AL 11, 2004

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novembre 2004

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Residenza pubblica

Mensile di informazione degli Architetti Lombardi Ordini degli Architetti delle Province di: Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Milano Pavia Sondrio Varese

Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti via Solferino, 19 - 20121 Milano Anno 27 - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1 - DCB Milano



AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 11 Novembre 2004

Editoriale

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Forum Residenza pubblica interventi di Matilde Baffa, Paola Di Biagi, Stefano Guidarini e Pierluigi Salvadeo, Carlo Lio, Alessandra Marin, Raffaele Pugliese Como Cremona Lecco Lodi M antova M ilano Pavia Sondrio

Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti

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Argomenti

Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Martina Landsberger, Mina Fiore

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Concorsi

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Professione e aggiornamento Legislazione Strumenti

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Informazione Dagli Ordini Lettere Stampa Libri, riviste e media M ostre e seminari

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Indici e tassi

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Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones

Assistente di Redazione: Irina Casali Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Concessionaria di Pubblicità: Profashion srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 30039330 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: profashion@gruppodg.com Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL) Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 24.000 copie Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini) € 3,00 In copertina: Guido Guidi, foto da: Sequenze di paesaggi urbani. Un itinerario tra quartieri INA-Casa. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL

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Sommario

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 w w w.consultalombardia.archiw orld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidenti: Daniela Volpi, Giuseppe Rossi, Ferruccio Favaron; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Angelo Monti; Segretario: Marco Francesco Silva; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Franco Andreu, Renato Conti, Gianfredo Mazzotta, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 30.6.04) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Giulio Barazzetta, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 30.6.04) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Quintino G. Cerutti, Maura Lenti, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)


Maurizio Carones

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Editoriale

Il numero di novembre di “ AL” è dedicato al tema dell’edilizia residenziale pubblica. La questione dell’abitazione economica negli ultimi anni è nuovamente tornata ad essere di grande attualità, da un lato per la sempre più evidente domanda da parte di nuove classi sociali “ deboli” e dall’altro per il notevole incremento, soprattutto nelle città, dei costi delle abitazioni e dei canoni di locazione. La risposta a queste esigenze è, evidentemente, relativa tanto agli orientamenti politici ed economici che si susseguono nel corso del tempo, quanto ai rapporti ed agli equilibri fra finanze pubbliche, erogazione di servizi da parte dello Stato, economia di mercato ed usi e costumi dei cittadini. Allo stesso tempo, però, il tema della residenza rappresenta una questione primaria, alla quale una società deve prestare costante attenzione e dare risposte sempre adeguate alla gravità dei problemi che relativamente ad essa, di volta in volta, si presentano. Negli ultimi anni, ad esempio, si è riproposto il problema dell’immigrazione, con la necessità quindi di far fronte ai bisogni primari di persone che, essendosi trasferite da aree con economie molto differenti dalla nostra, non possono fare conto su risorse economiche adeguate o su capitali accumulati. Così come si manifesta sempre più la questione dell’abitazione temporanea, degli studenti, di chi lavora per un certo periodo lontano dal suo abituale luogo di residenza. La nostra società, pur affrontando con provvedimenti legislativi la questione, sembra rispondere a tutto ciò ancora con il modello della casa di proprietà che, pur se le statistiche affermano riguardare la maggioranza degli abitanti del nostro paese, è un obiettivo difficilmente perseguibile da chi ha realmente e immediatamente bisogno di una casa. Sembra dunque affacciarsi nuovamente il dubbio che il “ libero mercato” possa spontaneamente rispondere a queste esigenze, ciò anche in relazione alle esperienze che nel secolo appena scorso sulla residenza pubblica si sono fatte. È infatti passato un centinaio di anni dal varo della Legge Luzzatti che formalizzò una risposta dello Stato all’abitare economico: da allora le esperienze sono state molte e di varia natura e alla gran parte di queste l’architettura ha dato un contributo determinante, sia nello studio tipologico dell’alloggio, che nelle soluzioni costruttive e nell’organizzazione morfologica in rapporto alla città ed alla misura degli insediamenti. Alla ripresa di questo interesse per il tema dell’abitare è forse utile riguardare e valorizzare questo patrimonio di esperienza dell’architettura del novecento e non pensare solamente che il problema sia quello di costruire case un po’ più economiche. Si presenta infatti l’occasione di riflettere, anche nelle sedi della ricerca e dello studio, su come la città sia costituita, oltre che da monumenti, edifici civili e infrastrutture, anche, e soprattutto, da case e come queste possano avere modelli non necessariamente coincidenti con stereotipati e rassicuranti modelli di piccoli condomini e villette a schiera.


Residenza pubblica

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Il Forum di questo numero è composto dagli interventi di Matilde Baffa, professore ordinario di Composizione Architettonica presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, Paola Di Biagi, professore ordinario di Urbanistica alla Facoltà di Architettura di Trieste, Stefano Guidarini che insieme a Pierluigi Salvadeo ha recentemente realizzato interventi di architettura residenziale e assistenziale pubblica e privata, Carlo Lio, Assessore alle Opere Pubbliche Politiche per la Casa e Edilizia residenziale Pubblica delle Regione Lombardia, Alessandra Marin, ricercatrice a contratto presso il Dipartimento di Urbanistica dello IUAV di Venezia e professore a contratto di Analisi della città e del territorio alla Facoltà di Architettura dell’Università di Trieste, Raffaele Pugliese, professore ordinario di Composizione Architettonica presso la Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano. Ringraziamo tutti i partecipanti per i loro contributi.

Abitazioni e dintorni di Matilde Baffa Viene spesso rilevata una relativa marginalizzazione, all’interno delle sedi delegate al dibattito e alla ricerca, dei problemi connessi con la questione delle abitazioni. Si può affermare che stiamo assistendo ad uno spostamento della collocazione del paradigma residenziale così come si era configurato nella città contemporanea, in coincidenza con il venire meno di quella che è stata definita “ progettualità sociale attiva” nelle forme sperimentate nei decenni passati e che hanno costituito, a partire dal patrimonio del Movimento moderno e dalle sue revisioni critiche, un riferimento per il progetto dell’abitazione, anche indipendentemente dalle declinazioni e dalla qualità dei singoli interventi. L’attenzione rivolta alle grandi infrastrutture, ai manufatti connessi ai nodi di comunicazione e di interscambio, ai contenitori destinati a importanti funzioni collettive (e di conseguenza investiti di un ruolo rappresentativo oppure relegati all’indifferenza dell’atopia) sembra avere avuto come conseguenza un progressivo impoverimento di ricerca, di proposte e di progetti nei confronti degli impianti residenziali. Allo stesso tempo la domanda di abitazioni, sotto la spinta di esigenze confuse e contradditorie, ma quantitativamente sempre rilevante, è andata determinando una proliferazione edilizia inusitata che ha comportato un progressivo incremento del consumo di suolo, condizionando allo stesso tempo la definizione morfologica di grandi parti del territorio.

Negli anni recenti si è inoltre riproposta l’esigenza di un intervento pubblico che rispondesse a un fabbisogno abitativo, mutato nelle sue connotazioni strutturali e sociologiche ma non meno urgente che in passato; nuove domande di residenzialità (speciale, temporanea, multietnica, ecc.) emergono e contribuiscono a definire una articolazione della risposta che può influire positivamente sulla revisione di apparati normativi rigidamente ancorati a modelli in gran parte superati. Sia sul fronte dell’iniziativa privata che dell’intervento pubblico restano aperti molti interrogativi. La frammentazione nella compagine sociale a cui oggi assistiamo – e non solo in conseguenza delle immissioni multietniche – comporta l’esigenza di ritrovare un terreno di confronto tra ipotesi e strumenti disciplinari e domanda sociale. Contiguità spaziale, connettivo fisico, gerarchia di relazioni alle varie scale hanno ancora un senso nella configurazione dell’insediamento residenziale? Tra gli aspetti coinvolti non è trascurabile il ruolo che gli interventi – sia di riqualificazione che di addizione o di nuovo impianto – possono e devono avere nei confronti della configurazione complessiva del paesaggio urbano. È evidente come tale configurazione debba passare per una serie di verifiche funzionali e quantitative; ma è altrettanto importante avere presente come queste non siano sufficienti a garantire quella “ dignità” urbana che ha caratterizzato, ad esempio, alcuni interventi di iniziativa pubblica realizzati a Milano a partire dai primi decenni del secolo scorso. In questo quadro si collocano diverse questioni, spesso presenti nel dibattito recente, in particolare riferito al problema delle periferie, che, di fatto, coinvolge analoghe situazioni nei quartieri di edilizia pubblica. A proposito delle cosiddette “ colpe sociali delle periferie” , in un’intervista pubblicata sul “ Giornale dell’Architettura” (ottobre 2003), Arnaldo Bagnasco afferma che va evitata “ la sciocca identificazione di luogo fisico e degrado sociale” ed esorta ad analisi meno affrettate e semplicistiche. “ Servono politiche ben più che ruspe” , dice, rispondendo implicitamente a iniziative già attuate, in situazioni probabilmente eccezionali, ma certamente non generalizzabili come strumento di riqualificazione in aree degradate. Un altro giudizio ricorrente consiste nell’attribuzione di effetti negativi, sia per quanto riguarda comportamenti che qualità dell’ambiente urbano, alla dimensione degli edifici in quanto tale. Il discorso sarebbe più complesso. Ma è opportuno riaffermare come la disciplina dell’architettura non può esimersi dal rivendicare un proprio terreno di ricerca sulla “ misura” di luoghi, spazi, costruzioni, in definitiva sul ruolo storico del tessuto residenziale nella formazione della città, insostituibile terreno per l’impianto di innesti, permanenze, modificazioni.


Le fotografie di Guido Guidi che illustrano questo numero di “ AL” sono tratte dal catalogo Sequenze di paesaggi urbani. Un itinerario tra quartieri InaCasa, edito nel 1999 dal Dipartimento di Urbanistica dello IUAV di Venezia e da Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea, in occasione della mostra curata da Paola Di Biagi 1949-1999 Cinquant’anni dal piano Ina-Casa. Città, architettura, edilizia pubblica: dalla ricostruzione alla città contemporanea. Guido Guidi nell’arco di cinque mesi aveva compiuto un itinerario tra alcuni quartieri realizzati lungo gli anni Cinquanta dal piano Fanfani, un grande programma nazionale di edilizia pubblica, con l’intento non tanto di documentare o rappresentare “ architetture d’autore” , quanto piuttosto di offrirci una descrizione di spazi e paesaggi urbani.

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L’edilizia residenziale pubblica, o sovvenzionata, ha spesso costitituito un terreno di sperimentazione per la particolare condizione unitaria dell’intervento. Sperimentazioni da sottoporre a critica anche in quanto significative dei diversi paradigmi di riferimento nella definizione dei modelli insediativi: l’addizione sulla trama per isolati, l’adesione a ipotesi di matrice sociologica, quasi sempre presto svuotate del loro contenuto utopico, ma rimaste come segno di un passaggio forse obbligato nei grandi rivolgimenti del secondo dopoguerra; la ricerca di un’enfatizzazione anche dimensionale, tesa a coinvolgere gli elementi costitutivi di un’urbanità presunta ma allo stesso tempo finalizzata a introdurre segni forti e significativi nella scena urbana. I riferimenti citati non sono certamente esaustivi, ma sono intesi a ribadire la necessità di risposte attuali da parte delle culture della progettazione.

La città pubblica: un laboratorio della modernità da riqualificare e tutelare di Paola Di Biagi Novecento e città pubblica In Europa, come in Italia, quella dell’edilizia pubblica è in gran parte una storia del Novecento. È questo il secolo che ha visto nascere, svilupparsi – e probabilmente esaurirsi – la storia di quella città “ fondata” per offrire abitazioni e servizi ai ceti sociali più deboli. La questione dei fabbisogni abitativi, seppure posta in tutta la sua gravità già nell’Ottocento, diviene centrale col secolo successivo, quando si diffonde la convinzione e si codifica legislativamente il principio secondo il quale è compito dello Stato e delle sue articolazioni locali occuparsi del miglioramento delle condizioni di vita “ mi-


declinato in un più ampio concetto di spazio abitabile nel quale sono interconnessi il pieno e il vuoto, l’interno e l’esterno, il domestico e l’urbano, l’individuale e il collettivo, il pubblico e il privato. Simili idee, sperimentate in Europa fin dai primi decenni del Novecento – ad esempio nelle grandi “ città-cantiere” degli anni Venti, Francoforte, Vienna, Berlino, Amsterdam, ecc. (1) – nel nostro paese hanno trovato una più ampia espressione nella seconda metà del secolo scorso, in particolare dagli anni Cinquanta con il primo consistente e diffuso programma di edificazione di case e quartieri popolari, il piano Ina-Casa (2), per proseguire poi, almeno fino a tutti gli anni Ottanta, con l’esperienza dei Piani per l’edilizia economica e popolare (i Peep ex lege n. 167/62). Il secolo si è concluso con il rallentamento della crescita delle città e con leggi e interventi che anche nel campo dell’edilizia residenziale pubblica si sono rivolti alla riqualificazione urbana. Al contempo, la pregnanza dell’intervento pubblico nel corso di tutto il Novecento ha fatto sì che questo ingente patrimonio costituisca oggi un imprescindibile campo di azione per il progetto contemporaneo, proponendo per il futuro nuovi percorsi di ricerca.

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nime” all’interno delle città. Nel corso del Novecento il tema della casa economica e quello del quartiere popolare assumono un ruolo centrale nella riflessione e nella ricerca progettuale di architetti, urbanisti, ingegneri, non solo in quanto questione tecnica, ma anche morale. L’urbanistica è una disciplina che fin dai suoi inizi ha collocato il proprio campo di lavoro nei territori di confine tra forme spaziali e pratiche sociali, proponendosi come grande rappresentazione dei bisogni fondamentali dell’uomo, ad esempio di uno spazio abitabile; bisogni che investivano interi gruppi sociali e che, non potendo trovare risposta esclusivamente entro la sfera individuale e privata, necessitavano di un intervento pubblico. Osservando le condizioni “ minime” di vita nelle città e negli spazi domestici, l’urbanistica ha elaborato metodi e strumenti per riconoscere e soddisfare i bisogni primari, essenziali, naturali, rispetto ai quali appariva prioritario e di interesse generale che fosse la collettività, e dunque le istituzioni che la rappresentano, a dare risposta. Questi fondamentali presupposti hanno organizzato il programma di ricerca dell’urbanistica moderna e, in particolare, del Movimento moderno, dando origine a idee di spazio domestico e di spazio urbano sperimentate ed espresse più esplicitamente attraverso la costruzione dei quartieri residenziali pubblici. Nel corso del Novecento e soprattutto nella sua seconda metà, l’intervento pubblico, strutturato in unità compiute – i quartieri, che sono andati a comporre una sorta di “ città pubblica” – ha tentato di attribuire una forma coerente alle città in espansione, arginando quell’inondazione che la “ città degli individui” ha prodotto nei nostri territori. Lungo quel secolo, la città pubblica è divenuta un laboratorio di Modernità. I quartieri hanno tradotto al suolo idee di città che, mutando nel tempo, hanno anche tentato di dare vita e forma a nuove comunità di cittadini. Coi quartieri si è sperimentato, seppure talvolta in modo contraddittorio, quel progetto della modernità che ha dedicato tanta attenzione allo spazio inedificato; qui lo spazio aperto si è

Riqualificare/tutelare la città pubblica Seppur nati con l’intento di dare risposta ai bisogni delle comunità locali, molti dei quartieri realizzati in particolare nel secondo ‘900 appaiono caratterizzati dal condensarsi di gravi problematiche di marginalizzazione sociale e di degrado urbanistico ed edilizio, in parte connesse alla posizione periferica e alla “ non finitezza” che spesso connotano tali spazi. Simili condizioni, associate all’elevato grado di modificabilità spaziale di queste ingenti parti della città contemporanea, assegnano oggi alla “ città pubblica” il ruolo di fertile laboratorio per la sperimentazione di strategie integrate di riqualificazione sociale e spaziale e per una più complessiva prefigurazione di approcci innovativi al progetto urbanistico. Ma quest’eredità del XX secolo col suo valore “ documentario” e “ patrimoniale” sollecita un’attenzione alle questioni della sua tutela e non solo della riqualificazione, se è vero che nel suo insieme, al di là di singoli casi nazionali e locali e della sua specifica qualità architettonica e urbana, la città pubblica emerge oggi dalla storia dell’urbanistica, dell’architettura, delle politiche pubbliche, della società, della città, come un “ documento/monumento” (3) della modernità. La questione della salvaguardia di un simile patrimonio del moderno è resa però problematica dalla sua particolarità; la città pubblica si compone di parti urbane e non di singoli manufatti edilizi, dell’articolazione di diversi tipi di spazi abitati da cittadini che esprimono domande di qualità e trasformazione che possono confliggere con azioni di tutela, se intesa come semplice conservazione. In questi luoghi il concetto di tutela dovrebbe potersi ampliare per diventare sintesi di conservazione e innovazione, nella convinzione che conservazione significhi prendersi cura del territorio abitato, ridare senso all’eredità del passato attraverso un progetto che preveda anche margini di trasformazione. Ciò che più si presta a essere ridefinito e risignificato in queste parti urbane è lo spazio non costruito, pubblico e collettivo e l’insieme di relazioni che esso stabilisce con gli spazi edificati, gli individui e i gruppi sociali che li abitano. Se fin dalla fase progettuale questo è lo spazio che maggiormente ha contribuito a contraddistinguere il disegno dei quartieri da altre limitrofe espansioni urbane del Novecento, poi nel passaggio dal progetto alla realizzazione, si è quasi sempre verificata una scissione tra


la sua realizzazione e quella degli edifici e, nel tempo, tra la manutenzione e la cura dell’uno e quella dell’altro. Questi scollamenti hanno prodotto esiti negativi proprio sulla qualità del non costruito, rimasto spesso vago, dequalificato, dominato dall’automobile, espropriato agli abitanti. Nuovi progetti per lo spazio aperto, l’unico forse in grado di stabilire fertili relazioni tra le parti urbane e tra le persone, potranno nuovamente rendere significativo l’intervento pubblico entro l’eterogeneo paesaggio della città contemporanea. Note 1. Significative sono state anche le esperienze in questo campo svolte in alcune città italiane, ad esempio a Trieste. Cfr. P. Di Biagi, E. Marchigiani, A. Marin (a cura di), Trieste ‘900. Edilizia sociale, urbanistica, architettura. Un secolo dalla fondazione dell’Ater, SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo, 2002. 2. Cfr. L. Beretta Anguissola (a cura di), I 14 anni del Piano InaCasa, Staderini, Roma 1963 e P. Di Biagi (a cura di), La grande ricostruzione. Il piano Ina-Casa e l’Italia degli anni cinquanta, Donzelli, Roma, 2001. 3. Riprendo questa coppia di termini dalla voce di Jacques Le Goff ne l’Enciclopedia Einaudi, vol. 5, Einaudi, Torino, 1978.

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Dall’Edilizia residenziale pubblica all’Architettura residenziale pubblica di Stefano Guidarini e Pierluigi Salvadeo La residenza pubblica in Italia è oggi chiamata a nuove responsabilità nei confronti dei contesti insediativi e delle realtà sociali di fronte alle quali è chiamata a fornire risposte. Le condizioni rispetto al passato sono infatti profondamente cambiate. La fase di espansione, che ha visto gli Istituti Autonomi Case Popolari, l’INA-Casa e la GESCAL tra i maggiori promotori dello sviluppo dei centri urbani, è terminata fin dagli anni Settanta, progressivamente soppiantata dalla priorità del recupero del patrimonio esistente. Anche le ideologie che hanno sostenuto nel tempo i programmi di edilizia economico-popolare si sono esaurite: la filosofia assistenziale dei primi del secolo, la fede modernista del periodo tra le due guerre, il clima ottimistico della Ricostruzione, lo sviluppo urbano degli anni Cinquanta-Sessanta e le grandi ideologie sociali e politiche degli anni Settanta hanno spinto i progettisti e gli operatori pubblici verso una sperimentazione architettonica, tipologica e tecnologica che ne rappresentasse un tentativo di concretizzazione. Di tutto ciò oggi resta ben poco, sia agli architetti che ai loro stessi committenti. A questo si aggiunge la recente trasformazione degli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP) in Aziende di Edilizia Residenziale (in Lombardia chiamate ALER) (1). Superato il ruolo di enti semi-assistenziali svolto in passato dagli IACP, le ALER si configurano come organismi che, anche in assenza di sovvenzioni pubbliche, possono operare una politica edilizia attraverso l’acquisto, la costruzione e il recupero d’immobili di abitazione. Le ALER si confrontano quindi con una realtà socio-economica allargata, eterogenea e complessa. Oggi infatti siamo di fronte a emergenze legate a nuovi tipi di utenti, a una diversa concezione della famiglia, a forme di convivenza non tradizionali, alla necessità di abitazioni temporanee, a nuove realtà sociali dovute all’immigrazione dall’estero e ad altri fattori legati alla complessità della condizione contemporanea. Queste nuove figure sociali richiedono case sempre più specializzate e complesse, il che induce a realizzare nuovi interventi o a trasformare alloggi esistenti

con nuove dotazioni impiantistiche e con nuove configurazioni distributive che però non sempre si riflettono in una qualità architettonica. Gli architetti progettano una generica qualità abitativa spesso stereotipata, i cui riferimenti architettonici spaziano liberamente nel territorio globale. Alcune riflessioni sulla qualità dell’abitare sono state avviate nel 2003 in occasione dei cent’anni della Legge Luzzatti (2), attraverso diversi dibattiti pubblici in cui le ALER di alcuni Comuni lombardi hanno tentato di fare un bilancio delle loro esperienze, anche con lo scopo di capire i possibili sviluppi e le eventuali sperimentazioni di temi progettuali sull’abitazione sociale (3). Da queste riflessioni emerge l’importanza della responsabilità sociale dell’edilizia pubblica, che potrebbe svolgere un ruolo trainante per la diffusione di una maggiore qualità insediativa. Un tentativo in tal senso è stato intrapreso nel 2002 in Lombardia con il Programma Regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (PRERP) (4). Le Linee-guida per la progettazione (5) allegate al programma stabiliscono alcuni standard relativi al benessere igrotermico, al comfort visivo e acustico, alle caratteristiche di compatibilità ambientale e alle dotazioni minime in fatto di spazi accessori alla residenza. Ovviamente tutto ciò costituisce solo una parte di quello che oggi possiamo intendere per qualità dell’abitare. La questione è infatti molto più complessa, e non passa solo attraverso parametri quantitativi. Il progetto deve essere in grado di costruire una qualità complessiva di tutti gli aspetti insediativi, e ciò significa affrontare il rapporto con la forma urbana di ogni singolo luogo, evitando, ad esempio, l’uso di edifici-tipo indifferentemente sparpagliati sul territorio. Da un punto di vista funzionale, ciò vuol dire anche valutare la necessità di una compresenza di attività diverse e di conseguenti sinergie funzionali tra residenza e attività di supporto o ad essa correlate. Dalla coerenza ideologica dei quartieri sociali di un tempo dobbiamo passare oggi alla qualità architettonica dei nuovi insediamenti. Il progetto dell’abitazione non deve essere più affrontato come mi-


nimo bisogno sociale, ma deve rispondere a bisogni complessi, secondo una visione di ampio respiro che non trascuri le molteplici esigenze contemporanee. Devono essere affrontate anche le problematiche del progetto nella fase realizzativa, alla luce di una razionalità costruttiva consapevole e appropriata, che tenga conto della ecosostenibilità degli interventi (risparmio energetico, gestionale e facilità di manutenzione). Ciò significa anche affrontare i problemi delle politiche abitative con una corretta gestione dei rapporti costi-benefici. Le politiche troppo restrittive in fatto di investimenti economici rischiano infatti di strozzare qualunque possibilità di ricerca o di semplice adeguamento alle necessità di com-

mento sono contenute le nuove politiche regionali per la casa, dirette principalmente a soddisfare il bisogno abitativo sull’intero territorio lombardo. A renderle operative saranno soprattutto i Comuni, le ALER, le Università ma anche alcuni soggetti privati come Imprese o Cooperative. Tra le novità del programma si segnalano: la costruzione di diecimila nuove case in affitto e l’avvio dei Contratti di quartiere II (interventi diretto al recupero e al risanamento delle periferie degradate), i Programmi Comunali per l’Edilizia Residenziale Sociale, il Programma Regionale per l’Emergenza Abitativa, i PRU (Programmi di Recupero Urbano). 5. “ Linee guida per la progettazione e requisiti prestazionali di controllo della qualità del manufatto edilizio negli interventi di edilizia residenziale sociale” .

patibilità ambientale. Questi possono essere alcuni dei temi di riflessione affinché, oltre che di Edilizia residenziale pubblica, si possa parlare nel futuro anche di Architettura residenziale pubblica.

La riforma dell’edilizia residenziale pubblica in Lombardia

Note 1. ALER, Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale, in seguito all’entrata in vigore della L.R. n. 13 del 10/6/96. 2. Legge n. 251 del 31/5/1903, varata dal governo ZanardelliGiolitti per iniziativa dell’Onorevole Luigi Luzzatti. Si tratta della prima legge promulgata in Italia per agevolare la costruzione di case popolari. 3. Nel dicembre 2003 si sono tenuti un convegno ed una mostra alla Triennale di Milano (“ La Casa Popolare 1903-2003: cento anni di Edilizia Residenziale Pubblica in Lombardia” ) e in seguito si sono svolti, in collaborazione con il Politecnico di Milano, diversi convegni in varie città lombarde (Varese, Mantova, Brescia, ecc.). 4. Il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato l’8 ottobre 2002 il Programma regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (PRERP) relativo al triennio 2002-2004. Nel provvedi-

La Regione Lombardia, nel corso di questa legislatura, ha deciso di guardare al tema casa in una maniera determinata e innovativa, non soltanto investendo le risorse economiche più imponenti mai stanziate da una Regione sul tema della casa, vale a dire oltre un miliardo di euro, ma soprattutto riformando alla radice il sistema della politica della casa in modo che sia più vicino alle mutate esigenze dei cittadini. La Lombardia è la regione italiana che possiede il maggior patrimonio pubblico di edilizia popolare e la più alta domanda di alloggi a canone moderato. In particolare, a fronte di circa 700.000 famiglie in locazione nel mercato privato, sono circa 171.000 alloggi di E. R. P. disponibili, pari al 24,4% . Il nuovo piano di politica per la casa messo a punto dalla

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di Carlo Lio


Regione Lombardia nel corso della legislatura punta da un lato ad investire risorse nella ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente affinché risponda in maniera dignitosa alle richieste dei cittadini; dall’altro si è deciso, dopo molti anni, di investire ingenti risorse per la costruzione di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica; se ne prevedono undicimila nei prossimi anni, quasi tutti destinati all’affitto a canone sociale e moderato. Un terzo fronte, non meno importante, è quello aperto per l’ammodernamento delle regole, la vera base di una riforma che sia capace di rispondere in profondità ai mutamenti della società. Il nuovo regolamento per l’accesso all’edilizia pubblica, e il progetto di legge di riforma delle

gnare alloggi a canoni moderati a quei cittadini, lavoratori, ricercatori o studenti universitari, che si allontanano da casa per periodi limitati proprio a causa del lavoro o lo studio. A cento anni esatti dalla Legge Luzzatti, che per la prima volta ha introdotto il concetto di edilizia sociale per le famiglie più bisognose, Regione Lombardia ha presentato nella sua riforma un’innovazione che intende proseguire e ammodernare quella filosofia aggiungendo una nuova formula definita “ canone moderato” . Si tratta di realizzare case completamente nuove che verranno costruite grazie ai fondi regionali, da affidare in affitto a quelle famiglie che non sono tanto in difficoltà da rientrare nei

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ALER, puntano a garantire un sistema di accesso e di gestione del patrimonio immobiliare pubblico più equo, più trasparente, ma soprattutto più funzionante. Infine, abbiamo messo a punto una serie di iniziative focalizzate in maniera specifica verso le diverse categorie di bisogno più diffuse tra i cittadini. Proprio quest’ultima rappresenta la parte più innovativa e, a mio giudizio, più qualificante, del nostro programma, che non guarda più alla politica della casa come ad un mero strumento di assistenza, bensì come ad un ventaglio di risposte mirate ai variegati bisogni dei cittadini. Tra le iniziative avviate già a partire dal 2000 ci sono il Fondo Sostegno destinato alle famiglie che vivono in affitto in case private a canoni troppo elevati; prosegue anche l’esperienza del sostegno alle giovani coppie che intendono acquistare la prima casa: con il primo di settembre è partito il nuovo bando che mette a disposizione circa 3500 finanziamenti da cinquemila euro; assume sempre maggiore rilevanza l’iniziativa della Locazione Temporanea, attraverso la quale i comuni possono asse-

parametri del canone sociale, ma non possono permettersi gli affitti di mercato. Una formula completamente nuova e inedita in Italia. Il Programma Regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica, strumento di programmazione e indirizzo che sta alla base di tutte le iniziative, prevede stanziamenti per un miliardo di euro in tre anni, di questi 180 milioni di euro di provenienza dal Bilancio Regionale che serviranno a realizzare almeno undicimila nuovi alloggi tutti destinati al mercato dell’affitto, e a riqualificare molti dei quartieri popolari già esistenti. Questi fondi serviranno: • emergenza abitativa di alloggi a canone sociale (100 milioni di euro per 1.500 alloggi); • interventi strutturali per alloggi a canone sociale da attuare in un più lungo periodo (300 milioni di euro per 4.500 alloggi); • emergenza abitativa per alloggi a canone moderato (100 milioni di euro per 3.000 alloggi. In quest’ultimo caso i finanziamenti consentono la realizzazione di un


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maggior numero di alloggi grazie alla previsione di canoni più elevati; • interventi strutturali per alloggi a canone moderato (250 milioni di euro per 7.000 alloggi); • 240 milioni di euro per i Contratti di Quartiere per riqualificare socialmente, urbanisticamente e strutturalmente i quartieri popolari già esistenti: perché anche il tema della dignità dell’abitazione e del quartiere è parte integrante del sistema di inclusione sociale; • 30 milioni per promuovere l’acquisizione di alloggi (in proprietà o locazione) dal mercato privato per essere messi in locazione dai Comuni, a canone calmierato, a favore di cittadini che necessitano, per ragioni professionali o di studio, di alloggi per un periodo determinato. Per finire, una delle novità principali è sicuramente rappresentata dal diverso approccio che la Regione Lombardia ha assunto verso i cittadini, affidando ai comuni il compito di sviluppare tutte le iniziative e riconoscendo loro non soltanto il ruolo di principale interlocutore, ma anche mettendo a frutto la conoscenza che questi posseggono di tutte le peculiarità territoriali. Ogni programma di investimento ed ogni iniziativa della Regione Lombardia viene, con questo spirito, avviata a stretto contatto con i comuni che di fatto divengono gli attuatori della politica.

Gli archivi dell’edilizia residenziale pubblica: conoscenza, tutela, accessibilità e valorizzazione di un patrimonio collettivo di Alessandra Marin Il ruolo dell’attore pubblico nella costruzione della città del Novecento è senza dubbio di grande rilievo, specialmente per l’attività nel campo dell’edilizia residenziale; rilievo che aumenta quando si considerano gli esiti indotti da questa attività, sia nel campo dell’architettura e delle tecniche costruttive, sia nel campo urbanistico e delle politiche abitative. La “ città pubblica” si è strutturata quindi spesso, nel corso del secolo e per fasi successive, come laboratorio per la costruzione di nuove idee di città, la sperimentazione di nuovi modi di “ fare architettura” , l’implementazione di programmi e politiche per il recupero urbano. A quali fonti d’archivio si può rivolgere chi voglia ricostruire queste storie complesse e articolate, e in quali modi potrà sondarle e utilizzarle? Queste note vogliono tracciare a grandi linee le possibilità di questo tipo di ricerca, individuando i problemi cui va incontro chi la intraprende, ma anche le opportunità che attraverso una corretta gestione degli archivi e del loro utilizzo si offrono alla tutela e alla gestione di un importante patrimonio abitativo come quello realizzato dall’operatore pubblico in Italia. Come spesso accade a chi si occupi di storia urbana – e specialmente di quella del Novecento – i dati e le notizie utili a ricostruire la vicenda di un quartiere, un programma costruttivo (locale o nazionale), un operatore nel campo dell’edilizia pubblica, sono spesso conservate in modo frammentario. I documenti relativi alle scelte di progetto, al processo realizzativo, o alla gestione del patrimonio abitativo pubblico sono reperibili presso una pluralità di archivi con differenti gradi di accessibilità, talvolta difficilmente individuabili all’interno di una massa di materiali attinenti al luogo o ai progetti studiati, ma fortemente eterogenei.

I primi archivi da sondare sono ovviamente quelli delle amministrazioni comunali e degli Istituti per le case popolari – oggi trasformati in aziende territoriali – cui hanno fatto capo, nella maggioranza dei casi, le iniziative di accrescimento dello stock abitativo pubblico. Le lacune presenti presso questi archivi possono, nel caso delle “ architetture d’autore” , essere colmate attraverso la consultazione degli archivi professionali dei progettisti. Infine, le documentazioni relative a particolari vicende – da quelle legate ad enti disciolti, come ad esempio l’UnrraCasas o altri enti nel secondo dopoguerra, alle vicende direttamente gestite da organi centrali, come i concorsi per i Cep banditi dal Ministero dei lavori pubblici – possono, pur con notevoli difficoltà, essere reperite sia presso archivi locali cui sono state versate, sia presso archivi e depositi di amministrazioni centrali. Quando ci si confronti con questi archivi, il primo problema da affrontare è relativo alla conoscenza dei materiali in essi conservati. I costi della catalogazione e della gestione di un archivio contenente tutti gli atti prodotti da un’amministrazione pubblica inducono spesso la stessa a rinunciare, in tutto o in parte, all’esigenza di conoscere con precisione la consistenza del proprio patrimonio archivistico. Ciò accade soprattutto nei medi e piccoli Comuni, ma non è raro che altri soggetti, come le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale, versino nelle medesime condizioni, e il ricercatore si debba affidare alla cortese collaborazione e alla memoria di qualche funzionario appassionato dell’argomento o abituato per motivi di servizio a districarsi tra incartamenti e progetti. Ciò priva la ricerca della possibilità di verificare dati preziosi, come quelli derivabili dai materiali che testimoniano il processo di elaborazione e realizzazione del progetto, spesso archiviati separatamente dallo stesso. Il secondo problema riguarda l’accessibilità e la tutela dei materiali. La carenza di locali idonei per consentire una buona conservazione dell’archivio e la sua fruizione da parte del pubblico è un dato pericoloso per la tutela dei documenti. La situazione, dal punto di vista della tutela, non migliora nel caso di una totale chiusura dei depositi. Spesso, anzi, alla mancanza di accessibilità corrisponde uno stato di abbandono dei materiali che ne pregiudica anche la conservazione. Un archivio custodito in luoghi decentrati rispetto alla sede amministrativa e per troppo tempo chiuso al pubblico produce, in genere, numerose “ falle” nella memoria del soggetto (pubblico o privato) che gli ha dato forma. Un terzo problema è quello della valorizzazione: nonostante non manchino per l’edilizia popolare pubblicazioni che abbiano studiato la vicenda delle singole città o degli Istituti che vi hanno operato, nella maggior parte dei casi manca la costruzione di un più ampio progetto di comunicazione di questo patrimonio storico. Un progetto che – utilizzando non solo il supporto cartaceo, ma soprattutto le tecnologie informatiche e il web – consenta di gettare uno sguardo ampio e complessivo sull’intera città pubblica, sui suoi differenti aspetti, sul ruolo che riveste all’interno della città nel suo complesso. Per non scoraggiare chi volesse, con fini diversi, intraprendere una ricerca su questo argomento, affrontando una strada irta di difficoltà, ma sulla quale non mancano esempi di organizzazione ed efficienza, propongo infine uno sguardo sui tipi di materiali che questi archivi conservano. Si parte dai documenti che testimoniano la gestazione del quartiere o dell’intervento edilizio, la scelta dell’area,


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i rapporti con gli strumenti urbanistici, i piani finanziari e l’individuazione dei progettisti. Vengono poi i progetti originali – relazioni, computi metrici, capitolati, e ovviamente, disegni – e il carteggio tra progettisti, committenza, amministrazioni e istituzioni sovraordinate. La realizzazione produce spesso ampie moli di materiale, tra cui spiccano i progetti esecutivi, sui quali direttori dei lavori e imprese hanno fissato – con minute, appunti, calcoli – particolari non già definiti dal progetto, soluzioni di problemi, varianti in corso d’opera. Vengono infine i materiali relativi alla gestione, dalle pratiche di assegnazione, ai progetti di allestimento degli spazi aperti, alle

richieste di modifica degli alloggi. Un complesso di documenti veramente ricco, che consente non solo di ricostruire la storia del progetto urbanistico ed edilizio, ma offre preziosi contributi anche alla storia economica e sociale. Ma, al di là delle finalità di ricerca, fornisce indicazioni fondamentali anche per la gestione e manutenzione del patrimonio residenziale pubblico – o di quello che come tale è nato, venendo poi riscattato e privatizzato – fornendo supporto ai tecnici per operazioni che vanno dagli interventi di adeguamento impiantistico fino alle ben più rilevanti trasformazioni attuate dai “ programmi complessi” .


Una rinnovata questione delle abitazioni di Raffaele Pugliese

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Dopo gli accesi contrasti politici e sociali degli anni ’60 e ’70 e l’affermarsi di un grande processo di dispersione nel territorio della residenza, il problema della casa è stato a lungo emarginato dal dibattito politico e culturale. Solo in questi ultimi anni si sono avuti segnali di un rinnovato interesse, a seguito di nuove tensioni sociali verificatesi nelle grandi città e a Milano in particolare. Il caro-casa ha riproposto la questione delle abitazioni e la necessità di azioni politiche più efficaci per garantire l’accesso alla casa ai cittadini in difficoltà, soprattutto per la scarsità di abitazioni in affitto. In questo quadro le celebrazioni del Centenario della legge Luzzatti, e in particolare la mostra “ La casa popolare 1903-2003” , sono state un’importante occasione per una lettura critica e propositiva di cento anni di politiche sociali per la casa popolare in Lombardia. La legge Luzzatti, che per il nostro Paese rappresenta la prima risposta dello Stato al problema dell’abitazione delle classi meno abbienti, rivolgendosi al mercato, configurava soluzioni di intervento indiretto, attraverso aiuti e facilitazioni tendenti a incoraggiare all’azione soggetti diversi, principalmente privati. “ Sarà un’opera buona ed un buon affare” diceva Luzzatti. Sono passati 100 anni durante i quali, con una certa costanza e alterne vicende, lo Stato da promotore indiretto si è trasformato in operatore diretto, impegnato a finanziare e a realizzare, tramite i Comuni e gli Istituti autonomi case popolari, interventi di edilizia residenziale pubblica che hanno avuto un doppio ruolo: da un lato sono stati veicolo di promozione della proprietà della casa per i ceti deboli, grazie al meccanismo del riscatto; dall’altro hanno permesso di realizzare un patrimonio di case di proprietà pubblica che, nonostante a volte sia fonte di esasperazione e di esaltazione del disagio, costituisce comunque un’importante risorsa. Le cicliche iniziative relative all’edilizia popolare (in particolare la stessa legge Luzzatti e il piano Fanfani Inacasa) hanno poi svolto un ruolo di traino e di promozione del settore delle costruzioni nei processi di sviluppo dell’economia nazionale; mentre sul versante disciplinare dell’architettura sono state un importante campo di sperimentazione e di ricerca. Al di là delle differenti qualità urbane e architettoniche, le realizzazioni di questi cento anni, anche nelle, a volte, drammatiche situazioni di degrado, sono lì a testimoniare modi diversi di organizzare lo spazio della città. I quartieri popolari si distinguono per le forme regolari e adorne di verde, che esaltano l’unitarietà della loro concezione al cospetto della frammentata edilizia privata, e testimoniano di quella dignità civile che ha animato il pensiero dei maestri dell’architettura moderna lombarda. La mostra, della quale è in preparazione il catalogo, ha originato un programma di esposizioni e di seminari, in corso di svolgimento in Lombardia, in cui si promuove il dibattito sui problemi posti da quella che si va sempre più delineando come una rinnovata questione delle abitazioni. Con la sua obiettiva aderenza alla realtà, la mostra rende evidente la progressiva caduta di tensione ideale che caratterizza l’ultimo ventennio. Gli interventi più recenti, generalmente di piccola dimensione, non rappresentano più quel campo di sperimentazione che avevano svolto in passato, ma sono piuttosto a rimorchio degli orientamenti tipologici praticati dall’edilizia privata. Essi testimoniano della progressiva perdita di

ruolo della residenza, sempre più subordinata alle funzioni forti e alla sua rilocalizzazione a scala metropolitana. D’altra parte, il degrado del patrimonio pubblico pone problemi di recupero che, se da un lato s’innestano sul più generale problema della riqualificazione delle periferie urbane, dall’altro propongono l’esigenza di ripensare la qualità dell’abitare nei grandi complessi ereditati dal passato. L’emergenza casa si accompagna ad un’evoluzione della domanda che è nuova e determinata dalla moltiplicazione dei nuclei famigliari, dai nuovi flussi migratori e dalla mobilità del mercato del lavoro, ma anche dal diffondersi di una situazione di “ vulnerabilità economica” delle famiglie, che non è più limitata alle condizioni economiche basse e alimenta un disagio diffuso e articolato. Per fronteggiare la nuova questione dell’abitazione occorre una politica per la casa diversificata, in relazione alle diverse necessità espresse dalla domanda: dall’intervento di organismi finanziari privati, nel quadro delle regole del mercato, che possono individuare anche nell’affitto moderato condizioni di remuneratività per il capitale investito; agli interventi per quella fascia di cittadini (italiani, comunitari ed extracomunitari), operosi e tuttavia disagiati, che non dispongono delle risorse necessarie a pagare un canone di locazione sufficiente a remunerare gli investimenti occorrenti per la costruzione di nuove abitazioni o per la ristrutturazione di quelle esistenti; agli interventi di carattere più propriamente assistenziale necessari per fare fronte a quelle aree della domanda che provengono dalla marginalità sociale. Per evitare che l’emergenza casa incida in maniera negativa sulle capacità di competizione del sistema economico, la casa, come componente essenziale dei sistemi insediativi, dovrebbe assumere il ruolo di opera di urbanizzazione e di infrastrutturazione del territorio produttivo, necessaria per garantire le condizioni basilari della competitività del sistema economico regionale complessivo. Rispetto alle scelte delle amministrazioni comunali, che spesso tendono a marginalizzare (anche dal punto di vista localizzativo) le case popolari e il problema, si tratta invece di operare perché l’abitazione possa ritornare ad avere un ruolo nell’orientamento dei processi insediativi. Per governare la “ città diffusa” , si dovrebbero sostenere i naturali processi di agglomerazione lungo le linee infrastrutturali, riscoprendo l’importanza primaria dei grandi sistemi di circolazione in rapporto ai poli urbani. Le case popolari potrebbero rappresentare il catalizzatore di un progetto collettivo, consapevole delle necessità dell’abitare contemporaneo e in grado di ricondurre la discontinuità, la complessità e le pluralità labirintiche della “ città diffusa” alle convenienze più generali. Riscoprendo i valori della città e dei luoghi, esse potrebbero promuovere la difesa e il rinnovo dell’urbanità nei nuovi insediamenti, la cui grandezza conforme potrebbe contribuire, insieme alle funzioni pubbliche, a determinare spazialità adatte a ricostruire trame, tessuti di relazione e nuovi nuclei di centralità. Si apre per la cultura architettonica un campo di attività multi-disciplinare, in cui la tradizionale attenzione dell’architettura alla complessiva utilitas civile non riguarda soltanto la realizzazione di alcuni grandi episodi di trasformazione urbana, per i quali chiamare a competere le star internazionali, quanto piuttosto il recupero dei valori di una dignitosa mediocritas, che potrebbe essere ricchezza, e della sostanza che è più importante dell’apparenza.


a cura di Roberta Fasola

Un pomeriggio all’ALER per parlare di qualità dell’architettura Nel 1903 con la Legge Luzzatti nasce l’edilizia popolare in Italia. A quell’anno risale la fondazione dei primi Istituti per le Case Popolari ai quali rapidamente ne seguirono

blica” . Il 10 giugno 1996 la regione Lombardia emanò la Legge n. 13 di “ riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica ed istituzione delle Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale (A.L.E.R.)” . Gli IACP lombardi cessarono così di esistere e furono trasformati in aziende, ovvero in enti pubblici con finalità economiche dotati di un nuovo Statuto e un nuovo Consiglio di Amministrazione e con la possibilità di avere maggiori prospettive operative. L’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Como

Planimetria del PRU di Erba.

ISO9001:2000” . Nello specifico, l’attuale patrimonio è costituito da 3.877 alloggi, dei quali 2.706 di proprietà e i restanti di proprietà dei Comuni e del Demanio, e da oltre circa 2.171 boxes e circa altri 81 immobili, tra i quali anche negozi e magazzini. Sostanzialmente, quindi, l’ALER comasca si presenta come un ente istituzionale e sociale che si prefigge come obiettivo principale un progetto architettonico ed urbano di qualità, operando attraverso due motivi istituzionali fondamentali: • il momento costruttivo; • il momento gestionale, inteso come amministrazione sia del proprio patrimonio che di quello altrui per conto dei Comuni di volta in volta coinvolti, confrontandosi soprattutto con la delicata questione della manutenzione che costituisce all’oggi uno dei problemi più grossi da affrontare. Nel dettaglio la ricerca di qualità, sia a livello progettuale che di esecuzione tecnica, interessa gli interventi in due modi: • attraverso la progettazione di nuove costruzioni, dove gli standard tecnici richiesti dai Bandi regionali (riferiti per esempio alle questioni dell’isolamento acustico, il tipo di terreno, la cubatura), vale a dire i limiti della griglia progettuale intesi non più come tali ma come opportunità accrescitiva, garantiscono il soddisfacimento di determinati criteri di progettazione inerenti sia la tecnica costruttiva che la capacità espressiva dell’edificio, imponendo determinate caratteristiche difficilmente riscontrabili nell’edilizia libera;

• per mezzo del recupero dell’esistente con ristrutturazioni (soprattutto nei centri abitati storicamente insediati) che mirano a valorizzare le caratteristiche peculiari degli edifici, sconfinando alle volte anche nel restauro conservativo e ponendo particolare attenzione al rispetto della storia e all’uso dei materiali. Il momento progettuale vero e proprio, inoltre, può avvenire direttamente dall’interno dell’ALER stessa, grazie alla presenza di un ufficio tecnico e di uno gestionale o con l’apporto professionale e culturale di tecnici esterni, mentre la Direzione Lavori viene gestita all’interno dell’Azienda. Poiché anche l’ALER è soggetta alla Legge Merloni, si è voluto capire in che modo viene affrontato dal suo interno il tema del Concorso Pubblico, al quale i professionisti, e nello specifico soprattutto i giovani, sono particolarmente sensibili, in quanto momento progettuale vissuto come opportunità di accrescimento sia culturale che professionale, nonché opportunità lavorativa concreta. Ciò ha subito sollevato la presenza di problemi inerenti la tempistica organizzativa: i 3 mesi che spesso intercorrono tra l’uscita del Bando Regionale e la consegna del progetto non sono sufficienti per introdurre questo tipo di procedura precedentemente adottata in diverse occasioni di cui l’ultima è stata il concorso di via Tito Livio a Como loc. Prestino (1998-99), vinto dall’arch. Mario Di Salvo. Durante l’incontro è stata apertamente manifestata, la volontà di

Foto del restauro di Villa Comolli. altri in grandi e piccoli centri. Nel 1926 nasce in Como l’Istituto Autonomo case popolari, riconosciuto Ente Morale con Regio Decreto n. 128 del 9 gennaio 1927. Promotrici del nuovo organismo furono alcune autorità politiche, mentre l’Amministrazione Comunale offrì con sollecitudine il proprio sostegno sia con la cessione di aree edificabili, sia con sovvenzioni. La trasformazione da Ente Morale a Ente Pubblico non economico, con D.M. del 16 agosto 1938, diede rinnovato slancio all’attività dell’Istituto che, tra il 1940 ed il 1950, incrementò il proprio patrimonio nonostante il conflitto bellico. La “ Legge sulla casa” , ossia la Legge n. 865 del 22 ottobre 1971, modificò radicalmente la normativa di riferimento. Non si parlò più di “ edilizia economico-popolare” , bensì di “ edilizia residenziale pub-

si è costituita con l’insediamento del Consiglio di Amministrazione il 18 aprile 1997, ponendosi come obiettivo principale il miglioramento della qualità dell’intera attività aziendale. Mediante il continuo monitoraggio di tutti i processi amministrativi aziendali, infatti, si è reso possibile seguire il servizio di gestione del patrimonio e dell’utenza di edilizia residenziale pubblica di proprietà o assunto per incarico di altre pubbliche amministrazioni e, attraverso una procedura documentata di controllo e verifica sia del servizio sia del prodotto, è così possibile curare la progettazione ed esecuzione degli interventi edilizi, di nuove costruzioni, di ristrutturazione, di recupero edilizio ed urbanistico. Intenzioni, queste, che si sono concretizzate con la “ Cert if icazione di Conf ormit à

Renato Conti (in collaborazione con Paolo Brambilla), Asilo nido. Prospetto sud, prospetto nord e plastico del progetto.

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ricerca, di apertura in questa direzione, anche se, tuttavia, la scelta dell’oggetto del concorso dovrà essere di volta in volta attentamente valutata in quanto riferita alle situazioni specifiche del singolo caso. Il Concorso pubblico, dunque, come opportunità: occasione che potrà consentire ai giovani progettisti di emergere, attraverso l’individuazione di un progetto dotato di spirito di rinnovamento ed adeguamento, attraverso la ricerca di esperienze evolutive della stessa cultura architettonica. E in tal senso la struttura ALER ha manifestato l’intenzione di operare, in maniera tale da riuscire ad attivare quanto prima questo tipo di procedura. Da non sottovalutare, inoltre, il fatto che l’ALER non si occupi solo di edilizia residenziale in quanto ente appaltante di iniziative da parte dei comuni: ne è rappresentativo in questo senso il caso del Piano di Recupero Urbano “ Erba Alta” , via Bassi, Cavour, Parini e Piazza Carcano in Comune di Erba, i cui lavori sono attualmente in corso d’opera; piano con cui emerge la volontà dell’ALER a non limitarsi al singolo episodio ma a interessarsi all’aspetto urbano complessivo. Infatti l’intervento si compone di 4 elementi tra loro coordinati: • un asilo nido (progetto architettonico arch. Renato Conti); • il restauro conservativo di Villa Comolli (progetto architettonico e D.L. arch. Marzio Negri, funzionario dell’ALER); • la ristrutturazione di edifici esistenti e la nuova edificazione ad uso residenziale (progetto architettonico arch. Paolo Farano). Questo intervento, assieme ai recenti di Cantù, manifesta indubbiamente una diversa sensibilità rispetto ad altri riconducibili agli anni ’50, ’60 e ‘70 anche se da ricordare rimangono le collaborazioni con professionisti di prestigio quali ad esempio Giuseppe Terragni e Alberto Sartoris per il progetto del quartiere di Rebbio (193839) per via Anzani (1941-43), o Vico Magistretti per il quartiere satellite a Monte Olimpino (1959), Francesco Castiglioni con Emilio Terragni per il quartiere di Breccia (1972-75). Nel dettaglio, all’interno dell’attività costruttiva in corso si ricordano: • alloggi ultimati e consegnati nel 2004: totale n. 48 alloggi; • in costruzione: totale n. 56 alloggi; • interventi da appaltare: totale n. 50 alloggi; • in progettazione: totale n. 69 alloggi; • presentazione Proposte emergenza abitativa - 2° avviso: totale n. 17 alloggi; • presentazione proposte PCERS 2° avviso: totale n. 84 alloggi; • programmi locazione temporanea: totale n. 40 posti alloggio. R. F. colloquio con Alessandro Turati, Presidente dell’ALER di Como

Cremona a cura di Massimo Masotti

Il futuro dell’edilizia popolare nel territorio cremonese. Valorizzare il costruito e puntare all’innovazione tecnologica Un po’ di storia (1) Dopo soli due mesi dall’emanazione della Legge Luzzatti, precisamente il 2 agosto 1903, sorse a Cremona uno dei primi enti italiani preposti all’edificazione di case popolari. La Società per le case popolari in Cremona diede avvio alla costruzione di case popolari a partire da un primo nucleo di abitazioni in via Milano. Presente all’inaugurazione, oltre alle autorità cittadine, anche il promotore della legge, l’on. Luigi Luzzatti, a testimonianza di come Cremona si fosse mossa tempestivamente dopo l’approvazione della legge. La società esiste tuttora a Cremona, anche se con una ragione sociale diversa. A fianco della “ Società per le case popolari in Cremona” sorse nel 1910, su volontà del Municipio di Cremona e degli enti locali, l’Istituto autonomo Case Popolari di Cremona. Nel piano regolatore del 1910, a firma dell’ing. Remo Lanfranchi, erano già previste costruzioni da affidare all’Istituto. Furono realizzati diversi interventi di edilizia economica popolare, ma una crisi finanziaria obbligò l’ente a chiudere i battenti nel 1925. Determinante per lo sviluppo della costruzione degli alloggi popolari nel territorio cremonese, sia nei primi 40 anni del secolo che nel dopoguerra e fino a giorni nostri, fu l’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Casalmaggiore, sorto nel 1911. Nel comune esistevano già alcune società che si occupavano della costruzione di case popolari. La prima attività dell’Istituto si concentrò sul territorio casalasco ma poi, dal 1932 e grazie ad una modifica statutaria, il raggio d’azione si estese fino a Cremona, con la costruzione di una prima palazzina di 20 appartamenti lungo viale Po. La trasformazione in ente provinciale portò anche al trasferimento della sede a Cremona. L’attività dello IACP provinciale (che nel frattempo cambiò nome in Istituto Fascista Autonomo Provinciale per le case popolari della Provincia di Cremona), così definito dal 1939, ebbe buon impulso per i quattro anni successivi, con la realizzazione di ben 156 alloggi nei comuni di Cremona, Crema e Pizzighettone. Nel 1945 riprese l’attività dell’ente (sparì naturalmente la parola “ fascista” dalla denominazione), che mise mano immediatamente agli edifici danneggiati dalla guerra. Finanziamenti statali arrivarono tra

il 1948 e il 1958 a dar corpo alla costruzione di ben 476 alloggi, tra cui quelli per i profughi collocati nella zona S. Bernardo a Cremona. Allo IACP fu pure affidato il compito della costruzione di più di 1700 alloggi per conto dell’Ina-Casa. Nel 1955 lo IACP acquista 20.000 mq di area fabbricabile in località Giuseppina a Cremona e dà il via al più grande intervento edilizio mai intrapreso dall’ente. Alla fine degli anni ’60 gli alloggi realizzati dallo IACP erano quasi 3000. Nel 1963 venne istituita la Gescal, Gestione Case per lavoratori, nata

tuto approvato dal Consiglio regionale” (Art.1.1 della Legge n. 13 del 10.6.1996). Tale passaggio non è stato di certo indolore: questa forma ibrida di azienda, di nome e non di fatto, è soggetta a molte limitazioni, tra cui la vendita degli alloggi a prezzi non remunerativi e l’applicazione di affitti non a prezzo di mercato (il canone medio di affitto al 2001 era di circa 156.000 delle vecchie lire). Ciò impedisce all’ALER di attivare pienamente quel carattere di imprenditorialità che è previsto nel nuovo statuto.

Edificio in via Ciria a Cremona. per sopperire alle carenze del piano Ina-Casa, nel dettato della Legge 167/62 che consentiva l’esproprio di aree inserite in appositi piani di zona per l’edilizia economica popolare. Questa storica legge ha portato a stringere forti legami tra pianificazione urbanistica e politica della casa. La Gescal venne poi soppressa dieci anni più tardi, insieme ad altri enti che si occupavano di assistenza alle fasce più deboli della popolazione. Ciò non fece altro che rafforzare l’importanza dello IACP, soprattutto a partire dagli anni ’70. Se negli anni ’60 l’attività edilizia fu particolarmente intensa, con un incremento del numero degli alloggi costruiti dall’istituto di quasi 2000 unità, nel decennio successivo, grazie anche alla legge sulla riforma della casa (la 865 del 1971), questa attività non venne meno, grazie ai finanziamenti dello Stato in conto interessi. L’agevolazione del credito diede impulso all’attività edilizia in un periodo di grave crisi occupazionale. Dal 1980 inizia l’attività di recupero di vecchi fabbricati, soprattutto di cascine in disuso. L’attività si intensifica soprattutto verso la fine del decennio e prosegue negli anni ‘90. Per contro diminuisce l’attività edilizia della costruzione di nuovi alloggi. Nel 1997 lo IACP si trasforma in ALER, “ ente pubblico di natura economica dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e organizzativa, patrimoniale, contabile, con proprio sta-

Il mancato apporto di finanziamenti pubblici (o comunque limitato ad iniziative specifiche) ha obbligato l’azienda ad un cambio di mentalità: da un lato massima attenzione al pareggio di bilancio entrate/uscite e dall’altro l’ottimizzazione dell’attività lavorativa e della redditività del proprio patrimonio. L’ALER oggi A partire da quest’ultima analisi, abbiamo chiesto all’attuale Presidente dell’ALER, dott. Eugenio Dolfini, e al Direttore Generale, ing. Antonio Pedaci, di fare un quadro dell’attività svolta negli ultimi anni e di fornire indicazioni sulle azioni future dell’azienda. Quali sono le iniziative ALER per i prossimi anni? Dolfini: Un progetto su cui l’ALER provinciale punta molto è il recupero del Quartiere Borgo Loreto a Cremona. Il progetto rientra in un bando nazionale denominato “ Contratto di Quartiere 2” . Lo scopo del bando è di recuperare i quartieri particolarmente degradati di edilizia pubblica. La Regione Lombardia ha deciso di intervenire in modo sostanziale per sostenere questo recupero, stanziando un cifra pari a quella stanziata dallo Stato. Anche se vi sono molte richieste di adesione al bando si è fiduciosi per l’accettazione della richiesta. Il quartiere Borgo Loreto è molto importante per Cremona. Nel quartiere abbiamo 250 alloggi di edilizia popolare, di cui 50 sono del


Quali sono state le opere più importanti realizzate dall’ALER di Cremona negli ultimi anni e quali sono le difficoltà delle gestione dell’azienda ALER? Pedaci: L’Attività dell’ALER negli anni (2001 – 2003) ha visto: • la costruzione di n. 53 alloggi tra Casalmaggiore, Piadena e Casalbuttano per un totale di investimento pari a 3.400.000,00 di euro; • un’attività di ordinaria e straordinaria manutenzione per circa 2 milioni di euro all’anno; • alcuni lavori in convenzione con il Comune di Cremona per un complessivo di 6 milioni di euro. Nel 2004: • verranno completati n. 30 alloggi a Crema per un investimento pari a 2,5 milioni di euro; • saranno riattati gli alloggi del quartiere Sabbie e di via Ghinaglia a Cremona per un complessivo di 2,2 milioni di euro; • altri interventi per 3,5 milioni di euro sono previsti sempre a Crema; • altri lavori per 600.000 euro ver-

ranno realizzati in convenzione con i Comuni (Soncino e Cremona); • per la manutenzione verranno spesi nel corrente anno 2 milioni di euro. Per il futuro, oltre all’intervento di recupero urbano ed edilizio sul quartiere di Borgo Loreto, sono previsti interventi di nuova costruzione a Soncino e a Casalmaggiore, oltre ai già programmati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Attualmente l’attività principale dell’ALER è, comunque, orientata al recupero degli edifici esistenti. La manutenzione dei fabbricati di proprietà è completamente autofinanziata, senza quindi dover attingere a contributi statali o regionali. Se pensiamo all’esiguità degli affitti si ha l’idea di come lo sforzo per intervenire sul costruito sia molto impegnativo. Non sempre, purtroppo, si riesce ad intervenire per evadere tempestivamente tutte le richieste. Si è passati da un periodo in cui si è costruito molto (fino al 2001) ad un nuovo periodo in cui a causa, come detto, della diminuzione dei contributi statali, l’intervento principale è diventato la manutenzione del patrimonio esistente. Nel programma ALER dei prossimi anni è prevista la possibilità di fare un investimento sull’arco dei 10 anni con un stanziamento di circa 2 milioni di euro all’anno, in modo da poter completare il ciclo della manutenzione di tutto il parco fabbricati di proprietà. La diminuzione dei finanziamenti per la realizzazione di nuove costruzioni è dovuta alla contrazione della richiesta di alloggi a basso costo? Pedaci: Al contrario. La domanda di alloggi è in costante aumento. Ne consegue che la sofferenza di alloggi da assegnare si è acuita. Per questo motivo accanto alla tradizionale offerta di alloggi con affitti a basso costo, sono state introdotte altre forme di assegnazione degli alloggi, come quelle a canone moderato, più alto rispetto a quello della case popolari ma accessibile da alcune tipologie di utenti. L’ALER sta studiando strategie nuove per accedere ai fondi necessari per far fronte a queste richieste.

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Comune. Il recupero prevede la manutenzione degli alloggi ed una loro diversa ridistribuzione tipologica, attraverso la creazione di unità dimensionalmente più piccole, con conseguente aumento di abitazioni disponibili. Verrà migliorata, inoltre, la qualità dei servizi del quartiere e verrà ristudiato l’arredo urbano, oltre al miglioramento dei collegamenti con la città e le zona limitrofe. Un’altra condizione peculiare per ottenere il finanziamento è la realizzazione dell’opera attraverso la progettazione partecipata, coinvolgendo cioè la popolazione del quartiere nelle scelte di recupero. Il contratto di quartiere va a recuperare queste zone anche in termini sociali, con l’introduzione di nuove famiglie accanto alle fasce più deboli (pensiamo come esempio agli anziani e agli extracomunitari), in modo che il quartiere sia vivo e legato alla realtà sociale della città. Altre iniziative riguardano gli sviluppi dei temi che nei prossimi mesi saranno affrontati a livello regionale, sulla scorta delle indicazioni emerse successivamente alle celebrazioni dei cento anni della legge Luzzatti. Lo scorso anno, alla Triennale di Milano, è stata allestita, infatti, una mostra ed è stato organizzato un importante un convegno. Da quell’occasione è nato il progetto di organizzare nelle singole ALER locali alcuni seminari su temi specifici. L’iniziativa, promossa dalla Regione Lombardia e dall’ALER di Milano, vede le ALER di Cremona e di Lodi impegnate a organizzare un seminario sulla domotica. L’iniziativa porterà ad una prima sperimentazione nel settore dell’edilizia pubblica delle tecniche di controllo e gestione automatica degli impianti dell’abitazione, portando sicuri benefici per gli utenti, soprattutto quelli disagiati, oltre alla conseguente ricaduta positiva in termini di efficienza negli interventi di manutenzione.

Edificio in via Massarotti a Cremona.

Edificio in via Massarotti a Cremona.

M. M.

Note 1. I dati riportati nella prima parte dell’articolo, relativi alla storia dell’edilizia popolare del territorio cremonese, sono tratti dal testo Dall’Istituto Autonomo per le Case Popolari all’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale edito dall’ALER di Cremona in occasione dei novant’anni della fondazione (1911 - 2001), curato da Angelo Locatelli e con i contributi di Dezio Paoletti e Marcello Zane.

Edificio in via Sonsis a Cremona.


Lecco a cura di Maria Elisabetta Ripamonti

Conversazione con Giuseppe Canali Giuseppe Canali, presidente dell’ALER della Provincia di Lecco, spiega che prima del 1997 esisteva un Istituto Autonomo Case Popolari diret t ament e gest it o da Roma; con la delega alle regioni

segue la lungaggine degli appalti pubblici che richiedono tempi molto diversi rispetto alle procedure private. Spesso, inoltre, accade che lavori in Provincia di Lecco vengano appaltate ad imprese molto distanti dal territorio provinciale” . Le aree da destinare all’edilizia pubblica residenziale vengono individuate dalle singole amministrazioni comunali secondo i criteri di riqualificazione ritenuti più opportuni in quanto compatibili con programmi integrati e programmi di recupero urbano. A volte si utilizzano aree in cui costruire ex-

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Comune di Dolzago, edificio di nuova costruzione (8 alloggi), 2002.

Comune di Dolzago, recupero dell’ex Casa Anziani in via Dante (14 alloggi), 2002. ciascuna ha legiferato in tal senso istituendo aziende diverse. L’ALER è una di queste aziende che opera con criteri di efficacia, di efficienza e di economicità nell’ambito dei poteri di coordinamento, indirizzo e controllo che la Regione esercita ai sensi della Legge Regionale 29/3/97 n. 8. L’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale (ALER) è un ente di natura economica dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e organizzativa, patrimoniale, contabile e di un proprio statuto approvato dal consiglio regionale. L’azienda svolge la propria attività prevalentemente, ma non esclusivamente, nell’ambito provinciale. “ Sebbene sia risultato positivo il decentramento derivante dalla legge del 1997, che ha consentito maggior snellezza di procedure burocratiche ed una migliore gestione aziendale” afferma Canali “ gli appalti debbono ancora riferirsi alla Legge Merloni. Ne con-

novo, a volte si ristrutturano edifici esistenti recuperando vecchie abitazioni. Per realizzare quanto sopra si utilizzano risorse finanziarie proprie o stanziate per tale scopo dalla Regione. Per fare un esempio i tre progetti (due palazzine realizzate in via Airlodi e Muzzi a Lecco, rispettivamente di 7 e 15 appartamenti, ciascuno dotato di proprio box, ed una in via ai Monti a Lecco di 13 alloggi) sono stati finanziati dallo stato al 65-70%. Gli edifici a Lecco in via Berni e via Spreafico sono stati finanziati dalla regione per il 65-70%. Per quanto riguarda gli altri alloggi: quelli a canone sociale hanno avuto un finanziamento al 65% dalla Regione, quelli, invece, a canone moderato il 35% del finanziamento è stato stanziato dalla Regione ed il 65% dall’ALER. Il presidente Canali sottolinea che non c’è un accordo libero con il comune e che l’ALER deve sottostare ai parametri posti dalla Regione Lombardia per avere un finanziamento.

Occorre differenziare tra canone sociale e canone moderato. Quest’ultimo è minore del canone d’affitto di mercato di circa il 30% e risulta, comunque, più alto rispetto a quello a canone sociale. La differenza tra i canoni applicati ai vari alloggi è data dal reddito degli occupanti. Il presidente Canali spiega che circa il 30% degli inquilini paga un vecchio canone d’affitto di € 20-25 al mese, sebbene con accordo sindacale del gennaio 2003 si sia attuato un aumento dei canoni d’affitto a canone sociale del 10-12% . “ Canoni così bassi sono una delle cause della totale immobilità degli inquilini, vero dramma per ALER della nostra provincia” continua Canali sottolineando l’importanza di adeguare tali canoni in funzione degli occupanti gli alloggi. “ Spesso chi non ha più il titolo per occupare tali alloggi, perché è titolare di un reddito decisamente migliore rispetto ad anni precedenti, o perché è diminuito il numero degli occupanti in conseguenza di una nuova situazione familiare, continua, di fatto, a pagare un canone molto basso e non più adeguato alla nuova situazione. Una soluzione al problema potrebbe essere quella di aumentare i canoni d’affitto nel caso in cui si desiderasse rimanere nell’alloggio pur detenendo un reddito più alto. Con questi affitti si potrebbero sottoscrivere nuovi mutui per l’acquisto di nuovi immobili oppure utilizzarli per manutenzioni straordinarie ad immobili costruiti circa 30 anni fa” . La Regione Lombardia, con un recente provvedimento, emanato al fine di verificare il patrimonio detenuto dal singolo inquilino, ha indotto le ALER ad un’indagine relativa a tutti gli alloggi. Si tratta di un’autocertificazione relativa alla situazione economica che gli inquilini dovranno fornire dichiarando l’eventuale possesso di titoli, di azioni, di fondi d’investimento. L’anagrafe è partita il 1° luglio 2004 e verrà chiusa a fine novembre. Il presidente Canali si augura che quest’anagrafe delle utenze contribuisca a fermare questa logica d’immobilismo. Gli abbiamo chiesto di fornirci una panoramica sull’attuale situazione degli alloggi assegnati e sul fabbisogno nella provincia di Lecco: “ Nel 2002 avevamo 1.300 domande di assegnazione inserite in graduatoria (946 nei comuni di provincia e 364 relative al comune di Lecco) contro le 1.000 del 1997 (620 in provincia e 380 a Lecco). Come si può notare è cresciuto notevolmente il numero di richieste, conseguenza della maggior difficoltà economica, negli ultimi anni, di trovare un alloggio in affitto per famiglie poco abbienti. Purtroppo il numero degli alloggi assegnati è decisamente basso rispetto alla domanda; vi sono non più di 30 o 40 famiglie che lasciano disponibili alloggi in un anno rispetto a nuove 1.000 che ne fanno richiesta. Il ricambio risulta deci-

samente molto basso. Una delle cause del ridotto numero di alloggi assegnati è il fatto che spesso si è fatta una convenzione diretta con i singoli comuni che hanno messo paletti all’assegnazione degli alloggi nel tentativo di privilegiare il proprio territorio. Porto ad esempio il comune di Dolzago che per l’assegnazione degli alloggi nel vecchio immobile comunale (ex-casa di riposo nella quale si sono realizzati 14 appartamenti) e per gli 8 alloggi in villette (consegnate nel 2004) aveva richiesto per i potenziali inquilini dai 5 ai 10 anni di residenza nel Comune. Dopo varie trattative si è concesso l’alloggio anche a chi non era residente, ma lavorava da anni in paese. Si è fatto, insomma, un bando ad hoc per l’assegnazione di questi alloggi. Altro aspetto da sottolineare, infatti, è l’aumento delle richieste da parte degli extracomunitari: nelle ultime graduatorie rappresentavano circa il 50% delle domande. Tale incremento potrebbe risultare motivo di reticenza da parte dei comuni nell’offrire aree o alloggi alle ALER” . Mentre un tempo le graduatorie per le assegnazioni degli alloggi avvenivano ogni 4 anni con la nuova Legge Regionale (regolamento n. 1 del 10/2/2004) vi saranno nuovi bandi ogni 6 mesi, le graduatorie verranno pubblicate a luglio e gennaio. Abbiamo chiesto al presidente Canali dove c’è maggior discrepanza tra richiesta ed assegnazione: “ Sicuramente il divario maggiore è in Lecco città ed hinterland dove la richiesta è decisamente alta, segue, Mandello, Calolzio, Olginate, Valmadrera e la zona di Merate. Minor richiesta si verifica nella zona della Brianza. La tendenza attuale è quella di costruire dove non si hanno alloggi ALER in modo da uniformare il territorio per quanto riguarda gli alloggi di edilizia pubblica residenziale. Attualmente sono 1.788 gli alloggi di proprietà dell’ALER; entro la fine dell’anno quest’ultima dovrebbe avere in gestione anche i 400 alloggi di proprietà del Comune di Lecco” . Canali sottolinea con orgoglio che la qualità degli alloggi, forse un tempo trascurata, oggi equivale a quella della residenza privata. Si costruiscono piccole palazzine mediamente di 4 appartamenti ciascuno. Inoltre, per differenziare il prodotto ALER, evitando di avere alloggi dalle stesse caratteristiche, si è deciso di affidare la progettazione a studi esterni (il primo progetto non studiato all’interno degli uffici ALER è quello di Costamasnaga). Il presidente Canali spiega che cosa differenzia Lecco dalle altre province lombarde: “ Il piccolo a volte premia per minori esigenze. La provincia di Lecco ha una situazione meno problematica rispetto a Milano o grandi comuni dell’hinterland. Abbiamo bilanci economici migliori rispetto alla grande provincia. Riusciamo ad arginare l’a-


M. E. R. Interventi ALER relativi al 2004 • in costruzione: edificio in via Ghislanzoni a Lecco con 18 alloggi, una unità commerciale e 42 box; • intervento di recupero in via Bernivia Spreafico in Lecco per realizzazione di 11 alloggi e 10 posti auto Prospetto interventi per il 2005 • via Airoldi e Muzzi a Lecco (in attesa di decreto, lavori inizieranno a gennaio): un intervento di recupero edilizio per la realizzazione di 7 alloggi e 7 box e il completamento di un edificio con 15 alloggi e 15 box; • via ai Monti a Lecco: intervento di sostituzione edilizia per la realizzazione di 13 alloggi e 12 posti auto; • Comune di Airuno: 3 palazzine (una con 12 alloggi e box a canone moderato, una con 11 alloggi e box a canone sociale ed una di 8 alloggi e relativi box, per la prima volta, in vendita). L’intenzione dell’ALER con questa palazzina da alienare è quella di calmierare i prezzi di mercato; • Comune di Costa Masnada: 12 alloggi e box a canone sociale e 12 a canone moderato; • Comune di Oggiono: realizzazione di un edificio con 12 alloggi e relativi box.

Lodi a cura di Antonino Negrini

Organizzazione, attività svolte e progetti futuri dell’ALER di Lodi L’Istituto Autonomo Case Popolari IACP di Lodi è stato istituito unitamente a quello di Lecco con la L. R. 28 aprile 1995, n. 30, tuttavia l’inizio dell’attività dell’ente ha avuto luogo soltanto a partire dal 1997 a seguito dell’entrata in vigore della L.R. 10 giugno 1996, n. 13 di riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica e di istituzione delle Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale, ALER. La storia dell’azienda è pertanto una storia recente contrassegnata dallo start up di una nuova e complessa realtà aziendale dentro al processo di trasformazione, tracciato dalla L.R. 13/96, degli Istituti Autonomi Case Popolari in Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale Pubblica, enti economici dotati di autonomia imprenditoriale e organizzativa. Prima della nascita dell’azienda, operava sul territorio una sede decentrata dello IACP di Milano con risorse, funzioni ed autonomia limitata, sicché l’avvio dell’attività dell’ALER di Lodi è stata caratterizzata in parallelo da un lato, dall’avviamento di una gestione tecnico-amministrativa complessa come quella che caratterizza il mondo dell’edilizia residenziale pubblica, nonché dalla dotazione di una sede e di tutte le risorse umane e strumentali occorrenti, dall’altro dalla necessità di recuperare nel territorio la centralità di un ruolo che nel tempo si era progressivamente svuotato, conferendo all’istituzione la connotazione di un ente lontano dalle problematiche del territorio e caratterizzato dalla diffidenza e dalla disaffezione dell’opinione pubblica ed in particolare della propria utenza. Oltre ai compiti attribuiti per legge e per statuto, che rappresentano la continuità con il passato e con la tradizione dell’istituzione, quali la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica presente sul territorio di tutta la provincia, la promozione e lo sviluppo di nuovi interventi edilizi sia di recupero che di nuova costruzione, l’azienda, nel trascorso primo quinquennio, ha posto le premesse per lo sviluppo di nuove attività tese ad allargare la gamma dei servizi offerti, proponendo ad Enti locali e istituzioni, servizi di consulenza, gestione e valorizzazione del patrimonio, progettazione di piani urbanistici complessi e di singoli interventi. In diciassette cantieri in questi anni abbiamo edificato 220 nuovi alloggi. In sede di programmazione triennale dell’attività costruttiva sono stati individuati i seguenti in-

17 Romano Gozzi, edificio residenziale di via Matteotti, Casalpusterlengo, 1977.

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busivismo: chi non paga nella nostra provincia è sfrattato grazie ad un intervento incisivo e puntuale. È decisamente più difficile gestire le residenze pubbliche in una situazione così immensa come quella metropoliana” . Per migliorare l’edilizia sociale sono indispensabili piani di zona di edilizia economico-popolare che tengano presente la situazione delle diverse aree dimesse in provincia: “ Occorre una maggior collaborazione – conclude il presidente Canali – da parte di comuni ed amministrazioni locali ed una maggiore sensibilizzazione sul tema dell’edilizia pubblica. Devono esistere giuste sinergie per individuare le vere esigenze e proporre soluzioni al problema sociale. Altro aspetto di fondamentale importanza è la collaborazione da parte della Regione per snellire procedure, obiettivo più volte presentato da Federcasa (associazione delle ALER della Regione Lombardia che raccoglie proposte con incontri mensili) alla giunta regionale in attesa di una risposta concreta e tempestiva” .

Alter Studio Milano, edificio residenziale a Camairago, 1997. terventi: un piano di riqualificazione urbana relativo ad un’area industriale dismessa ubicata ai margini del centro storico di Lodi comprendente la realizzazione di 20 alloggi e la ristrutturazione di una palazzina da adibire a sede dell’ALER di Lodi, oltre ad una lunga serie di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su tutto il territorio della provincia. Inoltre, manutenzione straordinaria negli edifici di di Secugnago, Somaglia, Codogno, Sant’Angelo Lodigiano, Casalpusterlengo, Lodi Vecchio, Lodi. Nel 2003-04 sono stati attivati finanziamenti regionali relativi ad interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche riguardanti la ristrutturazione dei servizi igienici, degli accessi agli edifici tramite la realizzazione di rampe e l’installazione dei servo-scala e l’adeguamento di alcuni impianti ascensori. Nell’ambito dell’attuazione del programma Regionale per l’ ERP 2002/2004, Programma regionale per l’edilizia residenziale sociale, l’ALER di Lodi ha predisposto la progettazione di cinque interventi rispettivamente nei comuni di Codogno, Casalpusterlengo, Ospedaletto Lodigiano, Lodi, Sant’Angelo Lodigiano. L’intervento previsto nel comune di Codogno riguarda la realizzazione di un edificio di 26 alloggi

di edilizia residenziale a canone sociale, ubicato in un lotto retrostante una zona completamente edificata di edilizia residenziale pubblica ed il recupero dell’edificio ex caserma dei Carabinieri. Il progetto di recupero prevede la realizzazione di 4 case a schiera e di 6 alloggi. La progettazione dell’intervento di nuova costruzione si è basato sui princìpi di bioarchitettura e bioclimatica prestando un’attenzione particolare alla scelta di materiali non inquinanti, all’illuminazione naturale e artificiale, alla permeabilità all’aria e al vapore delle pareti, alla ventilazione dei locali, all’inerzia termica dell’involucro edilizio. La tipologia edilizia in linea è caratterizzata da tre vani scala realizzati con pannelli di vetro e acciaio compresa la copertura del vano scala. L’intervento da realizzare nel comune di Casalpusterlengo riguarda la progettazione di due edifici di 12 alloggi inseriti nel PEEP Molazze, un quartiere di edilizia economica popolare ubicato ai margini dell’edificazione residenziale. L’intervento di Ospedaletto lodigiano riguarda la realizzazione di un edificio di 24 alloggi realizzato in un quartiere di edilizia pubblica. L’area oggetto di intervento è situata in un’area di margine tra l’espansione residenziale recente e


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la campagna. Il tessuto urbano in cui si inserisce il nostro intervento è caratterizzato da edificazioni a bassa densità abitativa ed edifici in linea. Il lotto, a forma di rettangolo irregolare prospetta su una strada di viabilità secondaria di futura realizzazione. L’edificio è caratterizzato da tre blocchi scala contraddistinti da volumi traslati che si incastrano e creano un movimento del prospetto. L’intervento nel Comune di Lodi prevede la realizzazione di un edificio nel comparto Peep Camolina. Il progetto prevede la realizzazione di un edificio a torre di 4 piani fuori terra ed un piano seminterrato, ubicato nel lotto n. 3 del Piano di zona in località Camolina. L’area oggetto di intervento è costituita da un lotto intercluso tra una zona di recente espansione residenziale ed il centro abitato consolidato, limitrofo alla perimetrazione del centro storico. Attualmente l’area è occupata da fabbricati in disuso, un tempo adibiti a deposito dell’A.T.M. di Milano, e da orti irrigui. Nel Comune di Sant’Angelo Lodigiano è st at o predispost o nell’ambito dei finanziamenti “ contratti di quartiere II“ un progetto di riqualificazione del quartiere Pilota, consistente nella riqualificazione degli spazi pubblici, la manutenzione straordinaria di 86 alloggi, e la realizzazione di un edificio di 18 alloggi e 2 uffici a destinazione pubblica. L’ALER ha avviato un confronto con il Parco Tecnologico Padano, lo Stap e la Provincia, per verificare la possibilità per l’azienda di prendere parte al processo di sviluppo avviato sul territorio di Lodi dall’insediamento universitario. Il nostro interesse è riferito agli eventuali bisogni in termini di abitazioni per la residenza temporanea e non. Tenuto conto che l’edilizia residenziale universitaria rappresenta una delle misure di intervento delineate dal Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica 2002-2004, l’ALER ha inteso far conoscere ai vari soggetti istituzionali coinvolti nel progetto, la piena disponibilità ad offrire il proprio contributo attraverso l’esperienza maturata nella realizzazione di interventi di edilizia residenziale e nella gestione immobiliare. Il tutto sia come promotrice ed attuatrice degli interventi stessi, sia come gestore di servizi amministrativi e tecnici. Raffaele Spelta Presidente dell’ALER

ALER di Lodi Presidente: Raffaele Spelta Vicepresidente: Cesare Recchi Consiglieri: Enrico Carlo Nova, Vincenzo Guerrieri, GianMaria Quaglia, Silverio Gori, Simone Uggetti Collegio dei sindaci: Mariano Allegro, Roberto Trovato, Mario Minoia.

Mantova a cura di Sergio Cavalieri

Tra centro e periferia L’attività della residenza pubblica a Mantova si è storicamente concentrata nell’area di Lunetta Frassino, quartiere satellite che, a partire da un piano dei primi anni ’70, ha accolto la maggior parte degli interventi di edilizia economica e

plesso delle condizioni socio-economiche e culturali di quegli anni e a cui sicuramente va riconosciuta la grande capacit à di essere a tutt’oggi manifestazione di un tentativo di rifondare la città, di ripensare l’architettura e la dinamica urbana secondo logiche contemporanee; piano e architetture che però, hanno nel tempo presentato problemi di disagio sociale dovuti soprattutto alla concentrazione nell’area esclusivamente di una popolazione a fasce di reddito più deboli. L’attenzione di ALER e degli inter-

Comune di Mantova e ing. Recusani, architetti Benedini, Bergamaschi, Bonfatti Paini, Bulli, Piano Particolareggiato di Lunetta-Frassino, 1975. popolare. Il quartiere, posto a breve distanza dal centro storico di Mantova sulla sponda orientale del lago inferiore, si è sviluppato rapidamente con una serie di interventi residenziali organizzati tipologicamente in una serie di corti a quattro piani. Lo schema di piano è stato completato da un blocco rettilineo alto 7 piani e lungo più di 200 m, che, nelle intenzioni progettuali iniziali, doveva fungere da elemento ordinatore e aggregatore della zona; un elemento, quest’ultimo, che nell’ambizione di risolvere nella “ megastruttura” edilizia la complessità urbana, racchiudeva in sé le indicazioni di buona pratica dell’urbanistica d’avanguardia di quegli anni: separazione del traffico veicolare a livello terreno dal livello sopraelevato di circolazione pedonale; spazi commerciali posti a livelli differenti; una “ piastra” pubblica servizi e spazi collettivi a diretto servizio della collettività. Un piano e una serie di interventi che ovviamente risentono nel com-

venti di edilizia residenziale pubblica dopo le sperimentazioni di Lunetta si sono successivamente concentrate su interventi di recupero di edifici e di comparti urbani nel tessuto consolidato di Mantova. Dopo l’esperimento pioniere di recupero dell’area dell’ex-Ghetto, zona di altissima densità edilizia a diretto contatto con le zone più centrali di Mantova, negli anni ’80 gli interventi si sono concentrati nel contesto del Piano di Recupero del quartiere di San Leonardo. Un quartiere quest’ultimo, posto nella zona nord-ovest della città storica, caratterizzato da un’immagine urbana minuta con edifici a schiera e a corte di 2/3 piani e dominato dalle emergenze monumentali di palazzi nobiliari, dell’ex Ospedale di San Leonardo, oggi Caserma della Pubblica Sicurezza e soprattutto dal Palazzo del Mago, ex convento di suore cappuccine. Proprio all’interno di questo complesso è stato completato negli anni ’90 un ambizioso intervento di recupero che ha garantito la realizzazione

di numerosi appartamenti destinati a residenza popolare all’interno del tessuto storico della città. Negli ultimi anni, dopo le esperienze di recupero e in presenza di scarse risorse finanziarie, l’attenzione si è concentrata in primis sulle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio esistente, anche con interventi importanti di adeguamento delle strutture più obsolete rispetto alle normative igienico-sanitarie e di sicurezza; ma soprattutto negli ultimi anni, anche in seguito alla crescita di una nuova domanda di residenzialità agevolata, ALER ha attivato una politica di realizzazione di nuove residenze per affitto agevolato. In primisall’interno del PRU di Borgochiesanuova, quartiere della prima cinta meridionale di Mantova e attualmente in fase di realizzazione: nel contesto della riqualificazione urbana del quartiere si prevede la realizzazione di nuovi appartamenti pubblici in tipologia a palazzina. Ma è soprattutto con il recente secondo bando per i contratti di quartiere (maggio 2004) che Amministrazione Comunale di Mantova e ALER (progetto urbano dell’arch. Massimo Ferrari) hanno gettato le basi per i futuri sviluppi della residenza pubblica di Mantova. Seguendo le linee guida suggerite dalla Regione Lombardia per il recupero dei quartieri residenziali, è stato studiato un piano di recupero e rivitalizzazione del comparto di Lunetta, che, come precedentemente ricordato, negli anni ’70 ha raccolto la maggior parte degli interventi di residenza pubblica a Mantova, prevedendo la riqualificazione degli spazi pubblici e il completamento del quartiere con una serie di interventi di dimensioni più contenute a “ palazzina” (4/6/8 appart ament i per piano) che abbandonano la tipologia a corte: nuovi edifici, questi ultimi, in parte di iniziativa pubblica, in parte di iniziativa privata, che prevedono oltre ad un rinnovato studio di flessibilità tipologica interna agli alloggi, anche sperimentazioni volte al contenimento del consumo energetico attraverso l’integrazione del teleriscaldamento con pannelli solari. Il contratto di quartiere si presenta quindi con un indirizzo preciso e condivisibile: quello di concentrare nuovamente gli sforzi di trasformazione sulla zona della prima periferia urbana non tanto come territorio in cui localizzare unicamente gli interventi di minor pregio rispetto al centro storico tradizionale, quanto come area con una propria autonoma identità e logica insediativa; una scelta quest’ultima che viene riconfermata dal nuovo piano regolatore recentemente approvato a Mantova (settembre 2004) e che diviene a tutti gli effetti una scommessa sulla possibilità di riequilibrare la struttura urbana sulla relazione dialettica tra centro e periferia. Marco Caprini


a cura di Roberto Gamba

Ricognizione sulla residenza pubblica in Lombardia Appaiono nella maggior parte dei casi asettiche e superate le proposte tipologiche dell’edilizia residenziale pubblica oggi realizzate. Sono cambiati i parametri di assegnazione di alloggi popolari, sono cambiate le figure che ne fruiscono. Gli assegnatari non sono più famiglie numerose, quanto piuttosto coppie o singoli cittadini, giovani, persone anziane, tra quelle che non hanno possibilità di pagare affitti elevati, di mercato. Per queste ragioni la composizione distributiva degli edifici, gli spazi interni, la loro dimensione, sono concepiti secondo criteri di flessibilità; per permettere, con piccoli adattamenti, un’alternanza di affittuari di categorie diverse e un’adattabilità alle persone fisicamente impedite. Varie erano le possibilità per compiere una ricognizione su questo tema, relativamente alla provincia di Milano: il capoluogo conserva uno dei più significativi patrimoni di edilizia popolare; la Facoltà di architettura civile del Politecnico è impegnata in varie ricerche sui cosiddetti “ contratti di quartiere” e sugli interventi di recupero dell’esistente; inoltre vari e popolosi sono i centri che sorgono intorno alla metropoli e che affrontano costruttivamente il problema dell’edilizia sociale; di grande tradizione, sia dal punto di vista quantitativo, che qualitativo, è l’attività progettuale dell’ex Istituto autonomo case popolari. Così le richieste sono state rivolte a differenti operatori e contributi ci sono stati inviati dal professor Gianni Ottolini, dal professor Remo Dorigati, che relazionano sul lavoro dei rispettivi gruppi di studio presso i Dipartimenti di progettazione di Milano Bovisa e Leonardo e dall’area tecnica di programmazione del comune di Cornaredo. Questa, per voce di Riccardo Gavardi, illustra gli ultimi interventi effettuati sul proprio territorio, realizzati con un piano di zona che ha prefigurato l’inserimento, nel disegno urbano degli spazi pubblici, di distinti manufatti, realizzati in regime di edilizia convenzionata, concepiti secondo canoni di decorosa funzionalità, prevalentemente secondo le esigenze espresse dai soci delle cooperative, a cui le aree erano state assegnate. Non ci è stato invece inviato alcun contributo dall’ALER milanese, per la quale erano stati interpellati sia il presidente, sia il direttore generale, sia il direttore tecnico. R. G.

Proposte per il Contratto di quartiere II - M ilano, Quartiere M azzini Gli studi svolti dal Dipartimento di Progettazione dell’Architettura per l’ALER di Milano a sostegno della proposta di recupero del Quartiere Mazzini sono relativi a un vasto ambito urbano esteso dagli isolati residenziali al cosiddetto “ polo Ferrara” , sede di diversi servizi pubblici. Il quartiere, progettato da Giovanni Broglio alla fine degli anni ’20, ha una notevole rilevanza territoriale per collocazione (prossimità alla fermata MM3 Corvetto e al Parco Sud), omogeneità architettonica (ricorrenze degli apparati decorativi, dei tipi di alloggi e dei blocchi scala, ma con notevoli differenziazioni interne per superfici, dotazioni impiantistiche e sistemi costruttivi, anche sperimentali) e densità del costruito (2320 alloggi in edifici di 4-5 piani, con ricreatori e lavatoi, oggi dismessi, nei seminterrati e varie attività commerciali sulle piazze Ferrara e Gabrio Rosa). Il diffuso degrado delle costruzioni, oggetto di diagnostica tecnica e di indicazioni metodologiche per attendibili interventi di conservazione, si associa a fenomeni di degrado ambientale complessivo e a rilevanti problematiche di disagio sociale (anziani soli, immigrati recenti, occupazioni abusive, attività illecite), che hanno suggerito le proposte di immissione nel quartiere di nuove attività e di nuove utenze. In particolare, la presenza di un elevato numero di alloggi piccolissimi, dai 17 ai 36 mq (valore minimo ammesso per il finanziamento nei Contratti di quartiere), ha suggerito un principio di flessibilità fra il loro accorpamento per ottenere alloggi più grandi e la destinazione a un’utenza speciale di studenti universitari, come “ stanze distaccate” nel quartiere di una nuova Residenza Universitaria prevista in un edificio di nuova edificazione, connesso al polo Ferrara, che dovrebbe comprendere al piede il Mercato Comunale ricollocato dall’attuale presenza invasiva al centro della piazza. A livello dell’intero quartiere, oltre al ripristino degli originali sistemi pedonali di attraversamento dei grandi isolati, oggi preclusi, è delineata anche la fattibilità di strade di servizio e di box interrati (attualmente nessun alloggio ha un posto macchina, peraltro anche escluso dal finanziamento dei Contratti di quartiere), al di sotto degli esistenti giardinetti e orti privati, che vengono così portati alla stessa quota degli alloggi ai piani rialzati, facilitandone l’uso da parte degli abitanti. Per il ridisegno degli spazi aperti e dei cortili, il reimpiego di spazi seminterrati ad usi lavorativi (produttivo o terziario), culturali (fra cui un piccolo Archivio e Museo dell’edilizia popolare milanese) e

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Milano, Quartiere Mazzini, ortofoto. assistenziali va accompagnato dal recupero delle scalette di accesso autonomo e dall’introduzione di dislivelli gradonati nei terreni adiacenti, raccordati al piano pubblico di calpestio. Per il recupero del patrimonio abitativo, oltre alla ristrutturazione globale di alcuni fabbricati, come già in atto da parte dell’ALER in un primo comparto, e ad interventi di manutenzione straordinaria relativi soprattutto agli standard igienici degli alloggi e all’introduzione di ascensori, nella programmazione degli interventi è prevista la costruzione di nuovi alloggi con il sopralzo di due fabbricati e con il recupero ad uso abitativo dei sottotetti. Nella ristrutturazione globale, particolari problematiche sono emerse dalla crisi funzionale ed energetica della innovativa tipologia abitativa ed edilizia con cui Broglio ha sostituito i muri perimetrali con pilastri in c.a. arretrati dal filo facciata, introducendo ambienti igienici superminimi come volàno termico fra interno ed esterno. Si è proposto pertanto che il loro ampliamento e recupero sia associat o a un più complesso programma di riassetto energetico degli edifici e del quartiere. Il gruppo di ricerca del DPA: G. Ottolini (resp. scientifico), M. Baffa (coord.), L. Binda, S. Bortolotto, M. De Carli, M.G. Folli, M.C. Giambruno, M. Manfredini, L. Mazzarela, R. Rizzi e architetti allievi dei corsi di Dottorato di ricerca in Architettura Urbanistica e Conservazione e in Architettura degli Interni e Allestimento.

M ilano: quartiere M olise Calvairate Il progetto per il Contratto di Quartiere del Molise-Calvairate a Milano è stato sviluppato da una équipe del DIAP (Dipartimento di Architettura e Pianificazione) della

Prima Facoltà di Architettura. La sua stesura era stata preceduta da un accurato lavoro di ricerca che aveva definito le prime linee strategiche atte ad affrontare i problemi connessi al degrado sociale e funzionale del quartiere. Il progetto di architettura fa emergere la natura e la complessità dei problemi, li misura nella drammaticità dei caratteri ambientali e fisici e li mette alla prova nelle loro reali possibilità. Una forte presenza di popolazione anziana, di disabili fisici e psichici e di un alto numero di immigrati segnano profondamente la qualità di vita del quartiere che, prima di tutto, necessita di un radicale ripensamento nelle procedure di assegnazione allo scopo di favorire una più attenta miscelazione sociale, economica e culturale. Questi fenomeni sociali si esprimono anche sulla qualità degli spazi, non solo per il problema della continua manutenzione che risponde alla frequente violenza sulle cose, ma sulla stessa conformazione e uso degli spazi comuni. Quartieri progettati con uno spazio interno fatto di corti disegnate a giardini e spazi comuni, oggi sono disarticolati in numerose enclave, impermeabili l’una con l’altra, che forse garantiranno un maggior controllo sociale ma che parlano di recinzioni e divisioni e mostrano il linguaggio di una violenza da cui ci si vuole difendere. E, in qualche modo, ogni settore ripete in piccolo l’idea dello spazio comune: ognuno ha una sua portineria, un suo gioco bambini, una sua isola ecologica, un suo deposito biciclette, ecc. Questo pone con drammaticità la scala dell’abitare contemporaneo, le sue dimensioni e i valori sociali connessi alla nuova utenza. Non siamo più in presenza di quella classe operaia che ha contribuito alla nascita degli storici quartieri popolari, che dalla legge Luzzatti, dell’inizio secolo, e dalle esperienze prodotte da “ Comunità” nel dopoguerra

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Milano


sino agli anni Settanta, si erano formati entro un forte valore etico fondato sul concetto di solidarietà. Chi oggi abita questi quartieri fa parte di strati di popolazione al limite della povertà e bisognosa di assistenza e di aiuto non solo economico, ma anche umano e civile. Una società disarticolata in tante differenti realtà. Ma non solo. Molti alloggi sono divenuti di proprietà privata, ma non secondo un piano di concentrazione in pochi fabbricati, ma secondo uno schema casuale e diffuso che rende assai difficile il di-

nomeni di sottoaffollamento con il problema cont rario del sovraffollamento che, negli anni, si sono stratificati e che costituiscono un blocco significativo che per sua natura si oppone ad ogni ipotesi di modificazione degli equilibri esistenti. Ma non si tratta solo di un problema di ordine quantitativo. Spesso esistono delle resistenze alla mobilità per la qualità dell’alloggio, particolarmente ben esposto o dotato di giardino o di un’ampia terrazza o più semplicemente ben servito e accessibile. Inoltre, accade spesso che molti utenti,

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Attività ricreative in via Ciceri Visconti.

Attività di ristorazione per anziani - Quartiere Molise.

Servizi in via Tommei. segno di una strategia d’intervento che veda la disponibilità dei vari operatori ad assumere impegni economici compatibili. Si pensi solo alla problematicità di un intervento che incida sulle aree comuni o su un edificio quando su essi grava il peso dei “ millesimi” . Non da meno sono le difficoltà che insorgono dalle naturali resistenze degli abitanti a fronte di un’ipotesi di mobilità che cerchi di riequilibrare fe-

nel corso degli anni abbiano introdotto piccoli abusi o più semplicemente interventi minimi di autocostruzione che hanno modificato servizi igienici, dimensioni delle stanze, chiusura delle logge, ecc. Tutto questo induce a ricercare soluzioni che non possono essere di natura coercitiva, ma devono coinvolgere gli abitanti in un processo partecipativo che deve vedere la

loro disponibilità ad affrontare le questioni specifiche entro un quadro strategico generale che renda evidenti i vantaggi complessivi dell’intervento per tutto il quartiere. La reale sfida è quella di far precipitare i molteplici casi individuali in un quadro generale che non tradisca le aspettative dei singoli ma che, allo stesso tempo, non rinunci alla necessità di una vera trasformazione dello stato esistente che miri a soluzioni aperte alle modificazioni dei bisogni sociali contemporanei. L’intervento ha così assunto le caratteristiche di un’operazione fatta di piccole e puntuali incisioni che hanno cercato di seguire le pieghe dell’esistente ma che, allo stesso tempo hanno dovuto misurarsi con un quadro di risorse in ogni caso limitate. Un intervento definitivo e generalizzato che risolvesse la complessità dei problemi in un unico atto risolutivo una volta per tutte, come era nelle intenzioni dei Contratti di Quartiere, si è dimostrato, già dalle prime verifiche, illusorio e velleitario. Dunque si è proceduto ipotizzando una gamma di strategie possibili che hanno necessariamente richiesto di fare delle scelte e individuare delle gerarchie che hanno tenuto conto della gravità dei fenomeni ma anche dei percorsi più praticabili sul piano della gestione e della organizzazione degli eventuali cantieri. La prima decisione è stata quella di rendere accessibili il più alto numero di alloggi possibile tramite l’inserimento di rampe e ascensori. Notevoli difficoltà sono sorte nel Molise dove le prime tipologie sperimentali dell’existenz-minimum rendevano assai complesso un intervento che salvaguardasse gli alloggi o i blocchi scala con pianerottolo volto verso strada. É stata prevista la manutenzione di tutti i tetti e delle facciate non ancora coinvolte nel processo di recupero in atto. Secondariamente si è privilegiato la riqualificazione igienico-sanitaria di circa un terzo degli alloggi con la messa a norma dei servizi igienici (là dove esistono docce o piccole vasche, esse sono dovute ad interventi di autocostruzione). Inoltre si è intervenuto con il recupero più ampio possibile dei sottotetti che consentiranno un numero sufficiente di nuovi alloggi da utilizzare nelle rotazioni interne al momento degli interventi, che sono sempre pensati per unità di blocchi scale. Alcuni di questi nuovi alloggi permetteranno inoltre di accogliere anche studenti universitari dando così una risposta non solo al grave problema dei fuori sede, ma anche concorrendo positivamente alla definizione di una miscela sociale degli abitanti dei due quartieri. Ma l’aspetto forse più significativo riguarda il recupero di alcuni spazi a piano terra o interrati per attività comuni di natura sociale e culturale che diventano una protesi essenziale dell’abitare per quegli

utenti che necessitano di molteplici sostegni e aiuti, ma anche per attività sportive di gioco, di incontro, di formazione, ecc. In particolare il problema degli anziani soli o poco sufficienti è stato affrontato tramite la progettazione di un insieme di “ alloggi protetti” che, per garantire una maggior flessibilità, sono stati concepiti come dei bilocali disposti lungo una galleria vetrata che conduce ad uno spazio per il ritrovo e la ristorazione. Qui è possibile disporre di un ampio spazio affacciato su un giardino che si propone come luogo ben condizionato così da consentire anche un “ riparo” nelle giornate calde-umide dell’estate milanese a servizio anche di utenti esterni al quartiere. Allo scopo di coinvolgere l’intorno urbano in un disegno che abbia la forza di riverberare qualità anche al tessuto circostante, è stato proposto, nello slargo di via Tommei, appartenente al quartiere Calvairate, un parcheggio interrato di due piani. La superficie del nuovo manufatto viene così ad essere un suolo urbano con giardini, spazi d’incontro e sale aperte al pubblico che segna con la sua immagine la volontà di riscatto dell’area dal disagio e dall’abbandono. Ad essi si affianca un corpo adibito dalla polizia di quartiere. Infine, sul suolo pubblico del comune, lungo la via Ciceri Visconti, è stato proposto un ulteriore parcheggio sotterraneo, in continuità con quello esistente. La nuova superficie verrà disegnata a giardini e spazi d’incontro che verranno a formare con la biblioteca esistente, che verrà ristrutturata, una collana di eventi pubblici che diverranno un catalizzatore per tutta questa parte di città. Il gruppo di lavoro: Alessandro Balducci (responsabile di ricerca), Remo Dorigati (responsabile alla progettazione), Maria Grazia Sandri e Italo Pignolo (responsabili alla ricerca storica), Pietro Manazza e Elisabetta Bianchessi (coordinatori alla progettazione) e R. Juarez Corso, P. Sebastian Corso, Rosario D’Urso, François Mertens, Paola Mongiu, Maurizio Targa, Luca Veltri (collaboratori).

Area Tecnica di Programmazione del Comune di Cornaredo Nell’ambito della progettazione della città, il Comune di Cornaredo ha sempre considerato, tra l’altro, il tema dell’edilizia residenziale pubblica. Pertanto, già dai primi strumenti di pianificazione del territorio, si è ritenuto di considerare in modo adeguato l’individuazione di aree da destinare a tale uso, verificando un corretto inserimento nel contesto urbano e garantendo un’adeguata integrazione e dotazione di servizi pubblici. A completamento di interventi già


all’apposizione del vincolo di cui alla Legge 167/62 e, quindi, all’assegnazione in diritto di superficie alle cooperative. Nella fase di progettazione dei comparti, l’Amministrazione Comunale ha posto come obiettivi prioritari soluzioni di valorizzazione del territorio in relazione a standard qualitativi e qualità architettonica e urbana. Nella definizione delle aree pubbliche è stato individuato un asse ordinatore costituito da zone a verde, aree giochi, percorsi pedonali e ciclabili che si connette con il sistema di percorsi,

servizi e verde pubblico esistenti. In tale area pubblica, centrale alle costruzioni, sono presenti gli accessi pedonali alle residenze; gli accessi carrai sono stati previsti all’esterno al fine di evitare interferenze. Risulta interessante la connessione di questo nuovo ambito pubblico con il sistema denominato “ spina dei servizi” (le cui aree sono evidenziate in grigio nella planimetria), che è costituito da una vasta spianata pubblica centrale, esistente con l’estensione nord-sud; essa lambisce la zona residenziale e accoglie strutture pubbliche quali Municipio, scuole, biblioteca, centro anziani. Nella redazione del progetto è stata posta attenzione alle preesistenze ambientali, quali i fontanili, le aree limitrofe inserite nel Parco Agricolo Sud Milano con l’obiettivo di salvaguardarle e connetterle con gli interventi edilizi previsti. Al fine di coordinare gli otto interventi sono stati posti dei vincoli tipologici e morfologici, così da garantire gli allineamenti degli edifici, l’omogeneità dei materiali di facciata, della tipologia dei serramenti, dei balconi e delle coperture. È stato predisposto inoltre un piano del colore. Un altro intervento realizzato di recente è di proprietà ALER, eseguito nel lotto 2CD10, per il quale è risultato apprezzabile all’Amministrazione il risultato ottenuto, frutto di compromesso tra qualità architettonica e limitazione delle risorse economiche a disposizione. Riccardo Gavardi Funzionario Capo area tecnica di programmazione

Cornaredo, planimetria con delimitazione dei lotti interessati dall’intervento.

Cornaredo, sistemazione delle aree pubbliche.

Pavia a cura di Vittorio Prina

Edilizia residenziale popolare a Pavia “ Veduto l’atto in data 21 gennaio 1922 (...) col quale è stato costituito l’Istituto Autonomo per le case popolari con sede a Pavia; (...) Veduta l’istanza 1 febbraio 1922 con la quale è stato chiesto il riconoscimento in corpo morale dell’istituto predetto; Veduta la Legge (testo unico) 30 novembre 1919 n. 2318 per le case popolari ed economiche e per l’industria edilizia; (...) l’Istituto Autonomo per le Case popolari con sede in Pavia è riconosciuto come corpo morale, e ne è approvato lo statuto organico, composto di 22 articoli, annesso al presente decreto, visto e firmato d’ordine Nostro dal Ministro proponente (...) Dato a Roma, addì 23 febbraio 1922” . Con questo Regio Decreto l’Istituto Autonomo per le case popolari di Pavia, sostanzialmente costituito già dal 1912, è riconosciuto come “ corpo morale” dotato di statuto organico, sulla base del Testo Unico della legge relativa alle case popolari approvato il 30 novembre 1919 e promosso al fine di creare Istituti Autonomi in ogni comune. Il quotidiano locale, “ La Provincia Pavese” , annuncia nel 1910 che avrà luogo a Milano il primo Congresso Italiano per le Case popolari inaugurato dal ministro Luzzatti e che nell’ottobre del 1911 si terrà in Roma il secondo Congresso nazionale per le case popolari. Il pressante problema dell’abitazione appare costantemente sulle pagine dei quotidiani dell’epoca (1) assieme ad analisi relative alle sostanziali differenze tra proprietà pubblica e privata, alla necessità di espropri, al miglioramento delle terribili condizioni igieniche e all’allarmante progressione dei canoni degli affitti (2). A Pavia i primi interventi di edilizia popolare sono relativi alla costruzione di case e quartieri operai situati in genere in prossimità delle industrie, dagli edifici realizzati dallo stabilimento Pacchetti in viale Repubblica nel 1906, alle case operaie nell’area ex-Galbarini in via Alzaia nel 1907, ai progetti di case operaie in zona Ponte di Pietra del 1907-8, in località Crosione del 1907, nella frazione San Patrizio del 1907, relative ai cantieri Spada del 1909, nel quartiere S. Giuseppe del 1910, sino al quartiere SNIA in viale Montegrappa la cui semplice morfologia trova il suo baricentro in uno spazio caratterizzato da un lavatoio pubblico. La residenza popolare costituisce in seguito un riferimento di fondamentale importanza per lo sviluppo urbano, soprattutto nell’edificazione di importanti e nodali aree di espansione a margine del nucleo storico

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realizzati in passato, sono stati recentemente eseguiti in un’area semi centrale della città, in un contesto di residenza consolidata, interventi in due ambiti (2CD8 – 2CD9 – individuati in nero, sulla planimetria) previsti dal Piano di zona consortile per l’edilizia economica popolare, suddivisi in otto lotti per complessivi 70.000 mc. In attuazione alle previsioni urbanistiche si è proceduto, in collaborazione con il CIMEP, all’esproprio dei terreni interessati, che risultavano con destinazione urbanistica agricola precedentemente


contenuto, sino alla fine dell’Ottocento, all’interno della cerchia dei bastioni spagnoli cinquecenteschi. Il primo intervento dello IACP è costruito in prossimità del baluardo “ Villetta” ; un primo progetto è redatto già nel 1911 (una interessante composizione morfologica di tre edifici a quattro piani, il primo baricentrico con pianta ad “ H” e scale nelle testate opposte, gli altri due simmetricamente laterali con pianta a “ C” ; preziosi i dettagli esecutivi con serramenti in legno sagomati “ a bocca di lupo”

il progetto di case operaie, mai realizzato, in via Luino (area exVanzina) su progetto prima dell’ing. Rossi e in seguito dell’ing. Negri del 1921; un progetto, non attuato, redatto nel 1922 dal Morandotti relativo ad un quartiere giardino operaio nelle ortaglie del Collegio Borromeo (casette in stile eclettico e piccole “ case d’affitto con botteghe” nei punti nodali) che prelude al successivo intervento sulla preziosa area, del 192325, limitato a quattro edifici a tre piani posti ai vertici di un rettangolo prospettante viale Lungo Ti-

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Progetto per il quartiere nell’area dell’ex Macello, Pavia.

Veduta prospettica del progetto per Parona Lomellina. ai quali sono incernierati scuri in legno) mentre la relativa approvazione, anche a causa del primo conflitto mondiale, è protratta sino al 1921. Ancora nel 1921 si discute (3) se adattare “ il casermone” di via Luino ed edificare due o quattro edifici in viale Gorizia; in seguito, a fronte di problemi riguardanti la proprietà di aree e con l’opposizione della minoranza consigliare (ing. Morandotti) viene scelta appunto l’area denominata “ Villetta” . Il progetto è redatto inizialmente dall’ingegner Negri, modificato dall’ingegner Moro “ su esemplare fornito dal Ministero dell’Industria” e solo nel 1923 viene realizzato il progetto degli ingegneri Pietro e Luigi Morandotti. Una correttezza e semplicità morfologica, distributiva e compositiva caratterizza l’intervento che denota una cifra stilistica eclettica non ancora interessata dalla successiva adesione del Morandotti al razionalismo. L’intervento è collocato in viale Trieste - via Indipendenza a ridosso della cinta muraria (4). Numerosi, come ho accennato, sono gli insediamenti collocati nelle aree a margine del centro storico:

cino Sforza, sempre degli ingegneri Pietro e Luigi Morandotti, decisamente simile al quartiere “ Villetta” e destinato, in un progetto complessivo non realizzato, a essere ripetuto in serie in una maglia ortogonale di strade con lotti rettangolari a suddividere l’area, dalle ortaglie del Borromeo sino a corso Garibaldi, attraversata da un viale diagonale con esedra centrale dall’angolo del bastione verso il centro storico. Un nuovo quartiere viene realizzato dallo IACP in via Torquato Tasso, iniziato nel 1929 con un lungo edificio a quattro piani, caratterizzato dalla superficie dei prospetti a graffiti, su progetto dell’ing. Francesco Avanza. Nel 193435 l’ing. Ottorino Modesti progetta il quartiere di “ Case popolari a Porta Cairoli” in viale Lodi (ora vie Canton Ticino, Gnoli, Colesino), al di là del corso del Naviglio, di fianco a tre edifici già edificati dallo IACP: “ Sei corpi di fabbricati capaci di 351 vani divisi in 74 alloggi da 2 vani e 69 alloggi da 3 vani. In tutte le abitazioni acqua potabile, gas, illuminazione elettrica, servizi. Locali ampi, bagni in comune a tutti gli inquilini,

lavatoio pubblico ad acqua calda e fredda, servizio di portineria, cortili spaziosi (...)” (5). Il quartiere è composto dall’aggregazione di tre tipologie di edifici (in linea, ad “ L” , a “ C” costituiti dalla ripetizione di un unico modulo) che concludono il fronte verso il naviglio e definiscono i margini degli isolati determinando nuove vie e corti interne (6). Un ulteriore intervento del 1951 aggiunge tre corpi in linea di scarso pregio in via Canton Ticino. Le prime case popolari INCIS (Istituto creato nel 1924) nel 1928 sono edificate nella zona denominata “ Cittadella” in piazza San Pietro in Ciel d’Oro su progetto fornito dalla direzione centrale dell’INCIS ed eseguito dallo IACP con la direzione lavori dell’ing. Zorzoli. Nel 1928-30 sono realizzati in viale XI febbraio due edifici di considerevole qualità e dimensioni: l’edificio IACP, su progetto degli ing. Avanza e Zorzoli, maestoso volume a quattro piani, con prospetto principale appoggiato ad un basamento in bugnato segnato dal volume centrale sporgente con portone voltato, suddiviso da lesene, concluso da logge a bucature tripartite e coronato da obelischi e sfere; la pianta a “ C” , con vasto androne d’ingresso al piano terra, accoglie tre o quattro ampi appartamenti per piano. L’edificio INCIS, progettato dall’arch. Morandotti assieme all’ing. Angella, viene edificato a fianco del citato edificio costruito dallo IACP del quale riprende alcuni caratteri stilistici, completando la cortina edilizia lungo il viale e lasciando uno spazio per la formazione di una nuova strada in direzione della piazza San Pietro in Ciel d’Oro (7). Una Legge del 6 luglio 1935 promuove la riforma degli Istituti Autonomi per le case popolari e costituisce un Consorzio nazionale tra gli stessi mentre, con un Decreto Ministeriale del 21 luglio 1936, l’Ente è riconosciuto come Istituto Autonomo Provinciale e denominato “ Istituto Fascista Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Pavia” (IFACP), alla cui presidenza viene posto l’ing. Ottorino Modesti. Con Regio Decreto del 1938 viene approvato il testo unico delle disposizioni “ sull’edilizia popolare ed economica” . Sempre il Modesti per l’IFACP progetta nel 1937-40 il quartiere “ Costanzo Ciano” in via Aselli caratterizzato da un linguaggio dimesso e composto da corpi in linea, da due o quattro moduli, a tre piani disposti a delimitare la via principale e a formare spazi interni a cortile e giardino. I progetti per “ Case popolarissime” del 1940 in viale Sicilia e “ Case a chi lavora” del 1941 (fitta lottizzazione a maglia quadrata di casette con giardino in una vasta area tra viale Sicilia e viale Lodi, attraversata da un viale centrale e delimitata lungo i lati principali da corpi più alti a pianta centrale e profilo ad elica) preludono alla costruzione di un ulteriore consistente

quartiere realizzato dallo IFACP nel 1941-43 lungo il Naviglio. Inizialmente è pensato in due grandi lotti accostati, composti ognuno da quattro edifici in linea a quattro piani posti a delimitare i lati di uno spazio quadrato con gli angoli aperti, il cui centro è inizialmente occupato da un quinto corpo di fabbrica e successivamente lasciato a giardino; in uno degli angoli un corpo basso è destinato ad ingresso-portineria-deposito biciclette. La maggior parte degli edifici residenziali pubblici edificati in Pavia e provincia dal dopoguerra in poi sono costituiti da modesti int ervent i di piccole e medie dimensioni che, ad esclusione di poche ma consistenti eccezioni, non hanno caratteristiche morfologiche e qualità tali da costituire né un brano urbano né un quartiere significativo, ma solo ricuciture costituite da edifici quasi sempre in linea che, dal punto di vista tipologico, spaziale, distributivo, di linguaggio, dei materiali adottati e più genericamente architettonico, nulla aggiungono a quanto realizzato negli anni precedenti, ad esclusione ovviamente dell’adozione di nuove soluzioni strutturali e dotazioni impiantistiche. Per questioni di spazio non è possibile in questa sede descriverli con precisione; citiamo soltanto i più significativi. Nel primo dopoguerra gli interventi principali sono realizzati con l’attuazione del “ Piano Fanfani” Ina-Casa e situati per la maggior parte nella località “ Città Giardino” . L’intervento di maggior pregio è realizzato senza dubbio da Gaetano Ciocca che progetta nel 1949-50 con Ina-Casa il Villaggio Giardino da 84 alloggi per l’industria Necchi in zona San Giuseppe a Pavia e il Villaggio Gianoli a Vigevano in zona Pietrasana (8). Il quartiere “ Città Giardino” , di fatto uno dei pochi interventi che può essere definito per dimensioni e complessità una parte di città nonostante non sia stato concepito in maniera unitaria, viene continuamente ampliato sino agli anni Sessanta utilizzando varie tipologie distributive in genere dedotte da progetti-tipo contenuti nei due storici fascicoli editi nel 1950. Da ricordare sono inoltre gli edifici per abitazioni Ina-Casa a Gambolò e Pinarolo Po realizzati dai BBPR nel 1953 (troviamo un’analoga soluzione nelle testate degli edifici in linea nel quartiere InaCasa a Cesate del 1951), e i due edifici residenziali per lavoratori che Luciano Baldessari realizza per lo IACP in provincia di Pavia, in un’area periferica del Comune di Belgioioso: il primo intervento risale al gennaio del 1958, il secondo è redatto nell’aprile del 1962 (9). Di qualche pregio sono gli edifici realizzati nel 1953 e 1958 in viale della Libertà. Interessante è anche l’esperienza di abitazioni per lavoratori agricoli denominata ABI.LA.AG finanziata


ALER oggi L’“ emergenza abitativa” relativa all’edilizia popolare a Pavia rimane alta come conferma la pubblicazione a luglio del bando da parte del Comune con la possibilità di assegnare quaranta alloggi a fronte di una previsione di un migliaio di richieste (11). L’ALER attualmente ha un patrimonio immobiliare non indifferente la cui gestione e manutenzione richiede molti investimenti. Nel fascicolo pubblicato in occasione della celebrazione degli ottanta anni (1922-2002) si legge che gli investimenti per manutenzione ordinaria sono 1.119 milioni di lire nel 1996, 1.308 nel 1997, 2.549 nel 1998, 2.293 nel 1999, 4.000 nel 2000-2001, spesa prevista anche per il triennio 20022004; per manutenzione straordinaria 576 milioni di lire nel 1996, 2.965 nel 1997, 257 nel 1998, 6.238 nel 1999, 2.700 nel 2000, 1.900 nel 2001, 2.740 nel 2002. Gli interventi di manutenzione straordinaria riguardano in maggioranza consolidamenti strutturali, installazione di ascensori, eliminazione e superamento delle barriere architettoniche. L’Ufficio Tecnico ALER (Direttore Tecnico arch. Pasqualino Venezia), è diviso in Ufficio Manutenzione composto da cinque geometri, e Ufficio Progettazione composto da due ingegneri e due geometri. Tra gli scopi che l’ente si prefigge, elencati nel fascicolo leggiamo: l’attuazione di interventi di edilizia residenziale mediante l’acquisto, la costruzione e il recupero di abitazioni e immobili anche con

programmi urbanistici attuativi; la progettazione di programmi integrati, di recupero urbano, di edilizia residenziale e di esecuzione di opere di edilizia e urbanizzazione anche per conto di enti pubblici o privati; la realizzazione di alloggi da affittare a canone sociale o destinati alla vendita con mutuo agevolato o contributi e finanziamenti regionali. Gli obiettivi raggiunti dichiarati sono: il ripianamento di un deficit consolidato; l’aumento, nonostante le vendite di alloggi, del patrimonio gestito; il passaggio dall’edilizia popolare a quella sociale; l’offerta di un “ pacchetto” completo, finanziamento, progettazione, esecuzione e, in alcuni casi, di gestione condominiale per enti pubblici o privati; la collaborazione con associazioni assistenziali di volontariato; la realizzazione di diversi edifici residenziali nella provincia. Di particolare interesse appare il progetto “ Qui si sana” , consistente nella riqualificazione del quartiere storico Pietrasana a Vigevano di 220 alloggi per 500 abitanti (mancante anche di impianto di riscaldamento), eseguito con un finanziamento ottenuto sia dal Ministero per i Lavori Pubblici (ex CER) per mezzo di un concorso, che dalla Regione Lombardia per la costruzione di un centro polifunzionale, per una spesa complessiva di circa 14 miliardi di lire. Un fascicolo illustra l’esperienza del Contratto di Quartiere attuata mediante un Community Planning per la messa a punto del progetto preliminare condotto, oltre che da ALER, Comune di Vigevano, Regione Lombardia e Ministero, anche da una società di Energia-Tecnologia-Ambiente e da una società inglese per la gestione dell’esperienza e per la progettazione, da sociologi dell’Università di Genova, da società di comunicazione visiva e di realizzazione di immagini fotografiche e riprese video. Il Community Planning ha consentito di definire i “ bisogni” relativi a molteplici temi coinvolgendo direttamente gli abitanti mediante sessioni e formazione di gruppi di lavoro condotti da professionisti con varie competenze, che hanno operato per alcuni giorni con sopralluoghi, discussioni, programmi di lavoro, workshop tematici relativi ai diversi aspetti individuati come cruciali per il caso studio (edilizia, ambiente, economia, problemi sociali, ecc.)” , una sessione denominata “ le mani sul progetto” per definire ipotesi di intervento progettuale in seguito tradotte in elaborati tridimensionali, ed una presentazione conclusiva alla cittadinanza del materiale prodotto. Tra gli elementi che durante le discussioni vengono individuati come adeguati o meno troviamo il verde e gli spazi comuni, la cura e la manutenzione del quartiere, i servizi per gli anziani, le opportunità per i ragazzi (spazi per il gioco, per lo sport o alternativi, ecc.). Da questi emergono i temi principali: la

Veduta dell’edificio per nove alloggi a Rivanazzano.

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con la Legge n. 1676 del 1960 che determina la realizzazione di 759 alloggi sparsi nella provincia. Gli edifici sono costituiti da brevi corpi in linea a due piani disposti a schiera con interessanti soluzioni distributive a piani sfalsati. Negli anni successivi una enorme quantità di alloggi viene realizzata con leggi apposite, dal Piano Gescal nel 1963 (3521 alloggi) e via via nel 1971 (459 alloggi), 1975 (196 e 294 alloggi), 1977 (213 alloggi), 1978 (776 alloggi), ecc., comprendendo anche gli edifici a basso consumo di energia realizzati nel 1975 a Pavia in località Cravino con la collaborazione del CNR, risultato di una infausta traduzione di un problema tecnologico in termini architettonici. Decisamente significativo è il quartiere Scala, a fianco della Cascina omonima a nord di Pavia nei pressi della località Mirabello (10). Degno di nota è l’intervento di riqualificazione urbana di un isolato nel centro storico adiacente a via Cardano realizzato dal 1978 al 1982, a seguito di un accordo tra IACP e Comune, dagli Uffici Tecnici dei due enti e finanziato con Legge 513 del 1977 per un totale di 53 alloggi; il progetto restituisce alla città un microcosmo caratterizzato da strette vie passanti, slarghi e piazzette sui quali si affacciano ballatoi, portici e logge.

Veduta dell’edificio collettivo “ Circolab” nel quartiere Pietrasana, Vigevano. mancanza di spazi di socialità, le strutture fatiscenti, l’uso improprio degli spazi esistenti, gli abitanti, il legame con il quartiere e lo spazio circostante, le prospettive di risanamento. I risultati dei gruppi di lavoro sono sintetizzati con schizzi planimetrici e prospettici e riassunti in punti di trasformazione a determinare un progetto preliminare: riorganizzazione della viabilità interna e dei parcheggi; chiusura di alcuni accessi veicolari e miglioramento della fruibilità pedonale; realizzazione di: nuovi parcheggi, giardino con fontana al centro della corte, campo sportivo di calcetto e pallacanestro, percorsi a pergola intorno alla corte centrale, spazio aperto per i bambini, giardini di pertinenza dei singoli edifici e per il quartiere; migliore definizione del fronte e del retro degli edifici; installazione di ascensori ed impianto di riscaldamento; miglioramento degli

schemi distributivi degli edifici; realizzazione di appartamenti per famiglie numerose al piano terreno; riconversione di alcuni edifici in case per anziani con dotazioni specializzate; eventuale demolizione di alcuni edifici e costruzione di una residenza per anziani progettata secondo criteri avanzati; realizzazione di una struttura di quartiere (“ Circolab” ) dotata di bar, sala comune, laboratorio e spazi per i ragazzi. Tale edificio collettivo denominato “ Circolab” , è oggetto di un concorso di progettazione vinto dagli architetti Andrea Borlini, Marina Dallera, Luciano Giorgi (di Pavia) finanziato dalla Regione Lombardia, con l’aggiunta di un contributo della Commissione Europea-Programma Energie relativo alla realizzazione di un sistema “ Coolhouse” che consiste nell’applicazione di “ soluzioni alternative al condizionamento dell’aria, utilizzando sistemi passivi e


tecniche di raffreddamento e ventilazione a bassa energia” . L’intento dei progettisti è “ quello di creare un’architettura non riconoscibile al primo sguardo, la cui facciata verde sia sfondo neutro, fondale all’edilizia già esistente sull’area (...) A pianta rettangolare disposto su due livelli, è chiuso su tutti i lati da una cortina verde composta da un fitto rivestimento alle pareti di parthenocissus tricuspidata, rampicante caducifoglio che gli conferisce un carattere mutevole a seconda delle stagioni (...) È un giardino nel giardino (...) un

zione degli alloggi; l’intervento prevede un cofinanziamento regionale (emergenza abitativa). In futuro sono previsti un ulteriore intervento di venti alloggi con servizi, spazi commerciali e terziario e un attraversamento pedonale della ferrovia per Cremona in direzione del centro storico. Tra le recenti realizzazioni si distinguono le due palazzine (10 alloggi ciascuna) (progetto: architetti Sandro Rossi e Bruna Vielmi) a Mortara del 2002, prismi dalla schinkeliana composizione dei prospetti, coerenti con l’intervento

una in vendita, realizzate con fondi ALER) da 14 alloggi ciascuna a Parona Lomellina (progetto: arch Pasqualino Venezia) e 24 alloggi (parte in vendita e parte in affitto) a Siziano (progetto definitivo: ing. Costanza Pericotti, progetto esecutivo: ing. Arturo Furlan). In previsione sono 30 alloggi a canone moderato (cofinanziamento regionale-emergenza abitativa) a Fossarmato (progetto: arch. Pasqualino Venezia) e 2 edifici da 4 alloggi ciascuno (edilizia convenzionata in vendita, finanziamento ALER) sempre a Fossarmato (progetto: arch. Pasqualino Venezia). V. P.

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Veduta dell’edificio collettivo “ Circolab” nel quartiere Pietrasana, Vigevano. enorme blocco verde, quasi una scultura di arte topiaria; un progetto di nuova sensibilità, tra architettura, arte dei giardini e scultura; (...) Questa facciata oltre ad essere simbolo di una strategia di fusione tra natura e architettura, asseconda un’idea ecologica di climatizzazione dell’edificio (...) nell’inverno, cadute le foglie, tutte le aperture si riveleranno sui fronti, scandite dal passo dei cavi metallici a sostegno del rampicante” (12). Un consistente intervento proposto dall’ALER (progetto: arch. Pasqualino Venezia), in fase di valutazione, è un nuovo quartiere (40 alloggi per anziani a canone sociale e 15 a canone moderato), nell’area dell’ex macello, vuoto urbano situato ad est di Pavia nella prima fascia periferica esterna al centro storico, a ridosso del tracciato dei bastioni spagnoli. L’intervento, costituito da una composizione morfologica dettata dall’accostamento di elementi con piante in linea, a “ C” e ad “ H” (con distribuzione a ballatoio e vani scala centrali), prevede anche una dotazione di servizi (ambulatorio, palestra, portinerie e lavanderie, ecc.). Il Comune mette a disposizione l’area e gestisce l’assegna-

realizzato a Robbio nel 1994, nonostante questi ultimi siano alterati da gronde sporgenti. Ulteriori recenti progetti (realizzati, in costruzione o in previsione) sono costituiti per la maggior parte da interventi relativamente piccoli, edifici dai volumi semplici senza particolare complessità morfologica, tipologica, spaziale o distributiva il cui linguaggio, adottato uniformemente sia per realizzazioni precedenti che per recenti proposte, caratterizzato dall’uso di elementi semplificati quali tetti a falde in coppi, gronde sporgenti, ballatoi, persiane tradizionali, dimensioni delle bucature, ecc., è definito da una cifra stilistica di diffusa normalità autoreferenziale richiesta dal mercato. Le realizzazioni recenti di edilizia agevolata in locazione sono: 9 alloggi a Silvano Pietra del 2000, 9 alloggi a Rivanazzano del 2001, 9 alloggi a Robbio Lomellina del 2003 (progetti: arch. Pasqualino Venezia), 12 alloggi e due negozi a Voghera del 2003 (progetto esecutivo ufficio tecnico ALER), 6 alloggi a Voghera del 2002 (progetto: arch. Fasanotti). In costruzione sono tre palazzine con pianta ad “ H” e distribuzione verticale nei punti nodali (due per affitto ed

Note 1. “ Avanti! ” , 5 dicembre 1919 e “ La Sera” , 30 giugno 1919. 2. La casa per tutti, in: “ Avanti! ” , 10 luglio 1919. 3. La questione delle Case Popolari, in: “La Provincia Pavese”, 5 ottobre 1921. 4. V. Prina, Carlo Morandotti e Pavia, in: “AL Mensile d’informazione degli Architetti Lombardi” , n. 3, marzo 2003, pp. 52-55. 5. “ Il popolo di Pavia” , 8 marzo 1935. 6. V. Prina, Pavia Moderna Architettura moderna in Pavia e Provincia 1925-1980, Edizioni Cardano, Pavia, 2003, p. 64. 7. V. Prina, Carlo Morandotti e Pavia, op. cit., pp. 52-55. 8. V. Prina, Pavia Moderna Architettura moderna in Pavia e Provincia 1925-1980, op. cit., pp. 19899. 9. V. Prina, Due edifici di Luciano Baldessari a Belgioioso - Pavia, in: “ AL Mensile d’informazione degli Architetti Lombardi ” n. 5, 1994, pp. 16-17. 10. “ Pavia” , n. 7-9, luglio-settembre 1959. 11. “ La Provincia Pavese” , 15 luglio 2004. 12. Dalla relazione di progetto.

Sondrio a cura di Enrico Scaramellini

ALER, la risposta sociale per la casa Abbiamo voluto iniziare questa breve premessa dei progetti che illustreremo riportando la mission di ALER Sondrio, in quanto riassume il senso delle ultime operazioni che abbiamo intrapreso coinvolgendo alcuni comuni valtellinesi come soggetti proponenti. La Regione Lombardia, mettendo a disposizione un finanziamento per la realizzazione di alloggi da assegnare a canone sociale chiamato “ Programma regionale per l’edilizia residenziale sociale” , ha inteso soddisfare la domanda di casa di quei soggetti aventi una condizione economica tale da poter accedere all’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, permettendo così alla nostra Azienda di perseguire appieno la missione che si è data. I tre progetti che di seguito saranno presentati, pur con le loro diversità, hanno in comune la consapevolezza che progettare oggi un edificio è cosa estremamente complicata; le questioni tecniche, normative ed economiche-finanziarie hanno infatti ristretto di molto lo “ spazio di manovra” dell’architetto che si trova ad operare in una babele di linguaggi. Una lingua comune, socialmente riconosciuta, non esiste più in quanto ognuno si crea le sue regole ed i suoi limiti in maniera del tutto indipendente; non c’è più un’architettura ufficiale a cui uniformarsi o contro cui battersi. È sufficiente sfogliare una rivista di architettura per accorgerci di questo; in poche pagine vediamo “ sfilare” progetti completamente diversi, che non hanno ormai più niente in comune. È credendo invece nell’autorità degli esempi e riconoscendo che le buone architetture sono sempre dei gesti di fedeltà e di ammirazione per quanto li ha preceduti e resi possibili, che ci siamo mossi nel proget t are i nost ri edif ici. Intervento di nuova costruzione in Comune di Chiavenna - area ex Eca L’area, nella quale verrà posizionato il nuovo edificio, ospita oggi una costruzione denominata “ ex Eca” ; la scelta è stata quella di demolire il fabbricato esistente, in quanto non rispondente alle nuove esigenze. Il progetto ha voluto confrontarsi con il luogo, punto di contatto tra la città della residenza e la città del lavoro. Infatti, la vocazione di tutta questa zona lungo il fiume Mera è sempre stata quella artigianale; (vedi falegnamerie, mulino Moro, birrifici, ecc.) a ridosso dei nuclei residenziali più antichi. Da qui la voglia di confrontarsi con le forme degli opifici


chiavennaschi (tetti a falde ripetuti, affaccio sul fiume e sulla strada). Trattandosi comunque di un edificio a destinazione residenziale, si sono caratterizzati i fronti principali evocando il disegno delle logge cinquecentesche presenti in Chiavenna. Una delle caratteristiche dell’edilizia residenziale chiavennasca è quella di avere il fronte edilizio che si affaccia direttamente sul fiume Mera; infatti, le case di-

ventano esse stesse argine. Per questa ragione la giacitura scelta per la nuova costruzione è stata quella con il fronte principale parallelo al fiume, evocazione del costruire sul fiume oggi reso impossibile dai sempre più stringenti regolamenti. Il progetto prevede la realizzazione di dieci alloggi posti in due corpi edilizi uguali, uniti da un volume contenente i collegamenti verticali.

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Intervento di nuova costruzione in Comune di M orbegno nel P.A. di via Bona Lombarda - lotto n. 19 Scrive Franco Purini che “ chi vuole fare l’architetto si trova davanti un muro che sembra invalicabile: una parete infinitamente estesa che nel caso del nostro mestiere è costruita con tutte le architetture pensate e realizzate da quando l’uomo eresse la sua prima dimora” . Mi sento di condividere questa affermazione proprio in questo caso, dove ci si trova a progettare in una zona che non ha ancora i connotati di città e dove il riferimento architettonico non è contiguo e facilmente utilizzabile. La voglia di rendere “ urbano” questo luogo ha fatto sì che i riferimenti fossero quelli dell’edilizia residenziale, i palazzi urbani con i loro volumi puri, le bucature disposte in maniera seriale, la chiara gerarchia degli accessi. Nell’immaginario che ha guidato il progetto hanno trovato posto anche i paesaggi urbani di Mario Sironi, vere città dipinte. È per questo desiderio di chiarezza che l’edificio progettato rinuncia a qualsiasi enfasi o bizzarria tecnologica per esprimere in maniera chiara quello che è: un edificio re-

sidenziale che vuole formare un tassello di città. Il mondo della città e della sua funzione residenziale è diventato quindi una traccia che ci ha guidato a superare quel muro invalicabile, facendoci trovare in esso una frattura, uno spiraglio, un punto di appoggio. Formato da due corpi di fabbrica, uniti dal volume dei collegamenti verticali, l’edificio si presenta come una sorta di architettura non finita; i fronti nord e sud subiscono una frattura in corrispondenza del corpo scale, arretrato rispetto alle facciate e più alto per consentire il raggiungimento dei terrazzi posti sul tetto. Il linguaggio utilizzato è quello delle forme elementari, di volumi e di elementi, come la ripetizione delle finestre e il cornicione, che appartengono all’immaginario collettivo, “ disturbati” solo dalla presenza del corpo scale, quasi un’aggiunta operata successivamente in un edificio già esistente. I fronti si differenziano solo per il numero di aperture, più bucato a est, meno sugli altri lati. Al piano terra sono previsti quattro alloggi da una camera, mentre nei superiori tre piani trovano posto sei alloggi da due camere.

Intervento di nuova costruzione in Comune di Cosio Valtellino nel P.R.G. - area ex Geronimi L’area, nella quale verrà posizionato il nuovo edificio, risulta essere il completamento di un progetto comunale che prevede la ristrutturazione di un complesso edilizio con la collocazione di una serie di servizi pubblici quali posta, banca, asilo, sala conferenze, ecc. L’arretramento e la forma del nuovo int ervent o sono det t at i sostanzialmente dal piano regolatore del Comune di Cosio; a sud viene confermata la giacitura della via Torchio, a est la curvatura della via modella la facciata del nostro edificio. Riteniamo questa scelta del P.R.G. sostanzialmente condivisibile, in quanto storicamente il tessuto viario di questa zona storica del paese è sempre stato confermato da cortine edilizie compatte. Il fronte edilizio ad est, presenta

una serie di finestre, disposte con passo regolare e il trattamento della facciata è previsto in intonaco, mentre i fronti nord e sud risultano essere più chiusi con finitura in rasopietra. I sei alloggi, previsti per l’edilizia residenziale sociale sono posti sui tre piani e distribuiti tramite un passaggio che vede la presenza dei collegamenti verticali. Questo spazio, previsto tra due corpi edilizi, evoca i passaggi stretti, spesso voltati, esistenti in alcune zone del paese. Tre dei sei appartamenti progettati, sono stati dimensionati per l’utilizzazione di quattro persone e tre per due persone. Le sale hanno tutti gli affacci a est, lato che presenta la migliore esposizione e permette un’ampia visuale sulla valle. Marco Cattone, responsabile servizio tecnico ALER Sondrio


A cura della Redazione

Il problema della residenza temporanea

Argomenti

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La questione delle abitazioni si configura oggi in termini innovativi rispetto al passato esigendo soluzioni non più puramente quantitative, ma dotate di un elevato grado di complessità. Il problema della residenza temporanea, parte di questa complessità, richiede risposte ad una domanda di abitare profondamente influenzata da una molteplicità di fattori inediti; fra di essi emergono i nuovi modi di usare e consumare la città, un’accresciuta mobilità, dovuta sia allo sviluppo tecnico dei mezzi di comunicazione sia alla sostenuta dinamicità delle attività lavorative; il consistente saldo attivo dell’immigrazione dai paesi extraeuropei e soprattutto il ruolo del tempo, da più parti considerato uno degli “ ingredienti” fondamentali del processo di progettazione. I cambiamenti della società e del modo di vivere si riflettono sui modelli abitativi: all’abitare tradizionale, basato su un rapporto univoco tra stabilità del nucleo familiare e alloggio, in cui le persone identificano il “ luogo” ove si radicano determinati valori affettivi, si affianca un abitare di segno diverso che rispecchia le caratteristiche di una struttura più mobile sia degli stessi rapporti tra le persone (coppie di fatto, famiglie mononucleari), sia del mondo del lavoro. Mentre il primo appare sostanziato dalla lunga durata, il secondo si afferma in ragione di un’esplicita limitazione temporale nell’uso dell’alloggio. L’esistenza di tale limite rimanda da un lato al principio della scarsità delle risorse, fondamento dei vincoli che rendono concreta una qualsiasi azione progettuale, dall’altro alla ciclicità del tempo, uno dei paradigmi fondamentali della cultura occidentale. La temporaneità dell’abitare esprime, infatti, condizione oggettive – le ALER in seguito a molti fattori, fra cui l’esaurimento dei fondi Gescal, non possono non limitare la durata temporale delle locazioni a canone sociale – e soggettive, poiché gli utenti si orientano verso la residenza temporanea in funzione di scelte attinenti la propria biografia personale. I rinnovati modelli di utilizzo temporaneo dell’abitazione sono, a vario titolo, sostenuti dalle nuove categorie della domanda (gli studenti, i lavoratori in mobilità, gli immigrati e gli anziani), in coincidenza con precisi periodi della vita e con il diffondersi di sistemi sempre più connotati dal fattore della provvisorietà e della mobilità. Le specificità della domanda riportano l’attenzione alle questioni tipologiche dell’abitazione e ripro-

pongono il dibattito sulla contrapposizione tra determinazioni organizzative specifiche o flessibili. La valutazione entra nel merito della convenienza di scelta tra tipologie di alloggio tagliate su misura per “ l’utente speciale” , oppure basate sulla flessibilità, cioè sulla possibilità di adattarsi, di volta in volta, a costi contenuti, alle mutevoli necessità. La questione della residenza temporanea deve essere ricondotta ad un quadro tipologico di riferimento che ne chiarisca l’ambito problematico, nella consapevolezza delle necessità dell’abitare contemporaneo. Il fattore tempo si lega e condiziona i nuovi assetti tipologici; la richiesta è quindi di alloggi di tipo non convenzionale in grado di soddisfare l’esigenza di abitare per periodi brevi o addirittura provvisori. Le tipologie prevedibili sono caratterizzate dal fatto di essere costruzioni attrezzate per accogliere un’utenza in stato di bisogno, per periodi di tempo verosimilmente disomogenei. La temporaneità d’uso di queste case si traduce in tipologie più simili a strutture alberghiere che a tradizionali abitazioni; si tratta di sistemi caratterizzati da un’ampia dotazione “ fissa” che va dall’arredo permanente al corredo. Sono abitazioni temporanee, ossia il loro utilizzo è determinato da un arco di tempo che può essere brevissimo (come negli alberghi), breve ed è il caso di abitazioni per studenti, o relativamente lungo, ed è il caso, ad esempio, di strutture per anziani. La specificazione del carattere di temporaneità implica l’utilizzo a rotazione dell’immobile. L’impianto spaziale si caratterizza per la giustapposizione di parti più private e personali ad ampie parti comuni e di servizio, destinate a tutti i residenti, e a volte anche di tutti i cittadini. Su questi temi, nel mese di settembre, si è tenuto un Seminario di Studio, organizzato dal Politecnico di Milano, dalla Regione Lombardia e dall’ALER di Mantova, dal quale è emerso come, nonostante l’elevata dimensione quantitativa di questa tipologia di domanda, non esista, al momento, alcun impegno sul versante degli operatori privati. Emerge viceversa lo sforzo della stessa Regione Lombardia che ha formulato un programma per la realizzazione di alloggi da destinare a “ locazione temporanea” specificamente indirizzato a studenti universitari, stagisti e lavoratori in mobilità. Cristina Bergo, Marco Lucchini

IX Biennale: attraversando le Corderie Il suggestivo spazio delle Corderie dell’Arsenale alla IX Biennale di Architettura di Venezia, precipita il visitatore in una densa sequenza di progetti del panorama internazionale

contemporaneo. Per osservare lo “ stato dell’arte” , ma anche, attraverso di esso, per suscitare una riflessione sulle prospettive future della costruzione e della ricerca. Se il di-

rettore Kurt Forster ha affermato: “ ...verso dove stia muovendo l’architettura oggi lo possiamo solo immaginare” , ciò non sottrae alla mostra una meditata impostazione teorica. Gli schermi in apertura suggeriscono la tesi chiamando in causa quattro architetti degli anni ’80; due (Rossi e Stirling) maestri di filoni giudicati non più prolifici e due (Eisenman, cui è stato assegnato il Leone d’Oro alla carriera, e Gehry) profeti e protagonisti della tendenza attuale: una sorta di “ nuovo metabolismo tecnologico” di edifici che, come gli organismi viventi, appaiono sempre

casi vicina agli earthworks. Basti pensare ai movimenti del suolo della Città della Cultura di Eisenman a Santiago de Compostela, o ai rilievi artificiali degli spazi espositivi del Museo Paul Klee di Piano a Berna. All’interno di Topografia troviamo anche il progetto premiato come opera più significativa dell’intera mostra: il Museo per l’Arte Contemporanea a Kanazawa dello studio giapponese Sanaa. Anche se nell’architettura di oggi – e nel suo specchio proposto alle Corderie – una distinzione nazionale sembra passare in secondo piano, è da notare che la partecipazione italiana

Uno degli spazi allestiti alle Corderie. più ricettivi rispetto alle mutevoli condizioni ambientali. Il tema di fondo è declinato in 5 sezioni (Trasformazioni, Topografia, Superfici, Atmosfera, Iper-Progetti) all’interno delle quali – ma non senza l’impressione di continui slittamenti – si distribuiscono gli oltre 200 progetti esposti. Topografia, la parte espositiva più nutrita e dedicata al rapporto tra architettura e sito, appare la sezione che meglio esemplifica la citata metamorfosi, perché indaga il confine sottile tra natura e artificio. Le deformazioni dell’edificio e del luogo si fondono e, da un lato, coinvolgono non più solo la pelle, ma anche la struttura e lo spazio interno del progetto, dall’altro modellano il territorio con un’attitudine in molti

si limita a quattro nomi: Renzo Piano, Massimiliano Fuksas Mario Bellini e Aldo Cibic; in particolare, un’unica opera attiene all’ambito lombardo: la Fiera di Fuksas in costruzione a Rho-Pero. Mentre non mancano progetti e realizzazioni recenti di stranieri in Italia (il Museo di Arte Contemporanea MACRO a Roma di Odile Decq e Benoît Cornette, il Ponte Parodi a Genova di UN Studio), per cercare interventi nostrani bisogna lasciare le Corderie e recarsi presso i Giardini, ai Padiglioni Italia e Venezia. Ma nel primo caso troveremo notizie sulle architetture degli interni, nel secondo sguardi sulle architetture del passato. Mina Fiore

Sguardi contemporanei a Venezia Una dichiarazione d’intenti l’intitolazione che la DARC ha scelto di dare alla mostra ospitata presso il padiglione Venezia ai Giardini di Castello nell’ambito della IX Biennale di Architetura: Sguardi Contemporanei. 50 anni di architettura italiana. Curata da Margherita Guccione con la consulenza scientifica e l’allestimento del poliedrico Pippo Ciorra, questa ricognizione critico-iconografica attraverso un tempo che appare oggi quasi remoto, anche se vicinissimo, si pone come un “ gioco serio” che guarda soprattutto ad una prospettiva di salvaguardia, protezione e recupero del patrimonio architettonico contemporaneo. Un interesse, questo della Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanea, nei confronti dell’architettura del se-

colo appena trascorso, che si è espresso anche attraverso il lavoro, ancora in corso, d’“ Indagine sulle architetture italiane del secondo novecento” , operazione di raffinata catalogazione condotta con l’ausilio di università e istituzioni pubbliche e, non a caso, presentata in questa occasione nella sala multimediale d’ingresso alla mostra. Due eventi in uno dunque, dove l’“ indagine” introduce alla vera e propria mostra 10 critici, 10 architetture,10 fotografi; questa, allestita e articolata in dieci fasce “ a ventre di balena” , scura e avvolgente, dalla grafica severa, ci parla di dieci icone e non, del moderno, attraverso immagini belle e personali, fatte di dettagli e di punti di vista imprevedibili e segnalazioni talvolta inusuali. Qui si succedono le scelte di Ciucci, Olmo, Conforti, Gre-


video, anche d’epoca, riferiti ai 10 progetti prescelti, con immagini persino commoventi come nel caso del centro residenziale Olivetti di Ivrea di Gabetti e Isola. Nell’ambito di una Biennale che può lasciare persino dubbiosi sulla necessità stessa di proporre ogni due anni un album dell’architettura contemporanea – come avviene nelle Corderie –, proprio i padiglioni ai Giardini sembrano raggiungere, nella propria singolarità, una significativa qualità critica e, a questi, è senz’altro lecito accostare anche il Venezia progettatto negli anni Trenta da Brenno Del Giudice, anche allora per l’inusuale compito di ospitare le arti decorative, e da qualche anno recapito veneziano prediletto per gli eventi patrocinati dalla DARC e dal MAXXI. Così Sguardi contemporanei... si pone come un ibrido: nè insider rispetto alla IX Biennale d’Architettura perché, a differenza di questa, pone una riflessione sul caso italiano essendo stato ideato in completa autonomia rispetto alla linea di questa edizione, nè outsider perchè in fondo il direttore Forster l’ha inserita nel programma generale quasi ormai si trattasse di un padiglione nazionale e, comunque, fisicamente all’interno dei Giardini e per questo visitabile fino al 7 novembre come l’intera kermesse veneziana. Maria Vittoria Capitanucci

Tadini, un’eredità da (ri)scoprire A distanza di due anni dalla scomparsa, Milano ha celebrato con un convegno di studi Emilio Tadini (Le figure le cose, 24-25 settembre, Sala delle Otto Colonne, Palazzo Reale). Promosso da Mauro Bersani, Paolo Di Stefano, Anna Modena, Giovanni Raboni, Antonia Tadini, Guido Vergani e organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera con il contributo di Giulio Einaudi Editore, Premio Bagutta e Rotary Club Milano Castello, il convegno ha ripercorso le tappe di una carriera esemplare e stimolato uno studio complessivo e sistematico dell’opera di Tadini. Numerosi gli ospiti presenti, poeti (Maurizio Cucchi), pittori (Valerio Adami), ma anche critici e storici d’arte (Arturo Carlo Quintavalle, Marco Vallora, Gloria Bianchino), semiologi (Umberto Eco, Paolo Fabbri), filosofi (Carlo Sini), docenti e cri-

tici letterari (Cesare Segre, Anna Modena, Mauro Bersani, Clelia Martignoni, Bruno Pischedda, Gianni Turchetta), filologi (Giulia Raboni), giornalisti (Ferruccio De Bortoli, Aldo Grasso), teatranti (Giovanni Fontana, Anna Nogara, Roberto Rizzente), architetti (Gae Aulenti). Diversi gli approcci di studio, inesauribili la portata filosofica e la forza poetica delle opere descritte. Molti gli inediti, disegni, spunti e riflessioni che documentano la radice comune di ogni esperienza artistica in Tadini e che attendono ancora una compiuta classificazione. Con la sua scientificità, le novità e la qualità delle opere presentate, il convegno ha dato un contributo decisivo alla riscoperta della figura e dell’opera di Emilio Tadini. Roberto Rizzente

Emilio Tadini, Un angelo a Milano, 1986.

Se la città è un’opera d’arte

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Emir Kusturica e due vedute di Küstendorf. Lo scenario dell’ultimo film di Emir Kusturica, La vie est un miracle, diverrà una vera città, piccola utopia realizzata. Il villaggio ideato e progettato dal regista è come un “ film concretizzato nello spazio” in cui i luoghi immaginari scivolano fuori dalla pellicola per essere vissuti. Se il cinema è per Kusturica una “ lotta contro la tristezza e la malinconia attraverso l’ironia e la bellezza” , con questo gesto poetico egli si lascia alle spalle le ferite della guerra – compresa l’amata Sarajevo, dove non può tornare – realizzando il “ desiderio di preservare il bello dal resto del mondo” . Luogo di frontiera tra sogno e realtà, Küstendorf sorge sulle dolci colline di Mokra Gora, a 250 km da Belgrado, al confine tra Serbia e Bosnia. Esito dell’ultimo film – dove Kusturica narra una storia d’amore tra giovani d’etnie diverse – il villaggio incarna l’anelito d’integrare forme, istanze e linguaggi distinti: una singolare unione tra arte e vita ispirata alla “ bellezza del caos” . “ Nella foresta di Mokra Gora convivono tre specie di alberi che normalmente non possono crescere nello stesso ambiente” . Qui la natura sembra far da specchio all’esigenza umana di coabitare tra diversità, in un mondo contaminato e vivificato da dissonanze, dove qualità opposte s’integrano in superiore armonia, come in un’opera d’arte. Su un terreno di 4 ettari sorgono 25 case disposte lungo una strada centrale. Le abitazioni sono costruite col legno recuperato da vecchie baite della zona e le strade sono lastricate di legno. L’intero villaggio è costruito rispettando l’ambiente circostante, secondo i princìpi della bioarchitettura: “ La sua essenza è data dalla materie prime utilizzate per la costruzione” . L’aspetto è semplice, anche se vi si possono ravvisare orientamenti all’architettura del Rinascimento e del Barocco. Ci saranno la chiesa, l’ufficio postale, la biblioteca, una galleria d’arte, un piccolo

laboratorio di frutta secca, la sauna, la piscina, un forno a legna per cuocere il pane, uno spazio per accogliere gli studenti e, naturalmente, un cinema. Un gruppo di persone vi lavorerà stabilmente, mentre i visitatori potranno soggiornarvi per brevi periodi, in occasioni dei seminari che – attivi dal 2005 – andranno dal cinema al teatro, dalla musica alla ceramica. Scettico nei confronti della democrazia che definisce una “ grande truffa nel cui nome si compiono le peggiori efferatezze” , Kusturica si propone provocatoriamente come legislatore unico del luogo. Così parla del potere l’ironico monarca dei tempi moderni: “ Nei miei regni, sia il cinema, sia una città, pretendo un potere minimo ma assoluto. Un potere gentile” , in nome della bellezza e dei tre principi della rivoluzione francese: libertà, fraternità e uguaglianza. Küstendorf, che mutua il nome dal suo demiurgo, “ è aperta a tutti” , assicura, “ purché rispettino questi valori” . Nata come luogo di scambi d’idee e cultura, l’ultima creatura del genio visionario, eccentrico, idealista, è una “ sfida ad un mondo dominato dalla logica del profitto” e sorge dal bisogno di “ portare un’immagine del mondo che offra prospettive” .“ La città dei miracoli” , sintesi di cinquant’anni di vita, segna anche una nuova tappa nella parabola creativa e personale dell’artista: dopo la discesa nell’oscurità di Underground, con La vie est un miracle si compie una risalita verso la superficie che coincide col passaggio dalla distruzione alla costruzione. Ecome un autentico artista rinascimentale Kusturica si scopre architetto: “ In generale fare un film, almeno nel mio caso, significa costruire o ricostruire degli spazi. Io lavoro moltissimo sul rapporto tra gli spazi. E questo in un certo senso è fare l’architetto” . Irina Casali

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gotti, Magnago Lampugnani, Poretti, Purini, Casciato, De Michelis, Portoghesi, accostate allo sguardo interpretativo di Basilico, Fossati, Zanta, Guerrieri, Muciaccia, Barbieri, Scaramuzzino-Pavesi, De Petri, Jodice, Jemolo, lasciando al manufatto l’orgoglio della propria rappresentatività. Architetture, e non architetti, dunque, riassunte e rilette con forte suggestione nella sala conclusiva, la coda del grande cetaceo che, seguendo l’andamento a “ U” dello storico padiglione diviene sala proiezioni con


Conversazioni a cura di Antonio Borghi

Intervista a Carlo Bertelli • Curatore e critico d’arte, docente universitario e autore di manuali per le scuole, saggista e opinionista per le principali testate nazionali, Carlo Bertelli è noto anche per il suo impegno civile. A Milano il suo nome è legato alla Pinacoteca di Brera, di cui è stato direttore dal ‘78 all’82

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quando era anche Soprintendente ai Beni artistici e storici. • Dirigere la Pinacoteca di Brera significa aver a che fare con la vita della città sotto molti punti di vista. Brera è un complesso di istituti diversi: l’Osservatorio Astronomico con relativo museo, l’Istituto Lombardo di Lettere e Scienze, la Biblioteca Braidense, la Pinacoteca, che fa parte della Soprintendenza, l’Accademia, che una volta era per cinque, sei studenti mentre adesso ne accoglie oltre cinquecento, e infine l’Orto Botanico. Quando sono arrivato erano in corso i lavori di trasformazione del palazzo Citterio – ma con tanti lavori anche a Brera, dove c’erano sette cantieri aperti. Il piccolo palazzo Citterio, nella stessa via Brera, con un grande giardino alle spalle, era stato acquistato recentemente dallo Stato dopo che lo stesso aveva trasferito al Comune il Palazzo Reale in cambio della Cà Granda, destinata all’Università. Sembrava allora che tutto potesse essere cambiato e in fretta. La Pinacoteca di Brera era chiusa e vi era stata allestita una mostra volutamente provocatoria Processo per il museo, contrassegnata da grandi “ X” nere. Inspiegabilmente, il futuro sembrava a portata di mano. • Era un momento di grande fermento e la città reclamava una sede per le correnti artistiche del XX secolo. • Milano raccoglieva in quel momento importanti testimonianze dei movimenti artistici moderni, dal Divisionismo al Futurismo, al Novecento con qualche Picasso e Matisse, ma queste collezioni restavano invisibili. Il soprintendente che mi aveva preceduto, Franco Russoli, aveva avviato un grande progetto di acquisizione delle più importanti collezioni private della città – le collezioni Jesi, Vitali, Jucker e Mattioli – attra-

verso donazioni allo Stato. Con l’acquisto del palazzo Citterio, prese corpo l’idea che quelle raccolte vi dovessero confluire. Il lavoro diplomatico di Russoli aveva spinto i collezionisti sulla via delle donazioni, senonché la decisione di svuotare il Palazzo Citterio mantenendone le sole facciate e l’avvio di una ristrutturazione di cui non si vedeva la fine, suscitò serie inquietudini tra i donatori. Russoli scomparve nel ben mezzo del suo progetto, che passò nelle mani della Soprintendenza per i Beni Architettonici. • Si ricorda chi fossero gli architetti incaricati del restauro del Palazzo Citterio? • Il progetto era stato degli architetti Ortelli e Sianesi, i quali agivano anche da direttori dei lavori insieme al Soprintendente per i Beni Architettonici e ai suoi funzionari. Non mi risulta che avessero mai avuto un incarico ufficiale. Tuttora non le saprei dire chi pagasse le parcelle. Con il mio ufficio chiesi inutilmente chiarimenti al Ministero e inviai anche una relazione alla Procura della Repubblica, ma senza conseguenze. Era l’atmosfera di quegli anni. Durante il cantiere allestii nel palazzo Citterio una bella mostra di Filippo Avalle e poi una di Alberto Burri che doveva preludere all’inaugurazione di Palazzo Citterio. In coincidenza della mostra di Burri si è risvegliato il Comune, con una prima grande mostra a Palazzo Reale e dando avvio alla ristrutturazione del Palazzo con il progetto Belgiojoso, che è andato avanti sino ad oggi senza essere stato preceduto da una approfondita indagine sulle strutture esistenti. Non esiste un rilievo scientifico di Palazzo Reale come non esiste del Castello Sforzesco, né del complesso di Brera, eppure da decenni si procede a restauri e lavori di vario genere. • Dunque il progetto della grande Brera non ha come base un rilievo scientifico ed attendibile delle preesistenze? • Purtroppo no e questo è tanto più grave in quanto l’esistente è molto complesso a partire da Santa Maria di Brera. Questa chiesa risale alla fine del Duecento e fu divisa in altezza per ricavarne le sale napoleoniche al piano superiore, mentre il piano terreno venne occupato prima dall’Accademia e poi dal Museo di storia patria, in seguito trasferito al Castello. Il primitivo convento degli Umiliati fu trasformato nel Seicento in collegio gesuitico, fu poi trasformato in un grosso centro culturale con Maria Teresa e Napoleone, ebbe altre trasformazioni nel corso dell’Ottocento e del Novecento, fu bombardato nel 1944 e ricostruito. Si pensi che solo cinque anni fa è tornata alla luce la cosiddetta Sala della Passione, una grande sala con affreschi, di cui si era persa memoria. • Come avrebbe trasformato lei questo grande complesso? • Quando presi la direzione della Pinacoteca chiesi a tre studi molto diversi tra loro – Lodovico Belgiojoso,

Gino Valle e Vittorio Gregotti – un piano di fattibilità, che prevedeva l’acquisizione della Chiesa che diventava l’ingresso alle collezioni, mentre il campanile, che esiste ancora, diventava il sistema di risalita, permettendo un’adeguata espansione della Pinacoteca. Questo progetto fu seguito da un ulteriore piano di fattibilità del Genio Civile che dimostrava l’inadeguatezza delle struttura così com’era a comprendere tutte le funzioni che vi si trovavano dentro, ma tutto rimase lo stesso in sospeso. Mi convinsi che la soluzione sarebbe stata trasferire l’Accademia a Palazzo Citterio e la mia proposta ebbe l’assenso dell’allora ministro Spadolini, che era stato il promotore della Grande Brera, ma il progetto fu bocciato dall’assemblea dei professori dell’Accademia, incontrò le resistenze del mio ministero, ci fu la solita confusione e tutto restò com’era. Il progetto comprendeva un progetto di Dani Karavan per l’Orto botanico mentre Vico Magistretti e Ugo La Pietra avevano progettato la piazzetta davanti alla Chiesa su incarico del Comune. Ma anche questi progetti si scontrarono con le ostilità della Soprintendenza ai monumenti e con l’incertezza dei soggetti coinvolti e restarono sulla carta. • Poi è arrivato il progetto di Stirling... • Dopo che avevo lasciato la direzione della Pinacoteca e la Soprintendenza, passando all’Università di Losanna, gli Amici di Brera trovarono un finanziamento del Banco di San Paolo di Torino per un progetto di qualità che disfacesse quanto già era stato realizzato. Fu fatto il nome di Stirling, il cui progetto va avanti dal 1983 e sul quale ho molte riserve: il grande fungo centrale che sostiene il lucernario e l’esedra per scendere dal giardino ai sotterranei espositivi mi sembrano fuori scala e ripetono piuttosto meccanicamente motivi già adottati in altre occasioni. • Passano gli anni e pochi mesi fa è stato annunciato un nuovo progetto per Brera. • Nel 2002 si è riaffacciata l’idea di trasferire a palazzo Citterio l’Accademia e questa volta se ne è fatto promotore il Ministro Giuliano Urbani. Nel frattempo la nuova Soprintendente Maria Teresa Fiorio dimostra di avere una visione chiara della situazione e si adopra in tutti i modi per arrivare a un buon esito di questa tormentata vicenda. Sulla stessa linea sono ora l’Accademia, gli Amici di Brera, il soprintendente Artioli e la soprintendente Di Francesco. Non si litiga più. Una parte di Brera dovrebbe migrare alla Bovisa e un’altra parte a palazzo Citterio, liberando spazi da dedicare all’ampliamento della Pinacoteca. • Eccoci dunque arrivati agli ultimi sviluppi con il trasferimento a Bovisa, l’incarico ad Alberico Belgiojoso per l’allestimento della grande Brera e una Fondazione Bancaria che è pronta ad assumersene gli oneri. Come si è arrivati a questa conclusione?

• Sulla genesi di questa proposta non so nulla, ma credo che se dovesse essere realizzata il complesso di Brera avrebbe finalmente il respiro che merita. Trovo però che Brera è un punto nodale dell’immagine della città e non capisco come il suo futuro non possa essere oggetto di un programma capace di stimolare concorsi pubblici di progetto. Nel frattempo Brera ha perduto la collezione Mattioli, che è restata di proprietà degli eredi ed è attualmente in affitto al Guggenheim di Venezia, mentre solo la collezione Jesi e una parte della eclettica collezione Vitali sono arrivate a Brera, mentre la collezione Jucker è stata acquistata dal Comune. A suo tempo avevo curato l’allestimento della donazione Jesi e del deposito Jucker con il progetto di Ignazio Gardella, ma anche questo prezioso allestimento è stato distrutto, così come l’ala di Franco Albini a seguito di una decisione presa dalla Soprintendente Caterina Bon Valsassina. • Una storia lunga ed intricata. Quali saranno secondo lei le prossime puntate? • Per ora è certo che il progetto di Franco Russoli è andato dolorosamente a ramengo e questa storica occasione è andata perduta per sempre. Oggi è il Comune ad avere l’iniziativa e speriamo che trovi i fondi per realizzare il Museo del Novecento all’Arengario dove forse Brera potrà fare un deposito delle proprie opere di quel periodo, perché la sua fisionomia ormai è un’altra. La nuova Brera potrà finalmente acquistare una monumentalità che adesso non possiede, grazie all’integrazione della chiesa, ma resta da affrontare la questione delle sale napoleoniche. La mia opinione è che vadano rimosse le volte ribassate di Portaluppi, che hanno falsato le belle proporzioni originali e i cui lucernari non riescono ad illuminare bene le pareti. L’intelligente intervento di Gregotti ha migliorato la situazione, ma il ripristino dovrebbe essere più radicale e riportare in luce l’impianto ottocentesco del Gilardoni. • Molti musei italiani soffrono di queste lungaggini ed indecisioni. Un altro caso esemplare è dato dagli Uffizi. • È vero, anche se gli Uffizi hanno il senso della forza dell’architettura in cui si trovano, mentre Brera l’ha perduta. A volte molti problemi nascono dall’inutile conflitto tra architettura e museologia, materia per la quale fioriscono le cattedre mentre ci sarebbe un gran bisogno di insegnare la gestione dei musei. L’esposizione e l’allestimento sono un problema di architettura, mentre i museologi tendono a creare una propria disciplina e normativa che entra in conflitto con l’architettura, complicando ulteriormente questioni di per sé già molto complesse. Basta pensare che gli Uffizi rischiano di ritrovarsi con un’uscita molto più rappresentativa dell’entrata. C’è molta confusione in un mondo dove la museologia si è resa indipendente dall’architettura.


A cura di Roberto Gamba

Nuova sede ALER, spazi residenziali, per attività produttive e terziario a Masnago (Va) a servizio di varie attività del quartiere (gioco ragazzi, manifestazioni culturali); la realizzazione di una attrezzatura pubblica Comunale (Uffici della P.A., sede dei Vigili Urbani, ecc. per complessivi mq 500 di slp); la realizzazione di una quota di edilizia privata per funzioni terziarie e residenziali; la realizzazione di un parcheggio con capienza pari ad almeno 100 posti auto pubblici, ricompresi nella superficie territoriale a standard; la realizzazione di parcheggi pertinenziali privati prevista dall’articolo 31 delle NTA nei sedimi della superficie territoriale extra standard. Il Piano at t uat ivo comprendeva una verifica idraulica e idrogeologica della zona, di cui andavano precisati i contenuti tecnici. La giuria era composta da Giampietro Colombo, Gaetano Campione, Corrado Moro, Adriano Veronesi, Roberta Besozzi, Antonio Monestiroli, Mario Colombo.

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1° classificato ex aequo Alberto Bertolini (Luvinate, Varese) con Alessandra Galli; consulenti: Guido Baldrati, Martino Bisaccia; collaboratori: Maria Silvia Cadario, Cristina Galli, Simone Poletti

1° classificato ex aequo Marco Morello (Varese) con Massimo Morello, Mauro Morello, Roberto Melai, Alberto Ariatta, Gianfranco Ariatta, Giovanni Simonetti; collaboratore: Leone Morello; consulente: Francesco Serra La considerevole varietà del programma è stata articolata secondo oggetti diversi, rispondenti alle diverse funzioni disposti su una piattaforma, artificio che sancisce un livello topografico di riferimento. Nello scarto variabile col piano sono state previste le autorimesse e i magazzini, al di fuori di essa la sottostrada di accesso locale forma con la scarpata e gli alberi un vallo protettivo dal ciglio stradale. Lo spazio misto risultante è concluso a est dall’edificio sede dell’Aler, più basso dei blocchi di abitazioni in linea esistenti; alla loro verticale tipologica presenza, si contrappone una più mimetica orizzontalità. Le pelli architettoniche vengono differenziate, mosse,

torrente Vellone e permette l’accesso alla fermata degli autotrasporti pubblici esistente sulla strada. Il parcheggio previsto al seminterrato ha dettato la scelta di una maglia strutturale regolare, con luci medio-grandi (m 7,50 x 7,50), che permette un agevole utilizzo delle vie di manovra.

Concorsi

L’Azienda che bandiva il concorso, aveva recentemente acquistato un’area in Comune di Varese e su questa intendeva realizzare: la nuova sede, (circa mq 2.000); spazi con destinazione attrezzature e servizi (mq 500); spazi per attività produttive e terziario (mq 1.000); spazi da destinare alla residenza (mq 1.500 - corrispondente ad almeno 15 alloggi); il tutto per complessivi mq 5.000. L’area è localizzata a Masnago, comune di Varese, nel piazzale Staffora: ha forma geometrica abbastanza regolare a rettangolo. I requisiti della progettazione urbanistica erano la cessione al Comune della superficie territoriale a standard, opportunamente attrezzata con le opere di urbanizzazione primaria e secondaria; il recupero delle sponde del Torrente Vellone, con realizzazione di un percorso nel verde e collegamento a nord, fino al Castello di Masnago; la realizzazione di uno spazio urbano attrezzato e alberato,

camente al piano di campagna e alla strada. Ospita un filtro verde di spazi di gioco e di passeggiata, allacciandosi alle anse verdi percorse dal sentiero per Masnago. La superficie ritrattata di piazzale Staffora diventa raccordo tra il più urbano percorso inferiore lungo strada, e il sistema naturale del

forate e imprigionate nella struttura, creando eccezioni al regolare partito dominante. La flessibilità e l’economicità dei sistemi di facciata è combinata con la scelta di tecniche non propriamente tradizionali. La porzione chiaramente delimitata, ma armonizzata nel corpo di fabbrica, è da destinarsi ad uffici della pubblica amministrazione; è dotata di accesso, servizi e impianti autonomi, pur concretizzando uno slancio nella apparente scomposizione descritta. Gli alloggi affacciano la zona notte sul lato nord, con un prospetto che mostra il telaio come elemento contenitore di un semplice gioco di persiane scorrevoli; al mattino l’apertura spontanea mina la quieta e verticale simmetria dei fronti e trasforma il prospetto in una matrice più materica e varia per il disallineamento delle persiane lignee. Al limite occidentale dell’intervento la piastra si raccorda planimetri-

Il nuovo complesso è situato nella porzione più alta del lotto ed è articolato in 4 corpi di fabbrica di 4 piani ciascuno, intervallati da giardini e disposti in linea secondo l’asse di via Crispi. Un obiettivo era quello di creare una piccola piazza antistante la nuova sede dell’Aler e di mantenere più superficie possibile a verde davanti agli edifici residenziali; contemporaneamente si sono riqualificate le sponde del Torrente Vellone, a sud dell’area di progetto, con la messa a dimora di piante autoctone. Sono stati creati dei semplici volumi separati, che si elevano su di un basamento rivestito in porfido di Cuasso: un volume a se stante a forma di parallelepipedo per la nuova sede dell’Aler, degli Uffici della P.A. e dei Vigili urbani, per l’immagine del quale si è guardato ai grandi alberghi di inizio Novecento; tre blocchi a pianta quadrata, quasi cubici, per la residenza e gli spazi per le attività produttive e terziario, che nascono da uno studio delle ville, villini e pa-

lazzine della migliore tradizione costruttiva locale. La pianta rettangolare stretta e lunga della nuova sede dell’Aler si adatta alla forma del lotto che in prossimità della via Oldofredi si restringe bruscamente per via dell’ansa del Vellone e presenta un lungo portico di ingresso verso la piccola piazza. Quest’ultima presenta una pavimentazione in porfido scandita da fasce in pietra bianca e si conclude a ovest con una gradinata che supera il dislivello di circa un metro e trenta con il parco. La forma cubica dei blocchi della residenza si adatta alla maggiore profondità del lotto in corrispondenza del parco e i volumi sono trattati in modo differenziato, invertendo i pieni e i vuoti delle facciate. I tre villini sono una variazione sullo stesso tema e conferiscono unità alla composizione complessiva; è stata privilegiata la vista degli alloggi, soprattutto dei soggiorni e delle cucine che si affacciano a sud sul parco. Il progetto propone inoltre la razionalizzazione e tipizzazione delle costruzioni, alti standard qualitativi nelle finiture, utilizzo di materiali edilizi durevoli, lo sfruttamento delle fonti energetiche naturali (pannelli fotovoltaici collocati sulle coperture piane).


Concorsi

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3° classificato Pacifico Aina (Novara), Bruno Melotto, Eleonora Salsa, Fabio Zorza; collaboratori: Matteo Garbagnati, Francesca Landoni L’impianto proposto si organizza attorno ad un grande plateau centrale sul quale si affacciano i tre edifici: la nuova sede Aler, le attrezzature pubbliche (sede dei Vigili Urbani) e il blocco residenzialeterziario. Si è ritenuto opportuno avvicinare alla strada gli edifici di carattere pubblico, Aler e sede dei Vigili Urbani, allineandoli lungo un percorso pedonale parallelo alla parete verde esistente, e arretrare la residenza verso il margine meridionale dell’area, più vicina al torrente Vellone. L’edificio per la nuova sede dell’Aler si presenta come un blocco compatto, solido e unitario con un ritmo serrato delle aperture e un rigore volumetrico generale. Essendo l’edificio più rilevante dell’intero complesso, esso è stato caratterizzato da un grande vuoto a doppia altezza che lo attraversa. La sede dei vigili urbani è un edificio a corte aperto sullo spazio pubblico in corrispondenza degli ingressi, posizionati agli estremi di

un ampio spazio coperto dal volume degli uffici. Il terzo volume della composizione è suddiviso in due part i, corrispondenti alle due diverse funzioni che ospita: basamento (con gli spazi per il terziario, uffici in linea e laboratori in duplex), stecca residenziale costituita da una grande terrazza pubblica panoramica sulla piazza e sul torrente e quindici appartamenti distribuiti su altri tre piani. Gli alloggi, distribuiti da un ballatoio a nord, affacciano a sud con grandi vetrate, dove le logge lunghe quanto l’intero edificio regolano la composizione della facciata. Il disegno degli spazi aperti sottolinea e accompagna le scelte insediative: il grande plateau centrale definisce il fulcro attorno a cui si attestano sia i volumi che le direttrici spaziali. Il filare lungo via Crispi chiude la geometria del plateau e ne definisce il bordo. Il sistema degli spazi aperti comprende anche luoghi appartenenti alle architetture, ma pensati come estensione degli spazi pubblici: la terrazza rialzata del blocco residenziale-terziario, la corte dell’edificio dei vigili urbani e la loggia a doppia altezza della sede Aler.

Riqualificazione delle aree lungolago a Gavirate (Va) Oggetto del concorso bandito nel giugno 2002, è stata la formulazione di idee di base, per la riqualificazione urbanistica e architettonica del compendio ambientale costituito dal Parco della Folaga Allegra e dal Lago, assicurando la fruizione ottimale degli spazi pubblici e privati. La funzione essenziale dell’area è quella di assicurare ampia fruizione pubblica, in condizioni ottimali, con privilegio della accessibilità e percorribilità pedonale e ciclistica per tutto l’anno; disponibilità di dotazioni – derivate dalle esistenti o da reintrodurre – finalizzate a manifestazioni pubbliche, di tipo

ricreativo, sportivo, culturale, a prevalente carattere stagionale estivo. In particolare, doveva essere previsto un ampio spazio attrezzato per manifestazioni collettive, dotato di copertura (indicativamente tensostruttura), smontabile stagionalmente, risolta architettonicamente anche in rapporto ai dati paesistici del sito. Doveva essere valorizzato, con adeguate previsioni di inserimento paesistico e architettonico, il volume edilizio esistente, già scolastico, per utilizzi ricettivi e funzionali all’attività sportiva della struttura comunale, attualmente in ge-


grazione o la creazione di impianti arborei, i rapporti con il contesto in tema di mobilità, parcheggi, servizi. L’Ente banditore ha messo a disposizione per premi e rimborsi spese 3.615,20 euro. La commissione giudicatrice era composta da Giovanni Alberio, Gabriele Filippini, Piercarlo Viterbo, Anna Maria Rizzato, Maria Chiara Parola, Luigi Barion, Anna Vitali. Terzo si è classificato il gruppo di Michele Ossola, con Paolo Cerè, Sara Castelli, Marco Ceregatti, Giuseppe Memelli, Alessandra Zorzan.

1° classificato Valerio Cozzi (Varese), Sara Capittini, con Angelo Parigi

saggio morbido, all’area naturalistica con spazi per la pesca, vegetazione naturale e canneti. Nel disegno degli spazi si è voluto richiamare, in modo volutamente ludico e giocoso, gli elementi caratteristici del lago: il pesce, la canna da pesca, il galleggiante di sughero per acqua dolce, il pontile d’attracco. Tutti questi elementi hanno sempre un preciso ruolo funzionale, tuttavia conservando la loro carica evocativa, costituiscono dei veri e propri simboli. Gli spazi sono versatili e polifunzionali, le soluzioni proposte sono originali e rendono l’intero complesso unico e distintivo. Le proposte coniugano l’originalità alla qualità tecnica; in particolare intesa come polifunzionalità, facilità di reperimento dei materiali e di realizzazione, rapporto prezzoqualità vantaggioso, durevolezza.

È stato il nome stesso dell’attuale parco a fornire lo spunto su cui strutturare l’intera area. Infatti, “ Folaga” richiama l’anima naturalistica del parco, il sentire di chi vive il lago come occasione di incontro con la natura. “ Allegra” invece invita al divertimento, al gioco, alla socialità. Per questo gli spazi del nuovo parco sono bipartiti: l’area a est della via al Lido è dedicata principalmente al tempo libero, ai giochi, al riposo e alla socialità; si struttura su due livelli, il primo alla quota della riva, il secondo su una balconata fronte lago, che ospita funzioni ludiche e ristorative, collegata alla zona sottostante. L’area a ovest della via al Lido, invece, introduce, attraverso un pas-

donale: il cono visivo che si apre si incunea poi fra i platani fino ad impossessarsi dello specchio d’acqua. La strada si rimpicciolisce e si divide. Zona verde, contatto lago... “ isolino mobile” , area gioco. All’ombra dei platani secolari comodamente seduti su panchine “ riflessive e scritte” (realizzate con pietra e lastre di ferro), la vista spazierà nel silenzio fino alla riva opposta. Parallelo al percorso su terra, si sviluppa un tragitto inventato nell’acqua: una palafitta/zattera, concepita come un microscopico “ Isolino” , compie un transito spazio temporale lungo la riva del lago. Nuovi e ridisegnati pontili in legno permettono l’approdo in più punti favorendo l’accesso al lago. L’arrivo della zattera è situato vicino all’area gioco dei bambini, una zona luminosa e facilmente identificabile. L’ex edificio scolastico esistente è affiancato nella parte alta da un corpo articolato, che integra l’uso ricettivo funzionale, all’attività spor-

tiva, con una sala ristorante, un blocco servizi e una biblioteca multimediale. Grandi vetrate permettono di traguardare il lago. Un grande anfiteatro collega la parte alta e il prato a livello lago; qui si colloca una piattaforma in legno con soprast ant e t ensostruttura, il tutto smontabile stagionalmente per manifestazioni pubbliche collettive. Il percorso ciclabile viene inserito a margine evitando di interferire con il percorso pedonale. Un solco canale, “ il canale dell’infanzia” , nasce tra la sorgente e il lago così da disporre di una ulteriore poetica risorsa d’acqua dedicata ai bambini, per apprendere il normale fluire dell’acqua o solo per varare piccole imbarcazioni. Dal canale dell’infanzia origina una semiretta luminosa: 24 luci-stelline subacquee (le 24 ore del giorno) con il compito di “ avvicinare” l’apparizione dell’isolino Virginia nell’acqua e nel tempo per rendere omaggio ai nostri antenati palafitticoli.

Nuova Sede della Regione Lombardia a Milano

2° classificato Ileana Moretti (Varese), Alessia Chiaravalli, Giorgio Vicentini, Isabelle Monti, Dario Bongiorno, Elena De Nigris L’intervento prevede una riqualificazione della zona mediante una

adeguata sistemazione del verde che perimetri la disarmante superficie in cemento, diventando testo d’arte giocato sulle tonalità cromatiche dei pastelli. All’interno di questo spazio sorgerà una scultura. Dal parcheggio la viabilità si fa pe-

La Regione Lombardia aveva bandito nel settembre 2003 un concorso internazionale di progettazione per la realizzazione della sua nuova sede, nell’ambito di intervento dell’area Garibaldi-Repubblica. L’opera dovrà sorgere a Milano nell’area di 33.700 metri quadrati, compresa tra le vie Melchiorre Gioia, Restelli, Algarotti e Galvani, costerà 175 milioni di euro più IVA

e sarà pronta nel 2008 dopo tre anni di lavori che iniziaranno nel 2005. Il nuovo complesso consentirà un risparmio di almeno 5 milioni di euro all’anno rispetto alle spese attuali per gli affitti. Dieci i concorrenti che erano stati selezionati per la fase progettuale, scelti da un totale di 98 candidat ure pervenut e da t ut t o il mondo.

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Concorsi

stione alla Associazione Canottieri. Il luogo doveva essere caratterizzato con un’opera/struttura collocata nel lago di fronte al Parco che definisce un segno caratteristico ed originale destinato all’identificazione del litorale di Gavirate. Ci si attendeva che la proposta emergente dal concorso indicasse, i tipi edilizi/costruttivi, le soluzioni – anche diversificate o con alternative – per pavimentazioni, illuminazione pubblica, arredi urbani, servizi di rete e di sicurezza anche in sottosuolo, la sistemazione degli spazi a verde mediante l’inte-


Il progetto dovrà completare l’immagine della “ casa della Regione Lombardia” , come complesso organico e articolato che comprende: il restaurato grattacielo Pirelli, che continuerà ad essere un perno simbolico del sistema, aperto a nuove funzioni non solo istituzionali; la Villa Reale di Monza, come eredità del passato e sede di rappresentanza e il nuovo complesso di edifici, che costituirà lo snodo con-

Concorsi

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1° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Pei Cobb Freed & partners architects llp (New York); Caputo partnerships srl (Milano); Sistema Duemila srl (Milano) Il progetto è strutturato, oltre che dalla torre, attraverso l’articolazione di quattro fabbricati ad andamento sinusoidale, tangenti in quattro punti di interscambio funzionale. Il complesso intende disegnare un “ pezzo di città” che può essere abitato, attraversato, visitato, fruito. L’immagine zenitale del sinuoso accostarsi e allontanarsi dei crinali dei monti lombardi che determina il sempre “ diverso vuoto” delle valli è stata la matrice morfogenetica del progetto. Un segno organico, sedimentato nella cultura e memoria collettiva, che è anche quello del corso dei fiumi che si aprono la strada verso la pianura, è per “ paradosso” alla base del disegno di un palazzo in “ forma di città” . La nuova Sede della Regione è dunque costruita da fabbricati che

temporaneo di legame con la storia e di rilancio verso il futuro. La Giuria era formata da Stefano Zecchi, presidente; Kurt Walter Forster, Antonio Piva, Maria Antonietta Crippa, Giulio Ballio, Lorenzo Ornaghi, Carlo Secchi, Giancarlo Giambelli, M ichele St ramandinoli, Laura Burzilleri. Membri supplenti erano Enrico Dassori, Giovanni Bosi, Gianfranco Vecchiato. sono dorsali e piazze in luogo di valli. Se l’impianto del Palazzo ha matrice organica e si riferisce alla morfologia montana, del settore nord della regione, all’inverso l’impianto che struttura il disegno dello spazio aperto, del giardino teso tra il “ campus” e piazza Carbonari, è di matrice cartesiana, come lo è la pianura irrigua che si estende a sud della linea delle risorgive. Il progetto si propone di ricostruire un luogo: a scala urbana rappresentato dalla torre (su via Restelli); a scala umana, rappresentato dalla grande piazza coperta, alla quale si affiancano altre piazze. È strutturato, oltre che dalla torre, attraverso l’articolazione di quattro fabbricati ad andamento sinusoidale, tangenti in quattro punti di interscambio funzionale. La ricucitura urbana è caratterizzata da una serie di giardini tematici che da p.za Carbonari vanno verso il “ campus” . Torre, altezza: 160 m, 33 piani. Corpi bassi: 9 piani Superficie totale fuori terra: 95.319 mq. Costi, stima: €174.999.923,00.

2° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Frank Gehry; Gehry partners, llp (Los Angeles); Carlo Valtolina, Studio Archemi srl (Milano); Randy Jefferson (Los Angeles); Jim Glymph (Los Angeles); Tractebel development engineering s.a. (Bruxelles); Umberto Freddi (Milano) Il cuore del progetto è una grande

piazza coperta, contornata da un edificio basso a pianta irregolare e sormontata da una alta torre. Le coperture (edifici bassi) sono in vetro. Torre, altezza: 180 m, 48 piani. Corpi bassi: 9 piani. Superficie totale fuori terra: 118.000 mq. Costi, stima: € 174.995.553,00 (di cui € 43.182.000,00 per la sup. vetrata).

3° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Metrogramma studio associato (Milano); Foreign Office architects (Londra); Luca Molinari (Milano); Alessandro Scandurra (Milano); Domenico Insinga (Milano)

L’edificio è composto da tre torri indipendenti, collegate ai piani alti. Torre, altezza: 105 m, 25 piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 101.648 mq. Costi, stima: € 172.672.747,00.


4° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Foster and partners (Londra); Mario Cucinella (Bologna) Il progetto sviluppa un edificio ad andamento orizzontale, tale da non distaccarsi dal tessuto urbano, attraverso un percorso verde che sale fino al livello massimo di

60 m ed intorno a tre corti di diverse dimensioni e geomet rie. Fonte energetica primaria è l’energia solare (pannelli solari e fotovoltaici), prevedendo la massima integrazione con energie rinnovabili. Altezza: 60 m, 13 piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 103.000 mq. Costi, stima: € 173.684.000,00.

Concorsi

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6° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Steven Holl architects p.c. (New York); Guy Nordenson and associates llp (New York); OdA associati (Pavia); Simone Giostra (New York) Il complesso è composto da tre edifici a forma irregolare, orga5° classificato BRT engineering gmbh (Amburgo) - (Bothe Richter Teherani Architekten) L’edificio si sviluppa lungo un nastro, a forma “ meandrica” , intorno ad una piazza e ad un bacino d’acqua rettangolare, toccando le va-

rie macro aree organizzative della R. L., fino ad una altezza di 127 m per raggiungere simbolicamente l’altezza del Pirelli. Nell’edificio sono integrati quattro giardini tematici. Altezza: 127 m, 35 piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 114.004 mq. Costi, stima: € 178.272.291,00.

nizzat i int orno ad una piazza, posizionat i perimet ralment e rispetto al lotto, e sormontati da un pont e di collegament o. La “ pelle” dell’edificio è in vetro lattiginoso. È previsto un impianto fotovoltaico e travi irradianti attive. Altezza: 128 m, 30 piani fuori terra. Costi, stima: € 175.000.000,00.


7° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Hans Kollhoff (Rotkreuz, Svizzera); Arassociati studio di architettura Marco Brandolisio, Giovanni Da Pozzo, Massimo Scheurer, Michele Tadini (Milano); Edoardo Guenzani (Gallarate); Achille Balossi Restelli (Milano); Carlo Masera (Milano); Muller bbm gmbh (Planegg bei München); I.L.C. Industrial Loos Control & engineering srl (Rho); Serin srl (Milano); Giorgio Buffoni (Gallarate) Si tratta di cinque edifici di 7 pia-

ni fuori terra, dove sono collocate le diverse macro aree della Regione, con due elementi eccezionali: una torre di 140 m a pianta pentagonale e una piazza coperta di forma irregolare. Il progetto del verde prevede un collegamento tra il “ campus” e p.za Carbonari attraverso una “ promenade” pedonale. È previsto un impianto acqua-aria a travi caldo e freddo. Torre, altezza: 140 m, 35 piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 118.889 mq. Costi, stima: € 174.225.800,00.

e una piazza alta. I luoghi di lavoro sono organizzati tra questi due spazi aperti a tutti. La piazza alta è dominata da una “ guglia” alt a 108 m. È previsto l’utilizzo di energia solare, per la piazza alta, e tecnologia ad

idrogeno (derivato dal gas metano). Altezza: 108 m la guglia, 10 + 3 (della guglia) piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 110.000 mq. Costi, stima: € 174.506.335,00.

10° classificato Coop Himmelb(l)au Prix & Swiczinsky gmbh (Vienna) Wolf D. Prix

via Pola. Le torri esprimono le funzioni e l’organizzazione per macro aree della Regione e sono orientate est-ovest verso il grattacielo Pirelli (collegamento visivo). Altezza: 130 m, 32 piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 120.944 mq. Costi, stima: € 180.603.300,00.

Concorsi

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8° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Boris Podrecca (Vienna); Sandro Benedetti (Roma); Polistudio (Riccione); TE.CO. (Bologna); Nier ingegneria spa (Bologna); Sajni e Zambetti srl (Milano); Marco Castelletti (Erba) Il progetto sviluppa un edificio a pianta quadrata con corte centrale: una sorta di castello circondato da un fossato, a più torri ove

sono ubicate le diverse Direzioni Generali. La facciata è caratterizzata da lame verticali orientabili in argilla ceramizzata. È previsto l’utilizzo del gas metano per la produzione di idrogeno (impianto ad idrogeno) ed utilizzo di energia solare. Torre più alta, altezza: 114 m, 25 piani fuori terra. Superficie totale fuori terra: 111.818 mq. Costi, stima: € 173.936.325,00.

Progetto caratterizzato da più torri “ multi-lastre” (città verticale) interconnesse tra di loro, di forma “ monolitica” , posizionate verso

9° classificato Raggruppamento temporaneo composto da: Aimaro Oreglia d’Isola (Torino); I.C.I.S. srl (Torino); Secondino Coppo (Torino); Guido Degli Esposti (Milano); Onleco srl (Torino); Giorgio

Garzino (Savigliano); Saverio Oreglia d’Isola (Torino); Mara Luciani (Torino) Edificio a sviluppo prevalentemente orizzontale, è caratterizzato da volumi in salita tra una piazza bassa


Legislazione a cura di Walter Fumagalli

Nel numero 10/2002 di “ AL” questa rubrica si era già occupata della sponsorizzazione delle opere pubbliche da parte dei privati. In estrema sintesi, in quella sede era stato evidenziato che tale modello operativo aveva trovato progressivo riconoscimento a livello giuridico, attraverso un percorso snodatosi nelle seguenti tappe: • nell’Articolo 43 della Legge 27 dicembre 1997 n. 449 (poi abrogato dall’Articolo 6 della Legge 31 marzo 2000 n. 78) ai sensi del quale, “ al fine (...) di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione (...) con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile” (primo comma), fermo restando che “ le iniziative di cui al comma 1 devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, dovendo escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti” (secondo comma); • nell’Articolo 119 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267, il quale dispone che “ al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali, indicati nel presente testo unico, possono stipulare contatti di sponsorizzazione (...) diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi” ; • nella determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici n. 24 del 5 dicembre 2001, la quale ha chiarito che la c.d. “ sponsorizzazione interna” , quella cioè in cui lo sponsor finanzia per intero l’intervento e trae da ciò il beneficio pubblicitario perseguito mediante tale iniziativa, “ prescinde dall’applicazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, che presuppone invece l’onerosità dell’accordo negoziale” , e ciò sia per quanto concerne la scelta del progettista, sia per quanto riguarda la scelta dell’esecutore dei lavori; • nel sesto comma dell’Articolo 2 della Legge 11 febbraio 1994 n. 109, come sostituito dall’Articolo 7 della Legge 1° agosto 2002 n. 166, il quale stabilisce che le disposizioni della stessa Legge n. 109/1994, fatta eccezione per l’Articolo 8, non si applicano ai contratti di sponsorizzazione, ovvero ai contratti ad essi assimilabili, aventi ad oggetto i lavori pubblici definiti dal precedente primo comma come “ le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica” . Da allora, pur tra non poche difficoltà, la sponsorizzazione di opere pubbliche si è andata diffondendo nella prassi, e di pari passo si è consolidata a livello normativo. Per quanto riguarda la disciplina della sponsorizzazione

delle opere pubbliche, un ulteriore passo avanti verso la sua codificazione è stato compiuto con il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 41, mediante il quale è stato approvato il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio: l’Articolo 120 del Codice, infatti, detta alcune regole per la disciplina della “ sponsorizzazione di Beni Culturali” . Il primo comma di tale Articolo fornisce una definizione del concetto di “ sponsorizzazione” , che per certi versi torna sicuramente utile anche per la sponsorizzazione delle opere pubbliche in generale. Esso stabilisce in particolare che “ è sponsorizzazione di beni culturali ogni forma di contributo in beni o servizi da parte di soggetti privati alla progettazione o all’attuazione di iniziative del Ministero, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, ovvero di soggetti privati, nel campo della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività dei soggetti medesimi” . La norma sancisce quindi che la sponsorizzazione può essere riferita a qualunque iniziativa diretta a tutelare o a valorizzare il patrimonio culturale (e pertanto, anche a quelle consistenti nella realizzazione di interventi edilizi, come per esempio gli interventi di restauro), ivi comprese le iniziative di competenza di enti pubblici, che può consistere in un contributo in beni oppure in un contributo in servizi, e che essa può riguardare tanto la fase di progettazione quanto la fase di realizzazione di tali iniziative. Trova in questo modo conferma, anche in questo settore, la possibilità di sponsorizzare la realizzazione di lavori pubblici, mediante esecuzione diretta degli stessi da parte dello sponsor. Il secondo comma dell’Articolo 120 si propone di regolamentare più nel dettaglio le modalità operative connesse alla sponsorizzazione, stabilendo che “ la promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l’associazione del nome, del marchio, dell’immagine, dell’attività o del prodotto all’iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l’aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione” . Si tratta di modalità che probabilmente trovano la loro ragione d’essere nelle specifiche peculiarità dei beni culturali: non sembra da escludere, quindi, che per lavori pubblici differenti la sponsorizzazione possa essere attuata anche secondo modalità alternative. Di portata più generale appare invece il contenuto del terzo comma dell’Articolo 120, il quale precisa che “ con il contratto di sponsorizzazione sono altresì definite le modalità di erogazione del contributo nonché le forme del controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell’iniziativa cui il contributo si riferisce” . Queste ultime regole risultano finalizzate a salvaguardare la posizione giuridica del beneficiario della sponsorizza-

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La sponsorizzazione delle opere pubbliche


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zione, e sono ispirate all’intento di garantire che essa venga attuata in modo tale da assicurare, unitamente al vantaggio perseguito dallo sponsor, il soddisfacimento dell’interesse pubblico. In merito alla sponsorizzazione disciplinata dall’Articolo 120 del Codice, si è recentemente pronunciato l’Ufficio legislativo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, il quale riprendendo la pregressa normativa in materia di opere pubbliche è giunto alla conclusione che, allorquando procede direttamente alla progettazione ed all’esecuzione degli interventi diretti alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale, nella scelta dell’esecutore dei lavori lo sponsor non è tenuto a rispettare le procedure concorsuali prescritte per le pubbliche amministrazioni. Si tratta quindi di regole che appaiono riferibili a tutte le sponsorizzazioni di lavori pubblici in genere. Nella prassi, come si è detto, la sponsorizzazione di opere pubbliche sta prendendo sempre più piede sia presso le amministrazioni statali, sia presso quelle locali. Il Comune di Milano, per esempio, ha recentemente portato a termine senza oneri per le finanze comunali, mediante sponsorizzazione, il restauro del monumento dedicato a Giuseppe Parini di piazza Cordusio, e del monumento dedicato a Carlo Cattaneo di via S. Margherita, ed ha predisposto un bando di gara per il recupero di nove passerelle pedonali poste lungo il corso del Naviglio Grande e del Naviglio Pavese. Analoga operazione è stata promossa dal Comune di Rimini, per attuare una campagna di recupero, risistemazione e restauro di alcuni beni di pregio storico, artistico ed architettonico esistenti nel territorio comunale. Diffusissimi sono poi i casi di Amministrazioni comunali (solo per citare un paio di esempi, il Comune di Barberino del Mugello ed il Comune di Biella) che hanno adottato il meccanismo della sponsorizzazione per affidare ad operatori privati la sistemazione e la manutenzione di spazi di verde pubblico. Proprio in questi giorni, il Comune di Conegliano ha avviato la procedura per affidare all’Associazione Nazionale Alpini o ad altro miglior offerente, in regime di sponsorizzazione, la realizzazione di un percorso pedonale e di uno spazio museale. Alcune amministrazioni comunali (fra cui quelle di Gubbio e di Osimo) hanno addirittura indetto bandi di gara per individuare uno sponsor generale della loro attività amministrativa, ivi compresa in alcuni casi anche la realizzazione di interventi edilizi. A livello statale, spicca fra l’altro la gara indetta dal Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Lombardia, al fine di individuare uno sponsor cui affidare il compito di effettuare a proprie cura e spese i lavori necessari al completamento della facciata esterna del Palazzo di giustizia di Milano. Come si suol dire, il bisogno aguzza l’ingegno, e sappiamo tutti quanto bisogno di sostegno abbiano in questo periodo le pubbliche finanze! W. F..

Pubbliche amministrazioni in cerca di sponsor Non occorre essere profondi conoscitori dell’economia nazionale ed internazionale per osservare che interi settori di mercato (si pensi ad esempio al mondo dello sport, ma anche a quello delle manifestazioni artistiche e cul-

turali) non sembrano ormai poter prescindere da un intervento sempre più massiccio di soggetti che agiscono in funzione di “ sponsor” di attività ed iniziative. È del tutto naturale, dunque, che, anche in considerazione della situazione sempre più deficitaria della finanza pubblica, si pensi a come estendere sempre più il modello contrattuale della sponsorizzazione all’ambito del settore pubblico. Tuttavia, la “ trasposizione” di un modello contrattuale dall’ambito privato a quello pubblico non è mai un’operazione “ indolore” , dovendosi tenere in considerazione le regole generali che presidiano l’attività contrattuale della pubblica amministrazione, con particolare riferimento alle modalità di scelta del contraente e alle finalità di pubblico interesse perseguita dagli enti pubblici nello svolgimento della propria attività. Questa rubrica (precisamente nel numero 10/2002 di “ AL” ) si è già occupata di alcune delle problematiche connesse ai contratti di sponsorizzazione con enti pubblici, ed in particolar modo delle ipotesi in cui è possibile ricorrere alla sponsorizzazione per la realizzazione di opere pubbliche senza necessità di seguire le procedure di evidenza pubblica previste per la generalità dei casi dalla normativa in materia. L’argomento è tornato di particolare attualità a seguito dell’entrata in vigore del Codice dei Beni culturali, approvato con Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, che all’Articolo 120 si occupa della sponsorizzazione di beni culturali (sull’argomento si veda l’articolo di Walter Fumagalli in questa stessa rubrica). A fronte di un progressivo sviluppo nella prassi, fino ad ora la normativa in materia di contratti di sponsorizzazione si è caratterizzata per la sua sinteticità, dando spesso luogo ad interpretazioni contrastanti. Non è dunque sempre agevole per l’operatore individuare le ipotesi in cui possono essere stipulati contratti di sponsorizzazione per la realizzazione di un’opera pubblica, le modalità con cui addivenire alla conclusione di tali contratti né i contenuti che gli stessi devono possedere. L’Articolo 2, comma 6 della Legge 11 febbraio 1994 n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) si limita infatti a stabilire che le disposizioni di tale Legge, ad esclusione dell’Articolo 8 in tema di qualificazione dei soggetti esecutori, non si applicano ai contratti di sponsorizzazione di cui all’Articolo 119 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico degli enti locali) ed all’Articolo 43 della Legge 27 dicembre 1997 n. 449, “ ovvero ai contratti a questi ultimi assimilabili” , aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori pubblici. In forza di tali norme i soggetti privati interessati possono proporsi alla pubblica amministrazione quali progettisti o realizzatori di opere pubbliche senza che il contratto di sponsorizzazione sia preceduto dall’espletamento delle procedure di scelta del contraente previste dalla citata Legge quadro e senza che trovi applicazione la disciplina sull’esecuzione del contratto dettata dalla stessa Legge. Naturalmente dovrà trattarsi di soggetti in relazione ai quali non sussiste alcuna delle cause di esclusione della capacità a contrarre con la pubblica amministrazione previste dalla normativa vigente. Ciò non toglie, ovviamente, che possa essere l’ente pubblico ad assumere l’iniziativa di ricercare un soggetto privato disponibile a provvedere alla realizzazione di un’opera pubblica attraverso la sponsorizzazione. In tale ipotesi la pubblica amministrazione interessata procede di norma alla pubblicazione di un bando o di un avviso nel quale sono specificati l’oggetto dell’intervento, le condizioni e i termini del contratto di sponsorizzazione


mento, da parte dello sponsor, degli obblighi assunti con il contratto di sponsorizzazione. In sostanza, mediante il contratto di sponsorizzazione, il soggetto privato assume un ruolo di garanzia circa l’esecuzione dell’opera pubblica, secondo il significato originale del termine “ sponsor” che nell’antica Roma stava appunto ad indicare la persona che si rendeva garante dell’esecuzione di un’obbligazione. Naturalmente l’omesso controllo, da parte dell’ente pubblico, sull’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera oggetto di sponsorizzazione potrebbe dar luogo ad ipotesi di responsabilità per danno erariale a carico dei soggetti tenuti a svolgere tale attività. Lo ha ricordato a chiare lettere l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici che nella definizione n. 24 del 5 dicembre 2001 ha richiamato “ l’obbligo delle amministrazioni pubbliche alla sorveglianza e vigilanza sugli interventi la cui esecuzione viene affidata ai soggetti sponsor, in quanto, trattandosi di lavori su beni pubblici, è chiaramente individuabile una specifica responsabilità dell’amministrazione in relazione a qualsiasi intervento che su di essi si esegua” . Riccardo Marletta

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da stipularsi con il soggetto che verrà scelto all’esito del confronto concorrenziale tra le offerte. In ogni caso, trattandosi della realizzazione di opere pubbliche, il contratto di sponsorizzazione dovrà contenere clausole volte a salvaguardare l’interesse pubblico ad una corretta e tempestiva realizzazione dell’intervento “ sponsorizzato” . Anzitutto, per espressa previsione dell’Articolo 2, comma 6 della Legge n. 109/94, i soggetti privati che eseguono in concreto i lavori devono essere in possesso dei requisiti di qualificazione di cui all’Articolo 8 della stessa Legge e al D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34. Al di fuori della verifica del rispetto di tali requisiti (e salvo diversa pattuizione tra le parti) non deve ritenersi consentito alla pubblica amministrazione di sindacare la scelta dell’appaltatore operata dallo sponsor. Infatti nella sponsorizzazione, a differenza di quanto avviene nella generalità dei casi per gli appalti di lavori pubblici, la pubblica amministrazione non procede direttamente all’individuazione del soggetto appaltatore, ma individua un soggetto privato disposto ad impegnarsi alla realizzazione di un’opera pubblica a propria cura e spese. In considerazione del fatto che il contratto di sponsorizzazione per la realizzazione di un’opera pubblica è un negozio gratuito nel quale l’unico vantaggio perseguito dal soggetto privato è rappresentato da un significativo beneficio d’immagine, deve ad esempio ritenersi preclusa la possibilità di ricorrere a tale contratto per la realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione. Condizione necessaria ai fini della legittimità dei contratti di sponsorizzazione stipulati con enti pubblici è il rispetto delle prescrizioni dettate dall’Articolo 43, comma 2 della Legge 27 dicembre 1997 n. 449, il quale prevede che le iniziative oggetto di sponsorizzazione “ devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti” . Sarebbe ovviamente errato ritenere che, non esistendo nel contratto di sponsorizzazione una vera e propria controprestazione a carico dell’ente pubblico, quest’ultimo non possa pretendere il puntuale rispetto di specifici obblighi contrattuali da parte dello sponsor. L’interesse pubblico ad una corretta e tempestiva realizzazione delle opere pubbliche ben giustifica e in taluni casi impone l’introduzione, nei contratti di sponsorizzazione stipulati tra pubbliche amministrazioni e soggetti privati, di clausole contrattuali concernenti tra l’altro: • i contenuti del contratto tra lo sponsor e l’appaltatore dell’opera pubblica che deve essere realizzata; • la previsione di una precisa tempistica per la realizzazione delle opere, nonché dei termini e delle modalità con cui provvedere al collaudo delle stesse; • l’obbligo dello sponsor di tenere costantemente informato l’ente pubblico circa l’andamento dei lavori; • la possibilità, per la pubblica amministrazione, di verificare direttamente lo stato d’avanzamento dei lavori e di accertarne la rispondenza ai contenuti del progetto; • la previsione di penali nel caso di ritardo nell’esecuzione dei lavori; • la fornitura, eventualmente a carico dell’appaltatore, di idonea garanzia per la corretta esecuzione delle opere, a mezzo di versamento di deposito cauzionale o di prestazione di fideiussione bancaria o assicurativa. Ciò ferma restando la possibilità che l’ente pubblico agisca in giudizio nei confronti dello sponsor con riferimento ad eventuali vizi dell’opera realizzata; • la risoluzione del contratto in caso di grave inadempi-


Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

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Leggi G.U n. 161 del 12.7.2004 - Serie generale Decreto Legge 12 luglio 2004, n. 168 Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica Il seguente Decreto Legge tratta all’Art. 1 degli interventi correttivi di finanza pubblica, all’Art. 2 delle disposizioni in materia fiscale, all’Art 3 delle disposizioni in materia di finanza regionale. L’Art. 4 definisce le misure per agevolare la costituzione di fondi d’investimento immobiliare con apporto di beni pubblici. L’Art. 5 stabilisce i termini in relazione all’esecuzione della sentenza della Corte Costituzionale in materia di definizione di illeciti edilizi. G.U. n. 161 del 12.7.2004 - Serie generale Deliberazione 23 giugno 2004 Svincolo della cauzione di cui all’Art. 30, comma 2-ter, della Legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, recante: “Legge quadro in materia di lavori pubblici” (Deliberazione n. 117) L’Autorità per la vigilanza dei lavori pubblici risponde ad alcuni quesiti in materia di svincolo della cauzione definitiva ai sensi dell’Art. 30, comma 2-ter, della Legge 1° febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni sottoposti dall’ANIA - Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici. G.U. n. 161 del 12.7.2004 - Serie generale Circolare 29 aprile 2004 Principi da applicare, da parte delle stazioni appaltanti, nell’indicazione delle specifiche tecniche degli appalti pubblici di forniture sotto soglia comunitaria Gli uffici della commissione europea - Direzione generale per il mercato interno hanno segnalato al Governo dei casi nei quali alcune stazioni appaltanti italiane, nel redigere i bandi di gara per forniture sotto soglia comunitaria hanno indicato specifiche tecniche in violazione alla normativa comunitaria applicabile in materia. Nella presente circolare sono indicate le regole comportamentali alle quali dovranno attenersi le stazioni appaltanti nella materia in oggetto. G.U. n. 166 del 17.7.2004 - Serie generale Regolamento di organizzazione del M inistero per i Beni e la Attività Culturali Il capo I° del seguente regolamento tratta dell’Amministrazione centrale definendo i Dipartimenti e le Direzioni Generali. Il capo II° riguarda gli organi consultivi centrali, in particolare il Consiglio superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici ed i Comitati tecnico-scientifici. Il capo III° stabilisce le strutture di organizzazione periferica. G.U. n. 28 del 17.7.2004 - 3a Serie speciale Legge Regionale 24 marzo 2004, n. 5 M odifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordimentale 2004 Il capo I° della Legge definisce le disposizioni di carattere organizzativo finanziario e tributario. Il capo II° tratta delle disposizioni in materia di sviluppo economico e attività produttive. Il capo III° stabilisce le disposizioni in materia di assetto del territorio. G.U. n. 174 del 27.7.2004 - Serie generale Censimento dei responsabili del procedimento e delle stazioni appaltanti, che trasmettono i dati all’osservatorio centrale e attivazione SINAP Il Consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha approvato l’avvio del censimento dei soggetti che interagiscono con l’autorità (stazioni appaltanti e responsabili del procedimento) e ha deciso l’attivazione del SINAP. Nella fase di avvio della procedura, solo le stazioni appaltanti di cui all’Art. 2, comma 2, della Legge n. 109/1994, e successiva modificazioni – che trasmettono dati all’osservatorio centrale (amministrazioni centrali, stazioni appaltanti di interesse nazio-

nale e della regione Sardegna) sono tenute, ai sensi dell’Art. 4, commi 16, 17, 18 della Legge n. 109/1998, e successive modificazioni, ad inviare, tramite i responsabili del procedimento, le proprie informazioni anagrafiche. Le informazioni, finalizzate all’utilizzazione del sistema SINAP, riguarderanno la stazioni appaltanti che abbiano avviato procedure concorsuali per l’aggiudicazione di lavori pubblici di qualsiasi importo successivamente alla data del 1° gennaio 1998, anche se non abbiano provveduto all’aggiudicazione e/o alla comunicazione all’osservatorio e che abbiano aggiudicato lavori pubblici di qualsiasi importo successivamente alla data del 1° gennaio 2000, qualsiasi sia la data di bando. G.U. n. 189 del 13.8.2004 - Serie generale Legge 2 agosto 2004, n. 110 Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire L’Art. 1 della Legge tratta della delega al Governo per la tutela degli acquirenti di immobili da costruire. L’Art. 2 chiarisce le definizioni. L’Art. 3 definisce i princìpi e criteri direttivi della delega legislativa. G.U. n. 193 del 18.8.2004 - Serie generale Decreto 3 giugno 2004 Approvazione del programma di interventi finanziati con le risorse di cui all’Art. 9 della Legge n. 413 del 30 novembre 1998, rifinanziate dall’Art. 36, comma 2 della Legge n. 166 del 1° agosto 2002, per la realizzazione di opere infrastrutturali di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei porti e approvazione della ripartizione delle risorse Il Decreto, all’Art. 1 stabilisce che è approvato il programma di opere infrastrutturali di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei porti, allegato al presente Decreto sotto la lettera “ A” ed individuate quali opere prioritarie nell’ambito delle programmazioni triennali adottate dalle autorità portuali ai sensi dell’Art. 14 della Legge 109 del 1994, con particolare riferimento alle opere destinate al miglioramento delle condizioni infrastrutturali per lo sviluppo del rapporto combinato strada-mare. È definito inoltre il finanziamento relativamente al programma. L’Art. 2 tratta in particolare di ulteriori finanziamenti. L’Art. 3 chiarisce l’ordine e l’oggetto del finanziamento. Gli articoli successivi riguardano talune procedure. G.U. n. 201 del 27.8.2004 - Serie generale Deliberazione 22 luglio 2004 Integrazioni e modifiche della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 18 marzo 2004, n. 40/ 04, in materia di adozione del regolamento delle attività di accertamento della sicurezza degli impianti di utenza a gas (Deliberazione n. 129/04) La Deliberazione riporta talune modifiche ed integrazioni della Deliberazione dell’autorità per l’energia elettrica ed il gas del 18 marzo, n. 40/04. G.U. n. 204 del 31.8.2004 - Serie generale Decreto 5 agosto 2004 Delega di funzioni ai direttori generali per i beni culturali e paesaggistici L’Art. 1 stabilisce quali siano le funzioni delegate ai direttori generali per i beni culturali e paesaggistici. L’Art. 2 tratta dell’efficacia della delega. C. O.


Abusi Abusi edilizi, sanzione reale. È responsabile chi dispone in via diretta del bene (da “ Italia Oggi” del 25.8.04) Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana si è pronunciato su un intervento fuori norma attuato su di un immobile da un precedente proprietario. L’ingiunzione è stata notificata all’attuale proprietario il cui ricorso è stato respinto. Al riguardo è stato evidenziato come alla sanzione comminata in relazione ad abusi edilizi vada riconosciuta natura non personale ma reale, per questo essa segue la cosa. Condono Condono edilizio, proroga al 10 dicembre. Slittano la domanda e l’oblazione. Alle Regioni quattro mesi per varare le leggi (da “ Il Sole 24 Ore“ del 10.7.04) Ci sarà tempo fino al 10 dicembre per presentare la domanda di condono edilizio, mentre le Regioni dovranno emanare le leggi che fissano i criteri per la sanatoria entro il 13 novembre. Il Consiglio dei ministri ha varato la prima parte delle norme per rilanciare il condono edilizio rendendolo coerente alla sentenza 196 della Corte Costituzionale. Si tratta della sola fissazione dei termini tra cui anche quelli per il versamento dell’oblazione: la rateizzazione è solo formale, nella realtà le tre date sono ravvicinate (10, 20 e 30 dicembre) per consentire l’incasso nel 2004. Per le vecchie domande di sanatoria i rogiti notarili sono sempre validi. I chiarimenti del Consiglio del notariato sulle compravendite (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti n. 29/2004) Il Consiglio nazionale del notariato ha chiarito che le domande di sanatoria presentate prima della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità parziale delle disposizioni statali sul condono (Articolo 32 del Decreto Legge 269/2003) sono idonee a consentire la stipula dei rogiti notarili. Secondo il Consiglio questo principio sarebbe valido anche in caso di beni immobili viziati da abusi totali. Anche se i Comuni dovessero negare la sanatoria al termine della procedura, nel frattempo la domanda presentata ha comunque abilitato la circolazione dei beni per i quali è stato chiesto il condono. Edilizia Pugno di ferro contro il sommerso. Edilizia, assunzioni anticipate (da “ Edilizia e Territorio” del 13-18.9.04) Il Decreto correttivo della riforma Biagi dedica un ampio capitolo alle misure antisommerso nei cantieri. Diventano realtà gli obiettivi indicati nel dicembre scorso. In primo luogo, la sospensione del permesso di costruire se il committente non invia al Comune il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) che il committente o il responsabile dei lavori devono, a loro volta, chiedere all’impresa cui è stato affidato l’appalto per la realizzazione di un’opera edile o di ingegneria civile. Inoltre, non sarà più possibile denunciare le assunzioni in edilizia nel primo giorno di lavoro. Opere pubbliche Risponde dei danni il direttore lavori che non ha effettuato il sopralluogo (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti n. 27/2004) Il direttore dei lavori è tenuto ad effettuare una ricognizione del luogo sul quale dovrà essere realizzata l’opera pubblica. In caso contrario potrà essere chiamato a rispondere dei danni derivanti da una sospensione dei lavori o dalla necessità di apportare varianti al progetto. Ciò è stato stabilito dalla Decisione n. 530 del 12 maggio 2004 emessa dalla sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei Conti.

2005-08. Nel capitolo del documento dedicato alla riforme economiche e sociali si legge che un gruppo di riforme riguarderà la liberalizzazione dei servizi e la riforma delle professioni. Sicurezza allargata ai professionisti. Anche ingegneri, architetti e geometri soggetti ad alcuni obblighi di tutela con il Testo unico (da “ Edilizia e Territorio” del 6-11.9.04) Anche per i liberi professionisti scattano misure minime a tutela della sicurezza. Infatti, le principali novità della bozza di Testo Unico prevedono, ad esempio per i liberi professionisti, una visita medica annuale e obbligo (sanzionato) di utilizzare i dispositivi di protezione individuale in cantiere. Per le piccole imprese sono previste semplificazioni a partire da un aumento della soglia che fa scattare la sorveglianza, da 30 a 40 dipendenti. Concessioni edilizie, niente danni se il rigetto è annullato dal Tar. La Cassazione fa il punto sui risarcimenti per i permessi negati dai comuni (da “ Il Sole 24 Ore” del 20.8.04) L’annullamento da parte del giudice amministrativo del provvedimento con cui un comune non accoglie la domanda di concessione edilizia non determina necessariamente il diritto ad ottenere il risarcimento del danno. Questo è stato chiarito dalla Sentenza, n. 13804 del 23 luglio 2004, della prima sezione civile della Corte di Cassazione. La sentenza ha particolare importanza per gli enti locali, perché conforta le pubbliche amministrazioni di fronte alle perplessità, in alcuni casi, del rilascio o del diniego della concessione edilizia. Urbanistica Città, un patto per ricucire il territorio (da “ Il Sole 24 Ore“ del 9.9.04) Urbanisti, architetti, economisti e sociologi si sono riuniti a Barcellona, nell’ambito del Forum delle culture, per discutere sulle prospettive della cittadinanza nel XXI secolo e sull’uso degli spazi collettivi. L’obiettivo dei colloqui organizzati da Jordi Borjas, geografo e sociologo, è quello di fare il check up alla città nell’era della globalizzazione. Tutti gli esperti sono concordi nell’affermare la necessità del recupero e del rilancio dello spazio collettivo inteso come luogo fisico e soprattutto come centro dell’aggregazione sociale. Urbanistica, si rafforza un modello “unitario”. Sono sempre più simili le leggi di riforma approvate, al di là del colore politico delle maggioranze (da “ Edilizia e Territorio” del 30.8 - 4.9.04) La Legge quadro sul “ governo del territorio” approvata pochi mesi fa in Veneto sembra dimostrare che non esistono in materia urbanistica modelli di riforma contrapposti tra Regioni di centro-destra e Regioni di centro-sinistra. Si delinea invece sempre di più un impianto base, derivante dalle tesi dell’INU di metà anni Novanta e attuato per la prima volta dalla Toscana nel 1995. I principali temi d’innovazione sono: il piano comunale sdoppiato tra strutturale operativo, la verifica di conformità e non approvazione da parte della Provincia, a cui si sono aggiunte poi la perequazione, la compensazione, gli standard qualitativi, le STU, i comparti di maggioranza. Uniche due eccezioni sono le leggi della Puglia e della Lombardia. Quest’ultima prevede una specie di piano strutturale, ma valido solo cinque anni e attuato con flessibilità dai soli piani attuativi. Edilizia e territorio, ecco la mappa di tutte le competenze rimaste ai Tar (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti n. 31/2004) La Corte Costituzionale ha inferto un duro colpo alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi con le Sentenze n. 204 e n. 281 del 2004, entrambe relative all’Articolo 34 del DLgs 80/1998 che ha ridefinito il riparto di giurisdizione. La 281 ha un impatto limitato alle sole controversie nate prima dell’agosto 2000, mentre la 204 sposta verso il giudice ordinario una serie di liti, tra le quali quelle relative all’occupazione senza titolo. M. O.

Professione Se l’opera è illegittima, compenso solo per l’attività di progettazione (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti n. 35/2004) Il diritto al compenso dell’architetto è relativo alla legittimità dell’attività svolta. Il principio seguito dalla Corte di Cassazione è sancito dalla sentenza 17393/2004. Esso comporta che il professionista che svolge attività di progettazione e direzione lavori in violazione delle norme edilizie mantiene il diritto all’onorario per la prestazione dell’elaborato e lo perde per la seconda funzione. Così i giudici hanno dimezzato l’onorario di un professionista che aveva curato la progettazione esecutiva e la direzione lavori di un negozio in quanto sull’immobile vincolato non era stato acquisito il necessario parere della sovrintendenza. Professioni da riformare. La linea del ministero dell’economia nel documento di programmazione (da “ Italia Oggi” del 4.8.04). L’impegno preso dal Governo rispetto alla riforma delle professioni è contenuto nel Dpef relativo alla manovra finanziaria per gli anni

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Professione e Aggiornamento

Pubblicistica


Dagli Ordini

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Como La costruzione della città. Como 1933 – 1937 Il 22 ottobre 2004 presso la Pinacoteca civica di Como verrà aperta una mostra sul tema La costruzione della città. Como 1933 - 1937 organizzata dal Comune di Como, dal Collegio Imprese edili ed affini della Provincia di Como e dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Como. La mostra pone attenzione sul vasto e articolato patrimonio di cultura e di progetto che caratterizza l’ambiente culturale comense negli anni Trenta del Novecento. Il progetto espositivo si snoda attraverso tre percorsi documentari eterogenei (delineati per mezzo di documenti di progetto, fotografici ed audiovisivi) formulati nell’ipotesi di permettere la fruizione dei contenuti della mostra da parte di un pubblico non circoscritto ai soli specialisti del settore. La mostra si articola entro tre sezioni. La prima è costituita da parte del corpus documentario prodotto in occasione del concorso per lo studio di massima del piano regolatore della città del 1933-1934. A tale documentazione verrà affiancata una selezione di materiali relativi ai progetti d’architettura che segnano tale periodo. La selezione dei materiali esposti è funzionale all’obiettivo di pervenire ad un inquadramento del razionalismo comasco nel processo di definizione dell’urbanistica moderna. La seconda sezione è dedicata al processo di costruzione della città segnato dallo strumento urbanistico del 1937. Si tratta di un piano di capitale importanza nello sviluppo urbanistico della città e che segna il compimento del processo di elaborazione urbanistica avviato, con il concorso di piano, nel 1933. Attilio Terragni, Giuseppe Terragni, Cesare Chiodi, Luciano Trolli, Ambrogio Pessina, Eudo Benini, Davide Introzzi, Augusto Tagliabue, Luigi Schioppa, Gabriele Giussani, Oscar Ortelli e Lodovico Alfieri sono gli autori del piano del 1937, con l’ausilio dell’Ufficio di piano appositamente costituito. Il carattere innovativo dello strumento è pago delle elaborazioni prodotte dai primi tre gruppi classificati al Concorso

di piano e della Commissione giudicatrice che, nel redigere il proprio giudizio, aveva inteso recare un contributo fattivo “ sulla situazione odierna della Città di Como e sulle più importanti proposte emerse dallo studio dei progetti” . Pur tuttavia, benché il Piano poggi sugli esiti dell’esperienza concorsuale, sarebbe improprio definire il lavoro di compilazione del Piano poi ratificato nel 1937 come un mero compendio delle elaborazioni testé prodotte. Si tratta di un lavoro di formulazione e, per alcuni versi, di un delicato esercizio volto a contemperare l’apporto recato dalla specie dei cosiddetti “ architetti razionalisti” usando le parole di Alberto Savinio con lo scarno apparato normativo che, all’epoca, disciplinava il governo urbanistico del territorio. Il terzo nucleo espositivo riguarda il processo di costruzione di quella che Paolo Porta definisce come la “ Como futura” entro cui s’intende documentare, da un lato, il processo di costruzione dei nuovi nuclei residenziali e produttivi esterni al perimetro della città consolidata e, dall’altro, l’opera dei progettisti che fattivamente hanno concorso a definire la stagione poi denominata del “ razionalismo comasco” . Il fine perseguito con tale sezione è quello di alimentare un atteggiamento consapevole nei confronti dell’esistente ed un corretto approccio metodologico al progetto. È prevista la pubblicazione di un volume illustrativo dei contenuti e dei documenti della mostra che sarà presentato nel mese di dicembre. La mostra sarà accompagnata da un ciclo di conferenze sul tema – organizzate a cura dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Como. Chiara Rostagno

Ordine di Pavia tel. 0382 27287

www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864

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Raimondo Campanini, Rubens Magnani, Luciano Trolli, Venturini, Concorso per il regolatore di Como, Schema della città futura, Como, 1934.

M ilano a cura di Laura Truzzi Designazioni • Comune di Cerro Maggiore: richiesta di segnalazione elenco professionisti per nomina dei componenti della commissione edilizia comunale. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi esperti in materia di tutela paesistico-ambientale: Sonia Maria MACCALLI, Nicola NASINI, Aldo RUFFINI. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi esperti in materia di abolizione e superamento delle barriere architettoniche: Rinaldo FRENI, Paolo MONETA. • Comune di Bovisio Masciago: richiesta di segnalazione elenco professionisti per nomina dei componenti della commissione edilizia comunale. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Domenico BENUSSI, Massimo CAPROTTI, Barbara FRIGERIO, Sergio FUMAGALLI. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi esperti in materia di abolizione e superamento delle barriere architettoniche: Giuseppe BRUNO, Giorgio Roberto RICCADONNA, Lorenzo RONCHI. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi esperti in materia di tutela paesistico-ambientale: Mario ALLODI, Luca BERGO, Alessandro FERRARI, Roberto Carmine LAGANÀ. • Agenzia del Territorio, Direzione Regionale della Lombardia, Area Supporto e Coordinamento Operativo: richiesta di segnalazione professionista per nomina referente da inserire nella commissione mista per coordinare la gestione degli atti tecnici di aggiornamento con la procedura Pregeo 8. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Alberto Edoardo FRASCOTTI. • Impresa Tamarin Severino di Desio (Mi): richiesta terna per collaudo di opere in c.a. relative alla realizzazione di palazzina ad uso civile abitazione sita in Desio (Mi). Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Romano GARAVAGLIA, Pierino Ferdinando ROSSI, Gerlando Antonio TRAPANI. • Procedimento arbitrale Impresa di Costruzioni Edil Cmb s.r.l. - Condominio “S. Michele” in Cesano Maderno (Mi): nomina di arbitro Art. 9 Contratto d’appalto. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Irene MIGLIAVACCA. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Architettura del 12 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Umberto ANDOLFATO, Renato Renzo ANGELLA, Emilio CARAVATTI, Valeria Maria CERRUTI, Daniele COPPI Michele Angelo FERÈ, Barbara FERRARI, Daniele Riccardo NAVA, Romano Silvio OLGIATI, Pierluigi RAULE, Andrea Massimo RAVOGLI, Federica SOSTERO, Stefano TUCCI • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli


Lettere redazione.al@flashnet.it

• Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Disegno Industriale del 16 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Raul BERTOLOTTI, Marco Mario DUINA, Paola GARBUGLIO, Elvio LEONARDI, Daniele MARICONTI, Eugenia NACCI, Marco PIVA, Marco Guido SANTAGOSTINO. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Architettura del 2021 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Lucia BERGO, Carlo CATTANEO, Enrico FREYRIE, Valerio MONTIERI. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Scienze dell’Architettura del 22 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Carlo BELLINI, Giovanni BOTTINI, Giancarlo FOI, Claudio SALOCCHI, Matteo VERCELLONI. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in P.T.U.A nuovo ordinamento del 22 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Juan Martin PIAGGIO, Valerio TESTA. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea di I° livello in Architettura delle Costruzioni del 23 luglio 2004. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Barbara AGOSTINI. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea di I° livello in Scienze dell’Architettura del 23 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Giuseppe ASNICAR, Carlo GERVASONI. • Politecnico di Milano. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea per il “ Corso di Studio in Edilizia Bazzi D.M. 509/99” del 22 luglio 2004. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Natalino ZANIER. Convenzioni L’Ordine degli Architetti ha stipulato una nuova convenzione con la Fondazione Orchestra UECO (United Europe Chamber Orchestra) che offre appuntamenti musicali con programmazione presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano. Tutti i dettagli della convenzione, così come delle precedenti, sono reperibili sul sito dell’Ordine (www.ordinearchitetti.mi.it) settore convenzioni. Corsi 2004-05 Sono consultabili sul sito www.ordinearchitetti.mi.it/fondazione, tutti i corsi organizzati dalla Fondazione dell’Ordine per l’anno 2004-2005.

Su Milano Tra le varie iniziative più o meno organizzate per imbruttire l’immagine della città di Milano (pseudomonumenti, distruzione di antichi edifici, graffiti, ecc.) ne sta proliferando una nuova: quella degli enormi cartelli luminosi (e non): pubblicitari applicati sulle pareti prive di finestre, ricavate dall’accostamento di edifici residenziali di altezze diverse. Questa situazione ha causato già da tempo il problema di come salvare l’estetica di pareti cieche di frontespizio. Troppo raramente è stato risolto da una decorazione sul risvolto delle facciate. Questa meritoria manifestazione di civiltà non è frequente in quanto non imposta da un preciso regolamento edilizio. In compenso questi enormi cartelli pubblicitari, quasi sempre di gusto molto discutibile affissi in modo selvaggio, hanno peggiorato l’immagine specialmente di quartieri periferici, grazie all’indifferenza dei residenti, allettati da inesistenti guadagni, e alla speculazione di poco scrupolosi amministratori di condomini. Inoltre, vorrei riprendere la spinosa questione dei sottotetti. Quando viene emessa una nuova legge (in questo caso la legge Tognoli per il recupero dei sottotetti), non si tiene conto delle leggi precedenti, che si succedono a ritmo vertiginoso, e con le quali si creano contraddizioni. In questo caso il rispetto delle parti comuni dell’edificio. Voglio fare solo un esempio. Quando il proprietario di un sottotetto, utilizzato come mansarda, pretende di costruire una o più “ cappuccine” (o abbaini che dir si voglia), per le quali è indispensabile tagliare le travi del tetto, viene indetta un’assemblea condominiale. Poiché il tetto costituisce un bene comune del condominio, i condomini dovrebbero essere padroni di decidere se accettare o negare il permesso di eseguire tali lavori. Se, in caso di risposta negativa, il condomino esegue ugualmente le opere proposte, a quale scopo indire una assemblea condominiale e quale valore legale può avere la legittima risposta negativa degli altri proprietari? Andrea Disertori Milano, luglio 2004

Un appello della Biblioteca del DPA La Biblioteca del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano ha un patrimonio librario di più di 6.000 volumi e circa 50 abbonamenti correnti alle principali riviste di architettura italiane e straniere. I volumi riguardano soprattutto temi inerenti il progetto di architettura: monografie di architetti, architettura del paesaggio, letteratura critica, monografie su città, allestimento e museografia, volumi rari e di pregio. In questi ultimi anni, però, la biblioteca si sta specializzando nella raccolta di materiale dedicato all’architettura milanese e lombarda contemporanea (dalla fine del XIX secolo a tutto il XX secolo), cercando di recuperare volumi e anche materiale di tipo archivistico, che illustrino la storia dell’architettura di Milano e di altre città e paesi della Lombardia, così come documentazione relativa all’attività di architetti cosiddetti “ minori” , o quanto più è possibile recuperare sull’argomento. Il patrimonio di riviste si è formato attraverso gli abbonamenti correnti, ma anche tramite acquisti sul mercato antiquario e soprattutto donazioni (tra cui di grande rilevanza quella del fondo del prof. Vittoriano Viganò, donato dagli eredi). È sempre nella logica della “ raccolta di materiale storico” che la biblioteca sta cercando di completare e integrare le proprie collezioni di riviste recuperando i numeri o le annate mancanti. Si tratta delle seguenti riviste: “ Abitare” (mancante dal 1962 al 1980); “ L’Architecture d’aujourd’hui” (mancante dal 1950 al 1962); “ Architettura cantiere” (mancante dal 1952 al 1963); “ L’Architettura, cronache e storia” (mancante dal 1955 al 1958); “ Area” (mancante dal 1985 al 1990); “ Argomenti di architettura” (mancante dal 1960 in poi); “ La Casa” (mancante dal 1955 al 1961); “ Casabella” (mancante dal 1928 al 1955); “ Comunità” (mancante dal 1949 al 1957); “ El Croquis” (mancante dal 1986 al 1989); “ Domus” (mancante dal 1928 al 1953); “ Edilizia moderna” (mancante dal 1929 al 1967); “ Edilizia popolare” (mancante dal 1954 al 1970); “ Interni” (mancante dal 1971 al 1979); “ Lotus International” (mancante dal 1964 al 1991); “ Metron” (mancante il 1945 e il 1948); “ Stile“ (mancante dal 1941 al 1947; esattamente: dal n. 1 al n. 30, il 35, dal 37 al 40, dal 42 al 44, il 47 e dal 50 in poi); “ Zodiac” (mancante dal 1969 al 1973).

Se qualcuno avesse la disponibilità di numeri o annate di tali riviste, ma anche di volumi o materiale d’archivio relativo alla storia dell’architettura o agli architetti milanesi e lombardi, è pregato di mettersi in contatto direttamente con il personale della biblioteca (arch. Claudio Camponogara, tel. 02 23995547; dott. Francesco Marchese, tel. 02 23995548; e-mail: proget t azione@biblio.polimi.it) per qualunque chiarimento e per gli accordi per il recupero e il trasporto del materiale messo a disposizione, che verrà effettuato dallo stesso personale della biblioteca. La Biblioteca è aperta anche a studiosi esterni per la consultazione, dal lunedi al venerdi, dalle 9.30 alle 16.00 in via Golgi 39 a Milano.

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Biblioteca del D.P.A., Politecnico di Milano Milano, settembre 2004

Informazione

esami di Laurea in P.T.U.A vecchio ordinamento del 13 luglio 2004. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Giuliano Paolo BANFI, Felice Luigi TONETTI.


metri sorgeranno sull’area della ex Fiera Campionaria e saranno circondati da un grande parco, da canali d’acqua, da un museo del design e da un padiglione per anziani e bambini. Il contratto preliminare tra la Fondazione Fiera Milano e la CityLife per la vendita e la riqualificazione del quartiere è stato finalmente firmato e ora si attende il via per i lavori. Si prevede che la costruzione dei tre grattacieli sarà terminata nel 2014.

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M ilano

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Rassegna

esperti di design per creare un nuovo stile e rendere la città più uniforme e ordinata.

a cura di Manuela Oglialoro Cascine

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Architettura Bolle che non scoppiano. Le bizzarrie futuriste del designer americano Buckminster Fuller (da “ Il Sole 24 Ore” del 15.8.04) Negli anni ‘20 Richard Buckminster Fuller, il profeta di un approccio globale al design, progettava case appese a un palo, parlava di aria condizionat a e pref igurava un mondo interattivo; nel 1969 tentò di brevettare uno dei primi computer. La sua visione utopica non gli impedì di vedere con lucidità la società globale che si stava preparando. Famosi sono i suoi progetti di geodi, di tensostrutture, e la cupola trasparente entro cui voleva racchiudere l’isola di Manhattan (1950). Una Biennale in gondola. É tempo di M etamorfosi. Dagli interni casalinghi ai progetti che cambiano le città (dal “ Corriere della Sera” del 7.9.04) “ Ricchissima, dinamica, intrigante” . Tre gli aggettivi scelti da Kurt Foster per svelare i segreti della “ sua” Metamorph, la nona Biennale dell’architettura di Venezia. Dai Giardini all’Arsenale e alle Corderie si snoda il percorso espositivo in cui il tema dominante è la rielaborazione del concetto di metamorfosi. Sono oltre centosettanta gli studi di architettura presenti con più di duecento progetti e quarantotto le nazioni espositrici. Arredo urbano M ilano, nuovo arredo urbano: “via trentamila pali inutili”. Il piano di “pulizia” del paesaggio partirà con un censimento delle brutture (dal “ Corriere della Sera” dell’11.9.04) Il Comune, dopo aver ultimato un apposito censimento, procederà a uno sfoltimento dei pali inutili presenti in città. L’assessore De Corato spiega: “ Milano è una foresta di pali che negli anni scorsi sono stati scaraventati sulla città senza criterio” . Questa sarà anche l’occasione per procedere a una riorganizzazione globale della città. Infatti il settore Arredo Urbano sta studiando la possibilità di istituire una commissione di

“Subito un piano per salvare le cascine storiche”. A rischio 88 mila metri quadrati di architettura rurale milanese. Il Comune e la sovrintendenza: pronti per restauri e recuperi (dal “ Corriere della Sera” del 13.8.04) Occorre subit o predisporre un piano per salvare le cascine minacciate dall’ incuria e dall’ abbandono. Solo nel territorio del Comune di Milano ne sono state censite 47 e molte si trovano nei comuni limitrofi. Troppo spesso entrano in funzione le ruspe che, per eliminare costruzioni in avanzato stato di degrado, cancellano anche le tradizioni di Milano. In pericolo la storica Cascina Monlué le cui origini risalgono ai primi anni del XII secolo, quando vi si insediarono i monaci dell’Ordine degli Umiliati. Grattacieli Tre metri in 5 anni, M ilano la città più alta d’Italia. L’indagine: case e grattacieli, lo sviluppo è soprattutto in verticale. Il sindaco: nuovi spazi per il verde (dal “ Corriere della Sera” del 12.9.04) Milano è la città italiana in cui è maggiormente salita l’urbanizzazione verticale degli ultimi cinque anni. É il quadro che emerge dalle rilevazioni di una ricerca condotta dal Centro Studi Domuslift in collaborazione con diversi studi di architettura e ingegneria. L’assessore allo Sviluppo del Territorio, Gianni Verga, spiega questa verticalizzazione: “ La crescita in verticale di Milano è legata al fatto che negli interventi di riqualificazione e nei nuovi interventi chiediamo di liberare aree al suolo da destinare ad attrezzature ricreative e al verde” . Case alte stanno nascendo nelle zone esterne della città che non sono necessariamente grattacieli. Si tratta di edifici alti al massimo 50 metri ma che stanno alzando il profilo di Milano. Fiera, firmato il contratto per i tre grattacieli di Libeskind (dal “ Corriere della Sera” del 30.7.04) Tre grattacieli alti 218, 185 e 170

Buchi e crepe nei mosaici della Galleria. Cedimenti dei marmi nel Salotto di M ilano (dal “ Corriere della Sera” del 22.7.04) Il pavimento della Galleria è a pezzi, a partire dai marmi e dai mosaici dell’Ottocento. Ma il Comune non ha i fondi per risistemarlo. Secondo l‘analisi dei tecnici dell‘Edilizia demaniale il quadro è preoccupante: “ per ridare un aspetto migliore, coerente ed organico a tutta la pavimentazione della Galleria occorre un intervento sistematico di restauro di tutta la pavimentazione con sostituzione di vari elementi. Tali interventi sarebbero da estendere anche alla pavimentazione dei portici settentrionali e meridionali che si trovano nelle stesse condizioni o con degrado ancora più marcato” . “Cento cantieri per cambiare M ilano”. Progetti e lavori su sei milioni di metri quadrati di aree dismesse (dal “ Corriere della Sera” del 9.8.04) Si lavora senza sosta a Milano per le grandi opere che cambieranno il volto della città e consentiranno il recupero di sei milioni di metri quadrati di aree dismesse. “ Tra quelli già aperti e quelli in avvio, tra recupero di fabbriche dismesse, restauri e nuove edficazioni possiamo dire che Milano è la città dei cento cantieri” , dice l’assessore allo Sviluppo del territorio, Gianni Verga. I cantieri aperti, oltre alla Scala e alla nuova Fiera di Rho-Pero, interessano anche le aree della Bicocca, della zona Navigli e di Romolo. Viaggio in elicottero su Milano. Sui tetti è nata un’intera città (dal “ Corriere della Sera” del 30.7.04) Milano sta perdendo il tradizionale tetto a due falde rivestito in coppi rossi per far posto alla nascita di un nuovo quartiere posto a una ventina di metri da terra: il quartiere dei sottotetti. Negli ultimi cinque anni è cresciuta una città nella città di oltre 500 mila metri quadrati. Questa rivoluzione urbanistica, attuata senza un piano regolatore, è stata provocata dall’entrata in vigore della Legge regionale n. 22 del 1999 che consente la variazione dell’inclinazione delle falde del tetto per rendere abitabili i sottotetti. Ora esiste una Milano sopra i tetti fatta di piscine, giardini pensili, abbaini e sopralzi progettati nella totale libertà progettuale e senza controllo della qualità degli interventi.

“Grandi opere a rischio. Il bilancio va approvato subito”. La giunta di Palazzo M arino: documento in aula entro ottobre (dal “ Corriere della Sera” del 26.8.04) Bilancio subito in aula senza aspettare la finanziaria altrimenti sono a rischio “ opere piccole e grandi: dal canale scolmatore di Niguarda al piano casa, dalla Città delle due culture alle tre nuove case, per finire con la prima tranche del nuovo parco Forlanini” . Periferie “Ponte Lambro? Il Progetto è f ermo da quat t ro anni” (dal “ Corriere della Sera” del 24.7.04) Il programma di recupero presentato nel 2000 per Ponte Lambro, che mirava a rigenerare il quartiere simbolo dell’emarginazione, rischia di diventare un progetto fantasma. Degli interventi previsti dal progetto, presentato da Renzo Piano, in quattro anni poco o niente è stato realizzato: “ il laboratorio di quartiere” , gli spazi per ” l’incubatore d’impresa” , il gruppo dei mini alloggi per anziani. Il centro di aggregazione giovanile è rimasto aperto per soli 12 mesi a causa della mancanza di personale.


a cura di Antonio Borghi Aguzzate la vista Da più di tre anni questa rubrica raccoglie e mette a confronto articoli giornalistici sull’architettura e l’urbanistica milanese. Partendo da una rassegna stampa, riletture si stacca dal quotidiano per stimolare una riflessione sui modi di informazione. I brani che ho scelto questa volta risalgono a diversi mesi fa, ma lo stesso vi vengono proposti per la loro attualità: attualità dei temi – il lancio di grandi progetti di riqualificazione urbana a Milano – e soprattutto attualità dei modi di informare. Per questo vi propongo di indovinare quale sia la natura delle fonti citate premettendo che una è commerciale, una istituzionale e una giornalistica. • Primo brano: Comune, via libera al progetto di Norman Foster. I lavori entro un anno. “ Dopo Fiera e Garibaldi-Repubblica, Milano sta vivendo una stagione magica” . Cantieri a Montecity, nasce un’altra città. Case, uffici, cinema, un nuovo centro congressi e un parco nell’area dismessa più grande d’Europa. Ora tocca a Sir Norman Foster. Dopo Pelli, Isozaki, Libeskind, Hadid, Pei, Cobb e Blaisse, il gotha dell’architettura mondiale che ha scelto Milano come centro nevralgico di sperimentazione urbanistica si arricchisce di un nuovo nome. Ieri il consiglio comunale ha approvato la ratifica dell’accordo di programma per l’intervento di riqualificazione dell’area dismessa più grande d’Europa: oltre un milione e centomila metri quadrati da risistemare. Dopo la Fiera e Garibaldi-Repubblica ora tocca a Montecity-Rogoredo. La supervisione del progetto è di Foster, la firma è quella di Paolo Caputo e di Giovanni Carminati. Il progetto prevede la realizzazione del centro congressi che Milano attende da 30 anni, di un parco pari a Parco Sempione, un’area commerciale di lusso, un multisala tecnologico, residenze, uffici, alberghi, ma anche scuole, un centro per disabili e una cittadella universitaria per studenti. Costo dell’investimento per il gruppo Risanamento di Luigi Zunino: 1,6 miliardi di euro. Valore stimato: 2,8 miliardi. I lavori saranno divisi in due fasi. Si partirà nel 2005. Chiusura dei cantieri nel 2008-2009. Poi tocca a Montecity Avenue: partenza nel 2007, chiusura nel 2010. Soddisfatto l’assessore Gianni Verga: “Nasce una città nella città, segno che Milano sta vivendo un momento magico” . • Secondo brano: Firmato l’Accordo di Programma del Progetto Montecity-Rogoredo. Dopo un’approfondita istruttoria è stato firmato oggi, tra il Comune di Milano e la Regione Lombardia, l’Accordo di Programma che sancisce l’avvio del progetto Montecity-Rogoredo, il più importante progetto di riqualificazione dell’area urbana

milanese, che la società Risanamento del Gruppo Zunino è chiamata a realizzare nei prossimi anni con la firma di Norman Foster. Il Progetto, che si sviluppa su di una superficie di circa 1.200.000 mq, darà vita nel settore Sud-orientale di Milano a un nuovo quartiere, autonomo ma insieme perfettamente collegato con il centro di Milano e con l’esterno, che costituisce una perfetta integrazione tra edilizia residenziale di alta qualità e strutture immobiliari per il terziario e il commerciale; il tutto arricchito da un insieme di strutture e servizi per il tempo libero e per as-

dal centro Multimediale e da negozi e luoghi di ristoro, sarà il centro dell’intrattenimento collettivo. I tempi di realizzazione del progetto saranno estremamente rapidi; infatti, l’intervento può essere suddiviso in tre macro aree: zona Rogoredo, zona Montecity residenze, zona Montecity Avenue. Le zone “ Rogoredo” e “Montecity residenze” saranno quelle in cui i lavori inizieranno nel 2005 con una durata prevista di circa 3 / 4 anni, mentre per quanto riguarda la zona “ Montecity Avenue” si prevede di iniziare la realizzazione nel 2007 per terminarla nel 2010. L’in-

grato di Intervento che interessa un’ampia area situata nel settore sud orientale di Milano occupata fino agli anni ’70 dallo stabilimento Montedison e dalle acciaierie Redaelli. Si tratta di oltre 1 milione di metri quadri oggi abbandonati che fanno di Montecity-Rogoredo l’intervento di riqualificazione più esteso d’Europa. Di grande interesse strategico, l’area denominata Montecity-Rogoredo si trova a sud est di Milano, è delimitata a nord dai quartieri di via Mecenate e viale Ungheria, ad ovest dai tessuti cresciuti a ridosso dell’anello ferroviario, a sud

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sicurare ai residenti i migliori standards abitativi. Ai residenti e non solo, perché il Progetto prevede la realizzazione di un Centro Congressi che, insieme all’Exhibition Hall, si sviluppa su di una superficie di 32 mila mq e che assicura a Milano una struttura di cui la Città aveva indubbiamente bisogno. Il progetto è strutturato su di un asse principale di riferimento, il vasto parco centrale che, disposto ortogonalmente rispetto al prolungamento della Paullese verso il centro urbano, rappresenta un grande orizzonte di verde e distingue l’area in un ambito a nord, Montecity, di circa 700 mila mq e uno a sud, Rogoredo, di circa 500 mq. Il Parco rappresenta un luogo ricco di suggestioni paesaggistiche e di occasioni sportive, ricreative e naturalistiche, un’autentica, moderna piazza urbana. Il centro di Rogoredo sarà animato da uffici, alberghi, strutture commerciali e di servizio. L’insediamento residenziale ad ovest del parco sarà realizzato intorno a un asse dedicato esclusivamente ai pedoni e al percorso del tram. Qui la scena urbana è caratterizzata dalla fontana-canale che evoca luoghi storici di Milano e il sistema dei navigli; sulla fontanacanale si affacciano negozi, servizi e locali di intrattenimento. Anche la zona di Montecity è caratterizzata dalla qualità degli spazi e delle funzioni insediate. La zona promenade – sulla quale si affacciano residenze, negozi, strutture commerciali e di servizio – è caratterizzata da vasche, giochi d’acqua, alberature e spazi attrezzati. Alle spalle di questo sistema, uffici e alberghi disegnano corti, piccole piazze e giardini. La zona Montecity rappresenta un luogo di grandi suggestioni per i residenti, ma è anche fortemente aperta a tutti i milanesi, se si pensa al grande Centro Congressi con l’Exhibition Hall e al Cinema Multisala che, integrato

vestimento atteso per la realizzazione del progetto nell’arco dei prossimi 6/7 anni ammonta a circa 1,1 miliardi di euro che, sommato a quello già sostenuto per l’acquisto dell’area (circa 500 milioni di euro), porta ad un investimento complessivo di circa 1,6 miliardi di euro. A fronte di questo investimento, è previsto che la realizzazione dell’intero complesso immobiliare rappresenti un valore stimato di oltre 2,8 miliardi di euro, con un ritorno quindi sul capitale investito di circa il 25%. • Terzo brano: Montecity Rogoredo: verrà riqualificata l’area dismessa più grande e più strategica d’Europa. “Questa ratifica – ha dichiarato l’assessore Gianni Verga – conferma la stagione felice che sta vivendo Milano: in una settimana sono partiti tre interventi di grande eccellenza firmati da architetti di fama internazionale come Pelli, Isozaki, Libeskind, Hadid, Pei, Cobb, Caputo, Maggiore, Blaisse e Foster che cambieranno il volto della città in coerenza con gli impegni assunti dall’Amministrazione” . Garibaldi-Repubblica, il Polo Urbano della Fiera e Montecity-Rogoredo rappresentano tre traguardi storici per Milano e dimostrano come questa città creda in se stessa e voglia, con la determinazione che le è propria, continuare a percorrere la strada delle trasformazioni eccellenti che è poi la stessa del miglioramento e del progresso. Con Montecity-Rogoredo verranno restituiti alla città oltre un milione e 220 mila mq abbandonati. La nuova “ città nella città” avrà un parco di 330 mila mq, una cittadella per più di 1200 studenti oltre a residenze per tutte le categorie sociali e il centro congressi che Milano attende da trent’anni. Una stagione felice dell’urbanistica che vede Milano tornare a essere protagonista, la “ Città più Città d’Italia” . Montecity-Rogoredo è il Programma Inte-

est dal quartiere di Rogoredo. L’area è legata al sistema delle principali infrastrutture che connettono Milano con l’hinterland e le grandi reti nazionali (tangenziale, tra l’Autostrada del Sole e la Torino Venezia, Strada Statale Paullese, via Emilia, FFSSMM), è situata nel raggio di 1 km dall’aeroporto di Linate ed è delimitata a nord dai quartieri di trasformazione. Il progetto, la cui supervisione è affidata all’arch. Norman Foster, prevede, tra l’altro, la realizzazione del Centro Congressi che Milano aspetta da oltre trent’anni, un grande parco con funzioni pubbliche, un’area commerciale, un multisala ad alta tecnologia, residenze, uffici e alberghi. E qui mi fermo poiché vengono riportati i soliti dati. Per la soluzione non c’è bisogno di leggere il giornale al contrario: il primo brano è stato pubblicato nella cronaca milanese del “ Corriere della Sera” il 6 luglio 2004 a firma di Maurizio Giannattasio, il secondo è sul sito web di Risanamanto Spa dal 4 giugno e il terzo sul sito web del Comune di Milano dal 5 luglio. A mio parere dei tre è il developer l’unico a fare il suo mestiere, illustrando con informazioni e dati precisi l’entità del suo investimento e specificando il guadagno che se ne ripromette. Cosa si ripromettono il giornalista e l’amministratore dalle loro lodi sperticate a un progetto di cui evidentemente conoscono solo collocazione e quantità? Che ruolo ha Sir Norman Foster in tutto questo? Lui che firma progetti in tutto il mondo, perfino il World Trade Center di San Marino, in questo progetto che farà? E infine mi chiedo: che ruolo hanno i milanesi, architetti e non, nella riqualificazione dell’area più grande e strategica d’Europa che hanno l’onore di ospitare nella loro città?

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Riletture


Libri, riviste e media a cura della Redazione

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Rassegna di Valentina Cristini e Giulia Miele P. Elli, E. Mussinelli Spazio pubblico e infrastrutture per la riqualificazione urbana, progetti per la città di Pioltello Libreria Clup, Milano, 2004 pp. 158, € 13,00 A. Bugatti, R. Dell’Osso, R. De Lotto Abitare Paesaggio, Libreria Clup, Milano, 2004 pp. 190, € 18,00 Peter Eisenman Il giardino dei passi perduti Marsilio, Padova, 2004 pp. 128, € 29,00 N. Salla, G. Cappellato Architettura della complessità, la geometria frattale tra arte, architettura e territorio Franco Angeli, Milano, 2004 pp. 222, € 19,00 Andreas Kipar Architettura del paesaggio Il Verde Editoriale, Milano, 2004 pp. 192, € 30,00 Francesco Limena, L’accesso al lavoro dei disabili Cedam, Padova, 2004 pp. 318, € 27,00 AA. VV. L’edilizia per lo sport e lo spettacolo Hoepli, Milano, 2004 pp. 244, € 19,00 Provincia Autonoma di Trento Nuove infrastrutture per nuovi paesaggi Skira, Milano, 2004 pp. 144, € 26,00 Elena Del Drago La Triennale di Milano Luca Sassella Editore, Roma, 2004 pp. 90, € 10,00

LBB architetto

Un’ipotesi di policentrismo

Miti moderni

Il catalogo della mostra su Lina Bo Bardi, curato da Antonella Gallo, ripercorre sotto forma di racconti e analisi critiche la vita e il lavoro di questo architetto “ italo-brasiliano” che solo ora, a distanza di dodici anni dalla sua morte, l’Europa riscopre come progettista di architetture razionali ante-litteram e popolar-tradizionali. Il libro scorre tra aneddoti di vita privata e racconti più analitici sulle esperienze professionali e le ricerche compositive prodotte in più di cinquant’anni di lavoro. In apertura vi è una bella foto che raffigura Lina al lavoro per la mostra Bahia all’Ibirapuera della V Biennale di San Paolo nel 1959 e successivamente un racconto della sorella Graziella Bo che descrive Lina architetto tra le difficoltà umane, la guerra, e la grande passione per l’architettura e l’arte. Una storia piena di persone e momenti storici: dalla laurea in architettura, alla vita di Roma, Venezia, Milano, la guerra e poi il Brasile insieme al marito Bardi. Uno spirito capace di farsi “ attraversare” da tutto quel mondo, diverso, fatto di colori, materia, natura e per certi versi esoterico. Penso che questo libro vada letto per tanti motivi, come ogni cosa che parli dell’uomo, ma soprattutto perché riporta l’attenzione verso le questioni del rapporto fra tradizione e invenzione, tra arte e architettura, tra ragione ed immaginazione...i Tutte questioni “ normali” dell’architettura e dell’arte che sembrano essere rappresentate, il più delle volte nella contemporaneità, da “ speculazioni formaliste” da una parte e “ riduzioni astrattiste” dall’altra, facendo così risultare l’architettura un’attività superflua nel primo caso e un mestiere da intellettuali nel secondo. Questo libro dimostra il contrario.

La stazione, la sua progettazione ex novo, la riconversione di strutture esistenti o il loro recupero, rappresenta un tema di grande attualità non solo per quel che riguarda il suo progetto architettonico ma anche per le ripercussioni che la stazione stessa induce sul territorio. In questo senso ciò che sta avvenendo in Emilia Romagna merita di essere evidenziato, non tanto analizzando le singole architetture in fase di realizzazione o progettazione, ma soprattutto occupandosi del disegno complessivo dell’intero territorio in cui le stazioni andranno a comporsi. La vocazione policentrica del territorio emiliano, costituito di tante città, di dimensione differente, disposte a distanze fra loro omogenee e legate l’una all’altra dal sistema infrastrutturale (la ferrovia, ma anche, e soprattutto, l’antica via Emilia), ha fatto sì che il progetto delle “ nuove” stazioni venisse pensato secondo un disegno più ampio, di scala territoriale, secondo un’ipotesi di costruzione di una grande città policentrica emiliana. Su questo tema lo scorso 30 giugno si è svolto un convegno organizzato da Oikos Centro Studi di Bologna per conto della Regione Emilia Romagna e nell’occasione è stato presentato il volume curato da Daniela Pini e Filippo Boschi. Nel saggio iniziale Felicia Bottino illustra il ruolo della stazione in quanto luogo di interscambio capace di promuovere la riqualificazione di parti di città e territorio. Rendendo accessibili i binari ferroviari da entrambi i lati parti di città storicamente separate hanno la possibilità di essere ricollegate trasformando l’intero sistema ferrovia-stazione in un nuovo “ luogo centrale” . A sostegno di questa tesi il libro presenta i risultati di alcuni progetti realizzati in Europa. Nella seconda parte del volume, invece, vengono illustrati i progetti di riqualificazione riguardanti tredici città dell’Emilia Romagna.

Introdotto dai saggi di Carol Willis, direttrice dello Skyscraper Museum di N. Y. e Donald Friedman, storico dell’ingegneria, il libro riproduce per la prima volta le emozionanti Notes on Construction of Empire State Building, redatte tra il 1930 e il 1931 nello studio Starrett Brothers and Eken - il general contractor che per 500 mila dollari si aggiudicò la gestione della costruzione del grattacielo di tutti i record. Ideato per superare in altezza il Chrysler, l’edificio progettato degli architetti Shreve, Lamb e Harmon fu eretto in soli 11 mesi dalla posa del primo pilone d’acciaio il 7 aprile 1930 - 21 considerando la data della firma del contratto d’acquisto dell’hotel WaldorfAstoria, demolito per fargli spazio. Battuto in altezza dalle Twin Towers negli anni ’70, l’Empire rimane un riferimento insuperato per la vertiginosa velocità di costruzione. Il prezioso documento – vera e propria dichiarazione d’amore all’edificio – è costituito da 77 foglietti a quadretti blu dattiloscritti, senza firma, corredato da una serie di fotografie in bianco e nero. Le Notes attestano con precisione di dettagli l’organizzazione del lavoro nel cantiere, le procedure della costruzione e le innovazioni tecniche. Un’immane pianificazione che testimonia la dimensione epica dell’impresa, il cui motto era: “ on time on budget” . Sotto una regia strategica, 3500 uomini procedevano al ritmo di un piano al giorno. Grazie al fast-tracking il lavoro di ogni piano avanzava di pari passo con gli esecutivi dei piani successivi. Più che all’organizzazione di una fabbrica “ la costruzione di un grattacielo è l’equivalente più prossimo della guerra in tempo di pace” . Con questa metafora Bill Starrett rendeva indirettamente omaggio anche ai caduti – sei operai e un passante – per quello che è indubbiamente un “ simbolo maestoso dell’intraprendenza e dell’efficienza della nostra epoca” .

Martina Landsberger

Irina Casali

Daniela Pini e Filippo Boschi (a cura di) Stazioni ferroviarie e riqualificazione urbana Editrice Compositori, Bologna 2004 pp. 224, € 34,00

Carol Willis (a cura di) Empire State Building. 21 mesi per costruire il grattacielo più alto del mondo Electa, Milano, 2004 pp. 230, € 35,00

Francesco Fallavollita

Mary Beard Il Partenone Laterza, Roma-Bari, 2004 pp. 206, € 16,00

Antonella Gallo Lina Bo Bardi Architetto Marsilio, Venezia, 2004 pp. 184, € 25,00


Città fra tecnica e ambiente

“Las modas… que pasen, por favor”

Caratteri collettivi della città storica

L’autore, Carlo Lanza, definisce innanzi tutto che un’attività professionale è un’obbligazione di mezzi e non di risultato, ma che quella dell’architetto, a differenza di quella del medico e dell’avvocato, i quali non possono garantire la diligenza nel compiere la propria prestazione, è una prestazione tecnica, che non dovrebbe essere incerta o aleatoria, a meno che non sia il committente stesso a chiedere di perseguire uno scopo incerto. È inoltre indispensabile, nello svolgimento di un’attività professionale, appellarsi a un atteggiamento etico, con obiettivo la qualità, l’innalzamento dei livelli della prestazione; contro l’ormai diffusa concorrenza dannosa, fondata sulla compressione dei costi e sull’imbroglio. Viene quindi descritto in quale modo può avvenire il conferimento di un incarico professionale e viene suggerito come formalizzarne per iscritto la conferma della disponibilità e i termini per il suo svolgimento. I capitoli successivi trattano dell’organizzazione del disciplinare di incarico; dei suoi contenuti, rispetto a vari tipi di progettazione e alla conduzione dei lavori. Il quarto capitolo tratta dei contenziosi e degli aggiornamenti di parcella. Il quinto riporta una serie di esempi (riportati in fac-simile anche nel Cd rom allegato) di disciplinari di incarico per studi di fattibilità, per prestazioni urbanistiche, lavori pubblici, privati, per arredi, per la presentazione di pratiche edilizie (permesso di costruire, denuncia inizio attività). L’appendice propone i testi delle più attuali leggi in materia di edilizia; le tariffe professionali dell’architetto e dell’ingegnere, per i lavori pubblici e per gli studi di impatto ambientale; la legge e il regolamento della Legge 109/94. L’autore è il coordinatore della Commissione “ tariffe” dell’Ordine degli Architetti di Milano.

Lo studio della città, della sua costruzione e dei rapporti analizzati nella disciplina urbanistica sembrano messi in crisi dal percorso di ricerca dell’autore che prende in considerazione molti aspetti del progetto della città e del territorio. Il testo introduce anche un tema per una interessante riflessione: cosa sia il paesaggio; qui proposto come elemento di relazione fra la città e l’ambiente. Così collocato, il paesaggio sembrerebbe appartenere a qualcosa di distante dalla sua classificazione “ architettonica” , anche ambigua (naturale-rurale-antropizzato e così via...). Diventa il “ prodotto dell’int erazione t ra biosf era e azione umana” , forse lasciando per strada un po’ di poesia. L’attenzione del lettore è indirizzata verso il complesso delle informazioni necessarie all’insieme delle conoscenze che confluiscono in tecnica e dapprima in processo: la tecnologia di processo. Al suo interno “ l’organizzazione territoriale dovrà contenere sempre di più frutto di tecnologie di prodotto, purché queste siano appropriate alla sostenibilità” . Cosicché attraversando i concetti di tecnologia sviluppati dalla Grecia classica ad oggi si giungerebbe all’applicazione dei princìpi regolatori del processo tecnologico all’ambito dell’urbanistica, che, articolato nella tecnica urbanistica, si deve rendere maggiormente permeabile alle altre scienze e discipline in modo da potersi relazionare in scala spaziale e temporale alle materialità e immaterialità di contesto. La formazione della città appare frutto di una grande complessità, la cui articolazione non può più giustamente essere autogenerativa. Con qualche nostalgia per gli urbanisti utopici.

Gerardo Ayala Hernández, comisario del Pabellón de España, a proposito del tema dell’ultima Biennale di Architettura di Venezia, scrive nel testo intitolato El peligro de la Metamorfosis: “ A nosotros no nos ha preocupado si exponemos vanguardia o no. Nos ha preocupado, y mucho, presentar (...) buenas obras de arquitectura española. Nos hemos planteado elegir aquellos arquitectos en los que se ha producido una metamorfosis gradual, lenta, de linea continua y de evolución fácilmente explicable e incluso esperable” . E, nell’altro testo introduttivo, che dà il titolo alla mostra spagnola, dichiara: “ Corredores de Fondo, reúne un grupo de arquitectos que demostraron su oficio sin alterar su camino, sin dejarse llevar por influencias pasajeras. Estos arquitectos destacan en el panorama español por la búsqueda de su verdad: arquitectos que creen y han creído en lo que hacen. Un trabajo y un camino inalterabile, en un océano lleno de cantos de sirenas, que suponen el resultado de un esfuerzo único solo apreciable cuando contemplamos sus obras y la evolución de las mismas, su metamorfosis” . Il volume Corredores de Fondo doveva semplicemente illustrare l’evoluzione professionale di 26 studi di architettura spagnoli, attraverso le 52 opere selezionate che, a loro volta, simboleggiano un “ prima” e un “ dopo” delle rispettive attività professionali. Invece, è sucesso che la Metamorfosisiberica del Pabellón, in una specie di extraterritorialità fisica e culturale, finisca per rappresentare tutti coloro che non si riconoscano nella Metamorph “ ufficiale” della IX Biennale. Nella mostra sono presenti anche le opere dei cinque maestri dell’architettura spagnola: A. de la Sota, F. J. Sáenz de Oiza, J. A. Coderch, J. M. Sostres e J. L. Sert; il catalogo, in vendita presso il padiglione spagnolo, è accompagnato, tra altri, dai testi di V. Verdú, A. Capitel, V. Pérez Escolano e C. Hernández Pezzi.

Proseguendo la ricerca sviluppata in L’estetica della città europea, il libro ricostruisce i termini entro cui la civiltà europea ha fondato la propria volontà di forma urbana, nell’individuazione di criteri che possano essere ancora validi nel disegno delle città. La ricerca di una nuova identità della città contemporanea viene condotta a partire da un’attenta analisi sugli elementi costitutivi della città storica europea, da cui trarre indicazioni positive contro ogni indiscriminato fenomeno di dispersione. Il taglio manualistico della prima parte, che in maniera comparativa riesamina casi concreti di città, si esplicita attraverso l’analisi dei suoi temi collettivi, rintracciabili più che nelle singole architetture, nei suoi spazi (strade, piazze, ecc.) e i loro caratteri rappresentativi e funzionali, rifacendosi a una prassi oggi desueta, propria di certa trattatistica sulla città, che da Lavedan a Stübben, da Hegemann a Brinckmann, cercava di desumere i criteri di progettazione urbana a partire dalle forme della storia. Alla seconda parte del libro spetta invece l’ardua impresa di legittimare queste analisi in quanto indicatrici di possibili modi di operare contemporanei, attraverso la rilettura dei principali orientamenti teorici nel campo dell’estetica urbana. Nella dialettica tra volontà di forma e realtà concreta dei singoli casi si sviluppa un’analisi che predilige vedere la forma urbis delle città quale espressione individuale di una determinata civitas, piuttosto che semplice risultante di un’ideale teoria della città. Alle “ occasione perdute” delle città ideali del Moderno (da Garnier a Le Corbusier, da May a Hilberseimer) l’autore contrappone la continuità con la città storica sostenuta da Sitte o Giovannoni, quale termine entro cui progettare belle città contemporanee, di cui non sembra però facile ritrovare altrettanto chiare esemplificazioni.

Igor Maglica

Michele Caja

AA. VV. Pabellón de España. Corredores de Fondo pp. 270, € 29,00

Marco Romano Costruire le città Skira, Milano, 2004 pp. 320, € 35,00

Alessandro Trivelli

Roberto Gamba

Carlo Lanza Dall’incarico alla parcella. Guida per architetti e ingegneri Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2004 pp. 160, € 23,00 con Cd rom

Luca Marescotti Città tecnologie ambiente. Le tecnologie per la sostenibilità e la protezione ambientale Libreria Clup, Milano, 2004 pp. 410, € 27,00

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Informazione

L’iter del progetto


Mostre e seminari a cura di Sonia Milone

Informazione

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Rassegna mostre

Rassegna seminari

Aldo Favoni. Ingegneria e Architettura in opera Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 10 20 ottobre - 10 novembre 2004

Gli investitori internazionali ed il mercato immobiliare italiano Convegno promosso dal BEST Politecnico di Milano Aula E. N. Rogers via Ampère 2 9 novembre 2004 ore 9.00 tel. 02 23995124

Bauhaus e primitivo. Fotografia e scultura Galleria ab.Origena Milano, corso Monforte 39 21 ottobre - 22 novembre 2004 Carlo Scarpa nella fotografia. Racconti di architetture (1927-2004) Vicenza, Museo Palladio-Palazzo Barbaran da Porto Via Contrà Porti www.cisapalladio.org 24 settembre 2004 - 9 gennaio 2005 Arti & architettura. 1900-2000 Genova, Palazzo Ducale piazza Matteotti 9 www.palazzoducale.genova.it 2 ottobre 2004 - 9 gennaio 2005 Bolzano 1700-1800. La città e le arti Bolzano, Galleria Civica piazza Domenicani 18 16 ottobre 2004 - 16 gennaio 2005 I 100 anni di Salvador Dalì Venezia, Palazzo Grassi San Samuele 3231 www. palazzograssi.it 12 settembre 2004 - 16 gennaio 2005 Ottocento Veneto: il trionfo del colore Treviso, Casa dei Carraresi via Palestro 33 tel. 0422513 150 15 ottobre 2004 - 27 febbraio 2005 Tiziano e la pittura del ‘500 a Venezia. Capolavori dal Louvre Brescia, Musei di Santa Giulia via Musei 81/b tel. 0302977833 22 ottobre 2004 - 20 marzo 2005 Da Raffaello a Ceruti. Capolavori della pittura dalla Collezione Tosio Martinengo Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo piazza Moretto 4 tel. 0303774999 22 ottobre 2004 - 20 marzo 2005 Egitto. Dalle piramidi ad Alessandro Magno Cremona, Museo Civico ala Ponzone e Palazzo Stanga via Ugolani Dati 4 e via Palestro 36 tel. 037231222 25 settembre 2004 - 28 marzo 2005

L’acustica negli edifici: soluzioni progettuali per abitazioni e locali pubblici Corso del CFP Formazione Permanente Milano, piazza Leonardo da Vinci 32 9 - 11 novembre 2004 tel. 02 23992630 La direzione lavori Corso di formazione a cura del Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano Milano, corso Venezia 16 15 e 22 novembre 2004 Trasformazioni del paesaggio urbanizzato - di Palmboom e van den Bout Politecnico di Milano Navata centrale via Durando 10 28 ottobre - 20 novembre 2004 tel. 02 23995043 La città IN... in-governabile, in-evoluzione, in-movimento, la ricerca in città Convegno a cura della rete nazionale dei dottorati di ricerca in urbanistica e pianificazione territoriale e ambientale Milano, Politecnico e Società umanitaria 24-26 novembre 2004 tel. 02 23999443 L’immagine dell’architettura contemporanea Politecnico di Milano Aula CT3 via Durando 10 29 novembre 2004 ore 15.00 tel. 02 23995043 La residenza temporanea: nuovi modelli abitativi Seminario di studio promosso dalla Regione Lombardia e Politecnico di Milano direttore: Raffaele Pugliese • Sostenibilità e innovazione tecnologica nell’ERP. Valutazioni economiche ed ambientali Lodi, 4 novembre 2004 • Il progetto delle residenze sociali Pavia, dicembre 2004 tel. 02 23995039

Il lato oscuro del Colosseo

Dall’archivio di Aldo Rossi

Forma. La città moderna e il suo passato Roma, Colosseo 2 luglio 2004 - 9 gennaio 2005

Aldo Rossi. L’archivio personale. Disegni e progetti dalla collezione del MAXXI architettura Roma, MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo via Guido Reni 2 1 luglio - 3 ottobre 2004

L’area archeologica centrale di Roma, cioè quella zona grosso modo compresa tra Colosseo, Palatino, Mercati di Traiano e attraversata da via dei Fori Imperiali, potrebbe a buon diritto illustrare la voce “ trasformazione” in ogni buon dizionario enciclopedico. Da più di due millenni, infatti, procede ininterrotta la scrittura del più formidabile palinsesto di cultura urbana, a cui da circa cinque secoli si è sovrapposta anche la scrittura di una cultura archeologica che qui muove i suoi primi passi. Da centro della romanità a campo vaccino, a snodo viario, l’area continua a porre questioni cruciali non solo di concreta pratica urbanistica e archeologica, ma anche di principio generale, in termini di fruibilità e conservazione rispetto alle opportunità e alle pressioni di un contesto economico e ambientale sempre più aggressivo. Come far leggere questo libro così complesso? La mostra, opportunamente allestita nel Colosseo sembra soccombere al demone della semplificazione che domina ormai la comunicazione mediatica; la mole dell’argomento pur offrirebbe una messe di documentazione che avrebbe potuto perciò accompagnare con precisione lo scorrere di didascalie invece laconiche per persone non informate dei fatti; come valutare dunque i contenuti del progetto Fuksas per l’area, di cui l’intera mostra sembra alla fine costituire un’introduzione? Le atmosfere crepuscolari dell’allestimento, non colgono appieno la potenzialità dell’immateriale voluto per una mostra tutta proiettata e perciò ideale per l’elaborazione di una multimedialità finalmente matura e puntuale. La localizzazione stessa, tuttavia, conferma che si può e si deve infrangere il tabù della conservazione immobile reimmettendo i monumenti nella vita quotidiana delle città, recuperando al tempo stesso un confronto tra amministratori, conservatori, progettisti non pregiudiziale e non subalterno alle solite Grandi Firme. Filippo Lambertucci

La mostra presenta per la prima volta l’archivio acquisito nel 2001 dalla DARC - Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il MAXXI architettura. La sede dell’esposizione è il MAXXI – l’erigendo Museo nazionale delle arti del XXI secolo – il quale sta attuando una interessante politica di acquisizione di archivi di architetti italiani del ‘900. Affianco alla mostra, febbrilmente si lavora per la realizzazione della sede definitiva: il progetto di Zaha Hadid. Il materiale in mostra è alquanto eterogeneo: sono disegni, schizzi, taccuini e modelli originali, fotografie, tempere ed acquarelli – realizzati dal 1964 al 1997 – sono i materiali che si trovavano presso lo studio milanese, il suo archivio personale. E la mostra, una piccola mostra, restituisce il carattere strettamente personale di questi materiali, sembra quasi esporre gli strumenti – mentali – di lavoro, mettere a disposizione del visitatore la possibilità di leggere le modalità di pensiero e di approccio al progetto che Rossi aveva affinato. Tra questi materiali ci sono pure testi, lettere, bozze di lezioni, appunti per pubblicazioni, e a leggerli si trova l’ennesima conferma del ruolo fondamentale avuto da Rossi nell’ambito del dibattito architettonico italiano ed internazionale. È una piccola mostra, una mostra intima e commovente, che mette a nudo Aldo Rossi mostrando i suoi oggetti di affezione e le sue cose più personali. Chissà se questa bella ed insolita mostra a lui sarebbe piaciuta o forse si sarebbe sentito quasi in imbarazzo? Pisana Posocco


Terragni e la monumentalità

Mondi possibili

I progetti per la Fiera in Triennale

Terragni Architetto Europeo Como ex Chiesa di San Francesco, l.go Spallino 1 18 aprile - 30 novembre 2004

In cima. Giuseppe Terragni per Margherita Sarfatti. Architetture della memoria nel ‘900 Vicenza, Museo Palladio Palazzo Barbaran da Porto 27 giugno 2004 - 9 gennaio 2005

Festival Filosofia sul Mondo Modena, Carpi, Sassuolo 17-19 settembre 2004

Un nuovo centro per Milano Triennale di Milano v.le Alemagna 6 23 settembre - 21 ottobre 2004

La mostra dedicata all’opera di Terragni, in occasione del centenario della nascita è allestita all’interno dell’ex chiesa di San Francesco in cinque diverse sezioni. La prima, dal titolo “ disegnare” , mostra i temi della biografia, dell’opera dell’architetto secondo uno schema cronologico, la geografia del razionalismo europeo e uno schizzo di grandi figure in bianco e nero sulla parete di fondo; una sorta di atrio “ inquadratore” della figura Terragni. La seconda parte, il cuore della mostra, si sviluppa lungo l’aula della navata; questa sezione è tripartita, al centro vi sono delle composizioni stereometriche trasparenti che racchiudono alcuni modelli del lavoro dell’architetto: sulla destra i documenti di viaggio dell’autore, mentre sulla sinistra corre un nastro di foto a grande scala delle opere più importanti costruite. Queste ultime inquadrano punti di vista particolari e fissano dettagli importanti della costruzione; il loro rincorrersi produce un senso di spaesamento e di frantumazione del soggetto architettonico paradossalmente enfatizzato dalla riflessione degli specchi e dalla diffusione ammiccante dei suoni e delle voci. Si passa poi, attraverso un rialzo della quota di terra, nella scatola della memoria; la terza sezione cerca di restituire attraverso la fotografia l’esperienza della campagna di Russia, la grande guerra e l’esperienza umana e disumana che lasciò un segno indelebile nella mente dell’architetto. Nella quarta sezione, tutta immersa nel buio dell’abside, sono esposti i modelli di quat t ro proget t i sot t o uno schermo bianco curvato a mo’ di vela sul quale sono proiettate luci e frasi narrate a voce alta e diffuse in tutta la sala. L’ultima sezione espone il lavoro di Terragni pittore: grazie a grandi foto manifesto si intuisce il rapporto privilegiato tra forma e colore, tra materia e colore, temi questi cari non solo a Terragni bensì a tutti gli architetti della rivoluzione estetica della modernità. Francesco Fallavollita

Ci si può anche non attardare nella spiegazione del Movimento Moderno a cui fa capo la generazione di architetti di cui fa parte Terragni, dal momento che in questa mostra emerge lucidamente come molti tra i più significativi cambiamenti stilistici e tecnologici prendano il via proprio col progetto Monumentale di Giuseppe Terragni. Le tombe e i monumenti costituiscono un valido terreno di sperimentazione, in quanto la loro stessa natura li porta ad un approccio monumentale, ma hanno anche esigenze distributive molto semplici: cubi, scale, monoliti, croci. In questi progetti forse più che in altri Terragni cerca di conservare la coscienza delle proprie origini e la sua formazione classica: dal monumento a Sarfatti da cui parte la mostra, al monumento ai caduti ad Erba del 1926, al monumento ai caduti a Como su disegno di Sant’Elia del 1930, al progetto del Danteum del 1938 realizzato con Lingeri. È da notare che se per molte opere di Terragni, come la casa del Fascio di Como del 1934 o il Novocomun del 1928 non è facile seguire un ordine cronologico, per le tombe e i monumenti il passaggio tra la tradizione del Novecento e Movimento Moderno segue un percorso quasi lineare. La mostra propone un bel percorso storico su tutto questo e partendo dall’emblematico progetto per il monumento a Sarfatti, ruota per una prima parte intorno alla figura di Margherita Sarfatti considerandola un’esponente chiave del Movimento Moderno. Si viene così a contatto con il movimento futurista, per percorrere il sentiero del monumentalismo astratto dei lavori di Terragni giungendo a paragonare il suo lavoro con quello di architetti come A. Loos, W. Gropius, Mies van der Rohe, K. Kisker e C. Scarpa. Una piccola mostra con grandi teli bianchi dove scorrono immagini e dove si possono leggere progetti illustrati da disegni: opere originali che forse non restituiscono pienamente l’opera intrigante quanto innovativa dell’architetto comasco. Federica Serena

Fitta e intricata le rete di spazi, dimensioni e linguaggi che hanno dato vita alla 4° edizione del Festival Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, che, dopo la felicità, la bellezza, la vita, è dedicato al tema del Mondo. In uno scenario suggestivo, luoghi carichi di storia si sono sovrapposti a grandi palchi e maxischermi per le lezioni di alcuni tra i più illustri interpreti del pensiero contemporaneo. Da Emanuele Severino a Marc Augé, da Jean-Loup Amselle a Peter Greenaway, da Remo Bodei a Jonathan Friedman le voci di un immenso coro si sono alternate tra accordi e dissonanze per pensare, accogliere e interrogare il mondo: fenomeno et erogeneo, mult idimensionale, irriducibile. Mondo – anima immensa – che si sfalda e si moltiplica, tra storia, mito, scienza e utopia in un vortice d’immagini e forme possibili: uno e molteplice allo stesso tempo. La filosofia è scesa nelle strade, ha invaso piazze, cinema, teatri, passando tra mostre, spettacoli, giochi, installazioni, fiere di libri e navigazioni virtuali fino agli incontri conviviali coi menù filosofici per raccontare, vivendolo, un mondo meticcio, fatto di diversità e contaminazioni. Con luoghi che diventano mobili – come nello scompartimento di un treno ModenaCarpi, con il filosofo Bencivenga che in un incontro intimo si racconta e dialoga sul vero e sul giusto coi compagni di viaggio – o tempi che diventano estatici – come la piazza Grande di Modena gremita che si congela in religioso silenzio durante l’ascolto della lezione sul “ Sistema mondo “ di Massimo Cacciari. Gioco di momenti e situazioni, dove vicino e lontano, locale e globale, intimo e il privato si sono intrecciati e confusi dando vita ad un sapere fatto di esperienza diretta, nel desiderio di com-prendere il mondo, per usare le parole di Jean-Luc Marion, come “ fenomeno-evento” che si dà – al di là di ogni categoria di pensiero o riduzione oggettuale – nella sua eccedenza di senso.

La mostra dei cinque progetti concorrenti alla fase finale della gara per il cosiddetto recinto interno della Fiera è aperta alla Triennale. Come tutti possono vedere la fine di un percorso lungo e articolato si affianca efficacemente, anche come ottima comunicazione, all’apertura ormai prossima dei primi padiglioni del Polo Esterno della Fiera a Pero-Rho. Che dire dei progetti? Il vincitore CityLife, il finalista Risanamento, l’escluso AIG affermano con una certa tranquillità d’animo, usando mezzi hollywoodiani, la necessità di costruire torri di notevole altezza raggruppate a definire il luogo dell’intervento, la frammistione dello spazio pubblico con una residenza definita a partire dall’intreccio o la giustapposizione con il verde. Il finalista Pirelli REe l’escluso Greenway invece, praticando rendering dettati forse dalla tradizionale parsimonia lombarda, cercano di usare la/le torri richieste dalla concentrazione volumetrica della variante di PRG in relazione ad un’idea di tessuto edilizio e di spazio pubblico verde alla scala urbana. Non è il caso di dar troppo credito al modo in cui questioni di progetto e rappresentazione vengono messe in primo piano e affrontate a cuor leggero sullo sfondo di un certo filisteismo sui grattacieli – che ci viene propinato dall’anno scorso da isolati imbonitori della globalizzazione architettonica – e della sostanza di marketing urbano e di comunicazione dell’iniziativa Fiera. Tuttavia sono proprio le questioni di progetto che ci interessano e che vorremmo discutere in pubblico. Convinti che il giudizio trovi il proprio fondamento da una parte nella realizzazione dell’impresa che ci pare proprio avviata a felice conclusione, dall’altra nello scarto fra ideologia e cattiva coscienza versus costruzione della città. Su gara e risultati qualche mugugno è legittimo viste alcune coincidenze che ci porterebbero ad affermare in una battutaccia che si tratti di apoteosi o trionfo di “ uso pubblico dell’interesse privato” .

Irina Casali Giulio Barazzetta

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Informazione

Il centenario di Terragni


A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno 2001 2002 2003 2004

Gennaio 1430 1430,28 1460 1462,93 1500 1501,86 1530 1532,00

Febbraio 1435,31 1467,96 1504,37 1537,02

Marzo

Aprile Maggio Giugno 1440 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1470 1480 1471,72 1475,49 1478 1480,51 1510 1509,4 1511,91 1513,16 1514,42 1540 1538,28 1542,04 1544,56 1548,32

2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2001

48

2002 2003

Indici e tassi

2004

Gennaio Febbraio

Marzo

Luglio 1447,86 1481,77 1518,19 1549,58

Agosto Settembre Ottobre 1450 1447,86 1449,12 1452,89 1490 1484,28 1486,79 1490,56 1520 1520,7 1524,46 1525,72 1550 1552,09

novembre 1978: base 100

Novembre Dicembre 1455,4 1456,65 1494,33 1495,58 1529,49 1529,48

dicembre 1978:100,72

Aprile

Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 512,39 512,82 513,69 514,56 515,86 520 519,78 520,64 522,38 523,25 523,69 524,12 525,43 526,29 527,6 528,03 530 530,21 531,94 532,38 533,68 534,55 535,86 536,29 537,16

Novembre Dicembre 503,70 504,13 517,17 517,6 529,34 529,34

3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)

anno 1995: base 100

Anno

Gennaio Febbraio

Giugno

2002 2003 2004

111,80 112,18 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91 114,2 114,29 114,77 114,97 115,35 115,54 115,64 115,73 116,02 116,21 116,50 116,60 116,89 116,89 117,08 117,46 117,56 117,85 118,04 118,33 118,42 118,61

Marzo

Aprile

Maggio

Luglio

giugno 1996: 104,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno 2002 2003 2004

Gennaio Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

dicembre 2000: 113,4

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

102,73 103,08 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67 104,93 105,02 105,46 105,64 105,99 106,17 106,26 106,34 106,61 106,79 107,05 107,14 107,40 107,40 107,58 107,93 108,02 108,28 108,46 108,73 108,81 108,99

4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

gennaio 1999: 108,2

Anno

Gennaio Febbraio

2002 2003 2004

107,67 108,04 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7 109,98 110,07 110,53 110,72 111,09 111,27 111,36 111,46 111,73 111,92 112,19 112,29 112,56 112,56 112,75 113,12 113,21 113,49 113,67 113,95 114,04 114,23

5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

anno 2001: base 100

gennaio 2001: 110,5

2001 2002 2003 2004 103,07 105,42 108,23 110,40

6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

Luglio

anno 1999: base 100

anno 1995: base 100

1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08

7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51

novembre 1995: 110,6

1999 2000 2001 2002 2003 2004 111,52 113,89 117,39 120,07 123,27 125,74 anno 1997: base 100

febbraio 1997: 105,2

2001 2002 2003 2004 108,65 111,12 113,87 116,34

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.

Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.

della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U.

4,25% 4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%

14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003

Con riferimento all'art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “ Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.

Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003

3,35% +7 2,85% +7

10,35% 9,85%

2,10% +7

dal 1.1.2004 al 30.6.2004

2,02% +7

9,02%

Comunicato (G.U. 9.7.2004 n° 159)

Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) dal 1.7.2003 al 31.12.2003

Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11)

9,10%

dal 1.7.2004 al 31.12.2004

Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.

2,01% +7

9,01%

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).

Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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