” Concludo citando l’articolo di fondo di Marco Garzonio dal “ Corriere” del 20 settembre, intitolato Il welfare ambrosiano. “ La novità dell’autunno è che una città che si è fatta sempre vanto di servizi efficienti e a misura di persona, della solidarietà e della condivisione di beni e opportunità – per un principio economico oltreché umanitario: ridistribuire un po’ di ricchezza di pochi significa miglioramento per tutti – si scopre più povera, in mezzi e in partecipazione, perché quando si è angustiati da esigenze concrete si ha meno tempo e voglia per discutere e ritrovarsi su grandi ideali. La situazione di servizi diventati merce rara e preziosa, che, quando ci sono, chi può paga gli altri si arrangino, umilia la Milano dei valori civili.”

Informazione

Venerdì 20 settembre “ Corriere della Sera” pubblicava il resoconto di una visita alle periferie milanesi guidata da Gabriele Alberini. Il richiamo in prima pagina della cronaca di Milano si intitolava Il sindaco: ecco le periferie risanate ed una intera pagina interna era dedicata ai tre temi centrali di questo risanamento: la realizzazione di nuovi progetti urbani in molte aree industriali dismesse, i lavori sulle infrastrutture della mobilità e l’edificazione di quattro nuove caserme di carabinieri e polizia di Stato in via dei Missaglia, al Gallaratese, alla Barona e in via Chopin. Non è questa la sede per occuparci dell’ordine pubblico a Milano, sorvoliamo i tanto dibattuti temi della mobilità e concentriamo invece la nostra attenzione sui nuovi quartieri che stanno sorgendo alle porte di Milano. La cronista Elisabetta Soglio elenca i diversi motivi di soddisfazione del sindaco, espressi durante la visita all’area ex-Om, “ 263mila metri quadri di area di cui 188mila destinati a verde pubblico. La residenza occupa quasi 80mila metri quadrati, di cui metà in edilizia convenzionata e sovvenzionata. Quando mi sono insediato c’erano a Milano 6 milioni e mezzo di aree dismesse. Adesso già 5 milioni sono in fase di recupero. (…) gli agenti immobiliari segnalano che l’impennata del mattone non interessa soltanto il centro: è aumentata la richiesta per la casa in molte periferie che, oltre a costare decisamente meno, oggi non fanno paura e sembrano più gradevoli. Albertini scartabella fra un mucchio di documenti e trova la relazione del capo dell’ufficio studi Gabetti di Milano, che segnala per particolare vivacità le zone di viale Monza, Baggio, Ravizza, Missaglia, Bausan, Affori. Milano che si è mossa, dunque. (…) Qui i capannoni della Om avevano lasciato spazio a 313mila metri quadri di degrado. (…) il Comune aveva firmato un accordo con un gruppo di privati per il piano di riqualificazione urbana e nel ’99 si era mossa la prima ruspa. (…) dove c’era la landa desolata ci sono già cinque condomini abitati e altrettanti in costruzione, tutti teleriscaldati ed ecologicamente corretti. C’è una torre avveniristica dell’architetto Fuksas dove una coppia non giovanissima, caschetto giallo in testa, sta andando a visitare un appartamento e c’è un palazzo a corte, sede di uffici disegnato dall’architetto Valentino Benati che profuma di nuovo. Dal terrazzo, con la Madonnina e torre Velasca lì di fronte, il geometra Dallera che ha gestito l’operazione mostra al sindaco cosa ancora non si vede: Qui ci sarà un asilo, là una scuola materna, lì una grande striscia di verde che si congiunge al Parco Ravizza. C’è già, invece, in fondo alla nuova via Spadolini, il pensionato per gli studenti della Bocconi e c’è


Libri, riviste e media a cura della Redazione

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Rassegna

Informazione

Next 2 voll. della 8ª Mostra Internazionale di Architettura Marsilio, Venezia, 2002 pp. 464 e 192, € 70,00 Mercedes Daguerre Venti architetti per venti case Electa, Milano, 2002 pp. 240, € 38,00 Giulio Lusardi Guida per il coordinatore per l’esecuzione dei lavori EPC Libri, Roma, 2002 pp. 800, € 36,00 Kenneth Frampton Steven Holl architetto Electa, Milano, 2002 pp. 420, € 50,00 Patrizia Mello Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano Bollati Boringhieri, Torino, 2002 pp. 154, € 13,00 Ignasi de Sola-Morales Decifrare l’architettura Allemandi, Torino, 2002 pp. 168, € 18,00 Rosario Pavia Babele Meltemi, Roma, 2002 pp. 118, € 12,40 Patrizia Mello Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano Bollati Boringhieri, Torino 2002 pp. 153, € 13,00 Francesca Bottari, Fabio Pizzicanella (a cura di) L’Italia dei tesori. Legislazione dei beni culturali, museologia, catalogazione e tutela del patrimonio artistico Zanichelli, Bologna 2002 pp. 311, € 16,80 Guya Bertelli Barcellona (a cura di Alessio Conti) Alinea, Firenze 2002 pp. 139, € 16,50 Giuseppe Todisco Rudolph Michael Schindler Alinea, Firenze 2002 pp. 96, € 7,75

L’opera creativa di Enrico Castiglioni

Una guida per La ricostruzione l’architettura sostenibile delle città

Fondamentale complemento al volume che ne ha raccolto gli scritti teorici, questo libro documenta l’opera di Enrico Castiglioni, testimoniando lo sviluppo armonico di un percorso creativo che attraversa forme espressive molteplici, ma intimamente interagenti. I suoi lavori, pur aderendo alle tendenze progressiste del movimento moderno, risultano appartenere ad un preciso quadro in cui le funzioni dell’abitare, assoggettate al senso di quanto l’individuo intende manifestare nell’azione, si generano entro complesse stratificazioni simboliche. Quali vive metafore, opere di costante attualizzazione di valori e significati, i suoi interventi si costituiscono come momenti di relazione, nei quali l’uomo riconosce sé stesso e il proprio destino. Lo spazio assume un profondo significato spirituale e le architetture in cui più si diffonde la sua sensibilità sono quelle religiose: occasioni per costruire il tempio, “ episodio limite” dell’espressione umana, istituzione di spazio di connessione con l’altro da sé, oggetti che riportano la ricerca ai temi che avevano animato le avanguardie europee, quando lo spirito delle cattedrali veniva sublimato nelle nuove “ case di cristallo” . Tavole ad olio e sculture, ampiamente documentate in questo volume, consentono di comprendere le diverse fasi di un processo in cui la figurazione oltrepassa la ricerca formale, perseguendo, con trasparenze, vibrazioni e calibrati squilibri compositivi, la dissoluzione della fissità rappresentativa. Èin particolare nell’icasticità delle formelle per la Via Crucis, rarefatti bassorilievi che prorompono da uno sfondo astratto, che i personaggi della figurazione sembrano nuotare nello spazio senza volersi svelare, come se la rigidezza del simbolo si sciogliesse nella leggerezza di un pensiero che nasce.

Per architettura sostenibile s’intendono quelle espressioni di costruttività, nate alla fine del secondo millennio e destinate a maturare nel terzo, che tendono a adeguarsi alle richieste di risparmio energetico e di impiego di materiali biocompatibili. Il volume inizia con una panoramica teorica sull’argomento, prosegue con la disamina dei princìpi progettuali sui quali essa si basa: il rapporto tra edificio e sito e quello tra entrambi e la natura. Esamina e illustra 44 esempi degli ultimi dieci anni di architettura verde, divisi per tipologie funzionali. Infine analizza i possibili sviluppi futuri nel settore: “ La crisi ambientale che attualmente affrontiamo ha attirato l’attenzione sull’impatto esercitato dagli edifici sull’ambiente. Gli edifici del mondo occidentale – la loro costruzione e la loro fruizione – sono responsabili del 50% delle emissioni dannose che stanno provocando il surriscaldamento del pianeta. L’obiettivo è una riduzione radicale del consumo di energia, inoltre il raggiungimento di un equilibrio sostenibile nell’impiego delle risorse, sostituzione in natura o in valore nel corso di una generazione di quanto viene utilizzato. Il dialogo tra architettura e natura è vecchio quanto l’architettura stessa, ma si è interrotto nella teoria recente – diciamo a partire dalla seconda guerra mondiale. In questa luce l’architettura verde rappresenta un dovuto ritorno a questo scambio innato e costante, oltre che un suo ampliamento” . Il libro comprende in appendice una “ guida alle strategie mondiali a alta efficienza energetica, per il raggiungimento del comfort” , con una tavola che, in forma riepilogativa, correla i princìpi dell’architettura ecologica alle diverse regioni climatiche del mondo; un glossario, elenchi di riferimento per le foto e per i progetti presentati; un paio di pagine riferite alla normativa italiana, curate da Alberto Galeotto; una bibliografia e un indice analitico.

“ L’urbanistica ha espresso la convinzione che i beni pubblici possano assumere un ruolo cruciale nel determinare la forma urbana, la morfologia delle parti del territorio, il loro assetto tipologico ed architettonico ed il loro senso per l’individuo e la collettività (...) Gran parte dello spazio urbano oltre che materialmente costruito, risulta strutturato dalla disposizione sul territorio di beni pubblici, non solo dalla loro costituzione singola ma dalle relazioni che li tengono insieme” . A partire da questa considerazione è possibile rileggere la grande ricostruzione operata dal piano InaCasa fra il 1949 e il 1963. Essa non può prescindere dall’analoga esperienza dei quartieri realizzati negli anni Venti in alcune città europee (Francoforte, Berlino, Amsterdam, Rotterdam, Vienna, ecc.). In entrambi i casi l’obiettivo è costruire unità residenziali dotate di attrezzature e servizi, capaci cioé di coniugare le esigenze private con quelle pubbliche. Ma tutto ciò non può che realizzarsi a partire da una precisa idea di città. “ I quartieri pubblici sono divenuti un grande materiale per comporre lo spazio urbano, per attribuirgli nuove forme. Ampie parti sono state progettate e realizzate nel tentativo di opporsi alle periferie che andavano costituendosi attraverso la giustapposizione di interventi dispersi e banali (...), nel tentativo di indicare nuove direttrici di crescita della città” scrive Paola Di Biagi. Lo studio, composto di saggi di autori differenti, analizza l’esperienza Ina-Casa nei suoi contenuti politici, economici e sociali, ma rivolge la sua attenzione soprattutto alle problematiche architettoniche e urbanistiche, soffermandosi in particolare sulle realizzazioni, su come furono concepite allora e come si presentano oggi.

Roberto Gamba

Paola Di Biagi (a cura di) La grande ricostruzione. Il piano Ina-Casa e l’Italia degli anni ‘50 Donzelli, Roma, 2001 pp. 502, € 35,12

Manfredo A. Manfredini

Enrico Castiglioni. I simboli, i significati in un percorso d’arte tra passato e futuro Magicgraph, Busto Arsizio, 2001 pp. 164

David Lloyd Jones Atlante di bioarchitettura Utet, Torino, 2002 pp. 256, € 83,00

Martina Landsberger


I mutevoli confini della disciplina progettuale

a cura di Ilario Boniello e Martina Landsberger

Michele De Lucchi Dopotolomeo Aosta, Chiesa di San Lorenzo 8 giugno - 13 ottobre 2002

Rassegna mostre

Rassegna seminari

Pierre-Auguste Renoir. La luce dell’impressionismo Milano, Fondazione Mazzotta Foro Buonaparte 52 18 settembre - 17 novembre 2002

Urbanistica in Lombardia: nuova legge per il governo del territorio. Contenuti, aspetti nodali, quesiti e aspetti specifici Milano, Fondazione Le Stelline, Sala D corso Magenta 61 15 novembre 2002

Marco Zanta. The space between. Photographs about Japan Rubiera (Re), L’Ospitale via Fontana 2 5 ottobre - 16 novembre 2002 Le città in/visibili Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 15 ottobre 2002 - 1 febbraio 2003 L’opera di Charles e Ray Eames Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 24 settembre 2002 - 8 gennaio 2003 Gonzaga. La celeste galleria Mantova, Palazzo Te - Palazzo Ducale 2 settembre - 8 dicembre 2002 Paesaggi dell’architettura Cesare Spighi. Il progetto della città della montagna, S. Piero 1888-1925 Cesena, Chiesa di Santo Spirito, via Milani 15 ottobre - 15 novembre 2002 Giuseppe e Alberto Samonà. Lezioni di architettura Venezia, Ex Cotonificio Veneziano Dorsoduro 2196 Santa Marta 16 maggio - 15 novembre 2002 Steven Holl architetto Vicenza, Basilica Palladiana 5 settembre - 1 dicembre 2002 Next school, new entrances Venezia, Ex Cotonificio Veneziano Dorsoduro 2196 Santa Marta 6 settembre - 2 novembre 2002 Next. 8ª Mostra Internazionale di Architettura Venezia, Giardini di Castello Arsenale 8 settembre - 4 novembre 2002 Aldo Rossi. Il Cimitero di Modena. I disegni e un modello Modena, Galleria Civica, C.so Canalgrande, 103 27 settembre - 3 novembre 2002 Massimo Scolari Il ponte di Cesare Vicenza, Palazzo Barbaran da Porto Contrà Porti 11 7 settembre - 3 novembre 2002

Giuseppe Samonà e la scuola di architettura di Venezia Venezia, Cotonificio veneziano di Santa Marta 14 - 15 novembre 2002 Il contratto e le sue vicende, dalla formazione alla fase contenziosa Milano, Arum Centro convegni via Larga 31 21 novembre 2002 Progetti per Milano. I programmi integrati di intervento per il mercato immobiliare Milano, Facoltà di Architettura, Politecnico di Milano, Aula Rogers via Ampère 2 11 - 15 novembre 2002 Progetto dello spazio pubblico e mobilità sostenibile Milano, Facoltà di Ingegneria, Politecnico di Milano piazza Leonardo da Vinci 32 11 - 29 novembre 2002 Il progettista degli spazi del sapere. Metodi, tecniche ed esperienze applicative a Verano Brianza Milano, Facoltà di Design, Politecnico di Milano via Durando 38 gennaio - marzo 2003

Lo sguardo stupito e divertito di chi, per la prima volta avvicini l’opera di Michele De Lucchi, trova un comune campo d’indagine con l’occhio più attento della critica di settore nel costatarne l’incredibile eclettismo di produzione. Lampade, edifici, fax, computers, allestimenti e sedute fanno da eco a un eclettismo di commissione nel relat ivo set t ore: Art emide, Compaq Computers, Dada, Kartell, Matsuhita, Frau, Olivetti, Philips, Siemens, Vitra, Deutsche Bank, Enel, Poste Italiane, Telecom Italia. L’elenco, ulteriormente estensibile, oltre che celebrare la carriera di un maestro del disegno industriale italiano che da poco ha superato il giro di boa della cinquantina, nasconde un’altra e più profonda forma d’eclettismo: l’eclettismo delle forme o, se si vuole, di un rinnovato neoeclettismo disciplinare, che ha come primaria ambizione quella di insinuarsi nello spirito del tempo, nel tanto celebrato “ Zeitgest” , in altre parole nella contemporaneità. Neoeclettismo da non intendersi, si badi bene, nell’accezione formale di stile; “ Non esiste uno stile De Lucchi! ” è solito ripetere l’architetto, bensì da intendersi come attitudine al cambiamento, come movimento e incontro tra il mondo produttivo, indifferentemente ipertecnologico o artigianale con la cultura del progetto contemporaneo. Dall’incontro di questi due mondi e dall’ascolto che quotidianamente De Lucchi presta alle esigenze di due realtà che avanzano nella contemporaneità in maniera sempre più evidentemente

indissolubile, nasce appunto quella libertà pluralista e complessa che sta alla base d’ogni progetto di Michele De Lucchi. Ecco allora, nella cornice offerta dalla Chiesa di San Lorenzo ad Aosta, abilmente approntati dallo stesso De Lucchi, mettersi in mostra una serie di artefatti industriali ed artigianali che, con la dignità di veri e propri organismi tecnologici, evidenziano un percorso di ricerca del tutto esemplare nel panorama internazionale del disegno industriale contemporaneo. La rassegna dal titolo: “ Dopotolomeo” , quasi ad indicare l’anno di produzione della lampada Tolomeo (1986) come spartiacque tra la ricerca sperimentale ed il consenso popolare nella carriera di Michele De Lucchi, ordina secondo alcune tematiche di ricerca i lavori successivi alla riuscitissima lampada prodotta da Artemide. Dalle architetture generate come atto costruttivo che sovrappone elemento sopra elemento, alla nuova personalità che De Lucchi riesce ad attribuire ai luoghi di servizio collettivo e di lavoro, emerge un’attitudine positiva nei confronti del cambiamento, individuato dall’architetto come ragione di vita e come nuovo parametro di ricerca: “ Anche quelle che sembravano grandi certezze immutabili non sono più tali: comfort, funzionalismo, ergonomia e non in ultimo bellezza sono parametri variabili. La sicurezza che noi stessi non saremo più quelli di prima, fa sì che l’atteggiamento con le cose cambi e siccome io devo disegnare le cose, devo capire perché questo succede” . Non dimentichiamoci del resto che, nell’evoluzione dell’arte moderna, fu proprio la maniera eclettica a segnare il congedo dalla storia intesa come passato. Matteo Baborsky

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Informazione

Mostre e seminari


Invenzione costruttiva e architettonica dei ponti in legno John Soane e i ponti in legno svizzeri. Architettura e cultura tecnica da Palladio ai Grubenmann Vicenza, Palazzo Barbaran da Porto Contrà Porti 11 11 luglio – 3 novembre 2002

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Modernità, funzionalità e bellezza dei ponti in legno: tale affermazione, un po’ astratta e paradigmatica, potrebbe costituire l’ideale sottotitolo dell’interessante progetto culturale dedicato all’architettura dei ponti lignei svizzeri, organizzata dall’Archivio del Moderno di Mendrisio in collaborazione con il CISA di Vicenza e il Sir John Soane’s Museum di Londra. Un’esposizione itinerante, una pubblicazione e un convegno costituiscono i tre principali eventi dell’importante iniziativa inaugurata nel mese di maggio all’Archivio del Moderno. L’esposizione prosegue con l’edizione italiana, ospitata nelle sale del museo palladiano di Vicenza e accompagnata da un convegno internazionale che si terrà a Bassano del Grappa dal 4 al 5 ottobre. Invenzione costruttiva e natura architettonica dei ponti lignei sono ripercorse grazie a un narratore d’eccezione: l’architetto John Soane. M uovendo dal suo appassionato interesse per le ardite realizzazioni dei fratelli Grubenmann, Nicola Navone e Angelo Maggi, curatori della mostra e del catalogo, cercano di ricostruire contesti e legami culturali all’interno dei quali si attua il più generale rinnovamento, in ambito europeo tra ‘700 e ‘800, del rapporto tra cultura-tecnica, esperienza architettonica e prassi costruttiva, destinato a segnare profondamente gli esiti formali e i meccanismi strutturali delle realizzazioni posteriori anche d’oltre oceano. A soli due anni dalla fortunata iniziativa monografica dedicata a Soane, Palazzo Barbaran da Porto torna dunque ad ospitare nuovi – e in parte inediti – materiali provenienti dal Sir John Soane’s Museum. Si tratta di schizzi, acquarelli e incisioni di ponti lignei

ai quali sono affiancati modelli, trattati e documenti che aiutano a comprendere le problematiche connesse al tema della mostra. Nell’ambito della sua personale ricerca, Soane dedica ai ponti in legno un’attenzione particolare, sostenuta sia da un’accesa curiosità per il funzionamento di macchine e strutture innovative, sia dall’interesse archeologico per un tema architettonico che dal mito della classicità è rivisitato e interpretato nel corso della storia da architetti trattatisti come Alberti, Filarete e Palladio. Nel 1780, di ritorno dal Grand Tour, Soane ha modo, infatti, di osservare e rilevare i ponti in legno costruiti nelle vallate svizzere dai fratelli Johannes (1707-1771) e Hans-Ulrich Grubenmann (17091783), due geniali carpentieri provenienti dal cantone dell’Appenzell che, nella seconda metà del ‘700, realizzano una serie di ardite strutture. Tra queste spiccano quelle per i ponti di Reichenau (1756-57), Sciaffusa (1756-58) e Wettingen (1764-66), ritenuto dalla critica il loro capolavoro. Tali realizzazioni furono già al tempo della costruzione oggetto di studio e ammirazione da parte di eruditi, architetti e ingegneri di tutta Europa. Lo stesso Soane ne intuisce la modernità cogliendone il nuovo equilibrio tra gli aspetti costruttivi, il buon esito formale e l’inserimento nel contesto paesaggistico. Nella sua acuta riflessione esso si spinge oltre intravedendo un possibile parallelismo tra i Grubenmann e le contemporanee ricerche accademiche condotte sui pont i in murat ura da Jean Rodolphe Perronet. Il punto di contatto tra le due ricerche è costituito dalla comune ambizione di realizzare ponti a unica campata, sempre più lunghi, riducendo sezione e curvatura dell’arco così da renderne più snella e slanciata la forma. Tali esperienze faranno da preludio alle realizzazioni americane che, rese praticabili col perfezionarsi di una lunga tradizione nella costruzione di ponti reticolari ad arco e a travata, permettono a Louis Wernwag di realizzare la campata in legno più grande del mondo (104 m.) per il ponte di Fairmount sullo Schuylkill del 1814. Luca Gelmini

Abitare il progetto residenziale Forme dell’abitare. Mutamenti e permanenze. Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 10 19-20 settembre 2002 Negli spazi della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano si è da poco svolto un seminario di studio dal titolo Forme dell’abitare. Mutamenti e permanenze. L’incontro è stato organizzato dal dottorato in Architettura, Urbanistica, Conservazione dei luoghi dell’abitare e del paesaggio nell’ambito delle iniziative del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura, con lo scopo di raccogliere testimonianze riguardo allo stato della riflessione disciplinare sul tema del progetto residenziale. Le motivazioni per organizzare l’incontro erano forti, in un dottorato di ricerca che, facendo del tema dell’abitare il suo punto di riferimento, ha bisogno di ricostruire un contesto culturale di riferimento con cui far interloquire i propri lavori di ricerca. Il timore di un isolamento si è dimostrato infondato dal momento che l’incontro ha rivelato una quantità d’iniziative di ricerca e progetto degne di essere portate a conoscenza di una cultura disciplinare che appare spesso sterile ed eccessivamente assoggettata alle logiche commerciali. Sono state presentate esperienze riguardanti contesti geografici eterogenei: l’area milanese e il suo travagliato rapporto con gli strumenti urbanistici, la costiera adriatica da Ancona al Salento, il centro storico di Palermo e la sua realtà multietnica appassionatamente raccontato da Pasquale Culotta, le permanenze nelle abitazioni agricole campane, fino alla normativa sul risparmio energetico vigente in Olanda e ai vincoli, di natura culturale, che, come ha spiegato Boris Podrecca, influenzano la morfologia della città di Vienna. Gli spunti che sono stati forniti durante le due giornate, assai diversi e, in alcuni casi, fortemente disomogenei, riportano fedelmente il panorama di un contesto progettuale quanto mai schizofrenico, dove il problema non sta certo nella produttività (nuove case si continuano a costruire e la domanda è florida) ma, come ha detto Matilde Baffa in fase di presentazione, nell’invisibilità di una configurazione complessiva. Nella varietà delle relazioni che si sono succedute, è stato però possibile leggere un’idea condivisa della pratica progettuale che sembra mettere sull’avviso riguardo al pericolo che il progetto della casa non costituisca più oggetto di dibattito perché ritenuto un progetto “ facile” .

I pazienti e meticolosi lavori presentati confermano invece che la residenza è probabilmente il progetto più difficile: più complesso a causa delle innumerevoli implicazioni sociali e antropologiche messe in campo e bisognoso di un atteggiamento attivo nei confronti delle normative che pur perseguendo la prestazione del manufatto, non possono che costituire un punto di partenza nella ricerca della qualità progettuale. Si può individuare uno scenario in cui l’abitare vede una rifondazione solo attraverso un arricchimento della cultura professionale. Se, come ha detto Gianni Ottolini, la residenza è il luogo dove la gente dorme e quindi i due soli tipi di residenza possibile sono i “ letti privati” e i “ letti pubblici” , allora il progetto dei “ letti pubblici” deve essere in grado di includere al suo interno tutte le molteplici declinazioni della società contemporanea: i disabili e la loro esigenza di mobilità, gli immigrati e le loro differenti culture spaziali, l’abusivismo e la sua ricomprensione nella morfologia urbana, la normativa e la spinta di appartenenza sociale che vi è sottesa… Intento degli organizzatori e della Facoltà è consolidare la rete di contatti costituitasi in quest’occasione per fare in modo che il Polit ecnico milanese possa diventare il referente di un confronto sempre più ampio anche con le istituzioni e con il pubblico, e soprattutto per portare alla luce preziosi lavori che, non riuscendo a rientrare negli interessi della stampa patinata, rischiano di rimanere nascosti nel contesto accademico. Marco Pozzo


Next - 8ª Mostra internazionale di architettura 8 settembre - 3 novembre 2002 La Biennale di Venezia Venezia, Arsenale Giardini di Castello

Si è inaugurata il 6 e 7 settembre ai Giardini di Castello e negli spazi dell’Arsenale l’8ª Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia, che resterà aperta fino al 3 novembre. Il titolo scelto dal curatore per questa rassegna è Next, “ prossimo” , a racchiudere il significato di ciò che verrà ma anche di ciò che è vicino. Vari motivi spingono ad accostarsi con fiducia e attenzione a questa edizione della Biennale architettura, oltre al fatto che rappresenta la manifestazione di settore più prestigiosa ed autorevole. Uno risiede nella figura del curatore, Deyan Sudjic, critico di architettura contemporanea che si occupa esclusivamente, e con ampi riconoscimenti, di mostre, pubblicazioni e riviste d’architettura a livello internazionale, e non, come spesso accaduto in passato, un architetto preso in prestito dalla Biennale. Il secondo motivo di curiosità è rappresentato dall’allestimento di John Pawson negli spazi dell’Arsenale. Pawson, architetto poco incline alle interviste e alle speculazioni teoriche, viene spesso, sbrigativamente, identificato con la cosiddetta architettura minimalista. Qui a Venezia, indipendentemente dalle valutazioni sul minimalismo, mette la sua poetica architettonica, incisiva e sintetica, al servizio dei colleghi, con un ottimo risultato. Negli spazi dell’Arsenale è allestita una rassegna antologica di grande respiro e chiarezza, che trasmette al visitatore i contenuti delle opere esposte senza obbligarlo a faticose acrobazie interpretative. Circa 150 progetti di 90 architetti provenienti da tutto il mondo sono raggruppati in dieci sezioni tematiche: abitazione, musei, interscambio, formazione, torri, lavoro, negozi, spettacolo, chiesa e stato, piani urbanistici. Un ordinamento che non ha l’ambizione di introdurre alcunché di innovativo rispetto all’esercizio o alla fruizione dell’architettura, ma riesce a trasmettere al visitatore analogie e differenze di approccio rispetto ai diversi temi e con-

testi. Il curatore e il suo team hanno selezionato ogni singolo progetto, invece di invitare i progettisti a proporre una propria installazione, operando in base a criteri omogenei: per questo accanto ai soliti noti troviamo anche molti nomi sconosciuti. Fino ad ora, almeno. Non i “ migliori progetti” di ogni progettista, dunque, ma solo quelli che quasi sicuramente verranno realizzati o sono già in corso di realizzazione, e questo è un altro straordinario motivo di interesse. Una selezione di progetti che per qualità e rilevanza delle modificazioni che apporteranno al nostro ambiente, riportano l’architettura sul terreno della necessit à, t erreno che le è indispensabile, quanto o forse più, di quello della sperimentazione. Chi ha visitato la passata Biennale di architettura, curata da Massimiliano Fuksas, ricorda soprattutto (soltanto?) la lunghissima videoproiezione, oltre 100 metri d’immagini in movimento, che attraversava tutte le corderie. L’impressione è che quest’ultima edizione, con la sua programmatica concretezza, stia raccogliendo più ampi consensi, ma è indubbio che la contrapposizione di due visioni così diverse giova alla Biennale: Fuksas è un professionista estremamente concreto nella sua pratica architettonica che nella selezione ha voluto far emergere il lato sperimentale della disciplina; Sudjic è un teorico che ha bisogno di scavare nei progetti concreti per alimentare la propria ricerca. I padiglioni nazionali completano la rassegna con interessanti approfondimenti e variazioni sul tema, concentrandosi sull’interazione tra uomo e ambiente, come quelli di Brasile, Canada, Grecia, Svizzera e Finlandia, sulla sperimentazione di nuovi linguaggi e modi d’intervento nei contesti contemporanei, come quelli di Francia, Inghilterra e Olanda, oppure sull’indagine tipologica, come quello del Giappone. Di fronte a tutta questa realtà appaiono invece sbiaditi gli esercizi ai quali sono stati chiamati gli studenti delle università tedesche, che hanno progettato il parallelepipedo centrale del padiglione della Germania, in scala 1:33, come anche le cellule abitative in scala 1:1 su progetto di 14 studi di architettura italiani, e ancor più deludente l’ennesima rassegna di grattacieli firmati dalle solite star dell’architettura globale sponsorizzate Alessi. Nell’insieme la mostra offre la possibilità di un viaggio attraverso la realtà architettonica contemporanea con tutte le sue contraddizioni, e al tempo stesso una mostra all’insegna del fair play che conforterà chi ha voglia di tornare a confrontarsi con la materia prima dell’architettura: il progetto. Antonio Borghi

Petitot, architetto di corte Ennemond Alexandre Petitot I disegni nella Fondazione Cassa di Risparmio di Parma Parma Palazzo Bossi - Bocchi, 27 apile - 30 giugno 2002 Nel quadro delle manifestazioni recentemente dedicate al tema del neoclassicismo in Italia (v. AL 7/8 luglio agosto 2002, p.41), si distingue per il rigore scientifico, la ricchezza documentaria e la chiarezza degli obiettivi analitici, la rassegna parmense dedicata alla figura di E.A. Petitot, in occasione del bicentenario della morte. Primo architetto della corte borbonica di Parma dal 1753, Petitot incarna perfettamente il ruolo di costruttore della capitale di una monarchia illuminata, nel senso più europeo del termine: cosmopolita (nato a Lione, studente all’Académie d’Architecture di Parigi e poi Allievo Architetto dell’Accademia di Francia a Roma), di formazione illuminista, cresciuto sullo studio dell’antico ma senza dogmatismi, razionalista aperto alle innovazioni della cultura d’oltralpe, si applica ad un rinnovamento radicale della città che è in primo luogo una trasformazione fisica, architettonica ma anche l’attuazione di un preciso programma “ educativo” , di metamorfosi culturale e del gusto. Dai grandi disegni architettonici per i palazzi e i giardini ducali di Colorno e Parma, alle trasformazioni della

viabilità urbana, fino gli studi per gli “ oggetti” della città (arredo urbano, padiglioni, cancellate, ecc.), il lavoro di Petitot investe tutti gli aspetti e le scale del progetto facendosi portatore, nella realtà delle cose, del messaggio riformista e innovatore della corte di Parma. Concretamente la mostra propone 69 disegni, di cui molti inediti, recentemente acquisiti dalla Cassa di Risparmio, a completamento della preziosa collezione (già esposta nella precedente rassegna Petitot un artista del Settecento europeo, 1997), ordinati secondo tre filoni tematici: disegni per i giardini di Parma e Colorno, progetti per un teatro pubblico, studi per le ville di campagna. Tre aspetti diversi e complementari del lavoro di Petitot, che mostrano la versatilità e l’ampiezza del suo fare architettura, ma anche l’evoluzione del pensiero teorico e metodologico: da un moderato e precoce neoclassicismo, attraverso l’esperienza dell’architettura rivoluzionaria, fino a un moderno approccio tipo-morfologico al tema dell’abitazione. Un’evoluzione ben documentata anche dalla monografia di G. Cirillo (ed. Fondazione Cariparma), uscita in concomitanza con la mostra, che ordina cronologicamente l’intera opera grafica. Da segnalare anche il recente restauro e l’apertura al pubblico di una delle opere più significative di Petitot: il Parco Ducale di Parma. Silvia Malcovati

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Due gentlemen a Venezia


Fredi Drugman: Milano, Monza, Sesto San Giovanni, Muggiò di Mariella Brenna e Claudio Camponogara

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Fredi Drugman nasce a Feurs in Francia l’11 novembre 1927; dal ’45 è a Milano dove, ancora studente, è membro fondatore del Collettivo di Architettura nel 1949. Partecipa, sempre studente, ai Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM) e nel ’56 è assistente incaricato alla Scuola Internazionale Estiva del CIAM a Venezia. Si laurea a Milano nel 1951. Dal ’56 è assistente volontario presso la cattedra di Architettura degli interni, Arredamento e Decorazione dello IUAV e dal ‘63 è nominato Assistente ordinario dello stesso corso tenuto da Franco Albini col quale inizia una intensa collaborazione culturale. Dal ‘69 è assistente ordinario della cattedra di Composizione architettonica alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Consegue nel ’71 la libera docenza in Composi-

zione architettonica, dal 1977 è Professore straordinario di Composizione architettonica e professore ordinario presso la Facoltà di Architettura di Milano dal 1981. Dal 1985 è titolare del corso di Allestimento e Museografia. Per oltre un ventennio all’attività di ricerca e didattica unisce l’attività professionale orientata verso il ruolo sociale e politico dell’architettura nel disegno e nella gestione della città. Dal ’52 al ‘63 è iscritto all’Albo progettisti Ina casa e dal ‘64 all’Albo nazionale dei progettisti per il programma decennale di costruzione alloggi per i lavoratori (GESCAL), nel ‘69 è iscritto agli elenchi ISES per la progettazione di edilizia scolastica. La sua passione per il mestiere dell’architetto si esplicita più in piccoli lavori, che non in “ costruzioni urbane” (ci riferiamo particolarmen-

te alle case di Muggiò e alle ville realizzate in Sardegna, costruite in collaborazione con Umberto Riva). Nell’architettura di Fredi Drugman - anzi di una parte della cultura milanese degli anni Sessanta e Settanta - si riflette o meglio si evidenzia la stagione del cambiamento: la razionalità da mezzo per giungere all’essenza dei problemi muta in “ metodologia di progettazione” , perde in altre parole il suo carattere di radicale novità per assumere una veste più feriale. Nel tentativo di legarsi - come faceva notare Gianni Ottolini presentando nel 1987 sulla rivista Abacus l’opera di Muggiò - con la tradizione più profonda dell’architettura civile europea, la dove la cultura dell’insediamento e dell’abitare non si disperde nell’individualismo e nell’evocazione nostalgica di una forma “ finita” , ma

assume la complessità e la varietà del presente per aprirlo a un più civile futuro. Drugman ha operato soprattutto nella fascia esterna dell’area metropolitana milanese, dalle prime costruzioni di case in cooperativa di Muggiò, a Monza, a Sesto San Giovanni e a Brescia nel Quartiere Badia per l’Ina casa con Piero Bottoni e Lucio Stellari D’Angiolini. Dal ‘71 al ‘76 è consigliere e capogruppo del PCI della zona di decentramento 1 del centro storico di Milano. È di questi anni, infatti, la sua partecipazione attiva e importante nelle battaglie per la città, per la gente. Il suo atteggiamento progettuale diventa sfida, strumento di difesa e di proposta civile in particolare in questi anni per il quartiere Garibaldi a cui segue all’inizio degli anni Ottanta l’elaborazione del piano per il recupero dell’asse storico di corso Garibaldi. Ancora in questo periodo, anche sulla spinta del dibattito e delle iniziative seguite alla legge promulgata nel 1974 in cui si delegava alle regioni la gestione dei musei non statali, l’attenzione di Drugman si focalizza verso l’istituzione museo e le sue forme contemporanee. Il museo visto come bene culturale a tutti accessibile, museo letto e interpretato come servizio sociale, un servizio urbano da portarsi a scala di quartiere e da rendere attivamente partecipe della vita sociale della città. La sua attività didattica e di ricerca ha conseguentemente trovato negli ultimi quindici anni un terreno complessivo di applicazione nel lavoro per i musei, in particolare per i musei scientifici, e nell’idea, tenacemente perseguita fino al 2000, anno della sua scomparsa, di un Museo/Archivio del Politecnico di Milano. Bibliografia A. Bonomi, Le prime esperienze cooperativistiche dell’Ina/casa della provincia di Milano, in: “ Casabella Continuità” n. 257, novembre 1961. V. Vercelloni, In attesa della città dei servizi, in: “ Controspazio” n. 4/5 settembre/ottobre 1969. AA.VV., La lotta del “Garibaldi”, Feltrinelli, Milano, 1973. F. Drugman, Neologismi venti anni dopo, in: “ Arredo Urbano” , n. 9/10, ottobre ‘83/. aprile ‘84. G. Scarpini, Un filone programmatico dell’architettura milanese, in: “ L’Architettura Cronache e Storia” , n. 427, maggio 1991.


1. Progetto per il restauro urbanistico e architettonico dell’ex Liceo Beccaria, 1956 Milano piazza Missori (con P. e G. Mezzanotte)

2. Progetto per il restauro dell’isolato comprendente l’ex Seminario Arcivescovile, 1956-57 Milano corso di Porta Venezia (con G. Mezzanotte)

3. Edificio residenziale, 1956-57 Muggiò (Mi) via Casati

4. Edificio residenziale, 1958 Monza (Mi) via Toscana 5. Edificio residenziale, 1959 Monza (Mi) via Liguria

1. Il progetto, condotto per conto dell’Amministrazione Comunale di Milano, si riferisce all’ipotesi di proseguimento dell’arteria stradale proveniente da Corso Europa a completamento del tracciato della “ Racchetta” . Previsto sin dagli anni ’30 nel piano Albertini e confermato nel P.R.G del 1933 il progetto mirava ad alleviare il centro cittadino dal traffico racchiudendolo in un anello dal quale si dipartivano le radiali dirette verso la periferia. La realizzazione del suo ultimo tratto, confermato anche nel P.R.G. del 1945-53, comportava lo sventramento di un antico quartiere ricco di memorie e di valore ambientale (quello a fianco della chiesa di S. Alessandro) e l’abbattimento degli edifici del seicentesco Collegio degli Arcimboldi (ex liceo Beccaria). Grazie alla revisione del P.R.G, sollecitata sia dall’amministrazione che da una certa opinione pubblica, nel maggio del ’58 una commissione di architetti (Belgiojoso, Caccia Dominioni e Gazzola) progetta una galleria tra via Albricci e via Ansperto che avrebbe risolto senza troppi stravolgimenti il collegamento est-ovest della città. Nel dicembre del ’59 viene approvata la variante e si può quindi cominciare a progettare il recupero e la valorizzazione degli edifici che compongono il complesso dell’ex Liceo Beccaria, già fortemente danneggiato dagli eventi bellici e dalla dismissione della scuola. Il progetto Drugman/Mezzanotte prevede il recupero del palazzo all’uso dei cittadini realizzando a piano terra una galleria pedonale. A piano interrato sono, invece, previste una serie di attrezzature per il traffico pubblico e privato.

2. Lo studio si propone di approfondire il tema dell’acquisizione alla vita cittadina dell’isolato che comprende il Seminario Arcivescovile allo scopo di mettere in luce le nuove possibilità funzionali per la città prospettando un intervento vitalizzante che incida profondamente nel tessuto. Caratteristica peculiare dell’isolato è di contenere al suo interno un nucleo (la struttura del seminario) che non partecipa alla vita perimetrale. Il progetto assume a fulcro della nuova vita del quartiere il quadrilatero dell’ex Seminario proponendo un vincolo “ non aedificandi” in altezza per gli edifici di possibile nuova costruzione nei lotti adiacenti il Seminario, sorta di tutela ambientale delle aree che si relazionano con la corte. Percorsi pedonali attraverso cortili e androni dei palazzi di proprietà comunale come Palazzo Morando, Palazzo Rejna o il più conosciuto portale dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice su corso Venezia, uniti a quelli già indicati dal P.R.G., vengono fatti convergere sul porticato della nuova piazza cittadina. Lungo questi percorsi è prevista l’apertura al pubblico di vaste aree attrezzate per attività commerciali; questo comporta la collocazione nel sottosuolo di spazi destinati alle funzioni di servizio. Sotto il grande cortile del Seminario è previsto un autosilo servito da rampe esterne al monumento capace di oltre 500 auto. Lo schizzo qui pubblicato presenta l’ipotesi di ingresso al Seminario dalla stazione della metropolitana.

Gli sviluppi di Milano, in: AA.VV., Atti del Convegno del Collegio Regionale Lombardo degli Architetti, Milano, novembre 1959

3. Il progetto nasce dalla volontà di integrare l’architettura nell’ambiente circostante, lo spazio delle persone con lo spazio della natura, attraverso la proposizione di forme architettoniche semplici. È stata adottata una volumetria bloccata, non vincolata al tracciato stradale allo scopo di dare all’edificio un valore a sé stante e il migliore orientamento possibile; la stessa soluzione a torre è stata gradita proprio dai cooperatori per questi motivi oltre che per il risparmio di aree, di ammortamento degli impianti tecnologici. Inoltre questa tipologia garantiva condizioni di grande omogeneità e un’ottima fruizione del vicino parco Casati. La struttura portante è in cemento armato (muri all’interno e pilastrata perimetrale), la tamponatura in forati con interposta camera d’aria e intonaco. I serramenti esterni, tutti sul modulo dei 60 centimetri dell’antina apribile sono in abete comune. Per i servizi si è ricorso invece a finestrelle a sporgere in profilato di ferro. Le porte interne con telaio fisso ricavato da fodere commerciali di abete consentono la posa su mazzette a 45°. I pavimenti interni sono in marmette correnti 20x20 cm. Spalle, davanzali e cassonetti in cemento bianco. La zoccolatura del fabbricato è in cemento misto a polvere di antracite spuntato. L’intonaco esterno è in cemento strollato grosso. I parapetti metallici esterni e del vano scala sono in rete metallica. Copertura in eternit alla francese su orditura leggera in abete.

“ Casabella Continuità” n. 257, 1961

4. L’edificio di 16 alloggi su 4 piani, è stato progettato per conto delle gestione Ina casa. La struttura del fabbricato è mista: cemento armato per la spina centrale e le pareti aggettanti sui lati estremi, muratura portante perimetralmente. Tale sistema costruttivo, oltre che da ragioni obiettive di costo moderato è motivato dall’intendimento di portare il paramento di laterizio all’esterno non come un rivestimento, ma sulla base di una precisa motivazione di indole costruttiva. Il ruolo di alludere, più che denunziare, le murature portanti resta affidato alle piattabande sopra finestra e ai cordoli marcapiano realizzati in mattoni di fascia sulla correa.

5. L’anno successivo, sempre per conto della gestione Ina casa viene realizzato dalla cooperativa edificatrice “ G. Barlassina “ l’edificio B. Il fabbricato, contrariamente al progetto, è stato realizzato a struttura mista. Anche in questo caso, come nel progetto precedente, la scelta di distribuzione degli alloggi per piano è motivata dal desiderio di porli in condizioni paritetiche di fruizione interno/esterno.

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6. Progetto del Centro Civico al QT8, 1962 Milano (con P. Buzzi Ceriani, V. Vercelloni)

7. Agenzia turistica Italturist, 1964 Milano via Baracchini

9. Sopralzo di 5 piani di un edificio, 1967 Milano via Prampolini (con G. Scarpini, F. D’Alì)

8. Edificio a 11 piani, 1965 Sesto San Giovanni (Mi) viale Ercole Marelli

10. Edificio a otto piani, 1968 Sesto San Giovanni (Mi) Piazza Trento Trieste

11. Edificio residenziale a 9 piani, 1968 Sesto San Giovanni (Mi) via A. Maffi 112/z

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6. La soluzione presentata propone, per il Centro Civico del QT8, un ambiente urbanistico e architettonico inconsueto se riferito agli altri edifici costruiti. La caratteristica fondamentale del QT8 (dal punto di vista del risultato urbanistico) appare nella generale rarefazione degli interventi; nel carattere rigorosamente estensivo dell’insediamento sottolineato dai grandi spazi dedicati al verde attrezzato. Chi oggi osservi il quartiere percorrendo le strade del QT8, o dal Monte Stella, non può non notare la mancanza di questo centro logicamente previsto sin dai primi progetti. La carenza non è solo sociologica, ma anche urbanistica: a livello compositivo manca ora un complesso architettonico-urbanistico che funga da catalizzatore del quartiere, che risulti un polo di attrazione e di riferimento. In questo spirito nasce la proposta compatta e non casuale, che nella sua soluzione ortogonale e nei suoi volumi geometricamente semplici, vuole essere il completamento organico del quartiere. Si tratta di un intervento coordinato e complesso che prevede una serie di edifici pubblici raggruppati attorno a un ideale baricentro rappresentato dalla piazza pedonale ponendosi in rapporto dialettico con quanto lo circonda. Così il complesso del Centro civico fa entrare in una sorta di risonanza il verde della collina che lo circonda facendolo divenire parte degli spazi attrezzati.

7. La vetrina su strada riproduce, nelle parti non trasparenti, il marchio dell’agenzia; tali parti sono trattate a specchio fumè e di giorno risaltano pochissimo rispetto a quelle trasparenti, realizzando un gioco appena suggerito fra esterno e interno. Pareti e soffitto sono tappezzati con carta giapponese a fibre di seta marmorizzate color verde Alpi come il pavimento in marmo. La parte elevata del pavimento è in gomma blu. L’intradosso dell’impalcato e il cilindro della scala sono in gesso verniciati bianco lucido. Catalogo Bollaffi dell’Architettura italiana, 1963-66

8. Costruito per conto di una Cooperativa edificatrice in una zona di ristrutturazione del centro ad alta intensità (65.000mc/ha) il progetto risente di molte varianti avvenute in corso d’opera. L’edificio sorge in una posizione d’angolo ed è bloccato dalle testate per la chiusura dell’isolato. Si è dunque reso necessario uno svuotamento dei volumi di facciata per mantenere le linee di gronda. Inoltre, per una migliore distribuzione in appartamenti, il progettista ha creato un’architettura dai forti contrasti chiaro-scuro enfatizzati dalla scelta dei materiali. È possibile notare inoltre come il motivo ricorrente del balcone d’angolo intervenga quale elemento determinante della composizione. Si sviluppa così una volumetria complessa che accorpa e accompagna lunghe sequenze a fascia di serramenti verticali continui.

9. Al fabbricato esistente, costituito da un laboratorio artigiano a seminterrato, un piano per gli uffici al rialzato e un alloggio al primo piano, è stato sovrapposto, demolendo la copertura, un porticato vuoto di m 2,20 di altezza raggiungibile anche a mezzo di rampa pedonale dal giardino antistante verso strada. Dal portico si elevano cinque piani con diversi tagli di alloggi. La limpida struttura in cemento armato con la scala portata all’esterno dell’edificio, lascia completamente sgombri i vari piani e suggerisce per le abitazioni uno spazio in cui la dimensione della vita familiare può integrarsi in più articolati rapporti sociali. L’architettura degli ambienti riflette l’ipotesi di vita che l’ha suggerita; qui ha creato degli spazi “ contenitori” la cui definizione formale è determinata con estrema precisione dal disegno dell’involucro: ritmo delle vetrate continue modulate da sottili serramenti in ferro, travi in cemento a vista che scandiscono la soffittatura. Gli spazi interni sono spazi chiari con una logica semplice ed esplicita: non ci sono finestre ma lunghe zone vetrate, le tramezze in pannelli prefabbricati in gesso sono superfici colorate o bianche, qualche spazio è abbassato da un setto orizzontale che può diventare un piano sul quale appoggiare lampade, vasi o oggetti.

10. Il progetto condizionato da una precedente convenzione planivolumetrica fra l’Amministrazione comunale e il committente presenta al piano terra un portico pedonale. Lo sviluppo della facciata principale è caratterizzato dalla successione ritmica dei balconi. Il paramento è in klinker di colore bianco, balconi e struttura in cemento armato a vista. Anche in questo caso la passione per il mestiere dell’architetto si esplicita nell’essenzialità degli elementi formali. Infatti solo attraverso questa essenzialità le nuove costruzioni possono dialogare con quelle più rilevanti della città storica e realizzare il nuovo paesaggio.

11. Inserito all’interno di un quartiere cooperativo, il fabbricato, è formato da 4 alloggi per piano, ad esclusione del primo, da una sala comune in diretto collegamento con l’esterno e con l’atrio sottostante. Gli alloggi di superficie maggiore sono collocati agli ultimi due piani.

“ Abitare” n. 124, 1974


12. Edificio residenziale, 1968 Sesto San Giovanni (Mi) via Madonna del Bosco

13. Casa albergo per anziani, 1974-83 Sesto San Giovanni (Mi) via Madonna del Bosco (con M. Baffa, U. Rivolta, V. Fossati-Bellani)

15. Complesso scolastico e sportivo, 1976-86 Muggiò (Mi) via Allende (con M. Baffa, U. Rivolta)

16. Progetto per il Quartiere Garibaldi, 1981 Milano corso Garibaldi (con L. Basso Peressut e F. Premoli)

14. Progetto per un centro scolastico onnicomprensivo, 1976-78 Cologno Monzese (Mi) Strada della Chiesa (con U. Rivolta)

12. L’edificio è compreso nell’area definita “ lottizzazione quartiere Madonna del Bosco” . Si tratta di un edificio di cinque piani fuori terra su porticato. Al fine di ottenere una volumetria regolare e una copertura semplice, è stato ricavato al primo piano abitabile un locale stenditoio collettivo. Al primo piano si presenta un alloggio disomogeneo rispetto agli altri cinque in colonna: qui la superficie del locale pluriuso è stata aggiunta a quella del soggiorno senza indicarne la diretta illuminazione che, in questo caso non si presenta necessaria. Tale criterio è stato assunto d’accordo con i soci assegnatari di tutti gli alloggi da cinque vani. Per gli altri alloggi da cinque vani resta sempre possibile disporre di una finestra al locale pluriuso direttamente disimpegnabile. La scelta di porre gli alloggi più grandi in alto è stata dettata dalla necessità di ottenere una copertura unitaria a padiglione e di evitare il formarsi di terrazze che avrebbero creato situazioni disomogenee ai vari piani. Il fabbricato è in c.a. con muri di tamponamento in mattoni doppio UNI, falde di tetto in tegole marsigliesi, serramenti in lamiera smaltata.

13. Il complesso ha una pianta a “ L” aperta verso ovest, le camere sono collocate nei due corpi semplici, qui, al piano inferiore, sono inseriti i locali di servizio collettivi. All’intersezione dei due corpi si sviluppa a più altezze il grande soggiorno, vero e proprio cucinone-soggiorno lombardo, arricchito dal grande camino dove si concentrano tutte le attività diurne degli ospiti. Èquesto il vero e proprio fulcro dell’edificio, dove convergono non solo le attività degli ospiti, ma si vengono a mediare gli spazi, da quelli monofunzionali collocati nei due corpi lunghi, a quelli più flessibili collocati nel grande ambiente soggiorno. Ma è dall’esterno che questa parte dell’edificio si qualifica maggiormente presentando a sud i due grandi occhi dei finestroni rotondi e la lunga falda del tetto e il campanile verticale del camino.

14. Il centro scolastico onnicomprensivo è previsto in frazione Bettolino Freddo secondo le indicazioni concordate dal P.R.G. Il complesso prevede un corpo di fabbrica di cinque piani fuori terra di varia articolazione e superficie, servito da quattro corpi scala e due ascensori. Tale corpo è orientato secondo l’asse eliotermico che assicura un’esposizione paritetica, ai due fronti principali dell’edificio destinati alla didattica. Il centro scolastico è caratterizzato dall’aggregazione di unità funzionali con le seguenti destinazioni d’uso: spazi a bassa attrezzatura per la didattica di base; laboratori scientifici; spazi a carattere collettivo quali palestre, mensa, teatro auditorium, uffici amministrativi, ambienti per i servizi medici e sociali, biblioteca e sale di riunione; spazi di connessione, costituiti da “ strade corridoio” interne comprendenti i corpi scala e i blocchi servizio igienico-sanitari. Una serie di prese di luce zenitale e l’affacciarsi di spazi aperti o pensili contribuiscono a qualificare tali percorsi. “ Casabella” n. 447/448, 1979

15. Gli edifici fanno parte di un piano più ampio studiato dagli stessi autori, che comprende anche edifici residenziali. Il polo scolastico-sportivo è costituito da una scuola elementare di venti aule, da una scuola media di diciotto, da una palestra agibile anche indipendentemente dalle scuole e di attrezzature sportive all’aperto. Le due scuole sono tipologicamente e spazialmente diverse. La scuola elementare è caratterizzata da una pianta con aule convergenti; all’interno della figura sono inseriti gli spazi per le altre attività didattiche e di servizio (auditorium, museo didattico, mensa, cucine). La scuola media, al contrario, è costruita su un passaggio centrale che serve le aule poste su tre livelli, pertanto articolato in parti piane, in sale e in rampe, illuminato dall’alto, a cui si aggiunge un auditorium sviluppato in altezza. Tra le due scuole si colloca il volume pieno della palestra. A questa raffinata complessità spaziale, e tipologica, sicuramente più avvertibile dall’interno che dall’esterno, fa da controcanto un uso di materiali poveri: il cemento dipinto, i blocchi di cemento e di argilla espansa, il semplice intonaco, il vetrocemento.

“ Abacus” , n. 11, 1987

16. L’elaborazione del piano per il recupero dell’asse storico di corso Garibaldi e del tessuto urbano limitrofo si esprime in un’ottica di conservazione, valorizzazione ed “ esposizione” delle memorie stratificate di questa parte di città. Lo spazio urbano ha una storia e la sua conoscenza deve portare ad apprezzare e valorizzare le stratificazioni che si sono succedute. Nella proposta di recupero emerge con forza la necessità di un consolidamento tipologico e funzionale articolato intorno a capisaldi esistenti, assunti come strategici “ interventi di cerniera” tra diverse ideologie e pratiche che hanno concorso all’attuale morfologia del quartiere mediandone, senza occultarli, i contrasti tra i diversi tipi edilizi: la casa di ringhiera addossata agli antichi tracciati medievali, fino ai moderni edifici sorti sull’arretramento del filo stradale del P.R.G. del ’53. Questi interventi, attraverso innesti sul costruito, si propongono come salvaguardia e valorizzazione degli spazi liberi, evitandone un’ulteriore frantumazione, e ricomponendo l’immagine urbana attraverso il coordinamento formale e il riordino ambientale, il trattamento delle testate cieche degli edifici storici, l’aggiunta di volumi verticali orizzontali e in sopralzo, con il completamento di cubature e il riallineamento dei fili di gronda. L’attenta rilettura della storia urbana del quartiere arricchisce lo sviluppo della città attorno a nodi ambientali ricchi di valenze museali dove l’emergenza non è il monumento, ma il percorso, il pubblico, la strada, la vetrina commerciale e artigianale.

“ Hinterland” n. 21/22, 1982

Itinerari

55


A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno

Gennaio Febbraio

1999

1360 1370 1380 1358,71 1361,22 1363,73 1368,75 1371,26 1371,26 1373,78 1373,78 1377,54 1380,05 1385,08 1386,33 1390 1400 1410 1420 1387,59 1393,87 1397,63 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1430 1440 1450 1430,28 1435,31 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1460 1470 1480 1462,93 1467,96 1471,72 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1484,28

2000 2001 2002

Marzo

Aprile

Maggio

2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978)

56

Anno

Gennaio Febbraio

1999

470 470,23 471,10 480 480,23 482,40

2000 2001

Indici e tassi

2002

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

novembre 1978: base 100 Giugno

Luglio

dicembre 1978:100,72

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

471,97

473,71 474,58 474,58 475,45 475,45 476,75 477,62 479,36 479,79 490 483,70 484,14 485,44 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 512,39 512,82 513,69

3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)

anno 1995: base 100

Anno

Gennaio Febbraio

Giugno

2001 2002

109,30 109,69 111,80 112,18

Marzo

Aprile

Maggio

Luglio

giugno 1996: 104,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43

3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

Gennaio Febbraio

2001 2002

100,44 100,79 102,73 103,08

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Gennaio Febbraio

2001 2002

105,26 105,63 107,67 108,04

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23

4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

dicembre 2000: 113,4

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

anno 1999: base 100

gennaio 1999: 108,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24

5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

gennaio 2001: 110,5

2001 2002 103,07 105,42

6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

anno 2001: base 100

anno 1995: base 100

1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08

1999 2000 2001 2002 111,52 113,89 117,39 120,07

7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51

novembre 1995: 110,6

anno 1997: base 100

febbraio 1997: 105,2

2001 2002 108,65 111,12

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1993, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa

Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.

della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U.

14.4.1999 n° 86) dal 14.4.1999 10.11.1999 n° 264) dal 10.11.1999 8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001

Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria dell’Ordine.

2,5% 3% 3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,5% 4,25% 3,75% 3,25%

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).

Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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