AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 10 Ottobre 2003
17 18 19 20 23
Forum Gare di affidamento interventi di Giovanni Cavalleri, Massimo Gallione, Carlo Ratti, Richard Rogers Bergamo Cremona Lodi M antova M ilano
25
Argomenti
29
Concorsi
37 40
Professione e aggiornamento Legislazione Strumenti
42 44 45 48 50
Informazione Dagli Ordini Dalla Consulta Stampa Libri, riviste e media M ostre e seminari
52
Itinerari
56
Indici e tassi
4
Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Roberta Castiglioni, Martina Landsberger, Sonia Milone Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL) Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 23.050 copie Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini) € 3,00 In copertina: Elaborazione grafica dello Studio Camuffo per la guida della mostra Nike. Il gioco e la vittoria Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL .
Editoriale
1
Sommario
3
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174
w w w . consult a lom b a r d ia . a r chiw or ld . it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente e Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)
Beppe Rossi Vice Presidente della Consulta Regionale Lombarda
3
Editoriale
A nove anni dalla promulgazione della Merloni gli addetti ai lavori dibattono, riflettono, si interrogano su quanto e cosa la Legge abbia portato di positivo in merito all’affidamento degli incarichi professionali. Gli interventi di questo numero di “ AL” non faranno che manifestare quanto la quasi totalità degli architetti pensano sul tema dell’affidamento degli incarichi. E cioè in sintesi, che, al di là delle innovazioni apprezzabili che la 109 e il Regolamento hanno apportato nel quadro generale, molto ancora non funziona e che molto deve essere ancora corretto per ovviare ai numerosi problemi emersi e tuttora irrisolti. Da una parte, la Merloni ha portato una indiscussa innovazione per gli incarichi sopra soglia, dove il meccanismo di affidamento sembra che funzioni meglio, sia dal punto di vista della qualità dei progetti derivante da una selezione più mirata, che dal punto di vista della trasparenza; mentre per gli incarichi fiduciari è evidente che in sostanza nulla o poco è cambiato rispetto alla situazione precedente. Ad aggravare la situazione di incertezza generale contribuisce inoltre la poca dimestichezza che le stazioni appaltanti hanno ad affrontare in maniera corretta la questione degli incarichi, sia per mancanza di cultura specifica, sia per voluta ignoranza. Non a caso gli Ordini provinciali impiegano molte energie per inseguire, rettificare e diffidare bandi che molto spesso non rispettano il minimo della decenza. Inoltre, come è noto, gli incarichi fiduciari sono la stragrande maggioranza, sia come numero che come diffusione sul territorio in quanto interessano la quasi totalità dei piccoli e medi comuni. Quindi, è ovvio che per quanto riguarda le gare, risulta necessaria una revisione per gli affidamenti sia sotto soglia che nel sopra soglia, anche e soprattutto per i giovani progettisti che in questo meccanismo perverso sono fortemente penalizzati non avendo la possibilità di presentare un adeguato curriculum di opere realizzate, a tutto vantaggio delle società di ingegneria e di chi negli anni ha avuto la possibilità di acquisire incarichi. È pur vero che la Merloni prevede il concorso di progettazione dove anche i giovani hanno la possibilità di emergere, ma è altrettanto vero che la procedura concorsuale fa fatica a partire, nonostante il notevole sforzo di promozione che gli Ordini Lombardi hanno attuato negli ultimi anni nei confronti delle pubbliche amministrazioni. A complicare maggiormente il quadro legislativo nazionale ecco arrivare, inoltre, le nuove leggi regionali sui lavori pubblici che, speriamo, non contribuiscano a portare ulteriore confusione sull’argomento, ma che, al contrario, possano semplificare il processo degli affidamenti degli incarichi con la dovuta trasparenza.
Gare di affidamento
Forum
4
Il Forum di questo numero di “ AL” affronta l’esperienza, ormai largamente diffusa da parte delle Amministrazioni pubbliche, delle Gare di affidamento. Si ha l’impressione che il ricorso a questo strumento, nato con ottimi propositi, abbia determinato nuove problematiche riguardanti soprattutto le qualità architettoniche dei progetti selezionati. Pubblichiamo, qui di seguito, ringraziandoli per il loro contributo, gli interventi di Giovanni Cavalleri, coordinatore della Commissione LL. PP. della Consulta; Massimo Gallione, vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e Carlo Ratti, professore presso il M.I.T. di Boston (per gentile concessione, da “ Casabella” , n. 714, settembre 2003). Inoltre, segue la testimonianza di Richard Rogers (per gentile concessione, da “ Il Sole 24 Ore” del 31 agosto 2003).
Regole incerte, spese variabili di Giovanni Cavalleri Interesse “ professionale” ed interesse “ istituzionale” (sono Consigliere dell’Ordine di Como) mi hanno fatto seguire un bel po’ di bandi di gare di affidamento di incarichi. Dopo questa fase continua a non piacermi tale procedura. Premesso che, con l’avvento della “ Merloni” , si sono sì stabiliti alcuni princìpi generali volti ad assicurare una adeguata trasparenza e concorrenzialità nel mercato dei lavori pubblici, e che, è fuor di dubbio, proprio in materia di progettazione la stessa ha introdotto delle innovazioni apprezzabili. L’obbligo di svolgere procedure tese ad eliminare incertezze e valutazioni discrezionali da parte dei singoli enti appaltanti, sembrava almeno in grado di eliminare le clientele locali o le lobby più influenti. Il sistema era comunque mal digerito, convinti come siamo che la cosa migliore, sotto tutti gli aspetti, è quella di selezionare il progetto e non il progettista, sognando anche in Italia una stagione di concorsi di progettazione; ma che non si poteva reagire più di tanto perché già accusati di posizioni corporative ritenute contro l’apertura del mercato e della libera concorrenza, parole d’ordine dell’attuale momento, si dice, per stare al passo della moderna Europa. All’inizio era il caos, ora invece il caos perdura. Sia per il così detto sottosoglia fiduciario, ancorché portato ai 100.000 € che, come unico obbligo, imporrebbe una adeguata pubblicità e, fermo restando il potere decisionale dell’appaltante, la motivazione giustificativa delle scelte, ma dove non si hanno tuttora certezze sui criteri di stima dell’importo di soglia.
Sia per il così detto sottosoglia comunitario, tra i 100.000 e i 200.000 €, ove è stabilito che si deve ricorrere alla licitazione privata con criteri di scelta stabiliti nel bando, ove la valutazione dei curricula, l’esperienza, la capacità professionale, deve (dovrebbe) prevalere sull’offerta economica che, come si sa, dovrebbe rispettare l’applicazione della Tariffa Professionale del 4.4.01. Per non parlare del soprasoglia ove, a dispetto della abrogazione del discusso Decreto Karrer e senza una susseguente definizione di nuove regole certe, si assiste a “ invenzioni” degli enti appaltanti con abbondanti attenzioni al citato Decreto Karrer, o dove comunque si prediligono le formule matematiche rispetto a selezioni di tipo qualitativo. Dai vari bandi esaminati – solo una minima parte perviene all’Ordine, e sempre e solo con la sola richiesta di pubblicità – si evidenzia come vi sia una notevole disparità sia per i requisiti di ammissione che nei criteri di affidamento. In genere, sempre confondendo la qualità con la quantità, vi è variabilità sul numero delle opere ammesse nel curriculum, sul numero degli anni di riferimento, sulla quantità del fatturato di attività professionale, sulla quantità del valore delle opere progettate, sulla durata dei tempi di progettazione. Non vi è quasi mai chiarezza sulla comparazione dei curricula tra società o gruppi (somma di più curricula o curricula preminente?) e il singolo professionista. Per poi scoprire, ad assegnazione di incarico – e qui bisogna essere dei “ segugi” – a chi e come sono stati affidati gli incarichi; chissà perché bisogna sempre “ intimare” la consegna della notizia, ricorrendo alla così detta “ legge Bassanini” , che molti curricula finiscono alla pari, cosicché l’elemento offerta sulla consistenza delle “ spese” accessorie e sugli sconti allo sconto di legge diventa l’elemento determinante; al che si deduce che la inderogabilità della Tariffa Professionale vale fino a un certo punto. Quando poi vi figurano sconti sui tempi, già a volte strettissimi, per l’invio della domanda e della documentazione o sui tempi di progettazione, il sospetto che si sia tornati a “ quando si stava peggio” con ripristino della voglia di “ far tra noi” diventa lecito. Dalla esperienza “ professionale” , e visto che su circa 50 partecipazioni a gare si è arrivati ad un solo (piccolo) incarico, pongo l’attenzione alla questione di quanto costa partecipare alle gare? Proprio per la disparità dei criteri sopraccennati, la partecipazione diventa un ulteriore “ lavoro” : per l’approntamento degli atti servono almeno 4/5 ore, che aumentano in caso e in proporzione alla partecipazione in raggruppamenti; anche se si ha un curriculum pronto bisogna sempre selezionare le opere in base ai criteri imposti e ricalcolare il valore delle opere; vengono richiesti, quale referenze, ampi stralci dei progetti eseguiti; alcuni appaltanti consegnano il bando solo per corriere, con conseguenti costi dell’interessato; risulta oneroso il costo di fotocopie e ma-
Forum
5
Le immagini pubblicate fanno parte della guida e del catalogo della mostra Nike. Il gioco e la vittoria, in corso a Roma presso l’Anfiteatro Flavio sino al 7 gennaio 2004. Ringraziamo l’editore Electa e lo studio grafico Camuffo di Venezia per la gentile concessione.
Statua in bronzo di corridore, dalla Villa dei Papiri di Ercolano, copia romana del I sec. d.C. da originale del IV - inizio del III sec. a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Š Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta.
Forum
6
La situazione attuale degli affidamenti di servizi di Massimo Gallione Le modifiche costituzionali Con la modifica costituzionale introdotta nel 2001, la potestà legislativa in materia di lavori pubblici è di competenza delle Regioni; ma questa affermazione non è sufficiente ad esaurire il tema. Infatti, alla legislazione esclusiva dello Stato, ad esempio, compete la tutela della concorrenza, la tutela dell’ambiente e dei beni culturali, mentre alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni compete il governo del territorio e le grandi reti di trasporto. Potrebbe sembrare quindi che tale materia non riguardi, se non in minima parte, la competenza statale; in realtà almeno la “ concorrenza” , aspetto fondamentale per gli appalti di servizi, riporta a livello non solo regionale tale disciplina. Resta infine inalterata la competenza di livello europeo alla quale si debbono uniformare le normative di Stato e Regioni. Questa premessa è necessaria per chiarire che purtroppo possono non essere illogici (sino almeno alla prossima auspicata modifica costituzionale), conflitti di competenze di tipo legislativo tra Stato e Regioni nell’ambito di appalti di servizi e concorsi. La Legge Quadro e il Regolamento La legge Merloni (L. 109/94) disciplina in linea di principio la materia dei lavori pubblici e lascia spesso, con particolare riferimento ai concorsi e alle gare, ampio margine al successivo regolamento di attuazione. L’esperienza degli anni seguiti alla emanazione del relativo Regolamento (D.P.R. 554/99) ha però evidenziato molti limiti di tale disciplina attuativa. Soprattutto, esso sembra aver solo in parte realizzato quei princìpi di qualità, efficacia ed efficienza cui deve essere improntata l’attività amministrativa; princìpi cui è ispirata la normativa europea in materia e la stessa Legge quadro (art. 1).
Attualmente il Ministero delle infrastrutture ha finalmente iniziato l’iter di modifica del Regolamento e il CNAPPC giudica di estremo interesse questa iniziativa. Nell’ambito di tale iniziativa abbiamo proposto di riferirsi ai princìpi e alle esperienze degli altri Paesi europei in questa materia. Tali princìpi tendono ad una maggiore avvedutezza nella gestione della cosa pubblica, funzionalizzando gli interventi ad una concreta programmazione urbana e territoriale, e possono rappresentare un volano per l’economia e un ulteriore incentivo ad un mercato più maturo. La programmazione Nella legge Merloni l’aspetto della programmazione risulta relativamente ben inquadrato; in realtà, però, nella normativa di attuazione e, conseguentemente, nella prassi, tale aspetto è stato disatteso, sostanzialmente per carenza di un adeguato approfondimento. Il Parlamento ha recentemente adottato un importante strumento per potenziare e dare attuazione a quanto disposto in materia di programmazione dalla legge Merloni. Al comma 13 dell’Art. 94 della legge finanziaria è stato previsto, infatti, che le disposizioni relative al fondo rotativo per la progettualità, previste dalla L. n. 549/95, si applicano anche ai documenti preparatori del concorso di idee e di progettazione. Il finanziamento di tali documenti permette uno studio più approfondito e mirato che consente una migliore programmazione e, conseguentemente, una migliore qualità della progettazione pubblica nel nostro Paese, avvicinandolo sempre più agli elevati standard di altri Paesi membri U.E. In tal modo si rende sempre più attuabile, contrariamente a quanto avvenuto in precedenza, una corretta ed esaustiva programmazione dei lavori pubblici e, con essa, dei concorsi. Si valorizza inoltre il concorso di idee come supporto qualitativo nell’ambito della programmazione. In tale prospettiva appare inoltre indispensabile che il documento preliminare di progetto, piuttosto che costituire un mero atto formale, diventi anche un basilare strumento di studio e approfondimento – in linea con la ratio ispiratrice della norma – e, di conseguenza, adeguatamente retribuito a favore del suo attore principale, il RUP, attraverso le somme di cui all’Art. 18 della Legge. Ora si tratta di promuovere questi stessi concetti al fine di valorizzarli anche nel campo delle nuove leggi regionali, soprattutto con l’istituzione di appositi Uffici Concorsi. Il risultato di tutti gli aspetti evidenziati non può che consistere, finalmente, in un forte incentivo alla programmazione di qualità delle opere pubbliche. Gli appalti di servizi Per quel che concerne le gare, si rende necessaria una revisione sia nel sottosoglia che nel soprasoglia; questo è indispensabile al fine di assicurare la conformità del diritto interno ai princìpi comunitari della concorrenza e della libertà di servizi.
7
Forum
teriale stampato, ecc.; quasi mai nei bandi sono comprese le caratteristiche cui la progettazione dovrebbe informarsi. In conclusione, tra materiale e lavoro, credo che il costo per la partecipazione ad una gara di affidamento possa variare tra le vecchie 200.000 e 400.000 Lire: il che diventa un investimento non marginale che meriterebbe maggiore rispetto da parte delle stazioni appaltanti, le quali dovrebbero invece dare sufficienti elementi informativi in modo che si sia in grado di valutare la convenienza economica ad affrontare la gara. Insisto che dovrebbe poi esservi l’obbligatorietà della pubblicazione dei risultati delle gare.
Forum 8
9
Forum
La Legge 109/94 è stata già oggetto di richiesta di informazione da parte della Commissione europea: questa ha precisato che anche ai pubblici appalti, al di sotto della soglia di 200.000 ECU, si applicano i princìpi espressi dalla direttiva 92/50, nel rispetto delle norme del trattato CEE e in particolare di quelle relative al principio della libera prestazione di servizi. Tale impostazione è stata, poi, ripresa anche dalla giurisprudenza amministrativa italiana (TAR Lazio). Per poter verificare la conformità del diritto interno al Trattato UE è necessario, ovviamente, identificare preliminarmente i princìpi fondamentali della normativa europea. L’analisi della legislazione di settore mostra, con evidenza immediata, che la differenza tra la procedura di appalto e quella del concorso di progettazione si fonda sul diverso risultato al quale le due procedure sono funzionali. Il primo mira a selezionare la migliore offerta di servizio, il secondo invece vuole individuare immediatamente la migliore prestazione, che proprio per questo costituisce diretto ed esclusivo oggetto di valutazione da parte della stazione appaltante. Ciò comporta che la procedura di aggiudicazione dell’appalto deve essere informata a requisiti che consentono di identificare e scegliere la migliore offerta di servizio, sulla base di una congrua programmazione della gara. Nella disciplina dell’Art. 64 del Regolamento si verifica, invece, una ampia commistione tra requisiti soggettivi e oggettivi, che tradiscono l’impostazione di fondo della procedura, così come delineata nei princìpi della concorrenza europea sopra esposti. Con tale constatazione non si vuole qui negare la possibilità di identificare i requisiti soggettivi che consentano l’accertamento delle capacità tecnico-economiche dell’appaltatore (principio derivante da una norma europea). Al contrario si vorrebbe escludere che le stesse capacità possano costituire criterio di selezione dell’offerta di servizio, dovendo piuttosto rimanere limitate alla preventiva fase di pre-selezione dei soggetti legittimati a presentare l’offerta. La commistione tra i due requisiti costituisce, dunque, una profonda divaricazione rispetto ai princìpi fondamentali della disciplina comunitaria. Tale aspetto può essere sanato con l’attribuzione a ciascun tipo di tali requisiti di uno specifico ruolo, nei rispettivi due momenti in cui è dato articolare la procedura: i requisiti soggettivi nella fase di pre-selezione dei soggetti legittimati a presentare l’offerta; i requisiti oggettivi nella fase di selezione dell’offerta medesima. Al riguardo vale qui citare l’esperienza del Decreto Karrer (D.P.C.M. 116/1997) che, proprio per tali motivi, ha portato la Commissione a deferire il Governo italiano dinanzi alla Corte di Giustizia, sostenendo l’illegittimità e la contrarietà con la Direttiva 92/50/CEE del medesimo decreto. L’effetto, come noto, è stato quello dell’abrogazione di quest’ultimo.
Forum
10
Restano però da ottimizzare anche altri aspetti del Regolamento, al fine di rendere sempre più funzionali alla qualità progettuale e all’efficacia dell’azione amministrativa le procedure in materia di LL.PP., tra i quali: • da un lato una sostanziale semplificazione della norma liberandola da inutili complicazioni e farraginosità, da un altro promuovendo la partecipazione agli appalti di servizi dei giovani progettisti; • una migliore preparazione del Bando sia nella parte procedurale, sia soprattutto nella chiara ed esaustiva manifestazione delle necessità dell’Amministrazione; • altro aspetto decisivo riguarda la composizione e il lavoro della giuria (da prevedersi sia per le gare che per i concorsi) che deve essere formata prevalentemente da esperti competenti, con modalità di lavoro trasparenti e con equilibrio tra aspetti di giudizio oggettivi e soggettivi. Infine, ritornando al tema costituzionale della premessa, sarà utile considerare che comunque il Regolamento statale, di cui si tratta, avrà un’efficacia limitata ad un numero di opere minore rispetto al passato, ma potrà invece essere, se ben riformato, un utilissimo riferimento per le normative regionali che in questa materia si stanno avviando.
Riformare per peggiorare? Il passaggio alle Regioni delle competenze su appalti e lavori pubblici promette di rendere irreversibile la crisi dell’architettura in Italia di Carlo Ratti • 1. “ Non capisco come mai un Paese così bello come l’Italia faccia oggi dell’architettura così brutta” . Più o meno così si interrogava Jean Nouvel un paio d’anni fa a New York (1). A prima vista può sembrare una valutazione un po’ brutale, ma non è l’unica. Negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli appelli sullo stato critico dell’architettura nel nostro Paese (2). Se l’Italia ha avuto un ruolo centrale nelle vicende architettoniche del Novecento, oggi sembra occupare una posizione periferica e marginale. A conferma di ciò – qualora ce ne fosse bisogno – il ridotto numero di pubblicazioni di opere italiane contemporanee sulle riviste internazionali di settore, notevolmente inferiore a quello di paesi comparabili come Francia, Germania e Regno Unito (3). Quali le cause? Le ipotesi correntemente avanzate dagli addetti ai lavori sono molteplici. C’è chi sottolinea la scarsa preparazione della committenza privata, incapace, al di là delle prestazioni di base che vengono normalmente richieste a un edificio, di cogliere quelle opportunità in termini di immagine, marketing e sviluppo, che offre un ambiente ben progettato rispetto a uno di qualità scadente.
C’è chi stigmatizza la crisi della formazione universitaria, con la creazione di facoltà d’architettura disperse nelle sedi periferiche più improbabili (come si fa a creare da un giorno all’altro un buon corso di laurea in architettura a Roccacannuccia, quando per questa disciplina è essenziale una pratica costante a stretto contatto con progettisti carismatici e di valore?). C’è chi denuncia l’anomalia italiana dei geometri: una categoria professionale che non possiede una formazione di livello universitario; ma che può incidere pesantemente sul territorio. C’è poi anche chi addossa parte delle responsabilità all’arretratezza delle grandi imprese di costruzione: “ Nell’arco di pochi anni, per un insieme di motivi che sarebbe lungo qui trattare, l’industria edilizia nazionale ha dilapidato un patrimonio di saperi e competenze (4)” . C’è infine chi fa notare lo scarso appeal dell’architettura nel nostro Paese: mentre altrove essa tiene banco su quotidiani e riviste non specialistiche, in Italia essa resta, con poche lodevoli eccezioni, “ la grande dimenticata” della celebre invettiva di Bruno Zevi (5). A Barcellona, per esempio, la stampa entra continuamente nel merito dei progetti urbani in divenire ed esalta la figura dell’architetto con toni che a volte ci fanno sorridere: le cronache rosa si occupano del flirt tra Ricardito Bofill e la nota cantante Paulina Rubio, mentre quelle religiose seguono con apprensione il processo di beatificazione di Antoni Gaudí! Ciascuna delle motivazioni sopra esposte potrebbe essere dibattuta in dettaglio, e riscuoterebbe probabilmente approvazioni da parte di alcuni e critiche da parte di altri. Su un aspetto, però, si registra un consenso quasi unanime: l’attuale situazione di crisi è in parte legata al quadro normativo sui lavori pubblici, la cosiddetta legge Merloni. Una legge che, si dice, non prevede nessun incentivo per la qualità dell’architettura. Se lo Stato, committente delle opere più significative e importanti, è poco virtuoso ed esigente dal punto di vista qualitativo, che cosa ci si può aspettare dai privati? Non sono mancate, negli anni passati, reiterate invettive sulla legge Merloni da parte di autorevoli esponenti del mondo professionale e accademico (6), tanto che non varrebbe la pena di riprendere l’argomento in questa sede se una nuova iniziativa, passata sotto silenzio da quotidiani e riviste, non stesse per modificare radicalmente la situazione, segnando probabilmente il destino architettonico del nostro Paese per i prossimi decenni. In applicazione della riforma federalista della Costituzione italiana, le competenze sulla regolamentazione dei lavori pubblici stanno passando alle regioni. Le quali hanno predisposto una bozza di Testo Unico per gli appalti, approvata nei mesi scorsi (7). L’intero quadro normativo a cui dovranno sottostare i progettisti, insomma, sta per cambiare. Dal punto di vista della qualità, probabilmente in peggio. • 2. Ma andiamo con ordine. Per valutare la portata dei cambiamenti in corso è necessario partire proprio dalla
Discobolo Lancellotti, copia romana del II sec. d.C. del Discobolo di Mirone, Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme. Š Soprintendenza Archeologica di Roma.
Forum
11
Forum
12
normativa oggi in vigore. La Legge 109/94, nella sua versione iniziale, venne proposta circa dieci anni fa dall’allora ministro dei Lavori Pubblici Francesco Merloni. L’Italia era in una situazione di emergenza, a seguito degli scandali di Tangentopoli. Bisognava porre fine a una stagione in cui gli incarichi di progettazione e realizzazione delle opere pubbliche venivano assegnati con logiche di lottizzazione, in base all’appartenenza a partiti politici. Senza contare il fatto che la legge di riferimento vigente all’epoca, il Regio Decreto 350 del 1895, necessitava di una revisione. Ricorda Francesco Merloni: “ Quando fui nominato ministro dei Lavori Pubblici trovai una brutta situazione: tutti gli appalti per le opere pubbliche erano assegnati mediante trattativa privata o con gare pilotate. La spinta di Tangentopoli fu decisiva per un cambiamento di direzione: io bloccai le trattative private e imposi gare d’appalto trasparenti, ottenendo buoni risultati; poi ci fu la presentazione del progetto della nuova legge” . La Legge ebbe un iter avventuroso e venne approvata in articulo mortis dal governo Amato, poche ore prima dello scioglimento delle Camere da parte dell’allora Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro. Nacque con intenti moralizzatori, cercando di eliminare quegli elementi di arbitrarietà che erano stati alla base della precedente degenerazione del sistema. Da questo punto di vista non si possono negare effetti positivi. Sempre Francesco Merloni: “ Tanto per fare un esempio su quali sono i risultati sul piano dell’economia, la Banca Centrale Europea ha stimato che, dopo l’entrata in vigore della legge (e la fine di Tangentopoli) il costo medio degli appalti pubblici sia diminuito del 25% ” . Perché allora la legge viene correntemente considerata così nefasta per l’architettura? Proprio come reazione a Tangentopoli, essa ha cercato di ricondurre a parametri oggettivi tutti gli aspetti della realizzazione di una grande opera pubblica, inclusa la sua progettazione. Il risultato è che una prestazione intellettuale dall’alto valore creativo come quella di un architetto viene trattata quasi alla stregua di una fornitura di calcestruzzo. La procedura principale oggi seguita dalle amministrazioni pubbliche in Italia per individuare un professionista è, infatti, la cosiddetta “ gara per l’affidamento di servizi di progettazione” (o gara su curriculum): uno strumento che si basa sull’offerta economicamente più vantaggiosa e sulla rigida applicazione di parametri burocratici – come fatturato, numero di computer a disposizione e opere analoghe precedentemente realizzate. Questo criterio si potrebbe riassumere così: hai già progettato novantanove palazzetti dello sport, belli o brutti che siano? Allora puoi progettare anche il prossimo. Tutto ciò ha avuto effetti perversi sull’architettura del nostro Paese. La gara su curriculum, infatti, stabilisce come selezionare un progettista, ma non come motivarlo perché fornisca una prestazione architettonica di qualità. Un approccio del genere è particolarmente rischioso in un
campo in cui l’impegno necessario per produrre un buon progetto non è nemmeno lontanamente confrontabile con quello richiesto da un progetto ordinario, scopiazzato in fretta da un manuale. Alcune gare, affidate a progettisti responsabili, hanno avuto esiti felici. In generale, però, non è garantita la scelta di un professionista di qualità, ma semplicemente di uno coi “ numeri giusti” . Emblematico ad esempio il caso di Torino, dove per la riconversione delle ex-Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie, importante struttura Ottocentesca che l’amministrazione comunale vorrebbe adibire a Urban center, è stato preferito un raggruppamento capeggiato da un’anonima società di ingegneria all’architetto spagnolo Oriol Bohigas, in base all’esame dei rispettivi numeri e all’accuratezza nella compilazione delle domande di partecipazione. Un altro effetto nefasto è che i giovani progettisti all’inizio della loro carriera, quelli che potrebbero contribuire al rinnovamento della professione nel nostro Paese, sono oggi completamente tagliati fuori, non potendo disporre di un adeguato portfolio di opere realizzate. Di solito tendono a imporsi le grandi società di ingegneria, a volte proprio le stesse che si sono costruite un curriculum imbattibile nei discussi anni di Tangentopoli. La Legge Merloni prevede anche metodi alternativi per l’individuazione di un progettista, come il concorso di progettazione: ma questi strumenti non sono incentivati e risultano oggi minoritari (8). Pur avendo prodotto effetti positivi nella gestione dei lavori pubblici, la legge non sembra quindi efficace dal punto di vista della qualità dell’architettura. Un’opinione condivisa anche dallo stesso Francesco Merloni, che oggi commenta: “ Bisogna puntare tutta l’attenzione e l’impegno sulla progettazione. Questo, infatti, è il vero esercizio intellettuale in cui si esprimono l’innovazione e la creatività. In questi anni in Italia è mancata la cultura del progetto, e questa tendenza va invertita. Gli incentivi possono nascere soprattutto dal confronto e dall’emulazione. Bisogna dare più spazio e più risorse al momento della progettazione, rispetto a quello dell’esecuzione: basta pensare che, in Inghilterra, per le opere di restauro dei monumenti si destina alla progettazione fino al 28% del costo complessivo. Infine, credo si debba prestare attenzione, in modo obiettivo e senza pregiudizi, anche ai contributi che possono nascere da giovani all’inizio della loro carriera. E, anche in questo caso, sono i concorsi di progettazione che possono far emergere le idee veramente nuove” . • 3. I commenti di Francesco Merloni sembrano indicare una direzione interessante verso cui modificare l’attuale normativa sui lavori pubblici, alla luce dei risultati dello scorso decennio. Certo, bisognerà iniziare a discutere di quali siano gli strumenti effettivamente in grado di incentivare l’architettura di qualità (9): concorsi aperti, concorsi con preselezione su curriculum, concorsi di idee, concorsi con giurie pubbliche o popolari, gare che valutino non solo la quantità di opere realizzate da un progettista
Statuetta in bronzo di atleta con una palla in mano, da Epidauro, prima metà del V sec. a.C., Berlino, Staatliche Museen. © Staatliche Museen zu Berlin – Preussischer Kulturbesitz Antikensammlung (foto: Johannes Laurentius).
13
Forum
ma anche il loro valore (per esempio in base al numero di pubblicazioni su riviste internazionali, come certificato da indici quali API e Avery, o il piazzamento nei concorsi di idee, come avviene in Olanda al fine di promuovere l’ascesa dei giovani). Ci si potrebbe ispirare a diversi modelli europei, come quelli di Francia e Inghilterra. Queste esperienze dimostrano che una buona normativa può contribuire a risollevare le sorti architettoniche di un Paese. Renzo Piano, in un forum sul sito internet www.architettura.it (10), ricorda i cambiamenti verificatisi in Francia una ventina di anni fa: “ È cambiato tutto, proprio perché è diventato obbligatorio fare concorsi. I committenti si sono organizzati, i comuni oggi sanno come procedere, la musica è cambiata. Perché uno degli effetti dei concorsi è anche quello di moralizzare la committenza, che deve diventare molto più attenta” . In quale direzione va la bozza di Testo Unico predisposta oggi alle regioni per rimpiazzare la Legge Merloni, a seguito della riforma federalista della Costituzione? Esattamente nella direzione contraria a quanto sopra esposto. L’ultima versione approvata continua a considerare la prestazione creativa di un architetto al pari di una qualsiasi altra fornitura di beni o servizi. Il concetto di qualità della progettazione sembra piuttosto alieno. Nel testo la parola “ architettura” compare solo cinque volte in sessantasette pagine – quattro volte nell’accezione “ architettura della legge” o “ architettura dell’articolato” . Soltanto in un paio di casi si parla sfuggevolmente di “ qualità” o “ pregio architettonico” . Racconta Massimo Gallione, vice-presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti: “ Abbiamo presentato diversi emendamenti. Molti di essi sono stati accolti, anche se non in misura sufficiente per cambiare l’impostazione complessiva del testo. Quest’ultimo, infatti, non è ancora particolarmente orientato verso la necessità dei cittadini di godere di architetture e spazi pubblici di qualità. In questo senso non possiamo dirci soddisfatti” . La bozza, insomma, non incentiva la qualità della progettazione. Da questo punto di vista ricalca l’attuale Legge Merloni, forse peggiorandola. Bisogna poi aggiungere un’altra considerazione. Se oggi abbiamo un’insoddisfacente legge nazionale, domani ne avremo probabilmente venti: una per ogni regione, declinata a partire dalla bozza di Testo Unico oggi approvata. È difficile prevedere quali saranno gli effetti di una tale situazione, visto che non è ancora chiara l’entità delle varianti che verranno apportate. Ma sorgono gravi motivi di preoccupazione, come fa notare Claudio De Albertis, presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili: “ Bisogna fare i conti col velleitarismo legislativo delle regioni, ciascuna delle quali sta promulgando leggi particolari per normare questo o quell’aspetto. Non se ne può più. Il risultato è un notevole intralcio all’attività delle nostre imprese, di per sé nomadi sul territorio” . Anche il professor Mario Comba, ordinario di Diritto pubblico com-
Forum 14
(per gentile concessione, da “Casabella”, n. 714, settembre 2003)
Note 1. Conversazione con l’autore in occasione dell’apertura della mostra Brazil: Body and Soul al Guggenheim Museum di New York. In parte riportata su “ Domenica” , supplemento culturale de “ Il Sole 24 Ore” del 16 dicembre 2001 (L’architetto seduce). 2. Cfr. per esempio le dichiarazioni di Paolo Portoghesi, Paolo Zermani, Michele Achilli e Fabrizio Rossi Prodi sul “ Corriere della Sera” del 26 maggio 2003 (L’architetto: no, preferiamo l’architect). 3. Il numero di pubblicazioni per Paese sulle principali riviste di architettura può essere agevolmente verificato sull’Architectural Publications Index (API) del Royal Institute of British Architects. 4. Alberto Ferlenga, Concorsi in Italia: opportunità e pericoli, “ Casabella” , 712, giugno 2003. 5. Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura, Einaudi, Torino, 1948. 6. Cfr. ad esempio Marco De Michelis, Funzionano i concorsi in Italia?, “ Domus” , 841, ottobre 2001. 7. Il testo, disponibile su internet, www.itaca.org, ha acquisito nei mesi scorsi il parere favorevole della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome. 8. Il numero molto ridotto di concorsi di progettazione, sia rispetto alle gare su curriculum, sia rispetto agli altri Paesi
europei, può essere verificato sul sito www.europaconcorsi.com, che contiene un vasto database su gare e concorsi di progettazione. 9. Su questo punto si è espresso ripetutamente il Consiglio Nazionale degli Architetti negli scorsi anni. 10. http://www.architettura.it/concorsi/forum/.
La mia esperienza italiana di Richard Rogers Sono circa 15 anni che provo a lavorare in Italia e ancora non sono riuscito a realizzare praticamente nulla. Risale a 15 anni fa ad esempio il progetto di creare a Firenze una passeggiata ai bordi dell’Arno, come sulla Senna a Parigi, che darebbe sollievo dal traffico e offrirebbe magnifiche prospettive sugli Uffizi e i palazzi adiacenti. Ipotesi considerata da tutti bellissima, ma alla fine sempre scartata per qualche futile obiezione. Allo stesso modo sono caduti nel vuoto il lavoro svolto con un gruppo internazionale di una decina di architetti per l’ex area Fiat di Novoli e il progetto di tre anni fa per Castello, nei pressi del l’aeroporto di Firenze, che avrebbe dovuto riguardare 20.000 persone e per il quale era stato fatto uno studio approfondito in termini di sostenibilità e di analisi dell’inquinamento acustico, del vento, del sole. Abbiamo fatto lunghissimi incontri, sono stati invitati esperti e poi nulla. Silenzio assoluto: oggi che di quest’area si è ricominciato a parlare (come ho appreso dai giornali) è più difficile prendere appuntamento con i vertici di Fondiaria, proprietaria dei terreni, che con il primo ministro britannico. Promettono meglio due progetti di rigenerazione urbana a Verona (ne è promotore un privato) e a Scandicci, città dormitorio che potrebbe risorgere grazie alla nuova tramvia e soprattutto grazie alla volontà di un sindaco dotato di visione e che (cosa rarissima) prende decisioni chiare. Ma salvo eccezioni la situazione è pressoché sempre la stessa: per ogni passo che si compie in avanti, se ne fanno due indietro. L’Italia, tra i Paesi nei quali ho lavorato – resto d’Europa, la Cina, il Giappone –, è in assoluto quello dov’è più difficile lavorare. Il problema è squisitamente politico: fare architettura non è come fare una tazza o un paio di scarpe. Non è design: richiede il sostegno della politica. Ma in Italia dove la politica interviene, interferisce. Sono stato consulente di Mitterand per i grandi progetti francesi, il 90 per cento dei quali è andato in porto, mentre in Italia vale l’inverso, il 90 per cento dei progetti naufraga. L’architettura dovrebbe essere al di sopra delle dispute di parte. In Italia, invece, ne diviene strumento. Anche il sistema delle imprese private, che di per sé specie nel Nord del Paese opererebbe molto bene, smette di funzionare nel momento in cui interviene a politica – a qualunque livello: si tratti di governo centrale o locale. Le giu-
15
Forum
parato all’Università di Torino, esprime le sue perplessità: “ Molti aspetti legislativi si chiariranno presto con il disegno di legge La Loggia (attuativo della riforma della Costituzione), con la direttiva Europea sugli appalti e con la prossima sentenza della Corte Costituzionale sulle competenze statali in materia di servizi pubblici locali. Ma si sta profilando un quadro complesso. Ci saranno normative sugli appalti pubblici diverse non solo da regione a regione, ma anche all’interno di ciascuna di esse, visto che lo Stato continuerà a occuparsi delle grandi infrastrutture. Quale procedura si dovrà seguire per costruire, ad esempio, un ponte sul Ticino?” . Le nuove leggi regionali, insomma, lungi dal porre rimedio alla grave crisi del nostro Paese, rischiano di acuirla. Anche se è in fase di elaborazione, con grandi fanfare, una Legge nazionale sull’architettura, non si capisce ancora quali potrebbero essere le eventuali ricadute sulle competenze locali. È il momento di discuterne, di avanzare proposte, prima che le normative regionali, ora in dirittura d’arrivo, diventino operative. Con la consapevolezza che da questa battaglia dipenderanno i destini dell’architettura nazionale per i prossimi decenni. È vero, come sostiene Mario Fazio, che “ non si può progettare bene per decreto” . Una legge non basta, ci vuole anche una forte volontà; ma se passano leggi come quelle proposte, probabilmente sarà difficile progettare bene – con tutta la miglior volontà.
Forum
16
rie dei concorsi sono composte per metà da politici e per metà da architetti affiliati ai partiti, impedendo qualunque decisione di merito. Se a questo si aggiunge il problema della storia, che grava sulle spalle degli architetti e delle persone, si arriva alla situazione di stallo attuale. Con un ulteriore effetto: la carenza in Italia di buoni architetti, dovuta alla difficoltà di esercitare la professione. Gli architetti di qualità, che pure ci sono, come Renzo Piano o Massimiliano Fuksas, finiscono col lavorare prevalentemente all’estero. La forza straordinaria del Rinascimento italiano risiedeva proprio nell’ambizione di città come Firenze, Venezia, Roma, di costruire palazzi e spazi pubblici magnifici. Oggi l’Italia soffre esattamente dell’opposto: la totale mancanza di volontà politica di costruire bene. E rischia di sperperare il patrimonio eccezionale delle sue città compatte, che in maniera esemplare integrano in uno spazio accessibile a piedi
le diverse funzioni dell’abitare, del lavoro, del commercio, del tempo libero, disgregando il tessuto urbano e svuotando i centri storici. Si pensi ai centri commerciali. In Italia si continua a costruirli fuori città: è una cosa terribile! Realizzarli – come ha ben capito il resto d’Europa – significa minare il funzionamento di una città. È un malcostume contro il quale non finirò mai di muovere battaglia, indice di una grave mancanza di controllo e di governo. Si devono riutilizzare i terreni già edificati, che abbondano. Volando verso Venezia, non appena superato il confine svizzero, è un continuum di luci, non c’è più un tratto libero di campagna. Altro segno di malgoverno. Se mi permetto di essere così critico è perché mi piacerebbe riuscire a lavorare qui. L’Italia è un Paese bellissimo, vi abitano persone che mi piacciono moltissimo. Non mancherebbero neppure degli ottimi sindaci, se non fosse che quando si tratta di decidere vi è sempre qualcuno pronto a chiudere la porta. Si guardi fuori. Alla Spagna, ad esempio, uno dei Paesi oggi più interessanti. La Spagna garantisce sufficiente autonomia ai sindaci. Soprattutto è un Paese che ha capito che non è possibile separare la dimensione sociale dalla struttura fisica, costruita della città, e che l’esclusione sociale è frutto della disgregazione urbana. Barcellona è oggi il migliore esempio in Europa di rigenerazione urbana: non a caso attira 9 milioni di visitatori l’anno, poco meno di Venezia. Un altro esempio interessante, a me familiare è l’Inghilterra. Qui il ministro per l’ambiente è per importanza secondo solo a Tony Blair. Tre anni fa si è deciso di istituire un gruppo di lavoro (da me presieduto) per studiare i problemi delle città. Ne è scaturito un documento, Towards an Urban Renaissance, che raccoglie una serie di raccomandazioni su come promuovere città sostenibili e compatte. A Londra (19 milioni di persone, considerando anche le aree raggiungibili in un’ora dalla città: un terzo della popolazione inglese) si stima che tra il 1985 e il 2015 ci sarà un incremento di popolazione pari al 23 per cento, dunque c’è la necessità di altre 400.000 abitazioni: che verranno ricavate aumentando la densità urbana, sfruttando le aree dismesse. Oggi per costruire su un’area verde in Inghilterra ci vuole infatti il consenso del ministro. Una strategia che l’Olanda, il Paese urbanisticamente più avanzato, che ha piena consapevolezza del valore del terreno, avendo dovuto strappare ogni centimetro di terra al mare, ha da tempo adottato. La cosa straordinaria del nostro tempo è la possibilità di sapere quel che succede nel resto del mondo, di imparare dalle esperienze altrui. E gli esempi, positivi e negativi, non mancano: basta volerli considerare. testimonianza raccolta da Chiara Somajni (per gentile concessione, da “ Il Sole 24 Ore” del 31 agosto 2003)
a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pelligerini
Affidamento di incarichi esterni per la realizzazione delle opere pubbliche Con l’attuazione della Legge Quadro in materia di lavori pubblici, la progettazione è stata posta sempre più come elemento centrale del procedimento di realizzazione delle opere realizzate dalla P.A., aspetto quest’ultimo di notevole portata per gli operatori del settore in quanto ne deriva per essi una maggiore responsabilità, sia che il progettista sia interno o esterno all’Amministrazione appaltante. In passato la legge fondamentale sulle Opere pubbliche (R.D. n. 350/1865) prevedeva che le attività di progettazione fossero svolte in modo quasi esclusivo dalle Pubbliche Amministrazioni, mentre la disciplina fondamentale in materia di progettazione è stata per lungo tempo normata dal D.M. 29 maggio 1895 (Regolamento per la compilazione dei progetti di opere dello Stato che sono nell’attribuzione del Ministero dei Lavori Pubblici). Il Legislatore con l’approvazione della Merloni ter (Legge n. 415/1998), ha tenuto a confermare il principio della priorità dell’affidamento alla progettazione interna, consapevole che tale impostazione è difficilmente riproponibile per tutta una serie di aspetti. Basti pensare al processo di decentramento amministrativo che ha trasferito numerose competenze agli enti locali finora svolte dalle amministrazioni centrali dello Stato. Considerato che l’80% dei Comuni italiani conta meno di 10.000 abitanti, con una ridotta presenza nel proprio organico di personale tecnico e l’accresciuta richiesta di figure professionali con competenze specializzate per interventi sempre più complessi, per non parlare del rispetto dei tempi programmati e della qualità finale del progetto esecutivo, ha previsto l’affidamento delle progettazioni all’esterno. Pertanto, qualora gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti su attestazione del Responsabile unico del procedimento, siano in presenza di una delle seguenti ipotesi: • carenza di organico tecnico nelle stazioni appaltanti; • difficoltà di rispetto dei tempi della programmazione dei lavori pubblici; • realizzazione di lavori particolarmente complessi o di elevata rilevanza ambientale o architettonica possono procedere all’affidamento delle progettazioni a soggetti esterni. Detti soggetti individuati all’Art. 17 comma 1, della predetta Legge 109/94 e s.m.i., sono: • liberi professionisti singoli o associati; • società di professionisti; • società di ingegneria; • raggruppamenti temporanei dei precedenti soggetti e inoltre come previsto successivamente con la Legge n.166 del 1.8.2002 (c.d. collegato infrastrutturale) entrano a far parte i Consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria. Va detto che in tutti i casi di affidamento esterno, l’incarico deve essere espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dagli ordinamenti professionali, personalmente responsabili della condotta durante l’espletamento dell’incarico, stabilendo altresì che il progettista incaricato non può avvalersi del sub-appal-
to, fatta eccezione per le attività collaterali e cioè indagini geologiche, geotecniche, misurazioni e picchettazioni. Non di poca importanza per il settore è stato il citato collegato infrastrutturale per le novità che ha portato, in quanto si è prescritto che all’atto dell’affidamento dell’incarico deve essere dimostrata la regolarità contributiva del soggetto affidatario e anche perché sono stati rivisti gli importi dei corrispettivi di cui ai commi 10, 11, e 12 dell’Art. 17 della Legge Quadro, concernenti gli affidamenti di incarichi di progettazione, e precisamente: • a. se l’importo della prestazione professionale è inferiore a 100.000 Euro (precedentemente 40.000 Euro) le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento diretto a liberi professionisti singoli o associati o alle società di ingegneria o ai consorzi stabili di dette società di loro fiducia, dopo aver comunque verificato l’esperienza e la capacità professionale per motivare la scelta operata; • b. se l’importo del corrispettivo è compreso tra 100.000 Euro e la soglia di applicazione della disciplina comunitaria, ora 200.000 DSP (Diritti Speciali di Prelievo), pari a 249.681 Euro, il Regolamento di attuazione della Legge Quadro (D.P.R. n. 554/1999) all’Art. 63, prevede che l’affidamento avvenga a seguito di licitazione privata, e in tale caso detta le disposizioni circa il contenuto del Bando, della domanda di partecipazione e della lettera di invito, specificando inoltre che il termine per la presentazione delle offerte non può essere inferiore a 40 giorni. Successivamente la Commissione valuterà le offerte con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prendendo in considerazione alcuni elementi cui corrispondono i relativi fattori ponderali, del tipo: professionalità, caratteristiche qualitative e metodologiche, ribasso percentuale, ecc.; • c. se l’importo è pari o superiore a 200.000 DSP (c.d. soprasoglia), si applicano le disposizioni di cui al Decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 157, come modificato dal D.Lgs. 65/2000. In particolare viene disciplinata la fase di prequalifica e pertanto si individuano i requisiti di partecipazione dei concorrenti e viene stabilita la procedura mediante licitazione privata o mediante pubblico incanto. Altro elemento importante, che vale anche per le gare sottosoglia, è l’attribuzione di un incremento premiale per quanti dimostrino di avvalersi di un giovane professionista (+ 5% ) o di possedere la Certificazione di qualità aziendale (+ 10% ). In questo caso l’aggiudicazione avviene chiaramente all’offerta economicamente più vantaggiosa da valutarsi in base a variabili quali merito tecnico, qualità estetiche e funzionali. Il Regolamento di cui al D.P.R. 554/99 qualifica tale tipo di attività come “ Servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” e stabilisce, come abbiamo visto, le modalità e le procedure per l’affidamento dei servizi medesimi. Il tutto ha come finalità la scelta del professionista esterno da effettuarsi su basi e criteri oggettivi. Quando la progettazione riguardi lavori di particolare rilevanza dal punto di vista architettonico, ambientale, storico-artistico e conservativo, nonché tecnologico le Amministrazioni appaltanti valutano in via prioritaria la possibilità di esperire un concorso di idee o di progettazione. Il Concorso di idee tende a raccogliere proposte ideative tra cui sia scelta la migliore al fine di acquisirla e successivamente essere posta a base di gara di un concorso di progettazione ovvero di un appalto di servizi, ammettendo a partecipare anche il vincitore. Silvano Martinelli, Gaudenzio Occhipinti Ufficio Tecnico del Comune di Bolgare
17
Forum
Bergamo
Cremona a cura di Massimo Masotti
L’ampliamento del Polo scolastico di Casalmaggiore. Licitazione privata per l’affidamento dei servizi di progettazione
Forum
18
• Il Polo scolastico di Casalmaggiore attualmente comprende tre indirizzi di studio: liceo Classico, Geometri e I.T.I.S, gestite dalla Provincia di Cremona. Lo sviluppo delle tre specializzazioni ha determinato, nel tempo, una sempre maggiore richiesta di spazi per l’attività didattica, unitamente all’esigenza di completare gli indirizzi di studio presenti con un corso di formazione professionale. La Provincia di Cremona, proprietaria dello stabile, ha fatto redigere uno studio di fattibilità dal proprio Ufficio Tecnico, in cui sono state indicate le prescrizioni tecniche dell’ampliamento, consistente in due nuovi volumi adiacenti all’edificio esistente, per un totale di 18 aule, oltre a servizi e spazi di collegamento. Il costo complessivo dell’intervento è stato stimato in Euro 2.065.830,00. La somma comprende sia l’importo a base d’asta che le somme a disposizione per l’Amministrazione. Per l’assistenza nelle fasi di scelta del contraente affidatario, vista la complessità dell’intervento, ci si è avvalsi di una società esterna, la Bosetti & Gatti s.r.l., che ha svolto un ruolo di consulenza tecnica e di supporto al Responsabile del Procedimento, oltre che di consulenza tecnico amministrativa. • Nell’agosto del 2002 la Provincia di Cremona ha dato il via alla licitazione privata, ai sensi degli Artt. 55, 62, 63 e 64 del D.P.R. n. 554/1999 (criterio dell’offerta eco-
nomicamente più vantaggiosa), per “ l’affidamento dell’incarico professionale per i Servizi Tecnici di Ingegneria e Architettura inerenti l’ampliamento e l’adeguamento alle norme di sicurezza, prevenzione incendi, infortuni ed eliminazione delle barriere architettoniche del Polo Scolastico di Casalmaggiore (Cr)” . Il bando è stato pubblicato nel mese di settembre, mentre le fasi di espletamento della gara hanno avuto inizio nel mese di ottobre, per concludersi in dicembre, con l’esito finale di aggiudicazione ad un gruppo di professionisti di Bologna: Studio Arco, ing. Giuseppe Massobrio e dr. Fabrizio Vannelli. L’incarico in oggetto prevede la redazione della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, direzione dei lavori, assistenza e contabilizzazione delle opere, attività di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione. L’ammontare del corrispettivo a base di gara è stato di Euro 241.464,13. Trattandosi di licitazione privata la normativa prevede due fasi distinte di valutazione dei concorrenti: una prima fase di prequalifica, in cui chiunque abbia i titoli per prendere parte alla gara chiede di essere ammesso a parteciparne ed una seconda fase di gara vera e propria, in cui vengono analizzati i 10 professionisti, o gruppi di professionisti, selezionati nella prima fase, per arrivare a stilare una graduatoria e assegnare l’incarico professionale. Nel caso specifico sono pervenute alla Provincia 32 plichi per la prima fase. La Commissione di Gara ha proceduto a verificare i requisiti di ammissibilità e ha proceduto all’analisi dei progetti realizzati, al fine di poter selezionare i dati da inserire nella formula di calcolo dell’Allegato D del D.P.R. n. 554/99. Al calcolo così determinato sono state poi applicate le maggiorazioni del 5% per la presenza nel gruppo di professionisti di un giovane laureato e del 10% per l’eventuale possesso della certificazione serie ISO 9000. I primi dieci della graduatoria finale sono stati ammessi alla seconda fase.
Vedute del Polo scolastico “ Romani” in via Trento, Casalmaggiore (Cr).
M. M.
Lodi a cura di Antonino Negrini
Il Responsabile del Procedimento Affrontare un articolo sulle Gare di affidamento è un compito delicatissimo, in quanto si tratta di discutere i metodi che i vari Enti impiegano nell’affidamento degli incarichi ai professionisti; metodo che talvolta, studiato nel dettaglio, potrebbe riservare non poche sorprese. Ciò dipende anche dalla complessità della Legge 109/94 sui Lavori Pubblici e suo Regolamento di Attuazione con le sue innumerevoli interpretazioni. Consapevole di quanto sopra, ho ritenuto più opportuno lasciare la parola ad un collega che ricopre la figura del Responsabile del Procedimento, l’architetto Maurizio Bracchi, Dirigente Tecnico A.O. Provincia di Lodi, Consulente Uffici Giudiziari di Milano, Torino, Ivrea, Novara, Foggia, che di seguito espone in modo chiaro il ruolo che ricopre e l’atmosfera che lo circonda. A. N. È da qualche tempo che tengo a portata di mano, in un angolo della scrivania, un piccolo manuale dalla copertina sgualcita: Legislazione sui lavori pubblici. Cosa non inusuale per un architetto che si occupa anche di opere pubbliche. Ma il libercolo in questione – 1200 pagine ingiallite e logore curate dall’avvocato C. (Claudio, Carlo o Cesare? Non è dato sapere) Melograni – ha la particolarità di essere edito a Napoli (Casa Editrice E. Pietrocola) nel 1910. Raccoglie perciò la frenetica produzione legislativa di un’Italia post risorgimentale: dalla Legge 5 luglio 1850, n. 1037 alla Legge 21 luglio 1910, n. 580. Norme di archeologia legislativa che, certo, nulla hanno a che vedere con l’attualità. Eppure non di rado mi sorprendo a considerare come la “ recente” riforma del corpus normativo sui lavori pubblici, iniziata nel 1994 con la prima legge “ Merloni” sull’onda del clamore suscitato da Tangentopoli, si fondi sostanzialmente sugli stessi princìpi, ed utilizzi strumenti del tutto simili, a quelli introdotti dal legislatore ottocentesco. Dunque, a chi nella figura del Responsabile del procedimento (Art. 7 L. 109/1994, Art. 8 D.P.R. n. 554/1999) intravede un elemento di assoluta novità, vorrei riportare alla memoria come, più di un secolo fa, il legislatore ne abbia tratteggiato, in estrema sintesi, i lineamenti: “ Le opere che per legge (...) sono nelle attribuzioni del Ministero del Lavori pubblici, si eseguono sotto la diretta responsabilità e vigilanza del Capo d’ufficio di servizio generale o speciale del Genio civile da cui le opere stesse dipendono” (Art. 1 R.D. 25/5/1895, n. 350). Quindi la figura dell’ingegnere capo (così definita nel titolo dell’articolo sopra riportato) si fonda sullo stesso binomio responsabilità e vigilanza che regola l’attività del responsabile del procedimento, suo diretto discendente. Ma qui finiscono, evidentemente, le analogie tra le due figure. Certo al responsabile del procedimento competono tutte le funzioni un tempo (non sempre, per la verità) esercitate dall’ingegnere capo. Ma sul responsabile del procedimento, va riconosciuto, incombono nuove e ben più rilevanti attribuzioni che partono dalla fase pre-
19
Forum
Le osservazioni che si possono fare per questa prima fase sono soprattutto riferite al lavoro che la Commissione di Gara ha dovuto svolgere, in particolare per la grande mole di dati esaminati per identificare correttamente i progetti ritenuti validi ai fini della valutazione e, soprattutto, degli importi, divisi per categorie, per ogni singolo progetto. Nel bando di gara era stato appositamente inserito uno schema che definiva un metodo comune di presentazione dei progetti e dei relativi importi. Se tutti i concorrenti avessero seguito questo schema il lavoro della Commissione di Gara sarebbe stato sicuramente più agevole e spedito ed avrebbe evitato l’eccessiva perdita di tempo determinatasi proprio dalla analisi dei progetti presentati in modo disomogeneo. Non essendoci l’obbligatorietà della presentazione secondo lo schema predetto, si è dovuto, con calma certosina e con grande attenzione, analizzare comunque tutti i progetti, anche quelli presentati senza seguire la traccia contenuta nel bando. Per quanto riguarda la selezione dei concorrenti da ammettere alla seconda fase si è applicata la formula contenuta nell’allegato D del Regolamento Merloni. La formula porta a risultati spesso caratterizzati da elementi di casualità, che hanno l’obiettivo di impedire che le scelte si indirizzino solo verso i professionisti che presentano progetti a più alto importo, permettendo, quindi, una scelta dei concorrenti differenziata. È presumibile che la maggior parte dei professionisti che partecipano alle gara operino delle simulazioni, al fine di individuare all’interno dei propri curricula quei progetti che possono assicurare maggiori probabilità di essere selezionati per la seconda fase della gara, in relazione soprattutto all’importo stimato di progetto. Nella seconda fase, quella della gara, i soggetti selezionati vengono invitati a presentare la propria offerta. I fattori ponderali stabiliti dal bando per la valutazione dell’offerta sono stati i seguenti: • professionalità desunta dalla documentazione grafica, fotografica e descrittiva (35 punti); • caratteristiche qualitative e metodologiche dell’offerta (35 punti); • ribasso percentuale indicato nell’offerta economica (20 punti); • riduzione percentuale indicata nell’offerta economica con riferimento al tempo (10 punti). I requisiti di professionalità sono stati valutati in seduta riservata e hanno riguardato un massimo di due progetti per concorrente e una relazione metodologica, presentati secondo i criteri prescritti dalla normativa. Questa fase è probabilmente quella più interessante, poiché si confrontano i diversi progetti e le varie proposte, mettendone così in luce le caratteristiche tecniche e architettoniche, in modo che possano essere confrontati e valutati gli aspetti peculiari delle capacità professionali dei concorrenti. Successivamente alla fase riservata si è svolta la seduta pubblica per l’apertura delle offerte economiche, cui possono partecipare i concorrenti invitati. L’offerta riguarda la percentuale di sconto sull’ammontare dell’onorario stabilito nel bando (uno sconto del 100% comportava l’applicazione massima dello sconto del 20% sull’onorario e l’azzeramento delle spese) e la riduzione dei tempi di progettazione. L’espletamento della gara per questa seconda fase è stato fatto seguendo il metodo del confronto a coppie di cui all’Allegato A del D.P.R. 554/99. È stata, quindi, stilata la graduatoria definitiva che ha permesso l’individuazione del concorrente cui è stato assegnato l’incarico.
Forum
20
programmatoria dell’opera, per giungere sino alle operazioni post-contrattuali per la sua concreta fruizione. Sull’argomento sono ormai stati versati fiumi d’inchiostro e non è il caso, ora, di aggiungerne altro. Varrebbe invece la pena che si iniziasse a discutere circa l’effettivo impatto delle (non più) nuove norme che disciplinano l’attività del responsabile del procedimento sulle pubbliche amministrazioni tenute a darne una effettiva attuazione. Quando, circa tre anni or sono, assunsi un incarico dirigenziale presso un’azienda del Servizio Sanitario Regionale, non tardai ad accorgermi come proprio in questo settore, chiamato alla effettuazione di rilevanti investimenti sulla rete ospedaliera pubblica, fossero sostanzialmente disapplicate non solo le norme gestionali che regolano l’attività del responsabile del procedimento, ma pesino quelle, più sopra accennate, di risorgimentale memoria. In un tale contesto, dunque, effettuate secondo i canoni di legge le procedure di scelta del contraente e stipulato il contratto, non di rado la gestione dell’opera veniva (e in alcuni casi ancora viene) delegata ad altre figure (per lo più al direttore dei lavori). Persino le preliminari e delicate fasi di programmazione e di progettazione dell’opera venivano (vengono?) estemporaneamente svolte in assenza di un responsabile del procedimento. Si tratta di una condotta che possiamo definire isolata ed anomala o, invece, di una prassi che va purtroppo generalizzandosi nella più totale indifferenza? Lascio ai qualificati lettori di questa rivista l’ovvia risposta. Del resto, sulle gravi conseguenze che accompagnano una siffatta gestione, veniamo ahinoi! periodicamente informati attraverso le cronache giornalistiche: gli episodi di devianza (corruzione, concussione e abuso d’ufficio) e di mala gestione (le cattedrali nel deserto e le opere pubbliche mai concluse) trovano un fertile humus anche nella sistematica irritualità che separa la prassi esecutiva dalle disposizioni normative. Sono trentuno le funzioni, tutte impegnative e rilevanti, che l’Art. 8 del Regolamento sui lavori pubblici, approvato con D.P.R. n. 554/1999, assegna al responsabile del procedimento. E ad esse si aggiungono altri compiti sparsi qua e là nel testo dello stesso regolamento e delle altre norme di settore. È vero, in quanto a capacità di sintesi il moderno legislatore non regge il confronto con il collega dell’epoca giolittiana. Ma basta ciò per considerare queste norme come una sorta di camicia di forza e non, quali invece esse sono, un decalogo utile per ridare alle italiche “ stazioni appaltanti” quella efficienza e, in definitiva, quella dignità che consentano loro di reggere il confronto con le omonime realtà europee? Non ho dubbi sulla risposta che avrebbero dato Saracco e Calenda di Taviani, rispettivamente Ministro del Lavori Pubblici e Guardasigilli di Re Umberto I, firmatari nel 1895 – dopo trent’anni di studi e valutazioni – del primo regolamento sui lavori pubblici. E i loro successori? Maurizio Bracchi
Mantova a cura di Sergio Cavalieri
I bandi di affidamento nella provincia di M antova In concomitanza con l’entrata in vigore del D.M. 4 aprile 2001, che stabilisce i corrispettivi per le prestazioni professionali dei lavori pubblici, il Consiglio dell’Ordine di Mantova ha ravvisato la necessità di verificare l’applicazione delle nuove tariffe al mercato dei Lavori Pubblici, regolamentato dal D.P.R. 554/99. Il Consiglio dell’Ordine di Mantova ha deliberato quindi la realizzazione di un monitoraggio sulla conformità formale e sostanziale dei bandi pubblicati dalla pubblica amministrazione alla nuova legge tariffaria e alle vigenti norme in materia di appalti pubblici. In veste di responsabile della Commissione Tariffa dell’Ordine ho ricevuto l’incarico di coordinare il piano e i lavori di rilevamento. Per effettuare tale operazione è intervenuta la stessa Commissione Tariffa, che raggruppa al suo interno colleghi esperti in materia tariffaria e contrattualistica. Attorno agli appalti pubblici dei servizi di progettazione, infatti, ruotano problematiche complesse che investono non soltanto la legge tariffaria, ma hanno anche implicazioni di carattere legislativo e giurisprudenziale a livello europeo. Dopo un attento studio della norma si è arrivati alla conclusione che, per rendere efficace il controllo, è indispensabile concentrare l’attenzione sulla determinazione della soglia di appartenenza del bando di affidamento. Essa, che è l’elemento cardine di tutta la gara, è in funzione del calcolo degli onorari effettuato dal Responsabile Unico del Procedimento, secondo la L. 143/49 e il D.M. 4 aprile 2001. A distanza di tre anni, e nonostante le vicissitudini subite dal D.M. 4 aprile 2001 sospeso dal T.A.R. Lazio e a tutti note, la decisione del Consiglio dell’Ordine di Mantova si è rivelata particolarmente efficace, perché ha consentito di redigere una casistica delle principali difformità riscontrate ed una statistica sulla loro frequenza, al fine di capire in quale direzione e con quale intensità si presentano i problemi e, di conseguenza, formulare proposte. La Commissione tariffa dell’Ordine ha effettuato valutazioni sui seguenti tipi di bandi: • bandi di servizi di progettazione sotto la soglia dei 100.000 € - soglia fissata inizialmente dal regolamento in 40.000 €; gli incarichi sono affidati al progettista direttamente dalla P.A.; • bandi con la soglia compresa tra 100.000 € e 200.000 € redatti ai sensi dell’Art. 62 del D.P.R. 554/99, dove gli incarichi sono affidati mediante gara in due fasi con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Licitazione privata o pubblico incanto); • bandi sopra la soglia comunitaria di 200.000 € redatti ai sensi dell’Art. 65 e seguenti del regolamento, dove gli incarichi sono affidati mediante gara in due fasi con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea (Licitazione privata o pubblico incanto). Si vogliono qui ricordare, anche se non sono coerenti con la tematica trattata in questo articolo, i bandi di concorsi di idee analizzati dalla commissione, redatti ai sensi dell’Art. 57 del regolamento. Tali iniziative, che devono essere giustamente divulgate non solo per la qualità rag-
più interventi che dovrebbero essere indicati distintamente con i relativi importi presunti. Soltanto queste categorie di lavori dovranno essere evidenziate nel curriculum professionale del professionista, che chiede il conferimento di incarichi all’Amministrazione. Diventa fondamentale allora usare molta attenzione nel calcolo per individuare la soglia di appartenenza alla fascia di intervento, inferiore o superiore a 100.000 €. Per esempio, se per “ restauro e ristrutturazione dei fabbricati” si intendono due lavori distinti, di cui il primo avente un importo di 370.000 € e il secondo di 95.000 €, si determina nel primo caso il superamento della soglia con conseguente inapplicabilità della procedura di cui all’Art. 62, 2° comma del regolamento, mentre, nel secondo caso, il bando può avvantaggiarsi dei disposti dell’Art. 62, 1° comma del regolamento. Alcuni bandi presentano difformità in contrasto con la vigente normativa per il metodo utilizzato nel determinare la soglia. Questo è regolato dall’Art. 17, comma 12 bis, della L. 109/94, che stabilisce che, ai fini dell’individuazione dell’importo stimato, il conteggio deve ricomprendere tutti i servizi di progettazione. Ma la P.A., sempre più frequentemente, si basa sulla sommatoria delle prestazioni normali, escludendo le prestazioni specialistiche o accessorie. Ad esempio vengono inclusi nel calcolo i corrispettivi per la progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, la Direzione dei Lavori, la contabilità, gli oneri per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, ma restano esclusi arbitrariamente i corrispettivi per accatastamenti, pratiche A.S.L., VV.F., e Soprintendenza ed i compensi relativi al Responsabile unico del procedimento. L’Art. 62 comma 10, poi, prescrive che, ai fini della determinazione della soglia, la progettazione di un intervento non può essere artatamente suddivisa in più parti, al fine di eludere l’applicazione delle norme che disciplinano l’affidamento del servizio. Fermo restando che l’amministrazione è libera di affidare all’esterno uno, due o tutti i servizi di progettazione, con le modalità previste dalla legge in relazione alla soglia risultante da calcolarsi come sopra detto. • c. il 33% nega il principio di minimo inderogabile tariffario e ammette quindi la derogabilità; nei bandi della P.A. si ricorre frequentemente ad un articolo che prescrive la formazione dei progetti da redigere in conformità all’Art. 17 della L. 109/94 e del regolamento. E viene specificato contraddittoriamente che “ in ogni caso gli onorari non potranno superare i minimi previsti dalla legge tariffaria, fermo restando che tali tariffe non sono considerate minimi inderogabili” . Ma l’Art. 17 della L. 109/94, tuttavia, comprende anche il comma 14 quater, che così recita “ i corrispettivi determinati dal decreto di cui al comma 14 bis, nonché ai sensi del comma 14 ter del presente articolo (...), sono minimi inderogabili ai sensi dell’ultimo comma della L. 143/49 (…) ogni patto contrario è nullo“ . Il principio è consolidato anche alla luce dei recenti provvedimenti legislativi e giurisprudenziali attuati dalla Commissione giudicatrice e per il mercato interno del Parlamento europeo. Essa infatti ha approvato il progetto di proposta di risoluzione del 25/01/2001, che autorizza gli Stati membri a stabilire tariffe obbligatorie per gli avvocati, i consulenti fiscali, i contabili, i medici, i psicoterapeutici, gli architetti e altri liberi professionisti. • d. nel 28% dei bandi si ravvisa poca chiarezza sul tipo di gara e/o oggetto del bando; nel disciplinare di gara ad esempio dovrebbe essere meglio specificato se trattasi di gara con la procedura del pubblico incanto o licitazione, riportando a titolo di conferma gli Articoli 67 o 69 del regolamento. • e. il 22% dei bandi contiene richieste illegittime ai con-
21
Forum
giunta dai progetti, ma anche per l’opera meritoria e culturalmente evoluta di poche amministrazioni comunali, ci hanno dimostrato che l’Ordine degli Architetti in occasione di questo tipo di gara diventa un fondamentale referente per la P.A.. L’amministrazione pubblica, fra l’altro, può avvalersi per la buona riuscita del concorso della preziosa esperienza degli architetti segnalati dall’Ordine, per far evolvere l’istituto del concorso che assume quindi valenza di garanzia e di cultura. Le iniziative concorsuali sono state intraprese nell’anno corrente dal Comune di Asola per il “ Progetto della nuova scuola media” e, nel corso del 2001, dal Comune di Monzambano per il “ Progetto di ristrutturazione urbanistica della località Valle e degli ambiti limitrofi” . Nessun concorso di progettazione è stato invece redatto e pubblicato dalle P.A. secondo quanto previsto dall’Art. 59 del regolamento. Il monitoraggio, effettuato tra tante difficoltà anche a causa della mancata comunicazione all’Ordine degli avvisi di gara da parte delle P.A., è stato condotto su un campione significativo di 16 amministrazioni comunali su 70, con la presenza del capoluogo e dei centri maggiori, ha permesso di vagliare 40 bandi di affidamento pubblicati dai seguenti Comuni: Mantova, Suzzara, Castiglione delle Stiviere, Viadana, Pegognaga, Quistello, Marcaria, Ostiglia, Revere, Piubega, Monzambano, San Benedetto Po, Virgilio, Mariana Mantovana, Curtatone e Porto Mantovano. Nel corso delle valutazioni sono emerse le seguenti difformità elencate in ordine di importanza: • a. con una frequenza del 50% i bandi presentano errori sostanziali e gravi omissioni nel calcolo dei corrispettivi della progettazione e la Direzione Lavori; inoltre nel quadro delle prestazioni di cui al D.Lgs. 494/96 gli onorari, per responsabile della sicurezza e per i coordinatori in fase di progetto ed esecuzione, sono erroneamente calcolati sull’importo totale delle opere, mentre invece il calcolo dovrebbe essere effettuato sugli importi delle rispettive categorie; inoltre, trattandosi di appalti di una certa rilevanza che richiedono la presenza di più imprese, non è calcolata la maggiorazione per il “ coordinamento e organizzazione attività di informazione” pari al 15% dell’aliquota di base. In altri bandi gli onorari per il solo progetto preliminare – calcolato erroneamente dal Responsabile del procedimento – è stato compensato con la sola parzializzazione della lettera a della tabella B, invece di essere compensato con la parzializzazione a+b. Negli stessi casi il ricalcolo dei corrispettivi della progettazione complessiva determina il superamento della soglia di 100.000 €, con la conseguenza di rendere illegittima l’impostazione data alla gara d’appalto. Si sono rilevate altresì imprecisioni nel quadro delle parzializzazioni del calcolo degli onorari relativamente alla prestazione m (piano economico finanziario di massima), la quale non deve essere applicata unicamente all’importo generale, ma all’importo parziale delle varie categorie di cui all’Art. 5 del D.M. 4 aprile 2001. • b. il 35% dei bandi presenta una suddivisione artificiosa della progettazione e gravi errori nella determinazione della soglia; in alcuni casi poi, la P.A. pubblica bandi per l’affidamento diretto di incarichi di progettazione e Direzione Lavori appartenenti a numerose opere diverse per categorie ed importi. I bandi indicano spesso la “ tipologia dei lavori” da appaltare, corredata da una descrizione di opere da eseguire, mentre la stessa tipologia dovrebbe essere riferita alla classe e categoria a cui le stesse opere appartengono, così come definito dalla tabella A di cui all’Art. 14 della L. 143/49 e richiamata dallo stesso D.M. 4 aprile 2001. La descrizione di dette opere da eseguire “ nella tipologia dei lavori” riassume
Forum
22
correnti, che comunque sono in contrasto con il regolamento; in alcuni casi i bandi di affidamento mediante offerta di licitazione privata, aventi come oggetto interventi di restauro su edifici con vincolo ex lege 1089/39, contengono richieste illegittime in merito all’offerta tecnica. Infatti, mentre risulta comprensibile la richiesta di un’offerta che illustri le modalità con cui sono svolte le prestazioni oggetto dell’incarico relativamente alle qualità tecnico costruttive, funzionali ed estetiche, con specifico riferimento al metodo di intervento nel restauro delle facciate e consolidamento dei solai, non si ritiene legittima la pretesa di una illustrazione metodologica che entri nello specifico progetto da svolgere, considerato che il bando ha come oggetto la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva che risulta, appunto, tutta da svolgere e pertanto può essere resa dopo l’affidamento del servizio. In alcuni casi poi si ravvisano vizi procedurali come per esempio la richiesta ai concorrenti di contenere in un’unica busta il curriculum, la relazione metodologica e l’offerta temporale che consente alla commissione aggiudicatrice di procedere contemporaneamente per la determinazione dei tre fattori ponderali desumibili dal curriculum, dal confronto a coppie e dalla stessa offerta temporale. In questo modo la stessa commissione può solo procedere ad aprire la suddetta busta in seduta chiusa, mentre dovrebbe effettuare tale operazione in seduta pubblica, secondo quanto previsto dall’Art. 64 del regolamento. In alcuni bandi di affidamento la P.A. ha richiesto illegittimamente ai concorrenti, per valutare il merito, persino una tavola grafica in formato A0 illustrante il progetto oggetto del bando. Questa opzione, oltre ad essere esclusa dal regolamento, si costituisce come una potenziale discriminante tra i candidati. Non si capisce infatti perché l’amministrazione non abbia preferito alla gara di affidamento la procedura del concorso di progettazione a sensi dell’Art 59. In questo caso il Consiglio ha deliberato di ricorrere alla giustizia amministrativa, inoltrando ricorso al competente T.A.R. • f. il 17% dei bandi presenta errori di lettura sulla categoria di lavoro di appartenenza; spesso i bandi stabiliscono che gli elementi di valutazione dei concorrenti sono desunti dalla richiesta di illustrare le modalità di svolgimento di prestazioni “ uguali” agli incarichi previsti dal bando. Il regolamento invece ammette, ai fini della selezione, di documentare, con schede contenenti servizi di progettazione svolti nel recente passato, ma “ analoghi” a quelli oggetto del bando, facendo riferimento alle categorie dei lavori previste dall’Art. 14 della L. 143/49. Questa interpretazione, oltre ad essere più vicina alle disposizioni regolamentari, offre maggiori possibilità ai giovani progettisti di avvicinarsi al settore degli appalti pubblici e spezzare quella cerchia sempre più ristretta di chi si aggiudica le gare accrescendo il proprio vantaggio curriculare. • g. nell’11% dei bandi si riscontrano problemi legati alla riserva nel bando per la categoria degli architetti su edifici con vincolo ex L. 1089/39; si tratta della nota competenza stabilita dall’Art. 52, 2° comma, del R.D. 23/10/1925 n. 2537, che riserva agli architetti gli interventi su immobili con vincolo ex lege 1089/39. Competenze ribadite più volte dalle stesse Soprintendenze per i beni ambientali e architettonici della Lombardia. • h. nell’11% dei casi i bandi presentano gravi carenze nell’enunciare i criteri di affidamento dei servizi di progettazione sotto la soglia di 100.000 €; il regolamento, oltre a prescrivere la definizione dei tempi e modi di dare pubblicità agli affidamenti, stabilisce l’obbligatorietà di definire precisi criteri di selezione per l’affidamento, che
comunque, oltre ad essere resi noti dalla stazione appaltante, dovranno sempre trovare riferimento nella verifica dell’esperienza e della capacità professionale del progettista, in relazione al progetto da affidare, come precisato dall’Art. 17, comma 12 della L. 109/94 e come più volte confermato dalla stessa Autorità di Vigilanza sui LL.PP. con determinazione n. 18/2001. • i. l’11% presenta squilibrio nei fattori ponderali. È stato osservato che la P.A. tende a stabilire i fattori ponderali da assegnare nel disciplinare di gara in modo squilibrato, attribuendo al fattore tempo una significativa importanza. Sarebbe più equilibrato e corretto assegnare un fattore ponderale di massimo 10 punti al tempo, 30 punti all’offerta economica e 60 all’offerta qualitativa. Il fattore tempo infatti, in un servizio di progettazione, non può avere una rilevanza tale da premiare significativamente un ribasso che potrebbe inficiare la qualità della prestazione richiesta. • j. nel 6% dei casi i bandi contengono una clausola che dà facoltà alla P.A. di assegnare la Direzione Lavori ad altro progettista, sebbene la stessa D.L. sia oggetto di appalto; nel disciplinare di gara è contenuta una clausola di affidamento della D.L. dove sono richiamati i disposti di cui all’Art. 17, commi 4 e 14 della L. 109/94 e s. m. ed integrazioni. In merito all’affidamento della Direzione dei Lavori si ritiene illegittimo non affidare la stessa D.L. qualora i lavori siano andati in gara. La D.L. infatti, in questi casi, è oggetto dell’appalto. In altre occasioni, nel disciplinare di gara, la P.A. enuncia con un gioco di parole, che intende conferire l’incarico di progettazione preliminare ed “ eventualmente” anche la progettazione definitiva ed esecutiva. Questo non rende esplicito l’oggetto dell’affidamento. • k. nel 5% dei casi è richiesta illegittimamente ai concorrenti, all’atto di iscrizione alla gara, una cauzione del 2%. Nella fattispecie si tratta di bandi soprasoglia redatti ai sensi dell’Art. 69 del regolamento (pubblico incanto), dove è richiesta ai partecipanti una somma pari al 2% dell’importo complessivo a titolo di cauzione, in ottemperanza all’Art. 100 del regolamento. Ma lo stesso articolo si basa sull’Art. 30, 1° comma della L. 109/94 che recita “ l’offerta da presentare per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori pubblici è corredata da cauzione” . Ciò rende palese che la cauzione è dovuta esclusivamente dalle ditte esecutrici dei lavori e non agli affidatari dei servizi di progettazione. Inoltre, lo stesso articolo prescrive che il bando di gara deve contenere gli elementi di cui all’Art. 63, comma 1, alle lettere a, b, c, d, e, f, g, m, n, q e non altri. In particolare la lettera m corrisponde al massimale dell’assicurazione prevista dall’Art. 30, comma 5, della L. 109/94. La richiesta di ulteriori garanzie, quali quelle riferite all’Art. 30, comma 1, è illegittima e va ad aggravare inutilmente il costo della gara, già di per sé oneroso, sostenuto dai partecipanti. Si è registrato infine un caso dove non è stata esperita la gara per l’affidamento dei servizi di progettazione di un’opera pubblica, il cui importo di lavori ammonta a 5 milioni di Euro, perché lo stesso servizio è stato reso a titolo gratuito. In questo caso la P.A., ha motivato la legittimità facendo leva sulla recente sentenza del Consiglio di Stato che, con decisione n. 86 del 14 gennaio 2003, ha ribaltato la pronuncia di primo grado del T.A.R. Lombardia sul caso Bicocca. In tutti i casi in cui si sono riscontrate irregolarità nella determinazione degli onorari di cui ai punti a, b, c e g il Consiglio dell’Ordine ha inviato alla P.A. una urgente richiesta di ritiro e riformulazione del bando, trasmettendo gli atti all’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici. Que-
sta iniziativa ha dimostrato tutta la sua efficacia anche per la solerte azione di correzione richiesta alla P.A. dalla stessa Autorità.
Milano a cura di Roberto Gamba
Michele Annaloro responsabile della Commissione Tariffa dell’Ordine di Mantova
Gare di progettazione e qualità architettonica Per rispondere ai dettami della Legge 109/94, modificata poi con la 166/02, e al suo regolamento attuativo, alcuni comuni della provincia di Milano hanno adottato dei criteri di selezione delle candidature professionali, per l’assegnazione degli incarichi, che pare giusto proporre, per una maggiore diffusione conoscitiva. D’altra parte è importante sollecitare l’adozione di nuovi metodi, che permettano di rendere più “ democratica” e accessibile tale distribuzione alle categorie di progettisti “ giovani” , o a quegli studi che, per varie ragioni, non hanno accumulato negli anni esperienze significative specifiche. La capacità organizzativa, scientifica e multidisciplinare di uno studio professionale, adeguata alle complicate esigenze di svolgimento del lavoro, come oggi viene richiesto, deve poter essere dimostrata anche senza l’evidenza di realizzazioni concrete. Se la selezione dei curricula viene fatta solo sulla base di realizzazioni analoghe per tipologia funzionale, ciò può penalizzare anche il risultato di qualità architettonica, restringendo il campo dei candidati idonei e impedendo di fatto che emergano progetti la cui definizione compositiva e costruttiva abbia come matrice, prima di ogni altra cosa, la forma e lo stile. È fondamentale pertanto che all’incarico pubblico abbia possibilità di accesso il maggior numero possibile di individui (o eventualmente di associazioni professionali) e che si presti attenzione anche a coloro che perseguono un obiettivo progettuale e compositivo sulla base dell’entusiasmo e della propria tenacia. • Con un bando pubblicato nel 2000, il comune di Milano rinnova, con iscrizioni sempre aperte, l’elenco di professionisti qualificati per l’affidamento di incarichi di progettazione, direzione lavori e coordinatori per la sicurezza nei cantieri, ai sensi del D.Lgs. n. 494/96, il cui importo stimato sia inferiore a 200.000 DSP anche in relazione a quanto indicato al Capo IV Art. 62 del Nuovo Regolamento dei lavori pubblici di prossima pubblicazione. Sarà ricostituito un elenco per ognuno dei tre tipi di incarico sopracitati. Gli elenchi per gli incarichi di progettazione e direzione lavori si articoleranno in 2 sotto-elenchi relativi alle seguenti fasce di importo: – 1ª fascia: incarichi di importo inferiore a 40.000 Euro; – 2ª fascia: incarichi di importo compreso tra 40.000 Euro e 200.000 DSP. Ciascun sottoelenco sarà suddiviso per categorie progettuali nell’ambito delle quali verranno iscritti i soggetti che avranno fatto richiesta, in relazione alla specifica professionalità dichiarata. I soggetti interessati, liberi professionisti singoli o associati e le società di ingegneria, dovranno presentare in duplice copia la richiesta di iscrizione, compilare una scheda di riepilogo (da ritirare presso il Settore Stime e Controllo Costi, via Pirelli 39 – 13° piano – ufficio Segreteria Incarichi Esterni, dalle ore 10 alle ore 12 dal lunedì al venerdì – tel. 02 88466268) ed allegare un curriculum professionale redatto secondo le indicazioni riportate nel bando integrale.
23
Forum
Per concludere si può affermare che i dati del monitoraggio hanno evidenziato la necessità di un’azione di controllo, al fine di una corretta applicazione della legge tariffaria troppo spesso disattesa. Particolare attenzione dovrebbe poi essere dedicata all’operato dei Responsabili Unici del Procedimento. L’inosservanza alle norme è un problema che riguarda i R.U.P. iscritti agli albi degli architetti e degli ingegneri e per questo è auspicabile un’azione condotta congiuntamente dagli Ordini delle due categorie, al fine di rilevare anche i reati e le violazioni gravi alle norme deontologiche e procedere alla conseguente azione disciplinare. Si deve infine affidare alla prossima riforma ordinistica il compito di ridefinire il ruolo degli Ordini, affidando agli stessi un ruolo centrale e di controllo attivo in materia di appalti pubblici di servizi di progettazione, che non sia cioè soltanto interlocutorio ma anche attivo, con facoltà d’iniziativa di fronte all’inerzia della P.A., soprattutto in materia di tariffe e di competenze professionali. Si deve infine dotare gli Ordini di legittimazione alla proposizione di ricorsi davanti alla giustizia amministrativa, per superare l’attuale situazione che vede gli Ordini misurarsi con armi spuntate di fronte ad alcuni T.A.R. Fin dall’entrata in vigore del D.P.R. 554/99, e ancor più dopo il D.M. 4 aprile 2001, sulle nuove tariffe è evidente che i bandi sotto la soglia dei 100.000 €, e in modo diverso quelli sotto la soglia comunitaria ma sopra la soglia dei 100.000 €, rappresentano lo strumento prediletto dalla P.A. nella stragrande maggioranza dei casi per affidare i servizi di progettazione. La scelta politica di adottare esclusivamente questi tipi di bandi causa un blocco che non consente di liberalizzare effettivamente il mercato della progettazione. È auspicabile quindi un’importante azione di promozione e favore dell’Istituto del Concorso, al fine di controbilanciare la schiacciante superiorità dei casi in cui si ricorre ai bandi di affidamento e per far emergere una effettiva qualità nella produzione di architettura.
Forum
24
Le domande di iscrizione, in duplice copia, dovranno pervenire al Comune di Milano, Settore Stime e Controllo Costi, Ufficio Protocollo, via Pirelli 39 – 13° piano, stanza n. 1, 20124 Milano. Tutte le informazioni relative al presente avviso potranno essere richieste al Settore Stime e Controllo Costi del Comune di Milano, Segreteria Ufficio Incarichi Esterni n. tel. 02/884 66268. Responsabile del procedimento è il dott. ing. Enrico Boccardo. • L’amministrazione comunale di Cesate ha invitato a partecipare a un concorso informale di idee, per la definizione morfologica e l’arredo urbano degli spazi pubblici e di uso pubblico, interni al piano di recupero del compendio immobiliare ex Poss, dieci architetti, di cui 5 selezionati tra quelli già fiduciari dell’amministrazione e 5 indicati dal Politecnico di Milano, riservandosi eventualmente il successivo affidamento della progettazione preliminare. In un caso come quest’ultimo, l’acquisizione delle idee di progetto certo risulterà utile, ma forse non sufficiente, per la definizione di un intervento che si presenta di non facile attuazione (fatto che accade frequentemente nei concorsi di idee). Potrebbe però contribuire all’individuazione da parte del Comune di una serie di progettisti a cui potrebbero essere affidati (secondo le fasce di importi previste dalla legge), in altro momento, studi e lavori magari di diverso tipo, sulla base però di uno specifico impegno progettuale, che è stato vagliato precedentemente con l`attenzione rivolta alla qualità. Un metodo concorsuale così concepito, pur se adeguatamente regolamentato, potrebbe essere adottato anche in altre occasioni. Potrebbe altresì contribuire a “ smascherare” , o meglio a non vanificare del tutto, le tante energie spese per i concorsi di architettura, che poi, il più delle volte, generano insoddisfazione per progettisti e amministratori. Utile sarebbe se questo bollettino potesse segnalare altre iniziative di selezione, effettuate “ in continuo” , oppure tenendo conto di risultati di progettazione concorsuale, utili alla raccolta non semplicemente di idee, ma anche di ideatori. R. G.
La Commissione Bandi di Gara al lavoro presso l’Ordine di M ilano Chiunque abbia partecipato ad un bando di gara per l’affidamento di un “ servizio di progettazione” conosce le difficoltà che si incontrano anche solo per la preparazione dei documenti richiesti: dalla stesura delle dichiarazioni alla presentazione dei titoli. Le difficoltà dipendono in larga misura alle disposizioni di legge riguardanti questa materia, ma una parte rilevante è spesso imputabile a chi redige il bando, complicandolo con richieste e condizioni particolari, generalmente rivolte a proteggere l’ente banditore dal rischio di ricorsi avanzati da concorrenti più o meno legittimamente insoddisfatti del risultato della gara. A dispetto della precisione delle norme regolamentari (Artt. 62 e seguenti del D.P.R. 554/99), la formulazione dei bandi costituisce l’oggetto di uno straordinario esercizio di fantasia, costringendo il malcapitato professionista a confezionare ogni volta in altra forma la propria documentazione, aumentando così il rischio di frainten-
dimenti ed errori, con la conseguente esclusione dalla gara. Paradossalmente la confusione aumenta nel caso dei bandi di gara per l’affidamento di incarichi “ sottosoglia” , ossia corrispondenti a un compenso professionale inferiore a 100.000 Euro, che potrebbero essere affidati in forma fiduciaria. Il più delle volte, le Amministrazioni che lodevolmente ricorrono a una procedura di gara anche per l’affidamento di incarichi “ sottosoglia” , adottano badi di notevole complessità, richiedendo un corposo lavoro di preparazione ai concorrenti ed introducendo invece semplificazioni nei criteri e nei meccanismi di selezione: cosicché non sarà possibile per un concorrente comprendere per quali motivi è stato preferito un altro professionista e poter migliorare in tal modo la qualità della propria partecipazione alle gare successive. Le difficoltà della partecipazione alle gare sono accentuate dalla scarsa consuetudine degli architetti a partecipare a questo tipo di competizioni formulando offerte che non siano rappresentate da progetti, come invece avviene nei concorsi di architettura: una scarsa consuetudine alla quale deve sicuramente essere addebitata la scarsa attenzione fin qui dedicata a queste procedure da parte degli organismi professionali. Sulla base di queste considerazioni, oltre che delle sollecitazioni venute dagli iscritti, l’Ordine di Milano ha recentemente costituito una apposita commissione col compito di seguire la predisposizione dei bandi di gara, verificarne la qualità, agevolare la partecipazione, promuovere la semplificazione e la trasparenza delle modalità di aggiudicazione. Il programma di attività della Commissione prevede in particolare: • la raccolta e la verifica sistematica di tutti i bandi di gara pubblicati in provincia di Milano e la loro migliore pubblicizzazione; • la raccolta sistematica e la pubblicizzazione degli esiti delle gare; • la redazione di testi tipo per i diversi bandi di gara, accompagnati da commenti e suggerimenti, da distribuire agli enti banditori in accordo con altri ordini professionali e con le associazioni degli enti locali; • la messa a punto di un servizio permanente di assistenza agli enti banditori e ai concorrenti. La Commissione è operativa solamente da qualche mese, troppo poco tempo per trarre un primo bilancio, ma sufficiente per ottenere i primi riscontri positivi da parte delle amministrazioni pubbliche e per comprendere l’estrema necessità di riferimenti certi espressa da tutti, enti banditori e concorrenti, nella prospettiva di poter lavorare più serenamente e speditamente, concentrando lo sforzo maggiore sulla qualità del progetto piuttosto che sulla procedura da seguire per il suo affidamento. Marco Engel
VI Congresso nazionale degli Architetti italiani Tra il 30 ottobre e il 1° novembre 2003 gli architetti italiani celebrano il loro VI Congresso nazionale a Bari. Il congresso di Bari fa seguito al V Congresso di Torino/99 in cui gli architetti lanciarono un manifesto che poneva al centro del dibattito politico e sociale le questioni inerenti: • l’architettura, la valorizzazione del paesaggio urbano e rurale come “ diritto” della collettività e dei cittadini; • la rilevanza economica e sociale delle trasformazioni urbane e territoriali; • la centralità dei saperi professionali e quindi delle professioni intellettuali (riservate e/o riconosciute) nella civiltà post-industriale; • la riforma della formazione universitaria, il tirocinio e l’aggiornamento permanente dei professionisti nonché il diritto dei cittadini ad una adeguata formazione in materia di ambiente, architettura e paesaggio; • la competizione professionale, attuata principalmente per mezzo del concorso di progettazione come strumento efficace per elevare la qualità delle costruzioni e favorire l’emergere di nuovi talenti professionali. Coerentemente con tali obiettivi gli architetti a Torino indicarono espressamente il loro sostegno ad alcuni fondamentali progetti legislativi: legge quadro per le professioni; legge quadro per l’architettura; legge quadro per il governo del territorio; legge per lo snellimento delle procedure edilizie; legge per la sicurezza e la trasparenza degli edifici; legge di riforma degli studi universitari di architettura; legge di riforma dell’esame di Stato e l’istituzione del tirocinio obbligatorio. Il Congresso di Bari è il primo che vede l’inclusione nei settori e nelle sezioni dell’Albo professionale dei pianificatori, paesaggisti, conservatori, architetti e dei pianificatori junior. Il congresso chiama a raccolta gli iscritti ed i delegati provinciali degli Ordini non solo per tracciare un bilancio rispetto agli obiettivi ambiziosi che il Manifesto di Torino ha tracciato, ma per lanciare una nuova sfida, un progetto di lungo respiro capace di orientare le nostre strategie-atti nei prossimi 5 anni, di qui al 2008, anno del Congresso Internazionale dell’UIA che finalmente si svolgerà in Italia, a Torino. Questa road-map mira attraverso progetti specifici, articolati e sinergici, a concretizzare la dichiarata strategia volta a ricollocare l’architettura, il progetto (di) e gli operatori del settore al centro delle strategie economiche e sociali di
un paese che intende rinascere fondandosi sulle proprie enormi risorse naturali, culturali e umane di cui dispone. Il sistema ordinistico, la sua rete capillarmente organizzata sul territorio ha, in questo, un ruolo centrale. La riforma del Titolo V° della Costituzione pone scenari legislativi del tutto nuovi. È importante affermare e far riconoscere che il disboschimento del vigente sistema legislativo ed un nuovo quadro di iniziative legislative regionali, nazionali ed europee non solo possono, ma sono condizione necessaria (anche se non sufficiente) a creare sostegno e legittimizzazione a nuovi modi, forme e strategie dell’operare professionale, a dare allo stesso nuove competitività e centralità, a far avanzare la ricerca e la domanda di architettura e di qualità dei territori urbani e rurali. La globalizzazione con i suoi effetti indotti di delocalizzazione e di migrazione fisica e virtuale, conferisce ai territori nuove e diversificate funzioni e vocazioni. L’organizzazione degli spazi risulta e risulterà in tale contesto strutturale sempre più essenziale per migliorare la qualità della vita e tutelare l’identità sociale e individuale delle nuove società multietniche. La globalizzazione pone nella società postindustriale “ i saperi” al centro delle strategie di sviluppo, rilanciando il ruolo e la funzione sociale dei cosiddetti “ lavoratori della conoscenza” per ritrovare adeguate forme di sostenibilità sociale e ambientale. Occorre tuttavia codificare la logica propria delle professioni intellettuali: Logica autonoma e terza, rispetto alle logiche del Mercato e della Burocrazia, basata sul presupposto che le professioni fondano sul lavoro una propria peculiare vocazione di vita, adempiendo appieno al dettato costituzionale di garanzia e salvaguardia dell’interesse generale, pur nell’esercizio delle libertà economiche. I contenuti intrinseci di questa “ terza logica” si differenziano quindi, sia dalla logica del mercato tesa, nei nuovi scenari della globalizzazione a ridurre il “ valore” del lavoro (come miglioramento delle condizioni retributive) e ad incrementare il bisogno dei beni di consumo attraverso un uso massiccio dei mezzi di comunicazione e della pubblicità, sia dalla logica della burocrazia fondata su principi di profitto ed efficienza finalizzati all’aumento della competitività aziendale. Occorre dimostrare la nostra appartenenza ad una “ logica” sif-
fatta; una logica “ sistematica” , tesa a far riconoscere dalla società quella che viene chiamata “ l’ideologia della professione” . A tal fine si possono individuare alcuni passaggi, seppur paradigmatici, di verifica: la professione e il ruolo etico; la professione e il ruolo di indipendenza fra pubblico e privato; la professione e la sua formazione; la professione e lo scenario delle nuove figure. Nondimeno è essenziale dare supporto organizzativo ad adeguate politiche di comunicazione tese a far incontrare “ i saperi” con “ i bisogni” e le istanze sociali e individuali emergenti, uscendo dalle nicchie dell’intellettualismo, aprendosi alla partecipazione, a nuove forme di competitività, di confronto, assumendo decisamente responsabilità. Di tutto ciò si occupa il Congresso di Bari, per il quale una copertura televisiva consentirà agli iscritti di seguire i lavori e gli eventi più importanti. Per la prima volta, inoltre, è visibile e disponibile alla consultazione in rete la raccolta dei progetti vincitori e segnalati dei concorsi che si sono celebrati dal 1999 a oggi all’interno di un progetto (denominato Osservatorio Concorsi) che dà visibilità culturale e politica all’impegno degli architetti italiani per la società e testimonia il punto di svolta che sta verificandosi nell’architettura italiana, nell’atteggiamento delle Amministrazioni e
delle Committenze che occorre sostenere e potenziare. Una grande mostra affianca il Congresso, una sorta di lanterna magica in una piazza telematica dove i mille progetti, esiti di altrettanti concorsi, dicono “ come” sta cambiando l’Italia. È questa l’occasione, attraverso il monitoraggio costante e dettagliato degli esiti di concorsi di questa prima fase, di verificare aspetti positivi e zone oscure delle procedure e la qualità delle prime realizzazioni. Si può in questo modo riconsiderare criticamente questa fase iniziale, fare tesoro delle procedure più affidabili e dei risultati più convincenti, apportare necessarie ed accurate correzioni. La consapevolezza che lo strumento del Concorso ha raggiunto forme organizzative sempre più complesse, non può farci disconoscere che tale strumento talvolta abbia portato alla ribalta varie problematiche legate al gran numero dei partecipanti, alla professionalità e competenza della giuria, alla difficoltà di garantire un livello di esecuzione pari al grande sforzo organizzativo. Una precisa e articolata conoscenza dei dati consente di avviare una consapevole revisione critica della vicenda, per rilanciare una seconda e nuova stagione dei concorsi. Gianfranco Pizzolato Vice Presidente Dip. degli Interni CNAPPC
25
Argomenti
A cura della Redazione
Una donazione e l’occasione di una mostra
Argomenti
26
Per raccontare gli anni della sua collaborazione all’Olivetti Ettore Sottsass ha scelto un tono severo e senza concessioni scenografiche: la mostra Ettore Sottsass 20 ans de design pour Olivetti al Centre G. Pompidou di Parigi è come un libro appeso alle pareti, un semplice allineamento di disegni, fotografie, macchine per scrivere e calcolatrici, che testimonia l’ambiente dello studio di progettazione d’Ivrea dal 1958 al 1974. Voluta da Sottsass per celebrare la figura dell’industriale e amico Adriano Olivetti, la mostra è stata accolta con entusiasmo dal Beaubourg, anche perché gli oggetti esposti fanno parte di un’importante donazione d’archivi conferiti dall’architetto italiano al Centre de Création Industrielle (C.C.I.) del Centre G. Pompidou di Parigi. La donazione riguarda l’insieme dei lavori svolti da Sottsass durante la sua collaborazione all’Olivetti, include 600 disegni, 1500 fotografie di prototipi e di macchine per scrivere, manifesti pubblicitari, la corrispondenza con i responsabili dell’azienda, e conferma un rapporto costante con il centro culturale parigino, iniziato con l’esposizione personale del 1994 e seguita da altre donazioni: disegni, serigrafie, ceramiche e modelli nel 1999, fotografie e disegni nel 2002. La mostra parigina documenta una pagina importante della storia del design, scritta con le macchine di una delle imprese industriali più intelligenti, da uno dei progettisti
più carismatici del nostro paese. La donazione invece è l’occasione per una riflessione sul destino dei materiali della progettazione contemporanea, e sulla natura delle istituzioni preposte alla loro conservazione. Dal museo agli archivi d’architettura La politica d’acquisizione dei musei, ispirata all’idea ottocentesca della collezione, è da sempre interessata alla selezione di pezzi eccellenti per valorizzare l’insieme delle raccolte. Solo a partire dal dopoguerra e soprattutto negli anni ‘80, con la costituzione dei centri d’archivi d’architettura (R.I.B.A. a Londra, A.A.M. a Bruxelles, Archives d’Architecture du XXe a Parigi, C.C.A. a Montreal, N.A.I. a Rotterdam, ecc.), un’evoluzione scientifica modifica i princìpi d’acquisizione: l’archivio dell’architetto è considerato nella totalità dei materiali che lo costituiscono, compresi tutti i documenti tecnici, dai disegni esecutivi alla corrispondenza con i clienti, essenziali per definire la specificità di un lavoro e il profilo di un’epoca. Da Milano a Parigi La collocazione degli archivi Sottsass-Olivetti lontano da Milano “ capitale del design” , evidenzia un problematico ritardo delle istituzioni italiane responsabili della salvaguardia e conservazione del patrimonio artistico contemporaneo. Tuttavia il suo trasloco in ambito europeo, può indicare una possi-
E. Sottsass, macchina per scrivere Elea 9003,1959. Veduta della tastiera.
bile soluzione del problema: chi confida in una geografia della cultura allargata all’Europa auspica una politica culturale comunitaria in grado di amministrare la gestione delle risorse. Fino a quel momento ci si continuerà a misurare con pregiudizi protezionistici riguardanti la migrazione della cultura, distrazione anacronistica nell’epoca della rete, dal più serio problema della dispersione degli archivi, raccolti in modo frammentario dai diversi musei che si contendono i nomi dello Star System. Alessandro Vicari
E. Sottsass, macchina per scrivere Valentine, 1969.
E. Sottsass, macchina per scrivere Teckne 3,1964.
E. Sottsass, macchina per scrivere Praxis 48, 1964.
Le città visibili La stagione espositiva milanese dell’ultimo anno ha testimoniato un crescente interesse nei confronti della città come tema artistico: paesaggi urbani, vedute metropolitane, città dipinte, o variamente rappresentate, hanno invaso le sale cittadine: dalla città che sale futurista fino alle desolate periferie di Sironi, passando anche per le “ Le città invisibili” esposte alla Triennale, ecc. Due mostre in particolare si sono rivelate di notevole interesse non soltanto perché hanno presentato l’opera di due artisti che fanno di Milano il centro della propria ricerca, ma anche perché la loro attività si svolge in un arco di tempo sufficientemente recente per aiutare a capire le direzioni, gli sbarramenti e le possibilità aperti dai “ nuovi (non) luoghi, tra periferie, autostrade, spazi privi di confine e di identità” . L’occasione offre dunque la possibilità di “ riattraversare” le loro città “ visibili” , termine questo adottato nel senso attribuitogli da Klee: l’arte non rende il visibile, lo rivela. Ovvero, la rappresentazione che i pittori attuano di Milano, al di là delle somiglianze più o meno riscontrabili con la città reale, vale come sguardo-pensiero gettato entro l’orizzonte urbano della contemporaneità. Al giovane Marco Petrus è stata dedicata la breve ma preziosa mostra allestita negli spazi della Fondazione delle Stelline. Nelle sue vedute, tutta Milano viene distillata e sottoposta ad un inesorabile processo di sottrazione fino a trasformarla nell’inquietante scenario di un paesaggio che, privo di vita, abbandonato dai suoi abi-
tanti, viene ridotto a pochi edifici in una città assente. Da artista, Petrus si interroga sul senso dell’architettura nella città moderna e vi lavora praticando sottili slittamenti e paradossi. La dislocazione è la tecnica concettuale che gli permette di costruire la sua pittura. Essa riguarda sempre il rapporto primo pianosfondo, dove per sfondo si intende il contesto-sapere. Nella sua opera, l’architettura viene estraniata rispetto al proprio contesto percettivo abituale, ovvero la città; ma soprattutto viene sradicata rispetto al proprio orizzonte cultu-
M. Petrus, Torre Ponti-Lancia, 1998.
vortica, si espande e si contrae in simultaneità e dissonanza con incubi e desideri di abitanti che camminano come funamboli su case assottigliate e tese come corde. Se Petrus deterritorializza Milano per spostarla alle algide latitudini del concettuale, Rognoni la trasfigura in acidi paesaggi verdi appesi ad archetipe lune. La Milano di Rognoni non ha referenti esterni localizzanti, ma della città sintetizza il ritmo nell’aggrovigliarsi labirintico delle costruzioni, nell’affollarsi nello spazio della gente (che non è mai massa), negli omini che di fretta attraversano i suoi quadri. La metropoli per l’artista è, innanzitutto, lo stupore della città abitata, cioè il tema del rapporto dell’uomo con l’ambiente. Non c’è più un uomo in uno spazio costruito, ma una tensione reciproca. Le figure tendono a perdere la loro identità per con-fondersi con ciò che le circonda, tanto che, in certi dipinti, la città si “ tatua” sulla loro pelle, come se si trattasse di nuova specie urbana. Un altro filone della sua ricerca è interni-esterni, in cui accosta l’intimità di un ambiente domestico con l’ esterno della metropoli. Come un moderno cantastorie, o forse un rapsodo d’altri tempi, Rognoni va di piazza in piazza intrecciando inestricabilmente vie, uomini, donne, case e periferie per ritrovare, nel tessuto amorfo della città, il filo di un discorso. I suoi personaggi, sempre in bilico fra il tragico e il buffonesco, gli servono per alzare la voce della città e raccontare degli infiniti modi di stare al mondo, abitare la città, percorrere il labirinto della modernità. Ecco allora un saltellante girotondo di attacchini e suonatori, speculatori e borghesi in una carrellata di ritratti di costume tanto acuta e penetrante da far pensare che anche Milano ha trovato il suo Grosz, il suo TouloseLautrec. È una compagnia di viandanti che irrompe nella città trasmutandola in un altrove; di abitanti-nomadi che attraversano le vie cittadine per sconfinare oltre i suoi contesti abituali esplorando nuovi sensi e orientamenti. È un popolo-flusso che, muovendosi geo-graficamente, solca il territorio tracciando nei dintorni delle nostre pratiche abitative consuete confini mobili di forme di vita differenti. La metropoli di Rognoni non è “ organismo” compiuto, ma molteplicità e metamorfosi di luoghi concatenati però in un ambiente vibrante, ricco di soglie, intensità e possibilità, perché il pericolo della contemporaneità non sta nell’eterogeneità caotica della città, ma, all’opposto, nell’equivalenza insignificante del tutto. Una pittura-delirio la sua che inscena visionarie, stralunate, processioni carnevalesche in una Milano città-fortezza capace di resistere agli assalti dei nuovi meccanismi di omologazione e spettacolarizzazione che, inglobandola,
appiattiscono ogni forma di alterità. La dimensione fiabesca della sua pittura è il sentiero che permette all’artista di introdurre entro l’orizzonte profano della metropoli occidentale una natura mitica, non tanto per recuperarla nei suoi esiti figurali, ma per insinuare nel pensiero sulla città la tensione di un rapporto (fondativo) per sempre perduto. Una luna carica di presagi sorge e tramonta nel cielo di Milano unendo uomini e città in un comune ambiente-destino. Una città, dunque, che riporta nella profondità del tragico, di una dimensione rivelativa, lo scivolare dell’uomo moderno per le vie del caso. Rognoni pone come condizione, porta d’ingresso alla propria città, di riaprire la questionechiave della città come domanda esistenziale dell’uomo sull’abitabilità del mondo, del drammatico fare del caos un kosmos.
Petrus e Rognoni architettano, dunque, due idee di città molto diverse; entrambi però non cavalcano facili utopie, restano in città e affamati di nuovi orizzonti si aggirano a caccia di frammenti di senso. Fra questi due poli, fra invocazione di un pensiero progettante e desiderio delirante di abitabilità, la Milano conosciuta a volte compare ma più spesso svanisce in una “ invisibilità” che, però, permette di ripensarla. E allora, come ultima tappa di questo itinerario virtuale, conviene fare una visita alle Città invisibili di Calvino, di cui l’autore ha detto: “ Quello che sta a cuore al mio Marco Polo è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi” .
27
Sonia Milone
Argomenti
rale più profondo, che consiste nella possibilità di fondare luoghi. Petrus insedia la sua visione urbana sul terreno di una dicotomia profonda: architettura e città giacciono su due piani incompatibili, inconfinanti. Le finestre dei suoi edifici non sono più soglie di passaggio fra interno ed esterno, ma diventano il sigillo di una chiusura totale. Se nel ’40 Pagano denunciava che “ l’involgarimento crescente delle nostre città è da ricercare nello smarrimento di valori etici nel caos urbanistico e nell’osceno dilagante qualunquismo architettonico che ha trasformato le nostre città, campagne, coste in un magma informe stoltamente contemporaneo” , 60 anni dopo Petrus, nel rifiuto totale della città contemporanea, semplicemente la cancella proprio perchè “ informe” e dunque inimmaginabile, irrappresentabile. Ma qualcosa salva: le griglie di rigorosa geometria che caratterizzano l’architettura modernista milanese. È come se l’artista volesse azzerare la città per fare spazio e lasciar emergere più chiaramente le tracce lasciate sul territorio dall’ultimo momento in cui si era cercato di darle un disegno organico. Compone in tal modo la sua personale mappa simbolica di Milano, da sovrapporre alla città esistente, capace di guidare verso il ritrovamento di un’identità perduta. Così, passo dopo passo, dipinto dopo dipinto, la sua opera è un ripercorrere le figure architettoniche del razionalismo milanese alla ricerca del senso della città in esse contenuto. Ma la metropoli è onnivora e scavare nella memoria i confini di un’identità che consenta di tracciare dei contorni differenziali, dei valori significativi, nell’anonimo spazio odierno, significa, una volta di più, scoprire abissi e cadere nel paradosso per cui le note architetture dei suoi quadri custodiscono sì il senso di un’identità, di una tradizione, la speranza di un progetto, ma sono così sradicate, lontane da ogni contesto e da qualsiasi presente in cui possano risignificarsi che paiono perdere proprio il potere di tramandare, assumendo l’aria di reliquie di una città fantasma. Al di là del suo apparente realismo, Petrus non fa il doppio della città esistente, ma la ri-costruisce, ovvero la ripercorre e procedendo geo-metricamente prende le misure di un dist anziament o incommensurabile fra architettura e città, memoria e progetto, abitare e costruire. Ma allontaniamoci ora da questa città così inespugnabile e proseguiamo il nostro itinerario per le vie delle città dipinte raggiungendo la Rotonda di via Besana, dove si è allestita la splendida antologica dedicata a Franco Rognoni (19131999). Benvenuti nella città dei saltimbanchi, contorsionisti e giocatori, dove lo spazio non ha più coordinate e orizzonti fissi, ma si piega,
F. Rognoni, Periferia, 1982.
F. Rognoni, La città corre, 1988.
Conversazioni a cura di Antonio Borghi
Intervista a Ettore Sottsass
Argomenti
28
La galleria di Antonia Jannone presenta in questi giorni una raccolta di recenti disegni di Ettore Sottsass. Disegni in cui è bello immergersi con innocenza, un universo sensibile dove una casa è una casa, un albero è un albero, la tristezza è tristezza e l’uomo è al centro di tutto questo. La sua mostra potrebbe essere quella di un esordiente, un giovane di talento a cavallo tra arte e architettura, eppure coi piedi per terra. A una prima lettura i suoi disegni possono dare l’impressione di un esercizio individuale, di progetti per edifici solitari e autoreferenziali, ma nel contesto del suo percorso creativo e dei molti saggi – raccolti di recente nel volume Scritti (1946-2001), edito da Neri Pozza – emerge con chiarezza una riflessione operativa nei confronti della città contemporanea, della sua frammentazione e delle sue occasioni perse: un pensiero disegnato. “ I miei pensieri sono da architetto” , – afferma nel catalogo della mostra che gli viene dedicata nel corso del Salone del Mobile del 1997 – “ non sono da pittore, non sono certo un artista, sono un po’ incerti, ma anche un po’ certi; di solito sono pensieri che non ansimano, non ansimano troppo. Le logiche che percorrono sono abbastanza previste o prevedibili per via della indispensabile ‘razionalità’ che ci vuole di solito per fare l’architetto” . • Ma l’architetto Sottsass quale futuro immagina per questi progetti? • Non è detto che quello che uno disegna debba per forza diventare qualche cosa. Ho sempre fatto un lavoro di idee, di suggerimenti, per vedere che cosa è possibile. La mostra nasce da due riflessioni. La prima è che in questo momento sembra che architettura siano solo gli edifici enormi – grattacieli, musei, aeroporti – edifici che rappresentano la presenza dei vari poteri – il potere tecnologico, quello nazionale e così via. Ed è vero che è sempre stato così, ma con la differenza che nell’antichità le piramidi e le cattedrali riguardavano l’ignoto, il tentativo di fermare la morte, avevano un tema prevalentemente religioso mentre questi invece hanno a che fare solo con le banche. La seconda è che anni fa, ad esempio in California, le casette e le ville o erano prefabbricati in legno – in modo da essere facilmente trasportabili – oppure erano disegnate da architetti. Adesso se uno parte da Milano e va fino a Venezia tutto quello che vede è disegnato da geometri o addirittura da nessuno. Casette, alberghetti, fabbrichette abbandonate dall’architettura.
Pochi giorni fa, andando a Cuggiono sulla provinciale cha va da Milano a Verona sono rimasto umiliato dall’anarchia, dalla violenza, dal casino... è una strada di pazzi! C’è di tutto! C’è uno che ha messo lì degli ulivi secolari dalla Calabria e, chissà, forse li vende. Accanto un distributore di benzina, più in là un muro con dentro un parco abbandonato, ancora più in là un albergo di otto piani improvvisamente messo di traverso, poi un’officina, poi una fabbrica di non si sa che cosa... è un caos totale. Io non so quali responsabilità abbiano i sindaci e gli assessori, ma d’altra parte c’è anche un vuoto da parte delle scuole di design e d’architettura. Qualcuno deve pur essere responsabile, ma alla base il problema è culturale. • Dunque la sua è una riflessione rivolta alle nostre sterminate periferie, che non sono più fatte di palazzoni e quartieri dormitorio ai margini delle città, come qualche decennio fa, quanto piuttosto della cosiddetta città diffusa, le aree della dispersione... • I miei disegni vogliono dire innanzitutto che l’architettura è diversa dall’edilizia, che bisogna fare delle distinzioni. Tra mille edifici ce ne sono tre o quattro che sono architettura – secondo me – e quindi spero che questa mostra possa suscitare un po’ di attenzione a proposito delle architetture private. Intanto ogni architettura ha il suo albero – come prescrive anche lo Zen – e uno spazio libero recintato. Certi disegni sono copiati da
case che ho vist o in giro per il mondo – in Siria, in Tunisia, perché c’è molto da imparare dall’architettura spontanea – altri sono progetti che ho realizzato con alcune modifiche. Ho anche immaginato una città fatta tutta di piazze dove si affacciano case e negozi. Le macchine restano fuori, al centro si trova un prato, degli alberi e un monumento per il giocatore di calcio o qualcun altro. Le case sono un po’ come a Burano, tutte colorate in modo diverso, in fila lungo la riva del canale, oppure come la piazza Des Voges a Parigi o come le piazze tradizionali di Cuggiono o di altri paesi della Lombardia, luoghi che rispecchiano una grande qualità della vita. • Descrive con amore i suoi disegni e ne racconta la storia come un architetto che è riuscito a non smettere di disegnare pur avendo costruito – e molto. Tira fuori un disegno dopo l’altro e di ognuno descrive lo spirito attraverso una forma, un colore o un dettaglio. • Questa è una architettura simbolica – perché esiste anche l’architettura simbolica – e rappresenta una banca. La base è rivestita tutta d’acciaio – la cassaforte. Sopra una architettura alla moda – in questo caso un parallelepipedo in acciaio e vetro. Lo spazio libero attorno è completamente recintato e si entra attraverso un unico passaggio – un percorso tracciato da un tappeto rosso – un invito alla clientela facoltosa a depositare il proprio denaro.
• A proposito di depositi preziosi – un fenomeno degli ultimi anni vede gli archivi dei più celebri architetti milanesi prendere regolarmente il volo e andarsene da Milano verso Mendrisio, Parma, la Francia o gli Stati Uniti. Anche l’archivio di Ettore Sottsass e quello dello studio Sottsass Associati sono approdati a Parma e molti altri lavori sono stati acquisiti dal Centre Pompidou. È un semplice effetto della globalizzazione o un preciso segnale che viene inviato alle istituzioni cittadine, ad esempio alla Triennale? • Io non ho niente contro la Triennale – ci mancherebbe – ma quando ho deciso di affidare a qualcun altro la custodia dei lavori che ho raccolto in tanti anni di lavoro, Milano non mi offriva nessuna possibilità di farlo. Parma invece sì – e si tratta di una istituzione seria, una Università. E se a Parigi hanno voluto comprare altre cose mie, non vedo che male c’è. Addirittura a Parigi un giornale ha polemizzato sul fatto che sono il designer più presente nelle raccolte francesi, ma anche questo non è colpa mia. Io cerco solo di non disperdere quello che ho fatto, cerco di mettere da parte, perché se ne abbia memoria, e non solo quello che ho fatto io. Al Centre Pompidou, per esempio, ho fatto una mostra sugli anni d’oro del design Olivetti. La most ra era dedicat a a Robert o e Adriano, ma della Olivetti di oggi non è venuto nessuno. Non hanno nemmeno un archivio del proprio design, io invece sì.
E. Sottsass, Piazza Popolare dopo la Rivoluzione Francese, 61 x 46 cm.
A cura di Roberto Gamba
Concorso per la nuova piazza civica di Concorezzo (Mi) traverso la definizione della segnaletica, della pubblica illuminazione, dell’arredo urbano e delle condizioni del contorno ambientale, al fine di valorizzare la chiesa parrocchiale, il nuovo Municipio e gli assi viari in esso convergenti. Il tema specifico – “ piazza civica” – può essere quindi definito come “ il sistema delle piazze come nodo di collegamento storico e centro della vita comunitaria del paese” . Il comparto di riferimento per la definizione delle proposte di idee è costituito dagli spazi antistanti e retrostanti la nuova sede municipale. La Commissione Giudicatrice era costituita da Alberto Bernareggi, Innocente Pomari, Marco Polletta, Ivano Camera, Dario Vanetti, supplenti: Carla Passito, Luca Scacchetti, Giacomo Cusmano.
1° classificato Sonia Rizzo, Francesca Tata, Emanuela Bulli, Stefano Rubino
del progetto, nonché punto di vista privilegiato dei due opposti ambiti. L’asse di via De Capitani e la veduta prospettica verso la Serliana vengono evidenziati prolungando la pavimentazione esistente oltre l’incrocio con via Libertà. Superato il limite dell’attuale cancello, il primo dei due segni che strutturano il progetto entra nella “ piazza ovest” : la sua modellazione e la deviazione dalla sua direzione originaria, consente di ottenere contemporaneamente una dilatazione dello spazio – limitato da quinte architettoniche ben definite – e una chiara identificazione di nuovi ambiti e percorsi pedonali. Questo segno, che nasce come semplice variazione di differenti pavimentazioni, accompagna il variare delle quote esistenti tra l’in-
È necessario trasformare l’attuale successione di spazi, in un ambito unitario. Due linee principali, adagiate sull’esistente, convergono nella piazza civica e riescono, con i loro movimenti fluidi, a definire in maniera univoca ambiti e funzioni. Le stesse linee, estendendosi senza soluzione di continuità sino ai limiti dell’area in esame, superano concettualmente e materialmente il limite dell’edificio della Serliana, che così non costituisce più una barriera fisica, ma, nel rispetto del suo valore architettonico, viene coinvolta e resa partecipe del progetto, divenendo luogo di sosta e di passaggio, centro unificatore
29
Concorsi
Concorezzo è una cittadina di circa 14 mila abitanti, in provincia di Milano, sulla strada Monza-Bergamo, a circa 15 km dalla metropoli. Esisteva già ai tempi dei Romani e conserva due chiesette medioevali e una chiesa parrocchiale, costruita nel 1821, su progetto di Luigi Cagnola, in stile neoclassico. Oggetto del concorso di idee, bandito nell’estate dello scorso anno dall’amministrazione comunale, era la riqualificazione, valorizzazione e il recupero architettonico e urbanistico del sistema di piazze e collegamenti viari, nell’ambito del completamento del progetto di recupero architettonico-ambientale del centro storico. L’area è soggetta a tutela ai sensi della Legge 1089/39, oggi D.Lgs. 490/99. L’obiettivo andava perseguito at-
gresso alla piazza e l’angolo nord, cambiando la propria morfologia e trasformandosi prima in ciglio inclinato, poi in seduta e contenimento del dislivello. La variazione fluida della sua forma, resa possibile grazie alla trama fitta e modellabile del rivestimento in ciottoli, è evidenziata da una lama di luce posta tra il muro inclinato e la seduta. Un secondo segno, analogo al precedente per funzione e forma e ideale proseguimento dei percorsi esistenti nel parco, permette di estendere il si-
stema del verde all’interno della “ piazza est” . Dopo aver coinvolto la Serliana con un parziale e lieve cambio di pavimentazione integrata a quella esistente, si insinua nella “ piazza ovest” , sovrapponendosi parzialmente ai gradini e disegnando la rampa pedonale. Due differenti tipi di pavimentazioni contribuiscono a rendere identificabili gli ambiti: un sistema omogeneo di cubetti di porfido disposti in filari e una pavimentazione lineare in lastre di beola.
2° classificato Daniele Campus, Paolo Renzetti, Sabrina Turco
cato degli edifici che la delimitano. Si avranno così due diversi piani della corte, dialoganti tra loro, attraverso una balaustra in pietra che richiama le modalità storiche di compensazione dei dislivelli. La piazza “ alta” , avrà la quota di partenza della breve scalinata che conduce al portico a serliana, in modo tale che tale portico mantenga il ruolo di sopraelevazione rispetto alla corte. Il terminale delle intercapedini grigliate perimetrali, che mantiene la quota attuale, sarà mascherato con un rivestimento in pietra. Le pavimentazioni saranno realizzate in pietra naturale. La corte interna viene valorizzata prevedendo fasce di granito di Baveno e grandi campi in cubetti di Montorfano. La maglia ortogonale si esprime, nel progetto, fin nel disegno a pavimento, in cui le fasce in pietra determinano i campi secondo una griglia a grandi moduli quadrati.
La base ideale del progetto è il riconoscimento dei tracciati fondamentali nella costruzione dello spazio urbano, in prevalenza l’orientamento est-ovest dell’asse principale di villa De Capitani, parallelo alla giacitura della basilica del Cagnola, che dall’attuale via De Capitani costruisce la prospettiva attraverso la corte d’onore della villa fin oltre il portico a serliana e attraverso il giardino storico si congiunge attualmente al tracciato del giardino pubblico di via Repubblica. Inoltre la ricucitura degli episodi che oggi si costituiscono come elementi frammentari nel percorso urbano; la riqualificazione della corte e del giardino. Il progetto prevede la totale pedonalizzazione dell’area e conferma il doppio livello altimetrico dovuto a differenti quote di spic-
La presenza di una fontana nel giardino sul retro, situata in posizione centrale, qualifica il luogo, perpetuando il valore storico svolto da tale elemento di arredo nel giardino neoclassico. Anche il verde, come l’acqua, è presenza discreta e mutevole, che modifica lo scenario del luogo: all’ingresso della
corte, non alberi sempreverdi, ma alberature a foglia caduca che scandiscono l’alternarsi delle stagioni. Una lastra calpestabile di cristallo a pavimento renderà visibile il pozzo antico che un’opportuna illuminazione interna permetterà di fare apprezzare nella sua not evole profondità.
fondamentalmente diverso, con un elemento a “ spirale” che funge da elemento di congiunzione fra l’importante asse costituito dal passaggio pedonale che attraversa il parco V Alpini e l’asse dell’altra piazza che attraversa idealmente la serliana. La spirale sarà realizzata in muratura, rivestita da un mosaico di elementi in ceramica non di forma regolare e con la presenza di numerosi fori e nicchie. Questa struttura, di carattere fiabesco sarà dedicata al gioco dei bambini che potranno realmente “ vivere” lo spazio pubblico ed interagire con esso. Sono inseriti anche dei portali realizzati in acciaio e legno.
3° classificato ex aequo Alessio Gotta, Monia Pecchio, Alessia Depetris
tra con interposta una fascia in acciottolato, a rafforzamento dell’asse prospettico esistente che conduce alla serliana del Palazzo Civico. Si accede così ad uno spazio fortemente caratterizzato da simmetrie segnate sia dai volumi
Concorsi
30
configurano come rampe e assorbono le differenze di quota, riunificando idealmente le diverse parti. La dinamicità del progetto è sottolineata dalle emergenze, dal piano di calpestio di diversi elementi; le sedute, che creano un disegno particolare attraverso una disposizione “ casuale” volta a sovvertire quell’ordine geometrico fissato dalla pavimentazione. L’incrocio dei due assi principali è “ disturbato” da una serie di pali in acciaio che rompono visivamente l’asse via De Capitani – ingresso edificio comunale (serliana). La serliana di Palazzo De Capitani è da considerarsi l’elemento cardine fra la nuova piazza civica anzi descritta e la seconda, di carattere
Si propone la prosecuzione della pavimentazione di via De Capitani costituita da due “ ruere” in pie-
3° classificato ex aequo Daniela Borgese, con Filippo Garofalo, Biagio Leanza, Marco Lissoni, Salvatore Tomasello L’idea progettuale nasce dalla volontà di creare due tipi diversi di piazza, una a carattere più “ urbano” , quella che funge da ingresso privilegiato per il Palazzo De Capitani ora sede Comunale, su via Libertà, e l’altra piazza, retrostante, che si configura come il prolungamento del parco già rea-
lizzato, quindi a carattere di giardino. La continuità spaziale è sottolineata attraverso la pavimentazione in “ sferogranito” , utilizzando colori diversi e posandolo in modo tale da accentuare il collegamento con lo spazio viario antistante e con l’altra piazza, attraverso un collegamento visivo che attraversa la serliana. Si è voluto poi conservare la differenza di livello dell’area: si è infatti diviso lo spazio in due assi, che si
getto schiumogeno centrale e quattro zampilli concentrici. Il muretto alto circa 45 cm funge da seduta ove presenta dei listelli di legno affiancati, intervallati da copertine in pietra che sottolineano la scansione della pavimentazione. Sul retro del Palazzo Municipale si apre uno spazio caratterizzato da aiuole verdi che disegnano percorsi pedonali. Un’ampia aiuola centrale di forma circolare crea un percorso curvilineo. In entrambe le Piazze l’accurato disegno della pavimentazione è reso leggibile dalla scelta di materiali come l’arenaria, la diorite e l’acciottolato.
Concorso per il progetto dell’Auditorium di Bussero (Mi) Bussero, in provincia di Milano conta circa 8000 abitanti. Di probabile origine romana, nel 1375 fu compreso tra le podestà di Gian Galeazzo Visconti e in seguito nel contado di Melzo; nelle epoche successive ebbe come signorie alcune tra le maggiori famiglie della nobiltà milanese. Oggi, nel centro, sono stati attuati numerosi interventi di restauro, che hanno ripristinato la forma originaria degli edifici e hanno cercato di conservare l’impianto dell’antico borgo rurale con case ad andamento longitudinale, vie strette e tortuose sulle quali si aprono i portoni d’accesso ai vecchi cortili. Nell’ultimo trentennio ha avuto un forte sviluppo urbanistico, in particolare verso la parte sud, collegata al capoluogo da una linea della metropolitana. La presenza di un consistente tessuto di aree verdi, unite da un sistema di viali, piazze, servizi, parchi e giardini, lo ha qualitativamente segnato. La tipologia residenziale, in prossimità della stazione della metropolitana, è caratterizzata da un insediamento misto di edilizia convenzionata e sovvenzionata: si tratta di edifici in linea di sei o sette piani, disposti secondo uno schema planivolumetrico abbastanza preciso, che prevede la scansione degli spazi edificati, di quelli di competenza degli edifici sistemati a verde o pavimentati e di quelli pubblici e di relazione. L’amministrazione comunale nel-
l’estate dello scorso anno aveva bandito il concorso per la progettazione di un auditorium, di un palazzetto dello sport e per la sistemazione delle vie adiacenti, per un import o di lavori di Euro 2.500.000. L’area oggetto del bando è, all’interno di questo sistema pensato e realizzato con cura, uno dei pochi vuoti urbani in attesa evidente di sistemazione; a nord di essa c’è una cortina edificata piuttosto estesa e continua, subito a ridosso di una fascia verde. Verso ovest l’ edif icat o si dispone con uno schema non omogeneo costituito in parte da edifici che si presentano di testa e che consentono quindi una maggior permeabilità visiva. A sud, il campo sportivo si annuncia come area in attesa di definizione. Ad est la prospettiva agricola, annunciata dagli edifici di una cascina, ha come sfondo la linea del torrente Molgora. I partecipanti sono stati 23. La giuria era presieduta da Antonio Galbiati, con Massimo Vadori, Luigi Guzzi, Massimo Giuliani, Elisabetta Buganza, Ugo Targetti, Giovanna Rubino, Claudia Miraglia; segretario Anna Rotta. Quarti classificati sono risultati Luigi Mirizzi, con Giulia Stanghellini Perilli, Vittorio Mirizzi Stanghellini Perilli. Quinti classificati Marco Muscogiuri, con Milanoprogetti, Marco Berardinelli, Paola Bertagnolli, Maurizio Cozzi, Giorgio Faccincani, Anna Filippi, Roberta Naggi.
1° classificato Antonello Boatti, Silvia Paolini, Elisabetta Maino, Cristian Merlo, Alberto Zambelli, Federica Zambellini
Gli edifici, la cupola e l’onda, ovvero l’auditorium e la palestra, costituiscono il baricentro del progetto, quasi fossero le lancette di un orologio ideale, che segna le dodici meno venti. Questa accentuazione centripeta, che si configura con la disposizione degli edifici, è bilanciata dal sistema delle pavimentazioni, che si diramano verso i quattro angoli dell’area, dando vita a un moto al contrario centrifugo. A seconda dell’uso, ci sono intarsi di pietra naturale e conglomerati per la piazza, ribassata di 50 cm rispetto al piano delle altre siste-
Il progetto sceglie la strada di una marcata visibilità architettonica abbandonando qualsiasi tentazione mimetica o peggio oleografica. In questo senso va ricercata l’origine delle sue forme: una porzione di sfera, o meglio una cupola appena appoggiata a terra e quasi sospesa per l’Auditorium e un’onda il più possibile flessuosa per un corpo così rigido come quello di una palestra.
31
Concorsi
degli edifici prospicienti, sia dal nuovo disegno della pavimentazione, che ritma e scandisce gli spazi in entrambe le direzioni. La nuova piazza è risolta nella parte centrale su un’unica quota altimetrica, ad eccezione di impercettibili pendenze per lo scolo delle acque. A cavallo del percorso su piani inclinati e della Piazza insiste un muretto quasi continuo, formato da due gradoni, che delimita e racchiude un’area, capace di ospitare grandi e piccoli eventi. Al centro delle due aree simmetriche sono collocate due fontane a raso, costituite ognuna da un
2° classificato Matteo Viganò, Cristina Devizzi, Cinzia Mazzone, Luca Battaglia La strategia progettuale si basa sull’analisi pragmatica del sito, con un’attenzione particolare alle esigenze del luogo e alle richieste del programma. Ha l’intenzione di trattare allo stesso modo sia la progettazione architettonica che la progettazione paesaggistica; il fine è quello di creare una continuità tra paesaggio e architettura. Il progetto da una parte tratta il limite attribuendogli il significato di “ confine” (l’edificio stesso letto a livello paesaggistico funziona da segnale che marca il confine territoriale); dall’altra, attraverso il dispositivo della contaminazione (il funzionamento del vestibolo di ingresso è pensato anche come elemento di integrazione del territorio circostante con l’architettura vera e propria), ogni elemento non è mai risolto completamente in se
Concorsi
32
stesso, ma stabilisce un dialogo produttivo con il proprio “ altro“ . La proposta consiste nel creare, attraverso il sistema del verde pubblico attrezzato, un collegamento ideale che funzioni come elemento di unione tra il paesaggio agricolo nord e sud. Si vuole creare un circuito sui confini del tessuto urbanizzato, in sintonia col progetto dell’amministrazione comunale, con lo scopo da una parte di circoscrivere e dunque definire i due territori, quello urbano e quello agricolo, dall’altra di collegare l’auditorium e il centro sportivo a un sistema di percorsi. Alla scala del quartiere è stato individuato un dispositivo paesaggistico capace di avvicinare i territori e creare identità. Il dispositivo consiste nel mettere in rilievo tutti i confini del sito, secondo un processo logico e conseguente d’identificazione, separazione, sovrapposizione.
mazioni esterne; listoni di legno accostati, che diventano in alcuni casi anche passerelle sopraelevate; lastre di conglomerati e pavimentazioni verdi per le zone di sosta; calcestre eventualmente pigmentato per la pista ciclabile. La ricerca dei valori naturali è arricchita dalla presenza di un corso d’acqua che si immagina nascere dal Molgora, raggiunge la piazza dove si trasforma in fontana e defluisce in diagonale verso il vertice di sud-est. L’auditorium avrà una sala da 300 posti, servizi e un planetario, trasformabile in una sala per feste. Sarà dotato di due ingressi, situati agli estremi di un diametro della sfera e sarà caratterizzato da un involucro altamente tecnico, con copertura a volta in titanio. Il prospetto è completato dal basamento cilindrico che alterna vetrate continue, con elementi murari intonacati, o segnati da serramenti quadrati.
Il palazzetto sarà un edificio multifunzionale che mette insieme sport, spettacolo e sport praticato. Di qui nasce l’idea dell’onda che trasforma e mescola, affidata a una copertura che si appoggia ad una struttura di travi in legno lamellare. Ha grandi vetrate sulle due testate e le fiancate molto più corporee. Il prospetto sulla piazza è costruito sulla grande vetrata segnata da una intelaiatura in legno che si sovrappone ai principali elementi strutturali retrostanti. Il coronamento è costituito da una trave in legno a forma di onda ad altezza variabile, sostenuta da un pilastro inclinato anch’esso in legno lamellare. Il basamento è arricchito dalla gradinata realizzata in pietra naturale finita a piano-sega e dai terrazzi del ristorante sostenuti da pilastri tinteggiati con colori forti (blu di Prussia).
3° classificato Giulio Fenyves, Luigi Vaciago, Lorena Giovanessi, Andrea Meleri Il progetto si configura come bastione murario di confine a protezione e allo stesso tempo a demarcazione del labile confine tra città e campagna. Si configura morfologicamente attraverso uno schema a “ elle” , con al vertice una piazza aperta, sulla quale si affacciano i lati minori dei due edifici con gli ingressi
principali dei servizi, mentre i lati maggiori si affacciano su un cortile attrezzato per la ricreazione all’aperto. I due edifici della palestra e dell’auditorium si accostano senza toccarsi, a formare un doppio sistema di assi ortogonali a crociera, lungo la quale si organizza il sistema dei percorsi pubblici, tecnici, ecc. Le parti edilizie esprimono un carattere di autonomia volumetrica e funzionale (prendendo ragione della necesità di massima flessibilità costruttiva e gestionale),
ma allo stesso tempo costruiscono un rapporto di reciproca tensione, tipica dei sistemi urbani pubblici. Il linguaggio trae spunto dall’ar-
chitettura rurale lombarda, carat t erizzat a da semplicit à costruttiva e rigore funzionale-compositivo.
1° classificato Anna Giovannelli, Anna Maria Cavazzuti
33
Concorsi
Il progetto per la nuova piazza del Municipio prevede la nuova pavimentazione in pietra bocciardata, mentre il parterre che definisce l’invaso della Chiesa e dell’edificio comunale si realizza con una pavimentazione in pietra levigata. Si prevedono anelli in ghisa per la finitura a terra delle piantumazioni su pietra. Si prevede una nuova rampa di accesso alla scuola di via Dante, mediante l’orientamento verso le nuove giaciture di progetto, che piegano la direzione dello sguardo, accompagnando l’attraversamento dello spazio e ritrovando i contrappunti in elementi lineari dell’illuminazione notturna e delle alberature, così come delle panche, la cui forma monolitica consente l’assemblaggio di più elementi. Il viale Berlinguer si configura in
una nuova sezione stradale che include la metrotramvia. Il progetto prevede la costruzione di una promenade centrale, ai lati della quale scorrono le rotaie della metrotramvia che si trova alla stessa quota della promenade. La proposta progettuale in merito alle aree residuali in prossimità del Crocione si configura nella possibile costruzione di un parcheggiostruttura, ovvero un edificio che ospiti il parcheggio, inviluppando nel suo ripiegamento uno spazio pubblico: l’ipotesi architettonica è quella di un parterre analogo, in termini formali e dimensionali a quello della Piazza del Municipio, ospitando alla quota di suolo urbano piccole attività commerciali di quartiere. La variabilità delle forme del paesaggio naturale si verifica nell’articolazione della materia verde come volume, nei piccoli boschi, o come piano nei lunghi filari di alberi.
Riqualificazione delle aree centrali dell’abitato del Comune di Opera (Mi) Dopo la fase di “ secondo sviluppo” attraversata dai Comuni della cintura milanese, si avvia un processo di consolidamento delle realtà insediative presenti nell’hinterland, ormai socialmente mature, ma connotate da deboli forme dell’abitato, prive di identità urbana e senza adeguati riferimenti ai caratteri del territorio cui appartengono. Le linee portanti delle politiche urbanistiche delle pubbliche amministrazioni, nell’attuale periodo, sono diret t e a promuovere l’ identificazione degli assetti locali, secondo nuovi modelli che tengano conto dell’evoluzione sociale, della dinamica della popolazione, delle nuove modalità di comunicazione, delle esigenze sempre crescenti di qualità e sicurezza degli spazi utilizzati dalla collettività. Il Comune di Opera ha bandito un concorso nazionale di idee, per la riqualificazione delle aree centrali dell’abitato, individuate come luoghi cui assegnare nuova centralità. Queste sono lo spazio pubblico circostante la sede munici-
pale, lo spazio religioso antistante la chiesa, l’edificio della scuola elementare e il circolo cooperativo, con adiacenti superfici destinate ad attività sportive, scolastiche e ricreative; l’asse urbano costituito da un insieme di tracciati, interessati dal percorso della futura metrotramvia e un sistema di spazi di relazione costituito da due vie; il nodo del “ Crocione” , determinato da varie strade, dalle aree di parcheggio pubblico adiacenti e dall’edificio commerciale dismesso “ ex-Coop” . Le soluzioni di progetto individuate dovrebbero essere migliorative delle caratteristiche cittadine, per consolidare la riconoscibilità territoriale di Opera, in rapporto agli altri Comuni, attivando un processo di costruzione fisica di una nuova qualità urbana, adeguata al particolare ruolo svolto dal Comune, nel contesto territoriale sud-milanese. La giuria era composta da Jacques Gubler, Sergio Crotti, Guya Bertelli, Bianca Maria Zirulia, Dario Vanetti, Mauro Brocca, Alfredo Villa.
2° classificato Ilaria Valente, Roberta Cattorini, Stefano Diene, Chiara Lamparelli
Concorsi
34
Il viale Berlinguer è assunto dal progetto come nuova spina da riorganizzare, spazio pubblico lineare, legamento tra le “ stanze” che ridisegnano il sistema degli spazi pubblici centrali. Il suo andamento è rafforzato dal tracciato della prevista tramvia, che il progetto dispone, entro l’abitato di Opera, con un unico binario a senso unico alternato. Il progetto intende, attraverso il disegno del vuoto, ricondurre a coerenza gli edifici pubblici che sorgono nel cuore di Opera: il Municipio, la Chiesa, la Scuola. Viene così misurato lo spazio centrale, un grande quadrato lastricato, attorno a cui si riorganizzano i versanti della piazza. Sul lato meridionale, il fronte del Municipio è rafforzato da un portico, una struttura leggera e ritmata, realizzata con pilastri e travi in c.a., sottolineata da un sistema di tende che possono venire aperte per riparare dal sole.
Sul lato occidentale della piazza, a fianco del Municipio, c’è un sistema di piccoli edifici a sviluppo lineare: sulla piazza l’elemento di testata si configura come una piccola “ torre” , una “ casa alta” . Il progetto ridefinisce il sagrato della chiesa tramite due diaframmi murari giustapposti: un muro in c.a. e un muro, più basso, composto da blocchetti in cemento, a determinare un grigliato. Il sagrato è completato, sul lato orientale, da un diaframma murario segnato da contrafforti lievemente sporgenti a cui si affiancano delle panche a sbalzo, intervallate da alberi per dare ombra. Il sagrato è in parte pavimentato con lastre di cemento e in parte definito da campi di acciotolato, riprendendo così la “ rizzata” lombarda. Il nodo del Crocione è ridefinito dal progetto tramite un recinto quadripartito che intende rafforzare l’ incrocio degli assi e segnare la porta di accesso ad Opera da Sud. Il recinto si compone di t re “ st anze” apert e e di una chiusa.
3° classificato Davide De Giobbi, Antonella La Spada Viale Berlinguer si trasforma, da asse di scorrimento e di attraversamento veicolare della città, in promenade publique. Il nuovo disegno della sezione stradale permette la formazione di percorsi dedicati ai ciclisti, la loro integrazione con il nuovo sistema urbano di passeggio e la possibilità di una passeggiata sul viale, riparata dalla strada da un doppio filare di alberi, che contiene la linea del tra-
sporto tramviario e da un’area dedicata ai parcheggi delle auto. Nella piazza del municipio, una teoria di pilastri conducono ed indirizzano il passante, un muro delimita una corte di pertinenza comunale, mentre un setto e una panca definiscono e disegnano lo spazio privato antistante il municipio. La collocazione di nuove strutture amministrative bancarie e di una sala polivalente da utilizzarsi anche come cinema farà vivere il Crocione di una nuova vita aggregativa. La nuova piazza, ridisegnata in-
finire il limite nord del centro cittadino, è un basso edificato, di servizio alle nuove attrezzature sportive, disegnato su due piani: accoglie la parte pubblica al piano terreno, mentre riserva all’amministrazione il piano superiore. Modulato da quattro blocchi e legato all’accesso da via Giovanni XXIII da un corpo di ricezione, ridefinisce il fronte lungo via Fratelli Cervi, segnando il limite tra il centro cittadino e la campagna.
Progetto per la sistemazione di nuovi uffici nella villa comunale di Casorezzo (Mi) Il concorso è nato dalla necessità di ridare unità e riconoscibilità alla villa comunale di Casorezzo di piazza Griga, attraverso una definizione architettonica che ne valorizzi le valenze storiche e con lo scopo di collocarvi gli uffici comunali, che attualmente sono ubicati in un altro edificio. La costruzione aveva avuto destinazione di dimora signorile, nel 1879 dopo che una vecchia casa colonica, edificata nel 1849, era stata così trasformata da un nuovo proprietario. La casa colonica e l’area a verde di pertinenza erano comprese tra la “ Corte Griga” (un tempo destinata a convento), la via Inveruno
e la piazza allora chiamata “ della piscina” , con un affaccio sulla stessa. Utilizzando lo spazio interno a campagna e demolendo vecchi rustici si è creato con movimenti di terra e nobili essenze un pregevole parco all’italiana, progettato da un architetto dei giardini di origine svizzera, come era in uso tra le famiglie nobili. Il fronte strada non ha avuto un completo sviluppo architettonico essendo inserito tra edifici, mentre per il fronte interno è stata sviluppata un’architettura più accurata e consona agli stilemi dell’epoca. Nel tempo sono state apportate innumerevoli modifiche e difficoltoso è risalire al progetto originale.
Concorso di idee per la riqualificazione urbanistica ed ambientale dall’area ex-Avir, Comune di Sesto Calende (Va) La Società ABA, in accordo con l’Amministrazione Comunale, ha promosso un concorso di idee ad inviti, per la definizione degli spazi e delle aree pubbliche interessate dall’attuazione del progetto di riqualificazione urbanistica ed ambientale dall’area dismessa ex-Avir di Sesto Calende, in provincia di Varese, di cui è proprietaria. Questo poiché, all’interno delle politiche più ampie di promozione dell’Amministrazione Comunale, il progetto ricopre un ruolo strategico per il suo ruolo di polo territoriale e richiede un’alta qualità. Questa fase concorsuale, che si proponeva di acquisire contributi ed idee, relative sia allo schema distributivo degli spazi e dei percorsi (nell’ambito dello schema di azzonamento e di relazioni funzionali già definite), sia all’immagine degli spazi aperti e di uso pubblico, si è svolta parallelamente ad una fase di affinamento e definizione progettuale che il gruppo dei progettisti della proprietà dell’area sta effettuando con l’Amministrazione Comunale di Sesto Calende.
La trasformazione dell’area ex-Avir è regolata da un Programma Integrato di Intervento. Il tema principale del concorso è il disegno del percorso pedonale e ciclabile lungo il torrente Lenza, con la valorizzazione dello stesso e dei percorsi di collegamento con il tessuto urbanizzato circostante, delle aree verdi, delle piazze e percorsi pedonali, della piazza della stazione, delle aree antistanti gli edifici scolastici, degli spazi parcheggio a raso e degli attraversamenti pedonali e ciclabili. Sono stati invitati Giuseppe Sgrò, Paolo Ferrante, Riccardo dell’Osso, Remo Dorigati, Massimo Novati, Ermanno Ranzani e Paolo Giuliano. La commissione giudicatrice era composta da Federico Oliva presidente, Andreas Kipar, Aldo Castellano, Riccardo Papa, e dall’Assessore al Territorio di Sesto Calende. A ciascuno dei partecipanti sono stati attribuiti Euro 4.500. Al proget t ist a vincit ore verrà affidato l’incarico di consulenza per la redazione del progetto definitivo, elaborato a cura di professionisti di fiducia del Promotore.
1°classificato Giuseppe Sgrò, Giampaolo Rinaldi, Fabrizio Vaghi, Lorenzo Pola, Stefania Pini
si affaccia sul fiume Ticino, diventa un elemento di ordine e di percezione con il quale si relazionano i diversi episodi del progetto. Il mantenimento di strutture esistenti con ampliamenti o demolizioni parziali non corrisponde a una maggiore economicità dell’intervento, ma alla precisa scelta culturale di fare i conti con l’esistente. Viene proposto un nuovo isolato con destinazione a residenza, commercio e struttura alberghiera. Lungo la via nuovi edifici con residenza e negozi-uffici rispettano l’allineamento sulla strada e ne confermano la sua vocazione a via commerciale. L’albergo viene collocato nella vicinanze dell’asse pedonale attrezzato che collega la piazza della sta-
Confermando il posizionamento della struttura commerciale, (così come richiesto dall’ente banditore) sono stati introdotti elementi ordinatori in grado di organizzare sia i manufatti edilizi (esistenti o nuovi) sia gli spazi aperti (pubblici e privati). Lo specchio d’acqua artificiale di pochi decimetri di altezza attraversa tutta l’area mettendo in comunicazione la nuova piazza della stazione e la nuova piazza del museo collegando la parte a est con la parte a ovest. L’acqua, elemento caratterizzante la cittadina di Sesto Calende che La giuria ha proclamato vincitore del concorso Mario Zari, con Emanuele Zari, senza stilare una graduatoria degli altri progetti pervenuti. La loro proposta è stata impostata su una struttura portante in c.a. di sicura solidità con il mantenimento della muratura perimetrale e lo svuotamento interno, dopo che indagini sulla attuale struttura hanno evidenziato la precarietà della stessa. Tale operazione oltre a garantire una maggior sicurezza statica, ha permesso una più razionale distribuzione e sfruttamento degli spazi. Due corpi, necessari per un organico sviluppo delle necessità comunali, previsti in corrispondenza di quanto a suo tempo era stato demolito in modo sconsiderato, saranno composti da ampi portici
a doppio arco sulle piazze antistanti e avranno una zona cantinata per ubicarvi la centrale termica e ripostigli. L’ampliamento sarà evidenziato comunque da una architettura lineare priva degli elementi decorativi dell’edificio esistente, con copertura al primo piano in legno lamellare inclinato a vista; tutto ciò con preciso riferimento alle ali demolite, che erano destinate per il piano terra a ricovero per carrozze ed al primo piano a legnaia e serra con capriate a vista. Parte del cortile antistante gli uffici comunali sarà pavimentata in acciottolato formante al centro lo stemma del Comune; lo spazio sarà definito da una bassa cancellata onde separare la pertinenza comunale da quella destinata a parco pubblico.
35
Concorsi
torno al nuovo volume, diviene così porta di accesso alla città di Opera. Due assi pedonali attraversano il parco definendone spazi e funzioni. Spazi ludici, spazi per il relax, un boschetto e una piazza sono le nuove funzioni del parco. Una leggera macchia punteggia il vialetto pedonale a nord separandolo dalla strada anche attraverso un leggera terrazza degradante verso il parterre ribassato. A concludere l’intervento e a de-
zione con la piazza del museo. Un edificio in linea chiude l’isolato e si confronta con l’antico manufatto di architettura industriale. Nello spazio aperto tra i due edifici si propone una nuova piazza a carattere commerciale. All’interno si ricava uno spazio a verde al servizio della residenza e a parco giochi. Nella zona a est si propone la piazza del museo, nuova piazza civica dove la presenza della ciminiera e dell’antico forno caratterizzano l’intervento. L’ingresso alla piazza da via Risor-
Concorsi
36
gimento avviene dall’accesso storico all’antica fabbrica. Vi si attestano due edifici residenziali in linea, a conferma della volontà di costruire un tessuto edilizio in cui la compresenza di funzioni diverse genera tensioni capaci di alzare il livello della qualità urbana. Viene creata una rete di percorsi ciclo-pedonali localizzati nelle vicinanze del fiume Lenza che collegano le varie parti della città attraverso sottopassi. Le aree verdi sono localizzat e nella fascia delimitata dal fiume Lenza.
2°classificato Remo Dorigati, con Anna Brizzi, Massimo Bossaglia, Paolo Menudo La strategia di progetto si articola attorno al concetto di suolo, che viene assunto come la principale connotazione di uno spazio pubblico aperto, poiché gli conferisce quella continuità e fluidità che è alla base dell’incontro sociale. Per disporre di una maggiore quantità di suolo, il progetto ha scelto di operare, ove possibile, con architetture ipogee ed architetture sospese. Viene consegnata al pubblico una notevole superficie che permette un’ampia flessibilità d’uso. La struttura fondamentale che innerva tutto il progetto è un tracciato urbano disposto in direzione est-ovest che diventa la spina dorsale di tutto il nuovo sistema ed è allo stesso tempo l’asse ipogeo che distribuisce i parcheggi pubblici fino alla piazza della stazione e mette in collegamento tutti gli spazi sotterranei. I muri tagliafuoco disposti ai due lati si raddoppiano per contenere un terrapieno in funzione dell’alberatura in superficie. La dimensione di questo viale al-
berato esclusivamente pedonale (circa 13 m) consente un ampio spazio pubblico che può funzionare assieme per mercati all’aperto, feste ed incontri pubblici, esposizioni e fiere. Il viale è messo in relazione con la piazza della stazione tramite il blocco dell’hotel, che emerge come massa rispetto all’intorno (ma non supera l’altezza dell’edificio residenziale a fronte) e con la sua piastra funziona come un dispositivo che raccoglie le due diverse geometrie della piazza e del viale. Ha un ruolo di porta, enfatizzato dall’apertura a forbice che svela il sistema urbano retrostante mantenendo aperta la relazione con il paesaggio. Sul lato opposto l’asse si affaccia sul parco attraversato dal Lenza, ma un percorso pedonale a ponte lo collega con gli spazi aperti del sistema scolastico passando sotto la sopraelevata. La spina divide il macro isolato in due aree distinte. Una a sud destinata al centro commerciale e alle sue funzioni, e una a nord con residenze, commercio, uffici, hotel e un edificio pubblico ad uso museale.
Legislazione a cura di Walter Fumagalli
Da tempo si riscontra un progressivo peggioramento qualitativo nella redazione dei testi normativi, con conseguente aumento di quella “ incertezza del diritto” che pare caratterizzare sempre di più il nostro tempo. Talora ciò avviene per scarsa chiarezza del tenore letterale delle disposizioni o per difetto di coordinamento con altre norme, talvolta invece per una sovrapposizione di fonti normative di rango diverso nella disciplina di una medesima materia. È emblematico, da quest’ultimo punto di vista, ciò che sta accadendo per le tariffe professionali relative alle prestazioni tecniche preordinate alla realizzazione delle opere pubbliche. Con il Decreto Ministeriale 4 aprile 2001 erano stati indicati i criteri per la determinazione dei corrispettivi dovuti per la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché per le attività di direttore dei lavori, di responsabile di progetto e di coordinatore in materia di sicurezza, da effettuarsi nell’ambito dei lavori pubblici. Tale decreto era stato impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio dal Consiglio nazionale dei Geologi, dal Consiglio nazionale dei Periti Industriali e dal Consiglio Nazionale degli Agronomi e Forestali, nonché, con separato ricorso, dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, dall’Unione delle Province Italiane e da alcuni comuni. Con le sentenze 23 luglio 2002, n. 6552 e 8 agosto 2002, n. 7067, il T.A.R. Lazio ha accolto entrambi i ricorsi e ha pertanto annullato il Decreto Ministeriale 4 aprile 2001, sulla considerazione che i Consigli degli Ordini ricorrenti non erano stati coinvolti nel procedimento di determinazione delle tariffe. Conseguentemente il decreto in questione è stato caducato con efficacia retroattiva ed erga omnes(cioè nei confronti di tutti i cittadini, e non solo delle parti in causa), come del resto precisano le stesse sentenze sopra citate. Senonché tale decreto potrebbe (l’uso del condizionale è d’obbligo per quanto verrà precisato di seguito) essere stato “ riportato in vita” ad opera dell’Articolo 7, primo comma, della Legge 1° agosto 2002 n. 166 (c.d. “ Collegato Infrastrutture” ), che ha aggiunto il comma 12 ter all’Articolo 17 della Legge n. 109/1994. Tale norma, nel prevedere l’adozione di un nuovo decreto in tema di tariffe professionali concernenti le attività connesse con l’esecuzione di opere pubbliche, precisa che “ fino all’emanazione del decreto continua ad applicarsi quanto previsto nel Decreto del Ministro della giustizia del 4 aprile 2001” . Questa previsione era stata concepita prima della sentenza n. 6552/2002, nell’intento di evitare che il probabile annullamento del decreto in sede giurisdizionale ne comportasse il venir meno con efficacia retroattiva. Tut-
tavia il T.A.R. Lazio è stato più rapido del legislatore e pertanto l’Articolo 17, comma 12 ter è entrato in vigore quando ormai il Decreto Ministeriale era stato annullato. Si è posto a questo punto il problema di stabilire se il legislatore sia riuscito nell’intento di “ salvare” il Decreto Ministeriale 4 aprile 2001, ovvero se l’intervenuto annullamento dello stesso ad opera delle sentenze del T.A.R. Lazio sopra citate ne comporti l’inapplicabilità, con conseguente reviviscenza della disciplina tariffaria precedente all’entrata in vigore di tale Decreto Ministeriale. A favore di quest’ultima tesi si è pronunciata l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, la quale ha sostenuto che, nelle more dell’emanazione del nuovo decreto in tema di tariffe professionali per l’esecuzione di opere pubbliche, deve trovare applicazione la disciplina previgente al Decreto Ministeriale annullato, e in particolare deve trovare applicazione quella contenuta nella Legge 2 marzo 1949, n. 143 (determinazioni n. 27/2002 e n. 30/2002). Peraltro altre pubbliche autorità, tra le quali il Ministero della Giustizia ed il Ministero delle Infrastrutture, hanno adottato l’opposta interpretazione, ritenendo che, in forza della previsione normativa introdotta con il “ Collegato Infrastrutture” , debba applicarsi il D.M. 4 aprile 2001 fino a quando entrerà in vigore la nuova disciplina tariffaria. Anche tra gli organismi esponenziali di istituzioni e di categorie professionali si è registrata una profonda diversità di vedute. Così, mentre l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) si è espressa nel senso dell’inapplicabilità del Decreto Ministeriale 4 aprile 2001 a seguito dell’annullamento dello stesso da parte del T.A.R. Lazio, opposto avviso è stato manifestato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che coerentemente ha altresì impugnato davanti al T.A.R. del Lazio la sopra citata determinazione n. 30/2002 dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici. In una situazione tanto caotica era inevitabile che il giudice amministrativo venisse investito della questione anche con riferimento alle previsioni, contenute nei singoli bandi di gara, in merito alla determinazione delle tariffe professionali. Così l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Treviso ha impugnato mediante tre ricorsi davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto altrettanti avvisi concernenti l’esecuzione di opere pubbliche emanati dalla Provincia di Treviso e da due comuni veneti, nella parte in cui facevano riferimento alla disciplina previgente al Decreto Ministeriale 4 aprile 2001, ai fini della determinazione dei compensi professionali. Con le recenti sentenze nn. 2651/2003, 2653/2003 e 2813/2003, il T.A.R. Veneto ha accolto i ricorsi in questione, annullando gli atti impugnati. Nelle sentenze sopra citate il T.A.R. adito ha evidenziato che la finalità perseguita dal legislatore mediante l’introduzione del comma 12 ter all’Articolo 17 della Legge
37
Professione e Aggiornamento
Quali tariffe professionali per le opere pubbliche?
Professione e Aggiornamento
38
n. 109/1994 ad opera dell’Articolo 7, primo comma, della Legge n. 166/2002, è stata esclusivamente quella di conservare transitoriamente la disciplina di cui al Decreto Ministeriale 4 aprile 2001, recependone i contenuti all’interno di una norma di legge. Con la conseguenza che l’annullamento in sede giurisdizionale del sopra citato Decreto Ministeriale, diversamente da quanto ritenuto dall’Autorità di vigilanza, non esplica alcuna efficacia con riferimento alle disposizioni tariffarie ivi previste “ che sono rimaste ferme non più perché fissate nel D.M. annullato ma perché, per così dire, incorporate e rese stabili nella disposizione di recepimento” (sentenza n. 2813/03). È facile prevedere che sulla correttezza di una simile interpretazione avranno modo di pronunciarsi altri giudici amministrativi, forse anche il Consiglio di Stato nell’ipotesi di ricorsi in appello contro le sentenze sopra citate (che, al momento in cui si scrive, non risultano essere stati ancora proposti). Ciò premesso, è comunque da rilevare che la “ legificazione“ del Decreto Ministeriale 4 aprile 2001 ad opera dell’Articolo 17, comma 12 ter della Legge n. 109/94 non rappresenta certamente un esempio da seguire nell’ambito della produzione legislativa. Tale “ legificazione” , se davvero si è verificata, ha comportato l’effetto di sottrarre, seppure temporaneamente, la disciplina delle tariffe professionali all’ambito regolamentare che le è proprio e di farla assurgere a norma di legge. Le conseguenze di tale operazione non sono di poco conto sotto il profilo della tutela giurisdizionale. Si consideri infatti che, mentre un Decreto Ministeriale avente natura regolamentare è impugnabile davanti al giudice amministrativo da parte di chiunque sia titolare di un interesse legittimo leso ad opera di tale decreto, non altrettanto può avvenire qualora la materia sia contenuta in un atto avente forza di legge. Come è noto, infatti, gli atti aventi forza di legge sono sindacabili soltanto dalla Corte Costituzionale nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale. Soltanto le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano (nonché lo Stato in relazione alle leggi regionali o provinciali) possono impugnare in via diretta davanti alla Corte Costituzionale un atto avente forza di legge. I comuni cittadini possono esclusivamente chiedere che, nell’ambito di un giudizio pendente nel quale debba farsi applicazione di una norma che ritengono incostituzionale, il giudice sollevi davanti alla Corte una questione di legittimità costituzionale. Il giudice, a sua volta, è tenuto a sollevare la questione di legittimità costituzionale soltanto ove la ritenga rilevante ai fini del giudizio e non manifestamente infondata. E comunque nel giudizio di legittimità di un atto avente forza di legge, la Corte Costituzionale opera secondo criteri diversi, e sotto certi profili meno ampi, rispetto a quanto non siano tenuti a fare il T.A.R. ed il Consiglio di Stato nei giudizi di impugnazione di atti amministrativi. È dunque evidente che la “ legificazione” di un atto amministrativo regolamentare può limitare in maniera considerevole le possibilità di tutela giurisdizionale, andando dunque ad incidere sul diritto alla difesa riconosciuto dalla Costituzione. In quest’ottica, ove si ritenga che l’Articolo 17, comma 12 ter della Legge n. 109/94 abbia comportato la “ legificazione“ del Decreto Ministeriale 4 aprile 2001, appare lecito dubitare della legittimità costituzionale di tale previsione di legge per contrasto con gli Articoli 24 e 113 della Costituzione. Riccardo Marletta
Nessuna imposta di bollo per le osservazioni agli strumenti urbanistici Ai cittadini che intendono presentare osservazioni a seguito dell’adozione degli strumenti urbanistici generali da parte dei Comuni, non deve essere chiesto di pagare l’imposta di bollo, ai sensi dell’Articolo 3 della tariffa allegata alla Legge 26 ottobre 1972 n. 642, oggi sostituita dalla tariffa allegata al D.M. 20 agosto 1992. Alle stesse dovrà essere applicata l’imposta di bollo soltanto nel caso in cui vengano presentate agli uffici fiscali per la registrazione. Questo, in sostanza, è quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 76/E dello scorso 31 marzo 2003, prendendo spunto da un quesito che le era stato sottoposto da un Comune della Toscana. Non è la prima volta però che tale questione viene presa in esame dal nostro apparato governativo. Già il Ministero delle Finanze con la risoluzione prot. n. 391009 del 22 febbraio 1993 aveva chiarito che “ sono (...) esenti dall’imposta di bollo le osservazioni al P.R.G. in quanto lo scritto redatto dal soggetto interessato non può essere ricondotto nella nozione di istanza. Ed infatti l’atto in questione non è finalizzato ad ottenere una pronuncia di un organo della pubblica amministrazione, ma si sostanzia in una mera considerazione critica tesa ad esprimere un giudizio su un determinato aspetto tecnicogiuridico del P.R.G.” . Le osservazioni al P.R.G. infatti, non sono da intendersi quali istanze dirette agli organi dei Comuni e tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento di risposta ovvero il rilascio di un certificato; esse sono invece degli apporti collaborativi, finalizzati a favorire l’individuazione delle scelte urbanistiche più confacenti all’interesse pubblico che l’amministrazione deve considerare, accogliere anche parzialmente o rigettare, e così giungere alla definitiva approvazione del piano (tra le tante, in ultimo, T.A.R. Toscana, I sezione, 4 marzo 2003 n. 852). A ben vedere però stando al tenore letterale dell’Articolo 9 della Legge 17 agosto 1942 n. 1150, soltanto le associazioni sindacali (con ciò volendo il legislatore del 1942 fare riferimento alle associazioni rappresentative degli allora Podestà), nonché gli altri enti pubblici ed istituzioni interessate, potrebbero presentare osservazioni agli strumenti urbanistici generali. Tuttavia, anche a seguito di alcune pronunce giurisprudenziali, è ormai invalso l’uso di dare a tale disposizione un’interpretazione più ampia, nel senso che chiunque possa presentare osservazioni al piano regolatore generale pubblicato, purché esprima un apporto collaborativo (tra le tante, T.R.G.A. Trento, 31 ottobre 2000 n. 424). Proprio alla luce del fatto che le osservazioni non presuppongono la replica dell’amministrazione con un provvedimento indirizzato al cittadino istante, la giurisprudenza ritiene che l’eventuale motivazione della reiezione delle osservazioni, possa anche essere generica e non necessariamente precisa e puntuale (T.R.G.A. Trento, n. 424/2000, citata; Consiglio di Stato, IV sezione, 15 luglio 1999 n. 137). Alla luce quindi del fatto che le osservazioni agli strumenti urbanistici sono considerate dalla legislazione e dalla giurisprudenza un istituto della partecipazione popolare volto a coadiuvare nel migliore dei modi l’azione amministrativa delle municipalità, dapprima la risoluzione ministeriale del 1993 ed in seguito la recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, ben hanno fatto a definirne l’esenzione dall’imposta di bollo, obbligatoria invece per
sciplina del territorio; esso consiste in quello che viene normalmente definito l’istituto delle “ opposizioni” . In proposito, con la sentenza n. 12545 del 14 dicembre 1998, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno sancito che, ai sensi della Legge n. 1150/1942, mentre i privati possono proporre solo osservazioni “ uti cives” (nella accezione già sopra descritta) ai piani di secondo livello, con ciò intendendo i piani regolatori, viceversa per i piani attuativi, quale è ad esempio il piano particolareggiato, attesa la natura di pubblica utilità che discende dall’approvazione del piano, i privati che siano anche proprietari dei suoli compresi nel piano possono proporre vere e proprie opposizioni. Le opposizioni, quindi, si concretizzano in censure a specifiche previsioni urbanistiche che, riguardando in modo diretto l’opponente, incidendo su posizioni di interesse legittimo del proprietario leso dall’atto di pianificazione, e non rientrano, quindi, nel modello partecipativo previsto per le osservazioni ma costituiscono, al contrario, esercizio di un vero e proprio interesse oppositivo (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 26 gennaio 2002 n. 11; C.G.A., 1 giugno 1993 n. 227). Da ciò se ne deduce, che dette opposizioni siano dirette a ricevere dal Comune una precisa e puntuale risposta in merito alle censure con esse avanzate dai proprietari dei suoli. Alla luce di tali considerazioni, quindi, si potrebbe ritenere che le opposizioni non vadano fatte rientrare tra gli atti per i quali non è dovuta l’imposta di bollo, che andrebbe pertanto corrisposta. Tuttavia, in sede di applicazione pratica, non sempre è agevole individuare con esattezza la natura “ osservativa” od “ oppositiva” degli atti presentati dai privati nell’ambito dei procedimenti sopra descritti; di conseguenza è facile prevedere che anche in futuro l’applicabilità dell’imposta di bollo su tali atti potrà dare adito ad interpretazioni non univoche. Graziano Braga
39
Professione e Aggiornamento
la presentazione di atti tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo di risposta o il rilascio di certificati. Detto questo per ciò che concerne il regime fiscale e l’apporto collaborativo delle osservazioni al P.R.G. puntualmente disciplinate dal legislatore nazionale, è utile volgere lo sguardo anche ad un altro istituto che è stato recentemente preso in considerazione dal legislatore regionale lombardo sempre in riferimento alle procedure di approvazione dei pieni regolatori. Al fine di assicurare anche in tale ambito i princìpi di trasparenza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, l’Articolo 3, comma 14 della Legge regionale 5 gennaio 2000 n. 1, ha stabilito che “ il comune, nell’esercizio delle funzioni trasferite, deve assicurare un’adeguata informazione ai cittadini in merito alla definizione delle scelte urbanistiche e la trasparenza dell’azione amministrativa, disponendo la tempestiva pubblicazione su almeno un quotidiano o un periodico a diffusione locale di appositi avvisi riguardanti: l’avvio del procedimento di formazione dello strumento urbanistico generale e delle sue varianti, stabilendo il termine entro il quale chiunque ne abbia interesse possa presentare istanze ai fini della determinazione delle scelte urbanistiche” . Anche le istanze da ultimo citate, quindi, nonostante il diverso nomen iuris loro attribuito dall’estensore della legge, devono essere intese, al pari delle osservazioni, quali apporti collaborativi che i privati cittadini forniscono alle amministrazioni, onde manifestare le loro posizioni o le loro aspettative in vista dell’introduzione del nuovo strumento urbanistico. È quindi logico ritenere che il Comune anche in questo caso non debba richiedere ai privati l’imposta di bollo, in quanto, non si tratta di un’istanza volta ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo esplicito o il rilascio di un certificato. È comunque presumibile ritenere che, fermo restando il diritto di ognuno di far valere le proprie ragioni in base a quanto stabilito dalla legge e rinnovato dall’Agenzia delle Entrate, le amministrazioni comunali abbisogneranno di un certo periodo di transizione prima che i cittadini possano veder spontaneamente recepito il nuovo orientamento. Ciò è dimostrato dal fatto che, già in presenza della richiamata Risoluzione del Ministero delle Finanze del 1993, la prassi degli uffici comunali ha visto il permanere dell’abitudine delle amministrazioni di richiedere ai cittadini l’apposizione delle marche da bollo sia sulle osservazioni di cui all’Articolo 9 della Legge n. 1150/1942 che sulle istanze da presentare prima dell’adozione dello strumento urbanistico generale. Fatte queste ultime considerazioni, in relazione alle quali si auspica di venire prontamente smentiti, rimane comunque da precisare che l’istituto delle osservazioni e quello delle istanze preliminari al P.R.G., non sono in alcun modo tra loro alternativi; pertanto, qualora il privato decida di presentare all’amministrazione che ha avviato il procedimento per l’approvazione di un nuovo P.R.G., le proprie proposte ai sensi dell’Articolo 3, comma 14, lettera a) della legge regionale n. 1/2000, questo non precluderà di certo il suo diritto di inoltrare allo stesso ufficio apposite osservazioni, una volta che lo strumento urbanistico sia stato adottato, e anche, se del caso, rinnovando le stesse considerazioni già svolte nelle precedente istanza. Nel nostro ordinamento, esiste poi un altro strumento di partecipazione messo a disposizione di quei cittadini che sono portatori di interessi legittimi connessi alla di-
Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato
Professione e Aggiornamento
40
Leggi G.U. n. 155 del 7.7.2003 – Serie Generale Deliberazione 9 maggio 2003 Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate. Rifinanziamento Legge 208/1998, triennio 2003-2005. Legge finanziaria 2003, Art. 61 (Deliberazione n. 17/2003) Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica delibera l’importo complessivo di 5.200 milioni di Euro per il triennio 2003-2005, destinato al finanziamento degli investimenti pubblici di cui all’Art. 1 della Legge 208/1998 nelle aree sottoutilizzate, ripartendolo, secondo i criteri previsti dall’Art. 73 della legge finanziaria 2002, secondo una assegnazione riportata da una tabella allegata alla presente deliberazione, che definisce le preliminari destinazioni e accantonamenti di risorse, la ripartizione delle risorse tra macroaree e tra amministratori e tra amministratori centrali e regionali, le risorse per programmi regionali, le risorse per programmi nazionali, la selezione dei progetti, l’attribuzione delle risorse, l’attribuzione della quota accantonata per la premialità (10% per ciascuna delle due macroaree e per le amministrazioni centrali), il trasferimento delle risorse alle amministrazioni beneficiarie. G.U. n. 157 del 9.7.2003 – Serie Generale Deliberazione 25 giugno 2003 Bando per la selezione del socio privato di ACER Manutenzioni S.p.a – esposto ANCE (Deliberazione n. 175) Il Consiglio, vista la relazione dell’Ufficio affari giuridici, considerato che l’ANCE Emilia-Romagna, ha inviato all’Autorità un esposto in merito al bando per la selezione del socio privato della ACERManutenzioni S.p.a., emanato dall’ACERdella Provincia di Bologna, ai sensi dell’Art. 41, comma 3, della Legge regionale Emilia Romagna 8 agosto 2001, n. 24. Oggetto di contestazione è la procedura di scelta del socio privato di minoranza, che presenterebbe elementi di contrasto con la disciplina di cui alla Legge n. 109/1994 e successive modificazioni per le seguenti motivazioni: • oggetto sociale della futura società è la manutenzione dei patrimoni immobiliari ubicati nella provincia di Bologna e di proprietà o gestiti dall’ACER; e, previsto che le azioni sottoscritte dal socio saranno gravate, ex Art. 2345 del codice civile, dagli obblighi prestazionali previsti nei capitolati; • la scelta del socio è impostata sul conferimento di capitali, sul merito tecnico, e sullo sconto effettuato sul prezziario allegato al bando, connesso alla realizzazione dei lavori pubblici; la gara sembra pertanto finalizzata alla scelta contemporanea del socio privato e dell’esecutore dei lavori; • per i suddetti lavori non viene individuato alcun elemento, pertanto l’aggiudicatario concluderebbe un contratto d’appalto indeterminato nell’oggetto e nell’ammontare; • a seguito dell’esposto de quo si sono tenute due audizioni cui hanno partecipato, presso l’Autorità, i rappresentanti dell’ANCE, dell’ACERBologna e delle Confeservizi-Federcasa che hanno presentato delle memorie relative alla problematiche in esame. Fatte le dovute considerazioni di diritto il Consiglio ritiene che l’ACER manutenzioni S.p.a. per la realizzazione di lavori pubblici è tenuta all’applicazione della Legge 109/1994 e successive modificazioni, del regolamento d’attuazione, e quindi all’affidamento dei lavori mediante gare ad evidenza pubblica secondo le leggi e disposizioni vigenti. G.U. n.160 del 12.7.2003 – Serie Generale Decreto 9 maggio 2003, n. 171 Regolamento recante la nuova modulistica per la presentazione e la verbalizzazione delle domande di brevetto per invenzioni industriali, modelli di utilità, disegni e modelli e marchi nazionali Il Ministro delle attività produttive, in relazione alla legislazione in materia adotta il seguente regolamento. L’Art. 1 stabilisce che le domande di brevetto di cui al presente decreto, sono redatte in conformità ai moduli allegati al presente decreto, disponibili presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi e presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Le domande sono depositate su appositi moduli cartacei, compilati a macchina. Sono inoltre disponibili sulla rete Internet, al sito del Ministro delle attività produttive.
L’Art. 2 stabilisce che gli uffici competenti a ricevere le domande completano i moduli redigendo il processo verbale che attesta la data di deposito ed assegnano una sigla di protocollazione costituita dalla sigla della Provincia, dell’anno corrente, dalla sigla della tipologia del titolo richiesto, da un numero progressivo. L’Art. 3 definisce che il modulo di domanda sia redatto in originale in quattro copie, che verranno trasmesse all’Ufficio italiano brevetti e marchi, un’altra al Centro di raccolta incaricato di effettuare il caricamento dei dati, una copia viene trattenuta dall’ufficio ricevente, ed un’ultima copia viene rilasciata al depositante. G.U. n. 193 del 21.8.2003 – Serie Generale Decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222 Regolamento sui contenuti minimi dei Piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in attuazione dell’Art. 31, comma 1, della Legge 11 febbraio 1994, n. 109 Il Presidente della Repubblica emana il seguente regolamento: • al Capo I definisce le disposizioni generali. L’Art. 1 tratta delle definizioni e dei termini di efficacia; • al Capo II il Piano di sicurezza e di coordinamento. L’Art. 2 definisce i contenuti minimi. L’Art. 3 stabilisce i contenuti minimi del P.S.C. in riferimento all’area di cantiere, all’organizzazione del cantiere, alle lavorazioni. L’Art. 4 tratta dei contenuti minimi del P.S.C. in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni ed al loro coordinamento; • al Capo III il piano di sicurezza sostitutivo e piano operativo di sicurezza. L’Art. 5 definisce i contenuti minimi del piano di sicurezza sostitutivo. L’Art. 6 tratta dei contenuti minimi del piano operativo di sicurezza; • al Capo IV la stima dei costi della sicurezza. L’Art. 7 definisce la stima dei costi della sicurezza. G.U. n. 35 del 30.8.2003 – 3ª Serie speciale Regolamento regionale 2 aprile 2003, n. 4 Criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai sensi dell’Art. 3, comma 41, lettera m) della Legge regionale 5 gennaio 2000 n. 1, e dell’Art 3, comma 10, della Legge regionale 3 aprile 2001, n. 6 La Giunta Regionale ha approvato il seguente regolamento regionale: • al titolo I tratta le disposizioni generali; l’Art. 1 l’oggetto e l’ambito di applicazione, l’Art. 2 la definizione di nucleo familiare, l’Art. 3 la determinazione della situazione economica e procedure informatiche, l’Art. 4 l’anagrafe dell’utenza e del patrimonio; • al titolo II l’assegnazione degli alloggi. L’Art. 5 tratta del provvedimento di assegnazione, l’Art. 6 dei bandi di assegnazione, l’Art. 7 della presentazione della domanda, l’Art. 8 dei requisiti soggettivi, l’Art. 9 della valutazione della domanda, l’Art. 10 dell’indicatore dello stato di bisogno abitativo e valutazione del periodo di residenza, l’Art. 11 della graduatoria comunale, l’Art. 12 delle convenzioni, l’Art. 13 dell’assegnazione degli alloggi, l’Art. 14 dell’assegnazione in deroga alla graduatoria, l’Art. 15 della deroga dei requisiti e l’Art. 16 del subentro della domanda; • al titolo III i provvedimenti estintivi dell’assegnazione. L’Art. 17 tratta dell’annullamento dell’assegnazione, l’Art. 18 della decadenza dell’assegnazione; • al titolo IV la gestione degli alloggi. L’Art. 19 tratta della consegna dell’alloggio e stipula del contratto di locazione, l’Art. 20 del subentro nell’assegnazione, l’Art. 21 dell’ospitalità temporanea, l’Art. 22 della mobilità abitativa, l’Art. 23 dell’assegnazione e gestione degli alloggi a favore delle forze dell’ordine e ai corpi speciali, l’Art. 24 dell’occupazione senza titolo, l’Art. 25 degli edifici a proprietà mista; • al titolo V le norme finali e transitorie. B.U.R.L. 1° Suppl. Straordinario al n. 35 del 26 agosto 2003 D.g.r. 23 maggio 2003 – n. 713111 Approvazione del piano della riserva naturale “Bosco dei Bordighi” La Giunta Regionale delibera di approvare il piano di riserva naturale “ Bosco dei Bordighi” costituito dalla relazione generale del piano, dalle norme di attuazione, dal programma degli interventi prioritari, dalle tavole con individuazione delle aree da acquisire, dalla logistica, dallo schema di massima del ponte in legno, dallo schema di massima per la realizzazione di un diorama e dagli interventi previsti. Tale piano invita l’ente gestore a seguire la corretta procedura prevista dall’Art. 12 della L.r. 86/83 ed ad effettuare gli aggiornamenti, in relazione all’evolversi della situazione naturalistica. C. O.
Ambiente Sulle concessioni edilizie la decisione spetta ai sindaci. Una sentenza del Tar del Lazio sull’installazione di antenne per i telefonini (da “ Italia Oggi” del 13.8.03) Sulle concessioni edilizie l’ultima parola spetta ai sindaci. È prerogativa del sindaco e non del consiglio comunale decidere se l’opera da realizzare è conforme o meno alla normativa urbanistico-edilizia. Lo ha ribadito il Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sentenza n. 5639/2003 che ha accolto il ricorso di un gestore di telefonia mobile contro la delibera consiliare di un comune laziale. Oggetto del contendere era la delibera con cui il Consiglio comunale sostituendosi al sindaco aveva negato alla società di telefonia mobile l’autorizzazione a installare un’antenna ricetrasmittente con oblò e relative apparecchiature. Europa Stop dell’UE alle direttive di settore. Il comparto delle professioni in un’unica normativa generale (da “ Italia Oggi” del 3.9.03) L’Europa cancella le direttive settoriali delle professioni. Spariranno quella degli architetti e le altre sei del comparto sanitario, per essere inglobate nella nuova direttiva generale sul riconoscimento delle qualifiche professionali in discussione al Parlamento di Strasburgo. Il relatore italiano alla direttiva UE , Stefano Zappalà, ha perorato fino all’ultimo la necessità di salvaguardare le discipline di settore che, originariamente, in questa nuova normativa avrebbero dovuto trovare una cornice di riferimento, non sostitutiva, dunque, ma compatibile con quelle già esistenti. Una linea non condivisa, però, dalla commissione giuridica del Parlamento UE che ha preferito alla direttiva “ leggera” , voluta da Zappalà e dagli italiani, il modello “ pesante” che era stato suggerito oltre un anno fa dalla commissione di Bruxelles che punta a eliminare il maggior numero possibile di norme per snellire le procedure. Edilizia Più facile demolire e ricostruire. Una circolare del Ministero spiega le agevolazioni già previste dal nuovo Testo unico sull’edilizia (da “ Edilizia e Territorio” del 25-30 agosto 2003) Incentivi alla demolizione e ricostruzione di edifici privati, anche con aumento delle superfici utili rispetto a quelle preesistenti o con parziali modifiche dell’area di sedime. C’è anche questo nel Testo unico dell’edilizia entrato in vigore il 30 giugno scorso. Obiettivo della circolare è quello di fornire “ chiarimenti interpretativi” sull’” inclusione dell’intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia” , oggi possibile con semplice denuncia di inizio attività (in alternativa al “ permesso” ). Il Testo unico originario circoscriveva la definizione alla “ demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico a quello preesistente. Ora invece nella versione definitiva dell’Articolo 3, comma 1, lettera d) la definizione si amplia, e l’unico limite resta il rispetto della “ stessa volumetria e sagoma di quella preesistente” . Normativa Il divieto di edificare valido anche senza il catasto delle aree bruciate. Subito operativa la normativa sugli incendi (da “ Il Sole 24 Ore” Norme e Documenti del 8-13 settembre 2003) Il divieto di edificazione per dieci anni nelle aree colpite da incendi è immediatamente operativa e la mancanza di catasto delle zone distrutte non pregiudica questo divieto. Il nuovo impulso alla legge quadro sugli incendi è stato dato dalla Cassazione che ha fornito un’interpretazione rigida della normativa antipiromani. La Corte ha ritenuto ininfluente la condizione in cui si trovano la maggior parte dei comuni, cioè l’assenza del catasto ricognitivo; questa in fatti non è elemento necessario per dichiarare l’inedificabilità del suolo bruciato. Professione L’esercito dei Co.co.co rompe le righe. Con il riordino i collaboratori vengono sostituiti dall’”impiego a progetto” (da “ Il Sole 24 Ore” del 1.8.03) L’esperienza delle collaborazioni coordinate e continuative viene sostituita con il “ lavoro a progetto” . Questo è quanto previsto dall’Articolo 4 della Legge 30/03 e ora il decreto legislativo varato secondo gli Articoli da 1 a 5 della stessa legge, che al titolo VII, capo I, si occupa del “ lavoro a progetto e lavoro occasionale” . Il decreto contiene significative modifiche rispetto alla bozza sottoposta alle parti sociali. Si ampliano le ipotesi alle quali non si applica la nuova normativa, si con-
sente l’indicazione nel contratto di forme di coordinamento sull’esecuzione, si limita il controllo giudiziale, all’esistenza del progetto. Ovviamente, se il giudice accerta la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, il contratto di lavoro a progetto “ si trasforma in contratto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti” . Dietrofront sulla riforma, la bozza Vietti diventa Ddl. L’annuncio del sottosegretario alla Convention della M argherita (da “ Italia Oggi” del 3.9.03) Il governo cambia idea sulla riforma delle professioni: la bozza Vietti sarà presentata come disegno di legge governativo, in uno dei prossimi consigli dei ministri. Si abbandona l’ipotesi di trasformare il lavoro fatto dalla commissione presieduta dal sottosegretario alla giustizia in maxiemendamento da presentare al testo Cavallaro-Federici, in discussione in Commissione giustizia del Senato. L’annuncio del sottosegretario alla giustizia non è stato accolto con grande entusiasmo dall’opposizione politica e dagli altri rappresentanti del mondo professionale.
41
Sicurezza Sicurezza, stop ai piani fotocopia. Nuova anche la stima degli oneri (da “ Edilizia e Territorio” del 1-6 settembre 2003) È stato pubblicato in G.U. il regolamento che individua i contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri e il metodo di stima dei costi per la sicurezza. Ora i coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione dovranno elaborare piani più dettagliati e soprattutto calarli nella realtà del singolo cantiere. L’obiettivo è di dotarsi di strumenti veramente in grado di prevenire gli incidenti e sconfiggere la prassi dei piani-fotocopia. Anche la stima dei costi va fatta in modo analitico e non più a percentuale. Secondo il Ministro del Welfare non ci saranno problemi nella fase di avvio perché le norme sono già ben conosciute. Urbanistica Lombardia, Testo unico “territorio”. M odello innovativo per il P.R.G.: fusi in un solo strumento il piano strutturale e quello del sindaco (da “ Edilizia e Territorio” del 4-9 agosto 2003) Nel testo del Disegno di legge approvato il 18 luglio, non c’è traccia dello sdoppiamento del P.R.G. strutturale-operativo, come nelle leggi di centro-sinistra, ma neppure del cosiddetto “ Piano direttore” , attuato da programmi integrati, modello che la Lombardia aveva lanciato con la Legge 9/1999 sui PII e poi imitato dalla Puglia con la Legge del 2001 (rimasta però inattuata). La Lombardia inventa il “ documento di piano” , che nei suoi contenuti assomiglia al piano strutturale, ma che ha validità soltanto quinquennale e non è seguito da un piano operativo, ma solo da PII e piani attuativi. Non assomiglia neppure a un piano direttore, perché più “ strutturato e vincolante, con previsioni non derogabili dai piani attuativi” . Entra in scena l’urbanistica. In Veneto e Lombardia le leggi più vicine al sì definitivo (da “ Edilizia e Territorio” del 8-13 settembre 2003) In Lombardia sono numerosi i provvedimenti allo studio: dal Ddl urbanistica al Testo Unico Appalti, fino ad arrivare al provvedimento istitutivo di “ Infrastrutture Lombarde Spa” . “ Il timbro della commissione competente al disegno di legge quadro sul governo del territorio potrebbe arrivare già a fine novembre” , è il commento dell’assessore al territorio, Alessandro Moneta. Più veloci i tempi per “ Infrastrutture Lombarde Spa” , licenziato dalla commissione Territorio a giugno e che, secondo il presidente della commissione Territorio, Margherita Peroni, “ potrebbe approdare in Consiglio entro Natale” , mentre è in fase embrionale il Testo Unico sugli Appalti. In Vento, invece, scade il 31 ottobre il termine entro cui la regione è chiamata a dotarsi di una nuova legge sull’urbanistica. Territorio, la Conferenza nazionale rilancia Prusst e programma Urban. Le tesi finali dell’incontro promosso dal M inistero (da “ Edilizia e territorio” Norme e documenti n. 31 del 11-16 agosto 2003) Occorre rafforzare le esperienze dei Prusst che hanno permesso di migliorare i rapporti tra pubblico e privato e tra i numerosi attori del processo di sviluppo del territorio. Questa è una delle più importanti indicazioni scaturite dalla II Conferenza nazionale sul territorio organizzata a Salerno dal dipartimento per il coordinamento delle Politiche del territorio. Il documento finale sottolinea anche l’esigenza di riaffermare la “ centralità del “ ruolo pubblico” cercando di potenziare le capacità decisionali a livello centrale. M. O.
Professione e Aggiornamento
Pubblicistica
Dagli Ordini
42
“ Quando le affermazioni matematiche si riferiscono alla realtà, non sono certe; quando sono certe non si riferiscono alla realtà.” (Albert Einstein)
www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it
Una frase che ci permetta riflettere su quanto “ matematicamente” si pretende di sensibilizzare il paesaggio. L’ambiente come nostro involucro è imprescindibile per vivere; lo consumiamo e lo trasformiamo, ben sapendo che è una risorsa esauribile. L’ultima legge regionale in materia di paesaggio per la valutazione paesistica dei progetti va oltre, verso un tentativo di controllo o monitoraggio; che, attraverso la “ misurazione” del livello di perturbazione possa trasformalo in senso positivo o negativo. L’intervento dell’arch. Silvio Delsante si riferisce al XXIV congresso dell’I.N.U., dove si è discusso sul tema delle Regioni Metropolitane in Europa; quindi anche dell’ambiente.
Ordine di Como tel. 031 269800
Carmen Carabus
Ordine di Bergamo tel. 035 219705
www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883
Informazione
Lecco
www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535411
www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130
www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Ordine di Lodi tel. 0371 430643
www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di M antova tel. 0376 328087
www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di M ilano tel. 02 625341
www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287
www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864
www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601
www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it
Il Ventiquattresimo congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica Città e Regioni metropolitane in Europa Milano, 25 -28 giugno 2003 Il Convegno, che ha riscosso una vasta partecipazione (nonostante il caldo torrido e le sospensioni energetiche! ) ha prodotto contributi di notevole attualità e di ampio raggio, riguardanti le trasformazioni insediative in atto nell’orizzonte europeo, rivolgendosi alla Unione Europea, perché riconosca nella sua nuova costituzione il territorio e le città come propri valori comuni. In tale quadro sono sollecitati lo Stato, le Regioni, e gli Enti Locali ai fini dell’attuazione di strategie e concrete politiche territoriali integrate, favorendo i processi di aggregazione e pianificazione concertata. I lavori sono iniziati il giorno 25 con la mostra di piani e progetti presentati da soggetti attivi nella pianificazione del Territorio. Il seminario contestuale ha posto a confronto, mediante l’esposizione effettuata direttamente da rappresentanti degli organismi ed Enti che hanno prodotto i lavori esposti (quali, Piani Paes. Provinciali, Politiche Locali di gestione del territorio, interventi di riqualificazione, ecc.). Il quadro d’assieme delle esperienze ha mostrato, nonostante l’inevitabile diversità dei temi, dei linguaggi e dei quadri normativi di riferimento, l’estrema vivacità in atto nel paese nella ricerca di processi di piano/programma in grado di rispondere in modo innovativo e il più possibile partecipato, alle sfide che pongono le sempre più rapide e complesse trasformazioni della società attuale. Assai significativa è apparsa l‘at tenzione ai caratteri delle specifiche situazioni, con il rifiuto di adegua-
menti neutrali a contenuti di tipo centralista. Il giorno 26, il presidente dell’I.N.U., Paolo Avarello, ha aperto il Convegno sul tema del “ Buon governo delle regioni metropolitane” , seguito dal Rapporto Nazionale dal Territorio 2003, redatto sempre dall’I.N.U., riguardante: • i piani di sviluppo locale, con la crisi del piano regolatore tradizionale e la ricerca di forme di pianificazione strutturale, con problematiche di governo della complessità; • le pianificazioni separate ed i relativi quadri di coerenza; • la questione legislativa, con l’analisi dei temi riguardanti l’incertezza dello Stato, e l’attivismo delle regioni caratterizzato da percorsi di riforma aperti verso modelli troppo spesso di carattere ibrido. Di seguito ha avuto luogo la prima sessione riguardante la mobilità, logistica e riconversione funzionale. L’argomento è stato trattato sotto il profilo marcatamente infrastrutturale ed è apparso a mio avviso non sufficientemente integrato con le altre tematiche territoriali, presentando così problematiche di organica connessione con il tema della qualità dello sviluppo della città e del territorio, trattato nella seconda sessione. Tale sessione, è risultata ricca di apporti significativi provenienti da rappresentanti del Ministero dell’Economia, del comune di Milano, di Università, Sezioni I.N.U., ecc. Si può affermare come le tematiche attinenti alla qualità dello sviluppo hanno mostrato anche per il nostro paese, contenuti ed esperienze mature e di carattere innovativo. La terza ed ultima sezione ha riguardato le forme di governo ed i processi di pianificazione. I contributi sono risultati di diverse provenienze, quali, la Regione Lombardia e la Provincia di Milano, l’Università di Lione (Grand Lyon), Sezioni I.N.U. e Centri Studi. Le conclusioni del Congresso sono state effettuate, oltre che dalla presidenza I.N.U., dai presidenti della Confcommercio, dell’ANCE, dal presidente della Regione Umbria e da deputati di diversa estrazione. La sintetica cronaca esposta, permette di cogliere come le trattazioni abbiano riguardato, sia le tematiche globali (di dimensione europea), che quelle locali, che ad esse strettamente si intrecciano, nel quadro della riforma federalista del nostro paese. Il vasto materiale prodotto e la ricca e consistente mole delle esperienze portate, costituirà certamente materia di studio e di riferimento per i temi che ci attendono, riguardanti “ il buon governo” del territorio a tutti i livelli. È emersa con evidenza l’esigenza della costruzione condivisa di quadri di riferimento, che restituiscano “ coerenza alle pianificazioni e politiche separate” , con forme pianificatorie basate su processi di aggregazione e pianificazione concertata. In particolare per la Regione Lombardia, secondo l’assessore al Territorio e all’Urbanistica Alessandro
Moneta, è emerso come il ridisegno dei rapporti delle potestà statali e regionali delineato con la Legge 3 del 18 ottobre 2001, sarà sempre più fonte di profonde innovazioni in campo normativo, all’interno di un processo di riforma ormai maturo. Il percorso lombardo in itinere è basato su componenti quali, l’interdisciplinarietà, l’uso di strumenti integrati ed integrabili di conoscenza caratterizzati da sistemi tecnico scientifici d’avanguardia per la valutazione di sistemi complessi, l’interscambio tra le istituzioni e i cittadini, la promozione di rapporti negoziali tra i diversi interessi in gioco, nello sforzo di indirizzare ed armonizzare gli obbiettivi ai vari livelli, in un quadro che tende a favorire la sussidiarietà dei processi. Per la Provincia di Lecco, intesa quale componente della più vasta area metropolitana lombarda, molti dei contenuti trattati nel convegno, trovano immediate connessioni su numerosi processi di governo territoriale in atto, quali: Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, che è attualmente in discussione con Enti e categorie; l’Agenda 21 provinciale, e quella del comune di Lecco, che hanno attivato i relativi Forum quali sedi per tendere alla condivisione delle scelte. L’assieme delle previsioni infrastrutturali sia su gomma che su ferro, riguardanti i collegamenti con le reti di interesse nazionale ed internazionale, ed all’interno la formazione della rete dei servizi connessi (centri intermodali, integrazione dei trasporti urbani con servizi alla persona e nuclei commerciali ecc.). La riqualificazione dei pesi insediativi. Quale sintesi la politica di tutela ambientale, in particolare riqualificazione della qualità e identità paesistica del territorio. Oltre naturalmente alle ulteriori politiche di piano programma e relative realizzazioni in atto nei settori produttivo, turistico, culturale, ecc. Il processo urbanistico interessato particolarmente dall’applicazione di numerose indicazioni uscite dal convegno descritto, appare quello che interesserà la revisione dei P.R.G. comunali, al fine di adeguarli al ruolo di strumenti base per il governo del territorio, in particolare con l’attribuzione delle valenze paesistiche e per la valutazione della sostenibilità delle trasformazioni. Silvio Delsante membro effettivo dell’I.N.U. e del direttivo regionale Lombardo Lecco, 4 luglio 2003
I.N.U. Lombardia, tel. 0233605130, e-mail: inu_lombar@libero.it I.N.U. Nazionale, tel. 0668801190, e-mail: inusegreteria@tin.it
Serate di architettura Boris Podrecca: itinerari di architettura tra Milano e Vienna (17 luglio 2003) L’incontro con Boris Podrecca si colloca all’interno delle serate di architettura organizzate dalla Fondazione dell’Ordine allo scopo di mantenere viva l’attenzione sui temi più rilevanti dell’architettura contemporanea, attraverso un dibattito che veda come protagonisti i più validi interpreti della
materia. Boris Podrecca, nato a Belgrado, triestino di formazione e viennese di adozione, ha scelto di essere cittadino del mondo, vivendo il suo profondo legame con la cultura mitteleuropea in un perenne confronto tra identità e diversità. Una tale molteplicità di appartenenze fa sì che egli viva l’esperienza del fare architettura come uno slancio attivo, propositivo, aperto alle diversità e nello stesso tempo rigoroso, attento a perseguire un approccio globale, che rifiuta i facili effetti dell’architettura d’immagine. È quanto viene illustrato in questa serata dall’autore stesso, con l’esposizione, in particolar modo, dei suoi progetti delle “ cities of waterfront” : Francoforte, Vienna, Torino, Trieste, Venezia, Ginevra sono sedi di importanti realizzazioni, dove prevale l’idea di recuperare un “ non luogo” – presente in tutte le città moderne – aprendone un nuovo fronte sull’acqua. L’architettura, secondo Podrecca, deve rispondere ai nuovi fenomeni e alle nuove esigenze spaziali creando luoghi di incontro e di interscambio; l’architetto contemporaneo deve quindi farsi carico di ricercare le risposte a queste nuove esigenze. Il dibattito, suscitato da questi spunti al termine della conferenza, è dunque servito a mettere meglio a fuoco il compito dell’architetto, con particolare riferimento al rapporto, sempre aperto a sviluppi, fra tradizione e innovazione, che è poi una delle “ cifre” caratteristiche del lavoro di Podrecca, straordinario interprete dell’architettura contemporanea. La Fondazione dell’Ordine organizzerà un altro ciclo di serate di architettura in autunno per alimentare il dibattito sul significato dell’opera architettonica e renderne partecipe il maggior numero possibile di operatori. Laura Truzzi
Servizi agli iscritti L’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano, comunica che nelle new s del sito dell’ Ordine http://www.ordinearchitetti.mi.it/news/ novita.html si trova il calendario settembre 2003/febbraio 2004 relativo ai servizi di consulenza gratuita per gli iscritti, istituiti dallo scorso mese di marzo. • Si ricorda inoltre che, nella seduta del 30 giugno 2003, il Consiglio dell’Ordine ha deliberato di interrompere dal presente n. 10 di “ AL” , la pubblicazione del movimento iscritti, per dedicare più spazio all’informazione delle attività dell’Ordine e della Fondazione. Le informazioni relative al movimento degli iscritti saranno comunque consultabili presso il sito http://www.ordinearchitetti.mi.it • Il Testo unico dell’Edilizia, D.P.R. n. 380 del 06.06.01, è entrato in vigore il 30 giugno 2003. Tuttavia, le disposizioni relative alla sicurezza degli impianti, di cui al capo quinto della parte seconda del testo unico (artt. 107-121), hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2004 in forza del D.L. 147/03, convertito in Legge n. 200 del 1° agosto 2003. La proroga non si applica agli edifici scolastici di ogni ordine e grado. Sedute di Consiglio Indichiamo di seguito le principali delibere delle sedute di Consiglio di giugno, luglio e settembre: • Convenzione con Philips Telemedicina Sono state concordate con Philips Telemedicina due tipi di iniziative a favore degli Iscritti all’Ordine: una campagna di prevenzione e monitoraggio completamente gratuito delle patologie cardiovascolari e una convenzione a tariffe preferenziali. Per ulteriori informazioni contattare Philips Telemedicina – via Accademia 29, Milano, tel. 0228371919, fax 0228371920. • Procedura di aggiudicazione relativa ad interventi di adeguamento e opere complementari per la stazione centrale di Milano nell’ambito del programma Grandi Stazioni È stata inoltrata formale richiesta di parere all’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici sulla piena legittimità della procedura di affidamento diretto per gli interventi di adeguamento e di realizzazione delle opere complementari per la Stazione Centrale di Milano, nell’ambito del programma Grandi Stazioni, in applicazione della disciplina giuridica prevista dalla Legge n. 443/2001, dalla Legge n. 166/2002 e dal D.Lgs. n. 190/2002. La Società “ Ferrovie dello Stato spa” , con contratto a titolo oneroso stipulato in data 14 aprile 2000, ha concesso a “ Grandi Stazioni spa” l’utilizzo in esclusiva dei complessi immobiliari delle stazioni ricomprese nel programma “ Grandi Stazioni” . Quest’ultima, riconosciuta quale organismo di diritto pubblico dal TAR Lazio, è il soggetto aggiudicatore
del programma “ Grandi Stazioni” e a tale soluzione hanno aderito anche i Comuni interessati agli interventi. Gli interventi di adeguamento e di realizzazione di opere complementari previsti per la Stazione di Milano sono stati oggetto di un affidamento diretto. Tali interventi per i quali è stata prevista l’intera copertura finanziaria attraverso l’Art. 13 L. n. 166/2002 per un totale complessivo di € 39.672.483, sono: piazza Duca D’Aosta – Parcheggio Kiss e Ride; piazza Duca D’Aosta – Modifica accessi alla metropolitana; piazza Luigi di Savoia – Parcheggio interrato; piazza Luigi di Savoia – Nuova mobilità e sistemazione di arredo urbano; piazza IV Novembre – Capolinea tram e sistemazioni di arredo urbano; stazione FS – Parcheggio a raso; sistema integrato di video sorveglianza. Viene sottolineata la circostanza che si tratta di interventi che riguardano beni immobili di carattere monumentale con un notevole valore di natura sia storica che artistica. Le procedure per l’affidamento degli incarichi e l’aggiudicazione dei lavori, trattandosi di opere strategiche, sono quelle previste dalla disciplina giuridica dettata dalla L. n. 443/2001, come modificata dalla L. n. 166/2002 e dal D.Lgs. n. 190/2002. Si ritiene che la disciplina giuridica per le opere strategiche sopra richiamata, pur derogatoria della L. n. 109/94 e successive modificazioni, non possa eludere il rispetto della normativa europea in tema di evidenza pubblica e di scelta dei fornitori di beni e servizi. • Legittimità della scelta effettuata dall’Università Statale degli Studi di Milano di avvalersi della procedura di compravendita di cosa futura per la realizzazione di una nuova sede distaccata nel territorio del Comune di Sesto San Giovanni È stata inoltrata formale richiesta di parere all’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici sulla piena legittimità del ricorso, da parte della Università degli Studi di Milano, al tipo contrattuale della compravendita di cosa futura al fine dell’acquisizione di un immobile dotato di specifiche caratteristiche funzionali preventivamente determinate dalla stessa al fine di destinarlo a nuova sede dell’ateneo, ritenendo tale procedura lesiva della L. 109/1994, nonché del principio, anche europeo, di concorsualità nell’affidamento dei servizi di progettazione. L’Ordine nutre notevoli perplessità circa la legittimità del ricorso alla compravendita di cosa futura nella fattispecie in esame, non rinvenendosi quelle peculiari (ed “ eccezionalissime” ) circostanze che, secondo il parere n. 38/99 reso dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato il 17 febbraio 2000, devono verificarsi affinché la procedura di compravendita di cosa futura, la cui esperibilità sia pur astrattamente configurabile, possa in concreto ritenersi le-
gittimamente adottata da una Pubblica Amministrazione. È quindi insorto nell’esponente il fondato dubbio che non tutte le fasi dello schema procedimentale delineato siano state rispettate dall’Università degli Studi di Milano. Infatti l’Art. 19, comma 1 della legge 109/1994 limita alle sole due ipotesi dell’appalto e della concessione di lavori pubblici, le “ tipologie contrattuali” a disposizione dell’Amministrazione che intenda effettuare un’operazione finalizzata alla realizzazione di un’opera di pubblico interesse “ con la conseguente inammissibilità di procedure atipiche per la realizzazione di opere pubbliche o destinate ad un pubblico servizio, atteso che il sistema e le modalità prescelti potrebbero avere finalità, o quantomeno produrre risultati, elusivi della normativa interna e comunitaria in tema di opere pubbliche” . • Osservazioni alla modifica delle disposizioni di cui agli Artt. 18.5.2 e 18 bis 5.2.1 delle N.T.A. del P.R.G., apportata dal Consiglio Comunale in data 3.2.2003, presentate dal Consiglio dell’Ordine in data 4 luglio 2003 al Settore Urbanistica del Comune di Milano. La questione della modifica della copertura degli edifici è un tema compiutamente architettonico e non può quindi essere considerato questione da affidare esclusivamente a regimi di vincolo, né relativi a particolari zone funzionali, peraltro riferite ad una legislazione urbanistica ormai datata e oggetto di vari progetti di integrale revisione, né a particolari datazioni degli edifici, soprattutto in relazione alla complessa vicenda che riguarda la costruzione della città di Milano e del suo centro storico, risultato di continue stratificazioni. L’intendimento proposto dalla Variante al P.R.G., e cioè quello di garantire un maggior controllo e condivisione pubblica delle modifiche delle coperture degli edifici in particolari zone della città, deve essere diversamente perseguito attraverso decisioni progettuali riferiti alla scala urbana ed architettonica piuttosto che a un sistema di vincoli riferiti al singolo edificio. È fatta richiesta affinché l’Amministrazione Comunale, al fine di restituire almeno in parte quel valore urbano che il legislatore sembrava voler indicare in ciò che le Leggi 15/96 e 22/99 prevedono relativamente alle modifiche ai fini abitativi dei sottotetti dei singoli edifici, si renda immediatamente parte attiva per individuare ambiti e settori urbani che, al di là della loro collocazione, rivestano un riconoscibile ruolo nella città e per le quali siano proponibili criteri di riferimento per le modifiche proposte. In attesa della predisposizione di detti criteri ed orientamenti si richiede che il paragrafo 5.2 dell’Art.18 delle NTA del P.R.G. sia modificato come segue: Art. 18 – paragrafo 5.2 “ Gli interventi edilizi relativi al recupero dei sottotetti a fini abitativi non possono comportare alterazioni delle altezze di colmo e di gronda e
43
Informazione
M ilano
delle linee di pendenza delle falde dei tetti; pertanto le altezze massime di cui all’Art. 2 della L.R. 15/96, come modificato dall’Art. 6 della L.R. 22/99, devono intendersi quelle esistenti. Quando gli interventi di recupero dei sottotetti a fini abitativi comportano la realizzazione di nuove aperture o di abbaini o cappuccine, o comunque l’inserimento di elementi architettonici nuovi, questi devono essere riconosciuti rispettosi dei caratteri architettonici intrinseci dell’immobile e di quelli ambientali del contesto da parte della Commissione Edilizia integrata.”
Informazione
44
Designazioni • Comune di Cormano (Mi). Richiesta di segnalazione di Professionisti per la nomina dei componenti della Commissione Edilizia Comunale Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Fausto Colombo, Corrado Serafini (Esperti in materia di tutela paesistico-ambientale); Flavio Lazzati, Roberto Mangiarotti (Esperti in materia di abolizione e superamento delle barriere architettoniche). • Impresa di Costruzioni Edili Dante Armando S.r.l.: richiesta di terna per collaudo di opere in c.a. relative ad un fabbricato residenziale in Desio Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Eliseo Pareschi, Giuseppe Perego, Carlo Saibene. • Arch. Gerli - Arch. Ceriani: richiesta di nomina di Presidente del Collegio Arbitrale nella controversia M. Sabelli - C. Zaccaria Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Riccardo Motti. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentante dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea relativa al Corso di Studio in Edilizia Bazzi D.M. 509/99 del 23 luglio 2003 Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Sandro Ghiozzi. • Politecnico di Milano. Designazione rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in PTUA nuovo ordinamento del 23 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Alessandro Alì, Andrea Milella. • Politecnico di Milano. Designazione rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in PTUA vecchio ordinamento del 15 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Davide Andreoli, Patrizio Antonio Cimino. • Politecnico di Milano. Designazione rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Scienze dell’Architettura del 24 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Elettra Bresadola, Marco G. Gonella, Gianluigi Reggio.
• Politecnico di Milano. Designazione rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Disegno Industriale del 14 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Massimo Ansbacher, Antonio Borghi, Paola Alessandra Breda, Marco Cavallé, Maurizio Duranti, Paola Garbuglio, Lorenzo Gecchelin, Giovanna Giannattasio, Roberto Marcatti, Fabio Novembre. • Politecnico di Milano. Designazione rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura del 15-16 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Chiara Maria Freyrie, Massimiliano Molteni, Fabia Marta Ponte di Pino, Gaetano Selleri. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentante dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea di I° livello in Architettura delle Costruzioni del 23 luglio 2003 Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Alessandro Merati. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea di I° Livello in Scienze dell’Architettura del 23 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Gisella Maria Demaria, Roberto Galliani. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura del 14 luglio 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Sarah Saiani, Paolo Golinelli, Lucia Bergo, Stefano Calchi Novati, Barbara Agostini, Monica Antonella Lattuada, Ennio Mazzoli, Roberto Gamba, Attilio Stocchi, Carlo Andrea Borgazzi Barbò di Casalmorano, Francesco Anzivino, Lorenzo Pontiggia. Convenzione La società editrice Umberto Allemandi e l’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano hanno stipulato la seguente convenzione valida fino al 31 dicembre 2003. Abbonamento annuale a prezzo di lancio a “ Il Giornale dell’Architettura” : • 30,00 Euro (anziché 33,00 Euro) più, in dono, un buono del valore di 30,00 Euro per l’acquisto delle edizioni Allemandi di architettura; • sconto del 15% sull’acquisto di tutti i volumi del catalogo Allemandi. Per accedere alla convenzione sarà sufficiente inviare la cedola d’ordine present e al seguent e indirizzo: www.ordinearchitetti.mi.it/news/convenzioni.html Per ulteriori informazioni: tel. 02625341, Segreteria dell’Ordine degli Architetti; tel. 0118199133, Servizio abbonamenti, Il Giornale dell’Architettura e-mail: gda.abb@allemandi.com
Dalla Consulta
Lavori di ristrutturazione degli Uffici della Consulta Regionale Lombarda e della Redazione di “AL” Sono da poco iniziati i lavori di Ristrutturazione della sede della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti di via Solferino 19, a Milano. Questi si sono resi necessari per la vetustà dei locali, ma soprattutto per le nuove esigenze operative e funzionali, sia della Segreteria della Consulta che della Redazione di “ AL” . Il ruolo istituzionale che si è inteso svolgere nei confronti degli Organismi di Governo Regionale, la volontà di costituire un costante punto di riferimento per gli Ordini Provinciali da un lato e di interlocutore privilegiato con il C.N.A.P.P.C. dall’altro, la nuova veste editoriale apportata ad “ AL” ,
hanno messo in evidenza l’inadeguatezza e la scarsa funzionalità dei locali. Il Direttivo, pertanto, per meglio dare corpo a questa nuova politica, ha deciso di procedere al riammodernamento della sede. La ridefinizione degli spazi, affidata al Segretario della Consulta, arch. Carlo Varoli, ha visto coinvolti, quali soggetti operanti e quindi direttamente interessati, anche gli addetti alla Segreteria e la Redazione di “ AL” . I lavori sostanzialmente prevedono una diversa distribuzione degli ambienti rispetto all’attuale. Ad ogni locale è stata data una precisa ed autonoma operatività funzionale tenendo conto, però, della loro assoluta complementarietà. Verranno contestualmente adeguati anche gli impianti, i servizi e gli arredi. L’impegno economico che si và ad affrontare è sicuramente importante, ma l’auspicio del Direttivo è che tutto ciò porti ad un migliore funzionamento della struttura, rendendola in grado di offrire servizi e prestazioni in linea con le esigenze che l’attualità ha reso improcrastinabili.
Rassegna a cura di Manuela Oglialoro Condono Sanatoria, 7.000 istanze allo start. Parte la regolarizzazione degli immobili che sconfinano nel Demanio (da “ Edilizia e Territorio” del 4-9 agosto 2003) Diventa legge la misura che consente di disporre a pieno titolo della proprietà di un immobile realizzato sconfinando su aree demaniali. Presto arriveranno anche le prime istruzioni dell’Agenzia del demanio. L’elenco delle aree interessate dalla regolarizzazione è ampio e variegato. Il demanio comprende infatti strade, ferrovie e foreste e tutte le proprietà statali che non hanno una destinazione pubblica. Oltre alle porzioni di edifici potranno essere sanate anche le pertinenze. Costruzioni Edifici, controlli doc. Bocciato il fascicolo del fabbricato (da “ Italia Oggi” del 3 settembre 2003) I presidenti di Confagricoltura, Commercio e Confedilizia hanno firmato un documento in cui prendono posizione in merito alla progettata istituzione obbligatoria, soprattutto attraverso leggi regionali, del “ fascicolo del fabbricato” . Nel documento si afferma fra l’altro che tale obbligo costituirebbe un pesante onere che colpirebbe indistintamente i proprietari di case, di fabbricati rurali, di negozi, di stabilimenti e opifici, senza recare alcuna concreta risposta alla domanda di sicurezza. Le organizzazioni firmatarie del documento propongono, per quel che riguarda i nuovi edifici, di partire al momento stesso della costruzione con controlli preventivi estesi e accurati. Relativamente al patrimonio edilizio esistente si propone di conferire ai comuni la competenza di definire aree in cui si ritenga sussistano pericoli oppure identificare immobili a rischio, prevedendo solo in questi casi accertamenti seri e fondati su prove tecniche. Costruzioni, al Sud solo il salvagente grandi opere. Pioggia di maxi – lavori ma frenano
M ilano Prende il via la riqualificazione di piazza Fontana (da “ Edilizia e Territorio” del 1-6 settembre 2003) Con l’approvazione da parte della Commissione edilizia del progetto del nuovo albergo all’angolo con via Pattari, il comune di Milano inizia la riqualificazione di piazza Fontana. Dopo 15 anni e lunghe battaglie legali, uno dei luoghi storici del capoluogo lombardo vede realizzare il piano particolareggiato definitivamente approvato nel 1994 (redatto dopo concorso regionale di idee, vinto nel 1990 da Gino e Giacomo Pollini e Giulio Marini) che prevede oltre a una piazza alberata con la fontana del Piermarini, un edificio di cinque piani e lungo circa 80 metri, diviso in tre lotti. M ilano, otto big sul quartiere Fiera. Prequalificati i raggruppamenti per la maxi-sfida urbanistica ed economica (da “ Edilizia e Territorio” del 4-9 agosto 2003) Resi noti da Sviluppo Sistema Fiera i candidati selezionati a partecipare alla maxi operazione di project challange urbanistico di Milano. Si tratta di otto raggruppamenti d’impresa per complessivi 40 operatori, presenti molte delle grandi firme dell’architettura mondiale, insieme con i big dell’immobiliare e delle costruzioni.
Sono coinvolti per ogni gruppo almeno due studi di progettazione, in rappresentanza di numerosi paesi. Navigli Un concorso europeo per i Navigli. Il recupero delle vie d’acqua prevede il consolidamento delle sponde e interventi alla darsena (da “ Edilizia e Territorio” del 1-6 settembre 2003) La Lombardia e Milano hanno dato il via alla trasformazione e recupero dei navigli. Il passo più recente è stato un accordo di programma tra il Comune e la Regione Lombardia che ha stanziato oltre nove milioni di euro per il consolidamento e la salvaguardia delle sponde dei navigli milanesi e per la riqualificazione dell’area della Darsena. Si tratta di opere urgenti, visto il degrado. Il sindaco Albertini ha poi annunciato un concorso di progettazione internazionale con lo scopo di individuare idee innovative capaci di valorizzare l’area della Darsena. Ma la mossa decisiva per la completa rivalutazione dei Navigli è la prevista creazione di una società consortile, sull’esempio dell’Authority del Tamigi. Tutti questi progetti sono riassunti in un master plan voluto dalla Regione ed elaborato insieme al Politecnico di Milano. Restauro Restauro, primo sì per le deroghe alla 109. Nel decreto dei Beni culturali trattativa privata fino a 500mila euro e meno spazio al massimo ribasso (da “ Edilizia e Territorio” del 4-9.agosto 2003) I lavori su beni vincolati non saranno più soggetti alle regole della legge quadro per gli appalti pubblici ma potranno contare su una disciplina specifica, in buona parte derogatoria rispetto alla 109. Una volta entrata in vigore la riforma, l’effetto principale sarà quello di estendere anche al grande mercato dei lavori di restauro sugli immobili le specificità e le deroghe già previste per gli interventi su beni mobili e superfici decorate. Ma la novità più significativa riguarda il criterio di scelta delle imprese: il regolamento spalanca le porte all’offerta economicamente più vantaggiosa al posto del massimo ribasso. Non si tratta di un obbligo ma di una facoltà. In questo modo giocheranno un ruolo i curricula dei restauratori utilizzati dall’impresa. Riqualificazione La Lombardia recupera le periferie. L’obiettivo del programma è quello di incrementare la disponibilità di nuovi alloggi da assegnare (da “ Edilizia e Territorio” del 1-6 settembre 2003) La Giunta della Regione Lombar-
dia ha approvato il bando attuativo per il programma nazionale “ Contratti di quartiere II” . Si tratta di uno strumento promosso dal ministero delle infrastrutture e rivolto alla riqualificazione dei quartieri periferici con elevato disagio sociale ed abitativo. Questa nuova versione dei contratti di quartiere è particolarmente ambiziosa; non è destinata come il precedente bando all’edilizia sperimentale, il suo principale obiettivo è incrementare la disponibilità di nuovi alloggi da assegnare a canone sociale e aumentare la funzionalità di quelli già esistenti, oltre ad accrescere la dotazione di infrastrutture.
45
Ristrutturazione I fronti della Finanziaria: condono, 36% , e grandi opere. Per le ristrutturazioni si affaccia l’ipotesi di una proroga dello sgravio Irpef (da “ Edilizia e Territorio” del 8-13 settembre 2003) Ancora una volta sarà la Legge Finanziaria a segnare il futuro del settore delle costruzioni nel brevemedio periodo. Anche lo scorso anno si cominciò a parlare di condono edilizio ai primi di settembre. Quest’ anno la situazione di finanza pubblica è peggiorata, per cui l’ipotesi di una sanatoria sembra avvicinarsi con una sostanziale proposta di minicondono per piccoli abusi tra le mura domestiche. Però il gettito garantito dal minicondono è poco interessante per il Ministero dell’economia che non potrebbe ignorare l’entità del gettito derivante da un condono totale: fra i 4,5 e i 6 miliardi di euro. Rispetto alle grandi opere, il ministro delle infrastrutture, Pietro Lunari, chiede 7,5 miliardi da destinare tutti al Piano della “ Legge obiettivo” e a 91 opere prioritarie indicate dal Dpf. La terza questione è quella del rilancio degli incentivi fiscali alle ristrutturazioni edilizie. Sembra probabile la proroga del solo sgravio Irpef del 36% al 2004, tutto o parte.
Informazione
Stampa
più che al Nord recupero e occupazione (da “ Edilizia e Territorio” del 4-9 agosto 2003) Nel 2002 ha pesato soprattutto la secca battuta d’arresto delle attività di recupero messa in moto dagli sgravi Irpef sulle ristrutturazioni edilizie, che incide non poco sul rallentamento dei tassi di crescita dell’occupazione e delle nuove imprese. Il quadro emerge dall’indagine sulla congiuntura edilizia delle regioni italiane condotta da “ Edilizia e Territorio” . Per quanto riguarda il Mezzogiorno le note positive sono sostanzialmente limitate al boom degli importi dei bandi pubblici mandati in gara nei primi sei mesi del 2003. “ Il settore delle costruzioni vive da almeno cinque-sei anni un trend positivo di cui hanno beneficiato soltanto le imprese del Nord – dice Vincenzo Vitale vicepresidente dell’Ance, imprenditore del Sud – Abbiamo vissuto un aumento degli investimenti nelle nuove costruzioni nel settore abitativo, terziario e nei parcheggi che hanno dato nuovo impulso al mercato. Impulso che non si è trasferito al Sud soprattutto perché a differenza del Nord, da noi mancano gli strumenti urbanistici, i P.R.G., i piani particolareggiati, per questo non può essere considerato un caso che la produzione edilizia del Nord sia assorbita per l’80% dall’attività privata e dal 20% da quella pubblica. Nel mezzogiorno le parti sono invertite” .
Riletture a cura di Antonio Borghi Nuovi mercanti in fiera
Informazione
46
Grande entusiasmo, sfilze di nomi famosi e l’elenco dei soliti milioni di Euro e metri quadri hanno accompagnato l’esordio dell’imminente trasformazione del quadrilatero della Fiera di Milano. Basta dare un’occhiata ai titoli dei giornali per capire con quale spirito i media seguono questo evento. In almeno due occasioni i maggiori quotidiani nazionali gli hanno dedicato un’intera pagina titolando I re del mattone sull’area della Fiera – Real Estate, Zunino, Colaninno e altri immobiliaristi in gara per il progetto Central Park (Elisabetta Soglio sul “ Corriere della Sera” del 29 giugno) e La Fiera fa incetta di big mondiali –. Per il nuovo progetto in campo i maggiori architetti (Evelina Marchesini in “ Il Sole 24 Ore” del 13 luglio). Le stesse informazioni – inserite però in un più ampio contesto civile e culturale – le troviamo il 6 luglio sul “ Domenicale” del quotidiano di Confindustria. Son tornate le gru sul cielo di Milano e piccoli e grandi nidi sono ormai visibili dappertutto nella cintura di ferro delle ex periferia industriale. Il grande anello delle fabbriche che segnò all’inizio del Novecento l’epopea della ‘città che sale’ si presenta, all’inizio di questo secolo post-industriale, come il teatro di una metropoli in
movimento, e la frenetica disseminazione di cantieri inserisce la città nel processo di quelle grandi trasformazioni urbane che già da qualche decennio hanno cambiato il volto delle varie capitali d’Europa. Dalla Bicocca alla Bovisa, dalla Barona a Rogoredo, eccetera, la nomenclatura nobile della ‘Milano Tecnica’ viene riscritta nella terminologia burocratica dei Pru (Programmi di riqualificazione urbana), dei Pii (Programmi integrati di intervento) o dei Pir (Programmi integrati di recupero) che, sulle ceneri del piano regolatore generale, stanno cambiando l’atlante del paesaggio metropolitano senza tuttavia l’accompagnamento di una congruente consapevolezza estetica e culturale. Cadono sotto le ruspe i monumenti inconsapevoli descritti da Boccioni e da Sironi, ma al loro posto non si vedono ancora quei ‘nuovi segni’ che – nella Barcellona olimpica degli anno Ottanta, come nella Berlino riunificata degli anni Novanta o nella Bilbao ‘dismessa’ del 2000 – hanno rilanciato la ricerca di un’identità collettiva mettendo in discussione eredità del passato e ipoteche del futuro. Consegnati alla pura legge del mercato, la contrattazione e il governo della trasformazione stanno dunque verificando l’empirica convinzione che, in generale, il liberismo faccia male all’architettura, come dimostra, non a caso, il ‘pasticcio postmoderno’ dei Docklands di Londra, l’esempio più vistoso della politica di deregulation
promossa nell’Inghilterra degli anni Ottanta da Margaret Thatcher. Un processo di ricostruzione senza precedenti ha rimesso in moto la città arrugginita: ma in attesa della Città della Moda e di quella della Cultura, del Museo del Presente, del Museo del Novecento e della Biblioteca di Porta Vittoria, sono i grandi intensivi residenziali – da Lambrate a Lorenteggio – a vincolare con un’architettura anacronistica e inadeguata la nuova cintura metropolitana. A un secolo di distanza riprende così quota, beffardo, il ‘Milanin Milanon’ con cui Emilio De Marchi si accomiatava in nostalgica punta di piedi dalla città ‘ch’el stava intorno al Domm’: e mentre le statistiche economiche la collocano nel catalogo delle metropoli mondiali, la città dell’innovazione deve fare i conti con l’inerzia di una classe politica che non sa rinunciare a stereotipi di maniera e l’arretratezza di una classe professionale estranea alla sua tradizione di capitale del Moderno. I rari casi di qualità – l’area Bicocca della Gregotti Associati; la torre di Massimiliano Fuksas nell’area O.M. di via Ripamonti; la sede de ‘Il Sole 24 Ore’ di Renzo Piano; il supermercato Esselunga di Caccia Dominioni in via Rubattino, eccetera – fanno risaltare ancora di più la sudditanza al mercato. Rimane così affidata ai previsti piani di sviluppo per il Portello e Montecity la speranza di un’inversione di tendenza su cui un’ipoteca di grande rilevanza strategica viene
M ario Bellini Associat i, Nuovo quart iere Port ello alla Fiera di M ilano, 1987-97.
posta in questi giorni dal varo del concorso per la sistemazione della cittadella fieristica nella pregiata area del Sempione. A pochi giorni dalla presentazione delle candidature di partecipazione, si riaccende il gossip mediatico su assenze e presenze delle star internazionali, ma non decolla il dibattito sui modi e sui fini di una questione cruciale nei destini della città. Tradizionale motore dell’economia metropolitana, la Fiera Campionaria insediata nel 1923 nel quadrilatero ‘fortificato’ della ‘città delle merci’ rappresenta da sempre un’anomalia ‘geometrica’ nell’urbanistica dell’intera città: criticata da Giuseppe De Finetti negli anni del dopoguerra proprio sulle pagine del ‘24 Ore’, la ‘piazza Cordusio in miniatura’ – secondo l’ironica definizione di Edoardo Persico – fu il campo di battaglia degli architetti razionalisti che, nel 1938, in occasione di un suo ventilato trasferimento, vi proposero la costruzione di un quartiere modello dalla profetica intitolazione – ‘Milano verde’ – che avrebbe dovuto sciogliere la città virtuale degli scambi nella città ideale del diritto alla qualità. Una battaglia persa, visto il peso degli interessi in gioco, ma che oggi, per una singolare inversione del ‘destino’, sembra riproporsi in termini più che realistici vista l’imminente apertura del cantiere del nuovo ‘polo’ di Rho-Pero previsto dall’accordo di Programma del 1994. Con la drastica riduzione delle superfici espositive, circa 260mila metri quadri saranno re-
Torna su questo tema Cesare Maria Casati su “ L’Arca” di settembre. Il suo editoriale affronta in tono esortativo ed ottimistico il tema della modernità - o meglio della contemporaneità del capoluogo lombardo ed è intitolato La vera città. Contrariamente a tutte le aspettative Milano, città assente ormai da alcuni decenni come protagonista dell’architettura contemporanea, sembra si sia svegliata dal suo torpore istituzionale annunciando al mondo una iniziativa unica di rigenerazione urbana di una grande area. Area di oltre quaranta ettari. Ho accennato di torpore istituzionale rammentando i concorsi internazionali promossi negli ultimi anni con ricchi premi e ambiziose promesse. Attualmente tutti narcotizzati nelle pastoie burocratiche o nella cronica carenza di risorse. Penso al nuovo Museo all’Ansaldo progettato da David Chipperfield, all’Arengario di Italo Rota, alla demolizione dell’Alba di Milano di Ian Ritchie, alla nuova sede alla Bovisa del Politecnico d Milano di Architecture Studio e Ishimoto Architectura & Engineering e alla
Grande Biblioteca Europea di Bolles+Wilson. Ecco perché, all’annuncio della volontà di trasformare le aree che la Fiera di Milano libererà trasferendosi a Rho nei nuovi edifici già in costruzione, occorre che tutti si dia la massima attenzione. L’intrapresa è gestita dalla Fiera che, per fare ‘cassa’, ha chiamato a concorso gruppi di immobiliaristi internazionali a confrontarsi con progetti ambiziosi e soprattutto con offerte vantaggiose. L’importanza della gara ha fatto sì che ogni gruppo selezionato si sia presentato con un architetto ‘superstar’ a capo dei gruppi di progettazione. Concorso curioso, non organizzato dal Comune, che in fondo è il vero e unico responsabile della riqualificazione della città, ma dalla Fiera stessa che probabilmente guarderà più alle cifre che alla qualità della vita nella città. È sicuramente la prima volta, almeno in Italia, che progettisti di sicuro valore come Rem Koolhaas, Norman Foster, Renzo Piano, Mario Bellini, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Arata Isozaki, Richard Rogers e altri vengono chiamati separatamente a ‘inventare’ un pezzo importante di una grande città europea. Importante anche perché il sito, essendo attualmente occupato dalla Fiera, è centrale e già servito molto bene da tutte le infrastrutture di trasporto. Ora mancando approfondite richieste e indicazioni da parte della pubblica amministrazione che banalmente chiede un ‘Central Park’ di circa venti ettari, residenze e non centri commerciali, tutto è demandato alla capacità dei costruttori di interpretare la particolare milanesità dei luoghi ricordando la trasformazione generazionale in atto che chiede qualità e aggregazione. È anche la prima volta che committenti e progettisti si trovano a dare risposte senza aver ricevuto domande. Una procedura concorsuale insolita che può dare sbocchi imprevedibili. Quello che ci auspichiamo è che esca un progetto adeguato strutturalmente e formalmente al prossimo futuro e che interpreti lo spirito della città e dei valori dell’architettura con proposte non di edifici disgregati come dei begli oggetti di design ma con residenze integrate a spazi e attività urbane dedicati alla cultura, al commercio e a tutti quei luoghi di ritrovo necessari alla attuale vita cittadina. Si tratta di saper integrare i nuovi siti, che gli intellettuali per bene definiscono ‘non luoghi’, con le diverse attività senza barriere. Abitare, lavorare, divertirsi, consumare e istruirsi sono la vera città. Città popolata non solo da automobili inquinanti ma da cittadini che transitano, osservano, dialogano e vivono. E chissà se, al di là della retorica, a Milano non stia veramente accadendo qualcosa di contemporaneo. Certo il potenziale non manca ed è ampiamente docu-
mentato in vari numeri monografici di riviste d’architettura come quello di maggio-giugno 2003 di “ L’architettura – cronaca e storia.” Marco Dezzi Bardeschi, Federico Bucci e Roberto Dulio vi hanno curato una ricognizione storica ampiamente illustrata e arricchita da estratti da vari autori. Vi troviamo ad esempio brani dalla raccolta Nelle città del mondo di Giancarlo De Carlo (Marsilio, 1998) i quali pur risalendo al 1987 - mantengono una grande attualità. Sono arrivato la prima volta a Milano nel ‘34-‘35. Venivo dalla Tu-
zava la misura che Milano aveva: misura corrispondente alle aspettative di chi la esperiva. Stare nella strada voleva dire incontrare amici, formare gruppi di conversazione, vivere insieme con gli altri nella città. De Carlo prosegue descrivendo gli anni della guerra, l’idealismo del primo dopoguerra, la lotta alla speculazione selvaggia degli anni Sessanta, l’impegno per la salvaguardia della città storica e l’occasione mancata del Piano Intercomunale a causa dell’introduzione di un metodo che viene an-
47
St and St ipel alla Fiera di M ilano, 1938. nisia. Ero un ragazzino curioso e a Milano avevo ritrovato uno zio eccentrico: un personaggio strano, irrequieto e a suo modo elegante, che girava per la città con una macchina coupè, una 509, credo. Si era proposto di spiegarmi bene cos’era Milano e così, come prima cosa, mi aveva portato a vedere gli scambi automatici del tram: una grande novità per l’epoca. Milano era all’avanguardia e il mio zio per farmelo capire mi mostrava gli scambi che scattavano da soli quando il tram si avvicinava. Poi, dopo accurata contemplazione delle rotaie e dei loro scambi automatici, salivamo sul tram. I tram milanesi, non so quanti se lo ricordino, erano dotati di bellissime poltroncine rivestite di velluto rosso e sul fondo – una specie di castello di poppa – c’era un salottino, o belvedere, dove la gente si sedeva, sul velluto rosso, e conversava mentre la città scorreva fuori dai finestrini. Era un’epoca piuttosto straordinaria per Milano. La Centrale era appena stata spostata da piazzale Fiume. I navigli, in parte, c’erano ancora. Ero partito per la Tunisia con l’idea che Milano fosse una vera città, molteplice e meravigliosa: la città dove avrei voluto andare a vivere. Difatti nel ‘39, quando ho finito le mie peregrinazioni di adolescente, sono tornato a Milano per studiare all’Università. Anche del ‘39 ho molti ricordi, ma quello più stravagante è di come si camminava a Milano: come si passeggiava, come si discuteva per le strade, come si stava su fino a tardi, la notte. Come si apprez-
cora scrupolosamente praticato e che consiste nello spostare sistematicamente in avanti gli obiettivi, nel dire sempre che quello che si sta perseguendo è troppo poco, che bisogna fare molto di più; dopo di che non si fa assolutamente niente. Ma veniamo subito agli anni Ottanta. Un ritorno da progettista verso Milano, piuttosto appassionante, l’ho avuto solo di recente in occasione del concorso per la Pirelli-Bicocca. Così ho avuto l’occasione di riguardarla sul serio questa città, con l’occhio di qualcuno che pensa di poter progettare qualcosa che possa migliorarla. Mi sono accorto, in quella circostanza, del terrificante livello di confusione che ha raggiunto per carenza di governo, ma anche della sua forza e della sua vitalità. Continua a crescere di case, strade e quartieri, grandi e piccoli, ma solo per risolvere in modo empirico i problemi più urgenti, senza badare alle ripercussioni che ogni intervento può avere sul resto della città. È una città ingovernata e forse ormai ingovernabile. Però, nelle sue pieghe, nella sua periferia, accadono fatti straordinari. Non si tratta di fatti architettonici, come si cerca di spacciare con falsa coscienza quando si dice che la periferia milanese è bellissima. Per l’amor di Dio! Non è vero, non è affatto bellissima; è molto dilapidata e spesso anche deprimente. Ma quello che resta davvero interessante è il rapporto tra lo spazio e l’uso che ne viene fatto dai cittadini (1987).
Informazione
stituiti alla città con la destinazione del 50% a verde: ma già da molti si paventa il pericolo di una restituzione, invece, alla speculazione immobiliare, al di fuori di una strategia urbanistica che inquadri il prezioso tassello nell’auspicato sviluppo di un’autentica dimensione collettiva. Per Milano dunque un’occasione campale per riformulare il proprio ruolo alle soglie di una trasformazione epocale; per l’opinione pubblica, invece, sinora il ruolo muto dello spettatore. Più di un secolo fa, nel 1880, le mire di un pool di banche – la Fondiaria Milanese – sulla piazza d’arme di Foro Bonaparte suscitò un’ondata d’indignazione per quella che si può considerare la ‘madre di tutte le dismissioni’ un quadrilatero – ancora! – attorno al Castello, reso libero dallo spostamento dei servizi militari e trasformato nella visione di un quartiere altoborghese. L’attentato al Castello e le critiche alla mancata attenzione al valore civile e collettivo dell’architettura indussero alle dimissioni l’amministrazione comunale e all’attribuzione all’ingegner Beruto dell’incarico del piano regolatore. Ne derivò un compromesso che ancora oggi però configura l’immagine più tipica della Milano fin de siècle con la preziosa ghirlanda del parco del Sempione. C’è da augurarsi che anche dal recinto della Fiera venga un arricchimento, una precisazione della Milano d’inizio secolo: la scommessa è aperta e tutti sono invitati a partecipare, quindi a vigilare. È questa l’analisi di Fulvio Irace in un articolo – quasi un saggio – intitolato Fiere polemiche per Milano – Città dell’innovazione o dell’immobilismo?
Libri, riviste e media a cura della Redazione
48
Rassegna di Agnese Maffioli
Informazione
Carlo Bertelli (a cura di) Lombardia medievale. Arte e architettura Skira, Milano, 2003 pp. 338, € 80,00 Luigi e Paolo Zanzi (a cura di) Atlante dei Sacri Monti prealpini Skira, Milano, 2003 pp. 372, € 65,00 C. Anguissola d’Altoè, S. Biffi (a cura di) Luca Scacchetti. Disegni 1983-2002 Federico Motta, Milano, 2002 pp. 224, € 29,50 V. E. Parsi, E. M. Tacchi Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di Milano Franco Angeli, Milano, 2003 pp. 152, € 12,50 M. Finazzer Flory, S. Paoli (a cura di) La galleria di Milano Skira, Milano, 2003 pp. 136, € 10,00 Pepe Barbieri Metropoli piccole Meltemi, Roma, 2003 pp. 120, € 12,75 V. Erba, C. Morandi, C. Molteni Bovisa. Materiali per il progetto urbanistico Clup, Milano, 2003 pp. 136, € 9,00 AA.VV. Diritto d’autori Clup, Milano, 2002 pp. 170, € 8,50 Sergio Brenna De Finetti 1946-1952. L’urbanistica dilatata di un pubblico amministratore schumpeteriano Euresis, Milano, 2003 pp. 78, € 10,00
Il romanico a Bergamo
Tipo e funzione
La costruzione di un territorio
L’architettura romanica esercita un’attrazione singolare, per vastità di echi spirituali ed emozionali, sull’uomo contemporaneo. L’area lombarda, è noto, ha dato in questo ambito uno straordinario contributo, sia nelle locali realizzazioni di chiese, cappelle, monasteri, edifici pubblici civili, nuclei urbani e rurali, sia nella diffusione europea di stilemi, modi costruttivi, strutturazioni spaziali e figurative. Dei due aspetti si occupano Lorenzi e Pellegrini in un volume riccamente illustrato, dalla limpida e agevole lettura. Gli autori vi evocano sia le numerose tracce, spesso consistenti fino ad oggi, dell’arte e della architettura romanica, che il paesaggio, visibile nell’area bergamasca come in quella europea ai numerosi pellegrini in movimento lungo percorsi ancora oggi reperibili. Il privilegio dei due punti di vista – quello artistico architettonico e quello paesistico – fa emergere con estrema chiarezza l’imponenza dei valori durevoli – di carattere simbolico, religioso e di cultura abitativa – veicolati dal romanico bergamasco. Nell’accurata registrazione della disseminazione di edifici romanici di ogni tipo, esaminati nelle loro peculiarità stilistiche e costruttive, gli autori riescono a far emergere efficacemente come le tracce del romanico bergamasco costituiscano imprescindibili riferimenti di una coscienza storica matura e consapevole. Libri come questo risultano di grande utilità per molti: per chi ama la storia e l’arte; per lo studente che cerca spunti di ricerche personali; per l’architetto, l’urbanista e il pianificatore, che hanno bisogno di vaste e gradevoli sintesi, ben illustrate, di facile consultazione. L’arte romanica, del resto, è culla di una sapienza costruttiva e di una misurata propensione ornamentale che la migliore architettura italiana del XX secolo non ha dimenticato.
Nikolaus Pevsner in A history of buildings types si pone l’obiettivo di studiare gli edifici a partire da un loro raggruppamento funzionale. Allo stesso modo Ludwig Hilberseimer in Groszadt Architektur esplicita il ruolo che i “ tipi-funzione” svolgono nella costruzione della città moderna. Per “ tipo-funzione” si intende il modello, o edificio, in cui sono contemporaneamente presenti la genericità propria del tipo e la precisione assoluta e caratteristica di ogni funzione. La ricerca intorno al “ tipo-funzione” dovrà quindi svilupparsi su due fronti: da un lato riguarderà la stabilità di alcuni elementi, parti e relazioni, strettamente connesse con la funzione, dall’altra rappresenterà la possibilità d’intervento su tutto ciò “ più o men vago” che caratterizza il tipo; riguarderà cioè la possibilità di reinterpretare tutto ciò che, in quanto vago appunto, risulta sempre variabile. L’opera di Mazzoni può essere considerata proprio come una riflessione su questo tema. Architetto e ingegnere, negli anni ‘2040 egli collabora con il Ministero delle Comunicazioni progettando una decina di stazioni ferroviarie e una quindicina di palazzi per le Poste. A Mazzoni viene offerta l’occasione di compiere una precisa ricerca sul “ tipo-funzione” , ricerca che lo porta a individuare gli elementi fissi caratteristici della funzione e a svolgere continue operazioni interpretative su ciò che caratterizza di volta in volta il tipo. Il volume riunisce gli atti di un convegno dedicato nel 2001 a Mazzoni architetto e ingegnere la cui opera, poco studiata, viene analizzata nei suoi aspetti tecnici innovativi, per la sua capacità reinterpretativa dei tipi consolidati e per le relazioni che riesce a stabilire con i movimenti artistici contemporanei. Un ricco repertorio fotografico documenta infine la sua opera.
Lo studio dei materiali da costruzione nella storia, in rapporto ad uno specifico contesto, il territorio mantovano, ci permette di comprendere come a partire dalla conoscenza di fatti specifici, legati alla costruzione e trasformazione di un territorio, si possa risalire a quei caratteri generali che lo definiscono. “ L’ambiente mantovano” è qui definito “ come un’architettura di terra ed acqua a dimensione territoriale, costruita nell’arco storico di più di 20 secoli, realizzata da tecnici e maestranze all’interno di un corpus di leggi e di regole affinate nel tempo” . Di tale architettura sono analizzate: le conoscenze tecniche e normative, i materiali e i modi di costruzione, le modifiche del paesaggio indotte dalla produzione dei materiali edilizi ed estrazione delle materie prime. Ne emergono caratteristiche locali legate ad una tradizione consolidata come quella della gestione delle acque per far fronte al complesso assetto idrografico, alla sua manutenzione e trasformazione, che ha portato alla formazione di famiglie di tecnici che per generazioni hanno assunto il ruolo di Magistrato delle acque. La costruzione dei manufatti edilizi è studiata a partire dalla disponibilità e qualità dei materiali presenti nel territorio; dei mattoni sia crudi che cotti della calce e degli intonaci, è ripercorso l’intero ciclo produttivo dalle cave e fornaci storiche, dalla loro impronta sul paesaggio, al dimensionamento dei materiali finiti come coppi e mattoni, unificato in epoca gonzaghesca come testimoniato dai modelli in bronzo conservati nel Museo Civico di Palazzo Te a Mantova, cui dovevano attenersi le fornaci per poterli commerciare. Il libro evidenzia come, anche in uno specifico ambito come quello trattato, un territorio abbia una sua precisa identità che lo identifica rispetto ad altri contesti.
Maria Antonietta Crippa
Martina Landsberger
Ilario Boniello
Moris Lorenzi, Alessandro Pellegrini Sulle tracce del Romanico in Provincia di Bergamo, tra storia, architettura e paesaggio Provincia di Bergamo, Servizio Gestione Vincoli - Parchi, Ed.Commerciale s.r.l., Bergamo, 2003 pp. 274, € 25,00
AA.VV. Angiolo Mazzoni (1894-1979). Architetto Ingegnere del Ministro delle Comunicazioni Skira, Milano, 2003 pp. 414, € 43,00
Gianni Scudo, Luciano Roncai (a cura di) Argille ghiaie pietre calci. Materiali da costruzione nella storia del territorio mantovano Tre lune, Mantova, 2002 pp. 94, € 15,00
L’architetto e la sua circostanza
Teorie e progetti
Non solo la luce
Giovanni Antonio Antolini nacque a Castelbolognese (Ravenna) nel 1753; fu uno dei principali protagonisti del periodo neoclassico italiano; architetto, ingegnere, idraulico, urbanista, saggista, trattatista, archeologo, professore presso l’Accademia di Belle arti e l’Università di Bologna, ove morì nel 1841. Progressivamente dimenticato, il suo nome è rimasto legato al solo episodio del Foro Bonaparte progettato per Napoleone a Milano. Un convegno, dedicatogli a Ravenna nel 2000, e il testo appena uscito, curato da Maria Giulia Marziliano, che raccoglie, rielaborati, gli atti dei relatori, gli hanno finalmente reso merito. In accordo con Guido Nardi, autore della prefazione, possiamo affermare che il volume non solo ricostruisce bene la vita dell’Antolini, ma ne mette inoltre in risalto le opere di letteratura architettonica, caratterizzate da una solida metodologia di ricerca e da un modo di raccontare la storia dell’architettura forse inedito, poiché mette l’ambito del sapere rigorosamente tecnologico in stretto rapporto con quella dimensione culturale e critica, di cui raramente si incontrano tracce nella pubblicistica del settore. Il terzo capitolo del libro è dedicato all’organizzazione del cantiere nel XVIII secolo, al disegno architettonico, ai materiali costruttivi, ai tipi e alle tecniche. Nel quarto capitolo, invece, per poter avanzare un confronto tra la metafisica teorica enunciata e la poetica espressa in sede operativa, affrontando anche le implicazioni inerenti al nodo tecnologico, viene sottoposto a indagine conoscitiva il suo intervento su Palazzo Milzetti di Faenza, da pochi anni divenuto Museo Nazionale dell’età neoclassica.
Ci sono tutte le questioni che riguardano l’architettura, nella personale declinazione di Souto de Moura, in questa nuova imponente monografia sulla sua opera completa. Il libro nasce da un riordino dell’archivio dello stesso architetto e contiene la quasi totalità della sua produzione: gli scritti e circa 90 progetti (tanti, ma raccolti in capitoli tematici con un efficace equilibrio iconografico). I temi principali sono sintetizzati in due significative interviste che, rispettivamente, aprono e chiudono il libro. La prima – a tre voci, con Fernando Távora, Álvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura – è una preziosa testimonianza sull’esperienza di questi tre maestri della Scuola di Porto, la più nota delle vicende architettoniche portoghesi. Souto è stato allievo di Távora e collaboratore di Siza e il confronto rivela come profondi siano alcuni legami, articolate le influenze reciproche e comunque originale il pensiero di ciascuno. La seconda intervista, quella che chiude il libro, è di carattere autobiografico e ripercorre tutti gli interrogativi che caratterizzano l’arco di una carriera con un atteggiamento di disincantato realismo. È interessante osservare gli esiti, a volte contradditori, di questi interrogativi: dall’inclinazione, tipicamente portoghese, per l’architettura anonima, al modo in cui l’architetto riesce a sperimentare diversi sistemi linguistici fino ad un minimalismo carico di senso, in cui la disciplina costruttiva è l’esperienza generatrice della forma. Ècome se le pagine del libro illustrassero il continuo e riflessivo interrogarsi di una coscienza sulla complessità della circostanza. Souto stesso sembra il tormentato autore di uno dei più celebri aforismi di Ortega nelle Meditazioni sul Chisciotte, “ Io sono io e la mia circostanza e se non la salvo, non salvo nemmeno me stesso” .
Tschumi, nonostante l’articolata e sofisticata origine teorica del suo lavoro, oggi è uno di quegli architetti che fanno parte ormai stabilmente di quel ristretto circuito di cosmopoliti personaggi che alimentano uno star system dell’architettura che negli ultimi decenni ha messo in secondo piano le scuole, le tendenze ed anche un determinato modo di ragionare sull’architettura, più legato alla teoria che agli esiti formali. Ciò a vantaggio, come si sa, delle individualità degli autori e di modalità di comunicazione dell’architettura fortemente legate alle immagini e all’effetto che queste producono, non solo presso il pubblico degli architetti. Il testo in questione, a cura di Giovanni Damiani, pur se inevitabilmente deve offrire un tributo a questo modo di comunicare l’architettura, è allo stesso tempo un ottimo strumento per avvicinarsi alla complessità teorica dell’opera di Tschumi, che ripropone ancora una volta come l’architettura sia il prodotto di un preciso pensiero. Il libro infatti, oltre alle belle fotografie, presenta alcune celebri tavole-manifesto, disegni di progetto, schizzi ed elaborazioni al calcolatore che sono in stretta relazione con quegli aspetti teorici del lavoro di Tschumi ben presentati, pur nei ridotti spazi, dai contributi testuali. Il saggio introduttivo, L’architettura tra autonomia disciplinare e ricerca degli effetti di K. Michael Hays, evidenzia gli stratificati rapporti di Tschumi con le teorie architettoniche degli ultimi decenni; in Intertestualità, intervista con Marco De Michelis, Tschumi chiarisce alcuni concetti con i quali il suo lavoro costantemente si confronta: movimento, uso, evento, programma, supplemento, materialità, montaggio, sequenza, rappresentano lo slittamento del suo interesse dalle “ forme alle forze” . Conclude il libro la postfazione del curatore che colloca l’opera di Tschumi in un ricco quadro di relazioni, non esclusivamente di ambito architettonico.
Ci sono figure che ormai stabilmente sono collocate alle origini della specificità e dell’originalità del design italiano. Figure che hanno felicemente interpretato e risolto il tema del rapporto tra progresso tecnico ed economico, tra nuovi stili di vita e linguaggio degli oggetti nella produzione di serie italiana del dopoguerra. Livio Castiglioni è tra queste, ma lo è come figura anomala e schiva. Fratello “ di mezzo” in una terna geniale (Piergiacomo e Achille) rappresenta l’anima sperimentale e teorica di un approccio al design fatto di conoscenza, curiosità e ricerca pura e rigorosa della praticità. La questione che l’opera di Livio Castiglioni pone con chiarezza, e che il volume documenta con notevoli materiali inediti, è quella del linguaggio e dell’innovazione. Dove il linguaggio si pone come implicita e inevitabile conseguenza di un processo e di un procedimento esatto e apparentemente inevitabile. Il lavoro di Livio accetta del linguaggio una posizione decisiva e allo stesso tempo subalterna, come se, date certe condizioni di composizione delle parti la forma ne sia l’inevitabile e a volte piacevole conseguenza. Inevitabilmente e quasi geneticamente il suo lavoro si è concentrato sulla luce, il settore tecnologico a maggior tasso d’innovazione. Elettricità, luce, lampadina, lampada; in questa catena il design della lampada non gli interessa, se non come mero supporto di un modo di sostenere la luce nello spazio o di schermarla. Attorno alla lampadina e alla luce nuda si svolge così un serrato confronto fatto di sottrazioni, di fili tesi, di punti luminosi e abbaglianti capaci di disegnare non un oggetto ma lo spazio. Confronto che il figlio Piero continua con personale originalità ereditando il principio che la forma è una conseguenza dell’applicazione di un principio coerente e che il linguaggio si produce al di fuori della retorica del design.
Maurizio Carones
Franco Raggi
Giovanni Damiani (a cura di) Bernard Tschumi Rizzoli-Skira, Milano, 2003 pp. 176 pagine, € 26,00
Dario Scodeller Livio e Piero Castiglioni. Il progetto della luce Electa, Milano, 2003 pp. 332, € 45,00
Roberto Gamba
Andrea Palmieri
Maria Giulia Marziliano Giovanni Antonio Antolini architetto e ingegnere (1753-1841) Gruppo editoriale Faenza, Faenza, 2003 pp. 224, € 20,66
Antonio Esposito e Giovanni Leoni Eduardo Souto de Moura Electa, Milano, 2003 pp. 448, € 105,00
49
Informazione
Antolini ritrovato
Mostre e seminari a cura della Redazione
Informazione
50
Rassegna mostre
Rassegna master
Eduardo Torroja Venezia, Molino Stucky Giudecca 9 ottobre - 7 novembre 2003
La sicurezza negli edifici e i sistemi di automazione (I livello) Milano, Politecnico di Milano via Durando 38/a tel. 02 23995896 27 ottobre 2003 - 27 ottobre 2004
Premio architettura 2003 Roma, Accademia di San Luca piazza dell’ Accademia di San Luca 77 www.accademiasanluca.com 18 ottobre - 8 novembre 2003 Paesaggio analogo. Foto di Marco Introini Piacenza, via G. Bruno 19 25 ottobre - 12 novembre 2003 In alto. Arte sui ponteggi Milano, sedi varie: San Fedele, Porta Nuova, Teatro alla Scala, Villa Reale 18 luglio - 30 novembre 2003 Giovanni Fattori. L’opera incisa Lugano, Museo d’Arte Moderna Riva Caccia 5 14 settembre - 30 novembre 2003 Aldo Rossi. Ricostruzione del Teatro La Fenice Venezia, ex cotonificio Santa Marta Dorsoduro 10 ottobre - 19 dicembre 2003 Metafisica Roma, Scuderie del Quirinale Salita di Montecavallo 12 27 settembre 2003 - 6 gennaio 2004 Il Medioevo europeo di Jacques Le Goff Parma, Galleria Nazionale Voltoni del Guazzatoio 27 settembre 2003 - 6 gennaio 2004 Munari/Veronesi tra fantasia e metodo Cavalese (Tn), Centro Arte Contemporanea piazza Rizzoli 1 11 luglio 2003 - 6 gennaio 2004 Colore (a cura del MUBA, Museo dei bambini) 30 settembre - 21 dicembre 2003 Civiltà dell’abitare. L’evoluzione degli interni domestici in Europa 24 ottobre - 21 dicembre 2003 Acqua da bere 30 settembre 2003 - 11 gennaio 2004 Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6
La gestione di edifici e patrimoni immobiliari: facility e property management (I livello) Milano, Politecnico di Milano via Durando 38/a tel. 02 23995896 27 ottobre 2003 - 27 ottobre 2004 Real estate management. Sviluppo e redditività immobiliare: verso la gestione attiva (I livello) Milano, Politecnico di Milano via Durando 38/a tel. 02 23995896 27 ottobre 2003 - 27 ottobre 2004 Ingegneria del suolo e delle acque (II livello) Cremona, Politecnico di Milano www.cremona.polimi.it/msa 3 novembre 2003 - 30 novembre 2004 Appalti e contratti pubblici (MAC) (II livello) Milano, Politecnico di Milano piazza L. Da Vinci 32 tel. 02 23995494 10 novembre 2003 - 15 novembre 2004 Architettura del paesaggio agricolo (II livello) Piacenza, Politecnico di Milano www.architetturadelpaesaggio.net 10 novembre 2003 - 9 novembre 2004 Progettazione strategica per la valorizzazione delle risorse architettoniche, urbane e ambientali (II livello) Milano, Politecnico di Milano www.lipau.polimi.it/master 12 novembre 2003 - 30 novembre 2004 Conservazione e riuso del costruito (II livello) Milano, Politecnico di Milano via Durando 10 tel. 02 23995530 13 novembre 2003 - 28 novembre 2004 Construction management (I livello) Milano, Politecnico di Milano via Bonardi 15 tel. 02 23996000 12 novembre 2003 - 30 ottobre 2004
La valle della modernità
Da Caillebotte a un punto di domanda
Architettura moderna alpina in Valle d’Aosta. Albini, BBPR, Cereghini, Figini e Pollini, Melis, Mollino, Muzio, Ponti, Sottsass senior e junior Aosta, Biblioteca Regionale 12 luglio - 12 ottobre 2003
Da Caillebotte a Picasso. Capolavori della collezione Oscar Ghez Brescia, Palazzo Martinengo 19 luglio - 16 novembre 2003.
L’architettura moderna del secolo scorso ha sperimentato nel paesaggio alpino abitudini ed attitudini progettuali; la montagna è diventata luogo di sperimentazione e la modernità ha diffuso nel paesaggio montano valenze e capacità verificate in pianura, talvolta coniugandole con i vincoli dei siti preesistenti. Nel panorama architettonico che va dall’inizio del ventesimo secolo alla fine degli anni Sessanta, una generazione di progettisti cittadini ha introdotto il proprio lavoro nell’ambiente alpino; in particolare alcuni di questi come Albini, BBPR, Figini e Pollini, gli stessi Muzio e Ponti insieme all’immancabile Mollino, hanno diffuso il proprio idioma sulle Alpi. La mostra di Aosta scorre un itinerario sul lavoro svolto in Valle da questi professionisti; l’esposizione si dipana lungo un arco temporale proteso tra la fine degli anni Venti e la prima metà degli anni Sessanta e vede esposti progetti conosciuti accanto ad opere fino ad oggi inedite o poco note. La visuale si distende dalle prime realizzazioni urbane in cemento armato del sistema Hennebique, ai progetti per Aosta di Gio Ponti e Sottsass sr., sino alle celeberrime costruzioni di Albini e Mollino; discorso a parte per le centrali idroelettriche progettate in Valle da Muzio che varrebbero da sole una specifica rassegna per quantità e qualità. L’obiettivo è di raccogliere in un unico contesto, seppur diviso in stanze tematiche, la produzione progettuale degli autori in Valle d’Aosta; le modalità scelte per l’esposizione dei progetti rendono una chiave di lettura dell’attività di ogni autore che pare restituire una sorta di affezione alla Valle (ed al suo ambito) da parte di questa generazione di architetti che ha operato perlopiù tra Torino e Milano. L’esposizione, curata da Luca Moretto con Jacques Gubler, Aimaro Isola, Giuseppe Nebbia, Carlo Olmo e Renato Perinetti, è corredata da un catalogo e si avvale delle immagini di Olivo Barbieri. Luciano Bolzoni
Attraversano un secolo di pittura, i capolavori, come recita il titolo, della collezione Ghez. Sicuramente i curatori, tra cui l’acuto L. Caramel, hanno fatto una buona selezione tra le 6000 opere che fanno parte della collezione, ma l’abusato titolo “ da... a...” è pretenzioso: se Caillebotte è rappresentato dall’accelerata prospettiva Le pont de l’Europe, 1876, che sottolinea la validità della pittura nei confronti della concorrente fotografia, deliberatamente imitata nel taglio compositivo, di Picasso troviamo un solo quadro, L’Alba del 1965, che per quanto riuscito, non è sicuramente rappresentativo. Ghez “ pensava che i prezzi dei grandi nomi dell’impressionismo e dei mostri già sacri dell’Ottocento, come Matisse o Picasso, fossero eccessivi” . Perciò ha orientato la sua collezione verso quegli autori non ancora valorizzati dal mercato (ad esclusione dei quadri astratti che detestava), e questo è il suo maggior merito. Le sezioni meglio rappresentate sono quelle del neoimpressionismo, notevole L’Aciérie di Luce, e del postimpressionismo, tra cui spicca l’esoterica La rentrée du soir di Steinlen. Nella sezione del fauvisme Le Vieux Clown di Van Dongen è l’icona della solitudine dell’essere umano. Al posto del cubismo troviamo i cubismi di Gleizes, Lhote, e Goncharova con Femme espagnole en gris. Nella penultima sezione della mostra, troviamo uno dei quadri più rappresent at ivi dell’” età dell’ansia” fra le due guerre: Lupanar à Montparnasse di Foujita, con i ritratti delle ragazze del bordello frequentato da giornalisti, scrittori, attori e artisti, fra cui spicca la fidanzata Youki e Mady, “ la pantera” , con la quale Foujita partirà per L’America Latina. La mostra si chiude con uno dei titoli più enigmatici che critico abbia mai inventato: “ Surrealismo contro classicismo?” , l’enigma non scaturisce tanto dalle parole del titolo, scontato per la sua ovvietà, ma dal punto di domanda finale che il pubblico dovrà portarsi a casa irrisolto. Sergio Poggianella
“Parigi vista dalla mia finestra”
Col tempo: gli Anni ’60
Fabbriche e territorio Opera a confronto completa
Parigi+Klein. Fotografie di William Klein Milano, Spazio Oberdan 9 luglio - 28 settembre 2003
La Grande Svolta – Anni ’60. Viaggio negli anni Sessanta in Italia Padova, Palazzo della Ragione 7 giugno - 19 ottobre 2003.
A fine settembre si chiude la mostra “ Parigi+Klein” presso lo spazio Oberdan: un centinaio di fotografie di grande formato, tra colore e bianco e nero, accoglie lo spettatore e gli offre, attraverso il grandangolo di William Klein, una Parigi cosmopolita, multiculturale e completamente multietnica. “ E divertente” , aggiunge Klein nella postfazione del catalogo: l’immagine romantica, nebbiosa e soprattutto monoetnica della capitale proposta da grandi fotografi combacia poco con la realtà che lo circonda da oltre quarant’anni. L’utilizzo del grandangolo taglia fuori il respiro architettonico della città: il panorama che Klein seleziona è quello umano, catturato in una maniera che si rifà poco all’indagine del ritratto bensì alla documentazione dell’evento, privato o pubblico, a cui partecipa. Le persone raramente rivolgono lo sguardo al fotografo che preferisce raccontare le modalità del gruppo, le azioni, gli atteggiamenti ed i vestiti indossati, ottenendo così scenari sempre misurati che mai ricercano inquietudine e contraddizioni. La Parigi vista da Klein è un susseguirsi continuo di riunioni, manifestazioni, feste e tanta folla: le foto ne sono eleganti frammenti estrapolati e saldamente costruiti sulla composizione grafica e sul colore, punto di forza di questo lavoro. Sul catalogo, ogni immagine ha la propria didascalia che la descrive e commenta in maniera spesso ironica. Statunitense, William Klein si stabilisce a Parigi nel 1948, trovandovi i riferimenti umani e culturali adatti alla sua sensibilità eclettica. Nel 1954, dopo essersi dedicato alla ricerca pittorica, torna a New York, raccontandola, qualche anno dopo, in un libro di fotografie che lo fa conoscere internazionalmente e gli fa guadagnare in Francia il Premio Nadar. Negli anni successivi non solo realizza nuovi libri e collabora con “ Vogue” , ma dirige numerosi cortometraggi e film, una selezione dei quali è stata presentata allo Spazio Oberdan.
Una costante pare attraversare le quattro sezioni tematiche di cui la mostra si compone: la grande tensione che si realizzò nel corso degli Anni ‘60 verso un’arte universalmente popolare, guidata dalle leggi del consumo di massa. E se tutta l’arte visiva e concettuale scaturita dalla grande svolta degli Anni ‘60, nata da un diffuso movimento liberatorio verso ogni canone estetico tramandabile o formalmente riconosciuto è realmente riconducibile a una tensione verso il genere di consumo popolare (pop art), che cosa resta oggi del radicalismo innovatore di quegli anni? La domanda stimolata proprio da questa mostra è giusto porsela oggi, in tempi in cui l’urbanistica e l’architettura correnti vengono ridotte a scadenti generi di consumo. Forse moltissimo. In tempi in cui, come ha osservato Michael Sorkin, le nostre città appaiono come parassiti, agenti patogeni che traggono la loro energia dall’esterno riversandovi in cambio i propri rifiuti, ecco che le proposte urbanistiche dei Movimenti Radicali (da Archizoom a Archigram) per città capaci di spostarsi o fluttuare nell’aria appaiono ancora come ricette sensate per un organismo irrimediabilmente ferito. Ecco come i concetti di tabula rasa e di rottura col passato proprie d’ogni movimento d’avanguardia, mostrano radici profonde che si misurano con ciò che Harold Rosemberg ha definito come tradizione del nuovo. Questa formulazione lega gli esperimenti delle Neoavanguardie degli Anni ‘60 ai movimenti radicali d’inizio secolo i quali, seguendo una bramata dinamicità dello spazio, ci proiettano a loro volta nella contemporaneità, dove l’avanguardia telematica sembra aver elevato lo spazio informale e dinamico a uno statuto di concreta fattibilità. Il cerchio si chiude con la sola differenza che a un’arte popolare sembra seguire una cultura della congestione guidata dal profitto economico del branding planetario.
Territorio-fabbrica-abitazione Mostra e seminario internazionale 12-24 settembre 2003 Culture 2000 Programme/Modern Movement Neighbourhood Cooperation
Barbara Brugola
Matteo Baborsky
Gabriella Capitanucci
La mostra, a cura della Triennale e della Fondazione Piero Portaluppi, che si propone come la prima grande retrospettiva dedicata all’architetto milanese (1888-1967), analizza e confronta tutti gli aspetti della sua complessa personalità culturale e artistica (fu architetto e designer, fotografo e disegnatore, collezionista e viaggiatore). Colpisce la produttività dell’architetto, la molteplicità dei suoi interessi e la consistenza davvero straordinaria del materiale reso disponibile dal riordino dell’archivio. Emerge soprattutto, al di là di un reale confronto con la situazione del dibattito italiano contemporaneo, il ruolo di Portaluppi nella trasformazione fisica di Milano e il suo contributo alla costruzione dell’immagine della città moderna, grazie all’enorme quantità di opere realizzate: dai restauri (la Pinacoteca di Brera, l’Ospedale Maggiore, San Vittore, S. Maria delle Grazie, la Casa degli Atellani e la Bicocca degli Arcimboldi) alle nuove realizzazioni pubbliche (il Planetario, l’Arengario, il Sagrato del Duomo) e soprattutto private. Un dato, quest’ultimo, che dà un’idea dell’importanza a Milano, tra gli Anni ’30 e ’50, della nuova classe dirigente imprenditoriale come committenza architettonica, che chiede edifici simbolici e rappresentativi per una condizione socio culturale ed economica unica in Italia. Riti e simboli di cui le centrali elettriche, spettacolari cattedrali del progresso, realizzate per l’industriale Ettore Conti in Val Formazza, rappresentano sicuramente il momento più eroico ma anche forse il più retorico. Una mostra non celebrativa, nelle intenzioni dei curatori, ma documentaria. E forse il limite è proprio in un eccesso di documentazione in rapporto all’esiguità dell’apparato informativo (didascalie, inquadramento urbano dei progetti, confronti, ecc.), che rende talvolta difficile l’interpretazione del materiale. Silvia Malcovati
51
Informazione
Si sono conclusi a Ivrea la mostra e il seminario internazionale sulle politiche di valorizzazione degli insediamenti industriali moderni in Europa. L’iniziativa, prevista all’interno del programma europeo MOMO Neighbourhood Cooperation si è rivelata una preziosa occasione per porre a confronto quattro case study emblematici della cultura architettonica modernista che, con la diffusione dei metodi di standardizzazione del lavoro, negli Anni ‘30 del ‘900, ha dato una risposta formale alle sperimentazioni su prodotto, organizzazione e pianificazione del territorio. Il nucleo residenziale e la fabbrica di cellulosa Sunila in Finlandia di Alvar Aalto, il progetto industriale e sociale della società Olivetti a Ivrea, il villaggio operaio di Bat’ovany-Partizánske in Slovacchia e le residenze per il tempo libero Bellevue-Bellavista a Klampenborg in Danimarca di Arne Jacobsen sono i quattro insediamenti selezionati nonché le sedi di una serie di eventi legati al progetto europeo. Sono stati affrontati temi che vanno dalla complessità del paesaggio industriale alle esemplari iniziative già intraprese sul patrimonio dell’architettura industriale e residenziale italiano, promosse anche dalla creazione del Maam di Ivrea e alla catalogazione del patrimonio dell’architettura moderna di Ivrea. La mostra presentava i quattro casi protagonisti del progetto europeo, alcune architetture significative del programma olivettiano attraverso disegni originali e inediti e, infine, le azioni intraprese per la conoscenza e la conservazione del ricco patrimonio dell’architettura eporediese. Gli stessi temi sono stati oggetto del seminario dove si è indagato sulle cause reali della formazione di tali nuclei, sulla loro specificità ed evoluzione, nonchè sulle strategie e sulle problematiche scaturite dall’esistenza di un patrimonio di tale portata.
Piero Portaluppi Triennale di Milano 19 settembre 2003 - 4 gennaio 2004
Egidio Dabbeni a Brescia Laura Micheletti e Luciano Roncai
52 3
Itinerari
1
2
11
4
8
7
10 12
9
5
6
Egidio Dabbeni nasce a Brescia il 27 febbraio 1873. Studia ingegneria a Padova e successivamente si specializza in architettura a Roma. La sua carriera universitaria è molto rapida: si laurea nel 1896 e torna nella città natale, dove collabora come socio corrispondente della “ Associazione Artistica fra i cultori di architettura” che gli permette di pubblicare alcuni suoi progetti sulla rivista romana “ Architettura italiana” . Partecipa anche alla vita culturale cittadina come membro dell’Ateneo di Brescia e commissario per il riordino della Scuola professionale di arti e mestieri “ Moretto” . Durante la sua lunga attività si dimostra un progettista completo: nell’elenco delle sue opere troviamo tutte le tipologie architettoniche, dalle ville residenziali alle case operaie e ai palazzi cittadini, dagli stabilimenti industriali agli impianti sportivi, alle scuole, alle chiese, compresi i monumenti fu-
nerari, nonché grandi esempi di applicazioni di ingegneria, dalle derivazioni elettriche per dighe e centrali, a canali e strade. Questa versatilità nell’affrontare una così vasta gamma di tipologie edilizie mette in luce la sua grande professionalità, dimostrata nella continua ricerca e nello studio delle nuove tendenze architettoniche e delle innovative tecniche costruttive, come il cemento armato. La sua attività nel periodo liberty include interessanti opere: Villa Gussalli, Casa Capretti, l’Esposizione Industriale ed in particolare Casa Migliorati, un edificio completamente innovativo in quanto introduce a Brescia sia il linguaggio liberty sia l’uso del cemento armato. Osservando più attentamente la produzione architettonica delle ville e dei palazzi, emerge come Dabbeni non rinnegò mai il passato, rispettando le preesistenze
storiche e assecondando le volontà dei suoi committenti. In questo quadro si inserisce la sua lunga attività di collaborazione con la Società di costruzioni Pisa, per la quale progettò diverse tipologie abitative, dalle case d’affitto signorili al villaggio borghese, nonché la ricostruzione di palazzi storici. Anche nella vicenda delle case per i ferrovieri, architetture che più si avvicinano alla tipologia della residenza operaia, Dabbeni curò attentamente tutti i dettagli, studiando la disposizione più funzionale della cellula abitativa. All’inizio del Novecento, Brescia si avviava allo sviluppo industriale e Dabbeni, con la sua notevole preparazione tecnica, si dedicò anche alla progettazione di importanti edifici industriali abbinando la funzionalità tecnologica ad una equilibrata composizione. Nei primi due decenni del secolo, progettò le sedi delle maggiori in-
dustrie bresciane: le Officine Metallurgiche Togni, i capannoni per la Franchi Armi, i padiglioni per la Tempini e la S. Eustacchio. Dabbeni, progettista a tuttotondo, palesa la sua grande preparazione anche nella progettazione della centrale idroelettrica di Cedegolo per la Società Elettrica Bresciana con le opere di regimazione e derivazione necessarie per il corretto convogliamento e gestione delle acque. Nel 1918 progettò una linea ferroviaria che doveva correre lungo la sponda occidentale del Lago di Garda, giungendo sino a Riva e da lì fino in Trentino. La fama di abile tecnico e calcolatore viene palesata anche nelle collaborazioni richieste dalla “ Società bresciana cementi e costruzioni” . Negli anni Venti, Dabbeni esperimenta con successo la progettazione e realizzazione di ville con giardino nella zona di Porta Venezia che lo affermano nella ricca borghesia industriale alla ricerca di una propria immagine sociale. Egli intervenne con ampliamenti, nuove portinerie e imponenti cancellate a chiusura dei giardini con terrazzamenti per superare i dislivelli naturali del terreno. Molto interessante è Palazzo Bertolotti, un edificio che oltre a caratterizzare lo spazio su cui si affaccia, unisce diverse tipologie: residenza, commercio ed un’officina meccanica. Gli anni Trenta si aprono a Brescia con i lavori per l’intervento piacentiniano di piazza Vittoria. Egidio Dabbeni fu il solo architetto bresciano chiamato ad intervenire con il progetto dell’Albergo Vittoria e del Palazzo delle Industrie Bresciane. Dalla fine degli anni Trenta il figlio Mario, laureato a Roma, collabora con il padre; la sua influenza è evidente nelle ultime opere che mostrano un linguaggio che si avvicina al Razionalismo, come il Palazzo Uffici Togni. Negli ultimi anni di attività partecipa e vince il concorso per lo stadio velodromo di Bordeaux con un progetto di pensiline sporgenti 22 metri che evidenziano ancora una volta le sue grandi capacità tecniche. Egidio Dabbeni muore a Brescia nel 1964. Bibliografia F. Robecchi, Il liberty e Brescia, Grafo, Brescia, 1981; F. Campana, Egidio Dabbeni Architetto a Brescia tra Ottocento e Novecento, (tesi di laurea, relatore prof. C. Perogalli, arch. G. Villari, a.a. 1987-88); V. Terraroli, La grande decorazione a Brescia tra Otto e Novecento, Banca Credito Agrario Bresciano, Grafo, Brescia, 1990; P. Ventura, Itinerari di Brescia moderna, Alinea, Firenze, 1992; L. Micheletti, Egidio Dabbeni (1873-1964) vita e opere, (tesi di laurea, relatore prof. L. Roncai, a.a. 2000-01).
1. Casa M igliorati, 1898 Brescia via Trento
2. Esposizione Industriale Provinciale, 1904 Brescia Castello
3. Villa Gussalli, 1905-12 Brescia via Montesuello
4. Palazzi Pisa, ex-Di Bagno, 1907-12 Brescia corso Magenta, angolo via Crispi
1. Sin dalle prime realizzazioni Dabbeni dimostra tutte le sue conoscenze, sia tecniche che artistiche: questa palazzina è uno dei primi esempi di edificio con struttura in c.a. ed allo stesso tempo è decorata da un pregevole fregio che segna l’ingresso del linguaggio liberty nell’ambito cittadino, collocandosi tra i primi anche sulla scena italiana. Il prospetto principale assume un aspetto severo e classico nel suo complesso sia per la scelta del rivestimento in pietra grezza che per il grande portone centrale sormontato da un balcone decorato: caratteristiche che richiamano volutamente i materiali e la tipologia degli antichi palazzi cittadini. L’ultimo piano si distingue dal resto dell’edificio trattato a bugnato per il magnifico fregio liberty che, con le finestre binate, lo alleggerisce e lo avvicina a una loggia. Nel prospetto principale il decoro è inserito tra le finestre ed è scandito dal ritmo dei travetti della copertura che danno la misura agli elementi verticali del disegno; nella porzione d’angolo, invece, la composizione assume maggiore unitarietà e il disegno coinvolge anche la trabeazione delle finestre. L’utilizzo di linee più elastiche e sinuose su uno sfondo floreale lascia trasparire la conoscenza non solo delle influenze francesi, ma anche del Secessionismo viennese. I rosoni applicati al cornicione, anche se di ascendenza più classica, completano il coronamento dell’edificio. L’edificio si sviluppa in quattro piani fuori terra e un sotterraneo. La destinazione d’uso prevede negozi e magazzini al piano terreno e sotterraneo ed abitazioni ai piani superiori.
2. Per la città e la provincia di Brescia l’Esposizione fu l’occasione per dimostrare i livelli di produzione raggiunti in poco più di tre decenni di sviluppo industriale: fu collocata nella struttura storica della rocca sul Colle Cidneo che per l’occasione fu sottoposta a lavori di restauro. Il progetto comprendeva la sistemazione di tutta la superficie libera all’interno della cinta del Castello: il percorso si snodava tra padiglioni e giardini con chioschi e fontane decorative, il tutto accomunato dall’impronta liberty. L’esempio del modernismo parigino del 1900 era stato ormai confermato dall’Esposizione di Torino del 1902, dove aveva trionfato il Liberty di D’Aronco che era ormai conosciuto come lo stile della finzione e dell’effimero e quindi adatto per le esposizioni, dove tutto era ideato per esistere per un periodo di tempo limitato. Il padiglione principale era costituito da un salone circolare di 20 m di diametro coperto da una cupola e da due grandi gallerie (80 x 13 m), disposte lungo il ciglio della rocca. La struttura, nel complesso monumentale, con grandi archi, torri e torricelle, cupole e merlature era visibile anche da grandi distanze e formava una sorta di nuova cinta per il colle, in questo caso senza nessuna funzione difensiva, ma di divertimento. Altri padiglioni riprendevano la tipologia del capannone industriale con pilastri e travature di metallo o con struttura a tre cerniere, ma le facciate degli ingressi erano decorate con fregi con linee a colpo di frusta. È interessante notare come Dabbeni sia riuscito ad adattare in modo flessibile la compostezza strutturale del capannone alla bizzarria formale e decorativa del padiglione espositivo.
3. La villa è situata nella zona settentrionale della città lungo una delle direttrici che si ramificano verso l’esterno partendo dal centro storico. Queste aree, insieme con quelle ricavate dall’abbattimento delle mura venete, furono le prime ad essere lottizzate all’inizio del secolo e vi si trovano tutt’ora esempi eterogenei di abitazioni realizzate in quegli anni: si passa dal palazzetto e dalla villetta singola nelle zone a nord e ad ovest, al tentativo di creare una vera e propria città giardino nella zona a sudest. La realizzazione appartiene alla tipologia del villino che si sviluppa all’inizio del Novecento come ibridazione tra la villa di campagna e la palazzina cittadina, in questo caso ispirata ad un linguaggio neomedioevale, liberamente interpretato nel gioco dei volumi e delle aperture che sdrammatizzano l’aspetto severo che le viene conferito dal bugnato rustico. Le facciate presentano avanzamenti e arretramenti, il profilo si sviluppa su diverse altezze e le numerose finestre assumono le forme e le dimensioni più svariate: dalle piccole bucature della portineria alla grande apertura ad “ omega” , cui si sovrappongono due trifore in corrispondenza del vano scale. Numerose decorazioni pittoriche a motivi geometrici sono inserite nelle facciate nel cornicione, sotto le finestre o negli archi della loggia. La portineria annessa riprende le caratteristiche compositive della villa: pur essendo interamente rivestita dallo stesso bugnato rustico ha un tono dimesso con il volume più compatto e una maggiore semplicità di forme. È collegata all’abitazione principale da un portico colonnato con tre archi a tutto sesto, sormontato da una terrazza che funge da passaggio al primo piano.
4. I Palazzi Pisa si trovano nel centro storico cittadino, lungo una delle principali direttrici che si diramano verso le antiche porte. Il progetto parte dalla ricostruzione di alcune vecchie case ormai fatiscenti che dovevano essere demolite per la rettificazione del Corso, voluta dal piano di risanamento del 1887. I due nuovi edifici affiancati continuano la cortina edilizia della via e si presentano su strada con uniformità di volume, altezza e partizione orizzontale, mentre mostrano differenti scelte e soluzioni nei materiali utilizzati. Il primo palazzo, ispirato alle forme del Rinascimento, ha un’austera facciata suddivisa in tre fasce orizzontali: l’alto basamento in bugnato rustico in pietra di Rezzato, la fascia centrale, corrispondente al piano nobile e al secondo piano in pietra di medolo, una fascia di coronamento a modo di loggetta con decorazioni pittoriche. L’accesso all’edificio avviene direttamente dalla strada tramite il portone centrale, che immette in un ampio androne affrescato che conduce fino al cortile. Il secondo edificio è caratterizzato da un portico ad archi a tutto sesto scandito da paraste verticali e dall’ultimo piano, pensato ancora come una loggia, con un numero maggiore di aperture binate alternate a cornici dipinte a marmi policromi. I cortili dei due fabbricati si affiancano formandone uno solo abbellito da aiole con una piccola fontana; le facciate interne sono trattate più semplicemente rispetto all’esterno: a mattoni a vista per il primo edificio e ad intonaco liscio per il secondo, con cornici semplici alle finestre.
Itinerari
53
5. Casa d’affitto Pisa, 1911-15 Brescia via Solferino, angolo via Ferramola
6. Case dei ferrovieri, 1912 Brescia via Verona
7. Edifici industriali, 1915 Brescia via Milano
8. Sede della Banca San Paolo, 1922 (ora Banco di Brescia) Brescia corso Martiri della Libertà
7. Dabbeni, date le sue notevoli conoscenze tecniche, fu tra i principali progettisti dell’area industriale di via Milano, un importante complesso costituito da capannoni che si sviluppano per 15.000 mq su un unico piano, con struttura in cemento armato. Tra i primi capannoni realizzati spicca lo stabilimento per la produzione di condotte forzate di Giulio Togni con le particolari aperture ad “ omega” che segnano l’introduzione delle forme liberty anche nell’architettura industriale. Nei capannoni in via Fiume Grande, realizzati nel 1915, la copertura a falde con capriate in legno è occultata da un paramento in mattoni con la parte centrale più alta raccordata con gradini alle due porzioni laterali. La diffusione delle strutture in cemento armato favorì sempre più l’utilizzo di coperture a shed in metallo e vetro, al punto da farle divenire, insieme alla ciminiera, l’emblema dell’edificio industriale. L’ingegner Dabbeni collaborò assiduamente anche con la Società Elettrica Bresciana per la quale realizzò la sede centrale degli uffici in via Leonardo da Vinci, nonché numerose opere di ingegneria idraulica: la derivazione di fiumi e torrenti e la realizzazione della Centrale idroelettrica di Cedegolo, in Val Camonica. L’edificio appare uniforme e unitario su tutti i lati: i muri perimetrali sono scanditi da grandi pilastri che emergono dal piano della facciata vetrata; su di essi si regge la copertura della sala macchine, lunga 15 metri e costituita da un solaio incrociato a cassettoni chiusi per poter sostenere il peso di turbine e alternatori.
8. All’inizio degli anni Venti, l’amministrazione della Banca San Paolo acquistò il settecentesco palazzo Martinengo Villagana per adibirlo a sede centrale di Brescia. Dabbeni elaborò un intervento che fosse completamente rispettoso dell’edificio storico, apportando piccole modifiche interne e lasciando inalterati i prospetti su strada. La soluzione proposta venne così commentata dall’architetto Gustavo Giovannoni: “ una ingegnosa soluzione (…) che nel suo progetto di adattamento intenderebbe inserire nel vasto cortile una sala ovale ad un piano soltanto, la quale occuperebbe tre delle cinque arcate aperte nel lato maggiore e lascerebbe nel secondo piano spaziare le visuali per tutto il perimetro originario” . La forma ovale risultava l’unica possibile, considerata la forma irregolare del cortile e la necessità di raccordarsi con l’edificio preesistente. Per quanto riguarda la composizione del prospetto esterno e dell’apparato decorativo interno della sala, Dabbeni reinterpretò il linguaggio barocco, prendendo ad esempio il prospetto principale del palazzo settecentesco. Nella copertura della sala, Dabbeni inserì l’unico elemento moderno di tutto l’intervento: si tratta di una cupola in muratura e vetro dove, tra i costoloni barocchi, sono inserite delle magnifiche vetrate liberty. La cupola a base ovale si appoggia su un alto tamburo che all’esterno si innalza per nasconderne tutto il volume. Sotto il cortile si trova il grande caveau. Il lavoro di scavo per il sotterraneo raggiunse la profondità di 7 metri; contemporaneamente vennero rinforzate le murature perimetrali dell’edificio e si realizzò un vespaio per la posa di tutti gli impianti tecnici.
Itinerari
54
5. La Casa d’affitto Pisa, situata all’angolo di un nuovo isolato disegnato dal piano regolatore all’esterno dell’antica cerchia delle mura, ha due affacci su strada ed è composta da tre edifici affiancati che formano una cortina edilizia continua. Pur costituendo un unico blocco, i corpi di fabbrica sono autonomi e si differenziano sul piano compositivo, sia per quanto riguarda l’apparato decorativo sia per la distribuzione stessa. Tutti hanno cinque piani fuori terra e la stessa altezza totale, l’interpiano e le aperture hanno le medesime dimensioni, ma soprattutto, sono accomunati dalla fascia marcapiano tra il secondo e il terzo piano che delinea uno stacco tra il basamento e la parte superiore dell’edificio. Ogni fabbricato ha l’ingresso principale su strada, collocato centralmente in facciata, con portone monumentale a doppia altezza. La facciata dimostra una grande capacità compositiva e decorativa, ma nella complessa e rigogliosa articolazione dei rilievi in cemento non si ritrova traccia degli stilemi liberty. Le finestre hanno cornici con timpani sia triangolari che curvi, le balaustre sono indifferentemente in cemento o in ferro, gli architravi dei portoni sono sorretti da colonne o da cariatidi. Il prospetto è composto simmetricamente ed è ricco di decorazioni: il secondo e il terzo piano sono scanditi da un ordine gigante di lesene che contengono piccole logge curve che fuoriescono dal piano principale della facciata; l’ultimo piano è decorato ancora più fastosamente con le finestre sagomate con grandi volute sormontate da un oculo; il coronamento è completato dalle mensole che sorreggono il cornicione, con volute e teste sporgenti.
6. Le Case dei ferrovieri furono commissionate dall’Amministrazione ferroviaria che voleva offrire abitazioni economiche ai propri dipendenti. Il progetto si avvicina più alla tipologia dell’abitazione operaia piuttosto che alla residenza borghese in quanto veniva richiesta la realizzazione di mini appartamenti per un totale di circa cento locali in un lotto di forma regolare con il lato lungo rivolto a sud. Dabbeni progettò due corpi di fabbrica allineati sul ciglio stradale composti dalla ripetizione, raddoppiata e triplicata, di un modulo di dimensioni di 10,5 x 12 m contenente il corpo scale e due alloggi per ogni piano. Gli alloggi sono bilocali e trilocali, con cantina e legnaia nel sotterraneo, disposti in modo che le camere si affaccino su strada mentre le cucine, i servizi e il vano scale sul cortile. Il fabbricato si presenta esternamente come una lunga cortina edilizia alta quattro piani e chiusa verso la strada: l’unica apertura è costituita dal portico che collega i due corpi di fabbrica. Il fronte principale è ornato da fasce graffite e da schematici bassorilievi in cemento che riflettono l’attenzione per le influenze europee e la conoscenza del movimento della Secessione. L’intonaco nella parte bassa è rigato orizzontalmente per ottenere l’effetto dello zoccolo bugnato, mentre ai piani superiori è lasciato liscio. La facciata è inoltre modulata da piccole superfici cilindriche che terminano in alto con loggette chiuse dal parapetto in muratura. L’ultimo piano è percorso da una grande fascia orizzontale con una decorazione a motivi geometrici.
9. Villa de Rosmini, 1924 (ora Bettinelli) Brescia via Ragazzoni
10. Palazzo Bertolotti, 1926-27 Brescia viale Venezia
11. Albergo Vittoria e Palazzo delle Industrie bresciane, 1930-37 Brescia via X Giornate
12. Palazzo uffici Togni, 1930 Brescia via Vittorio Emanuele II
9. La villa è situata nella zona collinare ad est della città in un lotto di forma rettangolare che si allunga secondo il declinare del terreno con l’abitazione collocata a monte. Arrivando dalla strada, colpisce il volume ricurvo dell’ingresso che fuoriesce dal piano della facciata. È costituito da un loggiato convesso che si innesta sulla concavità del prospetto, formando un ampio portico a pianta ovale sormontato da un terrazzo, collegato alla strada da una scenografica doppia rampa ellittica. La facciata si caratterizza per la composizione rigorosamente simmetrica, terminante con due timpani che riprendono un linguaggio classico, liberamente interpretato in tutto l’apparato decorativo della villa. Il prospetto sud ha la stessa importanza del prospetto principale: il piano della facciata è animato da due logge laterali che si proiettano verso il giardino con la stessa curvatura del portico dell’ingresso e con lo stesso trattamento della balaustra e della trabeazione. La parte centrale, tra le due logge, è arretrata rispetto al piano della facciata ed è interamente occupata da due grandi trifore che alleggeriscono tutto l’insieme. La villa, di pianta quadrata, è organizzata su tre livelli, di cui uno seminterrato; tutti i piani hanno i locali disposti attorno al disimpegno centrale. Il giardino si estende per più della metà del lotto ed è stato disegnato simmetricamente con linee prospettiche che hanno come punto di fuga l’edificio. L’area è ripartita in tre zone: quella centrale occupata da una fontana e le due laterali con due pergolati gemelli. La vasca d’acqua centrale si snoda lungo la pendenza del terreno con sei livelli degradanti che terminano in una vasca circolare.
10. Palazzo Bertolotti è situato ai margini del centro urbano proponendo, con il suo volume concavo, una sistemazione monumentale del piazzale antistante. Il complesso edificio racchiude la concessionaria Fiat e negozi al piano terra, officine meccaniche nel sotterraneo e appartamenti signorili ai piani superiori. Si sviluppa per cinque piani fuori terra con un grande cortile centrale situato al primo piano sulla copertura del garage stesso, utilizzato come terrazza. I prospetti esterni sono composti secondo lo schema più volte sperimentato dal Dabbeni. Si tratta di fasce sovrapposte che riprendono la partizione classica: il basamento in bugnato liscio (piano terra e primo piano), il corpo dell’edificio (secondo e terzo piano) suddiviso da lesene giganti e il coronamento che si contraddistingue per un elemento unico in tutta Brescia (l’originale cornicione a volta rovesciata e aggettante che sottende archi a tutto sesto con balaustre formate da colonnine di cemento). Il carattere monumentale dell’intero edificio deriva dalla magnifica facciata concava che si affaccia sul piazzale ad ovest dove tutto assume proporzioni gigantesche: il portone, alto due piani, d’ingresso al garage è sormontato dal volume convesso del balcone porticato con due colonne dell’ordine gigante. Esse sorreggono un’altana coronata da un timpano che si eleva sopra il volume di tutto l’edificio. Tutti gli appartamenti sono studiati per raggiungere il massimo livello di comfort e funzionalità: hanno stanze molto ampie e ben illuminate, doppio affaccio, impianto centrale di riscaldamento con termosifoni e una stanza per la domestica con relativi servizi igienici.
Itinerari
55
11. I due edifici si affacciano ad est, sulla zona del centro interessata dall’intervento di piazza della Vittoria, realizzato da Marcello Piacentini a partire dal 1930. L’architetto aveva redatto un piano di massima nel quale erano indicati i volumi, le altezze massime degli edifici, le zone destinate a gallerie e passaggi coperti. Per quanto riguarda l’Albergo Vittoria, che sarebbe diventato l’albergo più prestigioso di tutta Brescia, l’intervento di Dabbeni si limitò alla sola distribuzione interna. Il piano terra è occupato per quasi la metà da una spaziosa galleria – che corre lungo tutto il fronte su strada attraversando l’intero isolato – sulla quale si affacciano, oltre all’ingresso dell’albergo, un ristorante, una pasticceria ed un caffè, mentre ai quattro piani superiori si trovano le 64 camere, ognuna con bagno, quattro saloni e l’appartamento del direttore. Il Palazzo delle Industrie bresciane è situato nel lotto dell’angolo nord-est di piazza della Vittoria, a fianco del Palazzo delle Poste. L’edificio si sviluppa per tre piani sopra le Sale commerciali e con il suo volume crea una corte con un’ampia terrazza centrale che le illumina attraverso un grande lucernario. I prospetti furono disegnati da Dabbeni, sotto lo stretto controllo di Piacentini, soprattutto per quanto riguarda la facciata verso piazza della Vittoria che risulta priva del coronamento e si uniforma al disegno generale della piazza. La facciata verso via X Giornate è scandita da sei grosse colonne aggettanti alte due piani, tra le quali si aprono le porte delle Sale commerciali sovrastate da cinque bassorilievi.
12. L’imponente Palazzo Togni sorge ai margini del centro storico, nel luogo dove si trovava il bastione di S. Nazzaro, all’incrocio tra due strade. Dabbeni concepì il palazzo come un blocco monolitico, inattaccabile, a base trapezoidale e senza alcuna sporgenza, che si innalza per sei piani fuori terra. Il rivestimento in bugnato rustico è esteso a tutto il prospetto: la pietra bianca ricopre l’edificio in tutta la sua altezza, senza nessuna modulazione, con l’apparato decorativo ridotto al minimo. L’ingresso principale risulta ancora più austero in quanto è preceduto da un portale in porfido nero di Darfo formato da due grandi pilastri a base quadrata sporgenti dal piano della facciata. Il suo volume complessivo è formato da un blocco compatto di quattro piani sormontato da un blocco più piccolo di due piani che risultano arretrati sui tre fronti che si affacciano su strada. In questo modo dalla via si ha la sensazione che il fabbricato sia alto solo 18 m, contro l’altezza reale di 27,50 metri. I due piani superiori sono ancora rivestiti in bugnato rustico e il prospetto che si affaccia verso il piazzale è risolto con un loggiato dell’ordine gigante con quattro pilastri scanalati in cemento. Il coronamento è costituito dal cornicione sormontato da una fascia muraria alta due metri, anch’essa rivestita da blocchi di pietra grezza, che nasconde il tetto a falde. La pianta dell’edificio è simmetrica, impostata sull’asse dell’angolo formato dalle due strade; si creano così due corpi di fabbrica identici organizzati secondo un corridoio centrale; nella testa dell’edificio che s’impone sul piazzale, è collocato l’ingresso principale con lo scalone che conduce al primo piano.
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno 2000 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio 1390 1387,59 1393,87 1430 1430,28 1435,31 1460 1462,93 1467,96 1500 1501,86 1504,37
Marzo
Aprile
Maggio Giugno Luglio 1400 1410 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1440 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1480 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1510 1511,91 1513,16 1514,42 1518,19
1397,63 1436,56 1470 1471,72 1509,4
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2000
56
2001 2002
Indici e tassi
2003
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio 480 480,23 482,40 483,70 484,14 485,44 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 520 519,78 520,64 522,38 523,25 523,69
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 1420 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1450 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1490 1484,28 1486,79 1490,56 1494,33 1495,58 1520 1520,7
novembre 1978: base 100 Giugno
dicembre 1978:100,72
Luglio
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 490 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 512,39 512,82 513,69 514,56 515,86 517,17 517,6 524,12 525,43 526,29
3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)
anno 1995: base 100
Anno
Gennaio Febbraio
Giugno
2001 2002 2003
109,30 109,69 109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 111,80 112,18 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91 114,2 114,29 114,77 114,97 115,35 115,54 115,64 115,73 116,02 116,21
Marzo
Aprile
Maggio
Luglio
giugno 1996: 104,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
dicembre 2000: 113,4
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
100,44 100,79 100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 102,73 103,08 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67 104,93 105,02 105,46 105,64 105,99 106,17 106,26 106,34 106,61 106,79
4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
gennaio 1999: 108,2
Anno
Gennaio Febbraio
2001 2002 2003
105,26 105,63 105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 107,67 108,04 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7 109,98 110,07 110,53 110,72 111,09 111,27 111,36 111,46 111,73 111,92
5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
anno 2001: base 100
gennaio 2001: 110,5
2001 2002 2003 103,07 105,42 108,23
6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
Luglio
anno 1999: base 100
anno 1995: base 100
1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08
7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51
novembre 1995: 110,6
1999 2000 2001 2002 2003 111,52 113,89 117,39 120,07 123,27 anno 1997: base 100
febbraio 1997: 105,2
2001 2002 2003 108,65 111,12 113,87
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.
Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.
della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U.
8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003
3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%
Con riferimento all'art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “ Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.
Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003
3,35% +7 2,85% +7
10,35% 9,85%
Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).
Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.