AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 3 Marzo 2002
Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti
Editoriale
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Forum Architettura e infrastrutture interventi di Massimo Caputi, Giuseppe Gambirasio, Jacopo Gardella, Marco Gnecchi Ruscone, Antonio Lombardo, Luca Scacchetti Bergamo Brescia Como Lecco Milano Pavia Varese
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Sommario
Direttore Responsabile: Emiliano Campari
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti consulta.al@planet.it Presidente e Tesoriere: Emiliano Campari; Vice Presidente: Daniela Volpi; Segretario: Giuseppe Rossi; Consiglieri: Umberto Baratto, Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Stefano Castiglioni, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 http://www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 http://www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Guido Dallamano, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 http://www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 http://www.cr.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticremona@archiworld.it Informazioni utenti: infocremona@archiworld.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 http://www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 http://www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 http://www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guarnieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 http://www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza e segreteria: architettimilano@archiworld.it Informazioni utenti: infomilano@archiworld.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 http://www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Gianni M. Colosetti, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 http://www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 http://www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Stefano Castiglioni; Segretario: Riccardo Papa; Tesoriere: Pietro Minoli; Consiglieri: Claudio Baracca, Enrico Berté, Maria Chiara Bianchi, Antonio Bistoletti, Emanuele Brazzelli, Claudio Castiglioni, Orazio Cavallo, Gabriele Filippini, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)
Maurizio Carones
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Editoriale
La generale attenzione verso il tema delle infrastrutture si è manifestata negli ultimi anni, volta per volta, nelle lunghe discussioni sulla realizzazione di nuove grandi opere e sul rinnovamento della rete infrastrutturale, nella progettazione e nella realizzazione di altre opere, nelle modifiche di assetti societari e di modalità di gestione e, più recentemente, in alcuni provvedimenti legislativi che hanno riportato al centro del dibattito anche il ruolo del progetto in rapporto alla realizzazione delle infrastrutture. È opinione diffusa che l’architettura in tutta questa vicenda non sempre riesca ad interpretare una parte determinante. Ciò dipende da una serie di questioni evidenti nel corso dei vari interventi di questo numero di “AL” - che indicano la necessità che il progetto di architettura riesca a svolgere un ruolo di componente tecnica di qualità all’interno di processi più ampi. Lo svolgimento di tale ruolo è però fortemente subordinato alla capacità della pubblica amministrazione di comprendere come un ragionamento architettonico sia condizione necessaria ad ogni intervento sul territorio e non una rifinitura superficiale che è possibile aggiungere alla fine di un lungo processo, sorta di rivestimento, di rimedio di scena dell’ultimo minuto. L’architettura, come peraltro generalmente ed anche genericamente - condiviso almeno nelle intenzioni da parte di tutti, entra invece nel processo di definizione delle scelte formali dalla scala dei piani territoriali a quella della progettazione, sia delle “reti” che dei “nodi” infrastrutturali, e dovrebbe essere presente a qualsiasi livello scalare quale componente strutturale di ogni passaggio progettuale. In questo senso, la possibilità che ciò avvenga è, allo stesso tempo relativa alla capacità degli architetti di partecipare positivamente a processi che riguardano aspetti economici e finanziari di natura più generale ridefinendo alcune modalità di svolgimento della professione verso la partecipazione al lavoro di gruppo attraverso la proposizione dell’architettura come competenza specifica. Questione importante è quindi quella di riaffermare con determinazione il ruolo del progetto di architettura anche in territori che solo apparentemente sembrano non appartenergli completamente. Certo, sarebbe un grave errore - e non solo una occasione perduta se la componente architettonica nel progetto delle infrastrutture fosse considerata accessoria e quindi, in caso di procedure accelerate e di urgenza, come d’altra parte spesso è accaduto, potesse essere considerata elemento non intrinseco del progetto. Da parte degli architetti è forse allora opportuno cercare di partecipare il più possibile a questo dibattito, non considerando il campo già perduto in partenza. Questo riguarda evidentemente anche la scala regionale, della quale tendenzialmente ci occupiamo. In Lombardia si sta discutendo di alcune opere importanti - alcune anche di scala europea -, altre sono in corso di progettazione, altre sono state realizzate. Qual è, o qual è stato, il ruolo del progetto di architettura in questi casi? Argomentazioni ed esemplificazioni danno qui alcune risposte ma intendono anche essere parte di un dibattito più generale.
Architettura e infrastrutture
Forum
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Nel progetto delle infrastrutture l’architettura spesso non ha un ruolo determinante e viene aggiunta come qualcosa di non necessario. Tuttavia alcune esperienze costituiscono validi esempi di integrazione fra architettura e progetto infrastrutturale. Il Forum di questo numero, curato da Maurizio Carones, rappresenta un’occasione per interrogarsi sulla situazione in Lombardia, in un momento in cui la questione delle infrastrutture è individuata come una delle priorità della politica di investimenti in Italia. Gli interventi richiesti ci restituiscono lo scenario del rapporto tra architettura ed infrastrutture, attraverso le riflessioni dei rappresentanti di Enti di infrastrutture ferroviarie, stradali, aeroportuali ed il parere di architetti che hanno avuto l’occasione di cimentarsi con questi temi. Ringraziamo pertanto Massimo Caputi, Amministratore delegato della Società Grandi Stazioni, Giuseppe Gambirasio, prof. ordinario di Progettazione architettonica presso lo IUAV di Venezia, Jacopo Gardella, consigliere dell’Ordine degli Architetti di Milano, Marco Gnecchi Ruscone, responsabile della Progettazione Aree Nuove Costruzioni Impianti SEA, Antonio Lombardo, responsabile dell’Ufficio Valutazione Impatto Ambientale del Compartimento ANASdi Milano e Luca Scacchetti architetto, milanese.
L’architettura e le infrastrutture ferroviarie di Massimo Caputi Il ruolo avuto dall’architettura nelle fasi progettuali, che hanno preceduto l’avvio dei lavori di riqualificazione a Roma Termini, ha costituito a mio avviso un esempio importante di integrazione tra intervento infrastrutturale e progettazione architettonica. Questo rapporto si è sviluppato su una sperimentazione che ha prodotto un modello metodologico innovativo dal punto di vista dell’organizzazione della progettazione, adottato anche nelle attuali fasi di pre-cantierizzazione preliminari agli interventi nelle altre grandi stazioni italiane. Il modello consiste nella struttura stessa della progettazione pensata, fin dall’inizio del progetto pilota di Termini SpA, come una struttura interna alla Società, interna alla complessa realtà con la quale il progetto doveva confrontarsi, organizzata ad operare sul campo in modo che vivesse quotidianamente le evoluzioni di questi spazi. Tutto ciò ha richiesto necessariamente un profondo ripensamento delle soluzioni esistenti e l’avvio di una nuova ricerca progettuale in grado di comporre, secondo una logica unitaria, le diverse esigenze spesso contraddittorie e mutevoli che si esprimono all’interno di una grande stazione ferroviaria. Contrariamente a quanto accadeva spesso in precedenza, con il consueto ricorso a professionisti esterni che avanzavano proposte in gran parte inadeguate alle esigenze concrete ed alle economie in gioco, Grandi Stazioni si è costituita come committente “ attivo” , forte di una propria cultura del progetto. All’interno della Società, a seguito di una fase di affinamento e di verifica dei programmi di intervento, sono stati redatti i progetti preliminari e definitivi dell’insieme, mentre per la progettazione esecutiva e per lo sviluppo di alcuni progetti settoriali ci siamo avvalsi di società di
ingegneria di alto livello e di consulenti professionali. È stato creato così uno spazio aperto all’apporto di molti progettisti. Nel caso di Termini hanno partecipato al lavoro Pierluigi Cerri, Michele De Lucchi e l’Atelier Mendini per alcuni allestimenti interni, Piero Castiglioni per l’illuminazione e Vignelli Associates per la segnaletica. Si è trattato di un intenso lavoro di progettazione, coordinato dall’architetto Marco Tamino, iniziato nell’agosto ‘97 e che si è protratto fino alla conclusione dei lavori. Sul piano architettonico, un tema in particolare ha rappresentato la vera sfida dei progettisti: mantenere in equilibrio due esigenze apparentemente inconciliabili come il restauro e la trasformazione, la conservazione e l’apertura dei cantieri all’interno di edifici spesso protetti e sotto tutela. Un corretto progetto di ristrutturazione doveva porsi in questa doppia ottica di lettura: ineluttabilità del mutamento e conservazione del carattere originalmente moderno del manufatto. Con questa impostazione il valore fondamentale che doveva essere recuperato era dunque la spazialità del monumento, liberando lo spazio che nel tempo era stato invaso da superfetazioni e ingombri vari e restituendo la percezione di un unico grande ambiente in continuità con l’esterno. Anche il progetto per la stazione Centrale di Milano si ispira a questa impostazione. Gli interventi saranno volti ad eliminare box commerciali e di servizio, le numerose superfetazioni e tutte le installazioni provvisorie divenute definitive con il passare del tempo, compromettendo la leggibilità dell’architettura storica ed ingombrando fisicamente i percorsi e gli spazi. Prende l’avvio un programma che consentirà di ripristinare la qualità architettonica ed i valori spaziali di questo complesso monumentale inaugurato nel 1931 sul progetto di Ulisse Stacchini. Verranno restaurati e posti in luce le parti marmoree ed i rivestimenti lapidei, le pavimentazioni, le decorazioni e gli elementi di arredo originali, affrontando parallelamente il tema della profonda trasformazione delle funzioni, dei servizi, dei sistemi di percorrenza e della messa a norma degli ambienti, che richiedono necessariamente interventi innovativi. L’approccio compositivo adottato, di tipo “ minimale” , si limiterà a forme e strutture essenziali, allontanandosi volutamente dalle esibizioni decorative che hanno caratterizzato le sfrenatezze post-moderne di fine secolo. Pochissimi i materiali usati che non si sovrappongono né interferiscono con l’architettura storica. Gli interventi per la riorganizzazione funzionale sono orientati a produrre la massima permeabilità ed apertura del complesso verso il tessuto urbano circostante, eliminando, per quanto possibile, il valore di “ barriera” che l’edificio costituisce rispetto ai quartieri circostanti. In questa ottica viene ripensato il sistema dell’accessibilità dalla metropolitana e viene prevista la creazione di una nuova strada pedonale che attraversa la stazione: la galleria delle carrozze, una volta liberata dall’ormai asfissiante presenza delle automobili, tornerà a mostrare la sua straordinaria architettura e diventerà uno spazio pubblico pedonale, che potrà rimettere in diretta connessione gli spazi interni della stazione con la piazza Amedeo d’Aosta. Come dicevo all’inizio, il tema principale era quello di attuare nuove modalità di intervento sul patrimonio di pregio costituito dal-
Milano-Bovisa (foto: Lorenzo Mussi).
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le stazioni ferroviarie, attuando una modernizzazione dei servizi ed il recupero di spazi spesso non funzionali o poco e male utilizzati. Il tema culturale aperto è soprattutto quello dell’armonizzazione degli interventi di tipo conservativo con le esigenze vitali poste dall’evoluzione della realtà contemporanea che è stato necessario interpretare. All’inaugurazione della “ nuova Termini” si è parlato di “ simbolo della modernizzazione del paese” . L’auspicio è che il processo di trasformazione sul piano gestionale, come sul piano della qualità fisica ed architettonica al quale stiamo lavorando, continui trasformando le grandi stazioni da punti di disfunzione e degrado in luoghi di qualità, poli di innovazione e di sviluppo.
Necessità, bellezza e ordine delle infrastrutture di Giuseppe Gambirasio Nella Enciclopedia dell’Architettura e dell’Urbanistica si legge che “ infrastruttura” è un termine usato per indicare gli interventi che l’uomo opera sul territorio a sostegno delle strutture economico-politiche. In senso stretto, il termine sta ad indicare le opere necessarie alla vita di relazione, e cioè il complesso delle linee e dei nodi costituenti il sistema reticolare dei collegamenti, degli scambi. Qui conviene considerare, fra le diverse reti infrastrutturali possibili, quelle destinate alla comunicazione fisica e diretta fra le persone e al trasporto delle merci, come strade, autostrade, ferrovie e reti metropolitane di trasporto collettivo, linee di navigazione, linee aeree, ecc. e le relative stazioni. Le strade moderne sono soprattutto strade di traffico veicolare, in quanto il disegno degli elementi costruttivi (sezioni,
curve, immissioni, svicoli, ecc.) è modellato sul comportamento del flusso di autoveicoli, analizzato in base a leggi di natura idraulica. Di conseguenza sempre meno si è intervenuti ristrutturando ove possibile i tracciati del passato, quasi sempre meglio inseriti nel contesto ambientale, sia sotto l’aspetto morfologico che quello architettonico e funzionale. La loro origine razionale ed equilibrata e la loro genuina essenzialità consentono di farli rivivere come generatori di rinnovate relazioni civili. Forse potremo così recuperare anche quei valori percettivi e simbolici della “ strada” , tanto negletti nel recente passato, quanto importanti per riconoscerli parte vitale di una comunità. Ancor meno si è intervenuti sul progetto stradale con l’apporto interdisciplinare: ingegneria, architettura e paesaggio. La strada senza alcun dubbio offre opportunità creative, che possono conferirle valore di opera d’arte. I fattori che conferiscono alla strada i requisiti artistici non derivano da abbellimenti posticci, ma risiedono nella concezione di progetto: scelta del tracciato, disegno degli allineamenti delle sezioni e dei profili, appropriato disegno di ogni dettaglio e manufatto. Il risultato finale deve far apparire la strada come una componente integrale del paesaggio, senza nulla sacrificare dei suoi caratteri distintivi e della sua efficienza. Non sono molti i buoni esempi in Italia (ma anche in Europa) di realizzazioni di infrastrutture per la mobilità frutto di una qualificata collaborazione fra l’architetto e l’ingegnere. Resta, a mio parere, insuperata l’opera teorica (con il noto “ decalogo per l’architettura delle strade” ) e le concrete realizzazioni dal 1963 al 1983 dell’arch. Rino Tami di Lugano per l’autostrada del Canton Ticino. Credo che qualunque intervento capitasse a qualcuno di fare, questi non potrebbe non cominciare dallo studiare l’esperienza ticinese.
Monza (foto: Lorenzo Mussi).
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Èdoveroso nel contempo ricordare l’opera recente di due notissimi paesaggisti francesi: Desvigne e Dalnoky. In Lombardia da diversi anni si è formato un clima culturale che ha favorito alcune realizzazioni infrastrutturali in termini di qualità architettonica, a cominciare dall’esperienza condotta molti anni fa dallo Studio BBPR per la Strada Statale 36. Tra le esperienze (tra le poche che io conosco) più recenti (per ora ferme alla fase progettuale) possiamo citare lo studio dell’Autostrada Pedemontana Lombarda nella versione del 198789; lo studio del 1997 di un tratto della Strada Statale 42 tra Albano e Pianico; il progetto del 1990 di un ponte sul Po di oltre 1000 m. tra Groppello e Casei Gerola dell’Autostrada A7; la messa in pristino delle strade provinciali della Val Brembana nella provincia di Bergamo dopo l’alluvione del 1987. Fino a qualche decennio fa, la costruzione stradale era considerata come un settore esclusivamente tecnico dell’ingegneria. Questa versione semplicistica ha causato non poche violenze alla natura ed al paesaggio ed è ora superata da una concezione che alla strada attribuisce non soltanto una funzione utilitaria, ma anche un significato creativo, ottenendo peraltro risultati convenienti sia per la sicurezza che per i costi. Mentre le strade portano in se stesse un principio dinamico, diversamente la Stazioni (di ogni tipo) esprimono un concetto di sosta e di attesa. La “ Stazione” , pur quando è posta nel cuore della città, sembra stare al confine tra l’interno e l’esterno della città stessa, così come il ponte levatoio appartiene nello stesso tempo al castello ed alla campagna d’intorno. Essa per la sua natura profonda di porta della città, ne è anche il simbolo. Accoglie fugacemente chi arriva e accompagna chi se ne distacca per un frammento di tempo o più a lungo, per andare vicino o verso mete lontane. La stazione in qualche modo rappresenta “ il salone dei ricevimenti” pensato perché qui si incontri, confusi tra la folla, chi vi è appena entrato e chi attende di partire. Tutte le stazioni hanno una piazza antistante, estremo ricordo della città che si lascia e preludio della città che attende chi vi ritorna. La stazione, da qualunque punto di vista si guardi, è un marchingegno di spostamenti fugaci, più lenti, o l’uno e l’altro insieme e chi li pratica si trova frequentemente in uno stato d’animo di leggera insicurezza e cerca di risolvere dei piccoli problemi (non perdere il mezzo di trasporto, munirsi del biglietto, trovare la coincidenza, attendere o viaggiare con qualcuno, ecc.). Vuole dunque un senso di rassicurazione, di facile orientamento, di percezione spaziale profonda e infine di armonia, che soltanto una buona architettura può esprimere. Occorre perciò non perdere mai l’entusiasmo e la possibilità di trasformare l’ambiente in termini di “ necessità” , di “ bellezza” e di “ ordine” , affinché il paesaggio del nostro futuro possa dirsi in qualche misura non solo scrigno delle risorse accumulate dal passato, ma anche rappresentazione della nostra civiltà contemporanea, poiché il paesaggio vivente è quello che incessantemente muta come un organismo.
Architettura, Paesaggio, Infrastrutture di Jacopo Gardella Le infrastrutture possono essere considerate sotto l’aspetto delle loro proprietà architettoniche o del loro inserimento nel paesaggio. I due aspetti sono complementari: una brutta infrastruttura rovina un bel paesaggio; ma un brutto paesaggio viene migliorato da una bella infrastruttura. La consapevolezza di questa complementarità ancora oggi non si può
dire acquisita: le infrastrutture non sono concepite né come opere di architettura né come elementi del paesaggio. La complessa rete di infrastrutture che collega edifici residenziali, luoghi di lavoro e di ricreazione non è ancora diventata oggetto di attenzione estetica. Dice Marcel Smets, sul numero 110 della rivista “ Lotus” : “ il sistema viario del territorio è concepito come entità sovrana, governata da una logica sua propria e nettamente separata da ciò che le sta intorno” . Ciò non appare strano in un’epoca come la nostra, dominata da una visione utilitarista dello sviluppo. Un esempio di tale visione si riscontra ad Ascoli Piceno, dove la nuova tangenziale taglia brutalmente il pendio, coltivato con cura, che si eleva di fronte alla storica cittadina. Èraro che il progetto del tracciato di una infrastruttura tenga in considerazione il modo per poter ammirare visuali panoramiche di particolare bellezza, per evitare tratti di eccessiva monotonia o per salvaguardare una campagna incontaminata. Spesso le infrastrutture sono il risultato di scelte strategiche sbagliate. Ne è un esempio l’enorme incremento del trasporto su strada, dal quale il paesaggio subisce guasti molto più pesanti di quelli causati dal trasporto su rotaia. Un altro esempio è la rinuncia al grandioso progetto di canale navigabile che avrebbe dovuto attraversare l’intera pianura padana, migliorando sensibilmente l’intero sistema dei trasporti pesanti nell’Italia settentrionale. Un maggior numero di vie d’acqua e di vie ferrate avrebbe evitato l’attuale saturazione delle vie su gomma. Anche nelle minori infrastrutture di ambito locale sono stati commessi errori: a Milano la copertura dei Navigli, voluta per aumentare la capienza della sede stradale, si è rivelata un doppio grave errore urbanistico a danno del paesaggio; così come demolizione dei bastioni, detti anche mura spagnole, che offrivano, lungo tutto il perimetro urbano, un percorso anulare sopraelevato e interamente svincolato dalla restante rete stradale. La loro conservazione sarebbe stata di enorme sollievo per il traffico della metropoli lombarda, perché le arterie radiali avrebbero collegato peri-
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feria e centro città senza mai incrociare i concentrici percorsi anulari. Questi errori sono stati ripetuti anche in altre metropoli europee: a Bruxelles, nella prospettiva di facilitare il traffico urbano, le mura ed il soprastante viale alberato presenti fino al dopoguerra, sono stati drasticamente abbattuti e sostituiti da una imponente arteria di circonvallazione, anziché prevedere una linea metropolitana interrata. Un esempio minore, ma significativo, di infrastruttura nata da valutazioni strategiche sbagliate, è la recente strada carrozzabile che collega la cittadina di Chiavenna, in Valtellina, con la soprastante frazione posta sul pendio della montagna. Quest’opera non solo ha richiesto costi molto elevati, ma ha anche provocato un visibile guasto all’intatto paesaggio alpino: costo e danni sarebbero stati evitati se in luogo delle strade si fosse installata una funicolare pubblica a comando automatico. Un esempio di infrastruttura nata da una scelta strategica giusta, ma progettata con incompetenza, è la superstrada MilanoLecco: il più grave errore è la mancanza di un collegamento diretto tra arteria veloce extra-urbana e rete stradale urbana, con la formazione di interminabili code all’ingresso della città. Esistono tuttavia infrastrutture viarie, abitualmente concepite sotto il solo aspetto tecnico e funzionale, alle quali vanno riconosciuti indiscutibili pregi per le loro qualità esteiche: nel tratto di autostrada svizzera tra Chiasso e Lugano gli imbocchi delle numerose gallerie presentano un attento disegno architettonico, assumendo la forma di grandiosi portali in cemento armato di forma energica. In Italia nel tratto appenninico dell’autostrada del Sole i viadotti costruiti sul versante emiliano, lungo le aride pietraie del fondovalle, contrappongono la razionalità della loro struttura alla desolata povertà del paesaggio, introducendo una componente estetica nel quadro disabitato dei monti. Chi ricorda come appariva la veduta aerea di Sestriere prima della guerra non avrà dimenticato le sagome cilindriche dei due alberghi a torre che, ergendosi isolati sullo spartiacque del valico tra gli impianti di salita, formavano un sorprendente disegno geometrico nel-
l’ampio paesaggio alpino. Distrutto dall’edificazione incontrollata del dopoguerra, il colle del Sestriere è diventato oggi un caotico agglomerato di condomìni, ville, palazzi, che nulla lascia più indovinare del geniale disegno originario. L’incontrollato sviluppo edilizio delle stazioni alpine ha causato guasti irrimediabili non solo in Italia, ma anche nella vicina Svizzera. In Engadina gli impianti sportivi di sollevamento sono stati costruiti senza nessun riguardo per le bellezze della montagna e nessun interesse per la qualità della loro architettura: le stazioni di partenza e di arrivo hanno l’aspetto di goffi cassoni che si inseriscono brutalmente nello straordinario paesaggio circostante. Mentre le opere di pura ingegneria hanno una loro razionalità essenziale che non disturba il panorama alpino, le opere che implicano un impegno architettonico si presentano come strutture scadenti. Eppure in passato si dava prova di grande sensibilità estetica nella costruzione delle infrastrutture, se pur di dimensione più modesta. Èil caso delle eleganti stazioni in stile floreale della pittoresca ferrovia che percorreva la Val Ganna in provincia di Varese, o delle fermate di partenza e di arrivo della ripida funicolare che saliva a Campo dei Fiori. In Italia ed in Europa, all’inizio del XX secolo, si hanno esempi illuminanti sia dell’impegno architettonico dedicato alle opere di uso pubblico, sia del generale rispetto nei confronti della natura: le amministrazioni di Vienna e di Parigi, consapevoli dell’importanza estetica dovuta ai servizi civici, affidavano ai migliori architetti del momento il progetto delle loro stazioni metropolitane. L’incapacità di salvaguardare il delicato equilibrio di architettura e di natura fa la sua deludente comparsa anche in un paese come la Gran Bretagna che aveva fama di essere un sensibile cultore delle bellezze naturali. Il complesso monumentale di Greenwich, alla periferia sud-est di Londra, si affaccia su un ampio prato degradante verso l’acqua del fiume Tamigi, al di là del quale la folta cortina di alberi secolari, che si stagliavano contro la diffusa luminosità del cielo, è oggi coperta da una fitta barriera di moderni grattacieli.
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Caratteri tipologici delle aerostazioni di Marco Gnecchi Ruscone È diffuso l’uso del termine “ aeroporto” per indicare l’edificio che, tra quelli che insistono sul sedime aeroportuale, solitamente è il più conosciuto da parte degli utenti, vale a dire l’aerostazione passeggeri che costituisce la struttura emblematica e più rappresentativa. L’aerostazione è comunque l’edificio attraverso il quale ci si muove da un sistema di trasporto, stradale o ferroviario, a quello aereo. In origine, agli albori del trasporto aereo di linea, le aerostazioni avevano una dimensione equiparabile, come sensazione, a ciò che rappresentavano le prime stazioni ferroviarie o marittime: passare attraverso di esse costituiva un’esperienza umanamente esaltante e piacevole. Esisteva, nelle stazioni ferroviarie, una sequenza chiaramente definita: arrivo, acquisto dei biglietti, entrata ad una galleria, quindi la grande copertura (parzialmente riempita di fumo e vapore che dava un pathosdi mistero alla transizione), acquisto dei generi per il viaggio ed infine la salita in carrozza. La progressione all’imbarco di una grossa nave di linea all’atto della partenza era più enfatica e spesso l’arrivo ancor più emozionante. Così è stato un tempo anche per le aerostazioni: luoghi di attesa, d’imbarco e di sbarco di una categoria di passeggeri quasi elitaria. L’esponenziale aumento del traffico in questo settore ha determinato in breve tempo una trasformazione di tutte le strutture aeroportuali, e fra queste delle aerostazioni, molto più rilevante rispetto alle strutture degli altri sistemi di trasporto. Le aerostazioni originarie si sono sviluppate per fasi successive, per ampliamenti a macchia d’olio, tanto che si è persa la percezione del nucleo originario sparito sotto le coltri di grandi estensioni di pavimenti, controsoffitti, rivestimenti che unificano gli spazi interni e di courtain-wall spersonalizzanti che unificano in un grande contenitore la frammentarietà dei cor-
Due vedute di Lissone (foto: Lorenzo Mussi).
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La baia di San Francisco, in epoca anteriore alla nascita della città e alla costruzione del celebre ponte sospeso, si presentava come un angolo di mare desolato: oggi i vertiginosi grattacieli della metropoli e la gigantesca struttura del ponte hanno trasformato radicalmente il luogo, rendendolo un esempio di geniale integrazione fra natura e architettura. Viene discusso in questi giorni un ambizioso programma governativo che prevede la costruzione di un enorme ponte sullo stretto di Messina: opera di impegno tecnico ingente e di costo elevatissimo, ma di discutibile urgenza e di scarsa utilità. Non occorre grande esperienza per avvertire che un efficiente servizio di aliscafi e ferry-boatsassicurerebbe adeguati collegamenti tra continente ed isola. Si è proprio sicuri che lo sviluppo economico e produttivo della Sicilia dipenda dalla costruzione del ponte? Quest’opera presenta una preoccupante incognita, dovuta alla sua inconsueta lunghezza e alle forti oscillazioni provocate dalla spinta dei venti ed inoltre offende sia la tradizione che la geografia del luogo. Su un noto quotidiano milanese il critico Sandro Veronesi ha fatto recentemente notare come lo sviluppo senza limiti è diventato una angosciante ossessione della nostra epoca, i cui esiti possono essere letali, essendo letali i potentissimi strumenti di cui la nostra epoca dispone. Se l’uomo non ha la forza di riflettere sulle scelte strategiche che condizioneranno il suo futuro, andrà incontro ad un destino tragico; non solo esaurirà le risorse della natura che lo ha ospitato e protetto, distruggerà anche le testimonianze della cultura che lo ha nutrito ed educato.
pi di fabbrica aggiunti nel tempo. Molti aeroporti, nati secondo schemi semplici ed eleganti, si sono accresciuti in modo tale da perdere la chiarezza iniziale. A questa categoria appartengono gli aeroporti di vecchia generazione che hanno dovuto reggere il passo con l’evoluzione e la massificazione del trasporto aereo. È stata tuttavia emblematica, negli anni ’80, la determinazione di Aldo Rossi di conferire con ammirevole risultato, un carattere unitario ed una tipicità di immediata lettura all’aerostazione di Milano-Linate in espansione, con un’immagine forte del prospetto “ lato-aria” . Si tratta della prima comunicazione architettonica di Milano per quanti nella città di Milano si dirigono. La storia della città è comunicata in questo progetto architettonico, mediante le sue antiche qualità an-
tà e della moderna tecnologia e che sia in grado di trasmettere a chi vi transita le sensazioni che hanno le radici antiche del tempo in cui gli uomini celebravano i riti del viaggiare.
che materiche. La realizzazione esprime coerentemente un’architettura unitaria all’interno delle diversificazioni funzionali e dei limiti di altezza imposti agli edifici dalle normative. Elemento essenziale è il grande portale centrale formato da alcuni elementi significativi della storia dell’architettura. La grande vetrata è anch’essa un’architettura compiuta, opposta cioè all’anonimo courtain-wall incapace ormai di contribuire alla costruzione di un’architettura di elevata qualità. Oggi, una nuova generazione di aeroporti sta iniziando a prendere forma. Un esempio: Stansted. Non sorprende che il progettista, Norman Foster, amante del volo e delle idee semplici ed essenziali, sembra voler accantonare l’idea di intraprendere nuove soluzioni di approccio al volo. Sembra infatti che Foster voglia perpetuare la tradizione vittoriana dell’architettura dei luoghi del viaggio. Il superfluo in cui spesso i viaggiatori devono immergersi, bombardati da musica ed annunci assordanti in modo tale da renderli facili prede di fast-food o di supermarkets duty free, qui sembra appena tollerato. Al superfluo è riservato un proprio spazio definito e ben sottoposto al controllo architettonico dell’acciaio. La sua realizzazione è basata su due concetti chiave. Il limite tra terra e aria deve essere chiaramente delineato, gradevole e dignitoso. In secondo luogo l’evento “ drammatico” del viaggio aereo deve essere celebrato. Così come Stansted anche Kansai di Renzo Piano, Marsiglia, il terminal 5 di Heathrow di Richard Rogers, offrono una progressione umanamente sensibile, sono flessibilmente estensibili senza dissoluzioni caotiche e sono luoghi godibili nella loro essenza e non spazi astratti alimentati da ingressi e svuotati da canali di uscita. All’inizio del nuovo millennio le aerostazioni assumono i caratteri di edifici con tipologia propria. Una tipologia che possiede una struttura razionale e organizzata dagli ingranaggi delle funzionali-
neralmente ne trascura la sua qualità formale. Nell’ambito delle opere stradali la ricerca progettuale è impostata unicamente su problematiche di tipo strutturale, affidate all’esclusiva competenza dell’ingegnere, sebbene la rilevanza di tale genere d’infrastrutture richieda il coinvolgimento dell’architetto e degli esperti preposti alle diverse discipline. Ciò, purtroppo, determina esiti assai scontati e monotoni, che spesso scadono nell’errata concezione anche sotto l’aspetto della regolarità geometrico-costruttiva.Quest’innaturale separazione dei ruoli ha ormai stravolto l’etica progettuale, storicamente basata sulla sapiente e magistrale coniugazione della statica con l’estetica, da cui ne consegue che la pratica professionale dell’ingegnere e quella dell’architetto tendono a discostarsi dalle rispettive materie fondamentali, dando luogo ad una sterilità creativa che produce sempre meno ingegneria e sempre meno architettura.
Statica ed estetica nelle opere stradali di Antonio Lombardo Nel progetto di infrastrutture l’architettura non ha un ruolo determinante Solitamente nel nostro paese il concetto di infrastruttura s’identifica con l’opera realizzata da un ente pubblico attraverso un articolato percorso decisionale, che ne definisce soluzioni tecniche, costi e modalità esecutive, ma che ge-
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L’architettura viene considerata come qualcosa di non necessario Diversamente che dal resto d’Europa l’architettura, nei diversi campi, quali edilizia residenziale, industriale o infrastrutturale, è considerata un inutile orpello di cui poterne fare anche a meno. I manufatti stradali vengono ideati secondo parametri trasportistici, senza però considerare la loro potenziale multifunzionalità e senza una ponderata valutazione sulla percettibilità dei loro effetti. I componenti di un plesso viario, così contraddistinti: • corpo viabilistico (rilevato-trincea); • viadotto; • galleria (imbocchi-parte interna); • ponti; • intersezioni e svincoli; • rotatorie; • annessi (piazzole aree di sosta);
contrariamente a quanto ritenuto, potrebbero assolvere altri compiti oltre a quello primario preposto all’uso del veicolo, ed essere adibiti ad usi versatili, ad esempio: arredo urbano, intermodalità, fruibilità pedonale, usi plurimi con altri servizi tecnologici, integrazione con altre funzioni insediative. Ciò rappresenterebbe un’ulteriore premessa per un prezioso contributo da parte dell’architetto, chiamato alla ricerca di idonee soluzioni in termini d’utilità e configurazione compositiva.
Lissone e, nella pagina a fianco, IKEA-Carugate (foto: Lorenzo Mussi).
Alcune esperienze costituiscono validi esempi di integrazione fra architettura e progetto infrastrutturale Nell’attualità internazionale il linguaggio moderno dell’architettura si è evoluto, elaborando canoni formali mutuati dalla cultura scien-
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tifica ed applicando soluzioni tecnologiche offerte dall’alta disponibilità di nuovi materiali. Nel campo delle costruzioni stradali un eclatante esempio è rappresentato dai ponti progettati da Santiago Calatrava Valls e, sempre nel quadro della rinascita che sta caratterizzando i paesi iberici, spicca dignitosamente il complesso Guggenheim Museum a Bilbao di Frank Gehry, dove la trascendente fantasmagoria del museo viene inglobata nella razionale struttura del ponte-viadotto, producendo una suggestiva simbiosi tra ingegneria e architettura. Invece per quanto concerne il recente passato assistiamo alle ardite realizzazioni dei ponti svizzeri di Robert Maillart, dove la struttura assume declinazioni armonicamente ritmate al motivo del paesaggio, secondo una cultura ed una sensibilità locale che ritroviamo nelle opere dell’autostrada N2 Chiasso S.Gottardo del ticinese Rino Tami. In Italia il connubio tra architettura e infrastruttura, tramandatoci dalla genialità di Antonio Sant’Elia, viene riproposto con un linguaggio singolare da Sergio Musmeci nel ponte sul Basento, senza però tuttavia essere successivamente mantenuto.
teressanti progettazioni di ponti, conferite rispettivamente dalle amministrazioni di Venezia, Cosenza, Fiuggi, Pistoia e Modena, ad architetti validissimi tra cui il citato Calatrava. Ciò rappresenta un’inversione di tendenza, e dimostrerebbe una certa volontà di progresso e di avvicinamento alle altre società moderne ed industrializzate, dove, già da qualche tempo, lo sviluppo dei sistemi infrastrutturali si caratterizza per l’alta efficienza e l’elevata qualità, grazie ad una politica di programmazione che si avvale dell’inventiva capacità di personale tecnico competente al quale affidare lo svolgimento dell’attività progettuale rivolta prevalentemente al soddisfacimento dei veri fabbisogni umani e della convenienza collettiva, secondo criteri di miglior godibilità funzionale e visiva.
La situazione in Lombardia, in un momento in cui la questione delle infrastrutture è individuata come una delle priorità della politica degli investimenti in Italia A fronte dei programmi di intervento finalizzati all’estensione della viabilità speciale costituita da nuove superstrade ed autostrade, in corso di progettazione, purtroppo non sono state impartite direttive diverse da quelle usuali in materia di dimensionamento e di scelta di tracciato. Sicché allo stato dell’arte, la nuova rete viaria verrà realizzata, per quanto è dato a sapere, sulla scorta di progetti redatti da un numero ristretto di autori designati da una committenza non particolarmente attenta ai contenuti concettuali e morfologici delle soluzioni da adottare. Nelle altre regioni invece sono in corso in-
Il profondo scollamento che l’Italia ha vissuto e vive ancora tra ricerca, qualità architettonica e trasformazioni del paese reale è ancor più evidente se si concentra l’attenzione sulle grandi e piccole infrastrutture pubbliche e sulla loro generale mancanza di qualità progettuale ed architettonica. Possiamo sostanzialmente affermare l’inesistenza di ogni rapporto tra i due termini e, se si escludono alcune eccezioni come le opere di Morandi, di Nervi e pochi altri o alcuni recenti recuperi nei settori aereoportuali e ferroviari, il paese ha mostrato sempre una grande indifferenza ad ogni tentativo di conciliare il progetto inteso come previsione qualitativa e la dotazione infrastrutturale. Il recente e fondamentale interessamento governativo su di un necessario recupero dell’arretratezza infrastrutturale italia-
Composizione e costruzione delle opere infrastrutturali: due sfere ancora lontane di Luca Scacchetti
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na non sembra modificare tale generale tendenza, demandando alle imprese ogni ruolo: dal progetto alla realizzazione. El’indignazione di noi tutti, ben rappresentata dalle parole di Raffaele Sirica (Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti), “ assolutamente indispensabile è inoltre riaffermare la separatezza tra chi progetta e chi realizza l’opera” , sembra non trovare la giusta risonanza. Almeno per ora. Esistono quindi probabilmente motivi profondi e diversi per questo scollamento, motivi sia etici che di tipo culturale. Essi sono da ritrovare sicuramente nella mala gestione politica della cosa pubblica e del territorio dal dopoguerra ad oggi, ma sono anche insiti nella figura dell’architetto italiano e nelle sue deformazioni contemporanee. Rimandando ad altri l’approfondimento delle questioni relative al rapporto pubblico-gestionale degli appalti, alla Merloni, specchio nelle sue differenti versioni di una sfiducia tra le parti e dei recenti apparati legislativi del “ pacchetto infrastrutture” , vorrei avanzare alcune considerazioni su quell’aspetto di cui nessuno parla che riguarda viceversa le deficienze e mancanze o, forse, vere e proprie colpe di noi architetti rispetto al mestiere e al paese reale. Il tema delle infrastrutture illumina in qualche modo il nostro lato oscuro; esse, potremmo dire, contengono rispetto ad altri manufatti edilizi, in modo più evidente, due componenti fondamentali e caratterizzanti che interagiscono con la sostanza del nostro lavoro di progettisti e coincidono con le carenze stesse dell’attuale architettura italiana. La tecnica, ovvero tutto ciò che riguarda l’apparato tecnicocostruttivo, nel tema infrastrutturale si ingigantisce e, all’interno di una mentalità dell’emergenza consolidata a regola come quella italiana, diviene tema stesso e pratica esaustiva, relegando ogni aspetto compositivo, progettuale, estetico e
ambientale come questione salottiera e non pertinente. Una partecipazione degli architetti, reale e capace di incidere sulla definizione progettuale delle infrastrutture, dovrebbe quindi usare il “ grimaldello” della tecnica per poter scardinare la resistenza/diffidenza esistente verso ogni progettualità architettonica. Ma è proprio per la sua particolarissima scissione tra composizione e costruzione che la cultura architettonica contemporanea italiana mostra il fianco e tutte le sue debolezze, la sua sostanziale astrazione “ letteraria” . La separazione tra composizione e costruzione, già anticipata da Argan in Progetto e Destino, segna la cultura architettonica italiana del dopoguerra. Positivamente per lo sforzo concesso all’elaborazione teorica e compositiva, ma disastrosamente per la perdita progressiva di un rapporto con la reale attività edilizia, con il fare, relegando i progetti degli architetti ad un destino di inutilità, nel migliore dei casi, negli archivi e nei cassetti di amministrazioni e ministeri. Il progetto del manufatto statico, impiantistico, tecnologico, costruttivo e funzionale non riguarda in Italia l’architetto, è ad esso sottratto sia poiché è per lui “ indecente” occuparsene, sia perché troppo magro è il credito delle imprese verso la nostra professione. Tutto scivola nelle mani di engineering, lasciando all’architettura il rango di una cosmesi vincolata e subordinata da scelte altrimenti svolte, schiacciate da problemi gestionali, da costi e da tecnologie, vere e presunte, che il più delle volte rendono quella cosmesi un decadente “ mascherone” . “ Eppure nulla fa così bene alle opere di architettura quanto la costrizione del loro divenire forma costruita” (A. R. Burelli), ma bisogna essere capaci di accettare e di guidare la costrizione all’interno del progetto. Viceversa la rinuncia snobbistica, perpetuata ed ampliata nelle università, ha finito per definire l’architetto come la figura
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Lissone (foto: Lorenzo Mussi).
più ingombrante e più di intralcio nella realizzazione di un’opera infrastrutturale, ove le problematiche costruttive, funzionali e di appalto si ingigantiscono lasciando poco spazio alle perdite di tempo con chi non è “ preparato” . Alle infrastrutture è possibile riconoscere, oltre questa “ prevalenza della tecnica” , un’altra vocazione che al di là del nostro accettarla o meno è assolutamente veritiera. “ Quelle forme non sono certamente nate con il proposito di intonarsi al paesaggio, assecondandone o ripetendone le masse e le linee, ma divengono immediatamente e spontaneamente paesistichenon appena si inseriscono nella realtà” , scriveva ancora Argan. Esiste cioè una sorta di realismo e di verità insita nelle grandi infrastrutture tanto da renderle, pur nella loro spinta ingegnerizzazione, elementi propri e non in disaccordo con il paesaggio. Basti pensare ad una diga o alle centrali elettriche montane, è ben difficile, se non da chi è ormai cieco per dogmatismo, sostenere che deturpino il paesaggio. Io credo che questa assonanza naturale dipenda dal loro grado di necessità e dalle loro verità costruttive. Sono elementi che trasformano la terra in una “ terra degli uomini” , senza altre pretese. Non pretendono cioè di affermare posizioni intellettuali, di scuola o di stile o personali, ma solo di essere opere necessarie al miglioramento della nostra vita e, in questo senso, sono grandi opere collettive e di tutti. La loro bellezza, pensate ai viadotti, dipende da ciò, dalla loro utilità. Ed anche qui gran parte degli architetti italiani si trovano sul fronte opposto: l’individualismo, il personalismo e la necessità noiosissima di affermare sempre la propria opera, di apparire e farsi riconoscere, caratterizza il panorama architettonico italiano, distanziando ancor più i progettisti delle grandi infrastrutture, dalla costruzione e dal senso stesso del nostro mestiere.
Il dibattito sulla stampa
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La questione della progettazione di grandi opere ed infrastrutture è stata trattata negli ultimi tempi da giornalisti e rappresentanti di istituzioni in una serie di articoli pubblicati sul “ Corriere della Sera” , permettendoci di ricostruire un dibattito sul tema. In un articolo del 18 gennaio 2002, dal titolo Grandi opere. Piccoli dubbi, Francesco Giavazzi scrive: “ Il governo, a fine dicembre, ha rispettato una delle promesse tante volte ripetute durante la campagna elettorale: dare nuovo impulso alla costruzione di strade, ponti, trafori, acquedotti e ferrovie. La realizzazione di queste grandi opere è resa possibile da due nuove leggi: la legge-delega sulle infrastrutture e un apposito provvedimento collegato alla legge Finanziaria. Tuttavia, se non verranno corrette, queste norme rischiano di far lievitare i costi delle opere e di riportare negli appalti pubblici sistemi e procedure poco trasparenti che furono all’origine delle indagini di Tangentopoli. Questi pericoli nascono dalla scelta di affidare a un’unica impresa (il ‘contraente generale’) la progettazione, il finanziamento e l’esecuzione delle opere, non escludendo che alla medesima impresa ne possa in seguito essere affidata anche la gestione. Si elimina così la contrapposizione tra ruoli professionali diversi che, in una materia delicata come gli appalti pubblici, è essenziale per la trasparenza e il controllo dei costi (…) La scomposizione di un’opera in fasi distinte (progetto esecutivo, costruzione, finanziamento, gestione) e l’assegnazione tramite asta di ciascuna singola operazione, consente di ridurre i costi perché i prezzi, negoziati separatamente, diventano trasparenti (...) I rischi potrebbero essere limitati qualora vi fosse una forte concorrenza (…). Si potrebbe aprire una concorrenza internazionale, ma (…) nonostante gli sforzi meritevoli della Commissione Europea, gli appalti pubblici restano un’attività fortemente protetta. Il 27 novembre scorso la Corte di giustizia ha condannato il governo italiano perché le nostre norme in questa materia prevedono l’esclusione automatica delle offerte considerate troppo basse, senza neppure consentire alle imprese escluse di spiegare perché ritengono di poter far risparmiare tanti denari allo Stato” . La risposta a questo intervento non si fa attendere e il giorno 21 gennaio, in un articolo dal titolo Grandi opere dopo tanti grandi ritardi, il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi risponde: “ Un chiarimento è necessario (…). Va detto subito che non può addebitarsi al sistema del general contractor la nascita di Tangentopoli, perché tale sistema in Italia non è stato mai organicamente disciplinato come
ci accingiamo a fare con la recente ‘legge obiettivo’ (...) In merito poi al rischio che affidando a un unico soggetto progettazione, finanziamento ed esecuzione delle opere venga meno la trasparenza, perché scompare la contrapposizione dei ruoli, è bene ricordare che proprio la contrapposizione dei ruoli ha creato finora solo una gratuita dialettica delle parti e un contenzioso insanabile che ha provocato nell’ultimo decennio un risultato drammatico nel processo di infrastrutturazione del Paese (...) Che il ricorso poi al contraente generale, come Giavazzi precisa nell’articolo, sia una pratica tipica dei Paesi emergenti, non risponde assolutamente al vero (…) Il ricorso al general contractor infatti non è legato al committente ma a complessità e dimensione dell’intervento che impone il ricorso a un soggetto responsabile unico. Inoltre il modello del general contractor è previsto dalle direttive dell’Unione Europea (…) A garanzia del mantenimento dei tempi e dei costi il general contractor presta una speciale garanzia, il cosiddetto performance bond. Sui dubbi sollevati in merito a una corretta procedura concorrenziale su scala internazionale e su possibili elusioni delle direttive europee, la legge delega sulle infrastrutture impone la scelta del general contractor con gara pubblica internazionale. I ribassi elevati che Giavazzi porta come esempio di elusione delle norme comunitarie sono una delle piaghe tipiche del mondo delle costruzioni” . Sullo stesso quotidiano Francesco Giavazzi replica: “ I benefici di affidarsi a un contraente generale, illustrati dal ministro Lunardi, sono evidenti, soprattutto se egli è disposto a riconoscere che l’amministrazione di cui è responsabile è incapace di fare il coordinamento delle opere. Il ministro tuttavia trascura i rischi insiti nel rapporto tra un’amministrazione debole e un contraente generale forte. Negli Stati Uniti questi rischi sono mitigati da una cauzione (completion bond) che dà al committente una garanzia piena sui tempi e i costi dell’opera, ben diverso dal performance bond previsto dalla ‘legge obiettivo’, che copre solo il 20% dell’opera. I dubbi che ho manifestato nascono proprio dalla preoccupazione per la posizione asimmetrica che si crea tra lo Stato committente e i general contractor, tutta a favore di questi. Infine, anche se fosse opportuno affidarsi ad un unico soggetto per la realizzazione di un’opera, non necessariamente al medesimo soggetto si deve anche chiedere di finanziarla. Lo farà, ma a un costo superiore rispetto a quello al quale potrebbe finanziarla lo Stato” .
Il giorno 23 gennaio Giuseppe Zamberletti, presidente Igi (Istituto grandi infrastrutture) riapre il dibattito scrivendo: “ Concordo con il prof. Giavazzi sulla necessità di usufruire, anche in Italia, di uno strumento di riequilibrio come performance bond. Aggiungo però che tale strumento è stato già introdotto nella cosiddetta ‘legge Merloni’ (art. 30, comma 7 bis) grazie all’azione propositiva dell’Igi portata avanti fin dal 1994. In questi anni abbiamo dovuto constatare che la norma, purtroppo limitata ad opere di grandi dimensioni, non è mai diventata operativa perché è mancato il regolamento attuativo. Diversamente da quanto afferma il prof. Giavazzi, nella legge-obiettivo non si prevede una cauzione del 20%, ma al contrario, vi è un’espressa delega a stabilire adeguate garanzie, che nello schema di decreto legislativo, predisposto dal ministero, si sostanziano appunto nel performance bond (o garanzia globale di esecuzione) in un meccanismo che appare essere proprio quello auspicato dal prof. Giavazzi, perché prevede l’intervento del garante (banca o compagnia di assicurazione) che porta a termine l’intervento, nei tempi e nei costi pattuiti, nel caso di adempimento del contraente generale. È chiaro che la ‘garanzia di esecuzione’ è tanto più efficace quanto più il ‘garantito’ è titolare sia della responsabilità di redazione del progetto esecutivo che della realizzazione dell’opera (...) Quanto al finanziamento dell’opera, o meglio al ‘prefinanziamento’ (perché il contraente generale non recupera l’investimento, come il concessionario, mediante la gestione dell’opera stessa) Giavazzi sostiene e a ragione che questo si farà ad un costo superiore a quello al quale potrebbe finanziarla lo Stato (...) Ma il contraente generale sarebbe in ogni caso vincolato a tempi e costi contenuti per non sopportare direttamente oneri aggiuntivi e questo può tradursi a conti fatti in un vantaggio economico significativo per il committente (...) Il combinato della garanzia di esecuzione e del general contractor può offrire alla stazioni appaltanti pubbliche e private, nella realizzazione di opere pubbliche, percorsi decisamente più celeri e sicuri” . È Claudio De Albertis, presidente dell’ANCE (Associazione nazionale costruttori edili), a concludere questo dibattito il giorno 31 gennaio affermando: ” Abbiamo da sempre sostenuto la necessità di una forte azione di governo per rilanciare l’infrastrutturazione del Paese e accolto con estremo interesse il programma varato con la legge ‘obiettivo’. Nonostante i dubbi sollevati da Francesco Giavazzi, questo provvedimento prevede significative accelerazioni e semplificazioni nel processo autorizzativo. Ma perché sia in grado (…) di colmare il ritardo italiano nelle grandi infrastrutture, van-
no rispettate alcune essenziali condizioni. Intanto la realizzazione di opere strategiche non può prescindere dallo stato del settore delle costruzioni: frantumato, parcellizzato, ma non incapace. Il dimensionamento degli appalti deve essere coerente con la struttura del nostro sistema produttivo (…) Altra questione fondamentale riguarda le risorse da destinare a queste opere strategiche. Tali risorse non devono andare a scapito delle opere ordinarie (...) Aiuta sicuramente a raggiungere questo obiettivo la prevista mobilitazione di capitale privato sotto forma di Project Financing e di concessione di costruzione e gestione: sempreché, come precisa Giavazzi, si tratti di vero capitale di rischio. Quanto al dogma della doverosa separazione tra progettazione e costruzione (...) questo dogma non trova fondamento nella disciplina comunitaria. Progettazione e produzione non sono funzioni incompatibili (...) Il previsto ricorso al general contractor, infine, può produrre per le opere strategiche effetti positivi in termini di costi e di tempi. Gli affidamenti saranno infatti eseguiti in gara, il general contractor sarà tenuto ad anticipare il finanziamento delle opere e verrà pagato solo a conclusione dei lavori. In ogni caso sarà chiamato a offrire una garanzia di adempimento che rende certa la disponibilità dell’opera nei tempi e nei costi previsti (Performance Bonds e simili)” . Citiamo infine un intervento sul n. 11/2001 de “ l’Architetto” in cui Raffaele Sirica, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, sottolinea “ l’esigenza di assicurare la rigorosa qualificazione dell’impresa chiamata a progettare (...) Assolutamente indispensabile è inoltre riaffermare la separatezza tra chi progetta e chi realizza l’opera. Occorre evitare il conflitto di interessi che grava sull’imprenditore interessato a dare all’amministrazione non il progetto per quest’ultima qualitativamente migliore, ma quello per sé economicamente più conveniente (...) Deve essere chiamato a realizzare l’opera chi ha le capacità e i mezzi per attuare il progetto ritenuto migliore. Solo così la qualità dell’opera potrà essere salvaguardata. A nostro avviso, se l’obiettivo è quello di accelerare i lavori, il governo deve continuare nella semplificazione delle procedure amministrative” . Inoltre, sulla questione del cosiddetto ” appalto integrato” (di progettazione ed esecuzione) aggiunge: “ Siamo contrari (...) In ogni caso è indispensabile rivedere il sistema della qualificazione. È indispensabile che l’impresa possa realizzare la progettazione integrata solo disponendo di quei requisiti tecnici che assicurino la qualità del lavoro” . a cura di Roberta Castiglioni
L’esposizione, organizzata dallo IUAV - Archivio Progetti e curata da Nicola Navone e Letizia Tedeschi, era dedicata ai progetti elaborati dall’architetto ticinese Rino Tami quale consulente estetico per l’autostrada N2 nel tratto Chiasso-San Gottardo, presentando un caso, per molti versi esemplare, in cui il progetto d’architettura acquista una dimensione territoriale. I materiali esposti nella mostra provenivano dall’Archivio Rino Tami, raccolto e conservato presso l’Archivio del Moderno dell’Accademia di Architettura di Mendrisio. La polemica sollevata in Italia da Bruno Zevi con un articolo uscito su “ l’Espresso” , nel febbraio del 1961, in merito alla disorganicità negativa dell’Autosole tra Firenze e Bologna, fu l’occasione per implicare l’architetto Rino Tami come “ consulente estetico” dell’Ufficio Strade Nazionali del Cantone Ticino (Svizzera), ruolo che svolse per un ventennio, dal 1963 al 1983. Tami, formatosi a Zurigo e interessato anche alle espressioni del Movimento italiano per l’architettura razionale, di cui era parte Alberto Sartoris, chiamato dall’allora capo del Dipartimento delle Costruzioni, Franco Zorzi, e incaricato della supervisione estetica dell’autostrada ticinese, riesce, attraverso un impegno progettuale assolto con immutato rigore sull’arco di vent’anni, a conferire un volto unitario all’opera,
disegnando viadotti, muri di sostegno del terreno, portali di galleria, pozzi di ventilazione, sovrappassi, aree di sosta, edifici di servizio. La sua ricerca investe ogni aspetto, dall’inserimento nel territorio del tracciato autostradale sapientemente risolto attraverso un’attenta lettura del sito e l’adozione di muri di sostegno in cemento armato modulati da una rigorosa trama geometrica - fino al disegno dei dettagli più minuti degli edifici di servizio. Tami manifesta un’attenzione speciale nei confronti dell’architettura e del paesaggio con il quale intenta un dialogo stretto e costante per creare una nuova realtà ambientale in cui i due soggetti possano convivere senza eccessivi strappi o conflitti insanabili. Egli insiste sull’unitarietà stilistica, innanzi tutto con l’impegno di un unico materiale costruttivo, il cemento armato, cui segue la sistematica reiterazione di stilemi, di accorgimenti costruttivi, di elementi di dettaglio, assunti sempre in termini essenziali, a comporre un linguaggio formale asciutto, stringato, lineare, di evidente e ricercata pulizia. Ne risulta un’opera di straordinaria coerenza e di alto valore formale, che contribuisce in misura determinante a conformare un’ampia porzione di territorio, da Chiasso al San Gottardo, e che deve essere considerata tra le maggiori opere d’architettura realizzate in Ticino nel Novecento.
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Roberto Gamba
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A Venezia in mostra l’autostrada Chiasso-San Gottardo di Rino Tami
Bergamo a cura di Antonio Cortinovis
Progettare il futuro per realizzare qualità
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Governare il territorio con la capacità di leggere e interpretare l’oggi, per progettare e costruire il domani, con il grande obiettivo di tracciare prospettive convincenti. Il futuro si presenta difficile ma carico di potenzialità e di prospettive positive. L’imprenditoria ed il mondo economico bergamasco hanno da tempo segnalato le difficoltà a reggere la competitività, nel processo di globalizzazione, in assenza di un’adeguata rete infrastrutturale ma anche in assenza di politiche di governo del territorio. Abbiamo appena lasciato alle nostre spalle “ l’esigenza storica” di un governo del territorio legata alla domanda di “ quantità” e siamo ora alla domanda di “ qualità” , abbiamo utilizzato strumenti e tecniche della pianificazione, abbiamo ricercato modelli di modernità ma dobbiamo prendere atto che tutto ciò non ha risolto minimamente il problema del rapporto tra l’uomo e la sua città, tra l’uomo il territorio e la natura. Nelle grandi città si è sempre più soli, nel territorio in generale non riusciamo più a riconoscerci. Evidentemente alla qualità non basta la modernità e alla qualità non basta la sola tecnologia. Ora siamo all’interno di un nuovo processo di profondo cambiamento: la globalizzazione; siamo dappertutto, tutto sembra possibile in ogni luogo In realtà è venuto il momento di progettare lo spazio per l’uomo mediante l’utilizzo delle culture incrociate dell’ambiente, dell’urbanistica, e dell’architettura. Occorrono progetti integrati e complessi da sviluppare in termini di “ ecologia urbana” se vogliamo davvero rispondere alle attese e alle aspettative della comunità. Siamo consapevoli delle profonde trasformazioni in atto, è richiesto un grande sforzo per rapportarsi con i nuovi orizzon-
Due vedute del nuovo intervento tramviario.
ti ed i nuovi bisogni: in prospettiva la tecnologia, la telematica e l’informatica, doteranno l’uomo di strumenti individuali, incredibilmente semplici e potenti, assisteremo ad un’ulteriore profondo cambiamento nei comportamenti e nei bisogni, si modificheranno in maniera evidentissima le esigenze di mobilità (telelavoro, teleconferenza, acquisto di generi alimentari e di beni di consumo, tempo libero). Sono inoltre evidenti alcune criticità: • Un territorio fortemente urbanizzato e ancora in forte crescita con la progressiva saturazione di spazi; • Una politica urbanistica molto municipale; • Il sistema stradale, costruito per la domanda di mobilità delle persone, si è trasformato in sede per il trasporto delle merci; • Il trasporto delle merci ha davanti a sé una prospettiva di ulteriore crescita. Abbiamo di fronte a noi un periodo difficile, di grande impegno: interventi infrastrutturali strategici che stanno prefigurando l’area bergamasca come una nuova centralità lombarda, un territorio complesso e delicato, ma abbiamo una grande opportunità: il governo contestuale della loro progettazione con la definizione del piano territoriale di coordinamento provinciale. È giunto il momento di accrescere la credibilità delle istituzioni, non dobbiamo programmare tutto, è necessario però delineare le strategie, tracciare gli indirizzi sui quali si andranno poi a liberare tutte le energie, le risorse di una comunità importante come la nostra, attraverso le capacità imprenditoriali e finanziarie che ci appartengono. Qualche volta l’entusiamo mi porta a delineare progetti da qualcuno definiti eccessivamente spinti, disancorati da una fattibilità reale...non corrisponde certo alle mie intenzioni, il ruolo e la responsabilità istituzionale richiedono severità e concretezza. C’è invece grande stima e ammirazione per le grandi intuizioni e le capacità di iniziativa del passato e, riflettendo, mi chiedo perché oggi tendiamo a ritenerle irriproponibili. Grandi infrastrutture (ferrovie, ponti, strade) grandi architetture (le mura, gli edifici, i palazzi pubblici e privati), grandi architetti, scultori, maestri e artisti della pietra, del legno, del vetro e del ferro, hanno reso bella e importante la nostra Città e il nostro territorio provinciale, e hanno contribuito in maniera determinante alla costruzione di altre città come Venezia e tante altre in Italia e in Europa. Si sta ora delineando una nuova importante stagione con i nuovi progetti per l’ospedale, la fiera, lo stadio, i sistemi ferroviari e tramviari, oltre ai progetti autostradali di Brebemi e pedemontana. Questi trascineranno operazioni importanti e di qualità lungo gli itinerari e sul sistema del ferro in corrispondenza delle fermate. Facciamo in modo che le nuove procedure vadano a premiare i contenuti progettuali, basta con i soli parametri metrici, tecnici e burocratici! Creiamo competizione qualitativa, facciamo crescere la bellezza dei luoghi, del territorio, degli edifici, dello spazio intorno a noi, dello spazio nel quale vogliamo vivere. Dobbiamo sollecitare e promuovere progettazioni e realizzazioni di qualità. La qualità non si realizza solo con la definizione di programmi, con l’enunciazione delle intenzioni; si deve tradurre in fatti concreti e perché questo possa accadere dobbiamo agire con determinazione nell’azione di coinvolgimento di professionalità, di esperienze che possano con adeguata progettualità garantire il successo delle nostre intenzioni. Si è pertanto deliberato nel programma dell’Amministrazione Provinciale del 2002 l’attivazione mirata su alcuni temi significativi capaci di coniugare l’interesse delle realtà istituzionali, con la dimensione culturale, professionale, tecnica e scientifica, al fine di definire un’adeguato livello progettuale finalizzati alla: • valorizzazione delle aree spondali dei corsi d’acqua: l’intorno dei fiumi rappresenta un patrimonio ambientale e paesistico tra i più significativi, l’obbiettivo è migliorare l’accessibi-
Felice Sonzogni Assessore al territorio, trasporti e infrastrutture della Provincia di Bergamo
Brescia a cura Laura Dalé e Paola Tonelli
Novità per la M obilità a Brescia Il progetto per la LAM (Linea ad Alta Mobilità) di Brescia nasce dall’esigenza, da parte dell’Amministrazione Comunale e dell’Azienda Servizi Municipalizzati, di identificare nuove soluzioni di trasporto per la rete urbana, al fine di riequilibrare l’uso del mezzo di trasporto tra pubblico e privato, attualmente a netto favore del secondo. La LAM è una linea di trasporto su autobus che, godendo di corsie preferenziali e precedenze, si pone l’obiettivo di intensificare il numero delle corse e la velocità di percorrenza, innalzando quindi il livello del servizio pubblico, consentendo contemporaneamente l’estensione delle zone pedonalizzate del Centro Storico ed una diminuzione del traffico nell’area urbana. Per Brescia il Settore Trasporti e Mobilità del Comune, assieme all’Azienda dei Servizi Municipalizzati, ha sviluppato un progetto preliminare, sulla scorta dei dati e delle indicazioni forniti dallo studio da loro commissionato alla società londinese Steer Davies Gleave, individuando le due direttrici principali lungo le quali dovevano snodarsi le due linee LAM, verificandone la fattibilità ed individuando altresì le aree che, per particolari loro caratteristiche o collocazione, sarebbero state oggetto di un progetto di dettaglio per la loro riqualificazione globale. Il progetto definitivo è stato poi affidato all’architetto Italo Rota, che ha sviluppato l’immagine di tutti gli elementi che concorrono a definire il sistema LAM, dall’attesa all’illuminazione, verificate nei vari contesti urbani, sino a progetti esecutivi, di dettaglio per particolari zone. Nella relazione tecnica ad uno di questi studi particolareggiati leggiamo: “ Il progetto cittadino di riqualificazione urbana per le porzioni di città interessate dalle nuove linee LAM, intende ridisegnare lo spazio valorizzando l’autobus LAM considerato come oggetto urbano mobile, differentemente protagonista in ogni sito della città. Così il tracciato delle due linee LAM diventa il disegno base, oltre il quale riorganizzare gli spazi cittadini in parte degradati o comunque frazionati dalle varie fasi costruttive. Ricomporre e riunire i ritagli del verde per offrire aree attrezzabili a verde pubblico con servizi connessi, comporre le sezioni della viabilità pubblica con quella privata e pedonale per offrire a quest’ultima più spazi e più vivibilità, riorganizzare lo spazio destinato al parcheggio delle vetture, nell’ottica di una migliore fruibilità del me-
Italo Rota, progetto per la nuova linea ad Alta Mobilità.
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lità anche con percorsi ciclopedonali, l’organizzazione delle aree verdi e delle aree attrezzate per la fruizione corretta di queste fasce di territorio; • riqualificazione ambientale delle aree adiacenti alle infrastrutture: l’intorno dei sistemi stradali, ferroviari e tramviari; • piste ciclabili: nel verde e nell’abitato le reti di percorsi ciclabili, oltre che occasione per il tempo libero e di fruibilità dei valori storici, ambientali naturalistici, devono costituire una proposta vera, convincente e praticabile come sistema di trasporto per gli spostamenti brevi; • viabilità connesse al sistema ferroviario e per l’accessibilità alla rete di trasporto: in particolare per il facile raggiungimento delle stazioni e delle fermate del trasporto pubblico su ferro e gomma, compresi i parcheggi; • infrastrutture e attrezzature a supporto dei sistemi della mobilità: fermate tram e autobus, i nuovi terminal per il trasporto; • programmi d’area: il tram delle valli, il progetto autostradale Brebemi e alta capacità FS nella pianura bergamasca. In particolare l’intervento più innovativo è l’intervento tramviario e la sua integrazione con quello ferroviario. Con il progetto non si è solo scelto il mezzo di trasporto, si è individuato un sistema territoriale definito su cinque direttrici, con origine dalla stazione di Bergamo in direzione di Albano, Treviglio e Ponte S. Pietro, (istituzione di servizio metropolitano sulle infrastrutture ferroviarie esistenti), S.Pellegrino e Gazzaniga (sistema tramviario, in fase di realizzazione per una prima parte). La ragione principale di questa scelta è proprio la interconnessione complessiva del sistema, con possibili e auspicate tratte che provenendo dalle valli transitano sulla stazione per proseguire nelle altre direzioni senza cambio di mezzo. È irrinunciabile in ogni occasione la ricerca di grande qualità: nel mezzo di trasporto, nel modello di esercizio (frequenza ogni 6-12 minuti), nella progettazione del tracciato e delle sue opere connesse. • Gli itinerari, dal punto di vista funzionale, intercettano le funzioni urbane e territoriali più significative: ospedale, fiera, università e scuole, teatro, stadio, centri direzionali e uffici pubblici, aeroporto. • In corrispondenza delle fermate i Comuni stanno prevedendo significativi e qualificanti interventi finalizzati a valorizzare luoghi urbani centrali esistenti oppure, mediante nuove progettualità, si andranno a costituire nuovi terminal di attestazione del servizio di trasporto pubblico e privato su gomma. • Lungo tutto l’itinerario deve essere colta l’occasione per una iniziativa di riqualificazione ambientale e funzionale sia nelle parti già urbanizzate che negli attraversamenti di aree libere, si creano evidenti e importanti occasioni di percezione ambientale del paesaggio oltre alla volorizzazione di tutto il territorio, per cui il tram non è solo un mezzo di trasporto dalle valli per la città, ma anche al contrario dalla città per le valli. Dobbiamo promuovere più qualità, dobbiamo sviluppare più ricerca e, come ci ricorda l’architetto Renzo Piano, dobbiamo spingerci insieme sulla frontiera, e ogni tanto attraversarla per vedere che cosa c’è dall’altra parte. Abbiamo il dovere di sondare ed essere più creativi. Chi sviluppa creatività attraverso l’architettura usa una tecnica per generare un’emozione, e lo fa con un linguaggio suo specifico, fatto di spazio, di proporzioni, di luce, di materia, di messaggi, e sono soprattutto i messaggi che possono raggiungere i soggetti istituzionali, gli operatori, sono soprattutto questi che ci consentono di tracciare delle prospettive e realizzare su queste le convergenze necessarie per realizzarle. Vorremmo quindi aprire la fase di dibattito al PTCP con questo spirito, vorremmo un dibattito capace di stimolare gli interessi e gli entusiasmi.
desimo: questi sono gli obbiettivi che il progetto generale della città si propone, insieme a quello di creare il più possibile corsie preferenziali per il percorso degli autobus, tali da garantire una maggiore velocità e fruibilità del traffico LAM. Oltre al miglioramento della viabilità pubblica e conseguentemente privata, l’efficacia del progetto sarà inoltre legata alla rivalutazione degli altri sistemi qualitativi urbani, quali la segnaletica, gli elementi pubblicitari, quelli di arredo urbano. Il loro preciso disegno e la loro localizzazione, cercherà di contenere quell’inquinamento visivo, acustico e luminoso oggetto di una forte attenzione sociale” . P. T.
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Paola Tonli
I nuovi edifici dell’autostazione di Desenzano L’elaborazione del progetto esecutivo dei Nuovi Edifici dell’Autostazione di Desenzano è stata esito, tra l’altro, di incontri con la Società Committente e i suoi organi tecnici. Tale soluzione progettuale dà risposta: • alle varie esigenze tecniche e viabilistiche legate al rilevato incremento del traffico; • al problema dell’impatto ambientale, che è stato assunto come condizionamento fondativo ai fini dell’ubicazione, e la cui soluzione consiste nella cospicua dotazione arborea di specie locali, quale peculiarità sitologica a significare il ruolo dell’autostazione quale “ porta” principale del Garda; • alla richiesta di nuove edificazioni per uffici, spazi e parcheggi per il personale e per gli utenti; • alla necessità di riconfigurazione ex novo della pensilina quale immagine unitaria di identificazione segnica dell’autostazione. Il corpo servizi e i parcheggi L’analisi delle necessità funzionali ha fatto intravedere la possibilità di riunire i corrispondenti spazi operativi in un unico edificio, distinguendoli fondamentalmente in sei gruppi e cioè: • lo spazio per il centro servizi a disposizione degli utenti per pratiche autostradali, per meeting di operatori economici, che possono riconoscere nell’autostazione
un agevole punto di riferimento, usufruendo di salette attrezzate, nonché per le attività ausiliarie di sportello bancario, informazioni turistiche, integrate spazialmente con il Centro Servizi ma facilmente separabili per la necessaria autonomia gestionale; è previsto inoltre un gruppo di servizi igienici pubblici; • lo spazio per le attività relative alle esazioni dei pedaggi e per i servizi tecnici, tali da garantire il funzionamento continuativo delle apparecchiature di stazione e autostradali; • lo spazio per uffici e depositi per assicurare il razionale e tempestivo servizio P.I.V. (Pronto Intervento Viabilità) o Helpy, e per il soccorso ACI autostradale, necessari a garantire la sicurezza del traffico e il comfort dell’utente in difficoltà; • lo spazio per i servizi igienici e di comfort (spogliatoi, docce, WC, salette ristoro) suddivisi in due gruppi per motivi di autonomia operativa, il primo per esattori-centro servizi, il secondo per P.I.V. e Helpy. I due gruppi di addetti usufruiscono di un unico spazio per trattare insieme, quando necessita, i problemi tecnici, di aggiornamento e sindacali; tale spazio è ubicato al centro dell’intero complesso ed è emblematizzato da una geometria piramidale controventante l’antenna tecnologica per i ponti radio. Per difendere questi ambienti dall’inquinamento acustico dovuto alla loro vicinanza in continuo a sorgenti sonore, fisse e mobili, oltre alla naturale fono-assorbenza della folta alberatura circostante, è stato previsto un percorso vetrato perimetrale e climatizzato di disimpegno ai vari locali; • lo spazio autorimessa interrata per garantire il parcheggio ai mezzi di servizio e alle automobili di ogni addetto in turno; • lo spazio per il grande parcheggio scoperto pubblico e interamente alberato, con messa a dimora delle piante autoctone o caratteristiche della zona del Garda. Esso verrà organizzato a parcheggio pubblico per gli utenti, essendo attrezzatura sempre più apprezzata dagli operatori che riconoscono in essa un servizio migliorativo nella facilitazione di incontri e percorrenze semplificate. La pensilina Se l’architettura del verde è in questo caso il preannuncio della qualità del sito, non meno essenziale ha da essere il segno che identifica e qualifica l’autostazione, e per essa le piste e i servizi agli utenti, vale a dire la pensilina, il cui ruolo sarà, come già detto, quello di contribuire a sottolineare l’immagine unitaria da contrapporre dialetticamente alla discontinuità edilizia circostante, senza mimetismi. (dalla relazione di progetto di Giuseppe Davanzo) a cura di Paola Tonelli
Giuseppe Davanzo, Autostazione di Desenzano.
a cura di Roberta Fasola
Progetto delle infrastrutture: da “non luoghi” a “luoghi” del paesaggio, anche lombardo! Può esistere un “ luogo” che tale non è, senza espressione, senza carattere, senza genius loci? Un “ non luogo” come spazio senza significato né storia, in opposizione al “ luogo” come elemento concreto e simbolico, dotato di carattere distintivo, è oggi facilmente identificabile negli svincoli, negli spazi a parcheggio, nelle stazioni di servizio, nelle infrastrutture di trasporto, ma anche nelle reti di comunicazione elettrica e telefonica, che punteggiano e segnano tutto il nostro paesaggio. Si è volutamente usato il termine paesaggio e non territorio, perché elementi importanti su cui porre attenzione (e rimedio) sono i rapporti, le relazioni che si innestano, che non nascono o che nascono “ deviati” rispetto al paesaggio in cui questi “ non luoghi” si innestano o che molte volte trasformano, quasi senza saperlo o meglio senza rendersene conto. Nel paesaggio urbano contemporaneo i non luoghi, diventano gli spazi di risulta del costruito, spazi di semplice attraversamento, spazi per il nomadismo e per l’esclusione sociale. Ma allo stesso momento, paradossalmente, diventano gli spazi più frequentati ed “ usati” dall’uomo, che appartiene alla civiltà di internet (rete globale metafisica) ma soprattutto dell’automobile (rete globale fisica). Tangenziali, superstrade, svincoli, autogrill, stazioni, aeroporti sono gli spazi anonimi su cui corre la nostra esistenza quotidiana, che pur nella loro importanza, l’architettura e l’urbanistica non riescono a “ disegnare” , a pensare come “ luoghi” , come essi sono e come vengono realmente utilizzati. Non arrendersi all’abitudine di viaggiare e progettare strade tutte uguali, importanti solo per la loro “ funzione” , importanti perché ci mettono in comunicazione con qualcosa o con qualcuno, ma che invece trascurano quello che sta in mezzo a questi qualcuno e qualche cosa, anch’essi persone, paesaggi, con le loro storie ed emozioni, importanti per qualcuno diverso da noi, che magari pigri nella nostra capacità di “ vedere” oltre la superficie delle cose, li attraversiamo senza chiedere né apprendere cosa ci comunicano. Le grandi infrastrutture della mobilità o i metanodotti o reti elettriche, attraversando ormai qualsiasi territorio, rappresentano così delle vere e proprie matrici del nuovo paesaggio contemporaneo, trasformando, con la loro presenza e flussi di persone, merci, dati, la natura fisica e lo stesso genius loci del territorio. Questo dimostra come, nella maggior parte delle opere attuali, la progettazione tecnica ed urbanistica sia disgiunta da una progettazione paesistica, e quindi poco attenta al contesto ambientale, ma anche sociale, culturale e storico dei luoghi attraversati. Il paesaggio dovrebbe diventare non più solo sfondo, ma testo (oggetto di riferimento) su cui agire e con cui interagire. I tre elementi basi per il progetto infrastrutturale, ovvero la pianificazione di scala vasta, la programmazione tecnica ed economica e il progetto puntuale dell’opera, debbono essere pensate e studiate in modo contempo-
raneo, o meglio tutti e tre i momenti debbono essere presenti nelle diverse fasi di “ costruzione” del progetto, il feed back tra di esse diminuisce gli errori, garantisce il rispetto degli obiettivi, verifica a priori gli scenari ipotizzati, permette un maggiore controllo della qualità tecnica ed urbanistica dell’opera. Gli interventi, pur ognuno nelle loro differenze di contesto, funzione ed obiettivi, dovrebbero tutti avere come punto di partenza il progetto paesistico, come input ex-ante, concepito insieme al progetto tecnico infrastrutturale. Intervenire ex-ante, infatti, permette di analizzare e definire i limiti territoriali su cui il progetto insiste e si raffronta, significa aggiungere significato ai luoghi che già ne hanno o ridarne ad altri “ poveri” o in cui il significato è latente. Progettare ex-ante significa anche poter definire l’ambito più adatto per il passaggio dell’opera, compresa la possibilità di scegliere localizzazioni alternative, confrontando fra di loro aspetti negativi e positivi, sia di tipo paesistico ma anche sociale, storico ed economico. Questa strategia di pianificazione dell’infrastruttura supera i problemi che si rilevano oggi negli interventi expost, dove nella maggior parte dei casi si interviene sul paesaggio per sanare un “ danno” o porre rimedio ad una situazione ormai invariabile. Dando uno sguardo alle previsioni per lo sviluppo della rete di mobilità in Lombardia, ci accorgiamo quanto sopra esposto sia un fatto ormai irrinunciabile e non più procrastinabile, da confinare nelle utopie disciplinari di urbanisti ed architetti “ ambientalisti” . In Lombardia la programmazione regionale prevede per il futuro grandi opere infrastrutturali: le previsioni sono indirizzate alla risoluzione dei problemi relativi alla viabilità nell’area pedemontana, al potenziamento del sistema tangenziale di Milano e dei principali poli regionali, al miglioramento dell’accessibilità viaria nelle aree periferiche della regione. Per la viabilità nell’area pedemontana è stato individuato un sistema così costituito (arteria denominata Pedemontana): Busto Arsizio-Cermenate; Cermenate-Desio; Desio-Vimercate; Vimercate-Bergamo; Sistemi tangenziali di Como e di Varese e collegamento al valico del Gaggiolo. Inoltre si prevedono la Direttissima Milano-Brescia (BreBeMi), il by-pass A4 (Agrate) - A8 (barriera laghi), la Tangenziale est-est di Milano, per i quali dovrà avviarsi una fase di studio di fattibilità tecnico-economica, ovvero di progettazione preliminare. A quanto sopra si aggiungono le problematiche relative all’accessibilità viabilistica al nuovo scalo internazionale di Malpensa. Rispondere sì alle nuove esigenze, ma senza dimenticare che la qualità della vita passa prima di tutto dalla qualità dei luoghi in cui si vive e non dove si sopravvive. L’architettura (come momento multidisciplinare), diceva Ignazio Gardella “ è come l’aria, noi senza rendercene conto respiriamo architettura in ogni ora delle nostre giornate: a casa, in ufficio, per strada“ e come tutti cerchiamo, aneliamo ad un’aria pulita, buona, che faccia bene al corpo, ma anche alla mente. Gianfredo Mazzotta
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Como
Lecco a cura di Carmen Carabus
La mobilità delle merci: infrastrutture per il trasporto
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Quando si vede un bene, sia questo un prodotto manifatturiero od un prodotto agricolo, raramente si pensa a come questo bene sia arrivato alla nostra portata. Si sa come è stato prodotto, da chi, dove; nulla si sa del suo “ viaggio” per arrivare a noi. Eppure qualsiasi bene, sia esso materia prima, prodotto manifatturiero, semilavorato o finito, prodotto agricolo o quant’altro (a eccezione naturalmente dei beni immobili) per essere consegnato all’utilizzatore viene messo in viaggio e quasi sicuramente viene spostato più volte. L’operazione di trasferimento di un bene dal luogo dove viene prodotto-raccolto-estratto a dove viene utilizzato si chiama “ trasporto” ; sembra ovvio, ma pochi ci pensano, anche se a fronte di questa operazione di trasferimento si crea un traffico che, unito a quello del trasferimento delle persone, intasa le nostre strade. La mobilità delle merci è direttamente proporzionale al prezzo della merce stessa; quindi l’organizzazione della “ Mobilità” è essenziale per una economia sana. Inoltre l’organizzazione della mobilità delle merci produce effetti positivi sul traffico stradale a beneficio della qualità ambientale con ripercussioni positive sulla salute pubblica. Non solo strade: le infrastrutture per il trasporto e la distribuzione delle merci Un moderno sistema di trasporti deve risultare sostenibile tanto dal punto di vista economico che sociale ed ambientale. Attualmente il trasporto merci sconta un pesantissimo squilibrio a carico del trasporto stradale (detto su gomma) generando la congestione di moltissimi assi stradali (si salvano solo quelli secondari ed intercomunali) con grossi problemi ambientali e di salute pubblica. Il nord Italia e in particolare la Lombardia, unica vera porta comunicante con l’Europa per volumi di traffici, ha ormai da tempo il problema della cronicità di congestione, dovuto essenzialmente a due fattori: • gli utilizzatori del sistema di trasporti non pagano i costi che generano a danno dell’ambiente e della salute dei cittadini; • gravi ritardi nella realizzazione delle infrastrutture dedicate alla rete transeuropea. La regione Lombardia, nella bozza del DPEF del 02.7.2001, non ha sviluppato un programma infrastrutturale di riequilibrio del sistema modale, e ha proposto un piano di “ potenziamento delle infrastrutture logistiche” (in controtendenza con i dettati dell’U.E.). Ha però riconosciuto la saturazione e l’obsolescenza di strutture ferroviarie, adatte a sistemi di interscambio modale; non ha però proposto alcun intervento progettuale di rispetto delle infrastrutture ferroviarie adatte all’interoperabilità. La Commissione Europea il 21 marzo 2001 ha varato il progetto European Rail Traffic Management System su incarico dell’Associazione Europea per l’Interoperabilità, con sede a Bruxelles, consentendo ai treni di percorrere linee ferroviarie di diversi paesi, sebbene dotati di sistemi di sicurezza e di automazione progettati con logiche e apparecchiature diverse fra loro. Nella sostanza manca da parte della Regione Lombardia, in sinergia con le regioni confinanti e la vicina Svizzera, un Piano Territoriale Interregionale di realizzazione di infrastrutture ferroviarie atte a fronteggiare lo sviluppo dell’interoperabilità nel rispetto delle decisioni Europee. Perché gli operatori trovino credibilità in termini di regolarità
e puntualità, sarà opportuno costituire progressivamente una rete ferroviaria dedicata esclusivamente al trasporto merci. Ecco ora delinearsi il “ sistema infrastrutturale per il trasporto e la distribuzione delle merci“ . Questo “ sistema” ha in verità fondamento sulle vie di terra (strade e ferrovie), acqua (navigazione), ed aria e si realizza nelle strutture di connessione fra le varie modalità di trasporto, ovvero nei nodi intermodali detti anche interscambi. Fra le intermodalità e gli interscambi, il più classico ed usato dagli operatori è quello ferro-gomma, ovvero lo scambio fra il trasporto su ferrovia e su strada. Attualmente la modalità su strada, particolarmente in Italia, sovrasta quella su ferrovia causando lo squilibrio di cui si è detto; l’Unione Europea, ritenendo queste due modalità prevalenti sulle altre, per il prossimo futuro ha avviato la politica della realizzazione delle infrastrutture di connessione intermodale, per riequilibrare le due modalità riducendo il trasporto su strada a favore di quello ferroviario. Individuazione delle infrastrutture per il trasporto e la distribuzione delle merci: cosa sono? Èil momento di aggiungere, per una corretta comprensione del discorrere, le definizioni delle principali infrastrutture di connessione intermodale non prima di averle elencate, ovvero: raccordi ferroviari, scali merce ferroviari, poli logistici raccordati, terminal ferroviari, interporti. I raccordi ferroviari Sono appendici o rami ciechi alle linee ferroviarie principali che portano direttamente i vagoni ferroviari all’interno dei complessi industriali; servono la grande industria e trasportano prevalentemente merce sfusa. Dopo la chiusura dei grandi complessi industriali sono stati notevolmente ridotti. Gli scali merce ferroviari Sono quelle strutture ferroviarie realizzate per lo più alla fine degli anni ‘40 fino a metà degli anni ‘50 con le quali si effettua, mediante la tecnica del trasbordo, lo smistamento delle merci; sistema ormai abbandonato da tutti per i tempi lenti e gli alti costi. I poli logistici raccordati Servono solamente alla distribuzione, consistono nell’esternazione dei magazzini delle aziende sia del settore commerciale che di quello produttivo con la gestione affidata a terzi. Essi sono prevalentemente posizionati sulla grande viabilità e raccordati alla ferrovia come utenti finali. Effettuano prevalentemente consegne in un raggio di 50/60 chilometri. I terminal ferroviari Sono strutture tipicamente ferroviarie che servono esclusivamente al trasporto con il sistema del treno blocco. Queste strutture, per essere dichiarate tali, debbono rispondere alle caratteristiche internazionali dell’E.I.A. (European Intermodal Association) con sede a Bruxelles. Gli interporti Sono strutture complesse molto vaste, almeno tre milioni di metri quadrati, nelle quali si effettua ogni tipo di trasporto e distribuzione con una serie di servizi dedicati. Queste strutture non possono essere costruite dove si vuole: debbono essere costruite necessariamente adiacenti a linee ferroviarie con capacità operativa e collegati alla grande viabilità. Il sistema intermodale lombardo nel panorama europeo L’Europa ha delineato con chiarezza le politiche di investimento infrastrutturali attraverso il programma Trans-European Trasport Networks(TEN-T); la Lombardia è direttamente interessata a questo progetto con la costruzione delle linea ad Alta Capacità Lione-Torino-Milano-Venezia-Trieste, consentendole di fruire di un importante corridoio nei traffici paneuropei verso est, in particolare a quei paesi che prossima-
Politica attuale della regione Lombardia La Regione Lombardia si è mossa in anticipo rispetto alle altre regioni, individuando nel Piano del Sistema dell’Intermodalità e della logistica in Lombardia uno strumento legislativo su cui programmare e operare in piena sintonia, sia attraverso il SNIT e un attento esame di programmazione, sia con il progetto Marco Polo, inserendosi a pieno titolo nelle strategie europee. Si può quindi procedere a scelte in sintonia con tali progetti, avendone finanziamenti in tempi brevi e certi. Nonostante ciò la nutrita serie di atti del Consiglio Regionale, in particolare la risoluzione del 4.12.1998, e la delibera del 5.5.1999, non ha prodotto all’atto pratico alcun intervento, anzi ha generato, attraverso la stesura del Piano del sistema dell’intermodalità e della logistica in Lombardia, confusione fra le modalità di interscambio. Innanzitutto il compito affidato a FNM, così come citato D.c.r. 5.5.1999 n. VI/1245, non ha prodotto proposte significative, gli interventi programmati sul proprio sedime ferroviario riguardano infrastrutture atte a soddisfare le proprie necessità aziendali, nessuno di questi interventi ha le caratteristiche proprie di “ rail-ruote” (Terminal Ferroviario). Il protocollo d’intesa firmato il 13.2.2001 prende in considerazione il raddoppio del Gottardo (progetto europeo Freeways), non tenendo conto del progetto TEN-T (Lione-TriesteLubiana) corridoio fondamentale a sud delle Alpi per lo sviluppo dell’intera area padana; in questo contesto va vista la Pedegronda ferroviaria Novara-Busto-Seregno-Ponte S.P.-Bergamo-Rovato-Brescia. Detta struttura ferroviaria è di fondamentale importanza. Nei punti di intersezione con le princi-
Modello di Polo Logistico Integrato.
pali linee nord-sud in aree adiacenti al sedime ferroviario e raccordate alla grande viabilità, necessitano con estrema urgenza almeno tre terminal intermodali con caratteristiche “ railruote” ; la necessità di queste infrastrutture a nord di Milano è motivata dal fatto che si trovano in quest’area le province più densamente industrializzate e, sempre in quest’area, si trovano i nodi ferroviari a più alta densità di traffico. Quale quindi la scelta della modalità di interscambio Gi interporti sono strutture come Quadrante Europa di Verona, uno dei pochi in Italia ad avere tutte le caratteristiche infrastrutturali necessarie ad espletare qualsiasi servizio al sistema dei trasporti; le altre strutture denominate interporti sono strutture ibride o semplicemente dedicate a determinati settori merceologici. Èdifficile, per le loro caratteristiche, contestualizzarli in Lombardia e inoltre Verona è molto vicina. La soluzione è quindi quella dei Terminal Intermodali (rail-route). Di terminal ferroviari si sente parlare spesso, ma l’unico vero terminal in Lombardia appartiene alle Ferrovie Svizzere, l’UPACH di Busto Arsizio, dove il sistema “ rail-route” trova la più ampia applicazione. Questo sistema è l’unico vero in grado di spostare notevoli quantità di merce dalla strada alla ferrovia, ha le proprie tracce ferroviarie, quindi, a differenza dei tradizionali trasporti merci, ha la certezza della celerità e della puntualità; autentico concorrente della strada. Uno dei punti di forza del terminal è la rapidità del cambio modale, il treno può essere caricato e scaricato in poco tempo, la merce, essendo trasportata per la maggior parte con casse mobili, non viene manipolata e in breve tempo raggiungere lo stabilimento o il centro logistico e viceversa. L’U.E. ha ribadito più volte, e tutti i documenti prodotti vanno in tal senso, l’esigenza di uno sviluppo compatibile con l’ambiente, nel più ampio rispetto degli accordi di Kyoto; i trasporti “ rail-route” sono l’unica risposta immediata ed economica a queste esigenze. Pierluigi Baraggia
Collegamento aereo da Piazza Sassi al Centro “La M eridiana” L’intervento consiste nella realizzazione di un ponte pedonale a Lecco collegante piazza Sassi con il Centro La Meridiana, e quindi sovrappassante lo scalo ferroviario, immediatamente a sud della Stazione F.S. L’impalcato del nuovo ponte ha una larghezza media di circa 3,5 m, con l’intradosso ad una quota sempre superiore a 8,5 m dal piano del ferro dei sottostanti binari, al di sopra delle linee di contatto. L’ampiezza dell’area ferroviaria è pari a circa 142 m lungo l’attraversamento. Lo sviluppo totale del nuovo attraversamento, comprensivo dei sovrappassi su di una strada Anas e su di una strada di accesso ai parcheggi del Centro La Meridiana, nonché dell’accesso a piazza Sassi, è pari a circa 170 m. La progettazione si è sviluppata tenendo conto dei seguenti “ assunti” iniziali: riduzione delle servitù nei confronti delle Ferrovie dello Stato, sia durante la realizzazione che ad opera ultimata; facilità e rapidità d’esecuzione; leggerezza strutturale e riduzione dell’impatto ambientale; contenimento dei costi. Inquadramento urbanistico Lecco si configura come una città policentrica caratterizzata da nuclei storici dal tessuto urbano fitto e consolidato, fra di loro uniti da una urbanizzazione di formazione più recente, ora coinvolta in una fase di riconversione che sviluppa temi inerenti in particolare insediamenti con destinazione terziaria commerciale e di nuova residenza. La città è segnata dalla presenza dell’asse ferroviario che la taglia longitudinalmente, da sud a nord, costituente una bar-
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mente entreranno a far parte dell’U.E. A questo dobbiamo aggiungere il progetto freewaysin avanzato stato di realizzazione che, attraverso il raddoppio del Gottardo, raggiungerà il porto di Genova; il quadro dei grandi traffici di trasporto merci per ferrovia fa intravedere le potenzialità di sviluppo del trasporto merci senza precedenti per la Lombardia. Di recente nella seduta del 26 luglio 2001 la Commissione Europea ha varato il progetto Marco Polo, finanziando per 7,5 milioni di Euro 17 progetti pilota nel trasporto combinato: puntando in modo concreto alla scelta prioritaria di questo tipo di modalità, il progetto si prefigge di trasferire circa il 20% di traffico merci dalla strada alla rotaia entro il 2006. Il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica ha individuato la necessità di programmare una serie di infrastrutture dedicate (terminal intermodali, poli logistici ecc.), in alternativa alla programmazione di megastrutture (interporti). Questi interventi strutturali trovano applicazione attraverso il Sistema Integrato Nazionale dei Trasporti (SNIT), delineando le direttrici principali, sia ferroviarie che stradali, nonché tutte quelle strutture di collegamento (nodi) a queste direttrici di traffico e demanda inoltre a un apposito piano di settore la possibilità di inserire tra le infrastrutture di interesse nazionale i Centri di interscambio strada rotaia. La Regione Lombardia, attraverso il Piano Regionale dei Trasporti (PRT), può programmare una politica mirata alla costruzione di infrastrutture ferroviarie allo scopo di integrazione e interconnessione con le strutture programmate dal piano stesso.
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riera urbana evidente a livello spaziale e che limita sostanzialmente i collegamenti viari da una parte all’altra. Anche in corrispondenza del centro cittadino appare evidente la presenza di questa barriera che rende più complesso l’accesso al centro città e alle funzioni ivi insediate. Oltre alla ferrovia, posta immediatamente a monte del centro storico cittadino, sta sorgendo il complesso “ La Meridiana” , progettato da Renzo Piano, un nuovo insediamento di notevoli potenzialità dove trovano ubicazione una serie di strutture e destinazioni di rilevante interesse collettivo (terziario, parco pubblico, parcheggi) complementari alle funzioni del centro storico e quindi possibilmente da integrare e connettere per una migliore funzionalità complessiva, con notevoli vantaggi per entrambe le parti di città. Il sovrappasso ferroviario unisce fisicamente, ed in maniera diretta, due differenti ma complementari realtà lecchesi e in senso metaforico funge da ponte fra passato e futuro, fra tradizione e innovazione. Richieste della città e prestazioni della nuova infrastruttura Oltre alla valenza significativa che acquista nel substrato culturale e sociale della città, il sovrappasso ferroviario è un’arteria infrastrutturale utile per la rivalutazione del centro storico e indispensabile per un miglioramento sostanziale dei collegamenti in ambito cittadino. Il collegamento a destinazione esclusivamente pedonale contrae i percorsi soprattutto agli studenti che si distribuiscono negli istituti scolastici dislocati tanto nel centro storico, quanto nella zona delle aree in espansione terziaria e commerciale. Il pendolarismo degli studenti nei due sensi di marcia usufruirà di una via preferenziale più breve e diretta, che collegherà il centro cittadino soprattutto alla stazione ferroviaria, con le strutture scolastiche poste oltre la ferrovia a ridosso del nuovo parco urbano in cui è immerso il nuovo centro “ La Meridiana” . In secondo luogo, il collegamento pedonale agevola una decongestione automobilistica del centro cittadino che è giornalmente appesantito da un carico di auto eccessivo, con conseguente carenza di parcheggi. “ La Meridiana” , con più di 2.000 posti auto, alleggerirà i flussi automobilistici convergenti nella zona centrale, permettendo di accedere pedonalmente ed in tempi brevi alle attività del centro. Il ponte migliora in tal modo l’uso della città che, decongestionata, acquista una maggiore fluidità di percorsi e di scambi e una fruibilità qualitativamente migliore, diventando uno strumento al servizio dei cittadini che garantisce fluidità, accelerazione degli scambi ed incentivazione dei rapporti. La struttura della passerella pedonale inciderà positivamente sull’immagine di Lecco, e, come il centro “ La Meridiana” stesso, avrà un livello di percezione evidente in una visibilità prospettica aperta, che ne farà un ponte che collega radici storiche con sviluppo, zona a lago con fascia superiore circostante e funzioni pubbliche cittadine (Municipio, Stazione ferroviaria, Commercio, Turismo, ecc. con strutture situate a monte quali scuole, parcheggi, strutture sportive per il tempo libero, ecc.). Tipologia strutturale del ponte Si prevede l’appoggio del nuovo impalcato in tre punti: ai due lati dello scalo ferroviario, fuori dal fascio di binari, ed in una zona centrale libera da binari. I punti di appoggio del ponte, a struttura realizzata, non presenteranno quindi alcuna interferenza con gli impianti ferroviari o con l’esercizio ferroviario attuale, né costituiranno vincoli per eventuali future modifiche dell’organizzazione dei binari. La struttura d’impalcato si sviluppa su due grandi campate principali con luci pari a 64,5 m e 67,5 m, che sovrappassano i fasci di binari, su uno sbalzo di 25,5 m per lo scavalco delle strade laterali ed una campata di 12,1 m per l’accesso a piazza Sassi. Le due campate principali sono sostenute da un sistema di stralli impostati su di un’unica antenna centrale, prevista
in acciaio, con sezione trasversale ottenuta per calandratura di pannelli di lamiera. La parte inferiore, tra impalcato e fondazione, sarà riempita di calcestruzzo per aumentarne la rigidezza. I materiali di finitura Per le finiture del collegamento aereo si sono cercati materiali che contribuissero ad aumentare l’effetto di “ leggerezza” del manufatto. Per l’impalcato sono state impiegate strutture metalliche saldate e verniciate. Gli schermi di protezione laterale richiesti dalle Ferrovie disegnano un profilo aerodinamico, sviluppato in galleria del vento e pensato anche come protezione frangivento. Si è previsto l’utilizzo di lamiere curvate in alluminio anodizzato naturale microforate. Le strutture di accesso Lo “ sbarco” verso piazza Sassi è stato pensato come il terminale naturale di un percorso che inizia dal Centro Meridiana e si sviluppa sopra il parco ferroviario. Questo terminale “ naturale” è stato ottenuto con un percorso elicoidale realizzato con una struttura metallica autoportante, di profilo identico a quello del ponte. Al centro di questa grande “ elica” , che degrada verso la piazza con un’inclinazione media dell’9,5%, è stato collocato un cilindro trasparente in cristallo nel quale scorre un ascensore (portata 12 persone) idraulico a pistone centrale, che permette l’accessibilità alla passerella anche ai portatori di handicap. Conclusioni Si è qui illustrata una soluzione progettuale per l’attraversamento dello scalo ferroviario di Lecco in cui, oltre a dare una risposta alle problematiche di ordine statico e formale, sono state valutate e rispettate le esigenze connesse all’esercizio ferroviario. Tali ultime esigenze comportano vincoli molto restrittivi nella ubicazione degli appoggi a terra e nelle procedure di costruzione, e proprio da tali vincoli sono scaturite le scelte delle due grandi campate e dello schema di costruzione e montaggio a sbalzo. La soluzione proposta si configura quindi innanzitutto come una soluzione tecnica ad una serie di vincoli a problemi tecnici e logistici. Si configura altresì come un segno semplice, ma chiaro e deciso, del contesto urbano della Città di Lecco. Paolo Bodega
Vedute del modello del nuovo ponte.
a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba
Il Piano Urbano della M obilità (2001-10) e le Isole Ambientali Nel luglio 2000, vista l’evoluzione del quadro normativo di riforma del trasporto pubblico da un lato, e il progressivo aggravarsi della situazione della mobilità milanese dall’altro, il Comune ha costituito la Agenzia Milanese Mobilità e Ambiente. Accenniamo brevemente il quadro istituzionale all’interno del quale si colloca e le sue finalità, nelle parole del suo Amministratore Unico e Direttore, Gian Paolo Corda: “ Il D.L. n.422/97 impone il trasferimento agli enti locali delle funzioni e dei compiti regionali in materia di trasporto pubblico locale. Inoltre, contestualmente all’apertura al mercato, mediante gara, dei servizi di trasporto pubblico locale, viene introdotto il principio di separazione tra le attività di programmazione e regolazione del trasporto pubblico locale da quella di gestione. (...) I principali ambiti di attività (dell’Agenzia ndr.) sono l’acquisizione, l’analisi e l’elaborazione dei dati, costruzione di modelli e simulazioni, studi e pianificazione del trasporto pubblico locale, predisposizione dei contratti di servizio, regolazione e controllo del trasporto pubblico locale, studi e pianificazione del traffico privato e della mobilità in generale, studi e pianificazione degli interventi ambientali in materia di aria, energia, rumore ed onde elettromagnetiche” . Cercando di approfondire il lato progettuale di queste attività dobbiamo districarci tra le complicate e a volta ripetitive denominazioni degli strumenti che l’amministrazione ha adottato o intende adottare in materia. Nel maggio 2000 il Comune ha approvato il Piano Urbano del Traffico (PUT) per il triennio 2000-03. Questo piano non si occupa del riassetto infrastrutturale, ma punta solo a razionalizzare le strutture esistenti con interventi di manutenzione e adeguamento delle sedi stradali, abbattimento delle barriere architettoniche e ridisegno delle aree di sosta, come, ad esempio, l’intervento portato recentemente a termine in piazza Bausan. Più ambizioso è invece il Piano Urbano della Mobilità (PUM) che costituisce lo strumento di pianificazione della mobilità con validità decennale, dal 2001 al 2010, previsto dal Piano Generale dei Trasporti. “ Il PUM è un progetto strategico basato su investimenti e innovazioni sia dal punto di vista organizzativo che gestionale” , che inquadra Milano nella ” area urbana milanese lombarda (…) un’area che intreccia relazioni multiple e complesse, interessando direttamente sette milioni e mezzo di abitanti.” Qui di seguito presentiamo un settore specifico dell’attività dell’Agenzia, ovvero la progettazione coordinata delle cosiddette Isole Ambientali, la cui definizione è contenuta nelle Direttive ministeriali per l’attuazione e la redazione dei Piani del Traffico: ” La viabilità principale viene a costituire una rete di itinerari stradali le cui maglie racchiudono singole zone urbane alle quali viene assegnata la denominazione di Isole Ambientali composte da strade locali (‘isole’ in quanto interne alla maglia di viabilità principale; ‘ambientali’ in quanto finalizzate al recupero della vivibilità degli spazi urbani)” . L’Isola ambientale è dunque un’area urbana delimitata da primarie arterie di traffico, all’interno della quale si intende valorizzare la funzione residenziale, migliorarne la vivibilità eliminando il traffico di attraversamento e l’interferenza del traffico locale con le primarie arterie di scorrimento, restituendo al pedone una chiara priorità rispetto ai veicoli. Il traffico residuo all’interno dell’isola ambientale dovrebbe in questo modo essere limitato ai soli residenti, oppure a coloro che nel quartiere devono svolgere un compito specifico. Gli interventi previsti in queste isole riguardano il ridisegno generale della circolazione,
con eventuale sistemazione degli incroci, spostamento di alcune tratte di linee di trasporto pubblico e recupero di spazi di sosta pedonale lungo le vie residenziali. Si prevede inoltre il recupero di alcuni tracciati storici e la realizzazione di nuovi parcheggi, interrati e a raso. Dovranno essere adeguati di conseguenza i regolamenti del traffico (velocità massima a 30Km/h), della sosta, i servizi di trasporto pubblico e gli elementi di arredo urbano. In questa logica il Comune di Milano ha individuato, col supporto dell’Agenzia, le prime dieci Isole Ambientali, riguardanti le zone di Brera-Garibaldi, Missori-Torino, Darsena-piazza XXIV Maggio, viale Monza-Leoncavallo, corso XXII Marzo-corso Lodi, piazza Caduti del Lavoro, piazza Tripoli, San Siro, via Alber-
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Isola ambientale di Corso Como.
ti, Farini Maciachini. A queste, in fase di approvazione in Consiglio Comunale, sono state aggiunte altre cinque: Feltre. Forlanini, Villaggio dei Fiori, Torretta e G1-G2-S.Leonardo. All’inizio di quest’anno è stato deciso di dare l’avvio alla progettazione esecutiva delle prime isole ambientali e la scelta è caduta su quelle di Garibaldi-corso Como e corso di Porta Ticinese. Esaurita la fase di analisi, e approvate le scelte di base contenute nel progetto preliminare, i lavori dovrebbero essere avviati entro la fine del 2002. A. B.
La riqualificazione della Stazione Centrale di M ilano All’inizio del secolo venne indetta una gara per la costruzione della nuova stazione ferroviaria di Milano. Vinse il progetto di Arrigo Cantoni, che non fu mai realizzato. Dopo sei anni, una nuova gara. Così, nel primo dopoguerra, nasce la nuova stazione su progetto di Ulisse Stacchini, in cui si ritrova il gusto di un tardo liberty che si rifà alla Secessione viennese. Milano Centrale è la seconda stazione ferroviaria italiana, dopo Roma Termini, per grandezza e volume di traffico. Si articola su più livelli: il piano sotterraneo (-4,5 m), quasi interamente occupato dall’albergo diurno, da servizi e da un cinema oggi dismesso, da magazzini e da locali tecnologici; il livello urbano, costituito dalla Galleria delle carrozze, dal salone biglietteria e dal salone postale; il livello superiore (+7,4 m) sede dei binari e della Galleria di testa, più volte rimodernata. Con la realizzazione del progetto di ristrutturazione le superfici destinate ai servizi primari e secondari (per il viaggio, il ristoro, le compere, la cultura) registreranno un incremento (+92%), determinato sia dalla riorganizzazione funzionale sia dalla realizzazione di nuove strutture (mezzanini, piani rialzati) e nuove percorrenze (scale mobili, ascensori, tapis roulant). Verrà formato un nuovo nodo dei collegamenti interni, a piano terra, al centro della stazione e su esso verranno a confluire gli arrivi della metropolitana; l’acces-
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Milano
Pavia a cura di Elisabetta Bersani, Valerio Oddo, Luca Pagani
Nuovo ponte ferroviario sul Ticino
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Schizzi di studio del progetto e veduta della Stazione.
so dal parcheggio di prossima realizzazione; gli arrivi delle fermate taxi; l’accesso pedonale trasversale, che metterà in comunicazione le due piazze laterali (Luigi di Savoia e IV novembre); le percorrenze di servizio, provenienti dal sottopasso stradale. Da questo nodo centrale partiranno i percorsi meccanizzati, che porteranno fino al marciapiede di testa, al livello dei binari, impiegando scale mobili, tapis roulants e ascensori. Nel fulcro della stazione, il punto di passaggio obbligato per raggiungere i treni, verrà collocata la nuova biglietteria, realizzata seconda una moderna concezione, che favorisce il rapporto diretto fra operatore e cliente. Il livello sotterraneo, il piano terra e il mezzanino saranno il cuore del nuovo polo dei servizi della stazione: nuovi spazi per l’informazione, bar e ristoranti, negozi, attività culturali ed espositive. Verrà avviato un progetto specifico per ottimizzare la leggibilità e riconoscibilità degli spazi delle percorrenze e dei servizi, con l’introduzione di sistemi innovativi, compreso quello di controllo e sicurezza. La riqualificazione prevista comprende un rilevante impegno per il recupero dell’architettura originaria, ma anche l’introduzione di nuovi elementi architettonici in armonia con le strutture storiche. Il progetto, come gli altri che riguardano altre 12 stazioni in Italia, redatti o coordinati dall’Ufficio tecnico della Società Grandi Stazioni, avrà prossima attuazione. R. G.
Nell’ambito del sistema di accessibilità al nuovo Aeroporto di Malpensa 2000, con riferimento all’accordo di programma quadro sottoscritto nel 1999 tra lo Stato e la Regione Lombardia, si inserisce la riqualificazione della S.S. 494 nel tratto compreso tra Abbiategrasso e Vigevano. In particolare, nel suddetto accordo viene prevista, per quanto concerne l’accessibilità su ferro, il raddoppio della linea ferroviaria Milano-Mortara, per il quale risulta attualmente in corso la procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi del DPCM 350/88. L’attuale ponte ferroviario, messo in esercizio a partire dal 1870, ha una destinazione per l’uso sia ferroviario che stradale; il nuovo progetto dovrà invece prevedere l’unica destinazione all’uso ferroviario, si è evidenziata quindi la necessità di rivedere lo schema attuale di accessibilità stradale, anche tenendo conto dei volumi di traffico della S.S. 494, pari a circa 25.000 veicoli/giorno, con valori dell’ora di punta prossimi alla congestione. La progettazione preliminare, iniziata nel 1998, ha potuto analizzare alcuni aspetti, sia per l’inserimento del nuovo tracciato stradale, sia per l’opera di scavalcamento dell’area fluviale. Specifiche soluzioni esaminate in quella fase hanno suggerito, per una serie d’istanze di funzionalità dell’opera, di gestione manutentiva e di inserimento paesaggistico, la scelta tecnologica del tipo di attraversamento: nella successiva fase progettuale definitiva è stata quindi approfondita e scelta la soluzione dell’arco portante a via inferiore. Il nuovo ponte sarà situato a valle di quello esistente ad una distanza di circa 230 m, avrà due campate di circa 145 m che attraversano l’alveo attivo, lasciando un unico sostegno posto all’interno della lanca mediana del fiume: proprio questa “ pila” intermedia rappresenta l’appoggio delle due grandi arcate principali che attraversano l’alveo; attraverso la lettura della sezione trasversale dell’impalcato si evidenziano, oltre alla carreggiata per l’esercizio veicolare, il percorso delle piste ciclopedonali poste su entrambi i lati, che permettono, proprio in corrispondenza del sostegno intermedio, anche una discesa verso il greto del fiume. In tale previsione vengono inoltre inserite due piazzette di sosta che permettono la fruizione panoramica del fiume “ dal suo interno” . L’esito finale della pronuncia di compatibilità ambientale della Regione Lombardia, ai sensi degli art. 1 e 5 del DPR12.4.96, avvenuta con Decreto n. 10780 del 11.5.01, ha consentito l’inserimento nella fase progettuale finale di importanti prescrizioni in ordine agli interventi di mitigazione e compensazione ambientale, come ad esempio la riqualificazione delle sponde e delle aree limitrofe, la qualificazione dei corpi idrici interferiti, la localizzazione di aree di parcheggio attrezzato con la qualificazione dei relativi accessi alla viabilità esistente, il collegamento e la realizzazione ex novo di percorsi ciclopedonali. Marco Zanetti
Fotomontaggio del ponte ferroviario.
a cura di Enrico Berté e Claudio Castiglioni
La tratta Seregno-Saronno: infrastruttura di interesse sovraregionale “ Il sistema dei trasporti pubblici deve essere efficiente e confortevole, attraente per i cittadini” (A. Soria y Mata, La città lineare, Milano, 1968) Il collegamento Brianza-Malpensa, un progetto che da anni le Ferrovie Nord Milano inseguono e che da molti anni gli abitanti della Brianza vorrebbero vedere attuato, sembra essere un tema di grande attualità in un momento in cui le città sono congestionate dal traffico, in cui la paralisi dei centri è dovuta soprattutto al movimento di milioni di persone costrette ad effettuare spostamenti in auto, non trovando alternativa nel trasporto con il mezzo pubblico; in giornate come queste, l’assillo dell’inquinamento e delle targhe alterne ci fa riflettere maggiormente su quelle che potrebbero essere le soluzioni per una qualità di vita migliore. L’utilizzo della capacità di trasporto merci della rete delle FNM e lo sfruttamento programmato e coordinato della linea ferroviaria Seregno-Saronno (anche in proiezione della futura integrazione con la Cargo operante su Malpensa) potrebbero essere individuati come interventi necessari allo spostamento dalla gomma al ferro del trasporto merci e potrebbero costituire un utile punto d’incontro per diminuire l’incidenza negativa del trasporto pesante sulle nostre strade e l’esigenza della mobilità pubblica e privata che diversamente risulterebbero penalizzate. Le difficoltà tecniche per portare a termine il progetto per il cosiddetto Malpensa Brianza Express sono molteplici ed i costi stimati di grande entità. Il problema del collegamento della Brianza con Malpensa sembrava ormai non essere risolvibile in altro modo se non facendo transitare i passeggeri da Milano e facendo loro cambiare treno. Ma si comprese che si poteva valutare un’altra ipotesi. L’ipotesi considerata più auspicabile fu, senza ombra di dubbio, quella di sfruttare alcune di quelle tratte che oggi sono poco percorse, se non addirittura chiuse al servizio. Per questa ragione la Regione Lombardia e le Ferrovie Nord Milano Spa hanno creato un protocollo d’intesa, sottoscritto da entrambi, atto alla promozione di progetti pilota per la valorizzazione delle aree di interscambio del servizio ferroviario regionale. Uno dei poli individuati di maggior interesse è stato il polo di Saronno, con l’individuazione della tratta Saronno-Seregno come linea da recuperare. Il finanziamento per l’elettrificazione della linea, la realizzazione di un doppio binario tra Ceriano Laghetto e Cesano Maderno, il riammodernamento delle stazioni, con la loro nuova localizzazione, sembra poter essere disponibile. Le FNM hanno redatto già un progetto preliminare della riqualificazione della tratta ferroviaria Saronno–Seregno, inserendola anche tra gli interventi prioritari all’interno del Piano Territoriale dell’Area della Malpensa. Nel 1993 è stato redatto uno studio di fattibilità e nel 1999 uno studio preliminare per la realizzazione della stazione di Cesano Maderno, all’intersezione delle due linee ferroviarie della Milano-Asso e Saronno-Seregno. Molto è stato fatto, ritengo, per la riapertura del tratto Saronno-Seregno, in quanto già ritroviamo la tratta citata all’art. 21 della Legge 7 dicembre 1999 n. 472 “ Interventi nel settore sei trasporti“ , pubblicata sulla G. U. n. 294 del 16 dicembre 1999 quando si cita: “ Alla società Ferrovie Nord Milano Esercizio Spa è concessa, ai sensi del testo unico approvato con regio decre-
to 9 maggio 1912, n. 1447, la costruzione della tratta ferroviaria Busto Arsizio (…) per il collegamento della linea NovaraSaronno-Seregno” . Questa breve linea ferroviaria interessa un’area fortemente urbanizzata, ma un’area che attraversa anche buona parte del Parco delle Groane. La linea ha un’estensione di circa 14 chilometri, attualmente non è elettrificata, è utilizzata, peraltro solo parzialmente, per un traffico merci. Se venisse ripristinata la tratta Seregno-Saronno, sarebbe destinata a rivestire un ruolo strategico di scala sovraregionale, costituendo una prima tratta della “ Gronda Nord” ferroviaria Novara-Bergamo-Brescia. La storia della tratta nasce nel 1890, quando il percorso viene aperto sulla tratta ferroviaria di Novara. La linea veniva percor-
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Varese
Cartellone illustrativo Littorina Fiat, percorso Riviera-Sestriere, anni ‘30.
sa da quella che era definita “ Littorina” , una locomotiva fabbricata dalla Fiat produzione ferroviaria. Dopo aver fatto per molti decenni da padrona incontrastata la locomotiva a vapore, così come in tutte le ferrovie, venne l’epoca della trazione meccanica con i motori ad iniezione. Intorno al 1936 le Ferrovie dello Stato ed altre ferrovie adottarono questo tipo di automotrici, che furono denominate “ Littorine” . Curiosa l’origine del nome Littorina, nato dalla fantasia di un giornalista che lo usò in un articolo sull’intervento del Duce all’inaugurazione della città di Littoria, oggi chiamata Latina. Mussolini viaggiò a bordo di alcune Fiat AL 56. Al Senatore Agnelli, che lesse l’articolo, il nome piacque e la Fiat lo adottò per le sue “ nuove” automotrici. “ Littorina” diventa termine d’uso comune in ferrovia sfidando il tempo poiché ancora oggi, impropriamente, vengono così definite anche le elettromotrici. Nonostante la popolarità, questo termine non è mai stato ufficializzato dalle Ferrovie dello Stato. La linea fu chiusa al servizio dei viaggiatori nel lontano 1958, so-
stituita da un servizio di autobus che oggi risulta poco competitivo sul servizio locale di collegamento tra un centro e l’altro. Certamente il suo ripristino dovrà essere valutato in termini di impatto ambientale, considerato il fatto che la linea attraverserebbe il Parco delle Groane. Corridoi ecologici, riqualificazione delle aree boscate ed interventi di mitigazione adeguati potranno contribuire ad una migliore percezione dell’infrastruttura. La necessità di “ restituire” la città al cittadino, separando i movimenti pedonali da quelli veicolari e, più in generale, di recuperare i centri urbani come spazi di socializzazione, darà avvio ad una riconsiderazione sui mezzi e le modalità del trasporto collettivo, che investirà la forma, la struttura e i modi di espansione della città.
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Emanuele Brazzelli e Laura Gianetti
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Un esempio di architettura ospedaliera Si è poco parlato e scritto, a mio avviso, di un’opera in corso di realizzazione a Varese. Mi riferisco al nuovo nosocomio, la cui realizzazione è prevista a lato dell’Ospedale di Varese detto Ospedale di Circolo. Le informazioni qui riportate le ho tratte dal periodico di informazione “ H Orizzonte” , mentre le fotografie sono state gentilmente fornite dall’Azienda ospedaliera varesina. Il costo complessivo dell’opera si aggira intorno a duecento miliardi di lire ed il programma dei lavori prevede l’ultimazione di tutte le opere entro l’anno 2005. Era stato effettuato l’affidamento degli incarichi, relativi alla progettazione, il 23 maggio 2000, l’approvazione del progetto definitivo era avvenuta il giorno 11 maggio 2001 ed i lavori, che saranno aggiudicati entro la fine del mese di febbraio 2002, inizieranno a marzo. L’ul-
Vedute prospettiche del nuovo Ospedale.
timazione delle opere è prevista per il mese di marzo 2005. Il progetto di “ ristrutturazione ed ampliamento dell’Ospedale di Circolo” è firmato da Ishimoto Architectural and Engineering Firm, Tekne S.p.A. e Studio d’ingegneria Corbellini, mentre responsabile del procedimento per il progetto e per la sua realizzazione è l’architetto Paolo Ciotti, coordinatore della gestione tecnico-patrimoniale dell’Azienda ospedaliera varesina. Il finanziamento dell’opera è ripartito tra lo Stato, l’Azienda ospedaliera e la Regione Lombardia. Un intervento di così grande importanza patrimoniale ed architettonica merita una risonanza maggiore di quella che fino ad oggi esso ha avuto. Infatti, e non credo di sbagliare, definendo l’opera in esame uno degli interventi edilizi di più ampio respiro in atto in Varese e provincia. In linea di massima i criteri informatori del progetto sono i seguenti: anzitutto si è cercato di ottenere una migliore qualità di vita sia per i degenti sia per gli operatori. Il progetto ha rispettato la collaudata soluzione della pianta a forma di “ H” , con due monoblocchi collegati tra loro da un corpo di fabbrica interno, per consentire l’ubicazione dei diversi servizi sullo stesso piano, così evitando la perdita di tempo in discese e risalite e così consentendo la tempestività degli interventi. Al primo piano è prevista la terapia intensiva, mentre ai piani successivi sono previste le degenze mediche e chirurgiche. Gli edifici dell’attuale ospedale, che si prevede di non demolire, continueranno a contenere i servizi di dialisi, nefrologia, radioterapia, oncologia medica ed altro. Il complesso edilizio si sviluppa su differenti livelli prospicenti la via Guiccardini, il piazzale Avis e la via San Michele del Carso. I servizi diagnostici e di terapia sono allogati in due piani interrati con una superficie lorda di pavimento pari a circa 15.000 metri quadrati ciascuno. Al secondo piano interrato sono collocati le centrali tecnologiche, la cucina, la farmacia ospedaliera, la centrale di sterilizzazione, mentre al primo piano seminterrato sono collocati la diagnostica per immagini, n. 20 sale operatorie, il laboratorio di analisi cliniche e di microbiologia, il servizo trasfusionale, la medicina legale ed inoltre al piano terreno sono collocati l’obitorio, la cappella mortuaria, la hall dell’ingresso, alcuni negozi, la farmacia per il pubblico, la sala ristorante, l’area poliambulatoriale, il dipartimento di emergenza ed urgenza (Pronto Soccorso), compresa la “ camera calda” di arrivo delle ambulanze e la disponibilità di un totale di n. 11 posti letto di astanteria/osservazione. Sopra la piastra dei servizi sono previsti n. 2 padiglioni di degenza di n. 6 piani ciascuno. Al primo piano è prevista l’area di terapia intensiva per un totale di n. 70 posti letto, negli altri piani troveranno sede le degenze dell’area chirurgica e dell’area medica per un totale n. 640 posti letto. Sopra uno dei padiglioni è prevista la realizzazione dell’elisuperficie. In totale il nuovo complesso ospedaliero prevede di poter disporre di n. 721 posti letto, cui si aggiungeranno quelli rimasti in alcuni reparti che non verranno smantellati, come quelli di dialisi e radioterapia. Le stanze con n. 1 oppure n. 2 posti letto, saranno dotate di servizi igienici, radio e Tv, le divisioni interne saranno realizzate in materiale prefabbricato con il concetto di pareti mobili, per eventuali modifiche future, la distribuzione dei cibi ed il recupero dello sporco avverranno in parte con percorso robotizzato. Nell’esistente area di piazzale Avis è prevista la realizzazione di un parcheggio interrato di n. 5 piani con capacità di n. 1000 posti auto e con accesso sotterraneo diretto alla piastra dei servizi ed ai padiglioni per la degenza. Come si voleva dimostrare è in fase di realizzazione a Varese un’opera di architettura e di tecnologia ospedaliera d’avanguardia che nel futuro prossimo arrecherà un grande prestigio alla città, alla provincia ed alla Regione Lombardia. Enrico Bertè
Appalti pubblici Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - circolare 18 dicembre 2001, n. 462 (in G.U. n. 300 del 28.12.2001). Oggetto: Sentenza della Corte di giustizia europea (Sesta Sezione) 12 luglio 2001 (c-n. 399/98) sulla realizzazione diretta da parte di un privato di opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di concessione dovuto. Appalto di lavori pubblici, ai sensi della direttiva 93/37. Indirizzi e chiarimenti operativi Con la Sentenza del 12 luglio 2001 (c-399/98), la Corte di giustizia della Comunità europea - Sesta Sezione, ha ritenuto che la direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori, osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi. La sentenza è relativa alla realizzazione di un’opera di urbanizzazione di importo, stimato in base ai prezzi e alle modalità di computo approvati dalle amministrazioni comunali, pari o superiore a 5.000.000 di Euro. Gli stessi contenuti della sentenza in esame hanno riguardo agli affidamenti dei relativi incarichi di progettazione, come disciplinati dalla direttiva del consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE recepita dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157. Secondo il dispositivo della sentenza, all’opera di urbanizzazione di importo pari o superiore a 5.000.000 di Euro (pari a Lire 9.681.350.000) si applica, ai fini dell’affidamento, il contenuto della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE. A tale
proposito, comunque, la soglia dei 5.000.000 di Euro non deve essere considerata con riguardo al complesso delle opere di urbanizzazione ma con riferimento alla singola opera, come individuata, da parte del responsabile del procedimento, nell’ambito della progettazione dell’intervento di trasformazione urbanistica, secondo criteri di funzionalità, fruibilità e fattibilità dell’opera di urbanizzazione con riferimento all’art. 14, comma 7, della legge n. 109/1994. Nel contesto suddetto è, in linea generale, l’amministrazione comunale che gestisce le procedure di appalto. Nella sentenza citata - peraltro, premessa la finalità della Direttiva europea di tutelare la concorrenza - si sostiene che l’amministrazione comunale possa affidare al privato lottizzante la realizzazione di un’opera di urbanizzazione esclusivamente nella forma del mandato alla realizzazione, a spese di quest’ultimo, per conto del comune e nel rispetto delle regole europee che si applicano allo stesso comune concedente. Il principio di diritto affermato, con riferimento alle opere di importo superiore a 5.000.000 di Euro, è fondato sull’assunto che la realizzazione delle opere crea in ogni caso vantaggio per il privato che lucra un corrispettivo pari all’esonero dall’obbligo del versamento di quanto dovuto a titolo di onere di urbanizzazione. Ne deriva che tale principio non si applica laddove l’affidamento dell’incari-
co non assume caratterizzazione onerosa, ossia quando il privato manifesti la disponibilità all’esecuzione dell’opera senza ricevere corrispettivo sub specie di esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione. Attesa la rilevanza della questione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai fini di certezza del diritto, ha in corso di elaborazione le espresse modifiche legislative finalizzate a contemperare le necessità di tempestività, garanzia e contestuale esecuzione delle opere di urbanizzazione nell’ambito di un piano di lottizzazione convenzionato (o di altro strumento di programmazione negoziata) con la direttiva europea n. 93/37/CEE.
D’altro canto, il principio di primazia del diritto comunitario comporta l’immediata operatività della prescrizione comunitaria e la conseguente disapplicazione delle disposizioni interne eventualmente contrastanti, a prescindere dalle modifiche de iure condendo della legislazione nazionale. Tuttavia sulla base dei principi affermati dalla Corte di Giustizia è da ritenere impregiudicata la definizione dei lavori che siano già iniziati alla data del 12 luglio 2001 nell’ambito dei piani di lottizzazioni o di altri interventi di trasformazione urbanistica. Roma, 18 dicembre 2001 Il Ministro Lunardi
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Perplessità La recente circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 18 dicembre 2001, n. 462, detta le regole operative derivanti dall’applicazione della sentenza della Corte di Giustizia europea, sezione VI, del 12 luglio 2001, il cui contenuto, in sostanza, comporta l’obbligo, ogniqualvolta debbano essere realizzate opere pubbliche di importo superiore alla soglia comunitaria di 5.000.000 di Euro, di procedere con l’asta pubblica o la licitazione privata, secondo la direttiva 93/37 CEE del 14 giugno 1993. Poiché la suddetta circolare stabilisce che la prescrizione comunitaria, così come interpretata dalla Corte di Giustizia, sia immediatamente operante, sembrerebbe chiarita, in via definitiva, la questione concernente la possibilità o meno del titolare di concessione o di piano di lottizzazione approvata, di eseguire, senza alcun vincolo sulle procedure di affidamento, opere di urbanizzazione a scomputo parziale o totale degli oneri di urbanizzazione dovuti. In realtà, restano perplessità sia sul contenuto specifico della circolare sia, soprattutto, sulla sostanza del problema. Per quanto riguarda il primo aspetto, sollevano dubbi: • la qualificazione di “ mandatario” conferita al concessionario o al lottizzante, che presuppone un rapporto di natura esclusivamente privatistica e quindi la possibilità per l’operatore privato di gestire autonomamente, senza alcun controllo, la gara d’appalto ed il conferimento degli incarichi professionali; • la scelta ministeriale dello strumento della “ circolare” anziché di un “ decreto-legge” , in quanto la “ circolare“ è vincolante solo per le amministrazioni decentrate del ministero in causa, qualifica che non sembra possa essere riferita ai Comuni che pertanto resterebbero esentati dall’obbligo di applicare la circolare stessa; • l’esenzione da ogni obbligo per il soggetto che intenda realizza-
re le opere di urbanizzazione come atto di liberalità nei riguardi della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, la circolare, nel rivolgersi alle opere pubbliche in generale, ricalca e ribadisce, e forse non può essere altrimenti, il solo riferimento quantitativo dell’importo - soglia (5.000.000 di Euro) senza alcun accenno di carattere qualitativo sulle specificità delle singole opere e sulle loro differenze, che evidentemente implicano trattazioni diverse per la loro realizzazione. In tal modo, ancora una volta, l’architettura, intesa come espressione del livello culturale di una comunità ed elemento distintivo della struttura urbana e della stessa organizzazione sociale, è assente, mentre proprio nell’intervento pubblico essa dovrebbe costituire il riferimento ineludibile. Per conseguire tale risultato, ribaltando la tendenza in atto che purtroppo connota negativamente tutta la legislazione sulle opere pubbliche, la cui qualità architettonica non è mai oggetto di interesse o verifica, e quindi prevedere modalità operative più opportune fra le quali, in primis, il ricorso abituale alla procedura concorsuale, appare sempre più necessaria una apposita legislazione (“ legge sull’architettura “ di tipo francese” ?) che distingua, nel grande settore delle opere pubbliche, fra servizi ed infrastrutture tecnologiche e opere attinenti all’architettura. In caso contrario potranno variare, magari anche verso una maggiore trasparenza, le procedure di affidamento ma non lieviterà la qualità degli interventi e l’opera pubblica continuerà ad essere pensata e realizzata secondo parametri prevalentemente burocratico-amministrativi ed economici senza divenire, come era perfino nei presupposti della stessa legge 109, occasione di architettura e di allargamento del confronto culturale. Piero De Amicis
Argomenti
A cura della Redazione
A cura di Roberto Gamba
Concorso di idee per la riqualificazione di percorsi e piazze del centro storico e la valorizzazione dell’arredo urbano per la città di Cesano Maderno (Mi)
Concorsi
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È un concorso, bandito nella primavera scorsa, che chiedeva proposte per tre ambiti urbani ed eventualmente per altre aree del centro, caratterizzando il sistema degli spazi pubblici, in un complesso armonico, ben inserito nel tessuto insediativo esistente e in linea con gli interventi previsti di riqualificazione del centro storico. I luoghi più significativi di Cesano Maderno sono: la vecchia chiesa neoclassica sconsacrata di Santo Stefano; la nuova, con l’imponente facciata neogotica; la piazza e il palazzo Borromeo; il portale al-
l’incrocio tra i due corsi; il Torrazzo medioevale; la piazza con il palazzo comunale. Bisogna poi aggiungere la piazza con l’edificio della Posta; il fiume Seveso e il suo ponte; l’ex stazione delle Ferrovie Nord. Erano richieste 3 tavole UNI A0. Il primo premio è stato di 20 milioni, il secondo di 10, il terzo di 5 milioni. La commissione giudicatrice era composta dall’Assessore alle Grandi Opere, Paolo Boffi, dagli architetti Angelo Bugatti, Antonio Infosini, Silvia Vincenti, dall’ingegner Giacomo Cusmano.
1° classificato Luca Scacchetti collaboratori: A. Ferrari, D. Belloni, A. Baruffi, M. Pasquini, S. Biffi, L. Turchiano, R. Panara, V. Chiriaco, A. Lelli, A. Scalici, M. F. Attolini, S. Barbato, D. Iannaco
forma storica dei cippi settecenteschi viene ripresa nei dissuasori veicolari in ghisa, od ancora il tema decorativo degli ingressi “ ad obelisco” si ripropone nel sistema di illuminazione. Il progetto suggerisce l’acquisizione dell’area di proprietà ecclesiastica, sul fianco della Nuova Chiesa di Santo Stefano, lungo via Dante Alighieri, che si estende fino a Corso Roma, per la realizzazione di una vera e propria piazza centrale porticata con filari di tigli, oggi mancante, che faccia da tramite tra il sistema commerciale ed il sistema culturale-amministrativo ad Est. Piazza Arese mantiene la sua sistemazione attuale, completando le porzioni di pavimentazione mancanti; nella porzione ovest della piazza si dispongono delle strisce di mattone posate di taglio a segnare una “ finta ombra” dell’edificio moderno che vi si affaccia, per ricucire il contrasto di questa presenza con l’edilizia storica circostante. Un secondo suggerimento è l’acquisizione del cinema posto su via Volta che potrebbe divenire un centro culturale pubblico. La sagoma arrotondata dell’edificio è sottolineata da un percorso in adiacenza sul quale si affaccia un basso edificio porticato ad uso commerciale. Attorno all’albero monumentale sul retro si crea una piazza gradonata a verde con un percorso pavimentato che si ricollega alla passeggiata sull’acqua.
Questo progetto vuole dare indicazioni di carattere generale e strutturale che, se perseguite, potrebbero modificare complessivamente l’assetto morfologico del centro di Cesano Maderno, facendolo divenire un sistema organizzato ed organico degli spazi pubblici. Dà inoltre una serie di proposte disegnate e pensate sul luogo per le singole e specifiche situazioni. Schematizzando vi è un sistema di percorrenze a valenza “ culturale” che interessa anche gli edifici amministrativi del Comune, un sistema “ del Seveso e del verde” , un sistema di percorsi interni al tessuto urbano, un sistema legato alla ricreazione e al tempo libero, un sistema dello shopping e del commercio, un sistema del commercio veicolare tipo “ strip” all’americana. L’abaco degli elementi e delle pavimentazioni, l’alfabeto dei luoghi pubblici nei vari interventi è pensato, da una parte in un rapporto di continuità con la tradizione di Cesano Maderno e della Brianza, e dall’altra in un rapporto di assoluta appartenenza a un mondo contemporaneo. La
Un terzo suggerimento è quello di una differente organizzazione morfologica dell’area fronteggiante la futura stazione ferroviaria, con un sistema di doppia piazza (verso la stazione e verso il Seveso), in una logica di un risanamento progressivo del Seveso, che diviene l’elemento strutturante il progetto: partendo dall’area centrale una passerella, a sbalzo sull’alveo con terrazze di forma arrotondata, segue il corso fluviale, collegando con un percorso pedonale piazza XXV Aprile e le strade interne che portano alla zona del Cinema. Lungo questo percorso si dispongono nuovi ponti pedonali, che rendono più permeabile il centro all’attraversamento di tutte le sue parti. At-
torno a questo asse portante, le aree del centro vengono ridisegnate con nuove pavimentazioni in porfido a cubetti, intercalato con rizzarda in ciotoli di fiume e fasce di pietra bianca. La direttrice della Statale dei Giovi a ovest è l’ultimo tema che completa la nuova immagine di Cesano. La sua vocazione commerciale e produttiva relazionata alla percorrenza veloce non può essere negata; quindi si è pensato a esaltarne l’aspetto da “ strip” all’americana, di una strada cioè che si accende la notte di luci e di colori, con l’inserimento di pannelli luminosi che formino un fronte interrotto ma riconoscibile, sui quali potranno comparire informazioni, insegne, pubblicità.
2°classificato Paolo Favole con studio collaboratori: P. Benetollo, M. Prina, F. Vullo, G. Vergani
‘50 con schema a scacchiera indifferente al territorio (si veda il contrasto con il vicino Seveso e l’antica strada via Roma - via Volta), caratterizzato da una sequenza di piazze a geometria regolare di diversa forma - rettangolo, quadro, cerchio, rombo - il disegno viene enfatizzato dalla grafica dalle pavimentazioni e da panche che le sottolineano anche in alzato. In via XXV Aprile la corsia carrabile, a senso unico, assume un andamento sinuoso che obbliga i veicoli a rallentare, secondo un modello diffuso e ben funzionante all’estero ma poco noto in Italia. Per il Seveso (supposto disinquinato) si suggerisce una barriera mobile a valle, per alzare il livello dell’acqua durante i periodi di magra e per dare così un effetto più gradevole al torrente all’interno dell’abitato. Inoltre si pone un camminamento a sbalzo che permetta di creare un percorso pedonale continuo (anche in corrispondenza delle proprietà che arrivano in prossimità della sponda), con l’obiettivo a lungo termine di recuperare il torrente come asse di un corridoio “ verde” percorribile, connettivo di altri spazi verdi. Sulla strada dei Giovi, pubblicizzata come la strada del mobile, si propone di introdurre due pensiline che siano le “ porte” di Cesano a Sud e a
Il progetto, oltre che nei tre ambiti indicati nel bando, trova il suo completamento nelle indicazioni per gli altri importanti spazi pubblici, che sono il torrente Seveso, il viale Monteverdi - lungo la ferrovia - e la strada dei Giovi. Il tema è stato affrontato fornendo indicazioni progettuali di metodo (analisi dei luoghi, della struttura fisica e della storia urbana) e abachi di intervento. In via Libertà, asse prospettico verso villa Borromeo, che è il focus visivo e il motivo del viale, oggi stretto tra anonime costruzioni recenti, il progetto ha previsto sfere, obelischi e pilastri bugnati in pietra, elementi di arredo puntuale che sono desunti dal lessico Borromeo. Sull’asse via Volta - via Roma, ad andamento sinuoso perchè segue il tracciato del terrazzo occidentale del Seveso - vengono inserite, alle testate dell’asse, due fontane in riferimento al fiume a cui la strada è parallela. La strada e le alberature vengono rafforzate nelle curve che sono i punti significativi della strada (quelli paralleli alle anse del Seveso). Per via Dante - piazza XXV Aprile - che è parte del progetto viario degli anni
3°classificato Michele Corti, Emanuela Amadini, Rossana Vitale, Gabriele Corti Il progetto ricerca una visione unitaria e complessiva dei luoghi urbani, secondo un unico disegno che unisce gli spazi del centro, ampliandone i confini e valorizzando le preesistenze, integrandole con nuovi segni urbani a carattere puntuale e diffuso. Dall’analisi degli studi effettuati da Fratel Claudio Santambrogio, secondo cui esisteva un’antica piazza centrale, con le direttrici generate dal Torrazzo, dal Campanile della vecchia chiesa di Santo Stefano e dalla torre di Palazzo Borromeo, si determinano i luoghi urbani più significativi e da valorizzare: oltre alla vecchia chiesa di Santo Stefano, oggi sconsacrata, in rigoroso stile neoclassico; la nuova chiesa di Santo Stefano con l’imponente facciata neogotica; la piazza e il palazzo Borromeo; il portale all’incrocio tra corso Libertà e corso Roma; la piazza Arese e l’omonimo palazzo sede del Comune. A tali elementi bisogna aggiungere quei luoghi e quelle presenze che, nonostante lo scarso interesse storico o artistico, risultano essere fondamentali per la vita quotidiana e per le abitudini degli abitanti di Cesano: la piazza XXV Aprile con il particolare edificio della Posta; il fiume Seveso e il suo ponte; l’ex stazione delle Ferrovie Nord Milano; gli edifici del centro, sede del commercio e della vita Progetto segnalato Pierluigi Marchesini Viola, Mauro Montagna, Michelangelo Lassini collaboratori: D. Battistoni La piazza della chiesa si concentra nel dialogo serrato tra i due edifici più rappresentativi: la Cattedrale di Santo Stefano e l’antica chiesa sconsa-
inserire i parcheggi. Sul viale Monteverdi-Solferino, che ha un largo terrapieno vuoto parallelo alla ferrovia, si propone una barriera antirumore e un ampio viale alberato pedonale e ciclabile che colleghi la stazione attuale con quella futura e la scuola professionale.
pubblica; le vie, gli angoli e i marciapiedi dove avvengono gli incontri e le relazioni fra la gente. La valorizzazione di tali edifici avviene mettendoli in stretto rapporto fra loro, realizzando una pavimentazione omogenea, a raso, diffusa, che permette di avere un’unica grande piazza e di integrare gli elementi più marginali, come l’ex stazione delle Ferrovie Nord e la piazza XXV Aprile. L’intervento si basa su quattro elementi fondamentali: la realizzazione di una nuova pavimentazione a raso (realizzata in pietra calcarea, porfido e cordoli in cls); la pedonalizzazione delle piazze Arrigoni e Vittorio Veneto; la riqualificazione delle zone marginali (piazza della stazione F.N.M. e la piazza XXV Aprile) e delle vie di collegamento fra esse ed il centro storico; la disposizione di un arredo urbano omogeneo e curato per l’intera zona di progetto. La nuova piazza viene arricchita da elementi di valenza estetica e funzionale come le sedute, le fontane, i lampioni, gli alberi, la pensilina per le biciclette; e dalla riqualificazione di elementi preesistenti e importanti come l’edicola ed il ponte. Tutti gli elementi d’arredo sono contraddistinti da caratteristiche (leggerezza, materiale-acciaio, provvisorietà) che permettono di distinguere questi nuovi segni dal contesto e di renderli effimeri, non definitivi, in contrasto con la pavimentazione, più rigorosa, monumentale e duratura. crata, oggi destinata a sala pubblica. La piazza e il sagrato hanno pavimentazione in resina e inerti, a campire gli spazi tracciati da tre fasce di serizzo, con presenza di alberatura fitta e fasce d’arbusti ornamentali, con pavimentazione “ dura” a cubetti di beola, elementi di seduta e illuminazione a palo, o a terra ad illumina-
zione delle fronde dal basso. A terminazione delle tre fasce di serizzo, per un lato, tre fontane con getto d’acqua a raso e illuminazione a terra definiscono un limite per la piazza alberata, per l’altro una piantumazione di tre aceri segna un margine visuale ombreggiato verso la strada, con eventuale presenza di posti auto di servizio. Il tratto esclusivamente pedonale, avvicinandosi al Palazzo Arese Borromeo, attraversa il ponte sul Seveso, lungo il quale uno schermo di vegetazione fitta esclude la vista del “ di lá” ; oltre, il percorso in asse con l’accesso del palazzo si chiude in un elemento di testa in forma d’affaccio semiellittico, attrezzato con sedute e illuminazione, e pavimentato in lastre di serizzo a correre. La piazza XXV Aprile verrà sopraelevata: avrà un accesso e un’uscita car-
rabili, al parcheggio, distinti e una serie di scalinate per salire allo spazio di sosta sopraelevato. Il pavimento è per lo più a prato con camminamenti d’attraversamento in resina e inerti e un orizzonte esterno di platani esistenti, a corona dell’edificato. È previsto il posizionamento lungo l’asse della via Dante di una pergola fiorita, a doppia altezza, per costituire un fronte che dialoghi con l’edificio della posta e raccolga sotto di sé un eventuale chiosco bar o di giornali, piuttosto che elementi di seduta ombreggiati. Riguardo alla struttura della viabilità del centro di Cesano Maderno si pensa di valorizzare il rondò d’accesso alla porta della cittá; di spostare la piantumazione in mezzeria della strada, ampliando la sezione di marciapiede, aumentando il carattere di boulevard alberato.
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Concorsi
Nord e delle “ follies” : sculture che rappresentino, fuori scala, in grandi dimensioni, gli alberi utilizzati per costruire mobili (teak, palissandro, doussie, ecc.). Inoltre è prevista un’alberatura a filare dove possibile e a più filari paralleli dove ci sono aree libere nelle quali
Concorso per una piscina coperta intercomunale a Lissone (Mi) I comuni di Lissone, Macherio e Sovico, in provincia di Milano, si sono consorziati e hanno bandito un concorso di idee per la realizzazione della piscina coperta intercomunale da attuarsi nel Parco Agricolo di Lissone. La cittadina brianzola, con i suoi oltre trentamila abitanti (famosa dal 1850 quale importante centro mobiliero, con una produzione diversificata al massimo, negli stili e nella qualità e in questo secolo, tra le prime nell’aver accolto l’invito del movimento razionalista), ha da pochi mesi scelto i progetti per la sistemazione di alcune aree del centro storico, intorno alla sua ex Casa del Fascio, ora Palazzo Terragni e si è nuovamente impegnata in una competizione progettuale per un complesso sportivo, che
sarà costituito dall’edificio della piscina coperta e dalla relativa estensione all’aperto e per la cui ubicazione è stato riservato un lotto di circa 10.000 mq, ubicato in adiacenza del confine comunale tra Lissone e Biassono, pertanto non lungo la direttrice della strada statale Valassina, quanto piuttosto proprio all’interno del cuneo territoriale brianzolo, che si diparte a nord-ovest del Parco Monza. La Giuria era composta da Piero Ranzani, Giovanni Ronzoni, Dante Perego, Fabio Nocentini, Giuseppe Vimercati, Giuseppe Di Marco, Antonio Guglielmi. Erano richieste quali elaborati della prima fase 4 tavole in formato A1. I premi: 1° Premio: lire 10.000.000, 2° Premio: lire 5.000.000.
1° classificato Paula Francisca Nolff Herrera, Francesco Fantoni, Giuseppe Caruso, Andrea Costa
L’idea alla base del progetto è l’essere la piscina coperta una collina artificiale, una modellazione del suolo agricolo, che al tempo stesso riveli la pre-
2° classificato Giacomo De Amicis, con Bruno Rivolta, Paolo Moretto
Concorsi
30 senza delle nuove funzioni e si integri nella continuità del terreno. Lo spazio del progetto nasce dall’intersezione di due piani inclinati, uno verde, che ospita tutti gli elementi di servizio e la palestra e uno invece più manifestamente artificiale, all’interno del quale si trovano le vasche. Il piano principale della piscina è stato posto ad una quota di circa 3 metri inferiore rispetto alla quota di campagna, in modo da realizzare una serie di spazi esterni che sfruttano il dislivello come luogo estivo e sfondo percettivo dall’interno della sala principale. Il giardino è inoltre in stretta relazione con le aree boscate previste dal Progetto del Parco Agricolo, che a loro volta diventano un fondale per gli spazi esterni e interni della piscina. L’intera copertura dell’edificio, compreso il terrapieno che chiude il volume coperto, sono trattati come un grande tetto giardino, percorribile dai bagnanti e utilizzabile come solarium, in funzione del mutare della posizione del sole nel corso della giornata. Per non interferire con i margini boscati del Parco Agricolo, il parcheggio è nascosto da un terrapieno. Tra i posti auto sono stati inseriti due filari di pioppi cipressini. L’accesso principale, posto a quota -3.0 m, è configurato come una piazza ribassata ed è caratterizzato da un’ampia rampa carrabile trapezoidale e dalle scale di connessione con il parcheggio principale ed il deposito biciclette. Dalla hall di ingresso è subito percepibile, attraverso una vetrata, la sala delle vasche. Gli spogliatoi sono organizzati con un
doppio sistema (cabine a rotazione e spogliatoi comuni). Le gradinate e la galleria, poste al di sopra degli spogliatoi e del locale di deposito, oltre che per ospitare il pubblico, sono intese come punto privilegiato da cui approfittare della concatenazione percettiva della sala delle vasche, del giardino e infine del parco. Un grande involucro di vetro chiude la sala delle vasche, la mette in contatto con gli spazi del giardino e la rende visibile dall’esterno, superando il profilo della copertura verde. La palestra è un ampio spazio a doppia altezza illuminata da un sistema di lucernari, da una finestra che guarda verso le vasche e da un’ampia vetrata verso il giardino. L’edificio ha un disegno austero, quasi reticente, dei prospetti esterni, a cui si contrappone la forte permeabilità della parete vetrata sul giardino; il lungo prospetto verso il parcheggio ha invece una parete inclinata in pannelli di cls. prefabbricati. La scelta di realizzare l’edificio parzialmente interrato e di utilizzare un tetto a giardino estensivo come copertura consentono di ottenere un risparmio energetico, che minimizza sia la dispersione di calore, durante l’inverno, che un eccessivo riscaldamento durante l’estate. Il lato ovest dell’edificio, sul quale si apre la grande vetrata della sala principale, è protetto, nella parte alta, dalle ombre create da una serie di lame di legno che funzionano da brise-soleil, mentre la parte inferiore sfrutta il dislivello tra il giardino della piscina ed il terreno del parco agricolo e anche l’ombra delle alberature.
Il progetto risolve linearmente all’interno il rapporto spaziale e la logica distributiva e funzionale tra strutture sportive e spazi verdi. Uno dei fronti longitudinali è configurato da una serie di corpi allineati, che racchiudono palestra, vasca bambini, spogliatoi, uffici e altri spazi per il pubblico. L’altro è definito da un lungo nastro fi-
nestrato, che individua internamente un corridoio, rialzato rispetto al livello della vasca. Al centro c’è un patio quadrato; mentre da una delle testate partono le rampe di risalita a un percorso solarium, che attraversa tutta la copertura. Il progetto si struttura come un organismo introverso che risolve correttamente all’interno il rapporto spaziale tra le sale d’acqua e gli spazi verdi. La logica distributiva e funzionale che ne consegue è coerente e generosa nelle varie parti.
Menzione speciale al progetto di Gian Michele Manzo e Gianluca Carcagni. Sono stati segnalati i progetti di: Angelo Del vecchio e Carla Coccia;
Gaetano Gramegna, (con Ilario Chiarel, Adria Menguzzi, Maurizio Cavani; Gianmarco Bruno e Claudio Calabrese); Enrico Molteni (con Andrea Liverani, Francisca Violi).
Concorso per la sistemazione della Piazza e delle vie del centro storico di Osio Sopra (Bg) Si è trattato di un concorso d’idee, bandito nella scorsa primavera, per la sistemazione della piazza principale e delle vie del centro storico del comune di Osio Sopra, cittadina in provincia di Bergamo, troncata dal nastro autostradale della A4, dalla quasi omonima Osio Sotto (i due borghi originariamente erano legati dalla struttura del quattrocentesco santuario della Madonna della Scopa, con il viale fiancheggiato da statue di angeli e concluso da un arco scenografico). Un
ampio spazio, dal municipio, conduce al campanile (da valorizzare, con un basamento in cotto, che costituisce un pregevole esempio di architettura locale della metà del settecento) e alla chiesa di S. Zenone (con bella facciata “ barocchetta” , restaurata nel 1920) e racchiude l’antica area del castello. Nel paese alcune case si segnalano per vetustà (XVI-XVII secolo). I premi per i vincitori sono stati di 6 milioni di lire al primo classificato; 4 milioni al secondo e 3 milioni al terzo.
1° classificato Christian Benvenuto, collaboratori Chiara Zanardi e Fabio Steneri
è partiti, quindi, con la definizione degli spazi e delle architetture esistenti tentando di ricreare un’immagine riconoscibile che li definisca: la strada, la piazza, la matericità delle superfici, la chiesa, il sagrato, un’area di incontro. Tutti questi elementi messi in relazione concorrono a un equilibrio dinamico che costituisce l’identità riconoscibile del “ Centro” , identità che gli abitanti sentono come propria. Il “ luogo emergente” è la piazza Garibaldi, spazio potenzialmente capace di connotarsi quale fulcro di caratterizzazione ambientale, quale episodio straordinario all’interno del connettivo del centro storico: un esteso parterre granitico che con un disegno geometrico definisce uno spazio lineare, riconoscibile.
Lo studio del centro storico di Osio Sopra, pur nelle sue modeste dimensioni, è stato l’occasione per una lettura in chiave simbolica del centro urbano; che è diversa - quantomeno più complessa - da quella usuale di centro urbano, luogo fisico al quale appartiene la nostra storia e la nostra quotidianità. Intento principale del progetto è stato ritrovare e quindi liberare il “ Centro del luogo” , sprigionare una nuova, ma anche antica, identità in modo che gli abitanti vedano nuovamente materializzati i segni dell’interiore appartenenza alla comunità. Si
2° classificato Andrea Bellocchio, Luigi Paolo Bellocchio Gli spazi urbani principali della città sono stati ridisegnati per essere integrati tra loro, aperti e privati di osta-
zano scenograficamente la dimensione della piazza e segnalano gli elementi architettonici che le danno riconoscibilità (il prospetto della sede comunale, l’acqua, il verde, le superfici pavimentate, il campanile, la facciata della chiesa), lasciando volutamente in ombra gli oggetti secondari. L’intento è quello di ricreare uno spazio ad alta caratterizzazione ambientale e in vibrante tensione capace di suscitare emozione.
coli e dislivelli (eliminazione di marciapiedi e di ogni barriera architettonica), con una scelta unitaria di lastre di pavimentazione in pietra naturale (porfido). La continuità degli spazi pedonali è determinata dalla pavimentazione de-
finita da un disegno unitario, ritmato da semplici cordoli ad andamento curvilineo concentrico, realizzati in massetti di pietra di Prun o di Zandobbio, posizionati a distanza regolare, che si focalizzano nell’area principale del centro storico, in corrispondenza dell’antico castello e dell’attuale chiesa. Questo semplice gioco unitario di superfici e di tessiture, conduce a seduzioni sensoriali, a luoghi di sosta, d’incontro, di socializzazione e determina un nuovo grande spazio “ piazza” che unifica e collega l’intera area di tutto il centro storico. L’elemento acqua che si inserisce lungo detti spazi pedonali, vuole ricondursi ai corsi d’acqua che hanno caratterizzato e caratterizzano il territorio circostante. La composizione generale a fasce sistematizza l’intervento e consente un effetto al tempo stesso unitario e diversificato.
L’ampio spazio, che dal municipio conduce al campanile e alla chiesa di S.Zenone e che racchiude l’antica area del castello, assume un ruolo decisamente centrale per il centro storico. Il sagrato antistante la chiesa viene delimitato, protetto e racchiuso da una nuova balaustra in ceppo e pietra arenaria abbellita da statue. Il luogo sacro è raggiungibile, sul lato del campanile, dalla piazza che si eleva, con leggera pendenza, a mezzo di scalinata, in asse con questa di ingresso alla chiesa. L’illuminazione, omogenea e unitaria, determinata da corpi illuminanti di forma cubica, con sovrastante schermo riflettente di forma trapezia, sostenuto da tirante in acciaio, assume un ruolo di strumento di conoscenza e di arricchimento del tessuto urbano e dell’architettura. Le pavimentazioni di tutte le strade laterali sono previste in acciottolato con corsie in pietra naturale.
3° classificato Matteo Riva, Roberta Cattorini, Paolo Crippa, Gian Luca Della Mea, Stefano Diene
ne come quelli antistanti al cineteatro e di piazza Locatelli. La definizione dei materiali e delle tipologie è ispirata dal concetto che non necessitano esempi eclatanti, quindi una “ manutenzione” di alto livello qualitativo. Tutte le pavimentazioni previste sono in pietra naturale: la porzione sopraelevata della piazza che circonda la chiesa è costituita da una maglia regolare (dimensioni 4x4 m), di cordonature in granito rosa (larghezza 20 cm), all’interno della quale si trova una pavimentazione in pietra bianca di Verona o simili; come pure la porzione ribassata della piazza di fronte all’edificio del municipio, la piccola piazza con affaccio su via Locatelli. I percorsi di collegamento (quello lungo vicolo Castello e quello lungo la via Locatelli), sono realizzati ponendo tra due cordonature, una fascia in granito rosa con elementi più piccoli, così da esaltare tali direttrici. Attorno al perimetro degli edifici che circondano la nuova piazza sopraelevata della chiesa e a ridosso del salto di quota segnato dal portico coperto, è posta una fascia pavimentata in acciottolato.
La rilettura del sistema insediativo ha portato a conferire importanza a tutti gli ambiti che presentano caratteristiche di fruibilità pubblica, valorizzandoli nel tentativo di mantenere quella qualità riscontrabile tutt’oggi: è esemplificativo il caso degli spazi interstiziali tra la parrocchiale e il Castello che sono essi stessi “ piazza” . La piazza contiene a sua volta i pieni della chiesa e i vuoti delle pertinenze, ma tutto si congiunge e si rinsalda in un concetto unitario che enfatizza le relazioni tra le parti: l’idea di definire il sagrato laterale della Chiesa come spazio unitario con l’attuale Piazza Garibaldi, seppur mediato dal salto di quota, su cui si incernia l’elemento leggero della pensilina, quale artificio e paradigma del rapporto forma funzione modernità, è la reificazione di tale pensiero. Esso è il tessuto che si articola diramandosi sino a riconnettere altri spazi aperti, riportati a dignità di funzio-
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Concorsi
L’asse della piazza e le geometrie della pavimentazione rafforzano la dimensione identificativa dello spazio, valorizzandone la concezione di centralità, verso la quale gli edifici di contorno si pongono in tensione. La definizione della piazza viene ulteriormente accentuata da oggetti che fungono da elementi catalizzatori: i “ totem” , che oltre a definirsi come punti fiduciari dello spazio, di notte sprigionano fasci luminosi che enfatiz-
Legislazione a cura di Walter Fumagalli
Professione e Aggiornamento
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Le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strattegici Sulla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2001 è stata pubblicata la legge 21 dicembre 2001 n. 443, la quale detta fra l’altro una speciale disciplina intesa a regolamentare “ le infrastrutture, pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese” . Lo scopo dichiarato di questa disciplina è quello di regolare i meccanismi per l’individuazione dei predetti interventi strategici, e per assicurare la rapida approvazione e la tempestiva attuazione dei relativi progetti. 1. Per quanto riguarda la fase dell’individuazione, il primo comma dell’articolo 1 stabilisce che essa è operata mediante l’inserimento degli interventi previsti in un apposito programma, che in sede di prima applicazione della legge è stato approvato lo scorso dicembre dal c.i.p.e. (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ma che a regime dovrà essere inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria che, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 agosto 1978 n. 468, il Governo deve presentare al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno per definire la manovra di finanza pubblica. In entrambi i casi il programma deve tenere conto delle proposte avanzate dai Ministri competenti (in merito alle quali deve essere acquisito il preventivo parere delle Regioni interessate), oppure delle proposte formulate dalle Regioni interessate (in merito alle quali deve essere acquisito il preventivo parere dei Ministri competenti), e la sua approvazione deve essere preceduta dal parere della Conferenza unificata prevista dall’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 (si tratta di un organo costituito da rappresentanti dello Stato, delle Regioni, delle Province, delle Comunità montane e dei Comuni). Dal testo della legge emerge che tutti i pareri citati sono da considerare obbligatori ma non vincolanti: pertanto l’autorità decidente (in prima battuta il c.i.p.e. e poi il Governo ed il Parlamento) non può assumere le proprie determinazioni senza prima aver acquisito detti pareri, ma una volta acquisitili può anche discostarsi dal loro contenuto, purché beninteso motivi adeguatamente le ragioni che l’hanno indotta a disattenderli. Allo scopo di garantire che sussistano effettivamente le disponibilità economiche indispensabili per dare concreta attuazione agli interventi individuati, da un lato il relativo programma deve indicare gli “ stanziamenti necessari per la loro realizzazione” , e dall’altro il Governo deve indicare nel disegno di legge finanziaria le risorse che risultino eventualmente necessarie per integrare i finanziamenti pubblici, comunitari e privati a tal fine disponibili.
2. Per quanto riguarda la fase relativa all’approvazione ed alla successiva attuazione dei progetti degli interventi strategici individuati, il secondo comma dell’articolo 1 delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi aventi lo scopo di “ definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione” di tali interventi. Detti decreti dovranno essere emanati previa acquisizione del parere della già citata Conferenza unificata, nonché del parere delle competenti Commissioni parlamentari. Nell’esercizio della delega attribuitagli dalla legge il Governo potrà: • riformare le procedure per la valutazione di impatto ambientale; • riformare l’autorizzazione integrata ambientale; • introdurre un regime speciale, in deroga alla normativa dettata in tema di lavori pubblici dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109. In ogni caso, nell’esercizio di tale delega il Governo dovrà rispettare: • le “ attribuzioni costituzionali delle Regioni” ; • l’articolo 2 della direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985 il quale, nel testo oggi vigente, stabilisce che “ gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto” ; • le disposizioni di legge che siano “ necessaria ed immediata applicazione delle direttive comunitarie” in tema di appalti pubblici di lavori; • i principi ed i criteri direttivi fissati dallo stesso secondo comma in esame. I più importanti di tali principi e di tali criteri direttivi possono essere così sintetizzati. a) I decreti dovranno disciplinare le procedure per il rilascio dei provvedimenti concessori ed autorizzatori necessari per la realizzazione degli “ interventi strategici” . A questo scopo dovranno fissare un termine non superiore a sei mesi per l’approvazione: • dei progetti preliminari; • della localizzazione dell’opera, la quale dovrà avvenire d’intesa con la Regione o la Provincia autonoma competente, che a tal fine dovrà preventivamente acquisire il parere dei Comuni interessati; • ove necessaria, della valutazione di impatto ambientale. I decreti dovranno inoltre ridisciplinare le procedure per l’approvazione del progetto definitivo e per la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, fissando un termine non superiore ad ulteriori sette mesi per il loro espletamento. b) I decreti dovranno attribuire al c.i.p.e., integrato dai presidenti delle regioni interessate, il compito di: • valutare le proposte dei promotori; • approvare i progetti preliminari e definitivi;
Per tentare di dare una soluzione attendibile a tale problema, potrà probabilmente soccorrere la sentenza della Corte Costituzionale n. 225 dell’11 giugno 1999. Con tale decisione la Corte aveva esaminato la normativa lombarda concernente il procedimento di approvazione dei Piani territoriali dei Parchi, il quale all’epoca si articolava in due fasi autonome, la prima comprendente l’adozione di alcuni provvedimenti amministrativi, e la seconda preordinata all’approvazione di una legge regionale. In merito a detta normativa la Corte ha dunque concluso che il giudice amministrativo ha il potere di annullare i provvedimenti amministrativi assunti nel corso della prima fase del procedimento, e che in tal caso la legge regionale, per quanto non annullabile dal giudice, “ finisce con il rimanere in tutto o in parte priva di oggetto” . Laddove questi principi dovessero ritenersi applicabili anche in relazione ai decreti legislativi previsti dal quarto comma dell’articolo 1 della legge n. 443/2001, si dovrà riconoscere al giudice amministrativo il potere di annullare non tanto detti decreti, quanto gli atti amministrativi ad essi prodromici, con conseguente “ svuotamento” , totale o parziale, del contenuto dei decreti stessi. W. F.
La “Legge Lunardi” è costituzionale? Alla fine dell’anno scorso il Parlamento ha approvato il testo della legge 21 dicembre 2001 n. 443, denominata “ legge Lunardi” . Nel mese di novembre del 2001 era però entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 che ha, fra l’altro, modificato gli articoli 117 e 118 della Costituzione. Quanto all’articolo 117, secondo il testo originario della Costituzione, la potestà legislativa era così ripartita tra lo Stato e le Regioni: • le Regioni ordinarie potevano emanare leggi per disciplinare le materie indicate dall’articolo 117 della Costituzione, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge dallo Stato; in attesa delle leggi regionali, lo Stato poteva emanare leggi di dettaglio che avrebbero perso efficacia al momento dell’entrata in vigore della normativa regionale; • lo Stato aveva potestà legislativa esclusiva nell’ambito di tutte le materie non espressamente riservate alle Regioni. Il nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione ha rivoluzionato il riparto di competenze fra lo Stato e le Regioni ordinarie. Allo Stato è stata riservata una competenza legislativa esclusiva, nelle sole materie elencate dal secondo comma dell’articolo 117. Alle Regioni ordinarie è stata attribuita una potestà legislativa concorrente, da esercitare nell’ambito dei principi
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• adottare i provvedimenti concessori ed autorizzatori necessari, ivi compresi la localizzazione dell’opera e, se necessaria, la valutazione di impatto ambientale istruita dal competente Ministero. Nell’esercizio di tali funzioni il c.i.p.e. sarà supportato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale spetterà fra l’altro di curare le istruttorie e di formulare le proposte relative. c) I decreti dovranno modificare la disciplina delle conferenze di servizi, stabilendo a tal fine che le Amministrazioni competenti a rilasciare permessi ed autorizzazioni potranno proporre nel termine perentorio di novanta giorni “ prescrizioni e varianti migliorative che non modificano la localizzazione e le caratteristiche essenziali delle opere” , fermo restando che tali proposte saranno valutate dal c.i.p.e. in sede di approvazione dei progetti definitivi. d) I decreti dovranno prevedere che la realizzazione di ciascuna infrastruttura strategica sarà affidata ad un unico soggetto, che rivestirà la qualifica di concessionario o di contraente generale e che dovrà essere scelto “ mediante gara ad evidenza pubblica nel rispetto delle direttive dell’Unione europea” . e) I decreti dovranno disciplinare la figura del “ contraente generale” , qualificato dalla legge come soggetto cui spetta il compito di eseguire “ con qualsiasi mezzo (...) un’opera rispondente alle esigenze specificate dal soggetto aggiudicatore” , e che si differenzierà dal concessionario per il fatto che non gli verrà affidata la gestione dell’opera eseguita. f) I decreti dovranno prevedere specifiche deroghe alla disciplina vigente in materia di aggiudicazione e di esecuzione dei lavori pubblici, finalizzate a favorire “ il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti giuridici” . Il quarto comma dell’articolo 1 attribuisce infine al Governo, limitatamente agli anni 2002 e 2003, la delega ad emanare “ uno o più decreti legislativi recanti l’approvazione definitiva, nei limiti delle vigenti autorizzazioni di spesa, di specifici progetti di infrastrutture strategiche individuate secondo quanto previsto al comma 1” . Questi decreti legislativi dovranno essere emanati entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 5 gennaio 2004), previa acquisizione del parere favorevole del c.i.p.e. integrato dai presidenti delle Regioni interessate, nonché previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e delle competenti Commisioni parlamentari, e dovranno comunque rispettare i principi ed i criteri direttivi fissati dal secondo comma dell’articolo 1 in esame. Come è agevole constatare, quest’ultimo procedimento riassume in sé sia veri e propri atti amministrativi, sia atti di natura (almeno formalmente) legislativa.Con ogni probabilità si porrà quindi il problema di stabilire se i progetti approvati con detti decreti legislativi potranno essere impugnati davanti agli organi di giustizia amministrativa.
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fondamentali fissati dalle leggi statali, nelle materie indicate dal terzo comma dell’articolo 117. Alle Regioni, infine, è stato attribuito il potere esclusivo di emanare leggi relativamente a tutte le altre materie non indicate nei precedenti commi. La legge Lunardi, che è costituita da un unico articolo, ha attribuito allo Stato alcuni compiti nel campo dei lavori pubblici. Il primo comma, in particolare, ha attribuito allo Stato il compito di individuare “ le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese” , procedendo “ secondo finalità di riequilibrio socio–economico fra le aree del territorio nazionale” . Il secondo comma, poi, ha delegato il Governo ad emanare “ uno o più decreti legislativi volti a definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti individuati ai sensi del comma 1” . Il quarto comma, inoltre, ha delegato il Governo ad emanare, dopo aver ottenuto il parere favorevole del C.I.P.E., integrato dai presidenti delle Regioni interessate, uno o più decreti legislativi di approvazione di specifici progetti di infrastrutture strategiche. Ma alla luce del nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione, le leggi relative ai lavori pubblici rientrano nella potestà legislativa dello Stato oppure in quella delle Regioni a statuto ordinario? Nella nuova formulazione dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione non è dato rinvenire alcun riferimento esplicito né alla materia dei lavori pubblici in generale, né all’individuazione di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici in particolare. Tale norma, tuttavia, alla lettera e) attribuisce allo Stato il compito di emanare norme a tutela della concorrenza. Orbene, occorre considerare che nel corpus legislativo che regola il settore dei lavori pubblici non è raro rinvenire norme che svolgono proprio una funzione di “ tutela della concorrenza” , intesa, in senso lato, come il garantire a tutti gli operatori economici eguali possibilità di eseguire lavori per conto di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici. Si pensi, ad esempio, alle norme che regolano le modalità di aggiudicazione dei lavori limitando a casi eccezionali il ricorso alla trattativa privata, nonché a quelle che vietano ad imprese che si trovino tra loro in situazione di controllo di partecipare alla medesima gara. Anche la legge Lunardi contiene alcune norme relative alla tutela della concorrenza le quali, alla luce delle considerazioni che precedono, potrebbero essere ritenute costituzionali. Ci si riferisce, in particolare, al secondo comma che delega il Governo ad introdurre un regime speciale per la realizzazione delle infrastrutture strategiche nel rispetto dei seguenti principi: • l’individuazione di un unico soggetto cui affidare la realizzazione delle infrastrutture dovrà essere effettuata mediante gara ad evidenza pubblica, nel rispetto delle direttive dell’Unione europea; • il soggetto aggiudicatore dovrà rispettare la normativa europea in tema di evidenza pubblica e di scelta dei fornitori di beni e servizi; • in caso di ricorso ad un contraente generale, questi potrà liberamente affidare a terzi l’esecuzione delle proprie prestazioni con l’obbligo di rispettare, in ogni caso, la legislazione antimafia e quella relativa ai requisiti prescritti per gli appaltatori. Tale regime speciale potrà derogare ad alcune disposizioni della legge 11 febbraio 1994 n. 109 fermo comunque restando, si badi bene, il rispetto delle direttive emanate dall’Unione europea in materia.
Discorso diverso deve farsi a proposito della individuazione delle “ infrastrutture strategiche” e dell’approvazione dei relativi progetti da parte del Governo. A questo proposito il terzo comma del nuovo articolo 117 della Costituzione affida alla potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni alcune materie, fra cui “ porti ed aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” : sarebbero quindi da considerare costituzionalmente legittime le norme della legge Lunardi che contenessero, relativamente a queste materie, norme di principio cui le Regioni dovrebbero fare riferimento nel dettare la disciplina locale. Non pare tuttavia agevole rinvenire la presenza di tali norme nella legge in commento. Essa, infatti, affida allo Stato la funzione di individuare le infrastrutture strategiche per il Paese: anche nel caso in cui si ritenesse strategica la realizzazione di un porto, piuttosto che di un elettrodotto, non pare così certo che tale decisione possa essere qualificata come un “ principio” cui le regioni debbono attenersi nel disciplinare la materia. Le disposizioni della legge Lunardi che dispongono l’affidamento allo Stato della funzione sopra indicata, pertanto, potrebbero essere incostituzionali. Quanto all’articolo 118 della Costituzione, il primo comma stabilisce che “ le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” . Ciò significa che oggi il principale centro decisionale dell’attività amministrativa è il Comune, mentre gli altri Enti locali, le Regioni e lo Stato entrano progressivamente “ in gioco” laddove sia necessario esercitare funzioni che per loro natura non possono essere svolte localmente (principio di sussidiarietà), quando le Amministrazioni locali non dispongono di organizzazione adeguata all’esercizio dei compiti di loro spettanza (principio di adeguatezza), e quando si rivela necessario attribuire funzioni amministrative tenendo conto delle diverse caratteristiche strutturali, demografiche o territoriali dei vari Enti (principio di differenziazione). Pur in presenza di tali disposizioni costituzionali, la legge Lunardi ha attribuito direttamente allo Stato il compito di individuare le infrastrutture strategiche e quello di approvare specifici progetti di questo tipo di opere, e il C.I.P.E., con deliberazione del 21 dicembre 2001, ha individuato quali opere di preminente interesse, tra l’altro, l’asse dell’alta velocità Lione-Torino-Trieste, l’autostrada Brescia-Milano e l’autostrada Asti-Cuneo ed il miglioramento dell’accessibilità alla Fiera di Milano. Appare chiaro che le infrastrutture di grande respiro come l’asse Lione-Torino-Trieste richiedano l’intervento diretto dello Stato, in relazione sia alla complessità dei lavori da realizzare, sia ai numerosi interessi ed esigenze che debbono essere composti. Riguardo a quelle infrastrutture che interessano singole Regioni o al più un ristretto numero di Province e di Comuni, tuttavia pare ragionevole porre in dubbio che quelle Amministrazioni difettino della capacità decisionale, organizzativa e tecnica necessarie per realizzare le opere che interessano i rispettivi territori. E se tale dubbio fosse fondato, sarebbe anche ragionevole dubitare che la legge Lunardi sia, per questi aspetti, totalmente rispettosa del nuovo dettato costituzionale. È da ritenere che presto la Corte Costituzionale dovrà occuparsi della questione. Emanuele Ratto
a cura di Camillo Onorato G.U. n. 261 del 9.11.2001 - Serie generale - Deliberazione 21 giugno 2001 - Diritti sul progetto dell’appalto concorso (deliberazione n. 253) Il Consiglio dell’Autorità di vigilanza dei Lavori Pubblici, vista la relazione dell’ufficio studi e considerato che in alcune fattispecie si è posto il problema della proprietà del progetto nel caso di appalto concorso, ha interessato della questione Associazioni ed Ordini professionali. Nel caso di appalto concorso la dottrina ha rilevato che il sistema comporta la predisposizione di un progetto di massima da parte dell’Amministrazione ed il suo successivo completamento in collaborazione con i concorrenti alla gara. G.U. n. 276 del 27.11.2001 - Serie generale - Accordo 27 settembre 2001 - Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome sul documento concernente: “Linee-guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati” Il presente accordo sancisce le Linee-guida che illustrano le principali problematiche sanitarie evidenziate nel rapporto elaborato Dalla Commissione e forniscono indicazioni generali per la realizzazione di un programma nazionale per la prevenzione e la promozione della salute negli ambienti confinati. Le principali finalità del documento è quella di promuovere le iniziative di promozione della salute e di prevenzione dei rischi indoor nella programmazione sanitaria nazionale, regionale e locale seguendo il principio di sussidiarietà e di cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali creando un’occasione di dialogo, di concertazione e di coordinamento tra i diversi livelli organizzativi Istituzionali. G.U. n. 280 del 1.12.2001 - Serie generale - Decreto 24 ottobre 2001, n. 420 - Regolamento recante modificazioni e integrazioni al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 3 agosto 2000, n. 294, concernente l’individuazione dei requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici Il presente regolamento apporta alcune modifiche al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 3 agosto 2000 n. 294 in materia di idoneità organizzativa, di capacità economica e finanziaria, di restauratore di beni culturali, di operatore qualificato per i beni culturali, di lavori utili per la qualificazione. G.U. n. 282 del 4.12.2001 - Serie generale - Decreto 7 novembre 2001 - Presentazione delle planimetrie degli immobili urbani e degli elaborati grafici, nonché dei relativi dati metrici, su supporto informatico unitamente alle dichiarazioni di nuova costruzione e di variazione di unità immobiliari da presentare agli uffici dell’Agenzia del territorio Il presente decreto all’art. 1 definisce le modalità di presentazione delle dichiarazioni di nuova costruzione e di variazione delle unità immobiliari che, corredate delle informazioni di natura metrica e dei relativi elaborati grafici, devono essere presentati in conformità ai programmi informatici distribuiti dall’Agenzia del territorio. Le dichiarazioni possono essere presentate anche per via telematica. L’entrata in vigore di tali disposizioni è fissata al 1° gennaio 2002 sull’intero territorio nazionale, con esclusione della regione Trentino-Alto Adige. L’art. 2 dispone che i modelli per la dichiarazione di immobili al catasto edilizio urbano prodotti dalle procedure informatiche sostituiscono a tutti gli effetti quelli attualmente in uso a decorrere dalla data stabilita. L’art. 3 stabilisce che il professionista abilitato alla presentazione delle dichiarazioni di immobili al catasto edilizio urbano ha facoltà di utilizzare i modelli prodotti dai programmi informatici distribuiti dall’Agenzia del territorio per la rappresentazione delle planimetrie delle unità immobiliari. Le dimostrazioni grafiche degli aggiornamenti del catasto terreni possono essere rappresentate anche sui modelli prodotti dai programmi
informatici distribuiti dall’Agenzia del territorio. Tali dichiarazioni dovranno essere corredate sino all’introduzione della firma digitale anche dal relativo supporto cartaceo. G.U. n. 1 del 2.1.2002 - Serie generale - Ordinanza 28 dicembre 2001 - Immediati interventi necessari a fronteggiare l’emergenza nella città di Milano, determinatisi nel settore del traffico e della mobilità Il Ministro dell’Interno delegato per il coordinamento della protezione civile dispone che il Sindaco di Milano è nominato Commissario delegato per l’attuazione degli interventi volti a fronteggiare l’emergenza venutasi a creare nella città di Milano in relazione alla situazione del traffico e della mobilità. Il Sindaco di Milano Commissario delegato, anche avvalendosi di altri soggetti, provvede ad emanare misure volte alla realizzazione di una più efficace disciplina del traffico e della mobilità urbana istituendo parcheggi, aree pedonali e zone a traffico limitato, avvalendosi di nuove tecnologie per il controllo della sosta e della mobilità. B.U.R.L. del 29 novembre 2001 - 2° Suppl. straordinario al n. 48 - D.g.r. 29 ottobre 2001 - n. 7/6632 - Approvazione del piano territoriale di coordinamento del parco regionale dell’Adamello (art. 19, comma 2, l.r. 30 novembre 1983, n. 86 e successive modifiche e integrazioni) La Giunta Regionale delibera di approvare il piano territoriale di coordinamento del parco regionale dell’Adamello costituito dai seguenti elaborati: Norme tecniche di attuazione e Planimetria generale in scala 1:10.000. Viene dato atto inoltre che il predetto piano territoriale di coordinamento assume i contenuti di piano territoriale paesistico. Si demanda a successivi atti consiliari l’istituzione delle riserve naturali, l’approvazione del perimetro del parco e della relativa disciplina normativa. B.U.R.L del 30 novembre 2001 - 3° Suppl. straordinario al n. 48 - D.g.r. 29 ottobre 2001 - n. 7/6645 - Approvazione direttive per la redazione dello studio geologico ai sensi dell’art. 3 della l.r. 41/97 La Giunta Regionale delibera di approvare il Documento “ Direttive in attuazione dell’art. 3 della l.r. 41/97 per lo studio geologico a supporto dei P.R.G. La parte 1a riguarda gli aspetti generali tra cui gli ambiti di applicazione, gli aspetti metodologici, i contenuti della relazione geologica generale. La parte 2a si riferisce alla fase di analisi ed alle particolari norme per i Comuni classificati in zona sismica. Nella parte 3a sono elencati i vincoli esistenti, la cartografia di sintesi e la carta di fattibilità e delle azioni di piano. Le parti 4, 5 e 6 riguardano il raccordo con gli strumenti di pianificazione sovraordinata, la revisione dello studio e le Procedure di coordinamento dell’attività istruttoria. B.U.R.L. del 13 dicembre 2001 - 2° Suppl. straordinario al n. 50 - D.g.r. 23 novembre 2001 - n. 7/7041 - Bando per l’assegnazione e l’erogazione di contributi a fondo perduto a privati ed enti pubblici per la realizzazione di interventi d’installazione di impianti fotovoltaici di potenza da 1 a 20 kWp collegati alla rete elettrica di distribuzione sul territorio della Regione Lombardia in attuazione del Programma “Tetti fotovoltaici” (Decreto Ministero Ambiente n. 106 del 16 marzo 2001) La Giunta Regionale delibera di incentivare la realizzazione di interventi per la produzione di energia elettrica da fonte solare al fine di perseguire gli obiettivi previsti dal Libro Bianco per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili approvato dal CIPEil 6 agosto 1999 e in accordo con il Programma regionale di sviluppo. Viene approvato inoltre il Documento “ Bando per l’assegnazione e l’erogazione di contributi a fondo perduto a privati ed enti pubblici per la realizzazione di interventi di installazione di impianti fotovoltaici di potenza da 1 a 20 kWp, collegati alla rete elettrica di distribuzione sul territorio della Regione Lombardia in attuazione del Programma “ Tetti Fotovoltaici” . Viene deliberato inoltre, quale misura di accompagnamento al Bando, lo schema di Convenzione tra la Regione Lombardia e il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Milano.
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Rassegna
Normative e tecniche a cura di Emilio Pizzi e Tiziana Poli
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Quadro sintetico della normativa vigente in materia di risparmio energetico negli edifici Quando si parla genericamente di risparmio energetico negli edifici, e di misure ad esso finalizzate, si coinvolgono implicitamente i seguenti obiettivi: • riduzione delle emissioni in atmosfera di gas climalteranti; • diminuzione dei costi di gestione degli edifici; • innalzamento del livello di qualità ambientale negli ambienti confinati. Il problema del contenimento dei consumi è apparso storicamente nei primi anni Settanta con il verificarsi delle crisi energetiche (alle quali in Italia nel campo dell’edilizia si è parzialmente risposto con la Legge 373/76 - ora abrogata - e il conseguente D.P.R. 1052/77 che agiscono sull’incremento dell’isolamento degli edifici) e si è acuito negli ultimi anni quando è parso sempre più evidente il legame tra le attività umane e i mutamenti climatici del pianeta. Nonostante la produzione di gas climalteranti, in riferimento alle fonti, sia qualitativamente diversificata, comprendendo tra l’altro anche sorgenti naturali, essa ricade quantitativamente in modo considerevole sul settore energetico. In quest’ottica è comprensibile come negli ultimi anni gli sforzi di ricerca e applicativi maggiori siano stati indirizzati verso un miglioramento in termini di sostenibilità ambientale della produzione, della trasformazione e dell’utilizzo dell’energia, anche nel campo dell’edilizia civile. Il coinvolgimento del progettista è individuabile potenzialmente a vari i livelli: sia per quanto riguarda gli aspetti tecnico-progettuali, dalla produzione dell’energia al suo utilizzo; sia per quelli comportamentali, dalla sensibilizzazione dell’utenza finale alla gestione. Il quadro legislativo in Italia In Italia il riferimento legislativo fondamentale in materia di risparmio energetico è la Legge 10/91 [01]. Tale funzione è ribadita dal recente D.P.R. 380/01 [09], che riordina e coordina la normativa tecnica in edilizia, e che riproduce, nel Capo VI (Norme per il contenimento del consumo di energia negli edifici), coordinandolo, il titolo II della Legge 10/91. Questo strumento legislativo si propone, tra l’altro, di favorire “ l’uso razionale dell’energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell’utilizzo dei manufatti, l’utilizzazione delle fonti rinnovabili” (1). Il raggiungimento di tali finalità deve verificarsi, significativamente, “ a parità di servizio reso e di qualità della vita” sottolineando il fatto che la ricerca e l’applicazione di migliori strumenti di produzione ed utilizzo dell’energia, aventi una minore ricaduta sull’ambiente, può avvenire in termini di convenienza economica sul breve periodo e senza dover rinunciare a condizioni di comfort ambientale all’interno degli ambienti di vita e lavoro. Trattandosi di una legge quadro, la Legge 10/91 affida la sua efficacia all’emanazione di decreti attuativi che purtroppo si è realizzata solo parzialmente. Il più importante di essi è il
D.P.R. n. 412/93 [11] il quale, unitamente alle modifiche successive (D.P.R. n. 511/99 [10], e, per aspetti minori i D.M. [02,03,06]), si occupa di regolamentare la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici negli edifici in relazione al benessere degli occupanti durante il loro periodo di funzionamento e al contenimento dei consumi energetici. Come è espressamente riscontrabile nei contenuti delle norme tecniche che definiscono una procedura standardizzata di calcolo e verifica (norme UNI, dalla [14] alla [24], richiamate dal D.M. del 6.8.94 [08]), un ruolo importante nel soddisfacimento dei parametri imposti dalla legge spetta non solo al progettista dell’impianto termico ma anche al progettista delle opere edili (2). In questo contesto assume particolare importanza l’involucro sul quale si concentrano i carichi prestazionali maggiori per i requisiti di controllo dei flussi energetici attraverso l’edificio (vengono in aiuto a tale proposito alcune disposizioni legislative tra cui la L.R. 26/95 [13], e il D.M. del 2.4.98 [07]). Gli obblighi derivanti dai decreti attuativi della Legge 10/91 devono essere interpretati come un’occasione progettuale, peraltro espressamente richiesta e desumibile dai principi ispiratori della Legge stessa (3), valutando anche il ricorso eventuale alle energie rinnovabili (4), e non come una sterile verifica di un progetto steso senza porsi criticamente di fronte al problema del contenimento dei consumi. Infatti la tendenza nei Paesi più avanzati in questo campo (area mitteleuropea, Germania in testa) è quella di andare verso limiti normati sempre più restrittivi che garantiscono non solo un utilizzo più efficiente delle risorse energetiche ma anche migliori condizioni all’interno degli ambienti e minori costi di gestione. Tali limiti sono impossibili da soddisfare senza un’approccio alla progettazione dell’edificio e del suo involucro volto in modo consapevole e tempestivo al contenimento dei consumi. Un aspetto poco o per nulla considerato progettualmente, poiché non regolamentato in termini attuativi dalla Legge 10/91, è quello legato al contenimento dei consumi durante il periodo estivo. Tale aspetto è, invece, di pressante importanza per gli edifici collocati sul territorio italiano. L’uso razionale dell’energia auspicato nella Legge 10/91 deve essere ricercato lungo tutto l’arco dell’anno e non solo per la stagione invernale poiché è richiesto dai Decreti Ministeriali menzionati. A tale proposito si cita il recente D.M. del 24.4.01 [05], rivolto alle imprese di distribuzione di gas naturale alle quali esso impone obiettivi di risparmio energetico, che indica strategie progettuali legate alla progettazione dell’involucro finalizzate al contenimento dei consumi durante la stagione estiva inserendole espressamente tra “ le tipologie di interventi e misure per il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili” [05]. Legislazione e Normativa tecnica di riferimento Leggi Nazionali • [01] L.N. n. 10 del 9.1.91, “ Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” , G.U. n. 13 del 13.2.91.
Decreti del Presidente della Repubblica • [09] D.P.R. n. 380 del 6.6.01, “ Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)” , G.U. n. 245 del 20.10.01, Suppl. Ord. n. 239. • [10] D.P.R. n. 511 del 21.12.99, “ Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, in materia di progettazione, installazione, esercizio e manutenzione degli impianti termici degli edifici, ai fini del contenimento dei consumi di energia” . • [11] D.P.R. n. 412 del 26.8.93, “ Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia in attuazione dell’art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10” , G.U. n. 96 del 14.10.93. Leggi Regionali • [12] Legge regionale del 16.12.96 n. 36, “ Norme per l’incentivazione, la promozione e la diffusione dell’uso razionale dell’energia, del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e il contenimento dei consumi energetici” , B.U.R.L. n. 51 del 19.12.96, I° Suppl. Ord.
• [13] Legge regionale del 20.4.95 n. 26, “ Nuove modalità di calcolo delle volumetrie edilizie e dei rapporti di copertura limitatamente ai casi di aumento degli spessori dei tamponamenti perimetrali e orizzontali per il perseguimento di maggiori livelli di coibentazione termo-acustica o di inerzia termica” , B.U.R.L. n. 17 del 24.4.95, I° Suppl. Ord. Norme tecniche applicative del DPR26 agosto 1993 n. 412 recepite con il DM 6 agosto 1994 • [14] UNI 10344, “ Riscaldamento degli edifici. Calcolo del fabbisogno di energia” . • [15] UNI 10345, “ Riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Trasmittanza termica dei componenti edilizi finestrati. Metodo di calcolo” . • [16] UNI 10346, “ Riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Scambi di energia termica tra terreno ed edificio. Metodo di calcolo” . • [17] UNI 10347, “ Riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Energia termica, scambiata tra una tubazione e l’ambiente circostante. Metodo di calcolo” . • [18] UNI 10348, “ Riscaldamento degli edifici. Rendimenti dei sistemi di riscaldamento. Metodo di calcolo” . • [19] UNI 10349, “ Riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Dati climatici” . • [20] UNI 10351, “ Materiali da costruzione. Conduttività termica e permeabilità al vapore” . • [21] UNI 10355, “ Murature e solai. Valori della resistenza termica e metodo di calcolo” . • [22] UNI 10376, “ Isolamento termico degli impianti di riscaldamento e raffrescamento degli edifici” . • [23] UNI 10379, “ Riscaldamento degli edifici. Fabbisogno energetico convenzionale normalizzato. Metodo di calcolo e verifica” . • [24] UNI 10389, “ Generatori di calore. Misurazione in opera del rendimento di combustione” . Siti di riferimento UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione), www.uni.com CTI (Energia Ambiente, Comitato Termotecnico Italiano), www.cti2000.it Luca Pietro Gattoni BEGroup, Politecnico di Milano Note 1. Art. 1, Legge 10/91 [01]. 2. Non solo per gli aspetti materici, ma anche per quelli formali che possono incidere sullo sfruttamento delle energie rinnovabili e sul controllo degli scambi energetici tra l’edificio e l’ambiente esterno. 3. “ Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d’uso, e gli impianti non di processo ad essi associati devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica” Art. 26, Legge 10/91 [01]. 4. Obbligatorio nel caso di edifici pubblici o di uso pubblico, Art. 7, Legge 10/91 [01].
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Decreti Ministeriali • [02] D.M. del 13.9.01, “ Modifiche alla tabella relativa alle zone climatiche di appartenenza dei comuni italiani, allegata al regolamento per gli impianti termici degli edifici, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412” . • [03] D.M. del 31.5.01, “ Modifiche alla tabella relativa alle zone climatiche di appartenenza dei comuni italiani, allegata al regolamento per gli impianti termici degli edifici, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412” . • [04] D.M. del 24.4.01, “ Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164” , G.U. n. 117 del 22.5.01, Suppl. Ord. n. 125. • [05] D.M. del 24.4.01, “ Individuazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79” , G.U. n. 117 del 22.5.01, Suppl. Ord. n. 125. • [06] D.M. del 4.8.00, “ Modificazioni alla tabella relativa alle zone climatiche di appartenenza dei comuni italiani, allegata al regolamento per gli impianti termici degli edifici, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412” . • [07] D.M. del 2.4.98, “ Modalità di certificazione delle caratteristiche e delle prestazioni energetiche degli edifici e degli impianti ad essi connessi” , G.U. n. 102 del 5.5.98. • [08] D.M. del 6.8.94, “ Recepimento delle norme UNI attuative del Decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, recante il regolamento per il contenimento dei consumi di energia degli impianti termici degli edifici, e rettifica del valore del fabbisogno energetico normalizzato” .
Organizzazione professionale a cura di Annalisa Scandroglio
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Uno dei compiti che la Commissione Professione della Consulta degli Architetti della Lombardia si è prefissata riguarda la finalizzazione ed organizzazione di eventuali incontri con professionisti per favorire l’apprendimento delle discipline e delle tecniche dei sistemi qualità e costruire di conseguenza il sistema qualità dello studio di architettura. A fronte di quanto sopra con il presente documento desideriamo iniziare un colloquio informativo per far conoscere gli scopi ed i contenuti della ISO 9000 e la sua finalizzazione.
Qualità: istruzioni per l’uso I sistemi di gestione per la qualità negli studi di progettazione A un anno dalla pubblicazione ufficiale della seconda revisione del pacchetto di norme più conosciuto e diffuso nel mondo industriale, le ISO 9000, note anche sotto la sigla più accattivante di “ Vision 2000” , gli studi di progettazione, nella stragrande maggioranza dei casi, sembrano ancora ritenersi estranei all’argomento. Forse perché non ne ritengono cogenti i contenuti, forse perché reputano la propria struttura non sufficientemente articolata, forse perché ritengono l’impegno economico non commisurato all’effettivo beneficio; se è per semplice disinformazione cerchiamo in questo spazio di colmare qualche lacuna senza voler insegnare niente a nessuno e senza entrare nello specifico tecnico dell’argomento. Una semplice puntualizzazione della situazione in essere che, per chi lo vorrà potrà essere lo spunto per successivi approfondimenti. Gli obiettivi della ISO 9000 Le Norme ISO 9000 hanno lo scopo di aiutare le organizzazioni, di qualsiasi tipo e natura, ad accrescere la soddisfazione dei propri committenti attraverso la messa a punto delle attività di gestione e di tenuta sotto controllo delle organizzazioni stesse. L’obiettivo è di predisporre un sistema di gestione efficace ed efficiente, progettato per migliorare con continuità le prestazioni, tenendo conto delle esigenze del committente e di tutte le parti interessate. Definizione di qualità Il termine “ qualità” non ha valore assoluto, per cui non esistono prodotti di “ qualità” e prodotti “ senza qualità” , ma si riferisce al grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche di un prodotto, di un servizio o di una attività, soddisfa i requisiti richiesti. Naturalmente i requisiti, che rappresentano l’insieme delle esigenze e delle aspettative del committente, devono essere noti. Nella prassi dell’attività degli studi, solo una parte dei requisiti viene chiaramente espressa. Ciò che non viene detto, tuttavia, è implicito, perché fa riferimento ad usi o abitudini consolidate, ovvero è cogente, fa riferimento cioè a ad un sistema normativo non
eludibile che spesso il committente ignora. Il primo passo verso un sistema improntato alla gestione per la qualità consiste nella individuazione e nella evidenziazione dei dati di avvio di ogni processo di elaborazione. L’approccio per processi L’approccio per processi è il metodo di analisi dell’insieme delle attività di ogni organizzazione al quale le “ Vision 2000” fanno riferimento. Qualsiasi attività che utilizza delle risorse per trasformare elementi in entrata in elementi in uscita può essere considerata un “ processo” . L’intento delle norma è di incoraggiare un approccio di questo tipo. Una organizzazione dovrebbe, per funzionare efficacemente, individuare, identificare e gestire sistematicamente i processi elementari che interagiscono nell’elaborazione del prodotto finale mettendo in relazione i processi tra loro. Spesso, infatti, gli elementi in uscita da un processo costituiscono gli elementi di ingresso del successivo. Per questo motivo il grado di consapevolezza e di convinzione rispetto all’adozione di un sistema di gestione per la qualità risulta determinante nella creazione di un ambiente in cui tutti gli addetti sono completamente coinvolti e motivati nel raggiungimento dell’obiettivo. Il contesto internazionale L’adozione di un sistema di gestione dei processi di progettazione improntato alla qualità oggi, inoltre, deve fare riferimento ad una prospettiva e a un contesto internazionale. Conformare alle “ Vision 2000” l’organizzazione della propria attività significa aderire a concetti uniformati di qualità e perciò mettere a punto metodi e strumenti che possono porci in condizione di operare, fuori dal territorio nazionale o, sul territorio nazionale, con operatori di qualunque nazionalità, facendo riferimento ad un modello di approccio alla gestione dei problemi condiviso. La M erloni ter In quest’ottica le finalità e lo spirito della Legge quadro in materia di lavori pubblici (Legge “ Merloni” ), che recepisce disposizioni e normative della Comunità Europea, sono in linea con l’idea che l’attività edile nel suo complesso, dalla progettazione all’esecuzione, debba uniformarsi a criteri condivisi di efficienza e di efficacia e che gli attori del processo debbano improntare la propria attività ai principi di qualità. La certificazione Adottare un sistema di gestione per la qualità non significa certificarsi. La certificazione è un passo successivo che serve a far si che, attraverso la valutazione di un organismo accreditato, la propria attività o una di esse venga ufficialmente riconosciuta conforme alle “ Vision 2000” . Ciò, per esempio da (o darà) la possibilità di accedere più facilmente a determinate tipologie di commesse, in particolare nell’ambito dei lavori pubblici consente di ottenere punteggi integrativi, di mettere in evidenza una serie di requisiti che posso-
I requisiti In sostanza la certificazione consente a un organismo terzo accreditato e garante di assicurare, in vece dello studio di progettazione interessato, il possesso dei requisiti richiesti nelle ISO 9000 e cioè permette ad un istituto certificatore, che effettua periodicamente delle verifiche, di dichiarare che lo studio in questione adotta un “ sistema qualità” conforme, e quindi che è dotato di una struttura organizzativa che prevede una determinata distribuzione di responsabilità, che gestisce i processi in base a procedure definite, che le risorse sono commisurate ai procedimenti messi in atto nella conduzione dell’attività, che effettua i controlli affinché il prodotto (il progetto) sia conforme a quanto richiesto e che di tali controlli rimane evidenza ovvero prova documentata. Nella gestione di un “ sistema qualità” le verifiche ispettive hanno valore complementare ma determinante e perciò occorre predisporre metodi di controllo e verifica delle attività svolte, educando e motivando per la loro applicazione. Lo spirito della norma è perfettamente riassunto nello slogan: “ dichiara ciò che farai, fai ciò che hai dichiarato, registra che lo hai fatto” Conclusioni L’adozione di un “ sistema qualità” , in conclusione, dovrebbe portare all’ottenimento di una serie di risultati apprezzabili sia a livello interno che esterno allo studio di progettazione e quantificabili anche in termini economici: 1. migliore organizzazione produttiva con conseguente ottimizzazione dei costi; 2. migliore controllo del ciclo produttivo con possibilità di ottimizzare costi e tempi di intervento e di correzione delle non conformità; 3. migliore affidabilità del progetto finale; 4. coinvolgimento dei fornitori nel processo di miglioramento; 5. possibilità di offrire delle garanzie preventive alla committenza;
6. possibilità di offrire garanzie alla compagnie di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti da responsabilità che si protraggono negli anni; 7. possibilità di offrire documentazione in corso d’opera. Inoltre, considerata anche la difficoltà che normalmente si riscontra nelle fasi preliminari di definizione e di acquisizione degli incarichi di progettazione, l’adozione di un “ sistema qualità” , in un certo senso, “ obbliga” le parti, committente e professionista, a chiarire fin da subito i termini della questione e, non secondario, a lasciare evidenza scritta di quanto concordato. Il tutto, oltre a ridurre i rischi di contenzioso, serve al committente, per assumere coscienza delle questioni che conseguono alle proprie richieste, e al progettista, per vedere riconosciuto il proprio lavoro, aspetto, questo, non trascurabile vista la mancanza di considerazione e il discredito nella quale versa la professione dell’architetto di questi tempi. Nella speranza che l’interesse verso le tematiche inerenti la qualità possa crescere, ci auguriamo di trovare riscontro nella eventuale richiesta di approfondimenti o di iniziative volte allo sviluppo della questione. Gianclaudio Di Cintio Coordinatore Comm.ne Professione della Consulta con la collaborazione di Gabriele Nizzi Professore a contratto, Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano
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no agevolare l’acquisizione di determinati clienti, di godere di agevolazioni nella sottoscrizione di polizze assicurative inerenti l’attività. Tuttavia, cosi come l’adozione di un sistema strutturato sulla base delle ISO 9000 è una scelta che potremmo definire di politica aziendale, anche la certificazione è una scelta strategica che ognuno può e deve ponderare in base alla propria situazione, alla disponibilità di risorse, ai rapporti che intrattiene con i propri fornitori e i propri clienti. Si tenga conto del fatto che l’esigenza di offrire delle garanzie si accresce in modo direttamente proporzionale all’impegno e all’importanza del servizio fornito e della commessa con la quale ci si confronta, perciò il rischio della non osservanza, anche parziale, dei termini contrattuali può comportare conseguenze più o meno accettabili per la committenza e, quindi, la rinuncia a sottoscrivere un incarico dagli esiti incerti.
Dagli Ordini
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Ordine di Bergamo tel. 035 219705
www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it
Informazione
Ordine di Brescia tel. 030 3751883
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Bergamo
Cremona
Coordinamento delle iniziative culturali Il Consiglio ha deliberato di dare attuazione alla proposta del compianto architetto Sandro Angelini denominata Raccolta dei 300 progetti del ’900 in Bergamasca. Questa iniziativa è svolta in collaborazione con la Biblioteca Civica A. Mai nella persona del direttore dr. Giulio Orazio Bravi. La Biblioteca conserverà nei suoi archivi gli elaborati scelti, rendendoli disponibili per la consultazione. Lo scopo è quello di rendere testimonianza significativa dell’operatività di ogni architetto iscritto al nostro Ordine nel corso del 1900.
Concorso per il nuovo logo dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Regolamento Art. 1 - Obiettivi e contenuti Il Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Cremona indice un concorso per l’ideazione di un nuovo logo che rappresenti la nuova configurazione dell’albo, alla luce della diversa articolazione prevista dal D.P.R. 5 giugno 2001 n. 328. Le caratteristiche del nuovo logo dovranno essere improntate all’originalità dell’idea, alla capacità di saper comunicare in modo semplice ed immediato l’identificazione della professione di architetto e, conseguentemente, delle altre professionalità ora ricomprese nell’Ordine. Si richiede un logo che possa riassumere in un semplice schema grafico le peculiarità della nostra professione legate al nostro territorio, tenendo conto della sua applicazione nei vari momenti nei quali viene comunicata l’immagine dell’Ordine. La progettazione prevederà le forme dell’immagine sia quando questa è propria dell’Ordine (carta intestata I° foglio, II° foglio, busta vari formati, cartelline, modulistica interna, ecc), sia quando l’Ordine debba affiancare e subordinare la propria immagine a quella di altri (convegni, pubblicazioni o altro realizzato in società con altri enti). Art. 2 – Partecipazione al concorso Al presente concorso possono partecipare tutti gli architetti regolarmente iscritti al nostro Ordine provinciale. La partecipazione è individuale e nominativa ed è esclusa la partecipazione di gruppi e di collaboratori specialisti. Sono esclusi dalla partecipazione gli attuali componenti del Consiglio dell’Ordine e i familiari degli stessi iscritti all’albo. Art. 3 - Requisiti tecnici Il logo dovrà essere realizzato con tecnica e criteri a scelta del concorrente; essere contenuto in uno spazio di cm 15 x 15 (indicativo) e adatto alla riproduzione tipografica (quadricromia e monocromia); dovrà esserne possibile la riproduzione in di-
Regolamento: • Tutti coloro che sono stati e sono iscritti al nostro Ordine possono aderire a questa iniziativa inviando 1 solo progetto (anche non realizzato) a propria scelta. • I progetti dovranno riguardare i campi di attività di: Architettura e Conservazione - Urbanistica e Paesaggio - Disegno industriale • La tavola dovrà indicare il nome del progettista, i collaboratori e l’anno di redazione. Coloro che eventualmente figurassero come collaboratori in un progetto inviato, potranno inviarne un altro di propria redazione. • Il formato della tavola - progetto è A0 (o ricondotto a tale formato) comprensivo anche di un’eventuale relazione. • L’elaborato dovrà essere plastificato. • Tra i progetti pervenuti una Commissione esterna, composta da cinque membri, sceglierà i 300 più significativi che costituiranno la raccolta. • La Commissione selezionatrice sarà composta da 5 commissari: dr. Giulio Orazio Bravi, direttore della Biblioteca A. Mai; dr. Giacinto Di Pietrantonio direttore della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea; n. 3 esperti esterni di fama e non operanti in Bergamasca. • I progetti selezionati diventeranno di proprietà della Biblioteca A. Mai. • Verrà organizzata una mostra dei progetti selezionati prima di consegnarli all’archivio della Biblioteca. • Coloro che, pur avendo inviato un progetto e non risultassero selezionati e desiderassero comunque che la loro opera venisse conservata, potranno farlo provvedendo a ridurlo e fotofilmarlo: l’insieme dei microfilm verrà conservato dalla Biblioteca. Per motivi organizzativi Vi preghiamo di comunicare alla segreteria dell’Ordine, disponibile anche per eventuali chiarimenti, la vs. disponibilità a partecipare all’iniziativa entro il prossimo 31 gennaio 2002. La consegna degli elaborati, presso la sede dell’Ordine, avverrà a partire dal 1 febbraio 2002 sino al 31 marzo 2002. Antonio Cortinovis Co-coordinatore Commissione Cultura
mensioni da cm 2,5 x 2,5 a cm 15 x 15 o 20 x 20. La semplicità del disegno dovrà permettere inoltre al modello monocromatico la duplice visione in positivo e negativo (indicativo, non vincolante). I concorrenti dovranno presentare due elaborati entrambi su fogli di formato A4. Il primo elaborato contenente l’immagine all’interno di un quadrato di cm 15 x 15 posizionato al centro del foglio tenuto in verticale. Il secondo dovrà contenere una o più riduzioni del logo. Non saranno accettati più di due elaborati A4. L’invio di più elaborati è motivo di esclusione dalla gara. Nel caso il logo sia realizzato con mezzi informatici oltre alle due tavole A4 previste dovrà essere allegato il floppy disk o il cd contente il file del logo. Art. 4 - Modalità per l’invio Gli elaborati dovranno essere consegnati in busta chiusa formato A4 e contrassegnata dalla dicitura “ Concorso Nuovo Logo Ordine Architetti Cremona” , direttamente alla Segreteria Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Cremona - Via Palestro, 66 - 26100 Cremona entro e non oltre le ore 12.00 di venerdì 18 gennaio 2002. All’interno della busta dovrà essere inserita una seconda busta sigillata contenente nominativo, indirizzo e numero di iscrizione all’albo del concorrente. Le buste e gli elaborati non dovranno contenere nessun segno di riconoscimento. Le buste, numerate in ordine di ricezione, saranno aperte dalla giuria. Gli elaborati saranno contrassegnati dal medesimo numero della busta. Ogni partecipante potrà presentare un solo progetto. Art. 5 - Giuria del Premio La giuria sarà composta dai componenti del Consiglio dell’Ordine. Il giudizio della Commissione è insindacabile. Art. 6 - Premio Al primo classificato verrà attribuito un premio di 500 euro (più oneri fiscali e previdenziali). Con l’accettazione del premio il vincitore trasferirà all’Ordine la proprietà del logo e tutti i diritti connessi. La premiazione verrà effettuata entro la metà del mese di febbraio 2002. Contestualmente verrà allestita una mostra di tutti gli elaborati pervenuti.
Gli esiti del Concorso Durante la seduta di Consiglio del 22 gennaio u.s. si sono svolti i lavori di disamina dei bozzetti presentati dagli iscritti che hanno partecipato al concorso per il nuovo logo dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Cremona. Nei termini previsti dal Bando sono pervenute alla Segreteria dell’Ordine n. 21 buste. I nominativi dei partecipanti, in ordine alfabetico, sono risultati i seguenti: Agazzi Luigi n. 410; Benelli Domenico n. 161; Bonati Nelly n. 295; Carera Antonio n. 464; Carpani Emanuela n. 389; Casotti Sergio n. 508; Cigoli Sergio n. 298; Del Bon Gianfranco n. 184; Fedeli Luigi n. 540; Gozzi Bruna n. 479; Grisi Tinuccio n. 351; Lazzari Riccardo n. 230; Maggi Paola n. 455; Mancini Silvia n. 432; Pizzacani Roberto n. 261; Prete Simona n. 449; Riboni Maurizio n. 269; Tonghini Mariarosa n. 292; Ventura Maria Luisa n. 361; Venturini Bettina n. 393; Zampolli Giancarlo n. 33. Il Consiglio ha vagliato i bozzetti pervenuti utilizzando i seguenti parametri: Rappresentatività dell’Ordine; Originalità dell’idea; Composizione grafica e sua costruzione tecnica. Dopo un’attenta valutazione di tutti i disegni presentati si è passati alla proclamazione del vincitore che è risultato essere l’architetto Bettina Venturini. Sul nostro sito - www.cr.archiworld.it - è possibile visualizzare in anteprima il logo vincitore. Si è inoltre ritenuto doveroso segnalare i bozzetti degli Architetti Agazzi Luigi e Silvia Mancini che hanno comunque riportato un buon giudizio complessivo. Il Consiglio dell’Ordine, nel ringraziare coloro che hanno partecipato al concorso, provvederà a comunicare la data della premiazione e della mostra di tutti gli elaborati pervenuti che verrà allestita contestualmente. Il Presidente Dott. Arch. Emiliano Campari
Milano Fondazione dell’Ordine. Serate di Architettura Nei mesi di novembre e dicembre 2001 la sede dell’Ordine degli Architetti di Milano ha ospitato in via Solferino, quattro serate di architettura organizzate dalla Fondazione riprendendo così la serie di appuntamenti proposti a partire dalla primavera del 2000, presentati nel numero 7/8 di AL. • Il primo appuntamento, il 21 novembre, prendeva spunto dalla presentazione del libro Abercrombie e l’esperienza di piano, Edizioni Unicopli, e ha coinciso con l’inaugurazione della mostra di riproduzioni di disegni tratti dal volume stesso allestita negli interrati. Sono intervenuti il prof. Mario Fosso, curatore della edizione italiana del testo Town and Country Planning e l’urbanista olandese Ton Schaap che ha allargat o la discussione alle più recenti esperienze di progettazione urbanistica ad Amsterdam, dove dirige un settore di pianificazione del territorio. • Il 27 Novembre, il secondo appuntamento vedeva invitati i Rettori delle quattro facoltà milanesi attinenti alla professione dell’architetto. Antonio Monestiroli per la Seconda Facoltà di Architettura a Bovisa, Alberto Seassaro per la Terza Facoltà di Architettura (Design), Cesare Stevan per la Prima Facoltà di Architettura del Campus Leonardo e Giuseppe Turchini per la Prima Facoltà di Ingegneria (Civile e ambientale) hanno discusso sul nuovo ordinamento delle facoltà di architettura del Politecnico, sulle nuove figure professionali ed il rapporto con il mondo della pratica architettonica.
• Il 5 dicembre Claudio De Albertis, presidente dell’ANCE, Pier Giuseppe Torriani, presidente dell’Associazione degli Interessi Metropolitani, l’Assessore allo sviluppo del territorio del Comune di Milano Gianni Verga e l’esperto in urbanistica Emilio Vimercati hanno discusso del rapporto tra la Normativa e l’Architettura a M ilano, con part icolare rif erimento alla situazione lombarda e alle modifiche introdotte dal Testo Unico. • Il 12 dicembre, gli storici dell’architettura Patrizia Bonifazio e Fulvio Irace, insieme alla critica d’arte Rossana Bossaglia e al prof. Gianni Ottolini del Politecnico di Milano, hanno presentato il libro di Augusto Rossari Elio Frisia ingegnere e architetto, un importante contributo alla riscoperta di un professionista la cui opera prima, il Palazzo Vittoria in piazza Cinque Giornate, è da annoverarsi tra le migliori architetture milanesi del secolo scorso. • Infine, il 13 dicembre, l’Ordine degli Architetti di Milano ha ospitato un incontro sui benefici che i liberi professionisti possono trarre dalla Tremonti-bis. Sono intervenuti Gianbattista Stoppani, Presidente dell’Ordine dei Dottori commercialisti, Ezio Maria Simonelli Dottore commercialista e pubblicista e l’architetto Edoardo G. Zanaboni, Segretario della sezione territoriale provinciale della Federarchitetti liberi professionisti. Sono stati illustrati i meccanismi grazie ai quali alcuni tipi di investimento diventano deducibili grazie alla nuova legge ed è stato distribuito materiale informativo ad uso degli architetti. Antonio Borghi
Designazioni • arch. Francesca Dicorato, Direttore Settore Tecnico LL.PP., Comune di Segrate Richiesta segnalazione nominativi - Commissione Giudicatrice licitazione privata servizi di progettazione definitiva ed esecutiva e direzione lavori relativamente alle opere di realizzazione di un nuovo edificio da destinare a Caserma dei Carabinieri in ampliamento dell’esistente. Il Consiglio dell’Ordine ha nominato la seguente terna di professionisti: dr. arch. Ulrica Maria Badami, dr. arch. Ivano Camera, dr. arch. Aline Danielle Leroy, tra i quali codesta Amministrazione potrà scegliere il rappresentante in seno alla Commissione in oggetto: • Impresa Edil Domar s.r.l., strada Boffalora 6/A, Magenta (Mi) Terna per collaudo di opere in c.a. relative alla realizzazione di due ville unifamiliari in S. Stefano Ticino (Mi), via L. Da Vinci. Si comunica la seguente terna di professionisti, nominati dal Consiglio dell’Ordine fra i quali codesta Impresa potrà scegliere il collaudatore delle opere in c.a. in oggetto: dr.arch. Luigi Maria Civitenga, dr.arch. Giorgio Giavenni, dr.arch. Alberto Romanò. • Amministrazione Immobili Forte, dr. Antonio Forte, Pieve Emanuele (Mi) Richiesta di arbitro a seguito della vertenza per lavori di manutenzione straordinaria eseguiti dall’Impresa Matteini nel condominio di via Ripamonti 288 a Milano. Si comunica che il Consiglio dell’Ordine ha nominato, quale “ terzo arbitro” per la controversia in oggetto, il dr. arch. Luigi Maria Guffanti. • Impresa Euroedil s.r.l., Seregno (Mi) Terna per collaudo di opere in c.a. relative alla realizzazione di un fabbricato residenziale da edificarsi nel Comune di Seveso. Si comunica la seguente terna di professionisti fra i quali codesta Impresa potrà scegliere il collaudatore delle opere in c.a. in oggetto: dr.arch. Antonio Alberici, dr.arch. Luca Mangoni, dr.arch. Enrico Lembo. • geom. Luigi Borgonuovo, Responsabile Servizio Tecnico, Comune di Ceriano Laghetto (Mi) Concorso di progettazione per la sistemazione di Piazza Diaz, del Parco Comunale, delle aree di connessione e del parcheggio antistante l’ingresso Ovest del Parco stesso, denominato “ Progetto Agora” . Si comunica che il Consiglio ha nominato, quale rappresentante dell’Ordine in seno alla Commissione Giudicatrice relativa al concorso in oggetto, l’arch. Roberto Mascazzini.
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Art. 7 - Esclusione Saranno esclusi quei progetti che perverranno oltre il giorno di scadenza della consegna prevista e che risulteranno, in sede di valutazione della giuria, con caratteristiche diverse da quelle richieste dal presente regolamento. Art. 8 - Utilizzazione Il vincitore ricevendo il premio cederà tutti i diritti di proprietà e di utilizzazione, anche economica, all’Ordine. I progetti di tutti i partecipanti al Concorso saranno conservati presso l’archivio dell’Ordine e potranno essere oggetto di pubblicazione. L’Ordine si riserva di apportare, nel tempo, eventuali modifiche al logo. Art. 9 - Disposizioni finali Con la partecipazione al presente concorso è implicita la conoscenza, l’approvazione e l’accettazione di tutte le clausole del presente regolamento da parte del candidato.
Dalla Consulta
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Sito w eb della Consulta La Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti apre una finestra di informazione via internet. Il sit o, accessibile all’ indirizzo www.consultalombardia.archiworld.it, è in fase di attivazione e nasce con l’idea di creare sul web un punto di riferimento di ambito regionale, facendo confluire al suo interno le realtà locali delle singole organizzazioni professionali. Gli Ordini provinciali della Lombardia, già presenti in rete con il proprio dominio, potranno utilizzare le pagine della Consulta per comunicazioni di carattere generale. Il sistema di navigazione è concentrato nella barra orizzontale posta in corrispondenza dell’intestazione principale. La home page è quindi lasciata libera per dare spazio alle notizie più recenti. La struttura è organizzata in sette aree, ciascuna delle quali si articola in altri sottomenu: AWN Il sito prevede una serie di rimandi alle pagine di Archiworld, il Network telematico del Consiglio Nazionale degli Architetti, in particolare ad Architettura on web, progetto che intende raccogliere in un unico grande database i riferimenti sui professionisti italiani (recapiti, curriculum, attività svolte), con una schedatura di architetture realizzate, ricerche, tesi di laurea e concorsi di progettazione.
Istituzioni La sezione contiene una scheda informativa della Consulta (la sede, i membri del Consiglio direttivo, i componenti delle Commissioni Osservatorio LL.PP., Urbanistica, Professione, Cultura), l’elenco dei Presidenti degli Ordini Provinciali Lombardi e il collegamento ai siti delle altre Consulte italiane. Servizi Vengono proposti alcuni servizi, come una bacheca di cerco/offro collaborazione, una selezione di links utili, un forum per il dibattito fra gli utenti. Alla voce Censimento è disponibile un questionario da compilare per l’inserimento nella base dati del sito. I nominativi verranno proposti agli enti per la partecipazione a commissioni e giurie. Attraverso gli indirizzi di posta elettronica sarà attivato un servizio di invio di bandi integrali. Documenti L’area è riservata alla pubblicazione di documenti ufficiali, circolari e comunicati stampa. New s È lo spazio dedicato alla segnalazione di appuntamenti. Comprende un’agenda di eventi legati al mondo dell’architettura e l’archivio delle news. Concorsi Concorsi nazionali, internazionali e bandi di affidamento di incarico. AL In qualità di organo ufficiale della Consulta, la rivista “ AL” sarà interamente consultabile in versione online, con testi in formato pdf. Per informazioni ci si può rivolgere all’ indirizzo e-mail: inf oconsulta.lombardia@archiworld.it. Annette Tosto
Dalle Istituzioni
Il Sistema Informativo Beni Ambientali (S.I.B.A.) La Regione Lombardia ha recentemente pubblicato e distribuito un CD Rom che rende disponibile e consultabile il repertorio dei vincoli di tutela del paesaggio apposti con specifici atti amministrativi dallo Stato e dalla Regione su differenti ambiti del territorio lombardo. L’iniziativa si inserisce in un complesso programma regionale di sviluppo e sistematizzazione delle conoscenze territoriali, per fornire strumenti di supporto tanto agli Enti Locali quanto, più diffusamente, agli operatori che a diverso titolo sviluppano attività di pianificazione e progettazione. In particolare il tema della diffusione della conoscenza del paesaggio, per una sua più consapevole tutela, ha recentemente trovato ampio spazio in importanti documenti europei, come lo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo e la Convenzione Europea del Paesaggio, e costituisce un fondamentale impegno istituzionale della Regione Lombardia, che ha ritenuto di porlo come obiettivo strategico nel Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) recentemente approvato con deliberazione consiliare e attualmente vigente. La prima pubblicazione regionale dei vincoli di tutela paesistica fu realizzata all’inizio degli anni ’80 con una raccolta contenuta in due volumi di grande dimensione (35 x 35 cm) che, dopo la distribuzione ai diversi Enti pubblici, fu presto esaurita. Nel 1985 si
diede inizio ad una seconda pubblicazione che, a differenza della prima, avrebbe dovuto articolarsi in 9 fascicoli, tanti quante erano allora la province, e avrebbe dovuto contenere anche i cosiddetti vincoli individui; l’iniziativa si fermò con la realizzazione dei soli due fascicoli relativi alle province di Milano e Pavia, in quanto la “ legge Galasso” , nel frattempo entrata in vigore, modificava fortemente il quadro di riferimento e richiedeva una riconsiderazione del programma editoriale per due fondamentali ragioni: 1. In primo luogo, per la nuova consistente serie di vincoli che essa impone sul territorio ricorrendo a categorie di elementi geografici (mari, fiumi, monti, ecc.) o di ambiti individuabili con riferimento a precedenti leggi ed atti amministrativi (acque pubbliche, usi civici, parchi regionali e nazionali, zone umide, ecc.); questo sistema di elencazione “ per categorie” richiede una successiva vasta campagna di identificazione territoriale dei “ singoli ambiti” per una loro cartografazione; 2. In secondo luogo, per l’obbligo che essa introduce alla redazione dei piani paesistici, tale operazione, a sua volta, comporta una ricognizione sistematica e complessa dei caratteri connotativi dei paesaggi secondo cui si articola formalmente il territorio, che, diversamente dalla precedente, dovrà essere condotta non più seguendo un riferimento elencativo precostituito dalla legge stessa, ma riconoscendo di caso in caso i segni e la trama di relazioni che li connette in differenti contesti paesistici. La complessità del nuovo sistema vincolistico richiedeva, dunque, nuove modalità di rappresentazione e di divulgazione; la disponibilità di innovativi programmi informatici georeferenziati che rendono possibile associare alla base cartografica testi e immagini, proponeva nuove soluzioni adeguate alle caratteristiche del sistema da rappresentare. Si è così pervenuti all’ideazione di un archivio informatizzato che non solo rendesse possibili implementazione e aggiornamento costanti, ma anche la realizzazione di una pubblicazione che, a differenza della costosa versione cartacea, fosse riproducibile a
minor costo, in un maggior numero di copie di minore ingombro e permettesse all’utente di stampare nel formato desiderato la cartografia degli ambiti vincolati di suo interesse. In relazione all’impegno di risorse che comportava questo programma, è stato preventivamente realizzato un progetto di fattibilità sviluppato sul territorio circostante al lago d’Iseo, nel corso del quale sono stati rilevati tutti i vincoli di cui sopra nella forma complessa prevista dalla legge “ Galasso” individuando ed escludendo, quindi, anche le aree che nei Piani regolatori vigenti nel 1985 fossero state classificate come zone “ A”
• L.431/85 art. 1 let.f parchi e riserve nazionali e regionali (D.Lgs. 90/99 art. 146, comma 1, lettera f.); • L.431/85 art. 1 let.g boschi e foreste (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera g.); • L.431/85 art. 1 let.h usi civici (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera h); • L.431/85 art. 1 let.i zone umide (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera i.); • L.431/85 art. 1 let.m zone d’interesse archeologico (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera l.); • L.431/85 art. 1-ter aree di interesse ambientaleindividuatedallaD.G.R. 3859/1985 (ora assoggettate alla tutela del P.T.P.R.).
riferimento nella determinazione della procedura autorizzativa da seguire nelle singole pratiche edilizie. La realizzazione del S.I.B.A. ha visto impegnati i tecnici regionali (staff SIBA) della Direzione Generale Territorio e Urbanistica per quanto riguarda l’acquisizione e il controllo dei dati e i tecnici di Lombardia Informatica S.p.A. per quanto riguarda gli aspetti tecnico-informatici. L’acquisizione dei dati è stata realizzata alla scala 1:10.000 a partire dalla Carta Tecnica Regionale (C.T.R.) al tratto. Il Cd-Rom attualmente disponibile comprende le componenti informative complete delle categorie di vincolo di seguito elencate:
nale (C.T.R.) di sezione al 10.000, di tavole al 25.000 o di fogli al 50.000. Allo stato attuale si stanno acquisendo i dati reperibili in ambito regionale relativi alle categorie di vincolo della cosiddetta legge Galasso (ora ricompresa nel D.Lgs 490/1999) per integrare le informazioni contenute in questa edizione del Cd-Rom del S.I.B.A.. I soggetti destinatari di questo strumento sono molteplici. In primo luogo gli Enti Locali (Comuni, Province, Comunità Montane, Enti Gestori di Parchi regionali e nazionali) che possono conoscere quali siano sul territorio di loro competenza gli ambiti le
o “ B” , o fossero comprese nei Programmi Pluriennali di Attuazione vigenti nello stesso anno 1985, e associando a questo complesso sistema anche la ricognizione dei beni archeologici e monumentali tutelati ai sensi della legge 1. giugno 1939, n. 1089 e dei territori gravati da vincoli idrogeologici. Questa esperienza ha permesso di dimensionare il programma e di porre le premesse per la redazione del manuale di rilevazione che è stato successivamente pubblicato nel 3° supplemento straordinario al BURL n. 25 del 23 giugno 2000, nell’ambito dei “ Criteri relativi ai contenuti di natura paesistico-ambientale del piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) ai sensi della legge regionale 9 giugno 1997, n. 18” . Nasceva così il progetto del Sistema Informativo dei Beni Ambientali (S.I.B.A.), il cui programma, in prima attuazione, escludeva la ricognizione dei vincoli ex legge 1089/1939 e dei vincoli idrogeologici e prevedeva la rilevazione dell’insieme dei vincoli paesistici nella complessa articolazione successiva alla legge Galasso: • L. 1497/39 (art. 1 commi 1, 2) Bellezze individue (ora D.Lgs. 490/99 art. 139, comma 1, lettere a. e b.); • L. 1497/39 (art. 1 commi 3, 4) Bellezze individue (ora D.Lgs. 490/99 art. 139, comma 1, lettere c. e d.); • L.431/85 art. 1 let.b territori contermini ai laghi (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera b.); • L.431/85 art.1 let.c fiumi, torrenti e corsi d’acqua pubblici e relative sponde (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera c.); • L.431/85 art. 1 let.d territori alpini e appenninici (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera d.); • L.431/85 art. 1 let.e ghiacciai e circhi (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera e.);
Per tutti i vincoli presenti sul territorio lombardo che si riferiscono a queste norme di legge il progetto S.I.B.A. prevede la cartografazione informatizzata e la raccolta di alcune informazioni di tipo alfanumerico o di tipo iconico-testuale (es. stralci catastali o decreti di vincolo) da collegare ad ogni ambito vincolato. Attraverso il S.I.B.A. è quindi possibile: • Raccogliere in modo organico e rendere consultabili informazioni di natura paesistica di rilevante interesse ambientale, attraverso una catalogazione georeferenziata dei beni paesistici assoggettati alla tutela di legge sul territorio lombardo; • Trasferire i contenuti conoscitivi presenti in differenti archivi, spesso di difficile consultazione, in un unico sistema informativo che permetta letture integrate dei differenti contenuti; • Precisare le problematiche normative relative alla definizione degli ambiti territoriali vincolati (in modo particolare quelli con riferimento alla L. 431/85). Non rientra nel progetto S.I.B.A. la ricognizione ed acquisizione delle aree di esclusione di vincolo identificate dalla Legge 431/1985 (zone A e Bnei comuni dotati di P.R.G., centri edificati ex art 18 della legge 865/1971 in comuni sprovvisti di strumento urbanistico, aree ricomprese nei Piani Pluriennali di Attuazione), in quanto tale operazione, se condotta in sede centrale dalla Regione, risulta di notevole difficoltà in relazione all’elevato numero di Comuni (1546) e alla disponibilità di tutti questi dati al 1985, come è stato precisato nel Testo Unico 490/1999, art. 146, comma 2. I singoli Comuni, ai quali tale individuazione viene affidata, potranno attingere nei loro archivi le informazioni sopra elencate e, in tal modo, perfezionare nel dettaglio il sistema vincolistico affinché possa essere correttamente riportato nella specifica tavola del P.R.G. e possa costituire
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• L. 1497/39 (art. 1 commi 1, 2) Bellezze individue (ora D.Lgs. 490/99 art. 139, comma 1, lettere a. e b.); • L. 1497/39 (art. 1 commi 3, 4) Bellezze individue (ora D.Lgs. 490/99 art. 139, comma 1, lettere c. e d.); • L.431/85 art. 1 let.b territori contermini ai laghi (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera b.); • L.431/85 art. 1 let.e ghiacciai e circhi (ora D.Lgs. 490/99 art. 146, comma 1, lettera e.); • L.431/85 art. 1-ter aree di interesse ambientale individuate dalla D.G.R. 3859/1985 (ora assoggettate alla tutela del P.T.P.R.). Per l’insieme di tali dati il sistema informativo adottato permette differenti modalità di lettura: • a differenti scale a partire da rappresentazioni cartografiche di massimo dettaglio in rapporto 1:5.000 (nelle rappresentazioni in scala compresa tra 1:5.000 e 1:25.000 compare di fondo la base raster); • ricerche per Comune o per località significativa; • selezioni della Carta Tecnica Regio-
cui qualità paesistiche sono tutelate per legge e all’interno dei quali, quindi, è obbligatoria l’acquisizione dell’autorizzazione prevista dall’art. 151 del D.Lgs. 490/1999 prima del rilascio di atti abilitativi ad opere di trasformazione territoriale (concessioni edilizi, autorizzazioni al taglio di piante o ad attività estrattiva ecc.). In secondo luogo tale informazione potrà essere utile ai professionisti che a diverso titolo operano sul territorio tanto nell’assetto urbanistico (P.R.G. e piani di area vasta) quanto nella progettazione ed esecuzione di opere edili o infrastrutturali. Il Cd-Rom di questa prima edizione del S.I.B.A. è disponibile presso le sedi regionali “ Spazio Regione” presenti in tutti capoluoghi di Provincia o presso gli uffici della Direzione Generale Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia. Umberto Vascelli Vallara Struttura Pianificazione Paesistica Unità Organizzativa Sviluppo Sostenibile del Territorio Direzione Generale Territorio e Urbanistica
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una parte che, dopo cinque anni di crescita ininterrotta, il mercato ordinario degli appalti ha esaurito ormai la propria spinta; dall’altra che c’è una tendenza, soprattutto presso i grandi enti centrali, ad accrescere il livello medio dei lotti, superando con più frequenza che in passato la soglia dei 50 milioni di euro. Architettura
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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro
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Appalti “Legge obiettivo, occasione per l’Italia”. Appalti per metrò e tram ad Atene. A gennaio contratto da 6,2 mld Euro per la Mi-To (da “ Il Sole 24 Ore” del 19.12.01) “ L’impresa di costruzioni deve uscire oggi da una sclerosi che dura da trent’anni. E spero che la legge obiettivo non venga tarata per dare un po’ a tutti - un po’ alle autostrade, un po’ ai costruttori, un po’ alle società di ingegneria - ma favorisca fenomeni di concentrazione che portino alla formazione di una decina di veri general contractor. Questo è il beneficio strutturale che la legge può dare al mercato italiano, consentendo di competere e di resistere anche all’assalto che verrà dalle imprese straniere” . Pier Giorgio Romiti, amministratore delegato di Impregilo, vede l’uscita dal tunnel per il settore delle costruzioni e per il suo gruppo, dopo due anni spesi a fare “ pulizia” dei tanti piccoli contratti del passato, “ acquisti soltanto per fare fatturato, comunque fosse” . Pulizia dei tanti consorzi “ che ho trovato e che lavoravano come soggetti indipendenti, non sentendosi certo parte di un gruppo integrato” . Dopo due anni spesi a spostare il baricentro aziendale verso il business delle gestioni, verso il project financing, adesso torna il momento delle costruzioni, con il piano delle grandi opere È già boom per le grandi opere. Il mercato complessivo è aumentato del 7,8% - Crolla l’Anas, volano Fs e sanità (da “ Il Sole 24 Ore” del 6.1.02) Tira aria di grandi opere in Italia, prima ancora del decollo del “ piano Lunardi” , Il mercato dei lavori pubblici del 2001 è stato infatti trainato dai maxibandi di importo superiore ai cento miliardi di lire (51.645.690 euro) che hanno totalizzato un importo messo in gara di 10.251 miliardi di lire (5.294 milioni di euro) con una crescita del 71% rispetto al 2001. Un vero e proprio boom che ha prodotto da solo un incremento dell’intero mercato del 7,8%, da 19.442 a 20.952 milioni di euro: tutte le altre fasce di mercato vale a dire le opere piccolissime, piccole e medie - ristagnano o registrano cali anche sensibili. I dati sulle gare dei lavori pubblici dell’Osservatorio Cresme-Sole 24 Ore confermano da
Una Scultura di luce resuscita le Twin Towers. L’ultima tendenza e il lighting design (da “ la Repubblica” del 28.12.02) Può una luce restituirci Twin Towers? La domanda non è poetica ma tecnica, e chiama in causa un mestiere che negli ultimi anni, si sta ritagliando una fetta sempre più consistente dell’architettura e del design contemporanei. Anziché mattoni e cemento, ferro e vetro, oggi molti ponti e palazzi, chiese e mura, cattedrali e torri vengono per così dire “ costruiti” con il più pulviscolare dei materiali, la luce. Miliardi di fotoni, le particelle elementari che costituiscono l’energia luminosa, sono i colori e i pennelli, la squadra e il compasso del lighting designer, figura a metà tra l’architetto e l’artista, il progettista e il creativo che negli ultimi anni ha conquistato un ruolo centrale nei migliori studi di architettura internazionali. Catasto Invio online per le mappe catastali. Ma in mancanza della firma digitale gli elaborati andranno presentati anche su carta (da “ Il Sole 24 Ore” del 21.12.01) Le ultime disposizioni emanate col decreto Direttoriale 7 novembre 2001 dall’Agenzia del territorio, vengono a completare l’iter di informatizzazione dei programmi di conservazione dell’archivio catastale, rendendo fattibile la trasmissione per via telematica delle denunce al Catasto dei fabbricati e a quello dei terreni, da parte dei professionisti abilitati a operare nel settore. Il provvedimento consentirà la rappresentazione di elaborati grafici, su appositi modelli informatici inseriti nei programmi Docfa per i fabbricati e Pregeo per i terreni, che sostituiranno, a tutti gli effetti legali, gli attuali omologhi cartacei. Con la circolare n. 9 del 26 novembre 2001, l’agenzia del Territorio, in applicazione del decreto, illustra appunto il nuovo supporto Docfa.3, completamente rinnovato e semplificato rispetto al precedente, con tariffe catastali già espresse in euro, che contiene i nuovi modelli informatici sui quali dovranno essere rappresentate le planimetrie e gli elaborati tecnici ammessi anche provenienti da file dei professionisti, redatti con programmi Autocad o simili. Condono Costruzioni abusive sui terreni demaniali. Sanatoria edilizia. Il governo: una stupidata che bisogna cambiare (dal “ Corriere della Sera” del 2.1.02) “ Non l’ha fatta il governo. Èstata una stupidata e bisogna cambiarla” . Con
queste parole il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha definitivamente seppellito il condono edilizio per le costruzioni sui terreni demaniali spuntato a sorpresa nella legge finanziaria 2002. Il caso era scoppiato il 20 dicembre, dopo l’approvazione da parte della Camera, nella disattenzione generale, di un emendamento proposto da parlamentari siciliani del Ccd-Cdu che avrebbe esteso all’intero territorio nazionale le disposizioni previste da una piccola norma del 1992. La leggina in questione stabiliva il passaggio ai Comuni e ai privati di tutte le costruzioni abusive realizzate sul territorio demaniale dei Comuni in provincia di Como e di Bergamo, nonché di altri piccolissimi centri. Espropri Uffici espropri, proroga utile a tutti. Un’indagine campionaria tra i capoluoghi sullo slittamento a giugno 2002 del Testo Unico (da “ Il Sole 24 Ore” del 31.12.01) Molti contenziosi, qualche incognita, e un buon numero di uffici espropri pronti a operare con le nuove norme. In vista del Testo Unico di legge slittato a fine giugno 2002, le grandi città italiane si organizzano per affrontare il nuovo corso delle espropriazioni dei beni immobili, dai terreni agricoli ai manufatto privati. Nella maggior parte dei Comuni capoluogo di regione, escluse Napoli, l’Aquila Campobasso, è già stato istituito un ufficio (obbligatorio in base al testo unico) che avrà competenza sull’intera materia. Ma non tutti sono pronti, e tutti al centro-sud. È quanto emerge da una ricerca campionaria su 15 città capoluogo delle Regioni a statuto ordinario. Fisco Edilizia, Iva bassa per tutto il 2002. Estesa ai materiali la proroga delle agevolazioni di 12 mesi (da “ Italia Oggi” del 19.12.01) La Camera ha detto sì a numerosi articoli della manovra 2002 e tra l’altro alle modifiche che riguardano le fondazioni. Ma è stata dichiarata in parte inammissibile la proposta di cambiamento, presentata dall’esecutivo, che conteneva anche la riforma della sanità. È stata prorogata a tutto il 2002 l’Iva ridotta per l’edilizia e approvata una modifica che estende al giugno 2002 il termine per presentare la domanda di emersione prevista dalla nuova legge Tremonti. La nuova norma stabilisce che l’Irap da versare dopo l’emersione non sarà dovuta fino a che il reddito imponibile dichiarato non aumenterà. Infrastrutture Contestate le 250 opere individuate dal ministro. Maxi intesa Governo-Campania. L’Ance all’attacco del piano Lunardi (da “ Il Sole 24 Ore” del 19.12.01) L’Ance passa all’attacco frontale contro il piano delle grandi opere strategiche messe a punto dal ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi. “ Siamo esterefatti come categoria” , ha
detto il Presidente dell’Associazione, Claudio De Albertis, osservando che nel piano ci sono opere tutt’altro che strategiche, come la Paullese o la statale dei Monti Lepini tra Latina e Frosinone. “ Attraverso la legge - ha continuato De Albertis - si cambia il punto di incontro tra domanda e offerta: questo è un atto distruttivo, deflagrante per il settore” . L’Ance teme che le 250 opere contenute nel piano finiscano tutte alla riserva per i general contractor, creando una distorsione, insostenibile per le piccole e medie imprese, nel mercato dei lavori pubblici. E non bastano le rassicurazioni del viceministro alle infrastrutture, Ugo Martinat, secondo cui “ queste opere usufruiscono delle accelerazioni procedurali, ma potrebbero essere appaltate anche con i sistemi ordinari” Statistica Censimento, ancora proroghe: ”Finiremo entro metà gennaio”. A Milano e Roma è stato ritirato il 75% per cento dei moduli; Bologna è l’unica grande cità ad avere terminato (dal “ Corriere della Sera” del 23.12.01) Il censimento della popolazione italiana procede a scartamento ridotto, sfondando una dopo l’altra le scadenze indicate dall’Istituto nazionale di statistica. La fase del ritiro dei moduli doveva essere completata entro l’11 novembre, poi è stata prorogata al 30 dicembre, ma la macchina organizzativa si è inceppata. Facile prevedere che ci vorrà almeno un altro mese. La fotografia statistica del paese rischia di arrivarci ingiallita. Esiamo solo alla prima fase del censimento. La seconda, con scadenza 5 maggio, consiste nella revisione ed informatizzazione dei dati: in pratica i Comuni devono confrontarli con quelli registrati all’anagrafe e immetterli nel computer. Terza fase, a cura dell’Istat, elaborazione e riordino dei dati prima della comunicazione al pubblico. Università Un futuro da architetti e comunicatori. Queste facoltà registrano il maggior incremento di matricole con il 50,9% e il 33,8% in più rispetto al 2000-01 (da “ Il Sole 24 Ore” del 24.12.01) Crescita di matricole alle facoltà di architettura, scienze della comunicazione, psicologia, lingue e lettere. Calo a sociologia (dovuto però a un diverso accorpamento di corsi di laurea), beni culturali e scienze statistiche. Questi i risultati più eclatanti del confronto tra il numero dei nuovi iscritti all’università del 2001-02 rispetto a quelli dello scorso anno. Il boom di architettura, passata da 9.131 neoiscritti, agli attuali 13.775 è senz’altro legato, oltre che all’effetto riforma, alle sue caratteristiche. Secondo Marino Folin, rettore dello Iuav di Venezia, la facoltà piace perché è forse l’unica che affianca decisamente studi scientifici e tecnici a studi umanistici. Inoltre la facoltà ha visto un proliferare di corsi legati - più che alla professione classica – al design, all’ambiente e al territorio.
a cura di Antonio Borghi M ilano e i professionisti Tra gli architetti milanesi si registra una radicale divergenza di vedute rispetto al termine “ professionista” . Alcuni lo usano in senso dispregiativo, in riferimento a quei settori del mestiere votati più al profitto che alla qualità, disposti a servire qualsiasi padrone pur di costruire ovvero speculare. Altri identificano con questo termine una qualità che conferisce all’architetto un ruolo determinante nel processo edilizio: la progettazione, ma anche coordinamento e la gestione degli aspetti urbanistici, architettonici, immobiliari e di allestimento degli interni di un edificio, in un predefinito programma di tempi e di spesa. A questo proposito segnaliamo una ampia recensione di Fulvio Irace del volume Milano. Un secolo di Architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca, pubblicato da Hoepli alla fine del 2001, che sorprendentemente è stato esaurito in poche settimane (si attende la ristampa). La recensione è uscita sul supplemento domenicale de “ Il Sole 24 Ore” dell’11 novembre col titolo Milano - Capitale lombarda in cerca d’identità, e testimonia lo sforzo del suo autore, come degli autori del libro, di alimentare il dibattito sulla cultura architettonica milanese senza scadere in semplificazioni e giudizi affrettati. “ Per le città come per le persone dietro gli anniversari si cela sempre l’angoscia di un bilancio e quando il traguardo dell’occasione coincide addirittura con il giro di un secolo la tentazione di guardarsi allo specchio può offrire l’opportunità di verificare un’identità smarrita nella vaghezza di un ricordo, offuscata dall’usura degli anni. Se dunque anche le cifre esprimono un senso, con le quasi 700 immagini per 300 edifici tra i più significativi costruiti tra il 1900 e il 1999, questa guida di Milano si presenta con tutte le caratteristiche di un’opera rigorosa e duratura che, nonostante l’inevitabile filtro di una personale selezione, solleva riflessioni aspre e spigolose, basate sulla misurabile oggettività di ‘pietre’ che non lasciano certo spazio a celebrative nostalgie d’antan. Nel panorama delle città italiane a Milano è riservato l’ingrato ruolo di capitale economica, di centro motore di una cultura industriale raccolta intorno ad un pragmatismo dell’utile assai poco incline al culto della storia o alla beatificazione della natura. Giusto o errato che sia, questo pregiudizio rafforza la centralità dell’architettura come chance di modellare artificialmente un paesaggio sprovvisto di quel glamour geologico e territoriale che ha fatto la fortuna turistica del golfo di Napoli o dei colli di Roma, della conca di Palermo o della laguna di Venezia. Habitat congeniale per capitani d’industria o avanguardisti capaci di sublimarne persino i crudi cantieri delle nude periferie, la ‘città che sale’ celebrata da Boccioni si affaccia alle soglie del XX secolo con un’ansia bruciante di modernità, spargendo a piene mani le ceneri di questo fuoco lungo stra-
de, piazze e quartieri di un centro alla conquista di sempre più vasti territori. Qui si celebra il gran falò delle vanità artistiche del secolo - futurismo, novecentismo, razionalismo, internazionalismo, eccetera - e qui l’architettura è investita di un compito che per la sua intensità ha pochi riscontri con il destino di altre grandi città in Italia e forse in Europa. Città architettonica per eccellenza, la nuova Milano affida il suo richiamo alle sirene, generose o compiacenti del costruire, chiedendo loro di fermare il volto del progresso nelle icone di pietra delle sue grandi case, dei suoi funzionali palaz-
sto di Mazza e Gramigna contiene, nei modi impliciti della sua selezione, una critica di fondo rivolta agli architetti non meno che al più vasto popolo della società civile: se l’architettura esprime il grado più visibile dello stato di salute di una società urbana, il suo malessere riguarda solo i suoi addetti ai lavori o è un sintomo di una committenza che non sa richiedere, di un’istituzione che non sa guidare? Se la città liberty o la città novecentista hanno condizionato in una maniera tanto pervasiva e duratura l’immagine attuale di Milano, perché una compilation di architet-
sionisti’, termine che nel lessico degli architetti ‘colti’ e accademici definisce coloro che costruiscono molto, e studiano e pensano poco. Un paio d’anni fa un librone Skira curato da Cino Zucchi, Francesca Cadeo e Monica Lattuada ha finalmente risarcito il lavoro di Asnago e Vender, smontando luoghi comuni e false contrapposizioni. Sfogliando il volume e, ancor di più, osservando le loro architetture quando le incontriamo sui nostri passi, non viene tanto da negare la loro natura di ‘professionisti’, di costruttori di case - ‘palazzinari’ se vogliamo - ma piuttosto da rilevare con quanta coscien-
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zi, delle innumerevoli cattedrali del commercio, della fede o dei mercati. Facendo centro sulla cityplasmata dalla chirurgia ottocentesca del piano dell’ingegner Beruto, Giuliana Gramigna e Sergio Mazza hanno dunque tracciato il cerchio di un secolo di storia urbana, fissando con foto e con schede l’identikit di una metropoli che cambia pelle come un serpente ai cambi di stagione. Scandendo il metronomo convenzionale dei decenni (ma mai come in questo caso il calendario del tempo appare sfalsato rispetto a quello dell’architettura) hanno dunque ricostruito l’impalcato scheletrico che sta dietro all’affresco dell’immagine urbana, sgranandone i pixel nei fotogrammi staccati dei suoi tanti tasselli di qualità: il vento capriccioso della primavera liberty che increspa di foglie e di ghirlande le facciate; i tripudi dell’estate eclettica che gonfia le superfici di escrescenze organiche, maturando su portali e cornicioni panoplie cementizie di frutti e di putti alati; la spigolosa ironia decò e l’ora metafisica dell’autunno novecentista; il rigore funzionalista e i risvegli dell’estro creativo nel clima internazionale del secondo dopoguerra. Èforse un caso che dai settanta edifici di inizio secolo e dai circa cento del ventennio fascista prima e della ricostruzione poi, l’elenco registri il progressivo decalage degli anni duri del professionismo degli anni ‘70 sino alla inconsistente miseria degli ultimi due decenni che, assieme, non assommano a più di una cinquantina di fabbriche di un qualche minimo interesse? Costruito secondo il canone letterario del baedeker storico-turistico, il rege-
tura degli anni ‘80 e ‘90 assomiglia ai modi di un’antologia di pagine sparse più che ai capitoli di un romanzo a puntate? Se degli anni impetuosi del boom conosciamo a memoria solo le punte emergenti, la guida ci fa toccare con mano il brulichio intellettuale di una classe professionale giovane e appassionata, capaci di costruire vivibili brani di modernità senza trascurare l’impegno nella promozione culturale, dai mass media alla Triennale. Forse è proprio di questi anonimi ‘master builders’ e dei loro lucidi committenti che la città policentrica del 2000 ha ancora bisogno: a essi, a tutti noi, è rivolto l’implicito appello di questa guida, utile per non perdersi nel passato, preziosa per non smarrirsi nel presente.” Sul tema degli “ anonimi” professionisti milanesi si sofferma anche Giacomo Borella parlandoci di un altro buon libro di architettura in un sopralluogo metropolitano uscito sul “ Corriere” lo scorso 9 dicembre, intitolato Elogio (e rimpianto) dei “professionisti” . “ Tra i non architetti ben pochi conoscono i nomi di Mario Asnago e Claudio Vender, ma le immagini delle molte case, che hanno progettato a Milano nel corso della loro lunga carriera - dagli anni Trenta ai primi Settanta - fanno parte del paesaggio quotidiano dei milanesi. Asnago e Vender hanno sempre occupato una posizione defilata nel panorama dell’architettura italiana, la critica e la storiografia hanno dedicato loro poche righe in tutto: sono sempre stati considerati in fondo dei ‘profes-
za, serietà e maestria la abbiano assunta e interpretata. Averne oggi, di palazzinari così! Vediamo che per loro ogni casa da progettare, ogni sparuta o ricca palazzina, ogni elegante o periferico condominio era oggetto della stessa cura e immaginazione: il complesso XXI Aprile in via Lanzone 4 (trasformato in clinica da Antonioni in La notte), la casa di viale Tunisia 50, i quattro alti edifici che costruiscono una buona porzione di isolato fra via Paolo da Cannobbio (n. 33), via Albricci (n. 8 e 10), piazza Velasca (n. 4), sono tra i loro edifici milanesi più famosi. Ma la stessa grazia e misura hanno le costruzioni minori, le fabbriche costruite in periferia, la casina verde in via Salasco (con lo zoccolo in piastrelle di quel gres rosso che normalmente si usava per i pavimenti dei magazzini, e il povero fibrocemento ondulato del tetto), la cascina di Torrevecchia Pia o la tarda chiesa di Sant’Angelo a Rozzano. Marmi bianchi, finestre di alluminio o lastre di Eternit, tutti gli elementi erano nobilitati dalla presenza costante della loro intelligenza, e del loro impegno al tavolo da disegno e in cantiere. La loro era un’architettura di piccole ‘rivoluzioni molecolari’, agite senza prosopopea all’interno di tipi edilizi convenzionali: le finestre slittavano leggermente dagli allineamenti o sporgevano in fuori, i tetti si allungavano o si torcevano, i ritmi e le partizioni dei materiali erano sincopati, le facciate scavate e attraversate dall’aria. Un vento poetico scombussolava l’estetica geometrie e condominiale. Come sarebbe bello se quel vento ritornasse!”
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Riletture
Libri,riviste e media a cura della Redazione
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Rassegna di Giulia Miele Fulvio Irace Dimenticare Vitruvio. Temi, figure e paesaggi dell’architettura contemporanea Il Sole 24 Ore, Milano, 2001 pp. 280, € 14,98 Patrizia Bonifazio, Paolo Scrivano Olivetti costruisce. Architettura moderna a Ivrea Skira, Milano, 2001 pp. 184, € 20,00 Giacomo Pirazzoli, Andrea Aleardi (a cura di) Giovanni Michelucci. L’ultima lezione Fondazione Michelucci, Fiesole, 2001 pp. 80, € 10,00 Gilberto Oneto Manuale di architettura del paesaggio Alinea, Firenze, 2001 pp. 232, € 42,00 Letizia Galli (a cura di) Dialoghi con la materia dell’architettura. Dieci anni della Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti Unicopli, Milano, 2001 pp. 528, € 20,66 Aldo Areddu, Daniele Sterrantino Le controversie nei lavori pubblici Maggioli, Sant’Arcangelo di Romagna, 2001 pp. 286, € 30,99 Giorgio Giulio Moro Spirit of Milano Emiliani, Milano, 2001 pp. 136, € 33,57 Adela Buratti Mazzotta, Gian Luigi Daccò (a cura di) Le fortificazioni di Lecco. Origini di una città Electa, Milano, 2001 pp. 162, € 32,00
Christopher Dresser: designer e artigiano
La Toscana del Novecento
Verso una nuova via per l’urbanistica
Christopher Dresser nasce a Glasgow nel 1834, lo stesso anno di William Morris. Nel 1851, anno della Great Exhibition of the Works of Industry of all Nation, hanno entrambi 17 anni. Il trentennio compreso tra la costruzione del Crystal Palace (Joseph Paxton, 1851) e la costituzione dell’Art Workers Guild nel 1884, avvenuta sotto l’influenza di William Morris e dell’Arts and Crafts Movement è segnato dal dibattito sulla definizione del ruolo del designer, si divide tra la fiducia verso lo sviluppo industriale e la reazione a quella rivoluzione e si conclude con la celebrazione dell’estetica artigianale contro i prodotti seriali della macchina. La mostra e il catalogo raccontano con passione l’ambiente sociale e culturale del periodo durante il quale Dresser costruisce la sua intensa attività di designer, è artefice del suo successo e assiste al suo declino. Per Dresser il progetto di oggetti d’uso e d’arte decorativa prodotti in serie sono prima di tutto il veicolo con cui promuovere la sua idea di design e di abitare, secondo la quale anche il più semplice accessorio di arredamento è espressione di una forma d’arte. Firma gli oggetti con la scritta Dr Dresser’s Design e “ certifica la qualità artistica” dei prodotti in vendita presso l’Art Furnishers’ Alliance. I progetti di decori per tessuti, tappezzerie e tappetti, e di ceramiche, argenti, vetri, oggetti in rame, ottone e metallo dipinto, e infine di mobili e arredi, esposti e ben riprodotti sul catalogo, descrivono non solo il lavoro di un progettista ma soprattutto lo stato delle arti e della produzione in serie di oggetti d’uso quotidiano in seguito alla rivoluzione industriale. L’omaggio a Dresser da parte della Triennale di Milano evidenzia la modernità del personaggio e l’attualità della dialettica tra due atteggiamenti del progetto: il disegno del prodotto industriale e l’artigianato artistico.
Il Fabbricato Viaggiatori della Stazione di Santa Maria Novella a Firenze ha ospitato fino al 17 febbraio la mostra Architetture del Novecento. La Toscana. L’iniziativa, curata dalla Fondazione Michelucci nell’ambito della catalogazione delle “ Testimonianze dell’architettura del Novecento in Toscana” è promossa dalla Regione Toscana. Il catalogo raccoglie saggi critici sui temi dell’architettura del secolo scorso ed approfondimenti su figure chiave quali Michelucci, Detti, Ricci e Savioli, sulle avanguardie degli anni Sessanta e Settanta e sul panorama contemporaneo. I testi sono corredati da un ampio atlante fotografico che ritroviamo ad illustrazione delle 286 schede raccolte in un pratico Cd-Rom con esaustivi apparati bibliografici. La scheda base è stata messa a punto sulla base della scheda di catalogo del Ministero dei beni culturali, integrata ed arricchita di informazioni riguardo l’iter progettuale, le trasformazioni e gli apparati decorativi, gli elementi di arredo fissi e mobili di ogni opera ovvero tutte le informazioni che possano essere di supporto al progettista chiamato ad intervenire su quell’edificio. Il catalogo comprende opere di Aymonino, Baroni, Bosio, Brizzi, Cardini, Carmassi, Coppedè, De Carlo, Detti, Dezzi Bardeschi, Fagnoni, Gamberini, Gori, Magris, Marchi, Mazzoni, Michelazzi, Michelucci, Muratori, Natalini, Nervi, Piacentini, Porcinai, Portoghesi, Quadroni, Ricci, Ridolfi, Sacchi, Santi, Savioli, Sica, Sottsass, Spadolini, Toraldo di Francia, Zacchiroli, Zermani e diversi altri. Oltre a proporsi come supporto per gli studiosi ed i progettisti, questa pubblicazione mira alla ricostruzione di un repertorio dell’immagine contemporanea delle nostre città e dei paesaggi italiani, esercitando una doverosa sollecitazione alla tutela del patrimonio dell’architettura moderna e contemporanea.
La storia dell’urbanistica in Italia può coincidere prevalentemente con la storia dell’intreccio tra potere politico e regime immobiliare. Dall’unità d’Italia ad oggi, il peso della rendita fondiaria è stato esercitato in modo preponderante ed ha determinato lo sviluppo delle città e le trasformazioni del territorio. I risultati di questa egemonia si possono leggere negli “ squilibri territoriali” prodottisi sul suolo nazionale, vale a dire la concentrazione delle funzioni “ ricche” in certe aree e l’abbandono e la marginalizzazione di altre, come quelle agricole o montane. Nelle nostre città il tessuto urbano viene disegnato dagli interessi economici legati ai terreni con carattere di centralità, vicinanza ai servizi e attrezzature pubbliche, accessibilità, presenza di valenze monumentali o paesaggistiche. Nelle periferie vengono relegate l’edilizia popolare, le funzioni produttive e industriali. Urge ormai trovare una soluzione ai gravi problemi che impediscono il determinarsi di uno sviluppo urbano compatibile con la salvaguardia dell’ambiente. L’urbanistica italiana si trova a dover rispondere a questi problemi, in presenza di un sistema legislativo ora arretrato, ora innovativo ma che “ poi finisce per insabbiare gli elementi positivi nella pratica e nella gestione quotidiana” . Recentemente si è preferito sostituire “ la qualità del progetto” alla complessità dei piani urbanistici nel dirigere la trasformazione dei centri cittadini. Da questa fase di crisi degli strumenti urbanistici tradizionali, l’urbanistica non esce sconfitta ma si ripropone di rinnovare i vecchi contenuti, ad esempio puntando sull’incontro tra piano e progetto. Il metodo è quello di prevedere gli effetti della pianificazione utilizzando gli strumenti della progettazione e il disegno urbano come verifica delle ipotesi di piano. In questo modo il progetto non è in alternativa alla pianificazione ma strettamente connaturato ad essa.
Elisabetta Gonzo + Alessandro Vicari
Michael Whiteway Christopher Dresser 1834-1904 Skira Editore, Milano, 2001 pp. 208, € 49,06
Antonio Borghi
Ezio Godoli (a cura di) Architetture del Novecento. La Toscana Regione Toscana - Dipartimento delle politiche formative e dei beni culturali, Fondazione Michelucci Polistampa, Firenze, 2001 pp. 342, € 39,00
Manuela Oglialoro
Antonello Boatti L’urbanistica tra piano e progetto Franco Angeli, Milano, 2001 pp. 187, € 15,49
Accessibilità e sicurezza sul lavoro
Tèchne, tecnica, tecnologia
Guido Canella: un lombardo in rivolta
Due nuovi libri in forma di “ Quaderno” offrono, a distanza di quasi 50 anni dai fondamentali primi lavori di ricerca del lecchese Cereghini, la possibilità di una trattazione sistematica delle numerose esperienze d’architettura italiana in ambito montanoalpino. Attraverso un’indagine lungo tutto il ‘900, Luciano Bolzoni illustra numerosi progetti e realizzazioni di rilievo storico, scientifico e tecnico, seguendo una sequenza strettamente cronologica e una classificazione per tipi (ville e case unifamiliari, alberghi, rifugi, condomini montani, centrali e impianti idroelettrici, stazioni di funivie, chiese e cappelle). La raccolta (due volumi) permette di comprendere da un lato la problematica trasformazione dei naturali luoghi montani in luoghi fortemente urbanizzati dalla costruzione dell’offerta turistica di massa, dall’altro lato offre un ampio panorama delle differenti modalità d’approccio al tema del costruire in contesti caratterizzati da tradizioni secolari radicate in una natura forte e difficile. L’autore propone, schedando puntualmente la storia di tanti edifici, una visione d’insieme del fenomeno sociale ed economico della scoperta dell’abitare i luoghi montani, ma evidenzia anche, forse con poca convinzione, l’evoluzione dell’approccio al tema costruttivo in tali contesti ambientali. Dal primo volume emerge un atteggiamento progettuale degli architetti positivo e un “ leggero” rapporto con la tradizione, mentre le esperienze documentate nel volume II (dagli anni ’60 in poi) documentano una maggiore consapevolezza del progetto nei confronti soprattutto delle difficili tematiche ambientali. Resta quindi da chiedersi, vista l’irrefrenabile omologazione culturale del territorio montano italiano alle peggiori pratiche urbane, quale senso possa ancora avere oggi la ricerca di un’esclusiva architettura di montagna.
La conformità dei luoghi di lavoro, dettata da parametri normativi, non sempre è garanzia di qualità dello spazio e, ancora di più, di qualità della vita di chi vive e occupa tale spazio. È comunque vero che la presenza di strumenti a supporto del progetto risulta essere indispensabile per il controllo e la verifica delle scelte progettuali identificate. Gli autori delineano, in modo completo e aggiornato, il quadro legislativo di riferimento per la verifica e il controllo del progetto degli ambienti destinati ad accogliere le attività lavorative (ambienti “ aperti a tutti” ), secondo due requisiti primari: la sicurezza e l’accessibilità. Lo scopo è quello di fornire, attraverso delle chiavi di lettura specifiche (una sorta di identificazione di temi progettuali ricorrenti nella pratica professionale), un supporto pratico all’attività di messa a punto della soluzione progettuale da parte del progettista. Le misure di sicurezza contro l’innesco e la propagazione dell’incendio, le misure per il movimento e l’esodo delle persone, per lo spegnimento degli incendi, per la segnalazione e l’allarme, le misure per la sicurezza dei soccorritori e, infine, le misure per l’accessibilità e più in generale per la comodità d’uso (indicazioni relative alla distribuzione e al dimensionamento degli ambienti, alle caratteristiche degli elementi edilizi e ai dimensionamenti e alle caratteristiche delle attrezzature e della segnaletica di sicurezza), sono i temi che vengono trattati, in modo puntuale, nel manuale.
Sesto volume della collana “ Tecnologie e progetto” , il testo di Guido Nardi riporta l’attenzione su un tema da tempo al centro del dibattito contemporaneo, ovvero il rapporto tra architettura e tecnica, nel momento in cui vengono messi in discussione i termini stessi della corrispondenza. Da un lato l’architettura, oggi disorientata di fronte all’obsolescenza delle categorie, metodi e strumenti che la tradizione le ha consegnato, dall’altro le tecniche costruttive, messe a dura prova dall’avanzare di un processo innovativo e globalizzante che tende a delegare ad una gestione esclusivamente menageriale il processo di costruzione stesso dell’architettura. Le conseguenze sono evidenti sul fronte del progetto, spesso limitato ad una funzione subalterna e provvisoria rispetto all’intero ciclo di produzione, che sembra non solo privilegiare la settorializzazione delle competenze, ma anche quegli aspetti garanti di un successo immediato del prodotto e di una sua diffusione istantanea nel mercato. Di qui l’importanza di riconsegnare al progetto un ruolo “ centrale” nel processo di costruzione, sia nelle sue componenti fisiche e tipologiche, sia nelle sue necessarie implicazioni tecniche, oggi principalmente coinvolte in un operare che vede la stretta coincidenza tra “ pratica” e “ teoria” dell’architettura. In questo senso il saggio dell’autore propone un’interpretazione aggiornata dei concetti di tecnica e tecnologia che, partendo dall’esplorazione teorica delle categorie, ne ridefinisce gli attuali contorni disciplinari individuando alcuni “ spostamenti” significativi nella storia dell’architettura. Ne deriva un percorso articolato assai stimolante, che sullo sfondo della dialettica tra tradizione e innovazione, ricostruisce i confini di una competenza specifica che ha un ruolo di primo piano nella composizione architettonica, ben oltre improbabili riduzioni formaliste o enfatizzazioni meccaniciste.
Nel famoso convegno sull’eredità di Terragni, tenuto a Como nel 1968 sotto la prudente regia di Bruno Zevi, Guido Canella contestava l’interesse esclusivo per l’eredità dei “ martiri” Terragni, Pagano e Persico opponendo il “ confronto diretto tra un Terragni e un Muzio, tra un Pagano e un De Finetti, tra un Gardella e un Fiocchi” , cioè quella sottile trama tutta lombarda che ha lasciato un segno ben riconoscibile nella vicenda architettonica italiana del Novecento. Di questa “ linea lombarda” , che affonda le sue radici nell’architettura romantica dell’Ottocento ma ancora attende una approfondita riflessione sul piano storiografico, Canella è oggi uno dei protagonisti. A partire dalla fine degli anni Cinquanta l’architetto milanese ha percorso infatti un itinerario di ricerca volto a precisare un “ ruolo per l’architettura” sia sul piano dell’impegno civile e culturale, sia su quello della reale capacità di orientare lo sviluppo del territorio. Ma, a differenza dei suoi maestri, che costruivano prevalentemente l’immagine di una Milano moderna e borghese, egli ha scelto di recitare nella “ drammaturgia dell’hinterland” , realizzando le figurazioni architettoniche di una difficile socialità metropolitana. Dalla redazione della “ Casabellacontinuità” di Rogers alla direzione di “ Hinterland” e di “ Zodiac” , dal lavoro nella scuola ai progetti realizzati o rimasti sulla carta, il percorso espressivo di Canella ha definito i contorni di una “ architettura della conoscenza” densa di raffinate memorie storiche e saldamente connessa ai caratteri del territorio. I suoi “ castelli d’Italia” , come scrive Enrico Bordogna nei due saggi che presentano le opere pubblicate in questo volume, contengono il segreto religioso di un lombardo in rivolta contro l’architettura senza scienza e senza poesia.
Guya Bertelli
Federico Bucci
Guido Nardi Tecnologie dell’architettura. Teorie e storia Libreria Clup, Milano, 2001 pp. 115, € 6,71
Enrico Bordogna Guido Canella. Opere e progetti Electa, Milano, 2001 pp. 224, € 49,06
Tiziana Poli
Fabio Della Torre
Luciano Bolzoni Architettura moderna nelle Alpi italiane. Dal 1900 alla fine degli anni Cinquanta in “ Quaderni di Cultura Alpina” n. 72, € 23,24; Dagli anni Sessanta alla fine del XX secolo in “ Quaderni...” n. 73, € 19,63
Marsella Stefano, Mirabelli Paolo Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro. M anuale per la progettazione degli uffici e dei locali aperti al pubblico Il Sole 24 Ore, Milano, 2001 pp. 278, € 29,95
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Informazione
Costruire in montagna
Internet a cura di Annette Tosto
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Infrastrutture, opere pubbliche e territorio
Informazione
w w w.infrastrutturetrasporti.it Il sito è in fase di definizione per riunire i contenuti web degli ex Ministeri dei Lavori pubblici e dei Trasporti e navigazione. Oltre alle comunicazioni riguardanti il Minist ero (at t ivit à svolt e e in programmazione, notizie in primo piano, rassegna stampa), il sito contiene alcune sezioni di approfondimento relative ai due settori d riferimento. Per quanto riguarda i lavori pubblici è utile consultare l’elenco dei bandi e concorsi, i Programmi Europei, l’area Normativa. Quest’ultima consente di scaricare il testo della Legge Merloni con il regolamento di attuazione e le modifiche successive, il Regolamento di qualificazione imprese, il Decreto Organizzazione Ispettorato Generale per i Contratti ed altre norme suddivise per tipologie. Tra i servizi all’utenza il sito offre un forum di discussione sulla legge 109/94 e il collegamento all’Archivio Nazionale dei Piani Regolat ori realizzat o da DI.CO.TER e Triennale RAPu. Infine, nell’area Studi e Ricerche sono raccolti i dati su convegni e iniziative realizzati dalla Direzione Generale Aree Urbane e Edilizia Residenziale, sulla Conferenza nazionale sui Lavori Pubblici e su quella dedicata al problema delle periferie delle aree metropolitane.
w w w. regione.lombardia.it Il portale della Regione Lombardia comprende una serie di siti tematici, accessibili dalla home page alla voce La Regione sul territorio. Selezionando l’icona intitolata Opere pubbliche è possibile trovare approfondimenti riguardanti il settore suddivisi nelle seguenti aree: barriere architettoniche, prezzario, sicurezza nei cantieri, espropriazione di immobili, bandi di gara LL.PP., osservatorio LL.PP., linee elettriche. L’Osservatorio Regionale sui Lavori Pubblici è uno strumento di ana-
lisi e programmazione a supporto della realtà locali. La struttura opera dal 1999 monitorando in maniera puntuale la situazione dei grandi appalti (dati di progetto e finanziamento, aggiudicazione, inizio lavori, stati di avanzamento, varianti, ultimazione e collaudo tecnico, importi finali). L’elaborazione dei dati sulle opere pubbliche appaltate nell’anno 2000 ha prodotto un documento di sintesi che costituisce il primo passo verso la realizzazione del progetto di banca dati riferita al territorio lombardo. Dallo stesso menu di navigazione principale ci si può collegare alle pagine del S.I.L.V.I.A, il Sistema Informativo Lombardo per la Valu-
tazione di Impatto Ambientale. Il sito introduce l’argomento attraverso delle schede informative su cos’è la V.I.A., sulla sua collocazione nel quadro legislativo nazionale e sulle caratteristiche di ambito regionale, con una rappresentazione grafica schematica delle diverse fasi procedurali. La sezione Normativa contiene una raccolta della normativa comunitaria, nazionale e regionale riguardante la valutazione di impatto ambientale. La selezione dei documenti può essere effettuata dall’elenco cronologico dei provvedimenti oppure tramite una ricerca libera e per parole chiave. Con le stesse modalità nell’area Giurisprudenza è possibile visua-
lizzare una sintesi delle sentenze e dei provvedimenti della magistratura inerenti il tema. Il sito offre poi una selezione di altri riferimenti alla V.I.A. presenti sul web. Infine la sezione Guide propone la consultazione di due pubblicazioni della Regione Lombardia: il Manuale per la Valutazione di Impatto Ambientale del 1994, che fornisce le indicazioni per identificare, stimare e valutare gli effetti di un’opera sull’ambiente e la Nuova Valutazione di Impatto Ambientale, contenente una raccolta dei provvedimenti concernenti l’applicazione della V.I.A. in Lombardia. Per informazioni l’indirizzo e-mail di riferimento è ufficio.via@regione.lombardia.it.
Forme e geometrie del corpo
a cura di Ilario Boniello, Martina Landsberger, Carlo Ravagnati
Achille Funi 1890-1972. L’artista e Milano Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 15 dicembre 2001 - 24 febbraio 2002
Rassegna mostre
Rassegna seminari
Jean Nouvel. Produzione Centre Pompidou Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 21 marzo - 2 giugno 2002
I pomeriggi in San Barnaba: La città e i suoi simboli. Architettura e Architettura Brescia, Auditorium San Barnaba, p.zza A. Benedetti Michelangeli Ordine degli Architetti di Brescia: Ciclo di incontri (ore 18.00) 9 aprile: M. Fuksas intervistato da M. Casamonti; 16 aprile: O. Bohigas intervistato da B. Albrecht; 23 aprile: L. Snozzi intervistato da G. Bertolazzi; 30 aprile: L. Benevolo intervistato da G. Vragnaz; 7 maggio: F. Purini intervistato da G. Contessi; 14 maggio: V. Gregotti intervistato da F. Maffeis; 21 maggio: M. Robain intervistato da P. Ventura; 24 maggio: G. Canali intervistato da G. Capretti; 31 maggio: G. Valle intervistato da P.A. Croset. tel. 030 3751883
Nomad. I luoghi della futuribilità presente Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 7 marzo - 28 aprile 2002 Angelo Mangiarotti. Architettura, design, scultura Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 25 gennaio - 17 aprile 2002 La primavera del Vignola Vignola, Palazzo Boncompagni 30 marzo - 7 luglio 2002 www.fondazionecrv.it/new/default.htm Disegni di Architettura Italiana dal dopoguerra ad oggi Prato, Scuderie Medicee di Poggio a Caiano via Cancellieri 4 9 febbraio - 1 aprile 2002 tel. 055 87011 Roma 1948-1959. Arte, cronaca e cultura dal Neorealismo alla Dolce vita Roma, Palazzo delle Esposizioni via Nazionale 194 30 gennaio - 27 maggio 2002 www.palaexpo.com
Tipologie architettoniche e interni urbani multiscala e multifunzionali Politecnico di Milano Corso del XVII ciclo del Dottorato di ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana marzo-ottobre 2002 direttore: Ernesto D’Alfonso inf ormazione: ant onella-contin@libero.it
Marcello D’Olivo (1921- 1991). Architettura e arte Udine, Galleria d’arte moderna Chiesa di San Francesco 18 gennaio - 28 aprile 2002 www.comune.udine.it
Breraincontra Milano, via Brera 28 10 aprile: Capodimonte da Reggia a Museo (rel. N. Spinosa); 15 maggio: Il nuovo ordinamento museale della National Gallery (rel. N. Mac Gregor); 12 giugno: Il restauro, il riallestimento e il progetto di allestimento esterno del Museo del Prado (rel. R. Moneo)
La città borghese. Milano 1880-1968 Milano, Palazzo dell’Arengario piazza Duomo 1 febbraio - 21 aprile 2002 www.museidelcentro.mi.it
Corso di tecnico del verde Milano, Civica scuola di arte e messaggio del Castello Sforzesco Durata biennale tel. 02 875852
Rouault: il circo, la guerra, la speranza Milano, Palazzo delle Stelline corso Magenta 3 dal 16 marzo 2002
Paesaggisti europei Milano, Museo Civico di Storia Naturale corso Venezia 55 4 aprile: Henri Bava; 9 maggio: João Ferreira Nunes; 6 giugno: Gabriele Kiefer tel. 02 88463280
La collezione Rau Bergamo, Accademia Carrara 31 gennaio - 1 maggio 2002 Catalani a Parigi Brescia, Palazzo Martinengo via Musei 30 10 febbraio - 12 maggio 2002 www.bresciamostre.it
Solarexpo. Mostra e convegno internazionale sulle energie rinnovabili e alternative Verona, Fiera e Centro Congressi 23-26 maggio 2002 tel. 0439 849855
“ Quando avrete imparato l’anatomia del corpo umano, avrete imparato la geometria della vita” (Achille Funi) Il percorso espositivo della mostra dedicata al pittore ferrarese adottato da Milano Achille Funi si apre con una sala che raccoglie gli autoritratti, quasi a presentare al visitatore la “ figura” dell’autore. Funi, infatti, lungo tutto l’arco della sua attività, ha più volte sottoposto la propria effigie alla tecnica pittorica che stava sviluppando. Si tratta di una costante originale nell’attività di un pittore che rivela una sorta di volontà di provare la propria pittura prima su se stesso, sul proprio corpo, una prova che indaga una doppia evoluzione: la progressiva maturità del soggetto e la progressiva ricerca delle geometrie del corpo. Una prova che avviene nel suo doppio significato di tentativo e di verifica. Se è vero che, ricordando Luigi Pareyson, l’arte prosegue per via di tentativi, nella pittura di Funi questo principio trova un campo di applicazione privilegiato. Infatti, “ il corpo soprattutto è, per Funi, il soggetto fondamentale. Nessuno, nel Novecento, ha la sua stessa ossessione” scrive Elena Pontiggia nel saggio pubblicato nel catalogo della mostra, edito dalle Edizioni Gabriele Mazzotta. Un corpo indagato esclusivamente per i suoi formali e per la possibilità di essere riprodotto all’interno di una ricerca sulla tecnica pittorica. È significativo, da questo punto di vista, impiegare la pri-
ma sala della mostra quale legenda di tutto il percorso espositivo. Tornare con l’occhio all’autoritratto coevo delle altre opere esposte permette di rintracciare la ricerca sulle forme e sulle geometrie del corpo, di rilevare le differenze che nel tempo si producono, ma anche di riconoscere alcuni aspetti di continuità. Se le differenze sono legate principalmente al rapporto che sulla tela di Funi si instaura tra il disegno, una traccia nera sottile che sagoma le figure e col tempo finisce per scomparire, e il colore che tornisce ogni forma e che ha il suo apice nella pittura murale dalle figure di enormi dimensioni, la continuità è rappresentata da una concezione isotropa dello spazio, uno spazio profondo ma sempre delimitato, concluso. Uno spazio che l’intelletto facilmente comprende e misura. In questo egli stesso ricorda il debito verso la pittura del Foppa e di Leonardo, e non appare interessato alle complessità spaziali di Piero della Francesca. Nemmeno nel momento, seppur breve, di adesione al futurismo di Nuove Tendenze Funi scompone lo spazio, la sua descrizione e la sua percezione. Carlo Ravagnati
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Mostre e seminari
Europa, città diffusa USE. Dentro la città Europa Milano, Palazzo della Triennale 16 gennaio - 31 marzo 2002
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USE (Uncertain States of Europe) è un programma di ricerca sull’Europa contemporanea avviato in occasione della mostra “ Mutations” a Bordeaux nel novembre 2000 da Multiplicity. L’agenzia di ricerca Multiplicity si occupa dell’osservazione della condizione urbana e, attraverso il coordinamento di architetti, fotografi, filmaker e geografi sta indagando il territorio europeo e le sue città dal punto di vista particolare della sua complessità. “ Cosa è oggi l’Europa? Quale è il suo futuro? Dove finisce il suo territorio? Si può disegnare una mappa dell’Europa contemporanea? L’Europa è davvero ormai un’unica grande città? Quali sono i caratteri dell’identità europea? Questa città può diventare oggi un modello di convivenza civile?” Sono queste per Multiplicity alcune delle domande dalle quali partire e alle quali dare risposta passando attraverso lo studio dei fenomeni e dei processi, spesso inconsueti ed estranei all’architettura e all’urbanistica, che, secondo questo specifico punto di vista, risultano di enorme potenza e in grado di cambiare radicalmente la natura delle principali città europee. L’esposizione si presenta in questo contesto come installazione, come luogo “ inaugurale” , dove introdurre idee su cui sarebbe doveroso discutere, come evento di rapido consumo e di potente impatto dal punto di vista della comunicazione. Filmati e fotografie (di Gabriele Basilico, Francesco Jodice e altri giovani fotografi europei) mostrano delle storie, delle possibili immagini dell’Europa, fatte di nuove presunte forme di aggregazione e nuovi insoliti paesaggi sociali. Lo spazio espositivo messo a disposizione dalla Triennale di Milano è organizzato in modo da poter ospitare seminari e incontri sulle trasformazioni della condizione urbana europea che da fine gennaio sono in programma per undici settimane con i così detti profeti, protagonisti del
mondo della cultura e delle libere professioni, architetti, filosofi, sociologi e artisti. Uno spazio della mostra è adibito inoltre alla consultazione di più di 150 testi (libri, riviste e cataloghi) di genere diverso sulla città e sul territorio. Il tipo di ricerca, indiziaria, sulla condizione urbana presentata nella mostra è di difficile interpretazione se non collocata all’interno dello specifico filone di ricerca sul fenomeno della così detta “ città diffusa” ; in questo senso, per comprendere a pieno i termini della discussione sempre aperta sulla città e sulle sue possibile trasformazioni, appaiono più significative dell’esposizione le risposte che il gruppo Multiplicity dà alle domande ben poste nel pieghevole arancione in distribuzione all’interno della mostra. Esse risultano infatti utili per capire la direzione che questi studi stanno da tempo prendendo e il significato delle installazioni che propongono. Il lodevole sforzo, di queste numerose attività di ricerca, di indagine e di osservazione della complessità delle relazioni che agiscono e che hanno sempre agito sulla città pone d’altra parte alcune questioni sulle quali occorrerebbe soffermarsi e avviare nuove ricerche; quale sia il ruolo dell’architettura nella definizione e costruzione del territorio, quale sia allora il ruolo del progetto architettonico in questo particolare ambito e quali degli strumenti oggi a nostra disposizione si possano ritenere adeguati alla conoscenza e all’analisi del territorio per una sua possibile trasformazione sembrano essere le più evidenti. Francesca Scotti
L’arte del comporre Kurt Schwitters. Collages, dipinti e sculture 1914-1947 Milano, PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea 25 ottobre 2001 - 27 gennaio 2002 “ Prendo qualunque materiale, se il quadro lo richiede. Bilanciando fra loro materiali diversi ho un vantaggio rispetto alla pittura soltanto a olio, perché oltre a misurare colore con colore, linea con linea, forma con forma ecc., peso anche materiale con materiale, per esempio legno e tela di sacco” . “ La creazione artistica non conosce scopo. L’opera d’arte si forma soltanto a partire dai suoi mezzi. I mezzi dell’arte sono chiari. L’arte è esclusivamente equilibrio ottenuto attraverso la valutazione di tutte le parti” . In queste poche righe, pubblicate nel 1923, si concentra tutta la teoria artistica di Kurt Schwitters. In queste poche righe è, inoltre, possibile individuare una chiave di lettura “ architettonica” della mostra. I collages esposti, come pure le sculture o i quadri a olio possono essere letti come degli esercizi di composizione. Per Schwitters l’opera d’arte non è altro che un luogo dove si incontrano, si sovrappongono le cose più strane, quelle che non più utilizzate passano, per così dire, ad una seconda vita. Ma non si tratta di un procedimento casuale; esistono, devono esistere, delle leggi sulla base delle quali comporre i diversi materiali. È la geometria, sono i rapporti proporzionali a regolare la composizione; la geometria garantisce l’ordine, determina l’equilibrio delle parti necessario al conseguimento dell’armonia. In questo modo sono realizzati i collages, affastellando, su una base dipinta ad olio, parti di oggetti di
uso quotidiano, e allo stesso modo si costruisce il Merzbau, una sorta di grande totem costituito di oggetti aggiunti giorno per giorno ma mai casualmente. La ricerca di un principio d’ordine indispensabile al conseguimento dell’armonia non è un tema nuovo. Pensiamo a tutta la trattatistica dell’architettura classica che individua nel rapporto fra la larghezza della colonna e l’intercolumnio il diverso carattere degli ordini architettonici. Oppure ricordiamoci della definizione di bello “ come sistema di rapporti” formulata da Diderot nell’Encyclopédie. O riferiamoci a Gino Severini che, negli stessi anni in cui opera Schwitters, scrive: “ L’opera d’arte deve essere Euritmica; questo significa che ogni suo elemento deve essere legato al tutto tramite un rapporto costante che soddisfa certe leggi. Noi potremmo definire come viva questa armonia ottenuta tramite rapporti grafici: un equilibrio di relazioni. Questo equilibrio non è il risultato di una uguaglianza o della simmetria così come la si pensa oggi, ma al contrario il risultato di una relazione fra numeri o di proporzioni geometriche così come le intendevano gli antichi Greci” . La stessa ricerca operata in pittura negli anni Venti, viene intrapresa dai Maestri dell’architettura moderna: Perret, Le Corbusier, Mies van der Rohe, Wright, Kahn, solo per citarne alcuni. Porre ancora una volta l’accento sulla composizione, in questo credo stia l’utilità di una visita alle opere di Kurt Schwitters, perché “ Composizione è il concetto fondamentale della progettazione architettonica. È la pianta a determinare principalmente l’espressione esteriore di un edificio, però l’effetto esteriore, se privo del senso della composizione, può rimanere insignificante e privo di interesse” . Martina Landsberger
Piero Bottoni e Milano. Case, quartieri, paesaggi. 1926-1970 Milano, Liceo Artistico Statale Umberto Boccioni 3 dicembre 2001 - 15 gennaio 2002 Bottoni, Mucchi, Pucci: Progetto del Palazzo dell’Acqua e della Luce all’E42, 1939, con un bozzetto di Genni Wiegmann Milano, Liceo Artistico Statale Caravaggio 14 marzo - 7 aprile 2001 Il monumento-luogo. Cinque opre di P.B. per la Resistenza. Progetti e realizzazioni, 1954-1963 Milano, Liceo Artistico Statale I, Spazio Hajech 24 gennaio - 17 febbraio 2001 Archivio Piero Bottoni del Dip. di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano in collaborazione con i tre licei artistici milanesi Cataloghi a cura di Giancarlo Consonni, Lodovico Meneghetti e Graziella Tonon L’iniziativa della trilogia di mostre sull’opera di Bottoni è una delle poche che metta in collegamento il quadro delle testimonianze dell’architettura milanese con le scuole d’arte. Si è provato così a riallacciare quei legami fra esposizioni, scuole e Politecnico che caratterizzano la storia e la tradizione moderna milanese delle arti applicate. Tradizione che proprio Bottoni ha contribuito a costituire nella sua vicenda attiva di architetto milanese, con la sua appartenenza al Movimento Moderno internazionale e al movimento operaio italiano e che ha
strenuamente testimoniato nel suo impegno nel mestiere, nella scuola e nella vita civile. In questo senso viene da pensare che la figura di riferimento, quella con cui dobbiamo guardare Bottoni, non sia tanto quella di Le Corbusier o di altri architetti dell’ambiente dei CIAM, ma quella di Hannes Meyer con cui è possibile tracciare una vera e propria “ vita parallela” . Una sorta di ricalco in cui sia più facile con l’ausilio di una vicenda intendere l’altra. Non si può così eludere ciò che viene mostrato dalle vite e dalle opere di questi architetti. Intendo dire che proprio lo stretto rapporto fra architettura, scuola e impegno civile è stato interpretato da Bottoni, e da Meyer, come fondativo del proprio essere architetti. Ma è comunque l’opera che col passare del tempo tende a prevalere sulle biografie nella valutazione di queste figure. Il parallelo nutrito da quest’ultima considerazione ci consente allora di guardare all’ostinazione di Bottoni nei confronti di un sogno che nasce dalle immagini delle abitazioni delle classi più povere realizzate per le mostre della Triennale, soprattutto per il suo contributo all’architettura. Un sogno di domesticità elementare che ha un’immagine simile quello schizzo di interno di Rossi che compare in un angolo nella Città Analoga. Un sogno che si tramuta in una visione costante della città e dell’architettura da perseguire con il disincanto tipico dei razionalisti più rigorosi. Una visione perseguita come protagonista della vita civica che ha dato incessante contributo alla crescita della città sulla scena politica, non dimenticandosi di esprimere un preciso punto di vista sull’architettura. Un contributo che si legge oggi non solo negli edifici come quello di corso Buenos Aires ma anche nelle ripetizioni delle altre torri sorte alle porte della città storica e nei segni
lasciati a progetti di altri. Cosicché case sorte su lotti negli isolati, torri e piastre degli assi commerciali della città compatta forniscono assieme l’espressione di un modo di intendere la ricostruzione e l’edilizia storica non tutta contenuta fra il progetto per piazza Fontana e quello esemplare per l’azienda agricola di Valera Fratta. Un sogno perseguito come progettista che si affida essenzialmente al metodo di lavoro insistendo strategicamente sui temi della abitazione economica e della tecnica come fondamento oggettivo della costruzione dell’architettura. Si può leggere così un suo percorso rigoroso e mai abbandonato testimoniato nella presenza alle esposizioni, da quella Triennale di Monza del 1930 con la sua collaborazione al progetto della Casa Elettrica, che prosegue assieme agli altri protagonisti della scena razionalista milanese per segnare le tappe della definizione dell’edilizia economica sino al QT8 nel 1953, finendo con l’ultimo progetto di edilizia residenziale sperimentale del 1973. Un itinerario che ha lasciato la sua traccia più alta nella mole asciutta dell’edifico INA-CASA del corso Sempione. In questo panorama milanese i 100 metri della sommità del Monte Stella segnano simbolicamente la differenza e l’attualità dell’opera di Bottoni. Il disegno degli spazi aperti del QT8, costruito nel dialogo fra la spina centrale percorsa dall’alveo dell’Olona e la collina artificiale, determina il caratteri permanenti dell’immagine urbana di un quartiere in cui e singole opere sono - per la loro stessa natura sperimentale - destinate ad essere “ modelli” variabili delineati solo nella volumetria e posizione. Bottoni si misura nella discussione intorno al tema degli allineamenti, della costanza e varietà dei tipi edilizi nella forma della nuova città, superando gli scenari dei quartieri razionalisti d’anteguerra. Ma la sua interpretazione del tema del quartiere è costretta ad abbandonare la definizione architettonica del singolo edificio affidandosi per la costruzione della periferia urbana - nel progetto della città nuova - alla definizione dello spazio pubblico come disegno dello spazio aperto, della modificazione della campagna e dell’integrazione dell’edilizia con le forme del paesaggio non costruito e della natura. Nell’ultimo progetto per il QT8 del 1953 Bottoni imbocca così la strada dell’intendere lo spazio stesso della città contemporanea come paesaggio. Strada che lo porta
su un terreno che è ancora oggi problematico, nodo non sciolto, nella definizione del nuovo spazio pubblico contemporaneo. La vera e propria invenzione del Monte Stella fissa così il profilo della città nuova. Un progetto scaturito dall’occasione concreta coniuga dei temi della modificazione del paesaggio dell’architettura socialista con il neorealismo della ricostruzione milanese, e diventa un’opera che definisce interpretazioni della città che sembrano rinnovarsi col passare del tempo. La costruzione della vetta artificiale che dialoga con le altre vette le permette così di stare assieme alla torre Velasca nel panorama milanese stabilendo i nuovi caratteri dello sfondo urbano. Se vi è ben presente la voglia di dialogare con la città intera - quasi fosse il punto di vista che permette a Bottoni di compendiare l’Antologia degli edifici moderni di Milano pubblicata da “ Domus” nel 1954 - a ben vedere vi è contenuta anche, se non altro per antagonismo, l’immagine stessa del Duomo come luogo da ascendere per osservare l’orizzonte della corona dei monti, per riconoscere il sito della città nella pianura. La montagna di marmo scolpito della cattedrale dalla quale Ruskin, nel suo passaggio a Milano, ritrae il profilo del Monte Rosa al tramonto. Ma se l’altura della cattedrale è fatta di marmo lavorato da innumerevoli artefici quella del QT8 è solo una discarica. La sua forma, anch’essa prodotto del lavoro collettivo, è organizzata nel disegno dal profilo del riporto delle macerie dei bombardamenti e degli scavi. Materiali negativi, che, con il loro accumularsi in quel luogo, liberano i siti degli edifici della città nuova che si costruisce. La Renovatio Urbis è così permanentemente fissata nel trofeo fatto dall’accumulo di ciò che andrebbe dimenticato. Ma se configurazione delle nuove forme e resti inservibili sono uniti nella collina del QT8 a produrre un’opera che indica stabilmente il senso della ricostruzione milanese, l’immagine di una discarica attuale come quella di Staten Island che si staglia nel panorama di New York sul profilo di Manhattan, evocata nelle pagine centrali di Underworld di Don De Lillo, ci aiuta a chiarirne il senso permanente. Si avverte ora, con maggiore chiarezza, l’intimo legame di necessità che unisce l’una all’altra. L’unica strada possibile per città e paesaggio contemporaneo. Giulio Barazzetta
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Informazione
Tre mostre per Piero Bottoni a Milano
borazione con V. Guida), la Parrocchiale di “ Cristo Re” (195556, con Fulvio Melioli) e una nuova chiesa Parrocchiale in Comacchio (Fe). Dal punto di vista urbanistico attua il rettifilo di Corso Campi (1925-30); progetta la Variant e al P.R.G. di Cremona (1938) e, in collaborazione con gli arch. Gandolfi e Guarneri, studia il Piano Urbanistico per il nuovo Quartiere Po (1950) dirigendone poi l’attuazione. Muore a Cremona il 16 giugno del 1963.
Aldo Ranzi a Cremona di Paolo Bonoli e Simona Castellini
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Itinerari
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L’arco temporale nel quale Aldo Ranzi è attivo a Cremona si estende dal 1924, anno nel quale vinse il concorso per disegnatore presso l’Ufficio Tecnico Comunale, ed il 1963 anno del suo decesso. Lasso di tempo assai lungo che questo professionista visse con continuità sempre attenta e propositiva nelle molteplici evenienze della Comunità locale. Cremona, come la maggioranza delle comunità italiane, attuò in questo lasso temporale, in più fasi, profonde trasformazioni urbanistiche, edilizie ed infrastrutturali che, come acutamente evidenziato da G. Mezzanotte ne L’archit et t ura del Novecent o (1908/1943), (in AA.VV., Cremona ed il suo territorio, Milano 1998, pp. 235-64), avvennero localmente con un atteggiamento genericamente ripetitivo di modelli elaborati altrove. In questo clima si distinsero poche personalità e tra queste Aldo Ranzi che, pur condizionato dal ruolo di tecnico comunale (comunque conservato nelle ben note contingenze storiche del periodo), conseguì con le sue molteplici realizzazioni un pregevole aggiornamento formale tipologico dell’intera produzione cremonese nonché si propose come un attento protagonista del processo di pianificazione della città.
La sua attività progettuale, esplorata compiutamente in occasione di ricerche accademiche di esercitazioni ed in particolare alla compilazione di tesi di laurea, è pervenuta a pubblica discussione per la efficace ed opportuna promozione del Collegio degli Architetti e dell’Amministrazione Comunale di Cremona. Le ricerche hanno consentito la conoscenza dell’intera opera progettuale di Ranzi, la individuazione delle architetture e dei progetti più significativi in rapporto alla produzione locale, ma soprattutto hanno consentito di calibrare la personalità professionale di questo architetto e di inserirlo tra quelle significative in un ambito più vasto di quello provinciale. Biografia Aldo Ranzi nasce a Rovigo il 10 febbraio 1898. Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna e, nello stesso anno, prosegue i suoi studi a Roma presso la scuola Superiore di Architettura. Nel 1923, in base alla legge sulla tutela professionale, gli viene riconosciuto il titolo di Architetto. Dal 1924 fino al 1963 lavora presso l’Ufficio Tecnico Comunale del Comune di Cremona. La sua posizione professionale gli permise di progettare una serie di opere tra loro eterogenee che caratte-
rizzarono la conformazione urbana sia durante il “ Ventennio” che nel Dopoguerra. Per far fronte ad una città che stava crescendo si occupa, tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’30, della realizzazione di servizi pubblici (scuole, alloggi pubblici, ecc.). Lega il suo nome ai restauri dei più importanti palazzi cittadini (palazzo Cittanova, palazzo Comunale, Loggia dei Militi) ed al completamento dell’isolamento del Duomo. Si occupa della creazione di edifici pubblici rappresentativi, quali: la sistemazione del Museo Civico nel palazzo Ugolani Dati (1926-28), la nuova caserma dei Vigili del Fuoco (1927), l’ampliamento della Biblioteca Governativa (1937), la casa Littoria “ Vittorio Potestà” (1939) ed il nuovo Macello Pubblico (1957). Realizza il monumento dedicato ai Caduti della Rivoluzione (1928-30). Per altri lavori venne interpellato per la sua competenza professionale da altri Enti: la nuova palazzina della Società Canottieri Baldesio (1937) e la sede degli Uffici Governativi (1935/38) con Venceslao Guida, la sistemazione della Farmacia Centrale (1962) ed il padiglione oncologico per gli Istituti Ospedalieri di Cremona (1949-51). Realizza diverse chiese quali la nuova Parrocchiale di San Giovanni in Croce (Cr) (1939-41, in colla-
Bibliografia Per la ricerca si rimanda alla tesi di laurea di P. Bonoli e S. Castellini, Aldo Ranzi e Giovanni Gentilini, due architetti della Ricostruzione a Cremona, Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, 1995-96, relatori prof. M. G. Sandri e prof. L. Roncai. Si segnalano inoltre: I. Camelli, La fronte pel Cavalcavia al Cimitero in “ Cremona” n. 3, 1929; Ugual, L’edificio dell’arch. Aldo Ranzi per le scuole di Borgo Loreto, in “ Cremona” n. 1, 1929; G. Munaro, Le opere pubbliche attuate nell’anno X nella provincia di Cremona, in “ Cremona” n.1, 1932; V. Guida e A. Ranzi, Concorso per Palazzi degli Uffici Governativi a Cremona, Brescia e Bergamo, in “ Architettura” n. 5, 1935; Sistemazione nel centro cittadino, in “ Urbanistica” n. 4, 1935; G. S., La nuova sede della Canottieri Baldesio, in “ Cremona” n. 6, 1937; A. Ranzi, La variante al piano regolatore di Cremona, in “ Cremona” n. 12, 1937; Nuova sede della Canottieri Baldesio, in “ Cremona” n. 2, 1937; Inizio delle sistemazioni del centro, in “ Urbanistica” n. 3, 1938; Nuovi saloni alla sede del Museo Civico, in “ Cremona” n. 2, 1938; V.Carini Dainotti, La nuova sede della Regia Biblioteca, in “ Cremona” n. 3, 1938; V. Carini Dainotti, La Biblioteca Governativa nella storia della cultura cremonese, Cremona 1946; A. Ranzi, Le vicende urbanistiche del centro storico di Cremona, in “ Strenna dell’Adafa” per l’anno 1962; F. Melioli, Il 15 giugno è scomparso il prof. arch. Aldo Ranzi, in “ Strenna dell’Adafa” per l’anno 1964; M. De Crecchio, M. Terzi, U. Guglielmetti e P. Rusca, L’architettura tra le due guerre, Cremona 1967; F. L., Il nuovo palazzo degli Uffici Governativi, in “ Cremona” n.7/8, 1969; E. Santoro e M. Terzi, Cremona com’era, Cremona 1974; A. Rigoli, Società Canottieri Baldesio, Cremona 1974; F. Melioli, Ranzi Aldo architetto, in “ Strenna dell’Adafa” per l’anno 1979; P. Bonoli e S. Castellini, Aldo Ranzi e Giovanni Gentilini, in “ Strenna dell’Adafa” per l’anno 1998; G. Mezzanotte, L’architettura del Novecento, in AA.VV, Cremona e il suo territorio, Milano 1998, pp. 235-64; L. Roncai e G. Taglietti, Aldo Ranzi, Ed. Adafa, Cremona 1999.
1. Sede dell’Istituto Tecnico Industriale “Ala Ponzone Cimino”, 1924-26 Cremona via Gerolamo da Cremona
2. Caserma per il Corpo dei Pompieri, 1928 Cremona piazza Libertà
3. M onumento ai caduti della Rivoluzione, 1928-30 Cremona via Cimitero
4. Scuole elementari di Borgo Loreto, 1930-32 Cremona via S. Bernardo
L’area complessiva di 6000 mq venne coperta da alcuni distinti corpi di fabbrica: le officine vere e proprie, fabbricati minori per i servizi sussidiari oltre all’esistente palazzo “ Fraganeschi” . Il complesso ospita aule, officine e laboratori, questi ultimi pensati in modo da servire all’insegnamento degli allievi e contemporaneamente funzionare da stazioni sperimentali per tutte le misure di precisione richieste nelle vertenze tra industria e clienti. La scuola occupa per una parte l’ex casa “ Fraganeschi” e per la restante sorge su un’area resa libera dalla demolizione di alcune case. L’ingresso principale è da via Gerolamo da Cremona, sulla destra del quale al piano terreno vi sono le aule di studio mentre sulla sinistra le aule-laboratorio di elettronica. Al piano nobile del palazzo si trova l’aula magna alla quale si accede tramite uno scalone costruito ex novo. La parte a piano terreno verso via S. Lorenzo prevedeva laboratori per la plastica e per la lavorazione del marmo, portineria, sala di pronto soccorso, centrale termoelettrica e locale caldaia. Le officine coprono un’area di più di 1000 mq e sono costituite da un grande padiglione, con tetto a shed di sette campate diviso da tramezze che ne delimitano i differenti reparti, con annesso gli spogliatoi e le docce. Il grande salone riceve una luce abbondante dalle finestre del tetto apribili con un semplice meccanismo. Gli impianti di illuminazione ed energia furono realizzati dalla scuola con l’aiuto dei propri allievi, che si occuparono anche della decorazione degli ambienti, per trasformarli così in una mostra permanente delle attività svolte. (Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1464-65)
La necessità di una nuova caserma per il Corpo dei Pompieri spinse il Comune di Cremona nel 1927 ad affidare ad Aldo Ranzi la progettazione del nuovo edificio su di un’area anticamente utilizzata per il mercato dei suini. Il progetto prevede un corpo di fabbrica centrale a due piani con annessi due piccoli corpi laterali ad un solo piano e, nella parte retrostante, una torre che ha il duplice scopo di servire per le esercitazioni dei pompieri e per l’asciugatura dei tubi di canapa che, fino a quel momento, venivano asciugati nella torre del Palazzo Comunale. La struttura portante dell’intero fabbricato è in cemento armato, tamponata con muratura in mattoni; gli elementi costruttivi risultano così perfettamente visibili e costituiscono essi stessi elemento decorativo. L’organizzazione interna della caserma evidenzia una buona funzionalità e praticità. Al piano terreno un ampio salone provvisto di sei ampie aperture dirette verso il piazzale è destinato a deposito delle autopompe e delle relative attrezzature. Al primo piano è collocato il dormitorio, illuminato da ampi finestroni in ferro e vetro, una camera per il capo squadra, un ufficio per il Comando, una cameretta di ritrovo con annessa cucina, i bagni a doccia ed i servizi igienici. Due pali di discesa in ottone mettono in rapida comunicazione il dormitorio con il piano terreno.
Il progetto del monumento è direttamente legato alla costruzione del nuovo cavalcavia del Cimitero Comunale, resosi necessario come collegamento tra due parti della città divise dalla ferrovia. La parte tecnica del progetto fu affidata all’ing. Contuccio Cantucci Quintani, mentre l’architettura della parte centrale fu studiata da Ranzi, il quale si ispirò ad una composizione “ classicheggiante” compenetrata da qualche assonanza a stilemi decò. Partendo da via Dante, la strada attraversa i binari biforcandosi poi in due rampe carraie; i pedoni usufruiscono di due scalinate degradanti che contengono l’ampia esedra centrale. Nei due bracci laterali sporgono le edicole che racchiudono le lapidi recanti incisi i nomi dei caduti, al di sopra delle quali sono collocate figure alate in bronzo a bassorilievo che contengono il fascio littorio. Entro l’esedra si trovano tre grandi nicchie predisposte per la collocazione delle statue raffiguranti Fede, Gloria e Sacrificio. Tutti i rivestimenti sono in pietra di chiampo, identica a quella utilizzata per il palazzo delle Poste della Città. Nei muri laterali delle due rampe sono stati ricavati quattordici negozi: due destinati ai servizi ed al deposito di biciclette, gli altri affidati ai commercianti di articoli per il cimitero. A completamento dell’opera fu riordinato l’intero viale: parallelamente alle due rampe vennero piantati filari di alberi che contribuirono a dare un tono di austerità a tutta la struttura.
L’ex Comune di Due Miglia affidò nel 1917 un progetto all’ing. Amilcare Pezzini che non venne mai realizzato. Il progetto venne poi rivisto dall’arch. Ranzi che per le modifiche radicali che vi apportò possiamo dire che fece un progetto nuovo, che per quanto riguarda le linee architettoniche abolì tutte le decorazioni in cemento, in finta pietra e i grafiti in stile rinascimento-romanico-lombardo. Il fabbricato realizzato è costituito da un seminterrato, un piano rialzato ed un primo piano, è costruito con il fronte principale parallelo alla via S. Bernardo ed orientato a sud: verso tale fronte sono collocate le aule scolastiche che godono così delle migliori condizioni igieniche, ciascuna aula è illuminata ed areata da tre ampie finestre sul fronte principale e da tre finestrini parentesi verso il corridoio. La scuola è contornata da vaste aree a verde ed è la prima volta che a Cremona viene attuato il concetto di costruire una scuola all’aria aperta, una scuola il cui edificio non è già incassato tra altre case. Il corpo della palestra, disposto perpendicolarmente al corpo principale, dà al complesso la forma di una “ T” rovesciata che divide l’area retrostante in due parti uguali, destinate ai campi da gioco maschili e femminili. La palestra ha le pareti laterali illuminate da ampie vetrate esposte verso ponente e levante, gli spogliatoi e le docce sono ubicate nel seminterrato. La scuola ha una capienza totale di 700 alunni ed oltre alle 14 aule vi si trovano anche un’aula per le proiezioni, un locale destinato ad uso biblioteca-museo didattico, due locali per gli insegnanti e l’abitazione del custode. I prospetti sono stati studiati dall’architetto con semplici e razionali strombature ricavate nell’intonaco per delineare le aperture delle finestre mentre la parte decorativa veniva riservata ai portali d’ingresso rivestiti con lastre di pietre naturali. L’arch. Ranzi si occupò anche del disegno di alcuni mobili e arredi della scuola.
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1205) foto Briselli
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1154) foto Briselli
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1575) foto Briselli
Itinerari
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5. Concorso per la chiesa parrocchiale di S. Ambrogio, 1933 (non realizzato) Cremona via S. Francesco d’Assisi
6. Palazzo degli Uffici Governativi, 1935-38 (con Venceslao Guida) Cremona corso Vittorio Emanuele II
7. Biblioteca Governativa, 1936-38 Cremona via Ugolani Dati
8. Scuole elementari Costanzo Ciano, 1937-39 Cremona via Tagliamento
La biblioteca venne inserita all’interno del palazzo Affaitati, destinato dopo l’allontanamento dell’ospedale anche a sede dei Musei cittadini; gli spazi erano tra loro collegati ed accessibili tramite lo stesso ingresso e lo stesso scalone monumentale. Il progetto, elaborato con grande rapidità dal Ranzi, prevedeva l’utilizzo del vano adibito originariamente a chiesa ed il prolungamento delle due ali del palazzo oltre il primo cortile. Le nuove ali furono armonizzate nel colore, ma fu esclusa qualunque imitazione di stile, così che ne fosse chiaramente indicata la ragione funzionale ed il carattere di aggregato. La nuova sede della biblioteca svolgendosi su due ali contigue appariva eccessivamente allungata e decentrata, tanto che il progettista pensò di sistemare al centro i cataloghi e la distribuzione - in diretta comunicazione con il magazzino librario - il salone di lettura da una parte e la sala consultazione dall’altra. Il magazzino ospita grandi scheletri metallici che ne costituiscono le scaffalature ed inoltre fungono da sostegno del pavimento del grande salone di lettura soprastante. La sala di distribuzione assicura il passaggio diretto dal magazzino senza intralcio al pubblico ed è illuminata dall’alto da due “ occhi” luminosi; nel centro della stanza una piccola volta interna illuminata da luce indiretta riprende la linea curva del sottostante tavolo dedicato ai lettori. Il salone di lettura occupa la larghezza dell’intera ala tra la via Faerno e i cortili, ed è illuminato da altissime vetrate opache su entrambi i lati. Essendo appoggiato su di un’intelaiatura metallica, si poneva il problema dell’isolamento acustico: il progettista lo risolve interponendo uno strato di sughero elafono tra la soletta di cemento armato ed il linoleum, mentre una copertura di lastre di eraclit, mascherata dall’intonaco, riveste tutto il soffitto. Le larghe lesene di stucco a forte aggetto, proseguite in sporgenza sulla volta, interrompono la superficie liscia delle pareti, ostacolando la trasmissione dei suoni.
La tipologia ad “ L” del complesso const a di un corpo principale contenente le aule ed i relativi servizi e di un corpo perpendicolare al primo, comprendente la palestra e l’abitazione del bidello-custode. Diviso nelle sezioni maschile e femminile, è servit o da due ingressi post i agli estremi e da uno centrale che serve per le cerimonie e per il passaggio alla parte bassa del cortile verso via Massarotti. Nel seminterrato si trovano i refettori, la cucina ed i servizi; al piano rialzato oltre a due ampi atri si trovano dieci aule (6 con capacità di 60 alunni e 4 con una capacità di 54) e due gruppi di servizi. Al primo piano sono collocate la sala insegnanti, la direzione, un locale per la visita medica e altre dieci aule con due gruppi di servizi. Le dimensioni della palestra permettevano lo svolgimento di tutti i giochi inclusi nel programma di educazione fisica della G.I.L. L’intero fabbricato è stato costruito con muratura portante in laterizio e per la muratura sottoterra sono stati impiegati materiali provenienti da precedenti demolizioni. Accorgimenti tecnici sono stati utilizzati per la parte superiore delle finestre realizzata con vetri termolux per ridurre l’abbagliamento e l’eccessivo riscaldamento delle aule. Particolare cura è stata dedicata alla ventilazione dei locali, assicurata da appositi condotti (all’interno della muratura) completati da bocchette regolabili.
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1579)
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1576)
Itinerari
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L’imponente edificio è costituito da un volume unico corrispondente alla navata centrale; quelle laterali sono solamente accennate dalla rientranza delle pareti laterali per metà della loro altezza. Un taglio netto e pulito mette in comunicazione l’assemblea col presbiterio; quest’ultimo, a pianta ottagonale, termina verso l’alto con una “ cupola” a gradoni degradanti a pianta ottagonale. Le decorazioni interne sono ridotte all’essenziale: un altare geometrico sul quale è collocato un semplice crocifisso; due lunghe catene, che sostengono due lampade, scendono dall’alta apertura del presbiterio; confessionali lineari collocati nelle nicchie laterali. A ricordo dei soffitti a cassettoni, il progettista crea un reticolo di travi in cemento armato che divide il soffitto in cinque settori tripartiti. Lo stesso motivo sembra poi rispecchiarsi nel pavimento, realizzato con grandi lastre quadrate. L’esterno presenta una composizione di blocchi geometrici semplici, sui quali predomina l’alto campanile, la cui verticalità è sottolineata dalla finestratura. L’imponente massa della facciata a capanna è bilanciata dal “ vuoto” dell’ampia finestratura centrale: tre vetrate, di cui quella centrale quadripartita da un enorme croce. Quest’uso della croce per suddividere l’apertura è ripetuto anche nelle altre finestre che corrono lungo la parte alta della navata centrale. Interamente realizzata con mattoni a vista presenta, nella parte inferiore in corrispondenza dell’unico portone d’ingresso, un motivo orizzontale di sottili listelli in marmo bianco. Il progetto di Ranzi per la chiesa di S. Ambrogio non è stato realizzato, la chiesa è stata edificata su progetto di Giovanni Muzio del 1935. (Rif. Archivio del Comune di Cremona, licenze edilizie, b. 1173)
Nel 1933 il Ministero dei Lavori Pubblici bandisce un concorso per il progetto di un edificio ad uso degli Uffici Governativi nella città di Cremona che fu vinto dal progetto redatto da Aldo Ranzi e Venceslao Guida. I progettisti nell’architettura del palazzo hanno cercato di coordinare la struttura dell’edificio con gli aspetti decorativi mirando ad ottenere un rapporto di masse di ispirazione classica. La facciata su corso Vittorio Emanuele è stata suddivisa in tre parti, dando a quella centrale maggior importanza: un carattere monumentale ottenuto con la presenza di massicci pilastri e con la loggia ricavata nello spessore degli stessi. Questa composizione estremamente statica è “ ammorbidita” dal raccordo curvilineo dell’angolo tra corso V. Emanuele e via Ponchielli. La soluzione angolare concava ha permesso un effetto di maggior vastità, valorizzando così la costruzione, vista l’impossibilità di creare una piazza antistante. I rivestimenti di facciata e gli aspetti decorativi sono stati attentamente studiati: i prospetti esterni sono rivestiti, per tutto il piano terreno, con lastre di ceppo policromo del lago di Iseo e, per la parte superiore del corpo centrale e dei corpi d’angolo, con pietra di Mazzano e Botticino a superfici lisce o levigate o battute. I portali di ingresso sono in porfido della Val Canonica, le restanti parti della facciata sono ricoperte di intonaco pietrificante. Il progetto esteso anche alla decorazione degli spazi interni; ottiene risultati significativi nella nicchia dedicata ai caduti eseguita in marmo verde delle Alpi, nei saloni centrali di ricevimento e di rappresentanza dell’Intendenza di Finanza e del Genio Civile con pareti a stucco e pavimento in linoleum nonché nell’arioso salone del Genio Civile caratterizzato dai quadri del pittore Igino Sartori. (Rif. Archivio del Genio Civile di Cremona, p.m. (1868/1946), cl III, sottocl. I, fasc. dal 18bis (13 buste)) foto Briselli
9. Variante del Piano Regolatore Generale della città di Cremona, 1937 Cremona
10. Mercato Coperto, 1934 e 1939 (non realizzato) Cremona piazza Marconi
11. Palazzina per la società Canottieri Baldesio, 1937 Cremona via Porto
12. Chiesa parrocchiale di S.Giovanni in Croce, 1939-41 S. Giovanni in Croce (Cr) via Grasselli Barni
Il progetto di Variante al Piano Regolatore Edilizio e di Ampliamento della città di Cremona interessa particolarmente la sistemazione del centro cittadino di cui prevedeva il risanamento igienico ed il miglioramento della viabilità. Nel 1937, a seguito di una riconosciuta inopportunità della creazione di una seconda via d’accesso al centro da Porta Po, ed a causa di nuove iniziative edilizie che venivano a compromettere l’apertura della suddetta piazza, veniva studiata dall’arch. Ranzi una Variante al Piano Regolatore su direttiva del Podestà. La variante aveva come suoi principali obiettivi: il ritorno alla tradizionale linea di traffico Porta Po - piazza Cavour, allargando opportunamente il corso Vittorio Emanuele; la creazione della grande piazza del Littorio in luogo di piazza Cavour; il completo rifacimento edilizio del nucleo compreso tra piazza Cavour, via Curzia, piazza Roma, corso Mazzini, via Mercatello, via Beccaccino, piazza del Comune e via Baldesio, le opportune rettifiche ed arretramenti verso piazza Roma e corso Mazzini e l’apertura di vie interne; l’ampliamento della già prevista piazza del Mercato con la sistemazione dei lati a porticato e la possibile creazione di appositi padiglioni per il mercato al minuto ed all’ingrosso; l’ampliamento sul lato nord del giardino di piazza Roma. Questa Variante è stata attuata solo in parte nelle realizzazioni di p.za Littorio, per la quale sono stati costruiti due edifici di contorno: il palazzo delle Corporazioni e quello della Riunione Adriatica di Sicurtà, entrambi progettati dall’ing. Nino Mori.
1934. Come si rileva dalla planimetria di progetto, Ranzi ha previsto la costruzione di due padiglioni coperti all’interno della piazza, uno per il mercato all’ingrosso (verso via A. Melone), l’altro per il mercato al minuto (verso piazza della Pace). Le strade che avrebbero dovuto circondare la nuova piazza ed i padiglioni dei mercati, hanno una larghezza di dodici metri e sono contornate da portici.
1939. Il progetto prevede lo studio altimetrico della piazza per regolarizzare le diverse quote e la costruzione di marciapiedi e piazzali rialzati. Al centro sorge un padiglione coperto per lo svolgimento del mercato al minuto ai lati del quale sono previste due aiuole con piante d’alto fusto. Il padiglione, aperto sui lati, è coperto da una struttura a voltine multiple in c.a. e laterizio, poggiata su pilastri laterali rivestiti con lastre di pietra di Vicenza, mentre l’intera costruzione è rivestita con intonaco pietrificante colorato. La pavimentazione dei piazzali è prevista in mattonelle di asfalto, quella in corrispondenza delle stradine in cubetti di porfido, mentre quella delle strade laterali in acciottolato.
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 187, 188)
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1210)
(Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), raccolta comunale 2, n.22; Doni Lasciti Depositi, dono Viani, b. 29, fasc.26 n.32)
In occasione del 50° anniversario della Società, l’allora presidente cav. uff. Parolini affida il progetto per la realizzazione della nuova sede ad Aldo Ranzi il quale, nell’ottica di un intervento mirato ad una economia dello spazio costruito a favore degli spazi esterni, sviluppa l’idea di una palazzina articolata su di un piano terreno, un primo piano ed un secondo (destinato in parte alle terrazze). L’organizzazione planimetrica di ognuno di essi divide nettamente la zona maschile da quella femminile utilizzando per la prima l’accesso collocato nella torre scalaria a pianta rettangolare, e per la seconda quello nella torre semicircolare. Al piano terreno è collocato il bar, le docce, i servizi maschili, la portineria, i locali tecnologici e i depositi. Al primo piano si trovano gli ampi spogliatoi maschili, la terrazza e gli spogliatoi femminili, con annessi servizi e docce. L’edificio si presenta come un blocco aperto ed articolato in diversi corpi di fabbrica dimensionati secondo le diverse funzioni con prospetti tra loro differenti. Elemento dominante di questo progetto è proprio la dinamicità della composizione, sottolineata dalla vivace colorazione, dallo spiccare delle due torri scalarie e dal chiaro-scuro ottenuto dallo zoccolo sporgente che lega tra loro i volumi e funge da riparo per le ampie vetrate delle torri e degli spogliatoi. Il movimento di volumi e gli elementi stilistici predominanti fanno riconoscere in questo progetto i caratteri tipici del “ razionalismo” quali le coperture piane, le finestre “ a nastro” , l’impiego del metallo nei serramenti o l’utilizzo di elementi metallici tubolari. In questo intervento “ insolito” , rispetto alle tipologie costruttive in cui solitamente si cimentava, Ranzi è riuscito a fondere con equilibrio e coerenza il carattere “ sportivo” della costruzione ed il contesto extraurbano nella quale è collocata. (Rif. Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1177) foto Briselli
Le vicende che hanno accompagnato la nascita di questo edificio iniziano nella seconda metà degli anni ’20, periodo nel quale il paese di San Giovanni in Croce attraversa una fase di crescita demografica. Il 10 gennaio del 1927 viene pubblicato il bando di concorso per la progettazione della nuova Chiesa Parrocchiale. Tra i vari progetti concorrenti, la Commissione d’Arte Sacra nomina vincitore quello redatto dagli architetti cremonesi Venceslao Guida ed Aldo Ranzi. Il progetto sviluppa internamente un unico volume corrispondente alla navata centrale; quelle laterali, ridotte al minimo e collegate tra loro, formano dei camminamenti dall’ingresso verso l’altare. Un’ampia apertura dal profilo regolare, mette in comunicazione l’assemblea col presbiterio. Quest’ultimo, rialzato e delimitato da una balaustra in marmo che termina lateralmente con due amboni, è a pianta semicircolare, a ricordo del catino absidale delle chiese più antiche ; per sottolinearne l’importanza i progettisti si affidano alla “ luce” : un forte chiaro-scuro giocato sul contrasto tra le pareti in mattoni della navata centrale ed il luminoso rivestimento in marmo del presbiterio. L’omogeneità dell’insieme è ottenuta dall’inserimento di due fasce orizzontali in marmo, che correndo lungo tutto il perimetro, tripartiscono l’involucro interno, fungendo così da elemento unificatore, motivo ripreso anche nel pavimento. Esternamente l’edificio rispecchia la rigorosità e la linearità degli spazi interni. L’imponente massa della facciata è alleggerita dal vuoto della galleria soprastante e dall’inserimento, nel rivestimento in mattoni a vista, del motivo a ricorsi orizzontali in marmo presente anche all’interno. L’edificio venne ultimato nel 1941 e consacrato il 26 novembre 1946. foto Briselli
Itinerari
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A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno
Gennaio Febbraio
1999
1360 1370 1380 1358,71 1361,22 1363,73 1368,75 1371,26 1371,26 1373,78 1373,78 1377,54 1380,05 1385,08 1386,33 1390 1400 1410 1420 1387,59 1393,87 1397,63 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1430 1440 1450 1430,28 1435,31 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1460 1462,93
2000 2001 2002
Marzo
Aprile
Maggio
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978)
56
Anno
Gennaio Febbraio
1999
470 470,23 471,10 480 480,23 482,40
2000 2001
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
novembre 1978: base 100 Giugno
Luglio
dicembre 1978:100,72
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
471,97
473,71 474,58 474,58 475,45 475,45 476,75 477,62 479,36 479,79 490 483,70 484,14 485,44 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13
2002
Indici e tassi
506,30
3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)
anno 1995: base 100
Anno
Gennaio Febbraio
Giugno
2001 2002
109,30 109,69 111,80
Marzo
Aprile
Maggio
Luglio
giugno 1996: 104,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32
3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
Gennaio Febbraio
2001 2002
100,44 100,79 102,73
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Gennaio Febbraio
2001 2002
105,26 105,63 107,67
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29
4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
dicembre 2000: 113,4
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
anno 1999: base 100
gennaio 1999: 108,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20
5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
gennaio 2001: 110,5
2001 2002 103,07 105,42
6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
anno 2001: base 100
anno 1995: base 100
1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08
1999 2000 2001 2002 111,52 113,89 117,39 120,07
7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51
novembre 1995: 110,6
2001 108,65
anno 1997: base 100
febbraio 1997: 105,2
2002
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1993, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa
Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.
della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U.
14.4.1999 n° 86) dal 14.4.1999 10.11.1999 n° 264) dal 10.11.1999 8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001
Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria dell’Ordine.
2,5% 3% 3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,5% 4,25% 3,75% 3,25%
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).
Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.