gennaio-febbraio 2004
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Grandi opere
Mensile di informazione degli Architetti Lombardi Ordini degli Archit et t i delle Province di: Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi M ant ova M ilano Pavia Sondrio Varese
Consult a Regionale Lombarda degli Ordini degli Archit et t i via Solf erino, 19 - 20121 M ilano Anno 27 - Sped. in a.p. - 45% art . 2 comma 20/B - Legge 662/96 - Filiale di M ilano
AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 1/2 Gennaio-Febbraio 2004
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Forum Grandi opere interventi di Vincenzo Donato, Anna Gervasoni, Arturo Lanzani, Amedeo Liverani, Roberto Zucchetti Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi M ilano Pavia Sondrio Varese
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Argomenti
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Professione e aggiornamento Legislazione Strumenti
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Informazione Dagli Ordini Stampa M ostre
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Indici e tassi
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Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Martina Landsberger Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Concessionaria di Pubblicità: Profashion srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 30039330 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: profashion@gruppodg.com Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL) Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 23.200 copie Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini) € 3,00 In copertina: Marco Gozzi, Il ponte di Crevola sulla strada del Sempione, 1821, Milano, Galleria d’Arte Moderna Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL .
Editoriale
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Sommario
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 w w w.consultalombardia.archiw orld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente e Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)
Stefano Castiglioni
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Editoriale
Il territorio lombardo è forse alla vigilia della ridefinizione geografica più rilevante degli ultimi decenni: si tratta di una sorta di mappatura “virtuale” estesa e sfumata in cui, ai confini ed ai fattori di caratterizzazione propriamente fisici, si sostituiscono nuove tipologie di riferimenti: “sistemi urbani”, “comparti tecnologici” (in cui le specializzazioni / tradizioni produttive risultano evolute in contiguità industriali), e soprattutto “infrastrutture di trasporto” (in attesa delle più auspicabili, ma per ora remote, “autostrade informatiche”). Più di ogni altra regione, la Lombardia è infatti investita da scelte di macro-dotazioni infrastrutturali determinanti: ci si riferisce alle “grandi opere” realizzate con l’appoggio di “poteri forti” amministrativi ed economici, oggi ben più presenti e consistenti che in passato e tutto ciò in concomitanza ad un inevitabile rallentamento delle dinamiche endogene (di iniziativa locale), sia di competenza comunale (stante le minori risorse riservate a tal fine dai poteri centrali), sia del settore privato (per via di una crescita economica meno marcata di un tempo). Per comprendere e tentare una proiezione corretta dell’evoluzione del nostro territorio, è necessario dunque ampliare l’orizzonte verso centri decisionali meno vicini e immediati ma non per questo meno incidenti, riferendosi prioritariamente ai programmi U.E. ove ai progetti già avviati quali: • il corridoio di alta velocità ferroviaria Nord-Sud (Milano-Napoli); • la linea sempre di alta velocità su ferro Italia-Francia, se ne affiancano altri di più recente assunzione: • il “corridoio V” (Lione-Milano, Budapest, prolungabile fino a Kiev, anche se resta sempre l’alternativa a nord delle Alpi: Parigi, Stoccarda, Vienna, Budapest); • la prosecuzione verso nord (Strasburgo, Colonia, Rotterdam) e verso sud (Milano) del programma elvetico “intermodale” nord-sud “Alp Transit”. Seguono poi, sempre per il nostro territorio regionale, programmi che consistono nella traduzione su scala locale degli obiettivi U.E. (alta velocità Torino-MilanoVenezia), nell’adeguamento del sistema autostradale verso est (“Pedegronda” e nuova tangenziale est di Milano), nell’ulteriore estensione delle reti metropolitane urbane (Milano, Brescia), nel riassetto delle rete ferroviaria regionale su ferro. Ed anche se forse detti programmi non si attiveranno compiutamente o subiranno slittamenti temporali (“Grandi opere - pochi soldi” titolava recentemente un quotidiano nazionale) finiranno comunque col produrre sul territorio lombardo effetti indotti di cui è difficoltoso valutarne preventivamente le conseguenze e che pongono quindi una serie di interrogativi per ora senza adeguate risoluzioni: • l’essere il crocevia dell’Europa meridionale, con una invasiva presenza di infrastrutture, migliorerà la qualità della vita? • la diffusione del trasporto pubblico accelererà la saldatura dei comuni, con edificazione senza soluzione di continuità, uniformando il territorio in una sorta di megalopoli con perdita di identificazione e significatività o distribuirà invece più equilibratamente “l’effetto città”? • è possibile un’attuazione che ne minimizzi l’impatto ambientale? • prevarranno in sostanza le “ricadute” (e cioè le negatività) o si configureranno piuttosto nuove “opportunità”? • è corretta una “programmazione di grandi opere” riconducibile alla sola previsione di infrastrutture di trasporto? • resteranno risorse disponibili per i programmi e interventi locali? Trattasi di aspetti che alla vigilia del varo della nuova “Legge Regionale per il Governo del Territorio” e del relativo “Piano Territoriale Regionale di Coordinamento” dovranno necessariamente a tempi brevi reperire soluzioni e proposte adeguate.
Grandi opere
Forum
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Il Forum di questo numero affronta la questione dei grandi progetti infrastrutturali in corso di realizzazione in Italia e specificamente in Lombardia. I temi affrontati dai singoli inteventi riguardano in particolare i risvolti economici di tali progetti e l’impatto questi hanno sul territorio. Su questi argomenti abbiamo raccolto i pareri di Vincenzo Donato, professore associato di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, della professoressa Anna Gervasoni, direttore del Centro Trasporti presso l’Università Carlo Cattaneo di Castellanza, di Arturo Lanzani, professore associato di Geografia del paesaggio e dell’ambiente e Urbanistica presso la Facoltà di Architettura Urbanistica e Ambiente del Politecnico di Milano, del dottor Amedeo Liverani, Provveditore Regionale alle Opere Pubbliche per la Lombardia e di Roberto Zucchetti, responsabile area economia dei trasporti, Gruppo CLAS - Milano. Ringraziamo i partecipanti per i loro contributi.
Accessibilità, fattibilità, tempi, urbanistica di Vincenzo Donato A giudicare dalla quantità di informazioni, dalle cartine sui progetti reperibili nei siti web, dalle conferenze di servizi terminate o in atto pare proprio di essere entrati in una nuova era per il futuro delle infrastrutture viarie e ferroviarie. Guardiamo gli interventi in strade importanti: tangenziale est esterna (sede nuova, pressappoco aderente alla storica strada Cerca), direttissima autostradale Milano Brescia (poco più su, poco più giù della strada Rivoltana, però senza diretto esito su Milano), una sincopata Gronda nord (usa in parte l’esistente Comasina), una nuova connessione Milano Magenta (che corre con una “ ineffabile sinuosa linearità” sul territorio agricolo delle superstiti risorgive dell’ovest milanese), unendosi alla già “ cantierata” nuova statale 527 (si collega così tangenziale ovest Baggio con Malpensa), variante fuori sede della statale 33 (a sud ovest
della conurbazione Legnano, Busto, Gallarate), connessione Pavia Malpensa (allo studio), potenziamento Milano Crema Cremona (allo studio), autostrada regionale Cremona Mantova (allo studio), ecc. E per le ferrovie la nuova era riparte da intenzioni antiche: il “ quadrilatero merci” (esigenza urgente da almeno quarant’anni) con il completamento funzionale della tratta Saronno Seregno e il potenziamento da Novara e da Bergamo, il raddoppio della vecchia Milano Mortara (legata al “ terzo valico appenninico” e alla inconclusa direttrice Genova Novara Sempione), il riassetto delle linee verso il Gottardo, delle connessioni passanti con Malpensa, della Milano Asso (perché questa in galleria e a Vigevano e Abbiategrasso, delicati gioielli storici, no?). C’è da avere fiducia. Per una regione che in Europa ha il più alto
tasso di motorizzazione per abitante e la più bassa dotazione di strade e ferrovie adeguate per abitante non è certo una prospettiva poco ambiziosa. Guardiamo attraverso tre questioni: i tempi di realizzazione (comunque lunghi), le fattibilità e le risorse delle opere (le prime spesso inesistenti o per nulla credibili (vedi Brebemi), i rapporti con le città (tradizionalmente inesistenti o non risolti, come mostrano le interne connessioni autostradali). La prima “ riforma ferroviaria” , quella che ha segnato l’assetto del cruciale Nodo di Milano con l’eliminazione della ferrovia passante e della stazione Principe Umberto, la costruzione del possente baluardo della cintura ferroviaria est, conclusa con la costruzione della stazione Centrale (già parecchio arretrata rispetto al centro della città), prende il suo esordio subito dopo l’ apertura del traforo del Sempione, nel 1906. Gli accresciuti traffici e i nuovi attesi impongono il ripensamento. Se ne discute, si riprende dopo la Grande Guerra, si immaginano e si confrontano tracciati di tranvie sotterranee capaci di garantire accessibilità alla città (sarebbero state le prime metropolitane, che Milano avrà invece solo negli anni sessanta, la linea 1). Anche allora la gestazione dei progetti, con gli esiti che portarono infine all’edificazione dell’attuale stazione Centrale, fu lunga, contrastata e avviata a tardiva soluzione - agli inizi degli anni ‘30, senza che il tempo trascorso fruttasse ripensamenti o critiche revisioni rispetto agli iniziali presupposti e alla soluzione che poi si impose; che pure critiche aveva sollevato, non solo dettate da ragioni di tecnica ferroviaria, ma assai più pertinentemente da motivazioni urbanistiche, in vista di alternativi possibili sviluppi della città. L’esito anacronistico di quella prima “ riforma ferroviaria” , sembra oggi particolarmente attuale. Infatti, come appare per molti versi nella vicenda del “ passante ferroviario” oggi, le ragioni del carattere ritardatario, vetusto, contraddittorio di questa soluzione (nell’infrastruttura e nell’esercizio) paiono risiedere nell’incapacità di misurarsi con le alternative dello sviluppo insediativo ed economico non solo milanese, ma dell’intera sua regione.
Tale ci sembra, per non parlare ancora del Passante ferroviario in Milano, l’intera questione di Malpensa. Anche qui una grande stazione, un hub internazionale che avrebbe dovuto concorrere con gli altri europei, da subito, per questioni di mercato. Nasce, ma è monco. I suoi rapporti con il mondo sono da allora (2000) assegnati ad una autostrada intasata e a una ferrovietta capace solo di garantire legami con il centro di Milano. I progetti per servire l’area di gravitazione, si è visto, ci sono (non discutiamo qui di come sono, costretti come saranno ad affidarsi – quando verranno – a congestionate ferrovie, senza visibili prospettive di connessioni con il sistema ferroviario veloce dal nord Europa e, dirette, dal Piemonte per Novara senza affidarsi allo scoraggiante interscambio con le Nord Milano). I suoi rapporti con il sistema aeroportuale lombardo, che potrebbero essere garantiti dal Passante, vengono negati: perché non legare attraverso di esso Malpensa a Linate a Orio al Serio? Basterebbe una fattibile diversione del Passante su Linate (invece per quest’ultimo si pensa ad una nuova, lontana MM incapace di fare sistema). Ma in quali tempi questa sorta di rete consentirà di dispiegare le sue potenzialità, minimo essenziale per garantire effettiva concorrenzialità? Intanto il “ fai da te” dei Campanili e delle provincie si attrezza (Brescia, Parma, ecc.). Infine il Nodo ferroviario di Milano. Si costruisce da est e da ovest l’Alta Velocità/Capacità, ma è buio nelle pubbliche notizie su Milano. Ci si vorrebbe attestare in Centrale e in sovramisura si vorrebbero attrezzare fantomatiche stazioni Porta ai confini, con una moltiplicazione dei perditempi che rischia di avvicinare pericolosamente la durata delle percorrenza attuali a quelle future (neanche a Parigi il TGV si attarda in precarie fermate). Perché non una AV passante, incentrata sulla stazione Garibaldi che garantisce alta accessibilità dalla città e dall’esterno e interconnessione con i servizi ferroviari regionali? È di questi giorni la notizia di un treno veloce Milano Roma che parte da Rogoredo (saltando Firenze sembra! ). Ci impiega poco, questo è certo, ma che attenzione per le “ centralità urbanistiche” !
Gabriel Lory Fils, Baveno sul Lago Maggiore, 1811, acquatinta miniata.
Forum
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Lombardia e infrastrutture di trasporto: quale futuro di Anna Gervasoni Le infrastrutture di trasporto costituiscono un ambito fondamentale di investimento per le moderne economie e società. La necessità di potenziare la dotazione di tali infrastrutture per soddisfare le esigenze di mobilità che la collettività esprime in modo sempre più complesso e articolato è divenuto ormai un presupposto difficilmente contestabile, a meno che non si ritenga possibile invertire il trend di crescita del traffico che sta portando alla progressiva paralisi dei collegamenti in diverse parti d’Europa. Si tratta di un problema che non riguarda soltanto
l’Europa in modo generico, ma che interessa pesantemente anche l’Italia e, in modo particolare, le regioni del nord-ovest. Tra queste, la Lombardia rappresenta un valido esempio per comprendere quanto la rete stradale e autostradale sia uno degli anelli deboli della catena del trasporto. Alcuni dei dati resi pubblici nel corso del 2002, indicano che nella sola Lombardia circolano circa sei milioni di veicoli al giorno, di cui un milione concentrato nell’area milanese. Nonostante la Regione vanti un ottimo numero di chilometri di autostrade (circa seicento),
è comunque necessario considerare che tale dotazione costituisce circa il 10% dell’intera rete nazionale a fronte di un volume di traffico che è superiore al 30% del traffico complessivo del Paese. La Lombardia è infatti la regione che presenta il più alto rapporto tra veicoli e lunghezza della rete. Se da un lato, il sistema stradale è un sistema che ha una dotazione, in chilometri di strade in superficie ed anche in chilometri di strade sulla popolazione, abbastanza “ normale” rispetto alle regioni confrontabili con quella in esame; dall’altro, la rete autostradale presenta un evidente deficit che si aggrava ulteriormente se rapportato alla media nazionale (Tabella 1). Inoltre, tale scenario acquisisce una criticità sempre maggiore considerando che gli incrementi di traffico autostradale interessanti la
Lombardia sono superiori alla media europea e alla media italiana. In ciascuna area si segnalano tassi annuali di incremento superiori al 2,5%, con punte che raggiungono il 4% nell’area est. Il traffico su veicoli pesanti fa segnare un incremento annuale superiore al 4,5% e la situazione sul già congestionato asse Milano-Brescia continua ad aggravarsi. Se si effettua un paragone con regioni caratterizzate da una capacità produttiva confrontabile con quella del sistema lombardo, si evince che tale situazione, oltre a creare notevoli disagi alla popolazione, comporta dei ritardi per tutti gli insediamenti produttivi del territorio. È quindi chiaro che il contesto descritto impone la necessità di favorire una serie di progetti già presenti nei piani della Regione Lom-
bardia tra le opere urgenti ed inseriti nella Legge Obiettivo. Nonostante ciò si tratta comunque di interventi che, nelle migliori delle ipotesi, saranno conclusi in almeno tre anni (Tabella 2). Infatti, per il 2007 è prevista l’apertura della direttissima Milano-Brescia, i cui lavori inizieranno nell’aprile del 2004. Per lo stesso anno si prevede che inizierà la realizzazione dell’autostrada della Valtrompia e, per il 2005, del sistema viabilistico pedemontano. In tale ambito, un’ulteriore importante opportunità per la Lom-
fico, le esigenze della popolazione e delle imprese rispetto a quanto può essere concretamente realizzato, significa innanzitutto razionalizzare il sistema. Non è semplicemente necessaria la creazione di nuove infrastrutture, ma, al fine di ottenere dei benefici, occorre coordinarle con tutto l’esistente, soprattutto a livello europeo. Se ciò non avviene, i rischi di un mancato intervento sono elevati poiché renderebbero lo sviluppo più costoso per le aziende e la popolazione, con l’eventualità di una maggiore delocalizzazione indu-
di capitali privati e su una struttura contrattuale molto articolata, è una modalità che esige un’attenta pianificazione dei tempi e una loro stretta osservanza. Soprattutto nelle fasi di avvio della procedura, è uno strumento che consente di gestire il consenso e di evitare quelle difficoltà di accettazione dell’infrastruttura che, altrimenti, comporterebbero una minore fluidità e rallentamenti nelle fasi successive. Oltre a ciò, l’utilizzo di tale tecnica richiede una particolare attenzione alle variabili chiave del progetto e una ge-
stione efficiente dopo la realizzazione dello stesso, senza la quale non si realizzerebbero quei flussi di cassa necessari a ripagare i capitali investiti, creando dei problemi ai promotori. Con la consapevolezza che in Italia la “ scoperta” del project financing è ancora abbastanza recente ed ha alimentato più i dibattiti e i convegni che non le realizzazioni operative, ci si augura che le nuove normative, unite alle problematiche fin qui esposte, finiranno per produrre qualche frutto nei prossimi anni.
Forum
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Roberto Roberti, Il ponte di Bassano, 1810 circa. Bassano del Grappa, Museo Civico.
bardia e per l’Italia nel suo complesso è rappresentata dall’autostrada regionale Cremona-Mantova, poiché costituisce un tassello importante di quello che dovrebbe essere il grande asse di collegamento Barcellona-Kiev (“ Corridoio V” ). Anche in questo caso i lavori non avranno inizio prima del 2004. Alla luce di queste considerazioni, risulta impossibile affrontare il problema delle emergenze autostradali con progetti i cui interventi saranno conclusi a partire dal 2007 e, allo stesso tempo, si ritiene impensabile procedere a una continua realizzazione di nuove autostrade. Nelle aree economicamente forti come quella lombarda, se da un lato l’elevato livello di sviluppo economico genera un crescente fabbisogno di infrastrutture; dall’altro pone un problema di sostenibilità. Non si tratta, quindi, di limitarsi a individuare politiche di accompagnamento, bensì di individuare il limite oltre il quale la creazione di nuove infrastrutture non è più sostenibile. Di conseguenza, trovare un livello di sostenibilità e un livello di ragionevolezza tra l’aumento del traf-
striale, una minore nascita di nuove imprese e una conseguente perdita di competitività, non solo per la Lombardia, ma per l’intero paese. È quindi chiaro che ci sono delle sfide, tra cui quella del “ quinto corridoio” , che non si possono perdere; ma è altrettanto evidente che la realizzazione di nuove infrastrutture comporta spesso dei problemi a coloro che devono governare il sistema, primo fra tutti quello della gestione del consenso. A tal proposito, si ritiene che lo strumento al momento più idoneo a fronteggiare e gestire queste problematiche in modo opportuno è rappresentato dalla tecnica del project financing. Tale metodologia, infatti, consente di costruire soluzioni “ su misura” in grado di combinare in un’idea vincente diverse risorse imprenditoriali, finanziarie e manageriali, tra loro connesse da un’intelaiatura giuridico-contrattuale sofisticata. Al di là del tecnicismo finanziario, in questo ambito si evidenzia che il project financing rappresenta uno strumento per chiedere alle diverse parti coinvolte di “ stare nei tempi” . Essendo una tecnica che si basa su un forte coinvolgimento
Tabella 1 - La dotazione viaria lombarda: differenza % rispetto alla media nazionale Rete primaria (autostrade e s.s.)
Rete secondaria
km rete/popolazione
– 51.3%
– 52.0%
km rete/PIL
– 61.6%
– 61.8%
km rete/import-export
– 77.6%
– 77.9%
km rete/presenze turistiche
– 8.0%
– 9.4%
km rete/veicoli circolanti
– 55.7%
– 56.4%
Fonte: ANAS
Tabella 2 - Elenco dei principali progetti di strade e autostrade e relativi tempi di attuazione Progetto IV Corsia A4 Milano-Bergamo Brebemi (direttissima Milano-Brescia) Autostrada della Valtrompia Cremona-Mantova III Corsia Milano-Como Tangenziale Sud esterna di Brescia Sistema viabilistico pedemontano Tangenziale est esterna di Milano Tibre (Tirreno-Brennero) Interconnessione Pedemontana Brebemi
Inizio lavori 2003 2004 2004 2004 2004 2004 2005 2005 2005 2005
Fine lavori 2005 2007 non definito non definito non definito non definito non definito non definito non definito non definito
Infrastrutture, paesaggio, società locali. Note a margine di due politiche/progetti preliminari nell’urbanizzazione pedemontana di Arturo Lanzani Tra le grandi infrastrutture lombarde arrivate alla progettazione preliminare e attualmente in fase di valutazione, l’auotostrada pedemontana e la ferrovia ChiassoTreviglio, che attraversano la porzione più consolidata dell’urba-
traversati); un approccio al tema del paesaggio e dell’ambiente in termini di voluminose e vuote valutazioni di impatto e di esclusivi interventi di mitigazione (dove l’interramento di lunghi tratti o il paesaggio pittoresco dello svincolo al-
• i tracciati di queste due infrastrutture devono essere occasione di rafforzamento dei segni di struttura di questi insediamenti anziché di destrutturazione delle forme dell’urbanizzato, debbono tener contro dell’ordito insediativo e delle figure ambientali presenti in questo territorio. In questo senso le due ipotesi attualmente in valutazione di tracciato reticolare dell’autostrada e di intervento ad Y sulla Chiasso-Monza-Treviglio della ferrovia sono un buon punto di partenza, mentre appaiono deleterie alcune alternative ipotesi di trac-
attraversate. Ciò vuol dire che è folle pensare nel progetto pedemontana la tangenziale di Como e Varese gratuite (perché urbane) e il tratto da Osio a Busto Arsizio (perchè extraurbano?! ) a pagamento con un casello praticamente ad ogni uscita (con tutte le implicazioni di progetto e soprattutto di successivo possibile utilizzo che ne conseguono). La pedemontana vera e propria nel suo percorso da Osio a Busto va intesa in realtà come una atipica strada veloce urbana, come la spina centrale della città reticolare pedemontana, essa
Forum
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Johann Heinrich Bleuler, Il ponte di Sciaffusa, 1790 circa. Berna, Biblioteca Nazionale Svizzera, Graphische Sammlung.
nizzazione reticolare di alta pianura lombarda, ben consentono di cogliere come nella nostra regione i grandi interventi infrastrutturali possano essere elementi di ulteriore destrutturazione degli insediamenti, banalizzazione del paesaggio e disagio per le società locali, oppure al contrario occasione di riorganizzazione territoriale, di riqualificazione paesistica, di ridefinizione di alcune forme di coesione locale e di risposta anche alle esigenze delle economie e delle popolazioni “ attraversate” da questi “ grandi” interventi. Nella prima direzione sembra procedere inevitabilmente l’approccio “ normale” al tema: una progettazione esclusivamente tecnico-ingegneristica dei manufatti delle due infrastrutture (raramente intese come opere d’architettura, come potenziali elementi significativi di un nuovo paesaggio o meglio di ristrutturazione intenzionale di quello emerso a valle di una pluralità di processi); la natura nonostante tutto settoriale delle politiche della mobilità (mancano politiche integrate di riqualificazione urbanistica degli insediamenti o di valorizzazione degli spazi aperti at-
berato la fanno da padrone); una rappresentazione “ geografica” incerta o obsoleta del territorio attraversato (visto al più come caotica periferia di diverse province/aree metropolitane, anziché come una originale nuova e articolata configurazione urbana), un rapporto con le società locali che passa solo attraverso la ricerca puntuale del consenso delle singole amministrazioni (su quello svincolo o quell’attraversamento), con una debole regia regionale, anziché una qualche elaborazione di uno scenario di sviluppo condivisibile su cui diversi attori siano chiamati ad assumersi qualche responsabilità per le implicazioni di lunga durata di queste scelte. Gli stessi processi in atto, l’impegno parziale di alcuni tecnici, di alcune amministrazioni, di alcuni funzionari sembrano tuttavia delineare una ipotesi alternativa – che richiede tuttavia di essere sostenuta e sollecitata – dove il progetto di infrastruttura, come si è detto, può diventare elemento generatore di un più complesso progetto territoriale. Porsi in questa logica può voler dire concretamente sviluppare almeno le seguenti quattro considerazioni:
ciato riemergenti o nuove nel dibattito tecnico-politico: una infrastruttura autostradale unitaria-autoreferenziale, sovradimensionata e poco interconessa con la rete e una nuova linea ferroviaria direttissima da Milano a Chiasso (da Meda a Milano su nuovo tracciato) per i treni ad alta velocità che escluderebbe – in modo veramente demenziale – i centri e le stazioni più importanti della città pedemontana (Como-Seregno-Monza). A nostro parere in un territorio come quello lombardo le grandi infrastrutture non devono essere più un’occasione di radicale ricolonizzazione dello spazio, ma piuttosto occasione di una riforma anche radicale ma comunque iscritta in consolidate traiettorie di sviluppo degli insediamenti, in configurazioni che paiono in via di stabilizzazione dopo le grandi trasformazioni dei primi cinquant’anni d’Italia repubblicana. • Queste due infrastrutture attraversano una anomala ed originale città abitata da più di un milione di cittadini e da una quota significativa delle imprese lombarde. Esse debbono essere pensate e realizzate anche a servizio delle società
deve essere a servizio innanzitutto di movimenti di medio-corto raggio che connotano questo territorio presentando la massima connettività con il reticolo stradale esistente. Ciò vuol dire che l’intervento ferroviario funzionale al trasporto delle merci dal Gottardo verso Treviglio deve essere studiato in modo tale che, non solo renda più agevole il collegamento metropolitano da e verso Milano sulle linee storiche, ma debba essere anche occasione per attivare un collegamento ferroviario passeggeri da Malpensa ad Orio al Serio (con possibili fermate a Busto Arsizio, Saronno, Cesano Maderno, Seregno, Monza, Vimercate vale a dire in alcuni dei centri più importanti di questa estesa urbanizzazione) e per creare una stazione per l’alta velocità che non si capisce perché non dovrebbe fermarsi al suo interno (si ricordi che questa estesa ed originale urbanizzazione pesa in termini di popolazione, attività, Pil assai più di Zurigo o di Bari...). • Gli spazi aperti attraversati allo stato attuale dei processi decisionali e progettuali rischiano di essere ancora una volta solamente frantumati e dequalificati, su di essi
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Antonio Canal, detto Canaletto, Old Walton Bridge, 1754 (particolare). Londra, Dulwich Picture Gallery.
va viceversa definito un progetto integrato di investimenti significativi (basterebbe destinare il 10% del costo dei progetti infrastrutturali) tesi a dar nuova forma, abitabilità, funzione sociale ed ecologica, qualità estetica a questi spazi che già ora cominciano timidamente a diventare elemento distintivo e di qualità di questa nuova anomala città (una città che potrebbe avrere come archetipo generativo non tanto una centralità edificata ma uno spazio aperto, il parco di Monza, una città che oggi vede moltiplicarsi il sistema dei parchi sovracomunali che sempre più estesamente occupano queste stanze e questi corridoi interclusi nell’urbanizzazione reticolare). Viceversa troppo spesso essi continuano ad essere visti in sede decisionale e progettuale come semplici vuoti (timidamente da preservare così come sono) o peggio ancora e in modi ancora molto frequenti al di là di ogni retorica politica del rispetto ambientale e del perseguimento della “ sostenibilità” come spazi dove scaricare ciò che non è desiderato: ad esempio i demenziali svincoli nel progetto di pedemontana che distruggono molti spazi aperti attraversati. Ben oltre la fasce di rispetto delle nuove infrastrutture la Regione Lombardia con il coinvolgimento di una pluralità di attori locali e non locali dovrebbe delineare congiuntamente al progetto di infrastruttura uno scenario e un insieme plurale di politiche paesistico-ambientale sugli spazi aperti attraversati dando profondità e spessore alle relazioni trasversali di questo intervento. In questo senso lo stesso disegno le
stesse opere d’ingegneria legate alle infrastrutture possono essere ripensate: l’interramento non è sempre necessario, un ponte o una struttura sopraelevata può diventare elemento di un parco territoriale, le esigenze tecniche interne debbono confrontarsi con quelle esterne degli spazi attraversati dando vita a una varietà di soluzioni. • Alla politica infrastrutturale deve inoltre in modo certo parziale e non onnicomprensivo, ma comunque in forme cogenti e meditate relazionarsi qualche scelta di politica insediativa di localizzazione di nuovi insediamenti, di riqualificazione di alcuni tessuti e persino di attenta progettazione di alcuni spazi urbani. In questo senso lascia perplessi un governo (spesso non governo) delle localizzazioni delle grandi e medie strutture di vendita o delle nuove strutture del tempo libero a prescindere da questi interventi stante la loro enorme valenza paesistica (inoltre in forma di pianificazione integrata alcune di queste localizzazioni potrebbero cofinanziare almeno quel 10% di opere paesistico-ambientali connettibili alle infrastrutture). Egualmente lascia perplessi la scarsa riflessione sui nuovi diversi ruoli (anche commerciali e di intrattenimento culturale) assumibili dal sistema delle stazioni (storiche e nuove), sulla loro possibile ridefinizione spaziale e architettonica e sulle possibili implicazioni di un simile ridisegno sui tessuti circostanti (soventemente ancora riplasmabili, porosi e capaci di ospitare alcune attività che implicano una forte mobilità).
In conclusione ribaltando il punto di partenza del nostro ragionamento possiamo sostenere che per la vasta e complessa urbanizzazione pedemontana attraversata da queste due infrastrutture urge una qualche effettiva politica territoriale-paesistica integrata. Questa politica ben difficilmente potrà venire da tradizionali piani regionali o provinciali o da una classica distinzione tra politiche di sviluppo e di tutela. I progetti di infrastrutture se ripensati come complessi interventi territoriali possono diventare invece uno dei cantieri progettuali dove fare emergere con concretezza alcune azioni di una nuova politica d’area vasta. Perché ciò
avvenga sono necessarie tre non facili condizioni: la capacità da parte della cultura tecnica geografico-urbanistica di produrre interpretazioni e scenari di riferimento per i territori attraversati, una forma di dialogo più stretta tra politiche infrastrutturali e ambientali, tra politiche di sviluppo e del paesaggio e naturalmente tra differenti saperi tecnici e progettuali tra architettura e ingegneria dei trasporti, infine una politica che pur nell’orizzonte della governance e fuori da ogni ipotesi dirigista veda nei suoi diversi attori riscoprire il piacere dell’immaginazione e il valore civile di qualche impegnativa assunzione di responsabilità.
Grandi opere lombarde, un anno dopo. I primi risultati dell’attuazione della Legge-obiettivo in Lombardia di Amedeo Liverani Corridoi plurimodali, sistemi urbani, hub aeroportuali e potenziamento delle infrastrutture per l’approvvigionamento energetico. Di seguito alla sentenza della Corte Costituzionale che ha risolto definitivamente il conflitto di concorrenza legislativa fra Stato e Regioni, è giunto il momento di tracciare un primo bilancio delle attività di realizzazione del piano di grandi infrastrutture attuato con la Legge Obiettivo. Di seguito all’emanazione della L. 443/2001, si è subito posto il pro-
blema della regolamentazione di tutti gli aspetti successivi all’individuazione delle opere ed insediamenti produttivi strategici di preminente interesse nazionale. Il D.L. n. 190/2002 ha avuto quindi il compito di regolare la progettazione degli interventi, l’approvazione degli stessi, e le modalità di partecipazione di regioni e province autonome per le quali l’interesse regionale risultava concorrente con l’interesse nazionale. Lo strumento di applicazione di tale principio è stato individuato
di innovazione delle politiche di sviluppo del territorio. In quest’ottica, le decisioni di insediamento e di investimento, in regime di competizione in un’economia globale, dipenderanno sempre più da rendite specifiche di localizzazione, riscontrato che i soggetti che operano all’interno del circuito economico sono più inclini a ricercare zone che presentino condizioni ambientali atte a favorire sviluppo, celerità, sburocratizzazione, flessibilità ed equilibrio dei fattori della produzione, come pure possibilità di cooperazione fra imprese. Su tutti questi elementi di valutazione, anche forti del privilegio di coesione in un sistema regionale di “ diversità” morfologiche, di insediamenti antropici e di dissimile tessuto socio-economico, tutti gli Enti Locali lombardi hanno saputo confrontarsi efficacemente, così da raccogliere la sfida lanciata ai Sindaci dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti in occasione del Convegno “ Grandi Opere Lombarde” dello scorso 18 febbraio 2002, tenutosi alla Provincia di Milano, che ha ufficialmente ricomposto la scissione tra “ vita delle Istituzioni” e “ vita dei cittadini” in un comune progetto di modernizzazione del Paese, da nord a sud. Gli interventi di prossima attuazione • Sistemi ferroviari sul corridoio plurimodale padano (inclusi nel “ corridoio V” Lione-Kiev) Tratta AC Milano-Torino; Tratta AC Milano-Bologna. • Accessibilià ferroviaria Malpensa Raddoppio tratta Carnate-Airuno. • Accessibilità ferroviaria Valtellina Ammodernamento linee ColicoChiavenna e Lecco-Tirano (opere incluse nell’Accordo di Programma Quadro per i Mondiali di Sci “ Bormio 2005). • Sistemi autostradali e stradali Riqualifica della s.s. 36 tratta MonzaCinisello Balsamo; Quarta corsia autostrada MilanoBergamo; Collegamento autostradale Brescia-Lumezzane-Valtrompia.
Infrastrutture per la competitività: un confronto tra le quattro regioni “motori d’Europa” di Roberto Zucchetti L’attuale fase di rapida globalizzazione dell’economia mondiale accentua gli aspetti di competizione tra le regioni: sempre più la loro prosperità è infatti legata alla capacità di trattenere ed attrarre le attività produttive e di servizio di elevato livello. Perché ciò sia possibile è necessaria la compresenza di una pluralità di condizioni; tra queste, determinante è l’accessibilità, sia verso l’esterno sia int erna alla regione: in un
mondo sempre più interrelato è comprensibile che la possibilità di spostare persone e merci, in modo efficiente e a basso costo, sia un fattore strategico di successo. Le regioni “ quattro motori” svolgono un ruolo trainante all’interno delle rispettive economie nazionali e della stessa Unione Europea: per questo motivo è interessante verificare il posizionamento della Lombardia all’interno di questo gruppo di potenziali concorrenti.
Indicatori della congestione Regioni
Congestione stradale
Congestione autostradale
Congestione complessiva
Lombardia
100,00
100,00
100,00
Catalogna
75,84
39,92
72,96
Baden-Württemberg
57,39
68,05
57,78
Rhone Alpes
24,96
29,40
25,13
Unità di misura: veicoli immatricolati/rete stradale; Valore massimo = 100 Fonte: Elaborazione dati Gruppo CLAS
Nel breve testo che segue si riportano alcuni aspetti di una più vasta ricerca che ha indagato la dotazione infrastrutturale ma anche il livello di servizio reso dalle infrastrutture nelle singole regioni. • Ferrovie Confrontiamo innanzitutto l’estensione di linee ferroviarie in rapporto alla popolazione. Linee ferroviarie/ popolazione Baden-Württemberg
2,37
Catalogna
2,05
Lombardia
1,36
Rhône-Alpes
2,82
Unità di misura: km/ 10.000 abitanti Fonte: Elaborazione dati Gruppo CLAS Il Rhône-Alpes, anche data la sua bassa densità abitativa, risulta la regione meglio dotata, con 2,82 km di linea per 10.000 abitanti, seguita dal Baden-Württemberg, con 2,37 km per 10.000 abitanti. Nettamente arretrata è la Lombardia, con soli 1,36 km di linea per 10.000 abitanti. Passando ad analizzare il livello di servizio offerto, sembra opportuno tenere conto di tre aspetti: 1. il numero e l’importanza delle destinazioni servite Tre capoluoghi regionali si collocano in posizione sufficientemente omogenea: Milano, Lione e Barcellona sono collegate direttamente con un numero di destinazioni (ponderate) compreso tra il 70 e l’80% del totale. In particolare Milano è collegata direttamente con l’80% delle destinazioni desiderabili e questo nonostante la presenza delle Alpi. Si distacca nettamente Stoccarda, collegata solamente con il 57% del proprio bacino. 2. la frequenza dei collegamenti I treni in partenza da Stoccarda sono quelli con la frequenza media migliore: 66% dell’ottimo desiderabile seguita da Milano (60% ), da Barcellona (56%) ed infine da Lione dove la frequenza dei collegamenti è meno della metà di quanto ottimamente desiderabile (47%). 3. la velocità offerta Questo aspetto mostra la debolezza del sistema italiano. Basti confrontare la velocità del TGV
Lione-Parigi (233 km/h) con i 125 km/h dell’Eurostar tra Milano e Bologna o i 103 km/h del Milano-Venezia, tutti percorsi che si svolgono in pianura. In complesso la facilità d’accesso ferroviaria da e per Milano non raggiunge mai valori d’eccellenza, anche se mostra lo sforzo di trarre il massimo del servizio da una infrastruttura carente sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo. • Rete stradale e autostradale Confrontiamo ora l’estensione delle autostrade, sempre in rapporto alla popolazione. Autostrade/ popolazione Baden-Württemberg
0,98
Catalogna
1,59
Lombardia
0,63
Rhône-Alpes
2,08
Unità di misura: km/ 10.000 abitanti Fonte: Elaborazione dati Gruppo CLAS Le differenze appaiono molto sensibili: anche in questo caso, il RhôneAlpes risulta la regione meglio dotata, con 2,08 km di autostrade per 10.000 abitanti, seguita dalla Catalogna con 1,59 km. Nettamente più arretrato il Baden-Württemberg, con soli 0,98 km mentre anche in questo campo la Lombardia si riconferma ultima, con 0,63 km di autostrade per 10.000 abitanti. Volendo anche in questo caso analizzare il livello di servizio reso, è stato elaborato un indicatore che pone in rapporto la lunghezza delle strade e autostrade con il numero di veicoli immatricolato in ciascuna regione e si è scelto di esporre i risultati in forma di numeri indice, assegnando il valore di 100 alla regione con il rapporto veicoli/strade più sfavorevole. La tabella posta in alto ad inizio colonna, relativa agli “Indicatori della congestione”, mostra che la Lombardia è la regione che presenta il più alto rapporto tra veicoli e lunghezza della rete, sia nel caso delle autostrade che nel caso della rete di secondo livello: risulta quindi la regione nella quale si verifica il maggior livello di congestione.
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nelle cosiddette “ Intese Quadro” . Successivamente, con il cosiddetto “ collegat o inf rast rut t ure” , (L.166/2002) sono stati regolati gli ulteriori aspetti discendenti dalla delega conferita al Governo, con particolare attenzione a tutti gli aspetti derivanti dal principio di semplificazione e snellimento dell’attività amministrativa, fondamentali per assicurare la massima efficacia in termini di celere realizzazione degli investimenti da attuare. Il cammino percorso dal legislatore ha dato luogo all’instaurarsi di un conflitto di competenze fra lo Stato e le regioni e le province autonome, che ha comportato l’instaurarsi di un contenzioso, risolto positivamente con la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003 dello scorso ottobre. In sostanza, il Supremo Consesso ha risposto a tutte le eccezioni di costituzionalità presentate nei ricorsi da parte delle regioni e delle province autonome individuando linee di principio ritenute di specifica attinenza con il quadro normativo tracciato dalla Legge Obiettivo. Alcuni interventi inclusi nel primo programma approvato dal CIPE, nonché quelli previsti nell’Intesa generale Quadro, già in procinto di autorizzazione definitiva, potranno essere cantierati a breve, ed interesseranno un reticolo funzionale strettamente interconnesso, mirato ad interventi di riqualificazione globale della viabilità, sviluppo ed integrazione del sistema aeroportuale, potenziamento dei poli interlogistici dei centri intermodali e del sistema idroviario, e di riqualificazione del sistema fieristico e dell’accessibilità viaria delle infrastrutture collegate. Il modello programmatico adottato dalla Regione Lombardia, in tema di rilancio delle Grandi Infrastrutture, è conseguente alla particolare attenzione che il governo locale ha prestato alla valutazione delle mutazioni culturali e sociali in essere, a sostegno della valorizzazione del principio di sussidiarietà quale fattore pregnante
Rassegna Master
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M aster universitario di secondo livello in Infrastrutture Aeronautiche Napoli, Università Federico II Polo delle Scienze e delle Tecnologie e Dipartimento di Ingegneria dei Trasporti Informazioni: Maria Esposito, tel. 081 2537007; e mail: stampa@unina.it
che offrono servizi di trasporto merci, logistica e trasporto passeggeri, in centri di ricerca e società di consulenza che operano nel settore, nelle amministrazioni pubbliche e negli organismi internazionali preposti alla realizzazione e alla valutazione dei piani e dei progetti di trasporto.
Il corso è rivolto a ingegneri e architetti interessati a una preparazione specialistica e avanzata nel campo della realizzazione e gestione di infrastrutture aeroportuali. Il Master, orientato a formare figure professionali con prospettiva di qualifica dirigenziale in ambiente militare e civile, è il risultato di una pluriennale collaborazione tra l’Ateneo e il Comando logistico dell’Aeronautica Militare e si avvale dell’esperienza di docenti e professionisti particolarmente esperti in un settore che richiede specifiche competenze tecniche e amministrative. Il programma formativo è incentrato sugli aspetti tecnico-normativi concernenti le infrastrutture di supporto alle attività aeronautiche – piste di volo, impianti generali e di assistenza al volo – e su aspetti tecnico-amministrativi riguardanti la gestione dei lavori pubblici. Sono previste 500 ore di seminari, lezioni e applicazioni nel periodo febbraio-luglio, e un tirocinio nel periodo settembre-novembre che include visite tecniche e un viaggio studio.
M aster universitario di primo livello in organizzazione e qualità dei progetti urbani www.unich.it/master/orgurb.htm
M aster FSE. Corso di perfezionamento in economia e management dei trasporti, della logistica e delle infrastrutture Milano, SDA Scuola di Direzione Aziendale, Università Bocconi via Bocconi 8 tel. 02 58366605; fax 02 58366638 w w w.sdabocconi.it /mast er/corsifse/fse4/obiettivi.html Obiettivo del corso è formare “ il manager dei trasporti, della logistica e delle infrastrutture” quale figura professionale innovativa in grado di operare a livello gestionale e direttivo in un settore caratterizzato da una forte disomogeneità sia dal punto di vista della natura istituzionale dei soggetti, sia da quello delle tipologie modali, sia ancora da quello degli ambiti territoriali di intervento. L’elemento distintivo di questa figura professionale è la capacità di comprendere i diversi elementi che costituiscono il sistema dei trasporti: la logistica e il trasporto merci, il trasporto merci, il trasporto passeggeri nella sua dimensione locale e a media/lunga percorrenza, le infrastrutture, l’ambiente e la sicurezza. La figura professionale del “ manager dei trasorti, della logistica e delle infrastrutture” formata dal corso sarà dotata delle caratteristiche di competenza e flessibilità al fine di occupare posizioni gestionali e direttive in aziende sia pubbliche che private
Il Master nasce dalla collaborazione fra la Facoltà di Architettura di Pescara dell’Università degli Studi Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e un pool di enti pubblici e di soggetti imprenditori locali. Il corso si propone di impartire una formazione specialistica avanzata in urbanistica a coloro che operano all’interno delle professioni progettuali (società di ingegneria e studi tecnici), ovvero che operano o aspirano a lavorare negli ambiti operativi degli enti pubblici territoriali, al fine di acquisire adeguate conoscenze e competenze in materia di qualità nell’organizzazione di un progetto. Il Master mira innanzitutto a innestare sulle conoscenze progettuali tradizionali una specifica preparazione sull’organizzazione, gestione e valutazione di programmi di opere pubbliche, nonché di progetti integrati e programmi complessi, fino ai progetti urbani, utile per consulenze nell’ambito dello sviluppo e gestione di azioni urbane presso amministrazioni pubbliche e società private. Il Master è rivolto a studenti in possesso delle lauree in: Scienze dell’Architettura, Pianificazione Urbanistica, Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale e in Ingegneria Civile. Il corso prevede un minimo di 500 ore di lezioni ed esercitazioni, nonché attività di autoformazione guidata alla quale si aggiungono attività di studio individuale e di stage fino a raggiungere un carico di lavoro di 1500 ore. M aster in Diritto e gestione dei servizi pubblici. Evoluzione e prospettive manageriali nei settori delle risorse energetiche, idriche, telecomunicazioni, trasporti e ambiente Roma, LUMSA Facoltà di Giurisprudenza, via Pompeo Magni 22 Segreteria Master e Corsi di Perfezionamento, tel 06 68422467; fax 06 68422484 www.lumsa.it/Giurisprudenza/corsi_per fezionamento_g/servizi_pubblici.htm Il tema della gestione dei servizi pubblici locali è da tempo al centro di accesi dibattiti e ripetuti interventi normativi. Le richieste provenienti dalla collettività, le istanze di privatizzazione e liberalizzazione degli
stessi operatori del settore, oltre alle direttive provenienti dalla comunità europea, hanno avviato un lungo e tormentoso processo di trasformazione del settore. Le riflessioni intorno ai temi del riassetto istituzionale, economico e tecnologico dei servizi, verificatesi a seguito dell’entrata in vigore di norme per la liberalizzazione dei settori di pubblica utilità, hanno di recente subito una forte accelerazione a causa della revisione dell’Art. 113 del “ Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” ad opera dell’Art. 35 Legge n. 448/2001 (Finanziaria 2002), con lo scopo di promuovere la competizione nell’offerta dei servizi al fine di migliorare le condizioni tecniche di produzione e la qualità dei servizi. I cambiamenti del sistema richiedono dunque figure professionali con competenze innovative e con grandi capacità gestionali: veri esperti e manager delle pubbliche utilità, ovvero di quel comparto dei servizi di pubblico interesse definiti “ a rilevanza industriale” , che comprendono i trasporti locali, la distribuzione di gas ed energia elettrica, le telecomunicazioni, i servizi idrici e di igiene ambientale. Si tratta di un’opportunità nuova, che garantisce prospettive certe sulla qualità del lavoro e sulle responsabilità verso i territori sui quali si opera, e che permette di accedere a posizioni di responsabilità nelle amministrazioni pubbliche, nelle imprese private e nelle società di consulenza. Il Master si propone di fornire competenze e capacità per: formare le nuove professionalità richieste dai mutamenti economici, istituzionali e tecnologici in atto nei settori dei servizi di pubblica utilità; gestire all’interno delle imprese (pubbliche, private e miste) operanti nelle public utilities i processi di riposizionamento strategico e di riorganizzazione interna indotti dall’introduzione di elementi di competitività; elaborare ed attuare le politiche di regolazione e ristrutturazione dei settori delle pubbliche utilità all’interno delle Autorità indipendenti responsabili della loro formulazione M aster di Secondo Livello in Ingegneria delle infrastrutture e dei sistemi ferroviari Roma, Università La sapienza, Facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Idraulica trasporti e strade Informazioni: prof. Eugenio Borgia, tel. 06 44585093-132 marina.monti@uniroma1.it w w w.uniroma1.it /st udent i/laureati/master/scheda.asp?codice=163 Il Master è un corso di studio annuale rivolto ai laureati in Ingegneria (vecchio ordinamento), o laureati specialistici nei corsi di laurea specialistica delle Facoltà di Ingegneria. Esso intende consentire un perfezionamento scientifico multidisciplinare nel settore dei trasporti ferroviari con l’obiettivo di preparare tecnici di alto livello in grado di soddisfare le esigenze delle Amministra-
zioni, delle Società Ferroviarie, delle Società di Ingegneria, dei Centri di Ricerca e delle Imprese e Industrie che operano in tale settore. Il Master si articola in 480 ore di lezione, seminari, esercitazioni e visite, un’attività di stage di 150 ore e un’attività di elaborazione della dissertazione finale di 150 ore. Master di Secondo Livello in Progettazione di infrastrutture nell’ambito di attuazione di piani territoriali Padova, Università degli Studi, Facoltà di Ingegneria Informazioni: prof. Claudio Modena, tel. 049 8275613; modena@caronte.dic.unipd.it www.unipd.it/studenti/Dopo_laurea/master/master_scheda-104.htm Il moderno concetto di “ competenza” , su cui è improntata l’impostazione metodologica di questo percorso formativo, ha sostituito negli ultimi anni quello di “ prestazione” . Mentre quest’ultima punta all’apprendimento di abilità spendibili immediatamente in situazioni di lavoro, la competenza mira all’acquisizione di aree più estese e indirette di saperi, capacità e atteggiamenti esperti funzionali alla gestione del cambiamento: non è più legata alla semplice riproduzione di modelli da imitare e all’esecuzione del mero compito richiesto ma assicura un controllo sulle procedure e sulle azioni. In questa accezione il percorso formativo riferito a un preciso contesto territoriale integra nell’iter di analisi, valutazione e progettazione le istanze provenienti dai sistemi coinvolti. L’obiettivo è formare tecnici dotati della capacità di affrontare temi di progettazione complessi e di alto contenuto interdisciplinare. Particolare attenzione verrà posta alla rilevanza territoriale di problematiche attinenti alla realizzazione di opere connesse al sistema infrastrutturale dei trasporti. Il riferimanto è ad opere di impatto significativo in ambiti di diverse dimensioni (comunali, provinciali, di area vasta). Le figure professionali a cui è rivolto il Master sono: collaboratori e membri di gruppi di progettazione e di società di ingegneria; operatori di aziende specializzate nella realizzazione di infrastrutture di significativo impatto territoriale e ambientale; operatori di aziende specializzate nella gestione di reti infrastrutturali; operatori di pubbliche amministrazioni che indirizzano verso specifici tipi di interventi le scelte programmatiche dello sviluppo del territorio. Il Master si articola sulla base di 320 ore di lezione, 200 ore di laboratorio, 400 ore di stage, 50 ore per la realizzazione di elaborati e 530 ore di studio individuale. Per accedere al Master è necessaria la laurea in Architettura o in Ingegneria (vecchio ordinamento), Architettura e Ingegneria Edile e Ingegneria Civile (nuovo ordinamento). a cura di Martina Landsberger
a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pellegrini
Progettare il futuro per realizzare qualità Colloquio con l’arch. Felice Sonzogni, Assessore al territorio, trasporti e infrastrutture della Provincia di Bergamo Il programma per il governo della Provincia di Bergamo indicava nel 1999 obiettivi impegnativi, a che punto siamo? Per garantire un’ordinata crescita del territorio, delle infrastrutture e del suo assetto sociale ed economico ci siamo posti un obiettivo impegnativo: governare il territorio con la capacità di leggere e interpretare l’oggi, per progettare e costruire il domani, con il grande obiettivo di tracciare prospettive convincenti. Quale futuro quindi di fronte a noi? Il futuro si presenta difficile ma carico di potenzialità e di prospettive positive. L’imprenditoria ed il mondo economico bergamasco hanno da tempo segnalato le difficoltà a reggere la competitività, nel processo di globalizzazione, in assenza di una adeguata rete infrastrutturale, ma anche in assenza di politiche di governo del territorio. Abbiamo appena lasciato alle nostre spalle “ l’esigenza storica” di un governo del territorio legata alla domanda di “ quantità” e siamo ora alla domanda di “ qualità” , abbiamo utilizzato strumenti e tecniche della pianificazione, abbiamo ricercato modelli di modernità, ma dobbiamo prendere atto che tutto ciò non ha risolto minimamente il problema del rapporto tra l’uomo e la sua città, tra l’uomo il territorio e la natura. Nelle grandi città si è sempre più soli, nel territorio in generale non riusciamo più a riconoscerci. Evidentemente alla qualità non basta la modernità e alla qualità non basta la sola tecnologia. Ora siamo all’interno di un nuovo processo di profondo cambiamento: la globalizzazione; siamo dappertutto, tutto sembra possibile in ogni luogo. Per effetto di queste profonde trasformazioni si rende quindi necessaria una nuova progettualità? In realtà è venuto il momento di progettare lo spazio per l’uomo mediante l’utilizzo delle culture incrociate dell’ambiente, dell’urbanistica, e dell’architettura. Occorrono progetti integrati e complessi da sviluppare in termini di “ ecologia urbana” se vogliamo davvero rispondere alle attese e alle aspettative della comunità. Siamo consapevoli delle profonde trasformazioni in atto, è richiesto un grande sforzo per rapportarsi con i nuovi orizzonti ed i nuovi bisogni: in prospettiva la tecnologia, la telematica e l’informatica, doteranno l’uomo di strumenti individuali, incredibilmente semplici e potenti, assisteremo
ad un’ulteriore profondo cambiamento nei comportamenti e nei bisogni, si modificheranno in maniera evidentissima le esigenze di mobilità (telelavoro, teleconferenza, acquisto di generi alimentari e di beni di consumo, tempo libero). Quali le criticità più evidenti? • Un territorio fortemente urbanizzato e ancora in forte crescita con la progressiva saturazione di spazi; • una politica urbanistica molto municipale; • il sistema stradale costruito per la domanda di mobilità delle persone, si è trasformato in sede per il trasporto delle merci; • il trasporto delle merci ha davanti a sé una prospettiva d’ulteriore crescita.
va solo enunciato, deve essere concretamente attuato. • Dobbiamo confrontarci, se si vuole governare sulle iniziative che si collocano all’interno di una prospettiva futura. È necessario che ogni nostra valutazione si proietti in una dimensione temporale più avanzata rispetto ad oggi, proviamo a spingerci avanti di qualche anno e vedremo che Il futuro ha bisogno di politiche di governo del territorio. C’è molta convinzione ed entusiasmo da parte sua su questa prospettiva?
ciazione delle intenzioni; si deve tradurre in fatti concreti e, perché questo possa accadere, dobbiamo agire con determinazione nell’azione di coinvolgimento di professionalità, di esperienze che possano con adeguata progettualità garantire il successo delle nostre intenzioni. Si è pertanto sviluppato un azione su alcuni temi significativi capaci di coniugare l’interesse delle realtà istituzionali, con la dimensione culturale, professionale, tecnica e scientifica, al fine di definire un adeguato livello progettuale finalizzati alla: • valorizzazione delle aree spondali
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Quali sono elementi di preoccupazione e di rischio? • Rischio di perdita d’identità; • rischio di perdita del paesaggio; • rischio di perdita dei valori autentici. Che prospettive quindi per la realtà Bergamasca? L’area Bergamasca si sta prefigurando come una nuova centralità nel territorio lombardo. Questa nuova prospettiva va assunta come condizione di privilegio, di risorsa autentica. Sui supporti infrastrutturali prima descritti, sarà in definitiva più facile definire con coerenza le localizzazioni per le nuove attività produttive, i luoghi del commercio e della grande distribuzione, gli ambiti di valorizzazione turistica e culturale, con il trasferimento in sedi adeguate dei traffici impropri di attraversamento, gli ambiti urbani potranno realizzare le trasformazioni di qualità da tanto tempo attese. Vorrei inoltre evidenziare che l’obiettivo primario non è il sistema infrastrutturale, ma che questo rappresenta la condizione perché il territorio possa emergere nelle sue potenzialità, nella promozione dei valori autentici: ambientali, storici, culturali, produttivi, di formazione e ricerca. In definitiva nella qualità dei luoghi, del territorio e della nostra vita. A proposito di governo del territorio recentemente è stato adottato il Piano territoriale di coordinamento provinciale. Con grande soddisfazione possiamo dire di disporre ora di una chiarezza di prospettiva. Quali sono gli aspetti principali? • È ampiamente diffusa la sollecitazione ad una programmazione superiore, è peraltro sperimentata e accertata la insufficienza della sola pianificazione comunale. • È necessaria una valutazione globale – basta con i localismi, i settarismi e gli egoismi. • Serve chiarezza e determinazione sugli obiettivi. • Ègiunto il momento di liberare tutte le energie, le risorse e la capacità operativa delle realtà individuali, associate, imprenditoriali e finanziarie presenti e molto vivaci nel nostro territorio. Il principio di sussidiarietà non
La qualità ambientale del sistema tranviario di Grenoble. Qualche volta l’entusiasmo mi porta a delineare progetti da qualcuno definiti eccessivamente spinti, disancorati da una fattibilità reale. Ciò non corrisponde certo alle mie intenzioni, il ruolo e la responsabilità istituzionale richiedono severità e concretezza. C’è, invece, grande stima e ammirazione per le grandi intuizioni e le capacità di iniziativa del passato e, riflettendo, mi chiedo perché oggi tendiamo a ritenerle improponibili. Grandi infrastrutture (ferrovie, ponti, strade), grandi architetture (le mura, gli edifici, i palazzi pubblici e privati), grandi architetti, scultori, maestri e artisti della pietra, del legno, del vetro e del ferro, hanno reso bella e importante la nostra Città e il nostro territorio provinciale, e hanno contribuito in maniera determinante alla costruzione di altre città come Venezia e tante altre in Italia e in Europa. Si sta ora delineando una nuova importante stagione con i nuovi progetti per il nuovo ospedale, la fiera, lo stadio, i sistemi ferroviari e tranviari, oltre ai progetti autostradali di Brebemi e Pedemontana. Questi trascineranno operazioni importanti e di qualità lungo gli itinerari e sul sistema del ferro in corrispondenza delle fermate. Facciamo in modo che le nuove procedure vadano a premiare i contenuti progettuali, basta con i soli parametri metrici, tecnici e burocratici! Creiamo competizione qualitativa, facciamo crescere la bellezza dei luoghi, del territorio, degli edifici, dello spazio intorno a noi, dello spazio nel quale vogliamo vivere. Dobbiamo sollecitare e promuovere progettazioni e realizzazioni di qualità. La qualità non si realizza solo con la definizione di programmi, con la enun-
dei corsi d’acqua; l’intorno dei fiumi rappresenta un patrimonio ambientale e paesistico tra i più significativi, l’obbiettivo è migliorare l’accessibilità anche con percorsi ciclopedonali, l’organizzazione delle aree verdi e delle aree attrezzate per la fruizione corretta di queste fasce di territorio. • Riqualificazione ambientale delle aree adiacenti alle infrastrutture: l’intorno dei sistemi stradali, ferroviari e tranviari. • Piste ciclabili: nel verde e nell’abitato le reti di percorsi ciclabili, oltre che occasione per il tempo libero e di fruibilità dei valori storici, ambientali naturalistici, devono costituire una proposta vera, convincente e praticabile come sistema di trasporto per gli spostamenti brevi. • Viabilità connesse al sistema ferroviario e per l’accessibilità alla rete di trasporto: in particolare per il facile raggiungimento delle stazioni e delle fermate del trasporto pubblico su ferro e gomma, compresi i parcheggi. • Infrastrutture e le attrezzature a supporto dei sistemi della mobilità: fermate tram e autobus, i nuovi terminal per il trasporto. • Programmi d’area: il tram delle valli ed il progetto autostradale Brebemi e alta capacità FS nella pianura bergamasca. Quale può essere indicato come l’intervento più innovativo? L’intervento più innovativo è l’intervento tranviario e la sua integrazione con quello ferroviario. Con il progetto non si è solo scelto il mezzo di trasporto, si è individuato un sistema territoriale definito su cinque direttrici, con origine dalla stazione di Bergamo in direzione di Albano, Treviglio e Ponte S. Pietro, (istituzione di servizio metropolitano sulle infrastrutture ferroviarie esistenti) S. Pel-
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Bergamo
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legrino e Gazzaniga (sistema tranviario, in fase di realizzazione per una prima parte). La ragione principale di questa scelta è proprio la interconnessione complessiva del sistema, con possibili e auspicate tratte che provenendo dalle valli transitano sulla stazione per proseguire nelle altre direzioni senza cambio di mezzo. È irrinunciabile in ogni occasione la ricerca di grande qualità: nel mezzo di trasporto, nel modello di esercizio (frequenza ogni 6-12 minuti), nella progettazione del tracciato e delle sue opere connesse. • Gli itinerari dal punto di vista funzionale intercettano le funzioni urbane e territoriali più significative: Ospedale, Fiera, Università e scuole, teatro, stadio, centri direzionali e uffici pubblici, aeroporto. • In corrispondenza delle fermate i Comuni stanno prevedendo significativi e qualificanti interventi finalizzati a valorizzare luoghi urbani centrali esistenti oppure, mediante nuove progettualità, si andranno a costituire nuovi terminali di attestazione del servizio di trasporto pubblico e privato su gomma. • Lungo tutto l’itinerario deve essere colta l’occasione per una iniziativa di riqualificazione ambientale e funzionale sia nelle parti già urbanizzate che negli attraversamenti di aree libere, si creano evidenti e importanti occasioni di percezione ambientale del paesaggio oltre alla valorizzazione di tutto il territorio per cui il tram non è solo un mezzo di trasporto dalle valli per la città, ma anche al contrario dalla città per le valli. Quindi maggiore qualità? Dobbiamo promuovere più qualità, dobbiamo sviluppare più ricerca, e come ci ricorda l’arch. Renzo Piano, dobbiamo spingerci insieme sulla frontiera, e ogni tanto attraversarla per vedere che cosa c’è dall’altra parte. Abbiamo il dovere di sondare ed essere più creativi. Chi sviluppa creatività attraverso l’architettura usa una tecnica per generare un’emozione, e lo fa con un linguaggio suo specifico, fatto di spazio, di proporzioni, di luce, di materia, di messaggi; e sono soprattutto i messaggi che possono raggiungere i soggetti istituzionali, gli operatori, sono soprattutto questi che ci consentono di tracciare delle prospettive e realizzare su queste le convergenze necessarie per realizzarle. Vorremmo quindi sviluppare la fase di dibattito al P.T.C.P. con questo spirito; vorremmo un dibattito capace di stimolare gli interessi e gli entusiasmi. Bisogna quindi essere più creativi? Ritengo doveroso essere creativi, significa definire al meglio le prospettive nelle condizioni date e tra queste c’è anche il processo evolutivo in corso. Un saggio diceva: non lasciare che le cose succedano, fai in modo che accadano. Non c’è il rischio che qualcuno li consideri sogni? Sogni? Quello che infonde coraggio ai nostri sogni è la convinzione di poterli realizzare.
Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli
Raccordo autostradale della Valtrompia, un percorso ancora ricco di incognite Tra i progetti di opere infrastrutturali della Provincia di Brescia per migliorare la viabilità e i trasporti, quali l’alta capacità, per il potenziamento del trasporto ferroviario, approvato dal Cipe, la Brebemi, nuovo tratto autostradale tra Brescia e Milano, concepito per affiancare la già satura autostrada A4 in questo tratto, appaltato all’omonima società e per la quale si prevedono trentuno mesi per l’attuazione, e la cosiddetta “ Corda molle” , variante alla s.p. 19, raccordo autostradale tra Ospitaletto e Montichiari, spicca la travagliata vicenda del raccordo autostradale che dovrebbe collegare la Valtrompia e Lumezzane, una delle aree economicamente più significative della provincia, con le autostrade A4, A21 e la Brebemi. La prima ipotesi di realizzazione di questo tratto autostradale risale ormai agli anni ’60 ma i primi passi concreti vennero fatti nel 1992-93. Alla fine del 1999 il provvedimento di concessione fu affidato, con decreto interministeriale firmato dai ministri Micheli e Amato, presidente del Consiglio Massimo D’Alema, dall’Anas alla Serenissima, società in larga maggioranza di proprietà di enti pubblici, gestita dai Comuni capoluogo, dalle Province e dalle Camere di commercio nella zona compresa tra Milano e Venezia. Proprio questo primo concreto passo è quello che in questi giorni ha portato lo Stato italiano ad essere deferito dalla Commissione europea alla Corte dell’Aja, per aver affidato la realizzazione dell’autostrada della Valtrompia alla Serenissima senza gara d’appalto. Le motivazioni sostenute per aver adottato questa procedura sono che l’opera non ha una autonomia finanziaria tale da suscitare interessi, in quanto non è previsto un rientro degli investimenti, e che si tratta di un raccordo, quindi di un adeguamento autostradale, e non di una nuova autostrada. Pare tuttavia che non siano risultate ragioni sufficienti a Bruxelles o, peggio, che i ministri Lunardi e Buttiglione “ non hanno inviato alcuna controdeduzione, né si sono impegnati per convincere la Commissione europea che si trattava di un affidamento fondato e compatibile con la normativa” , come sostiene Paolo Corsini, che, in quanto Sindaco di Brescia, è anche consigliere della Società Serenissima. L’opera è stata inserita dal Cipe nel primo programma per le infrastrutture strategiche e pertanto ricade tra le infrastrutture di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del
Paese, come previsto dalla Legge Obiettivo. Il progetto prevede la realizzazione di un percorso di circa 37 km che interessa 11 Comuni della provincia, i manufatti principali riguardano 11,6 km di gallerie naturali, 2,5 di artificiali, 1,5 di viadotti; sono previste opere di mitigazione e sistemazione paesaggistica, con barriere antirumore e trattamento acque di prima pioggia; la dotazione impiantistica sarà di standard elevato a favore della sicurezza degli utenti; dal 1999 il progetto ha subito numerose varianti tenendo conto delle osservazioni e delle esigenze dei soggetti interessati e il costo preventivo è passato da circa 300 milioni di Euro a 740 milioni. L’opera è fortemente sostenuta dalle associazioni imprenditoriali bresciane, che vedono, nella possibilità di diminuire i costi del trasporto delle loro merci, un aiuto per una situazione economica di crisi; infatti, se un tir da Padova a Brescia costa 450 Euro per arrivare a Lumezzane costa il doppio. Non solo, l’attuale strada che porta in Valtrompia presenta notevoli problemi di sicurezza – numerosi sono gli incidenti che si verificano, con un costo medio di otto vite l’anno – e ambientali, per le colonne di auto e mezzi pesanti che quotidianamente si formano; tranne i Comuni di Collebeato e Gussago, che, tra l’altro, avevano incaricato una società norvegese di pensare ad un tunnel alternativo all’autostrada, e che sono contrarie non all’opera in sé, ma alle modalità di realizzazione sul loro territorio, le varie amministrazioni interessate sostengono il progetto. Numerosi sono però anche gli oppositori, ricorsi, oltre che in sede comunitaria, sia per la formula dell’affidamento dell’appalto, che per le carenze rilevate nella procedura della valutazione di impatto ambientale, anche presso il Tar contro il favorevole decreto interministeriale di V.I.A.; le argomentazioni vanno dallo spreco eccessivo di aree agricole, alla mancata previsione delle conseguenze della deviazione dell’alveo del Mella, alla mancata comparazione dell’impatto ambientale dell’opera con quella di strutture alternative, espressamente richiesta dalla legge, alla non corretta valutazione dell’inquinamento atmosferico, specie in materia di pericolose polveri fini Pm10. Per concludere l’iter burocratico italiano, ottenuta la positiva valutazione di impatto ambientale, l’approvazione da parte del consiglio di amministrazione dell’Anas, il parere favorevole della conferenza dei servizi, mancherebbe ora solo la delibera del Cipe. Per la realizzazione dell’opera sono previsti 48 mesi, ma dove questi 48 mesi si collocheranno nel futuro arco temporale, con la spada di Damocle della Corte dell’Aja, che incombe, non è dato di sapere. P. T.
Como a cura di Roberta Fasola
Incontro con l’ing. Lorini, responsabile del Settore Grandi Opere del Comune di Como La, senza alcun dubbio, contemporanea questione delle “ grandi infrastrutture” è valida occasione di svisceramento ed analisi delle più delicate problematiche legate alla città e al modo, in costante evoluzione, di viverla. Ciò significa che lo spazio del moto diviene lo spazio del tempo: è solo attraverso una sua corretta rilettura che si possono sviluppare condizioni e situazioni connotate di significati culturali, tecnologici e sociali. Affrontando l’annosa questione dello stare e dell’andare si arriva, perciò, ad analizzare tutta una serie di fattori, inerenti sia il campo della tecnica, che dell’ambiente, che degli aspetti comportamentali. Innanzi tutto si tratta di comprendere, nello specifico, le condizioni entro le quali si sviluppa il discorso relativo alle grandi infrastrutture. La città di Como, in tal senso, sembra essersi definitivamente orientata verso la teoria delle cosiddette “ infrastrutture integrate” , dove l’integrazione non è da intendersi come accadimento puramente trasportistico legato alle sole opportunità intermodali (non negandone tuttavia la validità ai fini di una corretta funzionalità della rete complessiva dei trasporti), ma bensì come una condizione più generale che vuole comprendere la risoluzione di un insieme assai complesso di problematiche che comprendono sia quella economica che quelle spaziale, relazionale ed urbanistica. È solo dalla contingente risoluzione di tutte queste che può nascere un corretto disegno del progetto; è solo da un’alta capacità di dominio della complessità, vale a dire dalla comprensione delle interrelazioni tra le specifiche competenze e dei loro limiti critici di ruolo, e dallo sforzo di cercare di volta in volta il criterio fondativo del caso specifico, che può nascere la soluzione alle questioni implicite di ogni specifico intervento urbano e territoriale. Purtroppo tutto ciò avviene non senza poche difficoltà: la dinamica dei sistemi economici e sociali offre una serie di grandi occasioni alla trasformazione fisica dell’ambiente che però, per non finire coll’essere dannosa a se stessa, deve essere necessariamente supportata da nuovi e meglio definiti orizzonti ideali; questo significa fondamentalmente una cosa e cioè che il progettista incaricato deve “ pensare le ipotesi con la passione dell’assolutezza ed insieme con la coscienza della loro provissorietà” (V. Gregotti). In tal senso la riflessione intorno alla nozione di infrastruttura intrapresa dall’Amministrazione Comunale Comasca, è stata in questi ultimi anni
gronde atto a liberare il nodo di Milano dal traffico merci in transito. Il quadruplicament o della linea Chiasso/Como-Monza rientra quindi tra gli interventi finalizzati al potenziamento delle reti di accesso al valico alpino del Gottardo. L’obiettivo di assicurare un collegamento ottimale tra la nuova ferrovia transalpina svizzera e la rete ferroviaria italiana, in particolare ad Alta Capacità, è stato sancito, come obbiettivo strategico, con Convenzione Italo-Svizzera sottoscritta nel novembre 1999. Il quadruplicamento della linea Chasso-Monza è stato inserito fra le infrastrutture strategiche definite dalla Legge Obiettivo n. 443/2001. Tra gli interventi a scala minore e di breve termine, rientra invece, il completamento dell’itinerario di Circonvallazione di Camerlata, che consentirà la diversione di consistenti quote di traffico che oggi attraversano il quartiere di Camerlata. In tal senso si avrà un miglioramento dell’assetto viabilistico, con particolare riferimento alle condizioni di deflusso veicolare per il traffico dalla Svizzera, dal varesotto e dalla sponda occidentale del Lario in direzione Cantù/Erba-Lecco/Bergamo e viceversa. Nel medio periodo l’opera, coordinata con la prevista Tangenziale Sud, favorirà la distribuzione del traffico proveniente dallo svincolo di Acquanera. Trattasi, sostanzialmente, di un percorso a carreggiata unica, realizzato tra lo svincolo Como sud dell’Autostrada A9/s.s. 342 ed il viadotto di nuova costruzione Canturina-Oltrecolle. L’intervento prevede il sovrappasso della linea ferroviaria F.N.M. Como-Milano (già in corso di realizzazione), il raccordo con la ex s.s. 35 ed il viadotto Clemente XIII (in fase di progettazione esecutiva), il collegamento diretto di via Scalabrini-via del Lavoro con via Belvedere (nuovo tronco stradale con intersezione a rotatoria), eliminazione dell’impianto semaforico all’incrocio Belvedere/Canturina e formazione di rotatoria per agevolare il deflusso veicolare proveniente dal viadotto Oltrecolle-Canturina. A migliorare ulteriormente l’accessibilità urbana (miglioramento inteso come risparmi di tempo di percorrenza sia rispetto al mezzo pubblico attuale che al mezzo privato) con conseguente integrazione dei mezzi di trasporto sul territorio e riduzione della congestione della Convalle con successivi benefici ambientali (riduzione dell’inquinamento sia atmosferico che acustico), è il progetto per la Tramvia Interoperabile. Le infrastrutture ed i servizi di trasporto attualmente offerti, infatti, non sembrano più in grado di rispondere alla sempre crescente domanda di mobilità del territorio comasco. Como occupa in tal senso una posizione strategica rispetto all’arco alpino e all’asse nord/sud Zurigo-Milano. La soluzione di metrotramvia Como-Cantù-Olgiate (frutto di un articolato studio di fattibilità coordinato dal Politecnico di Milano), con la tratta tra la stazione San Giovanni e Como Lago connessa alla ri-
qualificazione del Lungo Lario, consente di offrire ai viaggiatori per turismo o business una migliore accessibilità al territorio (rete interconnessa metrotramvia+servizi ferroviari). La tratta urbana, da Como Lago a Grandate, prevede l’utilizzo della sede ferroviaria F.N.M. La tratta per Olgiate Comasco presenta un itinerario baricentrico lungo la conurbazione che si prolunga ad ovest di Como (zona caratterizzata da forti flussi pendolari verso il capoluogo provinciale). La tratta verso Cantù, prevede l’utilizzo della sede ferroviaria esistente, con prolungamento dei binari tramviari fino alla centralissima piazza Garibaldi. Per garantire una corretta integrazione tra le diverse modalità di trasporto offerte, si prevede una nuova autostazione presso la stazione di Como S. Giovanni, il potenziamento del servizio P&Rail esistente e la realizzazione di un parcheggio di attestamento a soli 300 m dal Centro Storico. Nella realtà lombardo-ticinese, anche in riferimento allo scenario Alp Transit a sud delle Alpi, è necessario puntare su un uso diversificato ed efficiente delle infrastrutture esistenti per servire ogni tipo di traffico e, in particolare, per raccogliere il maggior numero di passeggeri possibile, rendendo in tal modo realmente significativi e “ paganti” i servizi ferroviari internazionali. In questo contesto la stazione di Como S. Giovanni assume un ruolo strategico quale punto di interscambio ad elevatissima accessibilità internazionale, regionale, provinciale ed urbana – nodo da riqualificare e attrezzare con autosilo e nuova autostazione (sostitutiva di quella attualmente ubicata nel Borgo storico di Sant’Agostino), in cui attestare le linee radiali su gomma urbane ed extraurbane. L’intervento è coordinato con il “ Quadruplicamento linea Chiasso-Monza” (infrastruttura ferroviaria strategica definita dalla Legge Obiettivo n. 443/2001) e con la programmata Metrotramvia Como-Cantù-Olgiate Comasco. A seguito di ciò, altro obbiettivo di importanza non indifferente è la riqualificazione del Borgo Storico di Sant’Agostino, raggiungibile con il trasferimento presso lo scalo merci F.S. dismesso di Como S.Giovanni dei capilinea delle autolinee regionali extraurbane ed urbane. Dotare il territorio comasco di tutti questi sistemi di interfaccia con la città significa anche convalidare la localizzazione della struttura del Nuovo Ospedale S. Anna, che sarà in grado di rispondere alle più avanzate esigenze nella cura dei pazienti, che sarà atta a garantire una gestione caratterizzata da buoni livelli di efficacia ed efficienza, in linea con la programmazione sanitaria regionale. Il progetto relativo al Nuovo Ospedale di Como si inserisce nel processo di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, previsto anche dal Piano Socio Sanitario Regionale 2002-2004, che identifica tra le principali linee guida la costruzione di nuovi ospedali, modernamente progettati e realizzati, in sostituzione di presidi ospedalieri
esistenti e considerati obsoleti. Sulla base dello studio di fattibilità messo a punto dall’Azienda Ospedaliera Sant’Anna, è in fase di sottoscrizione l’Accordo di Programma tra Regione Lombardia, Provincia di Como, Comune di Como, Comune di Montano Lucino, Comune di S. Fermo della Battaglia e Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como, finalizzato alla realizzazione del Nuovo Ospedale all’interno dell’area “ Villa Giulini-Tre Camini” . La nuova struttura ospedaliera dovrà essere caratterizzata da grande flessibilità spaziale e funzionale per assicurare il tempestivo adeguamento ai continui progressi tecnico-scientifici e all’evoluzione dei bisogni sanitari, nonché una corretta integrazione delle attività con altre strutture e con i servizi sanitari del territorio. La buona accessibilità al sito ospedaliero sarà garantita, oltre che dalla realizzazione del sistema Tangenziale Sud, anche dal potenziamento del trasporto pubblico locale. Da tutto ciò si evince come la città di Como abbia fatto di una precisa condizione specifica l’atto fondativo di un processo progettuale chiaramente in atto e, soprattutto, deciso a ritrovare i bordi duri delle sue problematiche più accese: bordi che possono essere ancora più o meno lontani ma che, sicuramente, hanno carattere storico, spaziale, sociale, tecnico e politico. Pierantonio Lorini con Roberta Fasola
Opere di difesa dalle esondazioni del lago nel comparto piazza Cavour-Lungo Lago La connotazione urbanistico-ambientale delle rive lacuali di Como è sempre stata funzione e testimonianza della generale evoluzione della città, determinando secolari processi d’avanzamento verso il lago: le grandi modificazioni economiche e sociali del XIX secolo, unitamente alle innovazioni tecniche introdotte con lo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto, trasformano il fronte del lago in un articolato sistema urbanistico d’infrastrutture a destinazione pubblica. La costruzione del porto di Sant’Agostino (1822), la realizzazione del viale della Rotonda e dell’attuale viale Rosselli (1849), la creazione della diga foranea e del nuovo porto (1860-1870) con la colmatura del vecchio porto (attuale piazza Cavour), l’edificazione degli scali merci e passeggeri della Ferrovia dello Stato (1877) e delle Ferrovie Nord (1885) chiude una fase di sviluppo che corrisponde alla necessità di adeguare le strutture al nuovo ruolo, consolidando quel singolare e sottile equilibrio fra città ed acqua che ha determinato l’immagine della “ riva” così cara ai comaschi. Il Lungo Lario è oggi uno spazio caratterizzato dalla presenza di edifici di differenti epoche e stili, distribuiti secondo configurazioni urbane di-
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particolarmente attiva: una sorta di critica costruttiva al presente che è diventata orizzonte della sua riorganizzazione. Riorganizzazione che si è formalizzata attraverso l’individuazione di diverse tematiche tra loro strettamente correlate e relazionabili. Prima fra queste la delicata questione del Sistema Tangenziale Sud, il cui tracciato e le caratteristiche progettuali (in particolare il numero limitato delle interconnessioni ed il loro posizionamento) gli assegnano una funzione spiccatamente interurbana al servizio degli spostamenti di attraversamento dell’area e di accesso alla città. Ciò non toglie che parte non marginale dei benefici della tangenziale riguardino il traffico urbano che risulta alleggerito del conflitto con il traffico in attraversamento est-ovest. Nel dettaglio, l’opera integrata con l’asse autostradale esistente, consentirà la formazione di un sistema che, lambendo a ovest e a sud il centro abitato, raccorderà – nel rispetto dei vincoli ambientali – le principali direttrici di traffico che convergono su Como. A nord-ovest quelle provenienti dalla Svizzera e dalla sponda occidentale del Lario (s.s. 340), a sud-ovest quelle provenienti da Bergamo/Lecco (s.s. 342 e s.s. 639). A livello urbano tale infrastruttura consentirà anche di migliorare l’accessibilità ai principali poli di interscambio col trasporto collettivo (Lazzago, Acquanera, Scalabrini e Valmulini). Il progetto preliminare, nell’ambito dell’infrastruttura strategica “ Sistema viabilistico pedemontano” inserita nella Legge Obiettivo, è stato approvato in linea tecnica dall’Anas e, non appena approvato il relativo piano finanziario, verrà trasmesso agli Enti interessati per la presentazione di eventuali osservazioni. Al fine di garantire la massima integrazione tra i differenti usi della rete attuale delle infrastrutture ferroviarie, è stato previsto, nell’ambito del “ Quadruplicamento della linea ferroviaria Chiasso-Monza” (progetto RFI/ITALFERR), con una conseguente valorizzazione della stazione di Como s. Giovanni, un’adeguata organizzazione dell’intersezione tra la linea storica e la linea veloce (vedasi schema di interconnessione proposto dal Comune di Como fra bivio Rosales e stazione di Cucciago). Attualmente le linee ferroviarie lombarde, deputate a garantire l’integrazione con la rete svizzera, risultano non adeguate agli incrementi di traffico, in termini di ottimizzazione di raccordi, di adeguamento di sagome e di miglioramenti tecnici. La direttrice in esame Chiasso/Como-Monza-Milano, riveste un’importanza strategica per quanto riguarda il traffico passeggeri ed il traffico merci internazionale. La tratta Chiasso/Como-Monza costituisce il segmento critico del collegamento con il nodo di Milano, il potenziamento di suddetta tratta si impone, perciò, sia per risolvere le criticità da incrementi di traffico generati dall’apertura del tunnel di base del Gottardo e del Monte Ceneri (progetto svizzero Alp-Transit), sia per sviluppare il sistema delle
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verse, dominato dalla presenza di un elemento non architettonico quale il traffico intenso che lo percorre e lo rende, nella struttura attuale, incapace di garantire attraverso un percorso adeguato il collegamento pedonale tra la Punta di Geno e la Villa Dell’Olmo. Esso può essere oggi letto come luogo irrituale e simbolico, non di conservazione integrale della città, ma come strumento di rinnovamento di forme e funzioni in un quadro d’interventi che, pur confermando il mantenimento integrale degli edifici, intendono affidare l’organizzazione delle nuove funzioni pubbliche, tecnologiche e ricreative, ai nuovi spazi che il progetto propone di realizzare con l’ampliamento del Lungo Lario verso il lago; in tal modo esso assumerà una profondità variabile da 15 a 25 metri e realizzerà un sistema di percorsi attrezzati di difesa idraulica garantendo in futuro l’eventualità di una galleria interrata che consenta l’affaccio diretto sul lago dalla piazza Cavour. Con il presupposto fondamentale di non modificare la sede stradale esistente sul Lungo Lago e di riproporre il delicato equilibrio oggi esistente fra lo specchio del lago e la linea di costa, nella predisposizione del progetto per la difesa dalle esondazioni sono stati individuati quattro tratti tipologicamente omogenei, differenziati in funzione dell’andamento altimetrico del Lungo Lago. Per tali tratti il progetto ha previsto differenti soluzioni di difesa: • tratto A-B (piazza Groggi - Stazione F.N.M.) In considerazione del modesto spazio esistente tra gli edifici ed il lago, un sistema di bitte fisse in acciaio e
di paratoie in alluminio a scorrimento verticale manuale dell’altezza di circa cm 50/70, realizza il duplice obiettivo di arginare le esondazioni e di garantire una separazione permeabile fra traffico veicolare e pedonale; • tratto B-C (Stazione F.N.M. - Hotel Terminus) Le quote altimetriche di questo tratto del Lungo Lago hanno suggerito di realizzare un argine contro le esondazioni attraverso un semplice riporto di terra d’altezza variabile da 0 a 1 metro, che sarà attrezzato a verde: in effetti, in questo tratto si realizzerà una notevole espansione dei giardini e della passeggiata a lago, che sarà accessibile, come i pontili della Navigazione del Lago di Como, senza dislivelli o barriere architettoniche; • tratto C-D (Hotel Terminus- Hotel Metropole & Suisse) La necessità di garantire, in corrispondenza della piazza Cavour, un sistema d’accessi al lago a servizio dei natanti pubblici e privati, tenuto conto che le quote altimetriche della piazza segnano qui la massima depressione, ha suggerito di arginare le esondazioni mediante l’installazione di un sistema di paratoie mobili a scorrimento verticale: esse, in condizioni di lago normale, rimanendo abbondantemente sotto il pelo libero dell’acqua, non sono d’impedimento alcuno alla navigazione. Gli unici elementi sporgenti restano i pali-guida d’acciaio inox, peraltro tipologicamente e dimensionalmente simili a quelli già esistenti impiegati per l’attracco dei battelli. Questa soluzione a scomparsa è stata progettata per azzerare l’impatto visuale delle opere di difesa nel tratto antistante piazza Cavour, il più “ de-
Fausto Colombo, Renato Conti, Lorenzo Forges Davanzati, Carlo Terragni, progetto strutturale: Arturo Bosetti, Autosilo in val Mulini, Como. Sezione e vista del modello.
licato” dell’intero Lungo Lago; • tratto D-E(Hotel Metropole & Suisse - Giardini di Ponente) L’impossibilità, in considerazione alle quote altimetriche stradali del Lungo Lago, di realizzare uno sbarramento alle esondazioni mediante spalti in terra, come nel tratto B-C, ha suggerito l’impiego di un manufatto fisso murario disposto con l’asse inclinato rispetto a quello stradale, modellato dallo scultore Somaini ed interrotto per il passaggio da una serie di paratoie a ventola integrate nella pavimentazione; esse saranno azionate da un sistema di martinetti idraulici, e in posizione di riposo risulteranno perfettamente a filo con il marciapiede. I diversi sistemi di difesa si attestano a due moli belvedere che delimitano, nella parte centrale antistante la piazza Cavour, un bacino-angiporto che anche durante il periodo d’acqua alta potrà garantire alla piazza una prospettiva sicura sul paesaggio del lago; i servizi della navigazione saranno assicurati da pontili che, in caso d’acqua alta, collegheranno i natanti alla terra passando sopra le paratoie mobili. Due padiglioni caratterizzati da architetture estemporanee svolgeranno le funzioni legate all’espletamento delle pratiche di navigazione (biglietteria, sale attesa, servizi, ecc.). Il progetto prevede inoltre il ridisegno dell’intero sistema di smaltimento delle acque meteoriche e l’attuazione di una serie d’interventi per il controllo delle falde acquifere onde evitare che la realizzazione delle paratie costituisca uno sbarramento in grado di modificare la situazione idrologica e conseguentemente l’equilibrio del terreno sottostante e circostante gli edifici; a tale scopo è prevista la costruzione di due vasche di laminazione, che avranno anche la funzione di raccogliere le acque di prima pioggia, situate nei terrapieni in ampliamento della passeggiata a lago: esse saranno collegate alle stazioni di sollevamento situate nei due moli, ove si attestano le paratoie mobili antistanti la piazza, delimitando, durante i periodi d’acqua alta, un bacino-angiporto con gradonata ottenuta dalla ricostruzione di quella esistente. Per quanto attiene il traffico e la viabilità su gomma, il progetto propone di non modificare l’attuale asse stradale con tre carreggiate delle quali due a servizio del traffico automobilistico privato unidirezionale estovest e una a servizio del trasporto pubblico in senso ovest-est; ciò consente di organizzare i lavori senza provocare turbativa alla viabilità sul Lungo Lago che costituisce un’asse portante del sistema circolatorio attorno alla città murata; la posizione e le dimensioni delle nuove non escludono la possibilità di realizzare in futuro un sottopasso stradale con due corsie a doppia carreggiata. Il progetto prevede inoltre lo smontaggio e la ricollocazione in posizione più avanzata delle gradonate a lago esistenti: quell’antistante la “ Casa Bianca” sarà riproposta integralmente, conservando la tipica planimetria a ventaglio, mentre quella
di piazza Cavour sarà ampliata fino ad attestarsi ai nuovi moli belvedere; è prevista un’ulteriore gradonata, antistante la piazza Matteotti, tipologicamente simile alle altre, con scivolo per l’alaggio dei natanti. • piazza Cavour Strettamente connessa fisicamente e funzionalmente al Lungo Lago e come questo caratterizzata dalla presenza di quinte formate da fabbricati di diverse epoche e stili, piazza Cavour è uno spazio urbano a pianta trapezoidale, nato intorno all’anno 1870 con la ricolma dell’antico porto, trasmesso a noi nella sua forma originaria con tutte le contraddizioni che ne hanno condizionato per oltre un secolo, l’utilizzo. In effetti, la ricolma ha prodotto uno spazio prezioso per la particolare collocazione rispetto alla città e al lago, ma contemporaneamente ha generato una piazza che, per ragioni d’orientamento e per le funzioni diverse che si sono insediate, non ha raggiunto un equilibrio organico con il tessuto urbano circostante: la connotazione morfologica della città che sta alle spalle è, infatti, caratterizzata da un sistema di piazze collegate da strade secondo l’impianto urbano della città medioevale ed ottocentesca, mentre la piazza Cavour risulta sproporzionata e con fruizioni e istanze tra loro contrastanti. Il progetto per la difesa dalle esondazioni prevede che gli interventi necessari all’installazione delle strutture idrauliche non interessino la piazza al fine di non comprometterne futuri utilizzi in superficie e nel sottosuolo: tuttavia la proposta di un angiporto, che ne sottolinea l’importanza, pone la premessa per l’assetto definitivo di uno spazio d’importanza fondamentale per la città. Renato Conti
Autosilo in val M ulini con collegamento pedonale all’Ospedale S. Anna Il progetto si colloca nell’ambito delle iniziative in corso per il riordino e l’integrazione delle reti di trasporto di livello urbano e provinciale e il controllo della mobilità individuale nell’area periferica della città. Obiettivi infrastrutturali del progetto: • ridurre l’afflusso dei veicoli privati nel centro città attraverso l’interscambio con efficienti sistemi di trasporto collettivo urbano ed extraurbano; • favorire l’accessibilità all’Azienda Ospedaliera della Regione Lombardia - presidio Ospedale S. Anna; • favorire l’accesso al Parco Regionale Spina Verde di Como, istituito con L.R. n. 10 del 4 marzo 1993; • consentire, sull’attuale sedime F.N.M., la successiva realizzazione di una fermata del sistema di trasporto a guida veicolata Como-CantùMariano Comense in grado di alimentare il Servizio Ferroviario Regionale (linea Como-Milano). Il progetto risulta coerente anche con le previsioni di Piano Territoriale
Renato Conti
Cremona a cura di Massimo Masotti
A colloquio con Fiorella Lazzari Sul tema dei progetti di grandi infrastrutture che interesseranno la Provincia di Cremona abbiamo sentito l’autorevole parere dell’assessore ai Trasporti e Viabilità della Provincia di Cremona, Fiorella Lazzari. I temi in discussione sono i principali sistemi di trasporto che interessano la Provincia, che sono essenzialmente tre: l’acqua, le ferrovie e le strade. I trasporti via acqua Per l’acqua, le opere attualmente finanziate riguardano la Conca di Cremona. Sono stati stanziati circa 60.000.000 di euro per il rifacimento della Conca. Per tale opera esiste già una progettazione preliminare, che è stata introdotta nella Legge Obiettivo del Governo e, quindi, seguirà le procedure accelerate previste per questa Legge. Il rifacimento della Conca si è reso necessario, in quanto il graduale abbassamento degli ultimi 40 anni del livello del Po ha reso difficoltoso l’accesso all’area del Porto. Il Canale Navigabile attualmente è sotto utilizzato. Si è sempre discusso della continuazione del canale, senza però risultati concreti. Si è arrivati, addirittura, allo scioglimento del consorzio che, da circa vent’anni, si occupava della costruzione del canale. L’attuale Governo ha fissato, nei suoi obiettivi, anche il recupero di questa infrastruttura, prefigurando una sua continuazione fino a Milano. La Regione Lombardia, da far suo, non si è ancora pronunciata chiaramente in tal senso. Negli ultimi anni si sta rivalutando l’uso dell’acqua come infrastruttura di trasporto. Il Piano Nazionale dei Trasporti ha finanziato, da qualche anno, opere che vanno nella direzione dell’incremento d’uso di questo sistema di collegamento. È evidente che ogni considerazione sul potenziamento dell’attuale rete di trasporto su acqua è possibile solo se ricondotta ad una valutazione di ordine generale, che vede due principali livelli di sviluppo del trasporto delle merci: un primo progetto di navigazione estesa al bacino del Mediterraneo, con il potenziamento dei collegamenti marittimi da sud a nord attraverso il rafforzamento di alcuni nodi strategici, come i porti di Genova e di Venezia ad esempio, ed il loro collegamento ai corridoi europei di trasporto merci ferroviari e stradali; un secondo programma che prevede il potenziamento della rete di navigazione interna della zona centrale nel Nord Italia. La rete ferroviaria Per quanto riguarda le ferrovie, i maggiori investimenti attualmente riguardano l’Alta Velocità, che però tocca in modo marginale la nostra provincia.
Il Corridoio V, arteria a rete intermodale, che costituirà il grande asse ferroviario ed autostradale – ma anche fluviale e aeroportuale – di collegamento dell’Europa con i Paesi dell’Est, non è mai stato georeferenziato e quindi, di fatto, non ha mai avuto un tracciato definitivo. Se i paesi interessati dal percorso crederanno nel progetto, potranno decidere il percorso più idoneo sul proprio territorio. Le ultime notizie dal fronte delle Ferrovie parlano, oltre che di una linea a nord, anche di una a sud, utilizzata per il transito delle merci, che superi il nodo, attualmente fortemente congestionato, di Milano. È prevista un’area intermodale delle merci nel lodigiano, connessa alla cintura sud di Milano, con un collegamento che interesserà i Comuni di Pizzighettone, Castelleone, Crema e Treviglio. In questo caso il “ Corridoio V” ferroviario lambirà la parte alta della provincia, in particolare il cremasco e l’area di Pizzighettone, e potrebbe avere sviluppi positivi per tutta la rete ferroviaria CremonaTreviglio-Milano. Il problema principale delle nostre ferrovie è la vetustà, la non appetibilità in termini commerciali per l’Ente Ferrovie. Il progetto del “ Corridoio V” servirà sicuramente a migliorare la nostra rete ferroviaria, sia nei collegamenti con le infrastrutture a carattere nazionale, sia a livello locale. Le infrastrutture stradali Per la rete stradale si ritorna a parlare di “ Corridoio V” , in quanto, come è già stato detto, si tratta di una rete intermodale costituita dall’insieme di diverse infrastrutture, tra cui, appunto, anche quella stradale. Non si tratta però di un tracciato lineare, come può invece definirsi per la ferrovia. A nord esiste già l’autostrada A4, al momento molto congestionata. Sono previsti interventi a breve termine di miglioramento del collegamento Milano-Bergamo-Brescia (la nuova Brebemi). Per decongestionare il resto dell’arteria, da Brescia fino a Venezia, è prevista una linea più a sud che interesserà anche il nostro territorio, con la nuova autostrada Cremona-Mantova. Questo collegamento permetterebbe di potenziare la nostra rete autostradale, permettendo, inoltre, una migliore connessione tra Mantova e Milano. Presso Mantova scorre l’autostrada
per il Brennero (che parte da Modena e arriva al confine con l’Austria). La Regione Veneto ha già messo in salvaguardia un corridoio per la continuazione della CremonaMantova, per tratto che interessa il collegamento di Mantova con Rovigo per arrivare fino a Trieste e, quindi, con la tutta la rete del “ Corridoio V” . La Cremona-Mantova è, quindi, parte di un disegno complessivo che dovrebbe vedere, come detto, il potenziamento di una linea stradale a sud della Lombardia, per decongestionare il traffico della A4 e per intersecare i traffici che arrivano da nord attraverso l’autostrada del Brennero (che proseguirà poi, attraverso la Ti-Bre, verso la costa tirrenica). Per riassumere, le parti di territorio interessate dalla rete autostradale in progetto sono due: l’area oltre confine a nord del Cremasco e la zona interessata dal passaggio della Cremona-Mantova. Il Cremasco sarà lambito dal tracciato della BrebemI ed avrà l’indubbio vantaggio di essere collegato alle principali città del nord Italia attraverso 5 caselli autostradali posti a confine con la nostra provincia. Il futuro potenziamento della Paullese rafforzerà, inoltre, i collegamenti con Milano. Per quanto riguarda Cremona il problema principale è la distribuzione del traffico sull’attuale corona, costituita, al momento, dalla sola tangenziale. Tutte le arterie arrivano infatti su questo anello, non essendoci raccordi che impediscano l’ingresso diretto sulla tangenziale per il superamento della città. Il lavoro che si sta facendo prevede la creazione di una nuova tangenziale che abbia un tracciato più largo dell’attuale. È già iniziata l’opera di costruzione del tracciato, attraverso la realizzazione del “ Peduncolo” che collega la Paullese con la Codognese. È stato recentemente inaugurato un altro tratto, che riguarda la tangenzialina est. Queste nuove infrastrutture garantiranno un migliore collegamento della zona del casalasco con l’est di Milano, senza necessariamente passare per Cremona. Per quanto riguarda la CremonaMantova, il tracciato previsto dovrebbe seguire quello dell’attuale linea ferroviaria. Sono già state apportate, però, numerose modifiche al percorso. Int ervist a a cura di M . M .
Montodine (Cremona), il ponte strallato in costruzione.
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Regionale, con il Piano Regionale del Traffico Urbano e con il Programma Urbano dei Parcheggi. L’autosilo dispone di 625 posti auto ed ha una configurazione a pianta circolare a doppio anello con distribuzione interna radiale e connessioni alla via Napoleona attraverso un collegamento a ponte. La pianta a profilo circolare contiene al proprio interno: • l’anello maggiore formato dal corsello mediano di percorrenza e dalle aree laterali concentriche destinate a parcheggio; • l’anello minore con le rampe separate e sovrapposte di accesso e di uscita ai vari piani dell’edificio. L’organizzazione dell’impianto a piano terra definisce una nuova viabilità di accesso all’autosilo confermando, con le opportune modifiche, l’attuale sede della via Val Mulini come asta di scorrimento e prevede, mediante una forcella di immissione, l’ingresso vero e proprio al parcheggio con relative corsie di accumulo e di raccordo per l’uscita. Altimetricamente l’edificio è costituito da sei piani fuori terra compresa la copertura praticabile: scale di collegamento, scale di sicurezza, ascensori, servizi di piano, cassa unica, impianti tecnologici e di sicurezza, completano le attrezzature di servizio per garantire un efficiente funzionamento a tutta la struttura. Sotto il profilo del rispetto diretto dell’ambiente circostante il progetto è stato redatto sulla base di: • analisi degli aspetti visuali e della possibile integrazione organica fra le opere progettate e il contesto esistente, con valutazione delle modificazioni indotte e della loro compatibilità; • attribuzione di valore e di importanza dei sistemi attuali e delle loro caratteristiche, anche in considerazione dei futuri sviluppi; • previsione di impatto della soluzione adottata rispetto alle alternative elaborate effettuando l’analisi separatamente per i diversi aspetti del paesaggio, della funzionalità del parcheggio e delle reti tecnologiche. La nuova immagine architettonica risulta definita dalla sequenza degli “ anelli circolari” sovrapposti e dal collegamento pedonale aereo che, sovrappassando la via Val Mulini e la Ferrovia, àncora il nuovo insediamento al retrostante terrapieno: la figura che ne risulta è un elemento di immediata percezione e di facile riconoscimento formale nel territorio circostante. La copertura piana dell’ultimo livello particolarmente schermata e protetta da leggeri diaframmi, visibile lungo il profilo di percorrenza dalla strada Napoleona, sarà un “ indicatore urbano” permanente di una nuova fondamentale attrezzatura di servizio della città.
Lecco a cura di M. Elisabetta Ripamonti
A colloquio con l’ing. Angelo Valsecchi
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Lecco, con una rete stradale provinciale che si estende su 450 km e con un volume di traffico di 3 milioni di veicoli al giorno, si identifica con un ambito geografico di gravitazione delle varie attività molto vasto. Su Lecco, dotata di un sistema tangenziale, punto nevralgico di collegamento con la Svizzera ed il nord Europa, gravitano, infatti, fruitori di molti servizi, dal terziario alla pubblica amministrazione, dai consumatori rivolti a piccoli esercizi specialistici a quelli diretti ai molti centri commerciali. Se illustri economisti, da Sraffa a Piacentini, hanno sancito l’importanza del fattore temporale nel miglioramento della produttività aziendale anche la Provincia di Lecco, caratterizzata da un’economia basata su piccole e medie aziende che non hanno necessità di muovere grossi volumi di merce, riconosce nel fattore temporale un parametro base della produttività. La strada ideale, infatti, secondo l’esigenza delle imprese è quella che va da un punto all’altro nel minor tempo possibile. Le aziende produttive sembrano, quindi, porre maggior attenzione al tempo di percorrenza che al costo del carburante impiegato; l’incidenza del costo di trasporto è, infatti, bassa rispetto al valore della merce finale. Come ci spiega l’ingegner Angelo Valsecchi, Dirigente del settore Viabilità e Protezione Civile della Provincia di Lecco, nel nostro territorio l’esigenza non è tanto avere un asse forte (per esempio un’autostrada con tre corsie per senso di marcia) quanto,
invece, essere dotati di una rete diffusa che consenta al traffico di diffondersi in maniera più omogenea. Con questi presupposti sembra che le necessità dei cittadini siano in sintonia con quelle delle aziende: un sistema uniformemente distribuito sul territorio con buone velocità di percorrenza soddisfa sia le esigenze delle imprese produttive che dei cittadini. Un’interessante indagine sulla mobilità ad opera della Regione Lombardia intitolata molto significativamente “ Origine/Destinazione” ha permesso di conoscere con grande precisione la domanda di mobilità facendo emergere un dato alquanto significativo: gli spostamenti sistematici rappresentano solo il 29% circa del totale degli spostamenti! Il quadro complessivo ed aggiornato della mobilità vede, infatti, un aumento considerevole degli spostamenti non sistematici, cioè legati al tempo libero, allo svago o agli acquisti. Il dato assai sorprendente ci spinge ad una considerazione riferita soprattutto alla Provincia di Lecco: perché non convogliare parte di quel 71% di traffico non sistematico all’interno delle reti escursionistiche? Il territorio della Provincia di Lecco ha molto da offrire in termini di spazi e luoghi paesaggisticamente significativi: il lago e le montagne. La Regione Lombardia, dotata di 1.000 chilometri di corsi l’acqua, corrispondenti circa alla lunghezza del litorale adriatico, è la regione italiana con più corsi navigabili. Sui laghi e fiumi della Lombardia è prevalente la vocazione turistica. Se il 62% degli utenti dei servizi di navigazione usa i battelli per scopi turistici si potrebbe anche pensare ad un rilancio della mobilità via acqua con un programma di valorizzazione dei porti e delle banchine fluviali come centri logistici ed intermodali. La rivitalizzazione della navigazione sul Lago di Lecco e la riqualificazione delle sue sponde appaiono un presupposto indispensabile in una programmazione coerente con i princìpi
Veduta assonometrica del nuovo ponte.
Prospettiva della sezione del ponte.
di sostenibilità che riguardi la Provincia di Lecco. La straordinaria risorsa ambientale del lago, sia turistica che economica, è in gran parte ancora da sviluppare, potenziare, valorizzare. Se una valutazione delle priorità d’intervento e lo svolgimento di un’efficace azione di programmazione sono già in atto per le acque, il Piano delle Ciclopiste nella Provincia di Lecco del 1999 rappresenta lo strumento che, nel quadro del sistema della mobilità, prevede e promuove lo sviluppo di un sistema organico di piste ciclabili, teso a favorire la mobilità individuale a basso impatto ambientale ed a sviluppare la fruizione turistica. La previsione di una pista ciclabile in prossimità del Lago di Annone con il collegamento a Parè di Valmadrera, il tratto sul ponte dismesso di Olginate-Calolziocorte, quello di Lomagna-Osnago-Cernusco-Parco del Curone ed il tratto tra Rogeno e la s.s. 36 costituiscono un programma ambizioso teso ad integrare le piste ciclabili dei percorsi escursionistici alle zone collinari e di montagna. Con l’auspicio che il piano complessivo di rete escursionistica si sviluppi concretamente e la riduzione dei tempi di permanenza in auto si traduca in un maggior tempo dedicato ad escursioni nel magnifico paesaggio di manzoniana bellezza, soffermiamoci ora sull’attività svolta della Provincia di Lecco in termini di infrastrutture viabilistiche. L’attività della provincia, spiega l’ing. Valsecchi, è finalizzata al miglioramento dei collegamenti nord-sud ed est-ovest in termini di sicurezza e di fluidità. Con le nuove rotatorie si è provveduto all’adeguamento ed ammodernamento delle intersezioni alle nuove regole definite dal codice della strada; la Provincia ha posto grande attenzione alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade imponendo l’eliminazione di elementi di disturbo quali cartelli pubblicitari e la cura del verde. Molte risultano le opere realizzate o in fase d’ultimazione. La nuova strada per la Valsassina “ Lecco-Ballabio” verrà aperta nel 2004. La s.s. 639 per Bergamo, che verrà ultimata nel 2006, costituisce un’opera d’importanza primaria per il collegamento est-ovest. Entro fine anno sarà ultimato il preliminare di collegamento della “ Lecco-Bergamo” sino a Cisano Bergamasco. Fondamentale importanza avrà lo snodo di fronte al ponte di Brivio dove s’incontrano la s.p. 74 (CisanoBrivio-Olgiate) e la sopraccitata LeccoBergamo. Inoltre la Provincia di Lecco ha sottoscritto un Accordo di programma con quella di Milano per l’individuazione di un collegamento diretto tra la s.p. 51 e l’asse forte del sistema pedemontano, lungo la direttrice storica rappresentata dalla strada provinciale della Santa, in relazione alla quale è previsto un grande intervento (circonvallazione di Casatenovo). Nonostante la fervida attività della provincia uno degli aspetti ancora critici rimane l’attraversamento dell’Adda. Se per il nuovo ponte di Bri-
vio si parla di concorso internazionale da cui far emergere un progetto architettonicamente pregevole, vista la valenza della zona tutelata del Parco Adda Nord in cui s’inserirà detto ponte, per quello di Olginate la Provincia ha già pronto un progetto che si realizzerà il prossimo anno. L’ingegner Angelo Valsecchi, che nuovamente ringrazio per la disponibilità e la vasta panoramica fornita sulla situazione viabilistica della Provincia di Lecco, è il progettista del nuovo ponte sull’Adda ad Olginate. Gli abbiamo poste alcune domande inerenti questo suo interessante progetto. Quali e quanti i ponti attualmente assicurano il collegamento viabilistico tra la sponda destra e quella sinistra dell’Adda nella Provincia di Lecco? Da nord a sud: Ponte Kennedy, tra Malgrate e Lecco; Ponte Azzone Visconti, tra Galbiate/Malgrate e Lecco; Ponte Manzoni, tra Pescate e Lecco; Ponte di Olginate, tra Olginate e Calolziocorte, ponte di seconda categoria; Ponte di Brivio, tra Brivio e Cisano Bergamasco (Bg); Ponte di San Michele, tra Paderno d’Adda e Calusco (Bg). Perché, dunque, è emersa l’esigenza di un nuovo ponte e quando si è formulata la prima ipotesi progettuale? La necessità di un nuovo ponte parte dalla considerazione che vi è tanto traffico “ parassita” , soprattutto di mezzi pesanti, che si sposta lungo le rive dell’Adda nell’impossibilità di un attraversamento vicino a cui far riferimento. Ricordo che sul ponte di Paderno il transito è consentito solo ai veicoli aventi massa a pieno carico inferiore a 3,5 ton. L’ipotesi di realizzare un nuovo collegamento veicolare tra le sponde di Olginate e Calolziocorte è stata più volte formulata negli anni passati; infatti, sono stati redatti più studi che prospettavano un collegamento che prevedeva il riutilizzo del dimesso ponte ferroviario. Dette ipotesi sono state abbandonate per le difficoltà di integrare l’esistente struttura a scavalco dell’Adda con la viabilità principale (s.s. 639 in sinistra orografica; s.p. 72 in destra orografica). Nel febbraio 1999 il Settore Viabilità e Protezione Civile della Provincia di Lecco ha ipotizzato un collegamento che prevede la costruzione di un nuovo ponte a scavalco dell’Adda, posto immediatamente a sud rispetto al ponte ferroviario dismesso, che ben si raccorda con la viabilità principale esistente. Quale sarà il nuovo tracciato viabilistico in corrispondenza del ponte? Il nuovo collegamento stradale si diparte dalla s.p. 72, poco più nord della località Fornasette Superiore, in Comune di Olginate; in tale divaricazione si prevede la realizzazione di una rotatoria, indi il tracciato si orienta verso nord-est, adagiandosi su un esistente strada pianeggiante di recente costruzione, al servizio della zona industriale del Comune di Olginate, da riqualificare nel calibro della piattaforma. Con una de-
Quali enti interverranno nella realizzazione? La costruzione del nuovo ponte a scavalco dell’Adda implica le sinergie di più Istituzioni ed Enti, in quanto è un’opera d’importanza fondamentale nel sistema viabilistico pedemontano. Per la sua realizzazione è stato sottoscritto, in data 10 maggio 2001, l’“ Accordo di programma tra la Provincia, di Lecco e i Comuni di Calolziocorte e Olginate e il Parco Adda Nord per la realizzazione del collegamento della strada provinciale n. 72 del Lago di Como e la statale 639 mediante la costruzione di un ponte a scavalco dell’Adda” . Concretamente, quali saranno i benefici ottenibili dall’opera? La realizzazione del nuovo collegamento viario permetterà una miglior connessione a rete in direzione estovest di due importanti arterie a sviluppo nord-sud (s.p. 72) e nord-est (s.s. 639). Verranno ridotti i tempi di percorrenza per collegare le importanti zone industriali poste in destra e sinistra orografica del fiume Adda, con conseguente riduzione del traffico in attraversamento dei centri abitatati di Olginate e Calolziocorte con effetti positivi sulla qualità della vita. Perché è stato scelto un ponte “strallato” ? Attenta cura è stata prestata nella definizione dei dettagli geometrici strutturali del nuovo ponte, scelto del tipo strallato a significare la dinamicità d’evoluzione di tali strutture presenti lungo l’Adda, dove ogni ponte, quale esempio d’ardita voglia di progresso, è presente a ricordare il passato ed ad auspicare il futuro. In particolare si ricordano il ponte romano ad Olginate (che si ritiene sia stato realizzato nel III o IV secolo d.C.), il Ponte Azzone Visconti realizzato negli anni 1336-38 per volere di Azzone Visconti, il Ponte di San Michele progettato dall’ing. Julius Rothlisberger e realizzato totalmente in ferro negli anni 1887-89 in un solo arco di 150 metri di corda
Veduta del modello.
e, infine, il Ponte di Brivio, manufatto in calcestruzzo la cui costruzione fu avviata nel 1911 rappresentando un’ardita costruzione per l’epoca con una luce di 135 metri ripartita su tre campate. Ci descriva brevemente la tipologia del ponte strallato che risulta così ben inserito nel paesaggio circostante. La tipologia strutturale del ponte strallato è caratterizzata dalla presenza di due antenne alle quali sono ancorati gli stralli. Il ponte va costruito in opera con tecnologia di cementi armati precompressi tesati in opera. La costruzione dell’impalcato richiederà la realizzazione di pile provvisorie in alveo, per il sostegno dello stesso prima della messa in tiro degli stralli. Le fondazioni delle antenne saranno del tipo profondo e verranno realizzati con una batteria di 40 pali di grande diametro (1.200 mm) spinti ad una profondità di 45 metri. La struttura progettata garantisce la durabilità nel tempo e la facilità d’interventi d’ispezione periodica e di manutenzione ordinaria e straordinaria. Per garantire permeabilità visiva nella definizione del tracciato stradale, e delle opere ad esso complementari, non si sono previsti muri di controripa, lasciando degradare le scarpate dei rilevati stradali sino al naturale piano di campagna. Nel lato Calolziocorte, al fine di eliminare la barriera alla continuità della flora e fauna, il rilevato è reso permeabile dalla presenza di numerosi “ fori” . M.E. R. Ponte di collegamento a scavalco dell’Adda della strada s.p. 72 alla s.s. 639 piattaforma stradale di 10,5 metri, strada ad unica carreggiata di due corsie, affiancate da due banchine; dislivello: 4,72 m; pendenza media: 0,26% ; pendenza massima: 3,15% ; tempo di percorrenza: si calcola 1 minuto e 33 secondi (velocità media di 70 km/h); tempo d’esecuzione: 360 giorni naturali e consecutivi; valore complessivo dell’opera: € 6.197.000,00 (finanziata per € 3.615.000,00 dalla Provincia di Lecco, per € 1.755.000,00 dal Comune di Calolziocorte e per € 826.000 dal Comune di Olginate).
Lodi a cura di Antonino Negrini
La Provincia più infrastrutturata della Lombardia Recenti indagini rivelano che la Provincia di Lodi è la più infrastrutturata della Lombardia. Trovandosi situata tra Milano ed il resto del paese accoglie, infatti, tutte le via di comunicazione sulla direttrice nordsud. Resta da vedere quanto e come queste arterie servano il territorio. Se si pensa che a tutt’oggi neanche un treno Eurostar ferma a Lodi, mentre il solo casello autostradale che non presenta gravi problemi di traffico è quello di Piacenza Nord, verosimilmente grazie al traffico relativamente ridotto. Appare evidente come le grandi vie di comunicazione pur attraversando il territorio, rivolgano un’attenzione solo marginale al Lodigiano. Ma queste valutazioni riguardano gli assi di comunicazione nord-sud, (autostrada A1, ferrovia Milano-Bologna, linea Alta Velocità) che si sviluppano lungo l’asse principale del quadrilatero che costituisce la Provincia di Lodi. L’altro asse, quello estovest, non presenta ancora una caratterizzazione sovraterritoriale così marcata da produrre questo fenomeno. Le arterie ex statali n. 234 (Pavia Mantova) e n. 235 (Pavia Orzinovi) svolgono oggi un’importante funzione connettiva, che assume comunque una marcata caratterizzazione locale o, al più, sovralocale. Infatti come vedremo sono oggetto del maggiore impegno programmatico e finanziario della Provincia. Ma lo scenario cambierà, o almeno dovrebbe cambiare. Se come sembra il “ Corridoio V” , il corridoio infrastrutturale europeo che dovrà collegare Lisbona a Kiev, passerà a sud delle Alpi, sarà inevitabile farci i conti. Un fascio di infrastrutture delle più articolate modalità pervaderà la pianura padana, sfruttando, potenziando e sviluppando le infrastrutture attualmente presenti. Il lodigiano, che è attualmente compreso tra la A4 (autostrada Torino-Venezia) e la ferrovia Torino-Venezia a nord e l’A21 (autostrada Torino-Piacenza-Brescia) e la ferrovia TorinoBologna a sud, sarà oggetto di fortissime sollecitazioni infrastrutturali e insediative. Il ruolo che questo fenomeno avrà sul lodigiano è imprevedibile. Di certo, ignorare il fenomeno produrrà quantomeno gli effetti che già rileviamo lungo l’asse nord-sud, aggravando tra l’altro la tensione agli insediamenti logistici. Per ottenere invece effetti positivi per il territorio il suo sviluppo economico e insediativo, la sua salvaguardia all’interno di uno sviluppo compatibile, dovremo divenire attori attivi del fenomeno. Con idee chiare sul cosa fare e come farlo. Ma le tensioni sul territorio non sono solo vettoriali. La metropoli milanese
continua ad espandersi senza soluzione di continuità. Il lodigiano è pervaso dalle tensioni insediative, logistiche, terziarie e infrastrutturali indotte da Milano. Con crescente richiesta di aree per la logistica, una gravissima crisi infrastrutturale dell’hinterland milanese occidentale, sfasamenti e ritardi tra le scelte urbanistiche e quelle infrastrutturali. Così non solo la Tangenziale Esterna Est di Milano (TEM), ma anche i progetti di potenziamento e variante della ferrovia Pavia-Mantova, con il collegamento verso Crema, costituiscono momenti di uno sviluppo monocentrico che proprio grazie all’impossibilità di gestire la gravissima emergenza infrastrutturale non riesce a mettersi in crisi e non trova di conseguenza la convenienza economica in questa direzione. Sembra infatti che oggi l’unica logica di effettiva ed efficace realizzazione di opere pubbliche passi attraverso la finanza di progetto, con il fondamentale apporto di capitali privati, che possono essere investiti ovviamente solo nell’ottica di un ritorno. È il caso della stessa TEM che sembra essere il primo vero caso in Italia di speculazione viabilistica: risolve un problema, conviene dal punto di vista dell’investimento ma, intervenendo nell’emergenza, non si pone come scelta strategica bensì opportunistica. Un territorio quindi sferzato da violente tensioni infrastrutturali, oltrechè a rischio di conurbazione con la metropoli. Le scelte insediative, quelle che in ultima analisi generano attrattività infrastrutturale, sono pertanto comprese tra due poli: da una parte la grande richiesta di aree per la logistica delle merci richiesta dalla metropoli, nonché indirettamente dai grandi assi presenti e futuri, dall’altra la salvaguardia dell’individualità di un territorio che fa della sua vocazione agricola il punto cardine per un inevitabile sviluppo compatibile. Oggi, come accade da sempre in Italia, si rincorre l’emergenza. Non si riesce ad affrontare con visione globale il fenomeno insediativo in un’ottica almeno decennale. Le previsioni di oggi trovano facilmente deroga l’anno successivo anche grazie alla grande (e sacrosanta) autonomia comunale, retaggio forse di un passato glorioso, che ha inevitabilmente modificato il dna della nostra specificità nazionale. Ma sarà possibile, anche in un’Italia di comuni piccole città-stato, arrivare a definire una prospettiva strategica comune? Una scelta condivisa che non venga travolta dalle prime convenienze più o meno speculative? Un’epoca di tensione e sviluppo, quindi, delle reti di comunicazione è quella che sta vivendo il lodigiano. Il sistema ferroviario si appresta a vedere realizzata la linea ad Alta Capacità Milano-Bologna, che scaricherà la linea storica, la quale a sua volta sarà o dovrebbe essere riconvertita al trasporto locale, ovviamente promiscuo al trasporto merci che sempre più chiede spazio. Oltre alle occasioni fornite dall’alta
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cisa curva a destra, il tracciato punta verso l’Adda, che sarà scavalcato ortogonalmente con il nostro ponte “ strallato” . Scavalcato l’Adda il nuovo asse viario si raccorderà con la s.s. 639 mediante una rotatoria a sud dell’intersezione con la linea ferroviaria, in prossimità della via comunale di Caloziocorte denominata via s.s. Cosmo e Damiano.
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capacità ferroviaria, con potenziamento del traffico merci sulle linee storiche, sembra prendere piede un progetto di chiusura dell’anello Pavia-Casalpusterlengo-Crema-Treviglio, che dovrebbe diventare una sorta di gronda ferroviaria merci per raccordare e svincolare (su gomma!) le merci in arrivo dal quadrante meridionale. In tale ottica anche la tratta da Casalpusterlengo a Milano della ferrovia storica sarebbe scaricata e potrebbe divenire asse di supporto per una metropolitana leggera, essenziale per la mobilità della metropoli e del suo hinterland. La rete autostradale storica della Lombardia lamenta da anni un deficit a livello europeo. Il sistema tangenziale di Milano è perennemente congestionato ripercuotendo tale criticità su tutto il territorio circostante. Non riuscendo più a smaltire il traffico in arrivo, genera una saturazione generalizzata dell’hinterland occidentale, dove nelle ore di punta anche le strade vicinali sono intasate dai veicoli in cerca di una pista di rientro. In tale quadro si innesta la scelta strategica e speculativa della TEM, che collegando l’A1 a Melegnano con l’A4 ad Agrate, risolve il problema di oggi, ma asseconda una logica di sviluppo (la città infinita) che non ha ormai più alcuna prospettiva in un’ottica di sviluppo compat ibile e salvaguardia ambientale. La viabilità ordinaria si regge sull’unico asse rimasto al patrimonio Anas, la s.s. 9 Via Emilia, quale percorso alternativo parallelo all’autostrada
A1 e sulla rete provinciale, compresa la viabilità ex Anas, acquisita di recente. La via Emilia si appresta, con gli interventi di riqualificazione programmati a divenire un’asse quasi interamente a doppia carreggiata da Piacenza a Milano, duplicando e potenziando quindi la funzione dell’autostrada, la rete provinciale invece, che vede oggi quasi completamente realizzate le previsioni del Piano Territoriale di Coordinamento Comprensoriale del 1994, si articola su due fronti principali: • la connessione del capoluogo con tutto il territorio e l’eliminazione degli attraversamenti urbani, nell’ottica di un’infrastrutturazione di livello locale; • il potenziamento delle arterie di attraversamento (ex s.s. 235 ed ex s.s. 234) che si collocano naturalmente nella direzione del “ Corridoio europeo V” . È proprio da questo secondo fronte che dovrà prendere spunto il futuro delle scelte strategiche e programmatiche del territorio. Da una parte un’azione attiva, chiara e consapevole di gestione e governo dei fenomeni infrastrutturali indotti dal “ Corridoio V” ; dall’altra una forte caratterizzazione individuale del territorio rispetto all’espansione metropolitana, che proprio grazie all’occasione fornita dal corridoio europeo avrà enormi potenzialità di sviluppo. Savino Garilli, dirigente del Settore Viabilità Trasporti e Strade della Provincia di Lodi
Milano a cura di Roberto Gamba
Infrastrutture della Provincia di M ilano Sono numerosi, come si vede dalle tabelle redatte da Matteo Mai, professore a contratto in Architettura del paesaggio, presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, gli interventi infrastrutturali previsti nella Provincia di Milano. Quella metropolitana milanese è sicuramente una delle aree nodali e più complicate della nazione, ove l’urgenza e la quantità delle opere da eseguire spesso non consentono ai progettisti di fermarsi a considerare, non solo l’esito di qualità architettonica che la realizzazione produrrà, ma neppure talvolta la forma e le alternative di materiale, che i manufatti necessari al funzionamento di linee ferroviarie, stradali, autostradali, aeroportuali e altre richiedono. Sarebbe stato interessante indagare, se ce ne fosse stato il tempo, quali dei programmi di intervento previsti, dispongono, oltre che della necessaria documentazione pianificatoria, a livello urbanistico e territoriale, finanziario e organizzativo, anche di progetti o intenzioni progettuali di tipo compositivo, che rispondano ai requisiti per l’impatto ambientale e a quelli di rappresentatività e di evocazione culturale. Più facile è forse verificare quale potrà essere la qualità dei progetti, che riguardano le greenways e le piste ciclabili, a ragione del fatto che, in questi casi, vengono affrontati temi ove genericamente la “ qualità ambientale” , piuttosto che l’utilità e la funzionalità, sono alla base dell’impegno ideativo. R. G.
I principali interventi infrastrutturali in Provincia di M ilano
Il “ Corridoio V” .
La rete infrastrutturale provinciale.
Da una “ collazione” di dati riguardanti gli interventi infrastrutturali in atto in Lombardia, e in particolare in Provincia di Milano, emerge un interessante scenario di riferimento che delinea il quadro del perfezionamento dell’esistente rete dei trasporti urbano-regionale, previsto per i prossimi anni. Ancorché limitatamente all’ambito geografico-amministrativo corrispondente alla Provincia di Milano, il quadro mostra come gli interventi, visti nel loro insieme, risultano determinanti per il consolidamento delle relazioni interne all’area urbana milanese, e tra questa e il restante della Lombardia. La risoluzione delle criticità (in primo luogo i problemi legati alla congestione di alcuni itinerari stradali ma anche l’obsolescenza di quelli ferroviari, come quello relativo alla re-
lazione Milano P.ta Genova-Mortara/Vigevano penalizzata dall’inadeguatezza della linea esistente) prefigura la potenziale ricollocazione di attività e funzioni di interesse generale (siano esse pubbliche o private) in luoghi in cui risulta garantito un più elevato e razionale livello di accessibilità trasportistica. Il resoconto organizza e descrive per modalità di trasporto gli interventi previsti e in atto. È inoltre indicato lo stato di avanzamento degli interventi aggiornato al novembre 2003. La principale fonte consultata, il “ Sistema informativo delle infrastrutture di trasporto in Lombardia” periodicamente edito da Unione delle Camere di Commercio della Lombardia (consult abile sul sit o www.lom.camcom.it) non consente solo di verificare l’entità degli interventi (dal livello di sviluppo del progetto allo stato di avanzamento dei lavori, all’ammontare dei finanziamenti), ma anche di misurare il “ risvolto” urbanistico dei programmi previsti e in esecuzione. Il “ Sistema Informativo” (TRAIL) può essere consultato ricercando le infrastrutture e gli interventi desiderati attraverso l’utilizzo di mappe regionali che riportano la rete autostradale, la rete ferroviaria e i nodi intermodali; e provinciali che riportano le strade statali. È anche possibile consultare l’archivio attraverso indici: • provinciali (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese); • delle infrastrutture per tipo (autostrade, strade statali, linee ferroviarie, nodi intermodali); • degli interventi per tipo di infrastrutture (autostrade, strade statali, linee ferroviarie, sui nodi intermodali); • degli interventi per rilevanza geografica (sovra-regionale, regionale, provinciale o locale); • degli interventi per stato di avanzament o (in f ase di propost a o progettazione preliminare o definitiva, interventi in corso di approvazione, in fase di valutazione di impatto ambientale, in fase di progettazione esecutiva o di appalto o di realizzazione, interventi conclusi). a cura di G. Matteo Mai
Quadruplicamento Pioltello-Treviglio
Gerarchia
Il progetto prevede il quadruplicamento della linee tra le stazioni di Pioltello e Treviglio. Si tratta di un intervento della lunghezza di 22,5 km, di cui 15 (Pioltello-Pozzuolo) con quadruplicamento in sede e 7,5 (Pozzuolo-Treviglio) in nuova bretella.
L’appalto previsto per il 2000 è stato rinviato per problemi di espropri in Vignate. La situazione si è sbloccata a seguito dell’accordo che consente di superare la situazione della ricostruzione di 28 edifici a ridosso della linea, realizzandoli ex-novo su area appositamente individuata. Demolizione e costruzione seguiranno un programma definito da RFI che prevede la consegna dei nuovi immobili nell’agosto 2004, termine compatibile con il quadruplicamento previsto per il 2005.
Urbano-regionale
L’intervento prevede (in affiancamento agli esistenti) l’installazione di due nuovi binari. Le opere di questo lotto, progettate per la copertura della tratta tra via Massena e Mac Mahon, riguardano la tratta Massena-Savonarola, con esclusione del completamento della nuova fermata Domodossola.
I lavori sono stati consegnati nel giugno 2000 e l’ultimazione è prevista per il gennaio 2004. Nel settembre 2002 gli impianti ferroviari del primo lotto sono stati ultimati e messi in esercizio.
Urbano-regionale
L’intervento rappresenta il II e III lotto del progetto di installazione (in affiancamento agli esistenti) di due nuovi binari. Le opere del II lotto riguardano il completamento della nuova fermata Domodossola. Le opere del III lotto riguardano il quadruplicamento della tratta c.so Sempione-Bacula.
Nel mese di maggio 2003 è stata messa in esercizio la stazione Domodossola, che sostituisce Bullona, la cui dismissione permetterà il completamento del III lotto del quadruplicamento. L’ultimazione dei lavori è prevista per la fine del 2003.
Urbano-regionale
È prevista realizzazione di opere sostitutive de- È completata la progettazione esecutiva e sono avviate gli attuali passaggi a livello nei Comuni di Mi- le procedure di esproprio. lano (2 pl sostituiti da passerella pedonale e sottopasso veicolare); Cormano/Cusano (2 pl sostituiti da passerella veicolare e sottopassi pedonale e veicolare); Paderno (1 pl sostituito da sottopasso e passerella ciclopedonale); Cesano M. (4 pl sostituiti da sottopassi pedonali, sottovie veicolari).
Urbano-regionale
Il progetto prevede il raddoppio della linea Milano S. Cristoforo e Mortara, e la realizzazione di tre nuove fermate con relativi parcheggi di interscambio (Corsico, Corsico bis, Vermezzo/Albairate), oltre a quelle in Milano di Romolo e Tibaldi, della nuova stazione a P.ta Romana e l’eliminazione dei passaggi a livello con opere sostitutive.
L’intervento è stato inserito neIl’Intesa istituzionale StatoRegione. Italferr sta rivedendo il progetto preliminare per adattarlo alle varianti richieste dai comuni. Nel giugno 2002 la Giunta regionale ha espresso parere positivo sullo Studio di Impatto ambientale al Ministero dell’Ambiente.
Urbano-regionale
Sarà possibile separare i traffici (internazionale, nazionale, regionale e merci) migliorando il servizio pendolare. Per quest’ultimo il Passante consentirà, l’incremento dei treni nell’ora di punta, e una migliore distribuzione dei viaggiatori nel tessuto urbano (attraverso 5 stazioni) di quella attuale.
La Stazione di P.ta Vittoria dovrebbe essere ultimata entro il 2003. La tratta extraurbana, da P.ta Vittoria al Bivio Lambro/Rogoredo, sarà attivata entro il 2006, rendendo possibili le relazioni: Saronno-Lodi, Seveso-Pavia, Gallarate-Treviglio, Novara-Lodi, Novara-Treviglio.
Urbano-regionale
L’intervento prevede il quadruplicamento della L’intervento, in fase di progettazione, è previsto nel conlinea ferroviaria tra le stazioni di Rho e di No- tratto di programma 1994-2000. vara.
Sovraregionale
L’intervento prevede il quadruplicamento della L’intervento, nella fase di definizione preliminare, è prelinea ferroviaria tra le stazioni di Rogoredo e Pa- visto nel contratto di programma 1994-2000. via.
Sovraregionale
Il progetto viene ad inserirsi in quello per il collegamento Barcellona-Europa centro-orientale. La direttrice si sviluppa a nord della ferrovia “ storica” , utilizzando un corridoio infrastrutturale coincidente per la massima parte con il tracciato autostradale. La linea si snoda per 125 km dalla stazione Stura di Torino a Milano Certosa. Il tracciato si snoda in massima parte in rilevato, con tratti in viadotto, gallerie artificiali e naturali, e trincea.
Nel febbraio 2002 TAV e FIAT-CavToMi, general contractor, hanno firmato l’Atto Integrativo per la realizzazione della linea. Nel marzo 2002 è stato inaugurato il primo cantiere per la tratta Torino-Novara (che sarà ultimata entro il 2005). Sono in attività l’Osservatorio permanente che ha il compito di monitorare le attività ai fini della loro conclusione e l’Osservatorio Ambientale con il compito di verificare l’efficacia degli interventi di mitigazione.
Sovraregionale
Il tracciato si sviluppa nel corridoio infrastrutturale, coincidente per la massima parte con quello dell’autostrada A1. Lo sviluppo totale della tratta è di 180 km, e sono previste interconnessioni con la linea storica, presso Melegnano, Piacenza, Fidenza e Modena.
Nel 2000 è stato sottoscritto l’Atto integrativo con il general contractor Cepav, che prevede l’apertura dei cantieri. Nel febbraio 2003 è stato inaugurato il Cantiere 1 che si occupa dei lavori del primo tratto e dell’interconnessione di Melegnano. Dei 59 cantieri previsti dai piani di cantierizzazione per la realizzazione delle opere civili: 17 sono completati e 19 sono in allestimento. Sono state aggiudicate le gare d’appalto per le opere civili e sono stati pubblicati i bandi per le altre gare. Sono attivi sulla tratta due Osservatori Territoriali gestiti da TAV: l’Osservatorio di Modena e quello di Fontanellato. Dal 2001, è attivo l’Osservatorio Ambientale istituito con la collaborazione del Ministero dell’Ambiente. Il P.G.T. prevede che entro il 2010 sia realizzata la MilanoBologna-Roma-Napoli.
Finalizzato alla realizzazione del quadruplicamento della tratta Milano Cadorna-Bovisa. Quadruplicamento Cadorna - Bovisa (II e III lotto) Finalizzato alla realizzazione del quadruplicamento della tratta Milano Cadorna-Bovisa. Ammodernamento della tratta Bovisa - Seveso Finalizzato ad eliminare il maggior numero di passaggi a livello della tratta Bovisa-Seveso (I lotto del potenziamento della linea). Raddoppio Milano S. Cristoforo-Mortara L’intervento è finalizzato al potenziamento della ferrovia Milano-Mortara. Passante ferroviario di Milano Ideato per connettere la rete ferroviaria del sud-est della regione con quella nord-ovest, consentirà di realizzare il Servizio Ferroviario Regionale integrato e coerente con l’esigenza di una integrazione tra ferrovie e linee M1, M2, M3. Quadruplicamento Novara-Rho
Avanzamento
Urbano-regionale
L’intervento è finalizzato al potenziamento della linea tra Milano e Treviglio, per l’attivazione del SFR.
Quadruplicamento Cadorna - Bovisa (I lotto)
Descrizione
È parte del progetto per l’Alta capacità To-Mi. Quadruplicamento Pavia-Mi Rogoredo Fa parte del progetto dell’Alta Capacità Mi-Ge. Linea ad alta capacità Torino-Venezia (tratta To-Mi) La realizzazione del progetto tra Torino e Milano consentirà l’integrazione dei due poli, aumentando l’efficienza della direttrice Torino-Venezia. Linea ad alta capacità Milano-Napoli (tratta Mi-Bo) La realizzazione della tratta tra Milano e Bologna consentirà l’integrazione dei due poli, aumentando l’efficienza della direttrice Mi-Bo-Roma-Na.
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Forum
Interventi sulla rete ferroviaria
Interventi sulla rete ferroviaria Centro Intermodale di Segrate
Gerarchia
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La realizzazione del progetto della direttrice Milano-Genova consentirà l’integrazione dei due poli, aumentandone l’efficienza.
Forum
Potenziamento Sistema Gottardo: quadruplicamento e adeguamento linea Chiasso-Monza
Nel novembre 1999 è stata sottoscritta un’Intesa tra: Regione, Provincia, Comune di Segrate, Milano, FS e Società Serravalle riguardante: • la condivisione del riassetto viabilistico del comparto compreso fra Milano e Segrate; • la conferma di un’ipotesi di viabilità provvisoria di accesso che permetta l’attivazione del terminal prima della realizzazione della grande viabilità.
I problemi di accessibilità stradale sono stati risolti realizzando un accesso provvisorio tra l’impianto e lo svincolo di Rubattino/tang. est. Il traffico stradale indotto dal terminal non dovrà superare i 100 automezzi al giorno fino alla costruzione della variante alla s.p. Cassanese (2006) che costituirà l’accesso diretto alla viabilità principale. Nel 2002 è stato redatto dalla Società Serravalle e dalla Provincia il progetto preliminare per la viabilità principale. La Provincia ha pubblicato il bando per l’assegnazione della progettazione definitiva, esecutiva e di studio di impatto ambientale per la realizzazione della viabilità di accesso.
Nazionale
Il tracciato si sviluppa nel corridoio infrastrutturale, coincidente per la massima parte con quello dell’autostrada A7. Lo sviluppo totale è di 126 km, ed è prevista un’interconnessione con la linea storica presso Arquata S. Secondo la Verifica Parlamentare del 1997 per il collegamento Milano-Genova è necessario avviare prioritariamente il tratto più saturo Genova-Novi L. (Terzo Valico) che collega il porto di Genova con la rete ferroviaria padana (tracciato quasi interamente in galleria, dall’allaccio di Voltri alla linea storica Genova-Torino a Novi).
Nel settembre 2002 si è chiusa la Conferenza dei Servizi con l’approvazione del tracciato preliminare condiviso da Liguria e Piemonte, dalle Province e Comuni interessati. L’iter prevede: la stesura del progetto preliminare; il pronunciamento del Ministero; la stesura del progetto definitivo (maggio 2004) e la sua approvazione; la sottoscrizione con il general contractor, individuato nel Cociv, (settembre 2004). Dopo questa data avranno inizio i lavori che dureranno 72 mesi, l’attivazione della linea è prevista per il 2010.
Internazionale
I Comuni interessati dall’opera sono, per la Provincia di Milano, Lentate, Meda, Barlassina, Seveso, Seregno, Desio, Sovico, Albiate. Il nuovo tracciato inizia nel Comune di Carnate con Bernate, in corrispondenza con lo sbocco della galleria esistente Monte Olimpino 2, e si sviluppa in direzione Monza e Carnate. La nuova infrastruttura risulterà in parte in affiancamento all’esistente e in parte in variante (20 km, di cui 16 in sotterraneo). Quest’ultima parte sarà comprensiva delle interconnessioni con la linea Ponte S. Pietro-Seregno. Le opere principali del progetto saranno costituite da gallerie nei Comuni di Vertemate con Minoprio e Seregno, da nuove interconnessioni, viadotti ed opere in sede. Sono previsti interventi per la sostituzione dei passaggi a livello esistenti, alternative e adeguamenti della viabilità.
Nel 2000 in Regione Lombardia è stato firmato tra Consiglio di Stato della Repubblica Elvetica e del Canton Ticino, Province di Como, Varese e Milano il Protocollo per la realizzazione della linea Arcisate-Stabio, nuova direttrice tra Malpensa-Varese e Svizzera. Sono state effettuate dalla Regione le valutazioni sugli studi esistenti per verificare un’integrazione del Sistema ferroviario lombardo con il centroeuropa. I cantieri per la realizzazione del tunnel del Gottardo in territorio svizzero sono avviati. Nel marzo 2002 la Giunta regionale lombarda ha approvato lo schema di convenzione Regione-Canton Ticino per la progettazione preliminare della ferrovia Lugano-Mendrisio-Varese-Malpensa. Nel giugno 2003 Italferr, in nome e per conto di RFI, ha comunicato l’avvio della procedura di V.I.A. sul Progetto Preliminare.
Costituisce la tratta italiana del potenziamento della linea Milano-Zurigo. La realizzazione del progetto ferroviario ad AV Gottardo rappresenta una soluzione ai problemi degli attraversamenti alpini. Viene così realizzata l’integrazione della Svizzera nella rete europea aumentando l’efficienza del collegamento Lugano-Milano, tratta del progetto AlpTransit. Quest’ultimo prevede la creazione di un sistema attraverso l’arco alpino tra Art-Goldau e Lugano. A questo verrebbe allacciato il collegamento con Milano, per il quale esistono due ipotesi: variante di Como; variante di Varese.
Interventi sulla rete autostradale Variante in sotterranea all’A4 Fiorenza-Agrate
Avanzamento
Sovraregionale
Finalizzato al completamento e all’attivazione del centro intermodale che si candida ad essere la principale infrastruttura del genere a servizio del sistema produttivo milanese-lombardo.
Nuova linea ad alta capacità Milano-Genova
Descrizione
Gerarchia
Descrizione
Avanzamento
Urbano-regionale
Il progetto prevede la realizzazione di un tunnel Il progetto si trova nella fase di proposta iniziale. sotterraneo a due canne Agrate e lo svincolo di Fiorenza.
Regionale
L’ipotesi è stata elaborata nell’ambito di uno studio promosso e finanziato dalle CCIAA di Bs, Bg e Mi. È del 1997 lo studio di prefattibilità tecnica, economica e finanziaria, aggiornato nel 1998.
Il progetto è prossimo alla realizzazione: l’Anas ha aggiudicato l’appalto (il 18/4/03 l’Anas ha comunicato la graduatoria della gara: vincitore è il raggruppamento facente capo a Brebemi SpA) e sono state espletate le pratiche per consentire l’avvio dei lavori.
Regionale
Il progetto prevede un raccordo tra la s.s. 527 Bustese e la s.s. 11 Padana Sup., con connessione all’A4 a Boffalora. Il tracciato, 18 km, è a doppia carreggiata con quattro corsie. Dovrebbe snodarsi dall’intersezione tra le s.s. 336 e s.s. 527 nel Comune di Lonate P., e proseguire verso sud lungo il Parco del Ticino, tra Cuggiono, Inveruno e Mesero, sovrapassando l’A4 presso il casello di Boffalora, e innestandosi nella s.s. 11 a Magenta. Sono previsti svincoli a livelli differenziati in corrispondenza della viabilità principale intersecata dalla nuova arteria.
Nel 2001 la Conferenza dei servizi ha approvato il progetto. Il via libera è arrivato dopo l’approvazione della V.I.A. dalla Regione in collaborazione con gli EELL e il Parco Ticino; parere unanime dei Ministeri dei LL.PP., Ambiente e Trasporti. Rispetto al Piano d’Area Malpensa sono state apportate modifiche di carattere ambientale. Nel 2002 il Consiglio di Amministrazione Anas ha approvato il progetto, dando il via libera alla realizzazione dell’intervento. Nel dicembre 2002 è stata aperto al traffico il primo tratto da Malpensa a Lonate P. Si prevede che i lavori termineranno nel 2006.
Sovraregionale
Il progetto prevede una serie di interventi di: • adeguamento della piattaforma autostradale a 2 carreggiate con 3 corsie di marcia e corsia di emergenza; • adeguamento delle strutture di attraversamento del nastro autostradale e di alcuni svincoli.
Il progetto si trova nella fase preliminare. Per i lavori sul territorio lombardo, si attende la definizione del tracciato della linea ferroviaria ad alta capacità. La conclusione dei lavori di ammodernamento e di adeguamento dell’autostrada è prevista entro il 2006.
Finalizzato a sgravare il traffico sull’A4, nel tratto Agrate-svincolo Fiorenza. Raccordo Autostradale diretto Brescia-Milano Finalizzato a risolvere l a congestione dell’A4. Completamento raccordo tra l’A4 e l’aeroporto Malpensa Finalizzato a potenziare il collegamento tra l’A4 e l’aeroporto di Malpensa.
Autostrada To-Mi terza corsia e adeguamenti Finalizzato all’ammodernamento dell’autostrada.
Interventi sulla rete stradale Variante di Bollate
Gerarchia
Il progetto prevede la realizzazione di un tratto di strada di 2 km con connessione all’A8 MilanoLainate che consentirà di migliorare la scorrevolezza tra Milano e le località raggiunte dalla s.s. 233. L’intervento consentirà di migliorare l’accessibilità al carcere di Milano Nord (Baranzate, Rho e Milano).
Urbano-regionale
Trattandosi di un nuovo tracciato (con caratte- Il progetto si trova nella fase di progettazione prelimiristiche autostradali), si pone il problema del- nare. l’impatto ambientale, per cui l’ipotesi attuale è di affiancare la strada alla ferrovia di Alta Velocità.
Urbano-regionale
Il progetto prevede il completamento della via- Deve essere completato il progetto preliminare che verrà bilità speciale dalla s.s. 11 in prossimità di Se- successivamente presentato all’Anas per la valutazione e per l’eventuale progettazione definitiva. grate verso s.p. 103 e s.p. 14.
Urbano-regionale
Il progetto prevede la realizzazione di una va- La stesura del progetto preliminare è stata completata riante rispetto all’attuale tracciato della s.s. 11, ed è stato inoltrata all’Anas per dare avvio alla progetin corrispondenza di Bareggio (oltre a questo è tazione definitiva. interessato il Comune di Cornaredo).
Urbano-regionale
Il progetto prevede la realizzazione di una va- La stesura del progetto preliminare è stata completata riante all’attuale tracciato delle s.s. 526 in corri- ed è stata inoltrata all’Anas per dare avvio alla progettazione definitiva dell’intervento. spondenza di Robecco.
Urbano-regionale
Il progetto prevede la realizzazione di una via- Il progetto è stato definito nelle sue linee generali. L’ibilità alternativa rispetto all’attuale che comporta niziativa è stata presa dai Comuni interessati all’opera, l’attraversamento dei centri abitati di Morimondo, in collaborazione con la Provincia. Besate, Motta Visconti.
Regionale
Il progetto prevede lo spostamento del tracciato della s.s. 494 e la costruzione di un nuovo ponte sul Ticino per consentire il raddoppio della Milano-Mortara (sono interessati Abbiategrasso e Vigevano).
Regionale
Il progetto prevede la realizzazione di un nuovo La stesura del progetto preliminare è stata completata ponte sul Ticino, in Turbigo e l’allargamento della ed è stata inoltrata all’Anas per dare avvio alla progetsede stradale in prossimità dello stesso. La rea- tazione definitiva. lizzazione è resa complessa dal fatto che il progetto dovrà prevedere la possibilità di utilizzo dello stesso ponte anche da parte della ferrovia.
Regionale
Il progetto prevede la realizzazione di una nuova infrastruttura tra la Tangenziale Ovest di Milano e la s.s. 11 a Magenta. Tale infrastruttura si collegherà presso il casello autostradale di Boffalora al collegamento previsto tra l’A4 e Malpensa. I Comuni interessati sono quelli di Albairate, Cisliano, Cusago, Magenta, Robecco sul N. e Vermezzo.
Regionale
Il progetto prevede il raddoppio dell’attuale strada La stesura del progetto preliminare è stata completata per circa km 5 e la contestuale installazione di ed è stata inoltrata all’Anas per dare avvio alla progetprotezioni spartitraffico. I Comuni interessati al- tazione definitiva dell’intervento. l’intervento sono quelli di Locate, Carpiano, Opera.
Regionale
Il progetto prevede la riqualificazione mediante l’eliminazione di numerosi incroci per un tratto di circa 4 km (1,7 in galleria). I Comuni interessati sono quelli di Monza e di Cinisello B.
Finalizzato ad offrire un’alternativa alla s.s. 11 da Melzo a Treviglio. Variante Segrate-Melzo-Treviglio (I° lotto)
Avanzamento
Urbana
Finalizzato a creare un tracciato alternativo all’attuale dell’ex s.s. 233 Varesina, evitando Ospiate e Baranzate.
Ammodernamento Milano-Urago (lotto Melzo-Treviglio)
Descrizione
Dopo la Conferenza dei Servizi, per la valutazione del progetto preliminare approntato dalla Provincia nel 2001, il progetto è sottoposto al vaglio degli EELL e della Provincia. In particolare, il Consiglio provinciale ha approvato una mozione che invita ad aprire un tavolo tecnico con i Comuni per valutare possibili soluzioni di tracciato. In particolare l’opportunità di realizzare il tratto a Sud della s.p. 46 Rho-Monza in galleria. Nel 2003 la Giunta regionale ha espresso parere favorevole al progetto.
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Variante di Bareggio e potenziamento s.s. 11 a Settimo Finalizzato a evitare l’attraversamento di Bareggio e di Cornaredo. Variante di Robecco sul Naviglio Finalizzato a evitare l’attraversamento dell’abitato di Robecco sul N. Riqualifica Abbiategrasso-Bereguardo Finalizzato a evitare l’attraversamento di Morimondo, Besate, Motta V. Nuovo ponte sul Ticino Finalizzato a un nuovo ponte sul Ticino per consentire il raddoppio della ferrovia Milano-Mortara. Nuovo ponte di Turbigo Finalizzato a migliorare la viabilità sulla s.s. 341 ed eliminare la strozzatura di Turbigo.
Collegamento tra la s.s. 11 a Magenta, la s.s. 494 a Vermezzo e la Tangenziale Ovest di Milano Finalizzato a potenziare il collegamento tra Tangenziale Ovest e Malpensa
Completamento doppia carreggiata dalla Tangenziale Ovest di Milano alla s.p. 40 Finalizzato a migliorare sicurezza e capacità della s.s. 412. Nuova Valassina: riqualifica Cinisello-Monza Finalizzato al miglioramento della viabilità tra Monza e Cinisello Balsamo.
Il progetto si trova nella fase di progettazione preliminare. La progettazione preliminare è curata dall’Amministrazione Provinciale di Pavia. Il progetto è collegato a quello relativo al raddoppio della linea Milano-Mortara.
È in corso la progettazione definitiva dell’intervento. Il progetto preliminare Anas non è stato condiviso dagli EELL; pertanto si è giunti ad un accordo con il Compartimento Lombardia per redigere un nuovo preliminare prevedendo di realizzare l’infrastruttura in due tempi. Nella prima fase l’opera dovrebbe essere realizzata ad una corsia per senso di marcia con previsioni di espropri e predisposizione di manufatti dimensionati per consentire il raddoppio. Nel febbraio 2003 è stata decisa la realizzazione della doppia carreggiata da Milano al bivio per Vigevano-Magenta e la carreggiata semplice sulla tratta Magenta-Abbiategrasso. Questa sarà realizzata ad una corsia per senso di marcia, e solo in seguito, gli enti decideranno l’eventuale raddoppio.
Il progetto approvato dagli Organi competenti è stato inviato alla sede centrale dell’Anas per l’appalto. L’intervento avrà piena funzionalità a seguito dell’esecuzione della ristrutturazione di v.le F. Testi. Nel 2002 è stato siglato l’accordo sul progetto da Regione, Provincia, Anas, Cinisello, Monza e Muggiò, che hanno definito le modalità di finanziamento dei lavori e i tempi di appalto. I lavori inizieranno nel 2003, per una durata di 4 anni.
Forum
Finalizzato a collegare la s.s. 11 con le s.p. 103 e s.p. 14.
Greenw ay M ilano-Pavia-Varzi
Forum
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Ricerca e Progettazione: I.U.S.S. Istituto Universitario di Studi Superiori, Scuola Europea di Studi Avanzati in Gestione Integrata dell’Ambiente, Università degli Studi di Pavia. Direzione scientifica: Alberto Majocchi. Progettazione: Katherina Ziman Scudo. Sponsor: Fondazione Banca del Monte di Lombardia. Enti interessati: Regioni Lombardia e Piemonte; Province di Milano, Pavia ed Alessandria; Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese; Comunità Montana di Val Curone; 32 Amministrazioni comunali, Parco del Ticino, Parco Sud Milano. Descrizione del progetto: si tratta di un percorso ciclabile e pedonale, basato sul concetto internazionale delle greenway, che consiste nel recupero di elementi naturali e antropici esistenti, nella creazione di corridoi multifunzionali (ecologici, storici, ricreativi), e nell’informazione sulle risorse dei luoghi interessati. Obiettivo: creare un collegamento continuo tra Milano, Pavia e Varzi (sono previsti anche collegamenti secondari). Strategia progettuale: è quella del recupero dei corsi d’acqua e della separazione dal traffico motorizzato; il percorso principale segue i corsi d’acqua: Naviglio Pavese, Cavo Borromeo, Roggia Carona, Roggia Ver-
navola, Fiume Ticino, Fiume Po, Torrente Staffora. La lunghezza complessiva del tracciato è di circa 100 km, 20 dei quali si collocano in Provincia di Milano, 90 in Provincia di Pavia e 5 in Provincia di Alessandria. Finalità: • collegamento (non motorizzato) tra luoghi, siti e persone a livello sovracomunale, interprovinciale e interregionale (e internazionale - Rete Europea Greenway); • conservazione dei tratti in buono stato naturalistico e ripristino dei tratti degradati; costituzione dei corridoi e delle reti ecologiche, salvaguardia della biodiversità; • recupero e valorizzazione di elementi storici e tradizionali; • valorizzazione delle opportunità ricreative e turistiche (quindi anche economiche): passeggiate naturalistiche, soste picnic, ecoturismo e agriturismo; • informazione tramite un sistema di segnaletica e di “ centri interpretativi, che raccontano e interpretano le risorse delle aree attraversate. Metodo di progettazione: è stato adottato un approccio “ paesaggistico” di “ studio e ottimizzazione delle risorse” che ha previsto la partecipazione di un gruppo interdisciplinare con componenti provenienti dall’Università di Pavia e dall’Università di Milano - Bicocca. Durante le verifiche del tracciato sono stati effettuati numerosi sopralluoghi e sono stati consultati vari esperti delle aree studiate. Ha avuto,
La Valle Staffora e uno dei canali tra Milano e Pavia.
inoltre, importanza il coinvolgimento dei comuni interessati le cui proposte e osservazioni sono state inserite nel progetto. Stato del progetto: è stata ultimata la fase preliminare dell’intero percorso Milano-Pavia-Varzi (112 km), ed è in corso la fase definitiva del tratto Valle Staffora (circa 25 km). Stato di fatto: la Sede Territoriale della Regione Lombardia ha inserito la Greenway nel pacchetto dei progetti prioritari della Provincia di Pavia; attualmente si attende l’approvazione del Protocollo d’Intesa da parte dei Enti interessati. Dalla relazione di progetto
Itinerari ciclabili nella Città di M ilano In coerenza a quanto disposto dalle normative vigenti sulla costruzione delle piste ciclabili, il nuovo codice della strada, definisce la classificazione delle strade e recita quanto segue per gli itinerari ciclopedonali: strada locale, urbana, extraurbana e vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada. Proprio la frase “ caratterizzata da una sicurezza” , che ha fatto riflettere e discutere tanto, negli ultimi anni, poiché legata a problemi di incidentalità in aumento, inquinamento e traffico, ha coinvolto molte città italiane nell’adottare piani di emergenza traffico, domeniche senza auto, chiusura dei centri storici, mobilità alternative, fra cui l’uso della bici e la costruzione di interventi a favore delle utenze deboli. La Città di Milano all’inizio degli anni ‘80-‘90 ha iniziato a costruire delle tratte di piste ciclabili in sede propria, quasi spesso non collegate tra di loro, trovando grosse difficoltà ad inserire una pista protetta, su vie troppo strette, con marciapiedi piccoli; con comitati in lotta e residenti inferociti, che vedono sottratti i parcheggi auto sotto casa. Questo ha portato a un lento degrado delle piste esistenti, poco utilizzate, non riconoscibili e prive di segnaletica. Riflettendo su tali argomenti si è convenuto di non investire su strutture inutili e costose, ma utilizzare gli spazi pedonali esistenti per il transito delle bici. Si ricorda che con il primo piano urbano del traffico (1996-98) è stata creata la più lunga isola pedonale d’Europa da P.zza San Babila a P.zza Castello, dove la bicicletta convive con i pedoni, lo spazio per la bicicletta è libero e non è segnalato da manufatti; sul perimetro dell’isola sono stati disposti posti per bicicletta, mentre alcune rastrelliere poste all’interno dell’isola completano il fabbisogno dei parcheggi. In altri casi si è sperimentato come l’utilizzo dei controviali, a 30km/h, favoriscono, con poca spesa, il transito delle biciclette (esempio da citare la via Melchiorre Gioia e il c.so Lodi), dove il ciclista viene protetto
agli attraversamenti semaforici con corsie specializzate e semaforo. Altro esempio da seguire è quello di piazza Buozzi dove esisteva un grosso incrocio e si registravano numerosi incidenti sia ai pedoni che agli automobilisti. La vecchia struttura stradale permetteva parcheggi selvaggi e manovre improprie. La proposta progettuale comprende una riqualificazione dell’area con una sistemazione, con viabilità a rotatoria. La riqualificazione ha portato una nuova sistemazione viabilistica con piazza centrale alberata, piste ciclabili e percorsi pedonali separati, attraversamenti a raso con moderatori della velocità (castellane). Il disabile attraversa la piazza in sicurezza senza dislivelli. La stessa cosa vale per tutto il c.so Lodi fino a v.le Omero-Ravenna, dove sono stati realizzati elementi di moderazione del traffico, castellane, passaggi a raso, musoni, che liberano gli incroci dalle auto in sosta abusiva e aumentano la visibilità dell’incrocio, abbattendo i numerosi incidenti ai pedoni, durante gli attraversamenti. Oggi corso Lodi si presenta con un nuovo look, arredi, sistemazione a verde, nuova illuminazione, è diventata una vera “ rambla” dove convivono le utenze deboli in estrema sicurezza. La stessa filosofia è stata introdotta al nuovo quartiere Pirelli Bicocca, ove gli ampi marciapiedi, di 8 metri, alberati, ospitano una pista ciclabile, con pavimentazione colorata, senza elementi di difesa, o dislivelli pericolosi per i non vedenti e per i disabili. Con l’introduzione delle isole ambientali la filosofia si muove in questa logica, risolvendo i problemi su punti critici, attraversamenti, incroci. La viabilità principale sarà il confine dell’isola stessa e con forti elementi di arredo e si segnaleranno le porte d’ingresso all’isola stessa, evidenziando gli attraversamenti pedonali e ciclabili. La pista o itinerario ciclabile, in questo contesto, diventerà l’elemento di forte riconoscimento; l’elemento di riqualificazione ambientale, di ampi spazi lasciati in abbandono: esempio da proporre è la p.zza di Morivione, compresa tra le vie dei Fontanili, la Roggia Vettabia e l’area ex OM. Si intende recuperarvi l’ambito alla mobilità pedonale e ciclabile, realizzando dei parcheggi per i residenti e rendendo di conseguenza strade residenziali, parte della via Verro e dei Fontanili e collegando l’itinerario ciclabile dalla viabilità, in area ex OM, con la p.zza “ Morivione” . La pista diventa cerniera e punto di unione tra l’ex fabbrica OM e il nucleo di Morivione, come elemento di forte connessione, tra nuova qualificazione e tessuto esistente, tra cultura urbana e cultura agricola, tra architetture e luoghi d’acqua fino a raggiungere il parco Agricolo sud e Chiaravalle. Con il lavoro di avanzamento delle isole ambientali e del piano della ciclabilità, si definirà una rete di supporto primario al confine di alcune
Mario Scalia funzionario progettista del settore “ strade, parcheggi” - Ufficio Mobilità Ciclabile - dell’Assessorato al traffico e viabilità del Comune di Milano Dal sit o int ernet w w w .comune.milano.it La rete delle piste ciclabili è costituita da tre itinerari dello sviluppo di circa 18 km ciascuno: il primo percorso da p.le Lotto a via Olona; il secondo dal Parco Lambro, lungo l’alzaia della Martesana, fino alla Cassina dei Pomm; ed il terzo realizzato al Gallaratese della lunghezza di circa 11 km. Agli itinerari suddetti se ne aggiungono altri, distribuiti sul territorio e realizzati in concomitanza con l’edificazione di nuovi quartieri, la ristrutturazione di sedi stradali, la realizzazione di campi da gioco, di spazi a verde, il superamento di infrastrutture di strade a scorrimento veloce. Considerando anche questi percorsi la rete ciclabile milanese ha una lunghezza di 60 km; le più recenti sono state realizzate in via dei Missaglia, via Bisceglie, via Mafalda di Savoia, via De Marchi - Breda e nel quartiere Gratosoglio. Il progetto Duomo - Chiaravalle comprende il collegamento di importanti luoghi storico-ambientali e di culto, della zona a sud-est di Milano (corrispondente all’area delle abbazie). I ciclisti partendo dalla zona Duomo in direzione corso di Porta Romana (la storica via che, nel tempo dell’Impero Romano, conduceva alla capitale), possono ammirare e soffermarsi per visite di culto in numerosi edifici sacri. In futuro, nella zona Duomo, si potranno noleggiare biciclette con scelta di diversi itinerari, alcuni con utilizzo della metropolitana fino alla Stazione di Corvetto. L’itinerario proposto parte dal Duomo, raggiunge Santa Maria presso San Satiro (interessante il Battistero, già
sacrestia del Bramante e la famosa prospettiva Bramantesca dietro l’altare). Si prosegue quindi verso la Chiesa di Sant’Alessandro, dirigendosi verso c.so di Porta Romana fino a piazza Medaglie d’Oro. Utilizzando poi i controviali di c.so Lodi, ove il traffico ha il limite di 30 km/h, si attraversa in sicurezza piazza Buozzi per poi giungere in piazzale Lodi; recuperando così zone pedonali e di sosta dove è già stato realizzato l’attraversamento ciclabile. Nel secondo tratto di corso Lodi la pista ciclabile, sempre bidirezionale, corre lungo il parterre centrale, riqualificando lo stesso. La pista è in sede protetta fino a p.le Corvetto. In direzione viale Martini, viale Omero, si prosegue per la via San Dionigi e via Sant’Arialdo per giungere al nucleo agricolo medioevale di Chiaravalle con l’abbazia fondata nel 1135 dai Cistercensi che ne fecero un caposaldo della colonizzazione agricola della Bassa Milanese. Da Chiaravalle in direzione sud-ovest si giunge all’Abbazia di Mirasole, fondata nel secolo XIII: bello il suo campanile duecentesco. L’itinerario così descritto, di circa 12 km, è utilizzabile in parte in metropolitana o anche in bici+metropolitana fino alla stazione di Corvetto. Infatti dopo il giro delle abbazie, è possibile riprendere la metropolitana alla stazione di S. Donato, o alla Stazione di Rogoredo; pertanto tutte le stazioni della metropolitana di questa zona saranno dotate di parcheggi coperti per biciclette. La costruzione della pista ciclabile comporta la modifica dei marciapiedi con l’inserimento di scivoli per disabili, ribassamento di cordoli per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Parte della pista diventa così accessibile anche alle sedie a ruota; parte dei controviali vengono rivalutati con nuove pavimentazioni e sistemazioni a verde e nuovi parcheggi per biciclette. L’Ufficio Mobilità Ciclabile del Comune di M ilano – t elef ono 0288466952 – è disponibile per fornire ulteriori informazioni.
Veduta di un posteggio per le biciclette.
Pavia a cura di Vittorio Prina
Lavori di completamento della Tangenziale nord di Pavia Tratto A: dalla Tangenziale ovest alla Vigentina • L’assetto paesaggistico Il paesaggio dove andrà a inserirsi la tangenziale è un paesaggio fondamentalmente agricolo, ritmato dal succedersi delle colture cerealicole e dai fossi di confine, costruiti con un argine di circa 50 cm sul livello di campagna: forse un relitto di antiche marcite. Anche la strada, costruita in trincea, ha seguito questa tipologia, essendo stati progettati, da entrambi i lati, dei rilevati di terreno di altezza media di 50/100 cm sul piano di campagna, quindi del tutto simili agli argini dei fossi esistenti. Solo in corrispondenza dei manufatti di continuità biologica e nei pressi della Vernavola, l’altezza dei rilevati aumenta, ma sarà adeguatamente mascherata dal boschetto in progetto. In sintesi l’idea progettuale conduttrice è stata quella di riprendere la tipologia delle marcite (fossi con argini in in rilevato) e di non sottolineare, assolutamente, il corso della strada, tramite alberature poste al suo margine. Si illustrano quindi gli elementi organizzativi del paesaggio nei diversi ambiti di intervento: • La trincea stradale Certo la strada non deve essere vista, nè sentita, ma chi la percorre, impossibilitato com’è di scorgere il paesaggio circostante, di sicuro non ne trae un gran piacere. Per questo motivo si ritiene opportuno intervallare al prato polifita delle scarpate, dei gruppi di arbusti: macchie di colore quando sono in fioritura. Sono state scelte delle specie medio piccole in modo che, a crescita ultimata, non superino il limite dei rilevati, per non modificare il profilo dei campi e, tornando al concetto espresso poc’anzi, ritenuto di grande importanza, per non sottolineare il percorso stradale. • Lo svincolo sulla s.s. 35 Nodo cruciale dell’intero tratto stradale è senz’altro lo svincolo a “ trombetta” , nei pressi della ferrovia. Cruciale perché molto alto rispetto al piano di campagna (circa 11 m) e quindi molto visibile, imponente. Il paesaggio, a onor del vero, in quella zona non è che sia particolarmente attraente: per la presenza di grandi tralicci dell’alta tensione, di alcune fabbriche, della trafficatissima tangenziale ovest e della ferrovia stessa in rilevato. Unica presenza ritenuta degna di essere protetta e valorizzata è il corso del Naviglio con la sua alzaia. Per cercare di mitigare l’impatto della struttura nel paesaggio si sono adottate alcune soluzioni: – cercare di “ abbassare” il manufatto
tramite la piantumazione di alberi d’alto fusto in forma rada, in modo che il segno nel territorio si smorzi, si stemperi: gli alberi a maturità diventeranno ben più alti del manufatto “ inglobandolo” e camuffandolo fra rami, tronchi e foglie e facendolo apparire più basso di quanto non sia in realtà; – mimetizzare le scarpate, piantando proprio sulla scarpata degli arbustoni e dei piccoli alberi, con un sesto di impianto piuttosto fitto (2 m sulla fila e 2 m tra le file, a quinconce) facendo in modo che, raggiunta la maturità, non oltrepassino con la chioma il guard-rail, per permettere allo sguardo, di chi va a percorrere lo svincolo, di spaziare sulla vicina campagna, sulla città di Pavia ecc. Ricordiamocì che siamo a circa 10/11 m di altezza sul piano di campagna ed è comunque sempre piacevole guardare il panorama dall’alto. Si dovrà prevedere un sistema di irrigazione, per i primi anni, ad ala gocciolante, sotto la pacciamatura. Nelle due aree intercluse, le più piccole, vista l’impossibilità o la grande difficoltà di accedervi per le normali manutenzioni, si ritiene opportuno sistemare degli arbusti tappezzanti, che necessitano di cure minime per poter vegetare in maniera sufficientemente buona, non creando quindi alcun disagio agli automobilisti per la presenza di macchine operatrici (vedi taglio dell’erba sui bordi stradali), non avendo la necessità di essere potate. • L’ambito di svincolo di via Olevalo Lo svincolo di via Olevano sarà reso più piacevole da percorrere, per la presenza di gruppi di arbusti da fiore, nelle zone limitrofe. Un manufatto di continuità biologica, di dimensioni più modeste rispetto a quelli che si trovano nei pressi del ponte sulla Vernavola, sorge vicino allo svincolo e si è pensato dì piantumarlo con alcuni alberi, a gruppetti, a formare un boschetto che parzialmente si allunga verso via Olevano, a mascherarne lo svincolo. II viale di pioppi bianchi, che corre a fianco della pista ciclabile di via Olevano, verrà ripristinato dopo gli indispensabili tagli. • L’attraversamento della Vernavola Il ponte sulla Vemavola. già strutturalmente “ leggero” , andrà comunque parzialmente mascherato, poiché è inserito in una zona che andrà completamente riqualifícata. Si è pensato, a tal proposito, di piantare un boschetto che, fra radure e zone di fitta vegetazione, comprendesse sia i due manufatti di continuità biologica, sia il laghetto, sia alcuni tratti del percorso ciclo-pedonale (meritevoli di un approfondito studio specifico), sia il ponte stesso. In sostanza: piantare alberi ed arbusti autoctoni, ovviamente adatti ad un ecosistema perifluviale con diversi livelli di igrofilia, in modo da rinaturalizzare, aumentandone grandemente il valore sotto tutti gli aspetti, l’intera zona della Vemavola. Grande valore acquisirà, in questo senso, il nuovo laghetto che sarà scavato sia per usufruire del terreno per costituire i manufatti di continuità biologica. sia per laminare le eventuali piene della Veravola, sia anche per favorire l’ar-
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isole ambientali, lungo direttrici di traffico, dove gli itinerari ciclabili quasi sempre sono protetti da una fascia di separazione di 50-70 cm dalle corsie veicolare e sono provviste di semaforo agli attraversamenti.
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rivo e la nidificazione dell’avifauna. Le sponde saranno arricchite da vegetazione tipicamente ripariale che si espanderà, o meno, anche nel laghetto vero e proprio, a seconda della quantità d’acqua che rimarrà nell’alveo, in maniera stabile. Anche sulle due “ colline” che costituiscono i manufatti di continuità biologica, verranno piantati alberi ed arbusti in modo tale da favorire il passaggio della fauna. Sarà opportuno posizionare a tale scopo degli arbusti ricchi di bacche, o degli alberi con frutti, o addirittura delle coltivazioni di ortaggi “ a perdere” , per incanalare la fauna. La sistemazione per successivi gruppi e radure favorirà ancor più lo spostamento. Con riguardo al parco della Vemavola si ritiene opportuno evidenziare che quanto progettato, prendendo spunto dal passaggio della tangenziale, e cioè: il boschetto, il laghetto, il ponticello, i percorsi ciclo-pedonali, ecc. potrà esser utile in futuro per capire se è un modello riproponibile in altri tratti del fiume, oppure dovrà essere modificato in qualche modo. Certo sarebbe interessante, comunque, ampliare l’intervento di riqualificazione ambientale dell’ambito perifluviale ad una fetta di territorio più estesa: la Vernavola lo meriterebbe. • Gli assi viari ortogonali alla tangenziale nord Enfatizzare, tramite alberature ai margini, i viali d’accesso nord-sud e viceversa alla città, l’asse ferroviario, via Olevano, via Vigentina, significa riconoscerne l’importanza come “ segni” nel paesaggio anche storico. Non mettere alcun tipo di alberatura a mo’ di viale lungo la tangenziale, significa al contrario, non darle importanza: nè sotto il profilo storico, nè paesaggistico. Dovrà essere una struttura utilissima per chi ne farà uso, ma che non dovrà essere percepita, non dovrà avere “ peso” nel paesaggio. • La rotatoria sulla Vigentina La rotonda sulla Vigentina, di circa 60 m di diametro, sarà resa più interessante dalla piantumazione di gruppi di arbusti da fiore e, al centro, da un singolo albero, piantato già adulto, che caratterizzerà l’intero nodo stradale. Potrà essere un ippocastano, un frassino o un bagolaro. Nei quadranti esterni alla rotatoria sarà opportuno effettuare delle piantumazioni del tutto simili a quelle previste nell’ambito dell’attraversamento della Vernavola, al fine di perseguire i seguenti obbiettivi: – confinare e parzialmente schermare le zone di intersezione stradale a raso; – creare una continuità paesaggistica tra la Vigentina e l’ambito di intervento sulla Vemavola, al duplice fine di manifestare la presenza del parco e limitare la percezione delle rampe stradali che dal manufatto di continuità biologica posto ad est della Vernavola riemergono verso la Vigentina. In estrema sintesi si è pensato di: – mascherare lo svincolo a “ trombetta” tramite arbusti sulle scarpate e gruppetti radi di alberi in piano; – non sistemare alberature lungo l’asse stradale della tangenziale, per non sottolinearne la presenza;
– enfatizzare con alberature la presenza degli assi stradali da sud verso nord, e dell’asse ferroviario; – creare due boschetti: uno più grande in prossimità del ponte sulla Vernavola e uno più piccolo, in corrispondenza del manufatto di continuità biologica; – rendere più piacevole la percorrenza della nuova strada tramite piantumazioni dì tipo arbustivo, da fiore. Tratto B: dalla Vigentina alla Melegnanina • Asse principale L’infrastruttura consiste sostanzialmente nell’adeguamento dell’attuale tangenziale est agli standard di sicurezza richiesti dall’aumento dei flussi di traffico degli ultimi anni. Il tracciato planimetrico si diparte dal termine del precedente tratto A, dopo che questo ha realizzato l’innesto con la s.p. Vigentina, realizzando un rettifilo di lunghezza pari a circa 335 m in direzione est, passando nel corridoio delimitato dalla Cascina Cantugno a nord e dalle nuove carceri a sud. Al termine di questo è presente una curva circolare di raggio 600 m che sposta l’asse in direzione sud-est, opportunamente raccordata al rettifili con archi di clotoide di parametro A opportuno. Al termine del raccordo è posto un rettifilo che conduce verso il termine dell’intervento e al raccordo con l’attuale piattaforma stradale. Il tracciato quindi, al fine di minimizzare l’occupazione di nuovo territorio, ricade sull’attuale piattaforma stradale, posizionandosi però, in corrispondenza della curva circolare, con un certo scostamento rispetto all’asse attuale, in modo da permettere I’inserimento di una curva di raggio 600 che verifica le prescrizioni delle C.N.R. 78/80, raccordata al rettifili con archi di clotoide. Dal punto di vista altimetrico, l’asse principale segue l’andamento dell’attuale tangenziale, con la sostanziale modifica nel tratto compreso tra lo svincolo ed il sottopasso di via Lardirago. In questo punto, con due livellette rispettivamente in salita e in discesa con pendenza dell’1,8 e 1,5%, raccordate tra loro da un raccordo convesso avente raggio pari a 8000 m e alle livellette adiacenti da raccordi concavi di raggio 5000 m, l’asse si alza rispetto al piano campagna mediamente di 2,7 m permettendo il sottopassaggio della via Lardirago a una quota relativamente bassa sotto il piano campagna. Questa soluzione altimetrica consente di ottenere la presenza di un rilevato di modesta entità, con riguardo all’altezza e allo sviluppo, che non inficia la godibilità ambientale e paesaggistica per il nucleo abitato di Cà della Terra, e consente altresì di realizzare delle opere nel sottopasso di entità relativa, in considerazione delle caratteristiche della falda, presente
a circa 2 m sotto il piano campagna. In corrispondenza dei cavalcavia di svincolo il franco verticale tra il piano stradale dell’asse principale e l’intradosso dei manufatto risulta superiore a 5,2 m. Nei raccordi poco significativi (cioè quelli in cui la differenza di pendenza tra livellette contigue non supera lo 0,5-1%) si è evitato di inserire il raccordo in quanto una freccia inferiore a qualche centimetro sarebbe risultata di difficile esecuzione. Sia i parametri di tracciamento planimetrici che quelli altimetrici sono stati dimensionati in conformità con le C.N.R. 78/80, per una piattaforma di tipo IV con velocità di progetto nell’intervallo compreso tra 80 e 100 km/h. Nel rettifilo iniziale, tra l’intersezione con la s.p. Vigentina e lo svincolo con la s.p. Melegnanina, sono state posizionate due piazzole di sosta, una per ciascuna semicarreggiata, dimensionate secondo le norme C.N.R. 78/80. • Assi di svincolo La viabilità principale di progetto prevede la realizzazione di due intersezioni a livelli sfalsati. La prima, procedendo dall’innesto con la s.p. Vigentina, e più importante, consiste nello svincolo a trombetta con la direttrice nord della s.p. Melegnanina, realizzata con il raggio planimetrico principale pari ad 80 m. La curva principale, che sottende un angolo al centro di circa 200°, è preceduta e seguita da raccordi a raggio variabile con parametri aventi valori elevati, tali da garantire, oltre all’aspetto normativo, un adeguato comfort di marcia ed un grado di sicurezza elevato in relazione alla velocità di progetto, assunta in 50 km/h. I raccordi a curvatura variabile sono previsti in tutti e quattro i rami dell’intersezione. Lo svincolo costituisce la parte terminale dell’adeguamento della direttrice nord della Melegnanina al collegamento con la nuova tangenziale. Tale adeguamento ha inizio a nord del nucleo abitato dove è posizionata la rotatoria per lo smaltimento dei flussi con origine o destinazione Pavia centro. Avvicinandosi alla tangenziale procedendo da nord verso sud, l’asse si mantiene per quanto possibile in fregio al Roggione, allontanandosi quindi dagli edifici. Con una curva circolare di raggio pari a 360 m raccordata ai rettifili da archi di clotoide, l’asse si porta ad una distanza di circa 250 m dalla tangenziale e da questo punto si divide in tre piattaforme indipendenti che costituiscono i rami dello svincolo. Il ramo più ad ovest è la rampa monodirezionale per i flussi provenienti da nord e diretti verso ovest. Il ramo centrale è la rampa bidirezionale che raccoglie il flusso proveniente da ovest e diretto verso nord ed il flusso che,
proveniente da nord, è diretto ad est. Il ramo posizionato ad est è la rampa monodirezionale per i flussi che provengono da est e sono diretti a nord. Lo svincolo è arredato a verde nelle parti intercluse in maniera da essere gradevolmente inserito nell’ambiente circostante: a tal fine sono stati predisposti, oltre agli accessi per la manutenzione delle aree, anche degli appositi manufatti per il passaggio della fauna. Uscendo dall’abitato di Cascina Fornetto, verso nord, è realizzato un asse che convoglia il traffico proveniente da Pavia sia verso nord che verso le tangenziali; lo stesso asse riceve il traffico sia dalla tangenziale nord sia dalla s.p. 2. La seconda intersezione è costituita dall’attraversamento in sottovia della deviazione della via Lardirago, tra la nuova rotatoria ed il nucleo abitato. Si tratta di un’opera realizzata con uno scatolare di luce netta pari a 10 m, sufficiente per ospitare una piattaforma stradale da 8 m affiancata da due marciapiedi di larghezza 1 m; il franco verticale libero all’interno dei sottovia è superiore a 5 m. Le lunghezze delle corsie di accelerazione e decelerazione su tutti gli svincoli sono state adeguate ai criteri generali della normativa tecnica C.N.R. n. 90/83 “ Norme sulle caratteristiche geometriche e di traffico delle intersezioni stradali urbane” . I raggi di curvatura planimetrici, i raccordi altimetrici così come i raccordi clotoidici sono stati adeguati ai criteri generali della normativa tecnica C.N.R. n. 78/80 “ Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane” . • Assi minori Gli interventi sulla viabilità minore consistono nella deviazione della via Lardirago e nella realizzazione di tratti di strada di accesso a fondi e proprietà private, che attualmente si collegano direttamente alla tangenziale est. La deviazione di via Lardirago si rende necessaria per la duplice motivazione di realizzare un unico manufatto di sottopasso all’asse principale e per guadagnare una lunghezza sufficiente in modo da permettere al profilo longitudinale di realizzare delle pendenze moderate in discesa e salita in corrispondenza dell’attraversamento della tangenziale. Il nuovo asse di via Lardirago pone il suo inizio appena a sud dello svincolo a trombetta della tangenziale. Al termine del rettifilo, con una curva circolare di raggio pari a 80 m sottopassa la tangenziale est con una curva di raggio 75 m, quindi va a raccordarsi con l’asse esistente con una curva di raggio 75 m secondo il minimo sviluppo del manufatto scatolare di attraversamento. Il tracciamento planimetrico è stato studiato con una velocità di progetto
Progetto esecutivo relativo alla realizzazione del ponte pedonale sul Navigliaccio.
Ponte pedonale sul Navigliaccio.
un’area di servizio. A sud della tangenziale sono poste tre strade; la prima, utilizzata come accesso ai fondi agricoli, si affianca per circa 850 m alla viabilità ordinaria per collegarsi alla s.p. Vigentina a sud dell’intersezione con la nuova tangenziale nord; la seconda, di sviluppo pari a circa 300 m, collega il nuovo carcere con la s.p. Vigentina innestandosi poco a sud della precedente; la terza si localizza ad est dell’intersezione della s.p.2 con via Lardirago, per uno sviluppo di circa 700 m, raccordata a due accessi a fondi esistenti. Provvedimenti per la sicurezza e la mitigazione ambientale Per avere un grado di sicurezza elevato nell’utilizzo della strada in progetto è stata prevista l’adozione di barriere di sicurezza in metallo tipo sicurvia, da posizionare sui ponti degli svincoli, sul manufatto scatolare di scavalcamento della via Lardirago e nei tratti di rilevato in cui possa risultare pericolosa la loro assenza. Un ulteriore aspetto legato alla sicurezza, oltre che alla salvaguardia delle qualità ambientali, è rappresentato dall’impianto di depurazione, sollevamento ed allontanamento delle acque meteoriche nel sottopasso scatolare, che assicura la percorribilità della via Lardirago anche in caso di precipitazioni intense. Tale impianto è corredato dall’indicazione semaforica, attiva in caso di guasti all’impianto di sollevamento, che avvisa dell’allagamento della strada. Ai fini della sicurezza dell’utenza stradale è inoltre previsto l’impianto di illuminazione dello svincolo a livelli sfalsati in tutti i rami delle intersezioni, con punti luce distribuiti sul ciglio della carreggiata. L’inserimento ambientale della infrastruttura è stato attentamente valutato e lo sforzo progettuale è andato nella direzione di migliorare le attuali condizioni ambientali e di garantire un maggiore rispetto della realtà dei luoghi attraversati. Ciò ha potuto avvenire grazie ad una dettagliata analisi dei territorio e ponendo alcuni vincoli nella concezione planimetrica ed altimetrica del tracciato nei confronti degli insediamenti esistenti, che hanno potuto essere esplicitati attraverso gli approfondimenti progettuali preliminari e attraverso le indicazioni emerse nei rapporti con gli enti interessati.
A tal proposito si osserva che lo spostamento della s.p. Melegnanina a nord della tangenziale, in fregio al Roggione, ha come conseguenza l’allontanamento dei traffico veicolare dal nucleo abitato di Cà della Terra. Inoltre è stata prevista l’adozione di un arginello verde dell’altezza di 3 m in affrancamento al ramo est dello svincolo, dal lato del nucleo abitato, con funzione di barriera antirumore. Importanti dal punto di vista ambientale sono pure le sistemazioni a verde progettate nelle zone intercluse dello svincolo a trombetta, soprattutto di quella maggiore che presenta un’estensione notevole. Particolare attenzione è stata riposta anche nelle valutazioni concernenti il superamento da parte della fauna delle nuove infrastrutture. La realizzazione di manufatti di origine antropica, come nel nostro caso i rilevati delle rampe di svincolo, potrebbero costituire elementi in grado di interrompere la continuità ambientale del territorio, producendo una sorta di effetto barriera nei riguardi di alcune specie animali. Per consentire alla fauna di superare questi ostacoli e consentirle di effettuare i propri spostamenti, sono stati realizzati sotto i rilevati degli appositi sottopassi, che possono essere utilizzati da animali di taglia mediopiccola, in modo da permettere la fruizione libera delle aree intercluse, che diventano zone importanti dal punto di vista ambientale. Dalla relazione di progetto Ente Nazionale per le Strade - Compartimento della Viabilità della Lombardia Ingegnere Capo U.T.E. ing. Giacinto Zucca, Capo Compartimento ing Carlo Bartoli Studio Altieri, Thiene (Vi), (ing. Everado Altieri) Idroesse, Padova (ing. Marco Ceschi, ing. Luciano Siviero, ing. Attilio Siviero, ing. Gianmaria De Stavola, geom. Roberto Furlan)
Pavia: rive del Ticino. Interventi di recupero e nuove connessioni Il progetto di risistemazione della sponda sinistra del fiume Ticino a Pavia, commissionato dal Comune all’arch. Vincenzo Casali, prevede la costruzione di tre passerelle pedonali per la strutturazione della continuità del percorso lungo le rive del fiume. Il ponte pedonale sul Navigliaccio, un corso d’acqua affluente del Ticino, ha una struttura portante costituita da travi di legno lamellare di un’altezza di 150 cm. Per non invadere l’alveo fluviale, si è fissata la luce da superare in 40 m. Ciascuna trave è composta da tre pezzi: i due estremi - vincolati alla struttura di sostegno mediante appoggi scorrevoli che consentono il movimento dovuto alla dilatazione della struttura in senso orizzontale, mentre assicurano la trave all’appoggio in senso verticale – e il pezzo centrale – appoggiato agli altri due
e reso solidale ai primi mediante imbullonatura. Il piano di calpestìo, in continuità con i percorsi pedonali, è in tavolato di legno di larice. Il colore delle travi sarà determinato da un’opportuna mordenzatura di tono scuro: tendente al nero per le travi agli appoggi, e più virata sul rosso per quella centrale. Questo per consentire al nuovo manufatto di accompagnarsi nei toni e nell’aspetto dei materiali alle caratteristiche dell’ambiente che lo accoglie, dove i tronchi sono di un colore bruno scuro in tutte le stagioni dell’anno. Saranno dipinti di nero anche i pilastri in calcestruzzo a sezione rotonda, la cui altezza e dimensione sono state calcolate in base ai dati relativi alle piene degli ultimi 150 anni. Gli alberi dall’aspetto monumentale che accompagnano sui due lati il ponte sono preservati per approfittare dell’occasione del passaggio in quota tra le loro fronde. Dall’altro lato della città, in corrispondenza del Naviglio Pavese, il Comune richiede la possibiltà di costruire una nuova passerella pedonale, nel quadro degli interventi di risistemazione delle rive del Ticino, per completare la rete dei collegamenti. La rete dei percorsi raggiunge questo contesto venendo dalla riva, perciò dal basso, in corrispondenza dell’ultimo tratto del Naviglio. La posizione individuata della passerella non sarà di intralcio alle operazioni di manutenzione della chiusa, e consentirà in un futuro possibile, di mantenere viva l’opportunità della navigabilità. La passerella è costituita da una struttura metallica appoggiata che porta il tavolato di calpestìo sempre in legno di larice, coerentemente con gli altri ponti e passerelle progettate. Il parapetto è trasparente: una struttura in tubolare di acciaio tamponato da cavi metallici in tensione. La passerella di progetto non tocca la struttura originaria del Naviglio: le sue fondazioni sono oltre la pavimentazione originaria ed essa passa al di sopra di quest’ultima di alcuni centimetri. All’interno della passerella verranno assorbite le tubazioni di acqua e gas dell’Asm che attualmente disturbano la vista del manufatto passandogli davanti e in quota. Il resto dell’area sarà pavimentata in ciottoli di fiume, come era in origine, carrabile su entrambi i lati esclusivamente per i mezzi di manutenzione. Le sedute in granito Montorfano – lo stesso già presente nell’area, usato in origine per i cordoli ed i gradini di raccordo – di fatto segnano la strada per i mezzi della manutenzione, senza che sia necessario indicare corsìe o usare segnaletica deturpante. In conclusione, queste operazioni costituiscono un’occasione di ripristino di contesti che rischiano di andare perduti, una riappropiazione di zone altrimenti dimenticate e abbandonate: dall’area del Navigliaccio, ricca di una vegetazione tipica del contesto fluviale padano, al fascino del tratto finale dei Navigli Pavesi, memoria di un passato importante per la città. Veronica Marabese
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di 40 km/h; i raggi di curvatura planimetrici, i raccordi verticali, le pendenze trasversali, le distanze di visibilità sono compatibili con la velocità di progetto assegnata. La piattaforma stradale è di tipo VI con velocità di progetto nell’intervallo compreso tra 40 e 60 km/h. Altimetricamente il tracciato descrive un profilo longitudinale che ha il punto più basso in corrispondenza del sottopassaggio all’asse della tangenziale, realizzando due livellette rispettivamente in discesa ed in salita, raccordate tra loro da un raccordo concavo avente raggio pari a 800 m ed alle llivellette adiacenti da raccordi convessi di raggio 1200 e 850 m. Si è posta pari attenzione nel coordinare i vertici altimetrici con quelli planimetrici, in modo da rendere sicura e fluida la guida. In corrispondenza della parte più bassa dei tracciato è posizionato l’impianto per la raccolta ed il sollevamento delle acque meteoriche raccolte dalla piattaforma stradale, che vengono trattate attraverso un processo di disoleatura e dissabbiatura prima di essere riversate nel corso d’acqua adiacente. Il profilo altimetrico è stato inoltre pensato per ottenere un franco nello scatolare di 5,1 m, altezza che permette il passaggio di veicoli pesanti. Il flusso dalla Tangenziale est e dalla s.p. 2 Melegnanina verso il centro di Pavia avviene tutto attraverso il sottopasso di via Lardirago. Così pure il flusso dal centro di Pavia verso la Tangenziale est e dalla s.p. 2 Melegnanina avviene attraverso il sottopasso di via Lardirago. La rotatoria a tre bracci posta a nord lungo la s.p. 2 permette lo smaltimento dei flussi di traffico verso il centro di Pavia e quelli opposti. Il dimensionamento ed il tracciamento della rotatoria è stato effettuato attenendosi a considerazioni sulla sicurezza di marcia, sulla scorrevolezza e sulla capacità di smaltimento dei flussi. Il raggio interno è di 35 m e la piattaforma pavimentata ha una larghezza totale di 9,5 m essendo costituita da due corsie di 3,75 m e due banchine laterali di 1 m. La strada di accesso alla Cascina Cantugno è posta a nord della tangenziale e si pone in fregio ai corsi d’acqua ed alle delimitazioni esistenti dei fondi per uno sviluppo complessivo di circa 1100 m, innestandosi sulla s.p. Vigentina in corrispondenza di
La Greenway della Battaglia di Pavia dalla Certosa a Ticino
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Greenway è un concetto che proviene dalla centenaria tradizione di pianificazione e design del paesaggio prevalentemente anglosassoni: dalle Città-Giardino con “ cinture verdi” di Howard e sistemi di parchi urbani di Olmstead dell’800, alla progettazione “ ecologica” : si passa così dal verde di salvaguardia intorno alle città, largamente artificioso, a sistemi di parchi fra loro collegati e “ corridoi topografici” di McHarg e Lewis degli anni ‘60. In termini generici ma efficaci veniva definita in Inghilterra “ via non motorizzata piacevole dal punto di vista ambientale” ; letteralmente significa via verde, ma green non indica solo la vegetazione quanto piuttosto la natura, il paesaggio e anche l’ambiente storico e culturale; way si riferisce al movimento non solo di persone, ma anche di animali, acqua, piante. Le greenways sono dunque strumento di collegamento tra gli esseri viventi ed il territorio, nonché occasione di conoscenza perché concepite con un’attenzione particolare all’identità dei luoghi: un percorso dolce, lento, continuo, sicuro e soprattutto piacevole. Dall’importanza data alla continuità e al collegamento per le società vegetali e animali, comprese quelle umane, nascono dunque le greenways, corridoi multi-scopo di sistemi ecologici, culturali-storici, ricreativi e turistici: con le dovute infrastrutture promuovono la fruizione, stimolano la conoscenza della natura, della storia e delle tradizioni e offrono possibilità ricreative. L’innovazione principale è quella di evidenziare e recuperare elementi naturali già esistenti (corsi d’acqua, fasce montuose, sentieri, corridoi naturali, ecc.) anzichè imporre e costruire aree a verde artificiose. Caratteristica delle greenwaysè quella di perseguire più funzioni, ma ne pos-
sono avere una prevalente e caratterizzante. In questo caso si è data importanza all’interpretazione della Battaglia di Pavia svoltasi nel 1525 e alla ricostruzione storica dell’evoluzione d’uso del territorio, perché si ritiene che ci sia una coincidenza di fatti storici e ambientali particolarmente fortunata. La battaglia tra Re Francesco I di Francia e Carlo V d’Asburgo imperatore di Spagna è uno dei momenti più significativi della storia d’Europa e della lunga contesa per la supremazia nella nostra penisola: da quella disfatta i Francesi non riusciranno più ad insediarsi in Lombardia, che diventerà invece una provincia spagnola. L’attenzione interpretativa dello svolgimento della battaglia mira a precisare come aspetti “ naturali” abbiano influito sul suo corso. I luoghi del suo svolgimento coincidono con l’area del Parco Urbano della Roggia Vernavola, e, più in generale con l’area del Parco Visconteo di Gian Galeazzo Visconti (13831394) e con un paesaggio ancora fortemente caratterizzato dall’impronta storica data dai Romani: la ortogonalità delle centuriazioni (II e I secolo a.C.), l’antica strada romana (I secolo a.C.) che collegava Mediolanum (dall’area milanese del Carrobbio) a Ticinum (l’odierna Pavia), ancora evidente sul territorio. Il tutto compreso fra due luoghi fra i più significativi sotto il profilo turistico: il monumento della Certosa di Pavia (1396) ed il fiume Ticino. La Greenway della Battaglia di Pavia (1525) si propone di collegare la Certosa di Pavia col fiume Ticino distanti 10 km in linea d’aria attraverso una via pedonale e ciclabile, interessando una superficie di 3.500 ettari (35 kmq), comprendenti: • campi coltivati (riso, mais, soia) 2.800 Ha (80%) • pioppeti 105 Ha (3%) • vegetazione naturale 105 Ha (3%) • incolti 105 Ha (3%) • aree urbanizzate 385 Ha (11%) e coinvolgendo più Comuni.
Veduta aerea della Certosa di Pavia con la via romana Mediolanum - Ticinum (fotografia Dip. di Geografia Storica del Mondo Antico - Università degli Studi di Pavia).
L’asta del percorso principale è essenzialmente lineare: segue l’intero corso della roggia Vernavola dall’origine fino alla confluenza con il Ticino e le vie sterrate delle campagne agricole. La lunghezza complessiva è di 18 km circa, (10 dei quali coincidono con sentieri esistenti); mentre varia in larghezza, da 3-4 m nelle strettoie urbane ai 30-40 m delle aree protette “ naturali” ; questo si collega con una rete di sentieri secondari e tematici (4) per raggiungere e visitare i luoghi di interesse. Complessivamente la Greenway è divisibile in quattro unità geografiche distinte: Valle del Ticino, Bassa Valle Vernavola, Alta Valle Vernavola, Piano Agricolo, delle quali le prime tre si collocano nell’ambito amministrativo di Pavia, mentre la quarta riguarda i Comuni di San Genesio ed Uniti, Borgarello, Certosa e Giussago. La Greenway ha – come s’è detto – obiettivi ricreativo-turistici, naturalistici e culturali, ed anche quello pratico di consentire un collegamento non motorizzato fra Certosa e Pavia (oggi irrealizzabile, dopo gli interventi delle tangenziali) e fra il centro e le periferie. Ci si propone di rivalutare l’intera area, rifacendosi ad analoghe riabilitazioni del paesaggio culturale all’estero, principalmente negli Stati Uniti. Per motivi di contesto e di rilevanza storica e naturalistica, si è studiata e interpretata l’intera area del “ Parco Visconteo” (definita da una ricostruzione del tracciato delle mura), la Valle della Vernavola e la Valle del Ticino, identificando sentieri, strade rurali, vie d’acqua, vestigia storiche, valenze ambientali e punti di valore scenico, per poi mapparli e collegarli, stimolandone la riscoperta e la valorizzazione. Pavia, la città di riferimento – seppur eccezionalmente ricca di corsi d’acqua, di storia e di monumenti – è segnata da un’espansione urbanistica forte e spesso disordinata, come del resto i centri minori. La matrice dell’area non-costruita è agricola, con campi divisi da una rete di rogge e canali di origine antica; esistono tuttavia ancora, soprattutto in corrispondenza dei corsi d’acqua, sostanziali aree verdi spesso abbandonate o male utilizzate, particolarmente carenti di collegamenti fra di loro e con l’urbanizzato: monocoltura, scarsità di alberi e assenza di siepi, contribuiscono ad un aspetto desertico della campagna. La Greenway è un filo-conduttore “ verde” che lega la città con i campi e con la “ natura” unendo i vari sistemi e offrendo occasioni di riassetto generale. Il Progetto preliminare si è basato sulla sovrapposizione definitiva delle mappe tematiche (20 in tutto, tra quelle di base – che indagano risorse storico-culturali, idriche, agricole, geologiche, botaniche e zoologiche – quelle di sintesi e di valutazione) e quindi sulla “ ottimizzazione delle risorse” dell’area, cercando di raggiungere i seguenti obiettivi: • stabilire un collegamento “ non motorizzato” e continuo tra la Certosa di Pavia e il fiume Ticino;
• individuare sentieri secondari formando una rete di viabilità con la statale dei Giovi, con la Vigentina (PvMi) con le are protette e con i centri abitati; • far conoscere le risorse storiche e naturalistiche locali; • potenziare le risorse ricreative; • recuperare e valorizzare le aree di pregio. Il criterio principale è stata la continuità del percorso per motivi di flusso sia ecologico che antropico: un criterio irrinunciabile ma difficilissimo da seguire per i numerosi problemi di attraversamento (strade di grande scorrimento o traffico e tangenziali), di strozzature (invasività delle strutture), di sbarramenti (orti, costruzioni ed usi abusivi) e di proprietà private. Nel tracciare il percorso si è dovuto quindi trovare soluzioni di “ compromesso” , aggirando aree “ impossibili” , attraversando e riattraversando la Roggia Vernavola, restringendo il sentiero al minimo vitale (m 1,5), inserendo ponti, sovrapassi, sottopassaggi. Altri criteri fondamentali sono l’accessibilità, per garantire l’accesso dalle diverse aree residenziali e rurali; la sicurezza individuando collegamenti di “ fuga” a intervalli regolari di circa 1 km e la leggibilità fornendo attraverso la segnaletica informazioni sui luoghi e chiarezza nei movimenti. Il percorso principale è stato dunque affiancato da 4 itinerari tematici: Itinerario naturalistico, Itinerario storico, Itinerario idrico e Itinerario della Battaglia. Il sistema degli itinerari prevede la dislocazione di: • quattro centri interpretativi: Certosa di Pavia - Castello di Mirabello - La Torretta - San Lazzaro, dove si forniscono informazioni sull’area, servizio ristoro, parcheggio auto e bici; • quattro centri di servizio: Borgarello - Porta d’Agosto - San Genesio - Mirabello Cascina Colombara - Pavia Monte Bolone, dove si trovano informazioni, fontanelle, parcheggio bici; • diversi punti interpretativi: Carpignago - Molino de’Protti - Garzaia della Carola - San Genesio - Mirabello Isola - Vernavola meandri - San Pietro in Verzuolo - Conca del Naviglio - Confluenza, che danno informazioni con occasioni di sosta; e una cartellonistica informativa – che indica direzioni, distanze e connessioni – ed interpretativa per segnalare e descrivere i punti di maggior interesse. La loro dislocazione è tale da garantire all’utente la disponibilità di un punto sosta ad intervalli di 100 m. Così come nel modellamento del percorso e delle zone sosta s’è curato di adattarsi il più possibile al paesaggio attraversato, evitando forme eccessivamente regolari, a spigoli vivi, chiaramente innaturali; anche nella progettazione dell’equipaggiamento vegetazionale determinante è stata l’articolazione spaziale, da coordinare alla struttura della vegetazione nell’ambiente circostante e da studiare in funzione di un arricchimento di paesaggi eccessivamente uniformi, oltre che ecologicamente impoveriti. I criteri sono stati:
Daniela Zandonella Necca Lo studio è stato elaborato da un gruppo interdisciplinare di specialisti nell’ambito delle scienze naturali, della storia e della progettazione paesaggistica: arch. Katherina Ziman Scudo – Landscape Architecture – University of Massachusetts; dott. Daniela Zandonella Necca – Comune di Pavia – Settore LL.PP.; dott. Donata Vicini – Musei Civici di Pavia; prof. Pierluigi Tozzi – Dipartimento di Geografia Storica del Mondo Antico – Università degli Studi di Pavia; prof. Francesco Sartori – Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri – Università degli Studi di Pavia; prof. Giuseppe Marchetti – Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri – Università degli Studi di Pavia; prof. Riccardo Groppali – Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri – Università degli Studi di Pavia; ing. Marco Galandra – Associazione Amici della Battaglia; dott. Luigi Casali – Associazione Amici della Battaglia. Enti interessati: Comune di Pavia, Comune di San Genesio ed Uniti, Comune di Borgarello, Comune di Certosa, Comune di Giussago.
Molino Tre Mole, Pavia (fotografia K. Ziman Scudo).
Sondrio a cura di Enrico Scaramellini
Strada statale 38: progetto e dibattito Il progetto della nuova s.s. 38, strada di fondovalle e arteria infrastrutturale del turismo, ha richiamato l’attenzione degli addetti ai lavori, dell’opinione pubblica e della stampa; l’enorme interesse suscitato è da ricercarsi nell’estrema condizione di disagio in cui versa il sistema infrastrutturale valtellinese. La vicenda della s.s. 38 ha un lungo trascorso di dibattiti, proposte e conflitti che hanno consolidato, nel tempo, posizioni ed approcci differenti. L’innalzamento del traffico locale, innescato dalla polverizzazione del sistema produttivo e dall’aumento generalizzato del parco macchine, connesso a un fenomeno concentrato di “ migrazione” , verso le località sciistiche dell’alta valle, definisce un quadro generale d’intervento che dovrà necessariamente confrontarsi con la delicatezza del sistema “ Valtellina” , struttura in cui si sovrappongono istanze ed esigenze diversificate. E. S.
Intervista all’ing. Nicola Perregrini Assessore Provincia di Sondrio lavori pubblici e territorio Nel 1999-2000 è stato presentato il progetto del nuovo tracciato della s.s. 38; rispetto al progetto preliminare, i progetti definitivi ed esecutivi dovranno sicuramente confrontarsi con temi oggettivamente rilevanti. Com’è cambiato, se è cambiato, il rapporto fra infrastruttura e aree agricole, fra infrastruttura e ambito fluviale dell’Adda? I progetti definitivi di tutti e sette i lotti della nuova s.s. 38 sono stati redatti a livello di progetto definitivo per appalto integrato ed in particolare i lotti 1, 4, 7 sono già stati approvati dal Consiglio di Amministrazione dell’Anas e sostanzialmente non è cambiato niente rispetto al progetto preliminare specialmente in termini di tracciato planimetrico se non per qualche aggiustamento richiesto dagli enti locali nel corso della fase di consultazione che è stata molto serrata. In particolare il rapporto tra l’infrastruttura e le aree agricole e fluviali non è cambiato rispetto al progetto preliminare. Qual è il modello infrastrutturale proposto per la s.s. 38? In che modo vengono risolti gli inevitabili problemi legati al risparmio del territorio, al controllo e alla riorganizzazione dell’espansione urbanistica del fondovalle, alla conservazione dei nuclei urbani e rurali di antica formazione e alla valorizzazione delle attività produttive agro-alimentari? Che tipo di
tracciato verrà realizzato e quali saranno i suoi elementi caratterizzanti? Il modello proposto è quello di una superstrada a quattro corsie per il tratto che va dal Trivio di Fuentes fino a Sondrio e di una semplice carreggiata con parziale riqualifica della s.s. esistente nel tratto della Valchiavenna e tracciato sostanzialmente nuovo per il tratto da Sondrio a Tirano. I nuovi tracciati in gran parte corrono in galleria e quindi in questo caso si è dovuto sostanzialmente risolvere problemi legati alla sicurezza dell’arteria; per i tratti all’aperto si è sempre cercato di occupare meno territorio possibile, anche perché si interessano sostanzialmente aree agricole, prevedendo l’inserimento di lunghi tratti in viadotto utili anche a fini idraulici non dimenticando che il nostro territorio è pesantemente interessato dalle fasce di tipo A e B del PAI. Il progetto della statale 38 comporta, necessariamente, una riflessione in termini di paesaggio e di salvaguardia di particolari ambiti di interesse ambientale; rispetto a queste tematiche, qual è sostanzialmente l’approccio del nuovo progetto? Quali sono stati i punti critici del tracciato che hanno richiesto, obbligatoriamente, una maggiore attenzione in termini di inserimento ambientale? Si è posta molta attenzione all’aspetto paesaggistico dell’opera che ha richiesto notevoli approfondimenti sopratutto nelle zone di fondovalle dove la presenza di aree agricole e fluviali di pregio ha richiesto un attento studio di impatto ambientale. L’attuazione del progetto richiede, in termini di gestione, un approccio pragmatico. Intervenire su una strada di fondovalle, in maniera sostanziale, richiede una giusta programmazione degli interventi. Come verrà gestito il “cantiere s.s. 38”? Quali saranno le priorità e le tempistiche ipotizzate per la realizzazione definitiva del progetto? Si pensa, compatibilmente con le risorse economiche a disposizione, di poter iniziare il primo lotto che va dal Trivio di Fuentes allo svincolo del Tartano; si ipotizza la possibilità di emettere il bando di gara nella prossima primavera.
Vista la necessità, di restituire un quadro sufficientemente approfondito del dibattito in atto e con la consapevolezza che il tema progettuale può stimolare diversi approcci; è stato chiesto, attraverso una circolare agli iscritti, un contributo personale sul tema “ Territorio – Infrastruttura – Paesaggio: il caso della s.s. 38” . Su quest’ultimo tema riportiamo i contributi di due liberi professionisti della Provincia di Sondrio.
Le nuove infrastrutture come risorsa e come problema Con la progettazione delle strade statali s.s. 38 e s.s. 36 e con la predisposizione del progetto di piano territoriale provinciale la Valtellina e la
Valchiavenna entrano ora in un rilevante impegno di programmazione. I progetti stradali sono giunti all’attuale stadio attraverso un tortuoso percorso istituzionale che ha preso le mosse nell’ambito dell’intervento straordinario successivo alle calamità dell’87. Anche l’inserimento delle opere nella Legge Obiettivo, e quindi nelle priorità nazionali, deriva dalla loro collocazione nell’Accordo di Programma Quadro siglato tra Governo e Regione Lombardia per l’evento dei Mondiali 2005. È peraltro noto che manifestazioni di questo tipo, per lo più veicolate per via mediatica, non attraggono grandi quantità di traffico. L’aggancio strademondiali ha comunque spinto ai primi posti nella scala di priorità i progetti delle s.s. 38 e 36 scavalcando altri urgenti interventi in aree critiche lombarde. Si conferma, quindi, una continuità di grandi interventi in Valtellina derivanti in larga misura da straordinarietà ed emergenze, entro un basso profilo della programmazione ordinaria. Da un lato si registra un elevato dinamismo – per l’acquisizione di pacchetti di ingenti fondi pubblici – tra centri di governo politico e poteri forti ruotanti intorno ad eventi eccezionali. Dall’altro questi percorsi decisionali tendono ad aggirare il dibattito culturale e il confronto sociale. Si registra dunque un deficit di riflessione su una visione strategica all’altezza delle grandi risorse ambientali della Valtellina e della Valchiavenna, delle loro potenzialità per uno sviluppo innovativo e sostenibile. L’inserimento nella Legge Obiettivo ha depotenziato una piena applicazione dello strumento della V.I.A., entro la quale si sarebbe potuto confrontare più soluzioni relazionate a diversi scenari di sviluppo. Va detto che per la progettazione più impegnativa – quella della s.s. 38 lungo il fondovalle valtellinese – è stato comunque attivato, da parte della Regione e dei progettisti, un confronto con i sindaci; realizzato però “ a spezzatino” ; per lo più su aspetti di interferenza puntuale fra il tracciato e le situazioni locali. Peraltro tale confronto non è stato del tutto inutile. Per il tratto Fuentes-Morbegno tale dialogo è servito a correggere significativamente le prime prospettazioni di tracciato. In un quadro provinciale di pragmatismo conformista e di scarso dibattito culturale l’unica iniziativa di riflessione critica complessiva, di confronto fra proposte, è stata quella assunta dell’Ordine degli Architetti di Sondrio che nel 2000 ha patrocinato la predisposizione di un’ipotesi alternativa al pesante progetto della s.s. 38 in corso da parte istituzionale (cat. III CNR, quindi quattro corsie fino a Sondrio, caratterizzato dunque da un tracciato volto a soddisfare essenzialmente un efficientismo prestazionale trasportistico). L’alternativa emersa dallo studio patrocinato dall’Ordine degli Architetti – orientata ad una soluzione di ristrutturazione dell’attuale tracciato, con varianti, riqualificazioni, ricuciture – è un perfezionamento di una ipotesi che era già stata delineata nel 1996 dal “ Gruppo di studio 38” ,
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• conservare il più possibile la vegetazione arborea esistente, già oggetto negli studi preliminari, di un accurato rilevamento ed inserirla nel paesaggio della Greenway, in modo che acquistasse valore per l’utente; • scelta delle specie locali autoctone, nel rispetto dei caratteri eco-stazionali del sito e dell’associazione vegetale di riferimento, per garantire l’affermazione degli impianti e non alterare i processi evolutivi delle componenti vegetali presenti; • costituire gruppi e fasce di vegetazione strutturalmente molteplice per consentire lo sviluppo di biotopi secondari con possibilità di rifugio per la fauna selvatica e con funzione di ecotoni, ossia zone di transizione a margine di paesaggi agricoli a utilizzazione intensiva; • progettare gli impianti verdi con criteri di abbondanza tipici delle densità forestali; • rispettare un’armonia di rapporti tra dimensione delle piante e del percorso; • scelta della naturalità e molteplicità vegetazionale e strutturale quali elementi paesistici efficaci per accentuare l’esperienza percettiva del paesaggio da parte dell’utente.
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frutto di un impegno culturale intedisciplinare. La minore efficienza in termini di smaltimento di traffico (tracciato a due corsie) rispetto al progetto istituzionale era compensata da una minore invasività rispetto alle aree fluviali e agli spazi agricoli e da una maggiore integrazione con la rete insediativa e infrastrutturale. La proposta fece fugacemente notizia in un contesto locale nel quale le attese dell’opinione pubblica venivano ormai convogliate dai settori politici e dalla stampa verso l’urgenza della realizzazione dei progetti ufficiali in itinere. L’ipotesi patrocinata dall’Ordine degli Architetti avrebbe potuto avere gambe per camminare in un diverso contesto, eventualmente caratterizzato da: • maturazione culturale in relazione alle specificità di un’area alpina; • visioni di futuro orientate alla sostenibilità, alla qualità ecologica, come principali fattori di sviluppo innovativo della Valtellina; • intenti amministrativi e opzioni per stili di vita tali da indurre una effettiva svolta rispetto ad uno spensierato consumo di territorio e a una scarsa percezione dei valori ecologici ed ambientali. La realtà che da tempo è andata consolidandosi è diversa; intervengono fattori endogeni ed esogeni. Fattori endogeni: • Accellerata degradazione dell’attuale s.s. 38 per un assetto urbanistico non governato; intensa edificazione a nastro e sequenze di accessibilità dirette sull’arteria; • crescente sprawl periurbano nel fondovalle; sviluppi lineari di edificazione anche lungo le strade provinciali; urbanizzazione a bassa densità nelle stesse aree interstiziali fra centri minori; mancate scelte di localizzazione di aree artigianali; conseguenti effetti sulla mobilità: dispersioni di origini e destinazioni, gravanti comunque sull’asse principale; • ruolo alquanto marginale del trasporto pubblico intra-provinciale. Fattori esogeni: • modello turistico improntato al “ mordi e fuggi” , con crescente ruolo della Valtellina quale satellite compensatorio dell’area metropolitana milanese; • mancata programmazione di uno sviluppo del turismo alla scala provinciale, con pluralità di attrattive sulla base dell’eccezionale insieme di patrimoni ambientali, culturali e storici; • tendenza, invece, all’ingigantimento del modello turistico dell’Alta Valle improntato all’industria dello sci – ulteriormente promosso dalla Regione Lombardia con il pacchetto Mondiali 2005 – con associato il grande attrattore di traffico costituito dalla “ zona franca” di Livigno, quale maxidistributore di carburante (70 milioni di carburante all’anno) che oggi assurdamente permane; • conseguente degrado del fondovalle valtellinese a corridoio di accesso; • pure il trasporto merci in arrivo e in uscita dal territorio provinciale è effettuato pressoché totalmente su gomma (tranne una quota destinata al trasporto dell’acqua minerale collocata su ferrovia a Tirano).
• costante crescita di traffico; dati quantitativi di traffico prossimi a valori effettivamente legittimanti – con un parametro puramente efficientistico – la scelta della tipologia a quattro corsie fino a Sondrio: TMG (traffico medio giornaliero) frequentemente sopra i 25.000 veicoli/giorno; punte 1.500/1.600 veicoli/ora con le criticità aggiuntive dovute a eterogeneità di veicoli, criticità di connessioni, attraversamenti di centri, sovrapposizioni tra lunghe e brevi percorrenze. Le condizioni sopra richiamate hanno determinato una incidentalità molto elevata con reiterati ruoli della stampa nell’attribuzione di un ruolo di stradakiller all’attuale s.s. 38. Nel periodo 2002-2003 i progetti hanno conseguito un avallo da parte della quasi totalità dei sindaci, su pressioni per una speditiva utilizzazione dei rilevanti fondi dati per disponibili in fasi meno critiche per la spesa pubblica ulteriormente a rischio in caso di perdita di tempo in ulteriori riflessioni. Tali pressioni hanno alimentato un’insofferenza dell’opinione pubblica per lunghe attese della cantierizzazione. Ma nello stesso tempo è andata evidenziandosi sempre più, come è noto, una situazione di crisi della finanza pubblica che ha messo a nudo le precedenti affabulazioni politiche sull’ampia disponibilità dei finanziamenti. I problemi di finanziamento emersi hanno introdotto la questione delle priorità d’intervento. Attualmente risultano possibili e prossimi l’avvio degli interventi per il completamento della tangenziale di Sondrio e la realizzazione della tangenziale di Tirano. Il tratto Fuentes-Tartano – eufemisticamente definito “ tangenziale di Morbegno – ha incertezze di finanziamento, anche in relazione all’entità dell’intervento e alla sua complessità. Le criticità del quadro dei finanziamenti portano a valutazioni critiche verso una poco oculata individuazione di priorità a livello programmatorio – negli anni scorsi – consistita, ad esempio, nel privilegiare il tratto Lovero-Bormio, lasciando per anni in pesante sofferenza – per gli attraversamenti del traffico – Delebio, Morbegno e Tirano. Recentemente il privilegiare i finanziamenti pubblici in Alta Valle – alcuni dei quali a destinazione assai discutibile – per l’” evento-vetrina” dei Mondiali di Sci 2005; a fronte della opportunità di implementare i fondi per i progetti infrastrutturali. Le probabilità del protrarsi nel tempo di un intervento “ a pezzi” fanno intravvedere il rischio di ulteriori pressioni sul fondovalle; di aggiuntivi consumi di territorio per tratti necessari di collegamento provvisorio fra l’attuale arteria e pezzi di nuova infrastruttura; il protrarsi di attraversamenti urbani ad elevato impatto negativo. Nodi critici del progetto si evidenziano tuttora entro il delicato territorio di fondovalle, ma per le semplificazioni delle procedure applicate ai progetti rientranti nella Legge Obiettivo non sembrano previsti approfondimenti migliorativi (per gli intenti di accelerazione dell’iter successivo ai progetti definitivi la progettazione esecutiva è
di fatto in mano alle imprese assegnatarie degli appalti mediante l’” appalto integrato” ). Il depotenziamento del ruolo della V.I.A. – e la riduzione dei confronti sull’inserimento territoriale e ambientale ai richiamati incontri a “ spezzatino” – dovrebbero invece trovare compensazione in ulteriori sforzi volti ad interventi per un oculato inserimento nel paesaggio dell’arteria, alla stregua di una parkway. È noto che l’entrata in funzione di una nuova infrastruttura ad elevata capacità è di per se stessa un fattore di incremento dei flussi, aggiuntivo ai normali tassi di crescita. Si preannuncia quindi un’incremento della già elevata invasività del traffico automobilistico nel territorio della Valtellina e della Valchiavenna, che tende a dilatarsi anche alle alte quote entro ecosistemi delicati. Diviene dunque cruciale il ruolo della pianificazione urbanistica, e in particolare quello del piano territoriale provinciale, la cui elaborazione sembra in fase conclusiva. Giovanni Bettini membro del Direttivo I.N.U.-Lombardia e del Comitato Scientifico di IREALP.
Statale 38: territorio, infrastrutture e paesaggio Unico asse di scorrimento che attraversa l’intera Provincia di Sondrio percorrendone tutto il fondovalle, alla s.s. 38 il difficile compito di assorbire – oltre al traffico locale – l’intenso flusso viario turistico e commerciale. Come noto, sul tracciato – 102 km da Colico a Bormio fiancheggiati per larga parte dalla ferrovia – confluiscono numerose strade provinciali e comunali, passi carrai e passaggi a livello, che uniti a strettoie e semaforizzazioni, inevitabili conseguenze dell’attraversamento dei centri urbani, hanno via via accresciuto i problemi di percorrenza e pericolosità della tratta. Sulla provinciale pesano, poi, vincoli morfologici e urbanistici (dalla presenza del fiume Adda, alla distribuzione degli abitati lungo il corridoio) che da anni ostacolano e rallentano i numerosi, e pur qualificati, tentativi di riqualificazione e progettazione alternativa della strada, proposti a più riprese da Enti Locali, Provinciali e Regionali, e sino ad oggi rinviati nella difficoltà di conciliare gli inevitabili contrasti tra interessi economico-territoriali locali ed esigenze viabilistiche che sempre accompagnano interventi infrastrutturali di questa portata. Anni che hanno pesato sulla tratta, trasformata in un pesante primato di alta saturazione e di elevata pericolosità per coloro che abitano lungo la strada oltre che per il flusso veicolare che vi transita (1,15 incidenti per chilometro, 2,7 volte la media nazionale, fino ad una punta massima di sinistrosità pari a 4,55 sulle tratte più pericolose – Fonte: Rapporto Aci Istat). Alla questione sicurezza si sono sommati nel tempo volumi crescenti di traffico, tali da rendere l’opportunità di
una riqualificazione complessiva della statale inderogabile. Gli obiettivi prioritari dell’intervento – ben colti nel Piano regionale di Ricostruzione e Sviluppo della Valtellina (Piano socio-economico - Artt. 5 e segg. della L. 102/90) ed incentrati sul miglioramento dei sistemi relazionale (infrastrutture e mobilità), economico/produttivo (sviluppo dei settori turistico, manifatturiero ed agricolo) ed insediativo/ambientale delle aree interessate – hanno finalmente prodotto la presentazione ed approvazione di un progetto coerente e condivisibile di riassetto urbano ed infrastrutturale della s.s. 38 nei suoi vari lotti. Il progetto traccia un impianto viario – in gran parte realizzato in galleria – teso a disturbare il meno possibile il paesaggio, riducendo al minimo l’impatto ambientale, nel pieno rispetto delle risorse naturalistiche della valle. Ampiezza e tracciato sono stati studiati per offrire una qualificata soluzione ai problemi di accessibilità, ai dati del flusso veicolare e ai più elevati standard di sicurezza stradale, con un percorso in grado di potenziare e modernizzare il sistema viario dell’intera Provincia, ancora ancorato – ricordiamolo – al disegno asburgico del 1820. Nelle fasi di affinamento progettuale sono state previste ulteriori migliorie tecniche ed infrastrutturali, per rispondere in modo adeguato alle diverse esigenze urbanistiche connesse all’esecuzione delle opere e allo scioglimento dei nodi viabili più critici lungo l’asse provinciale: in particolare – è bene sottolinearlo – l’aspetto ambientale, fondamentale per la tutela del territorio, è stato ampiamente considerato in tutte le fasi della progettazione, grazie ad approfondite Valutazioni di Impatto (V.I.A.). Gli aspetti idrogeologici, di impatto acustico ed atmosferico sono basilari all’interno del progetto che prevede, tra l’altro, importanti opere di mitigazione e tutela ambientale. Si legge nel progetto un atteggiamento non solo di rispetto del paesaggio, ma anche, per quanto possibile, di arricchimento e di miglioramento formale del contesto in cui la nuova strada si va a collocare: tracciati in galleria, aderenza dei percorsi alla complessità orografica, cura nell’armonizzazione e nel mascheramento delle opere invasive, design nei supporti e nelle strutture. Una qualità della progettazione che aggiunge valore ai primari obiettivi di velocità, sicurezza e funzionalità di per sé richiesti alla statale. Circa 1300 milioni di euro per interventi consentiranno, dunque, non solo di ottimizzare i termini di collegamento e attraversamento della valle, ma – sono certo – diventeranno opportunità per la riqualificazione anche funzionale dei territori attraversati. Elio Della Patrona
Sintetica cronistoria del progetto per la nuova s.s. 38 • 1980, progetto di massima da Fuentes a Trafoi dell’ing. Da Rios. • 1987-88, s.s. 38: nella fase degli interventi di emergenza post-calamità il Ministro Gaspari assicura la possi-
VIA viene depotenziata; le opere possono avvalersi di snellimenti di procedure, tra i quali l’” appalto integrato” . Ma si evidenziano ulteriormente le difficoltà di finanziamento. • 2003, la Regione conclude la raccolta del consenso della gran parte dei sindaci e della Provincia (che introduce il progetto negli elaborati per il PTCP nella fase conclusiva dell’elaborazione). In attesa degli esiti della Legge Finanziaria in discussione al Parlamento il Presidente della Provincia dichiara di volersi dimettere in caso di esiti insoddisfacenti. G. B. Progettazione definitiva s.s. 38 comprensiva del quadro progettuale e del quadro ambientale dello studio di V.I.A. per procedura regionale Lotto 1 Variante di Morbegno dallo svincolo Fuentes allo svincolo di Tartano Lunghezza tracciato: 19.287 m + 1.977 m Tipologia opere principali: Viadotto Fuentes 1-2 Viadotto Valtellina, Galleria Selva Piana, Galleria Paniga Svincoli: Fuentes,Tartano, Cosio Importo previsto: 562.892.434,05 Euro Lotto 2 Variante dallo svincolo di Tartano allo svincolo di Sondrio Lunghezza tracciato: 16.871 m Tipologia opere principali: Galleria “ Sirta -Selvetta” , Viadotto Modrasco, Viadotto S.Rocco, Viadotto Colorina, Viadotto Gherbiscione, Viadotto Adda, Viadotto Vendolo, Viadotto Sassella Svincoli: Colorina, Castione, Sondrio Importo previsto: 348.563.343,12 Euro Lotto 3 Variante dallo svincolo Tresivio a svincolo Stazzona Lunghezza tracciato: 17.200 m Tipologia opere principali: Viadotto “ Piateda” , Galleria “ Albareda” , Galleria Chiuro, Viadotto Teglio, Galleria Teglio, Viadotto centrale di Stazzona Svincoli: Tresenda, Stazzona Importo previsto: 395.340.00,00 Euro Lotto 4 Variante di Tirano dallo svincolo Stazzona allo svincolo di Lovero Lunghezza tracciato: 5.755 m + 3.503 m + 892 m + 1.745 m Tipologia opere principali: Galleria il Dosso Ponte di Stazzona, 3 viadotti Svincolo Tirano, Galleria Cologna, Gal. Art. S. Gottardo Ponti Poschiavino, Galleria Ramaione Svincoli: Villa di Tirano, Stazzona, Tirano, Lovero Importo previsto: 290.039.000,00 Euro Lotto 7 Completamento tangenziale di Sondrio dallo svincolo di Montagna allo svincolo di Tresivio Lunghezza tracciato: 4.686 m Tipologia opere principali: Viadotto 1, Viadotto 2, Viadotto 3, Galleria artificiale per la rampa di svincolo Svincoli: Area industriale di SondrioTresivio Importo previsto: 41.200.000,00 Euro
Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni
È proibito gettare opportunità dal finestrino? Quando fu terminata, nel 1882, stabili il primato mondiale di lunghezza (15 km). Quando sarà operativo, si prevede nel 2020, si fregerà ancora una volta del primato del traforo ferroviario più lungo al mondo (57 km). Passando dagli iniziali 1.100 m di altitudine, ai prossimi 500 m del fondo valle, la nuova galleria del San Gottardo accoglierà i treni ad alta velocità che, lungo la linea denominata Alptransit, collegheranno il nord Europa con il Mediterraneo. La linea incrocerà, in prossimità di Milano, la tratta Lione, Torino, Milano, Venezia (anch’essa in costruzione) e collegherà i traffici europei con il porto di Genova. Alptransit svolgerà i suoi effetti su numerose altre infrastrutture ferroviarie, conseguenti e complementari, di notevole importanza anche per l’ambito provinciale e regionale. La bretella ferroviaria, Arcisate-Stabio, collegherà la linea dell’alta velocità europea con l’aerostazione di Malpensa. Partendo da Bellinzona e Lugano, passando attraverso la tratta Gallarate-Varese-Portoceresio (attualmente un ramo “ terminale” utilizzato da soli utenti pendolari), sarà pratico e rapido raggiungere l’aeroporto intercontinentale. Le stazioni delle Ferrovie dello Stato e delle Ferrovie Nord saranno unificate, sia a Varese, sia a Busto Arsizio, integrando i servizi della mobilità con spazi direzionali e commerciali. La sistemazione ed il potenziamento della linea Zenna (al confine elvetico)-Luino-Sesto Calende-Novara con deviazione per l’aeroporto di Malpensa, favorirà il trasporto delle merci. La stazione di Sesto Calende potrà avere un rilevante ruolo di crocevia realizzando una bretella di congiunzione tra le due sponde del Lago Maggiore, ossia tra la Milano-Domodossola (la linea del Sempione) e la Luino-Novara, a sua volta congiunta, con una deviazione, all’aerostazione di Malpensa. Il potenziamento in corso allo scalo intermodale di Gallarate, l’HUPAC (la cui casa madre ha sede a Chiasso, Svizzera) è, evidentemente, anch’esso parte del sistema unitamente alla vicina Cargo City di Malpensa. Non sono neppure da dimenticare lo sviluppo urbanistico in corso nelle aree limitrofe alla stazione di Saronno ed il ruolo di “ metropolitana” assunto, dal Malpensa Express, tra Milano e l’aeroporto omonimo. Alptransit comporta una spesa di decine di milioni di franchi svizzeri ed è corredata, come abbiamo visto, da numerosi altri programmi di intervento che comportano l’impe-
gno finanziario di altri enti pubblici (Ferrovie dello Stato e Regione Lombardia in particolare). Tra le ragioni primarie, che hanno indotto la Confederazione Elvetica a questo sforzo, si registra la volontà di ridurre disagi e problemi indotti dal trasporto su gomma che attraversa la rete autostradale Svizzera. Il quadro complessivo è certamente tanto interessante quanto articolato e complesso. Le questioni poste in causa e gli investimenti necessari al loro sviluppo sono tanti e tutt’altro che “ acquisiti” . L’evoluzione delle scelte e degli indirizzi politici, delle verifiche e delle prospezioni progettuali e delle risorse ed approvvigionamenti finanziari, sembra attraversare continue fasi alterne. Le differenziate scale di lettura che, dei progetti, hanno i diversi Enti coinvolti, non contribuiscono certo a facilitare la condivisione di tempi, modi e obiettivi. Non sempre gli interessi strategici di Enti nazionali coincidono con i bisogni e le aspirazioni degli Enti locali. La qualità dei progetti, quindi dei progettisti, si misurerà innanzitutto nella loro capacità di fornire, a politici ed amministratori, idee e soluzioni che interloquiscano con intelligenza alle varie scale territoriali e che siano orientate, senza sacrifici, al progresso comune sia della comunità europea sia di quella locale. C. C.
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Forum
bilità finanziaria di realizzare un grande intervento infrastrutturale anche in vista di un “ Traforo dello Stelvio” . S.s. 36: la Comunità Montana della Valchiavenna dispone del progetto di riqualificazione redatto dall’ing. Giuriani. • 1989, nuova progettazione per la s.s.38 da parte della Società Italtekna. • 1990, il piano di sviluppo previsto dalla “ Legge Valtellina” prevede finanziamenti per le nuove s.s. 38 e 36. • 1991, il Ministro Prandini assicura la praticabilità finanziaria per la nuova s.s. 38 anche in funzione del Traforo dello Stelvio. In tale prospettiva legittima l’avvio della progettazione del Traforo del Mortirolo avviata da parte del prof. Lunardi e utilizza procedure d’urgenza per l’attuazione dell’intervento relativo al tratto Tirano-Bormio. • 1991, la società R.P.A. consegna alla provincia di Sondrio – committente – un ulteriore progetto per la s.s. 38. Per irregolarità relative all’incarico il progetto rimane chiuso per anni negli armadi della Provincia. Con la copertura politica del problema il tema della nuova progettazione non diviene oggetto di partecipazione e confronto. • 1992, la Provincia riceve dalla Regione il finanziamento di 1mld di Lire per la predisposizione del piano territoriale provinciale, quale strumento di coordinazione dell’assetto del territorio in relazione ai grandi interventi previsti. • 1995, nell’ambito delle prime attività volte al piano territoriale la Provincia predispone un “ Piano di Inquadramento” del fondovalle valtellinese” con l’individuazione di un “ corridoio” per la nuova infrastruttura. • 1996, il “ Gruppo di studio 38” propone un’alternativa orientata alla sostenibilità ambientale. • 1996-99, la Regione attiva le convenzioni con l’ANAS. • 1997, la Provincia conferisce alla Regione il ruolo di attivazione dei bandi di progettazione per le s.s. 38 e 36 confidando in una contestuale soluzione del problema relativo al progetto RPA. • 1998, la Giunta Regionale pubblica i bandi a procedura aperta per i progetti preliminari e per il “ quadro programmatico” previsto dalla VIA. • 1999-2000, la Giunta Regionale approva i progetti preliminari. Segue la pubblicazione dei bandi per i progetti definitivi. • 2000, l’Ordine degli Architetti di Sondrio presenta lo studio patrocinato per un progetto alternativo. • 2001, vengono assegnati i progetti definitivi. La Regione prevede l’apertura dei cantieri nel 2002. Lo scenario della finanza pubblica diviene critico. Viene richiesta al Governo una legge speciale per i Mondiali di Sci 2005 con inserimento delle nuove infrastrutture nell’Accordo di Programma Quadro. • 2001-2002, la Regione e i progettisti avviano i dialoghi “ a spezzatino” con i Comuni. Le opere vengono inserite nella Legge Obiettivo (L. 166/2002)con la denominazione “ Accessibilità Valtellina” in funzione dei Mondiali di Sci. Destinatario dei progetti diventa il CIPE; la procedura di
A cura della Redazione
DARC Qualità dell’architettura contemporanea nelle città e nei territori europei
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Qualità dell’architettura contemporanea: politiche europee a confronto Il confronto tra le politiche dei diversi Paesi europei sulla qualità dell’architettura contemporanea: questo il tema discusso a Bologna nel seminario internazionale, organizzato dalla DARC, in collaborazione con la Regione Emilia Romagna, nel novembre 2003. Un tema, quello della qualità, che noi come Direzione Generale abbiamo affrontato fin dall’inizio della nostra attività e che sentiamo di importanza stringente per l’Italia. Il patrimonio storico italiano è troppo ricco perché un Ministero come il nostro, che è il Ministero della cultura, dell’antico, dell’archeologia, degli affreschi, dei monumenti, non si ponga il problema della frattura tra una antichità gloriosa e un presente – soprattutto post-bellico – così deludente dal punto di vista della qualità, della valorizzazione e dell’arricchimento del nostro territorio. Negli ultimi anni alcuni provvedimenti di livello europeo hanno registrato l’importanza della qualità degli insediamenti contemporanei, soprattutto riguardo al paesaggio. Mi riferisco alla Convenzione Europea del Paesaggio, approvata a Firenze il 20 ottobre 2000 da 19 Paesi, fra cui l’Italia, in cui si afferma che ‘’il paesaggio contribuisce in modo molto rilevante al benessere dei cittadini. Esso, quindi, appartiene a tutti e ogni sua modifica o alterazione costituisce una questione di interesse pubblico” . Il secondo diretto riferimento è alla “ Risoluzione sulla qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale” adottata il 12 febbraio 2001 dal Consiglio dell’Unione Europea, dove si afferma in modo radicale che “ l’architettura è un elemento fondamentale della storia, della cultura, e del quadro di vita di ciascuno dei nostri Paesi. Essa rappresenta una delle forme di espressione artistica essenziale nella vita quotidiana dei cittadini e costituisce il patrimonio di domani” . Proprio ai princìpi enunciati dalla “ Risoluzione” intende dare seguito il disegno di Legge sulla qualità architettonica, approvato dal Governo nel luglio scorso. Si tratta di un testo – promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali, con l’impegno della Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanea e con il contributo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Consiglio Nazionale degli Architetti – che prevede strumenti abbastanza precisi per promuovere il miglioramento della qualità dell’architettura. Che cosa è la qualità architettonica? Si tratta certo di un concetto molto difficile, forse impossibile da
definire. Con un approccio più giusto si può forse cercare di vedere qual è il percorso migliore per arrivare ad una buona architettura. Il disegno di legge si propone di trovare i modi per tendere a una produzione architettonica di qualità, e questi modi sono, molto sinteticamente, quelli della competizione, dell’emulazione, dei concorsi, delle gare e dei premi. È sicuro che, mettendo a confronto e in competizione sia le idee che le intelligenze, si arriverà a dei risultati migliori, si arriverà alle proposte e alle soluzioni più efficaci. Il disegno di legge non si limita a enunciazioni di carattere generale, ma prevede sostanziali modifiche delle norme esistenti e importanti novità in alcuni settori strategici. Vorrei richiamare i punti essenziali del provvedimento: • l’importanza dello strumento del concorso per favorire la qualità dei progetti. Con un apposito fondo verranno finanziate le spese sostenute da soggetti pubblici o privati per concorsi di idee o di progettazione delle opere di rilevante interesse architettonico. In quest’ambito, una particolare attenzione viene posta al coinvolgimento di giovani professionisti; • il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dovranno elaborare un Piano triennale per la qualità delle costruzioni pubbliche, per l’attuazione della legge, individuando annualmente le priorità d’intervento; • si costituirà una “Fondazione per la qualità architettonica e dell’ambiente costruito” , per svolgere attività di studio e consulenza; • è prevista l’estensione della tutela del diritto d’autore anche alle opere di architettura. Si introduce la figura del direttore architettonico, nella persona del progettista, che coadiuvi il direttore dei lavori per un’adeguata esecuzione dei progetti preliminari prescelti; • per opere di architettura contemporanea di particolare valore artistico è prevista la tutela, con contributi economici per i lavori di restauro condotti dai proprietari degli immobili. Pio Baldi direttore DARC Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanee - Ministero per i beni e le attività culturali Le ragioni e il programma del Seminario Il tema della qualità del costruito contemporaneo in Italia è di grande attualità, dopo che per decenni abbiamo assistito ad uno sfrenato svi-
luppo edilizio ed infrastrutturale, attuato senza alcuna attenzione alla qualità delle singole opere e al loro rapporto con il paesaggio e la storia millenaria che caratterizza il nostro paese. Per sanare i guasti prodotti allo spazio di vita degli italiani, al nostro paesaggio, alle nostre città, è necessario recuperare la capacità di governo delle trasformazioni del territorio ma soprattutto imparare a costruire puntando non soltanto sulla funzionalità o sulla economicità ma prioritariamente sulla qualità complessiva degli interventi. L’impegno italiano a promuovere momenti di confronto in occasione del nostro Semestre di presidenza dell’Unione Europea, ha costituito lo stimolo per approfondire a livello internazionale tali tematiche. In questa circostanza, la DARC ha ritenuto opportuno organizzare un seminario internazionale su Qualità dell’architettura contemporanea nelle città e nei territori europei – tenutosi a Bologna il 21, 22 e 23 novembre 2003. L’incontro è stato realizzato con il sostegno della Commissione Europea. Il Seminario è stato preceduto da due workshop propedeutici, che si sono tenuti con alcune settimane di anticipo allo scopo di predisporre un organico contributo italiano da presentare al confronto internazionale. Le due giornate di lavoro hanno raccolto il punto di vista di rappresentanze qualificate dei diversi soggetti che concorrono alla produzione dell’architettura, oltre che delle istituzioni che hanno responsabilità di governo, delle associazioni culturali e delle riviste di settore. Il primo workshop organizzato dalla DARC a Roma il 15 maggio 2003 è stato dedicato al tema Committenza, contesti e qualità diffusa. Il secondo workshop, organizzato dalla DARC insieme alla Direzione Generale Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia, si è svolto a Milano il 22 settembre 2003 ed è stato dedicato al tema Disegno delle infrastrutture e qualità del progetto. I risultati di questi lavori sono stati presentati a Bologna, raccolti in due volumi. Considerando il tema trattato, la scelta del luogo del seminario non è stata lasciata al caso. L’Emilia Romagna, con il suo capoluogo Bologna, sono stati invitati dalla DARC a collaborare all’organizzazione del seminario vista l’attenzione dimostrata anche in sede legislativa alla tematica della qualità dell’architettura contemporanea. A conclusione del Seminario, la città di Parma ha accolto i partecipanti nella giornata di domenica 23 novembre per una visita ad alcune recenti opere d’architettura realizzate nella città. All’incontro hanno partecipato numerose delegazioni e rappresentanti dei paesi dell’Unione Europea che, accogliendo l’invito della DARC, hanno fornito un importante contributo attraverso l’illustrazione delle loro esperienze in merito alle tematiche affrontate dai lavori. Il Seminario ha fornito l’occasione
per uno scambio di idee, di esperienze e di buone pratiche, inserendosi nel processo politico e di collaborazione tecnica a livello europeo che ha avuto una tappa fondamentale il 12 febbraio 2001 con l’adozione formale da parte del Consiglio dell’Unione Europea della Risoluzione sulla qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale. La Risoluzione costituisce una passaggio rilevante nel processo di ridisegno da parte dell’Unione Europea delle strategie complessive di assetto del territorio e di sviluppo sostenibile che si è configurato in particolare con l’adozione dello SDEC (acronimo francese di Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo) nel 1999, oltre che con altre iniziative. La Risoluzione, tra l’altro, afferma che “ l’architettura è un elemento fondamentale della storia, della cultura e del quadro di vita di ciascuno dei nostri paesi; essa rappresenta una delle forme di espressione artistica essenziale nella vita quotidiana dei cittadini e costituisce il patrimonio di domani; la qualità architettonica è parte integrante dell’ambiente urbano e rurale; un’architettura di qualità, migliorando il quadro di vita ed il rapporto dei cittadini con il loro ambiente può contribuire efficacemente alla coesione sociale, nonché alla creazione di posti di lavoro, alla promozione del turismo culturale e allo sviluppo economico regionale” . Per quanto riguarda il nostro paese, l’approvazione il 24 luglio di quest’anno da parte del Consiglio dei Ministri del disegno di “ Legge quadro sulla qualità architettonica” costituisce un segnale importante che dimostra una netta inversione di rotta rispetto alla situazione precedentemente richiamata. Il disegno di legge, si propone, tra l’altro, di dare seguito alla Risoluzione europea del 2001, ponendosi l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei cittadini, delle istituzioni, dei professionisti e di tutti quanti operano nel settore, sul tema della qualità dell’architettura, dell’urbanistica, degli spazi urbani e del territorio e del raggiungimento di più elevati standard di progettazione e di realizzazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture, in grado di contribuire alla salvaguardia del paesaggio e al miglioramento della qualità della vita della collettività. Manuel Roberto Guido DARC, Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanee - Ministero per i beni e le attività culturali Committenza, contesti e qualità diffusa Il tema del workshop nasce dalla costatazione che la profonda trasformazione della città contemporanea avvenuta nel corso degli ultimi anni, e generalmente interpretata come affermazione del modello della “ città diffusa” , è stata caratterizzata in Italia da un preoccupante scadimento della qualità
paesaggio come vantaggio competitivo per l’economia. Da questa costatazione dobbiamo muovere per rimettere in discussione le attuali pratiche della progettazione diffusa. In fondo, sono proprio i progetti che danno visibilità alla ricerca di protagonismo di una città. I progetti e le loro realizzazioni rappresentano al meglio la capacità di valorizzazione del proprio contesto da parte della società e della cultura locale. Dal workshop sono emerse almeno cinque indicazioni sulle cose da fare nella prospettiva di una collabora-
• Piano urbanistico e contesti di qualità Il workshop ha insistito sulla necessità di selezionare criticamente i contesti su cui agire con strategie differenziate di governo della qualità. È questo un compito tipico del piano urbanistico locale, il quale è chiamato in particolare a ricomporre l’attuale separatezza tra obiettivi di qualità enunciati dalla Convenzione europea del Paesaggio e obiettivi urbanistici. Il piano dovrebbe tematizzare le strategie della qualità articolandole in funzione dei caratteri identitari esistenti o prefigurati per i diversi paesaggi lo-
dioadriatica, i fronti dei porti, la costa urbanizzata abusivamente, i paesaggi a tema della ristrutturazione delle metropoli, le superinfrastrutture, gli spazi della dispersione insediativa, i territori dello sviluppo accelerato, le città virtuali del turismo d’arte e della campagna doc. Dieci sezioni tematiche che appaiono rappresentative delle identità mutevoli del territorio italiano e anche dell’evoluzione delle estetiche contemporanee, in cerca di nuovi modelli a cui riferire i progetti locali. Con riferimento a questi temi del
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delle opere locali realizzate sia per iniziativa pubblica che privata. Le nuove forme insediative – in Italia come altrove – sono l’espressione di un’impressionante proliferazione dei soggetti coinvolti nel processo di costruzione della casa e della città. Il territorio è diventato lo specchio fedele della società che lo produce, una società segnata dalla mobilitazione dell’“ individualismo di massa” e dalla crescente dispersione e molltiplicazione dei poteri legittimati ad agire per proprio conto sullo spazio insediativo. L’esplosione delle libertà individuali non si è tradotta peraltro in una accentuazione delle differenze. Al contrario, si è stesa una patina di uniformità che ha reso sempre più simili territori diversi, insidiando seriamente quella ricchezza delle differenze che ha fatto la fortuna del paesaggio e delle città italiane. Le situazione rischia di aggravarsi ulteriormente non solo perchè il quadro normativo sui lavori pubblici, aggravato con il decentramento alle Regioni della disciplina per gli appalti, si basa solo sull’offerta economicamente più vantaggiosa, sacrificando gli aspetti qualitativi della progettazione, ma anche perché le recenti spinte alla liberalizzazione e alla semplificazione amministrativa, con il ricorso sempre più frequente alla D.I.A., il generale declassamento delle commissioni edilizie comunali, il peso crescente del project financing interessato soltanto alla problematica redditività degli investimenti privati, sembrano tutte condizioni che congiurano per deprimere ancora di più la qualità degli interventi minori, con effetti devastanti per il territorio contemporaneo. Si è creata una situazione vagamente schizofrenica. La forte domanda di qualità, portata soprattutto dalle università, da alcune organizzazioni professionali e da alcune amministrazioni pubbliche illuminate, ha condotto a migliorare sensibilmente i progetti per le opere più rappresentative, ormai fin troppo regolate dal circuito mediatico delle grandi star internazionali. Al tempo stesso, in assenza di un’esplicita domanda sociale, si è rinunciato finora a governare la qualità della moltitudine dei microinterventi – case, capannoni, strade minori, spazi commerciali e del tempo libero – che nel loro insieme danno forma al territorio urbano contemporaneo. La qualità sembra essere considerata un lusso riservata solo a poche opere esemplari. Questa situazione appare ormai inaccettabile. Occorre imparare ad agire non solo su pochi episodi in vista, ma più in profondità sui processi che plasmano il paesaggio contemporaneo. Ben sapendo che la sfida della qualità diffusa non può essere relegata ai soli addetti ai lavori, perché mette in gioco le pratiche sociali, politiche e amministrative che stanno dietro i processi di costruzione del territorio. Si comincia finalmente a capire l’importanza della qualità urbana e del
Sequenza tratta dall’installazione multimediale Mobilitaly.
zione innovativa tra la DARC, i Comuni, le Regioni e il ministero per le Infrastrutture e gli Ordini professionali. Un nuovo ruolo per il Documento preliminare all’avvio della progettazione delle opere pubbliche; il piano urbanistico come strumento di identificazione dei diversi contesti di controllo della qualità; un atlante territoriale di indirizzi per la qualità dei progetti; una sperimentazione di azioni pilota programmate attraverso la cooperazione interistituzionale; un premio per la qualità urbanistica e paesaggistica dei progetti locali. • Documento Preliminare Un contributo importante al miglioramento dei progetti per le opere pubbliche può provenire da un uso innovativo del Documento preliminare all’avvio della progettazione previsto dalla Legge “ Merloni” . Si tratta di estenderne le valenze abituali di strumento di accertamento delle esigenze della committenza e di organizzazione del procedimento amministrativo, e di incorporare già in questo stadio l’idea di architettura che dovrebbe orientare le fasi successive della progettazione. Si tratta cioè di investire più attenzioni e risorse sul momento iniziale del processo della progettazione che – se bene impostato – può contribuire decisamente al perseguimento di una nuova qualità, esito di una corretta interdipendenza tra aspetti procedimentali, funzionali e morfologici messi in gioco dal progetto di opera pubblica.
cali. I dispositivi introdotti dal piano dovrebbero consentire una valutazione preventiva dei progetti, almeno sotto il profilo della loro sostenibilità paesaggistica. Oggi questo non avviene, e c’è molto da fare per avvicinare urbanistica e qualità diffusa dei progetti, tanto nella città che nel territorio rurale. Le esperienze più avanzate come le “ Guide per la qualità degli interventi” o come alcuni regolamenti ediliziourbanistici innovativi introdotti in piani recenti a Roma e altrove non sembrano ancora aver prodotto risultati complessivamente soddisfacenti. Tuttavia la strada imboccata è giusta, e la DARC potrebbe concorrere attivamente al successo di questa prospettiva contribuendo in particolare alla conoscenza e alla diffusione delle buone pratiche locali avallate con la propria autorevolezza istituzionale. • Atlante dei contesti Gli indirizzi per la qualità dei progetti potrebbero essere impostati anche tenendo conto di alcuni temi strategici che emergono nella trasformazione del territorio italiano. Qui la DARC potrebbe ad esempio muovere dall’interpretazione dei nuovi territori già adottata per l’iniziativa “ Atlante italiano 003” , un concorso nazionale mirato a restituire con l’occhio dei fotografi alcuni “ punti caldi del cambiamento delle forme del territorio” . Ricordiamo che i temi dell’Atlante erano: i territori delle città aeroportuali, i territori delle grandi infrastrutture viarie, la conurbazione costiera me-
mutamento, o ad altri più specifici da selezionare d’intesa con le diverse Regioni e con il ministero delle Infrastrutture, la DARC potrebbe delineare in modo condiviso gli indirizzi di sfondo a cui riferirsi nelle pratiche di progettazione locale, alimentando una cultura di intervento più orientata alla qualità d’insieme che dei singoli oggetti edilizi. • Azioni pilota Gli indirizzi per l’azione nei diversi contesti dovrebbero essere messi alla prova di azioni pilota costruite d’intesa tra la DARC, le Regioni, i Comuni, ed eventualmente con il MIT. Le azioni pilota hanno il compito di sperimentare la fattibilità delle strategie di indirizzo della qualità da applicare agli specifici contesti, offrendo anche gli strumenti attraverso cui valutare gli effetti delle soluzioni proposte. Per la sperimentazione potrebbero essere coinvolte le università ed eventualmente gli Ordini professionali, entrambi da considerare come i partner privilegiati per le politiche di miglioramento culturale della qualità della progettazione. • Un premio alla qualità Un contributo interessante alla promozione della qualità può provenire anche da un uso appropriato di premi e di altri riconoscimenti che fungono da incentivo al miglioramento dei progetti per la città e il territorio. A questo scopo la Società Italiana degli Urbanisti offre la sua disponibilità a organizzare un premio all’urbanista e al paesaggista che abbia contribuito in
modo significativo alla affermazione della qualità nel territorio. D’intesa con altre istituzioni, come la Triennale di Milano e con il patrocinio della DARC, si potrebbe introdurre un premio alla qualità in sintonia con le indicazioni emerse dai workshop preparatori al seminario internazionale di Bologna. Alberto Clementi Segretario Generale Società Italiana Urbanisti, coordinatore del workshop preparatorio “ Committenza, contesti e qualità diffusa” , Roma 15 maggio 2003
samina più approfondita delle proposte si rimanda ai testi contenuti nella pubblicazione che raccoglie gli atti del workshop stesso. • Una posizione condivisa da tutti: il progetto delle infrastrutture deve uscire dalla sua sacca specialistica puramente prestazionale (e perciò affidato al campo esclusivo dell’ingegneria come costruzione di macchina, che attraversa uno spazio vuoto e che assume come unico paradigma la propria efficienza interna) ma deve nascere da un tavolo multidisciplinare, da una progettazione integrata che riunisca
scenari, delle strutture urbane, dei paesaggi o, per usare una consolidata metafora, delle differenti Italie, entro le quali emergono modelli di sviluppo originali che necessitano quindi di infrastrutture che abbiano ruoli differenti e differenziati; • tutti i sistemi infrastrutturali vanno visti, per quanto possibile, come sistemi di reti integrate e non come corridoi prestazionali. A questo proposito le posizioni registrate offrono un ventaglio di proposte che vanno dal paesaggio dell’infrastruttura visto come il connettivo verde, a quello
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Last but not least, cosa fare del 3%? La cifra non è sensazionale (si parla di alcune centinaia di milioni di €), ma può diventare significativa se verrà concentrata in decisioni mirate e non dispersa nei mille rivoli delle necessità ordinarie del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Nel nostro paese più che in altri, il paesaggio storico è stato il più grande progetto infrastrutturale: un grande progetto legato non ad una grande opera ma fatto da una miriade di piccoli interventi, di minuti elementi tra loro dialoganti. Quindi bisognerebbe provare ad aggiungere qualità al forte DNA del territorio italiano con l’istituire concorsi e realizzazioni di piccoli interventi pilota, di forte valore sistemico, in grado di riprendere e rafforzare quel dialogo che oggi sembra interrotto. È indubbio che la DARC sembra oggi la naturale cabina di regia di questo programma. Aldo Aymonino IUAV, coordinatore del workshop preparatorio “Disegno delle infrastrutture e qualità del progetto”, Milano, 22 settembre 2003
Fotografia di Vittore Fossati, tratta da: “ Atlante italiano 003” .
Una pluralità di sguardi, finalmente Un nuovo interesse si aggira per l’Europa, l’interesse per la forma dell’infrastruttura. Finalmente non più relegato nel dorato ghetto degli specialismi tecnici, questo potentissimo motore del cambiamento planetario cattura finalmente l’attenzione non più solo degli addetti ai lavori, per un campo applicativo che, se esaminato da vicino, può diventare onnicomprensivo. Dai geografi agli amministratori, dai filosofi agli imprenditori l’interesse per la qualità di quel patrimonio collettivo costituito dal paesaggio, dalle infrastrutture e dal movimento antropico all’interno di entrambi, sembra essere divenuto un tema ineludibile per qualsiasi programma o riflessione a breve, medio e lungo termine. Sempre più spesso il percorso, lo spostamento, viene usato dalle discipline più disparate come metafora della conoscenza, della complessità e delle opportunità di scelta, e lo scenario in cui si svolge è sinonimo, di volta in volta, di degrado, di benessere, di meraviglia, di difficoltà, ecc. Proposte emerse nell’incontro di Milano del 22 settembre Questa scaletta non ha nessuna pretesa di completezza, prova soltanto a mettere in ordine, elencandole, le varie proposte e posizioni emerse durante il workshop preparatorio di Milano. Per una di-
di volta in volta tutti gli attori (e sono tanti) chiamati ad esprimersi e a prendere decisioni riguardo alle relazioni spaziali, ecologiche e funzionali che ogni progetto di infrastruttura dovrebbe affrontare; • questo eviterebbe quella “ contabilità del risarcimento” (compensazioni, ecc.) che denota una preoccupante impostazione filosofica ex post (prima si costruisce, poi si vedrà come mitigare) che difficilmente riesce ad attutire gli impatti generati; • necessario appare il confronto sul piano internazionale dei differenti sistemi normativi e dei conseguenti processi decisionali, per passare dall’adeguamento del progetto rispetto all’integrazione fra progetto e norma nel contesto di un sistema normativo articolato in forma più flessibile rispetto agli obiettivi e capace di considerare l’efficienza non solo come elemento interno al manufatto. Da questo punto di vista la nozione di progetto tipo (perché i progetti infrastrutturali vanno avanti per progetti tipo, per sezioni tipo, con annessi particolari costruttivi, possibilità di collaudo e manutenzione, nonché verifica degli aspetti contrattuali fino alla definizione dei capitolati) andrebbe rivisitata, articolandone i contenuti e costruendo un sistema di variabili in grado di confrontarsi con la maggiore complessità degli obiettivi messi in campo; • la cognizione della pluralità degli
di usarle per “ mettere in rete” gli elementi di pregio e i beni storicoartistici, per intercettare il ricco patrimonio di velocità e lentezze dei luoghi attraversati, o una connessione tra le diverse reti infrastrutturali (stradali, ferroviare, aeroportuali); • quindi imparare a lavorare nella transcalarità, sapendo anche accogliere la processualità e l’incertezza nel progetto, per stimolare processi di multi e transdiciplinarietà. Due proposte più specifiche, ma non per questo meno interessanti: • il progetto di infrastruttura può anche diventare progetto di radicale ripensamento di alcune strutture stradali esistenti restituite ad una fruzione non automobilistica; • con un discorso particolare merita di essere affrontato il problema professionale dei funzionari delle soprintendenze che, vista la mole e la gamma tipologica degli interventi da affrontare, si trovano ad avere difficoltà di aggiornamento e per i quali sarebbe probabilmente utile giungere ad una distinzione dei ruoli secondo le tipologie di intervento. In tal modo, sarebbe probabilmente possibile una specializzazione tra chi da un lato si dovrebbe occupare di grandi interventi sul territorio e sul paesaggio e chi, dall’altro, si dovrebbe concentrare su lavori a scala minore. La “ separazione delle carriere” darebbe quindi maggiori competenze in ambiti specifici.
Infrascape - infrastrutture e paesaggio. Dieci indirizzi per la qualità della progettazione In una scena chiave de “ I cento passi” , di Marco Tullio Giordana, il protagonista Peppino Impastato (che pagherà con la morte la sua lotta contro la cultura della mafia), parla del paesaggio come prodotto di una cultura più antica e più nobile, un’eredità da proteggere, un valore da difendere. Una nuova strada, un nuovo aeroporto, sono espressione di patti economici, inducono uno sviluppo illusorio. In realtà alterano e cancellano la bellezza del paesaggio. L’unica azione di qualità possibile è la conservazione: l’opposizione alle trasformazioni. Il cambiamento distrugge; finisce sempre, in fondo, per interpretare un’etica dubbia: “ per fare il gioco della mafia” . Non è facile contestare il sillogismo di Peppino Impastato. Se l’antico è il valore, la qualità è tutela. Il progetto di qualità toglie, piuttosto che aggiungere; recupera, restaura, reinterpreta. Oppure demolisce. Il dominio dell’heritage, è uno dei modi più usuali per interpretare la qualità in architettura e urbanistica. Equivale a intendere il progetto come pratica di continuo rammendo del testo storico dell’esistente e, in definitiva, la qualità come azione di tutela e di supporto alle politiche vincolistiche. Un secondo modo di intendere la qualità del progetto è quello della qualità normata, della qualità come requisito prestazionale: quello dei controlli, delle certificazioni ISO, della verifica di impatto. È quello che deriva dalle regole urbanistiche, dai codici, dai piani. La Legge Merloni e numerosi bandi di gare e concorsi fanno riferimento a que-
forma quello del progetto come figura mutevole, come meccanismo di generazione del risultato. La qualità dai confronti sembra rappresentare oggi una strategia che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e, in particolare, la DARC attua per superare la politica del vincolo e per la promozione della qualità dell’architettura e del paesaggio contemporaneo. La nuova legge per l’architettura contemporanea, la politica dei concorsi, lo stesso convegno di Bologna, sono l’espressione di tale filosofia. D’altra parte il ruolo della committenza
saggio. E per converso, ogni azione sul paesaggio va valutata per le sue ricadute nei processi di trasformazione dei territori e delle reti dei servizi pubblici. • Contestualizzazione delle reti Non è affatto scontato che si debbano considerare come invarianti i caratteri tecnico-funzionali delle opere infrastrutturali, ponendo successivamente il problema della mitigazione degli impatti avversi sul paesaggio. Va rimesso in discussione il principio di autodeterminazione settoriale dei caratteri progettuali delle nuove opere sulla base delle
frastrutture nel paesaggio Affermare l’esigenza di una nuova cultura progettuale per l’inserimento delle infrastrutture nel paesaggio invita ad elaborare una nuova estetica, che faccia percepire come valore la tensione esistente tra forme del passato e segni della contemporaneità, tra conservazione e mutamento. Un’estetica che contribuisce a rinnovare la percezione delle cose appiattita dall’abitudine, o dal permanere di canoni estetici rivolti al passato. Un’estetica capace di far apprezzare la nuova condizione dello spazio contempora-
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sto tipo di qualità per selezionare i progetti di intervento. Gli esiti di queste politiche sono spesso deludenti: raramente le strutture professionali più ISO-attrezzate hanno prodotto progetti eccellenti e quasi mai i piani che perseguono la qualità generano risultati apprezzabili. Non si tratta di una questione banale. Forse le regole non bastano a garantire la qualità, ma possono far chiarezza sui livelli minimi, creare condizioni di base più favorevoli per il suo sviluppo. La nostra tradizione ci insegna anche altre cose. Prendiamo un caso esemplare. Il Colosseo è probabilmente il monumento che più di ogni altro al mondo rappresenta il significato della storia nella città. La sua immagine appare fissa e immutabile attraverso i tempi. Esprime un’identità inconfondibile. L’archetipo della classicità. Eppure a uno sguardo ravvicinato è connotata da differenze e conflitti. Lo sperone dell’austriaco Stern (1807) fortifica il monumento nell’attimo del crollo. Il paramento lapideo che compone l’ordine della facciata romana viene epigrafato sul muraglione in mattoni di sostegno proprio nel momento della lesione e del distacco. La natura funzionale e moderna dell’intervento diventa esplicita proprio nel conflitto romantico con la dissoluzione del monumento. Dopo soli 30 anni, lo sperone del Valadier (1835), con l’atteggiamento progettuale opposto, ripristina la lacuna dell’anello esterno nella sua essenza strutturale. La ricostruisce con mattoni nuovi, come avrebbe potuto realizzarla l’architetto costruttore, ma senza rivestimento in pietra. Ciò che interessa in questa sede è che due modi così diversi e conflittuali (allo stesso tempo tra loro e con il fabbricato) di descrivere e di trasformare il senso del monumento siano presenti allo stesso tempo nello stesso contesto; e come riescano a rafforzarne il carattere e l’identità aggiungendo nuovi significati e nuovi immaginari. Proprio la qualità dai confronti è il terzo modo di intendere il tema. Dove, per confronto, si intende il dibattito culturale, la valutazione di punti di vista diversi, anche semplicemente il poter scegliere tra proposte differenti, tra visioni diverse dello sviluppo. In questa direzione spingono, per esempio, la politica dei concorsi di progettazione, la recente legge MBAC per l’architettura e l’urbanistica contemporanea e le stesse pratiche della pianificazione partecipata o concertata. Con un’immagine forse più innovativa e fertile, il concetto di qualità dai confronti può essere esteso a tutto quello che stabilisce una relazione diretta tra i progetti e le dinamiche dell’esistente; che riconosce la ragionevolezza e la legittimità delle alterazioni e degli stravolgimenti del senso del territorio storico indotti dal cambiamento degli stili di vita e dai nuovi paesaggi economici e sociali. In definitiva, come ciò che attribuisce valore alle dinamiche del variabile sostituendo progressivamente al tema del progetto come
Fotografia di Luciano Romano, tratta da: “ Atlante italiano 003” . istituzionale non può limitarsi alla definizione di un percorso procedurale e di una formula che offre garanzia di risultati di qualità. Per ottenere la qualità del risultato bisogna entrare nel merito, prendere una posizione con un programma non solo funzionale e quantitativo. In altri termini, per costruire il confronto, dal lato istituzionale, si deve anche istruire il confronto, assumere un punto di vista qualificato, tematizzare il cambiamento. Partendo da queste considerazioni il gruppo di ricerca INFRASCAPE – una rete tra diverse scuole europee di architettura coordinata da Alberto Clementi –, d’intesa con la DARC e la Società Italiana degli Urbanisti ha inteso proporre alla conferenza di Bologna un documento sulla qualità dei progetti infrastrutturali, come indirizzo condiviso per le azioni di governo e di gestione della politica di infrastrutturazione che il nostro Paese si avvia a condurre. • Importanza del paesaggio L’auspicata riconquista del paesaggio passa attraverso una più specifica considerazione del suo valore all’interno delle principali azioni che a diverso titolo investono il territorio e le città, dal livello regionale a quello comunale. Il riconoscimento di valore del paesaggio deve permeare in particolare la progettazione delle infrastrutture. Ogni azione sul territorio e sulle reti va intesa come intervento sul pae-
logiche interne alle reti e dei livelli di servizio prefigurati. Le opere infrastrutturali sono chiamate a interagire comunque con i contesti che attraversano. • Sostenibilità paesaggistica delle opere Il principio della valutazione preventiva degli effetti sul paesaggio costituisce il cardine di una nuova politica mirata a garantire la sostenibilità complessiva delle nuove opere infrastrutturali. L’attenzione al paesaggio dovrebbe venire incorporata fin dalla fase iniziale del processo di progettazione, facendo ricorso a specifiche competenze disciplinari e amministrative, ed estendendo al paesaggio il campo di applicazione delle procedure di VAS, valutazione ambientale strategica. • Progettazione sensibile ai valori del paesaggio Si chiede di trovare un ragionevole punto di equilibrio tra le logiche che pongono il territorio al servizio delle reti che lo attraversano, e quelle all’opposto che vorrebbero assoggettare le reti alle esigenze dei territori locali. Questo punto di equilibrio non può che essere l’esito di una sapiente cultura progettuale, disponibile a farsi carico delle interdipendenze tra le diverse esigenze economico-finanziarie, tecnologiche, funzionali, amministrative, ambientali, paesaggistiche e di consenso sociale, per individuare volta per volta le mediazioni più accettabili culturalmente e condivisibili socialmente. • Verso una nuova estetica delle in-
neo, dove l’esperienza del luogo è il prodotto di una tensione tra il qui e l’altrove, in un crescente processo di destabilizzazione del locale incorporato nell’ubiquità dei flussi globali veicolati dalle reti infrastrutturali. • Esperienza dell’attraversamento Si tratta di trasformare l’esperienza del transito in fonte di apprendimento dei valori tramandati e di quelli nuovi che si nascondono dietro l’apparente banalità delle forme che si addensano lungo i tracciati viari e ferroviari. A queste condizioni il progetto può contribuire all’affermazione di un nuovo paesaggio della mobilità, al cui interno si intrecciano opere infrastrutturali, sviluppi insediativi, configurazioni ambientali. • Esperienza del nodo C’è bisogno di andare oltre la concezione convenzionale dei nodi come attrezzature specializzate per il funzionamento delle reti. Si chiede al progetto di elaborare in positivo i fermenti di una nuova spazialità associata alle percorrenze aeree, ferroviarie, viarie utilizzando appieno il loro contributo vitale a una nuova organizzazione urbana fondata sull’uso allargato dell’intero territorio. Il progetto dei nodi va considerato a pieno titolo come un progetto urbano. • Contro la proliferazione normativa Occorre per quanto possibile accentuare le interferenze tra spazi delle reti e forme dei territori ur-
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bani, affidandosi al progetto di contesti piuttosto cha alla proliferazione di atti amministrativi che per decreto regolamentano standards e caratteri tecnico-funzionali delle opere con ricadute spesso inaccettabili per la qualità complessiva della progettazione del territorio. • Una programmazione efficace delle grandi opere Sono da sconsigliare le scorciatoie che affidano al progetto preliminare la valutazione della fattibilità tecnica ed economica dell’opera, rinviando al progetto definitivo il compito di approfondire la conoscenza degli impatti anche nel confronto con gli altri soggetti coinvolti. Al contrario, proprio nella sede del progetto preventivo dovrebbero essere messe a punto le scelte di impostazione non reversibili, dando maggiore credibilità alle stesse stime di costo e alle conseguenti strategie di finanza per l’attuazione. • Favorire la sperimentazione Si richiede alle istituzioni responsabili di avviare un programma sperimentale di progettazione delle infrastrutture all’insegna della compatibilità con il paesaggio, utilizzando a questo scopo tutte le risorse disponibili, con particolare riferimento al fondo di compensazione del 3% richiesto in sede di Conferenza Nazionale del Paesaggio ed effettivamente deliberato dal governo in carica. Mosè Ricci Società Italiana Urbanisti La legislazione dell’Emilia-Romagna per la riqualificazione urbana e paesaggistica Le politiche regionali per la riqualificazione delle città e del territorio extraurbano hanno preso avvio nel 1998 con la Legge 19 “ Norme in materia di riqualificazione urbana” , con l’obiettivo di agire sulle situazioni di degrado edilizio, ambientale e sociale che investono le aree urbanizzate, dando impulso a interventi complessi attraverso il coinvolgimento degli operatori pubblici e privati individuati con procedure concorsuali di evidenza pubblica. Con la programmazione della Legge 19/98 sono state assegnate risorse a 51 Comuni, tra cui tutti i capoluoghi e le città con oltre 30.000 abitanti; nel corso del 2003 sono stati sottoscritti gli accordi di programma per l’approvazione e l’avvio di 70 Programmi di riqualificazione, con cui si attivano finanziamenti regionali per circa 70 ml. di euro, oltre alle risorse locali stanziate dai soggetti pubblici e privati coinvolti, che assommano complessivamente ad oltre 700 ml. di euro. I P.R.U. avviati costituiscono un repertorio di situazioni assai diversificate, sia per le caratteristiche delle aree e degli immobili interessati dalla trasformazione, sia per i risultati attesi e le funzioni da insediare, sia per le procedure adottate in rapporto agli strumenti urbanistici locali. Nell’insieme si tratta di un’importante quota di territorio
urbanizzato, costituita da oltre 800 ettari di aree industriali dismesse, di ex ospedali o altre attrezzature pubbliche in disuso, come macelli, mercati, depositi, e ancora aree ferroviarie, stazioni e scali merci da delocalizzare, nonchè quartieri di edilizia residenziale pubblica da risanare. Aree spesso degradate, ma strategiche per le città, perché situate a ridosso dei centri storici o in prima periferia, perché costituiscono l’occasione per realizzare servizi e spazi pubblici mancanti e per insediare nuove funzioni compatibili con il tessuto urbano senza consumare nuovo territorio. Nel luglio 2002 è stata approvata una nuova legge, la 16, per il miglioramento della qualità architettonica e paesaggistica del territorio; con essa si affronta il tema della valorizzazione dei luoghi urbani, sia attraverso interventi di recupero delle preesistenze, sia mediante la promozione di opere di architettura contemporanea e l’eliminazione di edifici “ incongrui” rispetto al contesto. Il nuovo testo riforma la precedente disciplina sul recupero edilizio, urbanistico e ambientale degli insediamenti storici, promuovendo, oltre al recupero degli edifici di valore storico-artistico, anche il miglioramento della qualità architettonica dei centri urbani ed il ripristino dei valori paesaggistici. La nuova legge consente alla Regione di valutare le emergenze e i bisogni a livello territoriale, formulando programmi mirati a dare risposte incisive e di forte impatto culturale, idonei ad agevolare il reperimento di sponsor tra le istituzioni e gli organismi tradizionalmente operanti, anche attraverso processi di concertazione con i soggetti privati. Si rilancia lo strumento del piano di recupero, per intervenire su complessi edificati più limitati e caratterizzati rispetto a quelli oggetto dei programmi di riqualificazione urbana di cui alla LR19/98. I piani di recupero possono rappresentare lo strumento idoneo per una capillare azione di valorizzazione del territorio, e come tali devono essere concepiti, valutati ed incentivati, in modo distinto e complementare rispetto all’azione dei programmi di riqualificazione urbana. La tutela del territorio è perseguita anche attraverso una disciplina innovativa, volta ad agevolare e incentivare l’individuazione e l’eliminazione di opere che, pur essendo state realizzate legittimamente, vengano riconosciute come gravemente lesive del valore paesaggistico, ambientale, o architettonico dei luoghi. S’intende in questo modo dotare i Comuni di uno strumento efficace per risolvere le più evidenti e macroscopiche deturpazioni dei caratteri naturali e storici del territorio, sia coinvolgendo gli stessi proprietari delle opere, sia attraverso un intervento di iniziativa pubblica. L’individuazione delle opere incongrue sarà condotta in via primaria dai Comuni, secondo criteri generali definiti con un atto di indirizzo
regionale del marzo 2003; essa deve essere compiuta nell’ambito dei processi di pianificazione urbanistica e territoriale, così da garantire la partecipazione, la trasparenza e un’ampia condivisione dei processi decisionali, nell’ambito della collettività locale. Ulteriore obiettivo della nuova legge è di favorire lo sviluppo della cultura architettonica e urbanistica contemporanea, perseguendo anche in questo modo il risultato della tutela degli elementi e dei valori fondamentali del nostro territorio. È indispensabile rammentare il valore culturale dell’architettura e porre l’attenzione sul ruolo che essa svolge nella definizione dei contesti sociali e ambientali, nell’ambito di una corretta gestione del territorio. A tal fine la Legge prevede la possibilità di erogare contributi per l’espletamento di concorsi di idee o di progettazione, oltre che per interventi di riqualificazione architettonica e urbanistica degli spazi pubblici urbani, e per la progettazione e la realizzazione di opere valutate di rilevante interesse architettonico, in base a caratteri intrinseci dell’opera, alla rilevanza sociale o culturale dell’attività cui è destinata, o al valore storico-artistico e paesaggisticoambientale del contesto territoriale. La legge prevede inoltre la possibilità di incentivare l’inserimento di opere d’arte nell’ambito dei lavori di edificazione o di recupero di edifici pubblici, nonché le attività culturali o divulgative volte alla conoscenza del patrimonio architettonico storico e contemporaneo presente sul territorio regionale. Oltre
ai tipi di interventi già sopra richiamati in materia di recupero degli edifici di interesse storico-artistico, promozione della cultura architettonica ed eliminazione di opere incongrue, la legge dedica particolare attenzione alla manutenzione del patrimonio edilizio, attraverso la promozione di programmi integrati pubblico-privato. Nel corso del 2003 è stato emanato il primo bando per l’attuazione della Legge. Dotato di circa 12 ml. di euro di contributi, si propone di formare una graduatoria di interventi di durata triennale, sulla quale fare confluire ulteriori risorse nel periodo di validità. Alla scadenza prevista, alla fine dello scorso mese di novembre, sono stati presentati quasi 600 progetti da parte di soggetti pubblici e privati, per un importo complessivo di oltre 300 ml di euro. Nei prossimi mesi opererà il nucleo di valutazione regionale, con la consulenza di esperti delle università e di istituti di ricerca, utilizzando i criteri di selezione previsti dal bando: fattibilità economicofinanziaria, qualità architettonica, rilevanza dei contesti, finalità ed obiettivi sociali, urbanistici, territoriali. Piero Orlandi Assessorato programmazione territoriale - Regione Emilia-Romagna Le immagini che illustrano queste pagine sono tratte da Mobilitaly e Atlante italiano, due istallazioni realizzate dalla DARC all’interno del Teatro Manzoni, sede del Seminario.
Piero Bottoni a Capri Dal 13 al 23 settembre 2003 il Palazzo dei Congressi di Capri ha ospitato una mostra sulle opere che Piero Bottoni ha costruito nell’isola. La mostra, realizzata in occasione della ricorrenza del centenario della nascita e del trentennale della morte dell’architetto, è stata resa possibile grazie al contributo scientifico dell’Archivio Bottoni del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano che si è occupato anche della pubblicazione del volume a cura di Renzo Riboldazzi, Piero Bottoni a Capri. Architettura e paesaggio, 1958-1960, Ronca Editore, Cremona, 2003. Pubblichiamo un contributo di Giancarlo Cosenza che ha conosciuto e frequentato l’architetto milanese. Piero Bottoni vive a Milano nel centro decisionale del Paese in un periodo storico drammatico prima e dopo la seconda guerra mondiale. Costruisce la propria coerenza e la propria capacità assimilando la forza di alcuni maestri dell’architettura moderna europea, partecipando alla battaglia per una nuova società con l’esperienza e un impegno continuativo introducendo nella con-
dizione italiana valori innovativi. La guerra di liberazione e la volontà di operare nell’interesse collettivo lo portano a iscriversi al partito comunista e questa militanza carica di rigore morale e di fiducia dura tutta la vita. È così in grado di unire la propria competenza di architetto alla decisione di lavorare sui bisogni essenziali della classe operaia, in particolare, data la propria esperienza, nell’impostazione e progettazione dell’edilizia abitativa popolare. Qui la sua attività tra notevoli sforzi ed evidenti difficoltà si inserisce nella ricerca e nella realizzazione della prefabbricazione in edilizia con l’intervento pilota in Italia del QT8. La prefabbricazione diviene la centralità del suo impegno di decenni, un obiettivo politico e sociale mediante il quale operare culturalmente per un nuovo modo di costruire. Con Giuseppe Ciribili, teorico, autorità di spinta verso la normalizzazione degli elementi costruttivi e la loro modularità come premessa progettuale, Bottoni indica metodi costruttivi e sceglie processi tecnologici innovativi, programmi di industrializzazione fon-
e i silenzi. Scopre un arcaico anfratto demaniale sul costone meridionale dell’isola in un luogo quasi inaccessibile e a strapiombo sul mare aperto oltre il golfo di Napoli e con Luigi Cosenza riesce dopo una lunga pressione sul Comune e la locale Soprintendenza al paesaggio a ottenerlo in affitto. Allora a Capri esplode il suo interesse per questo ambiente; indica alla fine degli anni ‘60 i criteri per la redazione di un Piano regolatore dell’isola e interviene nel delicato recupero di alcuni edifici, progetta minime unità abitative. È importante per la figura di questo personaggio valutare come egli durante la vita di architetto e uomo politico sia attratto dai grandi temi del modo di costruire e nello stesso tempo del modo di vivere dell’uomo in ambito collettivo come nel privato. Così coinvolge la conoscenza di nuovi metodi del costruire e del porsi sul territorio, la prefabbricazione in edilizia e la pianificazione urbanistica e in contemporanea assorbe il valore dell’architettura come creazione, come percorso storico di assoluto rispetto. Bottoni si inserisce con un proprio ruolo consistente nell’esperienza moderna dell’architettura, nella frequentazione di quanti danno impulso originale a un tragitto in grado di modificare nel profondo la condizione umana uscita dalla tragedia di una guerra perduta, un percorso corretto per innovare i sistemi costruttivi come l’inserimento giusto in un ambiente riqualificato. Così Milano come Capri rappresentano l’unità di un pensiero attento ed entusiasta, la politica di un comunista polemico e l’amicizia fraterna, rivelando uno slancio verso la libertà intuita e l’affetto per l’altro. Questo è Piero Bottoni, per chi più giovane lo ricorda; vi è un senso di rispetto per il compagno, l’architetto affermato e anche una solidarietà per il lieve eccesso con il quale pone la propria precisa posizione di intellettuale progressista. Anche per la forza dell’utopia da lui espressa con convinzione. Giancarlo Cosenza
Piero Bottoni con il leone di Luigi Cosenza sulla terrazza dello studio Cosenza a Napoli negli anni ‘50.
Il teatro ricreato Il 14 dicembre 2003 ha riaperto il Teatro della Fenice a Venezia dopo il tragico incendio del 26 gennaio 1996. Sono passati quasi sette anni e dall’esterno sembra il risultato di un lavoro iniziato e concluso dove ognuno ha fatto la sua parte, proprio come diceva Aldo Rossi “ L’architettura è fatta di tante cose, e vi lavorano tante persone; forse il teatro è l’espressione più convincente di tutto questo. L’archi-
struito com’era ma con qualcosa in più laddove l’occasione e l’architetto si incontreranno. Ecco che, oltre alla previsione e all’esecuzione del grande lavoro di ricostruzione e ridefinizione tecnologico-tipologica, Rossi trova il progetto confrontandosi direttamente con la storia e un altro grande architetto, Palladio. Immagina per la cosiddetta Ala sud del teatro una sala prove, (dopo la sua morte
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Aldo Rossi, Progetto per la ricostruzione del Teatro “ La Fenice” , Venezia 1997, sezione longitudinale. tetto è solo il regista di questo insieme” . Ritrovato e non ricostruito perché nel ritrovare vi è un senso di continuità, del tempo e della storia, che ironicamente mette a nudo i limit i prat ici e concet t uali del “ com’era e dov’era” , motto guida del concorso di progettazione. Lo stesso Rossi dichiarò fin dall’inizio la possibilità di ri-costruire dov’era ma non com’era; uno slogan quest’ultimo semplificatore che serve per di più ad esorcizzare la paura che tutto non potrà più essere come prima e a tranquillizzare i non addetti ai lavori. È in questo progetto, iniziato da Rossi e portato a termine dal suo studio, che si comprende meglio il senso della volontà di partecipare a questo lavoro non per ricostruire il teatro distrutto bensì per ridare a Venezia un monumento importante, ricreare per ritrovare lungo il filo della storia quello che c’era e quello che non ci potrà più essere, perché il tempo non ha interruzioni ma solo soluzioni di continuità. Quella continuità che Rossi ci illustra nel pensiero-disegno (a mo’ di pellicola) del grande schizzo preparatorio di progetto, dove in una sequenza “ sezioni-prospetto” vi è tutto il mondo del teatro e tutti i luoghi di quest’architettura complessa come fosse un frammento della città stessa. Nel disegno (lungo quasi quattro metri tutto a penna e colori) è come se tra le righe si annunciasse un programma di lavoro sulle diverse parti della fabbrica, con modi e gradi di libertà progettuale diversi; infatti, ogni luogo corrisponde a un tema progettuale: Sale apollinee, ricostruzione e completamento; Cavea teatrale, ricostruzione filologica; Torre scenica, ricostruzione ed ammodernamento tecnico; Ala nord, ridefinizione tipologica; Ala sud, ridefinizione tipologica e trasformazione. Nell’idea di progetto di Rossi è tutto chiaro, il teatro sarà rico-
verrà intitolata Sala Rossi), con il fondo scena costruito dal modellino in scala 1/3 della facciata palladiana della basilica di Vicenza. La stessa fatica accomuna Rossi e Palladio nella costruzione metaforica di un mondo-paesaggio dentro l’edificio, se vogliamo ancora una volta di quella continuità tra interno ed esterno che l’architetto è in grado di costruire dall’interno della disciplina. Rossi nel 1996 faceva riferimento al teatro della Fenice come se fosse un Ritratto di famiglia in un interno e credo, al di là di ogni retorica disciplinare, che oggi questo ritratto sia stato ricostruito ma non esattamente uguale, perché il com’era del tempo sfugge all’architetto che forse vive meglio dentro il pensiero di James: ” di Venezia non vi è più nulla da dire” . Francesco Fallavollita
Aldo Rossi, Progetto per la ricostruzione del Teatro “ La Fenice” , Venezia 1997, Sala Rossi, frammento ligneo della Basilica Palladiana.
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dati su premesse economiche e sociali evolute, imposta criteri di pianificazione per la ristrutturazione urbanistica del territorio data la dimensione delle attività necessarie a causa delle distruzioni belliche. Sono gli importanti anni ‘40. Con Le Corbusier, Ernesto Rogers e Ludovico Belgioiso, con Luigi Peressutti, Gabriele Mucchi, nelle manifestazioni europee di enorme energia culturale come i Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM) si batte per nuovi sistemi di produzione. Con Luigi Cosenza collega l’attività del QT8 milanese al Quartiere sperimentale di Torre Ranieri a Napoli. Una lunga lotta significativa nonostante resti priva negli anni successivi di un’effettiva conquista di innovativi processi produttivi per la presenza di un potere consolidato, del tutto interessato a lavorare con “ acqua e fango” dove l’utile imprenditoriale ha dimensioni maggiori. È un’esperienza culturale di punta la sua, un riferimento all’imponente sollecitazione europea, in paesi dove le esperienze industriali di settore consentono l’uso della prefabbricazione in grande scala. Bottoni è un uomo vivo e intelligente capace di relazioni continue e profonde, di un’amicizia costruttiva, ma anche di una critica acuta per i limiti politici e culturali nella presa di coscienza degli interventi a dimensione ampia sul territorio. Partecipa all’impostazione di alcuni piani urbanistici (Piano regolatore di Siena), alla progettazione architettonica, costruendo una rete di rapporti con gli amici più cari per rappresentare obiettivi forti nella fase di trasformazione economica e politica di quegli anni. Anni dopo in un comune ricordo delle proprie battaglie Luigi Cosenza gli scrive: “ UIA, CIAM, INU, APAO, SEC sono ormai lapidi funerarie dei nostri sogni e delle nostre aspirazioni” . La conoscenza di Capri in occasione di alcune sue presenze napoletane lo esalta in modo straordinario, ne scopre i luoghi più solitari: il paesaggio e la sua vigorosa struttura orografica, l’architettura di esplicita valenza mediterranea, i colori
Conversazioni a cura di Antonio Borghi
Intervista a John Foot • John Foot, docente di storia contemporanea nel dipartimento di italiano dell’University College of London, è l’autore di Milan since the miracle. City, Culture and Identity, un ampio saggio sulla Milano del secondo dopoguerra (“AL” 7/8, 2002) pubblicato in Italia da Feltrinelli col titolo di Milano dopo il miracolo. Bio-
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grafia di una città. L’approccio è multidisciplinare e tratteggia un’analisi descrittiva delle varie parti della città da cui scaturiscono molte domande. Gli spazi collettivi tradizionali – strade, piazze e mercati – sono morti o semplicemente inutili? • È difficile generalizzare ma possiamo dire che negli ultimi 50 anni Milano ha avuto un’evoluzione dal collettivo all’individuale che si riflette nell’uso degli spazi pubblici. Le piazze vengono attraversate e non adoperate per sostare, mentre in provincia la situazione è diversa. In una battuta: gli spazi pubblici di Milano sono obsoleti rispetto alla cultura che si è affermata. • Si può arginare l’abbandono degli spazi pubblici attraverso una progettazione di qualità come, almeno negli intenti, si è cercato di fare di recente? • Forse è vero che alcuni nuovi spazi pubblici milanesi sono stati progettati male e questo ha peggiorato la situazione, ma non è il problema principale. L’uso di uno spazio non dipende dalla sua qualità architettonica, ma dagli usi e costumi della società. Milano è una città dove il lavoro è individuale e per questo c’è sempre meno bisogno di spazi pubblici. Se la gente scende in piazza lo fa per questioni molto precise e corporative. I parchi, sì, rimangono importanti, ma non le piazze e comunque non è la qualità architettonica di questi spazi a renderli vitali. Ci può essere uno spazio deserto progettato benissimo mentre un parco fatto male può essere usato moltissimo. • È possibile ricostruire una comunità attraverso nuovi progetti e politiche urbane? • Questa era un’idea molto forte nell’architettura degli anni ‘50, basta guardare il quartiere Comasina dove la chiesa e i servizi sociali erano al
centro di una comunità formata da operai, artigiani, impiegati, giovani e anziani in una città autosufficiente. Un esperimento che ha avuto un certo successo, tuttavia oggi il 90% delle residenze sono unifamiliari o condomini dove la sera ci si chiude. In fondo credo che la gente sia contenta così, non si vede alcuna rivolta contro questo stile di vita. Vogliono scendere con i cani e rientrare subito a casa perché la città è vista come fonte di pericolo. Così gli spazi pubblici restano abbandonati e più restano abbandonati più sembrano pericolosi. • Questo succede soprattutto nella cosiddetta periferia, ma che cosa significa oggi il termine periferia? • Nel modo di affrontare le periferie ci sono troppi stereotipi – vedi le polemiche su Ponte Lambro o Rozzano –; non si parla mai della periferia del ceto medio. Rozzano in realtà è un posto tranquillo, ma se ne parla solo se uno ammazza quattro persone. Come ho cercato di raccontare in un capitolo del mio libro, credo che esistano molte periferie che corrispondono a diversi spazi e stili di vita, soprattutto a Milano. Ci sono posti in provincia che sono veri e propri luoghi urbani dove anche gli spazi pubblici sono molto vissuti. Poi ci sono i grandi complessi dell’edilizia economica e popolare, con la quale si identifica comunemente la connotazione negativa del termine periferia; poi abbiamo le distese di case del ceto medio. Se vai a Pero o a Sesto San Giovanni ti sembra di stare in un villaggio con la piazza animata e un’atmosfera diversa da quella di Milano. La periferia è una cosa molto complessa con realtà molto diversificate tra loro: non è solo fuori dalla città: può essere anche in centro. Non è una caratteristica fisica e non se ne può dare un’unica definizione: nel mio lavoro cerco di decostruirla per comprenderla meglio e poi ricomporla come un mosaico. Bisogna smettere di pensare che esista un modello di città ideale, dove tutti vanno in giro lasciando la porta aperta perché questo modello è falso e non aiuta a capire. Io guardo la città senza confrontarla con un ideale e ne osservo porzioni molto piccole cercando di descriverle con esattezza. Alcune parti sono il Bronx, altre sono bellissime e la storia di questi posti non è ancora stata scritta. • Tra le fonti citate nel suo libro ci sono molti lavori di architetti e urbanisti dell’area milanese, approfondimenti di questioni urbanistiche che spesso restano chiusi nei circuiti dell’accademia. Qual è il suo rapporto con l’architettura e l’urbanistica e, in generale, come giudica la relazione tra queste aree disciplinari? • Purtroppo non c’è abbastanza dialogo tra storici, sociologi e architetti. Il lavoro fatto da architetti e urbanisti in Italia è straordinariamente ricco, molto più avanzato nell’analisi della città rispetto a quello degli storici. I migliori lavori sulla storia della città sono stati fatti da architetti. Prendiamo ad esempio Consonni e Tonon: il loro lavoro sulla campagna e sulla sua erosione da parte della città
è bellissimo e stranamente non ha avuto grande eco. Hanno scritto la storia della città e non solo dal punto di vista architettonico. Anche a proposito del cambiamento degli usi della città – nella descrizione della cosiddetta città diffusa – gli architetti sono molto avanti, più degli storici e dei geografi. Il lavoro di Boeri, Marini e Lanzani su Milano – spesso citato, ma forse poco letto – ha colto molti dei cambiamenti che sono avvenuti nello spazio urbano e che sono importantissimi per capire cos’è oggi la città, facendo uso di strumenti quali fotografia, antropologia, video, ecc. Ho imparato molto da architetti e urbanisti, tra i quali del resto non vedo molta differenza. • Si parla molto del calo della popolazione residente in parte compensata dall’arrivo di extracomunitari. Da qualche tempo pare che anche questi ultimi inizino a calare. Come interpreta questo fenomeno? Èun problema o una risorsa per la città? • Innanzitutto mi chiedo dove sono andati. Qualcuno lo sa? Mi piacerebbe saperlo. Sono andati a vivere in campagna o in periferia? In altre città italiane o in Islanda? In ogni caso di per sé non è un problema. Milano ha avuto una grande espansione negli anni ‘60 e ‘70, ma prima si attestava attorno al milione di abitanti. Se tutti vanno ad abitare nell’hinterland e continuano a usare Milano, questo sì è un disastro ecologico. Gli immigrati sono tanti e la tendenza resta in crescita. Un fenomeno che deve essere analizzato, ma Milano ha la capacità di essere più veloce degli studi che se ne occupano. Prima di tutto bisogna capire bene cosa fanno gli immigrati, dove abitano e quale settore della società occupano. Un settore certamente dinamico perché – anche se non esistono cifre esatte – sappiamo che circa metà delle nuove imprese sono create da loro. Il cambiamento è evidente in una città che sempre di più si regge su queste persone che fanno tutti i lavori che gli italiani non vogliono più fare, com’è successo a Londra e in tutte le metropoli occidentali. • Milano si candidava fino a qualche anno fa a diventare la prima metropoli al mondo con un’auto pro capite – contro lo 0,4-0,7 di Parigi, Londra, Barcellona o Francoforte – con conseguenze disastrose per l’ambiente. Le pare che si stia proseguendo su questa strada o che siano state prese adeguate contromisure? • La mia teoria è che si tratta di un problema antropologico e culturale. Il cittadino oggi vuole usare la macchina, pensa di averne il diritto e la ritiene necessaria. Finché si continuerà a pensare in questo modo e ci saranno un milione di macchine in città il problema non potrà essere risolto. Certo, ci sono strategie di pressione come la chiusura del centro – che personalmente non condivido – e non è nemmeno una questione di trasporto pubblico, perché la rete di Milano è ottima, meglio che a Londra, e il biglietto ha un costo contenuto. Il fatto è che ci sono troppe macchine. Nei dibattiti si dice che mancano i par-
cheggi, ma finché tutti usano la macchina non saranno mai abbastanza. Se sovrapponiamo su Milano tutte le auto in circolazione si vede che non c’è abbastanza spazio. Viviamo in una fase in cui la macchina domina tutto, una questione che non si poneva negli anni ‘50 e che forse sarà superata tra cinquant’anni. • A Londra si pagano 5 sterline per accedere al “centro” e questa misura sembra aver ridotto il traffico e i tempi di percorrenza non solo all’interno di questa area, ma anche nelle zone limitrofe. Suggerirebbe una misura analoga anche per Milano? • A Londra 10 anni fa c’erano molto meno macchine, mentre oggi è quasi come Milano. Il ticket ha funzionato bene all’inizio, riducendo di colpo il traffico del 30%, ma ora risale piano piano e tutti pagano. I sindaci sono molto favorevoli a questa misura. Ufficialmente perché riduce il traffico, ma in realtà perché porta un sacco di soldi nelle casse, una nuova tassa che non ha un rapporto diretto col reddito. Penso che il ticket sia una delle soluzioni possibili anche per Milano dove però si dovrebbe mettere la barriera più esterna. C’è la mania del centro, tutti si preoccupano del centro, mentre il disastro del traffico a Milano è in circonvallazione. • Fino a qualche decennio fa le corti milanesi erano piene di bambini che giocavano, oggi sono deserte o destinate a parcheggio. Come ci si può riappropriare di questi spazi? • Un fenomeno che mi interessa molto, infatti sto girando un video su una casa di ringhiera a Bovisa. Le corti sono spazi pubblici straordinari e nascosti come si usa a Milano. Erano piene di bambini fino agli anni ‘50’60 e ora sono piene di garage e motorini e i bambini sono chiusi in casa. Primo perché la società è cambiata, poi perché la città è un pericolo, soprattutto per i bambini e così anche le case sono cambiate, sono state privatizzate e sono piene di cancelli e barriere. I bambini degli anni ’50 sono stati molto fortunati perché oltre alle corti avevano ancora i campi dove giocare liberamente. Questo non fa più parte della cultura d’oggi, i bambini, ad esempio, non vanno più a scuola da soli. Se le corti non sono più usate non dipende dall’architettura. Questi spazi erano una specie di teatro, col necessario controllo sociale, mentre adesso c’è il silenzio. Un altro problema di questa città è la sua mentalità antimoderna, dove ogni nuovo progetto viene aspramente criticato solo perché è nuovo. Con questa mentalità non si fa niente di buono, solo architettura alla Prince Charles. In realtà Milano ha un grande patrimonio sconosciuto di architettura moderna e contemporanea. A Chicago fanno bei itinerari per chi visita gli edifici moderni, a Milano questo manca. • Grazie per il suggerimento, ma questo non è del tutto vero perché l’Urban Center organizza interessanti e gratuite visite alla Milano contemporanea e anche la Fondazione dell’Ordine di Milano si sta attrezzando!
Legislazione a cura di Walter Fumagalli
Nonostante alcune modifiche operate “ in corsa” con la Legge 1° agosto 2002 n. 166 la Corte costituzionale, così come era stato previsto nel commento apparso sul n. 3/2002 di “ AL” , ha dovuto pronunciarsi su numerose questioni di costituzionalità sollevate da alcune regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, in merito alla disciplina della realizzazione delle cosiddette infrastrutture strategiche e di alcune tipologie di interventi edilizi contenuta nella Legge 21 dicembre 2001 n. 443 e nei successivi decreti delegati. Come era prevedibile, infatti, questi enti avevano eccepito l’illegittimità costituzionale di alcune delle norme di cui si tratta sostenendo, tra l’altro, che lo Stato nell’emanarle avrebbe invaso la potestà legislativa loro conferita dall’Articolo 117 della Costituzione il quale, dopo aver affermato solennemente che “ la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni” , reca un elenco delle materie la cui disciplina è riservata esclusivamente allo Stato, e un elenco delle materie la cui disciplina è disposta dalle regioni, ma nel rispetto dei princìpi e dei criteri stabiliti dallo Stato (c.d. potestà legislativa concorrente), lasciando tutte le altre materie non espressamente indicate alla potestà esclusiva delle regioni. La Corte costituzionale ha affrontato il problema con una sentenza – la n. 303 del 1° ottobre 2003 – di grande interesse, non solo perché riguarda argomenti fondamentali per lo sviluppo del Paese, ma anche perché con essa il giudice costituzionale si pronuncia sui delicatissimi aspetti della riforma del titolo V della Costituzione. Sotto questo profilo, secondo la Corte, si doveva innanzitutto “ appurare se il legislatore nazionale (nel dettare la disciplina delle opere strategiche n.d.r.) abbia titolo per assumere e regolare l’esercizio di funzioni amministrative su materie in relazione alle quali esso non vanti una potestà legislativa esclusiva, ma solo una potestà concorrente” .
Nel far ciò, la Corte si è basata sul presupposto secondo cui “ la mancata inclusione dei ‘lavori pubblici’ nella elencazione dell’Art. 117 Cost., diversamente da quanto sostenuto in numerosi ricorsi, non implica che essi siano oggetto di una potestà legislativa residuale delle Regioni, al contrario, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale si riferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potestà legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti” . Tale affermazione, in concreto, aggiunge virtualmente alle materie elencate dall’Articolo 117 della Costituzione una materia – quella dei lavori pubblici – che potremmo definire “ fluttuante” , nel senso che può di volta in volta rientrare nell’elenco delle materie di competenza statale esclusiva o in quella concorrente a seconda “ dell’oggetto al quale afferiscono” , ovvero, par di capire, a seconda dell’importanza e della portata del singolo “ lavoro pubblico” . Su tali presupposti, le conclusioni cui è pervenuta la Corte smentiscono le tesi di quelle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano le quali ritenevano che l’entrata in vigore del nuovo Articolo 117 della Costituzione avesse definitivamente precluso allo Stato la possibilità di dettare regole (sia di dettaglio che di principio) nelle materie ivi non espressamente elencate (quale, appunto, quella sui lavori pubblici). La Corte Costituzionale, infatti, ha affermato che “ limitare l’attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei princìpi nelle materie di potestà concorrente (...) significherebbe bensì circondare le competenze legislative delle Regioni di garanzie ferree, ma vorrebbe anche dire svalutare oltre misura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione delle competenze” . Dal punto di vista tecnico-giuridico, secondo la Corte tale deroga può essere legittimamente effettuata tenendo conto del fatto che l’Articolo 118, primo comma, della Costituzione, stabilisce che “ le fun-
zioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” . In base a questa regola, le funzioni amministrative per perseguire un interesse pubblico sono di norma attribuite ai Comuni, cioè a quegli enti che sono più “ vicini” al cittadino e che da questa posizione sono in grado di coglierne e soddisfarne al meglio le esigenze. Non sempre, tuttavia, l’interesse dei cittadini corrisponde solo a quello dei residenti in un certo comune (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di un acquedotto o allo svolgimento di un servizio di trasporto pubblico su gomma), ma si estende ad un ambito territoriale più vasto. In questi casi il perseguimento dell’interesse pubblico da parte dei comuni interessati può essere assai difficoltoso (si pensi a quanto tempo e a quante energie si dovrebbero impiegare per raggiungere un accordo tra tutti i comuni interessati circa le modalità di costruzione di un’opera quale l’acquedotto prima portato ad esempio), ragion per cui la funzione amministrativa, essendone necessario un esercizio unitario, compete agli enti di livello superiore, cioè alla provincia, alla regione, fino allo Stato a seconda della dimensione e della complessità dell’opera. Identico discorso deve farsi per le funzioni amministrative regionali. Quando un interesse pubblico non può essere soddisfatto da una regione nell’esercizio delle proprie funzioni amministrative (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di una tratta ferroviaria ad alta velocità che collega fra loro numerose aree del Paese), lo Stato provvede al posto della o delle regioni interessate, facendosi carico delle funzioni amministrative ad esse attribuite ai sensi dell’Articolo 118 per assicurarne l’esercizio unitario. Una volta stabilito che, nelle materie di competenza legislativa statale esclusiva e concorrente, la legge può attribuire allo Stato funzioni amministrative anche nelle materie che normalmente sono attribuite alle regioni, secondo la Corte costituzionale deve essere riconosciuta allo Stato anche la potestà legislativa per regolamentare
anche l’esercizio di tali funzioni, e ciò in deroga al riparto della competenza legislativa stabilito dall’Articolo 117 della Costituzione. Tuttavia, proprio perché si tratta di una deroga, secondo la Corte essa è possibile soltanto a tre condizioni: • che la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni amministrative regionali da parte dello Stato sia proporzionata e non risulti affetta da irragionevolezza; • che tale valutazione sia condotta dallo Stato e dalla regione (o dalle regioni) interessata in collaborazione tra loro, in applicazione del principio di lealtà; • che la decisione di affidare l’esercizio di una funzione amministrativa regionale allo Stato (conseguente alla valutazione di cui sopra) sia oggetto di un accordo sancito tra le due parti sulla base del principio dell’intesa. Sulla base di questi criteri, la Corte è passata ad esaminare le singole eccezioni di incostituzionalità di alcune norme delle leggi e dei decreti sulla realizzazione delle inf rast rut t ure st rat egiche, accogliendone alcune e dichiarando l’infondatezza di altre. Tra queste ultime ne vengono in rilievo due, l’una attinente alle infrastrutture strategiche, l’altra al regime degli interventi edilizi. Per quanto riguarda la prima, le ricorrenti avevano eccepito l’illegittimità costituzionale dell’Articolo 1.1 della Legge n. 443/2001 (che attribuisce al Governo il compito di individuare le infrastrutture di interesse strategico per il Paese, previa intesa con le Regioni), sostenendo che la materia dei lavori pubblici di interesse nazionale, non essendo contemplata negli elenchi dell’Articolo 117 della Costituzione, non sarebbe ascrivibile alla potestà legislativa dello Stato. La Corte, in ottemperanza ai princìpi sopra descritti, ha ritenuto non fondata l’eccezione affermando che la norma in questione non configura una lesione della potestà legislativa delle Regioni, bensì un esempio di applicazione dei princìpi di sussidiarietà ed adeguatezza da parte dello Stato. L’Articolo 1.1, infatti, pur attribuendo al Governo il compito di individuare unilateralmente le infrastrutture strategiche da realizzare, prevede che tale individuazione “ (...) nel rispetto delle attri-
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La legge Lunardi è costituzionale, ma il governo non lo sapeva
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buzioni costituzionali delle regioni (...) è operata d’intesa con (...) le regioni o le province autonome interessate (...)” . Da tale previsione, ad avviso della Corte, si possono trarre due considerazioni: • la necessità di sottoscrivere un’intesa è la chiara dimostrazione che la norma in esame è rispettosa dei princìpi costituzionali di sussidiarietà ed adeguatezza; • la sottoscrizione dell’intesa, indipendentemente dal momento in cui interviene, è la condizione indispensabile per attribuire efficacia vincolante per le regioni alle regole dettate dallo Stato in materia di infrastrutture strategiche, Nel caso in cui lo Stato abbia già posto in essere tale attività, dunque, essa non vincola le regioni fino al momento in cui l’intesa venga raggiunta. A fronte di ciò, l’individuazione delle infrastrutture strategiche effettuata dal Governo con le delibera del C.I.P.E. in data 21 dicembre 2001, ai sensi della Legge Lunardi, non può considerarsi operativa e vincolante nei confronti delle regioni interessate fino al momento in cui esse non sottoscrivano un’intesa con lo Stato per la loro realizzazione. Per quanto riguarda la seconda questione di incostituzionalità, le ricorrenti avevano censurato i commi da 6 a 12 dell’Articolo 1 della Legge n. 443/2001 (che ampliano il novero degli interventi edilizi realizzabili tramite la presentazione di una D.I.A.) sostenendo che essi: riguardano la materia dell’edilizia, che è una materia riservata alla competenza esclusiva delle regioni; e che, comunque, costituiscono una normativa di dettaglio dettata nel settore del governo del territorio, materia nella quale – essendo riservata alla competenza concorrente – lo Stato può solo dettare dei princìpi. A tali eccezioni la Corte Costituzionale ha replicato affermando che: • la materia dei titoli abilitativi ad edificare fa parte della materia “ urbanistica” , la quale rientra nella nozione di “ governo del territorio” esplicitamente attribuita alla competenza legislativa concorrente; • le norme contenute nella Legge n. 443/2001 non costituiscono disposizioni di dettaglio, bensì di principio, in quanto “ integrano il
proprium di un nuovo principio dell’urbanistica” , ravvisabile nella possibilità, in determinati casi, di procedere con D.I.A. in luogo del permesso di costruire” . Le eccezioni di incostituzionalità accolte, infine, riguardano: • l’ Art icolo 1.3 della Legge n. 443/2001, il quale autorizzava il Governo a integrare e modificare il regolamento di attuazione della legge sui lavori pubblici (D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554); • l’Articolo 1.3 bis della Legge n. 443/2001 che, nel prevedere la possibilità per il Presidente del Consiglio di approvare, con proprio decreto, i progetti definitivi delle infrastrutture strategiche sentito il CIPE integrato dai presidenti delle regioni, non costituiva più per queste ultime una sufficiente garanzia per far valere la propria posizione; • l’Articolo 15, commi 1, 2, 3 e 4 del Decreto Legislativo 20 agosto 2002, n. 190 i quali autorizzavano il Governo a modificare i regolamenti emessi ai sensi della Legge quadro sui lavori pubblici (c.d. Legge Merloni) per adattarli alle norme in materia di infrastrutture strategiche; • l’Articolo 19, comma 2, del Decreto Legislativo 20 agosto 2002, n. 190 nella parte in cui non prevede, per le infrastrutture strategiche, per le quali sia stato riconosciuto un concorrente interesse di una regione o di una provincia autonoma, che la commissione per la V.I.A. sia integrata da componenti designati da questi enti; • l’intero Decreto Legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (riguardante le infrastrutture di telecomunicazioni strategiche), in quanto il Governo, nell’emanarlo ha ecceduto i limiti della delega attribuitagli dalla Legge n. 443/2001. Emanuele Ratto
Opere di urbanizzazione a scomputo: ancora un siluro contro la legge italiana Ormai sembra proprio diventato un tiro al bersaglio: la Corte Costituzionale ha appena finito di annullare alcune disposizioni della
Legge Lunardi e qualche decreto attuativo della stessa, ponendo fra l’altro le basi perché molti dei provvedimenti esecutivi di tale legge vengano censurati davanti al giudice amministrativo, e subito la Commissione europea contesta allo Stato italiano che diverse disposizioni introdotte dalla Legge n. 166 del 1° agosto 2002 in tema di lavori pubblici sarebbero in contrasto con le norme europee che governano la materia. Ma la cosa che più sconcerta è apprendere che, a fronte di tali contestazioni, le Autorità italiane non sono riuscite ad imbastire argomentazioni dignitose a difesa di tale legge, come se fossero rassegnate a riconoscere che, tutto sommato, le accuse provenienti da Bruxelles non siano poi così infondate. Forse chi è abituato a lanciare proclami che annunciano l’imminente realizzazione di importanti opere pubbliche, dovrebbe incominciare ad abituarsi a fare i conti con la dura realtà, che per fortuna costringe ancora i pubblici amministratori a rispettare la legge, ed il legislatore a rispettare sia le regole sancite dalla Costituzione, sia quelle fissate dalle normative comunitarie. La normativa contestata Tra le disposizioni censurate dalla Commissione europea vi è l’Articolo 7 della citata Legge n. 166/2002, il quale ha introdotto svariate modifiche alla “ Legge Merloni” 11 febbraio 1994 n. 109, riscrivendone fra l’altro l’Articolo 2 che delimita il campo di applicazione della stessa. Gli strali della Commissione sono caduti in particolare sul quinto comma del nuovo testo del citato Articolo 2, il quale oggi stabilisce quanto segue: “ le disposizioni della presente legge non si applicano agli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitativi all’attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui al quinto comma dell’Articolo 28 della Legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, o di quanto agli interventi assimilabile; per le singole opere di importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla citata direttiva 93/37/CEE” .
A parte certe espressioni davvero poco chiare, questa norma stabilisce in sostanza che i privati cittadini autorizzati a realizzare opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri di urbanizzazione, nonostante che a tal fine utilizzino almeno indirettamente denaro del Comune, possono scegliere l’esecutore senza rispettare le disposizioni che la “ Legge Merloni” detta per la scelta degli appaltatori dei lavori pubblici. Questo, fermo restando che se il valore di una o più delle singole opere realizzate a scomputo supera la soglia comunitaria di 5 milioni di euro, nella scelta dell’appaltatore i privati sono comunque obbligati a rispettare le regole sancite in materia dalle direttive europee vigenti in tema di appalti di lavori pubblici. La contestazione della commissione europea La Commissione europea si è detta convinta che questa disposizione si ponga in contrasto con le vigenti disposizioni comunitarie da due punti di vista. In proposito essa muove anzitutto da un presupposto comune ad entrambe le censure, vale a dire quello secondo cui “ la realizzazione diretta di un’opera pubblica, segnatamente di un’opera di urbanizzazione, da parte del titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, costituisce un appalto pubblico di lavori ai sensi dell’ Art icolo 1 della diret t iva 93/37/CEE” , ed a tal fine richiama la decisione C-399/98, con cui la Corte di Giustizia delle Comunità Europee aveva deciso la controversia relativa alla realizzazione del nuovo Teatro degli Arcimboldi di Milano. Dato per scontato questo principio, dal primo punto di vista la Commissione ricorda che la stessa Corte di Giustizia ha più volte sancito la regola per cui, nel caso di lavori o di servizi pubblici di importo inferiore alla soglia fissata di volta in volta per l’applicazione delle direttive comunitarie, i soggetti aggiudicatori pur essendo esentati dal rispettare dette direttive non sono però liberi di operare come meglio aggrada loro, ma sono comunque tenuti a rispettare le regole sancite dal Trat-
Le obiezioni delle autorità italiane La Commissione ricorda che le Autorità italiane, avvertite in data 12 aprile 2002 dei dubbi maturati dalla Commissione stessa in merito alla regolarità della disciplina in esame, il successivo 27 giugno 2002 hanno obiettato sottolineando “ la complessità della problematica ad essa sottesa e la sua stretta connessione con la disciplina urbanistica” , dichiarando al contempo “ che è in corso lo studio di normative specifiche dirette a coniugare il rispetto delle norme e princìpi comunitari con una serie di esigenze connesse al governo del territorio” , e asserendo infine che la disciplina in contestazione va considerata “ una forma interinale, in attesa di riconfigurare l’intero processo di programmazione e pianificazione delle iniziative inerenti al governo del territorio” . La replica della commissione A fronte di queste obiezioni, la Commissione europea ha avuto facile gioco a replicare che “ l’eventuale carattere interinale della disciplina in questione non ne fa certamente venir meno l’illegittimità sotto i profili sopra ricordati e che, peraltro, tale disciplina non ha affatto carattere transitorio” . Alcune riflessioni Al di là delle inconsistenti obiezioni svolte dalle Autorità italiane, i rilievi sollevati dalla Commissione europea inducono ad alcune riflessioni. Anzitutto va ricordato che la Commissione di giustizia, allorquando con la decisione C-399/98 è giunta alla conclusione che la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo di concessione costituisce un appalto pubblico di lavori ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 93/37/CEE, ha sostanzialmente recepito una pronuncia del Tribunale Amministrativo per la Lombardia che è stata poi travolta dalla decisione del Consiglio di Stato in sede d’appello: resta quindi da vedere se questo assunto reggerà ad una nuova verifica della magistratura italiana. Resta altresì da vedere se il parere della Commissione, che espressamente richiama il regime giuridico delineato dalla Legge n. 10/1977 (il quale configura la realizzazione di opere di urbanizzazione come forma di pagamento degli oneri di urbanizzazione), reggerà alla
luce della disciplina delle convenzioni di lottizzazione dettata, in Lombardia, dall’Articolo 12 della Legge Regionale n. 60/1977 (il quale configura la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione come obbligazione autonoma, e non come forma di pagamento degli oneri di urbanizzazione). Desta inoltre più di una perplessità la pretesa della Commissione di verificare il superamento della soglia di applicazione della direttiva 93/37/CEE calcolando il valore complessivo delle opere comprese in ciascuna convezione di lottizzazione, in quanto il più delle volte le convenzioni di lottizzazione pongono a carico del lottizzante l’obbligo di realizzare molteplici opere di urbanizzazione, ciascuna dotata di completa autonomia rispetto alle altre. In questi casi, dunque, dette convenzioni possono essere tutt’al più assimilate ad una molteplicità di contratti d’appalto, ancorché concentrati in un unico documento, e la citata direttiva si limita a disporre, all’Articolo 6.4, che “ nessuna opera e nessun appalto possono essere scissi al fine di sottrarsi all’applicazione della presente direttiva” , ma non impone certamente di “ cumulare” più opere autonome o più appalti al fine di applicare la direttiva stessa. Comunque va considerato che, ai sensi dell’Articolo 2 della direttiva 93/37/CEE, “ gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché le amministrazioni aggiudicatrici rispettino o facciano rispettare le disposizioni della presente direttiva qualora sovvenzionino direttamente in misura superiore al 50% un appalto di lavori attribuito da enti diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse” : anche nella prospettiva fatta propria dalla Commissione europea, quindi, si dovrebbe considerare obbligatoria l’applicazione della direttiva in esame, solamente nel caso in cui le convenzioni di lottizzazione prevedano che la realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte dei lottizzanti determinino uno “ scomputo” superiore al 50% degli oneri di urbanizzazione. Inoltre, l’obbligo di rispettare gli Articoli 43 e 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea non implica la necessità di applicare tutte le disposizioni contenute nella direttiva 93/37/CEE, ma richiede
solamente che venga assicurato “ un livello adeguato di pubblicità che consenta un’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza, nonché il controllo dell’imparzialità delle procedure di aggiudicazione” . Tale “ livello adeguato di pubblicità” sarà sicuramente garantito tutte le volte in cui vengano osservate le modalità stabilite dalla direttiva comunitaria, ma non è escluso che possano a tal fine essere seguite anche modalità diverse, purché comunque qualificabili come “ adeguate” . Ed infine, un’ultima considerazione: al di là delle contestazioni della Commissione, per il momento la normativa italiana è comunque vigente, fermo però restando che le disposizioni della direttiva comunitaria 93/37/CEE vanno applicate in via diretta ed immediata, prevalendo sulle norme nazionali che si pongano eventualmente in contrasto con esse. W. F.
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tato istitutivo della Comunità europea, ed in particolare “ quelle in materia di libera circolazione delle merci, di libera prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento, nonché dei princìpi generali di non discriminazione, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, sottesi a tali norme” , regole queste desumibili dagli articoli 43 e 49 dello stesso Trattato. Precisato quindi che “ il rispetto del principio di trasparenza, in particolare, comporta l’obbligo, a carico delle amministrazioni aggiudicatrici, di garantire, a favore di ogni potenziale partecipante, un livello adeguato di pubblicità che consenta un’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza, nonché il controllo dell’imparzialità delle procedure di aggiudicazione” , la Commissione ha concluso che il riportato Articolo 2, quint o comma, della Legge n. 109/1994 non garant isce il rispetto delle regole e dei princìpi sanciti dal Trattato in quanto, “ per l’affidamento delle opere di importo inferiore alla soglia comunitaria, nessuna forma di messa in concorrenza è prevista al fine di garantire il rispetto del richiamato principio di trasparenza e dell’obbligo di pubblicità che ne deriva” . Da un secondo punto di vista, la Commissione ha asserito che “ per valutare se la soglia di applicazione della direttiva è superata, occorre calcolare il valore complessivo dei lavori e/o delle opere comprese in ciascuna convezione stipulata tra il privato esecutore e l’amministrazione, giacché detta convenzione, secondo la citata giurisprudenza della Corte di giustizia, ha natura di contratto e quindi, ricorrendone gli altri presupposti, di appalto pubblico di lavori” . Da qui la conclusione che l’Articolo 2, quinto comma, della Legge n. 109/1994, “ nella misura in cui esclude l’obbligo di ricorrere alle procedure previste dalla direttiva 93/37/CEE nel caso in cui la convenzione tra il privato e l’amministrazione comprenda più opere o lavori che, singolarmente considerati, hanno un valore inferiore alla soglia di applicazione di detta direttiva, ma il cui importo complessivo superi tale soglia, costituisce (...) una violazione” della direttiva stessa.
Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato
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Leggi G.U. n. 239 del 14.10.2003 - Serie generale Decreto 6 ottobre 2003. Approvazione della regola tecnica recante l’aggiornamento delle disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turisticoalberghiere esistenti di cui al Decreto 9 aprile 1944 Per le finalità stabilite dall’allegato alla Legge 31 dicembre 2001, n. 463, sono approvate, per le attività turistico-alberghiere esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto 9 aprile 1944 sia le misure di sicurezza contenute nell’allegato A, alternative a quelle indicate nell’allegato al Decreto 9 aprile 1994, titolo II, parte seconda, Attività esistenti, sia le disposizioni contenute nell’allegato B, integrative dell’allegato al Decreto 9 aprile 1994. G.U. n. 251 del 28.10.2003 - Serie generale Deliberazione 15 ottobre 2003. Applicazione dell’Art. 108, comma 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia Il consiglio dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, vista la relazione dell’Ufficio affari giuridici, considerato che il Ministero delle attività produttive, sottoposto alla vigilanza del registro delle imprese, tenuto dalle camere di commercio, e conseguentemente le attività per le quali l’iscrizione assume valenza abilitante, come quelle disciplinate dalla Legge 5 marzo 1990, n. 46, recepita dal testo unico in materia di edilizia, ha ritenuto opportuno richiamare l’attenzione di questa Autorità sulle problematiche interpretative ed applicative concernenti l’Art. 108, comma 3, del suddetto testo unico. In particolare si evidenzia la difficoltà di coordinare con altre norme disciplinanti la disposizione contenuta nel citato articolo secondo cui sono abilitate all’esercizio delle attività le imprese in possesso di attestazione per le relative categorie. Si pone il problema di individuare la corrispondenza di categorie previste dall’allegato A del Decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000 e le tipologie di impianti previste dall’Art. 107 del testo unico dell’edilizia. Tali questioni sono poste con riguardo alle imprese iscritte prima
dell’entrata in vigore del citato testo unico presso la camera di commercio, per le attività impiantistiche sottratte alla disciplina della Legge 46/1990, e che abbiano richiesto l’attestazione di qualificazione. Il Decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447 “ Regolamento di attuazione della Legge 46/1990 in materia di sicurezza degli impianti“ ha chiarito cosa debba intendersi per edifici adibiti ad uso civile fornendo ulteriori precisazioni quanto ai requisiti tecnico-professionali da possedersi dall’ imprendit ore o dal suo responsabile tecnico, nonché precisato che il certificato di riconoscimento dei medesimi requisiti è rilasciato alle imprese singole o associate alla camera di commercio. Successivamente il Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, contenente ” il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” , la cui entrata in vigore è stata differita al 30 giugno 2002, con l’Art 107, ha ampliato l’ambito di applicazione della 46/1990, e con l’Art. 108 ha riconfermato che la relativa abilitazione è attestata dall’iscrizione al registro ditte o nell’albo delle imprese artigiane e che l’esercizio dell’attività in questione è subordinato al possesso dei requisiti tecnico professionali di cui al successivo Art. 109 da parte dell’imprenditore, che qualora non ne sia in possesso, propone all’esercizio delle attività un responsabile tecnico che abbia tali requisiti. Il comma 3 dell’Art. 108 ha introdotto una novità rispetto al dettato di cui alla Legge 46/1990, ponendo una corrispondenza con il regime di qualificazione SOA, lasciando salvo in ogni caso l’esercizio delle attività impiantistiche alle imprese in possesso di attestazione per le relative categorie rilasciata da una società organismo di attestazione (SOA). In tale ambito normativo si inseriscono le disposizioni dettate da questa Autorità relativamente alla disciplina precedente all’entrata in vigore del testo unico dell’edilizia. In sostanza il consiglio accerta che l’attestazione di qualificazione rilasciata da un SOA per determinate categorie ha valenza abilitativa all’esercizio delle attività disciplinate all’Art. 1, comma 1, della Legge 46/1990, ora Art. 107 del testo unico dell’edilizia.
G.U. n. 274 del 25.11.2003 - Serie generale Testo del Decreto - Legge 30 settembre 2003, n. 269 nel supplemento ordinario n. 157/L alla Gazzetta ufficiale – serie generale – n. 229 del 2 ottobre 2003, coordinato con la Legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, recante: “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici” Al titolo I° la legge tratta delle disposizioni per favorire lo sviluppo: il capo I della innovazione e ricerca; il capo II degli investimenti pubblici in infrastrutture; il capo III del Made in Italy, competitività e sviluppo; il capo IV della società civile, famiglia e solidarietà. Al titolo II° della correzione dell’andamento dei conti pubblici: il capo I tratta delle disposizioni in materia di cessione e regolarizzazione di immobili. L’Art 26 tratta delle disposizioni per la valorizzazione e privatizzazione di beni pubblici. L’Art. 27 della verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico. L’Art. 28 della cessione dei terreni. L’Art 32 delle misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali. Il capo III delle disposizioni antielusive e di controllo in materia assistenziale e previdenziale. Il capo IV dell’accordo Stato - Regioni in materia sanitaria. G.U. n. 274 del 25.11.2003 - Serie generale Circolare 7 agost o 2003, n. 4174/ 316/ 26 Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come modificato e integrato dal Decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301. Chiarimenti interpretativi in ordine all’inclusione dell’intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia La presente circolare tratta degli orientamenti giurisprudenziali sull’equiparazione della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione, delle conseguenze giuridiche derivanti dall’equiparazione della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione in riferimento alla disciplina edilizia, alla disciplina urbanistica attuativa, alle costruzioni oggetto di sanatoria.
G.U. n. 276 del 27.11.2003 - Serie generale Decreto Legislativo 11 novembre 2003, n. 333 Attuazione della direttiva 200/ 52/ CE, che modifica la direttiva 80/ 723/ CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nonché alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese L’Art. 1 tratta delle finalità del seguente decreto legislativo. Il presente decreto assicura la trasparenza delle relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le imprese pubbliche mediante la documentazione: delle assegnazioni di risorse pubbliche operate dai poteri pubblici direttamente alle imprese pubbliche interessate; delle assegnazioni di risorse pubbliche effettuate da parte dei poteri pubblici tramite imprese pubbliche o enti finanziari; della utilizzazione effettiva di tali risorse pubbliche. B.U.R.L. 1° Suppl. Straordinario al n. 46 dell’11 novembre 2003 D.g.r. 24 ottobre 2003 – n. 7/14739 Adozione di criteri per la classificazione funzionale e la qualificazione della rete viaria che interessa il territorio regionale ai sensi dell’Art. 3 della L.R. 9/2001 La Giunta Regionale delibera di adottare i criteri per la classificazione funzionale e la qualificazione della rete viaria che interessa il territorio regionale, parte integrante e sostanziale del presente atto in 43 pagine. Di fissare come termine per la consegna da parte delle Province della documentazione relativa alla fase preliminare il 31 ottobre 2003. Di fissare come termine per la consegna da parte delle Province della proposta di classificazione il 31 dicembre 2003. B.U.R.L. 2° Suppl. Straordinario al n. 46 del 13 novembre 2003 D.g.r. 31 ottobre 2003 – n. 7/14842 Approvazione del piano della riserva naturale “Garzaia di Villa Biscossi” (Art. 14 L.R. 30 novembre 1983, n. 86). P.R.S. 9.6.1.1 La Giunta Regionale delibera di approvare il piano della riserva naturale “ Garzaia di Villa Biscossi” costituito da elaborati riguardanti gli studi propedeutici al piano, la sintesi dello studio interdisciplinare, la relazione generale al piano, le norme di attuazione, il programma degli interventi prioritari. C. O.
Catasto Il catasto UE scommette sui parametri comuni (da “ Il Sole 24 Ore“ del 5.12.03) Un catasto integrato per tutti i Paesi dell’UE, in cui siano valorizzate e armonizzate le risorse dei singoli sistemi nazionali in vista del mercato immobiliare comune. È questo l’obiettivo del Comitato permanente per il catasto nell’Unione Europea i cui lavori sono stati presentati a Roma nel corso di due giornate di studio organizzate dall’Agenzia del Territorio e dal partner tecnologico Sogei con il patrocinio del ministero dell’Economia e delle Finanze. Condono Condono: la parola passa alle Regioni. Sette i ricorsi regionali alla consulta. In Friuli V.G. approvata la prima legge blocca – sanatoria (da “ Edilizia e Territorio” del 2429.11.03) Con un secondo voto di fiducia il Parlamento ha dato via libera definitivo alla legge di conversione del D.L. 269/2003 che accompagna la Finanziaria 2004 e contiene le norme sul condono edilizio. Chiusa la partita parlamentare, per la sanatoria si apre la “ questione” regionale. Sono sette i ricorsi che le autonomie hanno presentato alla Consulta, cui spetterà l’ultima parola sulla legittimità costituzionale del condono. Le regioni devono anche varare leggi di attuazione. Ma il primo provvedimento arrivato al traguardo (Friuli Venezia Giulia) punta a bloccare la sanatoria. Fino al 31 marzo 2004 stop a tutte le sanzione legate agli abusi edilizi. In attesa delle domande di sanatoria dei reati (da “ Edilizia e Territorio. Norme e Documenti” n. 48/03) Il Tar Toscana blocca le sanzioni per gli abusi edilizi. Con un’ordinanza depositata il 13 novembre scorso i giudici amministrativi del capoluogo toscano hanno per primi dato applicazione al disposto dell’Articolo 32 del D.L. 269/2003 (convertito dalla Legge n. 326 del 2003) e hanno dunque sospeso un procedimento per accertare l’abuso edilizio e comminare la relativa sanzione. La sospensione è automatica e ha effetto fino al 31 marzo 2004 data in cui scade il termine per la presentazione delle domande di sanatoria. Edilizia Edificabilità, benefici limitati. Può rialzare solo il proprietario dell’ultimo solaio (da “ Italia Oggi” del 3.12.03) Varia il piano regolatore, aumentano gli indici di edificabilità e a beneficiarne sono solo i proprietari esclusivi del lastrico solare i quali hanno titolo a ottenere il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione di una sopraelevazione che sfrutti i nuovi e più elevati indici di edificabilità. Indipendentemente
dal consenso degli altri condomini. Questo il punto di diritto deciso con la recentissima sentenza n. 7539 della quinta sezione del Consiglio di Stato. Edilizia, la ristrutturazione può regalare un piano in più. La circolare di Lunardi spiega gli interventi di demolizione e ricostruzione (da “ Il Sole 24 Ore” del 27.11.03) Si può demolire e ricostruire con una dichiarazione di inizio attività: la conferma arriva dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la Circolare 7 agosto 2003, n. 4174 (in “ Gazzetta Ufficiale” 25 novembre, n. 274). La tesi del Ministero sblocca numerosi interventi perché pone fine a contrasti tra norme statali, regionali e di piano regolatore. Con la Legge “ Lunardi” 443/01 si è eliminato il riferimento fedele al precedente fabbricato, all’area di sedime e alle caratteristiche dei materiali. Sono rimasti vincolanti solo la sagoma e i volumi. La modifica del 2001 consente di effettuare una ricostruzione su area parzialmente diversa e con superfici ampliate. Infatti, i manufatti anteriori agli anni ‘70 avevano un’altezza di almeno tre metri per piano, con solai di notevole spessore. Le attuali demolizioni potrebbero premiare i manufatti di più livelli inserendovi un numero maggiore di piani. Demolendo e ricostruendo la sagoma rimarrebbe invariata ma ogni piano potrebbe limitarsi a un’altezza di 2.70 metri. Europa Codice UE per professionisti. Ingegneri con sezione ad hoc e notai fuori dalle regole (da “ Il Sole 24 Ore” del 27.11.03) Professioni con “ statuto” europeo. La commissione Giuridica del Parlamento UE ha dato il primo “ sì” alla proposta di direttiva sul riconoscimento delle qualifiche che, tra le novità più rilevanti, rispetto alla versione presentata dalla Commissione di Bruxelles nel marzo 2002, contiene anche una definizione di professione intellettuale regolamentata. Su proposta del Consiglio nazionale degli architetti italiani, la formazione universitaria obbligatoria viene portata da quattro a cinque anni. Ma gli architetti perdono il “ monopolio” del passaporto europeo. La proposta di direttiva ammette che la progettazione sia eseguita anche da ingegneri. Impianti Ascensori, aspettando la normativa. Su 765 mila impianti in funzione il 40% ha più di 30 anni (da “ Italia Oggi” del 10.12.03) Una nuova legislazione in materia di ascensori e parametri aggiornati di sicurezza. È quanto hanno chiesto Assoascensori e Anicam (associazione imprese costruttori e manutenzione ascensori) insieme ad Anica (associazione industrie componenti ascensori) e Confartigianato ascensoristi in occasione del convegno “ Sicurezza in ascensore” tenutosi a Roma. “ La categoria – dice
Marco Bonissone, presidente Assoascensori – chiede che venga recepita al più presto la raccomandazione europea 95/216/CE in materia di miglioramento della sicurezza degli ascensori pre-esistenti.” Infrastrutture Sul Pont e general cont ract or unico. A un solo soggetto lavori per 4 miliardi. Le linee guida del piano al Cda dello Stretto di Messina (da “ Il Sole 24 Ore” del 3.12.03) Il bando di gara che approverà il Consiglio di amministrazione dello Stretto di Messina prevedrà la selezione di un solo soggetto industriale capace di realizzare l’intera opera: il corpo centrale e i collegamenti stradali e ferroviari. Con gli oneri per la sicurezza e le riserve, l’importo a base d’asta supererà i 4 miliardi, di gran lunga la gara di maggiore importo mai svolta in Italia. Opere pubbliche Dal 17 dicembre all’Autorità i dati sugli interventi da realizzare in Project financing. L’obbligo da assolvere entro due mesi dall’avviso indicativo (da “ Edilizia e Territorio Norme e Documenti” n. 48/03) A partire dal 17 dicembre le amministrazioni aggiudicatici dovranno trasmettere anche all’Osservatorio dei Lavori Pubblici, gestito dall’Autorità di Vigilanza, le informazioni sulle infrastrutture del proprio programma triennale realizzabili anche in project financing. Il termine deriva dalla pubblicazione in “ Gazzetta” del comunicato con cui l’Autorità di Vigilanza avvisa della partenza di questa iniziativa. Le informazioni da trasmettere sono quelle contenute anche nell’avviso indicativo che già le stazioni appaltanti devono pubblicare per far conoscere gli interventi in project financing. Procedure DIA, nei controlli non c’è scadenza. Una sentenza sulla vigilanza in edilizia (da “ Italia Oggi” del 10.12.03) Anche dopo che sono scaduti i termini entro i quali può esercitare il potere di verifica su una DIA il comune conserva i poteri di vigilanza e di sanzione. Lo ha affermato il Tar Piemontese con la sentenza n. 1608 del 19 novembre 2003. La vicenda prende spunto da un ricorso con il quale si contestava al comune la possibilità di inibire l’attività edilizia, ai sensi dell’Art. 4 della Legge 4 dicembre 1993 n. 493, scaduto il termine dei 20 giorni a disposizione per effettuare le verifiche su una denuncia di inizio attività. Professione Prima di conferire l’incarico va sempre definita la parcella (da “ Il Sole 24 Ore” del 1.12.03) Nell’ipotesi in cui il conferimento di un incarico di progettazione di un’opera pubblica a un professionista esterno all’ente locale, da parte di una Giunta comunale, sia avvenuto
senza disciplinare contrattualmente il rapporto professionale e senza indicare neppure il compenso spettante per la prestazione professionale richiesta, gli amministratori possono essere condannati a risarcire il danno subito dal Comune, in relazione alle maggiori spese sopportate dalle finanze dell’ente a causa dei ritardi dovuti alla irregolare procedura adottata. Progettazione Ecco le norme antisismiche corrette. Formule riscritte ed errori cancellati (da “ Edilizia e Territorio Norme e Documenti” n. 42/03) Con più di cento tra modifiche e correzioni, l’Ordinanza 3274/03 della Protezione Civile, contenente le norme tecniche per la progettazione antisismica, è stata profondamente cambiata. Per la massima parte le novità vanno a correggere errori nella trascrizione delle formule. In altri casi è emersa la necessità di meglio precisare alcuni concetti troppo ermetici. Confermato il termine di 18 mesi (dal marzo 2003) per adeguarsi alla nuova normativa. Urbanistica Urbanistica, un modello per M ilano. Allo studio l’indice unico di edificabilità. Piano casa in arrivo (da “ Italia Oggi” del 10.12.03) “ Il documento di indirizzo è stato approvato dalla giunta comunale l’8 giugno: ora l’agenda prevede la presentazione del piano casa del Comune di Milano all’inizio del 2004, a primavera sarà la volta del piano dei servizi che abbiamo già elaborato, seguiranno le nuove regole del piano regolatore generale e se ci riusciremo, anche il nuovo regolamento edilizio che dovrebbe snellire le procedure” . Queste sono le anticipazioni dell’Assessore allo Sviluppo del territorio del Comune di Milano, Giovanni Verga, che ha partecipato all’incontro con immobiliaristi ed esponenti del mondo dell’edilizia e delle costruzioni organizzato da Aspesi, l’associazione nazionale tra le società di promozione e sviluppo immobiliare presieduta da Sestilio Paletti. La novità più rilevante è la ricerca di individuare un indice unico di edificabilità per la città. Un’idea non nuova che trova precedenti anche nel lavoro degli amministratori di Roma. Progetto città per attirare investimenti. Forum Ance (da “ Italia Oggi” del 10.12.03) “ Mercato” , “ Regole” , “ Finanziamenti e fiscalità” , “ Qualità e progetto” sono le quattro sezioni che compongono il forum, “ La città progetto” , organizzato dall’Ance, associazione nazionale dei costruttori edili. Scopo del confronto fra imprenditori, pubblici amministratori, progettisti, politici e docenti è quello di elaborare tesi e proposte per mettere in piedi un progetto condiviso su regole, fisco, risorse per dare gambe e governare il processo di trasformazione urbana. M. O.
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Brescia Borse di studio semestrali L’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia, visto il protocollo d’intesa tra l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, direzione Generale per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Brescia, Cremona e Mantova; vista la delibera del 19 dicembre 1998 dell’Assemblea degli iscritti all’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia concernente l’accettazione della proposta di finanziamento di n. 2 borse di studio; viste le indicazioni del protocollo d’intesa con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, direzione Generale per i Beni Architettonici ed il Paesaggio, finalizzato alla formazione ed avviamento alla professione dei giovani architetti, bandisce per l’anno 2004 n. 2 borse di studio semestrali, della durata complessiva di un anno, riservata a giovani architetti, iscritti da meno di tre anni all’Albo professionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia e con età massima di 35 anni al momento della presentazione della domanda, da svolgersi presso la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Brescia, Cremona e Mantova. Il tirocinio avrà una durata di 500 ore complessive, articolate in 4 ore giornaliere per 4 giorni settimanali, da espletarsi nell’arco di 6 mesi per ciascun borsista non rinnovabili. In particolare il tirocinio prevede la collaborazione alle seguenti normali prestazioni d’ufficio: • Apprendimento delle procedure normative; • Apprendimento delle tecniche di restauro; • Visita ai cantieri di restauro; • Collaborazione all’espletamento delle pratiche d’ufficio. L’importo per ogni singola borsa di studio è di € 2.600,00 (duemilaseicentoeuro) omnicomprensiva. Gli iscritti che intendono partecipare alla Borsa di studio di cui in premessa dovranno presentare entro le ore 12.00 del 26 marzo 2004 presso l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia, via delle Grazie n. 6, 25122 Brescia, i seguenti documenti: • domanda di partecipazione all’assegnazione della Borsa di studio, in carta libera, indirizzata al Presidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia; • certificato di laurea, in carta semplice, con esami sostenuti e relativa
votazione (o dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’Art. 2 della L. n. 15/68 come modificato dall’Art. 1 D.P.R. 403/98); • Curriculum Vitae; • Ogni altro documento che il candidato riterrà opportuno presentare per una sua migliore valutazione (Copia della tesi di laurea o di pubblicazioni, disegni, ecc.); • Dichiarazione in cui il richiedente, in caso di assegnazione della Borsa di Studio, si impegna a non predisporre, e quindi presentare, pratiche presso la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio di Brescia, Cremona e Mantova per il periodo di durata della Borsa di Studio. La Borsa di studio sarà assegnata in base alla selezione effettuata da una commissione, nominata dal presidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia, e composta da due membri nominati dall’Ordine e da un membro nominato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio di Brescia, Cremona e Mantova. Saranno tenuti in particolare considerazione i seguenti elementi: • Profitto negli studi universitari; • Specifica competenza nelle materie di restauro; • Titoli di studio di specializzazione nelle materie di restauro; • Argomento e qualità delle eventuali pubblicazioni; • Stato di occupazione. Brescia, 24 novembre 2003 Il Presidente Dott. Arch. Paolo Ventura
Lecco 8 novembre 2003: Giornat a M ondiale dell’Urbanesimo L’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Lecco ricorda nella data del 8 novembre la Giornata Mondiale dell’Urbanesimo. La “ Giornata Mondiale dell’Urbanesimo” è una giornata nella quale Urbanisti, Architetti, Ingegneri ed altri professionisti che si occupano della vita urbana e dei suoi problemi, possono riflettere sulla situazione delle città o su temi d’attualità che permettano il confronto fra diverse nazioni e metodi di lavoro, contribuendo ad un arricchimento professionale. La riflessione sarà sul rapporto fra il nostro lavoro e la realtà, complessa e ricca di contraddizioni della vita delle nostre città. Il simbolo della “ Giornata” (Aire, Sol, Veget acion) f u ideat o nel 1939 dall’ingegnere argentino Carlos Maria Della Paolera e i congressi sul tema furono realizzati subito dopo la guerra in Europa, con le adesioni di importanti architetti internazionali come Alberto Sartoris e Van Eesteren. In numerosi paesi la “ Giornata” si festeggia con un’intensa attività densa di convegni e dibattiti. Negli ultimi anni congressi di carattere internazionale sono stati organizzati in Giappone, Argentina, Brasile e Stati Uniti d’America. I princìpi di Della Paolera sono ancora oggi validi. Egli infatti affermava: “ il progresso urbano non consiste nell’invadere ciecamente i terreni con l’edilizia, bensì nel costruire dopo avere verificato quanto e in quale modo si lascia spazio alla natura, lasciando penetrare sole e aria, evitando gas e fumi senza che gli esseri umani si aggreghino disordinatamente” . Cosa può significare per Lecco e il suo territorio? Il dialogo in atto fra amministratori e professionisti offre l’opportunità di riflettere e presentare proposte come in un laboratorio di continua sperimentazione. Attraverso questa dialettica si potrà perseguire una politica urbanistica che proietti la città verso il futuro. La nostra riflessione parte dall’ambito territoriale provinciale per arrivare a quello comunale. Il piano territoriale di coordinamento provinciale è basato sulla definizione europea della carta del paesaggio, i cui parametri rispondono alla “ sensibilità paesistica” che con i suoi livelli di approfondimento indica dove individuare le aree e collocare le varie funzioni che concorrono al miglioramento della qualità della vita dei cittadini realizzando quello che oggi si definisce “ l’uso sostenibile del territorio” . Uno degli obiettivi da perseguire è quel riassetto del territorio in chiave ambientale, che permette di delineare le strategie che contribuiscano alla pianificazione comunale e intercomunale. Il P.T.C.P. dovrebbe inoltre dare risposta alle esigenze di mobilità e
Carmen Carabús
Milano a cura di Laura Truzzi Elezioni del Consiglio dell’Ordine per il Biennio 2001-03 Si fa seguito alle precedenti comunicazioni per rendere noto il risultato dello scrutinio pubblico della votazione di ballottaggio, le cui operazioni di voto si sono svolte nei giorni 20-22, 24-29 novembre e nei giorni 1-5 dicembre 2003. Votanti: complessivamente n. 397 Schede valide: 351 (corrispondenti a 3.159 voti) Schede nulle: 45 Schede bianche: 1 Hanno riportato il maggior numero di voti, e risultano quindi eletti i seguenti Consiglieri: RAGGI Franco, con voti 214; RANZA Luca, con voti 213; PIZZI Emilio, con voti 212; SCANDROGLIO Annalisa, con voti 207; COSMELLI Valeria, con voti 203; CARONES Maurizio, con voti 200; DEL BO Adalberto, con voti 199; BORGHI Antonio, con voti 197; BARAZZETTA Giulio, con voti 186, che pertanto vengono a far parte del Consiglio insieme ai seguenti 6 Consiglieri eletti nella prima tornata di votazione: VOLPI Daniela; BOTTELLI Valeria; RIVOLTA Ugo; ZANUSO Antonio; ENGEL Marco; ACUTO Antonio. Il nuovo Consiglio si è riunito il giorno 15 dicembre 2003 ed ha eletto: Presidente, l’arch. Daniela VOLPI Vice Presidente, l’arch. Ugo RIVOLTA Segretario, l’arch. Valeria BOTTELLI Tesoriere, l’arch. Annalisa SCANDROGLIO. L’elenco completo di architetti che hanno ottenuto voti nelle elezioni di ballottaggio, verrà pubblicato prossimamente sul sito dell’Ordine. Designazioni • Città di Bollate (MI): richiesta commissione giudicatrice “Procedimento del Recupero dell’ex sede Municipale di Piazza Martiri della Libertà – Concorso di Progettazione art. 17 c. 13 della L. 109/94 per l’Affidamento dell’Incarico di Progettazione e Direzione Lavori” . Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Paolo Aina, Francesco Collini, Piero Lissoni • Impresa Edil Progetti S.r.l.: richiesta terna per collaudo di opere in c.a. relative alla costruzione di palazzina di civile abitazione e box in Bareggio - Via Vigevano. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Paolo Monga, Giacomo Mori, Umberto Santambrogio • Procedimento arbitrale Condominio di Via Londonio 21 Milano /Arch.
Angelo Mariani: nomina terzo arbitro con funzioni di Presidente del Collegio Arbitrale. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Eugenio Baldini • Bozzoli/Impresa T.C. Costruzioni Edili S.r.l.: nomina arbitro - art. 21 del Contratto di Appalto del 4.1.2003 “a causa di ingiustificato abbandono del cantiere da parte dell’impresa, il committente richiede, per recedere unilateralmente dal contratto di appalto, redazione verbale opere eseguite, materiali e mezzi di cantiere”. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Sergio Biliotti • Controversia Picci /Immobiliare S. Sofia s.a.s: richiesta nomina arbitro. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Fausto Massironi • Impresa I.C.R.E S.r.l.: richiesta terna per collaudo di opere in c.a. relative alla costruzione di un immobile ad uso civile abitazione in Comune di Limbiate (MI). Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Aldo Besozzi, Gian Battista Confalonieri, Biagio La Spada • Impresa Domus Costruzioni S.r.l.: richiesta terna per collaudo di opere in c.a. relative ad un edificio residenziale, in Cesano Maderno (MI). Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Luciano De Sanctis, Roberto Franco Dell’Acqua Bellavitis, Michele Antonio Trotta Corsi 2004 La Fondazione dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano istituisce dei Corsi di aggiornamento professionale e formazione. • Corso di orientamento all’architettura del paesaggio Il corso, organizzato dalla Fondazione in collaborazione con la sezione Insubria dell’AIAP(Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio), è finalizzato a delineare la complessità del campo disciplinare dell’architettura del paesaggio, letto attraverso una sequenza di ambiti tematici privilegiati, aventi tutti come denominatore comune la progettazione. Direttori del corso: Flora Vallone, Giovanna Longhi e Paolo Villa Calendario: 23 febbraio; 1, 8, 15, 22, 29 marzo; 5, 19 aprile; 3, 10 maggio 2004 Numero minimo di iscritti: 30 Costo del corso: 250 Euro più IVA • Gli impianti solari termici negli edifici: dal progetto alla realizzazione Oggetto del corso è l’illustrazione della grande varietà di applicazioni attualmente esistenti per l’impiego efficiente dell’energia solare nel campo del riscaldamento. Il corso è rivolto a architetti, progettisti, ingegneri, geometri, consulenti energetici, energy manager, termotecnici, installatori, docenti di istituti tecnici e professionali, rivenditori, responsabili di amministrazioni pubblici per l’energia, studenti che frequentino gli ultimi anni di università e che siano interessati alla progettazione dei sistemi solari termici negli edifici.
Direttori del corso: Patricia Ferro, Thomas Pauschinger, Mario Gamberale Orario: dalle 13.30 alle 18.30 Calendario: 10, 11, 12 e 13 febbraio 2004 Numero minimo di iscritti: 35 persone Numero massimo di iscritti: 40 persone Costo del corso: 350 Euro più IVA (Iscritti ISES Italia 315 Euro più IVA) • Parcelle, Tariffe e Contrattualistica Coordinamento: Commissione Parcelle dell’Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Milano Durata del corso: 8 ore Orario: da definire Calendario:19-26 gennaio, 2-9 febbraio 2004 Minimo di iscritti: 30 Costo del corso: 130 Euro più IVA • Nuove tecnologie ed evoluzione impiantistica: domotica Corso di formazione, dedicato completamente alle tecnologie della domotica, alle sue applicazioni realizzate con il sistema My Home di BTicino. È rivolto a tutti coloro i quali desiderano diventare interlocutori intelligenti di chi si occupa di impiantistica domestica. Il corso rilascia un attestato di partecipazione. Si ringrazia la Società BTicino per la collaborazione e per la consulenza gratuita dei tecnici. Coordinatore del Corso: arch. Emilio Pizzi Durata del corso: 3 mezze giornate 2, 3 e 4 marzo 2004 Minimo di iscritti: 30 Costo del corso: 150 Euro più IVA • Superare le barriere e progettare per l’Utenza Ampliata Direttore: arch. Paola Bucciarelli Condirettore: arch. Giovanni Del Zanna Durata del corso: 22 ore Orario: dalle 15.30 alle 18.30 Calendario indicativo: 3-27 febbraio Minimo di iscritti: 30 Costo del corso: 300 Euro più IVA Verranno forniti un libro e una dispensa • Corso propedeutico per la professione Il corso si rivolge principalmente ai neo iscritti ed ai neolaureati per offrire un quadro delle problematiche inerenti lo svolgimento dell’attività professionale di architetto nell’attuale contesto normativo e legislativo anche alla luce della riforma dell’Ordinamento professionale. Direttore: arch. Ugo Rivolta Durata del corso: 42 ore Orario: 18.30 - 20.30, lunedì e mercoledì Calendario indicativo: 12 gennaio 22 marzo Minimo di iscritti: 40 Costo del corso 250 Euro più IVA • Lighting Design Il percorso formativo e di aggiornamento affronta le tematiche tecniche e concettuali del lighting design. Direttore del corso: arch. Nicoletta Rossi
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trasferimento delle attività produttive nel territorio. Fino ad oggi gli operatori hanno collocato le loro attività sostanzialmente dove le aree costavano meno. Questo sviluppo, non support at o da idonea programmazione e adeguate infrastrutture, ha contribuito alla perdita di competitività della nostra industria: si lavorano materiali che arrivano dalla strada e che, a processo lavorativo ultimato, ritornano sulla strada. E questa strada è quasi sempre inadeguata; attraversa i centri storici, non ha corsie privilegiate per i mezzi pesanti che trasportano materie prime, semilavorati e prodotti finiti. La stessa strada-officina è percorsa dagli autobus del trasporto pubblico, dalle auto private, moto, biciclette e pedoni, tutti sulla stessa corsia… La città di Lecco necessita di un ripensamento sulla collocazione dei principali servizi indotti dal livello istituzionale recentemente raggiunto e che si sono insediati sul territorio urbano senza alcuna logica, contribuendo così al collasso della mobilità e all’abbassamento della qualità della vita dei cittadini. Occorre, inoltre, approfondire se sia opportuno che tutti i servizi di livello provinciale debbano essere collocati nel territorio cittadino. Alcuni di questi non si potrebbero più facilmente trasferire in aree decentrate e fuori dalla città, facilmente raggiungibili e dotabili di adeguate strutture di parcheggio? Sono, inoltre, molto carenti le attrezzature per i giovani e gli anziani e non ha ancora avuto risposta adeguata la richiesta di strutture da destinare al turismo. Con la dismissione di buona parte delle aree già occupate dalla produzione industriale e artigianale si sono realizzati edifici che, oltre a non essersi spesso adeguati con la loro densità alla struttura della città, non hanno saputo rispondere al fabbisogno richiesto, rimanendo inutilizzati. Altre nuove proposte sono in arrivo e all’Amministrazione comunale compete la grande responsabilità di garantirne l’attuazione nel rispetto delle effettive esigenze dei cittadini e della particolare situazione ambientale esistente. Occorre, infine, riflettere sul fatto che interventi di qualità si possano realizzare anche incentivando con premi volumetrici chi sia disposto a sperimentare modalità di intervento e uso di materiali innovativi e di limitato impatto. Le nuove norme del Piano Regolatore della città devono, infine, essere semplici e di facile e inequivocabile lettura, tenendo ben presente che il vero obiettivo di tale piano consiste nel regolare le attività che si svolgono nel territorio urbano compatibilmente con la sua identità, la sua storia e la qualità della vita dei cittadini.
Durata del corso: 12 ore Orario: 18.30/20.30, mercoledì Calendario indicativo: 17 marzo 21 aprile Minimo di iscritti: 25 Costo del corso: 150 Euro più IVA
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• 3° Corso di formazione per Coordinatori di sicurezza ex Art. 10 D.Lgs 494/96 (9° in collaborazione con la Fondazione dell’Ordine Ingegneri di Milano) (17° in collaborazione con il Dip. B.E.S.T. (già D.I.S.E.T.) del Politecnico di Milano) Il corso è propedeutico alla formazione dei “ coordinatori della sicurezza” in fase di progettazione e di esecuzione, ed è rivolto a tutti i tecnici impegnati nel settore delle costruzioni. Il corso è aperto a tutti i tecnici dell’edilizia. Direttore: prof. arch. Arie Gottfried Condirettore: prof. ing. Marco Trani Durata del corso: 120 ore Orario: 17.30 - 20.45, martedì-giovedì Sede del corso: Fondazione dell’Ordine degli Architetti P.P. e C. della Provincia di Milano, via Solferino 19, Milano. Calendario indicativo: 23 marzo 15 luglio Minimo di iscritti: 45 Costo del corso: 1.135 Euro più IVA • Corsi di formazione per Autocad LT2004 (Autocad base) e Autocad 3D I corsi, suddivisi in vari moduli frequentabili anche separatamente, si propongono di esaminare le novità, le potenzialità e le problematiche legate a questi programmi. Direttore: ing. Carlo Gastaldi Coordinatore: Andrea Faeti Durata del modulo: 4 ore Orario: 9.00 - 13.00 martedì, 14.00 - 18.00 lunedì e giovedì Numero di iscritti: 8 min. e max. Costo del singolo modulo: 80 Euro più IVA Sede del corso: One Team Srl, via Rondoni 1, Milano • Corsi di inglese per architetti “ Lavoriamo in inglese” Il corso, organizzato in collaborazione con Laboratorio Dagad, centro di documentazione sull’Architettura e il Design, è specificamente dedicato ai professionisti. Oltre a tradizionali lezioni di lingua (comunque caratterizzate attraverso l’uso di vocaboli e argomenti riferiti all’architettura e al design), prevede un ciclo di incontri in inglese con professionisti che tratteranno di progetto strutturale, architettura bioecologica, computazione, tecnologia, impianti e materiali. Inoltre, al termine del corso, ospiti inglesi e americani, o attivi in questi paesi, terranno un ciclo di conferenze. Il corso, strutturato su più livelli, presuppone una conoscenza base dell’inglese. Coordinatore: arch. Paolo Righetti Durata: 60 ore + conferenze finali Orario: dalle 19.00 alle 20.30 Calendario indicativo: dal 19 gennaio a giugno 2004, nei giorni di lunedì e mercoledì Costo: 600 Euro più IVA Numero minimo di iscritti: 15
• “ L’inglese in studio” Il corso si terrà presso gli studi professionali. Oltre a permettere una flessibilità di orario, questo porta il grande vantaggio di consentire la personalizzazione degli argomenti contenuti nel programma a seconda delle esigenze e dei livelli di conoscenza della lingua dei singoli architetti interessati a seguire le lezioni. Direttore: prof. Oliver Learmont Durata: 16 ore Orario: da concordare con lo Studio Calendario: da concordare con lo Studio Costo del corso: (da quattro a sei persone) 1.700,00 Euro più IVA; (da sette a dieci persone) 2.500,00 Euro più IVA • Corso L. 818/84 Prevenzione Incendi: Architettura bioecologica e Architettura per gli spazi dell’infanzia I corsi sono in previsione di attuazione per l’anno 2004 Chi fosse interessato potrà pre-iscriversi mandando una mail alla segreteria della Fondazione o compilando il modulo scaricabile dal sito. Per ulteriori informazioni potete contattare Laura Milani presso la Segreteria della Fondazione tel. 02 62534202 e-mail: fondazione@ordinearchitetti.mi.it Itinerari d’architettura In occasione della mostra La casa popolare alla Triennale di Milano (12 dicembre 2003 - 25 gennaio 2004), la Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano ha organizzato giovedì 22 gennaio 2004 alle ore 15.00 una visita guidata a cura del prof. Raffaele Pugliese, coordinatore del Comitato Scientifico della mostra. Serate di architettura Da ottobre a dicembre, presso la nostra sede, sono proseguite le consuete serate volute dall’Ordine per rilanciare i temi dell’architettura nei suoi molteplici aspetti e implicazioni. Accanto alla riflessione sulle figure di alcuni maestri della tradizione moderna (Castiglioni e Portaluppi), sono stati affrontati temi come la qualità urbana, la nuova normativa legislativa e le sfide costruttive proposte dai nuovi protagonista dell’architettura. • Non solo la luce. L’opera di Livio e Piero Castiglioni tra invenzione e design Hanno partecipato: Cesare Maria Casati, Piero Castiglioni, Dario Scodeller, Davide Boriani, Ennio Brion Moderatore: Franco Raggi L’occasione di questa serata è stata la pubblicazione del libro di Dario Scodeller Livio e Piero Castiglioni. Il progetto della luce. La qualità umana e artistica del personaggio Livio Ca-
stiglioni è emersa con inesausta vitalità dagli interventi dei relatori, mentre alle loro spalle scorrevano immagini tratte dal libro e selezionate dal figlio Piero. Franco Raggi, consigliere dell’Ordine, ha definito in apertura i tratti essenziali di Livio Castiglioni: figura “ carsica” di teorico e ricercatore nascosto, per lui la progettualità era attività totale e il design speriment azione pura, capacit à “ rabdomantica” , quasi intuitiva. Uno dei tanti artisti con cui ha collaborato, Davide Boriani, ha evidenziato il rapporto tra Livio Castiglioni e il gioco dell’arte, definendo gli anni di lavoro comune come “ i più divertenti” della sua vita. Il piacere dell’invenzione e del gioco, che in Castiglioni si spingeva fino all’uso improprio della tecnologia, ha guidato realizzazioni come la torre di Piazza del Duomo a Milano per la parata di luci del 1962, il padiglione Rai a Napoli, l’impianto di illuminazione della Biennale di Venezia con l’innovativo “ Spazio di Stimolazione percettiva” . Nonostante il suo pudore – ripeteva: “ Io sono il tecnico, tu l’artista ” – era veramente geniale e creativo. Passando all’influsso di Livio Castiglioni nel design, l’industriale Ennio Brion ha confessato, visibilmente commosso, di riconoscerne il maggior merito nella smaterializzazione della forma, nel ritorno all’archetipo, che trascende l’impiego commerciale del progetto e anticipa l’arte povera degli anni ’70: lo dimostra la radio realizzata con Zanuso, dove per la prima volta, come ha ricordato Raggi, l’elettrodomestico viene concepito come un soprammobile, non più come un mobile. L’arch. Cesare Casati, collaboratore di Livio nella progettazione di allestimenti, ha parlato di “ propensione genetica alla genialità” per i Castiglioni. L’impianto d’illuminazione nella hall dell’Hotel Marriot di Jedda e i cosiddetti “ fili danzanti” alla Triennale di Milano, realizzati senza alcuno scrupolo per le norme di sicurezza, oggi così vincolanti, mostrano che la ricerca di Livio Castiglioni era “ invenzione pura” . La capacità di fare le cose serie divertendosi è la principale eredità raccolta dal padre, ha ammesso Piero Castiglioni illustrando alcune delle sue innovative concezioni d’illuminotecnica. Tirando le somme, Dario Scodeller ha ribadito la grandezza di Livio Castiglioni nel suo nuovo modo di proporsi all’industria rifiutando la logica del problem-solving e valorizzando il lavoro di gruppo, oltre che nella concezione della luce come strumento di interpretazione dell’architettura. La serata si è conclusa con una divertente dimostrazione dell’inventiva e del gusto del gioco di Livio Castiglioni: il figlio Piero ha mostrato il funzionamento del “ segavento” , uno dei tanti oggetti partoriti dalla creatività dall’autore, due semplici bastoncini di legno che, opportunamente sfregati, trasformano il moto alternativo in moto circolare. Fare le cose serie divertendosi, appunto.
• La nuova chiesa a Tor Tre Teste di Richard Meier: una sfida costruttiva Hanno partecipato: Antonio Maria Michetti, Ignazio Breccia, Gennaro Guala, Mons. Arosio Moderatore: Ugo Rivolta Una parentesi più “ concreta” tra le serate di architettura presso la sede dell’Ordine è stata rappresentata da questa conferenza sulla realizzazione della chiesa dell’architetto americano Richard Meier a Roma, recentemente inaugurata. I problemi costruttivi sono infatti un campo nel quale l’architetto si deve quotidianamente confrontare nell’esercizio della sua professione. Il progetto, nato dalla sfida ideologica della riqualificazione delle periferie urbane, ha poi costituito in concreto una sfida costruttiva che ha coinvolto centinaia di persone, l’Ing. Breccia in particolare, che, in qualità di Direttore dei Lavori nonché ideatore del concorso, ha parlato con un incontenibile entusiasmo delle vicende del cantiere appena concluso. Per concludere Mons. Arosio, soddisfatto della neonata opera di Meier, sottolinea come non sia necessario essere di fede cattolica per progettare buone chiese, ma piuttosto di come sia indispensabile per l’architetto avere fede… anche nel bello.. In questo sicuramente l’architetto ebreo Richard Meier è riuscito. • Milano com’è e come sarà. 1 I P.R.U. costruiti e i P.I.I. per Milano e area metropolitana Hanno partecipato: Paolo Simonetti, Giacomo Borella, Arturo Lanzani, Cino Zucchi Moderatori: Bertrando Bonfantini, Stefano Guidarini Una riflessione sulla natura sfuggente del concetto di qualità urbana e sull’idea di città sottesa alle recenti trasformazioni edilizie a Milano e nell’area metropolitana ha animato la serata di architettura del 19 novembre scorso, la prima di un ciclo di altre quattro che si terranno tra gennaio e aprile su singoli progetti e piani di intervento (Fiera e Asse Sempione, area Bicocca, Terminale del Passante e Montecity). Coordinati da Bertrando Bonfantini e Stefano Guidarini, gli interventi dei relatori sono stati aperti da Arturo Lanzani, assessore all’urbanistica del comune di Seregno ed esperto conoscitore delle trasformazioni del territorio. Dopo aver classificato le principali tipologie del cambiamento (procedure amministrative come i PRU e i PII, trasformazioni interne, trasformazioni nei comuni limitrofi e nell’area allargata che si ripercuotono sulla metropoli), Lanzani ha espresso un giudizio limitativo su PRU e PII, spazi rigidi, poco innovativi, inadatti a dialogare con il territorio locale e con quello allargato, e ha manifestato forti dubbi sulle procedure di valutazione dei progetti a posteriori. In assenza di una “ strategia” generale di intervento, per lui sarebbe auspicabile elaborare scenari di riferimento, ovvero “ immagini di futuro” , usando al-
• Un nuovo condono edilizio Hanno partecipato: Pierluigi Mantini, Fortunato Pagano, Paola Pirrotta, Piero Torretta, Daniela Volpi Moderatori: Marco Engel, Annalisa Scandroglio È uno dei temi più controversi e discussi di questo periodo quello che è stato affrontato in occasione delle serate di architettura organizzate dalla Fondazione dell’Ordine: il Nuovo Condono Edilizio contenuto nella Finanziaria proposta e approvata dall’attuale governo. Tra i partecipanti all’incontro, introdotto dall’arch. Daniela Volpi, Presidente dell’Ordine, figuravano la dott.ssa Paola Pierotta, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, il dott. Piero Torretta, Presidente di Assoimpredil, l’avv. Fortunato Pagano, membro del direttivo nazionale dell’INU e l’onorevole Pier Luigi Mantini (Margherita).
L’orientamento generale espresso dalla maggioranza degli intervenuti al dibattito ha rispecchiato la posizione dell’Ordine e di buona parte dell’opinione pubblica su questa controversa questione. I molteplici aspetti trattati hanno messo in evidenza i punti fondamentali della critica in atto che ha determinato una così forte opposizione a questo Decreto Legge, contro il quale la società civile ha manifestato un vivace disappunto e gli ordini professionali e le associazioni ambientaliste hanno preso posizioni così nette. Affrontando le questioni tecniche, giuridiche, urbanistiche e sociali, sono stati evidenziati gli aspetti negativi di una nuova sanatoria edilizia, dai vizi di incostituzionalità contenuti all’interno del Decreto stesso, al rischio di una perdita di credibilità della pianificazione territoriale sino al consolidarsi di un generale mal costume che potrebbe risultare terreno fertile per il perpetuarsi di ulteriori abusi in campo edilizio. L’accento è stato posto in particolare sulla disparità che si verrebbe a creare con l’applicazione di tale Legge, nel momento in cui i danneggiati risulterebbero essere la società stessa e tutti coloro che hanno operato ed operano, con etica professionale, nel rispetto di leggi e regolamenti, sicuri che l’Architettura debba essere “ ... non ‘patetica’; concretamente dedicata agli uomini” . Per un completo ed esaustivo confronto è mancato il punto di vista della maggioranza di governo, che avrebbe dovuto essere rappresentata dall’onorevole Maurizio Lupi (Forza Italia) impossibilitato a partecipare. Diversi interventi da parte del pubblico presente in sala hanno concluso la serata fornendo molteplici spunti per un ulteriore approfondimento del tema. Jacopo Ferrero • Le esperienze di Portaluppi Hanno partecipato: Nicola Braghieri, Luca Molinari, Alessandro Mendini, Italo Rota Moderatore: Giulio Barazzetta In occasione della mostra su Piero Portaluppi in corso alla Triennale, l’Ordine degli Architetti ha invitato la Triennale e la Fondazione privata Portaluppi a rilanciare la riflessione sull’architettura. Gli interventi dei relatori, tutti legati più o meno direttamente all’opera del maestro milanese, si sono succeduti mentre alle loro spalle scorrevano belle immagini girate dallo stesso. Introducendo la serata e precisandone il senso, Giulio Barazzetta ha sottolineato l’influenza di Portaluppi, a suo parere ancora poco studiato, sul panorama architettonico della nostra città dagli anni Venti in poi. Nicola Braghieri ha coniato per lui una definizione molto singolare: “ panettone con i datteri” , a rimarcare da un lato la sua fedeltà sia alla tradizione urbana dell’Ottocento sia alla tradizione delle arti applicate, dall’altro il suo carattere eclettico e, per certi aspetti, esotico ed esoterico. Tuttavia la qualifica di eclettico,
spesso affibbiatagli, rende ragione solo in parte della sua creatività: percorrendo vari stili architettonici, le sue opere passano dal lusso nobile e raffinato a quello borghese e capriccioso. Per anni criticato più che apprezzato, Portaluppi continua a offrire agli studiosi molteplici strade interpretative. Dopo aver ricordato la funzione della Fondazione privata Portaluppi, che in parte può sopperire all’attuale “ latitanza” della borghesia milanese nella committenza architettonica, Luca Molinari ha difeso la mostra della Triennale da alcuni rilievi di Braghieri: parlare di Portaluppi “ uomo” e dei suoi contatti con il mondo politico è importante per capirne l’opera, che rimane il centro d’interesse dell’allestimento. La sua è una figura difficile, ma bisogna liberarsi dalla retorica “ dei buoni e dei cattivi maestri” : nessun architetto deve essere giustificato. Molto critico l’intervento di Italo Rota, per il quale il confronto con le ingombranti figure del passato comporta il rischio di non concentrarsi sul presente. Portaluppi, per lui, è “ maestro di decorazione” , di zelo e intelligenza architettonica; tuttavia, dietro le sue opere, si riconosce una “ visione me-
diocre” della vita. Anche se le sue realizzazioni hanno il merito dell‘alta riconoscibilità e di aver creato delle “ mode architettoniche” ciclicamente ricorrenti, le sue case – “ case del potere” – pongono indubbi problemi di abitabilità. Ha chiuso con una nota leggera il noto designer Alessandro Mendini, che, pur non avendo mai conosciuto direttamente Portaluppi, ne ha vissuto intimamente l’opera, restandone forse inconsciamente influenzato: la sua infanzia, infatti, è trascorsa prima nella fiabesca dimora di via Jan a Milano – dove ha passato i primi mesi della sua vita di “ settimino” su una poltrona a forma di carciofo ideata dallo stesso Portaluppi – poi nella villa Cavaccini di Salò, anch’essa realizzata dall’architetto milanese. I suoi studi al Politecnico lo hanno portato in seguito ad approfondire i caratteri dell’opera di Portaluppi, tra i quali spicca la capacità di concentrazione estetica dei particolari della decorazione. Tirando le somme, Luca Molinari ha ribadito che non bisogna aver paura di portare alla ribalta i maestri del passato, non per insegnare qualcosa ai contemporanei, ma per recuperare la tradizione moderna.
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Informazione
meno “ tattica” , con una forte assunzione di responsabilità da parte dei politici e riscoprendo il “ valore civile” del sapere tecnico. Paolo Simonetti, direttore del Progetto PII, ha risposto documentando il lavoro svolto con la sua équipe a partire dai risultati quantitativi, che hanno comportato un decisivo ampliamento degli interventi di urbanizzazione primaria. Ricordando alcune delle procedure a priori adottate (valutazione di impatto ambientale, dialogo con la comunità attraverso i Consigli di Zona), Simonetti ha difeso i PII definendoli “ forti occasioni di progettazione” che hanno allargato la possibilità di accedere al “ bene casa” garantendo una ricaduta positiva sulla collettività grazie all’applicazione degli standard qualitativi. Di tutt’altro avviso Giacomo Borella, critico del “ Corriere della Sera” , per cui PRU e PII sono stati “ occasioni perdute” , “ colossali televendite immobiliari” , frutto di una concertazione al ribasso tra amministrazione pubblica, committenza e progettisti a danno dei cittadini. La qualità dei progetti, a suo avviso, è modesta e la fine dell ’immobilismo edilizio non è un argomento sufficiente. Cino Zucchi ha riportato la discussione sul concetto di qualità urbana, esortando a riflettere sul crollo dei valori di riferimento che la modernità comporta e osservando che negli ultimi vent’anni è diminuito il potere dell’architetto “ demiurgo” : sempre più vincolati dalle procedure e dalle regole immobiliari, è difficile fare la “ città bella” . Pur riconoscendo che la qualità dei PRU degli anni ’90 è indubbiamente scadente, all’amministrazione attuale va il merito di aver moralizzato le procedure amministrative; tuttavia – ha concluso Zucchi – nessuna legge può sostituire una cultura di progetto: come diceva Gino Valle, “ il progetto è tutto” . La serata si è conclusa con un vivace dibattito, protrattosi fino a notte inoltrata, a testimonianza della scottante attualità delle problematiche sollevate e che si presume continuerà anche per le prossime serate sull’argomento.
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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro
Informazione
Aree protette Abusi edilizi nelle zone protette: Urbani sta con gli ambientalisti (dal “ Corriere della Sera” del 4.12.2003) “ Il mio augurio è che quell’ emendamento venga espulso dal provvedimento” . Con queste parole Giuliano Urbani apre le ostilità contro la norma, introdotta alla Camera con un emendamento di parlamentari di Forza Italia alla delega ambientale, che estingue il reato penale di danno ambientale per chi costruisce nelle aree protette. Urbani si sarebbe espresso per lo stralcio del comma 32 dalla Legge delega o per tornare al testo precedente. Architettura “Soltanto case ecologiche, per legge”. Carugate primo comune in Italia ad imporre le regole della bioedilizia in tutte le costruzioni (dal “ Corriere della Sera” del 19.11.2003) Mai un regolamento edilizio ha fatto parlare tanto di sé negli ultimi anni. Èil primo, e per ora unico, in Italia che non solo consiglia, ma obbliga chi vuol costruire case a seguire criteri di bioedilizia. Case ecologiche, insomma, dove dai muri, agli impianti, ai materiali usati, la logica deve essere: inquinare meno e risparmiare energia. A Carugate sono entrate in vigore regole precise, costate più di un anno di lavoro all’ufficio tecnico, al Sindaco, all’Assessore all’Urbanistica e a un superesperto: Giuliano Dallò, responsabile della rete Punti energia della Regione Lombardia, struttura che si occupa della promozione di fonti energetiche alternative e compatibili. Inquinamento Ratifica di Kyoto, i russi si spaccano. Il piano italiano per ridurre le emissioni dei gas serra: centrali energetiche più efficienti e rimboschimento (dal “ Corriere della Sera” del 4.12.2003) La Russia continua ad occupare la scena della conferenza mondiale sul Protocollo di Kyoto. Mentre
Mosca oscilla tra il si e il no al trattato sul clima, l’Italia si dice ottimista sull’esito finale della trattativa e annuncia di avere iniziato la prima fase di “ tagli” alle emissioni dei gas serra. In Italia l’obiettivo è di diminuire le emissioni del 6,5% nel 2010 rispetto al 1990. M ilano “Città della moda e San Vittore, gli errori dell’urbanistica”. L’ex Sindaco Tognoli faccia a faccia con l’Assessore Verga sulle scelte per il futuro di Milano (dal “ Corriere della Sera” del 25.11.2003) Pensare in termini di “ Grande Milano” , affrontare il tema urgentissimo della casa e dei 30 mila alloggi che mancano, inventare la riqualificazione di un quartiere con l’aiuto promesso dalla Fondazione Cariplo. Al tavolo dell’Associazione “ Amare Milano” si parla di urbanistica: da una parte ci sono due ex Sindaci, Carlo Tognoli e Pietro Borghini. Tra loro l’Assessore comunale all’urbanistica, Gianni Verga elenca i punti che dimostrerebbero come Milano stia effettivamente cambiando: con 7 milioni di metri quadrati di aree dimesse rimesse a nuovo, con la Fiera e Garibaldi – Repubblica, con Rogoredo e il Villaggio dello sport. “Più grattacieli, M ilano deve puntare in alto”. Albertini: sogno un obelisco moderno, così come un tempo facevano gli egiziani. C’è bisogno di un rinnovamento architettonico (dal “ Corriere della Sera” del 12.12.2003) Il sindaco ha un’idea chiara: “ Come il Pirellone di Gio Ponti e la Torre Velasca dei BBPR sono stati i segni della Milano moderna, ci vuole un segno della Milano europea: un grattacielo ecologico. Il grattacielo libera aree verdi, può sfruttare energia eolica e lascia spazio per la città” . Gli fa eco l’Assessore all’Urbanistica, Gianni Verga: “ Come Parigi, Berlino e Londra questo è il momento in cui anche la nostra città deve rispondere con chiarezza a una chiamata di rinnovamento architettonico” . I maestri dell’architettura in gara per la vecchia fiera. Approvato il restauro della struttura, progetti entro marzo (dal “ Corriere della Sera” del 11.12.2003) Un altro monumento dell’architettura mondiale si cimenterà con
la nuova Fiera, Frank O’ Ghery, autore del Guggenheim Museum di Bilbao. La cosa singolare è che collaborerà con un altro mostro sacro del calibro di Norman Foster. Entrambi lavoreranno al progetto di riqualificazione del vecchio quartiere della Fiera per il raggruppamento di imprese che fanno capo a “ Risanamento s.p.a.” (Zunino). Ma i progetti in tutto saranno otto e alla fine di luglio si conoscerà il vincitore. Il consiglio comunale ha approvato, non senza polemiche da parte delle opposizioni, la variante al piano regolatore che chiude l’iter amministrativo della riqualificazione della “ vecchia” fiera. “Le case costano troppo. M ilano perde abitanti”. I costruttori: in dieci anni residenti diminuiti dell’otto per cento (dal “ Corriere della Sera” del 11.12.2003) Dal ’91 al 2001, i residenti sono diminuiti dell’otto per cento nel comune capoluogo e circa del 1,6 per cento nei comuni confinanti. I costosi appartamenti di Milano sono stati abbandonati per più accessibili alloggi dei comuni della “ seconda corona” . Risultato: nei dieci anni presi come riferimento la popolazione della provincia è aumentata del 7,1 per cento. I costruttori riuniti nell’Ance per risolvere il problema fanno leva sul pubblico: “ Oggi l’edilizia sovvenzionata copre soltanto l’otto per cento della domanda. È necessario riproporre con convinzione l’edilizia pubblica. Per troppi anni trascurata, anche a Milano” . Fontane, spazi verdi e isole pedonali: la città ideale dei DS. Il progetto: via le auto dal centro, parchi per i bimbi, recupero dei Navigli (dal “ Corriere della Sera” del 11.12.2003) Vogliono una città più bella e più vivibile: immaginano il centro chiuso alle auto, spazi per i bambini, fontane e metropolitane che arrivino ovunque, più parchi e più case. I DS milanesi si sono fatti aiutare da Antonello Boatti, professore del Politecnico, e hanno steso un decalogo della città ideale. “ Pensiamo a un modello alternativo a quello che ci ha imposto il centro destra in questi anni, con il risultato che non si sono affrontate le grandi questioni e non si è dato un respiro alla città” , afferma il coordinatore cittadino, Pierfrancesco Majorino. Il decalogo parte dall’acqua: dalla riqualificazione dei Navigli, al recupero dei tracciati storici della Martesana, fino all’utilizzo dell’acqua di prima falda per una rete di canali, specchi d’acqua e fontane. Urbani: M ilano avrà il M useo del design e un programma culturale per la sede Rai (dal “ Corriere della Sera” del 8.12.2003) Il ministro Urbani risponde alle domande sui progetti per Milano. “ Il consiglio di amministrazione della Triennale ha avanzato due richieste di finanziamento sul piano del lotto 2004-2006, una per l’archi-
vio storico e l’altra per il Museo del design. Saranno esaudite. Ricordo la filosofia innovativa di questo ente e vorrei fugare ogni dubbio sul concomitante museo del Made in Italy previsto dalla Finanziaria a Roma. Per il museo della scienza saranno stanziati, con il piano del Lotto 2004-06, 5 milioni di euro per il restauro della parte napoleonica dell’edificio e dell’ingresso” . Provincia Un villaggio per il disagio. Cernusco avrà anche un parco da 170 mila mq (da “ Italia Oggi” del 26.11.2003) È stato inaugurato il nuovo centro di riabilitazione psichiatrica, Villaggio Sant’Ambrogio, progettato da Alberto Lietti, realizzato in base all’accordo di programma tra la Regione Lombardia, il comune di Cernusco e l’ordine ospedaliero Fatebenefratelli. L’attuale sede dell’Istituto di riabilitazione psichiatrica, la settecentesca Villa Alari, è stata integralmente restaurata mentre sull’area di 155 metri quadrati è stato realizzato il nuovo insediamento. Tecnologia Quella casa chiamata nanotech. Allo studio materiali innovativi che perfezioneranno i tradizionali elementi architettonici (da “ Il Sole 24 Ore” del 5.12.2003) Vetri autopulenti, piani da lavoro in cucina su cui le macchie di sugo non attecchiscono, intonaci refrattari ai raggi ultravioletti, vernici fotovoltaiche capaci di produrre elettricità a basso costo. È la nano-casa del futuro. Un’abitazione rivoluzionata dall’impiego massiccio delle nanotecnologie che potrebbe veder già la luce fra tre anni. A lavorare al progetto Nanohouse, cominciato l’anno scorso, è l’università della tecnologia di Sidney (Uts). Il gruppo di lavoro è coordinato dal professor Carl Masens, dell’Uts: “ Nanohouse – spiega – è stata concepita all’interno dell’Istituto per la tecnologia su nanoscala con l’obiettivo di realizzare un insieme di esempi chiari e concreti che mostrassero le nuove applicazioni. Il nanotech, ad esempio, ha un importante impatto sul trattamento delle superfici. Attraverso il controllo della chimica delle superfici i ricercatori possono verificare come un oggetto interagisce con il suo ambiente” .
Rassegna mostre a cura della Redazione Da Modigliani al contemporaneo. Scultura dalle collezioni Guggenheim Modena, Foro Boario via Bono da Nonantola 30 novembre 2003 - 7 marzo 2004 Venezia: Canaletto/Elger Esser Milano, Palazzo Brivio Sforza via Olmetto 17 2 dicembre 2003 - 14 febbraio 2004 Scenografi alla Fenice 1792-1902 Venezia, Museo Correr Ala Napoleonica 11 dicembre 2003 - 29 febbraio 2004 Il tempio Vaticano. Carlo Fontana, 1694 Venezia, Chiesa di san Maurizio campo san Maurizio, campo san Marco 13 dicembre 2003 - 1° febbraio 2004 Montagna arte scienza mito Rovereto, Mart corso Bettini 43 19 dicembre 2003 - 17 aprile 2004 3D Milano, Galleria Pack Foro Buonaparte 60 19 dicembre 2003 - 31 gennaio 2004 Bruno Zoni Parma, Salone delle Scuderie Palazzo della Pilotta 20 dicembre 2003 - 15 febbraio 2004 Alberto Campo Baeza. Alla luce del Palladio Vicenza, Basilica Palladiana gennaio - 2 maggio 2004 La città infinita. Ipermodernità – spaesamenti, del vivere e del produrre in Lombardia Milano, Palazzo della Tiennale viale Alemagna 6 13 gennaio - 7 marzo 2004 Pittori della realtà. Le ragioni di una rivoluzione. Da Foppa e Leonardo a Caravaggio e Ceruti Cremona, santa Maria della Pietà 14 febbraio - 2 maggio 2004
La Grande Bilbao a Genova
In memoria di Giovanni Ferracuti
La “casa per tutti” in Emilia Romagna
Bilbao a Genova: la cultura cambia la città Genova, Palazzo Ducale, Sottoporticato piazza Matteotti 9 11 ottobre 2003 - 11 gennaio 2004
2ª Giornata di studi sulla Produzione Edilizia Venezia, Aula Magna IUAV 11 dicembre 2003
Forme e tracce dell’abitare. Oikos Centro Studi, Bologna 15 novembre - 21 dicembre 2003
La mostra presentata a Genova può considerarsi come l’anello di congiunzione tra l’anno in corso e il prossimo, quando Genova sarà Capitale Europea della Cultura. Oltre a una introduzione generale della città, la mostra è divisa in tre sezioni: la prima presenta materiale a carattere prevalentemente urbanistico e architettonico: pannelli, fotografie, progetti, disegni e modelli che documentano gli interventi più significativi e che hanno contribuito a dare una nuova fisionomia alla città. Tra questi il Guggenheim Bilbao, rappresentato dal modello dalla maquette di Frank Gehry, l’edificio che ha dato il via alla nuova immagine della città basca contribuendo in modo decisivo alla proiezione di un’immagine della Grande Bilbao strettamente legata all’arte e alla cultura. Un progetto strategicopolitico complessivo che ha avuto ricadute ben superiori alle aspettative raggiungendo il suo obiettivo fondamentale di fornire alla Grande Bilbao un sapore culturale internazionale, migliorando la sua immagine all’estero e dando spinta al recupero economico, grazie anche alla notevole pubblicità avuta sulla stampa mondiale che ne ha attirato sia investitori che visitatori. Altri progetti in mostra sono il nuovo aeroporto, la metropolitana e il ponte Zubi Zuri di Santiago Calatrava; il Palazzo dei Congressi di Federico Soriano e Maria Dolores Placios; il nuovo waterfront di Cesar Pelli; in tutto sono rappresentate 14 opere a significare il lavoro degli ultimi dieci anni compiuto sulla città di Bilbao. La mostra propone poi una sezione di carattere più artistico con opere provenienti dalle collezioni del Museo de Bellas Artes, a testimonianza del ricco patrimonio storico-artistico della città attraverso una delle sue istituzioni culturali più prestigiose e ricche di storia. La terza, infine, presenta opere di artisti spagnoli della collezione permanente del Museo Guggenheim. Marco Grassi
Si è tenuta a Venezia, coordinata dal prof. Aldo Norsa, la 2ª giornata dedicata al filone disciplinare della Produzione Edilizia, come la prima, del maggio 2002, intitolata alla memoria del professor Giovanni Ferracuti, attento e intelligente studioso della materia, prematuramente scomparso. La sessione mattutina del Convegno ha visto la presentazione del volume Tecnologia, progetto, manutenzione, curato da Andrea Missori dello IUAV ed edito per i tipi della Franco Angeli; un’antologia di scritti esito del dibattito e dei gruppi di lavoro tematici del precedente incontro. Nella seconda parte della giornata, invece, si è dato corso a una ricognizione sulle diverse esperienze formative messe in campo dalle singole sedi universitarie in tema di Produzione Edilizia, soffermandosi, con particolare attenzione, sull’analisi del progetto co-mastering in “ Management delle Costruzioni” , realizzato da Afm Edilizia (Ance) e Miur in collaborazione con alcuni atenei del Mezzogiorno. L’obiettivo dichiarato, e da qui il concorso delle istituzioni e delle realtà imprenditoriali locali del Veneto (rappresentate, rispettivamente, dall’Assessore regionale ai Lavori Pubblici, Massimo Giorgetti, e dal Presidente dell’Associazione Costruttori di Treviso, Stefano Pelliciari), ma anche dei numerosi docenti dell’area, è quello di riprendere e replicare tale positiva iniziativa, istituendo un master di primo livello – fra una pluralità di sedi universitarie di Architettura e di Ingegneria organizzate in rete – orientato alla formazione di figure professionali direttive con competenze di eccellenza nella gestione della “ nuova impresa” di costruzioni. Il lungo dibattito è servito alla definizione di una linea programmatica concettuale, atta ad orientare la stesura in concreto di una prima bozza di ordinamento per il master, e a sondare – con esito più che positivo – disponibilità e accoglienza di tale iniziativa presso soggetti politici e imprenditoriali, il cui coinvolgimento, ovviamente, è fondamentale la buona riuscita del progetto. Claudio Sangiorgi
La mostra organizzata da Oikos Centro Studi presenta una selezione di esperienze edilizie esemplari derivanti da una più ampia ricerca sulle realizzazioni compiute in base all’attuazione del piano decennale in Emilia Romagna, commissionata dall’Assessorato Programmazione Territoriale della Regione stessa. Il contenuto dell’intero studio è raccolto in un volume intitolato Forme e tracce dell’abitare. Una risposta sociale per la Qualità Urbana in Emilia Romagna, tale titolo sintetizza gli intenti della breve, ma interessante mostra allestita presso il padiglione dell’Esprit Nouveau di Le Corbusier, ricostruito nel quartiere fieristico di Bologna. Una serie di pannelli guidano il visitatore dalla dimensione regionale a quella delle singole città, identificate attraverso brani di autori diversi, da Guido Piovene a Vittorio Magnago Lampugnani, che descrivono le impressioni da esse suscitate. Nello spazio espositivo vero e proprio del padiglione, sono collocati altri pannelli illustrativi dei singoli interventi, che vogliono comunicare al pubblico gli obiettivi perseguiti dai diversi operatori pubblici: Comuni, Iacp/Aler, e privati (Cooperative, Imprese o Associazioni). Dai P.E.E.P. al restauro di complessi preesistenti, ogni lavoro ha cercato di migliorare ogni aspetto del costruire: dalla ricerca formale, alla sperimentazione tecnologica, dalla riqualificazione del tessuto urbano, alla definizione del paesaggio, nel costante rispetto dell’utenza. Il fine cui la mostra tende è, infatti, dimostrare che esiste “ una casa come ciascuno la vuole e adatta a tutti” , riallacciandosi a temi già affrontati dall’architettura degli anni QuarantaCinquanta. L’esposizione è corredata anche da due videoproiezioni che mostrano gli interventi e la porzione di città o territorio in cui sono stati eseguiti; una di esse è posta nello spazio a doppia altezza del padiglione, dove si trova l’ultima serie di pannelli. Questa esplicita, infatti, il fattore più significativo: il rapporto “ abitante/abitare” grazie alle fotografie di Sergio Buffini che accostano riflessioni, esempi di edifici e loro utenti. Maria Teresa Feraboli
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Informazione
Mostre
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno 2000 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio 1390 1387,59 1393,87 1430 1430,28 1435,31 1460 1462,93 1467,96 1500 1501,86 1504,37
Marzo
Aprile
Maggio Giugno Luglio 1400 1410 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1440 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1480 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1510 1511,91 1513,16 1514,42 1518,19
1397,63 1436,56 1470 1471,72 1509,4
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2000
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2001 2002
Indici e tassi
2003
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio 480 480,23 482,40 483,70 484,14 485,44 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 520 519,78 520,64 522,38 523,25 523,69
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 1420 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1450 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1490 1484,28 1486,79 1490,56 1494,33 1495,58 1520 1520,7 1524,46 1525,72 1529,49
novembre 1978: base 100 Giugno
dicembre 1978:100,72
Luglio
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 490 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 512,39 512,82 513,69 514,56 515,86 517,17 517,6 524,12 525,43 526,29 527,6
528,03 529,34
3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)
anno 1995: base 100
Anno
Gennaio Febbraio
Giugno
2001 2002 2003
109,30 109,69 109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 111,80 112,18 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91 114,2 114,29 114,77 114,97 115,35 115,54 115,64 115,73 116,02 116,21 116,50 116,60 116,89
Marzo
Aprile
Maggio
Luglio
giugno 1996: 104,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
dicembre 2000: 113,4
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
100,44 100,79 100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 102,73 103,08 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67 104,93 105,02 105,46 105,64 105,99 106,17 106,26 106,34 106,61 106,79 107,05 107,14 107,40
4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
gennaio 1999: 108,2
Anno
Gennaio Febbraio
2001 2002 2003
105,26 105,63 105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 107,67 108,04 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7 109,98 110,07 110,53 110,72 111,09 111,27 111,36 111,46 111,73 111,92 112,19 112,29 112,56
5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
anno 2001: base 100
gennaio 2001: 110,5
2001 2002 2003 103,07 105,42 108,23
6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
Luglio
anno 1999: base 100
anno 1995: base 100
1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08
7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51
novembre 1995: 110,6
1999 2000 2001 2002 2003 111,52 113,89 117,39 120,07 123,27 anno 1997: base 100
febbraio 1997: 105,2
2001 2002 2003 108,65 111,12 113,87
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.
Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.
della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U.
8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003
3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%
Con riferimento all'art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “ Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.
Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003
3,35% +7 2,85% +7
10,35% 9,85%
Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).
Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.