AL Mensile di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi
Ordini degli Architetti P.P.C. delle Province di: Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza e della Brianza, Pavia, Sondrio, Varese
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novembre 2009
Architettura e ambiente
Architettura e ambiente
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Direttore Responsabile Ferruccio Favaron Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali, Martina Landsberger, Cecilia Fumagalli Direzione e Redazione via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione@consulta-al.it Progetto grafico Gregorietti Associati Impaginazione Francesca Forte Concessionaria per la pubblicità service editoriale Action Group srl Via Londonio 22 – 20154 Milano Tel. +39 02.34.53.8338 Fax +39 02.34.93.7691 www.actiongroupeditore.com info@actiongroupeditore.com Coordinamento pubblicità Riccardo Fiorina rfiorina@actiongroupeditore.com Pubblicità Leonardo Cereda Filippo Giambelli Cesar Rodriguez Gianmarco Trenti Alessio Vassallo Stampa Grafica Editoriale Printing srl via Enrico Mattei 106 40138 Bologna Rivista mensile: Poste italiane Spa – Spedizione in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Milano Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 29200 copie In base alla documentazione postale del numero di agosto - settembre 2009 sono state postalizzate 28653 copie in Italia Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini Lombardi e 3,00) In copertina: quattroassociati, impianto di depurazione acque reflue urbane “Milano San Rocco”, 2002-04 (foto: Andrea Martiradonna) Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la Redazione di AL Chiuso in redazione: 12 novembre 2009
FORUM Architettura e ambiente interventi di Margherita Peroni, Mario Agostinelli, Cesare Salvetat, Marco Prusicki, Daniela Saviola
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OSSERVATORIO Argomenti Riletture Conversazioni Concorsi Mostre
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INFORMAZIONE Dagli Ordini Lettere e commenti
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INDICI E TASSI
11 NOVEMBRE 2009
Mensile di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Ferruccio Favaron; Past President: Giuseppe Rossi; Vice Presidenti: Giorgio Tognon, Paolo Ventura; Segretario: Sergio Cavalieri; Tesoriere: Emiliano Ambrogio Campari; Consiglieri: Achille Bonardi, Stefano Castiglioni, Angelo Monti, Biancalisa Semoli, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Paolo Belloni; Vice Presidente: Vittorio Gandolfi; Segretario: Elena Sparaco; Tesoriere: Carlos Manuel Gomes de Carvalho; Consiglieri: Stefano Baretti, Achille Bonardi, Remo Capitanio, Fabio Corna, Francesco Forcella, Arianna Foresti, Paola Frigeni, Francesca Carola Perani, Matteo Seghezzi, Marco Tomasi, Franceso Valesini (Termine del mandato: 13.7.2013) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Gianfranco Camadini; Paola Faroni, Roberto Saleri; Segretario: Laura Dalè; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Mauro Armellini, Umberto Baratto, Stefania Buila, Franco Maffeis, M. Paola Montini, Roberto Nalli, Enzo Renon, Patrizia Scamoni, Lucio Serino (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Chiara Rostagno; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Enrico Nava; Consiglieri: Angelo Avedano, Antonio Beltrame, Alessandro Cappelletti, Laura Cappelletti, Michele Pierpaoli, Andrea Pozzi, Marco F. Silva (Termine del mandato: 15.3.2010) Ordine di Cremona, tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Ambrogio Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Andrea Pandini; Tesoriere: Luigi A. Fabbri; Consiglieri: Claudio Bettinelli, Giuseppe Coti, M. Luisa Fiorentini, Antonio Lanzi, Massimo Masotti, Vincenzo Ogliari, Silvano Sanzeni (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: M. Elisabetta Ripamonti, Livio Dell’Oro; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Enrico Castelnuovo, Guido De Novellis, Carol Monticelli, Valentina Redaelli, Paolo Rughetto, Diego Toluzzo (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Laura Boriani; Tesoriere: Massimo Pavesi; Consiglieri: Paolo Camera, Simonetta Fanfani, Paola Mori, Chiara Panigatta, Guido Siviero (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Vice Presidente: Alessandro Valenti; Segretario: Alessandra Fortunati; Tesoriere: Manuela Novellini; Consiglieri: Gianni Girelli, Cristiano Guernieri, Sandro Piacentini, Enrico Rossini Alberta Stevanoni, Pietro Triolo, Sabrina Turola (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidenti: Marco Engel, Silvano Tintori; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Adalberto Del Bo, Franco De Nigris, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Giovanni Edoardo Zanaboni, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 3.12.2009) Ordine di Monza e della Brianza, tel. 039 2307447 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Presidente: Biancalisa Semoli; Segretario: Pietro Giovanni Cicardi; Tesoriere: Paolo Vaghi; Vice Segretario: Giovanna Perego; Vice Tesoriere: Federico Pella; Consiglieri: Laura Cortinovis, Angelo Dugnani, Ezio Fodri, Clara Malosio, Maria Rosa Merati, Fabiola Molteni, Roberta Oltolini, Roberto Pozzoli, Francesco Redaelli, Francesco Repishti (Termine del mandato: 1.2.2010) Ordine di Pavia, tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Aldo Lorini; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Alberto Vercesi; Consiglieri: Marco Bosi, Raffaella Fiori, Paolo Lucchiari, Luca Pagani, Gianluca Perinotto, Paolo Polloni, Andrea Vaccari (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Andrea Forni, Luca Gatti, Marco Ghilotti, Carlo Murgolo, Nicola Stefanelli (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.ordinearchitettivarese.it Presidenza: presidente.varese@awn.it Segreteria: infovarese@awn.it Presidente: Laura Gianetti; Segretario: Matteo Sacchetti; Tesoriere: Emanuele Brazzelli; Consiglieri: Luca Bertagnon, Maria Chiara Bianchi, Riccardo Blumer, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Ada Debernardi, Alberto D’Elia, Mattia Frasson, Ilaria Gorla, Carla G. Moretti, Giuseppe Speroni, Stefano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2013)
Maurizio Carones
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Ogni epoca propone precise questioni, a volte relative a particolari problemi contingenti, su cui la società intera e le varie discipline misurano le loro capacità propositive. L’architettura ha spesso saputo trasformare tali questioni in occasione per approfondite ricerche disciplinari. La città dell’Ottocento, ad esempio, ha visto profonde trasformazioni determinate, oltre che dalle istanze sociali che andavano maturando in quel periodo, anche dalle risorse della tecnica che in quegli anni si rendevano progressivamente disponibili. L’avvento di un’impiantistica diffusa a scala territoriale e urbana – acqua, gas, energia elettrica - e la costruzione delle nuove reti di trasporto hanno determinato profonde modificazioni della città ottocentesca che ha utilizzato quei problemi infrastrutturali come occasione per elaborare progetti compiutamente urbani. Esempio di ciò è il modo in cui la realizzazione delle stazioni ferroviarie è diventata spesso un reale elemento di costruzione della città. Quella città è stata il campo di sperimentazione e di applicazione dei progressi scientifici e tecnici di un’epoca, rendendosi, quasi con orgoglio, il loro luogo di esemplare manifestazione. In modo analogo il nostro tempo sta, anche se con evidente ritardo, individuando nella questione ambientale il tema prioritario che probabilmente dovrà caratterizzare il nostro futuro. Non sembra però che questa priorità sia stata ancora pienamente assunta dalle nostre città e dalle nostre discipline come epocale occasione di sperimentazione. Si ha infatti l’impressione che i temi dettati dalla “questione ambientale” siano stati accolti come occasione di impegno e ricerca soprattutto da alcuni particolari ambiti, ad esempio da quello delle discipline tecnologiche che si occupano dell’edificio e delle sue tecniche costruttive oppure da quelli che da sempre si occupano della scala del paesaggio. Ma il problema ambientale, inteso davvero come questione prioritaria della nostra epoca, richiede una più generale e trasversale attenzione. A livello urbano e territoriale, ad esempio, i temi proposti da tale questione, proprio nella loro accezione tecnica, possono portare ad interessanti approfondimenti di ricerca progettuale. I problemi che riguardano i grandi impianti che governano il delicato rapporto tra gli insediamenti e l’ambiente, per esempio, possono costituire importanti occasioni di sperimentazione disciplinare. Un impianto di depurazione delle acque reflue, un inceneritore di rifiuti, una discarica, sono temi che generano discussioni già a partire dalla scelta della loro ubicazione per le temute conseguenze sull’intorno. Anche per questa ragione sono opere che richiedono in massima misura una generale attenzione progettuale: esse devono infatti sempre poter essere riferibili ad un modo responsabile di affrontare il tema dell’equilibrio fra l’abitare e l’ambiente che deve sopportarne le conseguenze. Temi che non possono essere lasciati ad esclusive competenze tecniche ed impiantistiche e che hanno invece bisogno di un positivo rapporto con tutte le discipline architettoniche per diventare occasioni di qualità per la città e il territorio, caratterizzanti in modo esemplare un’epoca che intenda assumere la questione ambientale come realmente prioritaria.
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Nel Forum di questo numero intervengono: Margherita Peroni, Presidente della VI Commissione Ambiente e Protezione Civile di Regione Lombardia (Consiglio Regionale, Forza Italia - Il Popolo delle Libertà); Mario Agostinelli, membro della VI Commissione Ambiente e Protezione Civile di Regione Lombardia (Consiglio Regionale, Capogruppo Sinistra Unaltralombardia); Marco Prusicki, professore di Composizione architettonica presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano e progettista e coordinatore del gruppo di progettazione per il Parco della Valle della Vettabbia a Milano; Cesare Salvetat, Settore pianificazione e progettazione urbana del Comune di Milano; Daniela Saviola, partner dello studio quattroassociati, progettisti dell’impianto di depurazione acque reflue urbane “Milano San Rocco”. Ringraziamo tutti i partecipanti per la loro collaborazione.
Lombardia, una regione a misura d’ambiente di Margherita Peroni
È difficile stabilire le priorità di intervento per quanto riguarda le politiche dell’ambiente in una regione complessa come la nostra. La Lombardia è la regione dei grandi paesaggi, dei grandi parchi, delle nature mozzafiato, del ricco patrimonio storico e architettonico, ma è anche la regione della grande industria, dell’artigianato, di un’economia produttiva frizzante e vitale. Questo dualismo e la necessità di tutelare entrambi gli aspetti rendono difficile l’individuazione delle priorità. Tuttavia la priorità principale individuata da Regione Lombardia è stata la qualità della vita dei cittadini, intesa come salubrità. Non a caso i recenti e i passati provvedimenti sulla qualità dell’aria rientrano in questa logica di salubrità della vita. Ecco alcune considerazioni che hanno guidato la nostra azione e che dovranno guidare l’azione futura delle politiche regionali in tema di ambiente. Qualità dell’aria, emissioni e sostenibilità ambientale Su questo tema, al centro dell’azione, la commissione ha posto l’applicazione della direttiva 50/08/EC e la definizione di misure in attuazione della L.R. 24/06, con ulteriore impulso all’iniziativa congiunta con i soggetti pubblici e privati presenti sul territorio regionale e con le regioni del bacino padano. Questo si traduce in azioni e misure per la riduzione degli inquinanti nel rispetto delle direttive europee post Kyoto, per quanto riguarda principalmente la riduzione delle emissioni di CO2. Occhio puntato anche sull’innovazione tecnologica e sul mercato verde, rafforzando l’integrazione tra fattori economici e ambientali, per realizzare nuove forme di competitività e di crescita sostenibile, coinvolgendo le realtà presenti sul territorio. Si proseguirà con azioni per promuovere le pompe di calore
geotermiche per il condizionamento degli edifici e per gli utilizzi nei settori industriale ed agricolo, anche mediante l’accumulo di calore nel sottosuolo, con attenzione alla semplificazione amministrativa per i nuovi impianti e indicazioni di requisiti tecnici. Saranno promosse misure anticrisi che favoriscano la riduzione degli impatti ambientali e l’efficienza energetica delle imprese, in particolare della piccola media impresa, per un’economia verde. Anche nella pubblica amministrazione proseguiranno gli accordi per diffondere consumi sostenibili. Bonifica siti inquinati Il tema della bonifica è uno dei più problematici per le ricadute immediate sulla salute dei cittadini e per la percezione fortemente negativa che gli stessi dimostrano nei confronti del fenomeno. Inoltre, richiede ingenti investimenti anche di denaro pubblico. Oltre alle difficoltà finanziarie, esistono difficoltà procedurali in relazione al variegato numero di soggetti pubblici e privati coinvolti nelle varie fasi. Ma è fondamentale promuovere l’intervento da parte dei soggetti privati, snellendo queste procedure con meccanismi innovativi e dando attuazione alle disposizioni della Legge 10/2009 per superare le principali difficoltà finanziarie che vedono attualmente impegnati cospicui investimenti di denaro pubblico. Oggi nella nostra regione ci sono oltre 100 siti che andrebbero bonificati e si sono fatti molti passi avanti rispetto al passato, affrontando la tematica in maniera diversa e più moderna. Attività estrattiva e mineraria L’attività estrattiva è complessa e comporta una ferma consapevolezza degli impatti ambientali che ha sul territorio. Non solo. Questa attività rappresenta una risorsa primaria basilare per l’economia regionale. Sono due fattori che impongono la revisione delle potenzialità del settore e nel contempo spingono ad agire su più fronti per una sua più ampia valorizzazione, in un’ottica di sviluppo sostenibile. Ma deve essere un’attività che si inquadra in un’ottica di sfruttamento “sostenibile” coniugando il profilo ambientale alla tutela della risorsa specifica, alla riqualificazione ecologica del territorio mediante il recupero ambientale delle cave cessate. In questo quadro si inserisce anche la valorizzazione degli impianti estrattivi dismessi che possono diventare parchi geominerari, anche di stampo didattico e educativo. Aree protette La commissione già da tempo è impegnata nella valorizzazione del ricco patrimonio naturalistico presente in regione Lombardia. È un’azione che non può fermarsi, anzi, deve essere rilanciata, anche in vista dei progetti e delle iniziative legate all’Expo 2015. Strumenti fondamen-
Illustriamo questo numero con due progetti milanesi: il Depuratore di Nosedo (2000-03) – realizzato dall’architetto Gianni Braghieri e con le opere di inserimento ambientale a cura di Marco Prusicki – e il Depuratore di San Rocco (2002-04) – realizzato dallo studio quattroassociati (Corrado Annoni, Stefano Parodi, Michele Reginaldi, Daniela Saviola). Ringraziamo i progettisti per la gentile concessione delle immagini.
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tali per ottenere questo obiettivo sono il completamento del Piano Regionale delle Aree Protette e l’ultimazione della Rete Ecologica Regionale. Comunicazione, informazione, educazione all’ambiente Ma l’approccio equilibrato verso l’ambiente e verso lo sviluppo sostenibile richiede anche una diffusione sempre
maggiore di informazione e consapevolezza rispetto alle risorse ambientali presenti sul territorio. La creazione di una cultura della responsabilità, che si lega anche a quella dell’autoprotezione dell’uomo nel contesto ambientale, non è un fattore accessorio, che può essere lasciato solo a se stesso. Troppe volte i due cardini della Commissione che presiedo (ambiente e protezione civile) si sono intrecciati in occasione di episodi calamitosi. Ci vuole un sforzo
Depuratore di Nosedo, planimetria di progetto. Altre immagini alle pp. 8,13,14,15.
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comune, a partire dall’educazione dei giovanissimi, che leghi le tematiche della sicurezza e dell’incolumità, con quelle del rispetto ambientale.
Idee guida forti per una programmazione delle infrastrutture di Mario Agostinelli
Alcune grandi strutture tecniche – depuratori, inceneritori, discariche – sono generalmente considerate elementi indispensabili, che turbano il paesaggio e occupano suolo e il cui impatto va ridotto al minimo, dandone tuttavia per scontata la necessità in quanto “sanatori a valle” di processi inquinanti indiscutibili a monte. O, almeno, questa è l’impostazione che la Giunta lombarda ha dato a tutta la programmazione di grandi infrastrutture a destinazione ambientale poste a parziale risanamento di processi di espansione quantitativa mai messi in discussione, o a interventi di approvvigionamen-
to di risorse pregiate (come il materiale di cava) necessari all’urbanizzazione e alla mobilità. Un’impostazione che insiste in una prospettiva di crescita slegata dalla qualità, a cui anche l’inquinamento e il suo trattamento e lo stesso consumo di suolo offrono un contributo e l’occasione per espandere l’attività economica. Parto da questa constatazione perché, per l’intera legislatura regionale cui ho partecipato, tutta l’attività in Commissione Ambiente è stata segnata da un confronto aspro in cui l’opposizione – ed il mio gruppo per quanto ne rispondo – ha spostato a monte il “fuoco” dei problemi da affrontare. Con scarsi risultati, visto che, ad esempio, i piani cave provinciali approvati in Regione non sono stati sottomessi alle procedure di Valutazione Ambientale Strategica richiesti dalla UE e che le distanze minime di sicurezza e tutela ambientale delle discariche e degli inceneritori sono state annullate con colpi di mano degli assessori competenti anche contro i compromessi raggiunti in commissione. Prima quindi di illustrare un qual-
Depuratore di S. Rocco, planimetria di progetto. Altre immagini alle pp. 9,10-11,16,17 (foto di Andrea Martiradonna).
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che cenno di programmazione, che certamente è nelle intenzioni della Giunta sia per il degrado raggiunto dal territorio lombardo sia per l’enorme giro di affari che si addensa su cave, rifiuti e depurazione, occorre ragionare innanzitutto su “quale” programmazione occorra. E stabilire per di più verso quali vincoli e obiettivi – scelti e discussi in un rapporto con il territorio e i suoi rappresentanti democraticamente indicati dalla politica, dalla società, dal mondo professionale e della cultura – sia utile spostare la discussione. Oggi escludo che esista una programmazione regionale nel senso più ampio, istruita con criteri omogenei, con un’integrazione fra le differenti specificità delle città e delle province. Posso testimoniare, ad esempio, che sui territori di Cremona e di Brescia si sono addensate richieste e concessioni di cave, discariche e inceneritori, legate più alla minore resistenza incontrata alla localizzazione o alla maggiore presenza di interessi privati già consolidati, che ad una previsione di morfologie di terreni adatte o
di sistemi urbani predisponibili all’insediamento. Il contrario di quanto ho visto realizzare in Germania, dove le localizzazioni vengono sottoposte a formidabili ed estesi processi di confronto anche extraterritoriale e ad adattamenti delle tecnologie più appropriate sulla base delle specificità e delle risorse locali. Qui in Lombardia, invece, si ripete quanto già avvenuto per le centrali elettriche, sempre potenziate e duplicate laddove preesistevano e, quindi, trovavano meno resistenza (v. il Lodigiano, l’asta Po mantovana, il confine piacentino). Nella mia esperienza di ormai cinque anni, non ho potuto apprezzare l’associazione di una programmazione di anticipo per ridurre la necessità di ricorrere a grandi impianti, così come non ho riscontrato, da parte di chi amministra, un’autentica prevenzione paesaggistica di fronte alle ferite inferte dai cavatori. Ad esempio, i depuratori raccolgono quantità di acque indistinte e non trattate né separate all’origine per usi e destinazioni; gli inceneritori non vanno in funzione solo per la frazione
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residuale dopo una rigorosa differenziazione dei rifiuti; le bonifiche delle cave non passano da una restituzione al paesaggio di una sua fisionomia elaborata col consenso delle popolazioni locali; i bilanci e le eventuali produzioni di energia associati alle infrastrutture in costruzione non sono integrati con le previsioni di risparmio e di sostenibilità dell’urbanizzazione in corso. In definitiva, anziché parlare di singole realizzazioni – peraltro piuttosto carenti – ho voluto accennare qui preliminarmente a questioni di metodo e di approccio, che non sono indifferenti né alle scelte di programmazione, né ai risultati. Proprio da una partecipazione a più voci, a partire da chi, come gli architetti e gli urbanisti, si occupa anche professionalmente di territorio, è possibile reimpostare il discorso del rapporto tra suolo, urbanistica, infrastrutture e paesaggio, decisivo in una regione con una superficie urbanizzata pro capite di 310 mq per abitante. Così, per non offrire solo valutazioni problematiche, concludo con l’accenno a un risultato positivo ottenuto con il concorso di tutti i soggetti interessati. Si tratta della cava Holchim
di Travedona-Monate: l’escavazione prevista e concessa dal piano cave della Provincia di Varese avrebbe comportato l’abbattimento del crinale pluviale che consente il filtraggio delle acque dal Lago Maggiore a quello di Varese. Un’azione convergente di tutta la Commissione Ambiente regionale, dei sindaci locali, delle associazioni del territorio e dei geologi e degli architetti interpellati dalle amministrazioni, ha invece consentito, contrastando gli interessi privati di una grande multinazionale del cemento, di mutare il profilo dell’escavazione e di salvaguardare l’ambiente naturale e il paesaggio collinare, mantenendo così anche per le prossime generazioni un patrimonio irrinunciabile ed un bene comune.
Depuratori di Milano: una presenza strategica per la riqualificazione del territorio di Cesare Salvetat
La realizzazione dei depuratori ha offerto l’occasione per dimostrare come la città di Milano, tradizionalmente sede
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di una delle più evolute civiltà idrauliche di tutti i tempi, sia stata in grado di affrontare la situazione di grave ritardo e di emergenza in cui per vari motivi si è venuta a trovare, con un intervento esemplare sia per la rapidità di esecuzione, sia per la qualità del servizio reso, sia per l’attenzione posta al rapporto con l’ambiente, con il paesaggio e con la cittadinanza. Tra i motivi di tale ritardo non va dimenticata l’opposizione manifestata dai cittadini nei confronti non solo dei depuratori ma degli impianti tecnologici in genere, che in effetti, in molti casi, hanno deturpato i luoghi dove sono stati inseriti. La realizzazione dei poli depurativi di Milano (Nosedo, Milano S. Rocco e l’ampliamento di Peschiera Borromeo) ha consentito, invece, di dimostrare come anche grandi impianti tecnici urbani possano divenire oggetto di apprezzamento e di riqualificazione ambientale e come sia possibile conciliare efficienza funzionale e valore estetico, come testimoniato anche dai diversi servizi dedicati ai depuratori di Milano, pubblicati su riviste specializzate
in architettura e design a diffusione nazionale ed internazionale. Per la qualità estetica del depuratore Milano S. Rocco il Comune di Milano ha vinto il Premio Internazionale Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura 2005-06. La presenza all’interno delle strutture di locali e di spazi capienti riservati alla comunicazione e alla didattica fanno di questi impianti dei punti di riferimento non solo per la ricerca specialistica e il trattamento di argomenti di tipo scientifico, ma anche luoghi adeguatamente attrezzati per l’organizzazione di eventi e occasioni di incontro per gli abitanti dei vicini quartieri residenziali. La qualità architettonica degli impianti, il contenimento degli odori, la creazione di aree a parco in parte aperte alla libera fruizione, il fatto che gli stessi impianti siano divenuti oggetto di visita da parte di numerosi estimatori, oltre a garantire un’elevata qualità degli ambienti di lavoro, salvaguardando dignità e salute di quanti vi lavorano, incentivano iniziative volte alla riqualificazione complessiva delle aree circostanti, spesso promosse sponta-
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neamente degli stessi cittadini. Con la realizzazione dei depuratori, infatti, è stato avviato un processo senza precedenti di valorizzazione del contesto agricolo in cui i tre poli depurativi ricadono, attraverso la ricostruzione di una serie di elementi identitari del paesaggio tradizionale (filari a bordo roggia, aree boscate in prossimità di ambiti vallivi, nuove rogge, zone umide e specchi d’acqua, ripristino di antichi prati marcitori, piantagioni di alberi da frutta in via di estinzione, ecc.), reinterpretati in chiave ecologica, naturalistica e fruitiva. Non è raro imbattersi, durante l’estate, in qualche manifestazione che coinvolga le aree ricadenti all’interno e/o all’intorno dei depuratori, come cacce al tesoro, corse campestri, visite didattiche, pic-nic a pochi passi dalle strutture un tempo temute. Proprio in relazione a tali risultati, il Comune di Milano è risultato vincitore del 1° Premio ex-aequo al concorso indetto nel 2007 dalla Provincia di Milano “Città di Città” - categoria “Buone pratiche” – per il progetto “Costruire una comunità per mettere in opera il Parco della Vettabbia”, finalizzato al coinvolgimento dei cittadini nell’uso virtuoso degli spazi pubblici circostanti il depuratore di Nosedo. Grazie alla loro particolare localizzazione, prossima ad ambiti rurali di notevole valore paesaggistico (almeno due in prossimità di importanti abbazie cistercensi come quella di Chiaravalle e di Mirasole), le aree sistemate all’intorno dei tre impianti si configurano come tra i più principali ingressi al Parco Sud dalle zone residenziali del sud Milano. Durante il periodo irriguo il 100% delle acque depurate viene riutilizzato in agricoltura: questo garantisce un importante contributo al mantenimento dell’agricoltura e del verde a ridosso di uno degli ambiti metropolitani più congestionati d’Europa. Le aree circostanti il depuratore di Nosedo, già sistemate a parco a mitigazione/compensazione ambientale del depuratore (c.a 15 ettari all’esterno delle aree di pertinenza), sono state riqualificate mediante la realizzazione di differenti tipologie di aree boscate (c.a 10 ettari complessivi tra arbusteto, fasce riparali e bosco planiziale), la ricostruzione di una roggia preesistente secondo criteri di ingegneria naturalistica, uno specchio d’acqua alimentato con acque depurate, filari alberati (c.a 3 km) ed una tratta di percorso ciclopedonale tra Nosedo e Chiaravalle (c.a 2 km) all’interno delle aree agricole antistanti l’Abbazia. In totale sono state posate c.a 15.000 nuove piante (arbusti compresi). Il progetto di “area vasta”, di prossima attuazione, prevede l’ampliamento del parco pubblico, denominato per l’appunto “Parco Agricolo Urbano della Vettabbia”, di ulteriori 100 ettari. Tale progetto è risultato vincitore del Premio internazionale per il Paesaggio “Pays.doc - Buone Pratiche per il Paesaggio” – categoria A (Piani, programmi e progetti) – 2a edizione, Siviglia 2007. Il premio
è stato attribuito per il valore estetico ed artistico, l’esemplarità, il valore sociale e la dimensione ecologica degli interventi contemplati. I medesimi criteri di inserimento ambientale sono stati applicati in corrispondenza del depuratore Milano S. Rocco, anche se su una superficie inferiore (c.a 30 ettari), in funzione anche delle più contenute dimensioni dell’impianto, ove si è provveduto comunque alla ricostruzione di alcuni chilometri di corsi d’acqua e di filari alberati a bordo roggia (c.a 5 km), oltre alla sistemazione di alcuni ettari di aree boscate (c.a 4 ettari), per un totale di oltre 5.000 nuove piante (arbusti compresi).
Il progetto del Parco della Valle della Vettabbia di Marco Prusicki
L’avventura è iniziata dieci anni fa, quando il Ministero dell’Ambiente, approvando il progetto definitivo del depuratore di Nosedo, aveva formulato una serie di prescrizioni alle opere di mitigazione e compensazione allora previste. Si richiedeva soprattutto di rendere più efficaci gli interventi di riconnessione dei corsi d’acqua interrotti o deviati applicando ad un caso concreto, di scala locale, la strategia messa a punto negli studi regionali di quegli anni per la riqualificazione paesistica e ambientale dell’intero bacino Lambro-Olona (1). Detto con uno slogan, divenuto poi una sorta di parola d’ordine, si proponeva di restituire i corsi d’acqua al territorio e il territorio ai corsi d’acqua. Cosa facile da dire, ma piuttosto difficile da fare, per di più in un’area estremamente delicata e complessa, in uno dei luoghi più densi di valori del Sud Milano, come è stato ben dimostrato dal lungo e complicato processo che ne è conseguito. Si trattava di infondere linfa architettonica alla matrice sostanzialmente ambientale dell’intervento, di ragionare sull’evidente incongruenza di scala tra la massa molto consistente e invasiva dei nuovi impianti e la fragilità del paesaggio storico entro il quale essi si andavano a collocare, di operare sulle profonde trasformazioni che la costruzione del depuratore stava determinando nei suoi elementi costitutivi (tracciati d’acqua e di terra, manufatti, filari di alberature, campi agricoli); insomma di prendersi cura di quelle “immense fatiche”, esito dei molti progetti stratificatisi nell’area, in un quadro di sostanziale debolezza e incertezza di strumenti. Gli interventi riguardavano in primo luogo le aree di esproprio interessate dai lavori ma necessariamente anche un ambito di area vasta i cui confini non erano stati stabiliti. Non era indicato uno specifico programma funzionale. Non erano previsti finanziamenti aggiuntivi. Il primo problema era dunque quello di precisare la natura stessa del progetto. La complessità degli intenti e l’indeterminatezza dei mezzi a disposizione
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doveva essere agita fin dall’inizio come opportunità per definire la sua concezione. Una concezione che ha preso corpo strada facendo, basandosi proprio su una minuziosa lettura di quel paesaggio martoriato. Paesaggio costruito attorno alla Vettabbia, elemento primario della struttura del basso milanese, quel flumen mediolanensis che la tradizione vuole anticamente navigabile, ragione insediativa dei complessi abbaziali di Chiaravalle Milanese e di Viboldone, e, poi, vera e propria spina dorsale delle loro amplissime possessioni. Paesaggio straordinario, che dopo un periodo di relativa stabilità, si stava rapidamente spegnendo, colpito con violenza da una serie di progetti settoriali indifferenti ai suoi caratteri, all’armonia della sua forma unitaria, conquistata in duemila anni di storia. La riscoperta della Valle della Vettabbia, una valle dimenticata e quasi ormai del tutto cancellata, è stato dunque il primo atto fondamentale, posto alla base delle scelte progettuali; e insieme alla Valle, di nuovo protagonista, il riconoscimento della necessità di riaffermare la centralità
dell’Abbazia e del suo borgo ristabilendo le loro relazioni con il territorio. Ma, non era sufficiente. Era necessario accettare le trasformazioni determinate dai nuovi interventi come una condizione ormai ineludibile, e riconoscerne le potenzialità; cambiare il punto di vista, considerare il polo depurativo non come un elemento estraneo, da nascondere, da “mitigare”, ma come un elemento fondamentale per la ricostituzione del sistema vallivo e costruire attorno a questo un nuovo paesaggio, capace di esprimere la forza di questo evento epocale, la restituzione di acque pulite al territorio, di ritrovare e ridefinire la sua identità proprio cogliendo e valorizzando le opportunità offerte dalle sue trasformazioni più recenti, oltreché dal suo patrimonio di antica formazione. Così, il progetto non è stato pensato come semplice risposta alle esigenze di mitigazione dei prevedibili impatti negativi dell’impianto depurativo, ma come una fondamentale risorsa capace di innescare e diffondere nuovamente un efficace processo di riqualificazione ambientale e paesistica dell’intera valle proprio
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a partire dal suo antico cuore pulsante. Si è inteso fare del depuratore una nuova “sorgente di paesaggio”: dare forma ad un vero e proprio laboratorio per la rinascita dell’ambito vallivo, dove sperimentare e verificare compatibilità e sinergie tra obiettivi ed elementi di natura fortemente eterogenea creando una sorta di parco pubblico a preminente carattere agricolo, un vasto ecosistema agro-forestale legato soprattutto alla rigenerazione delle acque, un luogo fondamentale del sistema fruitivo, culturale e didattico del Sud Milano, che ha finalmente trovato un nome (Parco della Valle della Vettabbia), una misura (oltre 100 ettari) e, persino, nuove fonti di finanziamento (Comune di Milano, Regione Lombardia e Fondazione Cariplo), necessarie per il completamento di tutte le opere progettate. Note 1. AA.VV, Bonifica, riconversione e valorizzazione ambientale del bacino dei fiumi Lambro, Seveso e Olona. Linee
orientative per un progetto integrato, “Urbanistica Quaderni”, n. 2, 1995.
Paesaggio agricolo e architetture tecnologiche di Daniela Saviola
L’inserimento di un manufatto complesso, un impianto tecnologico di grandi dimensioni, in un territorio agricolo oramai integrato nella realtà insediativa urbana, quale ad esempio la pianura irigua attorno a Milano, comporta delle riflessioni sulla natura delle relazioni e sulle modifiche che esso apporterà nel contesto specifico. Sono proprio questi “interventi necessari” nati per rispondere a necessità energetiche, ecologiche, ambientali, a misurare la qualità dello sviluppo della città futura, pertanto essi non possono essere concepiti solamente come frammenti tecnologici privi di una logica qualitativa nei confronti della costruzione significativa del territorio.
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Bisogna riconoscere nelle complesse qualità che costituiscono l’identità di ogni spazio fisico la materia prima per l’attività progettuale, così da tradurre i nuovi scopi in una forte identità architettonica dei luoghi. Occorre valutare attentamente il contesto dell’area specifica su cui si va a intervenire per meglio cogliere ciò che la caratterizza, quale identità la connota nel territorio, consapevoli che ogni intervento di modificazione dell’esistente dovrà dialogare con esso per costruire una nuova condizione che valorizzi il luogo stesso. In questo senso, l’intervento posto solo in termini tecnologici non riscatta la qualità culturale del luogo specifico, in quanto la tecnologia, per propria natura, non può fare altro che ripetersi e rinnovarsi continuamente all’interno delle sue logiche costitutive e il più delle volte esclude il concetto di interrelazione con gli aspetti e i caratteri del contesto. Aspetti particolari che hanno determinato nel tempo l’identità di un territorio e che, nel caso specifico
della campagna lombarda coincidono con il paesaggio della pianura irrigua, la cui rete idrografica superficiale è uno dei suoi principali aspetti. Storicamente la cura nella progettazione e realizzazione delle opere idrauliche investivano il territorio nella sua totalità, dalle opere di bonifica fino alle chiuse, livelle, ponti e argini. La lunga costruzione nel tempo di questo paesaggio dovrebbe far capire la ricchezza culturale che rappresenta ogni singola traccia presente su questo territorio. Del paesaggio agricolo è interessante la logica insediativa degli organismi edilizi e i materiali utilizzati per la loro costruzione per il valore di immagine unitaria che ci restituiscono. La loro organizzazione planimetrica, orientata solitamente secondo le tracce dei campi, colloca gli edifici quasi sempre sul confine, a costituire la delimitazione del luogo produttivo. È interessante questa organizzazione perché chiarisce le relazioni fra interno ed esterno, fra luogo di
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trasformazione del prodotto e luogo di produzione. La congruità di un impianto tecnologico nel paesaggio può essere chiarita anche attraverso una formalizzazione architettonica che fissi le regole e le gerarchie fra le parti in una sintesi complessiva di immagine che superi l’evento direttamente espressivo della macchina per essere regolata su ciò che in questo caso specifico può rappresentare il valore del luogo. Non sono solo le scelte di natura planimetrica, ma anche quelle di natura volumetrica e materica che chiariscono l’appartenenza ad un contesto. La massa complessiva può essere modellata in modo da evidenziare le componenti costitutive, i processi di produzione, controllando, di ogni fronte, il rapporto di scala dimensionale con gli spazi aperti. Le diverse componenti edilizie che articolano un impianto tecnologico dovrebbero essere organizzate in modo da non generare spazi di risulta, così da far corrispondere ai volumi edilizi principali un’articolazione delle aree di sup-
porto esterne articolate in spazi morfologicamente compiuti, delimitati e riconoscibili. Alla percezione simultanea di tutto il volume dell’impianto è preferibile far cogliere degli scorci per ristabilire il rapporto di scala fra le parti centrali e quelle periferiche. È importante l’individuazione dei punti di vista principali, a che distanza essi collocano l’osservatore dall’impianto e rispetto a quali fondali esistenti interagiscono le nuove presenze nella ridefinizione del paesaggio. In un’ottica di tutela del paesaggio, nel rispetto e in accordo con gli obiettivi perseguiti dagli enti preposti al Governo del Territorio, la realizzazione di un impianto tecnologico complesso dovrebbe risultare anche una opportunità per lo sviluppo economico ed occupazionale che essa può indurre, pertanto, per tutelare il paesaggio occorre attivare un dialogo costruttivo con l’intervento che lo va a modificare affinché si possa assicurare uno sviluppo durevole e sostenibile, per una salvaguardia attiva del territorio.
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Brescia a cura di Rosanna Corini, Roberto Saleri, Paola Tonelli
Presentiamo qui, attraverso la relazione illustrativa del progettista, il tema del recupero ambientale della ex cava Corna Rossa a Rezzato. Il progetto affronta non solo il problema del riuso di un’area, che l’attivitĂ estrattiva ha fortemente modificato, ma anche quello del recupero del materiale di scarto della lavorazione del marmo estratto, che ritorna a rimodellare il luogo da cui proviene, chiudendo in modo “sostenibileâ€? il ciclo produttivo.
Riqualificazione ambientale e paesaggistica di cava Corna Rossa )L PROGETTO DI RECUPERO AMBIENTALE DELL EX CAVA #ORNA 2OSSA PARTE DALLA NECESSITĂŒ DELL AMMINISTRAZIONE DI RECUPERARE UN AREA A lNI PUBBLICI NELL AMBITO DI UN PIĂĄ AMPIO programma di valorizzazione del distretto e delle culture locali andando incontro cosĂŹ alla definizione del concetto di sostenibilitĂ secondo la definizione enunciata nel 1987 DALLA 7ORLD #OMMISSION ON %NVIRONMENT AND $EVELOPMENT 7#%$ h,O 3VILUPPO SOSTENIBILE Ă’ UNO SVILUPPO che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilitĂ che le generazioni future riescano a soddisfare i propriâ€?. Il bacino in questione è situato alla partenza della Valle DI 6IRLE ED Ă’ L INIZIO DI UN SISTEMA AMBIENTALE ETEROGENEO che alterna ad un territorio naturale, attivitĂ estrattive in parte dismesse. ,A PRESENZA DI MANUFATTI STORICI ANCHE DI PREGEVOLE FATTUra dichiara la vocazione del comprensorio a strumento di DIVULGAZIONE DELLA CULTURA MATERIALE DEL LUOGO #AVA #ORnarossa diverrebbe cosĂŹ il punto di partenza di un sistema museale a cielo aperto oltre che punto di conoscenza e diffusione del territorio. GiĂ nel passato parte della cava è stata utilizzata per manifestazioni pubbliche. All utilizzo ormai da lungo tempo di alcune pareti per la palestra di roccia si sono aggiunte IN ANNI PIĂĄ RECENTI PROIEZIONI CINEMATOGRAlCHE E CONCERTI Questa nuova vita ha messo in evidenza il ruolo che uno spazio come questo può avere in ambito pubblico. Aiutano questa trasformazione alcuni fattori favorevoli come la vicinanza con il centro abitato o la possibilitĂ di sfruttare aree limitrofe a parcheggio, oltre che la dimensione partiCOLARMENTE ADATTA A SPETTACOLI ALL ARIA APERTA )L LAVORO DI RECUPERO SVOLTO CON L AUSILIO DEL #ONSORZIO Marmisti Bresciani e con lo studio Mossi Savoldi, somMA AI PRECEDENTI PUNTI L ESIGENZA DI COLLOCARE ALL INTERNO DELL AREA FANGHI DI LAVORAZIONE lLTRO PRESSATI 1UESTA OPportunitĂ aumenta la potenzialitĂ del sito configurando
Planimetria di progetto.
Modello.
un nuovo scenario: rimodellare la massa da riportare determinando una nuova morfologia che innanzitutto mira a ricucire il vuoto attuale con il contesto ambientale riproporzionando il rapporto tra i pieni e i vuoti. Il lavoro progettuale svolto da Paesaggi Straordinari è stato proprio questo. Partendo da una massa data, circa 53.000 metri cubi, per mezzo di allineamenti planialtimetrici e di triangolazioni (necessarie in una orografia di questo tipo) si è raggiunto un disegno che ri-configura lo spazio determinando due aree pertinenziali: s LA PRIMA VALORIZZA LA PALESTRA DI ROCCIA IN GESTIONE ALL ASSOCIAZIONE @5GOLINI DETERMINANDO UNA PLATEA INCLINATA che funge da piano di osservazione e quindi utile alla scuola di arrampicata; s LA SECONDA SI DISTINGUE PER PROPORZIONI E ORIENTAMENTO dalla precedente e sarà uno spazio pubblico polifunzionale che potrà accogliere manifestazioni di vario tipo ed
Simulazione fotografica dell’intervento.
accogliere aree di servizio alla cittadinanza quali sedute e spazi di sosta. Questa parte si caratterizza per la presenza di una fascia in piano e sarà trattata con terra stabilizZATA AVRÌ L IMPORTANTE RUOLO DI BARICENTRO DOVE VERRANNO INSTALLATI I MEZZI D OPERA FUNZIONALI ALLE MANIFESTAZIONI palco, schermo, ecc. 3I ACCEDE A QUESTI DUE SETTORI TRAMITE L UNICO VARCO CHE INSISTE SULLA STRADA COMUNALE ,A SCELTA DI UN UNICO ACCESSO NASCE DALLA VOLONTÌ DI RILEGGERE L ORIGINARIA CONFORmazione del territorio facendo cogliere al fruitore il confine ORMAI SFRANGIATO IN CORRISPONDENZA DELL UNICA PRESENZA stradale. Un piccolo parcheggio posto a sud serve da SUPPORTO ALL ATTIVITÌ SPORTIVA E AI MEZZI PUBBLICI Una piattaforma verde distanzia la parete di roccia verticale di recente formazione dallo spazio pubblico. Questa scelta nasce dalla volontà di allontanare le persone da POSSIBILI CADUTE DI MATERIALE ROCCIOSO MA HA ANCHE L IMportante ruolo di giardino/bosco, un filtro naturale legato ALLE SPECIlCITÌ DEL LUOGO ATTRAVERSO L UTILIZZO DI ESSENZE autoctone. Il progetto è stato selezionato nel 2008 per il 4ERZO &ESTIVAL DELL ARCHITETTURA DI ,ONDRA NELL AMBITO DELLA MOSTRA h3USTAINAB )TALY #ONTEMPORARY ECOLOGIES %NERGIES FOR )TALIAN ARCHITECTUREv E NEL A /SLO IN h5NPLUGGED )TALY ITALIAN ARCHITECTURE IN /SLOv PRESSO 4HE .ATIONAL -USEUM OF !RT !RCHITECTURE AND $ESIGN E PRESENTATO ALLA h3ETTIMANA DELLA BIOARCHITETTURA E DELLA DOMOTICAv DI -ODENA NEL E NEL AGLI INCONTRI h3OSTENIBILITÌ OLTRE LA NORMAv ORGANIZZATO DALLA #OMMISSIONE %NERGIA E 3OSTENIBILITÌ DELL /RDINE !RCHITETTI 0IANIlCATORI 0AESAGGISTI E #ONSERVATORI DELLA 0ROVINCIA DI "RESCIA )L LAVORO Ò STATO PROMOSSO DALL !SSESSORATO ALL %COLOGIA
!MBIENTE E #AVE DEL #OMUNE DI 2EZZATO NELL AMBITO delle iniziative legate al Master Paesaggi Straordinari e curato dai proff. arch.tti Paolo Mestriner - Studioazero, "RESCIA ED %LISABETTA "IANCHESSI 4RANSIT -ILANO Paolo Mestriner
Como a cura di Roberta Fasola
Termovalorizzatore de La Guzza 1UALITÌ INNOVAZIONE AMBIENTE , IMPIANTO DE ,A 'UZZA INCARNA I VALORI DEL GRUPPO !#3- !'!- LA SOCIETÌ SORTA dalla fusione fra le multiutilities DI #OMO E DI -ONZA DI cui è socio industriale A2A, operando in totale sintonia CON LE POLITICHE DI ATTENZIONE ALL AMBIENTE PROMOSSE DALLE Pubbliche Amministrazioni. Il termovalorizzatore era, ed è, una delle principali leve di sviluppo del gruppo: la struttura rappresenta un esempio di energia sostenibile, poiché mentre assolve ad una necessità imprescindibile (la distruzione dei rifiuti) realizza ulteriori benefici (produce energia elettrica e termica) a VANTAGGIO DELL AZIENDA STESSA E DEL TERRITORIO , IMPIANTO TRASFORMA UN BISOGNO IN UN OPPORTUNITÌ E LE comunità locali possono contare su un impianto virtuoso e sicuro, in grado di funzionare automaticamente con una gestione centralizzata della sala di controllo. #OMO Ò STATA DOTATA lN DAL DI UN FORNO D INCENErimento, provvisto di due linee per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nonché dei rifiuti ospedalieri, trattati mediante incenerimento a terra: la prima linea, entrata IN FUNZIONE NEL Ò STATA TRASFORMATA ED ADEGUATA PIá VOLTE PER RISPONDERE SEMPRE MEGLIO ALLE DISPOSIZIONI autorizzative e legislative, volte a contenere e controllare LE EMISSIONI LIQUIDE E GASSOSE ENTRO LIMITI SEMPRE PIá RISTRETTI PER LA DIFESA DELL AMBIENTE Per sostenere le accresciute esigenze della città e della provincia nel 1997 è stata attivata la seconda linea di combustione che ha portato la capacità di smaltimento DELL IMPIANTO A MILA TONNELLATE L ANNO
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L’impianto de La Guzza: il forno.
$AL L ENERGIA TERMICA DERIVANTE DALLA COMBUSTIONE DEI RIlUTI Ò UTILIZZATA PER SURRISCALDARE L ACQUA IN UNA CALdaia a circolazione naturale dove viene prodotto il vapore surriscaldato che aziona la turbina e un sistema di teleRISCALDAMENTO ,A TURBINA METTE IN MOTO UN ALTERNATORE che produce energia elettrica o fornisce calore alla rete di teleriscaldamento cittadino. Recentemente è stata completata la ristrutturazione della PIá VECCHIA DELLE LINEE DI COMBUSTIONE DEL TERMOVALORIZZATORE DI #OMO LA CAPACITÌ DI SMALTIMENTO DELL IMPIANTO Ò COSÖ CRESCIUTA ALLE MILA TONNELLATE L ANNO OLTRE LA metà dei rifiuti solidi urbani della provincia), con la possiBILITÌ DI PRODURRE lNO A MILA -7H DI ENERGIA L ANNO NEL 2004 sono così iniziati i lavori di installazione del nuovo siSTEMA DI TRATTAMENTO DEI FUMI CHE VA A COMPLETARE L ESIstente; dal 2005, lo stesso è dotato di un nuovo sistema di monitoraggio delle emissioni (Sme) per ottemperare al controllo in continuo delle emissioni in atmosfera. È stato, inoltre, previsto un sistema di analisi alternativo ed identico, normalmente in funzione per il controllo a valle del processo di depurazione fumi della linea 1, da utilizzare con funzione di back-up in caso di fuori servizio del sistema a camino. A testimonianza del continuo impegno profuso nel corso DEGLI ANNI PER GARANTIRE L EFlCIENZA DELL IMPIANTO E IL RISPETTO DELL AMBIENTE IL TERMOVALORIZZATORE NEL OTTIENE le certificazioni ISO 9001:2000 (sistema di gestione per la qualità ) e ISO 14001:2004 (sistema di gestione ambientale). .EL INlNE VIENE COMPLETAMENTE RISTRUTTURATA LA SEzione di combustione e la caldaia della linea 1, accompagnata da un programma di migliorie che non ha trascuRATO L ASPETTO ESTETICO FUNZIONALE TRA CUI LA RIVERNICIATURA del camino). ,E MODIlCHE HANNO INCREMENTATO LE PRESTAZIONI E L EFlCIENZA DELL IMPIANTO IN TERMINI DI CAPACITÌ PRODUTTIVA E DI MAGGIORE TUTELA DELL AMBIENTE IN TUTTE LE SUE COMPONENTI
acqua, aria, suolo, sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro e salvaguardia della salute pubblica. In questi anni sono, inoltre, state implementate una serie DI ATTIVITÌ DI VERIlCA DELLE PRESTAZIONI DELL IMPIANTO TRA CUI IL monitoraggio in continuo delle emissioni in aria e acqua, e L APPLICAZIONE DEL 0IANO DI -ONITORAGGIO E #ONTROLLO CHE prevede la registrazione dei parametri principali relativi ALL ATTIVITÌ DELL IMPIANTO E L ESAME PERIODICO DELLA CORRETTA gestione da parte di tecnici incaricati della sorveglianza. 4UTTI I DATI RILEVATI NEL PIá STRETTO RISPETTO DELLE PRESCRIZIOni di legge, sono conservati in un database e presentati come medie semi-orarie, orarie e giornaliere alle autoriTÌ PREPOSTE ALL ATTIVITÌ DI CONTROLLO 0ROVINCIA DI #OMO ED A.R.P.A): da questi emerge che le emissioni sono al di SOTTO DEI PARAMETRI DI LEGGE PIá RESTRITTIVI GRAZIE AL FATTO che il sistema stesso di trattamento dei fumi prodotti dalla sezione di combustione del termovalorizzatore è configurato in modo tale da rimuovere tutti gli elementi inquinanti contenuti nei fumi stessi. Il sistema di monitoraggio viene gestito secondo i criteri delle norme Iso 9000/14000. Infine, la pubblicazione semestrale di Rapporti ambientali in cui vengono sintetizzati i parametri di esercizio del termovalorizzatore e le relative attività di controllo e prestazione, risulta essere un valido strumento di comunicazione e di interazione tra azienda, cittadini-utenti e AMMINISTRATORI LOCALI $A TUTTO CIÛ SI EVINCE COME !#3- AGAM spa consideri di primaria importanza il miglioramento delle proprie prestazioni ambientali, tenendo nella dovuta considerazione gli aspetti di continuità e sicurezza, di efficacia ed efficienza, nonché dei miglioramenti possibili grazie alla continua evoluzione tecnologica: per QUESTO Ò STATO SVILUPPATO IL h3ISTEMA DI 'ESTIONE PER LA 1UALITÌ E L !MBIENTEv RELATIVO ALL IMPIANTO DI TERMOVALORIZzazione, poi certificato nel mese di febbraio 2008. R. F.
Cremona Il termovalorizzatore A.E.M. h)L TERMOVALORIZZATORE DEI RIlUTI SOLIDI URBANI E RIlUTI SPECIALI PERICOLOSI E NON PERICOLOSI DI #REMONA DOTATO DI RECUPEro di energia termica ed elettrica, è stato dimensionato PER IL TRATTAMENTO DEI RIlUTI DELL INTERA 0ROVINCIA DI #REMONAv COSÖ COMINCIA LA DESCRIZIONE DELL IMPIANTO ! % - spa (www.aemcremona.it) che illustra, in sintesi, tutte le caratteristiche tecniche e di inserimento ambientale adotTATE DAL ANNO DELL INIZIO DELLA SUA COSTRUZIONE SINO ad oggi. Il termovalorizzatore, situato a circa due chilometri a sudEST DI #REMONA IN VIA !NTICHI "UDRI Ò COSTITUITO DA DUE linee di combustione gemelle: la prima è entrata in funzione nel 1997, la seconda nel 2001. , IMPIANTO Ò STATO PROGETTATO SUI DISPOSTI DELLA , 2 successivamente è risultato conforme anche ai parameTRI INTRODOTTI DALLA , 2 E DAI $ ,GS N E N $OPO IL RECEPIMENTO DELLE NORME EUROPEE NEL ESSO HA OTTENUTO L !UTORIZZAZIONE )NTEGRATA !Mbientale (AIA) che rappresenta lo strumento di autorizzaZIONE PIá RECENTE RIGUARDANTE LA MESSA IN ESERCIZIO ,A SUA CORRETTA UBICAZIONE Ò STATA PREVENTIVAMENTE VALUTATA DALL %.%! E UNO STUDIO SULL INCREMENTO DI TRAFlCO VEIcolare per il conferimento dei rifiuti ha permesso di miniMIZZARE L IMPATTO AMBIENTALE ANCHE SOTTO QUESTO PROlLO !LL IMPIANTO VENGONO CONFERITI 2 3 5 DOMESTICI E ASSImilati), medicinali derivanti dalla raccolta differenziata, rifiuti sanitari (ospedalieri) e rifiuti speciali (cimiteriali) per un QUANTITATIVO ANNUO DI CIRCA T $AL TERRITORIO SERVITO ESSENDO DA TEMPO ATTUATA LA RACCOLta differenziata e molto diffusa la separazione della parte hUMIDAv DEI RIlUTI ARRIVA AL TERMOUTILIZZATORE BUONA PARTE DELLA FRAZIONE hSECCAv NON RIUTILIZZABILE ALTRIMENTI Tutti i rifiuti trasportati al termovalorizzatore sono stoccati in una fossa costituita da un edificio con struttura in c.a. decorato esternamente secondo un progetto del pittore CREMONESE 'IUSEPPE #ASTELLANI , EDIlCIO CHE OSPITA LA FOSSA RIlUTI COSTITUISCE LA PARTE DELL IMPIANTO MAGGIORMENTE VISIBILE RIVOLTA VERSO LE STRAde esistenti di collegamento tra la città e i comuni limitrofi. %SSO CELA LE LINEE DI COMBUSTIONE IN LATO NORD MENTRE un bosco composto da essenze autoctone ad alto fusto CONTRIBUISCE A VELARE L IMPIANTO SUI LATI SUD E OVEST )L CONTROLLO DEL PROCESSO E L ALTA TEMPERATURA DELLA COMbustione rappresentano le premesse per una corretta SALVAGUARDIA DELL AMBIENTE ATTUATA ANCHE ATTRAVERSO UNA separazione dei residui solidi (ceneri pesanti e polveri) in relazione al grado di pericolosità e principalmente tramite trattamenti chimici e fisici dei fumi (gas prodotti dal pro-
Il termoutilizzatore AEM di Cremona.
Schema di funzionamento del termoutilizzatore.
cesso di combustione). Per i trattamenti chimici e fisici SONO UTILIZZATE APPARECCHIATURE QUALI LANCE PER L INIEZIONE di urea (riconversione degli ossidi di azoto); reattori de acidificanti con bicarbonato di sodio come reagente; doSATORI DI CARBONE ATTIVO PER L ASSORBIMENTO DI MICROINQUInanti; filtri a maniche, necessari per eliminare le polveri e i reagenti aggiunti in precedenza; scrubber (torre di lavaggio finale) che, in particolare, permette la condensazione di eventuali metalli basso fondenti (ad es: il mercurio). Il complesso sistema di trattamento consente di espellere PREVIO RISCALDO lNALE FUMI COMPOSTI DA VAPOR D ACQUA con un basso contenuto di altre sostanze le cui concentrazioni sono al di sotto dei limiti di pericolosità stabiliti dalla normativa di settore. I residui solidi costituiti dalle ceneri pesanti essiccate, che costituiscono il 17% rispetto al rifiuto in ingresso, una volta liberati dai componenti ferrosi, sono inviati a impianti di trattamento e riutilizzo: entrano come composti dei manti stradali oppure sono utilizzate nei processi produttivi dei cementifici, o ancora sono utilizzate come inerti nella produzione di calcestruzzi. I residui solidi costituiti dalle polveri raccolte dai filtri a maniche, che costituiscono il 4% in peso rispetto al rifiuto in ingresso (compresi i reagenti aggiunti nel processo di trattamento dei fumi), sono rese inerti in apposite discariche come rifiuti speciali pericolosi. Il termoutilizzatore, grazie al recupero di calore dei fumi
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a cura di Fiorenzo Lodi
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PRODOTTI PRODUCE CIRCA -7H ALL ANNO DI ENERGIA ELETTRICA CHE IN PARTE VIENE UTILIZZATA DALL IMPIANTO STESSO e in parte immessa nelle rete di distribuzione fornendo un terzo del fabbisogno di calore necessario per il teleriscaldamento della città . Sui camini di emissione sono stati inseriti analizzatori in continuo, per monitorare le concentrazioni di Polveri, #ARBONIO /RGANICO 4OTALE (#L #/ 3/X ./X .( 5N ANNO E MEZZO PRIMA DELL AVVIAMENTO SONO STATE INSTALLATE due stazioni fisse ed una mobile per monitorare la qualità DELL ARIA )N QUESTO MODO Ò POSSIBILE VERIlCARE EVENTUALI VARIAZIONI DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELL ARIA E INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE IN CASO DI GUASTI NELL IMPIANTO , UBICAZIONE DI TALI CAPANNINE Ò STATA DElNITA ESSENZIALmente in funzione delle condizioni meteoclimatiche e delle simulazioni matematiche relative alla determinazione delle probabili aree di massima ricaduta dei fumi. Per quanto riguarda le novità in tema di un diverso riutilizzo dei residui del processo di combustione, è importante segnalare che tre anni fa è stata sperimentata la PRODUZIONE DI VETRO GRAZIE ALL UTILIZZO DELLE CENERI PESANTI
con la sola aggiunta di carbonato di calcio. Tale progetto, NOTO COME h$ISCARICA :EROv Ă’ STATO POSSIBILE GRAZIE ALLA COLLABORAZIONE CON L 5NIVERSITĂŒ DI 0ARMA ED IL #ONSORZIO #/ 2) 6% %SSO Ă’ STATO ATTUATO PER SPOSTARE L ATTENZIONE hDAL CONCETTO DI RIlUTO ALL IDEA DI RISORSAv E CI SI AUSPICA che non rimanga solamente a livello sperimentale, ma che possa trovare costante applicazione. Saba Rivaroli
Lecco a cura di Enrico Castelnuovo e Maria Elisabetta Ripamonti
Osservazioni sull’architettura ambientale lecchese In questo numero parliamo di grandi edifici destinati agli usi ambientali: inceneritori, termovalorizzatori, depuratoRI IMPIANTI DI PRODUZIONE DELL ENERGIA 3I TRATTA DI GRANDI strutture nelle quali si riflette il grado di evoluzione di una società e la relativa sensibilità paesaggistica. Si è optato per una riflessione sugli esiti formali di tali opeRE NELLA NOSTRA 0ROVINCIA PONENDO ATTENZIONE SIA ALL ESITO ARCHITETTONICO SIA AL LORO INSERIMENTO NELL AMBITO PAESAGgistico. .OTIAMO IL FATTO CHE APPAIONO MEGLIO CONTESTUALIZZATE LE OPERE DI lNE @ RISPETTO A QUELLE DI PIå MODERNA PROgettazione. Se da una parte testimoniamo un corretto inserimento ambientale delle centrali idroelettriche, le loro
Inceneritore di Valmadrera.
CANALIZZAZIONI E DERIVAZIONI DALL ALTRA CI CHIEDIAMO SE L INCENERITORE DI 6ALMADRERA E IL DEPURATORE DI ,ECCO SIANO VERAMENTE NEL POSTO GIUSTO #I PONIAMO INTERROGATIVI SUL fatto che un depuratore possa essere a pochi metri dai luoghi Manzoniani ed i relativi olezzi siano percepibili anche in zone destinate al commercio. $ECINE DI ARTICOLI APPARSI SU QUOTIDIANI LOCALI TESTIMONIAno polemiche relative ai difetti dimensionali e strutturali DEL DEPURATORE DI ,ECCO IL MANUFATTO Ă’ SOTTODIMENSIOnato rispetto ai bisogni della cittĂ e ha la caratteristica di sversare parti di liquami nel lago. , INCENERITORE DI 6ALMADRERA HA INVECE UN OPERATIVITĂŒ OTtimale, ma una estetica discutibile con il suo aspetto da minacciosa cattedrale in fumo degno di un film del periodo espressionista tedesco. 3E Ă’ FACILE COMPRENDERE L INSODDISFAZIONE DELLE COMUNITĂŒ che ospitano tali opere ciò che è, invece, bizzarra è la loro localizzazione: in quanto inopportuna a livello ambientale DIVIENE UN NON LUOGO DELL ARCHITETTURA Se gli ambiti progettuali prevedono, da decenni, una necessaria compatibilitĂ ambientale, da verificarsi anche rispetto a un piccolo edificio o a un particolare di esso, è POSSIBILE CONSIDERARE NORMALE LA PRESENZA DI UNA hMEGA fognaturaâ€? a cielo aperto proprio lungo il litorale del lago? ,A SENSIBILITĂŒ AMBIENTALE DEVE FARE PARTE DELLA PROGETTUAlitĂ di edifici privati ma non di quelli pubblici? Tornando sul discorso delle grandi strutture ambientali, UNA DELLE OPERE PIĂĄ AMMIRATE SIA PER ESITI ARCHITETTONICI CHE PER UTILITĂŒ INDUSTRIALE E SCOPI SOCIALI Ă’ LA #ENTRALE Bertini di Paderno – messa in funzione alla fine del 1800, fornirĂ costantemente la corrente elettrica necessaria alla
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Centrale Bertini oggi.
RETE TRAMVIARIA MILANESE E ALL ILLUMINAZIONE PUBBLICA DELLA metropoli lombarda. ,O SFRUTTAMENTO ENERGETICO DEL lUME !DDA AD OPERA DI questa centrale, nonostante i grandi lavori di canalizzazione a monte ed a valle della stessa, non diedero problemi alla popolazione locale e consentirono il miglioramento DELLA NAVIGABILITÌ DEL lUME ! POCO PIá DI UN SECOLO DALLA sua costruzione la Bertini costituisce per la nostra Provincia un monumento della tecnica oggetto di ricerche, VISITE E STUDI ,A SIMBIOSI TRA MANUFATTO UMANO E NATURA del luogo è esempio di una progettazione ambientale raffinata. , OPERA HA GRANDI DIMENSIONI LA LUNGHEZZA DI SBARRAMENto è di 130 metri ed il solo fabbricato centrale della Bertini sviluppa una cubatura di 30.000 metri cubi circa. )L hCUOREv TECNOLOGICO DELLA CENTRALE "ERTINI ERA EFFETTIVAMENTE ALL AVANGUARDIA E RISPETTOSO DEI RIGOROSISSIMI stan-
dard ingegneristici, ciò non impedì ai progettisti delle opere architettoniche di creare spazi interni e volumi esterni di grande dignità artistica, addirittura lasciando spazio al disegno dei decori secondo la moda del tempo. 1UESTA OPERA DIMOSTRA COME UNA hINTRUSIONEv UMANA possa contribuire allo sviluppo del territorio divenendo, TUTT UNO CON L ELEMENTO NATURALE ,A CENTRALE "ERTINI APpare, infatti, parte integrante del fiume Adda. #ONVINTI CHE IL CONFRONTO TRA FORMA ARCHITETTONICA E SOstanza tecnologica racconti del progresso umano, riteniamo doverosa una vera sensibilità verso il paesaggio circostante. Auspichiamo che la creatività non venga ingabbiata da aride normative tecniche e che la progettualità possa essere continua ricerca di equilibrio tra estetica, inserimento ambientale e contenuti tecnologici. E. C. e M. E. R
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Impianto biogas nel Comune di Rodigo (Mn).
Mantova a cura di Elena Pradella e Nadir Tarana
Pubblica utilità , pubblico paesaggio e nuove emergenze architettoniche .ON PIá I CAMPANILI O LE CHIESE COSTITUISCONO LE EMERgenze architettoniche grazie alle quali ci orientiamo e che caratterizzano il land-scape nel quale viviamo. Oggi le nuove emergenze architettoniche sono costituite ad esempio da impianti per la produzione di energia hPULITAv CIOÒ DERIVANTE DA FONTI RINNOVABILI Un legame molto stretto quindi intercorre tra pubblica utilità , pubblico paesaggio e nuove emergenze architettoniche. )N PROVINCIA DI -ANTOVA NEL #OMUNE DI 2ODIGO A CIRCA km dai confini del Parco del Mincio, sorge un impianto Biogas per la produzione di energia elettrica e termica #OGENERAZIONE DERIVANTE DA FONTI RINNOVABILI )L GAS INFATTI Ò OTTENUTO DALLA h"IODIGESTIONEv DI INSILATI E RIlUTI QUALI scarti animali e sottoprodotti alimentari, ed ha un elevato contenuto di metano che lo rende combustibile. ,A DITTA -ANTOVAGRICOLTURA NEL HA INAUGURATO L IMpianto Biogas realizzandolo su un appezzamento di terRENO DELL ESTENSIONE DI CIRCA DUE ETTARI NELLA CAMPAGNA mantovana, lontano dai centri abitati limitrofi. )L PROGETTO APPROVATO DA #OMUNE 0ROVINCIA 2EGIONE
Arpa, Asl, Parco del Mincio e Vigili del Fuoco, ha previsto la costruzione di quattro trincee per lo stoccaggio degli insilati, di quattro vasche per lo stoccaggio e la fermentazione del biodigestato, di una sala di pompaggio, di due container per il cogeneratore, e di una torcia in funzione solo in caso di fermo del cogeneratore. $AL PUNTO DI VISTA DELL INTERAZIONE VISIVA DELL IMPIANTO
con il paesaggio rurale circostante, la ditta MantovaGRICOLTURA HA SENTITO L ESIGENZA DI MIMETIZZARNE I CORPI di fabbrica in cemento armato con speciali teli di colore verde. ,A SOLUZIONE DELL INTEGRAZIONE VISIVA CON L AMBIENTE CIRcostante è stata adottata nuovamente anche per il secondo impianto Biogas, attualmente in ultimazione, reALIZZATO NEL #OMUNE DI 3ALIZZOLE IN PROVINCIA DI 6ERONA ) CORPI DI FABBRICA COSTITUENTI QUEST ULTIMO A DIFFERENZA DELL IMPIANTO DI 2ODIGO SONO STATI REALIZZATI CON UNA APposita lamiera di acciaio al carbonio epossidico. ,A SCELTA DI PASSARE DAL CEMENTO ARMATO ALL ACCIAIO PER il nuovo impianto è stata dettata dalla volontà di realizzare un complesso sistema ecosostenibile, altamente efficiente dal punto di vista energetico e costruito con materiali facilmente re-integrabili una volta dismesso. E. P.
Milano a cura di Roberto Gamba
I tre depuratori di Milano Una legge del 1976, impone a tutte le città italiane il depuratore. Milano, che scaricava le acque reflue nel Lambro, che affluisce nel Po, ha attuato un trattamento delle acque prelevate dai 600 pozzi della sua falda solo dal 1994, nonostante sia stata accertata la presenza di inquinati pericolosi, dovuti agli scarichi industriali della zona nord, già negli anni ‘60. Fino al 2003 Milano era, con Bruxelles, l’unica metropoli europea sprovvista di depurato-
delle acque. Il progetto ha inteso riconoscere e riconfigurare la valle fluviale della Vettabbia-Seveso; sottolineare la CENTRALITĂŒ DELL !BBAZIA CISTERCENSE E DEL BORGO DI #HIARAvalle; considerare il polo depurativo come elemento fondamentale per la rigenerazione del sistema vallivo di bonifica; recuperare le acque depurate per uso irriguo, produttivo e PAESISTICO RIORGANIZZARE L ATTIVITĂŒ AGRICOLA NELL AREA
Depuratore Milano Nosedo e Parco Agricolo Urbano di Roggia Vettabbia Âś QUESTO IL PRIMO E PIĂĄ GRANDE IMPIANTO DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REmUE DELLA CITTĂŒ IN VIA 3AN $IONIGI 3ORGE A SUD EST IN UN AREA COMPRESA TRA LA CITTĂŒ COSTRUITA E LA VASTA FASCIA IRRIGUA A SUD NEI PRESSI DELL ABBAZIA DI #HIAravalle. Il progetto degli edifici è di Gianni Braghieri; quello delle opere di inserimento ambientale di Marco Prusicki. Verso SUD LA PARTE PIĂĄ IMPONENTE DELL IMPIANTO PER LE SUE DImensioni è quella occupata dalle vasche di trattamento, incassate nel terreno, attraverso le quali i flussi dei liquami, provenienti dalle sezioni di grigliature, dissabbiatura e disoleatura, sono sottoposti a trattamento biologico, prima di giungere alle sezioni di filtrazione su sabbia e disinfezione. Al termine del processo le acque depurate vengono reSTITUITE AL SISTEMA IRRIGUO DELLA CAMPAGNA CIRCOSTANTE ,A PARTE PIĂĄ A NORD Ă’ QUELLA DOVE SI TROVA L ACCESSO AL COMplesso e dove sono collocati gli edifici adibiti ai servizi e alla rappresentanza. ,A SCELTA DEI MATERIALI PER QUESTI FABBRICATI HA TENUTO CONTO del contesto paesaggistico, cosĂŹ tutte le strutture sono rivestite in cotto; il ricorso sistematico ad elementi costruttivi e di rifinitura caratterizzanti (basamenti, coronamenti, architravi a vista) cerca di restituire al complesso UN CARATTERE UNITARIO !LL INTORNO IL 0ARCO DELLA 6ETTABBIA
concepito per assolvere ai requisiti di mitigazione e compensazione ambientale, interessa una vasta porzione del Parco Agricolo Sud. Gli interventi definiscono un vasto ecosistema agroforestale ed una sorta di parco tematico, legato alla rigenerazione
Impianto di Milano Sud “San Roccoâ€? )L NUOVO IMPIANTO h3AN 2OCCOv OPERATIVO DAL Ă’ SItuato per ragioni di naturale declivio del terreno e deflusso DELLE ACQUE ALL INTERNO DEL h0ARCO 3UDv ,A CAMPAGNA Ă’ qui basata su colture irrigue (riso, cereali, foraggio) e su una rete idrografica superficiale; il territorio è stato investito dalla realizzazione di opere idrauliche di bonifica (chiuse, livelle, ponti, argini); è ricco di complessi edilizi rurali GENERALMENTE ORGANIZZATI IN PIĂĄ CORPI DI FABBRICA CON UNO spazio centrale, la corte, cui tutti gli edifici fanno riferiMENTO E CON UN ORGANIZZAZIONE PLANIMETRICA CHE SEGUE LE tracce dei campi. Il progetto – ascrivibile per la parte architettonica a quattroassociati #ORRADO !NNONI 3TEFANO 0ARODI -ICHELE 2EGINALDI $ANIELA 3AVIOLA PER LO STUDIO cromatico a Jorrit Tornquist; per le strutture a Salesi e Angilella – tenta, nei limiti posti dalle esigenze impiantistiche, funzionali, economiche, prescrittive, di far proprie le QUALITĂŒ SPECIlCHE DEL LUOGO ,A MORFOLOGIA DELL IMPIANTO INSERITO SEGUENDO L ORTOGONALITĂŒ PREESISTENTE DELLA PERImetrazione dei campi, è definita dal grande bacino, un quadrato di circa 250 metri di lato, dove sono attivati i trattamenti biologici e la sedimentazione secondaria delle ACQUE %SSO Ă’ DELIMITATO SU TRE LATI DA UN ARGINE DI TERRA - barriera verde alla percezione delle vasche e dei muri che le delimitano. Il quarto lato, è costruito dagli edifici destinati alle lavorazioni meccaniche, disposti parallelamente alle vasche che individuano uno spazio centrale protetto per le operazioni di carico e scarico, seguendo la sequenza logica delle lavorazioni: grigliatura, sollevamento, dissabbiatura, inspessimento, disidratazione e compattazione dei fanghi di risulta della depurazione. Tutti gli edifici sono stati realizzati in calcestruzzo verniciato color GRIGIO ANTRACITE PER UNIFORMARSI ALL ASPETTO DELLE VASCHE
Depuratore di Nosedo, vista aerea.
Depuratore di S. Rocco, vista da est.
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re. L’Europa minacciava la città con una multa di 150 mila euro al giorno se non fosse stato risolto il problema dei depuratori delle acque. Negli anni seguenti è stata cosÏ avviata la realizzazione di tre impianti per il trattamento integrale degli scarichi e per il ripristino del ciclo naturale. Dal 2005, Milano tratta il 100% dei propri scarichi, attraverso i depuratori di Nosedo e di Milano sud o San Rocco, messi a regime dal 2004 e quello di Peschiera Borromeo, dal 2005.
Pavia
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a cura di Vittorio Prina
Vista aerea dell’impianto di depurazione di Peschiera Borromeo.
DI DEPURAZIONE ,O STUDIO CROMATICO SOTTOLINEA GLI ASPETTI del processo di depurazione: il lungo prospetto è giocato SUI TONI DEL BLU CHE SFUMA NELL AZZURRO lNO A CONCLUDERSI
DI FRONTE ALL ATRIO DI INGRESSO DELL EDIlCIO DI RAPPRESENTANza, nella vasca di acqua trasparente. Impianto di Peschiera Borromeo 1UESTO IMPIANTO UBICATO A LATO DEL lUME ,AMBRO Ò STATO REALIZZATO E GESTITO DA #!0 EX #ONSORZIO !CQUA 0OTAbile), affiancando un impianto già esistente, inaugurato nel 1982, pensato e progettato in vista di un successivo ampliamento. ,A PRIMA LINEA SERVE COMUNI "RUGHERIO #ASSINA DE 0ECCHI #ARUGATE #ERNUSCO #OLOGNO -ONZESE 0Eschiera, Pioltello, Segrate e Vimodrone) con una potenZIALITÌ DI MILA ABITANTI $OPO VENT ANNI IL NUOVO IMPIANTO ARRIVA A SERVIRE I QUARtieri nord orientali di Milano, per altri 250 mila abitanti. #ON UNA CONVENZIONE SIGLATA TRA #!0 'ESTIONE E IL #Omune di Peschiera è stato attuato, come intervento di mitigazione ambientale, lungo il percorso del collettore, DAL PONTE ,AMBRO ALL ALTEZZA DI ,INATE A 0ESCHIERA UN percorso ciclopedonale. ,E OPERE HANNO PREVISTO ANCHE INTERVENTI CROMATICI E piantumazioni sul lato del depuratore, verso il quartiere Bellaria. R. G.
Dalla nota informativa della Società risulta che Ecodeco® nasce nella seconda metà degli anni Settanta in Lombardia a seguito delle prime normative ambientali. Negli anni Novanta, relativamente al settore dei Rifiuti Solidi Urbani, il sistema Ecodeco® ha sviluppato il processo per la valorizzazione della Frazione Residua degli RSU che ha permesso la realizzazione di un nuovo tipo di impianti, le Stazioni di Trasferimento Intelligenti. La società , acquisita lo scorso anno dalla A2A spa, ha in Italia 7 ITS, localizzati in Lombardia e Piemonte. Ecodeco possiede in Lombardia anche due impianti di termovalorizzazione (Waste to Energy) e impianti per il recupero dei fanghi biologici nonché per l’inertizzazione di ceneri e scorie. Il seguente testo è stato redatto da Gabriella di Marzio, responsabile relazioni esterne e comunicazione di Ecodeco® Gruppo A2A. V. P.
Ritorno al futuro ,A STORIA DEI SINGOLI E LA STORIA DEL PAESAGGIO IL PASSATO che si specchia in ciò che sarà : il filo rosso delle progetTAZIONI lRMATE %CODECO® Ò LA .ATURA , INSERIMENTO DI UN MANUFATTO IN UN CONTESTO NATURALE O GIÌ MANIPOLATO DALL UOMO COMPORTA SCELTE BEN PRECISE Se il contesto è naturale, le scelte possono essere almeno due: mimetizzarlo o renderlo leggibile nel territorio. % SE SI TRATTA DI UN IMPIANTO DI TRATTAMENTO RIlUTI LA TENTAzione di mimetizzarlo è forte. Ma la scelta può essere anche differente: mantenerlo leggibile, armonizzandolo con il contesto. Ovvero, non cercare di nasconderlo, ma sinTONIZZARLO CON L INTORNO MANTENENDO BEN VISIBILE LE PARTI tecnologiche che lo caratterizzano come impianto industriale, e armonizzando i colori delle parti in muratura o COMUNQUE DI TAMPONAMENTO PERIMETRALE CON L INTORNO , INSERIMENTO DEGLI IMPIANTI NEL CONTESTO CIRCOSTANTE HA COME ELEMENTO RICORRENTE L ACQUA ,A SCELTA DELLA LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI QUANDO EFFETtuata dalla società , ha sempre privilegiato gli spazi ampi, CHE CONSENTISSERO DI REALIZZARE L hIDRORECINZIONEv TERMINE coniato dalla società per definire una recinzione realizzata SENZA L USO DI RETI METALLICHE O MURATURA MA SEMPLICEmente con un canale, di dimensioni adeguate per essere di fatto, e anche secondo il codice, una separazione non agevolmente oltrepassabile - requisito indispensabile richiesto dalla normativa per il confinamento di un impianto di smaltimento rifiuti.
ITS, Intelligent Transfer Station (Stazione di Trasferimento Intelligente) di EcodecoÂŽ per il trattamento della frazione residua dei rifiuti urbani realizzata a Lacchiarella (Mi).
ITS, Intelligent Transfer Station (Stazione di Trasferimento Intelligente) realizzata da EcodecoÂŽ nel quartiere di Frog Island, a Londra, lungo il Tamigi.
Un caso particolare e di effetto: gli impianti realizzati da %CODECOŽ A ,ONDRA LUNGO LE RIVE DEL 4AMIGI 1UASI IN OSsequio al grande fiume, sono rifiniti con doghe orizzontali in legno non verniciato, che conferiscono un aspetto antico, quasi fossero lÏ da sempre. Ma questo in fondo è del resto il compito della progettazione: realizzare qualcosa capace di inserirsi nel contesto in punta di piedi, che riesca in breve tempo, ad una visione attenta e non preconcetta, a convincere e a convivere CON L INTORNO Sia per quanto concerne la realizzazione degli impianti CHE DEL NUOVO QUARTIER GENERALE DIREZIONALE QUEST ULTImo, in corso di ultimazione, sarà inaugurato la prossima primavera -, quattro sono i principÎ di base, uniti da un filo rosso ideale, che lega tutte le realizzazioni in Italia come IN 3PAGNA IN 3COZIA IN )NGHILTERRA A #RETA Priorità del valore ambientale, centralità del paesaggio, ATTENZIONE ALL INTERO CICLO DI VITA DEI MATERIALI UTILIZZATI
MASSIMIZZAZIONE DELL AUTOSUFlCIENZA ENERGETICA LOCALE , AMBIENTE Ò PATRIMONIO NON SOLO DA VALORIZZARE MA DA PRODURRE ED %CODECOŽ Ò STATA L ANTESIGNANA DELLE PRODUZIONI AGROAMBIENTALI CHE VEDONO L AGRICOLTURA COME hPRODUTTRICE DI PAESAGGIOv 0AESAGGIO CHE DIVIENE COSÖ ELEMENTO CENTRALE NELLE PROGETTAZIONI L INTORNO NON Ò MENO IMPORTANTE DELL IMMOBILE CHE SI VIENE DISEGNARE E A REALIZZARE L UNO SI COMPENETRA NELL ALTRO ANZI L UNO NON ESISTE SENZA L ALTRO Il life cicle assestment è altra regola nelle progettazioni: ogni materiale impiegato deve necessariamente essere
FACILMENTE SEPARABILE RECUPERABILE RICICLABILE %D INlNE ECCO L USO DELLE RISORSE ENERGETICHE LOCALI E LA RIDUZIONE DEL FABBISOGNO D ENERGIA CHE COSTITUISCONO UNA COSTANte per le progettazioni. SemplicitĂ e rigore, attenzione al passato e vocazione ALL INNOVAZIONE UN hRITORNO AL FUTUROv MUTUANDO UN NOTO titolo cinematografico, è ciò che caratterizza le progettazioni, in cui al primo piano si mette la natura, con tutti gli INSEGNAMENTI CHE L UOMO DA SEMPRE VI PUĂ› TROVARE 3E CIĂ› VALE PER GLI IMPIANTI %CODECOÂŽ di trattamento rifiuti in %UROPA LO STESSO SI PUĂ› DIRE PER IL VECCHIO E PER IL NUOVO centro operativo, entrambi nel Pavese. $ALLA FONDAZIONE DELLA SOCIETĂŒ NEGLI ANNI 3ETTANTA GLI UFfici hanno sede in una vecchia cascina modernamente RESTAURATA ANTICIPANDO DI QUARANT ANNI UNA TENDENZA CHE OGGI SI STA COMPIUTAMENTE MANIFESTANDO IN %UROPA LO SPOSTAMENTO DI ALCUNE ATTIVITĂŒ LAVORATIVE DETTE hNEORURAliâ€? in campagna, con le cascine quali centri produttivi di attivitĂ immateriali. % IL CENTRO DIREZIONALE DI PROSSIMA INAUGURAZIONE RESO NECESSARIO PER IL BISOGNO DI SPAZI PIĂĄ AMPI SARĂŒ APPUNTO UNA h#ASCINA .EORURALEv REALIZZATA A POCHI CHILOMEtri dalla sede storica. Tra i criteri architettonici costruttivi, SENZ ALTRO LA COMPATIBILITĂŒ CON LE FORME ARCHITETTONICHE storiche del territorio. 0ERCHĂ? LA STORIA DEI LUOGHI Ă’ ANCHE LA STORIA DEI SINGOLI ,A storia, piccola e grande, di tutti noi. Gabriella di Marzio
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a cura della Redazione
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Architetti e crisi
Pubblichiamo qui di seguito un intervento di Massimo Gallione, presidente del Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. La crisi economica che sta vivendo il Paese e le misure predisposte dal CNAPPC e sottoposte all’attenzione del Governo e delle Commissioni Parlamentari competenti, si ritiene possano presentare effetti positivi per il rilancio del mercato dei servizi di progettazione e della professione di architetto. Lo stato di attuale crisi non può che sollecitarci ad accentuare il nostro impegno per approfondire strategie anche di medio e lungo respiro che consentano alla professione di riprendere pienamente il suo ruolo responsabile nel Paese. La piena comprensione in tema di Innovazione, Concorrenza, Conoscenza, tesi fondanti l’ultimo Congresso nazionale di Palermo, ci impegneranno nel nostro lavoro; a questi temi deve però essere connessa una precisa strategia operativa costituita da un nuovo modello etico di fare professione e di identificazione di nuovi mercati, per affrontare l’attuale contingenza e per contribuire allo sviluppo del nostro Paese. Tali strategie sono necessarie per uscire dalla stallo ormai cinquantennale della nostra professione; l’architettura, in rapporto alla storia del nostro Paese, si merita architetti non solo di nome, ma anche di fatto, con un nuovo senso di dignità e di fierezza. Allo stesso modo l’architettura si merita di rientrare appieno negli indici di sviluppo di una società che si vuole considerare evoluta; in Europa così è, mentre in Italia non ancora. Proprio a questo scopo abbiamo già proposto alle Istituzioni nazionali e locali (Governo, Parlamento, Anci, ecc.) un ampio e dettagliato schema di misure
anticrisi che attengono ai LLPP, alla edilizia privata, all’urbanistica, a nuove regole di semplificazione in più settori, a criteri di sussidiarietà degli Ordini a favore dell’interesse pubblico e a norme di gestione economica, finanziaria, fiscale, previdenziale della professione. Abbiamo di fatto iniziato un percorso di riforma interna, tramite le nuove norme di deontologia e trasparenti capitolati prestazionali che agevolino i rapporti tra cliente e progettista, anticipando almeno in parte i prevedibili lunghi tempi di una auspicata legge di riforma. A questi scopi l’etica dell’architetto, oltre al rispetto della deontologia e delle leggi, si dovrà fondare sempre di più sul diritto dei cittadini ad abitare in case sicure, di qualità e con costi manutentivi ed energetici limitati. Parimenti, in urbanistica, l’etica dovrà fondarsi sulla qualità del progetto delle città, sul rispetto attivo del paesaggio, sulla prevalenza della risistemazione di quartieri esistenti disagiati e sulla limitazione del consumo di nuovo territorio. Gli architetti italiani vogliono fare in tutto la loro parte per far uscire il Paese dalla crisi, ma hanno anche bisogno di nuovi strumenti legislativi innovativi che consentano una vera concorrenza basata sulla qualità. Se si vuole veramente allontanare il pericolo reale di una disoccupazione di massa occorre una svolta radicale della politica e quindi, tramite una efficace concertazione tra Governo, regioni, imprese e professionisti, attivare quelle riforme e responsabili semplificazioni, molte delle quali a costo zero, basilari per l’intero settore. Per quanto riguarda i LLPP gli attuali requisiti di qualificazione risultano del tutto eccessivi e provocano l’allontanamento dal mercato dei servizi nei LLPP di quote sempre crescenti di professionisti e in particolare dei
giovani. Questo dato incide negativamente sulla concorrenza e rischia di creare elementi di monopolizzazione del mercato da parte di pochi soggetti forti, provocando una alterazione dello stesso ed un evidente danno sociale economico e culturale al Paese. In un periodo di grave crisi economica, anche per la forte scarsità di investimenti pubblici nel settore, tale fenomeno rischia di acuirsi in modo insostenibile. L’assenza di regole relative ai costi professionali può funzionare in mercati qualitativamente evoluti dove esiste un rapporto equilibrato tra domanda e offerta. In Italia vi è una situazione molto diversa da quella europea, infatti per un progettista le difficoltà di vincere una gara sono decuplicate rispetto alla Francia o all’Inghilterra, nazioni in cui i costi medi di progettazione praticati erano già mediamente superiori, da molto tempo, a quelli italiani. Il tema dei costi professionali, di una esaustiva programmazione dei LLPP, della qualità della progettazione e realizzazione, rientra in un nostro più ampio schema di riforma; il criterio di una concorrenza qualitativa basata sulle norme europee, interpretata al massimo del suo ribasso concettuale dal nostro Codice degli appalti, è un passo sostanziale che la nostra politica e la nostra economia stentano ancora a comprendere. L’Italia deve molto rapidamente decidere se rientrare appieno nel più avanzato contesto europeo o se restarne ai margini. Ma vi è un altro tema, assolutamente prioritario, legato al settore privato: si può prospettare, da analisi campione, che almeno il 70% dei 75 milioni di vani
dell’edilizia postbellica non abbia capacità antisismiche sufficienti. Se a questo dato aggiungiamo l’ampio fenomeno dell’abusivismo, che circa il 40% di questi vani é in precarie situazioni di rischio idrogeologico e che almeno il 95% di questi vani non possiede in modo sufficiente capacità di contenimento dei consumi energetici, abbiamo la risposta al tema critico del nostro Paese: intervenire con un Piano casa congruente e di tipo pluridecennale che affronti questi tipi di emergenze e cioè quella antisismica, idrogeologica e dei consumi energetici. Lo sviluppo urbano postbellico è avvenuto generalmente anche in modo caotico e disarmonico; le leggi urbanistiche nazionali e regionali non hanno quasi mai inciso positivamente, mentre sovente hanno moltiplicato inutile burocrazia generatrice di costi eccessivi e spesso di abusivismo. Vi è infine quindi una quarta e non ultima emergenza: quella di tipo urbanistico, architettonico e sociale che vede in sostanza il nostro Paese tradire i due millenni precedenti. Da un Paese maestro di architettura e di urbanistica nel mondo per tanti secoli, siamo passati ad un Paese in gran parte produttore di spazzatura edilizia. La soluzione dei temi che ho prospettato deve trovare CNAPPC e Ordini coordinati in più azioni condivise a livello nazionale e locale per rispondere alla crisi del settore e, nell’interesse pubblico, per adeguarsi responsabilmente, alle criticità di lavoro dei nostri iscritti. Massimo Gallione Presidente CNAPPC
Due convegni della Consulta Nel mese di novembre la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC ha organizzato due convegni presso l’Autodromo nazionale di Monza: venerdì 20, in collaborazione con la Consulta Regionale Ordini Ingegneri Lombardia, si è tenuto “La sicurezza nei cantieri temporanei e mobili. Cosa cambia col D.Lgs 106/09”; invece, sabato
21 novembre, col patrocinio del CNAPPC, si è svolto “Architetti ed energia 2009. Verso una progettazione consapevole”.
La Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano ha conferito la laurea ad honorem a James Sloss Ackerman “per l’eccezionale valore dei suoi studi sull’architettura del Rinascimento (...). Tali studi hanno apportato un punto di vista originale alla discussione scientifica, mettendo in luce l’importanza dell’architettura nella formazione della cultura generale di un’epoca. Inoltre non hanno mai mancato di manifestare, insieme a una straordinaria capacità di controllo del piano storico-filologico, un vivissimo interesse per la concretezza del fenomeno architettonico, sempre ricondotto alle ragioni costruttive, oltre a quelle rappresentative e simboliche”. Gli studi
di Ackerman, dice il Preside Angelo Torricelli che gli ha conferito la laurea, “hanno apportato un punto di vista originale alla discussione scientifica, mettendo in luce l’importanza dell’architettura nella formazione della cultura generale di un’epoca”. Riportare in vita l’esperienza degli architetti del passato, rendendoli nostri contemporanei è, probabilmente, uno dei raggiungimenti più importanti del novantenne studioso americano. La cerimonia è stata introdotta da Luciano Patetta che, nella laudatio, ha ripercorso la vita e la storia di Ackerman, presentandone la figura agli studenti del primo anno che proprio il 12 ottobre hanno cominciato il loro iter di studi.
zioni generali per la costruzione di queste parti di città, dare vita a nuovi luoghi del vivere urbano in relazione alle necessità individuali del singolo e collettive dei cittadini, indagare quale ruolo possa assumere il verde nella pianificazione urbana, spingere a una riflessione sulla trasformazione delle nostre città, fornirne un’idea contemporanea. “Sono lavori molto importanti dal punto di vista culturale e non rimarranno in un cassetto, se sapranno adattarsi alle linee
di trasformazione della città che stiamo portando avanti come amministrazione comunale” ha affermato Masseroli durante il seminario del luglio scorso in preparazione al laboratorio. Sembra che si sia riaperto uno spiraglio nel dibattito tra scuola ed enti pubblici: ci auguriamo, dunque, che l’occasione del laboratorio intensivo abbia seguito e non resti un’esperienza isolata. Cecilia Fumagalli
Lego House demolita in Inghilterra
Politecnico e Comune di Milano, scali ferroviari Alla presenza dell’Assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano Carlo Masseroli, il 9 ottobre si è inaugurata la mostra che ha chiuso i lavori del laboratorio intensivo Milano. Scali ferroviari e trasformazioni urbane, promosso dal Comune stesso ed organizzato dalla Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Coordinati da una quindicina di professori della facoltà, circa 300 studenti dei corsi di Laurea di primo e secondo livello e della Scuola di Dottorato, riuniti in laboratori, hanno prodotto numerosi progetti che affrontano il tema della trasformazione delle aree in via di dismissione negli scali ferroviari del territorio comunale, avviata da Comune
di Milano, Ferrovie dello Stato e Regione Lombardia. La sfida difficile, l’occasione una fra le più importanti degli ultimi anni: dopo lungo tempo la scuola è di nuovo chiamata dalle istituzioni cittadine ad esprimere un’opinione sul futuro della città in cui lavora. Le aree interessate dai progetti sono quelle di Farini, Greco, Lambrate, Rogoredo, Porta Romana e San Cristoforo; le richieste del Comune sono quelle di costruire nuove abitazioni, trovare nuovi spazi per il terziario, garantire ampie quote di superfici verdi. Gli obiettivi dei gruppi di lavoro sono stati: integrare e restituire alla città le aree dismesse degli scali che da tempo sono tagliate fuori dalla città stessa, fornire indica-
Il presentatore della BBC James May aveva realizzato la prima casa al mondo completamente in Lego (compresa di cucina, bagno, sala da pranzo, camera da letto, arredi e persino un gatto). Per realizzarla ci sono voluti 2.000.000 di mattoncini e l’aiuto di 1000 volontari. Costruita in una tenuta vinicola nel Surrey senza regolare permesso edilizio, non avendo trovato qualcuno disposto a pagarne il trasposto (50.000 sterline per smontaggio e ri-assemblaggio) la casa è stata demolita. Fino all’ultimo si è sperato in Legoland, che – dopo aver rimproverato May per non aver consultato i propri esperti nella fase di costruzione, cosa che avrebbe
permesso di realizzare una struttura mobile – ha desistito ritenendo l’operazione troppo costosa. Nessuna galleria d’arte, asilo per bambini o collezionista privato avrebbe potuto però acquistare la casa, dal momento che Legoland detiene la licenza esclusiva per usare i mattoncini di plastica come attrazione pubblica in Inghilterra. Legoland, inoltre, ha dissuaso il presentatore dal regalare i pezzi dopo la demolizione, poiché li aveva originariamente messi a disposizione per la sua trasmissione alla BBC – James May Toy Stories – e non per altri scopi. Irina Casali
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Laurea ad honorem ad Ackerman
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INU ed Expo 2015 Il 6 ottobre scorso, presso la Triennale di Milano, si è svolto il primo di una serie di incontri volti a dibattere le questioni legate alla prossima Expo del 2015. L’incontro, “Expo 2015 e il suo territorio. Opportunità e prospettive alla luce del concept plan” ha avuto come obiettivo la presentazione del concept plan – redatto da una Consulta di 5 architetti internazionali: Stefano Boeri, Richard Burdett, Joan Busquets, Jacques Herzog, William McDonough – coinvolgendo, nella discussione, oltre allo stesso Boeri, Lucio Stanca, amministratore delegato di Expo 2015 S.p.a., Claudia Sorlini, preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano che ha collaborato con la Consulta in veste di consulente per i temi dell’agricoltura, Giulio Ballio, rettore del Politecnico di Milano che invece ha contribuito alla costruzione dell’Ufficio di Piano – con sede alla Bovisa – selezionando una squadra di giovani laureati il cui compito è la trasformazione del concept plan in un vero e proprio piano, Fulvio Irace, docente di Storia dell’Architettura Contemporanea presso il Politecnico di Milano e Federico Oliva, presidente nazionale dell’INU. L’avvocato Fortunato Pagano, presidente di INU Lombardia, ha introdotto la serata mettendo in luce tre campi di analisi su cui incentrare il dibattito: la questione del sito in relazione al progetto e ai problemi di sostenibilità - il concept plan “si configura nel segno della sobrietà e sostenibilità ambientale ed economica” - e accessibilità; la questione delle infrastrutture nella città “metropolitana”; la politica territoriale e urbanistica
Appropriatezza dell’architettura degli enti interessati. È seguito l’intervento di Lucio Stanca che ha messo in evidenza l’interesse nazionale per l’evento Expo da un lato e il tema della programmazione: i tempi da rispettare per non arrivare impreparati al 2015 (presentazione entro aprile 2010 del masterplan definitivo). Stefano Boeri ha, quindi, illustrato il progetto ripercorrendone le fasi di ideazione e gli obiettivi: “la messa in scena del tema dell’alimentazione”. In relazione all’intervento di Boeri, Claudia Sorlini ha messo in luce come per la prima volta, i paesi in via di sviluppo, abbiano la possibilità di competere “ad armi pari” con quelli più avanzati. Giulio Ballio ha sottolineato come “il successo di una mostra si fondi sul ricordo che se ne avrà” e come questo sia legato al suo “contenuto”, un contenuto che deve essere in grado di “cambiare il mondo, risolvere, cioè, i problemi del mondo”. Prima dell’intervento conclusivo di Federico Oliva è intervenuto Fulvio Irace che ha affrontato il tema della rappresentazione della natura e del paesaggio, mettendo in luce come, Joseph Paxton, realizzando il Crystal Palace dell’esposizione di Londra di 160 anni fa, ha costruito una grande serra per esporre prodotti industriali, oggi, invece, il concept plan milanese costruisce orti per mostrare orti! L’incontro del 6 ottobre segue agli eventi del 7 luglio e del 4 dicembre 2008, in cui il tema Expo è stato affrontato nei suoi contenuti più generali e nelle sue prospettive. Tutti gli incontri si inseriscono all’interno dell’attività dell’Osservatorio INU sull’Expo 2015. Martina Landsberger
Il 24 settembre 2009 la Terrazza Martini a Milano ha aperto al pubblico la sua vista privilegiata sulla città ospitando il convegno “Architettura cosciente architettura appropriata”, promosso dalla San Marco-Terreal Italia, curato da Marcello Balzani. Il pomeriggio si è svolto secondo un programma che ha visto la partecipazione di diversi protagonisti dell’architettura italiana contemporanea che si sono confrontati su tre temi principali: tradizione e modernità (Angelo Torricelli, Federico Bucci, Danilo Guerri), spazio e società (MTA Associati), abitare il paesaggio (Bruna e Mellano, Liverani e Molteni, vedi foto). La sfida lanciata dai promotori sta nel riflet-
tere sull’identità dell’architettura italiana e sulla necessità di “una ripresa di coscienza, che chiede di interrogarsi continuamente sulla qualità del fare architettura sia in rapporto alla risorsa territorio, sia in rapporto alle materie del costruire”. Il dibattito fra professionisti è il mezzo per attribuire responsabilità all’architettura contemporanea, al suo imperativo etico; è la via privilegiata per una riflessione accurata su cosa oggi sia il progetto di architettura che, secondo Daniela Volpi, consiste nella risposta a una domanda che negli ultimi tempi ha perso i necessari presupposti di alta qualità e di profonda onestà. I concetti di coscienza e di appropriatezza sono necessariamente legati alla rilevanza civile dell’architettura, che si deve esprimere anche nei manufatti modesti, cioè anche in quegli interventi che non sono inseriti nel circuito della comunicazione mediatica e che, ugualmente, costruiscono il paesaggio e disegnano i luoghi. Sara Riboldi
Vincitore del Premio Ugo Rivolta II edizione La seconda edizione del “Premio Europeo d’Architettura Ugo Rivolta” ha rinnovato l’impegno di divulgare i migliori progetti di edilizia sociale realizzati in ambito europeo negli ultimi cinque anni rafforzando l’impegno a candidarsi come riferimento internazionale per la ricerca e il dibattito, focalizzando l’attenzione verso la qualità complessiva dell’ambiente costruito e la sostenibilità del progetto architettonico. Sono stati ammessi progetti costruiti e consegnati tra il gennaio 2003 e il dicembre 2008 sul territorio dei 27 Paesi della Comunità Europea e della Svizzera. Il 24 settembre scorso la Giuria - composta da Pierre Alain Croiset (Presidente, Italia), Guillermo Vasquez Consuegra (Spagna), Christian Devillers (Francia), Theo Brenner (Gemania), Gyorgy Kerekes (Ungheria), Antonio Borghi e Nicola Braghieri (Italia) – ha proclamato
vincitore all’unanimità il progetto di Kis Péter Épìtészmuterme, Pràter Street Social Housing, Ungheria (vedi foto). Sono stati, inoltre, menzionati i progetti di: Giorgio Macola e Adolfo Zanetti (Italia), Javier Terrados Cepeda (Spagna) e Agence Kagan Architecture (Francia).
a cura di Manuela Oglialoro
Il Comune di Varese ha avviato il processo di elaborazione del PGT nel marzo del 2006. Nel settembre 2008 la Giunta Comunale ha approvato i piani di lavoro per arrivare alla definizione delle linee guida del PGT ed alla conseguente Valutazione Ambientale. Tra questi piani di settore vi sono: lo studio della componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT, il Piano Urbano della Mobilità, il Piano Generale del Traffico Urbano, il Piano dei Trasporti. Il nuovo approccio alla pianificazione del territorio richiesto dallo strumento, di recente introduzione, il PGT, è stato presentato nel novembre 2008 in un incontro rivolto agli amministratori della città e ai Consigli di Circoscrizione. La scelta di attribuire a dei professionisti esterni la redazione delle linee guida del piano urbanistico è stata criticata dal Gruppo Consiliare del PD di Varese che ha presentato un proprio documento, in cui vengono messi in luce i temi più importanti per il futuro della città e del territorio circostante: Questa mozione tenta di dare voce al Consiglio e alla città fissando i contenuti a cui i tecnici dovranno attenersi nel predisporre la bozza di PGT. Un’area varesina non più delimitata nei suoi confini amministrativi, la salvaguardia del territorio del Sacro Monte e del Lago di Varese, la promozione di Biumo superiore come centro culturale varesino, un nuovo piano casa ecosostenibile per coloro che vedono in Varese la città dove abitare, un welfare cittadino che punti all’assistenza ma soprattutto alla promozione, l’Università come fattore di sviluppo dell’economia, di nuovi insediamenti produttivi e abitativi, l’estensione di aree a traffico limitato da inserire in un contesto a forte sviluppo infrastrutturale e metropolitano (metropolitana leggera Varese-Milano, Pedemontana, collegamento con Malpensa), la presenza di due poli sportivi (ippodromo e Masnago) da potenziare e da mettere in rete sia con insediamenti minori sia nuovi campi rionali sono il fulcro della nostra pro-
posta. Su questa proposta vogliamo aprire il confronto nelle istituzioni e tra la cittadinanza. (Gruppo Consiliare del PD di Varese, Varese PGT, www.robertomolinari.it 19.2.09). Nella discussione interviene il leader del Movimento Libero, Alessio Nicoletti, che invita la cittadinanza ad un maggior coinvolgimento nella formazione del documento di pianificazione, con l’auspicio: di compiere scelte di forte rottura con visioni del passato che hanno portato Varese ad una crescita indiscriminata e non ragionata. Dire che il PGT – afferma Alessio Nicoletti – sarà lo strumento determinante per il futuro della Città è del tutto pleonastico. Il Piano di Governo del Territorio non sarà, come il vecchio PRG, solo lo strumento di pianificazione urbanistica per antonomasia, ma dovrà affrontare tutti gli aspetti che coinvolgono una città, siano essi culturali, economici, sociali od ambientali. (Di webmaster , Piano di Governo del Territorio, www.movimentolibero.it, 23.4.09). Gli obiettivi del Piano Nell’aprile 2009 vi è stata la presentazione degli obiettivi e del documento direttore del PGT, in Commissione Urbanistica (Diario del processo di Piano, www. comune.varese.it). Nella presentazione del documento direttore sono stati individuate quattro grandi aree tematiche su cui articolare gli indirizzi di pianificazione: il sistema ambientale e storico-culturale, insediativo, della mobilità e della produzione. Tra gli obiettivi relativi al sistema ambientale e storico-culturale si legge: Definire politiche di tutela delle aree agricole, valorizzare e mettere in rete le aree naturalistiche a parco, valorizzare il sistema parchi pubblici – verde privato – percorsi verde, definire una rete tra ambiti fluviali e ambiti ad elevata tutela naturalistica. Tra gli obiettivi del sistema insediativo vi sono la messa in rete delle aree ed attrezzature di interesse pubblico e collettivo, la definizione di misure e azioni di intervento per quanto riguarda l’edificato diffuso, la valorizza-
zione del sistema storico delle ville e dei parchi. Per la mobilità si pensa a vari progetti: Progetto della stazione ferroviaria unica come riqualificazione e riordino urbano, riassetto infrastrutturale. Finalità del Piano è il miglioramento dell’accessibilità, sia in termini di attraversamento (permeabilità) del tessuto insediativo centrale sia in termini di accessibilità ai servizi e alle funzioni urbane (22.4.09: Discussione in Commissione Urbanistica, Presentazione, www. comune.varese.it). All’interno di questi grandi sistemi il Piano individua degli ambiti strategici, come quello riguardante il sistema della Valle Olona, per i quali vengono individuati particolari interventi. Varese città giardino Sul piano del dibattito sono tanti i temi che la cittadinanza e l’amministrazione dovranno affrontare per il futuro di Varese, che è stata definita la città giardino affacciata sull’omonimo lago, le cui trasformazioni urbanistiche sono state rapidamente tratteggiate dallo storico Luigi Zanzi, durante un incontro tra il pubblico e l’amministrazione comunale, in merito al progetto di unificazione delle stazioni cittadine. Un dibattito che ha visto la partecipazione dell’architetto Guglielmo Mozzoni: Varese era un insieme di borghi, collocati tra vallicelle e colline ai piedi del Campo dei Fiori. La prima grande svolta si ha negli anni ‘30 quando due sono i grandi fenomeni che modificano la città – spiega Zanzi – primo fra tutti l’apporto architettonico di Giuseppe Sommaruga che insedia realizzazioni che attirano innanzitutto turismo. Queste non coinvolgono il centro città, ma zone periferiche. Si ha così il primo stravolgimento
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dell’ambiente esterno. Altro elemento è, secondo la terminolgia dello storico, la nazionalizzazione del territorio, cioè Varese diventa il fulcro di sedi gestionali di interesse nazionale. La zona era perfetta per il bisogno di una sede di frontiera. Arrivano poi gli anni ‘50 e primi anni ‘60 e Varese subisce quel radicale cambiamento che la porta a stravolgere l’idea di città policentrica voluta dalla storia, a favore dello sviluppo non curato, non pensato, su base affaristica. Al pari però non crescono le strade e le vie di comunicazione. L’unica, la più veloce da pensare e realizzare è il raccordo autostradale Varese-Milano. Ecco allora lo sguardo sulla città che permette di inquadrare la realtà delle stazioni, che a Varese sono nate male, come punto finale e non di transito, conclude Luigi Zanzi. (Lara Treppiede, Varese in evoluzione con l’unificazione delle stazioni, www.atrevarese. com, 27.2.08). Appare chiaro che fra tutti i temi, quello della conservazione degli aspetti paesaggistici ed ambientali di qualità, assume una valenza fondamentale in questo contesto straordinario, non solo per gli aspetti naturalistici, ma anche per quelli storico artistici, per la presenza di numerose ville e architetture di pregio inserite in parchi ed aree verdi. M. O.
OSSERVATORIO RILETTURE
Costruzione del PGT di Varese
a cura di Antonio Borghi
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Conversazione con Álvaro Siza Incontriamo Álvaro Siza in una soleggiata mattina di ottobre nel cortile della Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, alle porte della città alta, insieme ad alcuni giornalisti delle testate locali. L’occasione è l’invito dell’Ordine di Bergamo ad una tavola rotonda e la presentazione del libro Álvaro Siza: due musei (a cura di Maddalena D’Alfonso) illustrato dalle fotografie di Marco Introini. L’intervista è il risultato di una conferenza stampa, approfittando della cortesia dell’ospite che ascolta con attenzione le domande. Le nostre città sono sempre più densamente costruite e ogni spazio verde è minacciato da nuove costruzioni. Lei che futuro vede per le città italiane? Il futuro delle città non dipende dagli architetti quanto dalle decisioni politiche. Quello che mi pare evidente è che l’opinione pubblica è molto critica verso l’allontanamento delle città da ogni forma di paesaggio naturale. La concentrazione di edifici alti o altissimi nel centro delle città, tipica soprattutto delle città asiatiche, sta stimolando la consapevolezza che bisogna porre un limite a questa crescita, una consapevolezza che si unisce alla preoccupazione per i cambiamenti climatici e porta ad un ripensamento dello sviluppo della città. Siamo in un momento di transizione. In questo momento di transizione in che direzione sta muovendo la sua architettura? Alcuni miei progetti si collocano nei centri storici e devono confrontarsi con una forte resistenza verso tutto ciò che non è conservazione o recupero. Questo atteggiamento mi trova spesso d’accordo, soprattutto in Italia dove i centri storici sono bellissimi e compatti e offrono ancora oggi un ambiente ideale per vivere. In questi contesti è giusto conservare, fare manutenzione e recuperare il tessuto edilizio esistente. Diversa è la situazione in periferia dove non esistono le stesse preoccupazioni ed attenzioni che sono rivolte ai centri sto-
rici. Sembra quasi che la cura dei centri storici serva a giustificare la tolleranza verso fenomeni edilizi di qualità modesta nelle periferie. Su questo non sono affatto d’accordo. Credo che la stessa cura e attenzione che si ha verso il centro debba essere dedicata anche alla periferia, nonostante il fatto che la qualità del tessuto non è particolarmente alta. Centro e periferia sono un tutt’uno. Non deve interessare solo la storia e la preservazione del patrimonio, bisogna anche creare nuovo patrimonio. A Bergamo il centro storico, la cosiddetta “Città alta”, è ben definito ed è stato tutelato nei decenni scorsi limitando l’altezza degli edifici della prima periferia. Di recente sono state presentate nuove proposte per edifici alti vicino al centro storico, progetti che fanno discutere perché rischiamo di compromettere lo skyline della città nel suo complesso. Io non sono pregiudizialmente contrario a edifici che si sviluppano in altezza. Per evitare una edificazione troppo estesa a volte è necessario concentrare i volumi in edifici alti. È la qualità di queste nuove costruzioni e la loro opportunità dal punto di vista urbanistico che sono determinanti. Il rischio cui si va incontro quando si realizzano grandi volumetrie è notevole: in Spagna e in Portogallo a causa della crisi molti edifici sono oggi deserti e abbandonati. Solo a Madrid si parla di 800.000 appartamenti di nuova realizzazione rimasti invenduti. Bisogna evitare questi eccessi di edificazione. A Bergamo bisogna innanzitutto tutelare la collina della città alta che ha un ruolo preminente nel paesaggio. Sicuramente ci sono territori nella città bassa dove è possibile costruire in altezza senza danneggiare l’immagine della città storica, ma bisogna anche verificare che ci sia la necessità di queste volumetrie. In Europa la popolazione è stabile, se non in decrescita, eppure si costruisce ancora tanto e le città si espandono anno dopo anno. A cosa è dovuto questo fenomeno? È solo frutto della speculazione economica? La popolazione è apparentemen-
te stabile, ma ci sono movimenti interni e sotterranei che creano nuova domanda. Un caso tipico è quello delle migrazioni, sia dai paesi extraeuropei che all’interno dell’Europa. Oltre ai migranti che chiedono nuovi spazi bisogna anche considerare l’affermazione di nuovi bisogni nelle città più prospere, per cui c’è sempre nuova domanda di edifici. D’altra parte l’edilizia ha garantito forti guadagni negli ultimi decenni ed è difficile controllare questi meccanismi economici, anche se è chiaro per tutti che sono come una corsa verso un abisso. Infatti anche in Italia ci sono molte case vuote, invendute e spesso di scarsa qualità. Come mai aumenta la quantità e diminuisce la qualità delle costruzioni? È la logica del profitto senza freni. In Portogallo qualcuno ha analizzato tutti i nuovi progetti di sviluppo immobiliare ed è giunto alla conclusione che potrebbero soddisfare il fabbisogno di una popolazione di trenta milioni di abitanti, quando la popolazione attuale ne conta poco più di dieci milioni. Questo eccesso di edificazione è certamente causato della speculazione immobiliare. Lei ha costruito in diversi paesi europei facendo attenzione a dialogare con le identità locali, identità che sono ancora molto forti in Europa, nonostante le spinte alla omologazione globale. Esiste ancora il genius loci? Ho fatto il possibile per affermare l’importanza delle identità culturali, ma il mio contributo è poca cosa. In generale il lavoro di un architetto non può essere determinante rispetto all’evoluzione delle identità culturali di un Paese o di un continente. Il lavoro dell’architetto si colloca su un altro livello rispetto allo sviluppo delle città. In Italia la presenza del passato e la tendenza alla sua conservazione è così forte da mantenere il carattere originale del luogo. D’altra parte c’è bisogno di nuove posizioni e nuove attitudini per una crescita sana della società. Ad esempio in Portogallo, dopo la fine della dittatura negli anni Settanta è finito l’isolamento del Paese nella comunità internazionale e tra le sue stesse regioni tra le città sul mare e l’entroterra, dove esi-
stevano città bellissime, ma quasi deserte dopo le grandi migrazioni degli anni Sessanta. Sono stati rafforzati i poteri locali, realizzate nuovi accessi alle città e nuovi edifici pubblici: municipi, università, biblioteche ecc. In questa trasformazione, anche a causa della sua rapidità a fronte del lungo periodo di immobilità precedente, si è perso molto del carattere di queste città, ma è stato necessario. Allo stesso tempo credo che esista una tendenza molto forte alla permanenza dei caratteri fondamentali di una città, una resistenza che è determinante e che prevale su molti cambiamenti, nel lungo periodo. A lei piace lavorare nel dialogo con l’esistente. Fare una architettura contemporanea, ma allo stesso tempo dialogare con il contesto. Credo che storia e continuità siano tra i valori fondamentali dell’architettura. Ci sono molte rotture apparenti nel linguaggio dell’architettura. Ogni innovazione può sembrare una rottura nell’immediato, ma osservando più attentamente, quello che prevale è la continuità. L’introduzione di nuove tecnologie e movimenti culturali si presentano spesso come radicali innovazioni, come trasformazioni del modo di costruire e di vivere per un uomo nuovo in un mondo nuovo e quindi una nuova architettura in cui molti credono. Ma in fondo, l’evoluzione della storia mostra che non è così, che la continuità prevale e anche le rotture fanno parte dell’evoluzione dell’architettura. Lei è considerato un autore le cui opere sono permeate di poesia. È questo un valore che si aggiunge alla costruzione e alla razionalità dell’edificio oppure un punto di partenza del suo modo di progettare? Se c’è un’interpretazione di valori poetici in una architettura questo non deriva da una volontà dell’architetto di fare qualcosa di indipendente dall’architettura stessa. Solo l’integrità dell’opera garantisce i valori poetici che gli possiamo associare, la poesia non può essere “aggiunta”. L’architettura è un’arte, tocca i sentimenti di chi la vive, di chi la abita e quindi deve
Il primo periodo del suo lavoro è caratterizzato dall’impegno sociale: Álvaro Siza si afferma per i progetti di edilizia sociale e partecipata in Portogallo e viene chiamato a progettare insediamenti di questo tipo in vari Paesi europei. Da allora è passato molto tempo e oggi si parla principalmente dei suoi musei. Sono mutate le occasioni professionali oppure non crede più all’impegno sociale in architettura? Io credo che il museo abbia un importante ruolo sociale nella
città che è composta dall’interazione tra il tessuto delle abitazioni e dalle attrezzature pubbliche. È vero che ho avuto occasioni di natura diversa negli anni, io stesso ho cercato occasioni diverse. Nella città il tessuto abitativo è compatto e ripetitivo, anche se muta nel tempo. Poi ci sono gli edifici emergenti, talvolta di grande scala, che caratterizzano il tessuto abitativo e interagiscono con esso. Credo che sia necessario saper maneggiare la grande scala per lavorare alla scala più minuta, del piccolo edificio o del tessuto ripetitivo che costituisce la maggior parte della città. Tutti gli edifici sono in rapporto tra loro e nella città funzionano insieme. Oggi c’è una mania per le specializzazioni ed è molto difficile liberarsene. Ho vissuto come un disagio l’essere identificato come l’architetto dell’edilizia sociale e partecipata ed è stata una liberazione uscire da questa classificazione. Ho dovuto partecipare a tanti concorsi e cercare altri lavori per liberarmi da questa etichetta, per sperimentare e apprendere altre cose, altre opportunità che per me erano assolutamente necessarie. E non è stato un cambiamento, ma solo la prosecuzione dello stesso percorso, perché un museo o un ospedale hanno lo stesso ruolo sociale delle abitazioni. I suoi musei hanno una forte connotazione plastica, si presentano essi stessi come opere d’arte piuttosto che contenitori neutri. Non crede che la connotazione architettonica possa entrare in competizione con le collezioni esposte? Un museo deve essere solo un contenitore per l’arte o può essere esso stesso un’opera d’arte? Un museo per essere un buon contenitore deve essere anche un’opera d’arte e non c’è nessuna contraddizione tra queste due “funzioni”. Un fenomeno che ho osservato negli ultimi anni è la
Negli ultimi anni il tema della sostenibilità non è più una questione specialistica, ma è entrato a far parte della pratica architettonica corrente. Lei come lo affronta il tema del risparmio energetico? È una preoccupazione legittima, da prendere sul serio, ma non bisogna trasformarla in una ossessione attraverso l’eccessiva regolamentazione. Ogni giorno esce un nuovo regolamento che spesso contraddice quello precedente. C’è una tendenza alla “superprotezione” che un giorno ci renderà totalmente dipendenti dai regolamenti in ogni ambito della nostra vita. Come nel caso dei parapetti con le bacchette a dieci centimetri per impedire ai bambini di suicidarsi. Io dico sempre: “andate a vedere come
sono fatti i parapetti a Venezia”. Va bene preoccuparsi della sicurezza e della salute pubblica, ma non bisogna esagerare. In Portogallo mi capita spesso di lavorare nello spazio pubblico e progettare l’illuminazione. Dal punto di vista della sicurezza i regolamenti richiedono una illuminazione spaventosa e d’altra parte deve esserci il massimo risparmio energetico: con queste premesse è molto difficile ottenere un risultato di qualità. Sono convinto che i vincoli possano essere una risorsa del progetto, ogni tipo di vincolo e dunque anche i nuovi temi della sostenibilità e della sicurezza, ma se si va avanti così dovremo andare a dormire con i regolamenti sotto il cuscino e sostituirli continuamente per essere sempre aggiornati. Ultimamente mi è successo di dover rifare tre volte lo stesso progetto perché ogni volta che lo consegnavo in comune era appena uscito un nuovo regolamento. Agli inizi degli anni Novanta, ero ancora studente, sono andato a visitare le sue opere in Portogallo e ho preso un taxi per andare a vedere il ristorante a Matosinhos. Per farmi capire dal tassista ho fatto il suo nome e il tassista ha esclamato con orgoglio: “Siza Vieira, il grande architetto portoghese famoso in tutto il mondo!” Come vive questa notorietà una persona riservata come lei? Intanto la mia notorietà presso i tassisti ha una spiegazione molto semplice: a causa di un problema alla vista da qualche anno non posso più guidare, quindi il mio mezzo di trasporto è il taxi e tutti i tassisti mi conoscono. A parte i tassisti si può dire che sono piuttosto conosciuto perché ogni tanto escono articoli sui giornali se ricevo un premio o faccio una conferenza, come è normale. Esiste però un lato per niente conveniente della cosiddetta “celebrità”. Appena inizio un lavoro tutti pretendono di sapere quello che sto facendo, lo esaminano con la lente d’ingrandimento, lo discutono e lo criticano prima di conoscere il progetto. La stampa ha con me un rapporto di amoreodio che io non ho certamente causato, un rapporto piuttosto complicato.
33 OSSERVATORIO CONVERSAZIONI
avere un’apertura verso il sentimento e i valori poetici. Anche questo fa parte delle sue prerogative? Si discute molto sulla domanda se l’architettura sia un’arte o meno. Per me lo è. Se si mette a confronto quello che succede nella scultura, nella pittura, nella musica, nel cinema, nella letteratura, c’è un collegamento molto chiaro tra queste arti e l’architettura, a partire dall’utilizzo degli stessi strumenti di lavoro. Non a caso molti grandi cineasti hanno studiato architettura, Antonioni per esempio. Un cineasta prende la macchina da presa e fa una carrellata, poi una ripresa fissa, poi un dettaglio. Un architetto quando pensa una architettura fa anche lui le sue carrellate e le sue riprese fisse, organizza mentalmente per disegni e per modelli l’edificio per la definizione di un percorso. Definisce poi i punti più importanti dell’edificio per la comprensione della sua integrità nelle sue proporzioni interne e nelle relazioni con l’esterno. L’architetto utilizza il ritmo per disegnare le aperture di un edificio, un modo per caratterizzarlo. Come nella musica ogni edificio ha i suoi momenti più forti e i momenti di pausa e di riposo. L’architetto nel suo lavoro fa uso di tutti gli strumenti e dei modi di pensare attraverso i quali si articola l’espressione artistica.
diffusione di una grande paura dell’architettura. La gente pensa: “È moderno, è brutto” e questo alimenta un falso conflitto tra arte e architettura che a sua volta alimenta una domanda di banalità, quasi di non-architettura. Al contrario una buona architettura ha un ottimo rapporto con l’arte, come è particolarmente evidente nel caso delle cosiddette “installazioni” che vivono del rapporto con lo spazio e hanno molta affinità con l’architettura. Un altro fenomeno che ho osservato è la tendenza a chiudere i musei, separarli dall’esterno eliminando le finestre. Non in tutti, ma in molti nuovi musei ho riscontrato questa separazione che non è solo paura dell’architettura, ma anche paura della natura e della luce naturale. Chiudere le finestre, creare un ambiente completamente neutro e dopo mettere i proiettori puntati sulle opere creando effetti spettacolari, giochi di luci e di ombre, non mi sembra legittimo. È molto improbabile che lo scultore facendo la scultura ci avesse puntato un proiettore. Probabilmente avrà lavorato in uno spazio normale, con luce naturale. La normalità è importante anche in un museo, non lo si deve trasformare in un tempio. In particolare per i musei di arte contemporanea le cui opere non hanno bisogno di pareti per essere esposte, nulla impedisce il rapporto con l’esterno e l’illuminazione naturale durante tutto l’orario di apertura. Non c’è bisogno di proiettori e di spettacolarità.
a cura di Roberto Gamba
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AAA Architetti cercasi a Milano settembre - ottobre 2008
Obiettivi dichiarati da Confcooperative – Federabitazione Lombardia, per il concorso di idee “AAA – Architetti cercasi”, erano: accrescere la qualità dei propri interventi edilizi, non solo da un punto di vista tecnologicoquantitativo, ma anche da uno concettuale-qualitativo; entrare in contatto con giovani progettisti europei con cui poter sviluppare future collaborazioni; instaurare un nuovo appuntamento annuale che permetta una riflessione e un confronto vivo tra progettisti, sul tema della residenza sociale e convenzionata in Italia, con un respiro più ampio che trascenda i confini nazionali, per far proprie istanze maturate nell’Unione Europea. Tutti i candidati dovevano avere meno di trentacinque anni. L’area di progetto era nella periferia est milanese.
È stata chiesta l’elaborazione di due pannelli formato A1. La giuria internazionale era composta da Alessandro Maggioni, Miguel Loos, Willi Froetscher, Alfredo Spaggiari, Paolo Mazzoleni, Alessandro Rogora, Francesco Vescovi, Francesco Cavalli. I premi sono stati di euro 5.000, 3.000, 2.000. Oltre a quelli qui presentati, sono stati classificati al 4° posto il progetto di Patrizia Scrugli, Andrea Cucciniello, Olga Chiaramonte, Emanuela Giovanna Cacopardo, Gian Alberto Pepè; al 5° quello di Davide Marazzi, Federico Pompignoli, Stefano Soro, Andrea Montironi. Menzionati sono stati i progetti di Matteo Battistini e Carolina Rovati; Francesca Cesa Bianchi, Riccardo Robustini, Sixto Martin Martinez, Miguel Crespo Picot; Daria Marcella Trovato.
1° classificato DEMO, Silvia Pinci (Roma), Giuliano Valeri, Bernardina Borra, Pierluigi Barile, Giampiero Sanguigni, Francesca Borgia Milano Un quartiere residenziale satellite diventa periferico quando perde, nella coscienza di chi lo vive, quell’identità e quell’umanità che le persone associano al concetto di casa. Si tratta di una suburbanità esistenziale e non geografica, dove le distanze dal centro (dal confort, dal prestigio e dalla socialità) vengono percepite come incolmabili e il quartiere resta isolato in una realtà monofunzionale e immobile. Progettare oggi un nuovo com-
plesso residenziale cooperativo a Milano, immaginandolo al margine tra un quartiere nato negli anni Sessanta per ospitare operai e una ex zona industriale, permette di accostare fisicamente due concetti opposti dell’abitare. Una base destinata a servizi è rivestita in lamiera, mimando le vicine strutture industriali. Il suo sviluppo permette la permeabilità all’interno di una corte pubblica: i due spigoli della base si aprono diagonalmente per permettere il passaggio delle persone. Nella base si inseriscono quattro torri residenziali, per la cui definizione volumetrica sono stati presi come riferimento le altezze e la profondità delle vicine residenze IACP.
Ci si propone di rispondere al programma attraverso un intervento dal carattere fortemente unitario con un solo edificio capace di assorbire al suo interno molteplici funzioni tradotte in specificità formali all’interno del volume costruito, diventando occasione per ripensare questo luogo e favorire nuove relazioni con il contesto. L’intervento si sviluppa attraverso un sistema di piazze aperte verso la città e rivolte al nuovo edificio residenziale con perti-
nenze e specificità spaziali diversificate. L’edificio accoglie molteplici tipologie abitative: casa a torre, casa in linea, casa a ballatoio, casa a schiera, lavorando sulla necessità di offrire modi diversi di abitare. La flessibilità interna agli alloggi è stata declinata soprattutto attraverso un surplus spaziale identificato in una stanza aggiunta (free room), che può essere modificata in funzione di specifiche esigenze. La proposta progettuale si concentra, infine, con particolare efficacia, sul rapporto tra spazio pubblico e privato, pensando agli elementi distributivi come spazi di mediazione tra la casa e la città.
3° classificato Scape - Alessandro Cambi (Roma), Ludovica DI Falco, Francesco Marinelli, Paolo Mezzalama; collaboratori: Ilaria Iovino, Carla Zaccardi, Marco De Angeklis L’area di progetto è di fatto un bordo di quella che possiamo definire la città consolidata, un frammento di campagna mai toccato e dimenticato dalle logiche espansionistiche degli ultimi trent’anni. Agire su questo limite ha significato interpretare la città contemporanea e darle un nuovo significato: quello di continuità, di negazione di un dentro/fuori, di esterno/interno, di vicino/lontano, di abbattimento dei confini convenzionali centro/periferia. La città è continua, fluida, senza limiti. Come per la maggior parte dei vuoti che offrono le città contemporanee, il lotto di via Pecorini diventa un’occasione per ricercare le dinamiche della
città e ricostruire le relazioni con il contesto. Il progetto tenta di riconnettere le varie “nature” di questa parte di città, proprio attraverso l’uso del vuoto come elemento di legame e di continuità fra urbanità e campagna: il vuoto viene costruito, preservato e definito.
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2° classificato Lucia Paci (Milano), Paolo Capellini, Camillo Magni, Salvatore Guzzo, Luca Rizzi Brignoli
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Riqualificazione di alcune piazze e vie a Trezzano Rosa (Milano) novembre 2008 - gennaio 2009 Questo concorso ha avuto lo scopo di promuovere la riqualificazione della zona centrale e nevralgica del paese della provincia di Milano. La piazza San Gottardo dovrà tornare ad essere uno spazio ad intenso uso collettivo, con un nuovo sagrato e accessi alla chiesa. Il progetto doveva prevedere soluzioni funzionali e architettoniche per la viabilità e la sicurezza pedonale e veicolare; individuare zone a verde; pro-
porre soluzioni per i parcheggi; introdurre un arredo urbano di pregio; stabilire lotti funzionali distinti; tenere conto di una spesa massima di realizzazione di euro 1.500.000. Al vincitore ne sono stati attribuiti 5.000; al secondo e terzo classificati E 3.000 cad. La commissione giudicatrice era conmposta da Leopoldo Longobardi, Nello Brambilla, Ernesto Confalonieri, Cesare Fumagalli, Renato Gualti, Adriana Catanese.
1° classificato Michele Caja (Milano), Silvia Malcovati collaboratori: Lorenzo Demarca, Alberto Rosazza Il progetto ha come obiettivo quello di rafforzare l’identità del luogo e consolidarne i caratteri distintivi di insediamento rurale dal punto di vista morfologico e della qualità dello spazio. All’interno di una strategia urbana unitaria e riconoscibile, il lavoro si è concentrato in particolare su tre questioni principali: gli assi stradali (via Roma, via Dante, via Madonna); il sistema
delle piazze (piazza San Gottardo, piazza XXV Aprile); il sistema del verde pubblico e il viale di circonvallazione. Per il sistema delle piazze, fulcro del progetto, si intende restituirne il ruolo di luogo di identità e aggregazione attraverso la pedonalizzazione dell’intera area, la realizzazione di un nuovo sagrato leggermente rialzato e una nuova piazza “civica” al fianco della chiesa, delimitata da un semplice muro finestrato e una “scena fissa” (un piccolo loggiato in legno), quale spazio per manifestazioni culturali/teatrali e riunioni cittadine.
Il progetto è il risultato di un metodo e di un approccio al territorio che fa propria la storia in esso racchiusa e i segni tramandati dal tempo. La lettura di una città, in particolar modo se di origine agricola, è dunque il racconto delle generazioni di uomini che hanno vissuto i paesaggi, che li hanno curati e da cui sono sta-
ti ospitati. Agire in un contesto costruito significa ascoltare la lettura dei luoghi, senza timore di aggiungere al racconto nuovi capitoli e perseguendo obiettivi specifici di funzionalità per i cittadini (lettori e scrittori) di oggi. Gli interventi proposti, tesi a conferire una rinnovata eleganza al centro storico, determinano zone diffuse di passeggio, condizione necessaria a rivitalizzare il commercio e promuovere l’apertura di nuovi negozi e spazi per il tempo libero.
3° classificato Mauro Manfrin (Milano), Massimo Luppoli, Daniela Rogora, Marta Lombardi, Amelia Mariano, Giorgio Morini, Marco Salvadori, Luca Pieracci Per la piazza San Gottardo il progetto propone una serie di collegamenti di riconnessione, in particolare un filare di alberi di piccolo fusto che ristabilisce continuità spaziale. L’area pedonale è delimitata da piccole strutture in ferro, dei portali che disegnano un portico aperto. Sotto il portico, panchine in muratura e specchi d’acqua, s’inseriscono nel disegno della pavimentazione in pietra. Il limite del sagrato è definito da uno specchio d’acqua a filo della pavimentazione, mentre due setti “nascondono” le porzioni meno interessanti della città: ad est con un lungo muro con seduta, a nord con un giardino verticale. Il progetto si estende fino alla
piazza XXV Aprile, su cui si affaccia la sede del Comune: lo spazio è trattato allo stesso modo dei punti “sensibili” di via Dante, con la distinzione netta, nonostante lo spazio ridotto, delle strade dai marciapiedi, con due materiali ben riconoscibili: pietra tipo ceppo di Gre e cemento colorato per i tratti carrabili.
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2° classificato Anna Raimondi (Milano), Davide Viganò, Andrea Bogani, Andrea Lui
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Riqualificazione piazza Veronica Gambara a Pralboino (Brescia)
1° classificato Anna Donati (Gussago - BS), Michela Cibaldi, Federica Mometto, Ignazio Marchetti
Tema di questo concorso di idee, bandito dall’amministrazione comunale della cittadina della provincia di Brescia, era la progettazione architettonica preliminare per riqualificare gli spazi pubblici che sono delimitati dalla chiesa S. Andrea Apostolo, il palazzo comunale e le altre emergenze architettoniche che completano l’edificazione e
L’idea progettuale si struttura su un nuovo asse di giacitura, allineandosi con la direttrice che collega il Municipio con la Chiesa di Sant’Andrea, ricostituendo un rapporto spaziale più equilibrato, in cui i due edifici ritrovano una centralità monumentale e rappresentativa. Vengono diversificati i flussi di percorrenza, la piazza come un’unica piastra di pietra si spezza e si inclina, indicando nel taglio in modo visualmente chiaro e immediato, la distinzione tra percorso carrabile e pedonale; il traffico locale viene contenuto per restituire allo spazio pubblico una dimensione più sociale. La complanarità del sistema risolve la difficile problematica degli accessi privati che si affacciano sullo spazio pubblico, ed offre una maggiore flessibilità della piazza in funzione di installazioni temporanee di fiere e mercati. La necessità di aree in cui le
ottobre - dicembre 2008
che hanno come fulcro la piazza Veronica Gambara. Il quadro tecnico economico non doveva superare euro 400.000. I premi sono stati di euro 5.000, 3.000, 1.000. La giuria era composta da Riccardo Romagnoli (presidente), Alberto Mezzana, Attilio Lucini, Emilio Reghenzi, Enrico Di Maggio; segretario Flavio Tomasoni.
percorrenze trovino un punto di sosta e creino un filtro di connessione tra spazio verde e spazio urbano si struttura in innesti a strisce verdi inserite e frapposte alla pavimentazione in pietra, attrezzate con semplici sedute ed alberatura. Il progetto del verde rilegge in chiave architettonica l’origine del borgo di prato di Alboino, residenza rurale nel contesto urbanizzato.
Si è reso completamente pedonale lo spazio antistante la chiesa, prolungando il piano della piazza fino al Palazzo Morelli, sede del Comune, come una sorta di “grande tappeto lapideo”. La rappresentazione del sagrato, nella proposta, deve essere letta in chiave percettiva: differenziando, rialzando la pavimentazione e contornando lo spazio proprio del sagrato con
i lampioni di illuminazione, una riproposta contemporanea del colonnato d’ingresso. Nel lato nord, a fianco di un filare di alberi che segnano l’entrata laterale sud della chiesa e il confine del Parco delle Rimembranze, si pensa alla collocazione di un elemento architettonico, una struttura leggera, temporanea e removibile, in di acciaio e legno, dalla geometria a “C”, con piano di calpestio rialzato di circa 40 cm dal livello della piazza, in parte coperta a verde. Un sistema di pannelli scorrevoli permette, all’occorrenza, di circoscrivere e di chiudere una parte della struttura dove collocare eventuali servizi.
3° classificato Roberta Di Palma (Gorle - BG), Roberto Cigliano - Studio Green Design, Elena Capuzzo, Thomas Meitz Il nuovo disegno della piazza è caratterizzato da pavimentazione in pietra, con l’obiettivo di unificare visivamente e matericamente tutto il piano della piazza, dividendo i percorsi carrabili da quelli pedonali. Le alberature sono utilizzate come elementi decorativi che dirigono la vista verso gli elementi architettonici.Per quanto riguarda l’area verde, che circonda palazzo Gambara, si è pensato ad un percorso che dall’ango-
lo sud-est della piazza scende fino ai due parterre, che fungono da palchi per le manifestazioni e da aree di sosta, mentre le panche disposte lungo la scarpata hanno funzione di tribune. La nuova conformazione della piazza si presta ad una parziale chiusura pedonale davanti alla chiesa: la via Gambara potrebbe rimanere una strada a fondo chiuso; il traffico veicolare su via Roma potrebbe rimanere invariato, mentre il transito sulla porzione di via Gambara di fronte al comune, potrebbe essere consentito solo ai residenti e per il raggiungimento del parcheggio.
39 OSSERVATORIO CONCORSI
2° classificato S.b.arch. - Bargone Associati (Roma), Roberto Feroldi, Federico Bargone, Francesco Bartolucci, Zelda De Ruvo
a cura di Sonia Milone
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Gehry dopo Bilbao Frank O. Gehry dal 1997 Milano, Palazzo della Triennale 27 settembre 2009 – 10 gennaio 2010 Se siete uno dei numerosi fan dell’architetto americano d’origine canadese o, semplicemente, volete approfondire la conoscenza della sua opera o avete sentito parlare di Gehry, ma non conoscete quasi nulla del suo lavoro, attenzione, rischiate di rimanere un po’ delusi, perché questa importante mostra milanese illustra intenzionalmente solo una parte della sua sterminata opera omnia. I progetti esposti ripercorrono il lavoro
di Frank O. Gehry a partire dal 1997, anno di completamento del museo Guggenheim di Bilbao e della “importante svolta stilistica”. Anche se il progetto realizzato nella città basca è quello che ha consacrato la figura dell’oggi quasi ottantenne maestro presso il grande pubblico e anche se la selezione della dozzina di progetti esposti è stata realizzata insieme all’architetto stesso, la decisione di fare riferimento a un periodo così preciso lascia qualche perplessità. Sembra quasi si tratti più di una data simbolica che reale. Infatti, lo stesso progetto di Bilbao è stato impostato a partire dal 1991 (costruzione 1993-97), ci sono altre opere esposte con date antecedenti, il premio Pritzker è del 1989, ma, soprattutto, il lavoro di Gehry – come quello di tutti i grandi progettisti – è difficilmente assimilabile a date così categoriche, perché si tratta di una ricerca in continua evoluzione, un work in progress che non
si ferma mai. Sempre a proposito della mostra, lascia un po’ di dubbi la decisione di affidare la comprensione dei progetti esposti – a parte i video proiettati su schermi troppo piccoli – a disegni a mano libera e ai circa 120 modelli. È vero che il maestro affida le varie fasi del lavoro progettuale ad una manualità di tipo “sensoriale” fatta di numerosi schizzi e molteplici modelli, ma esporre alcune tavole dei progetti (piante, sezioni, dettagli costruttivi) avrebbe sicuramente arricchito l’intera esposizione. La mostra è accompagnata dal bel volume-catalogo edito da Skira (320 pp., 70 euro) dove questi disegni sono presenti e dove i progetti esposti sono integrati con altri lavori (sempre a partire
dal ‘97). Quello che accomuna i progetti selezionati sembra sia “la loro relazione con il territorio in un’ottica di progettazione più urbanistica” anche se il pur interessante saggio di Germano Celant, curatore della mostra e della monografia, quasi non ne fa cenno. Igor Maglica
La scultura e il labirinto Cristina Iglesias. Il senso dello spazio Fondazione Arnaldo Pomodoro 30 settembre 2009 – 7 febbraio 2010 Molto più di un centro di documentazione sul maestro Arnaldo, la Fondazione Pomodoro, inaugurata a Milano nel 2004, si conferma oramai come uno dei luoghi più interessanti de-
dicati all’arte, un centro dove si promuovono le migliori ricerche internazionali sulla scultura contemporanea. È questo il caso dell’esposizione dedicata all’artista Cristina Iglesias (San Sebastián, 1956), qui alla sua prima personale italiana, ma già ampiamente omaggiata all’estero con importanti esposizioni e lavori pubblici, fra cui, ad esempio, quello per il nuovo ingresso del Museo Prado di Madrid, in collaborazione con l’architetto Rafael Moneo. In mostra circa venti opere a scala monumentale che illustrano la poetica dell’artista spagnola di scolpire direttamente lo spazio creando veri ambienti architettonici. Ecco allora gallerie costruite con trame di stuoia intrecciata che ricordano la teoria di Semper dell’origine dell’architettura dall’intreccio oppure cunicoli creati con vegetazioni artificiali, piante vive e acqua che rievocano i giardini manieristi o ancora lastre di cemento in dialogo con volte trasparenti sospese. Da scultrice, Cristina si interroga sul “senso dello spazio” e risponde rievocando esplicitamente il labirinto come luogo sacrale e come modalità di esistenza della stessa architettura. Opposto al tempio di Atene tagliato nel cielo uranico degli dei olimpici, il labirinto di Cnosso è, infatti, l’altro grande archetipo della civiltà occidentale, pura interiorità divorante avviluppata nelle viscere della terra, abitata dal dio-animale. Ctonio e buio, il labirinto è archetipo concettuale di uno spazio estremamente complesso, non rappresentabile con gli strumenti della geometria cartesiana, conoscibile solo dal di dentro, tastando ogni angolo con tutto il corpo. All’ateniese Teseo basterà un’arma comune per uccidere il Minotauro, ma per battere il labirinto dovrà ricorrere all’ingegnoso filo for-
nitogli da Arianna. La sconfitta del labirinto segna il passaggio da una civiltà a un’altra, ma la sapienza greca non ha mai dimenticato la complementarità dell’apollineo e del dionisiaco, del logos e della sua eccezione: la statua di Atena si erge sul Partenone, ma sullo scudo reca scolpita l’effigie di Medusa. Di fronte all’attuale proliferazione di non-luoghi tutti anonimi perché razionali ma insignificanti, le opere della Iglesias invitano, nostalgicamente, a riappropriarsi di un sentimento dello spazio come luogo dell’esperienza, come ambiente unico ricco di magiche associazioni. Sonia Milone
Giovane arte italiana Archiviarti Bollate (Mi), Fabbrica Borroni 8 – 25 ottobre 2009 Dal virtuale al reale. “Archiviarti”, la vetrina web dedicata agli artisti emergenti creata dalla Fabbrica Borroni sul proprio sito internet, si è concretizzata in una esposizione. Ventuno artisti, selezionati precedentemente per far parte del progetto virtuale, hanno composto una collettiva fatta di pura energia creativa: opere prevalentemente pittoriche, con lirici ritratti a matita oppure ad olio, ruggenti animali recuperati dai manifesti circensi e delicati disegni a matita, opere teatrali e temi di attualità dipinti su stoffa, ma anche lavori visivamente forti, in ferro e resine, e installazioni rumorose, in contrasto con la silenziosa immobilità delle fotografie rielaborate a computer. Un database per ricordare che la creatività e l’originalità dell’arte italiana, nell’an-
no del contestato padiglione alla Biennale di Venezia, sono più vive che mai. Una mostra, ma in fondo, anche una scommessa con gli artisti ed il grande pubblico. Dopo essere state esposte virtualmente sul sito della Fabbrica per sei mesi, con lo scopo di far conoscere e dare visibilità ad artisti spesso sconosciuti, si sono potute ammirare le opere dal vivo nell’affascinante cornice post industriale di Fabbrica Borroni. Spazi ampi, nei quali talvolta i lavori sembrano perdersi, custodiscono ancora i ricordi di un passato produttivo che ora torna a rianimarsi grazie all’arte: le stesse sale dove, generalmente, è ospitata la collezione privata di Borroni, fanno da sfondo all’esposizione, curata dalla ventitreenne Fiordalice Sette, alla sua prima esperienza come curatrice. Fabbrica Borroni si presenta come un oggetto recuperato da quell’archeologia industriale, forse di moda, che mantiene il legame con il passato e si slancia verso il futuro: posta nella provincia nord ovest milanese, che comprende il polo fieristico di Rho e la sede di Triennale Bovisa, è una realtà che dimostra l’effervescenza del territorio fuori dalla grande città. Annalisa Bergo
Il ruolo della scena Ezio Frigerio Scenografo. Una mostra a tre dimensioni Roma, Casa dei Teatri 24 settembre – 6 dicembre 2009 Come indicato puntualmente dal titolo stesso dell’iniziativa, è nel dominio dello spazio e delle tre dimensioni che si rintraccia il carattere precipuo
del sofisticato magistero dello scenografo Ezio Frigerio, il cui lavoro viene celebrato a Roma in una ricca mostra dove bozzetti, foto, modelli, e frammenti di scena sono riuniti ad offrirne una visione di insieme, pur nella inevitabile parzialità rispetto alla impressionante produzione di oltre cinquanta anni di attività. Nella predisposizione di scenari sempre parlanti, caratterizzati da una fortissima eloquenza, è a un personale ed acutissimo senso dello spazio e della sua composizione che Frigerio pare affidarsi continuamente, sostenendo con sicurezza sia la scelta degli elementi – non di rado attinti consapevolmente dal territorio delle forme dell’architettura, riconoscendo e sfruttando abilmente le prerogative espressive insite nelle figure –, sia il loro esatto dimensionamento e la loro conseguente e attenta collocazione e relazione reciproca nello spazio. Alla forza rivelatrice della luce, il compito poi di intervenire su questa trama di rapporti e di profondità reali o virtualmente suggerite, animando lo scenario in ambiti di differente densità e pressione luminosa, sino a conferirgli quel percepibile e mutevole spessore atmosferico che non solo appare in grado di eccitare lo svolgimento dell’azione recitativa, ma da cui poi dipende in massima parte quella suggestione che – agendo sullo spettatore – è potente strumento emotivo di anticipazione e presentimento del tono psicologico del dramma. Non limitandosi, quindi, a suggerire i luoghi degli atti o a precisare lo sfondo su cui si dispongono e si stagliano le presenze degli attori, ma facendosi esse stesse pienamente partecipi della rappresentazione ospitata e portatrici originali di stimoli e di significati visivi, le scenografie di Frigerio aspirano ad un particolare tipo
di protagonismo teatrale e – pur possedendo sempre il merito di stabilire impeccabili sincronie con lo svolgersi dell’opera – si offrono dunque come pieno
atto inventivo, in cui del dramma viene fornita interpretazione plastica e spaziale.
Twister: rete regionale dell’arte contemporanea
tà, così da favorire la compenetrazione tra i due luoghi, ma anche di Carlo Bernardini che ha trasformato le facciate del MAM di Gazoldo degli Ippoliti (Mn) in vibranti diaframmi, aprendo un serrato dialogo tra il museo e l’ambiente circostante. Per la Fondazione Stelline di Milano, Mario Airò ha creato invece un labirinto di fili luminescenti interagendo con le caratteristiche architettoniche del luogo. A Villa Panza di Varese, Chiara Dynys è intervenuta nel tempietto del parco valorizzandone la storia. Anche Loris Cecchini ha collocato la sua opera mobile all’esterno del museo, la Galleria del Premio Suzzara (Mn), in aree potenzialmente sempre diverse, fungendo anche da info-point.Per altri artisti, invece, il rapporto fra museo e città passa attraverso un’opera in grado di coinvolgere direttamente gli abitanti: è il caso di Lara Favaretto per la GAMEC di Bergamo; di Mme Duplok per il Museo Bodini di Gemonio (Va); di Maik e Dirk Lobbert per la nuova GAM di Gallarate; di Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini per il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, che hanno invece coinvolto i bambini. Per il nuovo Museo del Novecento di Milano, Marzia Migliora ha invece creato un originale percorso di visita alle collezioni permanenti, basato sull’udito.
Fare rete valorizzando il circuito regionale dei siti dedicati all’arte contemporanea superando il modello epicentrico di Milano. Questo è Twister, l’innovativo progetto voluto dalla Regione Lombardia, che segna una nuova politica culturale. Dieci i musei coinvolti che d’ora in poi collaboreranno fra loro coordinando le proprie attività, mostre ed eventi culturali. L’iniziativa segna una svolta anche per la politica acquisti delle opere d’arte, missione primaria dei musei d’arte contemporanea che non possono limitarsi a conservare quanto è già stato creato, ma devono anche fare cultura in tempo reale, promovendo gli artisti viventi. A tal fine, Twister ha commissionato dieci nuove opere site specific create apposte per ciascun museo della rete, che vanno così ad aumentare le collezioni permanenti. Gli artisti contemporanei trovano finalmente committenze anche negli enti pubblici coma la Regione, e non solo fra i collezionisti privati. Le opere acquisite sono state selezionate tramite concorso internazionale che ha posto come criterio base il valore che l’arte riuscisse a relazionare il museo con il territorio. È il caso, ad esempio, di Massimo Bartolini che per la GAM di Gallarate ha situato l’opera all’esterno, nella zona di congiunzione tra il museo e la cit-
Amanzio Farris
Sonia Milone www.twisterartecontemporanea.it
OSSERVATORIO MOSTRE
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a cura di Walter Fumagalli
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Legge Regionale n. 13/09 (seconda parte) Verrà ora completato l’esame delle linee generali a cui è improntata la Legge Regionale 16 luglio 2009 n. 13, analizzando le ulteriori disposizioni comuni dettate dall’Articolo 5 della stessa. Le disposizioni comuni (seconda parte) L’esame di impatto paesistico (Articolo 5, secondo comma) Gli interventi da realizzare in ambiti soggetti a vincolo paesaggistico devono essere preceduti dall’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, mentre quelli da realizzare in ambiti non vincolati sono soggetti all’esame di impatto paesistico disciplinato dal Piano territoriale paesistico regionale. A quest’ultimo fine, la competente commissione per il paesaggio deve esprimere il proprio giudizio entro trenta giorni dalla data in cui ha ricevuto la relativa richiesta, formulata dal responsabile del procedimento. Nel caso in cui entro detto termine la commissione non provveda, pare logico ritenere che debba considerarsi applicabile la regola generale fissata dall’Articolo 64, ottavo comma, della Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12, espressamente richiamato dalla norma in esame: in tale eventualità “il giudizio si intende reso in senso favorevole”. Il regime contributivo e le relative agevolazioni (Articolo 5, quarto comma) L’Articolo 5.4 della Legge Regionale n. 13/2009 dispone che per realizzare gli interventi di cui si tratta bisogna pagare il “contributo di costruzione”, costituito dagli oneri di urbanizzazione e dalla quota commisurata al costo di costruzione. I relativi importi vanno calcolati applicando le tariffe vigenti per le nuove costruzioni, con riferimento al volume o alla superficie lorda di pavimento oggetto dell’intervento, e quindi: s IN CASO DI RECUPERO EDILIZIO E FUNZIONALE di un intero edificio si tiene conto del volume o della s.l.p. di tale edificio, mentre in caso di recupero di una sua porzione si tiene conto del volume o della s.l.p. di tale porzione;
s IN CASO DI AMPLIAMENTO SI TIENE CONTO del volume o della s.l.p. della porzione di fabbricato aggiunta all’edificio originario; s IN CASO DI SOSTITUZIONE DI EDIFICI CON o senza ampliamento, si tiene conto del volume o della s.l.p. del nuovo organismo edilizio realizzato. Non è chiaro, però, per quale ragione l’Articolo 5.4 abbia previsto l’obbligo di corrispondere gli oneri previsti per le nuove costruzioni e non quelli previsti per le ristrutturazioni, anche in caso di interventi di recupero edilizio e funzionale che non implichino la creazione di costruzioni sostanzialmente nuove. Comunque, entro il 16 ottobre 2009 i comuni hanno la facoltà di adottare un’apposita deliberazione, con la quale possono applicare agli interventi di cui si tratta una riduzione degli oneri di urbanizzazione e del contributo sul costo di costruzione, eventualmente anche in modo differenziato a seconda delle tipologie di intervento, delle modalità di intervento e dei soggetti beneficiari. In caso di mancata approvazione di tale delibera, l’intero “contributo di costruzione” viene ridotto del 30%. Sembra peraltro di capire che quest’ultima riduzione non possa essere applicata, laddove nel predetto termine il comune adotti una delibera con cui espressamente dichiari di non voler applicare alcuna riduzione degli oneri di urbanizzazione o del contributo commisurato al costo di costruzione (anche se non manca chi sostiene che la legge non attribuisce ai comuni quest’ultima possibilità). La futura pianificazione urbanistica (Articolo 5, quinto comma) Come si è già sottolineato, la Legge consente di operare in deroga alle previsioni urbanistico-edilizie, il che determinerà probabilmente un aggravio dei pesi insediativi e dei fabbisogni urbanizzativi previsti in sede di redazione degli strumenti urbanistici generali, e rischierà quindi di pregiudicare l’equilibrio di questi ultimi. Per porre rimedio a questa situazione, dunque, il legislatore ha stabilito che, “in sede di formazione o adeguamento del Piano di Governo del Territorio, il comune verifica l’eventuale ulteriore fabbisogno di aree pubbliche o servizi urbani indotto
dall’attuazione della presente Legge”. Si tratta di una disposizione abbastanza pleonastica, visto che il PGT deve soddisfare il fabbisogno indotto da tutti gli insediamenti esistenti, e quindi ovviamente anche da quelli eseguiti in applicazione della Legge Regionale n. 13/2009. Esaurito l’esame delle linee generali della Legge, si può ora passare all’analisi delle disposizioni relative agli specifici interventi dalla stessa previsti. 1. Il recupero edilizio e funzionale Gli interventi di recupero edilizio e funzionale, realizzabili ai sensi dell’Articolo 2, devono rispettare tre condizioni: s NON POSSONO COMPORTARE LA TOTALE DEmolizione e ricostruzione dell’edificio; s DEVONO RISPETTARE I CARATTERI DELL ARCHItettura, del paesaggio e degli insediamenti urbanistici del territorio; s DEVONO RISPETTARE LA NORMATIVA VIGENte in materia di efficienza energetica nell’edilizia. Per poter realizzare detti interventi, la richiesta di permesso di costruire e la Denuncia di Inizio di Attività devono essere presentate entro il 16 aprile 2011. La norma individua due fattispecie distinte. 1.a) Il recupero edilizio e funzionale degli edifici ultimati alla data del 31 marzo 2005, che siano ubicati in zone territoriali omogenee che gli strumenti urbanistici non destinano all’agricoltura e ad attività produttive (non è chiaro per quale ragione sia stato indicato, come “spartiacque temporale”, il giorno di entrata in vigore della Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12). Sono da considerare “attività produttive” non solo quelle industriali ed artigianali, bensì “tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi incluse le attività (…) commerciali e artigiane, le attività turistiche ed alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni” (Articolo 1 del D.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447; vd. anche l’Articolo 27 della Legge 22 ottobre 1971 n. 865). Resta da stabilire se il recupero edilizio e funzionale di cui parla la norma sia precluso solo nelle zone territoriali omogenee in cui l’attività produttiva sia prevista come destinazione d’uso esclusiva o
possono riguardare piĂš di 600 mc. di costruzione, e devono consentire esclusivamente l’insediamento: s DELLA RESIDENZA DEL PROPRIETARIO DEL NUcleo familiare dell’imprenditore agricolo e dei dipendenti dell’azienda agricola; s DI DESTINAZIONI RICETTIVE NON ALBERGHIERE s DI UFFICI s DI ATTIVITĂŒ DI SERVIZIO COMPATIBILI 2. L’ampliamento La facoltĂ di ampliare gli edifici esistenti è regolata dai primi due commi dell’Articolo 3, i quali fissano le seguenti condizioni: s DEVE TRATTARSI DI EDIFICI IN TUTTO RESIDENziali; s DEVE TRATTARSI DI EDIFICI ULTIMATI ALLA DATA del 31 marzo 2005 (va però rimarcato che, secondo quanto sostenuto nel sito Internet della Regione, la norma non sarebbe applicabile agli edifici che, pur essendo stati ultimati prima del 31 marzo 2005, dopo tale data sono stati oggetto di interventi di ampliamento o di recupero abitativo del sottotetto; questa tesi, peraltro, non appare molto convincente); s DEVE TRATTARSI DI EDIFICI UBICATI ALL ESTERNO dei centri storici o delle zone classificate dagli strumenti urbanistici vigenti come nuclei urbani di antica formazione (stante il tenore letterale della norma, pare lecito chiedersi se possano essere considerate come centri storici anche le porzioni di territorio classificate diversamente dallo strumento urbanistico, ma qualificabili come tali a causa delle loro oggettive caratteristiche: per elementari esigenze di certezza del diritto, la risposta negativa sembra preferibile); s CON RIFERIMENTO AI VOLUMI ESISTENTI LE opere devono ottenere una riduzione superiore al 10% del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale, calcolato prima dell’inizio dei lavori. Non è però necessario rispettare questa condizione, se prima dell’intervento il fabbisogno di energia primaria di tali volumi sia di per sĂŠ inferiore al valore limite fissato dalla normativa vigente, per gli edifici di nuova costruzione. Sul tema, comunque, con decreto n. 8554 del 19 agosto 2009 il Direttore Generale Reti e servizi di pubblica utilitĂ e sviluppo sostenibile della Regione ha approvato
una circolare illustrativa (pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 36 del 7 settembre 2009). Ricorrendo tutte queste condizioni, si può procedere all’ampliamento nei seguenti limiti. 2.a) Per gli edifici uni o bifamiliari, l’ampliamento non può superare il 20% del volume esistente alla data del 31 marzo 2005, e comunque non può superare 300 mc. per ogni unitĂ residenziale preesistente. 2.b) Per tutti gli altri edifici che non abbiano un volume maggiore di 1.200 mc., l’ampliamento non può superare il 20% del volume esistente alla data del 31 marzo 2005. In pratica, dunque, gli edifici unifamiliari possono essere ampliati al massimo di 300 mc., quelli bifamiliari al massimo di 600 mc., e quelli plurifamiliari al massimo di 240 mc. In ogni caso, le opere di ampliamento possono essere realizzate anche in deroga alle disposizioni dei regolamenti edilizi ed alle “previsioni quantitativeâ€? degli strumenti urbanistici comunali (il concetto di “previsioni quantitativeâ€? è stato esaminato poc’anzi). W. F.
43 PROFESSIONE LEGISLAZIONE
quanto meno principale (come sembra piĂš probabile), oppure anche in quelle ove l’attivitĂ produttiva sia ammessa come destinazione d’uso complementare, o accessoria o compatibile (il che, a ben vedere, significherebbe escluderlo da quasi tutte le zone territoriali omogenee). Questi interventi possono essere realizzati anche in deroga alle disposizioni dei regolamenti edilizi ed alle “previsioni quantitativeâ€? degli strumenti urbanistici comunali, il che lascia intendere che non è possibile derogare alle previsioni “non quantitativeâ€? di detti strumenti. Sembra quindi lecito ritenere che siano derogabili le disposizioni che fissano gli indici di fabbricabilitĂ e forse anche quelle che stabiliscono le percentuali di destinazione d’uso ammesse nella zona di intervento (anch’esse, in ultima analisi, sono infatti “previsioni quantitativeâ€?), mentre devono essere rispettate tutte le altre disposizioni. Il recupero edilizio e funzionale può essere attuato solamente: s PER INSEDIARE NEI LOCALI FUORI TERRA RESIdenze (laddove queste siano consentite dagli strumenti urbanistici), oppure altre funzioni ammesse da detti strumenti; s PER INSEDIARE NEI LOCALI SEMINTERRATI FUNzioni accessorie alla residenza, attivitĂ economiche eventualmente ammesse dagli strumenti urbanistici, ed attivitĂ professionali. In entrambi i casi, il recupero edilizio e funzionale non può comportare la modifica della destinazione d’uso degli immobili che, alla data del 18 luglio 2009, erano di fatto utilizzati per lo svolgimento di attivitĂ economiche. 1.b) Il recupero edilizio e funzionale degli edifici ubicati in zone territoriali omogenee che gli strumenti urbanistici destinano all’agricoltura, ed assentiti prima del 13 giugno 1980 (cioè prima dell’entrata in vigore della Legge regionale 7 giugno 1980 n. 93, che per la prima volta ha disciplinato l’edificazione delle zone agricole, dettando regole valide per tutti i comuni lombardi). Questi interventi possono essere realizzati anche in deroga alle previsioni dei regolamenti edilizi ed a tutte le previsioni (ivi comprese quelle non “quantitativeâ€?) degli strumenti urbanistici comunali, non
a cura di Verena Corrà, Emanuele Gozzi, Umberto Maj, Ilaria Nava, Claudio Sangiorgi
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Normativa acustica D.P.C.M. 5.12.97 Il D.P.C.M. 5.12.97, da molto tempo vigente, ma avente avuto grande risonanza solo negli ultimi anni, sembra ora in procinto di subire un decisivo ridimensionamento. Si tratta dell’unica normativa italiana che definisca i requisiti minimi acustici cui sono sottoposti strutture, impianti e opere edili di nuova costruzione; tale normativa è di particolare interesse in quanto, a lato di tutte le altre regolamentazioni tecniche di settore (termica, impianti, statica delle strutture, ecc.), “conduce” progettisti, imprese e società immobiliari a fornire prodotti dotati di standard abitativi di qualità. Dal punto di vista dell’acquirente e del fruitore, tale normativa costituisce garanzia che vengano assolte prestazioni acustiche di livello elevato, presupposto non evidente soprattutto nel caso di un costruire che spesso punta al dato quantitativo e non qualitativo. L’essere divenuta tale garanzia elemento di disputa e contenzioso, sempre più frequente e a volte abusato, nel rapporto fra costruttori e proprietari delle abitazioni ha portato il Governo, durante la recente approvazione della Legge Comunitaria del 2009, all’introduzione all’Art. 11 (“Delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di inquinamento Acustico”) del comma 5, che sancisce: “in attesa del riordino della materia, la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui all’Art. 3, comma 1 lettera e) della Legge 26 ottobre 1995 n. 44, non trova applicazione nei rapporti tra i privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttorivenditori e acquirenti di alloggi”. Il dato importante che emerge con tale provvedimento è che fino ad emanazione di nuova norma (che probabilmente si riferirà alla classificazione acustica degli edifici), soltanto le Pubbliche Amministrazioni si farebbero garanti del rispetto di tali requisiti, chiedendo ai professionisti la redazione di integrazioni (progettazioni acustiche) e alle imprese la verifica delle strutture realizzate attraverso certificazioni e collaudi acustici in opera,
anche in virtù delle normative regionali e locali che rendono obbligatorie progettazioni acustiche e dichiarazioni di rispetto dei requisiti acustici (in Lombardia L.R. 13/2001 e Regolamenti Locali di Igiene). L’importanza del D.P.C.M. 5.12.97 L’adozione di una normativa di soli tre articoli e due allegati ha sancito la necessarietà di requisiti che hanno imposto un cambiamento nel modo di costruire. Fino a pochi anni fa, infatti, le murature divisorie fra unità immobiliari venivano costruite con strutture aventi stratigrafie di doppio mattone in laterizio forato da 8 cm a camera vuota (o con 3 cm di polistirene) intonacato da ambo i lati, raggiungendo prestazioni di isolamento acustico, misurato in opera, di 40 dB; nel lento approccio che i professionisti dell’edilizia svilupparono con il D.P.C.M. 5.12.97, tali muri divisori, che nell’ambito residenziale devono garantire isolamenti acustici di almeno 50 dB misurato in opera (R’w = 50 dB), iniziarono a essere costituiti da stratigrafie molto più performanti, con massa maggiore e interposizione di materiali resilienti accuratamente dimensionati (esempio: forato da 8 cm intonacato da ambo i lati, materiale isolante in fibra ad alta densità - 100 kg/ m3 - con spessori di 5/6 cm, mattone in laterizio a bassa percentuale di foratura da 12 cm di spessore intonacato). Si nota quindi un passaggio da murature
divisorie di spessore 20 cm a murature che possono superare i 30 cm, aumentando però il potere di isolamento di 10 dB (valore molto elevato essendo calcolato su scala logaritmica e non lineare). Tali murature possono poi essere dimensionate in vari modi, articolando i diversi materiali offerti dal mercato, tutti utili e importanti purché adeguatamente individuati dai progettisti. Per quanto concerne le strutture esterne tale decreto norma, in ambito residenziale, prestazioni di isolamento acustico passivo pari a 40 dB (D2m,nTw = 40 dB). Per questo uso in facciata il vetro si evolve dal classico vetro camera 4/12/4 fino alla tipologia a lastre stratificate, portando alla realizzazione di vetrate da 33.1/12/44.1 (vetro da 3 mm + 3 mm uniti da un film viscoelastico/camera d’aria da 12 mm/vetro da 4 mm + 4 mm unito da un film viscoelastico). Si passa così da vetrate potenzialmente da 30 dB a vetrate che raggiungono i 40 dB. Anche i serramenti coprono un ruolo molto importante nell’isolamento acustico, soprattutto in relazione alle prestazioni qualitative che riescono ad offrire: l’ormai obbligatoria Marcatura CE dei serramenti rende tutte le loro prestazioni trasparenti agli occhi degli acquirenti e, in particolar modo per il progettista acustico, ne indica la classe prestazionale di permeabilità all’aria che ne individua anche la validità acustica. Rimane fermo
il presupposto di una ottima modalità di posa degli stessi che, se non perfettamente eseguita, può rendere vano ogni tipo di miglioramento aggiuntivo dato dal corpo vetro-serramento. Restando in ambito di facciate, argomento molto importante sono le strutture di copertura che costituiscono delimitazione tra l’unità immobiliare abitabile e l’esterno. La considerazione in ambito acustico sembrerebbe banale, considerando coperture in latero-cemento, dove la massa per unità di area è molto elevata e le prestazioni di isolamento acustico superano i 40 dB (D2m,nTw > 40 dB); tale considerazione è però importantissima nel caso delle coperture in legno. Il tanto diffuso tetto in legno, costituito da stratigrafia di assito perlinato da 2 cm + 10 cm di materiale isolante a bassa densità + aria + manto di copertura, deve necessariamente, in caso di sottotetti abitabili, lasciare spazio a stratigrafie più importanti, come ad esempio assito perlinato da 2 cm + materiale isolante ad alta densità (150 kg/m3) da 14 cm + secondo assito in legno grezzo da 2 cm o 4 cm + aria + tegola. Solo così (o con alternative equivalenti) possono essere raggiunti i requisiti (D2m,nTw) di 40 dB dettati dalla normativa. Anche in questo caso, dallo standard prima usato al pacchetto di copertura sopra indicato, si registrano aumenti di
isolamento acustico di facciata di almeno 10 dB: le coperture danno prestazioni che permettono ai progettisti di garantire l’abbattimento di rumorosità provenienti da sorgenti sonore presenti sul territorio (infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, siti industriali, pubblici esercizi, ecc.), e allo stesso tempo coperture che offrono dati di isolamento dall’irraggiamento estivo molto interessanti, legati all’inerzia termica che la stratigrafia così individuata riesce ad offrire. Altro argomento trattato dal D.P.C.M. 5.12.97 riguarda i valori massimi ammessi dalle strutture in merito ai rumori di calpestio. La normativa richiede valori di Ln,w ) 63 dB per le costruzioni residenziali, per le quali diventa fondamentale una corretta individuazione dei materiali di isolamento da calpestio da utilizzare. In questo caso il D.P.C.M. 5.12.97 garantisce, in caso di rispetto del requisito, standard qualitativi eccezionali, che permettono il pieno godimento del bene anche in situazioni strutturali complesse, come quelle di grandi condomini. Tale normativa ha quindi prodotto effetti positivi negli standard qualitativi delle nuove costruzioni: la sua sospensione, dovuta alle rivendicazioni civili fra proprietari e costruttori, rappresenta quindi al momento una grave perdita per il settore immobiliare. Daniele Luinetti e Ilaria Nava
PROFESSIONE NORMATIVE E TECNICHE
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a cura di Camillo Onorato
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D.P.C.M. “Piano nazionale di edilizia abitativa” G.U. n. 191 del 19.8.2009 Serie generale Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 luglio 2009 Piano nazionale di edilizia abitativa Il piano nazionale di edilizia abitativa viene approvato in relazione all’emanazione del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”. Il D.L. 112/08 convertito dalla Legge n. 133/08, all’Art. 11 dispone che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), ed in accordo con la Conferenza Unificata, di cui all’Art. 8 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e successive modificazioni, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, venga approvato un piano nazionale di edilizia abitativa al fine di garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo. L’Art. 1 del D.P.C.M. del 16 luglio 2009 definisce le linee d’intervento del Piano di edilizia abitativa. Il Piano è articolato in sei linee di intervento: “a - costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale ovvero promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, con la partecipazione di soggetti pubblici e/o privati, per la valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa in locazione; b - incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica con risorse dello Stato, delle regioni, delle province autonome, degli enti locali e di altri enti pubblici, comprese quelle derivanti anche dall’alienazione, ai sensi e nel rispetto
delle normative regionali ove esistenti, ovvero statali vigenti, di alloggi di edilizia pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo; c - promozione finanziaria anche ad iniziativa di privati, di interventi ai sensi della parte II, titolo III, capo III, del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163; d - agevolazioni a cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi, eventualmente prevedendo agevolazioni amministrative nonché termini di durata predeterminati per la partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo transitorio dell’esigenza abitativa; e - programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale; f - interventi di competenza degli ex IACP comunque denominati o dei comuni, già ricompresi nel Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, approvato con Decreto Ministeriale del Ministro delle infrastrutture del 18 dicembre 2007, regolarmente inoltrati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, caratterizzati da immediata fattibilità, ubicati nei comuni ove la domanda di alloggi sociali risultante dalle graduatorie è più alta”. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti accerta l’immediata fattibilità degli interventi sulla base della comunicazione da parte delle regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano che deve avvenire entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativamente alla documentazione delle procedure tecnico-amministrative di ogni singola opera. L’Art. 2 individua la dotazione finanziaria del Fondo nazionale di edilizia abitativa costituita dalle risorse di cui all’Art. 11 del D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni dalla Legge n. 133/08. Tali risorse sono utilizzate come in seguito: “a - sino all’importo massimo di 150 milioni di euro per gli interventi di cui al successivo Art. 11; b - una quota non superiore a 200 milioni di euro per gli interventi di cui all’Art. 1, comma 1, lettera f; c - nei limiti delle residue risorse per concedere contributi per il finanziamento di ciascuna linea d’intervento come indicate nel seguente Art. 3”.
L’Art. 3 stabilisce l’articolazione delle risorse che vengono ripartite, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e sono destinate all’incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica dello Stato, delle regioni, delle province autonome, degli enti locali e di altri enti pubblici, alla promozione finanziaria di interventi anche ad iniziativa di privati, all’agevolazione a cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi, ed alla promozione di programmi integrati di edilizia residenziale anche sociale. L’Art. 4 sancisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti promuova con le regioni ed i comuni, sulla base delle procedure attuative di cui al successivo Art. 8, la sottoscrizione di accordi di programma volti a concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa nei singoli contesti in relazione alla dimensione del territorio con la realizzazione di “programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da elevati livelli di vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica, anche attraverso la risoluzione di problemi di mobilità, promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati”. L’Art. 5 fissa i parametri di finanziamento. In relazione a ciascun intervento “l’onere a carico dello Stato non può essere superiore al 30% del costo di realizzazione, acquisizione o recupero degli alloggi che saranno offerti in locazione a canone sostenibile, anche trasformabile in riscatto, alle categorie individuate ai sensi del comma 2 dell’Art. 11 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133. Per gli alloggi locati, ai sensi del comma 1 dell’Art. 6, per una durata superiore a 25 anni, l’onere a carico dello Stato non può essere superiore al 50% del predetto costo. Nel caso invece di alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale l’onere a carico dello Stato può essere pari al costo di realizzazione”. Per la realizzazione e il recupero degli alloggi in attuazione del Piano si applica quanto previsto dal D.L. n. 192/05
delle proposte di intervento candidate all’inserimento nel Programma di edilizia abitativa che pervengono dai soggetti pubblici, dagli ex Iacp comunque denominati, e dai privati interessati. L’Art. 9 definisce le linee di indirizzo per la selezione degli interventi che devono tendere al soddisfacimento dei bisogni abitativi delle categorie di soggetti individuati dallo stesso Decreto, all’apporto di risorse aggiuntive con particolare riferimento a quelle di provenienza privata, all’incidenza del numero di alloggi a canone sociale e sostenibile in rapporto al totale degli alloggi, alla fattibilitĂ urbanistica e rapida cantierabilitĂ , al perseguimento di livelli elevati di efficienza energetica e sostenibilitĂ ambientale secondo le migliori tecnologie disponibili. L’Art. 11 tratta le modalitĂ ed i criteri di intervento relativi al sistema integrato di fondi immobiliari attraverso l’utilizzo fino ad u massimo di 150 milioni di euro a valere sul Fondo di cui all’Art. 11 D.L. n. 112/08 convertito con modificazioni dalla Legge n. 133/08 ad uno o piĂš fondi immobiliari chiusi ai sensi del D.L. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni ed integrazioni, le cui quote possano essere sottoscritte esclusivamente da investitori istituzionali di lungo termine. “I fondi immobiliari dovranno essere dedicati allo sviluppo di una rete di fondi o altri strumenti finanziari che contribuisca-
C. O. Leggi correlate s $ECRETO 0RES #ONS -IN Piano nazionale di edilizia abitativa s $ELIBERAZIONE #IPE SEDUTA dell’8 maggio 2009 s ,EGGE DELLO 3TATO N Conversione in legge del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria s $ECRETO ,EGGE N $Isposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. Siti internet di consultazione www.edilportale.com www.lavoripubblici.it www.ordinearchitetti.mi.it www.regionelombardia.it www.pianocasa.it
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relativamente al rendimento energetico nell’edilizia. L’Art. 6 stabilisce che gli alloggi realizzati o recuperati e oggetto del finanziamento statale andranno locati per una durata non inferiore a 25 anni ai sensi dell’Art. 2 della Legge n. 244/07, ad un canone non superiore a quello di cui all’Art. 2, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con i Ministri della solidarietĂ sociale, delle politiche per la famiglia, e per le politiche giovanili e le attivitĂ sportive del 22 aprile 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 2008, n. 146. Quando gli alloggi in locazione siano soggetti a patto di promessa di vendita, la durata della locazione può essere inferiore ai 10 anni, e il canone di locazione dovrĂ comunque essere determinato da quanto stabilito dal decreto. Relativamente alla vendita di alloggi l’Art. 7 determina che al termine del periodo di locazione a canone agevolato di cui all’Art. 6, gli alloggi potranno essere alienati con l’offerta in prelazione agli inquilini, in forma collettiva, in forma individuale; essere ceduti sul mercato con offerta in prelazione agli inquilini; offerti al comune ed agli ex IACP comunque denominati e secondo i criteri ed i valori stabiliti dal presente decreto. L’Art. 8 riguarda le procedure attuative relativamente ai criteri di ammissibilitĂ
no a incrementare la dotazione di alloggi sociali come definiti dal Decreto del Ministro delle infrastrutture di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, delle politiche per la famiglia, e per le politiche giovanili e le attività sportive del 22 aprile 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 2008, n. 146�. L’Art. 12 riguarda l’ammissione al piano degli interventi senza contributi quindi interventi per i quali non sono richieste risorse pubbliche di qualsiasi natura. Le procedure e le agevolazioni di cui all’Art. 4 possono essere comunque attivate per gli interventi dei fondi immobiliari chiusi previsti dall’Art. 12. L’Art. 13 istituisce il Comitato per il monitoraggio del Piano nazionale di edilizia abitativa composto da rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e trasporti, da un rappresentante nominato dal Consiglio dei Ministri, ed altri individuati dalla Conferenza unificata di cui in rappresentanza delle regioni e degli enti locali. L’Art. 14 riguarda le competenze delle province autonome di Trento e Bolzano.
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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria, informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Monza e della Brianza fax: 039 3309869 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it
Bergamo Notte OAB: Álvaro Siza e i suoi musei s L’Evento Notte OAB questo il nome dell’evento organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC di Bergamo sabato 29 ottobre alla fondazione Alt di Alzano, un ex cementifico destinato ora ad accogliere una importante collezione di arte contemporanea in una cornice suggestiva e ricca di particolare fascino. Una “notte” che sembrava in realtà l’inizio di un nuovo giorno. Da tempo, infatti, a Bergamo non si vedeva una partecipazione così calorosa e numericamente significativa, oltre mille persone, ad un’iniziativa organizzata dall’Ordine degli Architetti PPC, conseguenza senz’altro dell’importanza dell’ospite, l’architetto Álvaro Siza, ma anche segno di una necessità, per ora non ancora soddisfatta, di eventi di questo spessore. Gli intenti degli organizzatori non erano però solo quelli di offrire saperi e conoscenze, sempre necessari ad un modo di intendere la professione orientato costantemente alla ricerca della massima qualità, ma anche svago e convivialità, facendo seguire all’iniziale tavola rotonda, la proiezioni di video musicali proposti dal gruppo milanese Otolab, di un documentario girato dall’autore bergamasco Luca Santiago Mora, e da tanta musica live, grazie alla presenza di un sestetto jazz formatosi per l’occasione e che vedeva fra i musicisti nomi quali quelli di Gianluigi Trovesi e di Alberto Mandarini. Ma partiamo con ordine. Dicevamo in apertura della presenza di Álvaro Siza, uno dei più grandi architetti della seconda metà del Novecento e sicuramente, a detta di Francesco Dal Co, presente alla conferenza, il più elegante e il più antiretorico fra questi. Prendendo spunto dalla recente pubblicazione del libro di Maddalena D’Alfonso e Marco Introini, anch’essi tra gli invitati, dedicato a due dei quattro musei costruiti dal maestro, la fondazione Serralves a Porto e il museo Ibere Camargo a Porto Alegre in Brasile, Siza ha illustrato con l’aiuto di alcune immagi-
ni, la sua idea di museo e il suo personale rapporto con il difficile compito di esporre opere d’arte, difficile in quanto basato su un delicato equilibrio fra contenitore e contenuto, tra architettura e arte. In questo fragile rapporto si gioca tutta l’abilità del progettista e in questo Siza ha saputo offrirci esempi di rara bellezza. Fondamentale per Siza, nell’interpretazione del tema, il ruolo della luce e delle apertura in una costante ricerca di un rapporto con la natura circostante, come si può facilmente intuire non solo e non tanto dalle sue scarne parole, ma soprattutto dalle sue architetture, in cui il taglio di luce, l’ampia finestra, il piccolo lucernario, sono individuati sempre con grande sapienza spaziale e con invidiabile poesia. Francesco Dal Co ne sottolinea la grandezza, espressa soprattutto nella sensibilità a cogliere la dimensione effimera del museo d’arte e in particolare del museo d’arte contemporanea, definito da Ernst Jünger - ricorda il direttore di “Casabella” - come il luogo che contiene “i relitti della storia”. Il “genius” dei luoghi non esiste, dice Dal Co, siamo noi a costruirlo, sono gli architetti che danno genio ai luoghi e questo risulta particolarmente eloquente nelle opere dell’architetto portoghese. Sul finire, alla domanda sulle influenze avute durante il progetto del museo brasiliano di Ibere Camargo, Siza ricorda il suo debito di riconoscenza a F.L. Wright e al suo Guggenheim museum di New York, ma anche alle opere di Oscar Niemeyer e, meno, a Lina Bo Bardi, ma ricorda anche
come, con il passare degli anni, i riferimenti, sia quelli più noti che quelli effimeri e più anonimi, siano spesso del tutto inconsci, semplici ricordi che, come un fiume carsico, inconsapevolmente emergono alla superficie della nostra memoria. La serata, come si diceva in apertura, è poi proseguita con il documentario visivo di Luca Santiago Mora, Caucasian PET Company dal nome di una delle aziende italiane presenti in Georgia; racconto, attraverso immagini suggestive, di una realtà produttiva e delle tenaci prove alla quale quotidianamente sono chiamati i suoi lavoratori che con caparbietà e forza di volontà portano avanti la loro attività, in un Paese costantemente in bilico fra arretratezza e voglia di cambiamento. A seguire il lavoro del gruppo Otolab intitolato Giardini neri, performance audiovisiva basata sul concetto del “giardino come visione dell’anima” e realizzata attraverso un complesso storyboard non lineare. Immagini e suoni sono mixati durante la live performance per ricreare una onirica esperienza sinestetica in un immaginario giardino notturno. Francesco Valesini s La Mostra In contemporanea con la conferenza di Álvaro Siza a Bergamo, l’Atelier Bruno Vaerini ha organizzato una mostra fotografica dedicata al maestro portoghese, aperta fino al 9 novembre. Il percorso espositivo si snoda lungo 36 fotografie che focaliz-
Serate s Josè Antonio Coderch, un libro 8 ottobre 2009 ha presentato: Franco Raggi sono intervenuti: Federico Correa, Vittorio Gregotti
zano l’attenzione su due opere particolari: il Museo Iberè Camargo di Porto Alegre in Brasile e il Museo di Arte Contemporanea della Fondazione Serravales a Porto in Portogallo. Le fotografie realizzate da Marco Introini - fotografo documentarista specializzato in architettura e paesaggio - offrono una lettura inedita dell’opera di Siza e permettono di approfondire il processo creativo che è alla base del suo lavoro. I due musei, progettati in anni diversi, testimoniano, infatti, la costante attenzione del maestro portoghese verso i caratteri del luogo, la sua sensibilitĂ nel declinare il rapporto fra architettura e paesaggio, che conduce a esiti estremamente poetici. CosĂŹ, fotografia dopo fotografia, l’armonia classica di Siza immerge lo spettatore in una visione dell’architettura colta e profonda, distante dagli eccessi formali dei cosiddetti “museimarketingâ€? oggi di moda, e trova una cornice ideale nei suggestivi spazi dell’Atelier, progettati dallo stesso Bruno Vaerini, architetto da sempre in ascolto delle segrete evocazioni del genius loci. L’evento, inaugurato il 9 ottobre alla presenza del maestro portoghese e patrocinato dall’Ordine degli Architetti PPC di Bergamo, rientra in un ciclo espositivo promosso dall’Atelier sulla eccellenza degli spazi architettonici dedicati all’arte. Una serie di mostre rileggeranno, infatti, il “museoâ€? come campo di indagine critica del presente, topos fisico e concettuale in cui si esplicitano i rapporti (di contatto o di frizione) fra arte, architettura e territorio. L’Atelier
Bruno Vaerini è un innovativo spazio espositivo e centro di ricerca dedicato alle arti contemporanee; una moderna bottega rinascimentale aperta al dialogo dei saperi. Sonia Milone Fotografie di Marco Introini e Francesca Perani
Milano
a cura di Laura Truzzi Designazioni s "%4! &/2-!:)/.% 3 2 , richiesta di designazione esperto per la “terza edizione del corso di certificazione energetica degli edifici autorizzata dal Cenedâ€?. Il Consiglio dell’Ordine ha designato: Alessandro LOGORA. s !'%.:)! $%, 4%22)4/2)/ richiesta di designazione esperto per la costituzione del comitato consultivo misto dell’Osservatorio del mercato immobiliare. Il Consiglio dell’Ordine ha designato: Sergio FUMAGALLI. s FONDAZIONE HOUSING SOCIALE: richiesta di designazione di professionista per la Commissione giudicatrice concorsi internazionali di progettazione di Housing Sociale “Figino, il Borgo sostenibileâ€? e “Via Cenni, una comunitĂ per crescereâ€?. Il Consiglio dell’Ordine ha designato come membro effettivo Raffaele PUGLIESE e come membro supplente Alberto DEFENDI. s #/.42/6%23)! 4%#./4%AM COSTRUZIONI S.R.L./MORENO S.R.L. IMMOBILIARE/
Serata dedicata alla presentazione di un singolare libro, edito da Santa e Cole, nota azienda spagnola che si occupa prevalentemente di produzione di corpi illuminanti, rivolto in particolare ai caratteri di alcuni disegni ricorrenti nell’opera di Coderch, in specie di interni, quali la persiana larga, i caminetti in lamiera e la lampada a fogli di legno. Nei fatti però tale pretesto è stato scavalcato dai due vecchi amici ospiti della serata, dinamici ottantenni, che hanno raccontato l’esperienza di vita e l’amicizia con Josep Antonio Coderch: Riccardo Correa e Vittorio Gregotti. Sollecitato da Franco Raggi a dare la misura dell’abitare all’interno della modernità degli anni ’50, al rigore pianta/facciata/ dettaglio, Correa si apre al ricordo personale, tanto è intrecciato il suo percorso alla vita del maestro. Federico Correa, socio di sempre di Alfonso Milà – autore, tra l’altro, della bella lampada prodotta appunto da Santa e Cole, che campeggia sul tavolo dei relatori – racconta come conobbero Coderch, e come la sua opera sia stata segnata dalla chiusura alla cultura internazionale, specie nei con-
fronti delle ricerche vive dell’Europa di allora, con l’avvento del franchismo del ’39, arroccato com’era nei “falsi valori tradizionali dell’architettura spagnolaâ€?. La sua arte allora si rassegnò ad esprimersi in piccole case, per una borghesia indifferente, ma con un richiamo ai valori tradizionali, secondo i modi di Mirò, dell’arte che guarda al futuro appoggiandosi al passato. I due amici andarono a lavorare nel suo studio, dove li stupĂŹ soprattutto per la conoscenza sconfinata della architettura moderna internazionale. Gio Ponti era molto ammirato in Spagna, e Coderch coltivava la sua amicizia da anni: sarĂ lui ad invitarlo alla Triennale di Milano del ’51. In questo contesto iniziarono poi a fare piccoli lavori in proprio passati loro da Coderch, che non riusciva piĂš a seguire, essendo impegnato su altri e piĂš vasti fronti, soprattutto di opere di interni di alcuni suoi edifici, in un periodo in cui, non essendoci forniture di mobili di produzione moderna, si disegnava proprio tutto. CosĂŹ nacquero per esempio, per la casa Barcelloneta, le omonime sedie. Ma sarĂ con gli interni dell’albergo di Maiorca che incominceranno a sorgere dissapori tra loro, fino alla totale rottura in occasione della sospensione di Correa dall’insegnamento universitario a Barcellona a causa di sue manifestate posizioni anti franchiste, non tollerate da Coderch. Raggi chiede quindi se il rapporto con l’Italia sia passato solo attraverso Ponti. Gregotti ricorda come successivamente agli anni ’50 l’interesse internazionale si fosse spostato piĂš sulla figura di Gardella. Anche Correa sottolinea le affinitĂ tra la Barcelloneta e le esperienze di Gardella ad Alessandria, tra dispensario e case Borsalino. Correa sottolinea come Milano fosse, in quegli anni ’50, il centro del mondo, ma che giĂ dopo i ’60 fosse finita quell’epoca aurea, trasformatasi in uno spirito polemico a priori. Ricorda come la battuta ricorrente fosse “ormai è superato‌â€?, nei confronti di posizioni o opere di pochi mesi precedenti. Gregotti sottolinea la differenza Barcellona/Madrid, cosĂŹ come Correa quella Milano/Roma. Ăˆ qui che Gregotti, parlando
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PESCICANI STEFANO: istanza di nomina di Arbitro. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Lionello BOLGIANI.
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della situazione contemporanea, citando Max Weber introduce la de-territorializzazione post industriale, che ha sostituito i rapporti concreti con quelli immateriali della finanza, lanciando la sua pofezia: noi oggi siamo come barbari, con grandi strumenti a disposizione ma che non sappiamo ancora come usare. La globalizzazione non fa il paio con l’Internazionalismo, sono fenomeni opposti, e non possiamo piÚ non aver coscienza di queste differenze. Appuntamento tra qualche anno, quindi. Francesco de Agostini s %XPO DOPO %XPO Un orto per tutti 22 ottobre 2009 ha coordinato: Franco Raggi sono intervenuti: Lucio Stanca, Stefano Boeri, Claudia Sorlini, Sandels Navarro, Claudio De Albertis ed Emilio Battisti Dopo il ciclo estivo di conferenze sulle esperienze europee di Expo significative per l’eredità – positiva o negativa – che hanno lasciato nei luoghi che le hanno ospitate, il dibattito intorno a Expo 2015 inizia a Milano ad entrare nel vivo. Lo scorso 22 ottobre l’Ordine degli Architetti PPC ha promosso una serata per illustrare lo stato di avanzamento nell’organizzazione della manisfastazione universale e per aprire il dibattito intorno al suo sviluppo. La serata ha visto una grandissima partecipazione di pubblico tanto che la sede è stata spostata presso l’Unione del Commercio in corso Venezia. Coordinati da Franco Raggi, consigliere dell’Ordine, sono intervenuti tanti protagonisti, a vario titolo, che hanno illustrato gli obbiettivi da raggiungere, lo stato dei lavori e, finalmente, il masterplan. Lucio Stanca, presidente So.Ge. spa mette subito sul tavolo la principale sfida di Expo 2015: coniugare il tema della nutrizione con il Piano, ossia avere dei buoni contenuti, ma che non siano separati dai contenitori. Mentre tutti si chiedono quale sia la tempistica e se Milano non sia già in ritardo nella programmazione e nell’attuazione dei progetti, Stanca risponde che
si stanno rispettando i tempi previsti e che il Piano dovrĂ essere pronto per l’approvazione del BIE nell’aprile 2010. Solo ad approvazione avvenuta, nell’autunno del 2010 si passerĂ alla fase attuativa. Franco Raggi non perde l’occasione per sottolineare come il masterplan sia un concetto che però bisogna pensare di concretizzare altrimenti, dice, si sarebbero potuti realizzare un film o un’enciclopedia sulla nutrizione. Il masterplan di oggi è molto diverso da quello della candidatura, questo è molto piĂš un concept plan, ma Raggi non si stanca di chiedere che, concretizzandosi, tenga conto del riutilizzo per il dopo Expo, come abbiamo ben visto nel ciclo di conferenze che hanno preceduto questa serata. Dopo tale suggerimento Franco Raggi passa la parola a Stefano Boeri, progettista del masterplan insieme a Richard Burdett, Joan Busquets, Jacques Herzog e William McDonough, coadiuvati da Claudia Sorlini e Carlin Petrini. Due sono le domande che i progettisti si sono posti prima di iniziare il lavoro: ha ancora senso, nell’epoca di internet e della globalizzazione, far convergere tutto il mondo in un unico punto? E ancora, perchĂŠ Milano? senza ombra di dubbio hanno risposto che “sĂŹ, ha senso se si parla di nutrizioneâ€? e che “Milano ha tutte le carte in regola in quanto è una capitale europea insediata in un territorio agricoloâ€?. Quindi il progetto mira, sintetizza Boeri, a realizzare qualcosa che invogli la gente ad essere qui per avere esperienze dirette per la produzione del cibo e la sua trasformazione. Per il sito di Expo 2015 si è quindi esclusa l’idea della monumentalitĂ dell’architettura, mentre si punta a fare del paesaggio la monumentalitĂ stessa del luogo. Il sito è concepito come un grande orto botanico interplanetario. Claudia Sorlini (Preside della FacoltĂ di Agraria di Milano) entra piĂš nel dettaglio di come verrĂ realizzato quest’orto interplanetario: 5 grandi serre (serre madri) rappresenteranno l’evoluzione dei diversi ecosistemi del mondo. I temi da affrontare sono tanti, come dice Sandels Navarro nel suo intervento, introdotto da un filmato di produzione giappo-
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nese sulle interconnessioni tra abitare e nutrirsi, e dobbiamo approfittare di Expo 2015 per mutare lo stato di necessitĂ della nutrizione in opportunitĂ : nutrirsi e abitare, uniche discipline sia umanistiche che scientifiche. Secondo Franco Raggi, in questo mastreplan le idee sono ben legate al tema della nutrizione, però fa notare come ci siano stati anche altri input durante il ciclo di conferenze di quest’estate, come ad esempio un’ipotesi diffusa di eventi, di cui è sostenitore Emilio Battisti. Intervenendo, Battisti richiama il concetto degli eventi fuori salone che fanno di Milano una capitale assoluta mondiale in questo genere di manifestazioni. Si possono considerare, chiede infine Battisti, le aree limitrofe al sito Expo come potenziali aree di sviluppo successiva all’evento? Lucio Stanca risponde che il Piano è ancora in elaborazione e che si valuterĂ attentamente quali modalitĂ di realizzazione seguire, ma che giĂ tanto è stato fatto, e peraltro molto apprezzato dal BIE, per introdurre un nuovo modo di pensare l’Expo anche in relazione alla prossima Expo di Shangai. L’obbiettivo è il successo della manifestazione e non la sperimentazione. Una voce rappresentante degli “Expo scetticiâ€? è data dall’Ing. Claudio De Albertis, presidente dell’Assimpredil, che si chiede quali saranno le conseguenze di Expo 2015 sullo sviluppo futuro di Milano. Si chiede se nel 2030 Milano potrĂ competere con Tunisi o con Londra, visto anche il finanziamento insufficiente per-
fino per le infrastrutture. I sassi che De Albertis lancia nello stagno sono molti: bisogna intraprendere un dialogo competitivo con le imprese private, il sito dovrebbe essere a costo zero agevolando le iniziative private con vantaggi fiscali, la collocazione di Expo 2015 dovrebbe essere inserita all’interno delle dinamiche nel PGT. De Albertis chiede un disegno preciso, una strategia e le norme per comporre il quadro d’azione in cui muovere i capitali privati. Ribadiscono ottimismo sia Lucio Stanca che Stefano Boeri: la grande macchina di Expo 2015 è stata messa in moto sui giusti binari e molto c’è ancora da fare. Non è detto che la città accetterebbe l’iniziativa privatistica e i tempi obbligati possono solo essere un vantaggio per Milano. Barcellona o Torino sono stati esempi positivi e il parco Biotematico innesterà una rendita differenziata anche sulle aree limitrofe. Non mancano le numerose domande dei presenti in sala che volgiono spiegazioni, dettagli, sapere come sarà tecnicamente possibile conciliare diversi tempi di maturazione delle colture, sapere il come e il quando‌ L’Ordine degli Architetti PPC non mancherà di creare altre occasioni ed approfondire lo stato di avanzamento dei lavori Expo. L. T.
Gentile redazione vi segnalo una petizione volta alla salvaguardia di un’opera da me progettata a partire dal 1963. Si tratta degli uffici INCISA che hanno ben rappresentato, per oltre quarant’anni, un momento significativo della mia architettura. È d’imminente attuazione, però, un’iniziativa di carattere speculativo che prevede l’alterazione e la possibile demolizione della palazzina, per insediare, al suo posto, un complesso di edilizia residenziale. Se l’azione giungesse a compimento assisteremmo ad una nuova violenza su un’opera di architettura moderna di forte rilievo urbano. Il significato di questa lettera è quello di rivolgermi ai cultori dell’architettura affinché quest’opera venga preservata per la comprensione e valorizzazione dell’“architettura che è venuta dopo” e ciascuno difenda l’INCISA come baluardo di quell’avventura fiorita nel primo dopoguerra, che risulta indispensabile per la comprensione della cultura della continuità del “moderno”.
Errata corrige Segnaliamo che per un disguido tecnico sono state invertite le didascalie delle due foto della colonna a destra, pagina 13, di AL 8/9. L’edificio di Piero Bottoni e Mario Pucci è stato attribuito a Mario Cereghini e viceversa.
Ho inoltrato alla Sovrintendenza la richiesta di vincolo per ottenere un riconoscimento di importante carattere artistico, ai sensi dell’Art. 20 della Legge 633/41, ed ora la documentazione è stata inviata al Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arti contemporanee – Sezione V, Architettura e arte contemporanee, di Roma, che ha comunicato l’avvio del procedimento e la sospensione del titolo abilitativo per 150 gg. In questa fase sto cercando di raccogliere adesioni e sensibilizzare l’opinione dei cultori dell’architettura, affinché l’iter di salvaguardia abbia un esito positivo. È anche possibile aderire ad una raccolta firme on-line, cliccando il link di seguito indicato, e aggiungendo nei commenti i riferimenti di un documento di identità, necessari affinché la sottoscrizione abbia un valore legale: <http://www.petitiononline.com/mod_perl/signed. cgi?cortesi&amp;1http://www. petitiononline.com/mod_perl/signed.cgi?cortesi&1> Aurelio Cortesi Parma, 28 ottobre 2009
A proposito dell’Expo La società EXPO 2015 sta gestendo al meglio una situazione assai difficile. Il mondo intero ci aspetta al varco con “Feeding the planet, energy for life”: tema fondamentale dell’EXPO 2015. Sembra, però, che non si riesca ad ottenere un “coordinamento sinergico” che coinvolga, sin da ora e oltre il 2015, tutti i paesi interessati. Sembra che si voglia accentrare tutto sul sito Milanese, trascurando le richieste nel resto del mondo. È chiaro che siano controllate le spese equilibrandole sui milioni di biglietti d’accesso. È chiaro che moltissime infrastrutture saranno eseguite nella Metropoli al più presto possibile nei limiti di bilancio di ogni Ente preposto. È chiaro che si debbano assicurare in breve tempo opere strategiche per l’EXPO. È chiaro che i limiti del masterplan non vengano stravolti inficiando la gara EXPO. Però ritengo che ogni progetto esecutivo debba essere approfondito, in modo concorde e coordinato, integrando il masterplan con progetti che servano ad aiutare
il mondo a “produrre ACQUA” in ogni territorio che ne abbia bisogno. Le “vie d’acqua” del progetto originario masterplan fanno parte inscindibile dell’EXPO 2015. Non è possibile realizzare tutto in poco tempo, ma dobbiamo dimostrare di poter realizzare seriamente tanti progetti in ogni parte del mondo nei tempi e nei modi esecutivi. Dobbiamo cercare un modello EXPO che possa esser realizzato (anche non immediatamente) ma che interessi la modifica dei territori con laghi fiumi e canali. Piani urbanistici che sviluppino l’agricoltura in ogni sua fase. Dobbiamo quindi coinvolgere “TUTTI” affinché ci aiutino a scoprire soluzioni future utili a tutto il mondo. Inventare soluzioni meravigliose, anche non realizzabili in breve tempo. Vere sfide in tutti i campi! Abbiamo bisogno di Architetti, Ingegneri e Costruttori che sappiano dare ACQUA ove continua progressivamente a mancare! Questo sperava il mondo assegnandoci l’EXPO per il 2015. Questo spera ancora il mondo! %UGENIO ,UXARDO Milano, 30 ottobre 2009
51 INFORMAZIONI LETTERE E COMMENTI
Petizione per Uffici INCISA, Parma
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica
Gennaio Febbraio Marzo
2006
1590 1589,76 1593,53 1596,04 1599,81 1620 1613,62 1617,39 1619,9 1622,41 1660 1670 1660,08 1663,85 1672,64 1676,41 1690 1685,2 1688,97 1688,97 1692,73
2007 2008 2009
52
Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell’indice - novembre 1969: 100
Anno
Aprile
Maggio
Luglio
Agosto
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
1610 1609,85 1612,37 1612,37
1634,97 1637,48 1637,48 1700 1690 1700,27 1701,52 1697,76 1700 1696,50 1699,01 1699,01 1705,29 1700,27
1600 1610 1609,85 1611,11 1640 1642,5 1648,78 1697,76 1691,48
1612,37 1650 1655,06 1680 1688,97
n.b. Il valore da applicare, arrotondato alla diecina inferiore, è quello, in grassetto collocato nella parte superiore delle celle, immediatamente precedente al momento dell’assegnazione dell’incarico
2) Tariffa stati di consistenza Anno
2007
INDICI E TASSI
Giugno
1600 1604,83 1606,09 1630 1627,44 1631,2 1680 1690 1685,2 1692,73
Gennaio Febbraio Marzo
(in vigore dal dicembre 1982) anno 1982: base 100
Aprile
Maggio
Giugno
278,85
279,5
279,93
286,87
287,53
289,04
280 280,36 281,23 281,88 290 289,7 291,21 292,52
291,21
291,87
291,87
292,52
2008
Luglio
Agosto
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
282,53
282,97
282,97
283,84
284,92
286,01
293,82
294,04
293,38
293,38
292,3
291,87
293,6
294,69
293,82
2009 293,17
293,6
n.b. I valori da applicare sono quelli in neretto collocati nella parte superiore delle celle
3) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno
2007 2008 2009
Gennaio Febbraio Marzo
123,32 126,87 128,79
123,60 127,15 129,07
Aprile
123,80 127,83 129,07
Maggio
123,99 128,11 129,36
anno 1995: base 100 Giugno
124,37 128,79 129,65
Luglio
124,66 129,36 129,84
124,95 129,94 129,84
Agosto
giugno 1996: 104,2
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
125,14 130,03 130,32
125,14 129,75 129,94
125,52 129,75
4) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 5) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
2007 2008 2009
Gennaio Febbraio Marzo
113,31 116,57 118,34
113,58 116,84 118,60
Aprile
113,75 117,46 118,60
Maggio
113,93 117,72 118,87
Giugno
114,28 118,34 119,13
Luglio
114,55 118,87 119,31
114,81 119,40 119,31
6) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
2007 2008 2009
Gennaio Febbraio Marzo
118,76 122,18 124,02
119,03 122,45 124,30
Aprile
119,22 123,10 124,30
Maggio
119,40 123,38 124,58
Giugno
119,77 124,02 124,86
120,05 124,58 125,04
120,33 125,13 125,04
2002 105,42
2003 108,23
8) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
2000 113,89
2001 117,39
2000 105,51
2001 108,65
Agosto
114,99 119,22 119,40
115,34 119,22
120,51 124,95 125,13
2003 123,27
2002 111,12
2003 113,87
116,22 118,60
gennaio 1999: 108,2
120,88 124,95
2006 114,57
121,34 124,49
121,81 124,30
gennaio 2001: 110,5 2007 116,28
anno 1995: base 100 2002 120,07
115,78 118,78
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
120,51 125,23 125,50
2005 112,12
2008 119,63
2009 121,44
novembre 2001: 110,6
2004 125,74
9) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
114,99 119,48 119,75
anno 2001: base 100
2004 110,40
126,48 129,07
dicembre 2000: 113,4
anno 1999: base 100 Luglio
7) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
Agosto
126,00 129,27
2005 127,70
2006 130,48
anno 1997: base 100
2004 116,34
2005 118,15
2006 120,62
2007 132,44
2008 136,26
2009 138,32
febbraio 1997: 105,2 2007 122,43
2008 125,95
2009 127,85
Tariffa P.P.A. (si tralascia questo indice in quanto non più applicato) Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, relativo agli ultimi anni, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa. Dal 2004 determinato dalla Banca Centrale Europea. Provv. della B.C.E. (4.12.08) dal 10/12/08 2,50% Provv. della B.C.E. (15.1.09) dal 21/1/09 2,00% Provv. della B.C.E. (5.3.09) dal 11/3/09 1,50% Provv. della B.C.E. (2.4.09) dal 8/4/09 1,25% Provv. della B.C.E. (7.5.09) dal 13/5/09 1,00% Con riferimento all’art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto. dal 1.1.2007 al 30.6.2007
3,58% +7
10,58%
dal 1.7.2007 al 31.12.2007
4,07% +7
11,07%
dal 1.1.2008 al 30.6.2008
4,20% +7
11,20%
dal 1.7.2008 al 31.12.2008
4,10% +7
11,10%
dal 1.1.2009 al 30.6.2009
2,50% +7
9,50%
Comunicato (G.U. 30.7.2007 n° 175) Comunicato (G.U. 11.2.2008 n° 35)
Comunicato (G.U. 21.7.2008 n° 169) Comunicato (G.U. 2.2.2009 n° 26)
per valori precedenti consultare il sito internet del proprio Ordine.
Comunicato (G.U. 28.8.2009 n° 199) dal 1.7.2009 al 31.12.2009
2.256 iscritti dell’Ordine di Bergamo; 2.273 iscritti dell’Ordine di Brescia; 1.656 iscritti dell’Ordine di Como; 678 iscritti dell’Ordine di Cremona; 915 iscritti dell’Ordine di Lecco; 399 iscritti dell’Ordine di Lodi: 669 iscritti dell’Ordine di Mantova; 11.710 iscritti dell’Ordine di Milano; 2.360 iscritti dell’Ordine di Monza e della Brianza;
844 iscritti dell’Ordine di Pavia; 357 iscritti dell’Ordine di Sondrio; 2.220 iscritti dell’Ordine di Varese. Ricevono inoltre la rivista:
90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia;
Interessi per ritardato pagamento
Comunicato (G.U. 5.2.2007 n° 29)
La rivista AL, fondata nel 1970, oggi raggiunge mensilmente tutti i 26.337 architetti iscritti ai 12 Ordini degli Architetti PPC della Lombardia:
1% +7
8,00%
Per quanto riguarda: Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’Art. 81 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani consultare il sito internet dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano. Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.
1.555 Amministrazioni comunali lombarde;
Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.