AL 11, 2003

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novembre 2003

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Grandi progetti

Mensile di informazione degli Architetti Lombardi Ordini degli Archit et t i delle Province di: Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi M ant ova M ilano Pavia Sondrio Varese

Consult a Regionale Lombarda degli Ordini degli Archit et t i via Solf erino, 19 - 20121 M ilano Anno 25 - Sped. in a.p. - 45% art . 2 comma 20/B - Legge 662/96 - Filiale di M ilano



AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 11 Novembre 2003

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Forum Grandi progetti interventi di Giulio Barazzetta, Emilio Battisti, Claudio De Albertis, Patrizia Gabellini, Marco Lanata, Gianni Verga Brescia Como Lecco Lodi M antova M ilano Pavia Sondrio Varese

Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti

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Argomenti

Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Martina Landsberger, Sonia Milone

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Concorsi

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Professione e aggiornamento Legislazione Strumenti

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Informazione Dagli Ordini Lettere Stampa Libri, riviste e media M ostre e seminari

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Itinerari

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Indici e tassi

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Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones

Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL)

Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 23.050 copie Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini) € 3,00 In copertina: via R. Pitteri, Milano (foto Marco Introini). Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL .

Editoriale

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Sommario

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174

w w w . consult a lom b a r d ia . a r chiw or ld . it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente e Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)


Maurizio Carones

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Editoriale

Parlare, in questo numero, di “ grandi progetti” può forse contribuire ad una comune riflessione su come nelle città stia avvenendo un processo di trasformazione di rilevanza storica, occasione probabilmente irripetibile per la città contemporanea. Da una parte infatti, la città costruita, caratterizzata da una estrema parzializzazione della proprietà immobiliare, con edifici in maggioranza a proprietà condominiale, estremamente frammentati, è tendenzialmente statica: la trasformazione riguarda l’interno degli edifici, la loro dotazione impiantistica, la distribuzione, la funzione, oppure singole loro parti – ad esempio, recentemente, i sottotetti. Dall’altra parte la città dispone di grandi aree unitarie un tempo dedicate ad attività produttive, a funzioni istituzionali e civili oggi da ricollocare, a complessi infrastrutturali in via di ridefinizione; aree che si sono rese, o si stanno rendendo, libere e che la città sta provvedendo, non senza qualche inerzia, sia di tipo temporale che culturale, a trasformare. Queste trasformazioni – la cui straordinarietà è anche legata alla unicità di intervento consentita da una proprietà ancora indivisa, spesso pubblica – nonostante la loro portata storica, stanno avvenendo senza un grande coinvolgimento della cittadinanza che, ad esempio, sulla Bicocca discute forse più sul teatro degli Arcimboldi che non sulla intera sostituzione degli ex stabilimenti Pirelli, una delle più grandi ristrutturazioni urbanistiche della recente storia urbana europea. La conoscenza di queste aree in trasformazione è infatti sommaria, c’è chi confonde la Bovisa con la Bicocca, con il serio convincimento che la città “ vera” stia da un’altra parte, in quelle zone di “ prestigio” , ambite da tutti ed invece precluse al reale uso da parte di una grande quantità di cittadini. A ciò corrisponde l’atteggiamento di chi pensa che la periferia sia il “ problema della città” – e il recente dibattito sulla questione delle periferie, modesto se considerato dal punto di vista dell’architettura e degli studi urbani che da anni si conducono su queste parti di città, lo dimostra: una mentalità che è lontana dalle vicende della città moderna e contemporanea e che non può essere ammessa da parte di chi invece studia la città e l’architettura e opera su di essa. Nostro compito di architetti è infatti cercare di partecipare, al di là di ogni “ crisi del piano” o “ crisi del progetto” , a questa trasformazione della città, innanzitutto guardando ad essa come un fenomeno di grande interesse architettonico ed urbano. E se è vero che tali grandi progetti sono spesso determinati da meccanismi economici e finanziari che a volte sfuggono anche agli stessi addetti ai lavori, essi costituiscono in ogni caso la grande occasione di riforma urbana del nostro tempo, a cui forse, almeno nel dibattito, è giusto che tutti partecipino. La città, i cui limiti e contorni sono in fase di radicale mutazione, assume una scala territoriale che spesso gli enti amministrativi non riescono più, non solo a governare, ma neanche a rappresentare e che invece viene spesso intercettato dalle dimensioni di questi “ grandi progetti” . Il nostro sguardo di architetti, di urbanisti deve allora andare a cercare di capire con grande attenzione e curiosità intellettuale, senza pregiudizi verso fenomeni che probabilmente ridefiniscono l’idea stessa di città, quali siano le trasformazioni in atto, cercando d’altra parte di affermare con determinazione come, sia comunque l’architettura che può portare la qualità in questa nuova città.


Grandi progetti

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Il forum di questo numero, curato da Giulio Barazzetta, è composto dagli interventi di Emilio Battisti, professore ordinario presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, Claudio De Albertis, presidente dell’ANCI, Patrizia Gabellini, professore straordinario di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura Urbanistica e Ambiente del Politecnico di Milano, Marco Lanata, vice direttore Centrale Asset Management della Pirelli Real Estate e Gianni Verga, assessore all’urbanistica del Comune di Milano. Ringraziamo il curatore e gli intervenuti per i loro contributi.

Per un dibattito sulla trasformazione urbana di Giulio Barazzetta Il Forum di questo numero si colloca nella discussione sulla trasformazione delle nostre città nel territorio della metropoli contemporanea. Abbiamo chiesto a ciascun contributo di rappresentare in poche righe le riflessioni dei diversi attori di questi processi: l’Amministratore, il Promotore, il Costruttore, l’Urbanista e l’Architetto, esprimendo il proprio punto di vista sullo stato attuale del cosiddetto grande progetto di trasformazione urbana. Naturalmente la figura di fondo di questa rappresentazione risulta essere Milano con la sua area metropolitana. Una città ormai estesa anche alle province limitrofe, che è comunque città – per storia e carattere originale – policentrica. Divenuta metropoli a scala regionale essa si ripete, con le differenze dei singoli casi, nella diffusione delle forme metropolitane contemporanee in vari luoghi del territorio lombardo. Il protagonista che appare in questa scena – in alcuni testi evocato direttamente, in altri indirettamente sollecitando un azione maggiormente consapevole alle pubbliche amministrazioni – è il piano. Non più un paralizzante spettro normativo ma una sorta di pietra di paragone per la valutazione dei progetti di scala urbana nel disegno della città. Questi contributi – non disgiunti dalle pubblicazioni degli ultimi due anni cui rimandiamo – ci permettono di intravedere la conclusione di una tappa nella discussione in corso. Tappa in cui misurare quanto accaduto e ri–indirizzare gli atti e le proposte del nuovo verso un’urbanistica che sia già all’interno di un quadro di efficaci strategie condivise e stia nella rappresentazione delle tracce e delle risorse dell’esistente. Alla discussione in atto – sino ad ora rivolta innanzitutto alla conoscenza della realtà urbana del nostro tempo e

ai suoi orizzonti – dobbiamo adesso chiedere di divenire una vera e propria trama di contributi che intrecci la cultura della nuova città a una sua nuova forma politica. Da parte nostra l’obiettivo è utilizzare concretamente – anche semplicemente in un modo più efficace di discutere e di comunicare – il patrimonio di studi e contributi che sono propri agli architetti, serrando il dialogo con gli amministratori e gli operatori. Un dialogo che abbiamo contribuito a riavviare e che vogliamo continuare, discutendo delle cose, valutandone i risultati. Un giudizio che rischia di essere inutile se non avviene guardando la realtà della modificazione metropolitana e quella dei cantieri dei progetti urbani di questi anni. Osservando con attenzione fatti e proposte, considerando ciò che rimane dei singoli interventi in termini di edificazione e di urbanistica nel rapporto con un territorio fatto da insediamenti eterogenei e reti infrastrutturali. Un esame della qualità urbana intesa come ricerca della configurazione della città nuova in ciò che viene reso come permanenza alla comunità che la abita. Una qualità degli edifici ma soprattutto dello spazio pubblico, insomma della forma e della vita possibile delle nostre città.

La trasformazione urbana dell’area metropolitana milanese di Emilio Battisti Dopo aver registrato per almeno tre decenni un grande ritardo nel proprio sviluppo rispetto alle altre grandi città europee, Milano si è messa più recentemente al loro inseguimento, emulandole senza alcuna seria riflessione su come sfruttare e trasformare in qualità urbana e di vita la propria condizione di supposta arretratezza. Negli ultimi anni essa ha avviato una serie di interventi di notevole vastità e portata. La giunta di centro destra ha, infatti, ripreso molte delle iniziative lasciate incompiute dalle precedenti amministrazioni e ne ha varato di nuove e impegnative attraverso concorsi e gare che hanno interessato, a differenti scale, molti punti della città. Ciò si è potuto verificare anche a causa della revisione della strumentazione urbanistica attuativa che, oltre a venir semplificata, ha dato alle forze imprenditoriali e agli interessi privati la possibilità di esprimersi in merito a questioni di importanza generale, che in precedenza erano definite esclusivamente in ambito pubblico. Questo potrebbe essere considerato un fatto positivo se non ci fosse stata una sostanziale abdicazione da parte dello Stato e delle amministrazioni locali rispetto al proprio ruolo e alle proprie competenze e se la deregulation e il marketing urbano non avessero preso il posto dell’urbanistica e del Piano Regolatore. Non è possibile in poche righe fare un bilancio dello stato di trasformazione dell’area metropolitana milanese, e


Via Castellammare, Milano (foto Marco Introini).

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tanto meno situarlo nel quadro più generale della città europea, ma va almeno osservato che Milano, a differenza di altre grandi città, non ha un governo metropolitano e, quindi, tutto quanto viene attuato all’interno dell’area metropolitana ha un alto grado di casualità. Ciò che oggi avviene a Sesto San Giovanni è probabilmente più importante di quanto si sta verificando entro i confini comunali di Milano, ma non può essere considerato entro una logica integrata che consenta di ottimizzare le scelte e attuare una vera strategia. Ma anche limitandosi al solo territorio del capoluogo lombardo, benché siano in atto una pluralità di trasformazioni localmente significative, non si riesce a prevedere in che direzione la città stia andando e come essa potrà essere tra cinquant’anni. Si sente oggi riparlare con una certa insistenza di mettere mano al Piano Regolatore più che altro per sciogliere gli ultimi vincoli che ancora sussistono. Non ho nulla in contrario, in termini di principio, a che ciò avvenga. Purché il piano possa tornare a essere ciò che è stato prima dell’avvento dello zoning: essenzialmente uno strumento per definire la forma della città e la qualità degli spazi urbani. Proprio a questo dovrebbe, infatti, a mio parere, servire un Piano Regolatore. E per essere tale, esso dovrebbe avere una validità di durata ben maggiore di quella che

gli si attribuisce e non impegnarsi assolutamente a definire aspetti di dettaglio, che dovrebbero invece essere regolati in base all’insorgere delle esigenze e dei bisogni. Credo che un piano urbanistico in grado di fissare gli elementi fondamentali dello sviluppo urbano dovrebbe durare almeno un secolo, e attorno a esso, tenuto per fermo, dovrebbero maturare tutte le scelte di definizione delle differenti parti della città e delle varie funzioni urbane che, nel tempo, dovrebbero trovare conveniente dislocazione e corretti rapporti con il contesto urbano e territoriale anche rispetto alla differenti alternative di governo della città. Che non si verifichi come in passato, che piani attuati parzialmente si sono sovrapposti senza alcuna logica, dando luogo alle situazioni paradossali che tutti conosciamo: edifici che troncano strade, cortine edilizie che, a tratti, rispettano differenti allineamenti, vuoti urbani che non hanno alcuna logica e una periferia senza qualità urbana. Ma questa sembra essere proprio una pia illusione perché, invece, oggi si verifica che, da una parte, il governo condona gli abusi edilizi e, dall’altra, il Sindaco di Milano si affida a un’occasione aleatoria come le Olimpiadi per sperare di poter affrontare, con scadenza al 2012, le questioni strutturali che avremmo dovuto risolvere già da decenni.


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Infrastrutture e città di Claudio De Albertis L’opinione pubblica dell’ultimo periodo dibatte su due argomenti: infrastrutture da un lato, città da riqualificare dall’altro. Una premessa è d’obbligo: i due temi devono essere trattati insieme. “ Infrastrutture e città” per il riequilibrio nodale del territorio. D’altronde, ciò che mi sento di dire di fronte alla separazione dei dibattiti, è che abbiamo massacrato il nostro Paese con i luoghi comuni molto più che con la speculazione. Una delle cause principali del degrado è la modestia degli obiettivi dei nostri piani urbanistici: da essi nascono interventi caratterizzati dall’assenza dell’idea di città contemporanea. Ma la partita della competizione deve ancora essere giocata in chiave europea: si tratta di porre al centro della pianificazione urbanistica il tema della qualità e funzionalità degli insediamenti, esigenza che è dell’economia non meno che della società nel suo complesso. Quando si è abituati ad un piano che tutto disciplina in maniera astratta è difficile affrontare la sfida dell’elaborazione di nuove regole generali per la gestione del piano, da adattare in progress alle mutevoli esigenze della società, fermo restando un quadro strutturale di riferimento che disciplini e prevenga le contraddizioni urbane. C’è bisogno di una politica rivolta alla domanda esterna (turismo, business) che potrebbe essere maggiormente attratta ad insediarsi o semplicemente ad utilizzare i servizi della città. Io propongo una lettura del territorio in chiave integrata. La politica territoriale deve assumere non solo i caratteri della definizione degli usi dei suoli o delle dotazioni infrastrutturali ma quelli specifici del mercato. Tutto ciò passa attraverso tre condizioni: • una funzione pianificatoria rinnovata deve principalmente rivedere gli assetti, anche senza stravolgerli, al fine di precostituire importanti opportunità di sviluppo; • snellire è essenziale ed è un concetto ben diverso dalla deregulation selvaggia e dalla deroga che perpetuano la rendita valutativa dell’amministrazione; • urbanistica vuol dire proprio politica della città ossia fissazione di obiettivi strategici da parte del pubblico ed elaborazione di progetti mirati da parte dei privati nell’ambito di una filiera di compatibilità. Si tratta di condizioni imprescindibili per reggere le sfide della globalizzazione dei mercati e per rafforzare la capacità delle economie locali di realizzare strategie competitive. Non è d’altronde pensabile che ciò non richieda significativi interventi sul territorio, rispettosi delle compatibilità ambientali e compensati dal riutilizzo delle aree. Queste finalità emergono dall’urbanistica milanese dell’ultimo periodo, informata a “ vendere la città” facendone emergere l’identità e fornendole un “ marchio” distintivo.

Si sono consolidati, e al contempo valorizzati, i poli della finanza, delle università, dell’editoria, della moda, del design, ad esempio. I fondi immobiliari investono nella città con sempre maggiore frequenza. Qualificati soggetti internazionali partecipano ai concorsi di progettazione delle opere pubbliche. Tutto ciò porta alla ribalta una città che tra l’altro non è capitale istituzionale. E ancora di più si può fare per porre Milano alla pari con gli altri competitor stranieri (Francoforte, Bilbao, Barcellona). Manca, infatti, il riutilizzo della città. Occorre un sistema di accessibilità, infrastrutture, ricettività alberghiera, intrattenimenti, servizi in generale, che invogli il “ fruitore” della città, stanziale ed occasionale, a viverla secondo più funzioni. La partita si gioca sul binomio attrattività/accoglienza.

Tre momenti di una stagione urbanistica di Patrizia Gabellini Il progetto urbano si è imposto come fondamentale dispositivo per la ristrutturazione delle città e dei territori europei, caricandosi di attese e assumendo progressivamente le caratteristiche di strumento integrato. A Milano questa stagione che ha visto affermarsi l’operazione parziale, fattibile, “ strategica” , dal punto di vista urbanistico si è aperta con la scelta del Documento direttore del Progetto Passante di affidare a una infrastruttura e a singoli progetti d’area il riassetto della città. Operando una forte semplificazione, e in maniera tentativa, propongo di distinguere tre momenti di questa stagione, significativamente diversi per il modo di affrontare la grande trasformazione. Il primo mi sembra contrassegnato dallo scandalo suscitato dal Progetto Passante che, conferendo carattere informale alla costruzione delle strategie e selezionando decisamente le aree passibili di intervento, metteva il piano urbanistico fra gli strumenti non più utili e necessari e distribuiva in maniera ineguale le opportunità di valorizzazione urbana. L’avversione di alcuni urbanisti e la diffidenza di altri fu sostenuta dal convincimento che la logica “ sequenziale” e “ adattativa” dei grandi progetti fosse inconciliabile con quella “ comprensiva” della pianificazione. Il contributo che venne da quel confronto fu soprattutto teorico: consentì di approfondire le relazioni tra piano e mercato, i meccanismi decisionali, l’asimmetria tra i tempi della decisione e quelli della costruzione della città, la rilevanza di un’immaginazione figurativa che desse forma alle attese di trasformazione e prefigurasse gli esiti fisici delle scelte urbanistiche. Un secondo momento mi sembra quello della presa d’atto di un necessario cambiamento nelle pratiche e negli strumenti d’intervento.


Via F. Gonin, Milano (foto Marco Introini).

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A metà degli anni novanta due proposte urbanistiche, Nove parchi per Milano e Indicazioni per i programmi di riqualificazione urbana, hanno cercato di intercettare i singoli progetti di trasformazione riconducendoli a un disegno urbano, a una logica di funzionamento, a comuni regole procedurali. Nella loro diversità e con le loro aporie, queste due proposte si sono confrontate col cambiamento, attingendo da differenti culture disciplinari e combinandone alcuni ingredienti. Se ne è discusso poco o sbrigativamente mentre l’attenzione si spostava sui programmi, sulle questioni attinenti alla qualità abitativa degli ambienti costruiti con le nuove regole e con la pretesa di esprimere una diversa cultura della città. Considero quelle “ prove” di pianificazione decisive nel delineare un nuovo profilo sia del piano urbanistico sia del progetto urbano. Poi l’azione entro un’architettura istituzionale tesa a ricomporre acquisizioni teoriche ed esperienze. Con le recenti leggi regionali si è compiuto il tentativo di dare una cornice istituzionale alla molteplicità delle operazioni immobiliari che investono la città: documenti d’inquadramento e piani dei servizi “ flessibili” dovrebbero portare a sistema i tanti programmi integrati di intervento, grandi e piccoli progetti che cambiano forme, usi, relazioni del-

l’insediamento urbano. Il confronto teorico sul Documento d’inquadramento milanese è stato di nuovo acceso, ma molte decisioni rilevanti sono già prese, i progetti già redatti, le procedure fissate, così che i princìpi dovrebbero lasciare il passo ad approfondimenti, aggiustamenti, revisioni. Questo sta in parte avvenendo. Difficile stabilire relazioni certe di causa ed effetto tra questa costruzione controversa del quadro entro cui comporre i progetti di trasformazione e il ritardo col quale Milano ha aperto i cantieri rispetto a città europee dello stesso rango. È certo, però, che la cornice resta vaga e lacunosa perché la multiscalarità delle trasformazioni, ignare dei confini amministrativi, non ha luoghi e modi per essere progettata, condivisa e sorvegliata; i raccordi fisici e funzionali tra le parti, decisivi per la qualità dell’abitare, sono trascurati; la formazione di una “ città del consumo” è avvenuta in assenza di una strategia consapevolmente costruita e non si lavora per comprenderne la facies territoriale. Non è chiaro, dunque, in che cosa consista la messa a sistema che anche l’Amministrazione ritiene necessaria. Un urbanista ha più ragioni per esprimere insoddisfazione, ma trova anche concreti spazi per attivare le sue tecniche e le sue abilità da esperto.


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Il punto di vista di un promotore immobiliare relativamente alla riconversione di aree dimesse

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di Marco Lanata Nei prossimi 10-15 anni le città italiane potrebbero rivivere un altro di quei periodi storici che fortemente caratterizzano la morfologia e la qualità urbana; nel passato, più o meno recente, si sono avute fasi di questo tipo, nella riconversione del dopoguerra, nel ventennio fascista e nel periodo umbertino, non sempre con risultati positivi. Si stanno, infatti, rendendo disponibili per la loro riconversione aree industriali, ferroviarie, caserme, aree demaniali, le cui superfici complessive molto spesso sono superiori a quelle dei centri storici e che, generalmente, sono ubicate in ambiti centrali o semicentrali di grande pregio. In altri paesi europei si sono già attuati numerosi programmi di riconversione di aree dismesse, in generale si può distinguere tra paesi (Francia ed Olanda, per esempio) che hanno utilizzato un modello di intervento “ pubblico” ed altri (Gran Bretagna, per esempio) che hanno utilizzato un modello più privatistico. Nel primo caso è necessario avere adeguati strumenti normativi sufficientemente rodati (in Francia le società di Economia Mista operano da più di 40 anni) ed una forte Amministrazione Pubblica, nel secondo caso è essenziale la presenza di un mercato di Promotori Immobiliari e Istituti Finanziari ben strutturato ed attrezzato per operazioni immobiliari così complesse. In Italia i pochi interventi di una certa dimensione realizzati hanno avuto un livello qualitativo generalmente basso, sia in termini di master planning che di singoli episodi architettonici. È una situazione che ci deve far riflettere, in quanto la possibilità di migliorare la qualità ambientale, infrastrutturale e di servizi delle nostre città dipende essenzialmente da come verranno riutilizzate queste aree; non vi saranno altre opportunità con queste potenzialità per molto tempo. Inoltre, in un’ottica di competizione europea crescente tra città, l’incapacità di creare “ qualità urbana” potrebbe penalizzare fortemente le nostre città non favorendo l’insediamento di funzione eccellenza o di aziende multinazionali. Queste possono essere le condizioni su cui lavorare per favorire la realizzazione e la qualità degli interventi: • avere una normativa urbanistica orientata alla “ qualità globale” del progetto, superando alcune norme (per esempio modalità di determinazione degli standards) puramente quantitative e non sensibili alla specificità delle singole aree, in tal senso peraltro dovrebbero orientarsi le previsioni della L.R. 1/2001 con l’introduzione del Piano dei Servizi;


Via F. Palizzi, Milano (foto Marco Introini).

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Via Fratelli Rosselli, Milano (foto Marco Introini).

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• rendere ancora più snelle e trasparenti le procedure di approvazione urbanistiche ed edilizie; • favorire la formazione di progettisti d buon livello attraverso un utilizzo più esteso di procedure concorsuali; • rendere più facilmente applicabile ad operazioni di riconversioni urbane uno strumento quale quello delle Società di Trasformazione Urbane (STU); • rafforzare la capacità pianificatoria e di gestione dei piani urbanistici delle strutture tecniche comunali, provinciali e regionali anche costituendo specifiche “ Agenzie Territoriali” dedicate a queste attività; • incentivare l’impiego di capitali di rischio in queste attività di riconversione delle aree dismesse attraverso agevolazioni anche di tipo fiscale. Risulta altresì essenziale la crescita di Promotori Immobiliari in grado di gestire operazioni così complesse; in tal senso, laddove si creassero le condizioni per rendere più determinabili i fattori di rischio dell’investimento e per incrementare i parametri di redditività dell’operazione, tali nuove figure di promotori potrebbero costituirsi, grazie alla notevole disponibilità di capitali per operazioni

immobiliari in Italia generata dalla disponibilità di investitori stranieri e dal costituirsi dei fondi immobiliari, ed alla possibilità, attraverso specifiche joint-venture con developer stranieri, di importare know-how. I prossimi anni potranno quindi rappresentare un momento importante nel processo di formazione delle nostre città, in tal senso il ritardo dell’Italia nell’attuare le Grandi Riconversioni Urbane potrebbe tramutarsi in un’opportunità laddove fossimo capaci di cogliere gli elementi prioritari e critici di tali esperienze adattandoli alle specificità del nostro Paese; a tal fine sarebbe auspicabile da parte dei soggetti “ chiave” di tale processo (Amministratori, Pianificatori, Operatori, Progettisti) una maggiore internazionalizzazione, con una presenza e conoscenza continua della situazione europea. Pur in questo scenario di luci ed ombre, credo si possa essere moderatamente ottimisti in quanto in questi ultimi anni si sono evidenziati dei progressi nella direzione auspicata, in particolare vi è una maggiore sensibilità da parte delle Amministrazione Pubbliche, le normative urbanistiche stanno gradualmente evolvendo verso forme


M ilano: la trasformazione delle aree dismesse di Gianni Verga Milano ha in trasformazione tutte le aree dismesse della città: 7 milioni di metri quadrati, circa 100 progetti, che vanno dalle piccole dimensioni (poche centinaia di metri quadri) fino al grande programma di Montecity – Rogoredo che, con la sua estensione di 1.200.000 mq è, oggi, il più grande intervento di riqualificazione urbana di tutta Europa. Si tratta di processi di trasformazione che stanno interessando porzioni particolarmente significative e delicate della città: se pensiamo, ad esempio, al grande spicchio di Milano che sta tra i due Navigli principali e l’immediato contorno, vediamo che le direttrici che ruotano intorno a questi Navigli, a via Savona e via Tortona (che sono state innescate dal grande intervento di trasformazione dell’Ansaldo) hanno generato e stanno generando lo svilupparsi di una serie di iniziative significative specialmente nel settore della moda, del design, della creatività. La trasformazione dell’area, di 325 mila mq, di Garibaldi Repubblica è un altro intervento di grande importanza. È una trasformazione che coinvolge l’area abbandonata più centrale della città e che vede l’intervento dell’architetto César Pelli per il master plan, l’investimento di un gruppo di rilevanza internazionale come Hines e il coinvolgimento di grandi paesaggisti italiani e stranieri per la progettazione del Campus, il polmone verde attorno al quale sorgerà la Città della Moda e il Polo Istituzionale. Queste trasformazioni sono state rese possibili grazie ad una Legge Regionale del ’99 e a un Documento di Inquadramento delle politiche urbanistiche milanesi del 2000, elementi che hanno stabilizzato quell’insieme di esperienze che la città aveva maturato in 15 anni, ovviando alla rigidità del Piano Regolatore. Se è vero, però, che Milano, grazie a queste trasformazioni sta cominciando a riposizionarsi sul piano internazionale e a riconquistare il ruolo che aveva negli anni ’60 (quando era in competizione con Bruxelles per diventare la capitale d’Europa), è anche vero che la credibilità e la capacità di una città di stare sul mercato dipende soprattutto dalla sua offerta di servizi. Una città, infatti, sa essere efficiente, credibile attrattiva, competitiva, equilibrata quando funziona nel suo complesso. Milano, invece, troppo spesso ricorre alle targhe alterne, subisce

congestioni sul territorio, carenze di asili nido, di strutture per anziani e di spazi a verde pubblico presentandosi come una città che non ha ancora tutte le carte in regola. La dotazione di servizi di base, con priorità a quelli riguardanti le fasce più deboli, è una delle esigenze più sentite dalla città; la dotazione di grandi servizi, come il verde pubblico e le grandi attrezzature urbane, è indispensabile perché la città possa connotarsi quale città metropolitana al centro di una grande regione urbana e competitiva a livello internazionale. Il documento di indirizzo del Piano dei Servizi approvato in Giunta Comunale lo scorso luglio, ha il compito di individuare i concreti bisogni della collettività, di perseguire gli obiettivi di miglioramento della qualità urbana, e di soddisfare la Legge Regionale 1/2001. Per la città di Milano essere dotata di un Piano dei Servizi, sul quale gli uffici del Comune stanno lavorando, significa essere in grado di rispondere nel breve termine alle esigenze di una grande città. Perché tutto ciò possa accadere è necessario liberarsi dal sistema legislativo vigente che considera i comuni tutti uguali, da quelli piccolissimi a quelli grandissimi, da quelli di pianura a quelli di montagna e, di conseguenza, i problemi sostanzialmente indifferenziati. L’attuale Stato centrale rappresenta un limite grave per Milano, che non può permettersi di essere vincolata da leggi e procedure uguali per tutti se vuole continuare ad accrescere la sua competitività. L’appartenenza allo Stato nazionale deve costituire un’opportunità e non un vincolo. Milano Città-Stato non è un “ progetto contro” ma è uno sbocco istituzionale che configura un’Italia diversa e che consente a una vera città come Milano di essere attrattiva a livello nazionale e internazionale. La grande città, infatti, proprio perché luogo di fenomeni più forti, deve essere governata con poteri speciali e diversi da quelli di altre realtà. Ma prima ancora di stabilire quanto l’area metropolitana debba essere grande o piccola, il problema è quello di dotare la grande città di poteri e procedure speciali. In questi ultimi anni, per poter realizzare alcuni interventi importanti per Milano, si è dovuti passare attraverso poteri speciali del Sindaco differenti rispetto a quelli degli altri sindaci. Il “ Sindaco Commissario” ha avuto gli strumenti necessari per velocizzare l’apertura del Depuratore di Nosedo e per intervenire sui problemi del traffico. Non si tratta di una rinuncia alla fase di programmazione ma di una ricerca di nuove forme e regole per l’esercizio dei poteri che garantiscano procedure snelle a beneficio della qualità. Troppo spesso è accaduto che le frustrazioni accumulate e le energie spese a causa delle lungaggini e rigidità burocratiche abbiano compromesso la qualità che, al contrario, è esito e conseguenza di un tempo adeguato dedicato alla progettazione.

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meno vincolistiche e più prestazionali/qualitative, si sta formando una “ classe” di progettisti giovani di qualità, gli operatori ed il mercato immobiliare stanno trasformandosi da un mercato chiuso e poco competitivo ad un mercato aperto basato su criteri di mercato e di qualità.


Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli

Progettare per “evidenza” Per poter parlare di progetto urbano a grande dimensione e descrivere la politica che l’Amministrazione Comunale di Brescia ha adottato in tal senso negli ultimi anni, nonché in-

entro la struttura sociale presente sul territorio; • il Comparto Milano, piano particolareggiato di iniziativa pubblica, che in un area strategica della città posta in prossimità di sistemi infrastrutturali di rilievo prevede il recupero di aree industriali dimesse con la realizzazione di spazi a prevalente destinazione commerciale; • la fiera di Brescia, polo espositivo integrato posto nei pressi dell’intersezione tra la tangenziale sud e la tangenziale ovest della città, che nel suo sviluppo prevede di interessare una vasta area con un ridisegno della

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Fiera di Brescia, padiglione espositivo sud.

dividuare alcuni esempi significativi, sembra necessario definire il concetto di grande dimensione. A tal proposito, l’Assessore all’Urbanistica e Interventi Speciali sul Territorio del Comune di Brescia, Mario Venturini, a cui abbiamo chiesto di svolgere il tema, trovando questo concetto “ ambiguo e sfuggente” , preferisce ricondurre la questione nell’ambito delle definizioni normative e parlare di sovracomunalità, anche se, ammette, non tutti i progetti di grande dimensione sono sovracomunali, né tutti i progetti sovracomunali sono di grande dimensione; tuttavia, in linea di massima può essere istituita una relazione tra i due concetti. Il quadro normativo nell’ambito del quale ci si deve muovere è quello della L.R. 1/2000, che demanda alla Provincia la responsabilità di determinare gli indirizzi del territorio a livello sovracomunale attraverso un quadro di coordinamento stabilito dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale; a questo quadro devono conformarsi le scelte operate nei singoli Piani Regolatori Generali, conferendo il ruolo di gestione all’unità territoriale più rappresentativa. Nella nostra Provincia però il P.T.C.P. non è ancora operativo (solo la Provincia di Mantova lo ha già predisposto) e pertanto il controllo su progetti di natura sovracomunale è demandato alla Regione, che esprime parere vincolante. Numerosi sono gli esempi di progetti che l’Assessore ha citato: • la nuova espansione residenziale del quartiere di San Polino con circa 2000 nuovi alloggi che, nelle intenzioni dell’Amministrazione Comunale, vuole, attraverso una adeguata qualità edilizia e una qualificata prestazione tecnica costruttiva, valorizzare il ruolo dimostrativo dell’edilizia residenziale pubblica nel disegnare una porzione di città nonché la qualità dello spazio abitabile in relazione alle domande che emergono

viabilità, da sempre un punto critico per la città; questo è un progetto di natura sovracomunale nei fatti, anche se non codificato; • il parco del Mella che prevede il risanamento e la valorizzazione del fiume e che impone l’evidenza di un coordinamento sovracomunale, visto che i paesi a monte della Val Trompia lo utilizzano come scarico. Ma con che criterio l’Amministrazione Comunale determina le sue scelte per individuare e realizzare i progetti? La risposta dell’Assessore, che mi pare di aver capito sostenga che le scelte si impongono “ per evidenza” , può lasciare perplessi. Infatti, a dispetto del concetto di immediata e totale comprensibilità, che il termine “ evidenza” suggerisce, non sempre e non a tutti balza agli occhi questa evidenza. Ad esempio non mi pare sia così lampante la necessità di spostare lo stadio a Castenedolo, quando forse si potrebbe ristrutturare quello esistente (in altre nazioni lo stadio è in città e non nella campagna); invece mi pare non sia avvertita l’evidenza del bisogno di un grande progetto per le piccole cose: organizzare un’illuminazione pubblica ragionata, affrontare in maniera sistematica la frontiera tra pubblico e privato, da sempre elemento qualificante del decoro urbano, definire quella viabilità che non è solo “ semaforizzazione” e sensi unici ma qualità del manto stradale e dei marciapiedi, della segnaletica verticale e orizzontale (mi trovo sempre in difficoltà in un passaggio pedonale vicino a casa, dove le strisce bianche mi aiutano ad attraversare la pista ciclabile e l’aiuola che la divide dalla strada, e poi scompaiono quando devo affrontare il traffico dei veicoli su tre corsie). In fondo la manutenzione e l’ordine della cosa pubblica sono compito di un’amministrazione con pari dignità rispetto al progetto urbano a grande dimensione. P. T.

Como a cura di Roberta Fasola

La ricerca dell’identità urbana a Como Da tempo Como è in profonda e deprimente crisi di identità: le difficoltà del settore produttivo tessile storicamente trainante (prevalentemente causate dalla concorrenza dei paesi emergenti) hanno determinato una progressiva involuzione dei gruppi imprenditoriali e delle rappresentanze politiche. Non si è saputo ed ancora non si riescono ad individuare obiettivi e modi per rilanciare e ridefinire il ruolo della città, secondo una linea che, a mio parere, non potrà che muovere dalle vocazioni storiche del contesto, per innestarvi prospettive di nuova identità: Como città legata a settori creativi di qualità (nel tessile e anche altro), ma soprattutto territorio di frontiera, area di scambi internazionali (di merci, persone, idee) e luogo di grande pregio ambientale, sia naturale che umanizzato, con le evidenti potenzialità turistiche. Questi e altri, forse, i temi sui quali tentare di ricucire un progetto di riorganizzazione del territorio, al quale da tempo sembra si sia rinunciato, lasciando ogni iniziativa al caso per caso. Queste credo le ragioni e le incertezze per le quali non si sono avviati concreti progetti di trasformazione urbana, né legati alle aree cosiddette strategiche, né coniugati con temi di straordinaria importanza quali l’università, il nuovo ospedale, il lago. Unica iniziativa di rilievo è stata la creazione del polo espositivo congressuale di Villa Erba, su progetto di Mario Bellini: in un contesto di grande pregio si è tentato di far convergere prospettive di rilancio del tessile con una nuova offerta nel settore turistico e congressuale. Le aree di riqualificazione sulle quali storicamente ed infruttuosamente si dibatte (la ex Ticosa, l’ex ospedale psichiatrico, gli scali ferroviari) giacciono irrisolte, con il concreto rischio che vengano progressivamente smembrate per interventi di piccolo cabotaggio: il solito centro commerciale affiancato dalle solite residenze.

Il vecchio P.R.U.G., identificando tali zone come “ ARU” , aveva di fatto ancora una volta solo “ enunciato” il problema, ipotizzando una improbabile iniziativa dei privati di coordinamento e scelta dei temi funzionali: solo la presenza pubblica avrebbe potuto di fatto sbloccare la situazione. Il nuovo terribile Piano Regolatore rinuncia a qualsiasi ipotesi di inquadramento su larga scala e lascia ampie parti di territorio alla casualità. Si è ritenuto forse che una completa libertà di operare “ lotto per lotto” potesse assecondare l’emergere di nuovi impulsi; si sta verificando invece che l’assenza di un quadro di riassetto generale e di individuazione di obiettivi d’ampia scala lascia campo solo per una “ consunzione” dello spazio urbano, che procede con obiettivi minimali, isolato dopo isolato. È solo un caso dunque, affidato unicamente alle volontà di imprenditori e professionisti, che alcuni ambiti urbani di dimensione anche non piccola abbiano raggiunto un riassetto edilizio qualitativamente accettabile, restituendo alla città luoghi storicamente degradati. È forse il caso del comparto viale Innocenzo, via Benzi, via Torriani, viale Varese sul quale, ho operato con altri professionisti, ove in pochi anni si sono affiancati l’intervento sulla ex stazione gas ed area ex Castagna con progetti di Francesco Castiglioni e del sottoscritto con Adolfo Natalini, nonché del comparto del Borgovico Nord ove insieme ad Arturo Bosetti e Stefano Seneca sono stato chiamato a completare un piano avviato più di dieci anni fa. Qui forse si riuscirà a sperimentare una nuova “ qualità microurbanistica” , offrendo permeabilità di isolati caratterizzati da aree verdi e continuità di percorsi pubblici alternativi a quelli veicolari. In carenza dunque di reali prospettive sul chiarimento del quadro al contorno, e addirittura in assenza di luoghi deputati a un dibattito e confronto su tali temi, ci si concentra sul piccolo e piccolissimo. L’esigenza di qualità urbana ed architettonica è in ogni caso un valore fondamentale nel sogno di una città che trovi i caratteri della propria identità futura anche a partire dalla definizione della propria immagine fisica, ma è concepibile una “ città bella” non coincidente con una “ città giusta” ? Dario Valli

Adolfo Natalini, Aldo Valli, Nuova sede Regione Lombardia, Como.


a cura di Maria Elisabetta Ripamonti

Progetto urbano di grande scala: il nuovo Politecnico “ Lecco è città industriale per eccellenza (…) i suoi migliori monumenti sono le ciminiere degli opifici e gli elevatori in ferro” scrisse Giuseppe Terragni negli anni Trenta alla Soprintendenza in risposta al parere negativo espresso da quest’ultima al progetto razionalista dell’amico Cereghini. Lecco è la provincia italiana con il più basso tasso di disoccupazione, è contraddistinta dalla continuità nell’organizzazione delle imprese e da un altissimo tasso d’esportazione. La cultura produttiva lecchese ha permesso di superare crisi e rispondere alle innovazioni, e costituirà la risorsa principale a disposizione dell’ambiente lecchese per mantenere alti livelli di reddito e di occupazione. Un’ulteriore importantissima risorsa è costituita dal fatto di essere incrocio di importanti vie di comunicazione, da sempre terra di passaggio di uomini e merci. Produzione e scambio di prodotti e strumenti necessari a tale produzione, da queste due risorse si potrebbe indurre la rigenerazione della peculiarità lecchese. Perché il Politecnico costituisce all’unanimità delle forze politiche della città la grande occasione per il nuovo Millennio? La risposta nasce proprio da confronto con le risorse che abbiamo citate: il Politecnico consentirà di sviluppare lo strumento indispensabile alle nuove produzioni, la conoscenza tecnologica. Con questo nuovo progetto di grande scala, infatti, la città si doterà di un sistema d’istruzione universitario decisamente ampio per far fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie. Come in ogni ricerca ed espressione architettonica anche a Lecco il progetto urbano di grande scala si fonda sul riconoscimento della città e delle sue risorse partendo dall’identificazione di queste risorse, sia economiche che umane, sia territoriali che edilizie. Tale identificazione non prescinde, però, dalla consapevolezza che la città, con gli ambienti e gli edifici che la compongono, non è mera conseguenza dei processi economici, ma è dotata di una propria autonomia, in dialettica con questi processi. Negli anni Lecco si è, infatti, dotata di un sistema edilizio indifferenziato, dilatato nonostante i vincoli geografici. I grandi stabilimenti sono sorti disordinatamente in prossimità delle aree destinate alla residenza in risposta a una cultura produttiva tanto antica e radicata che ha inciso profondamente sugli insediamenti urbani. Negli ultimi decenni il prepotente insediamento della grande industria viene meno e molte risultano le grandi aree in-

dustriali e ferroviarie libere e disponibili per il riuso. La finalità di questo nuovo progetto di grande scala per il Politecnico consiste proprio nella riqualificazione di un’area funzionalmente dimessa, ma strategica per la città. L’orgoglio cittadino ha visto in queste aree ormai inutilizzate la possibilità di riabilitare il paesaggio negletto e manomesso nella consapevolezza che il territorio è ancora un bene prezioso e assolutamente raro. Ringrazio l’architetto Lorenzo Bodega, Sindaco di Lecco, la dott.ssa Antonella Faggi, Assessore all’Urbanistica del Comune di Lecco, e l’architetto Virginia Tentori, Presidente del Consiglio Comunale di Lecco, unitamente al prof. Turchini, preside della VI Facoltà di Ingegneria Edile-Architettura, per il loro utilissimo contributo e per l’interesse dimostrato nell’analisi del progetto per il nuovo Politecnico.

non sono di carattere burocratico e neppure urbanistico, ma di natura economica, considerando che imponenti sono le risorse necessarie per un imponente intervento. In questa “ trasformazione dolce” per la città, come l’ha definita, quale ritiene debba essere il ruolo del primo cittadino? L’Università Urbana non può essere vissuta come una scommessa, non mi sento di guidare un’avventura, ma mi sento di essere il punto di riferimento di un’impresa alla quale il Comune di Lecco aderisce con en-

La fase iniziale della realizzazione del nuovo Politecnico si è svolta in un ambito prettamente urbanistico. Ci descriva le fasi salienti. Nel dicembre 2002 è stato sottoscritto un Accordo di Programma, nel quale è rientrata una variante urbanistica al P.R.G., che norma procedure e modalità d’interventi tra gli otto Enti pubblici sottoscrittori. Il primo documento, la variante al P.R.G., ha fornito delle linee guida sotto il profilo urbanistico, in termini di volumetrie insediabili, specifiche destinazioni d’uso, altezze dei corpi di fabbrica. Si è eliminata la previsione del Piano

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M. E. R. Intervista a Lorenzo Bodega* Quando si pensò ad un progetto per una nuova sede universitaria a Lecco nella sede del vecchio Ospedale? L’idea di utilizzare l’area dell’ex Ospedale di via Ghislanzoni come sede di quella che ora viene chiamata Università Urbana, nacque a metà degli anni ‘90, quando Lecco aveva già visto i primi insediamenti del Politecnico di Milano. Vale la pena ricordare che in quel tempo stava già sorgendo l’Ospedale Manzoni di via dell’Eremo che sarebbe stato inaugurato nei primi mesi del 2000. Trovare in città uno spazio che rispondesse alle esigenze dell’insediamento di un’opera imponente come l’Università fu come fare la caccia al tesoro. Semmai il dibattito avesse assunto un valore puramente teorico e culturale, in sintonia con il filone delle istituzioni degli anni ‘70 e ‘80, l’Ospedale sarebbe stato dislocato in un comune vicino e per l’Università si sarebbe previsto il cosiddetto Campus. Quale ritiene sia il punto di forza di questo progetto e quale l’aspetto maggiormente critico? Il punto di forza della nuova Università è la sua centralità, anche se non immagino un intervento traumatico. La bellezza di quest’opera è che è aperta al concorso di una coralità di voci. Ho parlato, di recente, di trasformazione dolce ed ho sufficiente senso realistico per sapere che comunque vi saranno disagi, come capita anche per una semplice manutenzione stradale. Grande attenzione andrà posta alle problematiche sociali: tremila giovani che vengono a studiare a Lecco non pongono solo temi di mobilità, pur fondamentali da risolvere, ma aprono una prospettiva di incontri, di scambi, di crescita, di abitabilità, di habitat, per i quali dobbiamo attrezzarci in tempo. È indubitabile che un progetto di questo respiro susciti un consenso trasversale e lasciatemi dire che le maggiori preoccupazioni

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Lecco

Città del divenire, area ex Piccola Velocità, foto aerea.

tusiasmo, senza riserve ma con senso realistico. Una ragione in più per tenere alta la tensione civica, sociale ed amministrativa verso un traguardo che può davvero cambiare gli orizzonti delle future generazioni. (* Sindaco di Lecco) Intervista ad Antonella Faggi* Partiamo dalla localizzazione del nuovo Politecnico, perché si è scelta proprio quest’area? Alcuni hanno obiettato affermando che anche il Politecnico, come il nuovo Ospedale avrebbe meritato uno spazio totalmente libero da strutture esistenti, cosa ne pensa? L’area era stata individuata precedentemente, nella fase istruttoria di Piano Regolatore, qui c’era il progetto iniziale per il nuovo Ospedale. L’intento urbanistico di recupero di un’area così centrale si lega, inoltre, alla volontà di creare assi di permeabilità rispetto all’intorno che qui si rivela ricco di opportunità. La vicina area dell’Arlenico, grande impianto industriale parzialmente attivo, in caso di dismissione potrebbe essere utilizzata come spazio che consenta alle nuove imprese innovative nelle applicazione tecnologiche di nascere e svilupparsi, magari in forte connessione con il vicino Politecnico. Nell’area compresa tra via Tubi e corso Promessi Sposi l’alta concentrazione di edifici industriali dimessi potrebbe rivelarsi un’utilissima fonte di spazi di residenza per studenti e personale docente.

Particolareggiato, ritenuto poco adatto alle tempistiche d’intervento, con la conseguente nuova perimentazione dell’area assoggettata ad Accordo di Programma. Si sono predisposte Norme Tecniche di Attuazione espressamente riguardanti l’ambito del Polo Universitario, tali norme costituiscono parte integrante dell’A.d.P. sottoscritto nel dicembre 2002. L’A.d.P., cioè la sottoscrizione da parte di tutti gli enti promotori di una serie di articoli finalizzati alla concreta realizzazione dell’opera, costituisce una piattaforma strategica per le successive azioni di trasformazione sia progettuali che operative e gestionali. In che modo si è determinata una sequenza temporale di interventi? Quali sono le previsioni in termini finanziari? L’accordo contiene un crono-programma degli interventi che prevede l’ultimazione del progetto nel suo complesso nel 2011; i primi lavori inizieranno nel 2004. Non si perda di vista il fatto che il rispetto dei tempi risulta indispensabile per l’ottenimento dei fondi stanziati a tale scopo. Il Piano Finanziario, contenuto nell’A.d.P., formula delle indicazioni di costo indicative e disciplina l’intervento a carico degli Enti sottoscrittori stabilendone le competenze economiche. Dei 110 milioni di Euro stimati come costi complessivi, 25 milioni costituiscono l’impegno finanziario della Regione, 51 milioni quello del Politecnico di Mi-


lano, i restanti sono a carico del Comune e della Provincia di Lecco unitamente alle Camere di Commercio di Lecco e Sondrio. Esauriti i primi fondi stanziati dalla Regione gli Enti promotori sottoscrittori si dovranno adoperare al fine di reperire altri finanziamenti. Quali sono le fasi successive all’Accordo di Programma? Chiusa la parte urbanistica si è aperto lo scenario delle opere pubbliche, nel giugno 2003, infatti, il Protocollo di Attuazione ha definito nel dettaglio ciò che era stato espresso in ter-

Si prevede che il nuovo Politecnico ospiterà circa 3000 studenti e 3000 saranno i fruitori giornalieri; quale sarà l’impatto sociale di un progetto di così vasta scala già nelle prime fasi di cantiere? Certo questa è un’occasione unica per la città, l’orgoglio cittadino la saprà cogliere proficuamente? In primo luogo bisognerà tenere alta la tensione su questo progetto, bisognerà continuare a coinvolgere i cittadini nella realizzazione, rassicurandoli. Il linguaggio degli amministratori sarà determinante in tal senso, dovremo esprimerci sorretti

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Città del divenire, area ex-Piccola Velocità, Nuovo Polo Universitario (area ex-Ospedale).

mini più generali nell’A.d.P. La fase successiva parte dal Concorso di idee per l’Area ex-Piccola Velocità. Quali progettisti sono intervenuti in queste prime fasi? La prof. Cristina Treu ha seguito la parte di progettazione in fase prettamente urbanistica, mentre il prof. Turchini, il prof. Gasparetto e l’ing. Montanelli hanno presentato un primo progetto planivolumetrico allegato all’Accordo di Programma. Il progetto definitivo verrà ultimato nel mese di novembre 2003. Nell’area destinata al nuovo Politecnico quali edifici verranno mantenuti e quali saranno sede di nuove progettazioni? L’edificio in linea su via Ghislanzoni, struttura originale ottocentesca del Bovara, verrà mantenuto così come si conserverà la struttura “ a pettine” del vecchio Ospedale che vi si aggancia perpendicolarmente. In considerazione del recupero dell’impianto morfologico dell’originario insediamento ottocentesco i costi operativi di scavo e di costruzione di nuovi parcheggi al di sotto dell’ospedale risultano proibitivi, per questo si è pensato di progettarli al di sotto dell’area dell’ex-Piccola Velocità. Si potrà demolire il vecchio reparto della Ginecologia di scarso valore testimoniale, così come l’abbattimento del blocco operatorio consentirà un ampliamento di via Previati consentendo l’edificazione di nuove strutture adatte alla funzione didattica. Proprio in tale sede è previsto un parcheggio sotterraneo di 250 auto. Nell’area dell’ex-Piccola Velocità si dovranno mantenere gli edifici sede del vecchio Mercato.

dalla convinzione che questa nuova sfida determinerà un positivo mutamento. Dovremo trasmettere serenità e condivisione di obiettivi nella convinzione che il Politecnico costituirà anche dal punto di vista sociale un punto di partenza per una ricaduta a cascata di benessere e di qualità della vita. (* Assessore all’Urbanistica del Comune di Lecco) Intervista a Virginia Tentori* L’area destinata al nuovo Politecnico costituisce un’ampia porzione di territorio all’interno dell’urbanizzato in una zona adiacente al centro di Lecco. Individuiamo con maggior precisione le aree oggetto d’intervento e le funzioni previste. L’area oggetto dell’Accordo di Programma è suddivisa in due comparti: comparto A e comparto B (suddiviso in tre sub-comparti B1, B2, B3). Si noti che inizialmente il primo comparto non era compreso nel progetto. Il comparto A, con una superficie di circa 25.500 mq, si identifica con l’area dell’ex-Piccola Velocità posta di fronte a quella dell’ospedale. Quest’area vedrà il sorgere di un parco urbano, del nuovo mercato e la costruzione di un vasto parcheggio ipogeo (1000 posti). Si è prevista una superficie commerciale di circa 2000 mq per categorie complementari e di supporto all’università. La “ quinta” naturale delle montagne dovrà essere garantita, così come si dovrà assicurare un’infrastruttura viaria e pedonale. La connotazione di permeabilità nelle aree d’intervento dovrà riguardare in particolare le vie Badoni e Ghislanzoni.

Il comparto B, di circa 28.000 mq, costituisce l’area destinata al nuovo Politecnico, è l’area dell’ex Ospedale tra via Ghislanzoni e via Amendola ed è parte di un intorno urbano di insediamenti assai consistenti, sia storicamente (Villa Manzoni con i musei civici del Caleotto) che funzionalmente (centro la Meridiana di Renzo Piano). Nel comparto B1 verranno localizzate funzioni universitarie aperte al pubblico tra cui la biblioteca e, ad esito del Concorso di Idee, la nuova biblioteca comunale autonomamente fruibile. Nel comparto B2, caratterizzato dall’edificio “ a pettine” dell’ex ospedale, vi saranno, accanto alle tradizionali aule, laboratori, sia didattici che di ricerca. Nell’area del comparto B3 si prevede, invece, l’insediamento di funzioni universitarie di ricerca specialistica. L’Accordo di Programma ha sancito l’attivazione del concorso di idee “ Città del divenire: area ex-Piccola Velocità” per la progettazione di alcuni comparti. Ci spieghi quali? Il concorso di idee bandito dal Comune di Lecco ha come obiettivo l’organizzazione di spazi con diverse funzioni: dal parcheggio ipogeo al mercato, dal parco pubblico, alle nuove strutture commerciali, dalla localizzazione e la progettazione della nuova biblioteca, alla previsione di un’adeguata infrastrutturazione viabilistica unita a uno studio accurato della mobilità urbana pedonale e ciclo-pedonale. Dal concorso di Idee scaturirà, inoltre, la decisione relativa al posizionamento della nuova Biblioteca Comunale (5000 mq); si è ampiamente discusso se sia opportuno prevederla all’interno dell’area ex-Piccola Velocità oppure all’interno di quella prettamente didattica. Le motivazioni addotte dai sostenitori delle due tesi sono entrambe valide, il Concorso di Idee ci consentirà un ulteriore passo avanti nella progettazione dopo una stasi di natura politica. L’organizzazione del gran numero di funzioni indicate dal concorso porterà ad un progetto preliminare globale di riqualificazione urbana di un’area così strategica. Il Politecnico dovrà aprirsi sulla città, si propone, infatti, per l’area un dominio compiutamente pubblico. Come si traduce tutto questo nella rete infrastrutturale dell’intervento in questione? Con il recente Piano della Mobilità si sono studiate nuove accessibilità viarie e ciclo-pedonali all’area. È prevista la realizzazione di un collegamento in sottopasso alla ferrovia dalla via Badoni verso l’area in oggetto. Si dovrà valutare opportunamente la completa pedonalizzazione di via Ghislanzoni al fine di evitare cesure tra il comparto A e B. Nello studio di fattibilità viabilistica è emersa la possibilità di una notevole riduzione del traffico in via Amendola. Tale via verrà, infatti, declassata da sede stradale principale a sede secondaria a seguito dell’imminente apertura della nuova strada sotterranea per la Valsassina,

di cui la via Amendola costituisce l’attuale direttrice principale. In un ambito progettuale di funzioni prevalentemente pubbliche l’attenzione è stata rivolta non solo alla qualità e al prestigio della nuova sede universitaria ma anche, e soprattutto, alla permeabilità e alla sinergia tra spazi didattici e spazi liberi. Ritiene siano attuabili queste finalità? L’intento è stato sin dall’inizio quello di restituire un’importante parte della città, oggi colta come ambito estraneo ad ogni relazione, come barriera ed ostacolo alla completa integrazione nel tessuto cittadino. Presupposto indispensabile per il nuovo Politecnico, che intenda costituirsi come un continuum del tessuto urbano lecchese, è una struttura totalmente aperta grazie all’eliminazione del cosiddetto “ recinto universitario” . In considerazione del fatto che l’area in questione si trova proprio nel cuore della città, l’insediamento di questo nuovo polo universitario potrà facilmente innescare meccanismi virtuosi di sviluppo e trasversalmente potrà consentire l’apertura di nuovi scenari sociali ed economici. (* Presidente del Consiglio Comunale di Lecco) Progetto per il nuovo Politecnico L’area dell’ex Ospedale nella quale sorgerà il nuovo Politecnico è suddivisa in due comparti: • Il comparto A, superficie di circa 25.500 mq, si identifica con l’area dell’ex-Piccola Velocità. Funzioni: parco urbano, nuovo mercato (7500 mq), parcheggio ipogeo (1000 posti su più livelli), superficie commerciale di circa 2000 mq per categorie complementari e di supporto all’università. • Il comparto B, di circa 28.000 mq, costituisce l’area destinata al nuovo Politecnico, ed è costituito dall’area dell’ex Ospedale. Indice di copertura: 0,5.; altezza massima 22 m. Funzioni: nel comparto B1 verranno localizzate funzioni universitarie aperte al pubblico, tra cui la biblioteca (5000 mq) e, ad esito del Concorso di Idee, la nuova biblioteca Comunale autonomamente fruibile. Nel comparto B2, caratterizzato dall’edificio “ a pettine” dell’ex ospedale, vi saranno, accanto alle tradizionali aule, laboratori, sia didattici che di ricerca (5000 mq). Nell’area contraddistinta con il comparto B3 si prevede l’insediamento di funzioni universitarie di ricerca specialistica.

Perimetrazione schematica dell’area oggetto di concorso.


a cura di Antonino Negrini

Concorso di idee per la riqualificazione dell’area Oltre Adda Il tema del concorso era quello della riqualificazione urbana di una vasta area in sponda sinistra del fiume Adda nella città di Lodi, area ampiamente degradata sia dal punto di vista ambientale che dell’organizzazione urbana (urbanistica). Un tema pregnante e stimolante che annette alla capacità per professionisti e comunità di determinare l’effetto urbano, di rendere palese l’immagine della città e della qualità della vita che in questa si può svolgere. Un tema da tempo “ assente dal panorama delle competizioni di architettura nel nostro paese” , come aveva scritto giustamente Marco Engel nell’introduzione per la brochure di presentazione del concorso, ragione per cui all’organizzazione dello st esso concorso hanno aderit o l’IN/ARCH Milano, l’I.N.U. Lombardia e la rivista “ Casabella” . Un tema che per il suo rinnovato interesse alla qualità urbana consentiva di ridiscutere anche il rapporto tra architettura e urbanistica e che ha consentito ad Aimaro Isola, nome di indubbio prestigio nel panorama dell’architettura italiana, di accettare la Presidenza della Giuria. L’” Oltre Adda” , così come comunemente è denominata l’area oggetto del concorso, si configura come

una propaggine urbana e periferica di scarsa definizione morfologica, caratterizzata da un’elevata frammentazione ed episodicità degli insediamenti residenziali con difficile definizione dei fronti edificati e dei margini urbani, dalla carenza di servizi e attività di riferimento. In buona sostanza quella che viene definita un’area marginale. Eppure non è priva di elementi di qualità all’intorno, come il rapporto diretto (al di là del fiume) con il Centro Storico, la presenza di sistemi a carattere naturalistico e paesaggistico quali il fiume e il paesaggio agrario che circonda l’area. Proprio a partire da questi ultimi elementi appaiono molte le possibilità per una riqualificazione urbana e ambientale. Prima fra tutte quella della riprogettazione dell’asse principale, via Cavallotti, ad usi prevalentemente urbani, tramite una sua reinterpretazione come “ asse” sul quale si attestino attrezzature e luoghi di uso pubblico, ipotesi ancor più avvalorata dalla recente apertura della nuova tangenziale sud-est della città che, con il nuovo attraversamento fluviale, ha sensibilmente ridimensionato il grado di congestionamento determinato dalla direttrice da e per Bergamo, Crema e Cremona. A quet’ipotesi si affianca quella della valorizzazione dell’area di sponda fluviale con la creazione di percorsi ciclopedonali, la riqualificazione della “ morta d’Adda” e il recupero dell’area industriale dismessa che vi insiste. Infine la valorizzazione degli insediamenti e della campagna circostante attraverso la costituzione di un nuovo sistema connettivo e il ridimensionamento delle previsioni

insediative del P.R.G. vigente, all’oggi non attuate. L’obiettivo del concorso era pertanto quello di raccogliere le idee migliori per la costruzione di una vasta parte della città, idee da mettere a confronto e tradurre successivamente in procedimenti e atti amministrativi necessari per le azioni di pianificazione come per la realizzazione di opere pubbliche. Al concorso sono stati presentati 27 progetti redatti da professionisti singoli o gruppi di progettazione. Un buon numero se si pensa alle caratteristiche del concorso: concorso di idee e quindi non necessariamente premessa al successivo incarico professionale; concorso di vasta area e, quindi, come già affermato, non usuale nella prassi concorsuale degli ultimi anni. La qualità dei progetti presentati ha ulteriormente confortato la scelta effettuata. Le tematiche indicate dal bando sono state esaurientemente affrontate con una sorprendente fecondità di idee per la soluzione dei temi emergenti: la ricomposizione tra assetto urbano e paesaggio agricolo e fluviale, l’individuazione puntuale delle tipologie abitative sino al dettaglio delle ipotesi progettuali degli spazi pubblici. L’intenzione dell’Amministrazione Comunale ora è quella di pubblicizzare i risultati del concorso attraverso la pubblicazione di tutti i 27 progetti presentati in collaborazione con la rivista “ Casabella” e la realizzazione di una mostra degli stessi progetti (i primi tre classificati sono già stati esposti al recente congresso nazionale dell’I.N.U. tenutosi alla Triennale di Milano nel giugno scorso). Nel frattempo ha già avuto avvio il confonto tra progettisti e organi amministrativi con lo scopo di mettere a confronto le diverse alternative contenute nei progetti premiati e poi intraprendere le azioni possibili per dare attuazione alle idee che il dibattito avrà ritenuto migliori. L’unico rammarico rimane la constatazione che al concorso indetto dalla città di Lodi, nonostante la collaborazione con IN/ARCH, con l’I.N.U., con la rivista “ Casabella” e la qualificata composizione della Giuria, abbia partecipato una percentuale minima dei professionisti iscritti all’Ordine degli Architetti della Provincia di Lodi, quasi a manifestare un rifiuto alla partecipazione a scelte importanti per lo sviluppo della città Capoluogo. Luigi Trabattoni

Cesare Macchi Cassia, tavola di concorso del progetto vincitore.

Progetti premiati: 1° classificato Cesare Macchi Cassia, con Massimo Ferrari, Ugo Ischia, Tommaso Lamera, Pietro Macchi Cassia, Diego Steffenini, Arianna Trevisan. 2° classificato Angelo Bugatti, Alessandro Toccolini, Roberto De Lotto, Giulio Senes, Ioanni Delsante, Massimiliano Koch, Carlo Berizzi, Benedetto Mezzapelle, Stefano Pugni, Valentina Dalmanzio, Alessandro Ghia. 3° classificato Paolo Favole, E. Antonio Muzzi.

Mantova a cura di Sergio Cavalieri

La vicenda progettuale del quartiere Fiera Catena Si potrebbe interpretare la recente vicenda urbanistica (puramente progettuale) del quartiere Fiera-Catena a Mantova (un quartiere popolare del centro storico, affacciato sul lago superiore come la stessa reggia gonzaghesca, ricco di aree dismesse) secondo il cliché critico della mancata attuazione dell’idea, come inadempienza della realtà di fronte all’originalità del progetto, una’interpretazione ideologica di comodo per noi architetti, attestata sullo scontro fra progetto/realtà, utopia formale/contesto burocratico, e così via. In verità – ne parlo ovviamente con una certa tendenziosità avendo partecipato, insieme con Aldo Rossi, nel 1982, al Concorso internazionale che ne ha avviato per l’appunto il destino progettuale – un simile schema di giudizio non coglie quelle che sono invece certe responsabilità irrisolte, anche in questo caso, della ideazione architettonica e urbanistica moderna, ovvero la sua cronica tendenza a eccedere le occasioni concrete, imponendo trasfigurazioni forzate o a sottovalutarne la portata non sublimandone i dati pratici (bisogni, vincoli, condizioni contestuali, ecc.) come spunti positivi per l’immaginazione. Il quartiere ha una morfologia semplice basata su una strada dorsale rettilinea, il corso Garibaldi, ben definita tipologicamente, che si sviluppa verso sud a partire dall’antico porto Catena allungato anch’esso verso sud come una sacca interna, a cui si è annessa nel Settecento una zona militare sulla riva (ancora oggi occupata da magazzini militari) e, nell’Ottocento, una fabbrica di laterizi, ora abbandonata e ruderizzata seppure utilizzata a pezzi da funzioni artigianali e commerciali. Un quartiere in attesa da tempo di progetto, carico di quella suggestione sironiana (fino a poco tempo fa evocata palesemente dal gasometro, posto al margine nord del porto, demolito) caratteristica dei margini di alcuni centri storici, e di quella monumentalità periferica, minore, ancora debitrice alla radice rurale e forse, in questo caso, legata a un’antica disposizione delle tracce stradali, residuo di demolizioni operate nel Settecento per ragioni militari. Agli inizi degli anni Ottanta l’Amministrazione comunale ha aperto un bando internazionale di progettazione urbanistica per la sistemazione dell’area che ha visto la partecipazione di molte buone firme della cultura architettonica italiana, divenendo l’area un laboratorio inesausto di progettazione per le Facoltà di Architettura di Milano e Venezia e di Mantova. Il tema urbanistico, come accade

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Lodi


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spesso in questi casi, veniva presentato dal bando di concorso positivamente come un problema aperto della città intera, non solo una quantità di aree libere da sistemare, ma nel contempo un luogo risolutore di alcuni problemi che sono di tutta la città (circonvallazione interna e parcheggi, verde e tempo libero, edifici pubblici particolari, residenza, verde, tempo libero sull’acqua). Un’occasione, per dirla in sintesi, per completare la forma del centro, per un dialogo serrato fra vecchio e nuovo. Il concorso è stato vinto dalla proposta presentata dal gruppo diretto da Emilio Battisti che unificava il quartiere in un disegno a blocchi edilizi regolari di cinque piani, ad alta densità, con un’edificazione residenziale e terziaria intensiva e una trama viaria molto serrata che rinunciava a dialogare con certe tracce del passato (la forma del porto, la ex-ceramica, ecc.). Tale proposta è stata via via adattata dagli stessi progettisti (incaricati del piano particolareggiato) per rispondere ad alcune istanze oggettive della comunità (riduzione dell’aspetto intensivo, salvaguardia di un frammento della exceramica, impianto viabilistico semplificato, dotazione di parcheggi, collocazione di nuovo palazzo di giustizia cittadino) ma tale sforzo di adeguamento ha ovviamente sempre più contraddetto l’impianto originario che non era in grado per sua natura di contemplare variazioni simili senza snaturarsi del tutto. L’Amministrazione ha dunque affidato, alla fine degli anni Novanta, a un gruppo di architetti della Facoltà di Architettura di Milano e Mantova, (Borachia, Stevan, Treu, con la collaborazione dell’architetto Palazzo) la predisposizione di un nuovo piano particolareggiato in grado di raccogliere le istanze via via registrate, progetto approvato agli inizi del 2000 e interamente affidato alle risorse

private per la sua esecuzione, le cui opere di urbanizzazione sono in fase di progettazione. Quest’ultimo piano rinuncia definitivamente (per divieto della Soprintendenza e della Regione) alla costruzione di un ponte sul porto in grado di estendere e completare la circonvallazione interna dei lungolaghi, ribadendo così il definitivo distacco del quartiere dalla città e accentuandone quindi il carattere di cul de sac che ha assunto e potenziando l’intasamento di via Garibaldi. Viene inserito, senza alcuna coordinazione, il progetto per il Palazzo di Giustizia di progettazione romana estranea al piano (architetto Pellegrini, morto di recente), che propone una macrostruttura modernista e dirompente (dello stesso profilo urbano sul lago), scardinata da ogni possibile integrazione contestuale, seppure forzosamente obbligata a utilizzare un frammento della ex-ceramica. Vengono istituite alcune cortine edilizie residenziali a tre piani sui fronti stradali con corti aperte verso l’interno degli isolati, dall’impianto vagamente tradizionalista e inseriti alcuni garage multipiano che sono già in corso di parziale trasformazione commerciale. Il porto viene arricchito con alcune attrezzature ricettive. Si tratta di un progetto che vuole presentarsi come fortemente realistico, che mescola quel che c’è e si pone per certi versi agli antipodi dello schematismo del precedente, che, così facendo, rinuncia però a un disegno chiaro, a una sintesi significante (a far meglio di quel che c’è), la cui qualità sarà quindi demandata integralmente alla qualità delle soluzioni edilizie e costruttive, con il rischio del falso antico per l’edilizia minore e quella del falso moderno per il nuovo palazzo di Giustizia (se mai verrà costruito). Giovanni Jacometti

G. Borachia, C. Stevan, C. Treu, Piano particolareggiato di Fiera Catena, progetto planivolumetrico.

Milano a cura di Roberto Gamba

Il nuovo Polo Esterno della Fiera di M ilano Il processo di rinnovamento della Fiera di Milano vede la costruzione del nuovo polo, nell’area bonificata dell’ex raffineria Agip di Rho-Pero. Sarà una struttura imponente, che avrà una superficie lorda di pavimento di 530.000 metri quadrati posti su un’area fondiaria complessiva di due milioni di metri quadrati (il costo sarà di 550.000.000 Euro; la lunghezza dell’asse centrale, 1,3 km; le sale congressi, 80; i ristoranti, 20; i bar, 25; la superficie vetrata, 200.000 mq; l’area a verde pubblico, 180.000 mq). I padiglioni sono 8, collegati tra loro da un percorso all’altezza di oltre otto metri da terra e sono suddivisi in 20 moduli totali. Quattro di essi sono monoplanari, ciascuno diviso in 2 moduli di circa 10.000 metri con servizi autonomi e reception; altezze 8,10 metri; 12,40 metri, 4 pilastri interni per ogni modulo. Due i padiglioni monoplanari, ad altezza maggiorata (12,10 metri; 16,40 metri). Due i padiglioni biplanari, ogni piano diviso in 2 moduli di circa 9.500 metri (altezze al livello inferiore 8,10 metri; 12,40 metri e 10 pilastri; altezze al livello superiore 6,60 metri; 10,60 metri e 4 pilastri). Vi sono previste 80 sale convegno più 20 ristoranti e 25 bar. L’impianto viene messo in opera secondo il modello del “ general contractor” : procedura scelta per eliminare i contenziosi fra chi progetta, chi dirige e chi esegue i lavori. Il contrattista è un raggruppamento di imprese costituito da Astaldi, Pizzarotti e Vianini. La prima pietra del cantiere è stata posata il 6 ottobre 2002. I primi 4 padiglioni verranno completati entro la fine del 2004, mentre per la consegna dell’intera opera è stata fissato il 6 aprile 2005. Il progetto scelto per la realizzazione è stato studiato da Massimiliano Fuksas; consentirà lo svolgimento contemporaneo di più manifestazioni. La sorveglianza del rispetto, in sede esecutiva, delle prestazioni funzionali richieste preliminarmente dalla Fiera, è affidata ai tecnici dell’Ente,

Maurizio Alessandro, Luca Novara, Oscar Cassa, Marco Gerosa, Vito Stabile. Il progetto della nuova Fiera cont empla un art icolat o sist ema di parcheggi, aree verdi e una gamma di “ funzioni compatibili” , quali alberghi, gallerie di negozi, strutture per la ristorazione e il tempo libero. A nord-ovest del complesso è previsto un parco di circa nove ettari, al quale si aggiunge un percorso interno immerso nel verde, per un totale di circa 180.000 metri quadrati di verde. I due poli fieristici – nuovo polo e polo urbano – opereranno insieme, con una superficie lorda di pavimento di circa 716.000 metri quadrati. Insieme costituiranno uno dei sistemi fieristici più vasti del mondo. I lavori infrastrutturali previsti a contorno, in fase di realizzazione, riguardano il prolungamento della linea rossa della metropolitana milanese che arriverà fino agli ingressi del nuovo polo e nuovi raccordi autostradali.

Il parcheggio per il Polo Esterno della Fiera di M ilano Il progetto dei parcheggi del Polo Esterno di Fiera Milano (autore Mario Bellini), che comprende 7.000 posti auto a raso e 3.000 in due strutture multipiano, rappresenta l’avanguardia nel settore, non solo per l’organizzazione dei flussi di mezzi e di persone, ma anche per le innovazioni tecnologiche adottate. Ne sono un esempio: la segnaletica a messaggio variabile che informerà in tempo reale i visitatori sulle migliori vie di accesso e di uscita; le porte predisposte per il telepass in entrata e in uscita; il servizio di vigilanza con telecontrollo 24 ore su 24. I flussi viabilistici tra visitatori, merci e mezzi pubblici o autorizzati sono tra loro separati; la funzionalità è garantita da una canalizzazione del traffico razionale e di facile comprensione per il guidatore. Stessa finalità per le corsie di accodamento all’ingresso delle singole aree di sosta, che eviteranno la formazione di code lungo la viabilità di accesso. Nell’area parcheggi saranno piantati 2.500 alberi: più di uno ogni tre posti auto a raso, che andranno ad aggiungersi ai 1.000 alberi lungo l’asse centrale tra i padiglioni del Polo Esterno e ai 9 ettari di parco nell’area nord-ovest.

Il nuovo Polo Esterno della Fiera, veduta del modello.


Concorso per la riqualificazione del Polo Urbano di Fiera M ilano Attualmente il polo urbano della Fiera di Milano occupa una superficie di circa 440.000 metri quadrati; di questi circa 185.000 andranno a costituire il cosiddetto Polo Urbano, mentre i rimanenti 255.000 verranno riqualificati attraverso una gara internazionale. Il 50 per cento di quest’area, che dovrà essere destinata a parco urbano e spazi pubblici, rimarrà di proprietà della Fondazione Fiera Milano e ospiterà manifestazioni espositive, mentre il polo esterno sarà destinato alle manifestazioni che necessitano di grandi spazi e movimentazione di mezzi pesanti. Il concorso indetto dalla Fondazione Fiera Milano, con la sua struttura Sviluppo Sistema Fiera, in accordo con Regione e Comune, serve per scegliere acquirente e progetto in base a tre elementi: qualità, programma di realizzazione e offerta economica. Nella preselezione sono stati scelti otto raggruppamenti di imprese – su nove candidati (uno di essi ha ritirato la propria candidatura) – dal comitato di gara – composto da Luigi Roth, Claudio Artusi, Rodrigo Rodriquez, Marcello Botta, Maurizio Filotto, Giorgio Montingelli e assistito da Lazard & Co. La gara è partita il 30 settembre e entro il 31 luglio 2004 si dovrà proclamare il progetto vincitore. I soggetti selezionati sono: • AM–Development BV, Olanda, concorrente singolo. Progettisti: Rem Koolhas, Stefano Boeri. • Risanamento S.p.A. (Italia, capocordata), IPI S.p.A., FiatEgineering S.p.A., Astaldi S.p.A., ChelsfieldPLC, Foster & Partners (ora Langdale Consulting). Progettisti: Norman Foster, URB.A.M. S.r.l. • Cordata “ Aprile” : Hines Italia S.r.l. (Italia, capocordata), Aedes S.p.A., Galotti S.p.A., Techint S.p.A. Progettisti: KPF-Khon Pedersen Fox, Renato Sarno Group. • Pirelli Real Estate S.p.A. (Italia, capocordata), Vianini Lavori S.p.A., Roma Ovest Costruzioni S.p.A., Uni-

credit Real Estate S.p.A. Progettista: Renzo Piano Building Workshop. • ING Real Estate (Olanda, capocordata), Impresa Pizzarotti & C. S.p.A.. Progettisti: Mario Cucinella, Richard Rogers, Jean Nouvel, Jo Coenen, Erick Van Egeraat. • Generali Properties S.p.A. (Italia, capocordata), RAS S.p.A., Progestim S.p.A., Lamaro Appalti S.p.A., Grupo Lar Desarrollos Residentiales. Progettisti: Pier Paolo Maggiora, Arata Isozaki, Zaha Hadid, Daniel Libeskind. • AIG/Lincoln Italia S.r.l.. (Italia, capocordata), IMMSI S.p.A Progettisti: Aukett + Garretti, Land. • Cordata “ Greenway-Parco delle Esposizioni” : Borio M angiarot t i S.r.l. (Italia, capocordata), C.I.L.E. S.p.A., Costruzioni S.p.A., Costruzioni Giuseppe Montagna S.p.A., Delta Green S.r.l., Generale Continentale Investissements International SA, Giambelli S.p.A., I.C.T. S.p.A., Impresa Rusconi Carlo S.r.l., Impresa Costruzioni Necchi & Majocchi S.p.A., Mangiavacchi Ing. R. S.p.A., P.R.P. S.p.A., Palladium Italia S.r.l., Saces Costruzioni Edili S.r.l., Sidecesio S.p.A., Vinci-Construction

Grand Project SA. Progettisti: Jean Pierre Buffi, Antonio Citterio, Michel Desvigne, Pier Luigi Nicolin, Italo Rota.

Programma Integrato di Intervento (P.I.I.) Portello a M ilano Il P.I.I. di iniziativa pubblica del Portello è nato dalla dismissione dell’impianto industriale dell’Alfa Romeo, unito all’accordo di programma relativo al graduale spostamento della Fiera verso il polo esterno. Più in particolare nasce dall’abbandono del Progetto d’area Portello Fiera del 1984, che prefigurava un impianto morfologicamente unitario, ma molto articolato, sotto il profilo tipologico-funzionale, con un Centro congressi, nuovi padiglioni fieristici (realizzati autonomamente lungo il viale Scarampo), nuovo centro Rai e torri terziarie. Di Gino Valle (con Marco Carnelutti, Francesco De Cillia, Matteo Franceschin, Roland Henning, Paolo Turco, Roberto Zizzutto) sono il piano ge-

nerale e la composizione delle aree a destinazione terziaria e commerciale. Si tratta di un “ aggregato commerciale” e di una grande piazza a forma di ventaglio, che avvolge la testata della Fiera e che sale fino a 6 metri, con una pendenza del 5% e un fronte di 220 metri, parallelo al viale di circonvallazione, assunto come limite della città. Sospeso sull’angolo più alto, un edificio parallelo alle stecche del QT8, stabilisce la prima relazione internoesterno, al di là del sovrappasso limite. Sul lato opposto, via Gattamelata, la piazza è definita da una spezzata, con due edifici che riprendono la diagonale a 45° – originata dal cilindro del timpano di testata della Fiera – che taglia e fa ruotare la piazza; continua con la passerella pedonale sul viale di circonvallazione, di collegamento verso la zona commerciale, attraverso il parco (la progettazione paesaggistica è di Charles Jencks, Andreas Kipar). Nel parco, il terreno degli scavi dei parcheggi sotterranei, forma una serie di alture e conche, che collegano elementi architettonici naturali, nella grande scala ambientale, tra Fiera, Istituto Palazzolo (verso nord) e Monte Stella. Due sono le aree a destinazione residenziale. Una è stata affidata a Guido Canali (comparto sud ovest – con Davide Marazzi, Umberto Bonomini, Hendrik Hegemann, Alessia Testa): è una grande corte con all’interno larghi gradoni degradanti e una sequenza di edifici a torre binata. L’altra è progettata da Cino Zucchi (comparto nord ovest – con Pietro Bagnoli, Cristina Balet Sala, Leonardo Berretti, Elisa Leoni, Helena Sterpin, Reem Almannai, Silvia Cremaschi, Thilo De Gregorio, Elena Naldi): comprende 5 edifici a torre, 3 edifici in linea verso il viale di circonvallazione, di edilizia libera e convenzionata e la ristrutturazione dell’ex mensa Alfa Romeo, come struttura collettiva.

Progetto Garibaldi Repubblica

P.I.I. Portello, veduta zenitale del modello e un’immagine del progetto.

Il progetto Garibaldi Repubblica interessa un’area complessiva di 325.000 mq; vi dovranno essere insediate tre funzioni: il campus, la città della moda e il polo istituzionale. È destinato ad essere un progetto di eccellenze che sarà completato nel 2009, a costo zero per l’Amministrazione comunale; renderà, in termini di oneri di urbanizzazione, 75 milioni di Euro. Il gruppo Hines, infatti, ha deciso di investire nell’acquisto delle aree e nella realizzazione del progetto; ha raggiunto accordi con 7 proprietari privati e controlla l’86% dei diritti edificatori privati. Ciò ha reso possibile, lo scorso 11 luglio, la firma del protocollo di intesa con il Comune per avviare effettivamente il progetto. César Pelli è stato incaricato per la predisposizione del masterplan re-

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Le facciate dei parcheggi pluripiano sono rivestite con una maglia in acciaio inox; le forme sono regolari; la disposizione degli spazi simmetrica. Questo sarà da ritenersi il parcheggio più grande e più “ intelligente” d’Italia. Verrà realizzato in project financing (costruito e gestito) dal raggruppamento d’imprese composto da Codelf a (mandat aria), Grasset t o Lavori, Marcora Costruzioni, Apcoa Parking Italia, per un investimento complessivo di 57.100.000 Euro. L’opera sarà ultimata nel 2005. La prossima tappa nello sviluppo del masterplan del Polo Esterno vedrà l’avvio della procedura per la realizzazione delle “ funzioni compatibili” (alberghi, strutture per la ristorazione e il tempo libero, galleria commerciale).


Pavia a cura di Vittorio Prina

Processi di riqualificazione urbana di Pavia

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L. Scacchetti e F. Saldini, Villasanta, planivolumetrico dell’intervento. lativo alla città della moda, nell’ambito del piano urbanistico predisposto da Pierluigi Nicolin. Sulla base del masterplan, verranno selezionati gli studi che progetteranno i singoli edifici che sorgeranno nell’area. Per il polo istituzionale, sarà pronta entro l’anno la gara pubblica che prevede la costruzione della nuova sede degli uffici tecnici del Comune e la valorizzazione della sede esistente di via Pirelli, destinata a essere data in concessione. Inoltre, è già stato pubblicato il bando per il concorso di progettazione del nuovo palazzo della Regione Lombardia. Lo scorso luglio Regione e Comune hanno siglato il protocollo d’intesa con cui la Regione ha acquistato dal Comune, per 78 milioni di Euro, l’area dove sorgerà il suo nuovo palazzo. Il concorso “ giardini di Porta Nuova” è arrivato alla seconda fase: bandito lo scorso aprile, riguarda la progettazione del Campus di 100.000 mq, attorno al quale sorgeranno la città della moda e il polo istituzionale. Tra gli oltre 50 gruppi italiani e stranieri, sono stati selezionati 10 finalisti: dall’Italia, Marco Bay; Andrea Branzi; Giancarlo De Carlo; Marco Navarra; da Amsterdam Mathias Lehner MSCA (Inside Outside); da Londra Kathryn Gustafson (GustafsonPorter LTV); da Cambridge, USA, Martha Schwartz (Martha Schwartz INC.); da Rotterdam Adriaan Geuze (West 8); da Tokyo Michio Sugawara (Ishimoto Architectural & Engineering Firm INC.); da Berkley Peter Walker (Peter Walker & Partners Landscape Architecture Limited). La giuria è composta da Stefano Boeri, Giovanna Giannachi, Pierluigi Nicolin, João Nunes, Ippolito Pizzetti, Ermanno Ranzani, Umberto Riva, Donato Durbino, Giancarlo Tancredi, Supplente: Bruno Eduardo Viganò. La consegna degli elaborati scade il 21 gennaio 2004. Entro metà febbraio verrà proclamato il vincitore.

Il costo massimo di realizzazione dell’intervento deve essere di Euro 20.000.000. Il vincitore riceverà Euro 61.974,83, quale premio e anticipo del compenso professionale dovuto per la progettazione. A ciascun progettista selezionato sarà riconosciuto un rimborso spese lordo di Euro 20.658,28.

Villasanta: progetto per l’area Lombarda Petroli L’area ha una superficie di circa 300.000 mq e, ad esclusione del nucleo storico costituito dalla Cascina del Sole, ha un impianto urbanistico non strutturato. Attualmente è occupata dal deposito di oli minerali della società Lombarda Petroli. Il terreno non presenta rilevati oro-geografici particolari ed è tangente alla ferrovia Milano-Lecco sul lato Ovest. Il Piano particolareggiato, approvato in Consiglio comunale, redatto da Luca Scacchetti e Fabio Saldini, si articola in tre comparti, a destinazione produttiva, terziaria e residenziale, a loro volta suddivisi in dodici unità di progetto; complessivamente si prevede la realizzazione di 190.874 mq di slp, di cui 100.629 produttivo, 87.020 terziario-commerciale e 3.225 residenza, da attuarsi mediante Piano di Zona. L’elemento di maggiore caratterizzazione dei poli direzionali di nuova edificazione è la concentrazione lungo la direttrice di mobilità su ferro e lungo la direttrice di via Sanzio a nord; questo permette la riduzione del consumo del territorio a favore delle aree verdi. Il grande spazio centrale, che risulta perimetrato dalle costruzioni, è un grande parco di 72.000 mq, nel quale vengono mantenute, come monumenti della memoria, alcune torri dell’impianto industriale. In posizione baricentrica è collocato un centro sportivo pubblico, di circa 5.000 mq.

Il processo di riqualificazione urbana a Pavia è in corso da 25 anni ed è entrato adesso nella fase più delicata in cui verranno messe in campo le aree di maggiore importanza strategica del sistema urbano. La carta del rinnovamento urbano è quindi in realtà quasi tutta da giocare. Alla luce di questi fatti gli obiettivi di queste note sono descrivere il processo di riqualificazione in questo quarto di secolo, cercando di cogliere i rapporti più o meno stretti con gli strumenti di pianificazione, descrivere le politiche urbane che hanno originato/guidato questo fenomeno e tentare qualche congettura sui possibili processi di trasformazione nei prossimi anni. Il processo di dismissione delle aree industriali Pavia è stata oggetto di un lungo e complesso processo di dismissione delle aree industriali (in alcuni casi ancora in corso di svolgimento) che ha determinato una profonda crisi di identità nella città. Questo fatto ha determinato la “ non accettazione sociale” del fenomeno e ha generato per molti anni la non praticabilità politica di interventi di recupero e di riutilizzo delle aree dimesse. Questa presa di posizione politicosociale è stata recepita sia dal Piano Regolatore Campos-Astengo del ’77 sia dal Piano Gregotti-Cagnardi attualmente in corso di approvazione, attraverso una “ riconferma” di aree industriali non giustificabili sul piano urbanistico, ma “ essenziale” dal punto di vista socio-politico. Pianificazione ed aree dismesse Il Piano Campos-Astengo del 1977 individua ad esempio solo due aree dimesse (area NECA e area del Consorzio Agrario) per un totale di circa 60.000 mq riconfermando la desti-

nazione industriale anche su aree come la Saiti e la Korting (30.000 mq.) in cui i processi di dismissione avevano generato forti tensioni sindacali. Lo stesso fenomeno è avvenuto in tempi recenti con il P.R.G. GregottiCagnardi dove, nell’elenco delle aree di trasformazione, “ mancano” l’area Necchi e l’area dei Magazzini del Genio Militare che da anni sono oggetto di lenti ma irreversibili processi di dismissione. La difficoltà della città nel suo complesso di sviluppare una strategia sui temi delle aree dimesse, ha determinato una costante volontà politica dell’amministrazione comunale (riaffermata in vario modo dalle differenti maggioranze) di subordinare qualsiasi programma di trasformazione ad un nuovo assetto complessivo della città da ratificare con una variante generale di P.R.G. L’unica eccezione si è verificata all’inizio degli anni ’80 con l’approvazione di 11 Programmi Integrati di Riutilizzo (Legge Adamoli) che hanno interessato aree dismesse di vario tipo per un totale di 150.000 mq. Il consistente ricorso a procedure esterne al Piano, in questo caso non rappresentava un cambiamento nella politica urbanistica, ma un semplice intervento “ tampone” dovuto alla contestuale revoca della Variante Generale di Piano che avrebbe generato un ulteriore prolungato blocco nell’attività edilizia. Processi di ricollocazione delle strutture pubbliche A partire dagli anni ’80 si è sviluppato un consistente processo di riorganizzazione e ricollocazione di tutte le più importanti strutture pubbliche presenti in città (Università, Clinica del Lavoro, Mondino) che sono state localizzate in aree esterne ad ovest della città, contigue all’Ospedale S. Matteo. Questa localizzazione individuata nel P.R.G. del ’77, e ovviamente confermata da tutti i successivi piani, era supportata da uno specifico Piano di Indirizzo (Piano De Carlo) che avrebbe dovuto integrare urbanisticamente il Polo Esterno Universitario-Sanitario con la città. A differenza di quanto è avvenuto in vari contesti, Pavia non ha potuto quindi utilizzare il “ motore” della riorganizzazione delle strutture pub-

Espansione urbana di Pavia ed espansione universitaria per soglie storiche.


Localizzazione dei Programmi Integrati di Intervento del 1995. Nome 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

Consapri Moncalvi Antera Cascina Colombarone Cascina Torretta Cascina Pelizza Villa Flavia Cascina Corso Cascina Scala Sarchi Cascina Morona TOTALE

Superficie comparto 17772,80 11871,97 6995,22 24010,00 5185,00 3350,00 5908,00 9350,00 9788,52 13862,00 26800,00 134893,51

Volume totale 20373,42 17664,47 9362,72 22295,49 12590,77 6302,00 7785,00 14883,00 16950,48 4163,65 12557,00 144928,00

Dati quantitativi dei Programmi Integrati di Intervento del 1995. bliche per conferire maggiore energia e soprattutto per conferire una concreta fattibilità agli interventi di riqualificazione urbana. Probabilmente è questo l’aspetto che più di tutti gli altri ha reso arduo la costruzione di un programma strategico di riutilizzo delle aree dimesse limitando la funzione dei piani urbanistici al puro disegno urbano ed alla semplice funzione regolativa. Questo aspetto è molto evidente nel P.R.G. Gregotti-Cagnardi dove le aree dismesse sono trattate sapientemente dal punto di vista del disegno urbano, mettendo in secondo piano i possibili assetti strategici legati al contesto urbano. Per quanto riguarda infine il campus universi-

tario “ implicito” realizzato in questi anni, è ormai evidente che ha contribuito ad aggravare i problemi di riconnessione urbana tra la parte ovest (esclusivamente direzionale) e la parte est (residenziale) della città. Recupero delle aree dismesse e riqualificazione urbana L’approvazione del nuovo P.R.G. entro il 2003 dovrebbe sancire la chiusura di un lungo periodo di incertezza determinato dalla profonda trasformazione economica e sociale della città. Come spesso succede nei sistemi altamente complessi anche atteggiamenti negativi possono determinare, al mutare di alcune condizioni, vantaggi competitivi.

Massimo Giuliani

Sondrio a cura di Enríco Scaramellini

Grandi progetti di trasformazione urbana La presentazione di due progetti di trasformazione urbana a Sondrio sollecitano un ampliamento dei dibattito, volto a comprendere e approfondire la realtà in cui queste proposte di modificazione si inseriscono. Attraverso l’intervista a Pietro Stefanelli, assessore alla Pianificazione Territoriale dei Comune di Sondrio dal 1995 al 2003 e a Danilo Sava, Assessore alla Pianificazione Territoriale dei Comune di Sondrio dal maggio 2003 si restituisce il quadro generale dei processi di trasformazione in atto. • lpotizzando di arrestare istantaneamente ogni processo di trasformazione urbana in atto, di congelare lo “ stato delle cose” della città di Sondrio, in modo tale da poterne indagare le dinamiche e le molteplici forme, dovendo sintetizzare il contenuto delle proprie impressioni e suggestioni, come descriverebbe Sondrio e il suo territorio? Pietro Stefanelli La definirei “ la bella addormentata in una culla d’argento” . “ Bella” perché si trova in un ambito territoriale unico per bellezza, tra le Alpi Retiche e le Orobie, con i terrazzamenti dei vigneti come fondale con i suoi castelli e i due fiumi, Adda e Mallero che la solcano. “ Addormentata” perché il suo destino, maturato negli ultimi decenni, è di città con pochi spazi produttivi, ma molto terziario amministrativo e dei servizi, che hanno avuto una funzione di sonnifero culturale ed imprenditoriale. Quindi, una struttura urbanistica che potrebbe essere disponibile ad ospitare più innovazione ma con un insieme sociale che poco si muove in direzione delle novità, dei cambiamenti, del “ fare” per migliorare la situazione economica complessiva. Danilo Sava Si potrebbe dire che oggi non si fatica ad “ arrestare” Sondrio e notare l’assenza di grandi processi di trasformazione urbana in atto, che pure l’hanno caratterizzata in altre epoche. Posta in posizione baricentrica, nella Valtellina, al visitatore che la raggiunge dopo un percorso spesso lento a causa delle vie di comunicazione, la città appare tuttavia attraente, circondata dalle montagne e dai magnifici terrazzamenti coltivati a vigneto e dalle storiche e ancora vivaci frazioni; quale capoluogo vede, poi, una forte presenza di attività terziarie, con un centro storico in cui sopravvivono attività tradizionali. Organizzata “ a ragnatela” nella parte storica a ridosso della montagna, e longitudinalmente con uno sviluppo est-ovest nella parte bassa, è attraversata dal torrente Mallero ed è ancora facile e piacevole percorrerla a piedi.

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Lo schema di sviluppo universitario previsto dal Piano De Carlo.

È il caso di Pavia dove, il ritardo nella approvazione del P.R.G., (e la conseguente mancanza di aree edificabili esterne) ha determinato un diffuso processo di riqualificazione della città esistente e dove il lungo blocco nel riutilizzo delle aree dimesse potrebbe trasformarsi oggi in un’occasione per porre in atto una profonda riorganizzazione del sistema urbano. Sono infatti ancora da attuare tutti i recuperi delle aree industriali dismesse collocate a nord e a ovest del centro storico a cavallo della linea ferroviaria Milano-Genova. Si tratta di tre aree (area ex-NECA, area Marelli e del magazzino automotrici F.S.) che hanno una superficie complessiva di oltre 100.000 mq. Si tratta del comparto attualmente più importante della città nella quale è possibile realizzare una serie di interventi strutturali utili per la riqualificazione complessiva del sistema urbano. Gli obiettivi possono così essere sintetizzati: • riutilizzare le aree dismesse per ricollegare la parte ovest della città con il centro storico; • ripensare la ferrovia Milano-Genova e la stazione ferroviaria come “ porta virtuale” della città per il collegamento con Milano; • utilizzare le aree industriali esterne al centro per riqualificare il sistema commerciale-funzionale del centro storico attualmente in fase di progressivo declino. Il sistema delle aree dismesse o sottoutilizzate prossime alla stazione ferroviaria rappresenta infatti una delle principali occasioni per promuovere un incisivo processo di riorganizzazione della città attraverso la localizzazione di importanti strutture di rilevanza sovracomunale che trarrebbero vantaggio dal rapido collegamento ferroviario con Milano e dalla contiguità sia con il Centro Storico sia con le strutture universitarie ed ospedaliere poste nella zona ovest della città. L’area ex Marelli, l’area ex-NECA e le zone attualmente sottoutilizzate di proprietà F.S. rappresentano quindi per la città una grande opportunità che va sfruttata favorendo la massima integrazione funzionale tra i diversi interventi che dovranno essere strutturati sfruttando pienamente l’accessibilità ferroviaria e favorendo i collegamenti pedonali ed automobilistici est-ovest. Per quanto riguarda l’area ex-Marelli particolarmente interessante è la decisione già effettuata di realizzazione di una struttura da destinare a polo tecnologico. Per quanto riguarda l’area ex-NECA è rilevante la previsione del P.R.G. della localizzazione del Centro Congressi e la realizzazione dell’asse viario attrezzato che metta in collegamento il raccordo autostradale con lo Svincolo dei Longobardi. (situato sulla ss. 35 per Milano) Questa struttura di collegamento viario e la notevole dotazione di parcheggi prevista dal P.R.G. rendono l’area la sede ideale anche per la localizzazione del Palazzo Esposizioni.


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• Sondrio presenta molteplici aspetti e può essere interpretata secondo rapporti, connessioni e/o sistemi differenti. Di volta in volta, le diverse propensioni della città come capoluogo amministrativo, come città intensamente relazionata al territorio, come città storica, influenzano l’analisi del complesso urbano sondriese. Qual è, a suo avviso, la vera “vocazione” della città? E, quali sono gli “orientamenti” della città rispetto a se stessa, al territorio circostante fortemente caratterizzato e alla sua gestione? Pietro Stefanelli È tutta da scoprire, difficile da leggere, anche se i segni sul territorio sono forti e potrebbero veramente attribuire a questa città una vocazione totalmente dedita alla promozione dell’ambiente e a tutto ciò che natura e ambiente potrebbero produrre. Il suo legame col territorio, una volta molto forte, è andato, via via, scemando ed ora è assai difficile da recupere. È invalso anche un certo fatalismo, che coinvolge tutti, riguardo le calamità che accadono e che alimentano soltanto lamentele e borbottii tesi ad ottenere aiuti, anche utilizzando, nei decenni scorsi, benefici provenienti de leggi speciali. Ed è questa una delle caratteristiche meno nobili di questa città anche se, a dire la verità, Sondrio è sempre stata la meno privilegiata da questi provvedimenti speciali. Danilo Sava Per cogliere la “ vocazione” della città, storicamente sede di funzioni al servizio dell’intero territorio provinciale, occorre comprendere che fare urbanistica non è solo compito di specialisti, che confezionano piani di sviluppo in cui troviamo cittadini e bisogni sociali da una parte e urbanisti/amministratori dall’altra. Il prodotto urbano che abbiamo oggi e che lascia molto scontenti è il frutto di tale processo. Infatti, nel tempo gli interventi sulla città hanno scontato l’influsso delle tradizionali strade percorse dall’urbanistica: la prima (anni ’70 e ’80) che ha visto prevalere l’unifunzionalità, la divisione della città in settori con funzioni differenti, ha significato divisione e isolamento soprattutto nelle zone periferiche. La seconda (anni ’90 e 2000) ha visto prevalere la ricerca del particolare piuttosto che dell’insieme. È un’urbanistica da “ design” , che ha concepito la città ripiegata su se stessa, proponendo progetti destinati a richiamare attenzione e curiosità, ma che non sono riusciti a riorganizzare la convivenza in relazione ai bisogni dei cittadini e alla vocazione originaria della città ignorando quello slancio che per lungo tempo l’ha caratterizzata. • Quali linee guida di intervento, quali trasformazioni urbane e quali strategie gestionali caratterizzeranno il futuro della città di Sondrio? Quali attori diverranno determinanti per il futuro? Pietro Stefanelli Credo si debbano mobilitare tutte le risorse, soprattutto quelle in mano ai poteri forti e attorno alle poche presenze produttive esistenti, per provocare uno

scatto d’orgoglio di chi vive all’interno di questa “ culla d’argento” , per effettuare un salto in avanti nei settori della sua vera vocazione, quali la valorizzazione dell’ambiente, la qualità della vita e dei servizi innovativi, la coesione sociale. Valorizzare il suo essere in mezzo alle Alpi per creare un ponte culturale che raccordi i territori al di qua e al di là di quelle che una volta erano le frontiere, che, oggi, non devono più dividere ma unire. Una città dove il ruolo della conoscenza dovrebbe essere incentivato al massimo onde creare possibilità di incontro tra i giovani delle diverse espressioni europee. Un luogo dove l’innovazione, quindi la messa a profitto delle esperienze di studio, possano entrare in rete con il resto del mondo. Ma ancora potrebbe diventare un crogiuolo per proposte di livello culturale alto, un capoluogo lombardo situato a cavaliere delle Alpi, come luogo di riferimento per importanti esperienze artistiche mondiali. Quindi, una città per la cultura, una città per lo studio, una città per l’innovazione, una città che fa del suo territorio un luogo da proteggere, da preservare, da valorizzare. Nella città, il più delle volte, sono le intraprese sociali che promuovono e danno senso alle attività economiche. Una città in grado di valorizzare la creatività e l’innovazione sociale, poliedrica dal punto di vista degli usi e della razionalizzazione dei tempi, amplifica l’economia dei saperi, delle esperienze, delle professionalità in modo da aumentare i propri vantaggi competitivi e localizzativi. Più la città è viva dal punto di vista sociale e culturale più si incrementano gli scambi informativi, le opportunità professionali, la mobilità sociale, il ruolo della città nei confronti dei suo intorno. E questo è tanto più vero quanto questo ragionamento lo proiettiamo sulla realtà locale, sul problema dei rapporto tra Sondrio e il suo territorio, sull’identità della città, sulle nuove funzioni che devono essere assunte perché Sondrio divenga “ capitale di sistema” . Danilo Sava Occorre finalmente tornare a riflettere sui grandi progetti nella città, poiché la sfida è quella di una migliore attuazione della qualità della vita nella rinnovata interpretazione del ruolo di città capoluogo a servizio dei territorio. Per raggiungere questo obiettivo questa Amministrazione ha ben chiaro che occorre, con rinnovato slancio, realizzare delle grandi infrastrutture che siano da traino per la riqualificazione più complessiva della città e questo è possibile solo se nella città si recupera il senso civico, la passione ideale, la partecipazione alle scelte e la responsabilità imprenditoriale. Occorre ripensare a una mobilità “ per tutti” , con un importante piano parcheggi, che privilegi l’uso dei sottosuolo e l’eliminazione dei posti auto sulle vie, in collegamento con un nuovo piano dei traffico; riqualificare in senso pedonale le piazze centrali; creare un piano dei servizi (scolastici, sanitari, amministrativi) con una tendenziale razionalizzazione-

polarizzazione delle funzioni e delle loro sedi; creare parchi cittadini affinché lo spazio verde sia fruibile anche per bambini e anziani e sia luogo di relax per cittadini e turisti; realizzare infrastrutture (nuove o recuperate, quale il teatro Pedretti) destinate alla cultura, all’arte, allo sport, allo svago, che esercitano anche una funzione complementare e di attrazione sulle circostanti aree turistiche. Una seconda considerazione pone al centro un concetto culturale importante: per coinvolgere veramente i soggetti pubblici e privati, in quanto cointeressati alla definizione delle scelte, occorre lanciare la sfida della flessibilità, della certezza dei modi e dei tempi di attuazione; si dovrebbe arrivare, all’occorrenza, ad opportune forme di co-pianificazione. Siamo anche ben coscienti che siamo solo all’inizio, ma su questo vogliamo essere misurati al termine del nostro cammino. L’Amministrazione comunale si propone questo obiettivo con la costante ricerca del confronto con tutte le forze attive in città, dove lo strumento degli Stati Generali cittadini diviene al contempo metodo di individuazione delle grandi scelte e strumento di controllo dell’operato. E. S.

P.I.I. Area Carini-M arzotto (So) La proposta concerne la fase definitiva di un Programma Integrato d’Intervento che riguarda una vasta e importante porzione territoriale della Città di Sondrio; si tratta del comparto compreso fra la via Tonale, la via Vanoni, la via Meriggio e il Campus scolastico. Le varie proprietà interessate agli immobili compresi nel programma presentano all’Amministrazione Comunale la Proposta di Programma Integrato d’Intervento secondo le indicazioni contenute al punto 8 della Circolare n. VI/ 44161 emanata in data 9.7.2001 dalla Direzione Generale Territorio ed Edilizia Residenziale della Regione Lombardia in applicazione della Legge

Regionale n. 9 del 12 aprile 1999. Essendosi il Comune di Sondrio recentemente dotato del Documento di Inquadramento previsto dall’Art. 5 della Legge ci si è attenuti nella stesura del P.I.I. alle indicazioni ed agli indirizzi in esso contenuti in un quadro di sostanziale coerenza con il Documento d’inquadramento. Comparto Carini-Tonale Il progetto propone la trasformazione di un’importante porzione di città: una riqualificazione profonda e attenta alle dinamiche insediative sedimentate nel luogo, capace di rinnovare, attraverso una nuova qualità della scena urbana, l’identità e il senso dei rapporti esistenti fra le parti della città e fra questa e il suo territorio. Il progetto è motivato da tre forti ragioni: • la valorizzazione e il recupero del parco verde esistente e delle risorse d’acqua dei Malleretti; • la definizione di uno spazio pubblico centrale, la piazza interna, razionalmente definito dai nuovi edifici e dai relativi flussi indotti e relazionato all’intorno territoriale; • il consolidamento degli assi di via Vanoni e di via Tonale, gli unici, per carattere e dimensione, boulevards della città capaci di segnare e reggere i legami profondi tra la città storica, la città di recente formazione e il luogo naturale di origine. Residenza L’impianto, costituito da tre palazzine alte disposte intorno al parco verde esistente e tre palazzine basse aperte a sud, permette un chiaro, preciso e calibrato disegno del suolo (parco, giardini e percorsi) e dei differenti ambiti pubblici e privati. Edifici puntuali, tipologicamente flessibili, capaci di offrire una qualità dell’abitare varia e innovativa, che, attraverso il disegno dei fronti, si relaziona con i caratteri paesistici ampi del contesto territoriale. Un insieme edilizio di nuova dimensione capace di divenire nel paesaggio indifferenziato un punto di riferimento e nuovo landmark urbano. Terziario Un grande blocco edilizio del terziario avanzato, composto da quattro distinti padiglioni allineati sull’asse di ingresso alla città di via Vanoni.

Area Carini Marzotto, assetto urbano.


un nuovo accesso all’area nella zona Sud da via Meriggio. In relazione al coinvolgimento delle aree a standard su via Tonale nel comparto Carini il progetto prevede altresì modifiche alla viabilità interna con la realizzazione di un nuovo parcheggio privato in fregio a via Tonale e la ricollocazione della piazzola per l’atterraggio degli elicotteri. Conclusioni Il P.I.I. propone da un lato la realizzazione di spazi di relazione importanti per la qualificata fruizione dell’insediamento: • piazza Carini (1600 mq), che raccorda il percorso della via Bonfadini,

Area Carini Marzotto, planivolumetria del progetto. aperto, misurato spazialmente dai nuovi edifici, che attraverso il forte valore ecologico declina alla scala edilizia/urbana le potenzialità di qualità territoriale diffusa date dalla presenza delle aree verdi adiacenti alle aste fluviali dell’Adda e del Mallero. Spazi aperti, piazza La piazza come nuovo spazio aperto, civile, pedonale, definito dai nuovi edifici, dalle nuove attrezzature e dalla valorizzazione della villa Carini, centro e risorsa dell’intero intervento. Un vuoto urbano generato anche dall’incontro tra l’asse storico della via Bonfadini e l’asse di più recente formazione della via Gianoli. Autosilo di via Tonale Una nuova infrastruttura urbana, disposta su più livelli, costruita come un nuovo limite della città, cerniera verso lo spazio verde dell’Adda. Un edificio pensato per la razionale sosta delle auto e contemporaneamente per la definizione di un nuovo segno d’identità territoriale e di margine urbano, allineato lungo la via Tonale in analogia con la stazione delle autocorriere. Autostazione di servizio Davanti all’autosilo è disposto un grande piazzale coperto, lungo la via Tonale, funzionale alle attività di servizio alle automobili. Un luogo di interscambio, anche per la presenza di altre infrastrutture (autosilo e stazioni ferroviaria e autocorriere), capace di divenire un nuovo nodo legato alla dimensione viaria ed extracittadina dei flussi di traffico. Comparto Marzotto Il progetto prevede la realizzazione di un intervento di ampliamento delle attività industriali insediate con la creazione di

è segnato da una fontana lineare che fa riemergere l’antico; • gli spazi pedonali innervano le aree scoperte collegando i punti di relazione fra la zona R.T. e il resto della città e connettono fra loro la piazza e le aree a verde; • il parco con le alberature; si estende per oltre 4500 mq e funge da area di connettivo fra le residenze e la stecca direzionale recuperando a uso pubblico il bosco di platani e di altri cedui esistente dilatandolo fino sul ciglio della via Meriggio. Il P.I.I d’altro canto si propone di rispondere alle esigenze connesse alla gestione degli spazi di sosta delle autovetture con varie soluzioni: • L’autosilo di via Tonale, correlato alla stazione di servizio per le autovetture. • Il parcheggio in superficie posto in fregio alla cinta della zona. • Il parcheggio interrato in prossimità della struttura commerciale-terziaria della zona Carini. Infine gli interventi del P.I.I. si dilatano, nel nuovo spirito della Legge n. 9/99, anche al di fuori dei confini del piano attuativo, con proposte riguardanti sia l’innovazione della connessione viabilistica dell’asse della via Tonale con la via Ventina, sia la riqualificazione delle principali vie che raccordano l’area con il percorso che riconnette la città storica con la porta della città di via Vanoni. Gli interventi di riqualificazione della via Vanoni, della via Bonfadini, il 6° livello aggiuntivo dell’autosilo di via Tonale, l’ampliamento del sottopasso ferroviario di via Ventina, il collettore delle acque bianche a sud dell’area

Carini, la fontana e i percorsi d’acqua, sono proposti come opere pubbliche eseguibili dal Comune utilizzando il corrispettivo per il costo di costruzione a carico del quadro economico del P.I.I. Fabio Della Torre e Gianmatteo Romegialli (estratto relazione tecnica)

Nodo di interscambio e di riqualificazione urbana (So) Nato come progetto di riqualificazione della piazza della stazione di Sondrio, il lavoro in esame è frutto di un concorso bandito dall’Amministrazione comunale nel 1993. Il gruppo di progettazione vincitore ha interpretato il tema proposto in modo estensivo, cogliendo i profondi aspetti relazionali che sovente appartengono a luoghi così singolari come le stazioni ferroviarie. La cesura definita dalla linea ferroviaria diviene quindi un’opportunità per comporre un sistema di scambio complesso operante a varie scale. Il progetto oggi in fase avanzata, ha l’ambizione di ricomporre i luoghi della città attualmente isolati a causa dei sistemi viabilistici territoriali disposti secondo una direttrice est-ovest. Si struttura così una promenade disposta secondo una direttrice nord-sud, che partendo dal fiume Adda, visto come risorsa ambientale, ci porta sul versante opposto del capoluogo valtel-

linese, a Castel Masegra, emergenza architettonica visibile da tutto il fondovalle. Tra i due luoghi notevoli si intercettano un nuovo parco urbano, il campus scolastico provinciale, la stazione degli autobus, la stazione ferroviaria, i giardini di piazzale Bertacchi, il Palazzo del Governo di Giovanni Muzio, il centro storico della città. In questo modo si organizza un insieme relazionale lineare e composito allo stesso tempo, in virtù della capacità di questo intervento di mettere a sistema elementi singolari diversi. Il nodo centrale resta naturalmente quello della stazione, intesa sia come luogo tecnologicamente rilevante (sovrapposizione dei suoli urbani), sia come caposaldo tipologico. Operando in sezione, i progettisti sovrappongono luoghi di sosta (nuovo bar-ristorante, sale d’attesa, spazi commerciali), a luoghi di percorrenza (nuovo sottopasso pedonale), proponendo un continuo gioco di rimandi fisici e visuali operando attraverso una sapiente disposizione delle connesioni verticali e una calibrata presenza di doppie altezze, in una visione dinamica e complessa dell’architettura urbana. Committente: Comune di Sondrio Progetto di concorso: Angelo Bugatti, Paola Coppi, Giampaolo Rinaldi, Silvano Molinari, Giuseppe Sgrò Il progetto è stato premiato al concorso “ Il principe e l’Architetto: nuove idee per ripensare la città” , Fiera di Milano 20 febbraio 2003. Daniele Vanotti

Area della Stazione, planivolumetria dell’area.

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Commercio Un grande e complesso edificio disposto da nord a sud, allineato lungo il confine orientale dell’area a definire un margine di rispetto tra le nuove edificazioni e l’area industriale esistente. Un insieme costituito da volumi differenti uniti da un percorso, aperto sulla piazza, che collega i margini dell’area di intervento verso il centro cittadino con il nuovo parco verde centrale. Spazi aperti, parco Il recupero, la valorizzazione e la riqualificazione del consistente patrimonio arboreo esistente definisce un nuovo parco verde, Parco Carini; un rinnovato spazio


Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni

Opere “dentro” o “per” la città?

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In un recente numero di “ AL” (78/2003) sono stati ampiamente approfonditi e riassunti gli obiettivi e i risultati di un recente convegno, organizzato dall’Associazione AV Architetti Varese e intitolato, per l’appunto, Grandi opere per Varese. È evidentemente inopportuno riassumere considerazioni già svolte per le quali invitiamo, chi fosse interessato, a recuperare il testo citato. In questa occasione, da un lato, ci pare utile elencare alcuni dati quantitativi che, di per sé, rappresentano uno strumento di valutazione dell’unità di misura dei progetti e dei programmi in essere; dall’altro, ci è parso interessante aggiungere qualche nuovo spunto critico riguardo metodi e contenuti delle iniziative sul tappeto. • Castello di Masnago, progetto preliminare per l’ampliamento degli uffici, magazzini e degli archivi. Costo euro 2.228.685,00; • Museo civico Villa Mirabello, progetto di restauro conservativo e adeguamento funzionale iniziato nel 1996. Costo euro 3.318.442,88; • Insediamenti ludico sportivi Schiranna, progetto preliminare per la realizzazione di piscina, solarium, campi da tennis, calcetto e parcheggio. Costo euro 5.861.785,80; • Risanamento ambientale Schiranna, progetto preliminare. Costo euro 413.000,00; • Castello di Belforte, progetto preliminare per il restauro ed il recupero ad uso biblioteca di quartiere, sedi associazioni, centro diurno per anziani, piazza per spettacoli all’aperto. Costo euro 6.019.615; • Villa Baragiola – Ex seminario di Masnago, acquistata dalla A.C. per euro 3.300.000,00, è destinata a sedi istituzionali. Stanziati euro 11.975.000,00; • Funicolare Campo dei Fiori, progetto preliminare per il ripristino del ramo Vellone-Campo dei Fiori. Costo euro 8.000.000,00. In corso la

sistemazione delle opere di accesso. Costo euro 2.820.712,32; • Piazza Monte Grappa, opere di pavimentazione e arredo urbano. Costo euro 1.997.000,00; • Ex Casa del Mutilato, nuova sede dell’assessorato alla cultura. Costo euro 1.500.000,00; • Nuovo Ospedale, progetto in corso di realizzazione, s.l.p. mq 59.000. Costo euro 114.000.000,00; • Nuovo carcere, carcere per circa 250 detenuti su di un’area di circa 112.000 mq. Cost o euro 39.000.000,00; • Centro culturale polivalente, studio di fattibilità per Teatro lirico (1200 posti), sale per convegni, musica e spazi commerciali. Costo presunto euro 50.000.000,00. Aree strategiche • Ex Caserma Garibaldi, in esame l’acquisizione ad un costo di euro 1.937.000,00, il proposito è di demolire l’edificio per fare posto al centro culturale polivalente; • Ex macello, area di 28.000 mq; • Miogni, area di 8500 mq; • Campus universitario di Bizzozzero, 130.000 mq per concentrare in un’unica area l’insediamento universitario biomedico. Il Politecnico di Milano ha redatto lo studio preliminare e di inquadramento urbanistico per il collegio universitario, la mensa, le sale studio, gli impianti sportivi, le nuove strutture didattiche e di ricerca. Stanziati 12.000.000,00 euro per il collegio e le strutture sportive. Sono già in corso di realizzazione: la ristrutturazione dell’ex-Colonia Agricola ad uso laboratori, uffici e servizi amministrativi (costo complessivo dell’opera è di euro 5.358.067,00), l’impianto sportivo coperto e i campi da tennis e calcetto (costo euro 361.519,00), il completamento dell’edificio monopiano ad uso dei laboratori di scienze (costo euro 477.536,00), l’adeguamento del padiglione Morselli ad uso della facoltà di medicina (costo euro 2.218.000,00), l’adeguamento del padiglione Antonini ad uso della facoltà di medicina (costo euro 1.807.599,00), i lavori di ristrutturazione delle aule Seppilli ad uso biblioteca biomedica (costo euro 1.239.496,00), la realizzazione della seconda stecca del dipartimento di biologia (costo euro 7.746.853,00), la ristrutturazione ad uso della Facoltà di Economia dell’ex collegio Sant’Ambrogio (costo euro 15.678.177,00);

Centro culturale polivalente, studio di fattibilità.

• Tangenziale Nord Est, progetto preliminare per il collegamento tra la Statale Briantea, la Statale Varesina e la Statale per Porto Ceresio. Costo euro 35.950.000,00; • Sistema tangenziale urbano, progetto preliminare in tre lotti per collegare via Gasparotto con via Peschiera. Costo del primo lotto euro 5.758.500,00. Scorrendo l’elenco delle opere programmate l’attenzione si posa su alcune in particolare; tralasciando le infrastrutture della mobilità, di cui si parlerà in un prossimo numero,

Intervento in piazza Monte Grappa.

Veduta assonometrica del Nuovo Ospedale. emergono in particolare tre progetti che si distinguono per due ordini di ragioni: l’entità dell’investimento, l’oggettiva importanza tipologica e strategica dell’opera. • Il Nuovo Ospedale (l’opera più onerosa) è inserito all’interno di una realtà ospedaliera già assai articolata ed accreditata, avrà un ruolo rilevante nel consolidare ed ampliare l’autorevolezza dell’offerta sanitaria varesina in un più vasto ambito territoriale. • L’Università degli Studi dell’Insubria è parte di una realtà diffusa con numerosi insediamenti disposti su un’area geografica che investe almeno due province lombarde (Varese e Como). • Il Teatro, per la città di Varese, rappresenta un capitolo assai articolato e contradditorio. Investe quasi due secoli di storia conclusasi nella sciagurata demolizione del Teatro Sociale (avvenuta circa cinquanta anni fa) e continua, negli ultimi trent’anni, attraverso reiterati tentativi di ricostruzione. Nel concreto si può rilevare che, mentre nel caso del Teatro la precarietà degli investimenti e della determinazione politica e culturale lascia intravedere un futuro assai incerto; per quanto concerne l’Ospedale e l’Università si può affermare che, il primo è l’unico, tra le grandi opere, che sia già in corso di costruzione mentre, la seconda, gode solidi crediti sia finanziari, sia politici. Si tratta, in tutti questi casi, di opere strategiche per l’opportunità che offrono, se ben progettate, di riqualificare la qualità estetica e funzionale della città non meno che di ac-

creditarne l’offerta e il “ ruolo” nei confronti di un bacino d’utenza almeno regionale. Progettare lo spazio pubblico significa dare contemporaneamente forma alle ragioni funzionali, ai fondamenti sociali e ai valori etici che connotano la comunità in generale e la città in particolare. Ogni occasione di progetto deve soddisfare ciascuno di questi termini e mai sacrificarne l’uno all’altro. Valutando i contenuti progettuali, resi noti fino ad oggi per le opere in oggetto, emerge un quadro contraddittorio. L’Ospedale ha una collocazione urbanistica e viaria assai problematica e inadeguata. Il contenuto funzionale e distributivo dell’edificio è, tutt’oggi, a cantiere ormai avviato, discusso e “ conteso” ; infatti, è stato sottoposto ad un comitato di saggi costituito da medici ospedalieri e da docenti della locale università di medicina (nel gruppo di lavoro sembrerebbero escluse specifiche competenze tecnico-progettuali). Il Campus universitario, in verità ad uno stadio di progetto ancora embrionale, pare avviarsi lungo un percorso che “ abdica” ad un ruolo culturale urbano, tipico delle università italiane, mancando di un intimo rapporto di continuità fisica e sociale con la vita della città. In sostanza pare di intravedere, nel futuro di Varese, opere grandi per numeri ma non per qualità. Costruzioni dentro la città ma non progetti per la città. a cura di Patrizia Buzzi e C. C. Associazione AV


A cura della Redazione

Grandi eventi Politecnico di Milano 17 ottobre 2003 Tavola rotonda “ Il condono edilizio. Profili costituzionali, amministrativi, sociali” . legge sulla qualità dell’architettura, e il Ministro Urbani, che questa legge ha proposto e portato in Consiglio, hanno preso dure posizioni contro il condono: l’Ordine dicendo No sui due maggiori quotidiani nazionali per due giorni consecutivi, dichiarando il condono un provvedimento indegno di un paese civile e della cultura dei suoi abitanti, invitando il Governo a recedere dall’intendimento annunciato, richiamando i legislatori e gli amministratori al loro compito che certo non è quello di premiare i trasgressori ma di far rispettare le leggi; il Ministro Urbani dichiarandosi in assoluto disaccordo e affermando che il condono edilizio è un insulto al paesaggio e una devastazione dello stato di diritto. Non sono state voci isolate. All’Ordine sono arrivate più di 3000 adesioni, architetti singoli o associati hanno lanciato appelli e sottoscritto impegni a non accettare incarichi professionali legati alla sanatoria di abusi edilizi. Alcune Regioni hanno già dichiarato guerra ed espresso l’intenzione di ricorrere alla Corte Costituzionale. Mi pare che la guerra riguardi anche in qualche modo il nuovo testo dell’Art. 117 della Costituzione che assegna la materia del “ governo del territorio” alla competenza concorrente tra Stato e Regioni. Leggiamo malvolentieri i 57 commi dell’Art. 32 e scopriamo che ai punti 14 e seguenti, nei quali si tratta di opere eseguite su aree di proprietà dello Stato, (e quindi di tutti i cittadini dello Stato), si parla di “ cessione dell’area” , (16 e 17) di “ procedure di vendita” (18), di prezzo di acquisto (19), di diritto al mantenimento dell’opera (20) riconosciuto per 20 anni a fronte di un canone (affitto?) rivalutato del 300% (Art. 22). Cosa significa tutto questo? Che alcuni abusatori diverranno proprietari per sempre, o potranno mantenere il bene rubato e gli altri, che forse hanno agito anche spinti dalla necessità (se pur non la riteniamo una giustificazione sufficiente) dovranno pagare la demolizione della costruzione abusiva? Una domanda a questo punto sorge spontanea: ha previsto il legislatore che gli abusi non condonati vengano puniti con il ripristino dello stato dei luoghi? Sembrerebbe di sì. Leggendo l’Art. 13 infatti si rileva che è destinato un fondo pari a 1 milione di € all’anno per 3 anni per finanziare “ l’Osservatorio nazionale dell’abusivismo edilizio” .

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Il 25 luglio 2003 si è riunito a Palazzo Chigi, il 118° Consiglio dei M inist ri. Dopo aver dichiarat o “ grande evento” la giornata del 19 di ottobre nella quale verrà celebrata la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta e aver autorizzato una deroga al blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, ha deliberato, su proposta del Ministro per i Beni e le attività culturali Urbani un disegno di legge quadro che promuove la nascita di una cultura della qualità architettonica ed urbanistica. Voluto dagli architetti, dovrebbe rendere concreto il diritto fondamentale di tutti ad un ambiente fatto di architetture di qualità e attivare anche nel nostro paese il processo, già consolidato in Europa, di riqualificazione urbana e dell’ambiente e di raggiungimento di standard di progettazione quanto più elevati possibile. Nozione fino ad oggi sconosciuta, il riconoscimento della ” particolare rilevanza pubblica della realizzazione architettonica” è un grande passo avanti nella ” salvaguardia del paesaggio oltre che nel miglioramento della qualità della vita” (Art.1, Finalità). Il disegno di legge individua princìpi fondamentali cui attenersi e strumenti capaci di incrementare la qualità degli interventi sul territorio. A noi architetti, pur nella certezza che non si potrà stabilire la qualità dell’architettura per legge, sarebbe piaciuto che anche questo fosse stato dichiarato un “ grande evento” . Non più tardi di due mesi dopo, lo stesso Governo ha approvato nel Maxi Decreto l’Articolo 32 che ha un titolo che sembra anch’esso un “ grande evento” . “ Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali” . Il trucco, quello strano animale che fa sì che una frase che sembra voglia dire una cosa in realtà dice il suo esatto contrario, sta tutto nella parola “ definizione” che in italiano ha vari significati, a seconda del contesto in cui è inserita. In questo contesto significa che gli abusi edilizi possono essere condonati. Tutti? No. Comunque troppi, comunque soprattutto gli abusi maggiori, quelli dove ognuno si è ricavato i propri spazi a misura della propria prepotenza, che ancora una volta viene premiata sulla pelle di tutti gli onesti. L’Ordine degli architetti, di quegli architetti che hanno voluto la


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Scopo dell’Osservatorio è la costituzione di un sistema informativo nazionale che fa, e qui non capisco bene come, riferimento al D.p.r. 380 del 2001. In ogni caso, all’Art.31 del D.p.r. al punto 5 è chiaro che l’opera riconosciuta abusiva è demolita a spese dei responsabili dell’abuso. Però al punto 3 si dice che se il responsabile dell’abuso non provvederà alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi, il bene è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune. In pratica, io commetto un abuso – tu intimi di demolire – io non demolisco – tu acquisisci l’oggetto abusivo. E qui ci sono due possibilità: demolire a spese dell’abusatore, tenere se serve. Avanziamo qualche dubbio sulla correttezza dell’Amministrazione, in questo secondo caso. Siamo circa a metà del testo e non vogliamo più leggere. Perché speriamo che entro il 2 dicembre si pronunci la Corte Costituzionale (contro il condono, naturalmente), oppure che il Parlamento decida saggiamente di non convertire il disegno in legge. Perché chiediamo ai Comuni e alle Regioni, soprattutto alla Regione Lombardia, di giocare tutte le loro carte per evitare che un provvedimento dissennato come il condono edilizio sia per la terza volta, in meno di 20 anni, un pessimo esempio di governo del territorio. Il decreto, infatti, lascia spazio alle Regioni per scoraggiare la partecipazione dei cittadini alla richiesta di condono e lascia spazio anche ai Comuni, che sono probabilmente i più penalizzati da questo decreto. Incasseranno poco e lavoreranno molto. I legislatori lo sapevano, infatti mettono a disposizione dei Comuni un fondo di rotazione (comunemente chiamato prestito) per la demolizione delle opere abusive e una somma pari a 50 milioni di €, per la partecipazione alle politiche comunali di riqualificazione urbanistica. Chiediamo ai Comuni e alle Regioni di dire con noi No al condono. Per essere di buon esempio e di sostegno, come ha detto Piero Torretta, a chi crede e a chi si impegna, perché non si finisca per vergognarsi di essere onesti. Proponiamo di semplificare tutte le regole, di renderle chiare e trasparenti, di ridurle al minimo nella sicurezza di garantirne il rispet-

to, a tutela dell’etica dei professionisti e della correttezza dei cittadini. Proponiamo di uniformare, nei limiti del possibile e senza rinunciare alle aut onomie locali, le norme della gestione del territorio. Perché, anche se alcuni tentativi nell’evoluzione delle norme per rendere più efficace l’azione amministrativa sono state avviate, non riusciamo ancora a riconoscere le condizioni per esprimere soddisfazione. Si potrebbe partire dai Regolamenti Edilizi, pieni di articoli spesso inutili e incomprensibili che a volte sembrano addirittura un invito all’abuso e che potrebbero ridursi a poche decine di divieti e prescrizioni. Solo così si può facilitarne l’applicazione, prevenire e controllare nuovi abusi, rendere inutili le sanatorie. Voglio concludere ricordando le premesse alle norme deontologiche della professione di architetto. L’architettura è espressione culturale essenziale dell’identità storica in ogni paese, si fonda su un insieme di valori etici ed estetici che ne formano la qualità e contribuisce in larga misura, a determinare le condizioni di vita dell’uomo. Non può essere ridotta, quindi, a mero fatto commerciale regolato solo da criteri quantitativi. L’opera di architettura tende a sopravvivere al suo ideatore, al suo costruttore, al suo proprietario, ai suoi primi utenti. Per questi motivi è di interesse pubblico e costituisce un patrimonio della comunità. La tutela di questo interesse è uno degli scopi primari dell’opera professionale e costituisce fondamento etico della professione. Il difficile impegno di molti progettisti per diffondere e far prevalere la cultura della legalità, del rispetto delle regole, della qualit à dell’ ambient e cost ruit o, è messo a dura prova dalla ricorrente tentazione del condono, provvedimento che mina la credibilità di chi ritenga un dovere, non solo professionale ma anche civile, l’operare nel rispetto del quadro tecnico e normativo. Bisogna quindi opporsi a qualsiasi proposta di sanatoria edilizia poiché il solo risultato che si ottiene è di incentivare nuovi abusi e alimentare l’accettazione dell’illegalità. Daniela Volpi

Le f ot o che illust rano quest o art icolo sono t rat t e da: G. Gaggero e R. Luccardini, M ost ri edilizi, Sagep, Genova, 1987.


Workshop “Disegno delle infrastrutture e qualità del progetto” versitari e associazione costruttori edili. Il confronto delle diverse e complementari competenze ha reso possibile analizzare le complesse problematiche di opere che hanno un’incidenza positiva sulla qualità di vita delle comunità attraversate, consentendo una maggiore mobilità sul territorio, ma che, in mancanza di un progetto consapevole che ne prefiguri gli effetti sul contesto, possono determinare danni irreversibili al paesaggio e all’ambiente di vita più complessivamente inteso. A fronte delle criticità attuali si è affrontato il difficile tema della qualità del progetto fornendo indirizzi e criteri desunti dalle differenti esperienze personali, proponendo una forma di progettazione integrata che superi il concetto di mitigazione a posteriori su progetti che non sono stati concepiti nel rispetto dell’ambiente, assumendo, invece, il tema ambientale come componente a priori del progetto. Le conclusioni sono state convergenti al di là delle aspettative anche se espresse da parti abitualmente su posizioni contrapposte. • Il convegno è proseguito martedì 23 settembre presso la sede della Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri a palazzo Serbelloni, dove il professor Bernard Lassus ha presentato “ l’esperienza progettuale francese” ; avvalendosi

Bernard Lassus, sistemazione paesistica dell’autostrada AngersTours.

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Nei giorni 22 e 23 settembre a Milano si è tenuto un workshop sul tema “ Disegno delle infrastrutture e qualità del progetto” organizzato congiuntamente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee (DARC), e dalla Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica. Questo evento si colloca nell’ambito delle iniziative sviluppate nel semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, e rappresenta una fase preliminare di raccolta di contributi alla realizzazione del seminario conclusivo dal titolo “ Qualità dell’architettura contemporanea nelle città e nei territori europei” che si terrà a Bologna nei giorni 22 e 23 novembre. Il tema della qualità del progetto è di grande attualità tanto a livello europeo per la recente “ Risoluzione sulla qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale” assunta dal Consiglio dell’Unione Europea il 12 febbraio 2001, quanto a livello nazionale per il disegno di “ Legge quadro sulla qualità architettonica” attualmente in discussione al Parlamento. Inoltre anche in ambito lombardo con la pubblicazione sul Bollettino Regionale del 21 novembre 2001 delle “ Linee guida per l’esame paesistico dei progetti” , applicate a tutti i progetti su tutto il territorio, viene posta una particolare attenzione alla qualità progettuale in rapporto ai valori paesistici del contesto. Nel workshop di Milano questo tema è stato considerato relativamente alla categoria delle infrastrutture, anch’essa di particolare attualità considerando i programmi che lo Stato si appresta a realizzare con misure legislative eccezionali. L’obiettivo del workshop è la ricerca di un modello che coniughi l’esigenza di dotare una società dinamica di una rete di percorrenza del territorio con la preservazione dei valori ambientali del contesto, considerando il progetto infrastrutturale un’occasione per realizzare interventi di qualificazione paesistica del territorio. Perseguendo questo obiettivo si è ritenuto utile articolare il workshop in due sezioni dedicate a due realtà socio culturali diverse quella italiana e quella francese. • Nella giornata di lunedì 22 presso l’auditorium della Regione Lombardia sono st at e considerat e “ realtà e prospettive in Italia” da parte dei soggetti che intervengono con differente ruolo nel processo di progettazione e realizzazione delle infrastrutture: i committenti pubblici e i progettisti, le soprintendenze e le associazioni ambientaliste, docenti uni-

Andreas Kipar, Giuseppe Campos Venuti, Federico Oliva Associati, progetto di mitigazione e compensazione ambientale per il completamento della tangenziale nord di Reggio Emilia, 1999.

A.T.I. Land Srl, Turner & Townsend Group L.td, TAU Srl e FNM Ingegneria Srl, P.R.U.S.S.T. Liguria: riuso e recupero paesaggistico della linea ferroviaria da Ospedaletti a San Lorenzo al Mare, 2001-03.


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Bernard Lassus, trattamento con rilevati e piantumazioni dello svincolo a Corzé in corrispondenza del sovrappasso per la fauna, 1996. della sua duplice esperienza, di consigliere esperto presso il Ministero francese delle infrastrutture e di progettista. Ha delineato un quadro generale delle politiche praticate in Francia per qualificare gli interventi infrastrutturali, che prevedono anche l’utilizzo di una percentuale (1% ) del costo di costruzione per finanziare opere complementari di significativo valore paesistico, fruibili anche dalle comunità locali, che in tal modo vengono compensate del disagio conseguente all’attraversamento di grandi infrastrutture. L’apporto dell’esperto paesaggista nel processo di progettazione autostradale ha permesso di superare in breve tempo opposizioni e criticità che si trascinavano da anni e che impedivano la realizzazione di alcuni importanti percorsi. Bernard Lassus presentando la realizzazione di alcuni suoi progetti ha potuto documentare concretamente l’attuazione delle politiche francesi di qualificazione del progetto infrastrutturale. I contributi che i diversi relatori hanno fornito nel corso delle due giornate saranno raccolti in atti che verranno presentati nel corso del prossimo seminario di Bologna. Umberto Vascelli Vallara dirigente Struttura Piano Paesistico D.G. Territorio e Urbanistica, Regione Lombardia

La “particolare importanza” del patrimonio culturale È in corso un prof ondo mut amento che stravolge l’idea di ciò che comunemente intendiamo per “ patrimono culturale” , fulcro dell’identità nazionale italiana e della sua memoria storica. Una svolta il cui effetto mediatico è rimasto generalmente tiepido, con un dibattito limitato agli “ addetti ai lavori” , nonostante si siano sollevate ripetutamente voci allarmate e autorevoli, come quella di Salvatore Settis, archeologo, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, tornato in Italia (fortunatamente) dopo la parentesi statunitense come direttore del Getty Research Institute a Los Angeles. I suoi interventi sono stati raccolti in un bel libro, Italia S.p.A. L’assalto al patrimonio culturale (Einaudi, 2002), che con un’esemplare lucidità espostiva ripercorre tutti i passaggi cruciali della gestione del patrimonio culturale e della progressiva privatizzazione della cultura fino alla recente “ fratt ura” provocat a dalla Legge 112/2002. Settis denuncia le rovinose tendenze attuali: dallo smantellamento dell’amministrazione dei beni culturali, all’acritica capitolazione alle ragioni dell’impresa privata. Individua il nucleo del problema nella progressiva divaricazione tra la centralità del patrimonio nella cultura civile (sulla cui consapevolezza è fondato il carattere pe-

culiare dell’identità nazionale italiana) e la scarsezza delle risorse destinate alla sua conoscenza, manutenzione e tutela. Le circostanze che hanno condotto alla Legge 112/2002 si sono generate con una lunga e complessa serie di provvedimenti, sia di “ sinistra” che di “ destra” , che hanno ipotizzato gestioni più economiche del patrimonio. Ma quest’ultima legge, combinata con il nuovo Codice per i beni culturali in discussione, apre uno scenario inquietante che è qui sintetizzato in due punti.

Il primo consiste nel porre un limite alla nozione del patrimonio culturale da tutelare. Le cose che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o demoetno-antropologico devono essere di “ particolare importanza” perché rimanga effettiva la condizione di tutela. In Italia non esiste un censimento che qualifichi i beni e quindi non esistono – paradossalmente – beni di “ particolare importanza” come non esiste una distinzione tra patrimonio immobiliare o culturale dello Stato. Il secondo è la costituzione di due società di capitale pubblico e diritto privato, controllate dal Ministero dell’Economia. La “ Patrimonio dello Stato Spa” , istituita “ per la valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato” , alla quale possono essere trasferiti tutti i beni secondo due modalità: immediata, se non si tratta di beni di “ particolare importanza” , e d’intesa con il Ministro per i Beni e le Attività culturali, nel caso lo siano. Questa indicazione apre l’equivoco su quali siano i beni di “ particolare importanza” ; in ogni caso tutti quelli della “ Patrimonio Spa” possono essere a loro volta trasf erit i, come in un gigant esco fondo immobiliare, alla “ Infrastrutture Spa” . Questa è la seconda società, aperta anche al capitale privato, creata per finanziare, senza aggravare il deficit, la realizzazione delle opere pubbliche previste dalla Legge Obiettivo. Questo è il panorama e, per la cronaca, tra le opere da realizzare figura il Ponte sullo Stretto di Messina, la cui società azionista principale è la Fintecna (analoga Spa controllata dal Ministero dell’Economia), che di recente ha acquistato la Manifattura Tabacchi di Milano, in barba al progetto del Ministero dei Beni culturali di farne una Scuola Nazionale del Cinema e al Centro sociale per anziani che lì ha sede. Andrea Palmieri

Oltre al testo di Salvatore Settis, sugli argomenti qui abbozzati si possono vedere: • il periodico “ Il Giornale dell’arte” ; • Giuliano Urbani, Il tesoro degli italiani, Mondadori, Milano, 2002; • Giuseppe Chiarante, Sulla Patrimonio Spa e altri scritti sulle politiche culturali, Graffiti Editore, Roma, 2003; • il documentatissimo e aggiornato sito internet www.patrimo-


a cura di Antonio Borghi

Intervista a Dejan Sudjic • Lei ha studiato per diventare architetto, ma fin dall’inizio ha scelto di dedicarsi alla comunicazione dell’architettura, piuttosto che alla pratica professionale. Con il proliferare dei mezzi di comunicazione e la crescente contaminazione tra le varie discipline creative, come si evolve il ruolo del critico d’architettura?

• Ci sono due modi di fare critica: una è a servizio della professione dell’architetto mentre l’altra si rivolge ad un pubblico più ampio. Io ho scelto di comunicare l’architettura al di fuori della sfera professionale e, in veste di critico, osservare vari fenomeni culturali contemporaneamente. L’architettura è parte di un ampio spettro disciplinare e per questo “ Domus” è una rivista fondamentale: Ponti le diede vita tenendo conto dell’inserimento dell’architettura nel suo contesto culturale e questo è rimasto lo spirito della rivista, l’identità che le è stata conferita e all’interno della quale ho scelto di lavorare. • In Italia gli architetti sono sempre stati generalisti – ricoprendo i ruoli di architetto, urbanista, designer, disegnatore di interni, docente e spesso anche critico – mentre in altri paesi queste professioni sono separate e indipendenti tra loro. Ritiene che si debba continuare su questa strada o piuttosto cercare di “ specializzarsi” ? • Non mi pare affatto che si tratti di una caratteristica esclusivamente italiana. Prendiamo Peter Eisenman, ad esempio: è teorico, critico, docente e architetto allo stesso tempo. Rem Koolhas ha diretto una rivista ed è pubblicista, docente, regista e “ propagandista” , oltre che architetto. Certo l’Italia è un paese nel quale la vita intellettuale dell’architettura è molto importante, il che può essere interpretato come parte di una specie di “ complesso di Michelangelo” da un lato e come mezzo di sopravvivenza economica da un altro. Del resto l’architettura è così appassionante anche perché può essere definita in tanti modi diversi, una disciplina dove è comunque necessario applicare l’intelligenza a molte questioni diverse tra loro. Se vogliamo essere pragmatici fino in fondo, l’architetto generalista ha un futuro molto più lungo e

prospero rispetto al progettista specializzato in ospedali. • Qualche tempo fa l’Ordine degli architetti l’ha invitata a parlare del futuro di Milano e lei ha espresso un giudizio severo sull’architettura e lo sviluppo urbano degli ultimi vent’anni. Trova che oggi qualcosa stia cambiando? • Innanzitutto credo di non essere il solo a trovare gli ultimi vent’anni un momento non particolarmente felice di Milano sotto il profilo architettonico. Negli ultimi due o tre anni sono stati annunciati molti progetti e proposte ambiziose, molte buone intenzioni: ora viene il momento di vedere se queste parole diverranno fatti. Mi pare che di tutti i grandi progetti annunciati non sia ancora stato aperto nessun cantiere. • La pubblica amministrazione si sta impegnando fortemente per promuovere i concorsi di progettazione per migliorare la qualità dell’architettura e degli spazi urbani e in molti di questi concorsi sono stati premiati studi d’architettura stranieri. Ritiene che questo possa essere d’aiuto? • Oggi è particolarmente difficile dire quale sia l’identità nazionale dell’architettura. Se prendiamo in considerazione Foreign Office Architecture, lo studio è a Londra ed ha allestito il padiglione inglese della scorsa Biennale, ma un partner viene dalla Spagna, l’altro dall’Iran e lavorano in tutto il mondo. Vogliamo considerarli britannici? Anche Zaha Hadid ha base a Londra, ma viene dall’Iraq e a Milano troviamo designer provenienti da ogni parte del mondo che lavorano per le aziende italiane. Come ho detto all’Ordine degli architetti, Milano è da un lato una piccola città, una comunità ristretta e molto confortevole dove tutti si conoscono tra loro, ma è anche una città globale, per quanto riguarda il design, la moda e la finanza. Purtroppo tra questi due mondi c’è una strana mancanza di comunicazione, come se un braccio gigantesco fosse attaccato a un corpo piccolo piccolo. La città diventerà migliore quando riuscirà a crescere al livello globale del suo ruolo in questi settori di punta; allo stesso modo può crescere l’architettura. • Lei ha affermato che aeroporti, musei e centri commerciali sono i nuovi luoghi-simbolo (landmark) che daranno un nuovo senso di identificazione agli abitanti delle città del XXI secolo. Che cosa ne sarà dei nostri vecchi centri storici? • Anche in questo caso non sono il solo ad affermarlo, comunque iniziamo col chiederci cos’è oggi una città: cos’è, ad esempio, Milano? È là dove viaggiano i tram oppure è la città dispersa che attraversa la Brianza fino a Como? Il

modo in cui guardiamo alla città contemporanea deve tener conto delle nuove strutture che vi nascono, piuttosto che ignorarle volendo ripristinare un ideale di città che appartiene al passato. Naturalmente Milano sarebbe più povera senza il Duomo o il quadrilatero della moda, ma nessuno mette in pericolo queste strutture e il centro storico sta mostrando di poter badare a se stesso, come ha sempre fatto nelle epoche precedenti. • Qualcuno dice che Internet sostituirà le piazze delle città con i suoi spazi virtuali. Lei crede che ci sia una vera competizione tra questi due sistemi? • No, non credo che sia così. Ogni volta che arriva una nuova tecnologia accade il contrario di quello che viene previsto da coloro che per primi la sperimentano. Avremmo dovuto lavorare in uffici senza carta, grazie all’introduzione della videoscrittura e invece siamo sommersi dalla carta. Dovevamo smettere di viaggiare grazie alla posta elettronica e invece i maggiori scali europei registrano un costante aumento del traffico. Il libro doveva essere eliminato dai suoi sostituti digitali e tutti avremmo dovuto leggere i giornali sui monitor dei computer e in realtà, viaggiando per lavoro, mi capita spesso di leggere i giornali in rete, ma allo stesso tempo continuo a comprare libri e riviste. Lo stesso vale per le strade e le piazze delle nostre città. • Gran parte del suo lavoro è dedicato allo spazio urbano e spesso cita Milano come un esempio di città le cui forze motrici sono invisibili, disperse nella periferia urbana o nascoste nelle corti. Quale immagine corrisponde meglio a Milano: è una ciambella? un polo importante in un mondo fatto di metropoli? o la giustapposizione di isole introverse, collegate al resto del mondo, ma non tra loro? • Milano non è al livello del triangolo della finanza New York-Londra-Tokyo, ma ha certo un ruolo più centrale di Napoli, Marsiglia, Lione e forse anche di Madrid. Milano conduce una doppia vita: da un lato il centro – che non è il buco della ciambella – ha un ruolo di scala mondiale e la fortuna di non soffrire di eccessivo turismo come Venezia o Firenze e dall’altro i margini, con le fabbriche e le manifatture tessili che tengono in vita il centro. In questo strano modo la periferia è direttamente collegata a via della Spiga, alimentandone il lusso dei palazzi antichi con vestiti alla moda e mobili di design contemporaneo. • Lei ha diretto il Festival Glasgow 1999: Città britannica del design e dell’architettura – una manifestazione durata un anno il cui scopo era di sollecitare una maggiore attenzione del pubblico verso l’architettura e il design all’interno di una strategia a lungo termine per la rigenerazione urbana attraverso

programmi culturali. Con un budget di 55 milioni di sterline e un team di quaranta persone, il progetto includeva tre altri grandi progetti: la costruzione di residenze economiche sperimentali con il coinvolgimento di dieci studi internazionali, l’avvio della Lighthouse, una istituzione pubblica per la formazione e la promozione del design e dell’architettura, nonché la realizzazione di sei nuovi spazi pubblici in aree degradate della città. A quattro anni di distanza ritiene che la città abbia fatto un buon affare? • Beh, ovviamente sono tenuto a dire di sì, però non credo che questa sia la formula magica per risollevare le sorti di qualsiasi luogo. In tutte le città con le quali ho avuto a che fare la cultura è stata adoperata per ottenere un rinnovamento urbano ed economico, ma è importante che la cultura non venga interpretata solo come uno strumento per creare posti di lavoro o attrarre capitali. L’investimento in cultura deve essere considerato valido di per se stesso, perché se lo si considera un mero strumento a vantaggio dell’economia ne risulterà probabilmente uno spreco. Ogni operazione culturale deve avere credibilità e spessore intellettuale per dare buoni frutti e spero che a Glasgow siano state verificate queste premesse. Inoltre, il modo in cui un luogo viene percepito può cambiare rapidamente modificando le sue attività peculiari. In effetti negli ultimi anni l’immagine e la considerazione di Glasgow nella mappa globale è molto cambiata e anche questo può avere effetti benefici a lungo termine. • Negli ultimi quattro anni, oltre a dirigere “ Domus” , lei è stato anche Direttore della Biennale d’Architettura di Venezia, con un grande successo di pubblico e di critica. L’esperienza di “ Domus” è stata altrettanto felice? E come mai ha deciso di lasciare? • Lavorare a “ Domus” è stato per me un fantastico privilegio: è come ricevere le chiavi di una Rolls Royce. È una rivista che ho sempre ammirato, la migliore per la quale si possa lavorare e il solo fatto di poter sedere alla scrivania disegnata da Ponti per Mazzocchi è un’esperienza straordinaria. La linea editoriale è sempre stata, fin dai tempi di Ponti, quella di cambiare guida ogni tre o quattro anni e ho condiviso questa prospettiva fin dall’inizio, perché non puoi passare tanti anni a fare il pendolare tra Londra e Rozzano. Quindi ero preparato e adesso sono lieto di dedicarmi ad altro. • Che cosa viene Next per Dejan Sudjic? • Sto scrivendo un libro sui rapporti tra l’architettura e il potere che dovrebbe uscire a giugno dell’anno prossimo. Ora è il tempo di sedere e pensare, il che è sempre un grande privilegio.

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Argomenti

Conversazioni


A cura di Roberto Gamba

Brescia: riuso del “comparto Milano”

Concorsi

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La società Basileus ha indetto un concorso di progettazione in due fasi dal titolo: ” concorso internazionale di progettazione per gli interventi del centro commerciale e delle torri nell’area del comparto Milano” compresa tra le vie Cassala, Folonari, Somalia e Italia. Il concorso ha per oggetto il recupero funzionale dei subcomparti n. 1-5-6-7 del Piano Particolareggiato “ Comparto Milano” . Il programma prevede la realizzazione di un centro che comprenderà 18.000 mq di attrezzature ricreative e 18.000 mq destinati al commercio. La struttura sarà formata da circa 180 esercizi diversi, di gamma medio-alta, comprese una multisala e un supermercato alimentare a servizio del quartiere. Ciò era stato previsto dalla convenzione stipulata tra i compartisti e l’Amministrazione Comunale di Brescia. La spesa prevista per i lavori è di € 50.000.000 per il centro commerciale e di € 30.000.000 per le torri residenziali/direzionali. Era anche da progettare il sistema dei parcheggi pertinenziali e pubblici; da riqualificare il collegamento centro storico/comparto; da inserire il centro commerciale come cerniera tra centro storico, comparto, hinterland; da configurare le torri per l’inserimento nello skyline cittadino e quali segnali nel

1° classificato Metrogramma (Andrea Boschetti, Alberto Francini, con Ettore Gregorelli) Il progetto urbano complessivo proposto non contrappone i due brani della città storica e dell’area oggetto di concorso, bensì prova a farli interagire interpretandoli

comparto, con attenzione alla interscambiabilità delle destinazioni e all’attacco a terra. Il concorso si è sviluppato in due fasi distinte: per la prima fase il montepremi complessivo era di € 10.000, da suddividersi in parti uguali tra i primi 10 progetti non ammessi alla seconda fase. L’esito ha assegnato per il progetto Centro Commerciale e torre 18, al 1° classificato, l’incarico del progetto definitivo; al 2° classificato € 10.000. Per il progetto torri 11 e 15, al 1° classificato, € 15.000; al 2° classificato € 10.000. A tutti gli altri partecipanti alla 2ª fase è stato riconosciuto un rimborso spese di € 2.000. Per le torri n. 11 e 15, la società Basileus valuterà se affidare l’incarico per il progetto definitivo, in relazione alle esigenze di natura commerciale. Sono stati anche menzionati i progetti di Eugenio Sagliocca e di MCA Integrated design. Il concorso qui presentato si riferisce alle torri 11 e 15 – vincitori Metrogramma studio e lo studio Gregorelli; secondo Antonio Monestiroli. Per il Centro commerciale e la torre 18, vincitore è stato BTP (Jim Duffy, Pier Paolo Maggiora); secondo Metrogramma studio e lo studio Gregorelli.

come sistemi complementari di un’unica idea contemporanea di città. Per ottenere ciò si è posto l’accento sul ruolo degli spazi aperti e sulle connessioni con i brani di città limitrofi; più in generale, è stata posta molta attenzione ai grandi spazi collettivi presenti e previsti nell’area.

Gli edifici stessi, cioè le tre torri e il centro commerciale di progetto, sono stati concepiti come delle “ connessioni viventi” , punti nodali di un sistema a rete di movimenti pedonali, ciclabili e carrabili. Tutta l’area oggetto di trasformazione e in particolare il grande “ mall commerciale” si pone come cerniera tra il centro storico di Brescia e la periferia. In una visione più a grande scala essa si colloca nelle immediate adiacenze del grande anello stradale localizzato sulla giacitura delle vecchie mura. Le tre torri ed il centro commerciale divengono così anche la porta principale di accesso a Brescia per

chi vi giunge da ovest. Il progetto urbano stesso, letto nel suo insieme, può così essere considerato una “ connessione viva” fuori scala. La grande “ gallette” commerciale comprende il centro commerciale vero e proprio, un cinema multisala, un supermercato e luoghi di ristoro; essa occupa un’area dalle dimensioni analoghe – seppur pensata come un unico grande edificio – a quelle di un macro lotto tradizionale della città di Brescia e anticipa il cambiamento di scala della parte ovest della città. Il mall commerciale è infatti stato concepito come un elemento polare non come un banale contenitore di funzioni.

2° classificato Antonio Monestiroli, Massimo Ferrari, Luciano Lussignoli, Francesco Mazzeo, Tomaso Monestiroli, Antonio Rubagotti

della “ città pubblica” : la torre della Pallata, la Loggia, il “ grattacielo” di piazza Vittoria, la cupola del Duomo, la torre del Broletto, la cupola della Chiesa della Pace. Questo aspetto, unitamente alle sue proporzioni e alla sua collocazione rilevata, a richiamare uno scomparso rivellino delle antiche mura, ne fanno un landmark urbano di rilevante identità. La modifica del tracciato di via Cassala, che riprende una previsione presente nei Piani di Ampliamento del 1892 e del 1925, rafforza e dà coerenza al sistema delle tre torri, semplifica la struttura urbana e restituisce ad essa ordine e leggibilità. La realizzazione del nuovo asse viario rettilineo, fino al ring, risponde alla necessità di rafforzare tale intenzionalità sottolineandola non solo con una forma lineare, ma con uno spazio rappresentativo della propria funzione tipicamente urbana. A nord del tracciato sorgono i nuovi

Il progetto proposto per la seconda fase conferma l’intenzione di rafforzare il processo di riqualificazione urbana al quale il piano particolareggiato invita: l’allineamento delle torri, l’apertura alla città di spazi industriali, prima alla stessa occlusi, attraverso la sostituzione dei manufatti produttivi e l’abbattimento dei relativi recinti, il mantenimento della memoria del luogo, attraverso la valorizzazione di parte delle strutture edilizie esistenti. Viene di fatto proposta una riconfigurazione di questo tessuto urbano, cerniera fra il centro storico e la prima “ periferia storica” . In tale contesto la torre 18, appoggiandosi sull’allineamento definito dalle torri 11 e 15 ruota, riorientando il proprio asse sul Castello, attraverso le emergenze


Nuovo complesso scolastico di Costa Volpino (Bg) cesco Bettoni; Vittorio Zaniboni; Pierfranco Castellani; Giuseppe Bianchi; Giuseppe Sermisoni; Sergio Ravasio; Achille Bonardi. I premi attribuiti sono stati di € 10.000, al 1° classificato, con l’incarico professionale per la progettazione esecutiva delle opere; € 6.000, al 2° classificato; € 4.000, al 3° classificato; € 2.000 cadauno al progetto segnalato di Ambrogio Forcella, Maurizio Grechi, Paolo Manzoni, Paolo Recalcati, Luigi Delbini, Luigi Tamborini e a quello di Luigi Mirizzi, Giulia Stanghellini Perilli, Vittorio Mirizzi Stamghellini Perilli, Elsa Paradiso, Costanza Sorrenti.

1°classificato Marco Valentino, Lorenzo Noè

La scuola materna è separata dagli altri istituti dalla nuova piazza. Sulla roggia si affacciano i giardini delle scuole, che si impostano alla quota della strada statale, circa 1,8 m al di sopra del livello delle acque e che formano delle terrazze raccordate al cavo da piani inclinati. I giardini sono delimitati da muretti in pietra locale, che non costituiscono una chiusura continua verso valle e contribuiscono all’integrazione del cavo e degli spazi aperti delle scuole. Gli spazi pubblici e il complesso

Considerato il lotto a disposizione, si è optato per una soluzione a pettine, orientata da nord ovest a sud est, dove i corridoi sono sostituiti da grandi spazi vetrati, sui quali affacciano le aule, e dove il sistema cortile-spazio vetrato assume la centralità che la piazza coperta ha nel modello a blocco. La scuola elementare, media e gli impianti sportivi sono collegati da una rue-interior che costituisce il margine sud della collina artificiale.

edifici: quello per il tempo libero, il parcheggio multipiano e le torri. A sud rimarranno i soli edifici industriali conservati, che mostrano le proprie facciate reinterpretate da ampie vetrate. I due organismi edilizi contrapposti si integrano in un complesso funzionalmente unitario, grazie ad un “ corridore” in lato est e ad un porticato a due livelli, completato da una passerella, lungo il lato ovest. Un impianto così articolato offre l’opportunità di liberare ampi spazi aperti, nei quali è possibile realizzare un grande parco urbano (circa 20.000 mq). Il progetto è pertanto il risultato della ricomposizione di tre sistemi: il sistema degli spazi pubblici (verde, piazze scoperte, spazi coperti); il sistema della mobilità (pedonale, ciclabile e veicolare); il sistema degli spazi commerciali e per il tempo libero del centro storico e del nuovo complesso. I due edifici a torre di 19 piani sono

composti da tre parti unite dai corpi scala che ne sottolineano la forte simmetria. Diversamente, la torre 18 è composta da quattro “ edifici” , riuniti attorno agli spazi destinati alle distribuzioni verticali, che scelgono due diversi orientamenti. Due corpi dispongono verso sud-ovest le facciate più ampie, a guardare la pianura. Gli altri due corpi cercano un rapporto più interno al tessuto urbano orientandosi verso il Castello. La regola compositiva genera le piante di tutti e tre gli edifici e adotta un modulo 3x3. Coerentemente con le ragioni del progetto, i caratteri del luogo hanno costituito un riferimento per la scelta dei materiali da impiegare. Così l’acciaio, il vetro e i mattoni che hanno costruito gli edifici ormai demoliti ed in buona parte anche quelli conservati, vengono assunti e reinterpretati dalle nuove forme architettoniche, diventando fattori primari di raccordo con la memoria del luogo.

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Concorsi

Il bando prevedeva la realizzazione di un nuovo plesso scolastico presso l’area della “ Malpensata” nel territorio comunale di Costa Volpino, per comprendere una scuola materna, 8 aule, per 180 alunni; una scuola elementare, su uno o due livelli: 20 aule, per 360 alunni; una scuola media su uno o due livelli: 12 aule per 300 alunni con aula magna o auditorium per 150 persone; una palestra e tutti i necessari servizi complementari a tali attività. La spesa prevista per i lavori è di € 6.000.000. La Commissione Giudicatrice era composta dal Sindaco Laura Cavalieri; Gian Pietro Martinelli; Fran-


scolastico sono separati dalla strada statale da una collina artificiale. Nella scuola elementare, l’elemento di distribuzione – il corridoio – si amplia in uno spazio collettivo a doppia altezza, i cui piani orizzontali non hanno soluzione di continuità: la superficie del pavimento del piano terreno prosegue con una rampa nel ballatoio del primo piano. Su questo spazio si affacciano le aule. Le aule ordinarie hanno un doppio ordine di finestre a nastro, che nei locali di servizio e in alcuni locali speciali si riduce ad un solo ordine, cosicché la soppressione puntuale di un or-

dine di finestre produca nel prospetto un effetto di ordine e varietà. La scuola media è stata organizzata in due corpi separati e contigui: per le aule ordinarie e per i laboratori e le aule speciali. Con questa organizzazione i laboratori e le aule speciali potranno essere utilizzati anche dalla scuola elementare. La palestra prospetta sulla nuova piazza, sulla quale si apre con una grande vetrata. Il corpo di fabbrica contiene anche la mensa, ed è collegato al primo piano al corpo dei laboratori, che a questo livello ospita i locali amministrativi.

2°classificato Giuseppe Gandolfi, Ombretta Mura, collaboratore Alessandro Gandolfi

di grande valore. Le varie scuole sono collegate da una corridoio centrale con andamento sud-nord. La scuola materna è caratterizzata dal grande spazio comune posto in mezzo alle aule che sono posizionate su due file laterali. Il corpo centrale è adibito alla scuola elementare, scuola media e servizi comuni a tutto il plesso. L’ampio ingresso è comune alle due scuole e su di esso si affacciano anche gli uffici di segreteria e presidenza. Per una questione di razionalità, di economicità e di contenimento della superficie coperta, le due scuole sono concepite su piani sovrapposti ben collegati tra loro con ampie scale: al primo piano trovano posto anche quattro aule delle elementari. Gli spazi comuni, per i quali è richiesta anche la fruizione extrascolastica, sono localizzati in lato nord a piano terra: si tratta della palestra, dell’aula di educazione musicale, dell’aula magna, della mensa.

Concorsi

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Il progetto nasce dall’idea di realizzare un unico corpo, variamente articolato con funzioni distinte, ma tra loro collegate. L’elemento unificante è il prospetto ovest che si affaccia sulla strada statale 42: una grande parete continua che attraversa da sud a nord tutta l’area a disposizione in un crescendo di quota, originata dalla scuola materna, fino ad inglobare la palest ra. Da quest a sort a di “ mura” si accede al plesso scolastico, attraverso ingressi differenziati per ogni tipo di scuola. Al di là delle facciate si sviluppano i vari corpi di fabbrica con altezze variabili a partire dalla scuola materna, con piano unico, alla scuola elementare e media, due piani, fino alla palestra. La pianta dell’edificio evidenzia degli avancorpi che protendono verso il parco del fiume Oglio, ad integrarsi in un ambiente naturale

3°classificato Francesco Migliorini La scuola materna, sollevata a quota +0.15 è caratterizzata dalla compenetrazione di due volumi paralleli alla corte della scuola elementare e alla rampa d’accesso della scuola media. Il primo si eleva a quota +4.35; in esso trovano posto 8 aule per attività ordinate. Il secondo si relaziona con il corpo dell’Auditorium che ne definisce gli ambiti perimetrali e si eleva a quota +6.00; in esso trovano posto lo spazio comune di 300 mq, 2 aule speciali, l’aula docenti con servizi e il dormitorio. Lo spazio comune è suddiviso in tre ambienti che servono gruppi di 3 aule, caratterizzati da una copertura a volta ellittica che raccoglie la luce distribuendola lungo le pareti verticali; due cortili ne de-

finiscono i confini e gli spazi di fruizione all’aperto. Una corte e una rampa costituiscono gli elementi centrali della composizione: su di essi si affacciano con prospetti diversi i tre volumi principali. Il grande muro in mattoni definisce il carattere pubblico dello spazio. Sulla Corte si attestano gli spazi collettivi: auditorium, mensa, zona direzionale e palestra. L’auditorium connette i volumi della scuola materna con quello delle scuole elementare e media; dalla prima vi si accede a quota +0.90, dalla seconda a quota +4.80. La mensa prosegue idealmente lo spazio della corte; il suo spazio interno è caratterizzato da un fronte vetrato a tutta altezza. La zona direzionale su due piani connette il corpo della palestra al volume delle scuole e si organizza intorno ad un patio quadrato.


Legislazione a cura di Walter Fumagalli

Beato il Paese le cui leggi vengono scritte in modo tale per cui i cittadini le capiscono senza bisogno di circolari esplicative, e ancora più beato quello in cui le circolari esplicative non generano diatribe e si capiscono senza necessità di ulteriori chiarimenti. Non sempre però si può avere tutto, ed il problema evidenziato da un attento lettore di “ AL” (n. 6, giugno 2003, ndr) lo dimostra. La legge L’Articolo 2.2 della Legge regionale 19 novembre 1999 n. 22 stabilisce che “ i parcheggi sono considerati opere di urbanizzazione ai sensi dell’Articolo 9, comma 1, lett. f), della Legge 10/1977” . Il citato Articolo 9, a sua volta, disponeva che “ per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” , la concessione edilizia è gratuita; tale norma è stata sostituita oggi dall’Articolo 17.3, lettera “ c” , del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il quale conferma che il permesso di costruire è gratuito nel caso di “ opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” . Da qui la conclusione che anche per i parcheggi, ancorché realizzati da privati cittadini, ieri la concessione edilizia, ed oggi il permesso di costruire, sono gratuiti (perché poi il legislatore, anziché rinviare ad una legge statale di ventidue anni prima che magari non tutti i cittadini ricordano alla perfezione, non abbia detto chiaramente e senza tanti giri di parole che le concessioni edilizie relative ai parcheggi privati sono gratuite, per molti è e resterà un mistero). La circolare esplicativa L’Assessore regionale all’urbanistica, per venire incontro alle richieste di chiarimenti provenienti da più parti circa il significato della Legge regionale n. 22/1999, ha emanato la Circolare n. 60 del 6 dicembre 1999. Ma poiché tale circolare non è sembrata sufficiente, dopo qualche mese ha emanato la Circolare n.

24 del 21 aprile 2000 la quale, in merito all’Articolo 2.2 di cui si tratta, così testualmente si esprime: “ tutti i nuovi parcheggi, pertinenziali e non, anche quelli eccedenti la quota minima richiesta per legge, sono gratuiti per espressa previsione dell’Art. 2, comma 2 della L.R. 22/1999 che definisce in genere i parcheggi come opere di urbanizzazione ai sensi dell’Art. 9, lett. f) della L. 10/77. Inoltre si precisa che, in ossequio al principio già sancito dalla giurisprudenza amministrativa del T.A.R. Lombardia, la gratuità dei parcheggi risulta rilevante anche ai fini del calcolo del costo di costruzione, incidendo sulla classe dell’edificio e sul computo della superficie complessiva” . Il significato della circolare esplicativa Così come è scritto, evidentemente, questo passaggio della circolare in esame non ha molto senso: parla di gratuità dei parcheggi anziché di gratuità della relativa concessione, poi dice che tale “ gratuità” sarebbe rilevante anche ai fini del calcolo del “ costo di costruzione” dimenticandosi di spiegare di quale “ costo” stia parlando, ed infine per chiarire in quale modo essa sarebbe rilevante non trova di meglio che affidarsi ad un gerundio (“ incidendo sulla classe dell’edificio e sul computo della superficie complessiva” ) che lascia tutto in sospeso. Per tentare di comprendere il significato della circolare, è bene ricordare che: • ai sensi della Legge n. 10/1977, il rilascio delle concessioni edilizie per edifici residenziali e per edifici destinati ad attività turistiche, direzionali e commerciali impone l’obbligo di pagare, oltre agli oneri di urbanizzazione, una quota di contributo commisurata all’incidenza del costo di costruzione dell’edificio autorizzato (lo stesso vale per il permesso di costruire, ai sensi del D.P.R. n. 380/2001); • per i nuovi edifici residenziali, il costo di costruzione viene calcolato in modo convenzionale, applicando tra l’altro i criteri stabiliti da un apposito decreto emanato dal Ministero dei lavori pubblici in data 10 maggio 1977 (decreto che, in Lombardia, è stato espressamente richiamato dalla delibera della Giunta regionale n. 53844 del 31 maggio 1994);

• detto decreto, in particolare, stabilisce che il costo unitario di costruzione degli edifici residenziali, periodicamente fissato da ciascuna regione, va moltiplicato per la “ superficie complessiva” del fabbricato autorizzato, e va quindi aumentato secondo percentuali prestabilite laddove il fabbricato autorizzato possieda caratteristiche tali da rientrare in determinate classi di edifici (comprendenti quelli considerati di maggior pregio). Ai fini del calcolo del costo di costruzione dei nuovi edifici residenziali, pertanto, secondo il decreto ministeriale la superficie delle “ autorimesse singole o collettive” entra in gioco due volte: da un lato concorre in una certa misura a determinare la “ superficie complessiva” della costruzione, e dell’altro concorre a determinare la classe dell’edificio (nel senso che vengono considerati di maggior pregio, e dunque vengono assoggettati ad un contributo più elevato, gli edifici residenziali che possiedono una maggior quantità di spazi per servizi ed accessori, ivi compresi quelli destinati alle autorimesse). Tirate le somme da tutto quanto fin qui scritto, dunque, la Circolare n. 24/2000 sembra voler dire che, dopo l’entrata in vigore dell’Art. 2.2 della Legge regionale n. 22/1999, al momento di calcolare il costo di costruzione dei nuovi edifici residenziali secondo i criteri fissati dal Decreto Ministeriale del 10 maggio 1977 non si deve tenere conto della superficie dei parcheggi previsti dal progetto approvato: • sia ai fini della quantificazione della “ superficie complessiva” della costruzione; • sia ai fini della determinazione della classe dell’edificio.

Purtroppo, la “ giurisprudenza amministrativa del T.A.R. Lombardia” cui la circolare regionale cripticamente accenna (ma costava tanto citare almeno gli estremi delle sentenze che si intendevano richiamare?) non risulta che si sia occupata di questo argomento, e quindi non può essere di aiuto. Non resta quindi che affidarsi agli ordinari canoni interpretativi maturati nei decenni in tema di successione di norme, per stabilire se la norma della legge regionale che ha sancito la gratuità delle concessioni edilizie relative a tutti i parcheggi, abbia implicitamente determinato l’inapplicabilità, in Lombardia, delle disposizioni ministeriali che hanno fissato i criteri per quantificare il costo di costruzione degli edifici residenziali. La risposta è certamente positiva con riferimento alla disposizione ministeriale che impone di calcolare la “ superficie complessiva” degli edifici tenendo conto anche del 60% della superficie delle “ autorimesse singole e collettive” : questa disposizione, infatti, si pone in evidente contrasto con l’enunciata gratuità delle concessioni relat ive a det t e aut orimesse. Ma ad analoga conclusione non sembra invece possibile pervenire in relazione alla disposizione ministeriale che impone di considerare la superficie delle autorimesse ai fini della classificazione degli edifici: tale disposizione, infatti, appare perfettamente compatibile con la gratuità sancita dall’Articolo 2.2 della Legge regionale n. 22/1999, e quindi non sono individuabili ragioni per sostenere fondatamente che l’entrata in vigore della seconda abbia implicitamente determinato l’inapplicabilità della prima.

Il problema Il problema è molto semplice: la conclusione di cui alla lettera “ a” è convincente e condivisibile, quella di cui alla lettera “ b” molto meno, per cui in alcuni Comuni la circolare regionale viene applicata integralmente, mentre in altri no. Nei primi, dunque, la classificazione degli edifici viene effettuata senza tenere conto, al momento di quantificare gli spazi per servizi ed accessori, della superficie dei parcheggi, mentre negli altri si tiene conto anche di tale superficie. Ma chi ha ragione?

W. F.

La realizzazione di parcheggi a scomputo degli oneri di urbanizzazione Il rilascio del permesso di costruire comporta, di norma, l’obbligo di corrispondere un contributo commisurato all’incidenza degli oneri

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Professione e Aggiornamento

Il regime contributivo dei parcheggi privati


Professione e Aggiornamento

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di urbanizzazione ed al costo di costruzione. Qualora sussistano determinati presupposti, peraltro, i privati possono essere autorizzati a realizzare opere di urbanizzazione primaria o secondaria, portando il relativo costo a scomputo di quanto dagli stessi dovuto all’Amministrazione a titolo di oneri di urbanizzazione. Tale possibilità era riconosciuta già dall’Articolo 11 della Legge 28 gennaio 1977 n. 10, il quale stabiliva tra l’altro che, a scomputo totale o parziale di tali oneri, “ il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune” (detto articolo risulta ora sostituito dall’Articolo 16.2 del “ Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” , approvato con il D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il quale come meglio si vedrà più avanti, contiene una disposizione in parte analoga a quella testé riportata). Dal canto suo il legislatore regionale, con l’Articolo 8 della Legge regionale 5 dicembre 1977 n. 60, ha disciplinato in maniera più puntuale la facoltà dei cittadini di realizzare, in Lombardia, opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri di urbanizzazione. Tale norma prevede in particolare che la richiesta da parte degli interessati di realizzare opere di urbanizzazione a scomputo, sia formulata nell’istanza intesa ad ottenere il permesso di costruire l’opera privata, anche se, in realtà, nella prassi è invalso l’uso di ammettere che tale richiesta sia presentata anche in un momento successivo, nel corso dell’istruttoria del procedimento di esame della richiesta di permesso di costruire. Qualora “ la realizzazione diretta dell’opera sia riconosciuta conveniente per l’interesse pubblico” , ed il relativo progetto sia stato ritenuto “ meritevole di approvazione” , il Comune nel rilasciare il permesso di costruire per l’intervento privato autorizza l’esecuzione dell’opera di urbanizzazione, e determina il contributo dovuto per il predetto permesso riducendolo dell’ammontare del costo dell’opera di urbanizzazione da realizzare a scomputo. Detto questo per quanto riguarda la disciplina generale relativa alla realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo, proviamo ora ad esaminare la possibilità di utilizzare tale meccanismo nei casi in cui il privato proponga di realizzare, come opera di urbanizzazione a scomputo, un parcheggio. L’Articolo 4 della Legge 29 settembre 1964 n. 847, nel fornire l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria, menziona espressamente fra di esse anche gli “ spazi di sosta o di parcheggio” . Gli spazi cui fa riferimento questa norma sono i parcheggi pubblici o di uso pubblico, cioè i parcheggi usufruibili (non necessariamente a titolo gratuito) dalla generalità dei cittadini.

Ed agli stessi parcheggi pubblici o di uso pubblico fa riferimento anche il Decreto Ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444, che ha tra l’altro fissato le quantità minime inderogabili di spazi da reperire, in sede di formazione dei nuovi strumenti urbanistici o di revisione di quelli esistenti, per la formazione di parcheggi, “ in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall’Articolo 18 della Legge 6 agosto 1967 n. 765” , e quindi in aggiunta ai parcheggi privati pertinenziali prescritti da quest’ultima disposizione (discorso analogo vale, in Lombardia, per i “ parcheggi di uso pubblico” indicati dall’Articolo 22 della Legge regionale 15 aprile 1975 n. 51, e successive modificazioni). Senza dubbio, quindi, nel 1977 la possibilità di realizzare opere di urbanizzazione a scomputo prevista dall’Articolo 11 della Legge n. 10/1977 era da riferire soltanto ai parcheggi pubblici o di uso pubblico da mettere a disposizione della comunità indifferenziata dei cittadini. Col tempo, peraltro, si è venuta ad affermare in maniera sempre più chiara la volontà del legislatore di incentivare gli operatori a realizzare la maggior quantità possibile di parcheggi privati, soprattutto nei tessuti urbani assai caotici come quelli delle nostre aree metropolitane. Proprio in questa prospettiva, anzitutto, il Legislatore nazionale ha stabilito il regime di gratuità della concessione (oggi, del permesso edilizio), oltre che per i parcheggi pubblici o di uso pubblico (Articolo 9, lettera “ f” , della Legge n. 10/1977), anche per quelli di ragione privata costituenti pertinenza dei fabbricati. A questo scopo, l’Articolo 11 della Legge 24 marzo 1989 n. 122 ha stabilito che “ le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell’Articolo 9, primo comma, lettera f), della Legge 28 gennaio 1977 n. 10” . Un ulteriore passo in avanti lungo questa direzione è stato compiuto, in Lombardia, dall’Articolo 2.2 della Legge regionale 19 novembre 1999 n. 22, il quale ha disposto in via generale che “ i parcheggi sono considerati opere di urbanizzazione ai sensi dell’Art. 9, comma 1, lett. f), della Legge n. 10 del 1977” : in Lombardia, dunque, tutti i parcheggi privati, e non solo quelli pertinenziali, sono stati esentati dal pagamento degli oneri di urbanizzazione. Con la disposizione testé riportata, però, il legislatore regionale non solo ha sancito la gratuità del permesso di costruire relativo a qualunque tipo di parcheggi privati, ma ha altresì sancito la loro qualificazione come vere e proprie opere di urbanizzazione. Al pari di certe “ bombe intelligenti” , queste disposizioni hanno però rischiato di produrre un indesiderato “ effetto collaterale” . Visto infatti che i parcheggi privati

sono stati espressamente qualificati dalla legge come opere di urbanizzazione, per quale ragione essi non potrebbero essere realizzati a scomputo degli oneri di urbanizzazione dovuti per i relativi edifici, in virtù dell’Articolo 11 della Legge n. 10/1977 e dell’Articolo 8 della Legge regionale n. 60/1977? In merito a questa problematica, la circolare dell’Assessore regionale all’Urbanistica n. 24 del 21 aprile 2000, interpretativa della Legge regionale 19 novembre 1999 n. 22, ha affermato categoricamente che, “ per quanto riguarda, poi, lo scomputo oneri si precisa che l’Art. 8, comma 1 della L.R. 60/77 è applicabile con esclusivo riguardo ai parcheggi pubblici o di uso pubblico” . Detta circolare esclude quindi che il costo di realizzazione dei parcheggi privati possa essere portato a scomputo degli oneri di urbanizzazione dovuti per la costruzione degli edifici cui essi ineriscono. La conclusione, che in via generale risponde senz’altro ad una logica di buon senso, appare però discutibile nella misura in cui non risulta sorretta da alcuna argomentazione. A questo scopo si sarebbe per esempio potuto evidenziare che, ai sensi del già richiamato Articolo 8 della Legge regionale n. 60/1977, l’esecuzione di un’opera di urbanizzazione a scomputo è consentita solamente “ qualora la realizzazione diretta dell’opera sia riconosciuta conveniente per l’interesse pubblico” , e che sarebbe difficile (anche se non del tutto impossibile) individuare tale convenienza nel caso in cui i parcheggi realizzati a scomputo (e quindi, sostanzialmente, a spese del Comune) rimangano di proprietà privata. Nella stesura del nuovo “ Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” , comunque, la disciplina relativa alla realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri è stata in parte innovata. Il già citato Articolo 16.2 del Testo Unico, infatti, dispone che, “ a scomputo totale o parziale della quota dovuta [a titolo di oneri di urbanizzazione], il titolare del permesso [di costruire] può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’Articolo 2, comma 5, della Legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune” . Non è questa la sede in cui soffermarsi a valutare la legittimità di questa disposizione. Ci si limiterà quindi a rilevare che l’ultimo passaggio della stessa non brilla per chiarezza, in quanto non è chiaro se esso consideri l’acquisizione dell’opera di urbanizzazione al patrimonio indisponibile del Comune come condizione es-

senziale per poterne scomputare il costo dagli oneri di urbanizzazione (il che porterebbe ad escludere la possibilità di scomputare il costo di tutte le opere destinate a rimanere di proprietà privata, pur essendo assoggettate a servitù perpetua di uso pubblico), oppure sia considerata come mera eventualità, di per sé non decisiva ai fini dello scomputo dagli oneri di urbanizzazione. Se fosse valida la prima interpretazione, peraltro, la nuova norma dovrebbe escludere in radice la possibilità di scomputare da detti oneri il costo di costruzione dei parcheggi privati. Ferma restando, infatti, la qualificazione di tali parcheggi come opere di urbanizzazione ai sensi dell’Articolo 11 della Legge n. 122/1989 e dell’Articolo 2.2 della Legge regionale n. 22/1999, alla luce del riportato Articolo 16.2, il loro costo non potrebbe essere scomputato dagli oneri di urbanizzazione non essendo ipotizzabile che essi possano entrare a far parte del patrimonio indisponibile del Comune. Graziano Braga


Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

G.U. n. 229 del 2.10.2003 Suppl. Ordinario n. 157 Decreto Legge 30 settembre 2003 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici Le disposizioni riguardanti il condono edilizio sono contenute nel Decreto Legge approvato il 29 settembre 2003 dal Consiglio dei Ministri e riguardano le “ misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali” . L’Art 32 definisce, che in conseguenza al condono, è consentito il rilascio del titolo abitativo edilizio in sanatoria delle opere esistenti non conformi alla disciplina vigente. La normativa è disposta dall’adeguamento della disciplina regionale ai princìpi contenuti nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, in conformità al titolo V della Costituzione come disegnato nella riforma disposta con la Legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, e comunque fatte salve le competenze delle autonomie locali sul governo del territorio. Le modalità e limiti del predetto titolo abitativo sono stabilite nel presente provvedimento e dalle normativa regionali. Viene fornito da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in accordo alle regioni interessate, il supporto alle amministrazioni comunali ai fini dell’applicazione della presente normativa e per il coordinamento con le Leggi 28 febbraio n. 47 e successive modifiche ed integrazioni e con l’Art. 39 delle Legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modifiche ed integrazioni. G.U. n. 236 del 10.10.2003 - Serie Generale n. 236 Ordinanza del Presidente del Consiglio dei M inistri 2 ottobre 2003 M odifiche ed integrazioni all’ordinanza del Presidente del

Consiglio dei M inistri n. 3274 del 20 marzo 2003, recant e “primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” (Ordinanza n. 3316) La presente ordinanza riporta alcune modifiche ed integrazioni agli allegati 2, 3, 4 dell’ordinanza sopra citata a ragione di riscontrati errori materiali di trascrizione e per assicurare maggiore chiarezza alle disposizioni normative aventi particolari contenuti tecnici. B.U.R.L. 1° Suppl. Straordinario al n. 37 del 9 settembre 2003 D.g.r. 1 agosto 2003, n. 7/13939 Approvazione del Piano territoriale del Parco regionale dell’Alto Garda Bresciano (ai sensi dell’Art. 19, comma 2, della L.R. n. 86/ 83 e successive modifiche ed integrazioni) - Obiettivo 9.6.1. “Pianificazione delle aree protette” La Giunta Regionale delibera di approvare il Piano territoriale di Coordinamento del Parco dell’Alto Garda Bresciano, come parte integrante e sostanziale alla presente deliberazione costituito da: All. 1: Norme tecniche di Attuazione; All. 2: Progetto di piano. B.U.R.L. 2° Suppl. Straordinario al n. 38 del 18 settembre 2003 D.c.r. 30 luglio 2003, n. VII/ 869 Piano Agricolo triennale 20032005 (Art. 6, comma 3, L.R. n. 11/ 98 “Riordino delle competenze regionali e conferimento funzioni in materia agricola”) Il consiglio regionale delibera di approvare il “ Piano Triennale di promozione del settore agro-alimentare lombardo 2003-2005” , da considerarsi parte integrante della presente deliberazione. B.U.R.L. 1° Suppl. Straordinario al n. 39 del 23 settembre 2003 D.c.r. 30 luglio 2003, n. VII/ 871 Programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 e indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’Art. 3 della L.R. 23 luglio 1999, n. 14 Il consiglio regionale delibera di approvare il programma triennale per lo sviluppo del settore com-

merciale 2003/2005 ai sensi dell’Art. 3 della L.R. 14/1999 di cui agli allegati A1 e A2 che costituiscono parte sostanziale ed integrante del presente atto e di approvare gli indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale ai sensi dell’Art. 3 della L.R. 14/1999 di cui all’allegato B che costituisce parte sostanziale ed integrante del presente atto. B.U.R.L. Serie Ordinaria n. 40 del 29 settembre 2003 D.p.g.r. 19 settembre 2003, n. 15216 Approvazione – ai sensi dell’Art. 34 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e dell’Art 6 L.R. 14 marzo 2003, n. 2 – dell’Accordo di Programma, sottoscritto in data 8 agost o 2003, t ra Regione Lombardia e Comune di M ilano per l’attuazione di interventi di recupero funzionale e ambientale del sistema dei navigli milanesi, la riqualificazione urbanistica dell’area della darsena e la formazione e la costituzione di una “società consortile “per la valorizzazione dei navigli lombardi Il presidente della Regione Lombardia decreta di approvare l’accordo di programma tra Regione Lombardia e Comune di Milano per l’attuazione di interventi di recupero funzionale e ambientale del sistema dei navigli milanesi, la riqualificazione urbanistica dell’area della darsena e la formazione e la costituzione di una “ società consortile” per la valorizzazione dei navigli lombardi, allegato quale parte integrante del presente decreto. B.U.R.L. 1° Suppl. Straordinario al n. 40 del 3 ottobre 2003 L.R. 29 settembre 2003, n. 17 Norme per il risanamento dell’ambiente, bonifica e smaltimento dell’amianto. La presente legge attua le disposizioni della Legge 27 marzo 1992, n. 257 (norme relative all’impiego dell’amianto) in osservanza del Decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, estendendo il campo di intervento anche all’amianto in matrice compatta. Gli obiettivi della presente legge riguardano: la salvaguardia del benessere delle persone rispetto all’ inquinament o da f ibre di

amianto, la prescrizione di norme di prevenzione per la bonifica dell’amianto, a promozione di iniziative di educazione ed informazione finalizzate a ridurre la presenza dell’amianto.

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C. O.

Professione e Aggiornamento

Leggi


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Pubblicistica

Professione e Aggiornamento

Commercio In Lombardia è stop agli ipermercati con il piano triennale sul commercio (da “ Edilizia e Territorio. Norme e Documenti” del 29 settembre - 4 ottobre 2003) Il nuovo piano di programmazione triennale 2003-05 per lo sviluppo del settore commerciale è stato pubblicato su B.U.R. Lombardia. Il documento pone un freno all’incremento di strutture per la grande distribuzione a vantaggio dei piccoli negozi. Il nuovo piano impone una nuova quota, contenuta tra il 5 e il 10% allo sviluppo degli ipermercati. Condono Condono edilizio a pronto uso. La presentazione della domanda basta a sospendere i procedimenti penali e per le sanzioni amministrative (da “ Il Sole 24 Ore” del 5.10.03) Dal 2 ottobre il Decreto Legge 269/2003 rende possibile chiedere la sanatoria, in attesa della conversione in legge e dell’intervento delle Regioni. C’è chi può attendere fino al 31 marzo 2004 ma in alcuni casi è opportuno preparare tempestivamente i documenti necessari. Non può permettersi lunghe attese, ad esempio, chi ha procedimenti pendenti, (penali e amministrativi). Anche i tecnici possono preparare la sanatoria, ad esempio se hanno interesse a evitare contenzioso su attività edilizia. Sono sanabili le opere abusive “ ultimate, cioè complete nella loro tridimensionalità anche se non corredate di impianti e immediatamente utilizzabili. “Regioni senza armi sul condono edilizio”. Tremonti ribadisce in Parlamento la costituzionalità delle misure e conferma il gettito atteso di 3,8 miliardi (da “ Il Sole 24 Ore” del 9.10.03) Il governo fa quadrato sul condono edilizio e dà una prima risposta critica alle leggi anti-sanatoria varate o annunciate dalle Regioni di centrosinistra. Il Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, che è stato un dei più critici verso il provvedimento, esprime dubbi di

“ incostituzionalità” e parla di “ misure per lo più propagandistiche” dei Governatori ulivisti. Edilizia, il condono è caro. Nessuno sconto per la prima casa e i capannoni (da “ Italia Oggi” del 8.10.03) Condono senza sconti, per il disagio abitativo e per gli immobili non residenziali. L’Articolo 32, comma 39, del Decreto Legge 269/2003 prevede che ai fini della determinazione dell’oblazione non si applicano le riduzioni previste nei commi 13, 14, 15 e 16 dell’Articolo 39 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Ristrutturazioni facili. La circolare Lunardi sul nuovo Tued amplia il ruolo dei professionisti (da “ Italia Oggi” del 8.10.03) Più facile demolire e ricostruire. Non serviranno più permessi, ma basterà solo la DIA. Tali attività vengono equiparate alle ristrutturazioni. I palazzi vecchi di 50 anni non saranno più intoccabili, in quanto pezzi storici. Potranno essere ristrutturati, demoliti e ricostruiti. Destinandoli ad altri usi. E il ruolo giocato dal professionista viene esaltato al rango di esercente di un servizio di pubblica utilità. Lo prevede una circolare firmata dal ministro Lunardi.

Normativa

Opere pubbliche

Costruzioni in zona sismica: cento rettifiche alle norme (da “ Edilizia e Territorio” del 13-18 ottobre 2003) Una lista di 122 modifiche e correzioni si appresta a modificare le norme tecniche sulle costruzioni in zona sismica, entrate in vigore con l’ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo scorso. Le modifiche intervengono in vari punti dei tre allegati tecnici contenenti le norme sulle costruzioni di edifici (allegato 2), ponti (3) e fondazioni (4). Nessun ritocco all’allegato 1 (con la lista di tutti i comuni italiani ripartiti in base alla nuova classificazione in quattro fasce), né al testo dell’ordinanza vera e propria.

Grandi opere, più peso alle Regioni. General contractor a rischio: incostituzionale il regolamento sul nuovo sistema di qualificazione (da “ Edilizia e Territorio.” del 6-11 ottobre 2003) Intese con le Regioni necessarie per realizzare le grandi opere e la cancellazione delle norme che prevedevano il regolamento sul general contractor. Dopo un’attesa di più di sei mesi è stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge obiettivo e i decreti legislativi di attuazione. La maggior parte dei ricorsi regionali sono stati respint i ma è comunque aument at o il potere di interdizione delle Regioni.

Procedure In edilizia l’iter diventa snello. Il Testo Unico ha ridotto a due le procedure di assenso ai lavori da parte dei comuni (da “ Il Sole 24 Ore” del 6.10.03) È diventato più facile dare il via ai lavori edili. Il Testo Unico ha semplificato l’iter per gli assensi comunali riducendo le procedure a due: Denuncia di Inizio Attività (DIA) e permesso di costruire. Resta il principio che esistono opere edili per le quali non è necessario alcun assenso: prima di tutto, quelle definite come manutenzione ordinaria (riparazione, rinnovamento, e sostituzione delle finiture degli edifici e lavori necessari a integrare o mantenere efficienti gli impianti tecnologici) ma anche le opere il cui scopo è l’eliminazione di barriere architettoniche.

Sentenza 303, il disegno di Lunardi. Legge obiettivo: dopo la pronuncia della Consulta il M inistro rafforza il dialogo con le regioni (da “ Edilizia e Territorio.” del 13-18 ottobre 2003) Il Ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, cerca soluzioni per ridurre l’impatto della sentenza 303 della Corte Costituzionale sulla Legge obiettivo: si punta a proteggere dai veti regionali almeno le grandi reti di trasporto nazionali e internazionali. Il nodo del problema è la definizione delle opere come di “ interesse concorrente regionale” . Dopo lo stop della Consulta, il Ministero delle infrastrutture intende andare avanti anche sul decreto di qualificazione dei general contractor. Due lo strade allo studio: un decreto legislativo o un regolamento non vincolante per le Regioni.

Professione Progettisti, valgono le nuove tariffe. Confermate le tabelle di Nesi e Fassino, bocciati Garri e Anci (da “ Italia Oggi” del 8.10.03) Confermate le nuove tariffe per la progettazione di cui al Decreto 4 aprile 2001. È l’effetto dell’ordinanza pronunciata ieri dalla sesta sezione del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso per l’annullamento della sentenza T.A.R. Veneto 6253/03, che aveva ritenuto applicabili i compensi previsti dal D.M. 4/4/2001. Nel respingere il ricorso, l’ordinanza di cui si attende di conoscere le motivazioni, segna un ulteriore punto a favore della tesi sulla vigenza del D.M. 4 aprile 2001. Recupero M ilano affitta con obbligo di recupero. Comune a privati (da “ Italia Oggi” del 15.10.03) Dal 2000 a oggi a Milano sono stati recuperati dal degrado 85 mila metri quadrati di spazi pubblici grazie anche all’intervento dei privati. L’ha comunicato l’Assessore al demanio e patrimonio del comune, Giancarlo Pagliarini, che ha spiegato che gli interventi a costo zero per l’amministrazione sono stati resi possibili grazie all’Articolo 27/19 della Legge 448/01. Questo emendamento conferisce agli enti locali la possibilità di locare, nelle more dell’attuazione del P.R.G., i propri beni immobiliari. Sgravi fiscali del 50% a chi ristruttura gli edifici storici. Richieste dei giovani dell’Ance al M inistro dei beni culturali (da “ Italia Oggi” del 15.10.03) Sgravi fiscali e incentivi per chi recupera i beni culturali sono le richieste dei giovani imprenditori delle costruzioni che saranno presentate al ministro Giulio Urbani. L’idea guida è quella di cercare di introdurre un cambiamento culturale rispetto all’immagine stereotipata che ha spesso visto in antitesi l’imprenditore edile e la cultura vincolistica delle soprintendenze. M. O.


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Bergamo Le frontiere della progettazione. Riflessoni sull’etica della progettazione bio-ecologica* Come possiamo definire l’architetto? L’architetto è il professionista che ha “ la licenza di trasformare l’ambiente per l’uomo” , ambiente inteso come spazio naturale, come costruzione e organizzazione dello spazio fisico e come luogo per vivere. Come trasformatore l’architetto è creatore positivo e distruttore al tempo stesso. In senso generale, infatti, l’architetto può dirsi oggi un poco l’uno, un poco l’altro; non è concepibile infatti una costruzione, intesa come creazione di uno spazio utile allo svolgimento delle funzioni vitali dell’uomo, che non consideri almeno una parte di distruzione. Mentre si costruisce una casa, si opera una piccola distruzione del territorio che può essere intesa come trasformazione positiva e temporanea dei materiali esistenti da naturali a manipolati, oppure come trasformazione irreversibile dei materiali esistenti che, manipolati, combinati o associati ad altri elementi, portano ad una trasformazione radicale sia del materiale stesso, sia irreversibilmente del territorio. Pensiamo a due esempi eclatanti: al cemento che trasforma il territorio da montagna a “ polvere” distruggendo e modificando radicalmente l’orografia, con il successivo inserimento di nuove costruzioni nate dalla combinazione del materiale ricavato con altri prodotti; oppure all’opposto, al legno, materiale rinnovabile per antonomasia che, trasformato, crea nuove forme, nuove funzioni, ma che, per essere trasformato, modifica solo temporaneamente il territorio in attesa che un’altra pianta non prenda il posto di quella abbattuta. Il discorso potrebbe assumere ampie proporzioni e potrebbe affrontare vari e ampi aspetti, sui quali sarebbe utile approfondire l’argomento, ma ciò che vale ed è importante di tutto questo è il concetto di trasformazione che nasce con l’” idea” , che prende forma quindi con il disegno, lo schizzo, che si evolve e si perfeziona nella progettazione, per poi essere realizzata. Come progettisti dobbiamo pertanto considerarci costruttori e distruttori al tempo stesso, ciò che dobbiamo valutare e tenere in dovuto conto in fase di ideazione e poi di progettazione è la considerazione delle varie componenti: nello studio del progetto non si può pensare al beneficio che la nostra idea porterà, senza considerare il livello di distruzione, di trasformazione e/o di interazione che comporterà. Forse non ci abbiamo mai pensato, ma dalle nostre scelte dipenderà il futuro della nostra vita e la qualità della nostra esistenza. Definiamo ora le due forme o i due modelli di progettazione che potremmo individuare come la sostanza del futuro del nostro modo di pensare il vivere quotidiano. La progettazione architettonica, intesa in senso generale come espressione fisica dell’idea, è lo strumento di interpretazione del pensiero filosofico del vivere, essa può esprimersi in

favore al progresso, o alla regressione culturale o, come dicevo, verso una trasformazione positiva o la distruzione. Gli strumenti che usiamo nella progettazione di oggi sono quelli che hanno trasformato il nostro habitat, la nostra esistenza; l’avvento dell’informatica ad esempio ha influenzato tutti i campi del nostro vivere quotidiano, del nostro lavoro e così anche il nostro modo di pensare, di agire, di abitare, la nostra capacità di esprimerci a vari livelli. La società delle macchine in questi ultimi sessant’anni ha evoluto il concetto di abitare, inserendo nella quotidianità una serie di strumenti tecnologici, ormai largamente in uso e compagni inseparabili di vita (lavatrice, frigorifero, forni elettrici e a microonde, televisione, computer, ecc.) che hanno preso possesso dello spazio fisico come parte integrante di esso. Quando pensiamo e quindi progettiamo una casa essa viene immaginata nelle sue componenti con già inserite queste estensioni della nostra esistenza, pertanto nella nostra progettazione, per fare un esempio, non ci sarà un secondo bagno senza uno spazio per la lavatrice, o un luogo di lavoro senza personal computer, così come una cucina priva dei vari elettrodomestici o un soggiorno senza televisore. Negli anni a venire l’uso della tecnologia e dell’elettronica nell’ambiente abitativo sarà sempre più presente, di conseguenza l’architettura del futuro e quindi anche la nostra progettazione dovranno dunque confrontarsi con l’elettronica, e con la domotronica (1) nella progettazione degli spazi e nella concezione dell’abitare e questa sarà una strada del nostro futuro vivere, che peraltro già stiamo percorrendo e che porterà probabilmente al concetto di realizzazione standardizzato di una casa tecnologica, o casa telematica, o “ intelligente” , dove tutto o quasi è automatizzato. La realtà delle case intelligenti (“ home automation systems” o casa domotica) è già da molti anni presente in Italia, ma soprattutto in altri paesi d’Europa e nel mondo, come la Francia, il Giappone o gli Stati Uniti dove si sono realizzate abitazioni telematiche in cui tutto è controllato da un computer che, ad esempio, regola automaticamente la temperatura degli ambienti, il grado di soleggiamento, il movimento delle tapparelle, l’aperture di porte e finestre, fino ad arrivare al tono della suoneria del telefono o l’accensione e selezione a comando della musica. In Francia, ad esempio, si sono realizzati più di 10.000 appartamenti dotati di questi sistemi; in Giappone e in Olanda sono in corso realizzazioni

di edifici analoghi. A Tokyo la Mitsubishi ha già creato un quartiere composto di trentadue edifici che ospitano tremila persone che vivono in appartamenti automatizzati, mentre in Norvegia è stato realizzato un villaggio per anziani con appartamenti telematici in cui gli abitanti sono seguiti 24 ore su 24 da computer-assistenti in grado ad esempio di avvisare il personale esterno di sorveglianza nel caso in cui un anziano dovesse cadere, o ferirsi, o trovarsi in seria difficoltà. L’architetto del presente che già si confronta con questa realtà e che la persegue, in futuro diverrà quindi esecutore della rivoluzione tecnologica e alfiere di una concezione idealistica per la quale il progresso tecnico e scientifico assume il ruolo primario indispensabile al raggiungimento del benessere dell’individuo e quindi, in quest’ottica, l’architetto diverrà certamente portatore dell’innovazione, ma al tempo stesso sarà distruttore dell’ambiente e contribuirà a disseminare il mondo di rifiuti non rinnovabili (i componenti elettronici costituiscono rifiuto altamente inquinante e parzialmente riciclabile, ma con alti costi). Questa realtà, questa frontiera della progettazione figlia del progresso tecnico-scientifico ad oltranza e di una filosofia dell’abitare legata al benessere dell’individuo inteso soprattutto come un fatto di moda, come status symbol, come modo di apparire, ha prodotto fino ad oggi edifici che non hanno tenuto in dovuto conto l’impatto sull’ambiente con l’uso di materiali di sintesi e di prodotti tecnologici, che hanno contribuito al dissesto dell’attuale ecosistema. Al concetto di casa tecnologica, in questi ultimi anni si è però contrapposto il concetto di casa sana o casa bio-ecologica, portatrice di un pensiero non violento di rinnovamento delle risorse, di un uso adeguato dei materiali di costruzione in forma naturale, di un sentimento di rifiuto dell’eccesso tecnologico, nell’idea quindi di un modo positivo di creare, progettare e costruire con una particolare considerazione verso l’ambiente, inteso non solo come bene di sfruttamento, ma anche come luogo portatore di vita. Ed è questa l’alternativa oggi, la seconda (o prima) frontiera della progettazione che concepisce un diverso approccio alla costruzione, che non disdegna la tecnologia e l’innovazione, ma che tiene in dovuto conto tutte le componenti, mettendo in primo luogo la salute fisica insieme al benessere dell’abitante, un’alternativa con validi princìpi, come già detto, ma che personalmente ritengo dovrà essere presa

Rilievo bidimensionale del campo magnetico terrestre e rete Hartmann in un ufficio (Roberto Sacchi).

Rilievo del campo magnetico terrestre in una camera da letto (Roberto Sacchi).

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Informazione

Dagli Ordini


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in degna e costante considerazione nel concetto del vivere quotidiano nel futuro dell’architettura e nel modo di progettare. Perché questa architettura “ alternativa” può e deve essere considerata una delle strade del futuro, se non la principale? Perché l’architetto, come manipolatore del territorio, con il suo operato ha una grande, se non enorme, responsabilità verso il futuro del genere umano. Ogni costruzione, anche la minima, costituisce sempre e comunque una trasformazione dell’ambiente fisico che deve essere valutato prima di effettuare ogni scelta, sia sotto l’aspetto dell’impatto verso le varie componenti del territorio, sia sotto l’aspetto del rinnovo delle risorse di cui si beneficia nella manipolazione dell’ambiente fisico, sia nella considerazione degli aspetti filosofici, psicologici e fisici inerenti il comportamento, la salute e il benessere dell’uomo e dell’abitante e dunque in considerazione di un futuro migliore di tutti i posteri, già gravati dall’onerosa eredità di un mondo ormai irreversibilmente inquinato. Si sono configurate pertanto due strade o due frontiere per il futuro della progettazione architettonica: la prima che prosegue l’eredità dell’arte del costruire tecnologico del passato e che è tesa verso l’acquisizione di un benessere determinato dal controllo dello spazio e dei movimenti dell’abitante; la seconda che persegue la salute dell’individuo e di conseguenza cura in senso fisico l’abitazione prima di intervenire sull’abitante, secondo un concetto di vita più vicino alla natura. Per il futuro, entrambi i percorsi potranno essere validi e perseguibili se verranno affrontati insieme, senza il pregiudizio assoluto di un modo di progettare rispetto all’altro, ma con la coscienza di operare per il miglioramento della qualità della vita e il rispetto delle risorse e della natura, con la mente aperta verso una filosofia ecologica che possa guidare l’architetto nella trasformazione del territorio urbano, dell’ambiente e della costruzione antropica. Nell’ottica di questo pensiero di aggregazione delle due strade si deve perseguire una nuova etica di comportamento che investirà tutti gli aspetti della professione di architetto, a cominciare dall’idea di progetto. Roberto Sacchi (bio-architetto) * Il testo è tratto dall’intervento all’incontro “ Una ecologia per l’architettura” , Società Umanitaria, Milano 1998 e dagli atti del “ I Corso di formazione all’esercizio della professione di architetto”, Ordine degli Architetti di Bergamo 1998. Note 1. Domotronica è un termine che fu coniato all’inizio degli anni ‘70 per indicare le applicazioni delle più avanzate tecnologie elettroniche al servizio della gestione di tutti i servizi della casa, con lo scopo di intervenire autonomamente o semi-automaticamente nelle varie funzioni, programmando, accendendo, spegnendo gli impianti e le apparecchiature in uso nello spazio domestico e nei luoghi di vita, tramite l’utilizzo di sistemi integrati elettronici.

Milano Circolari del Comune di Milano Il Comune di Milano ha inviato al nostro Ordine, per conoscenza e diffusione, le seguenti Circolari: • circolare n. 5/03, dal titolo “ Obblighi di realizzazione del locale rifiuti – indicazioni operative” • circolare n. 6/03, dal titolo “ Linee guida per l’esame paesistico dei progetti” Le stesse possono essere consultate e scaricate in formato digitale dal sito www.comune.milano.it/ediliziaprivata/index.html, cliccando sulla voce “ circolari” . Sedute di Consiglio Indichiamo di seguito le principali delibere delle sedute di Consiglio di settembre e ottobre: • Approvazione Tariffa professionale per la redazione del Piano dei Servizi di cui alla L.R. 15.1.2001 n. 1 Il testo della tariffa verrà pubblicato sul sito internet dell’Ordine e sottoposto alla Consulta Regionale per eventuale approvazione a livello regionale dei rispettivi Ordini provinciali. • Riconvocazione assemblea per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine Il giorno 20 novembre 2003, dalle ore 17.30 alle ore 19.30, presso la sede dell’Ordine in Milano, via Solferino, 19, è convocata l’Assemblea degli iscritti per l’elezione di ballottaggio tra quanti, non eletti per rinnovo del Consiglio del biennio 2001-03, hanno ottenuto voti nel primo turno. Il seggio verrà aperto, presso la sede dell’Ordine: • il giorno 20 novembre 2003 dalle ore 17.30 alle ore 19.30; • dal 21 novembre al 5 dicembre 2003: dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle ore 17.30, • il sabato mattina dalle ore 9.30 alle ore 13.00. Lo scrutinio, aperto al pubblico, avverrà in sede il giorno 9 dicembre 2003 con inizio alle ore 9.30. Le modalità dello svolgimento dell’elezione sono specificate nella circolare che verrà recapitata a tutti gli iscritti aventi diritto al voto. La stessa documentazione sarà inoltre consultabile nelle news del sito www.ordinearchitetti.mi.it/news/ novita.html Si ricorda che hanno diritto al voto esclusivamente gli architetti iscritti all’Albo alla data del 28.9.2001. Designazioni • Comune di Limbiate (Mi): richiesta di segnalazione di Professionisti per la nomina dei componenti della Commissione Edilizia Comunale Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Egizia Cattaneo, Pierpaolo Danelli, Alfredo Ferrara. • Comune di Nerviano (Mi): richiesta di segnalazione di Professionisti per la nomina dei componenti della Commissione Edilizia Comunale

Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Laura Ammaturo, Paolo Fasoli, Giorgio Tagini (Esperti in materia edilizia-urbanistica); Luca Bergo, Angelo Cellura (Esperti in materia di tutela ambientale). • Avv. Labonia: richiesta di nomina terzo arbitro per controversia Tiresia Informatica/Sig. Domenico Concolino Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Alessandro Marzorati. • Impresa di Costruzioni Impresa Alba 2001 S.r.l.: richiesta di terna per collaudo di opere in c.a. relative ad un fabbricato residenziale in Desio (MI) Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Giovanni Arosio, Gennaro Baratta, Lionello Bolgiani. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea P.T.U.A vecchio ordinamento del 2 ottobre 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Davide Andreoli, Patrizio Antonio Cimino. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea P.T.U.A nuovo ordinamento del 3 ottobre 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Alessandro Alì, Andrea Milella. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentante dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea per il “Corso di Studio in Architettura Ambientale D.M. 509/99” del 3 ottobre 2003 Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Giuliano Paolo Banfi.

• Politecnico di Milano. Designazione di rappresentante dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea per il “Corso di Studio in Edilizia Bazzi D.M. 509/99” del 3 ottobre 2003 Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Sandro Ghiozzi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Scienze dell’Architettura del 3 ottobre 2003: Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Gisella Maria Demaria, Roberto Galliani, Marco G. Gonella, Simone Oggioni, Gianluigi Reggio. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura del 1 ottobre 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Barbara Agostini, Francesco Anzivino, Lucia Bergo, Carlo Andrea Borgazzi Barbò di Casalmorano, Enrico Chiappetti, Roberto Franco Dell’Acqua Bellavitis, Paolo Golinelli, Ennio Mazzoli, Lorenzo Pontiggia, Stefano Calchi Novati, Sarah Saiani, Attilio Stocchi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentante dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea di I° livello in Architettura delle Costruzioni del 3 ottobre 2003 Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Guido Fochi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Disegno Industriale nel giorno 10 ottobre 2003


Convenzioni Nel proseguire con la pubblicazione delle nuove convenzioni, si comunica che tutti i dettagli delle stesse sono reperibili sul sito dell’Ordine (www.ordinearchitetti.mi.it) settore convenzioni. • Convenzione con Material ConneXion La più grande biblioteca di materiali innovativi, presente a Milano da settembre 2002 e negli Stati Uniti, a New York dal 1997, propone a tutti i colleghi iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano una convenzione per poter usufruire dei loro servizi. Le facilitazioni economiche per gli abbonamenti, descritte in modo dettagliato, possono essere consultate sul sito all’indirizzo www.ordinearchitetti.mi.it/news/convenzioni.html La convenzione è stata presentata il giorno 29 ottobre 2003, presso la sede di Material ConneXion Milano, unitamente al ciclo di conferenze sui materiali che avranno luogo a partire dal novembre 2003 al novembre 2004 presso la sede della Fondazione dell’Ordine e di Material ConneXion. Saranno presenti: Franco Raggi, Manuela Cifarelli, Giulio Ceppi; a seguire visita collettiva alla materioteca di Material Connexion. Il ciclo di conferenze prevede in dettaglio i seguenti incontri (ore 16.0019.00): 6 novembre 2003, presso la Fondazione: Trasparenza/Traslucenza 15 gennaio 2004, presso la sede di Material C.: Leggerezza/Immaterialitài 19 febbraio 2004, presso la Fondazione: Morbidezza/Tatto 18 marzo 2004, presso la sede di Material C.: Luminosità 21 aprile 2004, presso la Fondazione: Nuovi materiali per la ristrutturazione edilizia 19 maggio 2004, presso la sede di Material C.: High tech materials 16 giugno 2004, presso la Fondazione: Colore/Superfici/Texture 15 luglio 2004, presso la sede di Material C.: Sicurezza/Resistenza 16 settembre 2004, presso la Fondazione: Materiali per esterni (verde e giardini) 14 ottobre 2004, presso la sede di Material C.: Trame tecniche 18 novembre 2004, presso la Fondazione: Natura/Ecologia

e-mail: fondazione@ordinearchitetti.mi.it www.ordinearchitetti.mi.it Material ConneXion c/o Fiera di Milano piazzale Giulio Cesare, 20145 Milano tel. 0243981128, fax 0248022992 e-mail: infoitalia@materialconnexion.com www.MaterialConneXion.com • Convenzione con Autodesk S.p.a. È stata stipulata una convenzione con Autodesk S.p.a. per l’acquisto a prezzi agevolati dei principali prodotti software dedicati alla progettazione architettonica. La convenzione sarà presentata presso la sede dell’Ordine degli Architetti di Milano il giorno 26 novembre 2003 dalle ore 17,00 alle ore 20,00. • Convenzione con Nikita S.r.l., Distributore Autorizzato Sharp È stata stipulata una convenzione con la S.r.l. Nikita per quanto riguarda i seguenti prodotti: Fotocopiatori analogici e digitali collegabili a PC; Materiali di consumo; Fax a trasferimento termico e Laser a carta comune; Arredi per ufficio operativi, semidirezionali e direzionali. • Convenzione con Biblioteca del Cenide È stata stipulata una convenzione con la Biblioteca del Cenide per quanto riguarda i libri pubblicati dalla stessa. I volumi, che la Biblioteca del Cenide offre a prezzi scontati a tutti gli iscritti all’Ordine, possono essere visionati presso il sito internet www.cenide.it. Serate di architettura È proseguito il dibattito promosso dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti P.P.C. sui temi più rilevanti dell’architettura contemporanea con un nuovo ciclo di tre serate d’architettura: • 30 ottobre 2003 Non solo la luce. L’opera di Livio e Piero Castiglioni tra invenzione e design Presentazione del volume Livio e Piero Castiglioni. Il progetto della luce, edito da Electa Mondadori. Hanno partecipato: Cesare Maria Casati, Piero Castiglioni, Dario Scodeller, Davide Boriani, Ennio Brion Moderatore: Franco Raggi • 6 novembre 2003 La nuova chiesa a Tor Tre Teste di Richard Meier: una sfida costruttiva Hanno partecipato: Antonio Maria Michetti, Ignazio Breccia, Gennaro Guala Moderatore: Ugo Rivolta • 19 novembre 2003 Milano com’è e come sarà. 2 I P.R.U. costruiti e i P.I.I. per Milano e area metropolitana Hanno partecipato: Paolo Simonetti, Giacomo Borella, Arturo Lanzani, Cino Zucchi Moderatori: Bertrando Bonfantini, Stefano Guidarini

Lettere redazione.al@flashnet.it

Il teatro di Mortara In questo periodo si parla spesso di teatri. Restando in questo tema vorrei segnalare il teatro di Mortara. Pur trattandosi di un’architettura poco conosciuta, in una piccola città, non per questo mi sembra trascurabile. Venne costruito nel 1846 con progetto dell’architetto Cesare Braccio di Mortara, attivo nell’area pavese durante l’Ottocento. Di lui non ci restano molte notizie. Possiamo vedere in corso Garibaldi la chiara fronte principale del teatro. Di tardo sapore neoclassico si presenta con due piani, coronati dal timpano triangolare del tetto. L’ingresso è coperto da un piccolo portico ad archi centrali e laterali. Sulla sovrastante balconata a balaustrini, si aprono le porte-finestre del primo piano. La sala a forma di ferro di cavallo ha tre ordini di palchi, un loggione, oltre alla platea. È emblematica la posizione proprio dirimpetto a palazzo Cambieri, che ospitò il quartiere generale austriaco, prima della battaglia di Palestro avvenuta nel 1859. Vi si rappresentavano opere frequentate dagli ufficiali e dai maggiorenti di Mortara. Quando la città passò sotto il Piemonte, il teatro venne intestato a Vittorio Emanuele II. In seguito al restauro effettuato nel 1934 dagli ingegneri Callerio, Casalone e Pesce, ha funzionato fino agli anni Settanta prevalentemente con spettacoli di operette. Il restauro, iniziato nel 1988 dall’architetto Aldo Baletti, originario di Mortara (studio BBS a Vigevano), è rimasto interrotto, con grande dispiacere della cittadinanza. Sarebbe meritorio trovare il finanziamento per recuperare questa architettura pregevole, pur nella sua essenzialità, prima che cada completamente in rovina. Andrea Disertori Milano, ottobre 2003

Una lottizzazione impazzita Il “ Washington Post” del 15 settembre riporta un articolo dal titolo Growth carves suburbs into odd lots (La crescita taglia i sobborghi in lotti strani). Ho riassunto il contenuto dell’articolo facendo alcune considerazioni. Arrivando in treno in una città italiana, spesso si osservano periferie rovinate da lottizzazioni di fabbricati residenziali o di capannoni industriali, agglomerati edilizi privi di cura progettuale e di rispetto per l’ambiente. Le colpe non sono attribuibili solo ai progettisti. Il cosiddetto “ bel paese” di Vitruvio e Vignola sembra straziato da realizzazioni che di “ architettura” non hanno assolutamente nulla. Per estremo conforto ecco “ una lottizzazione impazzita” americana. La lottizzazione proposta a Giles Glenn, a sud di Washington D.C., è singolare. Il sito, di 10 acri, è diviso per ospitare otto ville unifamiliari. Poiché non tutto il terreno è edificabile, e gli architetti volevano sfruttare l’area al massimo, è stato adottata una geometria insolita. Il giardino di ogni casa non è solo davanti ma anche in altri due o tre appezzamenti di terreno distanti più di 60 m. Dietro questa soluzione estrema c’è un motivo di fondo. Il terreno scarseggia e i prezzi salgono vertiginosamente: un solo acro può costare $ 250.000 o più. I costruttori quindi cercano il massimo profitto in conformità alle leggi che regolano grandezza e larghezza dei lotti su strada. Gli architetti avrebbero potuto accettare uno o due lotti in meno per eliminare l’aspetto “ tipo arlecchino” dalla lottizzazione, ma economicamente ciò non era fattibile. “ Non siamo stupidi. Dobbiamo massimizzare i dollari” . Anche se la lottizzazione è conforme alle regole, gli avversari dicono che le forme bizzarre dei lotti provocheranno dispute sul loro mantenimento, sui diritti di passaggio e sulle zone destinate a capanne per gli attrezzi, giochi per bambini, ecc. Ci sono famiglie per le quali la zona di servizio dei vicini è posta davanti all’ingresso principale. “ Èuna mostruosità, ma è perfettamente legale” , commenta uno dei malcapitati. La contea esige per ogni lotto una larghezza di 50 m su strada realizzabile tramite strade interne che consumano terreno. È stato realizzato un piccolo culde-sac con accesso a una strada, non sufficiente a ottenere la giusta larghezza, quindi gli architetti hanno inventato questa soluzione.Consoliamoci: non siamo i soli a sbagliare! Enrico Bertè Milano, 23 ottobre 2003

Laura Truzzi Fondazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano, via Solferino 19, 20121 Milano tel. 0262534390, fax 0262534209

C. Braccio, Teatro di Mortara

Planimetria della lottizzazione.

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Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Massimo Ansbacher, Paola Alessandra Breda, Antonio Borghi, Marco Cavallè, Marcello Cuneo, Giovanna Giannattasio, Gianni Daniele Schapira, Luigi Tanzi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura del 14-15 ottobre 2003 Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Massimiliano Molteni, Marco Ernesto Pestalozza, Egidio Porta, Gaetano Selleri.


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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro

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Edilizia Centro storico, lo shopping della moda. Chiude un’altra panetteria, sarà abbattuto il garage di San Babila. L’assessore: perdiamo la vivibilità (dal “ Corriere della Sera” del 2.10.03) La nuova ondata di occupazioni di immobili per la moda rischia di accendere la polemica sulla vivibilità del centro. “ Il garage in piazza San Babila aveva utilità per tutto il sistema commerciale dell’area – dice Roberto Predolin, assessore al commercio del Comune – non possiamo entrare nel merito di una trattativa tra privati. Ma se confermata, l’ennesima presenza di una grande firma della moda rischia di compromettere la vivibilità del centro.” Secondo un’indagine aggiornata della Fimaa di Milano, federazione dei mediatori immobiliari, nel Quadrilatero della moda i prezzi del metro quadrato da destinare a negozio continuano a crescere. Nell’ultimo anno si sono registrati aumenti medi del 5,9% e del 20% per le collocazioni di prestigio. “Un sì sofferto al condono edilizio, ma sarà stangata sulle concessioni” (da “ la Repubblica” del 29.9.03) Piero Lunardi si era dichiarato contrario ad ogni ipotesi di condono. Aveva giudicato l’idea stessa di una sanatoria generalizzata come una autentica inopportuna sventura per il territorio e per il Paese. Adesso firma assieme al responsabile dell’ambiente, Altiero Matteoli, una legge voluta dal governo e sostenuta a spada tratta dal ministro del Tesoro deciso a far quadrare a tutti i costi i conti della Finanziaria 2004. Il ministro Lunardi afferma che ha tre valide ragioni per sostenere la legge: “ La prima è che lo Stato avrà finalmente i soldi per abbattere gli abusi non condonabili. La seconda è che il decreto destina risorse per la riqualificazione urbana ed il riassetto ambientale. Poi saranno rafforzati i sistemi oggettivi di controllo del territorio a cominciare da quelli satellitari” .

glie e mostre d’arte” . Ci sono richieste d’intervento contro la sporcizia, i bivacchi, le saracinesche di bar e negozi abbassate dopo le otto di sera.

Inquinamento “Telefonini, fuorilegge la metà delle antenne” (dal “ Corriere della Sera” del 8.10.03) La metà delle antenne milanesi è fuorilegge. Lo sostengono i Verdi, forti di una recente sentenza della Corte costituzionale e della mappa delle antenne sul territorio milanese. La Consulta ha infatti posto un freno alla deregulation degli impianti per telecomunicazioni prevista da un decreto del ministro Gasparri. Ribadendo la titolarità delle Regioni nel dire come e dove piazzare le sorgenti radio, fu un emendamento ambientalista a prescrivere che le antenne dovessero essere sistemate a non meno di 75 metri da comunità, ospedali, asili e impianti sportivi. “ Il governo aveva impugnato proprio quel vincolo – spiega Carlo Monguzzi, capogruppo dei Verdi in Regione – e noi non possiamo che essere soddisfatti della decisione” . Smog, Regione in retromarcia. “A dicembre niente blocchi”. L’assessore Vicoli: via libera alle non catalitiche, ma solo con tre persone a bordo” (dal “ Corriere della Sera” del 18.10.03) Brusca frenata della Regione sulle domeniche a pedi. Slitta di una settimana quella programmata per novembre, scompare dalla lista quella fissata per dicembre. I commercianti ringraziano mentre ad accusare sono i Verdi: È evidente che in Regione – dice il consigliere Monguzzi – comandano sempre di più le lobby. Le banche per le autostrade, i cacciatori per l’ambiente e i commercianti per il traffico: loro ordinano e la Regione esegue” . M ilano Duomo, patto Comune-Curia contro il degrado. Legambiente: dopo le otto di sera è terra di nessuno. I commercianti: abbiamo paura a uscire dal negozio (dal “ Corriere della Sera” del 18.10.03) Il degrado è da combattere con un patto tra Curia e Comune per riqualificare piazza del Duomo. “ Basta sciatteria” , dice monsignor Luigi Manganini. “ Si crei un tavolo con l’obiettivo di rilanciare la piazza. Manca un piano che la faccia tornare un polo di incontro popolare e culturale. Con le feste per fami-

Censimento degli Immobili. Accordo su Infrastrutture lombarde, una Spa per il patrimonio del Pirellone. (dal “ Corriere della Sera” del 18.10.03) Nasce Infrastrutture lombarde, la società destinata a gestire e valorizzare il patrimonio immobiliare della Regione: ” Una svolta epocale” , secondo il presidente Roberto Formigoni, ” che consentirà alla Lombardia di confermarsi protagonista del suo sviluppo infrastrutturale” . Prima sarà interessato il patrimonio disponibile, gli edifici non utilizzati. In seguito, spiega il direttore dell’unità per il programma, Raffaele Cattaneo, “ a seconda delle possibilità di valorizzazione studiate dalla società stessa” anche altri immobili, gli edifici delle Asl, dell’Aler, della rete delle Ferrovie Nord. San Vittore, il Polo boccia Albertini. Lo spostamento del carcere diventa un caso politico. Solo la Lega d’accordo con il Sindaco (dal “ Corriere della Sera” del 14.10.03) Sulla vicenda dello spostamento del carcere di San Vittore in un’altra zona e sulla riconversione delle aree, si è speso molto il ministro Castelli. “ Ancora – conferma il senatore della Margherita e consigliere comunale Nando Dalla Chiesa – Castelli è venuto in Commissione giustizia a sostenere questa iniziativa, informandoci che sta facendo fare attraverso una società apposita la valutazione di questo immobile in vista del trasferimento” . In aula consiliare la proposta è stata bocciata a stragrande maggioranza. Il capogruppo DS, Emanuele Fiano, spiega che “ possiamo anche discutere della necessità di spostare il carcere. L’importante è che l’obiettivo sia garantire una situazione più dignitosa ai detenuti e non dare il via a una maxioperazione di speculazione urbanistica” . Verde e fontane, alla Fiera un quartiere modello. Si apre la gara per riprogettare l’area (dal “ Corriere della Sera” del 14.10.03) Per la gara sono in lizza otto cordate che si sono assicurate alcune superstar dell’architettura mondiale. Saranno approvate le linee guida per i progettisti, ed è qui che il documento mostra di puntare in alto. Il nuovo quartiere non dovrà soltanto diventare un “ nuovo centro” della città ma anche “ un altro simbolo di Milano” , riconoscibile da chi frequenta la città o anche da chi ne conosce semplicemente l’esistenza. Paesaggio Specialisti in Paesaggio. Aument ano i mast er che approfondiscono temi innovativi

(da “ Il Sole 24 Ore del lunedì” del 6.10.03) La crescita enorme del numero di master che si sta registrando negli ultimi anni interessa anche l’architettura e il design. I titoli attivati in quest’area dalle università italiane sono una cinquantina, ai quali si aggiungono, soprattutto sul versante del design, molte iniziative proposte dagli enti privati. Tra i filoni in grande sviluppo si distingue l’architettura del paesaggio, oggetto di una decina di master universitari di primo e secondo livello. “ Questa specializzazione – spiega Guido Ferrara, coordinatore del master di secondo livello in paesaggistica dell’Università di Firenze – ha una lunga tradizione nei paesi anglosassoni, mentre l’Europa mediterranea si sta mettendo al passo solo ultimamente” . Rilevamento Condono edilizio, foto aeree contro i “furbi”. (dal “ Corriere della Sera” del 9.10.03) La Regione interviene per evitare che in Lombardia il condono edilizio avvantaggi i furbi. Coloro cioè, che - preso atto della sanatoria si sono affrettati a costruire per approfittare della situazione. Le foto digitali aeree del territorio, alla data di entrata in vigore del condono, saranno messe a disposizione dei Comuni. “ Stiamo studiando le modalità operative per fornire questa massa di dati ai municipi” , comunicano Il presidente della Regione, Roberto Formigoni e l’assessore al Territorio, Alessandro M onet a. “ L’ obiet t ivo è quello di evitare la nascita di abusivismi in una regione che finora non ha fatto registrare violazioni macroscopiche in questo senso” .


a cura di Antonio Borghi 2003: fuga da M ilano Di Milano si fa un gran parlare e a ragion veduta dal momento che le trasformazioni avviate in città sono di rilevanza epocale, anche e soprattutto dal punto di vista della qualità dello spazio urbano. Dopo aver citato molti articoli dedicati a questi temi dalla cronache locali dei maggiori quotidiani e gli speciali di alcune riviste d’architettura allarghiamo lo sguardo per raccogliere le opinioni di alcuni personaggi della cultura, per una volta non architetti. Correva l’anno 1980 e incontrai in via Bigli il poeta Eugenio Montale che camminava rasente i muri diretto al “ Corriere della Sera” , in via Solferino. “ Ti sembra ammalata questa città?” , gli chiesi “ Non più delle altre” , rispose. “ Ci vivi bene?” , “ Sì, ignorandola” . E se ne andò a passettini, rasente i muri, a occhi bassi. Ho seguito il suo consiglio, vivo bene a Milano ignorandola. E non faccio una gran fatica perché Milano è sempre più incomprensibile, come del resto altre città italiane. (...) Vivo bene a Milano, seguo le vicende milanesi senza capirne un accidenti. La Scala, per dire. Viene qualche volta da me la signora Moratti con quintali di mappe. Vengono assessori e consiglieri, avrò letto un migliaio di articoli sul problema e non ho capito perché l’abbiamo privatizzata se poi quando c’è bisogno di soldi i privati si squagliano e a pagare sono sempre lo Stato e il Municipio. Perché il maestro Muti e il Sovrintendente Fontana abbiano litigato a morte. Appaiono loro fotografie con i volti tesi e gli sguardi fiammeggianti, loro dichiarazioni e dimissioni “ irrevocabili” ma non c’è foglio cittadino, neppure “ la Padania” del guastatore Moncalvo che dica quali sono le ragioni vere del contendere. (...) La sola cosa comprensibile a Milano è il rifiuto spontaneo della borghesia colta della immondezza delle televisioni possedute o comandate dal Cavaliere mascarato, l’improvvisa fortuna delle manifestazioni culturali, a volte con problemi di ordine pubblico: come le letture dantesche di Vittorio Sermonti che hanno bloccato il traffico attorno a Santa Maria delle Grazie e ora occupano l’intera piazza davanti alla Chiesa del Bramante e di Leonardo. Così Giorgio Bocca su “ L’espresso” del 16 ottobre, nell’articolo intitolato Milano da ignorare. Un altro brano che vede nella cultura un passaggio necessario per il rilancio della città lo troviamo su un vivace periodico gratuito dedicato al capoluogo lombardo. “ Chiamamilano” (www.chiamamilano.it) è arrivato al numero 13 nel suo secondo anno di vita e ospita brevi

contributi da parte di varie personalità della cultura cittadina. Quando il 31 maggio del 1967 ho aperto lo store di Corso Vittorio Emanuele i negozi attorno si chiamavano Duca d’Este, Principe di Galles ed io invece avevo le commesse in minigonna, la top ten che portavo ogni settimana da Londra diffusa a tutto volume e abiti introvabili. (...) Nel 1984 svuotai il negozio, comprai vernice spray, misi delle tavole di legno con delle bottiglie di vino e, mentre chiunque poteva entrare, per due giorni e due notti ininterrottamente Keith Haring tracciò i suoi graffiti. Credo sia un’esperienza irripetibile, ma sono convinto che ogni epoca abbia bisogno dei suoi innovatori, non sopporto i nostalgici che camminano rivolti all’indietro tra rimpianti e desiderio che tutto rimanga sempre uguale. Milano, come tutte le città si trasforma, solo così si rimane vivi. Si diventa più belli, più aperti, più intelligenti. Ad esempio trovo corso Vittorio Emanuele più bello oggi di 36 anni fa. Sono un ottimista istintivo e un amante della modernità. Se penso al passato, a un mondo fatto di grandi fatiche per avere una vita dignitosa ho l’impressione che viviamo meglio di cinquanta o quarant’anni fa e trovo insopportabile chi si lamenta di ciò che abbiamo e soprattutto chi demonizza le cose che ha da tempo proprio quando diventano accessibili a tutti. A parlare è Elio Fiorucci il quale – nell’intervista di Beniamino Pian-

tieri – affronta senza nostalgia la cessazione della sua attività in Corso Vittorio Emanuele e – rivolto alla nostra città – aggiunge: Credo che non vi sia una sola Milano. C’è una Milano statica chiusa nei propri luoghi, nelle proprie cerchie ristrette e poi c’è una Milano più dinamica, maggiormente capace di comprendere e vivere le trasformazioni. C’è la città dei ricchi che più sembrano progressisti più sono conservatori e poi c’è una città “popolare” totalmente aperta, capace di innovare e di innovarsi. A volte penso che ai milanesi i soldi facciano uno strano effetto: invece di allargare gli orizzonti glieli restringono. Trovo che la grande borghesia milanese da anni viva separata dal resto della città, chiusa nel proprio ambiente, spesso incapace di cogliere i segni del cambiamento. (...) Milano è una città fortemente attratta dall’altro in quanto attrae tutti: una sorta di America in piccolo. Tutti arrivano con una possibilità, tutti possono diventare milanesi, entrare a far parte di quella città dinamica e aperta che prima definivo la Milano “ popolare” . Basta guardare ai tanti immigrati extracomunitari arrivati qui e divenuti in pochi anni imprenditori. È indubbiamente un processo difficile, con molte contraddizioni, ma credo che Milano sia una città apertissima. (...) In questa città ci vogliono più colori, più luci, più insegne al neon. Altrimenti ogni città viene coperta da una coltre di tristezza. Bisognerebbe dare

BBPR, Milano, Torre Velasca (foto Antonio Borghi).

incentivi volumetrici a chi abbatte edifici brutti per ricostruirli belli. La città è la casa di tutti e ha bisogno di bellezza. Al “Moriremo eleganti” di Oliviero Toscani prima ho risposto “Vivremo eleganti”, ma se non si preserva e si accresce la bellezza della città in cui si vive il rischio è quello di morire tristi. Sempre “ Chiamamilano” ci offre poi un breve quadro statistico intitolato Strano ma vero. Tanti bambini, pochi divorzi e meno stranieri. Questo il quadro, per certi versi sorprendenti, che esce dai dati del Comune sulla popolazione del capoluogo lombardo. Nel 2002 c’è stato un vero e proprio boom delle nascite: 12.027, il record dal 1994 ad oggi. Nove anni fa i nati furono 9.569, da allora ogni anno sono cersciuti. La riscoperta della famiglia passa anche attraverso un aumento dei matrimoni che nel 2001 sono stati 4.892 mentre nel 2002 sono stati 5.026 e dalla diminuzione dei divorzi che dopo il picco del 1998 (2.424) sono arrivati a 1.694 nel 2002. I residenti a Milano sono da tempo in diminuzione e a settembre 2003 sono giunti a quota 1.284.237 contro i 1.304.942 della fine del 2001. Questa volta, dopo anni di crescita, a determinare l’ennesimo calo della popolazione milanese sono gli immigrati, passati nel corso del 2002 da 132.676 a 112.817. Dopo oltre un ventennio di fuga dei milanesi da Milano, iniziano a fuggire anche gli immigrati?

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Libri, riviste e media a cura della Redazione

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Rassegna di Valentina Cristini e Giulia Miele Giancarlo Mazzocchi, Andrea Villani Sulla città oggi - il nodo del traffico, vol.3 Franco Angeli, Milano, 2003 pp. 512, € 26, 00 Daniele Baroni, Maurizio Vitta Storia del Design Grafico Longanesi, Milano, 2003 pp. 336, € 46,00 Mercedes Daguerre Eladio Dieste 1917/2000 Electa, Milano, 2003 pp. 310, € 100,00 Kennet Frampton Richard Meier Electa, Milano, 2003 pp. 504, € 98,00 Marco Arnaboldi Gli adempimenti del progetto edilizio Il Sole 24 Ore, Milano, 2003 pp. 1352 (con Cd-rom), € 98,00 Oronzo Passante La progettazione nell’opera pubblica Grafill, Palermo, 2003 pp. 216, € 38,00 Sandro Ranellucci Il restauro urbano Utet, Torino, 2003 pp. 566, € 45,00 AA.VV. La laguna di Venezia nella cartografia storica e stampa del Museo Correr Marsilio, Venezia, 2003 pp. 138, € 25,00 Rosa Tamborrino (a cura di) Le Corbusier, scritti Einaudi, Torino, 2003 pp. 506, € 80,00 Sergio Stenti Città Alfa Romeo - 1939 Pomigliano D’Arco. Quartiere e fabbrica aeronautica Clean, Napoli, 2003 pp. 79, € 13,00 Cesare Blasi, Gabriella Padovano La sfida della sostenibilità Foxwell&Davies Italia, Napoli, 2003 pp. 356, € 70,50 Richard Weston, Materiali e forme in architettura Logos, Modena, 2003 pp. 242, € 34,95

Urbanistica a Monza

Il design secondo Argan

Pianificazione e paesaggi agrari

Il laboratorio RAPu (Rete Archivi Piani urbanistici) del Politecnico di Milano in collaborazione con il Comune di Monza inserisce nel proprio patrimonio digitale l’esperienza monzese dal 1913 al 1997 raccogliendo le fonti documentali e rendendole leggibili attraverso schede sintetiche. Degli undici piani generali, tre, in particolare, hanno segnato la cultura locale e costituiscono un importante contributo alla storia dell’urbanistica nazionale. Il Piano adottato nel ’38 e redatto da Putelli, dopo varie rielaborazioni in relazione anche alla nuova legge urbanistica nazionale del ’42, viene salutato come il primo P.R.G. in Italia. Rivede criticamente gli assunti demolitori del Piano per il centro del ‘26, evita la tombinatura del fiume Lambro e disegna una città per 100.000 abitanti al trentennio. Il Piano adottato nel ’64, redatto da Piccinato, ancor oggi l’unico vigente, ha un forte impianto espansivo, per una città di 300.000 abitanti, e individua un centro terziario-direzionale sull’area dell’Ospedale umbertino, di impianto funzionalista, con grande attenzione sia ai servizi sovracomunali che a quelli urbani e di quartiere. Il Piano adottato nel ’97, lasciato decadere, redatto da Benevolo, prevede un forte disegno di salvaguardia delle aree libere di cintura preordinate ad accogliere i servizi sovracomunali, un’attenzione al ripristino dei tracciati storici del Parco e un riordino del costruito secondo imposizioni di allineamenti, di contorni e di margini. Un percorso in continua evoluzione che ha segnato un nuovo Piano, adottato nel 2002 e mai pubblicato, e, oggi, lo studio di un Piano dei Servizi e di una nuova elaborazione urbanistica complessa che riesca a dare risposte a breve e medio termine attraverso piani e programmi attuativi costruendo contestualmente, su di un Documento di indirizzi, la città del futuro.

A dieci anni circa dalla scomparsa del più autorevole e diffuso storico italiano dell’arte moderna, Claudio Gamba compie un attualissimo studio di archivio che raccoglie e ordina gli scritti di Argan in merito al design. Tutti abbiamo incontrato Argan come autore della storia dell’arte moderna dal 1770 al 1970. Tanti di noi lo ricordano come primo sistematico osservatore e critico dei fenomeni del design dal punto di vista dell’arte ufficiale, soprattutto fra gli anni ’50 e ‘60. Alcuni ne hanno compreso la sistematica attenzione e attrazione per il design funzionalista e la sofferta presa di distanza per i fenomeni legati al design dell’effimero. Argan rappresenta l’anello di congiunzione tra la cultura industriale prebellica europea, il suo trasferimento oltreoceano dei primi decenni del dopoguerra e la nascente critica nazionale dell’ultimo trentennio del ‘900. La preoccupazione sistematica di Argan per la serialità, il tipo, il modulo, il valore, per il rapporto tra arte e design, tra artigianato e design, tra industria e design, tra società e design, è paragonabile a una merce, a un bene di consumo. Il suo contributo è stato nel suo insieme, negli ultimi quarant’anni, avanguardia critica di confine, desueto e scontato attaccamento alla modernità, riflusso etico e integralista verso i prodromi della relazione tra arte e industria. Ha compiuto insomma un primo intero ciclo di vita culturale e proprio nel momento, come ricorda Olmo nella prefazione, in cui le università italiane di architettura sono attraversate dal forte vento rinnovatore del design, diventa importante rimettere attenzione allo studio e alla comprensione dei fenomeni che Argan ha riconosciuto, isolato e tentato di spiegare, anche se all’interno di un percorso lineare e progressivo della cultura artistica che oggi non costituisce per noi una preoccupazione scientifica primaria.

La normativa statale e regionale in materia di elaborazione di piani territoriali di coordinamento provinciali prevede che i contenuti del piano provinciale debbano avere specifica valenza paesistico-ambientale. A questo fine le analisi e gli studi presentati nel volume forniscono utili contributi per l’approccio pianificatorio. Essi descrivono gli elementi costituenti la tessitura del paesaggio agrario che si inseriscono nel processo di pianificazione intrapreso dalla Provincia di Milano per giungere alla redazione del Piano territoriale di coordinamento. Il metodo seguito è quello di costruire delle banche dati a partire dalla numerosa documentazione esistente, dalla raccolta di cartografia storica, dall’incrocio di cartografia tematica, costituente il sistema informativo regionale e provinciale, oltre a rilevamenti e raccolta di documentazione fotografica. Attraverso l’interpretazione delle varie realtà territoriali si è giunti ad individuare ventisette “ unità di paesaggio omogenee” , definite in base a caratteri fisiografici e pedoagronomici. Si è poi proceduto a suddividere il territorio agricolo provinciale in quattro ambiti in cui è possibile stabilire un maggiore o minore interesse paesistico, in relazione alla quantità e alla qualità degli elementi costitutivi presenti in ciascuno di essi. Ad integrazione del quadro così delineato, vengono proposte alcune indicazioni per la riqualificazione dei paesaggi, nella consapevolezza che la tutela effettiva degli elementi del paesaggio agrario dipenda dal tipo di sviluppo agricolo che si vuole imprimere ad un’area e dalle modalità con cui si attua. Il modo di fare agricoltura, infatti, cambia anche il paesaggio e il produttore agricolo è da considerare non solo come operatore economico ma anche come gestore del territorio. Manuela Oglialoro

Flaviano Celaschi Michele Faglia

Fabrizio Bottini (a cura di) Monza. Piani 1913-1997 Libreria Clup, Milano, 2003 pp.184, € 14,00

Giulio Carlo Argan Progetto e oggetto Medusa, Milano, 2003 pp. 224, € 24,00

Claudio Debelli (a cura di) Il paesaggio agrario “ Quaderni del Piano territoriale” n.17 della Provincia di Milano Franco Angeli, Milano 2002 pp. 128, € 22,50 (con CD)


Il “diario” di Mario Botta

Progetto e contemporaneità

Costruzioni nel territorio

La trama di un racconto che intreccia esplorazione e riflessione, si tesse lungo la storia recente del territorio nazionale. In un compatto volume arricchito da numerose fotografie, Lanzani costruisce un denso collage di temi, fatto di ricognizioni nei contesti, rappresentazioni e interpretazioni delle trasformazioni del paesaggio dell’Italia repubblicana. Gli argomenti affrontati sono di stringente attualità, l’autore li svolge con l’immediatezza di una cronaca, raccontando delle forme del nostro paesaggio, senza mai perdere lo spessore del riferimento alla storia e alle trasformazioni economiche e sociali che queste forme hanno generato. Lo sguardo proposto, nella convinzione che ogni descrizione contenga già un progetto, ha tra l’altro l’obiettivo di delineare i possibili significati e le attuali possibilità di una politica del territorio. Si svolge così un percorso che mette a nudo i nodi irrisolti e dolenti delle trasformazioni più recenti tra cui il difficile rapporto tra cultura architettonica e produzione residenziale di massa dagli anni ‘50 ad oggi; le profonde fratture generate nel territorio dalle nuove infrastrutture destinate al commercio e all’intrattenimento, lette lungo l’evoluzione degli stili di vita che le hanno prodotte e la difficoltà di attivare una politica integrata di gestione di tali insediamenti, la rilevanza a scala minuta delle trasformazioni del tessuto urbano in seguito all’insediamento di popolazioni di migranti, osservata in tutta la sua complessità e ricchezza, come problema e risorsa. Per chiudere Lanzani ci offre uno sguardo sulla geografia dei centri e delle periferie milanesi, in cui venuta meno la possibilità di ogni lettura determinista del rapporto qualità urbana/distanza dal centro, prevale l’immagine di un arcipelago in cui si alternano luoghi di differente spessore, secondo logiche complesse ancora in parte da esplorare.

Il volume raccoglie una serie di scritti di Mario Botta che vanno dagli esordi della sua carriera all’attualità. Si tratta di testi redatti in occasione di riflessioni sul suo lavoro ma anche sull’opera di altri architetti ed artisti con cui le sue vicende si sono intrecciate. Attraverso di essi diviene evidente il bisogno di un confronto continuo con i luoghi e con le persone. Un confronto che, al di là della specificità di ogni singolo scritto, mette in luce sensazioni e emozioni del suo operare in architettura. Con parole misurate prende corpo un percorso biografico di speranze e aspettative riposte in un lavoro difficile. Un lavoro che si costruisce giorno per giorno e si alimenta oltre che delle scommesse anche delle delusioni. ” Capita ogni tanto di illudersi di avere qualche certezza” quasi a sottolineare la necessità di ritrovare dei punti saldi per il proprio operare in una realtà complessa e multiforme quale quella della nostra contemporaneità. Nel testo si ripresenta di continuo la necessità di legami indissolubili di ogni nuova architettura con il proprio contesto. Vi è tutta la preoccupazione per le ragioni stesse di esistenza dell’architettura, di esistere in un determinato luogo, di ritrovare in esso valori e aspettative, ma anche la storia dell’uomo, le sue tradizioni e la capacità stessa di tradurle in un nuovo equilibrio. Per chi scrive e ha avuto la fortuna di conoscere da vicino Botta, di apprezzarne gli scritti a mano mano che procedeva la sua avventura, ritrovarli ora tutti raccolti costituisce un’esperienza nuova che ancora una volta non può che aiutare a intravedere un destino possibile per l’architettura e a coglierne la straordinaria necessità per la nostra cultura.È un libro di emozioni prima ancora che di architettura, soprattutto fatto per la maggior parte di fiducia in un mestiere ancora straordinario ed unico, da vivere come ha fatto sino ad ora Botta, con profonda dedizione e straordinaria forza.

Tra i tanti testi che si interrogano sui caratteri delle modificazioni recenti e in atto, va segnalato questo piccolo libro il cui titolo corrisponde a un ossimoro ben costruito, parte di quello sforzo recente volto a trovare un nome ai confusi fenomeni prodotti dalle spesso inconsapevoli trasformazioni fisiche di una realtà che troppo rapidamente muta sotto i nostri occhi. Metropoli piccole ha il merito di tendere ad inquadrare i molteplici e variegati problemi urbani e territoriali di oggi (e specificatamente dell’ininterrotto continuo degli insediamenti adriatici marchigiani ed abruzzesi) dal punto di vista dell’architettura. Si tratta di un’architettura imprecisata sul piano della teoria, una entità attraverso la quale si vuole genericamente rivendicare soprattutto un ruolo al progetto, inteso come costruzione preordinata e motivata delle diverse relazioni individuate, viste come l’imprescindibile insieme delle connessioni presenti nella caotica situazione odierna. Lo sforzo dell’autore verso l’aggiornamento bruciante al moloc della contemporaneità sortisce esiti interessanti nell’incorporare all’interno del testo espressioni, urgenze, stimoli e gerghi prodotti da una ricerca, oggi piuttosto diffusa, che appare più orientata e plasmata dalle suggestioni del nuovo che costruita in continuità e dialettica con la grande storia delle città e dei territori. Il libro, dunque, riguarda un esercizio sperimentale in equilibrio per il quale il progetto di architettura viene spinto a trovare necessità e consistenze nuove o rinnovate grazie alle relazioni con alcuni dei termini di recente ridefinizione quali paesaggio, infrastruttura, artificio, land art e, appunto, metropoli. Un esercizio ardito che, non senza disinvoltura, percorre territori incerti e affronta temi e problemi da molti ritenuti epocali.

Nell’introduzione di Luigi Zanzi, da anni studioso dell’argomento, si sottolinea come il libro sia “ un primo saggio, una sorta di approccio preliminare a quell’Atlante dei Sacri Monti prealpini che potrà perfezionarsi soltanto nel corso degli anni futuri, qualora si predisponga, d’intesa tra le varie istituzioni che governano la conservazione di tali opere monumentali, un archivio sistematico di inventario di tutti i materiali figurativi dei Sacri Monti prealpini” . L’opera ha quindi, oltre ai suoi stessi meriti, anche quello di essere un importante contributo, con un valore inaugurale e di segnalazione, per la valorizzazione dell’intero sistema composto dai Sacri Monti nelle prealpi lombarde. Oltre agli autorevoli contributi di Franco Cardini, dello stesso Zanzi, di Santino Langè e di Stefania Stefani Perrone, il testo presenta due interessanti repertori relativi ai Sacri Monti e agli artisti che vi hanno lavorato. Le schede che li costituiscono e le tabelle in appendice rappresentano l’intento più generale dell’opera che è quello di rintracciare i caratteri storici comuni ai vari complessi monumentali, le permanenze dei vari artisti nelle fasi di costruzione così da evidenziare l’insieme dei Sacri Monti appunto come sistema in un certo senso unitario. È inoltre da apprezzare il ricco apparato iconografico, con alcune riproduzioni di cartografie e documenti, e l’assenza che si potrebbe rilevare di rappresentazioni planimetriche di ogni Sacro Monte come insieme articolato di edifici in grado di rendere architettonico un luogo, un percorso, una montagna, costituisce, probabilmente, una delle direzioni di prosieguo del lavoro di costruzione di un “ Atlante” a cui il curatore stesso faceva cenno. Le numerose fotografie di Paolo Zanzi, strutturanti il libro, riproducono i dipinti, le sculture, le architetture e i panorami di queste esemplari testimonianze di una stretta interazione formale fra territorio, architettura e opera d’arte.

Alessandra Spada

Arturo Lanzani I paesaggi italiani Meltemi, Roma, 2003 pp. 480, € 28,00

Adalberto Del Bo

Emilio Pizzi

Maurizio Carones

Mario Botta Quasi un diario. Frammenti intorno all’architettura Le Lettere, Firenze, 2003 pp. 286, € 14,50

L. Zanzi e P. Zanzi (a cura di) Atlante dei Sacri Monti prealpini Skira e Fondazione Cariplo, Milano, 2002 pp. 370, € 65,00

Pepe Barbieri Metropoli piccole Meltemi, Roma, 2003 pp. 120, €12,75

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Informazione

Arcipelago paesaggio


Mostre e seminari a cura della Redazione

Informazione

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Rassegna mostre

Rassegna seminari

Progetto di valorizzazione dei reperti storici-romanici sul territorio Calco (Lecco), Il giardino dei Semplici tel. 039 570124 1 giugno 2002 - 1 febbraio 2004

Città, molteplicità e bene comune. L’idea di centro nella metropoli infinita Milano, Casa della Cultura via Borgogna 3 16 dicembre ore 21

Il liberty a Milano Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 8 ottobre - 8 dicembre 2003 Gianfilippo Usellini (1903-1971). Mostra del centenario Milano, Rotonda di via Besana 16 ottobre 2003 - 6 gennaio 2004 Il cavaliere azzurro (der Blaue Reiter) Milano, Fondazione Mazzotta Foro Bonaparte 50 17 ottobre 2003 - 25 gennaio 2004 Forme e tracce dell’abitare Bologna, Padiglione dell’Esprit Nouveau piazza Costituzione 11 24 ottobre - 21 dicembre 2003 Guido Canella. Sulla composizione architettonica e sui progetti Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 10 12 novembre - 10 dicembre 2003 Andrea Mantegna e l’incisione italiana del Rinascimento nelle collezioni dei musei civici di Pavia Pavia, Castello Visconteo, sala mostre del Rivellino 15 novembre 2003 15 gennaio 2004 La luce sul filo. Lampadine nella raccolta Salce Treviso, Palazzo Giacomelli 15 novembre 2003 - 28 marzo 2004 Sironi. La grande decorazione Bologna, Pinacoteca Nazionale via delle Belle Arti 56 20 novembre 2003 - marzo 2004 La ville en tatirama – La città di Monsieur Hulot Cesena, Chiesa dello santo Spirito via Milani 21 novembre 2003 18 gennaio 2004 Montagne. Nell’arte e nella scienza da Dürer a Warhol. Cinque secoli di storie e di scoperte Rovereto, Mart Rovereto e Mart Trento Palazzo delle Albere 19 dicembre 2003 - 18 aprile 2004

• Aspetti e tecnologie strutturali in architettura Master di II livello • Costruzioni in calcestruzzo armato Master di II livello Politecnico di Milano - Scuola F.lli Pesenti, p.zza Leonardo da Vinci 32 a.a. 2003-04 tel. 0223994383, fax 0223994399 e-mail: migliacci@stru.polimi.it Progettazione e conservazione del giardino e del paesaggio. Master di I livello Vertemate con Minoprio, (Co), Fondazione Minoprio, viale Raimondi 54 a.a. 2003-04 Master Europeo in Storia dell’Architettura Università degli Studi Roma Tre, Université Paris, Universitad de Madrid, Université de Provence-Aix-Marseille Roma, Accademia Naz. di San Luca tel. 06 4747791 masterstoriarch@arch.uniroma3.it 1 gennaio - 24 aprile 2004 Master di II livello in “G.I.S. e telerilevamento per la pianificazione geoambientale” Università di Roma Tre, Dipartimento di Scienze Geologiche largo San Leonardo Murialdo 1 a.a. 2003-04 tel. 06 54888207 L’acustica negli edifici: soluzioni progettuali per abitazioni e locali Politecnico di Milano, Centro di Formazione Permanente piazza Leonardo da Vinci 32 a.a. 2003-04 tel 02 23992509 Interazione e sostenibilità nei programmi complessi: dalla programmazione al cantiere 9-12 e 15-16 dicembre 2003 Progetto e cantiere sostenibile: la regola d’arte nell’applicazione di tecnologie e materiali non inquinanti per l’ambiente circostante il cantiere 21-22 e 26-29 gennaio 2004 Antisismica e sicurezza del cantiere 16-19 e 23-24 febbraio 2004 Milano, Raedes A.Cant.O. via Poerio 39 www.quasco.it/raedes/acanto

Tutte le forme della ceramica

Meta.fisica in architettura

Cersaie - Salone Internazionale della ceramica per l’edilizia e dell’arredobagno Bologna 30 settembre - 5 ottobre 2003

Meta.fisica arte e filosofia da de Chirico all’Arte Concettuale Merano, Merano arte - edificio Cassa di Risparmio 13 settembre 2003 - 11 gennaio 2004

Per meglio celebrare l’appena concluso Cersaie, giunto alla sua 21a edizione, può essere utile tracciare un profilo di ciò che quest’anno il Salone ci ha riservato. Intanto, si segnala il rinnovato interesse per l’evento registrato a livello nazionale e internazionale, confermato dalle 1.036 aziende partecipanti, provenienti da tutto il mondo, e dai circa 100.000 visitatori. Interesse giustificato dai prodotti presentati in mostra. L’arredobagno si afferma ormai come una vera e propria serie di complementi coordinati che devono avere, altresì, chiari legami estetici con il resto dell’arredamento: non più solo contenitori funzionali, dunque, ma veri e propri oggetti di design, funzionali ma eleganti e in linea con le più moderne tendenze dell’arredo. Anche i sanitari diventano un oggetto dalle forme accattivanti; la stragrande maggioranza sono sospesi, dato che, oltre che più leggeri alla vista e meno ingombranti sono anche molto più comodi da manutenere. Per quel che riguarda le piastrelle, ne abbiamo viste veramente di tutti i colori! Dalle mai tramontate marmette decorate e dai piccoli formati ornati a mano, alle grandi lastre (anche 120x60 cm) che ricreano perfettamente i disegni del marmo, essendo in effetti dei ricomposti di polveri di marmo o, comunque, riproducendone – ancorché industrialmente – la composizione. Di nuovo di gran moda il mosaico, soprattutto quello con finitura vetrosa che consente i più azzardati giochi cromatici. Altra novità che non è passata inosservata è stata la volontà di esplorare l’abbinamento della ceramica con altri materiali non sempre di normale uso nel rivestimento, con intarsi e accostamenti, per esempio, con platino, acciaio, alluminio o legno.

La mostra curata da Valerio Dehò propone la metafisica, o meglio la visione che essa offre del mondo nella sua totalità e complessità, come un’affascinante chiave di lettura che apre le porte degli immaginari di pittori e artisti dagli anni Venti agli anni Ottanta del Novecento, con una breve estensione all’attualità. Tra le opere presenti dominano, quasi fossero la summa delle tematiche narrate dall’esposizione, le architetture e gli oggetti d’uso disegnati da Aldo Rossi, architetto “ cantore di una spaesata metafisica del quotidiano” , come scrive Fulvio Irace. Nei disegni esposti, infatti, si individuano spazio progettato, elementi di costruito, amore per la storia e immaginazione onirica mentre si fondono senza tregua accogliendo tracce di prodotti di design industriale, che attualizzano i simboli del vivere la quotidianità. Rossi, schivo intellettuale che ha lasciato un segno indelebile nell’universo architettonico internazionale, medita, rivisita e trasmette gli esiti di una Weltanschaung che fa di architettura, spazialità e oggetto d’uso il mezzo per comunicare il mistero dell’esistenza umana e indurre alla riflessione. Le opere e i dipinti in mostra, infatti, sono caratterizzati dall’interazione tra uomo e contesto edificato, oppure da uomo e prodotto, immobilizzati in uno spazio sospeso nella sua atemporalità. L’esposizione si snoda dalla ricerca iniziata da Carlo Carrà e Giorgio de Chirico attraverso le interpretazioni di Alberto Savinio e Mario Sironi e si collega alle esperienze “ poveriste” di Michelangelo Pistoletto e Giulio Paolini, per raggiungere il minimalismo di Gianni Piacentino, Ettore Spaletti e Marco Tirelli in un alternarsi di creazioni pittoriche e plastiche. Essa si conclude con le opere di Tino Stefanoni, Paola Gandolfi e Franco Rasma istituendo una continuità ideale che collega il passato prossimo al presente.

Marina Demetra Casu Maria Teresa Feraboli


Fotografare il moderno

I numeri di Milano

Le “soluzioni” di Vincenzo Scamozzi

Marmomacc 38° International Exhibition of Marble, Stone and Technology Verona, Veronafiere 2-5 ottobre 2003

Fotografia e Architettura Moderna: la collezione Alberto Sartoris Politecnico Federale di Losanna, Ecublens, edificio SG, primo piano 9 ottobre - 16 novembre 2003.

Matemilano. Percorsi matematici in città Milano, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica 12 settembre 2003 - 14 gennaio 2004

“Architettura è scienza”. Vincenzo Scamozzi (1548-1616) Vicenza, Museo Palladio Palazzo Barbaran da Porto, 7 settembre 2003 - 11 gennaio 2004

Anche quest’anno la kermesse veronese non ha tradito le attese di professionisti e operatori di settore, rivelandosi un insostituibile momento di aggiornamento e di scambio di contatti per chi, a diverso titolo, è interessato al mondo del marmo e alle sue più innovative possibilità applicative. Ricco come sempre, è risultato anche il programma di eventi collegati con la manifestazione, tra cui, di spicco, l’edizione 2003 dell’International Award Architecture in Stone, che ha visto attribuire, fra gli altri, riconoscimenti a indiscussi protagonisti della scena progettuale internazionale (Kollhoff, Gehry, Hollein) e un premio alla memoria a Mario Ridolfi per la sua celeberrima Casa Lina. Dal punto di vista dei materiali, si conferma la tendenza che dura da qualche anno e che vede nettamente prevalere la domanda dei toni del crema (come la bellissima pietra di Gerusalemme, nelle sue diverse sfumature), del grigio e del nero, con una evidente ripresa, tuttavia, anche delle brecce colorate (come la suggestiva Twister Green), caratterizzate da un fortissimo intrinseco valore decorativo. Un segnale questo, probabilmente, della volontà di differenziarsi quanto più possibile, da parte del settore, dalla crescente offerta di prodotti artificiali, quali i ricompositi o i materiali di fabbricazione industriale, alternativi e concorrenziali, ma incapaci di riprodurre la “ profondità” di vena propria di graniti, marmi e pietre naturali. Sicuramente apprezzabile, inoltre, la “ riscoperta” e la riproposizione in veste nobile di materiali un tempo di stretta connotazione regionale quali la “ pietra di pece” o la “ pietra del cardoso” , per allestimenti e impieghi non limitati al solo tradizionale campo dell’edilizia corrente. Per quanto attiene le composizioni a mosaico, l’offerta vista in fiera, si allinea ai canoni estetici più generali attualmente riscontrabili per tutti i rivestimenti, con formati orizzontali a giunti non sfalsati e abbinamenti ad altri materiali, quali il legno.

La collezione delle opere scritte, dei disegni e delle fotografie di Alberto Sartoris (1901-1998) è catalogata presso gli Archivi della costruzione moderna (ACM) del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), ed è conservata presso la casa di Sartoris, da lui abitata negli ultimi anni della sua vita, a Cossonay, villaggio in prossimità di Losanna, ove oggi vive ancora la moglie, la pittrice Carla Prina. Gli Archivi della costruzione moderna organizzano un’esposizione fotografica sull’architettura moderna, attingendo dalla collezione di fotografie d’architettura che Alberto Sartoris ha raccolto durante la sua attività di critico e di animatore culturale. Basti, infatti, ricordare che le tre edizioni de “ Gli elementi dell’architettrua funzionale” (1932-1938-1941) e i tre volumi de “ L’Encyclopédie de l’architecture nouvelle” (1948-1957) riuniscono più di 2000 immagini d’architettura. L’archivio della Donazione Sartoris comprende oltre 8000 fotografie originali d’architettura di interesse eccezionale; sono rappresentati circa 650 architetti moderni, e sono state realizzate da 410 fotografi differenti. L’esposizione presenta il lavoro di Alberto Sartoris e analizza sotto diversi aspetti la collezione secondo il seguente schema: • la sostanza documentaria della collezione e il linguaggio dei fotografi; • il lavoro esemplare di una ventina di fotografi, che illustra il rapporto particolare tra l’immagine fotografica e l’intenzione architettonica; • la dimensione autonoma e più propriamente sperimentale della fotografia nei suoi rapporti con l’architettura. L’ esposizione intende mettere in luce un aspetto ancora sconosciuto della storia dell’architettura del XX secolo; i meccanismi di costruzione e di diffusione dell’immagine dell’architettura moderna, e il ruolo determinante che ha avuto la fotografia in questo processo. La selezione delle immagini esposte associa lo sguardo retrospettivo sulla fotografia e sull’architettura: costituisce una documentazione originale d’oggetti celebri o dimenticati del Movimento Moderno, e mette in evidenza la fotografia d’architettura come genere, con i suoi valori tecnici e formali.

“ Chiaramente Milano non è che un pretesto: un percorso analogo a quello qui compiuto sarebbe possibile in qualunque altra città. Infatti non è per nulla difficile trovare sul territorio spunti per raccontare di matematica.” L’affermazione dei curatori della mostra e del catalogo “ Matemilano. Percorsi matematici in città” è utile a comprendere pienamente il senso di questo lavoro e il suo obiettivo generale: quello cioè di cercare di divulgare la matematica attraverso il riconoscimento delle sue applicazioni nella vita quotidiana. Fa allora piacere che gli studiosi del Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Milano abbiano scelto la città, e Milano in particolare, appunto come “ pretesto” , per esemplificare la presenza diffusa della matematica, quasi che la città e le sue architetture siano veramente gli oggetti in un certo senso più immediatamente visibili da chiunque. Sappiamo che questo non è purtroppo vero e come solamente l’educazione all’osservazione – attraverso una sorta di sguardo analogo a quello del Palomar di Calvino – porti alla possibilità di riconoscere ciò che tutti hanno sotto gli occhi ma non vedono. L’iniziativa è allora da salutare come un interessante utilizzo strumentale della città, una osservazione di Milano attraverso i numeri. A partire dalla quale, da un lato, si potrebbe pensare che pure gli architetti forse non sempre riflettano pienamente sui rapporti fra forme e numeri, e dall’altro, pur comprendendo come lo spirito sostanzialmente divulgativo dell’operazione sia legato alla matematica, ci si potrebbe invece benevolmente sorprendere di come nella mostra sembri emergere una conoscenza un po’ sommaria della città e dell’architettura. Ma ciò forse non è poi così importante: lo è invece che un rapporto fra discipline ci sia stato e che la mostra, adatta anche a bambini e ragazzi, consenta di fare interessanti sperimentazioni visive “ usando” l’architettura e la città, attraverso alcuni temi propriamente matematici.

Nell’ambito della manifestazione Vicenza serenissima. Una nuova architettura, una nuova città (1404-1630) il CISA dedica una mostra a Vincenzo Scamozzi, architetto la cui opera si situa a cavallo dell’età delle “ certezze rinascimentali“ e del complesso Seicento, il cui inizio è segnato dalle scoperte di Galileo. Obiettivo dell’esposizione è dimostrare l’originalità, e in particolare la razionalità, del lavoro di Scamozzi. Scamozzi è un architetto “ colto” , conosce l’architettura classica e i trattati di Vitruvio e Alberti, lavora con Palladio di cui legge l’opera teorica. È proprio questa sua favorevole condizione a permettergli un distacco dalla “ copia” dell’opera del Maestro per costruire una “ propria” architettura, per sua stessa definizione “ universale” (L’idea della architettura universale è il titolo del trattato che pubblicherà nel 1615 a Venezia) e quindi fondata su princìpi razionali e condivisibili. Come scrive Franco Barbieri secondo Scamozzi l’architetto deve “ passare dalla invenzione, libero esercizio di poetica fantasia, alla soluzione ancorata saldamente alle premesse e valida a comporle nella lucida chiarezza di un teorema risolto” . Così il trattato di Scamozzi non sarà composto di architetture “ ideali” (il riferimento è al Palladio dei Quattro libri dell’architettura in cui gli edifici appaiono come perfetti “ modelli“ completamente decontestualizzati) ma, al contrario, di progetti che con l’intorno devono confrontarsi e la cui forza sta proprio nella capacità di produrre “ soluzioni pienamente controllabili di un metodo di lavoro di coinvolgente profondità di scienza con adesione costante alla molteplicità del vissuto” . La mostra raccoglie la quasi totalità dei disegni di Scamozzi e parallelamente una ricca documentazione fotografica. La possibilità poi di “ toccare con mano” l’architettura è data dalla città di Vicenza dove si trovano alcuni suoi importanti progetti.

Claudio Sangiorgi

Enrico Maria Ferrari

Maurizio Carones

Martina Landsberger

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Informazione

Il mondo del marmo


Lo studio ha operato fino a tutti gli anni Novanta stabilendo durature partnership con committenti importanti, come la Snam e la Fiat, e conservando sempre un dettato originale: quello del lavoro progettuale nato al tavolo da disegno, nelle ore di amorevole cura del particolare.

Lo studio Monti GPA: una storia milanese di Anna Chiara Cimoli

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Itinerari

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Piero Monti, Gianemilio Monti e sua moglie Anna Bertarini hanno sempre attribuito l’assenza di studi monografici sul loro lavoro a una professionalità sommessa e disinteressata alle lusinghe mediatiche. La loro incessante operosità ha infatti riempito i silenzi lasciati dall’assenza di collaborazione con il mondo dell’università e dell’editoria. Incapacità di gestire il côté “ mondano” della professione – come sosteneva ironicamente Gianemilio – o volontaria rinuncia a un’esibizione sentita come ridondante a fronte dell’espressività stessa dei manufatti? Resta il fatto che l’alta qualità progettuale, la cura del dettaglio, il principio di moralità della professione caratteristici dello stile dei Monti hanno sempre affidato il proprio messaggio alle architetture stesse, ritenute più eloquenti di qualsiasi teorizzazione. Quello dei Monti è un atteggiamento che sceglie il radicamento nella storia e nell’ambiente urbano in cui gli edifici si collocano: da qui l’uso del mattone e della pietra, la ricerca della flessibilità di pianta, la scala umana costantemente ribadita, l’attento controllo del dettaglio tecnologico. Si tratta di una linea progettuale che affonda le proprie radici nella formazione sui testi degli anni Trenta di

Mies, Gropius, Le Corbusier, uniti a una personale Bildung, legata per Gianemilio e Piero al fatto di aver frequentato attraverso il padre, il pittore Cesare Monti, il milieu del Novecento (Carminati, Gigiotti Zanini, Muzio); per Anna alla confidenza con riga e squadra maturata sul tavolo da lavoro del padre, ingegnere. Su questo imprinting iniziale si è innestato poi, negli anni cruciali a cavallo della guerra, l’insegnamento politecnico, corroborato dalla frequentazione delle riviste italiane e internazionali. Va però detto che lo schivo laboratorio di via De Amicis, lungi dal chiamarsi fuori dalla storia, ha attivamente preso parte alle occasioni fondative della “ Milano moderna” : l’MSA, le Triennali, la progettazione di brani dei quartieri INA-Casa. È “ Casabella Continuità” a recensire con particolare attenzione le produzioni dello studio. Federico Gorio pubblica nel 1957 un articolo intitolato A proposito degli architetti Monti e Gandolfi (“ Casabella-Continuità” n. 217, 1957, pp. 56-69), nel quale la “ milanesità” dello studio Monti GPA è descritta come atteggiamento elegantemente defilato, colto understatement, rinuncia al gesto eclatante in nome della moralità del costruire. Gorio parla di architetti “ più costruttori che

disegnatori” : il “ frasario della vita di tutti i giorni, dimesso, sempre ingrato, sempre faticoso” sostituisce una mitica epoca di entusiasmi e di intuizioni, decretando un destino di impegno come tributo quasi artigianale al mondo della costruttività. La trama della Milano degli anni Cinquanta è punteggiata dei segni lasciati dallo studio Monti, in particolare attraverso la produzione di edifici residenziali in cui è possibile distinguere due declinazioni: quella dei condomini per il ceto medio e quella delle costruzioni per una clientela più agiata, costruite in zone centrali o semi-centrali. La prima linea predilige il ricorso a volumi sobri, con appartamenti di taglio medio, atrii di asciuttezza quasi monastica e ricorso a materiali “ poveri” : è il caso degli edifici di via Battistotti Sassi, piazza Diocleziano, via Calvi, corso Sempione. La seconda – quella dei condomini di viale Papiniano (con Enrico Freyrie), via Foppa, corso Garibaldi, via Ravizza – sceglie l’uso del mattone ed elementi come il tetto inclinato ed i bowwindow per esplicitare l’approdo a una progettazione più “ morbida” . Da qui discendono edifici come quelli di via Carducci e corso Magenta, la scuola di via Arena e le cooperative di San Donato.

Biografia Anna Bertarini (1923), Piero Monti (1922-1990) e il fratello Gianemilio (1920-2002) si laureano nel 1948 al Politecnico di Milano. Attivi nel Movimento Studi per l’Architettura dal 1954 al 1960, i Monti sono membri fondatori dell’Associazione per il Disegno Industriale. Alla X Triennale realizzano l’alloggio “ Borsalino 2” per l’edificio per impiegati progettato ad Alessandria da Ignazio Gardella; alla XII edizione Piero collabora con Francesco Gnecchi-Ruscone, Silvano Tintori e Carlo Santi al progetto per la zona delle Cinque Vie, e nel 1957 viene invitato a far parte del nucleo di allargamento del Centro Studi Triennale. Ricca e interessante è la produzione di case monofamiliari: la villa a Piona del ‘52 (di cui si occupano “ L’Architecture d’Aujourd’hui” , “ Domus” , “ Bauen+Wohnen” ), la casa per pescatori a Piona del ’54, la villa a Morbegno e quella a Forte dei Marmi, entrambe del ‘57. Il capitolo del disegno industriale comprende alcuni exploit di grande successo come la poltrona in midollino prodotta da Carmassi ed esposta alla X Triennale, il letto matrimoniale per De Padova (‘55), la serie di lampade per Kartell (‘59-’65), la vendutissima maniglia “ Boma” per la Olivari (‘70). I Monti vengono coinvolti nei principali quartieri INA-Casa del dopoguerra, partecipando alla progettazione dei quartieri Feltre, Vialba, Gallaratese e costruendo un’unità di abitazione a Monte Olimpino, presso Como. A questa sintetica rassegna vanno aggiunte una serie di fabbriche dettate da occasioni isolate: è il caso del gesto d’esordio costituito dalla Fonderia Colombo di Rho, costruita nel ‘49 e pubblicata su “ Bauen + Wohnen” , o della darsena di Piona (‘63). Minoritario ma interessante è anche il capitolo degli allestimenti, da Forme e colori nella casa d’oggi a Villa Olmo (‘57) alla mostra Compasso d’Oro (‘60), all’importante Italia ‘61 a Torino, in collaborazione con Lucio Fontana. Dagli anni Sessanta l’attività si estende a grandi complessi residenziali e per il terziario: è il caso degli incarichi ricevuti dalla Snam (Cooperative Mizar e Alcor a San Donato Milanese, centro turistico a Pugnochiuso, piano paesistico del Gargano) e dalla Fiat (palazzo per uffici in via Carducci – via Olona). Negli anni Settanta Piero Monti ricopre alcune cariche importanti: nel 1970-71 è presidente dell’Ordine degli Architetti della Lombardia e dal 1976 al 1979 membro alla Commissione Edilizia del Comune di Milano. Oggi Anna Monti lavora in collaborazione con la figlia, l’architetto Giovanna Monti, con il prezioso aiuto del geometra Vito Lombardi.


1. Edificio per abitazioni in via Pantano, 1950-55 Milano via Pantano 15 2. Casa d’abitazione in via Battistotti Sassi, 1951-53 Milano via Battistotti Sassi 24

3. Casa d’abitazione in via Cesariano, 1952-53 Milano via Cesariano 14, angolo via Canonica

4. Casa d’abitazione in corso Sempione, 1953-56 Milano corso Sempione 81, angolo via Emanuele Filiberto

5. Casa d’abitazione in via Calco, 1954-56 Milano via Calco 2, angolo viale Papiniano

1. Fra le prime produzioni dello studio, l’edificio di via Pantano ne rivela da subito l’austerità e l’esprit de géometrie che avrebbero caratterizzato la maggior parte delle opere dell’immediato Dopoguerra. La collocazione nel cuore della Milano storica – con i vincoli dati dalla vicinanza dell’ex-Ospedale Maggiore – ne determina la volumetria, senza però suggerire alcun cedimento storicistico. L’edificio si staglia come un sobrio, sintetico volume dalla programmatica trasparenza architettonica: la struttura in c.a. a vista, la facciata modulare a sei campate rivestite in trachite, i pannelli di tamponamento in mosaico di marmo declinano un lessico asciutto e sobrio, diretta filiazione del movimento moderno. G. Forti, G. Gai, Documenti di Architettura, composizione e tecnica moderna. Case, Documenti Vallardi, serie A, fasc. 5, n. 23, pp. 465-67.

2. L’edificio che si trova nella fascia semiperiferica della città, adotta lo stesso impianto progettuale e lo stesso linguaggio del volume di via Pantano. Qui è affrontato il tema della prefabbricazione nei tamponamenti, utilizzando dei pannelli in pietra artificiale contenenti l’alloggiamento per i telai dei serramenti e per la tenda parasole. Tale elemento prefabbricato costituito da una fascia orizzontale corre da pilastro a pilastro. Il tema dell’edificio è la massima flessibilità di pianta. La struttura, in c.a., poggia su file di pilastri corrispondenti al prospetto, al muro di corte e al muro di spina. La facciata, data l’impossibilità di rispecchiare la distribuzione interna, sceglie una scansione di campiture regolari che determinano un andamento uniforme. G. Forti, G. Gai, op. cit., pp. 455-59; “ Domus” , n. 292, 1954, p. 20.

3. Lo stabile presenta un fronte continuo di oltre 50 metri su via Cesariano, nuova via di Piano Regolatore, e si eleva per nove piani fuori terra. Il fabbricato è servito da due gruppi di scale e due ascensori disimpegnati da un unico androne d’ingresso. Il primo piano è adibito a uffici; gli altri ospitano due appartamenti per ogni livello. Un ampio giardino interno previsto dal Piano Regolatore dà respiro all’edificio. La facciata principale, come in tutti i primi progetti dei Monti, sceglie come tema compositivo la maglia strutturale a vista. I pilastri sono rivestiti in graniglia di marmo lavorato alla punta; i tamponamenti in tesserine di grès ceramico giallo paglierino. Le stesso tesserine rivestono anche i copricassonetti e gli sfondati delle finestre e delle portefinestre. I serramenti, a tutta altezza, sono impostati a filo interno; gli avvolgibili in legno naturale corrono a filo esterno, appena dietro il rivestimento. L’edificio affida la propria immagine alla dichiarata funzione statica delle strutture a vista. Anche l’atrio d’ingresso declina questa stessa asciuttezza di marca funzionalista: una breve rampa di scale conduce al piano rialzato, su cui si trova la portineria, individuata da un’ampia vetrata. Le pareti sono rivestite in parte in marmo chiaro, in parte in lastre di mosaico di marmo; la parete d’ingresso in corrispondenza della portineria è rivestita in listoni di legno; il pavimento è in marmo rosa di Pola. La caratteristiche degli appartamenti è la presenza di un ampio soggiorno passante.

“ Domus” , n. 287, ottobre 1953, p. 4; V. Viganò, Quelques exemples d’habitations collectives en Italie, in “ L’Architecture d’Aujourd’hui” , n. 57, dicembre 1954, p. 85; C. Perogalli, Atrii di case, Milano, 1960, pp. 206-10.

4. L’edificio sorge su un terreno d’angolo ed è articolato in due blocchi con un elemento arretrato di collegamento. In questo edificio viene usato estensivamente il tamponamento in mattone a vista all’interno di una maglia regolare determinata dalla struttura in cemento armato. Un’altra caratteristica è la totale assenza di balconi su strada, sostituiti, nei locali di soggiorno, da finestre a tutta altezza con parapetto metallico a filo facciata. Il fronte del corpo su via Emanuele Filiberto risulta più dinamico grazie all’inclinazione dei tamponamenti. Il progetto originario è stato ampiamente tradito in sede esecutiva, soprattutto per quanto riguarda le parti comuni: infatti, l’originario progetto di una copertura voltata viene sostituito da una copertura mista piana e a falde.

F. Gorio, A proposito degli architetti Monti e Gandolfi, in “ Casabella Continuità” , n. 217, 1957, pp. 64-65.

5. L’edificio è stato realizzato dallo studio Monti GPA in collaborazione con Enrico Freyrie. La costruzione insiste su un terreno d’angolo con i corpi di fabbrica posti a “ T” e l’edificio più lungo collocato in posizione arretrata rispetto al filo della strada, per usufruire di una piccola area a verde. Il passaggio pedonale e carraio è risolto con una pavimentazione discontinua a forme circolari in cemento, che sembrano alludere a certi motivi dell’arte spazialista. Un corpo basso collocato nel giardino ospita uffici. I vani di soggiorno, con terrazzi che affacciano sull’area a verde, hanno luci molto ampie. Sui terrazzi aggetta un elemento sporgente in mattoni a vista, che ricava all’interno degli appartamenti un vano per alloggiare gli armadi (nel caso delle stanze da letto) e la libreria (nei soggiorni), animando un originale gioco plastico. Per schermare i balconi di servizio, affacciati sul giardino, gli architetti progettano un grigliato in cotto “ a farfalla” , diaframma continuo debitore dell’architettura rurale lombarda. L’atrio di questo edificio è un raro esempio, nell’opera dei Monti, di dialogo fra architettura e arte: vi è collocata, infatti, una scultura di Gino Casentino, allievo di Arturo Martini, che in quegli anni avrebbe collaborato con vari architetti (S. Invernizzi, R. Farina Morez, A. Mangiarotti e B. Morassutti). Nello stabile di via Calco, i Monti progettano l’appartamento di Aldo Ballo, loro fotografo d’elezione, che qui aveva anche il proprio studio. “ Forum” , ottobre 1957, pp. 360-63; G. Ponti, Milano oggi, Milano, 1957, p. 89; F. Gorio, A proposito degli architetti Monti e Gandolfi, cit., pp. 5859; R. Aloi, Nuove architetture a Milano, Milano, 1959, pp. 309-12; C. Perogalli, Case ad appartamenti in Italia, Milano, 1959, pp. 257-60; A. Pica, Architettura moderna a Milano. Guida, Milano, 1964, p. 46; A. Grandi, M. Pracchi, Milano. Guida all’architettura moderna, Bologna, 1980, p. 315; F. Irace, Milano moderna. Architettura e città nell’epoca della ricostruzione, Milano, 1996, pp. 90-93; G. Gramigna, S. Mazza, Milano. Un secolo di architetture milanesi dal Cordusio alla Bicocca, Milano, 2001, p. 280.

Itinerari

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6. Casa d’abitazione in via Foppa, 1956-62 Milano via Foppa 25, angolo via Lanino

7. Casa d’abitazione in via Boni, 1956-58 Milano via Boni 39 (“ Boni Alfa” ) e 35-36 (“ Boni Beta” )

8. Quartiere Feltre. INA Casa, IACP, 1957-61 Milano via Feltre

6. L’edificio di via Foppa 25 declina per primo quella ricerca di una sobria eleganza fatta di elementi quali il ricorso al mattone faccia a vista, il tetto a mansarda, la presenza di bow-window a delimitare in facciata le diverse unità immobiliari tipica della produzione dei Monti della seconda metà degli anni Cinquanta. Il linguaggio si ammorbidisce e si arricchisce di elementi della tradizione, senza però rinunciare al rigore del dettato funzionalista. La pianta è sempre il punto di partenza che informa il progetto, ed uguale dedizione viene consacrata al dettaglio. Costretti ad accettare la riduzione di un piano imposta dal Comune, gli architetti ottengono invece che sia mantenuto il loro progetto per il risvolto su via Lanino, salvando la continuità e la coerenza del volume architettonico. La facciata, con tamponamenti in mattone a vista, è scandita dalla presenza di bow-window con serramenti a tutta altezza in legno e balconata continua. La facciata verso corte è finita a intonaco civile e presenta davanzali, soglie e cornici in marmo; i serramenti sono in abete. Ogni piano è occupato da tre appartamenti, uno dei quali affaccia solo su via Foppa, mentre gli altri due presentano doppio affaccio. La scelta dei materiali e delle finiture (pavimenti in rovere di Slavonia; bagni con piastrelle Joe Gresite, impianto di riscaldamento a pannelli radianti a soffitto, isolamento termo-acustico a pavimento) rivela la destinazione medio-alta dello stabile.

7. Nel 1956 lo studio Monti GPA riceve l’incarico della costruzione di due stabili contigui per appartamenti e uffici situati in via Boni 39 e 35-36; le due proprietà vengono denominate rispettivamente “ Boni Alfa” e “ Boni Beta” . Il complesso si apre su una nuova piazza di Piano Regolatore, all’angolo con via Loria. A livello del piano terra, il risvolto verso la piazza è occupato da negozi, mentre gli altri risvolti ospitano uffici. La facciata, leggera ed aperta, a veranda, è attraversata da un lungo balcone continuo che interessa tutti gli appartamenti. In corrispondenza degli ambienti di soggiorno esso ospita un bow-window che ha anche funzione di delimitazione delle proprietà, evitando così la presenza di strutture divisorie. Il corrimano in legno di larice sottolinea la partizione lineare della facciata, non interrompendosi neanche in corrispondenza dei bow-window. La facciata verso strada è rivestita in esagoni di cotto (pilastri e travi a vista sono rivestiti in pietra artificiale), mentre quella verso corte è in intonaco civile. Gli apparecchi per l’illuminazione dell’atrio, delle scale e del cortile sono prodotti dalla ditta Azucena. La scelta dei particolari e delle finiture degli appartamenti è dettata da criteri di raffinatezza: la descrizione delle opere elenca un ascensore padronale con cabina “ signorile” rivestita in linoleum rigato; quadri elettrici “ di tipo elegante” in lamiera verniciata; nei bagni “ rubinetteria signorile in ottone cromato” ; porte d’ingresso agli appartamenti “ a struttura cellulare rivestita in compensato di legno pregiato, con stipiti in marmo” .

8. Anna Bertarini Monti partecipa al progetto per il quartiere Feltre nel gruppo diretto da Angelo Mangiarotti di cui fanno parte anche Bruno Morassutti, Carlo Bassi, Piero Papini e Vittoriano Viganò. Il gruppo progetta alcune scale nel nucleo prospiciente via Pisani Dossi (edificio n.16). Il rivestimento è interamente in mattoni a vista, con fasce orizzontali in cemento spuntato in corrispondenza dei solai dei due corpi aggettanti, che si allargano verso il basso accennando appena a un andamento arcuato; il tetto è a falde. La presenza dei due corpi lievemente aggettanti a tutta altezza movimenta il profilo della fabbrica, spezzando la continuità del fronte. Si tratta di una cifra molto caratteristica del linguaggio dei Monti, i quali già dall’inizio degli anni Cinquanta progettano edifici in mattoni (oltre a quelli milanesi si vedano anche quelli piacentini e comaschi), e che, dalla fine del decennio, si dedicano alla progettazione di condomini per il centro cittadino chiaramente debitori di questa prova (come, per esempio, il condominio di via Ravizza). Sembra di poter leggere più chiaramente il contributo di Viganò nell’aggetto dei corpi binati, che movimentano il profilo della fabbrica, citando da lontano il condominio di viale Piave.

9. Casa d’abitazione in corso Garibaldi, 1958-63 Milano corso Garibaldi 70, angolo via Delio Tessa

Itinerari

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G. Ponti, Milano oggi 1960-61, Milano, 1961.

F. Gorio, A proposito degli architetti Monti e Gandolfi, cit., pp. 66-69.

M. Giambruno, Il quartiere Feltre: cronaca di una “galleria” di architettura moderna alla periferia di Milano, in “ Costruire in laterizio” , n. 60, 1997, p. 432.

9. L’edificio di corso Garibaldi è un momento importante nella definizione dell’atteggiamento dello studio Monti rispetto alla storia. La capacità di sintonizzarsi con la tradizione - nello specifico rappresentata dalla chiesa di San Simpliciano - si traduce nell’uso del mattone a vista, che riveste l’intero organismo, senza negare però la possibilità di una discreta sperimentazione, in particolare nella soluzione dei fronti e nel trattamento delle parti angolari. La fabbrica si configura come un corpo a “ U” che corre attorno al lotto formato da via San Simpliciano, via Tessa e corso Garibaldi. Il blocco all’angolo fra le ultime due strade è di altezza superiore agli altri. La soluzione del tetto abitabile a mansarda, forato dalle aperture, privilegia l’affaccio verso San Simpliciano. Al piano mansardato lo studio Monti realizza anche l’arredo dell’appartamento del pittore Pino Tovaglia (1962-65). Lo studio planimetrico è teso a favorire la massima fluidità dei percorsi, creando un’idea dinamica di penetrazione dei diversi spazi della casa gli uni negli altri. Numerosi armadi e scaffali a muro permettono il massimo sfruttamento dello spazio; un gioco di gradini e di soffitti ribassati contribuisce a creare uno spazio fluido, ulteriormente accentuato dalla scelta dei materiali di rivestimento dei pavimenti, che individuano le diverse funzioni dello spazio domestico, reso però continuo dall’adozione di un medesimo rivestimento per le pareti (una preziosa stoffa giapponese color verde smeraldo, separata dal pavimento da un alto zoccolo di noce).

“ Abitare” , dicembre 1964, pp. 26-31; “ Abitare” , novembre 1965, p. 12; “ Arianna” , n. 96, marzo 1965, pp. 64-65.


10. Edificio per negozi, abitazioni e uffici in corso M agenta, 1963 Milano Corso Magenta 19, angolo via Nirone

11. Edificio per negozi, uffici e abitazioni in via Carducci, 1964 Milano via Carducci 34

12. Case unifamiliari in via M achiavelli, 1971-71 Milano via Machiavelli 26-28

14. Edificio per uffici in via Carducci, 1989-96 Milano via Carducci 40 - via Olona 4

13. Asilo e scuola materna in via Arena, 1979-84 Milano via Arena 21

10. Il progetto per corso Magenta segna una svolta nel linguaggio dello studio, che si apre a una nuova modernità più tecnologica, disponibile alla sperimentazione e interessata a un uso espressivo di elementi prefabbricati. Le facciate, prima compatte o lavorate attraverso leggeri aggetti e discreti bowwindow, ora si fanno più mosse, diventando quasi superfici scultoree che raccolgono e ridistribuiscono luci e ombre. L’edificio per abitazioni e uffici di via Carducci sviluppa il tema dell’inserimento del “ moderno” all’estremità di una cortina continua di forte connotazione storica, comportando anche la soluzione di un risvolto d’angolo. La scelta linguistica adottata dai Monti privilegia l’adozione di uno schietto dettato contemporaneo, valorizzando il gioco delle superfici attraverso l’adozione di un rivestimento in lastre di trachite gialla in lastre a giunti verticali disposti a scalare, che creano un andamento digradante e mosso. La superficie acquista dunque uno spessore, e su di essa si innestano le ampie porzioni vetrate che assecondano il risvolto d’angolo, disposto a 45° rispetto all’incrocio stradale in modo da suggerire un volume cristalliforme e spigoloso, ma non aggressivo. L’ultimo piano ha serramenti continui e arretrati, che, come avviene al piano terreno, riprendono i fili delle costruzioni confinanti. Al piano terreno si aprono le luci dei negozi, volutamente ricavate in profondità per accentuare il gioco delle ombre.

“ Edilizia moderna” , n. 82-83, 1963, p.138; “ Controspazio” , n. 4-5, settembre-ottobre 1969, pp.18-19; M. Grandi, A. Pracchi, op. cit., pp. 336, 339; G. Gramigna, S. Mazza, op. cit., p. 380.

12. Le tre case a schiera di via Machiavelli continuano un fronte stradale caratterizzato da villette ottocentesche di tipico sapore borghese, inserendosi nel tessuto preesistente con forza dirompente attraverso l’uso del cemento armato a vista. La caratteristica degli appartamenti è il dinamismo con cui è trattato lo spazio interno, giocando sulle diverse altezze e sugli sfalsamenti di livelli. Molto valorizzato è l’affaccio sul giardino retrostante: il cemento armato “ fortificato” del fronte su strada si fa permeabile attraverso l’apertura di ampie luci con serramenti in legno naturale.

11. Come nell’edificio di corso Magenta, anche in questo l’attenzione dei progettisti si rivolge alla creazione di un fronte mosso e zigzagante, caratterizzato da un aggetto centrale che alcuni critici hanno letto come concessione al gusto Neo-Liberty. Più che la revisione storicistica, però, quello che sembra interessante in questo edificio è la sperimentazione tecnologica, espletata attraverso l’uso di elementi prefabbricati a “ U” realizzati in cemento e sabbia di mare incastrati l’uno nell’altro e sigillati con cemento plastico. L’ultimo piano presenta un serramento arretrato continuo. Anche qui coraggioso è l’accostamento fianco a fianco con preesistenze storiche “ ingombranti” – un edificio neogotico da un lato, uno neorinascimentale dall’altro – che disegna una cortina continua di grande impatto urbanistico.

“ Controspazio” , n. 4-5, settembre-ottobre 1969, p. 17; F. Irace, Monti di Milano, in “ Abitare” , n. 355, 1996, pp. 214-19; G. Gramigna, S. Mazza, op. cit., pp. 374-75.

Tre case unifamiliari nel centro di Milano, in “ Domus” , n. 520, marzo 1973, pp. 18-20; “ Abitare” , n. 124, aprile 1974, pp. 60-69; F. Irace, Monti di Milano, cit.; G. Gramigna, S. Mazza, cit., p. 455.

13. L’intervento consiste in un restauro di un vecchio edificio di proprietà del Comune di Milano, di cui viene preservato il fronte su strada e un colonnato nel cortile interno. L’edificio si sviluppa su tre livelli ospitando al piano terra una scuola materna, al primo piano un asilo nido e al secondo piano locali di riunione. Il corpo costruito dai Monti non è altro che un volume lineare e asciutto dalle ampie aperture, forse memore di qualche reminiscenza nordica, da cui si stacca la scala di sicurezza che si protende nell’area del cortile. Il rivestimento è in mattoni faccia a vista.

Restauro per il riuso, in “ Domus” , n. 666, novembre 1985, pp.16-17.

14. L’edificio per uffici di via Carducci costituisce uno dei più importanti progetti dei Monti per Milano, giunto tardivamente a decretare una centralità dell’operare dello studio rispetto alla cultura architettonica cittadina. In dialogo ideale con la vicina basilica di Sant’Ambrogio e prospiciente da un lato la Posterla e dall’altro il Monastero degli Olivetani, la fabbrica non si sottrae al confronto con la storia, ma anzi sceglie, attraverso l’uso del mattone, i torrioni, l’aggetto della porzione superiore del corpo di fabbrica, di riferirsi alla tipologia del castello o della rocca. Non per questo si cede, però, al vernacolo: un serio governo del dettaglio e del respiro globale dell’edificio ne fanno una presenza autorevole, classica, quasi atemporale. Come nel vicino edificio di via Carducci 34, le aperture vetrate verticali danno slancio e respiro a una fabbrica che altrimenti parrebbe fortificata. Anche i passaggi aperti al centro delle due facciate su strada per consentire l’accesso alla corte centrale e l’attraversamento trasversale dell’edificio contribuiscono a incoraggiare un’impressione di permeabilità. Quella che si apre lateralmente all’edificio, contro lo sfondo della cupola di San Vittore, è una vera e propria piazza pedonale pavimentata a mattoni posati a riquadri, scandita dagli elementi centrali di illuminazione. Al di sotto si sviluppa in profondità un parcheggio a sei piani interrati. Il ritorno all’amato mattone segna una precisa volontà di collocarsi nelle maglie storiche del centro cittadino, suggerendo al contempo un’immagine meno asettica e convenzionale dell’edificio per uffici. A due passi dallo studio degli architetti, l’edificio di via Olona ne costituisce l’ultimo grande gesto collettivo. Alla progettazione ha collaborato Valentino Benati; per le strutture ha collaborato l’ingegner Aldo Gianni.

F. Irace, Monti di Milano, cit.; J. M. Piaggio, Edificio per uffici a Milano, in “ Costruire in laterizio” , n. 63, maggio-giugno 1998, pp. 168-70; G. Gramigna, S. Mazza, op. cit., p. 515.

Itinerari

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A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno 2000 2001 2002 2003

Gennaio Febbraio 1390 1387,59 1393,87 1430 1430,28 1435,31 1460 1462,93 1467,96 1500 1501,86 1504,37

Marzo

Aprile

Maggio Giugno Luglio 1400 1410 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1440 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1480 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1510 1511,91 1513,16 1514,42 1518,19

1397,63 1436,56 1470 1471,72 1509,4

2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2000

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2001 2002

Indici e tassi

2003

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio 480 480,23 482,40 483,70 484,14 485,44 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 520 519,78 520,64 522,38 523,25 523,69

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 1420 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1450 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1490 1484,28 1486,79 1490,56 1494,33 1495,58 1520 1520,7 1524,46

novembre 1978: base 100 Giugno

dicembre 1978:100,72

Luglio

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 490 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 512,39 512,82 513,69 514,56 515,86 517,17 517,6 524,12 525,43 526,29 527,6

3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)

anno 1995: base 100

Anno

Gennaio Febbraio

Giugno

2001 2002 2003

109,30 109,69 109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 111,80 112,18 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91 114,2 114,29 114,77 114,97 115,35 115,54 115,64 115,73 116,02 116,21 116,50

Marzo

Aprile

Maggio

Luglio

giugno 1996: 104,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno 2001 2002 2003

Gennaio Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

dicembre 2000: 113,4

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

100,44 100,79 100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 102,73 103,08 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67 104,93 105,02 105,46 105,64 105,99 106,17 106,26 106,34 106,61 106,79 107,05

4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

gennaio 1999: 108,2

Anno

Gennaio Febbraio

2001 2002 2003

105,26 105,63 105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 107,67 108,04 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7 109,98 110,07 110,53 110,72 111,09 111,27 111,36 111,46 111,73 111,92 112,19

5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

anno 2001: base 100

gennaio 2001: 110,5

2001 2002 2003 103,07 105,42 108,23

6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

Luglio

anno 1999: base 100

anno 1995: base 100

1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08

7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51

novembre 1995: 110,6

1999 2000 2001 2002 2003 111,52 113,89 117,39 120,07 123,27 anno 1997: base 100

febbraio 1997: 105,2

2001 2002 2003 108,65 111,12 113,87

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.

Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.

della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U.

8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003

3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%

Con riferimento all'art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “ Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.

Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003

3,35% +7 2,85% +7

10,35% 9,85%

Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).

Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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