AL 1/2, 2009

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AL Mensile di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi

Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali, Martina Landsberger Direzione e Redazione via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione@consulta-al.it Progetto grafico Gregorietti Associati Impaginazione Francesca Forte Concessionaria per la pubblicità service editoriale Action Group srl Via Londonio 22 – 20154 Milano Tel. +39 02.34.53.8338 Fax +39 02.34.93.7691 www.actiongroupeditore.com info@actiongroupeditore.com Coordinamento pubblicità Riccardo Fiorina rfiorina@actiongroupeditore.com Pubblicità Leonardo Cereda Stampa Mondadori Printing s.p.a. sede legale 24034 Cisano Bergamasco via L. e P. Pozzoni 11 Rivista mensile: Poste italiane Spa – Spedizione in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Milano Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 36160 copie In base alla documentazione postale del numero di maggio 2008 sono state postalizzate 26931 copie in Italia. Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini Lombardi E 3,00) In copertina: Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov, regia di Giorgio Strehler, scene e costumi di Tania Moiseiwitsch,1973-74. Foto Archivio Piccolo Teatro di Milano. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la Redazione di AL Chiuso in redazione: 11 febbraio 2009

EDITORIALE

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FORUM Modi di abitare interventi di Mario Scotti, Camillo Botticini, Elena Granata, Mimmo Pesare

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FORUM ORDINI Como Cremona Lecco Milano Monza e Brianza Pavia Sondrio

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OSSERVATORIO Argomenti Riletture Concorsi Libri Mostre

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PROFESSIONE Legislazione Normative e tecniche Strumenti

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INFORMAZIONE Dalla Consulta Dagli Ordini Dalla Regione

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INDICI E TASSI

1/2 GENNAIO/FEBBRAIO 2009

Direttore Responsabile Ferruccio Favaron

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Ferruccio Favaron; Past President: Giuseppe Rossi; Vice Presidenti: Giorgio Tognon, Paolo Ventura; Segretario: Sergio Cavalieri; Tesoriere: Emiliano Ambrogio Campari; Consiglieri: Achille Bonardi, Stefano Castiglioni, Angelo Monti, Biancalisa Semoli, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidenti: Paola Frigeni; Segretario: Stefano Cremaschi; Tesoriere: Matteo Calvi; Consiglieri: Mario Salvetti, Carolina Ternullo (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Stefania Annovazzi, Umberto Baratto, Franco Cerudelli, Laura Dalé, Antonio Erculiani, Paola Faroni, Franco Maffeis, Donatella Paterlini, Silvia Pedergnaga, Enzo Renon, Roberto Saleri (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Chiara Rostagno; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Angelo Avedano, Antonio Beltrame, Alessandro Cappelletti, Laura Cappelletti, Enrico Nava, Michele Pierpaoli, Andrea Pozzi (Termine del mandato: 15.3.2010) Ordine di Cremona, tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Ambrogio Campari; Vice Presidente: Gian Paolo Scaratti; Segretario: Federica Fappani; Tesoriere: Luigi Fabbri; Consiglieri: Luigi Agazzi, Giuseppe Coti, Davide Cremonesi, Antonio Lanzi, Fiorenzo Lodi, Fabio Rossi, Paola Samanni (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: Massimo Dell’Oro; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo Spreafico; Consiglieri: Ileana Benegiamo, Fernando Dè Flumeri, Ferruccio Favaron, Massimo Mazzoleni, Elena Todeschini, Diego Toluzzo, Alessandra Valsecchi (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Erminio Antonio Muzzi, Massimo Pavesi, Fabretta Sammartino, Ferdinando Vanelli (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Enrico Rossini; Tesoriere: Manuela Novellini; Consiglieri: Lara Gandolfi, Cristiano Guernieri, Filippo Mantovani, Giuseppe Menestò, Sandro Piacentini, Alberta Stevanoni, Luca Rinaldi, Graziella Trippini (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidenti: Marco Engel, Silvano Tintori; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Adalberto Del Bo, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Giovanni Edoardo Zanaboni, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 3.12.2009) Ordine di Monza e della Brianza, tel. 039 2307447 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Presidente: Biancalisa Semoli; Segretario: Pietro Giovanni Cicardi; Tesoriere: Paolo Vaghi; Vice Segretario: Giovanna Perego; Vice Tesoriere: Federico Pella; Consiglieri: Laura Cortinovis, Angelo Dugnani, Ezio Fodri, Clara Malosio, Maria Rosa Merati, Fabiola Molteni, Roberta Oltolini, Roberto Pozzoli, Francesco Redaelli, Francesco Repishti (Termine del mandato: 1.2.2010) Ordine di Pavia, tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Fabiano Conti, Maria Cristina Dragoni, Maura Lenti, Gian Luca Perinotto, Giorgio Tognon, Alberto Vercesi (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Marco Ghilotti, Enrico Scaramellini, Laura Trivella (Termine del mandato: 15.10.2009 Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.ordinearchitettivarese.it Presidenza: presidente.varese@awn.it Segreteria: infovarese@awn.it Presidente: Laura Gianetti; Segretario: Matteo Sacchetti; Tesoriere: Adriano Veronesi; Consiglieri: Luca Bertagnon, Maria Chiara Bianchi, Antonio Bistoletti, Emanuele Brazzelli, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Alberto D’Elia, Giovanni Battista Gallazzi, Ilaria Gorla, Pietro Minoli, Giuseppe Speroni, (Termine del mandato: 15.10.2009)


Maurizio Carones

3 EDITORIALE

È da qualche tempo – come anche altre volte in questa rivista è stato evidenziato - che il tema dell’abitare è tornato ad essere oggetto di attenzione da parte di tutta la società e quindi anche della cultura urbana ed architettonica. Questo rinnovato interesse al tema della casa ha relazioni con questioni di carattere economico, politico e sociale che tutti hanno ben presente e che anche le recenti vicende della finanza globale hanno ampiamente dimostrato avendo, come si sa, avuto origine in parte proprio dalla crisi del sistema del credito finanziario concesso per l’acquisto della casa. Considerare l’abitazione, da una parte, come necessario bene primario e, dall’altra, come oggetto economico produce una contraddizione difficilmente sanabile nei nostri sistemi economici: problema di grande rilevanza che però non dovrebbe far circoscrivere il ragionamento sul tema della casa al solo ambito economico. I mutamenti delle nostre società, i modi di vita contemporanei suggeriscono infatti argomenti per affrontare quella stessa questione anche negli ambiti delle discipline architettoniche. Di tale possibilità ne è probabilmente un esempio il venir meno, negli ultimi anni, della certezza che il modello abitativo consolidatosi nel corso dell’ultimo secolo sia l’unico proponibile. Così come il dubbio che una cultura orientata alla definizione di uno standard – aspetto che ha caratterizzato molte fasi della ricerca architettonica e che ha prodotto una radicata cultura della norma – sia sempre in grado di affrontare la varietà e la flessibilità delle situazioni che la contemporaneità propone. Se è certo che la riflessione sulle necessità abitative ha generato nel corso del ‘900 il condiviso obiettivo del raggiungimento di livelli standard e questa via ha permesso – almeno nelle nostre società – di ottenere condizioni abitative soddisfacenti oppure di considerare questo come un risultato a cui tendere, è altrettanto evidente che non si è pervenuti all’eliminazione del problema dell’abitazione né nella nostre città – come talvolta dimostrano alcuni significativi episodi di cronaca – né in situazioni differenti, generalmente molto più critiche. Per accogliere il moltiplicarsi delle esigenze, l’instabilità delle situazioni abitative, la variazione di bisogni all’interno di una società, sì globalizzata ma anche fortemente squilibrata, sia nell’ambito delle società più ricche che, a maggior ragione, in quelle ai margini dell’economia mondiale, è opportuno che anche le discipline architettoniche prestino attenzione ai mutamenti e alla multiformità dei modi abitativi. L’architettura può dare risposte - di cui sono importanti tracce alcune particolari culture o alcuni momenti di alta sperimentalità architettonica - con possibili conseguenze anche di natura economica, per esempio con una notevole riduzione del costo di costruzione delle abitazioni. Ciò equivale anche a pensare in modo diverso lo spazio abitativo, indagando modi di abitare che sperimentino nuove socialità e nuovi modelli abitativi, a partire dai quali verificare anche l’adeguatezza di apparati normativi definiti spesso da una cultura della standardizzazione. La lunga tradizione di studi sulla casa che dall’800 ha accompagnato la vicenda dell’architettura moderna, costituendone allo stesso tempo uno dei più importanti luoghi di definizione ed il campo di applicazione privilegiato, rappresenta un grande patrimonio di ricerche compositive, tipologiche e funzionali che può essere di aiuto nel pensare ai temi proposti da nuovi modi di abitare.


Modi di abitare

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In questo forum intervengono: Mario Scotti, assessore alla Casa e opere pubbliche della Regione Lombardia; Camillo Botticini, architetto e professore a contratto di Architettura e paesaggio urbano presso il Politecnico di Milano; Elena Granata, architetto e ricercatore di ruolo in Pianificazione ambientale e territoriale presso il Politecnico di Milano; Mimmo Pesare, dottore di ricerca in Etica e Antropologia e in Pedagogia della comunicazione presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali dell’Università di Lecce. Ringraziamo tutti i partecipanti per la loro collaborazione.

Le politiche per la casa della Regione Lombardia di Mario Scotti

Il fabbisogno abitativo nella nostra Regione è sempre significativo e si presenta sempre più articolato. A quelle persone che hanno bisogno di un sostegno pressoché totale e che vengono aiutati con l’offerta di alloggi a canone sociale, si è aggiunta una fascia intermedia che ha bisogno comunque di un canone inferiore al mercato. Oggi anche le famiglie del cosiddetto ceto medio (lavoratori temporanei e le famiglie numerose) sono in difficoltà a trovare una casa in affitto. A queste famiglie che avrebbero i requisiti per avere una casa, ogni anno la Regione mette a disposizione oltre 50 milioni di euro per aiutarli a sostenere il canone d’affitto di mercato. Un bisogno quindi articolato, a cui la Regione risponde con strumenti diversificati. Viene cofinanziata non solo la realizzazione e la riqualificazione di case a canone sociale per i meno abbienti, ma anche, con minori incentivi, case a canone moderato o a canone convenzionato per famiglie che possono sostenere canoni da 350 a 500 euro al mese o ancora a locazione temporanea per studenti e lavoratori temporanei. A questo si aggiunge l’ultimo strumento attuativo approvato a larga maggioranza dal Consiglio regionale con la L.R. 14/2007. Si tratta dei Servizi abitativi a canone convenzionato che prevede per gli operatori agevolazioni per l’accesso al credito e aree a prezzi molto contenuti. In questo quadro di riferimento, le riforme regionali hanno puntato anche a riformare innanzitutto le norme urbanistiche. Sin dal 2005 si consente ai comuni con più forte tensione abitativa di utilizzare, in deroga allo strumento urbanistico, le aree “standard” per l’edilizia residenziale pubblica nell’ambito di Accordi Quadro con la Regione. Inoltre è stato previsto che i comuni a maggior fabbisogno dovranno riservare obbligatoriamente una quota di ERP per ogni piano urbanistico a destinazione residenziale. Con il Programma Regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (PRERP) per il triennio 2007–2009, Regione Lombardia ha stanziato oltre 560 milioni di euro e punta su tre assi fondamentali:

s LA realizzazione di nuovi interventi mediante gli Accordi Quadro di Sviluppo territoriale, per la realizzazione di 2.800 alloggi; s LA riqualificazione dei quartieri mediante nuovi contratti di quartiere regionali, con i quali per la prima volta questo programma di interventi è integrato con altre politiche regionali (commercio, famiglia, artigianato, sicurezza, reti e servizi di pubblica utilità); s IL sostegno alle famiglie (mediante il sostegno all’affitto di quelle famiglie che non riescono a pagare il canone di libero mercato e i contributi per l’acquisto della prima casa per le giovani coppie). In conclusione, la politica per la casa rappresenta, oggi, lo snodo di problemi che interessano le politiche territoriali, sociali e finanziarie e che vanno affrontati integrando le competenze dei diversi livelli istituzionali coinvolti e responsabilizzando anche i soggetti privati e del terzo settore. È evidente che per una fascia della popolazione la casa costituisce un bene non facilmente accessibile e per questo è indispensabile intervenire con abitazioni a canone sociale. D’altro canto emerge sempre più l’esigenza di progettare interventi caratterizzati da mix abitativo con la presenza di abitazioni, in quota parte, a canone sociale. Questo coinvolge a pieno titolo i comuni e la capacità di programmare il territorio in coerenza con il bisogno abitativo, evitando la concentrazione di problematiche sociali e dall’altra assicurando la sostenibilità economica degli interventi. L’esperienza ci insegna che il successo delle singole iniziative dipende in maniera preponderante da quanto le istituzioni sono capaci da una parte di condividere scelte strategiche e obiettivi e dall’altra di coordinarsi per assicurare procedure efficaci.

La residenza in Lombardia tra sperimentazione, normative e mercato di Camillo Botticini

Parlare dell’abitare, in un quadro come quello lombardo, caratterizzato da una diffusione insediativa in cui domina come modello residenziale quello della casa unifamiliare isolata nel lotto, rende necessario verificare quali casi costituiscano un diverso orientamento, sia per la coerenza degli assetti morfologici che propongono che per una complessiva ricerca di qualità urbana. In questo senso vanno sottolineate alcune recenti esperienze che si caratterizzano per una integrazione coerente tra gli spazi costruiti, nella ricerca di una articolazione qualitativa, sia tipologica che spaziale, degli assetti con gli spazi aperti sia collettivi che privati e con quelli di relazione, attuando una chiara separazione degli assi connettivi pedonali e carrabili. L’obiettivo sembra essere quello di superare la contraddizione storica tra nuclei antichi consolidati


Minna Von Barnheim di Gotthold Ephraim Lessino, regia di Giorgio Strehler, scene di Ezio Frigerio, costumi di Franca Squarciapino, 1982-83. Foto Luigi Ciminaghi/ Piccolo Teatro di Milano.

FORUM GLI INTERVENTI

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e periferia, costruendo sistemi complessi che definiscano effettive nuove centralità. Questa ricerca viene ad essere affiancata anche da una sulla qualità dell’alloggio, anche se questa risulta più facilmente appartenere alla fascia medio alta del mercato immobiliare, dove flessibilità dello spazio, grandi vetrate che integrano interno ed esterno, doppie altezze nei soggiorni, terrazze giardino, serre bioclimatiche, arredi integrati, efficienza energetica, recuperano, attualizzandole, le migliori esperienze del movimento moderno. Determinante risulta essere il ruolo della committenza sia per l’edilizia a costi vincolati che per quella legata al libero mercato. Progetti come quelli per il concorso abitare Milano, o per il nuovo quartiere di Sanpolino a Brescia si caratterizzano, nel primo caso, come punte di eccellenza per la pertinenza degli strumenti utilizzati sia perchè le realizzazioni costituiscono l’esito di una pratica concorsuale che ha selezionato i progetti, sia per la capacità di rendere coerenti i diversi aspetti dell’abitare. Nel caso del Sanpolino, ad esempio, si è realizzato un intervento dove si è determinata una effettiva complessità urbana con l’integrazione di tipi edilizi diversi coerentemente progettati con lo spazio aperto, non più di risulta, ma come elemento qualitativo che modula i rapporti tra l’edificato.

Si è inoltre realizzata una equlibrata introduzione di servizi, commercio e terziario, che elimina la condizione di quartiere monofunzionale tipica dei precedenti interventi nel vicino quartiere di S. Polo. Va sottolineato che nonostante la riduzione semplifiativa dal punto di vista realizzativo, legata al basso costo di costruzione, sono state possibili alcune efficaci sperimentazioni sull’alloggio, in particolare sulle tipologie a schiera proponendo soluzioni che ben integrano interno ed esterno, introducendo patii e giardini diversamente articolati, capaci di offrire omogeneità e varietà al sistema nel suo complesso. Ruolo determinante nella caratterizzazione qualitativa dell’abitare assume oggi, per un approccio più consapevole rispetto agli operatori immobiliari tradizionali, il lavoro di alcune società di real estate, attente al senso complessivo ed al valore dell’intervento. Progetti come quello di Santa Giulia o di Milanofiori ad Assago mostrano la consapevolezza di voler definire un’offerta che integri urbanità, mix funzionale e spazi collettivi sia come luoghi costruiti sia per quelli destinati a parco, oggetto di un attento progetto di landscaping. Anche in questi casi l’approccio morfologico tende a concentrare gli spazi edificati per definire aree verdi riconoscibili


Fondato nel 1947 da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, il Piccolo Teatro di Milano nasce come primo Teatro Stabile italiano. L’idea che animava i suoi fondatori era quella di dare vita a un’istituzione sostenuta in primo luogo dallo Stato e dagli enti locali in quanto pubblico servizio necessario al benessere dei cittadini, ma anche da imprenditori “illuminati”, come testimonia lo statuto di fondazione. Il Piccolo gestisce oggi tre sale: la sede storica di via Rovello (560 posti), ribattezzata Teatro Grassi, attualmente in fase di restauro; il Teatro Studio (330 posti) e la nuova sede, inaugurata pochi giorni prima della morte di Giorgio Strehler – e che oggi ne porta il nome – di 960 posti. Dal 1998, con il passaggio del testimone a Sergio Escobar e a Luca Ronconi, il Piccolo ha accentuato la propria dimensione internazionale e interdisciplinare. Il teatro è stato in tournée in tutti i grandi Paesi del mondo, dalla Russia all’Algeria, dagli Stati Uniti al Giappone e alla Cina.

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e non residuali. Gli elementi vengono aggregati alternando nuclei densi a grandi spazi aperti separando l’accessibiltà carrabile da un uso pedonale del parco che diviene effettiva cerniera tra le componenti costruite. Positiva risulta essere anche la tendenza ad utilizzare per lo sviluppo delle singole parti abitative, terziarie o residenziali, architetti di buon livello, fatto che rende ogni progetto occasione di una reale ricerca. Va detto tuttavia che sul versante dell’alloggio l’offerta media del mercato determina forti vincoli nella definizione e nel dimensionamento dei singoli spazi. Come emerso in un recente convegno in Triennale, a Milano, avente come tema l’abitare nei grand ensambles, tra i diversi casi presentati (il villaggio olimpico di Camerana a Torino, un intervento residenziale a Roma di Abdr, le case al Portello di Zucchi e le case con parco di Abda a Brescia) emergeva come tra vincoli normativi e di piano, standard imposti dal mercato, la ricerca sull’alloggio, ma in generale dell’intero complesso, sia spesso iperdeterminata aprioristicamente. L’esito delle caratteristiche degli spazi lascia così ai progettisti un ruolo limitato alla definizione tecnico-formale delle facciate, spesso unici elementi di innovazione in rapporto all’incremento prestazionale-energetico richiesto. Nel corso di questi anni ho avuto l’opportunità di sviluppare alcune sperimentazioni progettuali a diverse scale e con diverse committenze. Parlare di questi casi vuole essere un modo per approfondire una riflessione sia specifica che generale sull’abitare. Il primo progetto è relativo ad un piccolo intervento residenziale di edilizia economica a Castenedolo ridente località collinare posta a sud di Brescia. Il tema della committenza pubblica era quello di realizzare cinque alloggi di piccolo taglio. Con il collega Giorgio Goffi abbiamo pensato, vista la localizzazione dell’intervento, molto vicino ad una strada anche se di limitato scorrimento, di realizzare delle abitazioni “a doppio patio” fortemente introverse, fatte di bilocali, dove il soggiorno fosse integrato allo spazio aperto del patio d’ingresso ed un ulteriore patio fungesse da spazio di servizio. Il vincolo si è dimostrato una potenzialità nel verificare un modo di abitare che presenta una significativa alternativa alla casa unifamiliare o alla schiera tradizionale non dovendo lo spazio costruito occupare il centro del lotto. Ad una scala diversa di intervento, il progetto per un edificio residenziale, attualmente in costruzione a Brescia recupera un sito industriale. Qui si realizza congiuntamente all’edificio che presenta una estensione di 250 m per 165 alloggi, una parte del più importante parco urbano cittadino: in un contesto periferizzato, caratterizzato da tipologie a torre, il principio insediativo ribalta lo schema misurando in orizzontale lo spazio aperto a cui si riferisce e si integra. Il progetto realizza un frammento urbano istituendo una logica di

radicamento al parco, ponendo al suolo spazi commerciali e portici. Il principio insediativo che genera le relazioni di affaccio degli alloggi, con le zone giorno ad ovest verso il parco e quelle ad est della zona notte. Il corpo profondo 16 m si articola con un passo strutturale che permette la flessibilità nell’alternare bilocali con quadrilocali in alternativa a due trilocali. Il controllo climatico avviene verso il parco con logge profonde tre metri chiudibili con vetrate che permettono un controllo della luce attraverso frangisole meccanizzati. Sul lato est è una pelle in cotto a proteggere i terrazzi e la facciata dal sole. L’edificio realizzato in classe “A” si presenta un sistema di raffrescamento e riscaldamento a pavimento che attinge l’acqua dalla falda con una pompa, riciclandola per irrigare il parco. Il 20 % dell’intervento è destinato ad edilizia convenzionata. Un terzo esempio riguarda un progetto in costruzione a Selvino (Bg) uno dei primi comuni lombardi a dotarsi di un regolamento edilizio informato ai principi casaclima. Il 15 % di slp viene assegnato a chi realizza edifici dotati di caratteristiche legate all’efficienza energetica e alla bioedilizia. Qui significativo è stato l’aspetto tecnologico costruttivo. Con la collaborazione di una ditta specializzata si è utilizzata una struttura lignea portante con tamponamenti completamente in fibra di legno. Questa unitamente ad ampie aperture con serramenti in legno con vetri tripli, e alla ventilazione meccanica controllata realizza una classificazione dell’alloggio in classe “A eco”. Il vantaggio di questa costruzione è riferibile anche alla facilità della collocazione impiantistica che permette di evitare rotture murarie. Emerge come, verificando interventi che concretamente modificano il territorio, sia un lato necessario spostare ogni volta i limiti del progetto attribuendogli un valore ideativo di complessità - sia nei caratteri insediativi che di dettaglio - assumendo a partire dal sito specifico la condizione generativa del progetto, affermando un’opposizione alla frammentazione, alla ripetizione acritica di tipi, alla sostanziale rinuncia ad una trasformazione progettualmente consapevole dello spazio abitato.

Metamorfosi dell’abitare di Elena Granata

Trascorrere la propria vita in bilico tra due case, due città, due tempi di vita alternativi, andare a vivere nella campagna urbana che circonda le grandi città o in un borgo ristrutturato, rimanere a lungo presso la famiglia d’origine anche in età adulta, accudire i genitori anziani nella propria casa, ricavare un piccolo appartamento dentro un negozio non più utilizzato per avviare una nuova convivenza. Questi esempi di pratiche abitative raccontano dei profondi muta-


Con le produzioni che ha allestito al Piccolo, Ronconi ha proseguito il proprio itinerario di ricerca mettendo in scena, tra gli altri, classici come Calderón (La vita è sogno), Strindberg (Il sogno), Goldoni (I due gemelli veneziani), John Ford (Peccato che fosse puttana) accanto ai grandi romanzi di Nabokov (Lolita) e Henry James (Quel che sapeva Maisie), fino ad allestire cinque scenari teatrali del matematico inglese John D. Barrow (Infinities), il trittico di classici greci rappresentato a Siracusa e riproposto a Milano (Prometeo incatenato, Le Baccanti, Le rane) e la commedia di Schnitzler, inedita per la scena italiana, Professor Bernhardi. Da ricordare ancora Il ventaglio di Goldoni e Inventato di sana pianta ovvero gli affari del barone Laborde di Hermann Broch. Di Ronconi è anche la regia di Sogno di una notte di mezza estate, un grande successo della stagione 2008-2009. Dal 1986 il Piccolo Teatro gestisce anche una scuola di teatro fondata da Giorgio Strehler e oggi diretta da Luca Ronconi - che ha diplomato in questi anni oltre 130 attori professionisti.

FORUM GLI INTERVENTI

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A pagina 7: Lolita, sceneggiatura di Vladimir Nabokov, regia di Luca Ronconi, scene di Margherita Palli, costumi di Jacques Reynaud, 2000-01. Foto Luigi Ciminaghi/ Piccolo Teatro di Milano.

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L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht, regia di Giorgio Strehler, scene di Paolo Bregni, costumi di Luisa Spinatelli, 1980-81. Foto Luigi Ciminaghi/ Piccolo Teatro di Milano.

FORUM GLI INTERVENTI

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Alle pagine 12 e 13: Professor Bernhardi di Arthur Schnitzler, regia di Luca Ronconi, scene di Margherita Palli, costumi di Gianluca Sbicca e Simone Valsecchi, 2004-05. Foto Marcello Norberth/ Piccolo Teatro di Milano.

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menti in corso e di quanto l’abitare si stia svincolando dai modelli tradizionali. Se un tempo la casa era un dato, un sito naturale che ospitava la famiglia e il suo futuro, un elemento di stabilità legato ad un progetto ed al suo sviluppo e i ritmi di vita apparivano scanditi da sequenze ordinate e lineari - un lavoro, una casa, una famiglia, un luogo di appartenenza - oggi questa linearità di sequenze sembra essere compromessa e gli stessi termini di questa equazione radicalmente mutati. La precarietà e flessibilità che caratterizzano il lavoro si riflettono inevitabilmente sulle pratiche abitative, pensiamo al ritorno di forme di coabitazione per fronteggiare le spese di spazi di vita e di lavoro, alla fatica di molti giovani di lasciare la casa di famiglia in assenza di un lavoro stabile, alla dipendenza dai capitali e dalle rendite della famiglie d’origine. Diciamo famiglia e ci vengono in mente situazioni molto diverse tra loro: la fragilizzazione dei legami familiari, l’allungamento della vita, la ricomposizione di nuclei familiari allargati nella famiglia immigrata impongono di interpretare in modo nuovo la relazione tra casa e famiglia. Lavorare ed abitare, inoltre, si svincolano da una relazione stringente e di radicamento con il territorio; l’esperienza della mobilità riguarda un numero crescente di persone, talvolta assumendo forme itineranti, uomini d’affari che abitano in più città, altre volte forme pendolari, lavoratori in proprio o a progetto che abitano due luoghi scandendo la settimana sui ritmi della biresidenzialità, forme temporanee, studenti fuori sede, ammalati che si muovono per usufruire di servizi di cura, ed infine, forme nomadi, persone senza fissa dimora, immigrati, persone cadute nelle spirali delle nuove povertà. Questo breve quadro consente di formulare tre considerazioni. In primo luogo, è certo che sono cresciuti i margini di libertà. Dove, come, con chi abitare, sono variabili che possono mutare nel corso dell’esistenza, anche con una certa frequenza. Soprattutto sono terreno di scelte e opzioni. Questa crescente libertà dell’abitare, dentro un più vasto orizzonte di individualizzazione, è connessa anche con la fragilità dei legami, la mutevolezza dei percorsi di vita individuali e collettivi, che portano a delineare progetti reversibili e flessibili. In secondo luogo, e in direzione opposta, si può constatare come questa possibilità di scelta, reversibile e in qualche misura illimitata si confronti con un campo da gioco assai strutturato che presenta molti vincoli, molti condizionamenti ed offre poche opportunità, ed è fortemente differenziato a seconda del capitale economico, culturale, relazionale di cui i soggetti possono disporre. L’abitare si fa largo tra i vincoli e le rigidità di un manufatto - la casa - che stenta a recepire le nuove domande e i cambiamenti sociali. Sia la nuova produzione edilizia che gli interventi di ristrutturazione codificati in un modello omogeneo, sembrano risponde-

re più a logiche di investimento, di andamento della rendita, che alla necessità di accogliere istanze di flessibilità, di plasticità degli spazi (oltre che di accessibilità economica, naturalmente). Con il rischio che molte nuove domande abitative non trovino risposta e che le logiche di massimizzazione dei profitti immobiliari, soprattutto nelle grandi città, colpiscano soprattutto i soggetti più deboli. Infine, un’ultima considerazione: le pratiche dell’abitare sono una chiave di accesso importante per comprendere la città contemporanea, sono lo specchio delle potenzialità e delle contraddizioni del mercato abitativo, di diritti acquisiti e negati. Se osservate nelle loro ricadute urbane (valorizzazione di alcune zone, nuove polarità, nascita di nuove periferie, processi di esclusione sociale), costringono a riflettere su quale modello di convivenza vogliamo sostenere, se un modello che favorisce “prossimità distanti”, sul modello delle enclaves nord e sud americane, alcune delle quali sono dotate di comfort e qualità, altre marginali e periferiche, o un modello che privilegia mescolanza e ospitalità. Sono modelli alternativi, ma rispecchiano le ambivalenze dell’abitare che ciascuno di noi sperimenta; siamo tutti un po’ viandanti, tentati dalla fuga, dalla ricerca di contesti adatti a noi e a coloro che ci somigliano. Tutti sappiamo però che l’abitare ha significato profondo solo se implica anche presa in carico dei luoghi, relazioni tra le persone, qualche forma di messa a repentaglio della confortevole sicurezza delle nostre case. Questa natura inquieta dell’abitare deve interpellare il nostro pensiero, dare forme nuove al nostro progetto.

Per una politica dell’abitare di Mimmo Pesare

Quando si cerca di tracciare un’analisi, per così dire, umanistica a sostegno di un concetto per sua natura evanescente e onnicomprensivo, qual’è il senso più profondo e la costellazione semantica che ruotano attorno al termine abitare, non ci si sente esattamente a proprio agio: tutte le sfumature di senso e le variazioni di significato che si sprigionano da questa parola antica come il mondo, sembrano rappresentare la misura stessa del cangiante umano, tanto per usare una bella espressione di Jean Cocteau. L’abitare è la traccia carsica comune che ognuno sperimenta ogni giorno ma che spesso passa attraverso le trame della vita come uno sfondo (Bestand, lo chiama Heidegger), come pratica inconsapevole ma assolutamente pragmatica, senza lasciare una traccia di “pensabilità” di essa. Negli ultimi anni, tanto all’interno di contesti prettamente culturali e accademici, quanto nella riflessione sulle politiche culturali istituzionali, ci si imbatte sempre più di frequente in locuzioni quali “abitare il proprio territorio”, “valorizzazione delle dinamiche abitative”, “riscoperta del genius


etnologiche dell’inclusione/esclusione e sulla questione identitaria dello “straniero”. Se l’esperienza estraniante dell’altro e del rapporto con e tra le identità sembra essere a tutti gli effetti la leva che condiziona e influenza tutta una serie di questioni antropologiche e sociologiche infinitamente problematiche – tra le quali, solo per accennarne le più urgenti, le chiusure xenofobe, gli integralismi religiosi e i fondamentalismi terroristici – il bandolo della matassa non sta, credo, in un non meglio precisato “male” che alcune culture deterrebbero a danno di altre. Proprio per l’evidenza di un nodo che genera grumi di incomunicabilità all’interno delle rappresentazioni identitarie, allora, mi pare che ricercare le cause delle difficoltà “abitative” interculturali in seno alle loro condizioni strutturali (istituzionali, politiche, socio-economiche, ecc.), non sia molto utile in termini di comprensione completa del fenomeno, o, quanto meno, costituisca una riduzione di complessità che non possa che portare a soluzioni sintomatiche, per non dire palliative. Per questo motivo, probabilmente, un discorso teorico sul significato del concetto di “abitare” potrebbe affiancare in maniera critica la mera osservazione dei fatti sociali che spesso sembrano solo malattie di una collettività confusa, ma che invece costituiscono la trasposizione di dolori e ferite individuali di una umanità suo malgrado “alienata” e non più a suo agio. Il rapporto io-mondo, dunque, può essere pensato – e, di conseguenza, “agito” – in maniera forse più consapevole, attraverso visioni più “approprianti” del mondo stesso, nelle quali il pensiero critico sull’abitare è importante almeno quanto la sua pratica concreta nel quotidiano, in una ricerca che non è necessariamente intellettualistica e culturalmente elitaria, ma “emozionale”, sentita. Il significato più profondo dell’abitare, in questo senso, può essere pensato come lente attraverso la quale si riconosce il mondo mediante quella spinoziana “conoscenza indiziaria”, ossia come un modo di fare esperienza delle cose in maniera pre-cognitiva, sensibile. Questo tipo di conoscenza è una “pratica della cura” (Winnicott) dell’uomo nei confronti del mondo, un “sentire-con” che sfocia nella pratica solidale della cura del sé e dei luoghi (come nel film Ferro 3, del regista coreano Kim Ki Duk); espressione del sentirsi partecipe, del rendere “luoghi” i semplici “spazi”, del trasformare il proprio spazio vissuto e renderlo “emotivamente intonato” alla vicinanza tra sé e il mondo. Una vicinanza che, come scrive Searles (L’ambiente non umano,1960), rafforzando il senso della realtà e dei propri simili, costituisce, in maniera fondamentale, un contributo alla propria più matura autorealizzazione.

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loci”. L’opinione pubblica e gli enti territoriali percepiscono coralmente tali problematiche come centrali rispetto alla complessità del tempo presente, in continua oscillazione tra l’appartenenza di un ritrovato spirito locale e lo spaesamento della globalizzazione culturale e delle Reti. Nonostante le sempre più raffinate analisi di sociologi internazionali sui processi abitativi delle città occidentali tentino di restituire al sapere collettivo una immagine di tali processi, molto spesso tali sforzi rimangono su un piano prettamente “osservativo” e denotativo. Pare dunque urgente un’analisi sull’immaginario e sulle dinamiche dell’abitare e sul loro ricco portato filosofico e antropologico. Tuttavia, una “ermeneutica dell’abitare”, ossia una ricerca profonda di tutti i suoi possibili significati, non possiede probabilmente un approdo finale e una “soluzione” argomentativamente plausibile. Le interpretazioni di questo concetto (così come ci sono restituite dall’esigua letteratura in merito) portano a pensare che esso rappresenti una sorta di crocevia simbolico dell’umano, quello, delicatissimo, tra l’essere e l’avere. Abitare, come Heidegger ha spiegato nel celeberrimo scritto Costruire, abitare, pensare (1954), è sinonimo di rimanere, stare, essere; tuttavia esso contiene anche nella sua radice il verbo latino habeo, che conduce al significato del possesso, dell’avere. E proprio l’habeo dell’abitare nasconde una semantica che transita dalle discipline filosofiche a quelle psicoanalitiche: nell’habeo è rintracciabile la tematica del desiderio (Lacan) che va dalla mancanza (béance) al soddisfacimento (consumation) e che perciò spiega come una caratteristica dell’essere possa definirsi attraverso un’avere, cioè un tendere verso l’appagamento di una pratica antropologica fondamentale. Essere e avere sono dunque sintetizzati nell’abitare: per essere ho bisogno di avere un posto nel mondo e questo posto nel mondo lo cristallizzo “avendo” una porzione di esso, cioè abitando un luogo, metaforizzando uno spazio quale mia proiezione esistenziale. Tuttavia, a dispetto di tutta le teorizzazioni fin qui fatte, è convinzione di chi scrive che proprio questo concetto debba essere posto e debba essere giocato sul piano tutto pratico della quotidianità e dell’attualità sociale e politica. Sarebbe auspicabile, infatti, una “politica dell’abitare”, intesa come una riflessione organizzata e condivisa e una conseguente messa in pratica delle dinamiche partecipative che, per esempio, nei territori locali e nelle piccole e medie realtà inter-metropolitane, sembrano sempre più caratterizzare gli spazi che le cosiddette cittadinanze attive tentano progressivamente di riscattare all’anonimia dell’organizzazione istituzionale, nel nome – ancora un po’ sperimentale – di quella post-democrazia avviata timidamente con la fine del decennio passato. Chiaramente un discorso sul rapporto tra cittadinanza e processi abitativi si tira dietro, in maniera quasi fisiologica, la riflessione sulle dinamiche


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Como a cura di Roberta Fasola

Peculiarità dell’abitare comasco Un articolo quasi di notifica questo, a testimonianza di come la progettazione nel nostro territorio necessiti di maggiore sensibilità ed interesse verso quelli che sono i temi emergenti dell’abitare contemporaneo, quali, ad esempio, quello riferito alle nuove realtà sociali: purtroppo nessuna realizzazione comasca di particolare interesse in merito. Tuttavia un gruppo di architetti appartenenti al nostro Ordine - composto da: Gian Carlo Floridi (capogruppo), Fabio Introzzi, ing. Massimiliano Koch, ing. Paolo Bacci, Simona Giorgetta, Massimiliano Spadoni e collaboratori Andrea Mancini, Gloria Montini - si è distinto in questo senso, partecipando nel corso di questo anno al Concorso per residenze sociali temporanee a Padova (Fondazione La Casa) e vincendo il 1° premio (attualmente in fase di realizzazione). Abbiamo chiesto loro di raccontarci il progetto. La Fondazione La Casa Onlus (Padova, www.fondazionelacasa.org, tra i soci: Regione Veneto, Banca Etica, ACLI, Camera di Commercio e Industria Veneto, ecc.) ha promosso nel 2007 una ricerca sul tema della casa come spazio di seconda accoglienza per immigrati attraverso un concorso con una prima selezione, a curricula, di 10 gruppi (architetto+ingegnere) under 35 ed una successiva fase in collaborazione con un’impresa edile assegnata per sorteggio. Il progetto si è sviluppato come una ricerca sperimentale finalizzata alla verifica dell’equilibrio tra qualità e costi minimi per l’edilizia residenziale temporanea ed è stato sviluppato proponendo non un singolo manufatto ma un luogo. L’area del concorso si trova in un territorio di grande interesse naturalistico e insieme in un luogo di margine poiché adiacente all’autostrada To-Ve. Le residenze dovranno godere del paesaggio agricolo veneto, delle viste sui campi inquadrate dai filari di pioppi cipressini e insieme difendersi dal rumore di fondo del

Vista dell’intervento.

traffico, e aprirsi verso il migliore orientamento solare. La scelta è di considerare egualmente elementi di progetto: gli spazi aperti e coperti, gli edifici ed il paesaggio. Gli elementi naturali e quelli costruiti appartengono ad un medesimo “campo”. Paesaggio come servizio La declinazione di spazi aperti considera anche la natura come un servizio, sullo stesso piano concettuale del costruito, degli spazi coperti. La costruzione del luogo nasce da ambiti a scale diverse, dal controllo dello spazio aperto attraverso la precisa disposizione di volumi. La cultura stessa del territorio considera “fabbricato” l’insieme degli elementi costruiti che disponendosi nello spazio definiscono il suo dominio. Si costruisce una sequenza ordinata di spazi aperti e costruiti a partire dal vuoto. Le due aree nelle quali sarà possibile realizzare l’intervento di edilizia residenziale appartengono ad un territorio agricolo-naturalistico del quale si propone di mantenere la continuità, appoggiando delicatamente degli elementi naturali (siepi, alberature, un paesaggio anche “commestibile”, ecc.) e degli elementi architettonici di grande compattezza sul suolo. La casa di tutti Lo spazio tra i diversi blocchi è considerato come un interno (la casa di tutti), è avvolto, ma non chiuso, ed è articolato in diversi episodi che definiscono spazi discreti, ma fluidi. Si crea una gerarchia chiara nel rapporto con il territorio in una progressiva definizione di spazi comuni (spazio verde d’ingresso con alberi fioriferi colorati, il parking aperto e quello coperto, il volume che contiene la centrale impianti) fino a divenire via via più privati verso l’interno dell’intervento (il grande spazio centrale tra le unità abitative e il blocco dei servizi comuni, che configura, avendo dimensione identica a quella dello spazio coperto, una casa di tutti con sedute, tavoli, alberi di noci e ciliegi). È interamente uno spazio percorribile solo pedonale che diventa luogo di incontro, gioco e relazione; è protetto dal corpo dei servizi comuni rispetto all’autostrada e al sole a sud e prosegue verso i campi aperti agricoli con una fascia di orti, quasi agricoltura in miniatura.


Fronti principali.

Servizi comuni L’edificio è costituito da un corpo contenente gli alloggi e uno di servizi comuni, legati dal grande spazio aperto. Gli spazi dei servizi raccolti in questo sistema lineare costituiscono anche il sistema strutturale: un telaio in CA e laterizi alveolari “ruotati”, producendo così un filtro delicato al sole e al rumore e insieme una trasparenza verso il paesaggio. In una sequenza di spazi aperti e chiusi ma coperti: la stanza dell’acqua, lo spazio per stendere la biancheria, uno spazio attrezzato con due lavatrici comuni, una stanza del fuoco per cucinare all’aperto, un deposito attrezzi per l’orto, un deposito materiali per la manutenzione della Fondazione). Flessibilità La Fondazione La Casa ha un vasto patrimonio di esperienze di interventi di residenza temporanea adattati in edifici presistenti. La finalità del concorso era data anche dall’individuazione di una nuova tipologia che potesse rispondere in maniera accurata alle esigenze di un panorama sociale, numerico, culturale continuamente cangiante. Mutevole e liquido come la popolazione migrante. Famiglie di 2 fino a 6 persone, singoli, adulti, bambini, modi di cucinare, abitare, usare lo spazio in modi continuamente diversi, in tempi brevissimi, brevi o medi. La seconda accoglienza è una boa per sostenere chi già lavora, vive nelle nostre realtà metropolitane ma ancora non è nelle condizioni di stabilità economica e in grado di accedere al difficile mercato della residenza e viene invece accolto durante questa vera e propria transizione in un alloggio che il progetto cerca di rendere, nella sua semplicità, un palinsesto che fa della flessibilità la maggiore qualità al servizio della transitorietà e non della provvisorietà. Ogni complesso è costituito da 4 unità base costituite da sala, cucina, bagno,ripostiglio,1 camera. Ogni unità può variare congiuntamente a quella a fianco

Con-Temporaneo Il progetto è stato inteso come soluzione di residenza temporanea e non come portatore di “temporaneità” costruttiva spesso presa per provvisorietà. La scelta è di operare accuratamente sul territorio e con parsimonia producendo un edificio capace di durare realmente, costituendo di per sé un valore anche nel futuro per il Comune di Vigonza, nell’ipotesi che la Fondazione decida di muoversi in altre direzioni, potendo ancora funzionare nell’ambito dei Programmi di Ediliza Popolare della Regione o della Provincia. Il sistema costruttivo estremamente semplice è anche eco-compatibile (l’edificio si situa in Classe A): è costituito da casseri per pareti e solai a perdere di fibra di legno riciclata che rappresenta un ottimo isolante termico, acustico, ecc. R. F.

Cremona a cura di Fiorenzo Lodi

Residenze temporanee per studenti a Cremona Nell’ultimo decennio sono stati via via attivati a Cremona diversi corsi di studio di livello universitario dipendenti da quattro atenei lombardi, la cui offerta formativa spazia dai corsi di infermieristica patrocinati dall’Università degli Studi di Brescia (facoltà di Medicina e Chirurgia) alle lauree triennali in “Ingegneria informatica”, “Ingegneria gestionale”, “Ingegneria per l’ambiente e il territorio” promosse dal Politecnico di Milano, a quelle di “Economia aziendale”, di “Scienze e tecnologie alimentari” e di “Biotecnologie agro-alimentari” promosse dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, fino agli ormai consolidati e prestigiosi corsi di laurea in “Musicologia”, “Paleografia e filologia musicale”, “Storia e didattica della musica” e “Scienze del testo letterario e della cultura musicale” patrocinati dall’Università degli Studi di Pavia. Tale situazione ha in-

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passando da 1, a 2, o 3 camere da letto a seconda delle esigenze. Inoltre le stanze che affacciano sullo spazio comune possono beneficiare di ingressi indipendenti. La flessibilità è assicurata con un semplice e duraturo sistema di porte doppie e non attraverso artificiosi dispositivi “mobili” o “rotanti” e da una tipologia modulare (economia dell’intervento). La Fondazione resta perciò libera in qualunque momento di ripartire spazi omogenei per i nuovi occupanti senza dover produrre modifiche onerose o sostanziali, rispettando tutte le normative di ASL e Comune in merito a superfici minime, dotazioni, ecc.


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ciso profondamente sulla vita della città che ha iniziato a richiamare sempre più studenti provenienti anche da altre province ed ha reso indispensabile la costituzione di un sistema di alloggi temporanei di supporto. La Regione Lombardia è, quindi, intervenuta finanziando il progetto della residenza universitaria “Quartier Novo” situata nella parte sud di Cremona, in via Santa Maria in Betlem, al servizio di una nuova comunità di residenti a “tempo determinato”. Inaugurata il 6 aprile 2004, essa rappresenta il risultato dei lavori di riqualificazione di un complesso esistente il cui progetto di recupero è stato affidato all’architetto Maurice Kanah e alla Konsult Engineering s.r.l. di Milano, mentre responsabile del procedimento per il Comune è stato l’architetto Ruggero Carletti. La denominazione di Caserma deriva dall’impiego della struttura ad uso militare, già indicata sulle planimetrie storiche della città come “Casa per Caserma di Comuni per la Cavalleria detta di Quartier Nuovo” e come “Caserma Quartier Nuovo Artiglieria”. L’immobile è costituito da tre corpi di fabbrica: due di origine settecentesca, dei quali uno affacciato sulla via e l’altro, interno, disposto in parallelo in modo da formare una corte, il terzo, di origine ottocentesca, è adiacente al primo e ne prosegue l’affaccio sulla strada. Obiettivo dell’intervento è stato il recupero conservativo del complesso adeguandolo alle necessità di una residenza collettiva per studenti, dotata sia di spazi comuni (sale studio, lettura, ascolto musica, laboratorio di lingue e spazi di soggiorno-pranzo-cottura), sia di alloggi di differente dimensione (da due a quattro posti letto). Particolarmente delicato è stato l’inserimento dell’ascensore comune ai due corpi di fabbrica affacciati sulla corte interna, una struttura smontabile in ferro e vetro, rivestita da doghe di legno, alla quale si collegano due passerelle di accesso al primo piano dei due edifici,

Pianta del primo livello e viste dalla corte.

destinato agli appartamenti. Questi ultimi, dotati di bagno e pareti attrezzate per la cucina, hanno tagli che spaziano da circa 50 mq destinati ad ospitare due studenti, a 70 mq per tre, fino ad un massimo di 162-170 mq per quattro, e sono suddivisi da tramezzi in cartongesso per non gravare le volte sottostanti. Altri due alloggi occupano il piano terra dell’ampliamento ottocentesco, mentre lo spazio a doppia altezza che funge da collegamento al fabbricato settecentesco viene conservato come area soggiorno-relax collettiva. Il piano terra della parte settecentesca è caratterizzato da ampi ambienti sorretti da colonne in granito sulle quali sono impostate volte a crociera: essi sono impiegati per gli spazi culturali, dai laboratori di lingue alle sale di studio. L’intervento si è fondato sul consolidamento e la messa in sicurezza delle strutture portanti, sul recupero del disegno della facciata principale costituito da un impianto simmetrico sull’ingresso, sottolineato da due lesene che reggono un timpano, sulla completa sostituzione del manto copertura, mentre nella corte interna è stato ripristinato l’acciottolato. Oggi sono quindi disponibili quindici alloggi per un totale di quarantuno studenti su di una superficie di circa 1303 mq e la residenza è ben servita dai trasporti pubblici. M. Teresa Feraboli

Lecco a cura di Enrico Castelnuovo e Maria Elisabetta Ripamonti

Nuovi modi di abitare: la metamorfosi delle case per anziani Vi è stato un tempo in cui la parola “ospizio” a volte evocava scene poco edificanti di persone in età avanzata abbandonate a loro stesse. È facile ricordare le decine di servizi televisivi in cui venivano presentate, in molte zone del nostro Paese, realtà in cui mancavano sia la minima programmazione assistenziale che i requisiti essenziali per chiamare “case di riposo” i casermoni oggetto della curiosità dei giornalisti. Frequentemente si riscontrava che anche il contesto edilizio, che fisicamente ospitava gli spazi adibiti al ricovero permanente di uomini e donne, rispecchiava in molti casi questa immagine di abbandono e decadenza. Il motivo scatenante della presenza di edifici non consoni alla lunga degenza, era comunque rappresentato da una strana consuetudine: qualsiasi tipo di edificio proveniente dal passato poteva essere “adibito” ad uso ricovero di persone e quindi ci si poteva trovare di fronte agli exconventi, alle ex-caserme ed agli ex-istituti scolastici di ogni ordine e grado. In una così frastagliata varietà di esempi e tipi architetto-


bientale. Questa opportunità ha messo a confronto il tema delle case di riposo tra le due zone alpine e ha fatto probabilmente da apripista verso una nuova sensibilità che si è subito tradotta nel lavoro svolto dalle ALER (exIACP) a livello provinciale lombardo. Uno degli esempi che più hanno dato lustro a questo tipo di architettura sia per esiti formali sia per condizioni di vita e capacità relazionale favorita da un’intelligente divisione degli spazi è la casa per anziani progettata da Peter Zumthor a Masans nel cantone dei Grigioni e finita di costruire verso la metà degli anni ‘90. La residenza per anziani di Zumthor è un esempio emblematico: l’edificio è destinato a persone in età avanzata ma ancora in grado di vivere in modo indipendente. La struttura planimetrica dell’edificio nasce dall’idea base di avere una serie di nuclei di marcata fisicità (così gli spessi pilastri portanti in muratura, le celle sanitarie massicce e le scatole lignee non portanti) che, distribuiti in modo regolare sull’area della planimetria generale, sono collegati da un armonioso quanto continuo spazio connettivo. Va anche precisato che questo insediamento pur essendo vicino alla città di Coira nasce nell’hinterland agricolo e si inserisce perfettamente nel contesto paesaggistico. L’ordine e la pulizia del disegno in pianta viene poi ribadito nelle facciate che hanno come elementi rappresentativi il tufo, le fodere di larice e il calcestruzzo trattato “a vista”. Pur essendo un episodio di dimensioni limitate (gli alloggi sono circa una ventina), questa casa per anziani ha rappresentato un nuovo modo di concepire la residenza destinata alla terza età e, dagli esempi che negli ultimissimi anni abbiamo visto nel nostro territorio, abbiamo la piacevole sensazione che la sua influenza spaziale ed architettonica abbia “fatto scuola” e si sia estesa non solo ai progettisti ma anche a chi, come ruolo istituzionale, fa programmazione di edilizia sociale. La nuova domanda di servizi pubblici finalizzati a fornire prestazioni assistenziali per soggetti non più autosufficienti è destinata a rappresentare, dato il trend demografico in atto, uno dei problemi cruciali dei prossimi anni. Alla cura degli anziani risponde infatti, in assenza di una rete di servizi, da un lato il sovraccarico di compiti sulle famiglie, dall’altro un elevato ricorso ai servizi assistenziali di tipo privato. La speranza è che progettisti, legislatori, ma anche la stessa società civile, continuando un trend di recentissima diffusione, possano tutti insieme far crescere in tutto il territorio il numero e la qualità degli interventi destinati agli anziani: sarebbe alla lunga un grande investimento di cui tutti potremo godere, poiché tutti ci auguriamo di poter vivere serenamente e decorosamente la nostra terza età. E. C. e M. E. R.

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nici era difficile unificare il metodo di divisione degli spazi e di programmazione per il bene degli anziani, che per di più subivano un forte contraccolpo psicologico dovuto all’abbandono della propria casa. Un’altra interessante riflessione sul metodo in cui in un recente passato venivano ospitati gli anziani è che la seniltà era tutto sommato considerata una malattia; a differenza però degli ospedali che hanno da sempre stimolato il dibattito architettonico riguardo la disposizione di volumi e spazi di condivisione, gli ospizi non venivano presi in esame come campo di sperimentazione e, le poche volte che questo veniva fatto, rimanevano, comunque, lettera morta. Eppure, nonostante la mancata programmazione, la popolazione anziana italiana aveva ed ha tuttora la “pretesa” di vivere sempre più a lungo con l’esigenza di farlo all’interno di “comunità” confortevoli e dignitose sotto ogni punto di vista. Va tenuto anche presente che progressivamente diminuisce la tendenza ad ospitare presso i nuclei familiari la persona anziana: spesso accade che le giovani coppie non abbiano sufficiente autonomia economica per esse stesse e che quindi si renda impossibile ospitare in modo permanente persone della terza età bisognose di propri spazi. Purtroppo la scomposizione dei nuclei familiari è stata alimentata non solo dalle diverse necessità e dinamiche lavorative, mutate rispetto a pochi decenni fa, ma anche e soprattutto dalla precarizzazione dei posti di lavoro. I dati forniti dagli istituti di statistica mostrano come la famiglia sia sottoposta a sempre maggiori tensioni, provocate sia dai cambiamenti della struttura demografica della popolazione sia dai rapidi mutamenti sociali ed economici del nostro territorio. Quindi i segni di vulnerabilità che alla lunga hanno creato la spiacevoli necessità di riallocare gli anziani e di ripensare gli spazi a loro destinati stanno nella incapacità di offrire cura e forme di accudimento. L’effetto dei processi di riorganizzazione delle economie domestiche hanno quindi come conseguenza una diffusa domanda di cura da parte di soggetti non auto-sufficienti all’infuori del “fai da te” domestico e all’infuori delle vecchie strutture come gli ospizi. È stato quindi in questo contesto che si è finalmente sviluppata una rinascita anche progettuale degli alloggi dedicati agli anziani che come prima declinazione ha avuto un interessantissimo proliferare di concorsi di progettazione ad hoc. Recentemente abbiamo scoperto che anche in un contesto come il “Premio Rivolta” autorevolmente patrocinato e promosso dall’Ordine degli Architetti PPC di Milano moltissimi casi di “edilizia sociale” segnalati per qualità progettuale abbiano riguardato le residenze per anziani. In precedenza il nostro territorio aveva avuto come occasionale luogo di confronto alcuni Cantoni della vicina Svizzera in cui addirittura il tema della residenza per la terza età si è sposato con il tema della sostenibilità am-


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Milano a cura di Roberto Gamba 3E NUOVE FORME DELL ABITARE ESISTONO LA PRIMA A SPERImentarle è la grande cittĂ . A Milano esiste dal 2004 Innosense Partnership AGENZIA PER L INNOVAZIONE SOCIALE CHE SVILUPPA SPERIMENTALMENTE MODELLI DI ASSISTENZA ATTIVI NEI SETTORI DELLA SALUTE DELLA CASA DELLO SVILUPPO DELLE CITTĂŒ E DEI SERVIZI ALLA PERSONA Insieme al Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano ha elaborato una ricerca - “Il vissuto e l’immaginario del vivere a Milanoâ€? - scaricabile dal sito www.cohousing. IT CHE HA INTESO DIMOSTRARE CHE UN QUARTO DEI MILANESI SOFFRE DI hSOLITUDINE SOCIALEv E ALMENO SONO LE FAmiglie pronte a considerare la coresidenza (il cohousing). Cohousing.it raggruppa coloro che in Italia abitano o vogliono abitare in villaggi a servizi condivisi; mentre cohousing ventures Ă’ UNA SOCIETĂŒ INDIPENDENTE CHE PROMUOVE progetti immobiliari di coresidenza sul territorio; reperisce aree o volumetrie idonee alla realizzazione di insediamenti in cohousing SERVONO ALMENO MQ DI 3,0 IN ZONE URBANISTICAMENTE INTERESSANTI OGGETTO DI IMPORTANTI TRASFORMAZIONI E RIGENERAZIONI BEN SERVITE E CONNESSE CON la cittĂ capoluogo. Nadia Simionato ci ha inviato una documentazione che riassume i progetti che la societĂ ha realizzato o ha in corso.

Cohousing, coresidenza, vicinato elettivo: vivere e condividere Il cohousing nasce e si diffonde in Danimarca a cavallo tra gli anni ‘60 e ’70, per iniziativa dell’architetto danese Jan Gudmand-Høyer. L’idea di abitare in coresidenza, “a servizi condivisiâ€?, ma anche il bisogno di vivere fuori dalle grandi cittĂ evitando la solitudine e l’isolamento, ha originato il successo del cohousing in Danimarca, testimoniato dalla realizzazione di ben ventidue insediamenti tra il 1970 e il 1982. Tali esperienze si sono poi diffuse nel resto del mondo, dal Canada agli Stati Uniti (particolarmente in California) dove oggi si trovano importanti modelli di riferimento, tra cui a Vancouver (una palazzina multiculturale e multigenerazionale inserita in uno splendido paesaggio che ha incorporato piante pre-esistenti) e lo Swan’s Market di Oakland (un ex-mercato molto ben ristrutturato in piena cittĂ , che ospita ventidue famiglie, che condividono una sala e una cucina per incontri, una palestra, una hobby room, una lavanderia e anche una stanza per gli ospiti). La scelta di abitare in comunitĂ di vicinato elettivo, condividendo i principali servizi e la loro gestione è un’alternativa percorribile, una risposta non utopica a alcuni dei pro-

blemi che vivono gli abitanti di ogni realtĂ metropolitana. Tipicamente abitati da 30-40 famiglie, che si sono scelte (partecipazione elettiva) e che hanno deciso insieme che cosa condividere e come gestire gli spazi condivisi (progettazione partecipata), gli insediamenti in cohousing vedono la compresenza di spazi abitativi individuali e di spazi comuni (fino al 20-25% del totale della volumetria costruita); con l’obiettivo di ridurre la complessitĂ di organizzazione della vita, i costi e di generare benessere psicologico. Le coresidenze sono realizzate sia ex-novo sia in edifici e strutture industriali recuperate. I servizi piĂš frequentemente condivisi sono: uno spazio multifunzionale comune (spesso dotato di cucine); una stanza giochi per i bambini (o un micronido); un centro servizi (per pagare le bollette, ricevere la posta, fare prenotazioni); uno spazio verde (spesso con orti o serre); un locale attrezzato per il tempo libero; un servizio di car-sharing o bike-sharing; una lavanderia (automatica o presidiata per un servizio esterno); uno spazio per la raccolta e il compostaggio dei rifiuti; un magazzino per le scorte dell’eventuale gruppo d’acquisto; forniture energetiche alternative o cogestite. Le esperienze piĂš avanzate includono: uno spazio per il telelavoro; un magazzino-dispensa (per gruppi di acquisto); un’infermeria. Ogni progetto ha una storia diversa e proprie caratteristiche, ma vi sono tratti in comune derivati dalla filosofia che sta alla base dei progetti di coresidenza: progettazione partecipata; vicinato elettivo; comunitĂ non ideologiche; gestione locale; struttura non gerarchica; sicurezza; design per la socialitĂ ; benefici economici - risparmio sul costo della vita 10-15% annuo; privacy. La casa ha un profondo valore di identificazione, ma per il 60% del campione la casa è un “luogo apertoâ€? e non un rifugio. Tra le realizzazioni di cohousing ventures, in provincia di Milano vengono segnalate: s Urban village Bovisa che nasce in zona Bovisa, in un’area che ospitava una vecchia fabbrica di barattoli. AvrĂ residenze private (33 unitĂ immobiliari dai 40 ai 150 mq) e spazi condivisi: 385 mq di giardino a corte, 140 mq di locali da destinare alla vita e ai servizi di comunitĂ (living room, lavanderia con zona stiro, hobby room, deposito biciclette ed eventuale deposito merci del Gruppo di acquisto, terrazza di 185 mq con piscina scoperta di 12 x 4 m e zona barbecue). s 5RBAN FARM EST CHE è stato sviluppato da Bruno Viganò Architetti e Luca Beltrami Gadola; entro gennaio 2009, si costituirĂ in cooperativa di abitanti, per realizzare in due anni l’insediamento; prevede un spazio servizio comune, gestito dalle circa 35 famiglie che vi abiteranno: una serra di produzione verticale ad alta tecnologia (un orto in cittĂ ) capace di garantire almeno il 50% del fabbisogno di verdura fresca degli abitanti (ma anche tutti i fiori e i piccoli frutti che vorranno i residenti). La comunitĂ sarĂ seguita anche da un team di esperti tecnico-scientifici


Nadia Simionato

5RBAN VILLAGE "OVISA VISTA DEL MODELLO

5RBAN FARM EST VISTA DELL INTERVENTO

Monza e Brianza a cura di Francesco Redaelli e Francesco Repishti

QualitĂ sociale per l’architettura: l’autocostruzione associata della casa Arrivando a Calò, piccola frazione di Besana Brianza, si nota un complesso di villette a schiera in corso di completamento, apparentemente simile a tanti anni realizzati negli ultimi anni nel territorio milanese. Due corpi edilizi tra loro contrapposti e paralleli, sviluppati su due piani fuori terra, con copertura tradizionale a due falde, individuano dieci unitĂ abitative, ognuna articolata in una zona giorno al piano terra e in una zona notte al piano primo. Lo spazio compreso tra i due corpi di fabbrica disimpegna gli ingressi alle unitĂ abitative e ospita i posti auto all’aperto in mancanza dei box interrati, mentre i piccoli giardini privati vengono individuati in corrispondenza dei fronti esterni degli edifici. L’intero complesso è improntato ad un’estrema linearitĂ e semplicitĂ costruttiva, ad una funzionalitĂ essenziale che nulla concede all’ornamento e all’autocompiacimento compositivo. In realtĂ , alla base di questa realizzazione si trova un progetto dal forte contenuto sperimentale e dalle evidenti implicazioni sociali, conosciuto con il nome di autocostruzione associata della casa. Obiettivo di questo programma è quello di favorire la realizzazione di alloggi a basso costo attraverso processi di integrazione sociale che prevedono il coinvolgimento di nuclei familiari all’interno dei quali uno o piĂš componenti si impegnano a realizzare direttamente la costruzione delle proprie abitazioni durante il loro tempo libero, nei fine settimana, durante le ferie. Diventa fondamentale in questo senso una progettazione finalizzata alle modalitĂ di costruzione sopra descritte, in particolare attraverso l’individuazione di sistemi costruttivi idonei e il reperimento sul mercato di componenti per l’edilizia con caratteristiche e qualitĂ di messa in opera a basso impiego di professionalitĂ . Nell’intervento di Besana Brianza tutto questo si è tradotto nell’utilizzo di murature portanti in blocchi di laterocemento, caratterizzati dalla semplice lavorabilitĂ e messi in opera con specifici collanti, e nell’impiego di solai a lastre in calcestruzzo cellulare, posate “in semplice appoggioâ€? su setti portanti in muratura corrispondenti alle pareti divisorie delle unitĂ abitative. Allo stesso modo la copertura a falde degli edifici è stata realizzata con un sistema costruttivo di semplice applicazione, costituito da una struttura principale in legno di abete alla quale è stato semplicemente fissato con viti autofilettanti un manto di copertura in pannelli sandwich con doppia lamiera in acciaio zincato e preverniciato con interposto materiale isolante. Sono molteplici le esperienze giĂ avviate in Lombardia nel campo dell’autocostruzione: oltre a Be-

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che realizzerĂ la serra verticale e insegnerĂ , senza costi aggiuntivi, come utilizzarla sia per la produzione, sia per il miglioramento del proprio habitat (ad esempio, per la purificazione dell’aria). s ! .ERVIANO UGUALMENTE PARTIRĂŒ UN INTERVENTO DI RISTRUTturazione di una casa di corte del ‘600. La comunitĂ si è costituita e il cantiere sta aprendo in questi mesi.


Pavia

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a cura di Vittorio Prina Foto del cantiere di Besana Brianza.

sana Brianza progetti simili sono stati intrapresi anche a Paderno Dugnano (10 unità abitative), Trezzo sull’Adda (12 unità) e Pieve Emanuele (24 unità). Nel caso specifico il Comune di Besana Brianza, avendo individuato sul suo territorio un’area ritenuta idonea, e avendola resa conforme da un punto di vista urbanistico tramite un’apposita variante al Piano Regolatore vigente, ha quindi partecipato con successo ad un bando sperimentale di autocostruzione “a proprietà differita” promosso dalla Regione Lombardia. In conformità a questa tipologia di bando, e diversamente da altre esperienze sperimentate in Italia, per esempio in Emilia e in Umbria, gli autocostruttori individuati dal Comune e associatisi in cooperativa (Arcoiris), diventeranno proprietari degli alloggi che hanno costruito soltanto dopo dieci anni dalla fine dei lavori, durante i quali dovranno riconoscere un canone di affitto agevolato all’Aler, l’Azienda Lombarda di Edilizia Residenziale, alla quale il Comune di Besana Brianza ha ceduto la proprietà e la gestione provvisoria del complesso. Allo scadere del decimo anno, le abitazioni saranno infine riscattate dai soci della Cooperativa Arcoiris ad un prezzo definito e fissato in partenza all’interno del contratto di affitto, un prezzo comunque più basso di circa il 60% rispetto i normali costi di mercato. Attraverso questa modalità di autocostruzione “a proprietà differita”, è stato possibile allargare la partecipazione al programma a fasce di popolazione economicamente più disagiate. La Cooperativa Arcoiris è stata assistita durante l’intero processo dal network Alisei, pioniera in Italia nel campo dell’autocostruzione, che ha offerto agli autocostruttori la consulenza di uno STAFF di architetti e tecnici professionisti, in particolare attraverso la figura dell’arch. Anna Pasini, progettista dell’intervento di Besana Brianza. L’esperienza dell’autocostruzione non nasce solamente per rispondere a istanze di tipo economico e di riduzione dei costi: uno degli obiettivi principali riguarda la volontà di contribuire ad un progetto di società solidale e partecipata, ricercata attraverso un processo che persegue la socializzazione e l’integrazione tra i futuri vicini di casa. Normalmente i bandi promossi dai comuni nel campo dell’autocostruzione sono rivolti per metà a cittadini stranieri immigrati, frequentemente interessati da fenomeni di disagio abitativo ed esclusione sociale. Il cantiere di autocostruzione diventa, nelle intenzioni dei promotori, un microcosmo multietnico intorno al quale ruotano non solo gli stessi autocostruttori, ma anche le loro famiglie, donne e bambini compresi. F. Redaelli

Architettura della residenza, contesto e territorio Tre esempi, apparentemente distanti se consideriamo un’accezione limitata alla cifra stilistica del concetto di linguaggio, sono in realtà affini relativamente al rapporto che instaurano con il contesto e il territorio, seppure declinato con differenti modalità. s )L PRIMO UN QUARTIERE A 6IGEVANO REALIZZATO DA 3ANDRO Rossi, Bruna Vielmi, Lucia Mainardi, definisce una raffinata planimetria la cui giacitura è suggerita dalla tessitura della campagna limitrofa. I corpi in linea sono perpendicolari a tracciare percorsi nel territorio o accoppiati parallelamente a definire una strada urbana; sono interrotti da percorsi esistenti e tagliati diagonalmente alle estremità, in ragione della forma irregolare del lotto, svuotate e trasformate in grandi logge. La teoria di corpi prismatici uniti da un muro basso con bucature, ci riconduce alla leggerezza dello Schinkel dei “progetti per abitazioni urbane” del 1826: specificatamente al “progetto di abitazione con case laterali attigue” e al “progetto di abitazione con giardino”. “Le nuove edificazioni entrano in rapporto con i luoghi. Li modificano, ne riscrivono la storia. Perché anche i luoghi agricoli e naturali hanno una forma e una storia. Di questo fatto dobbiamo essere consapevoli quando interveniamo. Inevitabilmente con il nostro operare tendiamo a attribuire rilievo ad alcuni caratteri che appartengono al luogo, a volte forse a danno di altri. Per esempio la campagna prossima a strada Camina ha ancora gli stessi orientamenti, i percorsi, la forma del disegno del suolo, della originaria colonizzazione romana. Noi abbiamo soprattutto voluto rapportarci a questi orientamenti, piuttosto che, ad esempio al disegno frammentario della periferia. E abbiamo costruito tutto il progetto su due assi ortogonali che si incrociano più o meno al centro dell’area (…) Penso anche al fatto che in questo rapporto, nelle loro forme, non riconosciamo nulla che possa apparire parodistico rispetto a un presunto mondo di forme contadine, nulla di vernacolare. Ma forme che hanno la loro ragion d’essere nella loro complessiva razionalità, definitasi nel tempo attraverso un perfezionamento del loro significato più generale, nei loro legami con l’uso. Un processo che nel tempo ha prodotto una tensione alla generalizzazione delle forme: nelle murature continue, in mattoni a vista o in mattoni intonacati, nei grandi porticati del lavoro o nei loggiati sovrapposti riconosciamo una tensione alla generalità, alla norma che le fa apparire comunque adeguate. L’aver collocato le nuove edificazioni lungo due assi, due percorsi interni all’area ha consentito di liberare la maggior


3ANDRO 2OSSI "RUNA 6IELMI ,UCIA -AINARDI QUARTIERE RESIDENZIALE IN 3TRADA #AMINA 6IGEVAO 6EDUTA DEL QUARTIERE e pianta dei piani terra.

parte dell’area per destinarla a grandi corti aperte verso la campagna che verranno sistemate a giardini privati e collettivi. Inoltre verso i quartieri residenziali contigui, in una posizione centrale rispetto alla periferia di questa parte di cittĂ , un’ampia area sarĂ destinata a giardino pubblico. L’esito di questo lavoro è un quartiere urbano caratterizzato da una forte unitĂ complessiva e d’impianto, e anche da una forte unitĂ stilistica e costruttiva. In questo senso l’intervento si discosta dai consueti modi con cui la periferia di Vigevano è cresciuta o continua a crescere. Abbiamo rifiutato consapevolmente di omologarci ai frequenti interventi che appaiono disposti alla frammentazione. Al contrario, come da sempre è avvenuto per la cittĂ storica, abbiamo teso a progettare un quartiere come una parte di cittĂ , riconoscibile sul piano della forma e della destinazioneâ€? (dalla relazione di progetto). s )L SECONDO ESEMPIO Ă’ COSTITUITO DA UN PICCOLO MA SIgnificativo intervento a Pavia di Luca Micotti (strutture: ing. Carlo Alessandro Negri) che realizza tre corpi unificati dalla copertura in un sito che coincide con la traccia lasciata dallo spigolo delle antiche mura del borgo circondate da un corso d’acqua, esistente sino a pochi anni or sono, e che definiva l’antico limite urbano verso la campagna a sud. “Le case si trovano in ‘strada persa’ a Pavia. PiĂš precisamente in periferia sud di Pavia, nel ‘borgo’ al di lĂ del Ticino, dove in poche decine di metri

,UCA -ICOTTI EDIFICIO RESIDENZIALE IN 3TRADA 0ERSA 0AVIA 6EDUTE DELL EDIFICIO

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il paesaggio urbano diventa rurale. Le case sorgono in luogo delle stalle di una vecchia cascina di cui ricompletano la corte. Il committente chiedeva la costruzione di tre abitazioni indipendenti di circa 170 mq ciascuna. Si è scelto di lasciare separati i tre volumi e di coprirli con un unico grande tetto con gronda piana in multistrati di betulla. Le abitazioni sono completate da autorimesse e logge chiuse da steccati in legno come fossero fienili. La linearitĂ di disegno dei fabbricati, voluta per analogia con il contesto, ha favorito la scelta di una tecnologia costruttiva semplice e anche economica: fondazioni e corree in c.a., strutture verticali in muratura a due teste di mattoni doppio uni, strutture orizzontali in laterocemento, copertura con struttura in legno e ferroâ€? (dalla relazione di progetto).


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s , ULTIMO ESEMPIO A 6IGEVANO IN VIA 2OSSI #ASĂ’ OPEra di Valerio Oddo e Raquel Lòpez Cezòn, (con Michele Mor, Ambra Pasquini, Guido Cottino) in fase di realizzazione, è costituito da quattro ali, incernierate a un nucleo centrale destinato alla distribuzione, che con una pianta a turbina si aprono verso il territorio circostanze; il rapporto tra la soluzione morfologica e un contesto informe e disuniforme richiama molte soluzioni affini alla ricerca relativa all’architettura della residenza del Movimento Moderno. “All’interno di un contesto semi-centrale caratterizzato da un tessuto prevalentemente residenziale, dalla presenza dello stadio comunale e da ampi spazi verdi, si prevede la realizzazione di un edificio pluripiano di sedici unitĂ destinato a residenza e uffici, che vuole rispondere alle moderne esigenze dell’abitare inserendosi piacevolmente e coerentemente all’interno del contesto circostante. Le ipotesi di progetto hanno voluto privilegiare la privacye l’indipendenza degli alloggi, la loro esposizione, le vedute verso gli spazi verdi, nonchĂŠ le soluzioni tecnologiche. La risposta distributiva che meglio assolve a queste premesse è quella di un edificio dal cui unico vano scala centrale nascono quattro ali, quattro edifici indipendenti, quattro petali di diversa altezza che offrono l’esposizione incrociata di tre orientamenti distinti. La zona giorno di ciascun appartamento è sempre collocata nella parte terminale dei ‘petali’, i soggiorni e le cucine possono cosi godere di ampi terrazzi che si protendono verso l’esterno con vista sugli spazi verdi antistanti, risolvendo cosi le ‘testate’ dei blocchi in un gioco formale di volumi di pietra di diverso aggetto e dimensione (‌) Particolare attenzione è stata riposta nel disegno degli spazi comuni: un vano scala caratterizzato da una scala metallica che si snoda nel vuoto, i colori vivi e moderni fanno contrasto con i parapetti in vetro e acciaio. La soluzione formale a quattro ali di diversa altezza è evidenziata nel loro incastro volumetrico dove i diversi materiali di rivestimento di facciata, mattone scuro, intonaco, pietra e legno si alternano concorrendo al disegno di un edificio moderno nel risultato e attento alle esigenze distributiveâ€? (dalla relazione di progetto). V. P.

6ALERIO /DDO 2AQUEL ,ÛPEZ #EZÛN CON - -OR ! 0ASQUINI ' #OTTINO EDIFICIO RESIDENZIALE IN VIA 2OSSI #ASÒ 6IGEVANO )N ALTO VISTA DELL EDIFICIO E PIANTE DI DUE DEI TRE LIVELLI

Sondrio a cura di Marco Ghilotti ed Emanuele Tagliabue

Seconde case silenziose Indagare nuove e possibili tipologie abitative nel contesto locale impone una sintetica quanto epidermica riflessione sullo sviluppo economico della nostra Provincia e sulle ricadute che l’uso del suolo produce nella definizione di alcune tipologie architettoniche che piĂš di altre appaiono significative per definire alcune tendenze attuali in atto. Le conseguenze formali del rapporto tra sviluppo economico ed uso del suolo credo possano essere sinteticamente suddivise in tre fasi cronologicamente distinte e tipologicamente riconoscibili. L‘economia agro pastorale L’economia valtellinese si basa fino al diciannovesimo secolo sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame; l’ubicazione geografica di alcune zone favorisce lo sviluppo commerciale e un maggiore traffico mercantile secondo direttrici di attraversamento prevalenti in senso nord-sud. Il paesaggio, utilizzato e costruito da una lunga tradizione agro pastorale, si è sviluppato a strati orizzontali distinti per funzioni in relazione all’altezza. Le tipologie abitative degli antichi nuclei, le abitazioni rurali isolate rispecchiano questa condizione agro pastorale identificandosi in villaggi compatti o in sistemi decentrati caratterizzati da vari edifici produttivi sparsi sui campi. Questi insediamenti presentano tipologie distributive progressivamente piĂš semplificate in ragione all’altezza dell’insediamento e della durata stagionale di utilizzo dello stesso. Il turismo alberghiero Nella seconda metĂ del diciannovesimo secolo si mostra la vocazione turistica di alcune regioni della nostra provincia e cosĂŹ, anche se in misura minore rispetto ad altre vallate alpine, la cittĂ industrializzata attratta dalla natura incontaminata, dall’immagine di un uomo sano immerso in essa introduce l’idea dell’albergo sanatorio e l’idea dello sport invernale. L’albergo si propone come un’unitĂ urbana immersa nel paesaggio naturale: dalla finestra o dal balcone si vede il paesaggio; all’interno dell’albergo si vive una vita sociale come una cittĂ . L’albergo è un’unitĂ compatta che si inserisce nel paesaggio rivendicando la propria autonomia formale nell’intento di catturare il paesaggio, cogliere il sole e la vita. Contrariamente a quanto avviene in altre vicine vallate alpine (Engadina) questo fenomeno si manifesta in modo assai meno evidente ed è soprattutto localizzato nei centri di villeggiatura di chiara fama, legati anche alla non trascurabile e preziosa risorsa termale.


M. G.

Note 1. *ACHEN +ONZ Engadina, Paesaggio e architettura, uso del suolo e tipologie di una valle alpina, IN h!RCHIv RIVISTA SVIZZERA DI ARCHITETTURA INGEGNERIA E URBANISTICA %DIZIONI #ASAGRANDE 3! N 'EORGES 0EREC Espèces d’espaces, %DITIONS 'ALILĂ?E

0ARIS ED ITALIANA Specie di spazi, "OLLATI "ORINGHIERI

4ORINO

6ISTA DELLA FRAZIONE #AGNOLETTI NEI PRESSI DI 3ONDRIO

!LLE PAGINE Temporale DI !UGUST 3TRINDBERG

REGIA DI 'IORGIO 3TREHLER SCENE DI %ZIO &RIGERIO

COSTUMI DI &RANCA 3QUARCIAPINO Foto Diego Ciminaghi/ Piccolo Teatro di Milano. !LLE PAGINE Vita di Galileo DI "ERTOLT "RECHT

REGIA DI 'IORGIO 3TREHLER

SCENE E COSTUMI DI ,UCIANO $AMIANI Foto Mario Mulas/Piccolo Teatro di Milano.

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Il turismo di massa A partire dagli anni Cinquanta si assiste al progressivo proliferare del turismo di massa. Alla societĂ urbana dei grandi alberghi, avvinta dall’immagine della natura e della vita sana, si aggiunge il turista con la sua ferma volontĂ di scoprire il paesaggio fino a diventare uomo sportivo. La cella sociale del turista è la famiglia, il suo interesse si rivolge alla realtĂ come vissuto individuale e la sua mentalità è quella della proprietĂ : il turista vuole essere proprietario di una casa o di un appartamento nonostante la qualitĂ abitativa sia molto inferiore all’albergo (1). Ăˆ qui che è forse possibile ritrovare nuovi fenomeni abitativi e conseguenti tipologie. Piccoli e grandi palazzine di appartamenti circondano i villaggi, la trasformazione del paesaggio è notevole, la lettura dei villaggi con il loro preciso inserimento nel territorio viene cancellata. La mobilitĂ inserisce tutta la provincia e le sue piĂš prestigiose zone turistiche nella piĂš vasta area urbana milanese trasformando la regione in una estesa periferia alpina creando una crescente frequentazione che dalla vacanza bisettimanale si accelera alla veloce pausa del weekend. Questa trasformazione porta ad una nuova percezione del territorio, il paesaggio naturale ed antropico viene conquistato dagli usi del tempo libero, ma è una conquista figlia della rete infrastrutturale con concentrazioni puntuali, flussi, picchi di utilizzo, fruizione istantanee del paesaggio. Intanto, il paesaggio naturale e culturale con i tempi dilatati, pur resistendo a questo processo, perde progressivamente significato e forma. Quale tipologia abitativa corrisponde all’attuale uso del territorio rappresentando emblematicamente questa trasformazione e il processo in atto ormai giĂ da decenni? Ăˆ uno spazio fondato su ritmi eptadici, come ci suggerisce con arguzia Georges Perec in un libro degli anni Settanta (2), ove attraverso un esercizio di fantasia letteraria divenuto poi realtĂ fa corrispondere ad ogni stanza un giorno della settimana. E cosĂŹ al “lunedorioâ€? (una stanza interamente consacrata al lunedĂŹ) fa da contrappunto il “sabatorioâ€? ed il “domenicatorioâ€?, abbondantemente commercializzate sotto il nome di “seconda casaâ€? o di “casa per il week endâ€?. Gran parte di queste abitazioni sono generalmente riconducibili ad uno “stile internazionale del vernacolo alpinoâ€? che ha in comune con gli antichi nuclei solo qualche dettaglio superficiale, ma nulla investe in concezione insediativa e spaziale se non per assecondare precise logiche speculative capaci di riproporre con falsi abiti tradizionali i piĂš deteriori modelli abitativi urbani. CosĂŹ all’assordante sovraffollamento concentrato in momenti particolari della settimana e dell’anno, nei rimanenti periodi cala su questi nuovi luoghi abitati un agghiacciante silenzio assai diverso da quello dei villaggi abbandonati: luoghi stabili, immobili, intangibili, mai piĂš toccati e quasi intoccabili, immutabili e radicati nel territorio. Solo a loro è concesso, perchĂŠ possano mantenersi tali, un attento e rispettoso silenzio.


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Architettura per ragazzi A Milano il 18 novembre 2008 presso la sala conferenze di Palazzo Reale è stato presentato il libro Gio Ponti, Milano e i ragazzi. Guardare la città con occhi di angelo della casa editrice Carthusia con il patrocinio della Provincia di Milano, del Comune di Milano e dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Milano. La casa editrice Carthusia dedica dal 1987 la sua attività alla realizzazione di libri per bambini e ragazzi affrontando anche argomenti non frequentemente proposti ai piccoli lettori. L’attenzione all’illustrazione e alla stessa forma del prodotto editoriale trasformano il libro in un oggetto ricco di potenzialità comunicativa che talvolta, come in questo caso, diventa una sorta di lungo pieghevole cartonato di grande efficacia formale che stimola la curiosità dei più giovani. Il libro dedicato a Ponti dopo quello dedicato a Terragni e Como uscito nel 2006 - è il secondo della collana Architettiamo, specificamente dedica-

Rem Koolhaas e Reinier de Graaf per Bovisa

ta all’architettura. La scelta è quella di parlare del rapporto fra un architetto ed una città consentendo un approccio diretto all’architettura, non sempre raccontata ai bambini e ragazzi. Il volume su Ponti, realizzato anche con i suggerimenti di Lisa Ponti, usa l’espediente narrativo di un angelo di città che racconta la vita dell’architetto, il suo lavoro, descrive gli edifici progettati, nei modi di un’avvincente biografia. Ottimo strumento per cercare di far capire anche ai più piccoli il valore collettivo della città e dell’architettura, il libro verrà distribuito gratuitamente ai ragazzi del secondo anno delle scuole medie di Milano e alle biblioteche della provincia di Milano. M. Bertoli, S. Colloredo, A. Monti, C. Rostagno Terragni. Como e i ragazzi. Parola di Demiurgo Carthusia Ed., Milano, 2006 E 8,50 M. Bertoli, B. Masini, A. Monti, Gio Ponti, Milano e i ragazzi. Guardare la città con occhi di angelo Carthusia Ed., Milano, 2008 E 8,50

Dopo l’elaborazione di numerose ipotesi di progetto, il piano di riqualificazione dell’ex quartiere industriale Bovisa (ex Montedison) venne bloccato nel 1997 a causa della mancaza di fondi economici pubblici per la bonifica dei terreni. A distanza di dieci anni l’iniziativa riparte ma con nuovi attori e un nuovo progetto. Sabato 22 novembre 2008 è stato infatti presentato a Milano il nuovo masterplan per la rifunzionalizzazione della Bovisa, che in futuro diventerà il nuovo polo scientifico e tecnologico di Milano. Si tratta di una superficie di 850.000 mq da risanare, in cui andranno collocati spazi integrati per l’università, strutture per la ricerca e uffici ma anche residenze e alloggi per studenti, servizi collettivi, impianti sportivi, spazi per la cultura, albeghi e commercio. Date le proporzioni dell’intervento, sarà necessario modificare l’assetto viario in modo da connettere l’area con il centro della città e affrontare in maniera razionale l’inevitabile incremento del traffico. Una parte del nuovo Science Park della Bovisa - così è stato nominato il nuovo polo scientifico e tecnologico in riferimento al modello di precedenti esperienze internazionali, come la Silicon Valley - dovrà essere realizzata entro il 2014, in previsione dell’Expo 2015, mentre il progetto complessivo verrà concluso nel 2019. A sostenere la manova è EuroMilano S.p.A, società di promozione e sviluppo immobiliare interessata alla riqualificazione di aree metroplitane dismesse, la quale ha stipulato un Accordo di Programma con il Comune di Milano, il Politecnico di Milano, l’azienda A2A, il gruppo FNM e la Camera di Commercio e che mira a coinvolgere imprese nazionali e internazionali. Il masterplan è stato elaborato dall’archistar Rem Koolhaas, fondatore dell’Office for Metro-

politan Architecture (OMA) con sede a Rotterdam, e da Reinier de Graaf, partner di OMA. La scelta dello studio OMA, incaricato del progetto su commissione diretta, in assenza dunque di una procedura concorsuale, è riconducibile sia alla visibilità a livello planetario di cui gode lo studio olandese, sia alla sua vocazione non solo architettonica ma anche urbanistica, che aderisce perfettamente agli obiettivi degli investitori. Inoltre Koolhaas conosce già da tempo la realtà milanese, grazie alla sua collaborazione con l’azienda Prada, per la quale sta seguendo un progetto di trasformazione dell’area dismessa in via Isarco, nella zona sud di Milano. Koolhaas e de Graaf, pur riconoscendo l’immobilismo urbanistico che ha caratterizzato la storia di Milano del XX secolo, ritengono che oggi la città, un tempo il centro della regione industriale d’Italia, sia il principale fulcro finanziario nazionale e centro globale per la moda e il design. Secondo i due architetti, i vuoti urbani della città post-industriale, che al momento sta assistendo a un boom di sviluppo urbano, rappresentano un’opportunità straordinaria per un’ambiziosa innovazione architettonica e urbana. Nel pomeriggio di sabato, dopo la presentazione del masterplan, Rem Koolhaas ha tenuto una lezione ex cathedra dedicata appositamente agli studenti della Facoltà di Architettura Civile, presso il Campus Bovisa del Politecnico di Milano. Durante la sua comunicazione, Koolhaas ha approfondito questioni riguardanti il ruolo dell’architetto contemporaneo, i modi progettuali di OMA e le indagini intraprese da AMO, un think tank fondato da Koolhaas stesso e diretto attualmente da de Graaf. Silvia Micheli


Nuovi parcheggi a Milano carsene altri se andrà in porto l’iniziativa che vede l’istituzione di un tavolo di confronto con le Ferrovie dello Stato per la progettazione di altrettanti posti macchina da collocarsi in prossimità di una ventina di stazioni ferroviarie individuate lungo le linee suburbane, utilizzate, ogni giorno, da migliaia di pendolari. Per quest’anno si prevede l’apertura del parcheggio di piazzale Lodi (70 posti) e di Certosa in prossimità della stazione di Certosa del passante ferroviario (380 posti), ma sono in via di progettazione anche un parcheggio in piazzale Abbiategrasso (800 posti) e uno alla Comasina, presso la fermata della M3, di 2.100 posti. Inoltre è in corso di revisione il piano per un parcheggio di 900 posti presso la Fiera di Rho-Pero mai giunto a compimento per mancanza di fondi.

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rispetteremo l’impianto delle ‘cellule’ voluto da Viganò”.A lavori ultimati il Comune concederà, gratuitamente e per 35 anni, l’utilizzo del Marchiondi al Politecnico che qui collocherà

un proprio pensionato. I servizi sociali connessi al pensionato e il pensionato stesso saranno gestiti da enti no-profit. M. L.

Martina Landsberger

Milano apre le celebrazioni di Piermarini Istituto Marchiondi: parte il restauro Mentre a New York il MOMA espone il modello virtuale dell’edificio Marchiondi Spagliardi progettato da Vittoriano Viganò nel 1957, a Milano, dopo 12 anni di devastazioni dello stesso dovute a incuria e occupazioni da parte di “senzatetto”, si decide per un restauro della struttura. Entro un anno nei lunghi corridoi oggi semi-distrutti torneranno a lavorare gli operai responsabili dei lavori di ristrutturazione. Parte, infatti, un piano di recupero di 16 milioni di euro che vede coinvolti Comune, Politecnico, Fondazione Cariplo e un gruppo di cooperative consorziate. L’Istituto Marchiondi Spagliardi nasce come luogo deputato ad accogliere i cosiddetti ragazzi “cattivi” che qui dovrebbero essere rieducati. Viganò, vincitore del concorso, pensa ad un edificio che si opponga all’idea predominante di “riformatorio” e che invece sottolinei l’aspetto della convivenza sociale e comunitaria. A 52 anni di distanza il Marchiondi tornerà ad ospitare giovani, in questo

caso studenti, e strutture sociali destinate al quartiere. Spiega Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo che contribuirà al progetto con quasi quattro milioni di euro: “È un intervento di edilizia sociale che mira a rispondere al grande e variegato bisogno di casa a Milano. C’è grande necessità di strutture per gli studenti, una delle principali risorse per lo sviluppo del capitale umano della città. Ma non sarà solo un pensionato, piuttosto un centro polifunzionale”. Il progetto di restauro è stato redatto da un folto gruppo fra architetti, ingegneri coordinati dal prof. Massimo Fortis, direttore del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano, che riguardo ai tempi di realizzazione e al carattere dell’opera spiega: “Già in primavera dovremmo entrare nell’istituto per terminare i rilievi necessari per il progetto esecutivo. L’inizio dei lavori veri e propri sarà tra un anno. Non modificheremo l’involucro edilizio esterno e anche all’interno, in particolare nell’ex convitto,

Con la piccola mostra “Omaggio a Piermarini“, ospitata dal 12 dicembre 2008 al 2 febbraio 2009 al Museo del Teatro all Scala - l’opera più celebre delll’architetto, inaugurata nel 1778 - Milano ha dato inizio alle celebrazioni del bicentenario della morte di Giuseppe Piermarini (1734-1808). L’esposizione ha presentato 7 documenti (manoscritti, disegni, incisioni, bozzetti) relativi al Teatro alla Scala. Le iniziative si svilupepranno, in maniera più compitua, nell’arco del 2009 tra il capoluogo lombardo, Monza e Foligno, citta natale di Piermarini. In particolare, Milano il prossimo autunno dedicherà al maestro una grande antologica a Palazzo Reale, che fu restaurato come residenza per l’arciduca Ferdinando d’Asburgo dallo stesso Piermarini - nominato Imperial Regio Architetto il 30 novembre 1769 - dopo che il progetto di Vanvitelli, a seguito del quale si era trasferito nel capoluopgo lombardo, fu rifiutato. Da questa data Piermarini affrontò un trentennio d’intensa attività nella Lombardia austria-

ca. Nel 1776 ottenne la cattedra di architetura alla neonata Accademia di Belle Arti di Brera e l’anno dopo iniziò la Villa Reale di Monza. A Milano riorganizzò urbanisticamente il centro, aprendo piazza Fontana e via Santa Radegonda, asse di collegamneto col Teatro alla Scala, e rettificando il Corso di Porta Orientale (attuale corso di Porta Venezia), asse di collegamento con Monza e Vienna. La mostra milanese focalizzerà l’attenzione sul ruolo di Piermarini nella trasformazione di Milano in una città moderna, dotata di servizi e aperta alla cultura internazionale. Irina Casali

OSSERVATORIO ARGOMENTI

Lo scorso dicembre a Milano è stato inaugurato il nuovo parcheggio di piazzale Maciachini in corrispondenza della fermata della metropolitana. Si tratta di una struttura composta da due piani interrati, capace di ospitare fino a 429 auto, sorvegliato da 36 telecamere collegate con la postazione del custode, dipinto di colori vivaci onde evitare zone buie e dotato di aree, opportunamente collocate in prossimità delle scale, degli ascensori e dell’infopoint, destinate alle donne e ai disabili. Si tratta, secondo Palazzo Marino, di una sorta di parcheggio “modello” che dovrà servire da guida per la realizzazione di ulteriori 11 strutture di interscambio - collocate cioè in prossimità delle fermate della metropolitana -, da realizzarsi entro il 2012. In questo modo agli attuali 16.788 posti macchina disponibili se ne aggiungeranno altri 10.000. A tutto ciò potrebbero poi affian-


OSSERVATORIO ARGOMENTI

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New Orleans risorge, ma ecosostenibile Costruire 150 case ecosostenibili, sicure ed economicamente accessibili, per restituire il Lower 9th Ward ai suoi abitanti. Questa è l’ambiziosa iniziativa promossa da Brad Pitt, tramite la fondazione “Make It Right”, per aiutare gli abitanti di New Orleans, colpita dall’uragano Katrina nell’agosto 2005 e ridotta ad una città fantasma, con interi quartieri distrutti e migliaia di sfollati. In collaborazione con lo studio GRAFT ed un team di esperti in architettura ambientale, l’attore ha promosso un concorso a inviti rivolto a 13 noti architetti, locali, nazionali ed internazionali, tra cui MVRDV, Shigeru Ban, Morphosis, Billes e lo stesso GRAFT. I modelli, tutti rialzati dal suolo, presentano pannelli solari, sistemi di raccolta delle acque piovane, ma anche portici e tettoie tipici della tradizione costruttiva locale. Ogni progetto è stato valutato e discusso con le associazioni dei cittadini che hanno potuto scegliere la propria casa, in puro stile democratico americano. L’iniziativa è stata preceden-

temente sottolineata da un’installazione artistica denominata “Pink Project” (presente nella mostra Casa per tutti alla Triennale di Milano nella sezione Emergencies) in cui parte del quartiere è stata temporaneamente ricoperta da strutture in alluminio rivestite con teli rosa, metafora delle case distrutte e della rinnovata ricostruzione. Il progetto è finanziato dallo stesso Pitt e da donazioni private e le prime case sono già state abitate. Il completamento del complesso è previsto entro il prossimo anno. Brad Pitt non è nuovo a queste iniziative: già nel 2006, dati gli sforzi insufficienti per risollevare la città, l’attore ha sponsorizzato un concorso indetto dall’associazione “Global Green” con l’obiettivo di costruire abitazioni e spazi per la comunità a consumi energetici ridotti. Il progetto scelto, quello dello studio Workshop/apd di New York, è stato realizzato nella primavera 2008 nell’area di Holy Cross, quartiere storico e multiculturale della città. Annalisa Bergo

Rogers a Trieste La città cui per tutta la vita ha rivolto pensieri, studi e progetti e che ha sempre riconosciuto come patria, Trieste, onora Ernesto Nathan Rogers, dedicando alla sua memoria e al ricordo del suo insegnamento un edificio realizzato dai BBPR negli anni ’50, gli anni della loro più incisiva ricerca, che il piccolo manufatto rieccheggia, sorta di Pavillon de l’homme, presenza

urbana gioiosa e colorato nella successione dei tre spazi a volta. Abbandonata da anni, la stazione di servizio automobilistico della società Aquila è stata restaurata da Gigetta Tamaro e Francesco Semerani per divenire la Stazione Rogers, “stazione di rifornimento” culturale attraverso i dibattiti e gli incontri che l’associazione, diretta dalla stessa Tamaro, ospiterà. L’inaugurazione (2 ottobre 2008) è stata anch’essa un omaggio al Maestro attraverso la mostra “BluMare, Ernesto N. Rogers architetto a Trieste”, realizzata con la collaborazione dei dipartimenti di progettazione delle facoltà di architettura di Trieste e di Venezia, dedicata da Luciano Semerani e da Giovanni Graziano alle opere triestine di Rogers e alla Mostra del mare (1935), una delle sue prime opere. Serena Maffioletti

“L’azzurro del cielo” Lunedì 26 gennaio 2009 si è inaugurata, presso lo Spazio mostre della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano la mostra L’azzurro del cielo. Omaggio ad Aldo Rossi. Ad un anno di distanza dall’esposizione di Roma - presso l’Accademia di San Luca - questa iniziativa, curata da Francesco Moschini e Valentina Ricciuti, ha avuto come obiettivo quello di mettere a confronto la dimensione lombarda e milanese della poetica di Aldo Rossi con quella internazionale. Come a Roma, anche a Milano, sono stati esposti disegni e modelli di opere e progetti provenienti dall’Archivio personale di Aldo Rossi delle collezioni PARC – MAXXI. Nella lunga navata della sala Mostre, per questa occasione, sono state ricavate 5 stanze all’interno delle quali sono stati esposti i disegni dei progetti propendendo per un ordinamento “geografico” piuttosto che cronologico. La prima stanza, quella d’apertura, è stata dedicata a Milano e alla Lombardia; a questa è seguita quella relativa all’Italia per poi passare all’Europa e quindi al mondo. Unica eccezione alla regola, l’ultima stanza, in cui si è scelto di raccogliere i progetti secondo un ordine tematico: il teatro e i luoghi dello spettacolo. Parallelamente alla mostra, nella giornata del 29 gennaio, si è tenuto un seminario di studi curato da Daniele Vitale cui hanno partecipato, oltre agli studenti e ai docenti della

Facoltà, architetti e professori - non solamente italiani - che in modo diverso hanno avuto occasione di frequentare e collaborare con Aldo Rossi.Ognuno ha contribuito alla giornata con una propria testimonianza relativamente al rapporto intercorso. In questo modo agli “aneddoti” e ai ricordi si sono affiancate letture specifiche sul lavoro e sugli interessi disciplinari di Rossi. Fra questi, Luciano Semerani ha ricordato il progetto del Teatro del Mondo, la sua costruzione e la visita al cantiere di Marghera; Antonio Monestiroli ha ripercorso le lunghe passeggiate a Milano e la lettura che Rossi offriva della città, una città sempre teatrale come “spettacolari” – nel senso del teatro – sono anche tutti i suoi disegni; Daniele Vitale ha, invece, sottolineato lo stretto legame che intercorre fra teoria e progetto e come ne L’Architettura della città sia presente “un’ombra” - il progetto appunto - che, se non riconosciuta, impedisce la comprensione del testo. Fra gli amici e collaboratori stranieri, hanno contribuito con una propria testimonianza Salvator Tarragõ e José Charters oltre a Fabio Rieinhardt che ha ripercorso l’iter progettuale del teatro Carlo Felice di Genova. L’azzurro del cielo. Omaggio ad Aldo Rossi Milano, Facoltà di Architettura Civile 26 gennaio 2009 – 12 febbraio 2009


a cura di Manuela Oglialoro

Una città da 2 milioni di abitanti nasceranno le nuove case, in “la Repubblica”, 2.12.08). Il programma quindi prevede due punti nevralgici: da una parte innalzare gli indici di edificabilità, portando da 0,65 a 1 metro quadrato di costruito per metro quadrato di terreno, dall’altro costruire sulle aree con destinazione a servizi mai realizzati e abbattere le vecchie case popolari per realizzare nuove residenze a prezzi calmierati. Per raggiungere questi obiettivi occorre in primo luogo cambiare le regole: cambiare la destinazione d’uso delle cosiddette ‘aree standard a vincolo decaduto’ per costruire residenze in housing sociale. Per farlo è però necessario cambiare la destinazione d’uso di tutte quelle porzioni di territorio che il Piano regolatore del 1980 ha vincolato a funzioni pubbliche, come giardini o scuole, ma che nessuno ha mai realizzato (né il Comune né i privati). Lì nessuno, stante le regole attuali, ci può costruire. ‘Abbiamo chiesto alla Regione di modificare la Legge 12, togliendo il vincolo di non edificabilità in quelle aree dove negli anni non è mai stato fatto niente’, spiega Masseroli (Teresa Monestiroli, cit.). Si tratta di un affare di proporzioni enormi: 9 milioni di aree da rendere edificabili al posto di aree verdi, oltre alle aree di riqualificazione urbanistica: i metri quadrati ancora a disposizione a Milano sono oltre 15 milioni. Ai 9 milioni di aree standard a vincolo decaduto, si aggiungono 4 milioni di metri quadrati di aree private di riqualificazione urbanistica, un milioni di scali ferroviari dismessi, quasi 700mila di aree industriali dismesse, 400mila di aree destinate a servizi tecnologici mai realizzati e 200mila di progetti di housing sociale in corso. In tutto si potrebbero realizzare nuove case per quasi 160mila nuovi residenti (Teresa Monestiroli, cit.). La nuova strategia che tende ad una massiccia ripresa edificatoria a Milano si scontra con molti pareri discordi, fra i primi quelli dell’opposizione che in consiglio comunale ha presentato diversi emendamenti alla

31 delibera che ha innalzato gli indici di edificabilità, permettendo di costruire sulle aree con vincolo decaduto: il centrosinistra accusa. ‘La maggior parte di queste aree sono in zone semicentrali in cui trovare spazio per un giardino o una scuola è difficilissimo. Il gruppo di Forza Italia ha superato l’assessore nel desiderio di cementificare’, dice il consigliere del Pd David Gentili. E il capogruppo, Pierfrancesco Majorino: ‘Potrebbero essere realizzati per la collettività e invece rischiano di essere utilizzati a fini speculativi’. Basilio Rizzo della Lista Fo rincara: ‘Abbiamo concesso ai costruttori di riempire ancora di più la città: starò molto attento ai passaggi di proprietà che avverranno’. In aula è passato anche un emendamento del Pd che destina in generale - ma dopo le modifiche della maggioranza solo su aree superiori a 10mila metri quadrati - una parte degli indici innalzati a 1 metro quadrato ad housing sociale in affitto o edilizia convenzionata (Alessia Gallione, Blitz in consiglio comunale più case sulle aree verdi, “la Repubblica”, 5.12.08). La sezione lombarda dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, ha giudicato: singolare e un po’ onirica’ l’idea di portare Milano a 2 milioni di abitanti, con uno sviluppo da ‘105 milioni di metri cubi’, che porterà alla ‘costipazione’. E spera in un ‘fraintendimento’. (Stefano Rossi, Gli urbanisti contro Masseroli, “la Repubblica”, 13.11.08). Renzo Piano ha emesso un giudizio categorico sulla novella operazione: La strategia urbanistica di Milano appare criminale. (...) Si vaneggia di crescita e si dimentica la periferia: la periferia è incompresa, non è amata, non è capita. Si parla di crescita (quella degli indici fondiari, immagino) ma non si parla delle condizioni invivibili del centro e si progettano altri parcheggi. La politica ha dimenticato di venire da Polis (…) Bisogna smettere di costruire, di diffondere il brutto (Renzo Piano, È criminale la strategia urbanistica di Milano, “la Repubblica” 5.12.08) Ci sono anche altri aspetti da

tenere presenti in questa operazione, come avverte Stefano Boeri: Se mai, bisognerebbe occuparsi del destino delle decine di migliaia di metri cubi di uffici sfitti e dei nuovi che stanno per arrivare sul mercato invece che del cemento fresco (Alberto Statera, Milano, città svenduta al cemento Ecco tutti i predoni dell’Expo 2015, “la Repubblica”, 26.11.08.). Sarebbe proprio conveniente capire come si conciliano le mire espansionistiche e le ottimistiche previsioni di ripresa economica, fondate sul settore edilizio, con la situazione di crisi in cui versano gran parte delle grandi operazioni immobiliari intraprese nel capoluogo lombardo. Infatti, molti degli immobili edificati di recente sono rimasti invenduti: Da una parte sempre più case nuove di zecca che restano vuote. Dall’altra sempre più famiglie senza un tetto. Ecco confezionato il paradosso del mercato immobiliare milanese (…) L’assessore, Carlo Masseroli, lancia una proposta ai costruttori. I privati che faticano a vendere potrebbero cedere i loro edifici a prezzi stracciati. Diciamo 1.700 euro al metro quadrato. Ad acquisirli dovrebbero essere fondi etici o fondazioni bancarie. Pronti ad accogliere gli inquilini dei quartieri popolari degradati e a farsi carico della gestione. I costruttori che hanno venduto a prezzi bassi sarebbero ricompensati con la possibilità di costruire al posto delle case popolari abbattute (Rita Querzé, Case popolari, patto banche-costruttori, “Corriere della Sera”, 9.12.08). In ogni caso, il sacrificio delle aree libere può essere ammesso solo nella prospettiva di garantire la casa, in affitto o a prezzi calmierati, alle fasce sociali deboli, ma occorre pianificare le decisioni all’interno di un esame d’insieme della situazione che è prerogativa del Piano di governo del territorio. M. O.

OSSERVATORIO RILETTURE

Tra novembre e dicembre 2008 è stata presentata in Consiglio Comunale a Milano la revisione del “Documento di inquadramento delle politiche urbanistiche”, atto programmatico che era stato redatto nel 2000. Cogliendo l’occasione di questa verifica l’assessore Masseroli ha presentato la sua strategia per creare una città da 2 milioni di abitanti: Una città da due milioni di abitanti, con 12 milioni di metri cubi di case in più. L’assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli fa chiarezza sui futuri assetti di Milano: una città da ‘densificare’, dice, più costruita e popolata, dopo l’esodo nell’hinterland dei decenni scorsi. Come raggiungere l’obiettivo della giunta di 700.000 abitanti in più, per metà giovani? Aumentando gli indici di edificabilità di un terzo, da 0,65 a 1 metro quadrato di costruito per metro quadrato di terreno. ‘O anche di più’, precisa Masseroli. Contenere i costi di costruzione invoglierà gli immobiliaristi a riservare una quota ad affitti calmierati (Stefano Rossi, Più case per due milioni di abitanti, “la Repubblica”, 4.11.08). Il Piano di “densificazione” della città dell’assessore Masseroli viene messo in cantiere nelle more dell’approvazione del nuovo Pgt che avrebbe dovuto sostituire il vecchio Prg entro la scadenza del 31 marzo 2009. Per ora, Milano non avrà dunque né il Piano di governo del territorio, né il Piano dei servizi, atto necessario e previsto nella nuova pianificazione, comunque, in tale quadro, si progetta la saturazione di tutte le residue aree libere in città: Edificare nelle aree libere destinate a verde pubblico mai realizzato e abbattere gli edifici degradati delle periferie (case popolari) per ricostruire residenze ex novo (aumentando però le volumetrie). È questa la ricetta dell’assessore all’Urbanistica del Comune Carlo Masseroli per risolvere, almeno in parte, il problema della casa a Milano. ‘Se vogliamo rendere la città più attrattiva per i giovani c´è bisogno di più case in affitto’ (Teresa Monestiroli, Parchi, via i vecchi vincoli così


a cura di Roberto Gamba

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Nuovo plesso scolastico per Cenate Sotto (Bergamo) maggio - settembre 2008 Il concorso di idee, bandito dall’amministrazione comunale aveva per oggetto la “Realizzazione di un plesso scolastico comprendente scuola primaria”, con relativa palestra e locali di refezione, per 2 sezioni complete (pari a 10 aule) oltre a 4 aule da adibirsi a laboratori. Erano richieste 3 tavole in formato A0. I premi sono stati di euro 8.000, euro 4.000, euro 3.000. La commissione giudicatrice era composta da Rossella Orlando (presidente), Gianantonio Giaz-

zi, Vincenzo Piccitto, Achille Bonardi, Aurelio Mazzoleni. Oltre ai progetti premiati e qui presentati sono stati segnalati i lavori di Gianpaolo Bortolin e Davide Zanella; Antonio La Gioia e Cecilia Betti; Francesco Michelis con Graziella Corti, Tiziano Massarutto, Francesco Toneguzzi, Andrea Bresin; Massimo Tocco, con Andrea Corindia, Pietro Coccia; Giancarlo Volpini con Pasquale Gandolfi, Paola Corsi; Francesca Torzo; Giorgio Burragato con Alessandro Fusetti, Marzia Sistoli.

1° classificato Tomas Ghisellini (Bologna), Beatrice Bergamini, Nicola Gallini Intenzionato a realizzare l’edificio scolastico, salvando il grande giardino preesistente dalla distruzione, il progetto spinge ogni massa costruita verso i margini del lotto, concentrando buona parte dello sviluppo planimetrico generale, entro l’area attualmente occupata da un parcheggio. Un grande spazio aperto protetto sarà racchiuso dall’edificio scolastico e da un recinto murato permeabile. L’edificio, generato dalla composizione di volumi elementari in laterizio a vista e intonaco bianco, allestisce su

strada un margine tridimensionale compatto, prospetti silenziosi ed impermeabili, intagliati da aperture nascoste. Il linguaggio architettonico, rigoroso ed essenziale, edifica la suggestione antica di un edificio difensivo per il quale ad un basamento compatto ed apparentemente impenetrabile è affidato il compito del contatto con il suolo urbano. Sovvertendo le scelte di confine, il progetto costruisce invece sulla corte degli alberi fronti trasparenti ed attraversabili; superfici e pareti vetrate regalano a tutti gli ambienti nobili della scuola (aule, hall, spazi comuni, refettorio e palestra) la vista diretta del giardino e del panorama collinare.


Data la dimensione ridotta del lotto a disposizione, si è deciso di disporre le funzioni su due piani, mantenendo un ampio spazio a verde alberato con destinazione didattica e ludica e realizzando una piazza d’ingresso. Il progetto è stato pensato secondo gli indirizzi di un attento consumo energetico, attuando strategie progettuali della bioedilizia. La distribuzione dei volumi è regolata dalla ricerca del miglior orientamento, dell’efficace controllo del soleg-

giamento, della corretta illuminazione naturale e dall’apertura verso il paesaggio collinare. La soluzione architettonica diventa esperienza formativa, giocata attraverso gli elementi del progetto: la compenetrazione degli spazi in pianta e ai vari livelli; il collegamento visivo e fisico tra interno ed esterno, i diversi percorsi della luce naturale, che rivelano il trascorrere del tempo; l’inserimento di diverse essenze arboree che stagionalmente mutano d’aspetto; il moltiplicarsi dei punti di vista dall’interno verso il paesaggio circostante; l’inserimento d’elementi costruiti o modellati col terreno che rompono la linearità dei volumi.

3° classificato Roberto Facchetti (Palazzolo sull’Oglio - Bs), Massimo Masneri, Maria Angela Marinoni, Maria Paola Zattarin Il progetto è organizzato attorno a due assi principali, memoria dell’impianto storico del paese, sviluppando le sue nuove architetture ed aree verdi come elementi complementari a esso. Le murature e gli elementi della vecchia struttura difensiva, identità del paese, sono alla base della composizione architettonica e del nuovo plesso scolastico, insediato verso valle, a formare una corte protetta,

rimarcando quel senso forte di luogo protetto e misurato. Il volume principale, composto da tre piani sfalsati, è destinato a spazi di accoglienza, didattici, laboratori, servizi e spazi ricreativi. Il secondo volume accoglie la palestra. La luce entra a sud, filtrata da schermature naturali e artificiali, mentre la traslazione dei piani permette una adeguata illuminazione zenitale del piano intermedio. Tutto il complesso è pensato come spazio educativo accogliente, sicuro e di semplice articolazione formale, per permettere una immediata relazione con i suoi piccoli utenti.

33 OSSERVATORIO CONCORSI

2° classificato Stefano Sichich (Bergamo), Nives Seminati, Armida Forlani


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Sistemazione delle aree circostanti la sede municipale di Collebeato (Brescia) marzo – maggio 2008 Il comune di Collebeato aveva indetto un concorso di idee per la sistemazione delle aree circostanti la sede municipale, con l’intenzione di procedere anche alla realizzazione di un edificio costituito da due piani fuori terra e uno interrato. Il progetto era richiesto su due tavole in formato A1. Il montepremi era di euro 20.000: euro 9.000 per il vincitore, euro 5.000 al secondo, euro 3.000 al terzo; inoltre euro 3.000 per altri due progetti meritevoli. L’Amministrazione comunale aveva garantito il con-

ferimento dell’incarico per la redazione del progetto definitivo e esecutivo al concorrente che si sarebbe classificato primo. La giuria era composta da Paolo Mestriner (presidente), Stefania Annovazzi, Antonio Abba Legnazzi, Enzo Renon, Luciano Lussignoli, Alessandro Benevolo. Sono stati menzionati i progetti di Massimo Sandrinelli, con Michele Albini, Sergio Leali, Marino Bortolotti e a Mario Mento, con Alessio Rossi, Stefano Bordoli, Francesca Ziliani, Antonio Bellogini.

1° classificato Stevan Tesic (Brescia), Milena Veljkovic Studio DI_aRCHON Rinaldo Ciravolo, Luca Corini, Roberto Cristini, Francesco Padula, Luca Mastaglia L’area è di fatto il punto di connessione tra il sistema di futura realizzazione del nuovo quartiere residenziale e l’attuale palazzo municipale, appoggiandosi, il nuovo sistema, sull’ambito consolidato dell’attuale tessuto urbano, dove la sede municipale diventa l’unità generatrice su cui attestare il nuovo brano urbano, lungo l’asse storico di sviluppo dell’abitato. Nell’area di concorso, adiacente il municipio si prevede la collocazione di altre funzioni centrali in modo da determinare una trasformazione struttu-

rale del centro di Collebeato. Il principale obiettivo del progetto diviene la definizione di una figura architettonica per il nuovo edificio, fortemente correlata e generativa del disegno degli spazi esterni. L’edificio è un elemento connettivo centripeto tra sistemi esterni, che da esso vengono acclusi in una sorta di percorsi strutturati. Esso costruisce un recinto articolato che riporta a una scala maggiore la figura complessiva dell’intervento e organizza un sistema di spazi, pubblici aperti, quali la storica piazza municipio, la piazza retrostante al municipio, la piazza parcheggio, il chiostro tecnologico, il chiostro di nuova formazione della Sala consiliare e infine il “Chiostro in Alto”, formalizzato come tetto giardino e situato in copertura del nuovo edificio.


L’idea del progetto è di pensare all’edificio come una piazza, quindi per definizione uno spazio circoscritto, limitato, simbolico. La proposta assume la forma di un edificio che avvolge l’intero spazio, generando un patio di grandi dimensioni. Lo spazio risulta aperto e trasparente al piano terra, mentre è più chiuso al primo piano. A piano terra l’area è suddivisa in due volumi disposti perpendi-

colarmente tra loro, così da creare, con la via Borghini ad ovest e gli edifici comunali esistenti a sud, lo spazio centrale della piazza. Ad est un volume interamente vetrato ospita gli spazi commerciali, la cui trasparenza garantisce la continuità visiva con l’area verde retrostante. Nel lato nord viene proposta una caffetteria, con il lato verso la piazza interamente vetrato. Nella piazza, una vasca d’acqua in acciaio qualifica lo spazio esterno e riflette la luce del sole verso l’interno del bar. Accanto allo specchio d’acqua si sviluppa una scala pubblica, di accesso alle funzioni del piano superiore. Al primo piano, si esplicita con chiarezza il perimetro chiuso della piazza, che si rivela con più evidenza come patio/chiostro, delimitato ad est dagli spazi di ampliamento degli uffici comunali, a nord da un’ampia terrazza coperta, a sud da una nuova loggia riservata alla sede del comune ed infine da una lunga parete sospesa ad ovest.

3° classificato Simone Papais (Rodengo Saiano - Bs), Giovanni Marconi Il progetto si muove all’interno di una realtà urbana frammentata, caratterizzata da un’edilizia rada che si stende a bassa intensità sul territorio. La scelta è stata quella di operare nella frammentazione, mantenendo il carattere di autonomia formale e funzionale degli edifici esistenti, e progettando un edificio come elemento autonomo che si proietti nello spazio urba-

no definendone la configurazione. La sfida progettuale è proprio quella di accettare l’intorno e di tentare di connotare le aree urbane come ambienti, con materiali, finiture e proporzioni tali da definire più spazi pubblici che abbiano delle qualità per divenire veri e propri “ambienti urbani”, ossia luoghi che siano non solo palinsesto per i flussi ciclopedonali, ma che possano essere “luoghi dello stare”. La posizione dell’edificio crea un impianto policentrico imperniato su ambienti urbani a diversa configurazione.

35 OSSERVATORIO CONCORSI

2° classificato Giorgio Santagostino (Milano), Monica Margarido collaboratori: Olga Chiaramonte, Claudio Chiodi


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Riassetto funzionale di una piazza di Senago (Milano) luglio - settembre 2008 Il concorso di idee è volto alla realizzazione del “nuovo centro” della cittadina, nell’area della piazza Aldo Moro, pensata come luogo di aggregazione. L’Amministrazione comunale intende prevedere l’insediamento, in quel luogo, della biblioteca comunale e di un auditorium da circa 500 posti; di un parcheggio interrato; di attrezzature (giochi d’acqua, sedute, portabiciclette, cestini, segnaletica); mantenendo comunque le funzioni già presenti di mercato settimanale, di spazio ludico, di snodo delle autolinee del trasporto pubblico locale e della rete ciclopedonale cittadina. Era richiesto che la progettazione ricercasse soluzioni migliorative delle caratteristiche proprie della piazza, per ricostruire una identità architettonica e funzionale, attivando un processo

di riqualificazione radicale che sapesse risolvere con armonia le esigenze sempre crescenti di qualità, vivibilità e sicurezza degli spazi utilizzati dalla collettività. Le soluzioni dovevano risultare realizzabili con un importo non superiore a euro 4.500.000. Erano richieste 3 tavole di formato A0. I premi sono stati di euro 8.000, euro 4.000, euro 2.000. Oltre ai progetti qui presentati e premiati, la commissione giudicatrice (formata da Gianni Rossetti, presidente, Paolo Mestriner, Fausto Rosso, Luigi Benevolo, Giovanni Oggioni) ha attribuito euro 500 ciascuno a: Pietro Derossi, Matteo Bo, Mario Grosso, Raffaele Pisani, Edoardo Guenzani, Anna Licata, quarti classificati; a Maustudio, 5° classificato; a Rebecca Vassallo, 6° classificata.

1° classificato Claudio Castiglioni (Varese), Luca Compri, Roberto Mascazzini, Carlo Castiglioni, Claudio Nardi, Aldo Franzetti, Diego Polese, consulenti Carlo Ascoli, Dario Bellocci, Lucio Visintini L’idea consiste nel completare la cortina edilizia con spalle alberate lungo i lati est ed ovest dell’area. Percorrendo la piazza si attraversano, ai suoi lati, spazi con specifiche suggestioni e funzionalità: piazzette variamente attrezzate, aiuole con essenze floreali, arboree stagionali o con brani coltivati a cereali

in memoria dell’origine agricola del territorio. L’edificio biblioteca-auditorium è un diaframma teatrale: ad esso è delegato il compito di scandire due ambiti di piazza interconnessi e alternativi, a settentrione la città consolidata, a meridione le future espansioni urbane. Il lungo fronte esposto a sud è propedeutico all’applicazione dei princip funzionali dell’architettura naturale. La sala di lettura al primo piano beneficia di un’ampia terrazzagiardino che potrà accogliere future espansioni. Sotto il grande porticato si concentrano gli accessi, disgiunti ma integrabili, della biblioteca, della caffetteria e dell’auditorium.


Il progetto propone una nuova interpretazione della piazza come parco urbano attrezzato, che si sviluppa intorno alla nuova genesi del mercato, configurato come una sequenza di aree funzionali a destinazione pubblica per lo sport, il gioco, lo sva-

go, l’aggregazione, la cultura e lo spettacolo. Il progetto propone una nuova linea generatrice di attività, di cultura, di natura, di vita che disegna nella piazza Aldo Moro la sistemazione del mercato settimanale, il verde, gli spazi aperti per lo svago, il gioco e la socializzazione, la nuova biblioteca comunale, l’auditorium, che definiamo come la “nuova linea di città”. Il progetto nasce dalla reinterpretazione del mercato, del concetto di strada, dell’idea di percorso pedonale, di passeggiata nel verde, di nuovo mercato lineare. Un’idea di unione territoriale, che trasforma un vuoto urbano in un ambito urbano, in relazione con il contesto, con la città, con la viabilità esistente, creando dinamiche di movimento alternativo a quello veicolare, dove la piazza si trasforma in parco verde.

3° classificato Fabio Volpi (Senago - Mi) La Biblioteca si inserisce in maniera puntuale nel contesto, come un padiglione nel parco, ed è costituita essenzialmente da due corpi di fabbrica disposti ai lati e uno spazio vuoto centrale, nel quale le persone, che all’interno attraversano i ponti vetrati di collegamento tra le due ali dell’edificio, possono essere osservate dall’esterno. Giochi di ombre e riflessi si proiettano sul grande atrio, la cui pavimentazione sembra sempli-

cemente appoggiata sul prato stesso. Il giardino con sedute posto a nord è ombreggiato da tigli monumentali. Per il nuovo assetto della piazza, le alberature si pongono come elemento urbanistico chiave e realizzano ambiti nei quali promuovere attività riconoscibili e utili alla collettività. Questi ambienti accolgono suggerimenti spaziali dall’edificato attorno alla piazza, propongono nuove intimità e si aprono, lasciando respirare la visione dell’architettura e degli eventi che si svolgono in essa.

37 OSSERVATORIO CONCORSI

2° classificato Bargone Associati (Roma), Federico Bargone, Francesco Bartolucci, Vincenzo Ferrara, Roberto Perego collaboratori: Zelda De Ruvo, Valentina Castegini, Pablo Miquel Saravia Tapia


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Caruso scrive per “Archi” Alberto Caruso La resistenza critica del moderno Tarmac publishing, Mendrisio, 2008 pp. 132, % 19,00 Questo libro raccoglie gli editoriali di Alberto Caruso, architetto milanese, direttore responsabile della rivista “Archi”. Organo bimestrale della SIA (Società Svizzera Ingegneri e Architetti) e della OITA (Ordine Ticinese Ingegneri e Architetti) che ha compiuto ora dieci anni. Dal 1998 “Archi” ha sostituito la “Rivista tecnica” nell’editoria della costruzione in Canton Ticino, ed è proprio da allora che Caruso la dirige avendo cura di osservare e raccogliere una cultura tecnica d’oltre confine che, seppure fortemente localizzata, dà conto di una visione del “moderno” estesa alla regione centro-europea. Imperniata attorno ai politecnici di Losanna e Zurigo quest’area “svizzera” è circoscritta da una più vasta che ha vertici a nord: Vienna, Monaco, Parigi; nel nostro Paese Milano, più anticamente Torino, più recentemente Venezia. Quanto qui il moderno resista, sia “resistente” oppure sia “critica“ la sua resistenza, sarebbe argomento di interessante discussione, ma sicuramente si può dire che il Canton Ticino rappresenta, o ha rappresentato, una sorta di depurazione della tradizione moderna, anche di quella milanese o italiana settentrionale. Un luogo di una sua possibile chiarificazione testimoniale per così dire agevolata. È questo il senso della prefazione dello stesso Caruso ai suoi editoriali ed è questo il significato del suo essere lì, architetto milanese a dirigere una rivista ticinese. Avere insomma il privilegio di considerare il mondo del nostro mestiere “pastrufaziano” da uno dei luoghi decontaminati della condizione attuale dell’esperienza contemporanea in cui l’accezione “svizzera” acquista un significato per noi di “libertà figlia dell’ordine”; come sottolinea il breve saggio di Francesco Collotti che introduce con Paolo Fumagalli la raccolta. Un volume di testi interessanti e belle immagini in cui i singoli editoriali prendono respiro al di là delle contingenze che li hanno generati, quasi da poter dire che Alberto Caruso ne potrebbe fare un altro libro, in cui quei contenuti sarebbero in grado di raggrupparsi e formare un’opera più generale sui problemi e sulle possibilità dell’architettura del nostro tempo. Giulio Barazzetta

La magia del cemento armato

Bergamo: 200 anni di Piani urbanistici

Claudio Greco Pier Luigi Nervi. Dai primi brevetti al Palazzo delle Esposizioni di Torino 1917-1948 Quart Edizioni, Lucerna, 2008 pp. 304, % 53,90

Bertrando Bonfantini, Bergamo. Piani 1880-2000 Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2008 pp. 312, % 25,00

Il libro di Claudio Greco è il primo lavoro che, a trent’anni dalla morte di Pier Luigi Nervi (il più singolare e noto ingegnere italiano del XX secolo) ne ricostruisce in maniera sistematica la carriera, a cavallo tra l’esordio e la conclusione della Seconda Guerra Mondiale. Nella fase pionieristica della sua attività, Nervi ha avuto modo non solo di sperimentare ed innovare le neonate tecniche di costruzione in cemento armato, ma anche di vivere ed alimentare fino in fondo il clima di euforia che ha trasformato quello stesso periodo in una sorta di età eroica dell’ingegneria nel nostro Paese, in grado di produrre nonostante le ristrettezze economiche e tecnologiche - o forse proprio grazie ad esse, trasformatesi in stimoli per realizzare opere belle e possibili - alcuni capolavori universalmente riconosciuti, che vanno dallo Stadio Berta di Firenze, alle celeberrime aviorimesse di Orbetello, al Palazzo delle Esposizioni di Torino. Anticipando il ruolo che Nervi assumerà nel dare corpo ad una delle più note opere milanesi - il Grattacielo Pirelli di Gio Ponti, che tuttavia rimane fuori dai casi studio analizzati, per questioni cronologiche - Greco dedica anche alcune riflessioni al poco noto Padiglione ad emiciclo per la Fiera del capoluogo lombardo, la cui galleria a tripla altezza venne coperta con una struttura continua a shed sinusoidali andata distrutta, come molte altre mirabili opere di architettura moderna realizzate per lo stesso ente e nello stesso luogo, per lasciar posto ad un progetto dagli esiti (sociali, economici ed architettonici) tutt’altro che certi. Estremamente curato dal punto di vista delle fonti documentarie, il volume non appare altrettanto accattivante nella sua veste grafica che risente di un’impostazione eccessivamente severa, il cui effetto è acuito dalla nutrita presenza di immagini d’epoca che per ovvie ragioni sono principalmente in bianco e nero. Questa piccola imperfezione non sminuisce certo il valore dell’opera e anzi spiace constatare che per poter pubblicare un simile, dettagliato ed interessante studio su una figura chiave della nostra storia costruttiva ci si sia dovuti rivolgere ad un editore svizzero che, nella persona di Heinz Wirz ricostruisce (nella nota introduttiva) la faticosa genesi della pubblicazione. M. Manuela Leoni

La Rete degli Archivi dei Piani Urbanistici (RAPU) è un archivio digitale attivato nel 1994 con lo scopo di sistematizzare e divulgare informazioni e documenti inerenti l’urbanistica e la pianificazione del territorio nazionale, dall’Unità d’Italia sino ai giorni contemporanei. Le ricerche finora attivate riguardano molte città italiane, tra le quali le lombarde Brescia, Como, Lecco, Mantova e Monza. Il libro di Bertrando Bonfantini è il quattordicesimo volume della serie RaPu Preprint, il programma editoriale diretto da Patrizia Gabellini che divulga gli esiti delle ricerche affiancandosi all’archivio on-line disponibile sul portale www.rapu.it. In esso sono riassunti gli esiti di un lungo lavoro – nato dalla sinergia fra Triennale di Milano, Comune di Bergamo e Laboratorio RaPu del Politecnico di Milano – che ha permesso di studiare e recensire disegni e relazioni, norme e regolamenti, delibere e verbali relativi a piani urbanistici e progetti urbani. Il volume ha l’obiettivo di promuovere la conoscenza delle vicende che hanno posto le basi della Bergamo “moderna”, non limitandosi ad esplorare gli strumenti urbanistici ufficiali ma addentrandosi negli atti pubblici degli organi di governo comunale, o fra gli episodi incompiuti dei piani “intermedi” o dei concorsi che hanno segnato la storia urbana e sociale della città. La struttura del testo si articola in varie sezioni: la più consistente è formata dalla raccolta delle schede monografiche di trentasette “documenti” urbanistici la cui successione è scandita dalle quattro fondamentali tappe dei PRG di Aristide Caccia (1900), di Muzio/Morini (1956), di Astengo/ Dodi (1972), di Secchi/Gandolfi (2000). La sequenza delle schede abbonda di dettagli e informazioni, molti dei quali non reperibili in altre pubblicazioni, ed ha la capacità di ordinare e descrivere in modo chiaro un racconto urbanistico complesso e variegato. Il carattere intrinseco del testo è perciò quello del resoconto scientifico e del valido strumento da impiegare per ulteriori studi, progetti e analisi sulla città. Ma, nel contempo, esso stimola una riflessione su alcuni temi ancora attuali nella Bergamo contemporanea e, implicitamente, induce a guardare con occhio critico la controversa stagione pianificatoria che si sta delineando all’orizzonte. Marco Adriano Perletti


Urbanistica e modernità

Ville italiane

Orsina Simona Pierini Passaggio in Iberia. Percorsi del moderno nell’architettura spagnola contemporanea Christian Marinotti, Milano, 2008 pp. 198, % 18,00

Lorenzo Spagnoli Storia dell’urbanistica moderna. Dal Rinascimento all’età delle Rivoluzioni (1400-1815) Zanichelli, Bologna, 2008 pp. 576, % 52,00

Roberto Dulio Ville in Italia dal 1945 Electa, Milano, 2008 pp. 254, % 60,00

Si dice che un architetto debba conoscere almeno una città, i suoi principî costitutivi, le sue regole. Una conoscenza, la sua, mai fine a se stessa, al contrario, punto di partenza di ogni progetto. Infatti, se osserviamo la storia recente vediamo come i frequenti studi urbani siano svolti da coloro che si interrogano sulle problematiche del progetto. Con questo sguardo, credo, si debba leggere Passaggio in Iberia (volume inaugurale della collana “Il pensiero dell’architettura”), una raccolta di scritti contraddistinti da un leitmotif: Barcellona, e, più precisamente, la “nuova” Barcellona di Cerdà studiata in rapporto al progetto moderno e contemporaneo. Fin dall’inizio del proprio soggiorno a Barcellona l’autrice compie una scelta di campo precisa: studiare la città di Cerdà e, per traslato, il tema della regola e della sua trasgressione o reinterpretazione. La regola come garanzia di libertà, questa in sintesi potrebbe essere la tesi espressa nella prima parte dello studio, e i progetti di alcuni fra i maggiori architetti moderni e contemporanei spagnoli sono gli elementi con cui dimostrare come una norma rigida, qual è quella imposta dalla “griglia” del Plan Cerdà, permetta variazioni e realizzazioni sempre diverse fra loro. Il libro evidenzia come la variazione della regola si manifesti nel rapporto che il singolo edificio instaura con lo spazio aperto tramite, cioè, la composizione della sua facciata. “Come guardare la città”: è infatti questo il tema che l’autrice da anni indaga. Vale la pena accennare a un ulteriore argomento, sottolineato da Carlos Martí nella prefazione: il legame che intercorre, da tempo ormai, fra Milano e Barcellona. Una relazione che non solo si è manifestata con il trasferimento qui di giovani professionisti italiani, ma che ha fatto sì che gli architetti della “Scuola di Milano” a Barcellona venissero recepiti come maestri, esempi con cui relazionarsi. Passaggio in Iberia, però, non è solamente un libro su Barcellona. È piuttosto un viaggio nella cultura architettonica spagnola; uno studio sull’“architettura della città”, sulle possibili modalità di osservazione, sulle tecniche della composizione, sulla possibilità di guardare “oltre” a partire da scelte mai arbitrarie. Insomma, un libro capace di offrire utili suggerimenti a coloro che si interrogano sul ruolo e il senso del progetto oggi.

“Qu’est-ce que l’Urbanisme?”. La domanda con cui si apre l’opera di Lorenzo Spagnoli, la stessa che dà il titolo al saggio in cui Pierre Lavedan, nel 1926, enunciava i criteri di scelta adottati per la sua Histoire de l’urbanisme, rappresenta uno scrupolo metodologico oggi sempre più necessario, viste le diverse modalità con cui l’urbanistica e la sua storia vengono interpretate. L’introduzione riporta una riflessione articolata e condivisibile su questo tema, ponendo l’accento sulla natura della disciplina, sul ruolo dei partecipanti al processo di comunicazione, sulle modalità del confronto e sulle conseguenze pratiche delle decisioni, e definendo la storia dell’urbanistica come “lo studio del processo comunicativo all’interno del quale, nelle diverse circostanze storiche, gli attori sociali ricercano un’intesa preliminare a un intervento volontario sulla città e sul territorio”. Fondando il proprio percorso critico su questo assunto, l’autore traccia un itinerario che ripercorre le principali tappe degli studi sulle modalità di trasformazione urbane e territoriali a partire dalle mutazioni economiche, politiche e sociali prodotte nel Quattrocento dalle grandi scoperte geografiche e dallo sviluppo della vita cittadina. Il testo si divide in due parti: la prima, riguardante la prima modernità, prende in esame il periodo che va dal Medioevo agli imperi coloniali, attraversando il Cinquecento europeo (con una riflessione specifica sul caso italiano), il Rinascimento e le città ideali; la seconda, che fotografa il passaggio dal mercantilismo al liberismo, ripercorre la cultura urbana seicentesca e settecentesca attraverso analisi puntuali riferite alle principali regioni geografiche. Accompagnata da una dettagliata bibliografia e da un ricco apparato iconografico, questa Storia dell’urbanistica moderna ricostruisce con precisione e chiarezza lo sviluppo di un ambito disciplinare complesso, ponendosi come valido punto di riferimento per la ricognizione storica e la comprensione dei processi trasformativi intervenuti nella modernità sulla città e sul territorio.

Martina Landsberger

Matteo Moscatelli

La villa ha sempre rappresentato un preciso campo di applicazione del pensiero architettonico, esempio molto evidente della possibilità di sviluppare per filoni tipologici il discorso progettuale. “Una villa è un edificio progettato per sorgere in campagna e finalizzato a soddisfare l’esigenza di svago e riposo del suo proprietario”, “Il programma di base della villa è rimasto inalterato per oltre duemila anni”, “La villa non può essere compresa prescindendo dal suo rapporto con la città” - così James Ackerman nel suo noto saggio del 1990 sulla villa: definizioni che ancora oggi indicano in modo chiaro alcune delle questioni che si possono individuare sul tema della villa. Il lavoro di Roberto Dulio, che si apre proprio con un richiamo agli scritti di Ackerman, aggiunge un interessante capitolo a questo discorso, scegliendo di limitare la sua indagine all’Italia degli ultimi sessant’anni. Il libro presenta, dopo un approfondito saggio introduttivo, diciannove ville attraverso ampie ed argomentate pagine descrittive, complete di puntuali note bibliografiche, ed interessanti materiali iconografici che, con controllato equilibrio, propongono disegni di progetto, fotografie originali ed attuali. Vengono così proposti casi celeberrimi, appartenenti ormai alla storia dell’architettura del ‘900 – quali ad esempio la villa Baletti di Ignazio Gardella a Lesa – sino ad architetture recenti, come la villa a Portese del Garda di Steven Holl. Il lavoro di Dulio si colloca quindi in quella tradizione antologica in cui la selezione degli esempi diventa significativa del principio ordinatore, definendo repertori che contribuiscono alla costruzione di quel sistema iterativo che consegna gli edifici selezionati alla memoria storica. Allo stesso tempo il libro, soprattutto nello scritto introduttivo, propone un attraversamento della storia dell’architettura italiana attraverso il tema specifico della villa. Resta forse oggi da verificare – rispetto alla diffusione della villa nella seconda metà del ‘900, sorta di complemento alla costruzione della città, attuato spesso dagli stessi progettisti e committenti che realizzavano quella città – l’attualità di questo tema di fronte al variare dei modi di vita di una società sempre più mobile, meno radicata e profondamente cambiata. Tema oggi spesso sospeso fra esiti che richiamano le ironie gaddiane ed altri che offrono iperbolici materiali alle cronache mondane. In mezzo restano gli esempi, qui descritti, di edifici che si sono posti l’obiettivo di interpretare con sapienza un tema architettonico di grande tradizione. Maurizio Carones

39 OSSERVATORIO LIBRI

Fare e guardare la città


a cura di Sonia Milone

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L’architettura nel dettaglio Mansilla + Tuñón arquitectos Vicenza, Chiesa di San Silvestro 13 dicembre 2008 – 22 febbraio 2009 Nel suggestivo spazio dell’ex chiesa di San Silvestro a Vicenza è ambientata la mostra curata dall’associazione Abacoarchitettura e dedicata alle opere che gli architetti spagnoli under 50 Luis Mansillia e Emilio Tuñón, allievi e collaboratori di Rafael Moneo, hanno realizzato fra il 1995 e il 2008. Relegando i disegni alle pagine del ricco catalogo, l’esposizione si compone di un intrigante quanto semplice allestimento, concepito dai due progettisti. Il pavimento riproduce una sorta di mappa celeste in cui i nomi delle costellazioni sono sostituiti da parole-chiave per comprendere la filosofia progettuale di Mansillia e Tuñón (una su tutte, “geometria”) o da quelli di luoghi dove lo studio ha operato. Lungo le direttrici che collegano le une agli altri sono poste scatole di legno grezzo, illuminate dall’alto attraverso fasci di luce puntuale che fanno emergere gli scrigni dalla penombra delle antiche navate. Dentro le scatole sono collocati sobri modelli in cartoncino, in grado di far cogliere molto più di qualsiasi rappresentazione bidimensionale il complicato sviluppo volumetrico di edifici come

il MUSAC di Léon, la Villa 08 a Nanjing, il Museo di Archeologia di Zamorra. Ciò che è più sorprende è però la scelta di alloggiare nei coperchi dei contenitori elementi di dettaglio, quali: campioni dei materiali impiegati, macrofotografie o di nuovo plastici - stavolta a scala reale - che identificano in maniera univoca ciascun progetto e che con i modelli globali creano un continuo rimando dal generale al particolare, consentendo di cogliere il ruolo svolto nell’iter progettuale dai vetri colorati del già citato MUSAC, dalle finestre strombate dell’Auditorium di Léon, dalle traverse in calcestruzzo della piscina di San Fernando de Henares o ancora dal “modello concettuale” del museo dell’automobile di Madrid, protagonista dell’unico e curioso filmato presente all’esposizione. Mezzo a quanto pare irrinunciabile per qualunque mostra d’architettura contemporanea, il cortometraggio proiettato in un piccolo auditorium isolato all’interno della chiesa da leggeri veli in stoffa bianca ci mostra infatti come questa metaforica ruota rotoli dai tavoli da disegno dello studio fino al contesto urbano in cui il museo sarà realizzato, trasformandosi via via nel complesso di edifici che lo comporranno. M. Manuela Leoni

I littoriali di Cattaneo Cesare Cattaneo e i littoriali della cultura e dell’arte 1935 e 1936 Lissone, Palazzo Terragni 17 gennaio - 22 febbraio 2009 La mostra su Cattaneo e i Littoriali, organizzata dall’Associazione Archivio Cattaneo, in partner con l’Università La Sapienza di Roma ed il Comune di Lissone, viene presentata in un luogo significativo ed importante per la cultura architettonica del nostro Paese e della cultura del razionalismo italiano. Entrare in Palazzo Terragni, posto nella piazza di Lissone, e vedere nell’aula al piano rialzato dell’edificio, i documenti, i disegni e i modelli dell’architetto Cattaneo e di altri, si sente un moto che riporta

ad una grande stagione dell’architettura italiana ed europea, il razionalismo italiano ed in particolare quello comasco che ebbe un felice sviluppo grazie alla vicinanza ed all’impulso che veniva dal mondo della pittura e del disegno e delle arti figurative. Un periodo felice e spirituale al tempo stesso, che nell’atmosfera ovattata delle rive del lago ha saputo inspirare gli architetti comaschi ed in particolare Cattaneo nella ricerca di una sorta di “razionalità primordiale”. Un setto di colore nero, al quale vengono appesi i disegni di grande formato, divide lo spazio dell’aula; nella parte di sinistra campeggia in mezzeria il plastico di Terragni, Cattaneo, Lingeri per il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi all’E42, un’architettura tipologicamente moderna tutt’oggi. La mostra ha come tema quello dei progetti per i Littoriali, proposte di giovani architetti e laureandi delle facoltà di architettura del nostro paese tra il ‘34 ed il ’35. Il progetto di Cattaneo per l’occasione, sviluppato nel ’35, è quello di un complesso di Casa dell’Assistenza Fascista in una città di 100.000 abitanti, un impianto molto severo che a dire il vero lascia poco spazio alla ricerca degli spazi di relazione, ma sperimenta un complesso molto introverso che si risolve più negli spazi interni che nella relazione interno-esterno. Questo tema è più presente nel progetto di “Casa dello studente per un centro universitario”, essendo quest’ultimo inspirato fortemente agli studi di Le Corbusier per la Ville Radieuse ed il Narkomfin di Ginzburg. Il tema del ballatoio, trattato come una lunga finestra a nastro, e la tipologia in duplex degli alloggi stessi, costruisce una sorta di spazialità vicina ad

un microcosmo personale e funzionale. Un‘aspirazione progettuale, questa della ricerca di un’intimità dello spazio, che nella cella della casa dello studente è solo all’inizio, ma che di lì a poco esploderà nelle successive architetture di Cattaneo lasciando una traccia indelebile nella storia dell’architettura, nonostante la sua breve vita arricchita dal dono dell’arte. Francesco Fallavollita

Giulio Minoletti, professione: razionalista Maurizio Montagna Giulio Minoletti. Visioni urbane Gallarate, Civica Galleria di Arte Moderna 17 gennaio - 22 febbraio 2009

La GAM di Gallarate ha ospitato una monografica del fotografo Maurizio Montagna sull’architettura di Giulio Minoletti, coordinata nell’ambito della manifestazione “La città si fa bella”


Stefano Cusatelli

Un uomo moderno: Mario Schifano

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Schifano. 1934-1998 Selected works Milano, Galleria Gruppo Credito Valtellinese, Accademia di Brera e Fondazione Stelline 17 ottobre 2008 - 1 febbraio 2009 Scrive Achille Bonito Oliva, che ha curato e introdotto il bel catalogo della mostra: “Schifano ha capito che essere artista moderno significa essere anzitutto uomo moderno, proprio nel senso musiliano del termine, di chi non si sottrae alle circostanze”. E forse il tema della modernità è quello che consente una lettura della vasta opera del grande artista, libico di nascita, e romano di adozione. Schifano è “moderno” perché accetta la realtà in cui vive - una realtà fatta di contraddizioni e in rapida e continua trasformazione - e perché di questa cerca di dare una propria interpretazione. Nel suo lavoro, credo sia possibile ravvisare la ricerca di una sorta di sintesi del mondo, rappresentato, di volta in volta, tramite “elementi simbolici”, caratteristici di un’epoca. In questo senso la critica ha apparentato il suo lavoro a quello di Andy Warhol, mettendo in luce un’adesione alla Pop Art che lo stesso Schifano ha negato, non accettando di essere identificato con una particolare corrente artistica. La mostra milanese documenta il lavoro dell’artista esponendo più di 130 opere, tra dipinti e disegni, molti dei quali inediti: i monocromi, quintessenza della “pittura per la pittura”, in cui lo smalto è steso sulla tela con un pennello molto bagnato in modo da costruire una composizione fatta di spazio colorato uniformemente e di colore che “cola”, secondo una propria legge, verso il basso; i dipinti in cui lettere, scritte o simboli si appropriano, con la propria materia, di parte dello spazio riportandoci alla mente le sperimentazioni dadaiste; i paesaggi italiani, che segnano un ritorno all’arte figurativa; la rivisitazione del futurismo e della storia dell’arte in genere; la propaganda politica.

Dagli anni ‘70 Schifano indirizza la propria attenzione al mondo della televisione in quanto produttrice di “simulacri della realtà”, cominciando un’operazione di contaminazione fra le arti (musica, cinema, video e pittura). È questo un periodo tragico nella sua vita che egli supera e di cui la pittura “felice” degli anni

2009: l’anno del Futurismo

Parigi, 20 febbraio 1909: Marinetti pubblica su Le Figaro il manifesto del Futurismo aprendo ufficialmente la stagione a uno dei movimenti artistici più rivoluzionari del ‘900. Un secolo dopo tutto il mondo celebra Boccioni e compagni con un anno ricco di mostre, iniziative ed eventi. Si parte dalla riapertura della restaurata Casa d’Arte Futurista, fondata a Rovereto da Fortunato Depero per esporre e vendere i propri lavori. Sempre a Rovereto, il MART allestisce fino al 7 giugno la bella mostra “Illuminazioni. Avanguardie a confronto” che analizza l’internazionalità del futurismo e le affinità con le avanguardie tedesche e russe. La mostra inaugura ufficialmente il trittico di esposizioni complementari intitolate “Futurismo 100”, curate da Ester Coen, di cui fanno parte anche “Astrazioni”, prevista dal 5 giugno al 4 ottobre al Museo Correr di Venezia e “Simultaneità”, organizzata dal 15 ottobre al 25 gennaio 2010 a Palazzo Reale di Milano. Ma non è finita. Sono previste altre manifestazioni di rilievo. A Milano, città di nascita del movimento, ha già inaugurato presso Palazzo Reale una delle mostre

‘80 è testimone. Negli anni ’90, infine, torna a incombere la presenza “minacciosa” della televisione. Non è un caso, quindi, se la mostra si conclude con un dipinto raffigurante un televisore spento nero e viola: i colori del lutto. Martina Landsberger più attese, “Futurismo 19092009. Velocità+Arte+Azione” (fino al 7 giugno), curata da due specialisti come Giovanni Lista e Ada Masoero, che con oltre 400 opere fra disegni di architettura, arredi, scenografie, costumi teatrali, libri-oggetto, pubblicità, ecc. – oltre, naturalmente, a dipinti e sculture vuole documentare l’ampiezza di interessi dell’azione futurista e il suo progetto di ridisegno globale del mondo. Anche Roma, patria del “secondo Futurismo”, celebra fino al 24 maggio alle Scuderie del Quirinale il movimento della velocità con l’esposizione “Futurismo”, mostra itinerante appena passata al Centre Pompidou di Parigi e attesa, dopo Roma, alla Tate di Londra. E ancora numerose altre iniziative per una futur-festa che coinvolge numerose città italiane: al MIAO di Torino “Rosso + Nero. Futurismo: per un centenario incendiario” (fino al 5 aprile); a Palazzo Saraceni di Bologna “Avanguardia futurista” (fino al 30 aprile); al Palazzo delle Stelline di Milano “Marinetti = Futurismo” (fino al 7 giugno); al Museo Correr di Venezia “Depero. Opere dalla Collezione Federizzi” (fino al 1 marzo). Sonia Milone

OSSERVATORIO MOSTRE

ad un’altra mostra, “Spazi per l’abitare. Busto Arsizio fra le due guerre: idee, architetture, interni”. Le opere costruite intorno agli anni Cinquanta dall’architetto milanese sono indagate attraverso l’obiettivo fotografico di un bianco nero a “camera chiara”, sulla linea dell’attuale ricerca italiana sull’immagine, ma meno incline al quadro urbano e più disposto a inseguire con la marginatura al vivo, le suggestioni luministiche del partito architettonico. L’attività del razionalista, compagno di Albini e Gardella in Milano Verde e nel Palazzo dell’acqua e della luce all’E42, è colta, sulla base degli apparati di Katia Accostato e Luigi Trentin, nel momento della sua realizzazione professionale: la casa del Cedro, tra queste l’opera più convincente, dietro la chiesa di S. Marco, articolata nei due corpi degli uffici lungo via Cernaia e delle abitazioni in cortina lungo la via Fatebenefratelli; la sede ex-Liquigas in corso Venezia, con un chiaro reticolo di facciata e una grande scala elicoidale sul retro; le Ville Sovrapposte nel Giardino d’Arcadia, in confronto impari con la libertà compositiva della vicina casa di via Marchiondi del compagno e maestro Gardella; il Palazzo di fuoco, sul piazzale Loreto a presidio della V dei cari viali, Monza e Padova, così chiamato per il colore dell’illuminazione notturna, tra i primi ad adottare un curtain wall, e la Stazione Garibaldi - concorso vinto insieme ad altri, tra cui Eugenio Gentili Tedeschi - neutrale testimone, con lo sbalzo delle sue travi, dei mutevoli eventi metropolitani. In chiusura di queste sequenza, è posta l’opera simbolo del legame di Minoletti con Gallarate, la Casa del Fascio, realizzata con Palanti, tra il 1938 e il 1940, in cui si rinnova il miracolo razionalista della mutazione di un programma celebrativo ideologico di regime in architettura civile. Le attuali fotografie e i disegni dell’epoca di questo edificio perpetuano il dubbio che per un architetto razionalista valga più dell’esercizio professionale della maturità, qui ben rappresentato, la professione di fede della gioventù.


a cura di Walter Fumagalli

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L’edilizia residenziale sociale Il tema casa è ritornato prepotentemente di grande interesse ed attualitĂ probabilmente anche per le dichiarazioni e le promesse elettorali di recente memoria che hanno posto sotto i riflettori questa specifica tematica. Tuttavia non bisogna pensare che questo argomento sia esclusivamente dialettico o propagandistico: lo stesso trae origine da concrete e reali esigenze che si sono via via accentuate e modificate soprattutto nelle zone piĂš sviluppate dal punto di vista economico, industriale e commerciale. La situazione attuale, che presenta punte di forte criticitĂ , a parere di chi scrive è il risultato delle passate scelte legislative ed amministrative che non hanno saputo far fronte, con la dovuta tempestivitĂ , allo sviluppo del tessuto urbano ed alle esigenze ad esso connesse. Infatti la tematica della casa è da tempo sottoposta all’attenzione del legislatore che ha negli anni disciplinato questa materia, con interventi non organici nĂŠ risolutivi, nel tentativo di soddisfare l’esigenza abitativa delle categorie sociali piĂš deboli. Dalla disciplina complessiva e dalla sua prassi applicativa è possibile identificare diverse tipologie di edilizia a carattere popolare in ragione delle differenti modalitĂ di intervento della pubblica amministrazione, e cioè: s EDILIZIA SOVVENZIONATA COMPRENdente gli interventi di edilizia residenziale realizzati a totale o parziale carico dell’ente pubblico; s EDILIZIA AGEVOLATA COMPRENDENTE le ipotesi nelle quali l’intervento dello Stato è finalizzato all’abbattimento dei costi connessi all’acquisto o comunque alla fruizione dell’alloggio (ad esempio la possibilitĂ di usufruire di mutui a tasso agevolato, nonchĂŠ dei contributi previsti dall’Articolo 72 della Legge 865/71); s EDILIZIA CONVENZIONATA COMPRENdente le opere realizzate da operatori privati, anche al di fuori delle iniziative pubbliche, mediante la stipula di convenzioni con il comune interessato

alle quali sono connesse riduzioni del contributo di costruzione “in cambioâ€? dell’impegno del costruttore ad applicare prezzi inferiori a quelli di mercato sia per la vendita dei singoli appartamenti, che per la loro locazione. Ăˆ quindi opportuno procedere ad una rapida quanto schematica elencazioni delle principali fonti normative aventi ad oggetto tale tipologia edilizia. La legislazione statale Un primo assetto normativo è dato dalla normativa dello Stato cosĂŹ come stratificatasi nel tempo, e che si può sintetizzare nei suoi punti fondamentali come segue. s ,EGGE APRILE N CHE può essere considerata la normativa organica di riferimento, contenente disposizioni volte a favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare previa approvazione, obbligatoria per i comuni aventi una popolazione superiore a 50.000 abitanti e facoltativa per gli altri comuni, di un “piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolareâ€? (i cosiddetti P.E.E.P. o Piani di Zona); s ,EGGE OTTOBRE N INtitolata “norme di coordinamento dell’edilizia residenziale pubblicaâ€?, contenente una serie di disposizioni aventi lo scopo di agevolare l’accesso a tale tipologia edilizia; s ,EGGE GENNAIO N ORA abrogata ma il cui contenuto è stato riprodotto dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) che all’Articolo 7 ha introdotto la giĂ citata edilizia convenzionata; s ,EGGE AGOSTO N RECANte “norme per l’edilizia residenzialeâ€? la quale contiene anche norme relative al recupero del patrimonio edilizio fra le quali spicca l’Articolo 32 che ha introdotto la possibilitĂ , per i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, di obbligare i privati alla stipula di una convenzione speciale al fine di dare in locazione una quota delle abitazioni recuperate a canone concordato con il comune medesimo; s ,EGGE FEBBRAIO N che, tra l’altro, disciplina l’impiego di risorse pubbliche ai fini di realiz-

zare interventi di edilizia agevolata, nonchĂŠ, all’Articolo 16, ha istituito i Programmi Integrati di Intervento allo scopo di “riqualificare il tessuto edilizio, urbanistico ed ambientaleâ€? norma che, sebbene non predisposta espressamente per l’edilizia sociale, si è rivelata strumento utile anche in questo settore; s $ECRETO ,EGGE OTTOBRE N CONVERTITO IN ,EGGE DICEMBRE N ISTITUTIVO DEI 0ROGRAMMI di Recupero Urbano. Quanto sopra rappresenta, in modo assai schematico, la trama fondamentale delle norme statali in tema di edilizia residenziale pubblica, norme che nelle intenzioni del legislatore avrebbero dovuto consentire – ed in buona parte hanno effettivamente consentito – di raggiungere lo scopo di assicurare alle categorie sociali piĂš deboli, mediante la prevalente (o forse sarebbe piĂš corretto dire mediante la pressochĂŠ esclusiva) iniziativa pubblica sia dal punto di vista procedimentale sia per quanto riguarda l’assunzione di tutti i costi e gli oneri, il conseguimento di un alloggio. La legislazione regionale Per completare il quadro normativo di riferimento bisogna richiamare, inoltre, la legislazione regionale e, per quanto riguarda la Lombardia bisogna considerare: s LA ,EGGE 2EGIONALE GENNAIO n. 1 di riordino del sistema delle autonomie in Lombardia ed, in particolare, L !RTICOLO COMMA CHE HA MANTEnuto in capo alla Regione medesima il potere di: a) rilevare il fabbisogno abitativo; b) determinare le linee di intervento e gli obiettivi da raggiungere; c) predisporre i programmi di attuazione ed i criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi; s IL 2EGOLAMENTO 2EGIONALE FEBBRAIO N CONTENENTE NEL dettaglio i predetti criteri validi per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia economico popolare; s LA ,EGGE 2EGIONALE MARZO n. 12 (Legge per il governo del territorio) cosĂŹ come modificata dalla


Lo stato attuale e le prospettive future L’intenzione originaria del legislatore, in particolare di quello statale, era che sarebbe stato lo Stato a farsi carico direttamente del soddisfacimento delle esigenze di carattere abitativo mediante la costruzione in via diretta, previa acquisizione delle aree, degli alloggi da destinare agli strati sociali piĂš deboli. Tuttavia tale ottica è mutata nel corso del tempo e si è assistito ad un progressivo coinvolgimento dei soggetti privati cui demandare compiti sempre piĂš rilevanti in questo ambito fino ad arrivare ad una inversione di tendenza: non piĂš quindi un intervento in massima parte pubblico, bensĂŹ quello privato incentivato ed agevolato dalla pubblica amministrazione. A tale risultato hanno condotto una serie di fattori concomitanti: in primo luogo le tempistiche della pubblica amministrazione che in molti casi si

sono rivelate eccessivamente elevate, in secondo luogo le croniche deficienze finanziarie della pubblica amministrazione che hanno comportato difficoltĂ anche nella ottimale gestione e manutenzione di quanto realizzato, in terzo luogo l’estrema difficoltĂ , da parte della pubblica amministrazione, di adattarsi e recepire tempestivamente i cambiamenti delle esigenze dei cittadini che, specie negli ultimi anni, sono state repentine (si pensi alla richiesta di alloggi per esigenze temporanee). Quanto sopra ha fatto sĂŹ che si registrasse sempre piĂš l’interesse ed il tentativo da parte dei comuni (che costituiscono per ovvie ragioni gli enti pubblici maggiormente coinvolti nel settore in esame) affinchĂŠ fossero i soggetti privati a provvedere alla realizzazione di alloggi di carattere sociale mediante il ricorso al piĂš agevole strumento del Programma Integrato di Intervento (introdotto dalla Legge n. 10/77 e disciplinato anche dagli Articoli 87 e seguenti della Legge Regionale lombarda n. 12/05), il quale consente di operare in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, che prevede la stipula di idonee convenzioni di diritto pubblico contenenti la specifica disciplina cui sono sottoposti gli immobili realizzati, oppure attraverso l’adozione di pianificazioni ad hoc come il “progetto casaâ€? del Comune di Milano degli anni ‘80. Per quanto riguarda il Comune di Milano si segnala che, nel solco di quanto sopra delineato, con delibera del 10 dicembre 2008 è stato approvato il nuovo capitolo X del Documento di Inquadramento (atto che detta le linee di indirizzo per la redazione e l’adozione dei Programmi Integrati di Intervento di cui sopra) e che contiene una serie articolata di modifiche volte ad agevolare la realizzazione, anche in aree con vincolo decaduto, di alloggi a carattere sociale proprio per ampliare le offerte di tale tipologia di immobili. Sembra quindi che venga rilanciata una linea operativa giĂ ben collaudata che però non si è dimostrata risolutiva atteso che ancora oggi si registra

una consistente domanda abitativa insoddisfatta, aggravata dal progressivo impoverimento della societĂ . Sotto quest’ultimo aspetto è stato rilevato che categorie sociali storicamente in grado di accedere agli alloggi alle condizioni di libero mercato, oggi ne sono impossibilitate con conseguente considerevole aumento della richiesta di una abitazione a “costi accessibiliâ€?. Se questa è, quindi, la situazione attuale sorgono spontanee le seguenti riflessioni: posto che il ricorso all’aiuto privato per la realizzazione di nuove unitĂ abitative (prevalentemente destinate alla vendita) è soluzione antica e che ciò nonostante si è ancora in una fase acuta di carenza di alloggi e che tale carenza è addirittura in aumento, si deve concludere che tale strada non è, da sola, risolutiva del problema non riuscendo a rispondere al cento per cento al fabbisogno presente. Forse bisognerebbe, accanto al nuovo impulso edificatorio ad iniziativa privata (che comunque dovrĂ fare i conti con un territorio giĂ notevolmente “consumatoâ€?), incentivare ed agevolare il mercato delle locazioni a canone accessibile degli immobili, anche privati, giĂ esistenti attraverso l’adozione di idonee misure atte a garantire da un lato la certezza del pagamento dei canoni (ad esempio con assunzione di garanzie da parte dei comuni), e dall’altro volte a consentire la determinazione di detti canoni ad importi calmierati senza eccessivi sacrifici per i locatori privati (ad esempio attraverso sovvenzioni o agevolazioni pubbliche). Riccardo Rotoli

43 PROFESSIONE LEGISLAZIONE

,EGGE 2EGIONALE N DEL MARZO 2008, la quale, relativamente al tema CHE QUI INTERESSA ALL !RTICOLO COMma 1 estende l’obbligo di individuare aree per l’edilizia residenziale pubblica per una serie di comuni determinati dalla Regione stessa con apposita delibera; s LA $ELIBERA DELLA 'IUNTA 2EGIONALE LOMBARDA LUGLIO N concernente l’elenco dei comuni obbligati all’individuazione delle aree di edilizia residenziale pubblica ai sensi DEL SUINDICATO !RT COMMA s LA ,EGGE 2EGIONALE LUGLIO N RECANTE DISPOSIZIONI IN TEMA DI servizi abitativi a canone convenzionato che disciplina ed incentiva la realizzazione di alloggi da destinare alla locazione per un corrispettivo inferiore a quello di mercato; s LA ,EGGE 2EGIONALE NOVEMBRE 2007 n. 27, contenente i criteri generali per la determinazione dei canoni per l’edilizia residenziale pubblica la quale, tra l’altro, all’Articolo 2 definisce le unitĂ abitative di edilizia residenziale pubblica espressamente “quale servizio di interesse economico generaleâ€?.


a cura di Verena CorrĂ . Emanuele Gozzi, Umberto Maj, Ilaria Nava, Claudio Sangiorgi

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Nuovi modelli di utenza e nuovi bisogni Il fabbisogno abitativo delle nostre

cittĂ ha determinato la necessitĂ di predisporre una nuova serie di strumentazioni sociali, normative, urbanistiche, culturali ed economiche che permettano di far fronte al disagio ad esso correlato, non solo di natura economica, a causa dell’incapacitĂ di far fronte alle politiche di libero mercato, ma anche familiare e sociale. Pur essendo la casa una delle emergenze cui il nostro Paese negli ultimi anni si trova a far fronte, l’Italia è registrata come la nazione con la piĂš bassa percentuale di alloggi di edilizia sociale, contro il 20% della media comunitaria: l’offerta abitativa pubblica in Italia, dagli ANNI SI Ă’ INFATTI RIDOTTA DEL (fonte: Adnkronos). Il declino dell’architettura sociale, fondamentale nello sviluppo della storia dell’architettura moderna, è legato al parallelo sfilacciarsi della posizione riformista dei protagonisti della scena architettonica, alle difficoltĂ d’azione dell’amministrazione pubblica, e al cambiamento della natura e della struttura della cittĂ . Negli ultimi anni l’attenzione al problema casa ha determinato la rinascita dell’housing sociale visto non solo nella sua accezione storica, quello di edilizia residenziale pubblica, ma come un sistema attraverso il quale un insieme di nuovi attori (pubblici ma anche privati) e di nuove metodologie di intervento (strumenti di pianificazione urbanistica, strumenti finanziari, piani per la locazione e il riscatto) concorrono alla fornitura di servizi che mirano allo sviluppo sociale consentendo condizioni abitative caratterizzate dall’accessibilitĂ economica: si passa dalla concezione di casa popolare a una nuova concezione in cui la casa configura un nuovo rapporto fra pubblico e privato. L’assunto fondamentale di tale nuova politica è che si debba andare incontro ai bisogni della

popolazione, garantendo alle categorie di cittadini che non possono sostenere i prezzi del libero mercato di avere accesso ad alloggi a canone sociale, moderato, oltre alla possibilitĂ di acquisto di alloggi a prezzo convenzionato. Al pari di quanto sopra, fondamentale è la garanzia di un servizio di interesse economico generale, rispondendo alle esigenze delle fasce di popolazione che invece abbiano necessitĂ di una residenza temporanea, condizione per esempio collegata a particolari condizioni di stato (giovani, singles, divorziati), o a fenomeni migratori legati a studio o lavoro. A tale nuovo quadro Casa collettiva per studenti sulla Wiener Strasse, esigenziale si è dovuto Graz (Klaus Kada). rispondere rendendo volta alla realizzazione di un’idea flessibile i metodi operativi attradi comunitĂ e spazialitĂ condivisa verso i quali offrire risposte concreall’interno dei nuovi quartieri. te: se in origine all’Art. 1 comma 2 A tale proposito, un buon esempio , 2 NEGLI INTERVENTI DI %20 è rappresentato dalle delibere conera esclusa la presenza di operatori siliari n. 22 e 23 del 26/05/08 della non pubblici, significativa del nuovo 'IUNTA #OMUNALE DI -ILANO ATTRAMODO DI OPERARE Ă’ NELLA , 2

verso le quali l’Amministrazione ha Art. 1, l’equiparazione fra soggetto reso disponibili 11 aree per la reapubblico e soggetto privato, tale per lizzazione di interventi di housing cui anche quest’ultimo può farsi fisociale: è dunque attraverso una nanziatore e promotore di interventi pianificazione flessibile con l’Ente di ERP. Pubblico che si potrĂ garantire lo Alla base del social housing, al fine sviluppo di tale fenomeno. di garantire canoni calmierati o 6ITTORIO 'REGOTTI SOSTIENE SIA NECESprezzi di vendita piĂš bassi di quelsario, per la risoluzione di questa li del mercato libero, necessario è problematica, un “pentimento proil concorso di piĂš fattori di base: il fondo della cultura architettonica supporto dell’assetto normativo, lo italianaâ€?: agli architetti la richiesta di sviluppo di strumenti finanziari adeapplicarsi in un’inventivitĂ realistica, guati, un sistema di agevolazioni fiper riscrivere tipologie abitative (che scali per gli operatori, l’importanza attualmente sono ancora quelle mudelle relazioni con la comunitĂ , l’actuate dalla rivoluzione abitativa degli cesso ad aree a costi calmierati, la anni ‘20/’30) adatte ai nuovi connoconcessione di incentivi volumetrici tati sociali e istituzionali. e in generale una progettazione integrata (urbana, sociale, finanziaria, Ilaria Nava svolta insieme alle amministrazioni)


I modi dell’abitare contemporaneo, indipendentemente da questioni di moda, determinano il ricorso a materiali e prodotti che fortemente concorrono all’identità degli spazi attuali di vita. In particolare, quattro sono le tendenze registrate negli ultimi anni, che hanno portato all’avvento di nuove soluzioni tecnologiche e normative: s LA RIDUZIONE DIMENSIONALE DEGLI ambienti e il solo paradossale moltiplicarsi di “nicchie” attrezzate per funzioni specialistiche (cucina, fitness, studio, wellness…); s L ATTENZIONE RIVOLTA ALLE PRESTAZIONI del “bene casa”, in termini soprattutto energetici; s LA POSSIBILITÌ DI SVOLGERE L ATTIVITÌ lavorativa d’ufficio, almeno in parte, in ambito residenziale; s IL MINOR TEMPO DISPONIBILE DA DEDIcare alla gestione della casa.

Social-housing a Graz, Alte Postrasse (Michael Szyszkowitz, Karla Kowalski).

Con riferimento al primo di questi punti, significativo è il passaggio, per esempio, del locale cucina, nelle norme del regolamento Edilizio del Comune di Milano, da 7 a 5 mq, che sancisce di fatto il definitivo affermarsi della cucina non più come singola stanza, ma come angolo cottura o parete attrezzata, anche ricompresa nel più ampio spazio di soggiorno. E sempre strettamente connessa a tale tendenza è l’affermarsi di materiali ad alte prestazioni, ma aspecifici rispetto alla loro collocazione e, pertanto, in grado di dettare la finitura di ambienti polivalenti (soggiorno/ pranzo/cottura), piuttosto che non di spazi funzionalmente mirati. Basti pensare al diffondersi del grés porcellanato o delle resine come materiali di rivestimento a pavimento e parete per le intere unità immobiliari, laddove una volta indiscutibile era la tripartizione marmo (soggiorno e pranzo, ingresso), legno (camere da letto ed eventualmente soggiorno), ceramica (bagno e cucina). Il secondo dei punti ricordati, la crescente attenzione alla questione energetica (e soprattutto la normativa di incentivazione fiscale vigente per gli interventi migliorativi delle prestazioni dell’involucro e dell’impianto di riscaldamento) hanno comportato l’affermarsi dei serramenti in alluminio o alluminio e legno a taglio termico, un autentico boom delle soluzioni a cappotto con pannelli in polistirene applicati esternamente ai fronti dell’edificio, nonché un forte incremento degli impianti dotati di caldaie a condensazione. La casa, infatti, è sempre più culturalmente ora avvertita come un bene non solo d’uso e di rappresentanza, ma anche

strumentale e di investimento, di cui si ricerca la qualità e, soprattutto, i minori costi di gestione del complessivo life-cycle-cost. Con riferimento, invece, alla commistione tra attività residenziali e attività lavorative, il primo sistema che ne ha risentito è stato ovviamente l’impianto elettrico, con la moltiplicazione dei punti d’utenza fruibili per il crescente apparato di scambio d’informazioni interno/esterno. Una moltiplicazione di allacciamenti e di tubazioni che, in attesa della diffusione di collegamenti wireless (quando la loro non incidenza sulla salute dell’utenza sarà patrimonio riconosciuto presso la committenza), ha parallelamente condotto a un innalzamento della quota di sottofondo necessaria per garantire il loro passaggio, con il crescente utilizzo di massetti alleggeriti in argilla espansa. Da ultimo, il minor tempo da dedicare alla gestione della casa sta accelerando l’orientamento del mercato verso soluzioni di facile o nulla manutenzione, che ancora una volta penalizzano soprattutto i materiali naturali (marmo e parquet in testa) a favore di prodotti tendenzialmente a necessità di intervento zero (ancora il grés porcellanato) o tecnologicamente evoluti (parquet impregnato a olio a caldo). Claudio Sangiorgi

45 PROFESSIONE NORMATIVE E TECNICHE

Abitare: nuovi materiali e tecnologie


a cura di Camillo Onorato

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Rassegna legislativa G.U. n. 273 del 21.11.2008 Serie generale Determinazione 8 ottobre 2008 Utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa negli ap-palti di lavori pubblici (Determinazione n. 5/2008) In relazione all’applicazione dell’Art. 81 del Decreto Legislativo n. 163/2006, che ha eliminato nel settore dei lavori pubblici i limiti giuridici all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’Autorità per la vigilanza sui Lavori Pubblici ha esaminato i dubbi interpretativi sorti fra gli operatori riguardo alla valutazione delle offerte. Le indicazioni richieste all’Autorità circa l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa da parte delle stazioni appaltanti, si riferiscono sia al profilo della fissazione delle condizioni legittimanti la scelta del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sia al criterio del prezzo più basso, anche per ciò che concerne l’indicazione delle modalità applicative del criterio medesimo. Infatti, un eventuale utilizzo distorto del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa da parte delle stazioni appaltanti può determinare l’esercizio di una discrezionalità svincolata da qualsiasi criterio oggettivo violando i principî di parità di trattamento degli operatori economici e di correttezza dell’azione amministrativa. L’Art. 81 del Decreto Legislativo n. 163/2006 prevede che il criterio di

scelta della migliore offerta si basi alternativamente sul criterio del prezzo più basso o sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa demandando alle stazioni appaltanti la scelta tra i due criteri indicati a quello più adeguato alle caratteristiche dell’oggetto del contratto. Tali disposizioni rappresentano il superamento del regime restrittivo che privilegia il criterio del prezzo più basso dettato dalla Legge 109/1994. “Il Decreto Legislativo n. 358/1992 e il Decreto Legislativo n. 157/1995, recependo le indicazioni del legislatore comunitario, prevedevano già, in materia di forniture (Art. 19 Decreto Legislativo n. 358/1992) e servizi (Art. 23 D.Lgs n. 157/1995), la facoltà della stazione appaltante di scegliere alternativamente tra i due criteri, per i lavori; invece, la Legge n. 109/1994, nella versione precedente alla novella della Legge n. 166/2002, all’Art. 21, limitava la scelta del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa alle concessioni e all’appalto concorso, salvo poi, con l’introduzione del comma 1-ter, estendere tale possibilità anche ai casi di pubblico incanto e licitazione privata di valore superiore alla soglia di rilievo comunitario, purché si trattasse di appalti in cui “per la prevalenza della componente tecnologica o per la particolare rilevanza tecnica delle possibili soluzioni progettuali” si ritenesse possibile che la progettazione potesse essere utilmente migliorata con integrazioni tecniche proposte dall’appaltatore. Circa la compatibilità con il diritto comunitario del sistema di scelta della migliore offerta nei lavori pubblici delineato dalla Legge n. 109/1994 si era espressa negativamente la Corte di Giustizia che ha precisato che il principio che sta alla base dell’orientamento comunitario (Direttiva 93/37, Art. 30) relativamente alla scelta fra i due criteri è quello di consentire alla stazione appaltante di comparare diverse offerte e scegliere la più vantaggiosa in base a criteri obiettivi e pertanto la fissazione di un unico criterio da parte del legislatore nazionale priva le commissioni aggiudicatrici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le peculiarità degli appalti, adottando il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la

selezione della migliore offerta. L’attuale formulazione dell’Art. 81 del Decreto Legislativo n. 163/2006 riporta la normativa nazionale in linea con i principî della normativa comunitaria, dando attuazione in modo pieno al principio di tutela della concorrenza (Art. 81 Trattato UE), sulla scia di quanto statuito dalla Corte di Giustizia e già sostenuto dall’Autorità nella citata Determinazione. Pertanto, l’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici ritiene che “la scelta del criterio di aggiudicazione rientra nella discrezionalità tecnica delle stazioni appaltanti che devono valutarne l’adeguatezza rispetto alle caratteristiche oggettive e specifiche del singolo contratto, applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principî di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento e che assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza: s IL CRITERIO DEL PREZZO PIá BASSO PUÛ reputarsi adeguato al perseguimento delle esigenze dell’amministrazione quando l’oggetto del contratto non sia caratterizzato da un particolare valore tecnologico o si svolga secondo procedure largamente standardizzate; s IL CRITERIO DELL OFFERTA ECONOMICAMENTE più vantaggiosa può essere adottato quando le caratteristiche oggettive dell’appalto inducano a ritenere rilevanti, ai fini dell’aggiudicazione, uno o più aspetti qualitativi, quali ad esempio, l’organizzazione del lavoro, le caratteristiche tecniche dei materiali, l’impatto ambientale, la metodologia utilizzata”. G.U. n. 282 del 2.12.2008 Supplemento ordinario n. 267 Deliberazione 29 ottobre 2008 Comune di Milano - Dichiarazione di notevole interesse pubblico del quartiere Feltre (Art. 136, lettere c) e d), D.Lgs n. 42/2004) (Deliberazione n. VIII/8311) La deliberazione risponde ai principî contenuti nel Decreto Legislativo n. 42, “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, nel regolamento attuativo della Legge 1497/1939, della L.R. n. 12/2005, titolo V, riguardante i beni paesaggistici. La Commissione provinciale di Milano per la tutela delle


G.U. n. 282 del 2.12.2008 Supplemento ordinario n. 267 Deliberazione 29 ottobre 2008 Comune di Milano - Dichiarazione di notevole interesse pubblico del villaggio Moncalvo (Art. 136, lettere c) e d), D.Lgs n. 42/2004) (Deliberazione n. VIII/8312) Analogamente a quanto stabilito dalla deliberazione riguardante il Quartiere Feltre in Comune di Milano ed ai principî ivi contenuti la deliberazione fa riferimento alle motivazioni espresse dalla Commissione provinciale per l’individuazione dei beni paesaggistici, che riconosce nel “villaggio Moncalvo la particolare omogeneità e i pregevoli caratteri stilistici degli edifici, quale testimonianza storica da salvaguardare. L’isolato costituisce un interessante esempio di architettura di inizio secolo legato alla nascita della civiltà industriale nella città di Milano e conserva ancora oggi intatte alcune peculiari caratteristiche

architettoniche e un calibrato rapporto tra architettura, spazi comuni ed aree destinate a verde”. Viene pertanto approvato il perimetro della suddetta area come descritto dagli allegati grafici e disposti gli interventi da attuarsi nel predetto ambito assoggettato a dichiarazione di notevole interesse pubblico secondo le prescrizioni d’uso e criteri di gestione degli interventi. G.U. n. 282 del 2.12.2008 Supplemento ordinario. n. 285 Legge 22 dicembre 2008, n. 203 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2009) La legge Finanziaria per il 2009 riprende i principî contenuti nella manovra d’estate relativa al “miglioramento dei conti pubblici” e il perseguimento degli obiettivi programmatici di Governo. Fra le novità viene incrementato il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale con un apporto di 22 milioni di euro l’anno nel 2009 e nel 2010 e di 27 milioni di euro nel 2011. Per l’istruzione vengono stanziati 120 milioni di euro e stabilite detrazioni per l’autoaggiornamento dei docenti. Vengono incrementati anche i fondi per la sicurezza consistenti in 565 milioni di euro. La Finanziaria introduce il principio di triennalità della manovra di finanza pubblica demandando ad un triennio di riferimento la programmazione di bilancio. La legge contiene una serie di proroghe fiscali per agricoltura e autotrasporto, e detrazioni per la frequenza agli asili nido. Relativamente agli interventi per le ristrutturazioni di immobili e di recupero del patrimonio edilizio viene prorogata, per l’anno 2011, la detrazione ai fini dell’Irpef spettante nella misura del 36% delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. La detrazione si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011. Si prevedono inoltre agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio, per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto per cui l’Iva è ridotta al 10% per interventi di recupero

del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.

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Siti internet di consultazione www.gazzettaufficiale.it www.ordinearchitetti.mi.it www.infrastrutture.gov.it www.regionelombardia.it www.ilsole24ore.it

PROFESSIONE STRUMENTI

bellezze naturali aveva definito con atto di Deliberazione del 31 marzo 1993 la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico del Quartiere Feltre in Comune di Milano proponendone l’inserimento nell’elenco relativo all’Art. 1 della Legge 1497/1939, poi recepito dall’Art. 136 del D.Lgs della L.R. n, 42/2005. La deliberazione condivide “le motivazioni espresse dalla suddetta Commissione provinciale per l’individuazione dei beni paesaggistici, che riconosce l’area quale interessante esempio di quartiere degli anni ‘50, in cui architettura e natura concorrono alla definizione di uno spazio abitativo qualificato, che si distingue per l’unitarietà dei caratteri tipo-morfologici, la bassa densità abitativa degli episodi residenziali e, soprattutto, per il rapporto di forte interrelazione e integrazione tra spazi verdi ed edifici, rapporto che si è consolidato e qualificato con la crescita del patrimonio arboreo a suo tempo messo a dimora”. Viene pertanto approvato il perimetro della suddetta area come descritto dagli allegati grafici e disposti gli interventi da attuarsi nel predetto ambito assoggettato a dichiarazione di notevole interesse pubblico secondo le prescrizioni d’uso e criteri di gestione degli interventi.


INFORMAZIONI DALLA CONSULTA

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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria, informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Monza e della Brianza fax: 039 3309869 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it

“Under 40” in Triennale

Nel mese di dicembre 2008, presso la prestigiosa sede de La Triennale di Milano, Ferruccio Favaron, presidente della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, ha premiato i 6 vincitori del Premio “Rassegna lombarda di Architettura Under 40. Nuove proposte di architettura”. Questa seconda edizione che, a differenza della precedente, presentava due categorie (“Architettura realizzata” e “Architettura progettata”), ha visto oltre un centinaio di partecipanti, esaminati dapprima dalle giurie provinciali (costitute dai delegati degli Ordini) e, in una seconda fase, da una Giuria composta da Gae Aulenti, Alfonso Femia e Giacomo Polin (intervenuto alla serata). Le tavole d’insieme dei progetti vincitori sono state esposte su pannelli appositamente realizzati per l’occasione, mentre la proiezione di disegni e fotografie hanno coadiuvato le esposizioni degli autori: Doriana Biaggi, “Riconversione di un fienile ad uso abitativo a Teglio” (Sondrio); Pier Francesco Seclì, “Casa unifamiliare a Cantello” (Varese); Marco Cristiano Valsecchi, “Monumento al Maresciallo Capo Stefano Piantadosi”, Locate Triulzi (Milano) - per la categoria “Architettura realizzata” - ed Emanuela Bartolini e Paolo Cardin, “Edificio residenziale a Cork” (Irlanda); Maurizio Di Lauro e Riccardo Dossi,

“Riqualificazione dell’accesso all’abitato di Civita di Bagnoregio” (Viterbo); Sara Lonardi ed Enrico Maria Raschi (IR Architetti), “Addizione di un volume tecnico, ridefinizione degli spazi interni ed esterni, ex convento di S. Maria a Gonzaga” (Mantova) - per la categoria “Architettura progettata”. Il premio, la pubblicazione di lavori selezionati in un volume di 120 pagine e, solo per le tre opere costruite, anche la realizzazione di un servizio fotografico a opera di Cristina Fiorentini, è stato consegnato ai vincitori e illustrato dal presidente della Consulta. Il libro, che illustra in maniera piacevole ed esaustiva i progetti vincitori e i 58 progetti segnalati, costituisce un prezioso documento sulla produzione “under 40” lombarda.

La distribuzione dei volumi al numeroso pubblico accorso alla premiazione, unita all’impeccabile organizzazione di tutto l’evento a cura di Biancalisa Semoli, hanno permesso di concludere la serata con l’augurio di rivedere al più presto un’altra manifestazione di questo tipo organizzata e promossa dalla Consulta. (foto di Isabella Paleari)


Ora come allora Il dibattito in corso sul progetto City Life che sarà realizzato nell’area dell’ex Fiera ci ha costretto a intervenire di nuovo affinché siano osservate le norme che regolano l’assegnazione degli incarichi per la costruzione di opere pubbliche. Lo stesso avvenne tra il 1996 e il 2000 in occasione della vicenda del Teatro Arcimboldi alla Bicocca, ma non sembra che l’attuale Amministrazione voglia distinguersi dalla precedente o per lo meno tener presente ciò che accadde allora. Ricordiamolo quindi noi. La progettazione del Teatro Arcimboldi era stata affidata all’architetto Gregotti, senza tener conto che l’opera era finanziata con denaro pubblico, cioè a scomputo degli oneri di urbanizzazione che il committente doveva versare al Comune. In quanto opera finanziata con denaro pubblico, l’incarico per la progettazione avrebbe dovuto essere assegnato con un concorso o con una gara. Le direttive europee in vigore vietano infatti di assegnare la progettazione di opere pubbliche di valore superiore alla soglia di rilevanza comunitaria senza attivare una procedura di gara. L’Ordine degli Architetti di Milano, cui spetta il compito di far osservare le norme che regolano il mercato e la professione, si oppose e fece ricorso alla Corte Europea. Il Sindaco ci accusò allora di perseguire chissà quali “reconditi interessi corporativi” e di voler “ingessare la città, privandola di quelle caratteristiche moderne ed europee” in nome delle quali l’Amministrazione da lui presieduta stava “faticosamente operando”. Ma dopo una lunga e complessa battaglia legale, nel luglio 2001 la Corte di Giustizia Europea confermò che le procedure applicate dall’Amministrazione Comunale per la costruzione dell’Arcimboldi avevano violato le direttive comunitarie. Il Consiglio dell’Ordine si trovò nella condizione di poter legittimamente decidere di procedere per via giudiziaria chiedendo la chiusura del cantiere e la demo-

lizione delle opere, ma deliberò di non proseguire nell’iniziativa intrapresa e di permettere il completamento del Teatro, accontentandosi della vittoria sul piano morale e giuridico, e confidando che, dal momento che ogni sentenza emessa costituisce giurisprudenza, questa della Corte Europea sarebbe stata un importante riferimento per altri casi analoghi e non solo milanesi. Questo perché l’obiettivo dell’Ordine, contrariamente a quanto affermato, non era quello di impedire la costruzione di un teatro o, peggio, di far demolire un’opera già iniziata creando un notevole danno economico, bensì quello di fare chiarezza su un tema di rilevante importanza e di difendere sia l’applicazione delle leggi comunitarie, sia l’osservanza delle norme che, attraverso il concorso pubblico, offrono l’occasione di promuovere e far conoscere nuove idee e progetti permettendo a tutti i professionisti di accedere con pari opportunità a lavori di interesse collettivo. Le ultime vicende del progetto “Museo d’Arte Contemporanea” sembrano ricalcare la storia del Teatro Arcimboldi. E quindi vogliamo chiarire il nostro pensiero prima che l’attuale Amministrazione, o la società civile, rinnovi nei confronti dell’Ordine degli Architetti le solite accuse di voler paralizzare l’esecuzione di una grande opera pubblica di interesse culturale, di danneggiare la città e i suoi cittadini, o peggio di avere un atteggiamento ostile preconcetto nei confronti della Giunta in carica, del progettista incaricato o della stessa iniziativa museale. Niente di tutto questo. Abbiamo chiesto al Comune copia della convenzione stipulata con City Life e con Fondazione Fiera sperando di poter verificare che le nostre preoccupazioni erano prive di fondamento perché anche noi, come tutti i cittadini, vorremmo che Milano si dotasse, come è avvenuto per molte altre città europee, di nuove strutture pubbliche di alta qualità, riducendo così il deficit in questo settore, dovuto non certo all’Ordine degli Architetti, ma alle documentate carenze delle azioni del governo della Città. Abbiamo purtroppo riscontrato che il fondamento c’era e segnalato l’ille-

gittimità della procedura seguita, richiamando le disposizioni del Codice dei contratti pubblici che disciplina la materia. La Giunta Comunale* ha rigettato l’osservazione non lasciando all’Ordine altra possibilità, per vedere ristabilita la legittimità degli atti, che quella di ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale. L’Ordine degli Architetti di Milano ha presentato al Tribunale Amministrativo Regionale un ricorso contro la delibera di approvazione della variante del Programma Integrato di Intervento relativo al quartiere storico della Fiera di Milano. Il ricorso riguarda la parte della convenzione che accompagna il PII ove si prevede l’affidamento della progettazione dell’edificio destinato ad ospitare il “Museo d’arte contemporanea”, già “Museo del Design”, senza procedura di gara. Nel compiere questo passo il Consiglio dell’Ordine di Milano non è mosso da valutazioni di merito riguardanti il progetto del museo o la scelta del progettista, collega di fama internazionale. Tantomeno è spinto da valutazioni sulla qualità del progetto urbano di “CityLife” o delle particolari procedure dalle quali trae origine. Nell’assumere la decisione di procedere con un ricorso alla magistratura amministrativa il Consiglio risponde semplicemente al proprio compito istituzionale di vigilare sulla correttezza e sul rispetto delle norme che regolano il mercato della professione, e alle quali sono sottoposti sia gli operatori privati ed i progettisti sia le Amministrazioni Pubbliche. Tali norme che impongono nel caso in questione l’affidamento dell’incarico di progettazione tramite una “procedura di evidenza pubblica”, ossia un concorso di progettazione, oppure una gara per titoli ed offerta economica. Né può essere richiamata in sostituzione di una simile procedura. Si tratta dunque di un atto dovuto, al quale sarebbe stato impossibile non sottrarsi trattandosi di un’opera pubblica finanziata con risorse che sarebbero altrimenti entrate nelle casse del Comune e quindi con denaro pubblico (40 milioni di euro) ed in considerazione della sua unicità e della pubblicità che le è stata data sui mezzi di informazione.

Ci domandiamo per quali motivi l’Amministrazione invece di mobilitare, con modalità corrette, le grandi potenzialità culturali e professionali, insista nell’adottare procedure confuse e contrastanti con la legislazione nazionale e con le normative europee, come già fece nel 2000 con la nota vicenda del teatro degli Arcimboldi. Nè può essere richiamata in sostituzione di una simile procedura l’asta indetta dalla Fondazione Fiera per l’alienazione dell’area: gara alla quale furono presentati diversi progetti planivolumetrici d’insieme, fra i quali solamente quello presentato dal consorzio “CityLife” conteneva la proposta di un edificio da destinare a museo del design. Se tale indicazione può avere avuto un peso nella selezione preliminare delle proposte presentate, è invece cosa nota che l’aggiudicazione della gara a CityLife fu determinata dall’offerta economica, nettamente più elevata di quella degli altri concorrenti. Non vi fu quindi nessuna gara di progettazione per il nuovo museo, ma la selezione di un operatore immobiliare e conseguentemente del progettista che lo accompagnava. Ci domandiamo comunque per quali motivi l’Amministrazione invece di mobilitare, con modalità corrette, le grandi potenzialità culturali e professionali, insiste nell’adottare procedure confuse e contrastanti con la legislazione nazionale e con le normative europee, come già fece nel 2000 con la ricordata vicenda del teatro degli Arcimboldi. Un Comune come Milano, dal quale molti traggono esempio, dovrebbe per primo farsi promotore del rigoroso rispetto delle regole e dei principi fondamentali sui quali si reggono: primo fra tutti quello della libera competizione fra intelligenze e professionalità. Questo comportamento deve essere osservato sempre, anche quando la crescente esuberanza della normativa e le sue frequenti contraddizioni ne rendono accidentata e imperfetta l’applicazione. Milano, 22 dicembre 2008 p. il Consiglio dell’Ordine il Presidente dr. arch. Daniela Volpi

49 INFORMAZIONI DAGLI ORDINI

Milano


INFORMAZIONI DAGLI ORDINI

50

La carica dei settecentomila L’Amministrazione comunale di Milano ha messo a rumore la città con l’ipotesi di ripopolarla fino alla soglia di due milioni di abitanti e ha cercato di nobilitare questo vistoso programma d’intervento (settanta milioni di metri cubi: poco meno del volume destinato alla residenza a Bologna e a Firenze!) con due tesi. La prima fa proprio il concetto di “densificazione” che è venuto caratterizzando la metropoli nell’economia globale con risultati accettabili dove era già disponibile un capitale sociale fisso di grande ricchezza ed efficienza; la seconda vede in questo disegno la possibilità di trovare spazi per l’housing sociale e per correggere il modello di accessibilità del capoluogo, offrendovi abitazioni a basso costo che permettano di ridimensionare il fenomeno del pendolarismo attraverso rientri dei milanesi emigrati nell’hinterland. Tralasciamo per il momento la querelle sulla soglia: i problemi di ordine strutturale, cui intendiamo fare riferimento, si pongono già nella Milano di oggi in considerazione del fatto che le viene comunemente attribuita una posizione marginale nella cerchia delle grandi città: quando si tira in ballo l’Expo, sarebbe, dunque, opportuno ragionare (soprattutto dopo il flop di Saragozza) con meno trionfalismi e maggiore lucidità. Cerchiamo, allora, di porci un grappolo di problemi comunque e largamente aperti sull’orizzonte problematico di un po’ tutte le aree metropolitane del mondo occidentale come ampiamente individuato nella letteratura specialistica. A partire dalla perdita di qualità dello spazio pubblico che indebolisce la città esistente e il ruolo del progetto, dentro e fuori da quest’ultima. Nonostante il processo di virtualizzazione delle comunicazioni, che cresce continuamente nel nostro sistema sociale, la grande città esercita ancora (e nonostante le crisi dell’economia globale degli ultimi vent’anni) un forte richiamo nei confronti del potere aziendale e della residenza facoltosa; non possiamo d’altro canto dimenticare che l’uno e l’altra sono pure attrattori di

servizi umili oramai nello stesso campo del lavoro immateriale. Chi offre queste prestazioni si scontra con condizioni di vita insostenibili e che restano penose allorché ricorrono all’uso improprio di certe sacche infrastrutturali (le gallerie abbandonate dalla ferrovia metropolitana a New York?) o d’immobili degradati o marginali, rivelando spesso i limiti crescenti - di qualità e di quantità - delle politiche più o meno tradizionali di housing. In tutti i continenti i centri delle grandi città si assomigliano e appaiono del pari costellati e assediati da vasti comparti depressi e inospitali, rendendo manifesta la crisi dello spazio pubblico e di parti non trascurabili del patrimonio abitativo: nel primo tracima la cosiddetta economia informale, mentre nelle seconde si accavallano autorecuperi e insediamenti abusivi di sapore terzomondistico. Non meno preoccupante a nostro avviso la situazione che si verrebbe a creare, incentivando, grazie a operazioni di edilizia sociale nel capoluogo lombardo, l’abbandono di abitazioni (come la casa unifamiliare a causa della sua crescente insicurezza) parzialmente in atto nelle zone meno dense dell’area metropolitana che accelererebbe la perdita di valore di queste case, indebolendo i flussi del rientro e promuoverebbe il declino di un tessuto insediativo largamente diffuso alle porte di Milano. Si crea un pericoloso “dislivello” fra il sistema sociale e il suo ambiente umano e fisico che Milano non può illudersi di rimuovere, tentando di deviarlo fuori dai propri confini: certo è che né il capoluogo, né la sua provincia hanno (come può dimostrarci facilmente il demografo) la spinta per reggere “naturalmente” il ripopolamento, ipotizzato dall’Amministrazione comunale, cui dovrebbero dare invece apporto i rientri e, in maniera probabilmente decisiva, una popolazione giovane e presumibilmente straniera. Basterà la casa a basso costo per trasformare i nuovi arrivati in cittadinanza? Non si pone un problema di attrezzature (il verde, ma anche la scuola per la popolazione giovane) sacrificate con disinvoltura al dio cemento e di infrastrutture esteso alla Mila-

no lontana dai quartieri alti come dall’intervento sugli immobili dismessi dove finirebbe con lo spargersi una quota incalcolabile e incontrollabile di quella popolazione? Come si può incidere sui costi delle merci di primordiale consumo? E via dicendo. Veniamo all’ultimo punto di questo sommario e parzialissimo orizzonte. Fin dal lontano 1885 (la data di nascita del piano Beruto) la giovane città industriale viene menomata nel suo supporto infrastrutturale, dando la stura a uno squilibrio, oramai storico, fra insediamenti e reti. Non soltanto di trasporto: basta circolare nella Milano d’oggi per vedere drammaticamente confermato e ingigantito quest’antico difetto. Il traffico selvaggio, l’inefficienza dei mezzi pubblici, l’inquinamento, le strade e i marciapiedi a pezzi, come le… pozzanghere nei giorni di pioggia e neve, dimostrano in modo allarmante l’inadeguatezza infrastrutturale della città. Perché allora scegliere di operare prevalentemente sui generatori della mobilità (gli insediamenti) e non direttamente sul modello di accessibilità, sulla sua regolazione, sulle sue reti e, principalmente, sulla sua scala? Il nodo era già in corpore nel piano dei parcheggi, ingessato in una visione, immobiliaristica e milanocentrica, dell’operazione. Perché, ancora, non giocare attraverso quel modello per dare respiro territoriale e metropolitano all’area milanese, connettendola meglio con i suoi poli e valorizzando la loro potenziale “sistemicità”? La scala metropolitana aiuterebbe a chiarire anche molti aspetti critici dello stesso mercato immobiliare, ma, soprattutto, a orientare un progetto di riorganizzazione e coordinamento dei trasporti come di altre infrastrutture tecnologiche cui diventerebbe difficile imprimere la spinta che potrebbe dargli un governo intelligente dell’Expo. Il caso della “Città della salute” nella zona dell’ospedale Sacco è illuminante. Rinverdito proprio in questi giorni dal governatore Formigoni, propone di trattenere all’interno del capoluogo un plesso di interesse metropolitano, regionale e nazionale in una parte dell’estrema periferia mi-

lanese che avrebbe bisogno di riqualificazione a vantaggio dei suoi abitanti e non dell’impatto dei nuovi insediamenti tanto maggiore quanto più latiterà la precondizione di una nuova accessibilità. La linea di metropolitana (Affori/Rho-Pero?), suggerita a tale scopo, è priva a tuttoggi di finanziamento: dovranno pensarci gli amministratori dell’Expo? Nessuna conclusione. L’Amministrazione comunale non recederà dai suoi propositi, ma settecentomila abitanti non arriveranno subito e tutti insieme: sarà il mercato l’ultimo giudice. Occorre, invece, riflettere (non è mai troppo tardi per farlo) intorno ai problemi sul tappeto nell’area metropolitana e “dentro” la stessa Milano, anche perché la città “altra”, la città che il PGT sembra trascurare, sarà comunque e potrà essere soprattutto il teatro di trasformazioni acute e la sede di contraddizioni laceranti. Bisognerà farlo con piena consapevolezza dei limiti, quantitativi e qualitativi, di Milano e della sua area metropolitana e, principalmente, senza dividere artificiosamente e irresponsabilmente il destino degli insediamenti privilegiati da quello che attende l’”altra” città a Milano e nel suo hinterland. Una lunga fatica che dobbiamo sollecitare e cui occorre prepararsi. Milano, 22 dicembre 2008 p. il Consiglio dell’Ordine il Presidente dr. arch. Daniela Volpi


Territorio e Urbanistica a cura di Francesca Patriarca Edilizia sostenibile e pianificazione urbanistica Progettazione bioclimatica, uso di nuovi materiali e tecnologie per il risparmio energetico, impiego di fonti energetiche rinnovabili, edilizia a basso impatto, sono modalità e concetti riassumibili con il termine “edilizia sostenibile”. Nel precedente contributo alla rivista in tema di marketing territoriale, avevamo ricordato come Regione Lombardia, per favorire il recupero delle aree urbane compromesse dalla presenza di aree dismesse e degradate, proponga ai comuni l’opportunità di utilizzare una serie di incentivi destinati dalla L.R. 12/05, la Legge di Governo del Territorio lombardo, alla promozione dell’edilizia sostenibile. Vediamo meglio i contorni di questa iniziativa. La valorizzazione del territorio è uno degli obiettivi prioritari di Regione Lombardia. La Legge 12/05 attribuisce infatti al recupero delle aree compromesse attraverso la pianificazione territoriale (i Piani di Governo del Territorio e gli strumenti di programmazione negoziata) un ruolo chiave per la tutela dell’ambiente e per la definizione degli obiettivi quantitativi di sviluppo. La predisposizione di questi atti deve tenere particolarmente in conto l’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali e la conseguente minimizzazione di consumo di suolo libero, individuando parti di città o di territorio urbano caratterizzate da dismissioni in atto, abbandono o degrado urbanistico e paesaggistico. La pianificazione e la riqualificazione delle aree urbane e metropolitane, realtà particolarmente energivore, deve orientarsi ad un approccio improntato alla sostenibilità ambientale che favorisca il risparmio delle risorse energetiche, l’uso di energie rinnovabili e la razionalizzazione degli usi finali di energia. La pianificazione energetica e la pianificazione urbanistica dovranno

dunque coordinarsi per favorire la migliore organizzazione del sistema energetico, prevedendo le opportune riqualificazioni e definendo nuovi scenari di sviluppo. Regione Lombardia, a partire dal 2006, ha emanato una serie di provvedimenti di Giunta indirizzati sia a completare il percorso normativo finalizzato alla promozione dell’uso razionale dell’energia, allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alla riduzione dell’emissione in atmosfera di gas inquinanti e climalteranti nel settore civile, sia ad attuare i principi della sostenibilità ambientale nella pianificazione territoriale. Tra i primi citiamo innanzitutto il Piano d’Azione per l’Energia (PAE) aggiornato nel dicembre 2008, che rappresenta il contesto energetico lombardo sul fronte dei consumi e della produzione energetica e i due atti del 2007, di recente integrati dalla D.G.R. 8745 del 22 dicembre 2008 “Determinazioni in merito alle disposizioni per l’efficienza energetica in edilizia e per la certificazione energetica”. Non appare superfluo sottolineare che, attraverso questi, Regione ha anticipato virtuosamente l’applicazione dei limiti relativi ai requisiti di prestazione energetica degli edifici previsti a livello nazionale con decorrenza dal 1° gennaio 2010. Tra i secondi si evidenzia l’atto emanato nel dicembre 2007 dall’Assessorato al Territorio “Linee orientative per l’incentivazione al riutilizzo delle aree urbane compromesse attraverso la promozione dell’edilizia sostenibile” (D.D. 20 dicembre 2007 – n. 16188). Questo documento raccoglie quanto sperimentato a livello nazionale col “Protocollo ITACA” (1) strumento per la valutazione energetico-ambientale degli edifici e con i “Dieci princip p per l’edilizia sostenibile” (2) e fa leva sul nuovo ruolo della pianificazione territoriale. Infatti, la L.R.12/05 attribuisce al comune la potestà di disegnare nel PGT un proprio bilancio energetico

costi economici aggiuntivi nel caso di interventi che prevedano la riqualificazione di aree assoggettate a bonifica.

51

F. P. Note: 1. Prodotto dell’attività di un gruppo di lavoro interregionale in materia di bioedilizia, costituito presso l’Istituto per la trasparenza, l’aggiornamento e la certificazione degli appalti, organo tecnico della Conferenza delle regioni e delle province autonome, con sede a Roma. Approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel 2004, viene periodicamente aggiornato. 2. Esperienza di “Federabitazione” che dal 1994 ha creato cooperative impegnate sul versante della qualità e della sostenibilità con l’obiettivo di incoraggiare la realizzazione di iniziative edilizie di alta qualità ambientale su tutto il territorio nazionale. News dal territorio Autorizzazioni paesaggistiche: prorogate al 30 giugno 2009 le attuali procedure Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 18 dicembre 2008, ha disposto la proroga al 30 giugno 2009 dei termini, stabiliti dall’Art. 159 del D. Lgs. 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni, per l’entrata in vigore delle nuove procedure per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche. Maggiori approfondimenti su: www.territorio.regione.lombardia.it. Sistema Informativo lombardo Valutazione Ambientale di Piani e Programmi (VAS) È in linea il Sistema Informativo Lombardo della Valutazione Ambientale di piani e programmi-VAS. Il sistema nasce come strumento di supporto alle autorità procedenti e competenti che devono predisporre e valutare piani e programmi ricadenti nella Direttiva 2001/42/CE, come attuata dal D.Lgs 4/08 e dalla L.R 12/2005. Maggiori approfondimenti su: www.territorio.regione.lombardia.it.

INFORMAZIONI DALLA REGIONE

RegioneLombardia

territoriale (utile per la quantificazione di obiettivi di riduzione di carichi inquinanti a garanzia della sostenibilità ambientale dei sistemi insediativi esistenti e di nuova realizzazione) e prevede una riduzione degli oneri di urbanizzazione per gli interventi di edilizia bioclimatica o finalizzati al risparmio energetico. In concreto il decreto propone incentivi volumetrici per gli interventi di nuova costruzione e quelli di ristrutturazione, finalizzati alla promozione dell’edilizia sostenibile nelle aree urbane compromesse. L’incentivo volumetrico attribuibile nella misura massima del 15% della volumetria ammissibile, come previsto dalla L.R.12/05, è assegnabile dai comuni in base a valutazioni relative alle ricadute ambientali paesistiche ed economiche. In particolare si raggiunge come somma di due fattori, in proporzione alla riduzione percentuale di fabbisogno energetico dell’edificio ed in relazione alla qualità progettuale. Per ambedue le valutazioni i comuni possono utilizzare parametri specifici indicati nei regolamenti edilizi, utilizzando, per il primo, il modello del “Protocollo Itaca”; per il secondo, occorre che le tipologie d’intervento: s DIMOSTRINO UNO SVILUPPO ARmonioso e sostenibile del territorio, dell’ambiente urbano e dell’intervento edilizio; s TUTELINO L IDENTITÌ STORICA DELLE città e favoriscano il mantenimento dei caratteri storici e tipologici; s UTILIZZINO MATERIALI DI ORIGINE LOcale coerenti con i caratteri del contesto; s CONSEGUANO UNA COMPLESSIVA riqualificazione paesaggistica/ ambientale degli ambiti oggetto di intervento tramite l’individuazione di adeguate sistemazioni a verde delle aree interessate; s PREVEDANO L AUMENTO DI SUperfici permeabili; s FAVORISCANO IL RECUPERO DEGLI spazi vitali dei corsi d’acqua. Grande attenzione, quindi, viene posta al tema della riqualificazione urbana oltre che all’orientamento dell’attività edilizia verso la realizzazione di edifici a più alta efficienza energetica. Ricordiamo, infine, che l’incentivo assegnato potrebbe costituire un compenso per i possibili


A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica

Gennaio Febbraio Marzo

2005

1560 1555,86 1560,88 1563,39 1568,42 1590 1589,76 1593,53 1596,04 1599,81 1620 1613,62 1617,39 1619,9 1622,41 1660 1670 1660,08 1663,85 1672,64 1676,41

2006 2007 2008

52

Aprile

Maggio

2) Tariffa stati di consistenza Anno

2006 2007

INDICI E TASSI

Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell’indice - novembre 1969: 100

Anno

Gennaio Febbraio Marzo

275,37

275,81

278,85

279,5

279,93

286,87

287,53

289,04

2008

Luglio

Agosto

Settembre Ottobre Novembre Dicembre

1600 1604,83 1606,09 1630 1627,44 1631,2 1680 1690 1685,2 1692,73

1610 1609,85 1612,37 1612,37 1634,97 1637,48 1637,48 1700 1690 1700,27 1701,52 1697,76

1583,48 1583,48 1600 1610 1609,85 1611,11 1640 1642,5 1648,78 1697,76 1691,48

1586 1612,37 1650 1655,06 1680 1688,97

(in vigore dal dicembre 1982) anno 1982: base 100

Aprile

274,72

Giugno

1570 1580 1570,93 1573,44 1577,21 1579,72 1580,97

Maggio

Giugno

Luglio

276,46 277,33 277,54 280 280,36 281,23 281,88 290 289,7 291,21 292,52

Agosto

Settembre Ottobre Novembre Dicembre

278,19

278,63

278,63

278,19

278,41

278,63

282,53

282,97

282,97

283,84

284,92

286,01

293,82

294,04

293,38

293,38

292,3

291,87

n.b. I valori da applicare sono quelli in neretto collocati nella parte superiore delle celle

3) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno

2006 2007 2008

Gennaio Febbraio Marzo

121,49 123,32 126,87

121,78 123,60 127,15

Aprile

121,97 123,80 127,83

Maggio

122,26 123,99 128,11

anno 1995: base 100 Giugno

122,64 124,37 128,79

Luglio

122,74 124,66 129,36

123,03 124,95 129,94

Agosto

giugno 1996: 104,2

Settembre Ottobre Novembre Dicembre

123,22 125,14 130,03

123,22 125,14 129,75

123,03 125,52 129,75

4) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 5) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

2006 2007 2008

Gennaio Febbraio Marzo

111,64 113,31 116,57

111,9 113,58 116,84

Aprile

112,08 113,75 117,46

Maggio

112,34 113,93 117,72

Giugno

112,69 114,28 118,34

Luglio

112,78 114,55 118,87

113,05 114,81 119,40

6) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

2006 2007 2008

Gennaio Febbraio Marzo

117 118,76 122,18

117,28 119,03 122,45

Aprile

117,46 119,22 123,10

Maggio

117,74 119,40 123,38

Giugno

118,11 119,77 124,02

118,2 120,05 124,58

118,48 120,33 125,13

2001 103,07

2002 105,42

8) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

1999 111,52

2000 113,89

1999 103,04

2000 105,51

Agosto

113,22 114,99 119,22

113,05 115,34 119,22

118,66 120,51 124,95

2002 120,07

2001 108,65

2002 111,12

113,22 116,22 118,60

gennaio 1999: 108,2

118,48 120,88 124,95

2005 112,12

118,57 121,34 124,49

118,66 121,81 124,30

gennaio 2001: 110,5 2006 114,57

anno 1995: base 100 2001 117,39

113,13 115,78 118,78

Settembre Ottobre Novembre Dicembre

118,66 120,51 125,23

2004 110,40

2007 116,28

2008 119,63

novembre 2001: 110,6

2003 123,27

9) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

Settembre Ottobre Novembre Dicembre

113,22 114,99 119,48

anno 2001: base 100

2003 108,23

123,22 126,48 129,07

dicembre 2000: 113,4

anno 1999: base 100 Luglio

7) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

Agosto

123,12 126,00 129,27

2004 125,74

2005 127,70

anno 1997: base 100

2003 113,87

2004 116,34

2005 118,15

2006 130,48

2007 132,44

2008 136,26

febbraio 1997: 105,2 2006 120,62

2007 122,43

2008 125,95

Tariffa P.P.A. (si tralascia questo indice in quanto non più applicato)

La rivista AL, fondata nel 1970, oggi raggiunge mensilmente tutti i 25.627 architetti iscritti ai 12 Ordini degli Architetti PPC della Lombardia:

2.176 iscritti dell’Ordine di Bergamo; 2.220 iscritti dell’Ordine di Brescia; 1.621 iscritti dell’Ordine di Como; 666 iscritti dell’Ordine di Cremona; 895 iscritti dell’Ordine di Lecco; 385 iscritti dell’Ordine di Lodi: 651 iscritti dell’Ordine di Mantova; 11.383 iscritti dell’Ordine di Milano; 2.315 iscritti dell’Ordine di Monza e della Brianza;

816 iscritti dell’Ordine di Pavia; 348 iscritti dell’Ordine di Sondrio; 2.154 iscritti dell’Ordine di Varese. Ricevono inoltre la rivista:

90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia;

Interessi per ritardato pagamento

Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, relativo agli ultimi anni, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa. Dal 2004 determinato dalla Banca Centrale Europea. Provv. della B.C.E. (6.6.2007) dal 13.6.2007 4,00% Provv. della B.C.E. (3.7.2008) dal 9.7.2008 4,25% Provv. della B.C.E. (8.10.08) dal 15/10/08 3,75% Provv. della B.C.E. (6.11.08) dal 12/11/08 3,25% Provv. della B.C.E. (4.12.08) dal 10/12/08 2,50% Con riferimento all’art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.

Comunicato (G.U. 13.1.2006 n° 10) dal 1.1.2006 al 30.6.2006

2,25% +7

9,25%

dal 1.7.2006 al 31.12.2006

2,83% +7

9,83%

dal 1.1.2007 al 30.6.2007

3,58% +7

10,58%

dal 1.7.2007 al 31.12.2007

4,07% +7

11,07%

dal 1.1.2008 al 30.6.2008

4,20% +7

11,20%

Comunicato (G.U. 10.7.2006 n° 158) Comunicato (G.U. 5.2.2007 n° 29)

Comunicato (G.U. 30.7.2007 n° 175) Comunicato (G.U. 11.2.2008 n° 35)

per valori precedenti consultare il sito internet del proprio Ordine.

Comunicato (G.U. 21.7.2008 n° 169) dal 1.7.2008 al 31.12.2008

4,10% +7

11,10%

Per quanto riguarda: Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’Art. 81 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani consultare il sito internet dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano. Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.

1.555 Amministrazioni comunali lombarde;

Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.


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