marzo 2004
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Premi di architettura
Mensile di informazione degli Architetti Lombardi Ordini degli Architetti delle Province di: Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Milano Pavia Sondrio Varese
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti via Solferino, 19 - 20121 Milano Anno 27 - Sped. in a.p. - 45% art. 2 comma 20/B - Legge 662/96 - Filiale di Milano
AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 3 Marzo 2004
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Forum Premi di architettura interventi di Paolo Marconi, Gianni Cosenza, Vincenzo Latina, Martina Landsberger, Gianfranco Pizzolato Bergamo Brescia Como Lecco M antova M ilano Pavia Varese
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Argomenti
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Professione e aggiornamento Legislazione Strumenti
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Informazione Dagli Ordini Stampa Libri, riviste e media M ostre
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Itinerari
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Indici e tassi
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Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni
Editoriale
Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Martina Landsberger, Mina Fiore Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Concessionaria di Pubblicità: Profashion srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 30039330 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: profashion@gruppodg.com Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL) Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 23.300 copie Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini) € 3,00 In copertina: Concorso Clementino del 1732, “ Un teatro secondo l’uso dei romani” , Carlo Mondelli, pianta e sezione (da: P. Marconi, A. Cipriani, E. Valeriani, I disegni di architettura dell’Archivio storico dell’Accademia di San Luca, Roma, De Luca, 1974. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL .
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Sommario
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Convegno INU - Consulta
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Il nodo delle “ periferie urbane” costituisce argomento attuale di un vasto, partecipato dibattito e di un confronto interdisciplinare che, pur contribuendo a significativi approfondimenti e valutazioni critiche, stenta ad individuare politiche e strumenti affettivamente operativi, specie per ciò che attiene all’ambito urbanistico-edilizio. Va osservato anzitutto come lo stesso termine di periferia, non solo non abbia spazio e neppure riferimenti dell’attuale legislazione del territorio, ma richieda piuttosto una sorta di necessaria “ concettualizzazione” . Non esistendo infatti analogo sinonimo nella lingua latina e neppure in quella anglosassone, non resta che la derivazione dal vocabolo greco “ periphèria” (circonferenza), mutuata sic et simpliciter dall’ambito della geometria: riferendosi agli insediamenti del passato significava dunque un “ bordo” , un ” contorno” , “ poco più di una linea di cintura” che delimitava l’area dell’abitato vero e proprio. Riferendosi alla realtà odierna, tale concezione risulta totalmente ribaltata: in un contesto metropolitano (ma anche in una città di media grandezza) è infatti identificabile un “ centro” (di estensione estremamente contenuta, con identificazione al limite “ puntiforme” ) in cui si concentrano valori e dotazioni di storia, cultura, servizi, architettura, intercluso in un’abnorme “ continuo edificato” carente di connotazioni formali e solo parzialmente dotato di servizi. Se negli ultimi decenni la cultura e le politiche urbanistiche ed amministrative hanno teso a preservare e valorizzare, con esiti diffusamente positivi, i “ centri” pressoché coincidenti con i “ nuclei antichi” , è tempo che ora venga posta equivalente attenzione alle cosiddette “ periferie” , meglio definibili quali “ aree marginali” che oggi costituiscono l’essenza reale della città abitata-vissuta e per le quali la politica urbanistico-amministrativa si è sinora curata di garantire sporadici interventi di edilizia sociale, standard minimali e (nei casi migliori) infrastrutture di trasporto pubblico. In realtà la prossima nuova legge urbanistica regionale sul “ Governo del territorio” , il recente “ programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica” , consentono un approccio innovativo, con prospettive assai più ampie in passato per restituire “ qualità diffusa” al tessuto urbano, per attivare un’attesa “ trasformazione complessiva delle aree metropolitane” , per trasformare la “ città che non c’è” in un “ habitat” che esprima qualità, funzionalità, dotazione di servizi, e soprattutto “ progettualità” . Il Convegno promosso dall’INU e dalla Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, con la disponibilità di figure competenti dell’ambito amministrativo e disciplinare si propone, di identificare obiettivi, contenuti, percorsi mirati su tale problematica ineludibile e riconosciuta a fondamento dell’imminente “ nuova stagione urbanistica” dei Comuni Lombardi. Stefano Castiglioni Presidente Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti
INU LOM BARDIA - CONSULTA REGIONALE LOM BARDA DEGLI ORDINI DEGLI ARCHITETTI
CONVEGNO
Abitare le periferie problemi, sperimentazioni, politiche e strumenti operativi M ILANO, 18 marzo 2004 orario 9.45 - 16.30
Centro Congressi delle Stelline
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Corso M agenta 61
PROGRAMMA ore 9.45
Registrazione partecipanti
ore 10,00
Apertura dei lavori Leonardo Fiori, Presidente Onorario INU Lombardia
ore 10.15
Proiezione video Iginio Rossi, INU Lombardia
ore 10.30
Fase A – I problemi e le sperimentazioni Presiede: Leonardo Fiori Relazioni tematiche: Alfredo Mela, Politecnico di Torino Piero Ranzani, INU Lombardia Gianfredo Mazzotta, Consulta Regionale Lombarda Ordini Architetti Marco Engel, Consulta Regionale Lombarda Ordini Architetti Giovanni Cavalleri, Consulta Regionale Lombarda Ordini Architetti Presentazione di casi: Daniela Gasparini, Sindaco del Comune di Cinisello Balsamo Il caso del Quartiere Sant’Eusebio di Cinisello Balsamo Giovanni Verga, Assessore allo sviluppo del territorio del Comune di Milano Le politiche di Milano e il caso del Quartiere Ponte Lambro Alessandro Balducci, Direttore Dipartimento di Architettura e Pianificazione Politecnico di Milano Il caso del Villaggio Barona di Milano Alfredo Viganò, Assessore al territorio del Comune di Monza Progetti Europan a Monza
ore 13.00 Pausa buffet (offerto dalla Consulta degli Ordini degli Architetti) ore 14.30 Fase B – Le politiche e gli strumenti operativi conducono: Stefano Castiglioni, Presidente Consulta Regionale Lombarda Ordine Architetti Piergiorgio Vitillo, INU Lombardia Tavola rotonda con la partecipazione di: Ettore Bonalberti, Regione Lombardia - Direttore Generale Lavori Pubblici e Edilizia Popolare Mario Rossetti, Regione Lombardia - Direttore Generale Territorio e Urbanistica Giovanni Oggioni, Comune di Milano - Direttore del Progetto di Pianificazione Strategica Luciano Niero, Presidente ALER Franco Cazzaniga, Presidente CIMEP Roberto Ceresoli, Direttore Ingegneria FNM ore 16.00 Conclusioni Paolo Avarello, Presidente Nazionale INU Contributi scritti, relativi a interventi non programmati, saranno messi agli atti se consegnati alla Segreteria del Convegno.
Convegno INU - Consulta
(MM1 CADORNA o CONCILIAZIONE – MM2 CADORNA o S. AMBROGIO)
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 w w w.consultalombardia.archiw orld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente e Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Giulio Barazzetta, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 30.6.04) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)
Uno dei problemi che gli architetti italiani spesso lamentano è quello di non riuscire a stabilire con la società una interlocuzione adeguata, stabile e duratura, fondata sul riconoscimento di una autorevolezza e di una competenza. Sui giornali e sui mezzi di informazione la presenza dell’architettura – seppur negli ultimi anni notevolmente aumentata – è ancora lontana da quella che altre discipline, come ad esempio la letteratura, il cinema, la musica, il teatro o la pittura, riescono ad ottenere. L’architettura, pur se vissuta e percepita da tutti, non sempre è argomento di discussione, se non nelle forme di una critica spesso sommaria che raccoglie il parere del passante il quale – a cantiere appena concluso – sentenzia in modo definitivo che quella casa “ è brutta” . Sappiamo che ciò è accaduto anche a famosi edifici della storia dell’architettura, ma questo non deve troppo consolarci perché, vivendo in una società sempre più caratterizzata dalla comunicazione, il tentativo di comprendere le ragioni disciplinari e le modalità di costruzione di un progetto dovrebbe costituire sempre più l’inizio di ogni seria valutazione del lavoro dell’architetto. L’architetto non è invece troppo ascoltato – su tali temi, in questo numero, l’intervista a Vittorio Gregotti offre interessanti elementi di riflessione – e spesso non sa farsi ascoltare. Allora i premi di architettura, tema sul quale il Forum di “ AL” di questo mese compie una ricognizione, rappresentano un’occasione per cercare di saggiare questo rapporto con la società. Se i concorsi di architettura infatti hanno una motivazione soprattutto dovuta alla ricerca di una soluzione ad un determinato problema urbano o architettonico e quindi hanno un carattere legato all’utilità di una risposta, il premio di architettura ha la caratteristica della gratuità: un riconoscimento all’opera di un architetto, al valore di un progetto. Apprezzamenti certamente relativi a qualche particolare caratteristica, ma non esclusivamente riferiti a questa. In un certo senso quindi il premio ha il valore di un riconoscimento che dovrebbe andare oltre gli ambiti disciplinari e stabilire un rapporto con la società civile, così come capita per famosi premi in altri campi del sapere. È quindi importante che ci sia un “ premio alla committenza” , un “ premio al giovane architetto” , un “ premio alla carriera” , un premio per il progetto appartenente ad una particolare tipologia, un premio per l’uso di un particolare prodotto? In questo senso, da una parte, è interessante ascoltare chi è stato premiato, oppure chi ha organizzato il premio o chi ha partecipato alla giuria, ma, d’altra parte, è possibile anche sostenere che il premio di architettura ha un particolare significato innanzitutto proprio perché diffonde l’idea che l’architettura ha un valore di per sé, assoluto, al di là delle vicende che spesso determinano il destino di un progetto. Vicende oggi sempre più complesse e non tutte dipendenti dalle scelte degli architetti e da ciò che alla loro disciplina è possibile. Maurizio Carones
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Editoriale
Architettura premiata
Premi di architettura
Forum
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Il Forum di questo numero, alla cui realizzazione ha collaborato Silvia Malcovati, si apre con l’intervento di Paolo Marconi, Accademico di San Luca e professore ordinario di Restauro dei Monumenti presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi “ Roma Tre” che inquadra, dal punto di vista storico, la questione del Premio di architettura. Seguono gli interventi di: Gianni Cosenza, presidente della giuria del premio “Luigi Cosenza”; Vincenzo Latina, giovane architetto vincitore di numerosi premi di architettura e ricercatore universitario in Composizione architettonica ed urbana presso la Facoltà di Architettura di Siracusa; Martina Landsberger, professore a contratto in Composizione e Progettazione Urbana presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano; Gianfranco Pizzolato, membro del Comitato organizzativo Premio Oderzo e vice presidente aggiunto del C.N.A.P.P.C. Nella seconda parte il Forum raccoglie una serie di schede ordinate per tema che compongono una sorta di censimento dei più importanti premi di architettura in Italia. Ringraziamo tutti gli intervenuti per i loro contributi.
Premi: occasioni didattiche e di formazione professionale di Paolo Marconi I Concorsi d’architettura destinati alla progettazione di nuove opere sono ovviamente da rapportare alla tipologia d’architetti presenti sul mercato, così come essa è formata, beninteso, dalle Facoltà d’architettura. Ma tra le Facoltà ed il pubblico vi è il filtro dei media, ed oggi, come tutti sappiamo, tale filtro è particolarmente potente, e sovente strapotente, causa la nostra dipendenza dai media. Filtro il quale potrebbe selezionare ed imporre al pubblico casi di studio esclusivamente graditi ai gestori del filtro, nell’ipotesi che essi siano “ sensibili” a questi o quei casi di studio, a queste o quelle tendenze. Così come avviene, peraltro, in ogni campo del marketing, dall’alimentare al culturale. Ciò premesso, va da sé che i “ consumatori” di architettura si attendono dagli architetti i prodotti più pubblicizzati, subendo con ciò inevitabilmente la scelta dei media. Dai media alle Facoltà il circolo si chiude: come potrebbero le Facoltà produrre architetti che contravvenissero al gusto dei media, quasi sempre gestiti – manco a dirlo – dai rappresentanti di alcune Facoltà? Cosa avverrebbe se tali redazioni fossero controllate da una maggioranza d’addetti ai lavori interessata ad una certa moda architettonica – o ad una certa scelta di metodo di conservazione, nel caso del restauro di edifici o ambienti urbani – piuttosto che ad altre? Ciò vale, ovviamente, per qualsiasi prodotto culturale ed artistico: l’Arte contemporanea è condizionata dal suo mercato (guai se così non fosse) ma con ciò paga il suo scotto alla vita: alcune opere o alcune tendenze potrebbero essere oggi sopravvalutate, ma potrebbero essere anche sottova-
lutate, e solo il Tempo farà giustizia. Gli artisti riconosciuti grandi solo post mortem, d’altra parte, riempiono le Storie dell’Arte. Con ciò si è solo alluso al fatto che il circuito mediatico non è necessariamente infallibile, ma è assai potente, e si allude altresì al fatto che spesso le Facoltà sono corresponsabili delle scelte di quel circuito, seppure in posizione occulta rispetto alle Riviste o ai Giornali, i quali sono inevitabilmente più visibili ed ascoltati. Le Scuole Accademiche di una volta non rischiavano di essere subordinate ai media, essendo questi assai limitati per raggio e potenza, e limitandosi alla mera informazione. Esse erano inoltre gestite da Professori rinomati (fino ai primi anni del Novecento Professore era colui che professava bene la sua Arte, tanto da poterla insegnare; il termine Professionista non esisteva, si veda il vocabolario Fanfani, edizione del 1905). Tali Professori, se giovani e brillanti, insegnavano l’Architettura Teorica, se anziani ed esperti, insegnavano l’Architettura pratica. Come rispettivamente Raffaele Stern e Giuseppe Valadier presso l’Accademia di San Luca (modello per le altre Accademie italiane, e non solo) nei primi decenni dell’Ottocento. Ai Concorsi di Architettura banditi da committenti privati o pubblici destinati ad edifici reali partecipavano i professionisti esperti, spesso in veste d’imprenditori edili (da Bramante ai settecenteschi romani); agli architetti giovani provvedeva l’Accademia, celebrando concorsi di “ architettura teorica” dedicati ai giovani e giovanissimi (ai tempi di Mozart e di Valadier avevano talvolta sedici-diciotto anni). Tali Concorsi (vedi i Concorsi Clementini, fondati dal Papa Corsini nel 1712) venivano celebrati solennemente in Campidoglio da Cardinali, ed erano al tempo stesso occasioni didattiche ed occasioni di formazione professionale: l’Accademia indicava la miglior tendenza dell’Architettura grazie a tanta solennità, ed erano quindi i giovani a trainare la maniera dell’Architettura, approvati dai loro Professori, piuttosto che i vecchi professionisti sparsi sul mercato. In quei Concorsi si offrivano occasioni di progettazione a scala urbana come pure a scala di dettaglio, con una scelta superiore per occasioni a quella offerta dal mercato. Alcuni esempi? Eccoli: “ Grande Palazzo” , Concorso accademico del 1681: F. Barigioni primo premio, C. Parenti terzo premio; “ Pubblica curia coi suoi annessi” , Concorso Clementino del 1704: G. Bazzanca primo premio; “ Palazzo reale in villa” , Concorso Clementino del 1705: F. Juvarra primo premio, C.S. Fontana secondo premio; “ Una città in mezzo al mare” , Concorso Clementino del 1732: B. Vittone primo premio, e così via, premiando le promesse dell’architettura in fieri, quali appunto Asprucci, Barberi, Camporese padre e figlio, Gregorini, Juvarra, Marvuglia, Morelli, Passalacqua, Specchi, Valadier, Valvassori, Vittone, fino a G.G. Henry, francese come G. Duran e come G. Gandy che alloggiavano a Palazzo Mancini coi Piranesi, con un tema eseguito in Roma nel 1795 in cui preannunciavano la maniera rivoluzionaria di Boullée prima ancora che ciò avvenisse in patria, contagiando immediatamente i colleghi.
Le illustrazioni sono tratte da: Paolo Marconi, Angela Cipriani, Enrico Valeriani, I disegni di architettura dell’Archivio storico dell’Accademia di San Luca, Roma, De Luca, 1974.
Cosa fare oggi, se le cose stanno come le ho descritte all’inizio? Sembra ovvio, a tal punto, aprire i Concorsi ai Giovani nelle loro Scuole, seguiti dai loro migliori Professori, sottraendoli al ghetto infantilizzante in cui rinchiudiamo gli uni e gli altri coi nostri progettini di stampo professionalistico: i loro prodotti sarebbero in tal modo gli esempi di riferimento anche pei professionisti lontani dalla didattica. Certo, alcune Scuole sarebbero penalizzate, specie le più periferiche, ma ciò dipenderà in buona parte anche dalla perifericità culturale ed artistica di quei professori che non fossero giunti all’apice qualitativo della loro carriera, e di migrazioni dei migliori professori da scuole periferiche a scuole centrali è piena la storia anche recente dell’Architettura e delle sue Scuole. I media seguirebbero tali Scuole con maggiore assiduità, e limiterebbero la casistica professionale ai casi davvero eccellenti. Certo, tutto ciò richiederebbe che vi siano davvero delle Scuole d’eccellenza, e questo è davvero un argomento difficile: alcune Scuole sono meno eccellenti a causa dell’impreparazione di base degli allievi ad esse ammessi, o a causa della minore eccellenza dei loro professori? Non voglio soffermarmi su questo punto, se non espressamente invitato. In ogni caso ho opinioni assai precise in materia, che non riscuoterebbero l’approvazione di molti miei colleghi, dal momento che riguardano proprio la filosofia e la pratica della didattica universitaria architettonica – ma non solo – oggi in Italia. E dunque riguardano il livello d’eccellenza delle nostre Scuole: abbiamo noi nelle nostre Scuole altrettanti ed altrettali Professori ed altrettanti ed altrettali allievi che nel Settecento, e sono esse ed essi in condizione di indirizzare virtuosamente i media? In un Paese in cui le Facoltà di architettura pullulano come caserme di carabinieri (Cervellati) ed in cui la didattica è affidata in buona parte a volenterosi ma inesperti ricercatori, se non ai “ professori fatti in casa” cui allude A. Panebianco, l’impresa è difficile, ma non dobbiamo considerarla disperata. Ne va dell’Architettura.
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Premio Europeo di Architettura Luigi Cosenza di Gianni Cosenza Il Premio di Architettura intitolato a Luigi Cosenza, nasce nel 1990, a Napoli per iniziativa della Clean, cooperativa attiva nella disciplina dell’architettura attraverso una articolata e complessa attività di Libreria e Casa Editrice specializzata, con una particolare attenzione a promuovere il lavoro della nuova generazione. Il Premio istituito nel 1990, a cadenza biennale, riservato ad architetti ed ingegneri con meno di 40 anni, si propone “ di selezionare e far conoscere i progetti della nuova generazione che si distinguono per rigore di idee e tecniche applicate ad una ricerca nel moderno dei fondamenti dell’archi-
Concorso Accademico del 1681. Primo Premio, Filippo Barigioni, Grande Palazzo. Piante e prospetto, penna e acquarello.
tettura” , di coniugare impegno e architettura di qualità con le nuove generazioni di progettisti, di mettere in risalto le esperienze più interessanti della nuova generazione, di confrontare esperienze diverse, in aree diverse del territorio, di innescare un’iniezione di fiducia, di contribuire a creare un movimento di opinione favorevole, di proporre all’attenzione e divulgare le esperienze più significative.
Per le edizioni tenutesi dal 1990 al 1998 il Premio prevedeva due sezioni distinte: una per il miglior progetto realizzato, l’altra per il miglior progetto non realizzato. La volontà di partecipare al Premio è stata subito forte, ma il percorso fin dall’inizio non è stato facile, abbiamo attraversato momenti difficili, a volte abbiamo avuto problemi a trovare gruppi di progetti qualificati, sembrava quasi che la nuova generazione non volesse o potesse confrontarsi con la costruzione e con il cantiere, e che fosse condannata al disegno. Questa realtà – naturalmente parlo di linee generali, dove non sono mancate nelle varie edizioni ottime architetture realizzate – ha certamente determinato un sicuro gap con le contemporanee esperienze europee.
gnani, Odile Seyler, ha segnalato una crescita certa rispetto alle precedenti edizioni, in particolare dell’architettura italiana che è stata premiata con chiarezza e si è dimostrata pronta a competere alla pari con le migliori esperienze europee; una partecipazione, quella italiana, molto varia, diffusa, che ha coperto in maniera abbastanza omogenea l’intero territorio nazionale. Un secondo punto è un livello medio che si è manifestamente elevato: la gran parte dei lavori ha segnalato un impegno reale nella costruzione della città, del territorio, non più e non solo la casa isolata, non più e non solo l’opera prima, non più e non solo le tante cappelle funerarie che pervenivano in concorso, non più e non solo il piccolissimo
Forum
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Concorso Accademico del 1681. Terzo Premio, Pietro Paolo Scaramella, Grande Palazzo. Pianta, penna e acquarello.
Per elevare il livello del confronto sull’architettura costruita e per meglio evidenziare le differenze, dall’edizione del 2000, abbiamo fatto diventare europeo il Premio e lo abbiamo concentrato unicamente sul progetto realizzato, assegnando un primo premio di 7000,00 Euro, con cinque menzioni speciali di 1000,00 Euro ciascuna. E naturalmente il passaggio europeo ha determinato per noi notevoli difficoltà anche tecniche: e la prima edizione, quella del 2000, è stata in qualche modo una prova ed una verifica ed ha in parte confermato questo gap, premiando prevalentemente progetti non italiani, pur nella buona qualità di alcune architetture. Risultati interessanti si sono avuti con l’edizione del 2002, che si è conclusa a Napoli nel novembre 2003, con la premiazione e la mostra dei 40 progetti vincitori e selezionati e raccolti nel catalogo curato ed edito dalla Clean. La giuria, composta per questa edizione da Gianni Cosenza (presidente della Clean), da Mario Botta, Alberto Campo Baeza, Benedetto Gravagnuolo, Vittorio Magnago Lampu-
intervento, ma un confronto su temi più complessi. Abbiamo riscontrato una diversità del dibattito e degli approcci, non più un unico fanatismo, ma una diversificazione nell’affrontare i diversi temi e le diverse fasi della costruzione. Strettamente legato a queste considerazioni, la giuria ha rilevato un giusto atteggiamento chiamiamolo di regionalismo europeo, di attenzione costante al proprio luogo, non in termini vernacolari, ma in termini di giusta preoccupazione e coniugazione del progetto con le caratteristiche peculiari del proprio territorio e delle sue specifiche esigenze. Un altro punto significativo è la grande varietà tipologica e la grande scala. Ci siamo trovati a giudicare un ampio ventaglio, come non era avvenuto prima, di temi architettonici di cui alcuni nuovi e insoliti (un casinò, una stazione di servizio, un piccolo campeggio in legno in un bosco), difficilmente e raramente affrontati con sensibilità con l’architettura e trattati invece con atteggiamento corretto e positivo.
Il tema dominante delle competizioni è sempre più rappresentato dall’eccezionalità o addirittura dalla spettacolarità dell’intervento progettuale. Per sembrare più convincenti molti architetti formulano progetti con caratteri molto riconoscibili, contraddistinti da soluzioni funamboliche e stravaganti, propongono delle pre-figurazioni o riproduzioni in piccola scala di architetture realizzate da star “ all’ultima moda” , quelle più reclamizzate dalle riviste di settore. I concorsi diventano così delle occasioni per esprimere un furore retorico-figurativo ben lontano dall’ambiente socio-economico e culturale. In alcuni casi i concorsi non migliorano la poca competenza tecnica unita ad una scarsa capacità previsionale di molti
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Infine in questa edizione del Premio è entrato con decisione il progetto a grande scala (un’università a Madrid, un edificio a torre in Piemonte, un grande albergo a Roma, un municipio a San Gallo, l’Office Building a Klaus), affrontato con grande competenza e professionalità. La nuova generazione si sta inserendo nel processo produttivo anche attraverso commesse pubbliche, in gran parte derivate da concorsi vinti, entrando a pieno titolo nel processo di costruzione della città moderna europea. Tre ultime, ma fondamentali, osservazioni che confermano la positività ed utilità del Premio: la prima è che l’iniziativa, tenuto conto che si è svolta con continuità da ben 14 anni, ha consentito di costruire un patrimonio documentale di quello che ha prodotto la nuova generazione italiana e sta ormai conseguendo uno spaccato anche della situazione europea, assolutamente originale. La seconda è che il nostro lavoro, svolgendosi ininterrottamente tra un’edizione e l’altra del Premio attraverso una costante opera di monitoraggio, ci consente di conoscere, in maniera sempre più profonda e affinata le esperienze europee più interessanti. Infine sulla giuria, ultima considerazione, ma forse la più importante: credo che una fondamentale arma di successo sia un’affiatata e indipendente struttura che giudica i progetti. In questi anni tutte le nostre giurie, che si sono anche modificate nel corso degli anni, hanno sempre operato in un’atmosfera di serenità, di correttezza, di impegno e di amichevole entusiasmo durante i lavori di selezione. E vi assicuro che questa è un’assoluta eccezione.
L’architettura italiana emergente tra premi e competizioni di Vincenzo Latina Negli ultimi anni, in Italia, va sempre più affermandosi una nuova sensibilità nei riguardi dell’architettura contemporanea. A questo fenomeno hanno senza dubbio contribuito la promozione di mostre, concorsi di ogni genere e premi di architettura. In questo contesto di rinnovato interesse, gli architetti diventano sempre più consapevoli del loro ruolo nella società. Assumono spesso un atteggiamento diverso nei riguardi della committenza: non sono più interlocutori appiattiti o meri esecutori di scelte preordinate. Una nuova dimensione culturale caratterizza una professione di forte impronta intellettuale, in cui gli architetti sono gli artefici preposti alla trasformazione del territorio. Nel contempo tale condizione può produrre delle stravaganti trasformazioni. Molti architetti oggi oscillano pericolosamente tra l’assolo dell’artista intento a produrre necessariamente l’opera d’arte di grande implicazione formale, carica di eccessi e necessariamente riconoscibile, e una prassi progettuale sedentaria vincolata a solide ancore procedurali. Nell’architettura contemporanea si “ parla” sempre meno sottovoce; nei concorsi la ricerca ossessiva dello slogan dell’ultima moda pervade molti architetti. Personalmente credo molto nell’importanza delle competizioni e dei premi d’architettura: stimolano il dibattito sulla città e il territorio e soprattutto possono offrire nuove opportunità a tanti giovani architetti di talento purtroppo poco conosciuti. Gli esiti di molti premi e concorsi fanno però emergere dei punti di crisi. A tal proposito vorrei proporre una breve riflessione. Mi vengono in mente almeno tre punti di crisi di questo sistema, che espongo nell’ordine qui di seguito. 1. I concorsi, soprattutto quelli di idee, costituiscono delle occasioni di confronto per giovani professionisti che si trovano nell’impossibilità di avere incarichi di qualsiasi genere.
Concorso Clementino del 1704. Primo Premio, Gaspare Bazzanca, Pubblica curia con i suoi annessi. Pianta, penna e acquarello.
giovani architetti rispetto alla reale fattibilità dei loro progetti. Infatti, non è un caso che l’incertezza delle fasi dell’appalto e della realizzazione (in particolare per le opere pubbliche) attuano “ legalmente” uno scempio dei progetti sviluppati durante e dopo il concorso. 2. Alcuni premi d’architettura, invece di riconoscere le capacità dei concorrenti, hanno l’obiettivo di accreditare e perpetrare soprattutto le dottrine dei singoli giurati. A tal riguardo si assiste a una paradossale e sconcertante dimostrazione muscolare tra giurati che “ casualmente” trovano durante l’iter dei concorsi i propri adepti o meglio ancora i più stretti collaboratori. Il premio diventa così l’occasione più propizia per ricambiare l’appiattita militanza intellettuale, fedelmente aderente alle proposizioni del celebrato “ maestro” di turno. Non a caso alcuni architetti partecipano alle competizioni soltanto per “ chiamata diretta” , in base al grado di capacità d’“ introduzione” nelle commissione giudicatrici. Un sistema sconcertante e più pericoloso è quello costituito da lobby di architetti-giudici, che a turno (i giudicati e i giudicanti), attraverso delle vere e proprie “ triangolazioni” , si
scambiano vicendevolmente premi di ogni sorta e natura. 3. I premi stanno diventando di moda, alcuni sono sponsorizzati da amministrazioni locali ed enti che all’improvviso, sotto celate giustificazioni d’ordine “ culturale” , cercano di riciclarsi a basso costo. Al termine della competizione, una volta spenti i riflettori, gli enti che cercavano soltanto di promuovere se stessi, paghi della pubblicità ricevuta, non danno quasi mai un seguito, con atti concreti, alla promozione degli architetti più giovani, magari quelli appena premiati. Tutto cade nel nulla? Non direi. Generalmente accade che per i piccoli incarichi di progettazione, subentra nuovamente il tecnico di fiducia oppure in alcuni casi il “ giudice-architetto” di chiara fama è incaricato dall’amministratore di turno. Questa situazione va soprattutto a scapito di tanti giovani architetti. Ritengo che non siano le coppe o le medaglie il premio più importante da attribuire sotto temporanei riflettori, ma l’opportunità di sperimentare concretamente l’architettura dei giovani attraverso la realizzazione dei loro progetti. L’architettura si manifesta principalmente con la costruzione alimentata da una necessaria dose di visionarietà.
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Premio M antero: una riflessione sul progetto nella scuola di Martina Landsberger
Concorso Clementino del 1705. Primo Premio, Filippo Juvarra, Regio palazzo in villa per il diporto di tre personaggi (pianta generale; prospetto, sezione e pianta del piano terreno e del piano nobile. Piante, prospetti, sezioni.
Nel 2002 la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano ha istituito un premio per la migliore tesi di laurea di ogni anno accademico intitolato a Enrico Mantero. Mantero, allievo di Ernesto Nathan Rogers, è stato professore di Composizione Architettonica a partire dagli anni Sessanta prima, presso il Politecnico, poi, fino al 2001, anno della sua scomparsa, presso la Facoltà di Architettura Civile scuola in cui egli ha creduto fin dai primi progetti di fondazione e che successivamente ha contributo a costruire. Obiettivo del premio è quello di indurre una riflessione critica e un dibattito sul lavoro che si compie all’interno della Scuola, lavoro, che nel progetto di tesi di laurea, ha il suo momento di verifica conclusivo. È, infatti, il progetto l’elemento intorno a cui questa Scuola ha scelto di costruire il proprio percorso formativo, sia triennale che specialistico. Sia che si tratti di un progetto architettonico, che di un progetto urbanistico o di restauro o di interni, ecc. questo è l’obiettivo cui lo studente deve sempre e necessariamente aspirare. In questo senso, la selezione delle tesi, in entrambe le edizioni del Premio ha inteso rappresentare la varietà dei campi progettuali. Nel 2002 le dieci tesi selezionate hanno riguardato progetti urbani, in contesti italiani ed europei, come pure progetti di recupero o di consolidamento strutturale. La stessa procedura è stata adottata quest’anno che ha visto la selezione di un maggiore numero di progetti. Dal punto di vista procedurale ogni anno le quattro commissioni di laurea della facoltà selezionano le tesi migliori discusse nelle diverse sessioni. Una volta scelti, i progetti vengono esposti in una mostra pubblica, che si svolge internamente alla facoltà, la cui inaugurazione coincide con la cerimonia di apertura dell’anno accademico. Sempre in questa stessa giornata, a conclusione della prolusione affidata ogni anno a un diverso docente, vengono proclamati i vincitori. Nelle due edizioni del premio si sono avvicendate due differenti giurie. Nel 2002 ci si era, infatti, affidati a una giuria interna, composta da Antonio Monestiroli, Marco Dezzi Bardeschi, Antonio Acuto, Giancarlo Consonni e Matilde Baffa. Quest’anno invece si è scelto di coinvolgere, oltre al Preside, anche due docenti esterni alla Facoltà: Franco Pu-
rini e Luciano Semerani in rappresentanza rispettivamente della Facoltà Valle Giulia di Roma La Sapienza e della Facoltà di Architettura dello IUAV di Venezia. Nella prima edizione del Premio la commissione dopo aver esaminato i dieci progetti selezionati ha conferito sei menzioni speciali, delegando poi il Preside a scegliere la tesi vincitrice. Precisamente, hanno ricevuto una menzione: Alberto Soci (La biblioteca europea d’informazione e cultura in via Larga); Bruno Melotto (Residencity. Proposta di un sistema residenziale urbano); Chiara Frigerio (L’intervento di emergenza dopo il terremoto. Le opere provvisionali); Gilles Orso Berrino (Progetto per un museo dei treni, Villanova i la Gertrù); Letizia Lamia e Chiara Martini (Oltre Bicocca. Nuove connessioni contro la frammentazione della città). Francesca Marcolongo (Nel Mediterrraneo: nuovi ruoli per il porto di Salonicco) è risultata invece la vincitrice. Quest’anno la Commissione, dopo aver scelto il progetto vincitore di Gianfranco Buzzi, Elena Magalini, Alessio Pierro (La fabbrica mantovana: università e nuovo polo museale) ha segnalato, come particolarmente interessanti, le quattro tesi di: Giorgio Cubeddu e Nicola Cimarosti (Progetto per un ingresso al Castello di Milano e un nuovo acquario civico nel parco Sempione) con menzione speciale; Marco Andreula, Roberta Colciago, Anna Dal Sasso, Francesco Fallavollita, Niccolò Menichini (Una città di fondazione sul Po); Nicola Russi (Discontinuità Continua. Nuove forme insediative nel nord Milano) e Ilaria Farina (L’irrisolto “ caso Marchiondi” ). Il premio per i vincitori di entrambe le edizioni è consistito in una somma pari a 2.500,00 Euro. Tutti i concorrenti hanno, inoltre, ricevuto un “ diploma di partecipazione” .
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Architetture e territorio. Premio di Architettura Città di Oderzo-Triveneto di Gianfranco Pizzolato Istituito nel 1997 col fine di promuovere la diffusione della qualità del paesaggio nel Triveneto, il Premio di Architettura Città di Oderzo è giunto quest’anno alla sua VII edizione, sostenuto da un crescente riscontro d’attenzione da parte dei media e, soprattutto, del pubblico dell’architettura. In un panorama contraddittorio dove eventi e pubblicazioni si susseguono con ritmo incalzante, cui non sempre corrisponde altrettanta cura nell’approfondimento delle condizioni di lavoro del mestiere degli architetti e dei paesaggisti e in cui le pubblicazioni di settore in modo incerto sanno distinguere tra il dovere di informazione e la necessità critica, il Premio di Architettura Città di Oderzo si caratterizza di anno in anno per essere un qualificato punto di riferimento di una possibile riflessione sullo stato dell’architettura nelle regioni del nord-est. L’alto livello qualitativo dei progetti candidati, la varietà dei temi affrontati, la presenza numericamente rilevante di giovani progettisti sollevano il velo che nasconde una realtà assai più interessante di quanto non venga normalmente presentata dalle miopi, ma patinate, riviste specialistiche. Luoghi appartati, temi anche minuti, questioni forse lontane da quelli che vengono comunemente additati come i luoghi deputati (fisici e mentali) di riferimento del dibattito contemporaneo. “ Promuovere la cultura dell’architettura e dei paesaggio come interesse primario collettivo alla cui valorizzazione partecipa, come risorsa sociale ed economica, l’iniziativa pubblica e privata” rimane, l’obiettivo fissato dallo Statuto del Premio che, con grande sensibilità, ha anticipato quella “necessità” estetica del paesaggio antropizzato, recentemente rilanciata dall’annunciata legge sulla qualità dell’architettura.
Concorso Clementino del 1705. Secondo Premio, Carlo Stefano Fontana, Regio palazzo in villa per il diporto di tre personaggi. Pianta; prospetto e sezione, penna e acquarello.
Il premio intende rilanciare il primato dell’architettura come “ arte civile” e spostare l’attenzione da un regime prevalentemente normativo e vincolistico teso a “ limitare” l’impatto delle costruzioni sul territorio, ad un’azione propositiva e di incoraggiamento delle valenze interpretative del “ progetto” , inteso come capacità di “ Ieggere” le vocazioni di uno specifico territorio e interpretarle con un atto creativo che ne traduca i fattori di permanenza nei contesti dei nuovi bisogni. Il premio intende in definitiva ribadire come solo potenziando un’interpretazione del progetto come modificazione consapevole degli assetti ambientali si può dare uno sbocco operativo a quella diffusa ansia di qualità caratteristica delle società ad elevato gradiente di sviluppo economico. Accanto alle evidenti insufficienze di una politica di tutela basata sulle sole indicazioni dei “ limiti” , emerge con forza dalle opere premiate, il tema della nuova architettura come elemento strategico per la ridefinizione di un quadro organico, dove il nuovo e l’antico figurino complementari e non conflittuali. L’aver puntato sulla dimensione regionale è elemento di forte responsabilizzazione del Premio; una maniera per con-
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Concorso Clementino del 1732. Primo Premio, Bernardo Vittone, Una città in mezzo al mare. Pianta generale; pianta dell’università, del duomo e vescovado, della curia e dell’accademia dell’arte. Prospetto di un edificio, penna e acquarello.
tribuire concretamente a quell’assetto “ federalistico” della Nazione troppo spesso inseguito dalla politica in termini puramente ideologici. Non è un caso che, in situazioni territoriali non molto dissimili in fondo dal contesto dei Triveneto, amministrazioni coraggiose abbiano intrapreso da anni una strada assai simile a quella suggerita dal Premio di Architettura Città di Oderzo: valga per tutti, ad esempio, il Riconoscimento della Provincia del Tirolo per i nuovi edifici, che dal 1985 ha sistematicamente promosso la ricerca di un’edificazione di qualità. “ Prendersi cura di un territorio segnato da una specifica tradizione e vocazione vuol dire, anche avere a cuore lo sviluppo di una ‘tradizione del nuovo’ aperta alla sperimentazione architettonica, nella convinzione che ogni momento storico debba ridefinire di volta in volta il suo contesto ideale ed operativo, rinunciando a considerare la tradizione come un segmento immutabile dei passato (F. Irace, presentazione del premio alla stampa, Triennale di Milano, ottobre 2003). L’attribuzione dei Premio di Architettura Città di Oderzo e le iniziative ad esso collegate (convegni, mostre, pubblicazioni, ecc.) vanno in questa direzione, nella convinzione che la diffusione degli esiti positivi dell’architettura di qualità possa essere stimolo ed esempio alla comunità professionale e a quella amministrativa e pubblica. Il Premio di Architettura Città di Oderzo è stato assunto dalla Provincia di Treviso e dal Coordinamento degli Ordini del Triveneto come appuntamento culturale chiave per una serie di ragioni ideali e pratiche che si connettono al “ dramma” che l’intera Regione sta vivendo in ordine alla trasfigurazione dei sui paesaggi – là dove per paesaggio si intenda non tanto la dimensione dei pittoresco, quanto piuttosto il risultato della interazione fra un ambito territoriale, le sue risorse naturali e lo sviluppo di una Comunità. Nulla di più del paesaggio è in grado di esprimere le coordinate culturali – cioè la sensibilità estetica, l’attitudine produttiva, il livello tecnologico, gli assetti sociali – di un soggetto collettivo che abita un territorio, lo trasforma, adattandolo alle proprie esigenze. Il Premio ha un programma preciso di ricerca e informazione: far emergere quel tessuto di qualità che molto spesso è sottratto alla cronaca e nascosto nella prassi quotidiana del fare professionale; rilevare quanto sia importante la combinazione fra sensibilità della committenza, preparazione del progettista, competenza della produzione edilizia nelle trasformazioni del complesso e fragile ambiente antropizzato del nord-est. Rendere evidenti questi aspetti, in un clima sociale non
troppo attento, è un investimento doveroso e necessario per migliorare la qualità dell’ambiente, ma anche delle condizioni dell’operare professionale, supportati da una cultura architettonica e ambientale più attenta e più diffusa. Per questo sin dal 2000 l’Ordine si è affiancato e ha co-partecipato all’iniziativa già in essere nella città di Oderzo dal 1997. Il Comitato Scientifico, originariamente composto degli architetti Marco Mulazzani, Gino Malacarne e Sergio Polano, successivamente integrato con gli architetti Pierantonio Val e Alfonso Cendron, dal 2002 è stato nominato nelle persone degli architetti prof.ri C. Magnani (presidente), V. Savi, F. Irace, S. Brandolini e Jordi Querol Piera (Spagna). Nei progetti presentati, e in particolar modo in quelli segnalati, si gioca una battaglia importante per l’approfondimento dello studio dei caratteri e della qualità insediativa e paesaggistica della realtà del Triveneto. I progetti appaiono colti e aggiornati, non meccanicamente alla moda; i maestri evocati, ma senza nostalgie; le calligrafie libere, ma rigorose, senza virtuosismi esibiti; progetti tutti che si prendono cura del territorio e del terreno su cui insistono nel momento in cui ne modificano l’aspetto. Per l’edizione del 2003 la giuria ha voluto cogliere l’occasione offerta dal nuovo statuto del premio per ribadire l’importanza del rapporto fra committenza e progettista attribuendo un premio speciale al Laboratorio di prove dei materiali IUAV progettato da Francesco Venezia. La segnalazione in questo caso non vuol essere solo un riconoscimento al progetto che giustamente ha già ottenuto ampi e meritati riconoscimenti dalla critica specializzata, ma anche al committente per aver saputo scegliere e per aver creduto che anche un tema così inusuale (che poteva sfociare in una soluzione banale se non triste), potesse essere diversamente oggetto di un progetto di architettura, occasione di riscatto di un contesto degradato, e per averne con determinazione portato a termine la realizzazione. Molti dei progettisti scoperti e segnalati dal Premio di Architettura-Città di Oderzo, hanno successivamente avuto altri importanti riconoscimenti in concorsi, premi e dalla Biennale di Architettura di Venezia, a dimostrazione della serietà e accuratezza delle scelte fatte negli anni dalla stessa giuria del Premio. L’attività del premio Oderzo, la sua mostra e le sue pubblicazioni, dimostrano l’utilità dei premi per far emergere e sostenere la fatica della pratica professionale ed incoraggiare la scoperta dei nuovi talenti in architettura e paesaggio. Al CNAPPC spetterà ora un ruolo attivo nel divulgare, valorizzare e sostenere adeguatamente i vari premi che – come questo – svolgono una funzione essenziale nel panorama della cultura architettonica-paesaggistica del paese.
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Concorso Clementino del 1795. Primo Premio ex-aequo, Giorgio Duran, Nobile Cappella Sepolcrale. Pianta; pianta e prospetto; prospetto e sezione, penna e acquarello.
Premi di architettura in Italia a cura di Silvia Malcovati
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La virtù è vero premio del suo possessore Leonardo da Vinci Nella definizione etimologica del termine (dal latino praemium, composto di prae- “ prima” e emere “ guadagnarsi” ), un premio corrisponde a qualcosa che il premiato si è conquistato prima, con il lavoro, l’impegno, il frutto del suo ingegno. Un premio è quindi un riconoscimento di merito, una attestazione del valore di una persona, di una sua qualità o di un’azione; una ricompensa attribuita per ripagare di lavoro e sacrifici o, anche, per incoraggiare alla continuità e alla perseveranza nel proprio operare. Un premio è conferito a un individuo (o a un gruppo di individui) da una collettività e genera in chi lo riceve soddisfazione, gratificazione, stimoli e incentivi (anche economici e pratici) a crescere e migliorare. Anche un premio di architettura è tutto questo: un riconoscimento di merito ad un architetto per un’opera o un progetto di architettura particolarmente significativo, una attestazione del suo valore agli occhi della comunità scientifica (ma anche della collettività cui è destinato), una ricompensa per il lavoro materiale e intellettuale che ne ha reso possibile la realizzazione. Un premio di architettura è una cosa importante e nobile, che riconosce all’architetto un ruolo effettivo nella costruzione della città e del territorio, ma anche un ruolo culturale e intellettuale. Un fatto tutt’altro che ovvio, soprattutto oggi. Di fronte alla situazione dell’architettura contemporanea, è infatti difficile immaginarsi un procedimento di riconoscimento e di consenso simile a quello sopra descritto. È difficile immaginarsi un premio di architettura nel momento in cui non è ben chiaro neppure quale sia il ruolo dell’architetto e quale lo scopo di una architettura. Cosa si premia, e perché? Credo che sia estremamente difficile, nei premi (così come anche nei concorsi), stabilire che cos’è una buona architettura, quali sono i valori di cui deve farsi portatore un buon progetto (ferma restando la sua risposta tecnica agli obiettivi pratici), quale ne sia il significato. È interessante osservare, allora, chi promuove e conferisce i premi e quali sono gli obiettivi e le motivazioni per cui vengono istituiti, nonché i procedimenti che guidano la scelta dei candidati e i criteri che determinano la selezione dei progetti premiati. Da questo punto di vista, emerge come i premi si siano moltiplicati negli ultimi anni (risultano, per la maggior parte, istituiti o ripristinati negli ultimi dieci anni), e come non siano più solo i soggetti tradizionali a bandirli (accademie, confraternite, ecc.), ma una molteplicità di soggetti pubblici e privati, con finalità e intenzioni molto diverse. Ci sono premi ai progetti e alle opere realizzate, premi alla carriera e all’opera prima; premi per l’uso di materiali o tecniche costruttive, e premi per progetti realizzati in certi luoghi o di un certo tipo; premi, infine, alla committenza di architettura. A livello locale, regionale, nazionale e internazionale. È sorprendente quanti premi ci siano. E di conseguenza quante architetture premiate. Un dato sicuramente importante, segno di un interesse per l’architettura che cresce e si allarga, coinvolgendo un pubblico esteso e diversificato, ma anche sintomo di un disorientamento che suscita qualche perplessità. Sorge infatti spontanea la domanda: perché un progetto è importante e importante agli occhi di chi? Della società che ne ha realmente bisogno o piuttosto di quella sua piccola porzione tendenziosa che è una giuria? Che senso ha tutto questo rispetto ad un reale momento di riflessione sull’architettura, ad una crescita positiva della disciplina? Credo che il panorama attuale dei premi suggerisca quella stessa tendenza alla crescita indiscriminata e senza direzione che caratterizza molti aspetti dell’architettura contemporanea. Le copertine delle riviste di settore, i risultati dei concorsi, e anche spesso le attribuzioni degli incarichi, sembrano mostrare un catalogo tanto variato e aperto quanto disomogeneo e disarticolato di architetture, tale da far riflettere seriamente sul rapporto tra valore reale delle proposte progettuali e valore mediaticocommerciale delle immagini che ad esso si sovrappongono. Per questo forse, oggi più che mai, è decisivo e auspicabile, prendendo a prestito l’aforisma di Leonardo, guardare alla sostanza più che all’apparenza. In architettura: alla sostanza di un lavoro serio, onesto e motivato, di una ricerca solidamente fondata su valori autentici e condivisi, che abbia come obiettivo soprattutto (e prima di ogni riconoscimento fasullo) quello di rendere felice la vita, come Leon Battista Alberti raccomanda.
Premi nazionali PREM IO INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA FRANCESCO BORROM INI Ente banditore: Comune di Roma. Anno di istituzione: 2001. Cadenza: biennale. Finalità e tema: consolidare ed ampliare la partecipazione di organismi e soggetti a finalità pubblica che operano a Roma e nel territorio nazionale, privilegiare le giovani generazioni e conseguire la creazione di un parco di architetture socialmente utili e progettate dai vincitori. Condizioni di partecipazione: per categorie o aree tematiche. Categorie: il premio è articolato in due sezioni: il Premio Borromini e il Premio Borromini Giovani (architetti la cui età sia inferiore ai 41 anni). Premio: il Premio Borromini nel 2001 è consistito in una somma in denaro pari a 200 milioni di lire; il Premio Borromini Sezione Giovani in una somma pari a 100 milioni di lire. Per entrambi i vincitori era previsto inoltre un trofeo realizzato da Bulgari. Giuria: per il Premio Borromini nel 2001, Jean Baudrillard, Luciano Benetton, Jean Louis Cohen, Zaha Hadid, Paolo Portoghesi e Richard Rogers e il Sindaco di Roma. Per il Premio Borromini Sezione Giovani la
giuria è stata costituita da Shigeru Ban, Francesco dal Co, Javier Mariscal, Carme Pinos e Domenico Cecchini. Informazioni: Comune di Roma, VI Dipartimento, XI unità organizzativa “ segni di qualità” , via del Turismo 30, 00144 Roma, tel. 06 67106645/67106533, interventidiqualita@comune.roma.it. Pubblicazioni: 40 The New Generation of International Architecture, Skira, Milano, 2002 (relativa solo al premio giovani); “ Casabella” , anno LXV, luglio-agosto 2001. I premiati dell’ultima edizione: vincitore Categoria Senior, Jean Nouvel. Candidati finali: Patrick Berger, Peter Eisenman, Jacques Herzog&Pierre De Meuron, Aimaro Isola, Toyo Ito, Imre Makovecz, Rafael Moneo. Vincitore Categoria Junior: Mathias Klotz. Menzione speciale: Bernard Khoury. Candidati finali: ARO Architectural Research Office, CamenzindGrafensteiner AG, Jae Cha, Peter Ebner, Shuhei Endo, Jakob+MacFarlane, Jean Philippe Lanoire, Sophie Courrian, Alfredo Payà Benedito.
Mathias Klotz, vincitore della categoria giovani. M EDAGLIA D’ORO ALL’ARCHITETTURA
Ente banditore: Triennale di Milano. Anno di istituzione: 2003, in occasione della XX Esposizione Internazionale “ La memoria e il futuro” . Cadenza: triennale. Finalità e tema: promuovere e riflettere sulle nuove e più interessanti opere costruite nel paese e sui protagonisti che le rendono possibili. Condizioni di partecipazione: il premio viene attribuito a tre diverse categorie. In particolare viene conferita la Medaglia d’Oro all’opera, la Medaglia d’Oro all’opera prima e la Medaglia d’Oro alla Critica. Premio: attestato di partecipazione. Giuria: Giancarlo De Carlo, Pio Baldi, Gillo Dorfles, Kurt Forster, Henk Hartzema, Vittorio Magnago
Lampugnani, Alexander Tzonis, Gino Valle, Luca Molinari. Informazioni: Triennale di Milano -Palazzo dell’Arte, viale Alemagna 6 - 20123 Milano - Segreteria Organizzativa del Premio: tel. 02 72434210, fax 02 72434248 www.triennale.it, e-mail: medaglia.architettura@triennale.it. Pubblicazioni: catalogo bilingue (italiano/inglese), pubblicato da The Plan, Arts & Architecture Editions. I premiati delle ultime edizioni: Premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 1995-2003 • Medaglia d’Oro all’opera: Umberto Riva con Pierpaolo Ricatti, Magazzino Fincantieri, Castellammare di Stabia (NA). • Medaglia d’Oro all’opera prima: Marco Navarra (NOWA), Parco lineare tra Caltagirone e Piazza Ar-
Roma, Auditorium, Renzo Piano. • Medaglia d’Oro alla committenza privata: AMSA Milano, nuovo termoutilizzatore, Quattroassociati. • Medaglia d’Oro alla critica: Pierluigi Nicolin, Lotus e Lotus Navigator.
PREM IO EUROPEO DI ARCHITETTURA LUIGI COSENZA Ente banditore: CLEAN, Cooperativa Libraia Editrice Architettura Napoli. Anno di istituzione: dal 1990 al 1998 cinque edizioni nazionali. Dal 2000 il premio è europeo. Cadenza: biennale. Finalità e tema: premio per il miglior progetto di architettura realizzato negli ultimi cinque anni; il premio ha la finalità di promuovere il lavoro della nuova generazione europea selezionando i migliori talenti e valorizzando la qualità dell’architettura. Condizioni di partecipazione: ingegneri e architetti under 40; il progetto deve essere realizzato negli ultimi cinque anni. Categorie: per le edizioni tenutesi dal 1990 al 1998 il Premio prevedeva due sezioni distinte: una per il miglior progetto realizzato, l’altra per il miglior progetto non rea-
lizzato. Dal 2000 il Premio si articola in un’unica sezione per progetti realizzati. Premio: al vincitore 7.000,00 Euro. Sono previste ulteriori cinque menzioni speciali di 1000,00 Euro l’una. Giuria: per l’edizione 2003 la giuria era composta da Gianni Cosenza, Mario Botta, Alberto Campo Baeza, Benedetto Gravagnuolo, Vittorio Magnago Lampugnani, Odile Seyler. Informazioni: avv. Anna Maria Cafiero Cosenza, 081 55244195514309, e-mail: info@cleanedizioni.it, www.cleanedizioni.it/premiocosenza. Pubblicazioni: catalogo del Premio. I premiati delle ultime edizioni: 2000: Campus Student Housing in Coimbra (Portogallo) di Manuel e Francisco Aires Mateus; 2002 Casa Kessler a Madrid di Alberto Morell Sixto (Spagna).
Umberto Riva con Pierpaolo Ricatti, Magazzino Fincantieri, Castellammare di Stabia (Na), Medaglia d’Oro all’opera. PREM IO GIOVANI ACCADEM IA DI SAN LUCA
Ente banditore: Accademia Nazionale di San Luca. Anno di istituzione: 2001. Cadenza: annuale (dedicato alternativamente a pittura, scultura, architettura). Finalità e tema: Premio per giovani artisti e architetti, volto a sottolineare la tradizione didattica dell’Accademia di San Luca e a promuovere lo studio e la ricerca dei giovani. Condizioni di partecipazione: non aver superato i quaranta anni di età ed essere cittadini italiani o stranieri purché residenti in Italia da almeno cinque anni o borsisti presso accademie e istituti di cultura attivi in Italia. La giuria in una prima selezione sceglie venti progetti che vengono esposti lungo la rampa del Borromini presso la sede dell’Accademia, quindi un’ulteriore sele-
zione indica i tre finalisti fra cui verrà scelto il vincitore. Premio: il progetto premiato viene acquistato dall’ Accademia per 5000,00 Euro e diviene parte della collezione della stessa. Giuria: Francesco Cellini, Danilo Guerri, Aimaro Oreglia d’Isola per l’edizione del 2003. Informazioni: Lorenzo Cantatore tel. 333 2390807 - Accademia Nazionale di San Luca, piazza dell’Accademia di San Luca 77 - 00187 Roma - http://www.accademiasanluca.it - e-mail: segreteria@accademiasanluca.it Pubblicazioni: catalogo annuale (Edizioni De Luca). I premiati delle ultime edizioni: Valdi Spagnulo (2001 - pittura); Paolo Radi (2002 - scultura); Flavio Bruna e Paolo Mellano (2003 - architettura).
Flavio Bruna, Paolo Mellano, Ampliamento dell’Ostello del Parco Naturale delle Alpi Marittime, Trinità di Entracque (Cuneo), 1998-2000, progetto selezionato nella prima fase del Premio.
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merina, Caltagirone - S.Michele di Ganzaria (CT). • Medaglia d’Oro alla committenza pubblica: ex aequo, Comune di Napoli con M.N. Metropolitana di Napoli s.p.a., Nuove stazioni della metropolitana; Comune di
Alberto Morell Sixto, Casa Kessler a Madrid. PREM IO ARCHITETTURA CITTÀ DI ODERZO
Ente banditore: Comune di Oderzo, Assessorato allo sviluppo culturale ed economico della comunità; Ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Treviso; Provincia di Treviso. Anno di istituzione: 1997. Cadenza: annuale. Finalità e tema: il premio viene assegnato a una personalità, a un episodio, a un’attività, a un ente pubblico che si è distinto nel campo delle realizzazioni architettoniche e degli interventi sulla città e il territorio nell’ambito delle regioni Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto, con il fine di promuovere la diffusione della qualità architettonico-ambientale. Condizioni di partecipazione: il progetto deve essere realizzato entro la data in cui avviene la selezione. Categorie o aree tematiche: riqualificazione urbana e ambientale; edifici pubblici; edifici residenziali; edifici industriali e commerciali; parchi e giardini; architetture d’interni. Premio: variabile di anno in anno. Per l’ultima edizione una copia del
servizio fotografico realizzato da Marco Zonta relativo all’opera premiata. Giuria: Carlo Magnani, Sebastiano Brandolini, Fulvio Irace, Jordi Querol Piera, Vittorio Savi. Informazioni: Ufficio Cultura del Comune di Oderzo, tel. 0422 812265, e-mail: cultura@comuneoderzo.it; segreteria dell’ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Treviso, e-mail: infotreviso@archiworld.it. Comitato organizzativo: Gianfranco Pizzolato, Giuditta Rado, Francesca Susanna, Paolo Vocialta. Pubblicazioni: catalogo dei progetti premiati illustrato anche con le fotografie di Marco Zonta. I premiati dell‘ultima edizione: Cigalotto & Santoro, Edificio agricolo sito in Ravosa (Ud); Pardeller & Putzer Architekten, Casa di vacanze della gioventù cattolica in San Lugano; Gerhard Mahlknecht & Heinrich Mutschlechner, progetto di una casa in legno a sistema modulare e a basso consumo di energia a Falzes (Brunico); Franceschinis & Da
Rio associati, nuovo insediamento industriale Asem spa ad Artegna (Ud); Michela De Poli e Adriano Marangon, progetto per la sistemazione architettonica e ambientale del centro storico di Cendon di Si-
lea; Ceschia e Mentil, riqualificazione di piazza dell’unità d’Italia a Trieste; Pisana Posocco e Filippo Lambertucci, ristrutturazione ad uso residenziale di due stalle/fienili in comune di Vittorio Veneto.
PREM IO ARCHITETTURA CONTEM PORANEA ALPINA/ NEUES BAUEN IN DEN ALPEN Ente banditore: Associazione “ Sesto Cultura” , Comune di Sesto, Val Pusteria. Anno di istituzione: 1992. Cadenza: quadriennale. Finalità e tema: incrementare la consapevolezza sulla qualità nell’architettura alpina, all’interno di un dibattito tra tradizione rustica e interpretazione contemporanea e sullo sfondo di una crescente espansione turistica nella regione alpina. Condizioni di partecipazione: progetti realizzati negli ultimi sei anni, costruiti all’interno della regione alpina. Categorie: costruzioni di vario tipo: opere di carattere industriale-tec-
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Premi a tema
nico, di carattere sacrale, opere rurali, opere di carattere pubblico e privato, lavori di progettazione ambientale e urbanistica. Premio: l´ammontare del premio per l´anno 1999 era di 10.000.000 di lire. Giuria: Friedrich Achleitner, Sebastiano Brandolini, Manfred Kovatsch, Marcel Meili, Bruno Reichlin. Informazioni: www.sextenkultur.org Pubblicazioni: catalogo “ Architettura contemporanea alpina” , Edizioni Birkhäuser, Basilea. I premiati dell’ultima edizione: nel 1999 sono stati premiati, Jürg Konzett (Coira, Ch), Peter Zumthor (Haldenstein, Ch).
Pisana Posocco, Filippo Lambertucci, intervento a Vittorio Veneto. PREM IO CONCORSO “TERCAS” ARCHITETTURA
Ente banditore: Istituto di cultura urbana “ no profit” Tetraktis, Teramo, con la collaborazione (per il 2003) della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, Comune di Castellalto (Teramo), Regione Abruzzo, Soprintendenza B.A.P. per l’Abruzzo. Anno di istituzione: 1984 con la denominazione di “ Premio Tercas Architettura” , dal 1992 con l’attuale denominazione. Cadenza: annuale. Finalità e tema: nell’intento di porre l’attenzione sull’importanza dell’architettura nella risoluzione delle problematiche della città contemporanea, ogni anno viene proposto uno specifico tema progettuale di riqualificazione urbana. Condizioni di partecipazione: quota d’iscrizione. Categorie: architetti, ingegneri iscritti ai rispettivi albi professionali. Premio: 1° classificato: Euro 16.500,00; 2° classificato: Euro 9.300,00; 3°
classificato: Euro 6.200,00; 4° classificato: Euro 4.650,00; 5° classificato: Euro 2.100,00. Giuria: per l’edizione del 2003, Andrea Bruno, Mario De Marchis, Danilo Di Dionisio, Cesira D’Innocenzo, Rosario Giuffrè, Carlos Martì Aris, Giuseppe Roscioli. Informazioni: Tetraktis, via San Marino, 7 - 64100 Teramo - tel. 086 211310; fax. 086 212065; segreteria: Simona Corsaro, Natascia Di Gregorio - http://www.tetraktis.it e-mail: tetraktis@virgilio.it Pubblicazioni: il premio prevede la pubblicazione di un catalogo. I premiati dell’ultima edizione: progetto 1° classificato: Marcello D’Anselmo, Gianluca Bozzelli, Nicola Lezzi; 2° classificato: Luciano Cupelloni; 3° classificato: Alessandro Martin Lucca, Enrico Giovandone, Cecilia Vikander; 4° classificato: Bruno Monconi, Giovanni Basta; 5° classificato: Livia Toccafondi, Raffaella Gatti, Noè Marco Sacchetti, Fabio Trinca.
Marcello D’Anselmo, Gianluca Bozzelli, Nicola Lezzi, “ Aggiunta nel tempo” .
Peter Zumthor, Terme di Vals, Grigioni, Svizzera 1996.
Jürg Konzett, Ponte pedonale di Traversina Via Mala, Rongellen, Grigioni, Svizzera 1996.
Ente banditore: Comune di Terni, Assessorato all’Università Ricerca e Innovazione con il patrocinio del TICCIH (The International Committee for the Conservatione of the Industrial Heritage). Anno di istituzione: 2004. La consegna elaborati deve avvenire entro il 15 marzo 2004. Finalità e tema: il premio intende valorizzare e preservare il patrimonio rappresentato dai beni e dal paesaggio industriale e diffonderne la conoscenza a livello nazionale ed europeo. È inoltre volto a stimolare e sostenere le iniziative di salvaguardia, recupero e riuso del patrimonio archeologico industriale, nell’intento di fornire occasioni e proposte di riqualificazione dei territori coinvolti dal fenomeno delle aree industriali “ dismesse” . Condizioni di partecipazione: il bando è riservato a persone, istituzioni ed enti appartenenti ai Paesi dell’Unione Europea e riguarda opere rea-
lizzate non precedentemente il 1997. Categorie: il premio è articolato in tre sezioni: opere realizzate e operanti di salvaguardia, recupero e valorizzazione del patrimonio archeo-industriale dei paesi europei; pubblicazioni riguardanti l’archeologia industriale; tesi di laurea su temi dell’archeologia industriale. Premio: per la prima sezione il premio consiste in un multiplo in metallo di un’opera d’arte assunta come simbolo del Premio, appositamente realizzata da un artista italiano. Per la seconda sezione sono invece previsti due premi in denaro di 2.500,00 Euro ciascuno; per la terza tre premi in denaro di 1.250,00 Euro. Giuria: in corso di definizione. Informazioni: Assessorato all’Università Ricerca e Innovazione del Comune di Terni - Corso Tacito 146 - 05100 Terni, t el. 0744 549010; 0744 431142, fax 0744 58817, e-mail: archeoindustria@comune.terni.it.
PREM IO INTERNAZIONALE ARCHITETTURE DI PIETRA
PREMIO INTERNAZIONALE “ARCHITETTURA SOSTENIBILE” FASSA BORTOLO Ente banditore: Facoltà di Architettura di Ferrara e Fassa Bortolo. Anno di istituzione: 2003, in occasione del decennale della fondazione della Facoltà di Architettura di Ferrara. Cadenza: annuale (31.12.2004). Finalità e tema: il premio nasce dalla volontà di premiare e far conoscere a un ampio pubblico architetture che sappiano rapportarsi in maniera equilibrata con l’ambiente, che siano pensate per le necessità dell’uomo e che siano capaci di soddisfare i bisogni delle nostre generazioni senza limitare, con il consumo indiscriminato di risorse e l’inquinamento prodotto, quelli delle generazioni future. Condizioni di partecipazione: possono partecipare professionisti singoli o studi di architettura o di ingegneria, nati o laureati in Europa, con un solo progetto realizzato. L’opera deve essere realizzata in territorio europeo e ultimata nell’arco degli ultimi cinque anni. Categorie: oltre al premio saranno assegnate due menzioni speciali,
una per la miglior realizzazione relativa a interventi di recupero edilizio condotto con i criteri sopra descritti e l’altra riservata all’opera di giovani progettisti di età non superiore ai 40 anni al momento dell’iscrizione. Premio: premio al vincitore di 5.000,00 Euro; menzioni speciali di 2.500,00 Euro ciascuna. Giuria: il premio è in corso e la giuria in parte è da definire. Sarà comunque composta da: Mario Cucinella, un prof. Della Facoltà di Architettura di Ferrara, un prof. di nazionalità estera, un prof. di età non superiore a 45 anni, un segretario. Informazioni: Segreteria del Premio, Elisa Crocetti, via Quartieri 8, 44100 Ferrara, tel. 339 4979209, fax 0546 665150, e-mail: segreteria@xfaf.it. Pubblicazioni: Il progetto vincitore e tutti quelli ritenuti onorevoli di menzione saranno pubblicati in un fascicolo dedicato all’edizione del premio e diffusi attraverso il sito www.xfaf.it.
PREM IO DI ARCHITETTURA BARBARA CAPPOCHIN Ente banditore: Veronafiere. Anno di istituzione: 1985. Cadenza: biennale. Finalità e tema: conferire un prestigioso riconoscimento agli autori di opere architettoniche recenti nelle quali concezione del progetto e uso dei materiali lapidei abbiano raggiunto un livello esemplare di qualità espressiva. Condizioni di partecipazione: possono partecipare gli architetti. Premio: realizzazione di un volume cont enent e le opere premiate. Giuria: la giuria dell’edizione del 2003 è stata composta da: François Burkhardt, Fulvio Irace, Juan José
Lahuerta, Werner Oechslin e Vincenzo Pavan. Informazioni: dr. Giovanni Mantovani, Direttore Generale Veronafiere, viale del Lavoro 8 - 37100 Verona. Pubblicazioni: Il corpo e l’immagine (per l’edizione 2003). I premiati delle ultime edizioni: per l’edizione 2003 Mario Ridolfi; Conzett-Bronzini-Gartmann AG; AMP Architectos; Kollhoff & Tmmermann; Frank O. Ghery & Ass.; Vincenzo Latina; Hans Hollein; per l’edizione del 2001: Gordon Bunshaft; Fernando Tavora; Gilles Perraudin; Kengo Kuma & Associates; Franco Mancuso.
Ente banditore: Provincia di Padova, Ordine Architetti, P.P e C.; Ordine degli Ingegneri; Collegio Costruttori della Provincia di Padova. Anno di istituzione: 2003. Cadenza: biennale. Finalità e tema: mirato a promuovere la qualità in ambito architettonico, estendendo il riconoscimento oltre che al progettista anche all’impresa di costruzione ed al committente. Condizioni di partecipazione: per opere realizzate sul territorio della provincia di Padova e completate tra il 1° gennaio 1998 ed il 31 dicembre 2002. Categorie: possono essere presentati alla Giuria lavori appartenenti alle seguenti categorie: nuove costruzioni; recupero di costruzioni
esistenti; sistemazione di spazi urbani. Premio: a ciascuna delle categorie verrà assegnato in premio una scultura di un artista di fama internazionale. Giuria: arch. Presidente della Giuria: Raffaele Sirica (Presidente Consiglio Nazionale Architetti); altri membri: prof. arch. Adriano Cornoldi, ing. Alessandro Gattolin, prof. Claudio Modena. arch. Guglielmo Monti, arch. Luigi Ometto, prof. arch. Luigi Snozzi. Informazioni: Mara Martinelli, Ordine degli architetti, Paesaggisti e Pianificatori della Provincia di Padova; Tel. 049 662340; www.archiworld.it; architettipadova@awn.it Pubblicazioni: catalogo dei progetti selezionati
PREM IO INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA TEATRALE
Hans Hollein, parco europeo di vulcanesimo a St. Ours-Les-Roches, Francia.
Ente banditore: Economia&Cultura di Ancona, Associazione Culturale “ Summa Cavea” di Macerata, Fondazione CARIMA di Macerata. Anno di istituzione: 2003. Cadenza: biennale. Finalità e tema: il premio è dedicato a quei progetti che dimostrino attenzione mirata agli interventi di nuovi impianti o alla restituzione alla collettività degli edifici teatrali. Il Premio intende segnalare ed evidenziare, attraverso le indicazioni della Giuria, progettisti, imprese, ed Enti locali che hanno attuato le migliori iniziative di restauro e di recupero, di uso e riuso, o di nuova costruzione del contenitore teatro inteso come bene culturale, attraverso interventi operativi applicabili al settore dell’architettura teatrale.
Condizioni di partecipazione: i progetti partecipanti devono essere stati realizzati negli ultimi tre anni: dal 2001 al 2003. La Giuria, a suo insindacabile giudizio, indica i vincitori, anche se non segnalati. Categorie: sono individuati ambiti differenti entro cui selezionare di volta in volta tre premi. Precisamente: nuovi complessi teatrali, restauro architettonico teatrale, restauro decorativo, restauro arredi, progettazione arredi nuovi, interventi di tecnologia acustica, macchine e struttura di scena, ricerca e sperimentazione (ambito universitario e/o istituti di ricerca). Informazioni: Gabriella Papini, direzione Premio, tel. 071 3580025 - 3589035, e-mail: premioarchitettura@libero.it.
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PREMIO EUROPEO CITTÀ DI TERNI PER L’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
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Pubblicazioni: il premio prevede la pubblicazione di un catalogo. I premiati della prima edizione: categoria progettisti, Studio Arassociati di Milano, per il Progetto di ricostruzione del Teatro La Fenice a Venezia, progetto di Aldo Rossi portato a compimento da Marco Brandolisio, Giovanni Da Pozzo, Massimo Scheurer, Michele Tadini insieme al Maestro Mario Carosi per l’apparato decorativo. Premio per macchine e strutture di scena allo scultore Valeriano Trubbiani, per il sipario tagliafuoco del Teatro delle Muse di Ancona. Premio per progettisti: Stanislaw Fiszer e Jan Raniszewski, e al direttore Maciej Nowak, per la ristrutturazione e l’adeguamento ai sistemi tecnologici moderni e di avanguardia, in particolare per gli impianti di acustica e scenotecnica del Teatro Carbonifero di Danzica-Teatro Riviera. Sono state inoltre attribuite cinque menzioni per specifiche professionalità: menzione per ditte specialistiche: per la ricostruzione in legno del Teatro Globe di Roma a Villa Bor-
ghese a Claudio Devoto. Menzione per imprese e management: alla Fondazione Cassamarca e al suo presidente Dino De Poli per la costituzione della Teatri spa e per il relativo progetto imprenditoriale. Menzione per Enti Locali: al Comune di Pollenza, Teatro Giuseppe Verdi per il mantenimento dell’identità e riconoscibilità urbana e in omaggio alla figura del suo architetto progettista Ireneo Aleandri. Menzione per il recupero e riuso di strutture teatrali: Teatrino di Vetriano, il teatro più piccolo del mondo recuperato dal FAI a Carraia, comune di Pescaglia, prov. di Lucca, a Loredana Cipriani Ciabatti, presidente Delegazione di Lucca del Fai, Sovrintendente del Teatrino di Vetriano. Intervento di restauro architetto progettista Guglielmo Mozzoni. Menzione speciale per Enti Locali al Comune di Bitonto e agli architetti progettisti Domenico Pazienza, Francesco Carbone, ing. Modesto Lo Sito, Vincenzo Galliani e ing.Giovanni Tatulli, per il Teatro Umberto I.
Valeriano Trubbiani, sipario tagliafuoco del teatro delle Muse di Ancona. CITTÀ ARCHITETTURA E PORFIDO
Ente banditore: Ente Sviluppo Porfido (E.S.PO.) in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Ferrara. Anno di istituzione: 2003. Cadenza: biennale (scadenza 31 maggio 2004). Finalità e tema: Il premio ha la finalità di riconoscere progetti e nuove realizzazioni in cui l’impiego del porfido del Trentino risulti significativo sul piano creativo, tecnologico e soprattutto innovativo. L’applicazioni di questo materiale può essere riferita a progetti di spazi urbani, nuovi complessi edilizi, restauri finalizzati alla conservazione, al ripristino di opere esistenti, a sistemazioni esterne e l’arredo urbano. Condizioni di partecipazione: possono partecipare professionisti singoli o studi di architettura o ingegneria europei (compresi i paesi non facenti parte dell‘UE); ogni singolo candidato o gruppo potrà partecipare con un solo progetto realizzato; amministrazioni locali europee (compresi i paesi non facenti
parte della UE) in cui la progettualità è stata sviluppata all’interno dei propri uffici o strutture tecniche da personale abilitato. Categorie: sono previste due sezioni per opere realizzate/ e per i nuovi utilizzi e progettazioni. Premio: 6.000,00 Euro per la sezione opere realizzate e 10.000,00 Euro per la sezione nuovi utilizzi e progettazioni. Giuria: in corso di definizione. Informazioni: Ente Sviluppo Porfido, via S. Antonio 36, 38041 Albiano; Università degli Studi di Ferrara, Facoltà di Architettura, Via Quartieri 8, 44100 Ferrara. Internet: http://www.xfaf.it, e-mail: info@xfaf.it. Pubblicazioni: Il progetto vincitore e tutti quelli ritenuti onorevoli di menzione saranno pubblicati in un volume dedicato all’edizione del Premio. È prevista inoltre la diffusione dell’esito sulla rete web attraverso il sito internet www.xfaf.com del Decennale della Facoltà di Architettura di Ferrara e dell’E.S.PO.
Premi alla committenza PREM IO INTERNAZIONALE DEDALO M INOSSE
Ente banditore: Associazione Liberi Architetti ALA e rivista internazionale di architettura ARCA. Anno di istituzione: 1998 come Premio Regionale delle Tre Venezie, diviene nazionale nel 1999 e internazionale dall’edizione 20002001. Cadenza: annuale (iscrizione 15 settembre 2003-21 gennaio 2004). Finalità e tema: il premio rappresenta un riconoscimento alla qualità dell’architettura, ponendo in primo piano il rapporto tra committente e professionista nella riuscita dell’opera: una volta tanto, sono gli architetti a premiare i committenti, attribuendo il premio non tanto al risultato quanto anche al percorso che lo ha generato. Le opere selezionate vengono esposte in una mostra che si tiene a Vicenza nella Basilica Palladiana. Condizioni di partecipazione: partecipazione gratuita aperta a tutti i committenti pubblici e privati di tutto il mondo; le opere devono essere state progettate da un architetto o ingegnere edile libero professionista ed essere state completate dopo il 1° gennaio 1988 e comunque prima della presentazione dell’iscrizione. Categorie: quattro premi principali e ulteriori premi speciali assegnati dalla rivista l’Arca, dagli sponsor e dai patrocinatori. Una sezione è dedicata ai committenti che abbiano incaricato un professionista italiano e una ai committenti che abbiano incaricato un professionista giovane (under 40). Premi: il premio consiste in targhe d’argento, disegnate da Bob Noorda, consegnate al committente e all’architetto e in una targa da apporre sull’edificio premiato. Giuria: per l’edizione 2003-2004 la giuria è composta da: Stanislo Nievo, Dante O. Benini, Paolo Cao-
duro, Cesare Maria Casati, Odile Decq, Bruno Gabbiani, Richard Haslam, Hideto Horiike, Boris Podrecca, Roberto Tretti. Informazioni: Segreteria Premio Dedalo Minosse, tel. e fax 0444 235476, www.assoarchitetti.it, email dedalominosse@assoarchitetti.it. Pubblicazioni: è prevista una sintetica pubblicazione delle opere selezionate. I premiati dell’edizione 2002-2003: Premio Internazionale Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura 2002, committente Tei-Ichi Kawai - Mayor Of Shiroishi-City, Japan, progetto di Hideto Horiike & Urtopia Inc. Tokyo, Japan per Shiroishi Mediapolis, 2002 Shiroishi, Japan. Premio Internazionale Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura 2002 Under 40: committente Soho China Ltd - Ms Zhang Xin, Chief Executive Officer, progetto EDGE (HK) Ltd - Mr. Gary Chang, Managing Director per la Suitcase House Hotel - Unfolding The Mechanics Of Domestic (P)leisure, 2002 Bejiing, PR China. Premio Ala Assoarchitetti 2002: committente Yanbu Cement Co. Arabia Saudita, Dr. Saud Islam, General Manager, progetto, STUDIO 65 Torino, Francesco Audrito e Athena Sampaniotou, ing. Ermanno Piretta (progettazione strutturale) per il Main gate del palazzo per uffici e villaggio per i dipendenti, 2000 Ras Baridi, Yanbu, Arabia Saudita. Premio Ala Assoarchitetti 2002 Under 40: committente Ferretti International, Dalmine (Bg), Alberto Ferretti - Paola Tua, progetto DAP Studio, Elena Sacco e Paolo Danelli, Milano, per la realizzazione della nuova sede Ferretti International a Dalmine.
Hideto Horiike & Urtopia Inc. Tokyo, Japan per Shiroishi Mediapolis, 2002 Shiroishi, Japan.
Ente banditore: Comune di Bologna (Ass. all’Urbanistica e Politica della Casa) e Comune di Milano (Ass. allo Sviluppo del Territorio). Anno di istituzione: 2002. Cadenza: annuale. Finalità e tema: l’iniziativa intende premiare interventi di progettazione derivanti da una committenza consapevole e culturalmente fondata di un ” Principe” , il Sindaco della città. L’obiettivo primario è quindi valorizzare quelle realizzazioni architettoniche che abbiano privilegiato la ridefinizione del modo di concepire la città in rapporto all’operare delle pubbliche amministrazioni. Condizioni di partecipazione: le proposte possono riguardare sia interventi realizzati che progetti la cui procedura autorizzativa abbia superato l’approvazione in Consiglio Comunale. Possono essere presentati soltanto realizzazioni e progetti autorizzati nell’arco degli ultimi cinque anni e soltanto un progetto per ogni comune.
Categorie: interventi puntuali di nuova progettazione o recupero di edifici o infrastrutture; interventi di urban design coordinati e diffusi a parti rilevanti e significative della città; trasformazioni di aree dismesse. Informazioni: http://www.progettocitta.com. I premiati dell’ultima edizione: progetto 1º classificato: Genova, Ponte Parodi e Museo del Mare , Edificio Galata - Ben Van Berkel e G. Vazquez Consuegra; 2º classificato: Parma, Auditorium Paganini - Renzo Piano; 3º classificato: Roma, M ACRO – M useo d’ Art e Contemporanea - Odile Decq; 4º classificato: Siracusa, Riqualificazione urbana dell’Isola di Ortigia - Vincenzo Latina; 5º classificato: Sondrio, Progetto di riqualificazione e sistemazione di piazzale Bertacchi - Angelo Bugatti; 6º classificato: Trieste, Concorso internazionale per la riqualificazione del fronte mare - Boris Podrecca.
per opere realizzate dopo il 1998 e ultimate entro il 31 marzo 2003. Categorie: sono previste quattro grandi tematiche per le quattro edizioni programmate: 2003 architettura; 2004 ingegneria civile; 2005 acqua aria e suolo; 2006: tecnica industria. Giuria: Giancarlo Viscardi, Carlo Baumschlanger, Doris Wälchli, Damiano Cattaneo, Beat Consoni, Esteban Bonell. Informazioni: SIA Ticino, Casella Postale 18 – 6952 Canobbio, te. 0041 91 9351399, e-mail: info@siaticino.ch.
I premiati dell’edizione 2003: Migliore opera privata: Pierino Selmoni committente, Pia Durisch e Aldo Nolli, progettisti. Migliore opera pubblica: Fondazione per le Facoltà di Lugano, Università della Svizzera Italiana, committente, Aurelio Galfetti, Jachen Könz, Donatella Fioretti e Felix Wettstein, Giorgio e Michele Tognola e Michele Christen, progettisti. Segnalati: Banca Raiffesein di Verscio, committente; Michele Arnaboldi, progettista, e Fondazione Jakob - Piazza avvocato Stefano Bolla di Lugano, committente; Raffaele Cavadini, progettista.
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Premi di Laurea PREM IO OICE
Ente banditore: OICE (Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica). Anno di istituzione: 2002. Cadenza: annuale. Finalità e tema: incrementare le interrelazioni fra il mondo universitario e gli operatori dell’ingegneria e dell’architettura e far conoscere meglio questi ultimi e il loro ruolo nello sviluppo economico e culturale del Paese ai giovani neo laureati. Nel 2002 il premio ha riguardato gli aspetti più salienti architettonici, strutturali, tecnologici e costruttivi delle coperture di grande luce. Nel 2003 invece ha riguardato gli aspetti più salienti architettonici, strutturali, tecnologici e costruttivi degli edifici di grande altezza. Per l’edizione del 2004 il tema riguarderà gli aspetti più salienti architettonici, strutturali, tecnologici e costruttivi delle passerelle e dei ponti pedonali. Condizioni di partecipazione: aver conseguito la laurea presso le Facoltà di Ingegneria e Architettura italiane nel periodo 1/6 - 31/7 dell’anno in cui vengono assegnati i Premi.
Premio: per ognuna delle due sezioni (architettura e ingegneria) è previsto un premio di 2000, 00 Euro. Giuria: Vittorio Mosco, Riccardo Bechis, Massimo Castelli Guidi, Braccio Oddi Baglioni, Maria Manuela Tasso. Informazioni: segreteria OICE - via Adda 55 - 00198 Roma - tel. 06 8558797 - fax 06 8541685 - email: info@oice.it - sito Internet: www.oice.it I premiati delle due edizioni: Premio in Ingegneria Civile, Gustavo Bonomi Boseggia, Il comportamento non lineare di una tensostruttura di grandi dimensioni: Montreal Olimpic Stadium, 2002; Massimiliano Petrucci, Analisi non lineare geometrica di strutture 3D: un elemento beam in campo di grandi spostamenti e deformazioni, 2003. Premio in Architettura: Cristian Damiani, Tecnologie costruttive in calcestruzzo Centro espositivo fieristico a Vasto, 2002; Riccardo Sbragia e Roberto Sbragia, Concorso internazionale di progettazione architettonica di un centro culturale, bandito nel primo semestre 2000 dalla Città di Torino. Esperienza di partecipazione fuori gara, 2003.
Vincenzo Latina, nuova corte ai Bottari in Ortigia, Siracusa. PREMIO SIA TICINO
Ente banditore: SIA Ticino. Anno di istituzione: 2003. Cadenza: annuale. Finalità e tema: Un buon progetto nasce dalla collaborazione tra committente e progettista. Convinti che per una buona riuscita dell’opera risulta essenziale una chiara definizione dei ruoli e dei rapporti specifici fra committente e progettista, la SIA propone un premio alla rovescia, sono i progettisti a premiare i committenti. Il premio è destinato ai committenti di tutta la Svizzera
italiana che abbiano affidato ad architetti, ingegneri o urbanisti, la realizzazione di opere la cui qualità sia riconducibile all’apporto di entrambe le figure che le hanno generate. Condizioni di partecipazione: il premio è aperto a tutti i committenti che hanno promosso la realizzazione di opere nella Svizzera italiana e che risultano particolarmente significative per il loro valore architettonico. Per l’anno 2003 sono state ammesse candidature
Riccardo e Roberto Sbragia, Concorso internazionale di progettazione architettonica di un centro culturale, bandito nel I semestre 2000 dalla Città di Torino.
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PREM IO IL PRINCIPE E L’ARCHITETTO: NUOVE IDEE PER RIPENSARE LA CITTÀ
PREM IO FRANCO M ECHILLI
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Ente banditore: mandamento di Bassano del Grappa dell’Associazione Artigiani della Provincia di Vicenza in collaborazione con la Banca di Romano e Santa Caterina, Credito Cooperativo. Anno di istituzione: 1994. Cadenza: biennale. Finalità e tema: si tratta di un premio di tesi di laurea istituito per avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro, per integrare le due realtà all’interno del nostro sistema economico, premiare ed incentivare i giovani nello studio delle tematiche che interessano e valorizzano il comprensorio bassanese. Condizioni di partecipazione: nel 2003 il concorso era rivolto a tutti gli studenti delle facoltà universitarie italiane che avessero discusso la tesi negli anni accademici compresi fra il 2000 e il 2003. Oggetto
delle tesi dovevano essere questioni legate al comprensorio di Bassano del Grappa. Premio: vengono attribuiti due premi rispettivamente di 1.000,00 e 500,00 Euro. Informazioni: dott. Piergiuseppe Carlesso, segreteria generale Assoartigiani di Bassano del Grappa, via Pio X, 75 - 36061 Bassano del Grappa; tel. 0424 838352 - 838300, fax: 0424 838360 - 838359; email: p.carlesso@vi.artigianinet.com; e-mail (aziendale): bassano@vi.art igianinet .com; sit o int ernet : www.artigiani.vi.it - www.artigianinet.com I premiati dell’ultima edizione: Carla Alberta Scapin per uno studio sul Ponte Vecchio di Bassano del Grappa e Michela Giusto, “ Architetture nel paesaggio veneto: un progetto per un centro multietnico a Bassano del Grappa” .
PREM IO ENRICO M ANTERO
Ente banditore: Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile. Anno di istituzione: a. a. 20012002. Cadenza: annuale. Finalità e tema: premio per la migliore tesi di laurea volto a introdurre una riflessione critica e un dibattito sul lavoro che si compie all’interno della scuola, che ha nel progetto di tesi il suo momento conclusivo. Condizioni di partecipazione: possono partecipare le tesi selezionate dalle quattro commissioni di laurea nell’anno accademico corrente. Premio: 2.500,00 euro per il vincitore e diploma di partecipazione a tutti i progetti selezionati. Giuria: per l’ anno accademico 2002-2003, Antonio Monestiroli, Franco Purini, Luciano Semerari. Informazioni: Facoltà di Architett ura Civile, via Durando 10, www.arch2.polimi.it.
Pubblicazioni: i progetti selezionati vengono esposti negli spazi della Facoltà di Architettura Civile in occasione dell’inaugurazione dell’ anno accademico e pubblicati all’interno di una brochure. I premiati delle ultime edizioni: Gianfranco Buzzi, Elena Magalini, Alessio Pierro (La fabbrica mantovana: università e nuovo polo museale). Sono stati segnalate quattro ulteriori tesi di: Giorgio Cubeddu e Nicola Cimarosti (Progetto per un ingresso al Castello di Milano e un nuovo acquario civico nel parco Sempione) con menzione speciale; M arco Andreula, Roberta Colciago, Anna Dal Sasso, Francesco Fallavollita, Niccolò Menichini (Una città di fondazione sul Po); Nicola Russi (Discontinuità Continua. Nuove forme insediative nel nord Milano) e Ilaria Farina (L’irrisolto “ caso Marchiondi” ).
Marco Andreula, Roberta Colciago, Anna Dal Sasso, Francesco Fallavollita, Niccolò Menichini: Una città di fondazione sul Po.
Gianfranco Buzzi, Elena Magalini, Alessio Pierro: La fabbrica mantovana: università e nuovo polo museale. PREMIO BIAGIO ROSSETTI
Ente banditore: Museo Nazionale di Architettura (MusArc), Casa Biagio Rossetti, Via XX Settembre 152, 44100 Ferrara Anno di istituzione: 2000 Cadenza: annuale Finalità e tema: la manifestazione si propone di lanciare un momento di dialogo e confronto tra le varie scuole universitarie italiane sui temi dell’architettura e del suo insegnamento in un periodo in cui il confronto culturale non sembra così attivo e sono in atto trasformazioni, anche significative, delle strutture accademiche. Il tema della manifestazione è stabilito annualmente dal comitato scientifico (nell‘ edizione 2003 è stato proposto il tema: “ Lo spazio in Architettura“ ). Condizioni di partecipazione: sono ammesse tesi discusse al completamento di un ciclo quinquennale di studi. Il concorso prevede che
ciascuna Facoltà di Architettura partecipi con un solo progetto. Premio: 1000 euro Giuria: la prima selezione, interna alle singole sedi, è operata da una commissione o da un referente nominati dal Preside; la seconda, presso il MusArc, è effettuata da una giuria indicata dal comitato scientifico; ne hanno fatto parte, tra gli altri: V. De Feo, V. Gregotti, G. Gresleri, M. Scolari, L. Snozzi, G. Valle. Informazioni: Curatore: Luca Guerrini, docente della Facoltà del Design, Politecnico di Milano (tel. 02.23996617, e-mail luca.guerrini@polimi.it). Segreteria del MusArc: Luisa Pagnoni, Riccardo Furini (tel. 0532.742332 fax 0532.744042). Sito: w w w.comune.fe.it/musarc/ I premiati dell‘ ultima edizione: Riccardo Miselli, tesi selezionata dalla Facoltà di Architettura di Genova.
Pianta e sezione della tesi “ La montagna magica” di R. Miselli (relatore, prof. F. Prati, correlatore H. Penaranda) selezionata dalla Facoltà di Architettura di Genova, Premio Biagio Rossetti 2003.
a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pellegrini
Premio “Architettura” alla Fiera Edil 2003 di Bergamo In occasione della Fiera Edile di Bergamo l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo ha inteso promuovere la figura dell’architetto e l’architettura, oltre che con un proprio stand e relativi supporti informativi, anche indicendo un premio di “ Architettura” rivolto agli espositori presenti alla Fiera Edil 2003. Attraverso questo riconoscimento, sostenuto in collaborazione con l’Ente Fiera Promoberg, la Camera di Commercio e l’Amministrazione Provinciale di Bergamo, che sarà riproposto per l’edizione Edil 2004 in svolgimento presso a nuova sede fieristica di via Lunga in Bergamo dal 4 al 7 marzo 2004, “ si intende rendere merito e valorizzare la componente architettonica che qualifica il prodotto edilizio ed i suoi operatori, a beneficio del risultato dell’ingegno e della maestria costruttiva percepita e goduta tutta la collettività” . Le opere soggette a giudizio di un’apposita commissione riguardano tutto il sistema costruttivo: dai servizi prestati, ai particolari costruttivi dei singoli prodotti, alle opere realizzate con il concorso dei propri componenti e/o prestazioni, ai mezzi d’opera che consentono l’applicazione di soluzioni costruttive di ordine innovativo, alle tecniche ed agli interventi di conservazione, di design, di arredo, di pianificazione. Ammessi sono tutti gli espositori presenti alla Fiera Edile bergamasca, molto importante in Lombardia, attraverso il materiale presentato negli stand. Il trofeo appositamente realizzato, quale semplice esercizio reinterpretativo, è una composizione polimaterica dell’uomo vitruviano nella versione leonardesca. Il quadrato e la circonferenza, che inscrivono la figura umana
assumono una forma tridimensionale con il cubo di base e la sfera scomposta in cerchi paralleli. L’uomo in posizione inclinata mette in moto, o viene movimentato, la sfera che opportunamente illuminata dall’interno vuole rendere, nel risalto dei bordi, un effetto di sospensione spaziale. La base lavorata per inserti cerca una composizione architettonica di elementi giustapposti per materiali: l’appoggio in terracotta con le iscrizioni, il cubo in pietra, gli inserti in legno oltre che l’acciaio per la figura ed il vetro dei paralleli conformanti la sfera. Essenza del riconoscimento, infatti, è dare rilievo a quanto soggiace nel fare ed all’essere architettura: quell’arte, quella professione, quella scienza, quella disciplina non ascrivibili ad un esclusivo titolare – l’architetto per definizione – bensì architettura intesa come espressione compiuta di una cultura diffusa e distribuita che si catalizza nell’opera e nell’operare. Questa peculiarità e prerogativa dell’architettura si dipana nelle epoche storiche, qualifica le civiltà, connota gli ambiti culturali, ambientali e geografici, delinea funzioni e destinazioni, appunto dagli oggetti al territorio. Non può che essere prodotto collettivo, innovazione nella rielaborazione e nell’impiego coerente delle componenti del processo architettonico. Anche in terra bergamasca, tradizionalmente dedita all’arte del costruire, si avverte sempre più il venir meno di quel substrato culturale nelle professioni e nei servizi indispensabili alla formazione-conservazione e valorizzazione di quell’architettura diffusa che non a caso identifica per antonomasia il modello italiano. L’architetto non può sostituirsi o surrogare con la tecnologia globalizzata tutto il processo architettonico, per definizione esso invece lo organizza, lo sintetizza o lo articola. Architettura è anche sapere di cantiere, di fabbrica, di materiali e di componentistica: con l’umiltà e la semplicità di uno fra gli altri, l’architetto rende merito a chi opera laddove l’architettura sorge, si compie. Alfredo Verzeri per la Commissione Cultura
Premio di architettura Città dei M ille, 2003 Proposte e idee di Giovani Architetti per un percorso di architettura contemporanea a Bergamo Alta
Immagine del Premio.
Da tempo la Commissione Giovani dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo si era data l’obiettivo di trovare un appuntamento di confronto progettuale squisitamente riservato ai giovani iscritti creando così una grande opportunità per poter dimostrare quanto e come anche i Giovani Architetti sappiano proporre e fare. Ma queste sono opportunità non facilmente realizzabili, perché tante sono le componenti che devono trovare armonia affinché un’iniziativa come questa possa avere concreta attuazione: • si deve innanzitutto incontrare un interlocutore-committente illuminato che creda nelle potenzialità dei giovani e metta a disposizione validi temi sui quali aprire il confronto; • è necessario uno sponsor altrettanto illuminato che capisca la bontà dell’idea e la sostenga finanziariamente; • ci vuole un Consiglio dell’Ordine che approvi una proposta come questa, perché reputa sia giusto costruire e promuovere iniziative per i giovani iscritti che con tanta fatica riescono a trovare occasioni per dimostrare il loro valore;
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Bergamo
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• infine, ma non per questo meno importante, ci vogliono tanti Giovani Architetti che, attraverso la loro partecipazione ed il loro impegno, sostengano simili iniziative ponendo le premesse perché possano ripetersi. Nel “ Premio di Architettura Città dei Mille, 2003” tutte queste componenti si sono messe in armonia. • L’Assessorato all’Edilizia Privata del Comune di Bergamo, nella figura dell’avv. Pierluigi Buzzanca ha ancora una volta creduto nei contenuti dei Giovani e li ha chiamati ad una riflessione progettuale su possibili occasioni di ridefinire l’architettura di otto ambiti micro-urbanistici individuati a Bergamo Alta. Nessun vincolo di Piano, nessuna restrizione normativa. Un’occasione senza condizionamenti di sorta perché i Giovani Architetti potessero esprimere e presentare il loro “ fare architettura” . Personalmente non ricordo un appuntamento di confronto progettuale così stimolante. • La Gewiss S.p.A. ha finanziato l’iniziativa sostenendo i costi dell’organizzazione del Premio, del riconoscimento economico agli otto progetti vincitori e dell’allestimento della mostra di tutti i progetti presentati. • Il Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Bergamo ha condiviso e sostenuto la proposta e mi ha delegato quale sua rappresentante. • I Giovani Colleghi hanno aderito numerosi. Infatti, hanno partecipato circa 150 Architetti presentando più di 70 proposte progettuali ritenute qualitativamente valide a giudizio di tutti i componenti la Giuria, presieduta dall’arch. Tobia Scarpa. Iniziative come queste richiedono grande impegno in termini di tempo, disponibilità, idee ed entusiasmo; ancor più se si considera il coraggio nell’ipotizzare l’inserimento di architetture contemporanee nel tessuto urbano della Città Storica; ma ritengo proprio ne sia valsa la pena. Credo infatti, che il “ Premio di Architettura Città dei Mille, 2003” sia stato un altro obiettivo importante raggiunto dai Giovani Architetti di Bergamo e, soprattutto, credo che si debba ora lavorare affinché non resti un episodio, ma diventi un appuntamento ripetibile. Vorrei concludere questa breve presentazione sottolineando un concetto che personalmente ritengo fondante. In questo “ Premio di Architettura” , benché siano stati identificati solamente otto progetti vincitori, i veri vincitori siamo tutti noi Giovani che, attraverso questa iniziativa, abbiamo costruito una occasione di confronto e visibilità importante. Gli elaborati di tutte le proposte progettuali del “ Premio” saranno esposti nella mostra che si terrà presso l’ex Teatro Sociale di Città Alta dal 14 febbraio al 7 marzo 2004. Ringraziamo ancora tutti coloro che hanno proposta, sostenuta e realizzata questa iniziativa. Barbara Asperti coordinatore della Commissione Giovani
Brescia a cura di Paola Tonelli
Progetto Dxd, Design for district Il “ Progetto DXD, Design for district” , è un premio internazionale di design per progetti di innovazione di prodotto, di comunicazione e di strategia, rivolti alle imprese ed alla comunità del Distretto 10, promosso da Lumetel, Agenzia per lo sviluppo locale del Distretto 10, e il Politecnico di Milano Corso di Laurea in Disegno Industriale, con il sostegno ed il patrocinio della Regione Lombardia, della Camera di commercio di Brescia, dell’Istituto per il commercio estero. Il Distretto 10 è quel comprensorio industriale situato nella parte a nord della Provincia di Brescia compresa tra la Val Sabbia e la Val Trompia, con Lumezzane come fulcro produttivo, caratterizzato da una forte concentrazione di attività imprenditoriali, attive soprattutto nella produzione di oggetti per la tavola, rubinetterie e valvolame, maniglie, con competenze ed abilità storicamente insediatesi nell’area. Anche in queste produzioni risentono però della concorrenza dei mercati emergenti, e lo scopo di questa esperienza è stato quello di individuare attraverso il design un modo per valorizzare la produzione la comunicazione e le strategie, contrastando così la concorrenza agendo su fattori non di prezzo, nonché rendere manifeste all’intera comunità di imprese le potenzialità del design. Dall’altro lato vi è anche l’interesse dell’università di offrire ai propri studenti un’occasione utile a potenziare l’integrazione tra formazione-ricerca e mondo della produzione. Nel 1999 è stato così avviato un laboratorio di progettazione industriale che ha coinvolto 64 laureandi in disegno industriale, attraverso un laboratorio di sintesi finale/incubatore di idee progettuali, con lezioni ex cathedra, seminari, interventi di “ testimoni privilegiati” , chiamati a restituire le proprie esperienze relative ai temi ed ai settori in oggetto, a cui è stato abbinato il tirocinio presso le aziende del distretto. Il risultato di questo lavoro sono stati circa 50 progetti non solo di prodotti, ma anche di comunicazione con studio di marchi, immagini coordinate, cataloghi, espositori e packaging, siti web, e di strategia. Tali lavori sono poi stati esaminati da una commissione internazionale di esperti individuando i progetti vincitori, premiati il 16 febbraio 2001, presso il Palazzo delle Stelline a Milano. Assieme a ciò nel maggio del 2000 si sono svolti a Vestone una mostra ed un seminario sull’argomento che hanno evidenziato valori e limiti del distretto industriale, con una eccessiva chiusura su sé stessa della realtà produttiva locale e di un atteggiamento complessivo ancora molto orientato alla produzione e a spingere fino all’eccesso l’innovazione di processo; vi è invece ancora molto spazio per lavorare ed agire lungo le direttrici che hanno sondato gli studenti col loro lavoro, per promuovere l’immagine del distretto e le sue indubbie potenzialità. P. T.
Progetto vincitore: Bitta SCA001, design Stefano Caione, Mila Savi; azienda: Scaroni.
Como a cura di Roberta Fasola
Premio M aestri Comacini: a colloquio con M arco Vido
Anno 2001, Categoria “ Nuove costruzioni” : Edificio residenziale ad Erba, arch. Marco Ortalli.
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In un paesaggio progettuale come quello italiano, in cui l’architettura contemporanea risente della difficoltà di interagire col territorio, contribuendo in maniera propositiva al suo disegno, i “ Premi di Architettura” hanno avuto un percorso iniziatico piuttosto difficoltoso. Essi, infatti, erano fondamentalmente rivolti ad architetture “ cartacee” e destinate a rimanere tali: quasi una sorta di risarcimento culturale per lo sforzo di un progettista che non avrebbe mai visto realizzato il proprio disegno. Fortunatamente però, è andata affermandosi una nuova generazione di Premi caratterizzata da alcuni elementi sicuramente innovativi: è il caso, ad esempio, del Premio Cosenza, del Palladio ed altri. Il Premio Maestri Comacini ha scelto di proseguire questa strada e vede la sua prima edizione nel 1994. Inizialmente pensato come momento annuale per la crescita e la riflessione progettuale, a partire dal suo secondo anno di vita troverà cadenza biennale; giunto alla sua 6° edizione, emerge chiaramente come, sin dall’inizio, queste siano state vissute tutte come occasioni di conoscenza e crescita della produzione architettonica comasca. Un Premio fortemente voluto e spinto dai giovani della Commissione Cultura dell’Ordine degli Architetti di Como, che ha visto coinvolgere anche l’Ordine degli Ingegneri, il Collegio delle Imprese e l’Amministrazione Provinciale. Sostanzialmente è stato concepito su riferimento del “ Fad” catalano, il cui presupposto base del suo essere è il fatto imprescindibile che vengano premiate le opere e non i progettisti; con la volontà quindi, di coinvolgere tutti i fattori determinanti e convergenti all’interno di uno stesso progetto: il committente come artefice dell’inizio, il progettista come traduttore di un concetto culturale per mezzo del disegno e della tecnica, l’impresa come esecutore materiale dell’idea. Fattori questi convergenti, seppur tutti in maniera e pesi differenti, alla qualità finale dell’opera. Singolare, anche se all’oggi inspiegabile, è rilevare che, complessivamente per tutte le edizioni presentate, la maggioranza dei committenti sia di tipo privato, a scapito di una minoranza pubblica: inspiegabile perché è tuttavia riscontrabile da parte delle Amministrazioni Pubbliche una certa sensibilizzazione nei confronti del progetto, alla quale, però, non si trova adeguata risposta nell’adesione a questo tipo di iniziativa. Il Premio, nel dettaglio, risulta essere articolato in quattro categorie in cui tutti i lavori scelti per la partecipazione sono oggetto di fasi progressive di analisi che vedono un loro logico completamento nel sopralluogo: • Nuove costruzioni; • Recupero di costruzioni esistenti; • Sistemazione di spazi urbani e infrastrutture; • Sistemazione di spazi interni. È rilevabile, nel corso delle edizioni, un’evoluzione all’interno dello stesso: inizialmente il progetto premiato era unico, e scelto all’interno di tutte le fasce partecipanti e ad esso venivano affiancati dei progetti meritevoli. Questo comportava, nonostante una giura altamente formata, una serie di difficoltà di giudizio poiché si era costretti a scegliere tra progetti troppo spesso dissonanti tra loro e dove spesso, inevitabilmente, i progetti più “ piccoli” , riguardanti il più delle volte le opere interne, ne uscivano penalizzati. Per ov-
Anno 2001, Categoria “ Recupero di costruzioni esistenti” : Restauro ex Convento di S. Caterina a Como, arch. Paolo Brambilla.
viare a questo non indifferente inconveniente, a seguito di una profonda ed oculata riflessione, si è optato, a partire dall’edizione del 1997, di attribuire un premio per ogni categoria di appartenenza, in maniera tale da riuscire a valutare in maniera corretta prima, e ad evidenziare poi, tutti gli aspetti meritevoli di ogni progettazione. “ Meritevoli” sia perché innovativi dal punto di vista tecnico che perché particolarmente sensibilizzati nei confronti di quello che, di volta in volta, rappresenta lo specifico fare progettuale. Un Premio, dunque, che diventa in tal senso “ libero” , in quanto rappresentativo della multidisciplinarietà delle opere presentate e selezionate. Lavori che spesso nascono da atteggiamenti progettuali profondamente diversi tra loro, ma sempre e comunque riconoscibili come emblematici di un rinnovato interesse nei confronti dell’architettura costruita, andando perciò oltre il concetto puramente “ cartaceo” . Le Giurie che si sono succedute nel corso delle edizioni, tutte profondamente preparate sia dal punto di vista culturale che tecnico, e per la maggioranza “ forestiere” – vale a dire esterne all’area comasca – hanno sempre scelto progetti ritenuti in grado di contribuire (si vedrà poi solo col tempo con quali risultati! ) alla formazione del progettista contemporaneo.
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All’interno di esse compaiono nomi illustri quali: • Anno 1994 Giuria: prof. arch. Francesco Cellini, prof. arch. Giorgio Ciucci, prof. arch. Pierre Alain Croiset, prof. arch. Luca Ortelli, prof. ing. Andrea Chiarugi. Premio: “ Sede del Consorzio Agrario, Protezione Civile, Asme” a Erba, architetti Marco Castelletti, Dario Cazzaniga, Raffaella Meroni, Marco Ortalli e ing. Maurizio Castelletti. • Anno 1995 Giuria: prof. arch. Giorgio Ciucci, prof. arch. Pierre Alain Croiset, prof. arch. Luca Ortelli, prof. arch. Marco Ortalli. Premio: ristrutturazione ed adeguamento funzionale della Tessitura Campi S.p.a. ad Appiano Gentile, arch. Renato Conti. • Anno 1997 Giuria: prof. ing. Sergio Croce, prof. arch. Marco de Michelis, prof. arch. Italo Lupi, prof. Arch. Livio Vacchini, ing. Sergio Pozzi. Premio: ristrutturazione di Casa Bianchi a Cernobbio, progettisti arch. Elisabetta Terragni e Sandro Ferri. • Anno 1999 Giuria: prof. ing. Sergio Croce, prof. arch. Marco de Michelis, prof. arch. Italo Lupi, prof. arch. Livio Vacchini, ing. Sergio Pozzi, arch. Elisabetta Terragni. Premio: Edificio agricolo con annesse abitazioni, ing. arch. Franco Gerosa. • Anno 2001 Giuria: arch. Marco Casamonti, prof. ing. Sergio Croce, prof. arch. Marco de Michelis, ing. Franco Gerosa, ing. Sergio
Anno 2001, Categoria “ Sistemazione di Spazi Urbani e Infrastrutture” : Sistemazione della Piazza Mercato ad Albese con Cassano, arch.tti Marco Castelletti, Fabio Rabbiosi, Gianmatteo Romegialli.
Pozzi, geom. Pierluigi Spini, arch. Luigi Snozzi, con premi assegnati per ogni categoria, compresa la nuova introdotta aperta agli Under 35. Nel dettaglio: – Categoria Nuove costruzioni: Edificio residenziale ad Erba, prof. arch. Marco Ortalli. – Categoria Recupero di costruzioni esistenti: Restauro ex Convento di S. Caterina a Como, arch. Paolo Brambilla. – Categoria Sistemazione di Spazi Urbani e Infrastrutture: Sistemazione della Piazza Mercato ad Albese con Cassano, architetti Marco Castelletti, Fabio Rabbiosi, Gianmatteo Romegialli. – Categoria Sistemazione Spazi Interni: Progetto di arredo della sede del Comune di Cermenate, arch. Angelo Monti. Progetto di restauro e Ristrutturazione di edificio storico ” Galleria d’Arte Contemporanea Roberta Lietti” in Como, arch. Marco Balzarotti – Categoria Under 35: Costruzione di casa-studio a Lurago d’Erba, arch. Cristina Viganò. • Anno 2003 Giuria: prof. Kurt Forster, prof. arch. Marco Brandolisio, prof. ing. Sergio Croce, prof. arch. Marco de Michelis, arch. Davide Maspero. – Categoria Nuove Costruzioni: Nuova Sede Uffici Comunali e Restauro Palazzo Tentorio a Canzo, architetti Massimo Ferrari, Enrico De Benedetti, Marco Jacopini, Antonio Molinelli, Roberto Pagani, Alfonso Ventura, Roberto Ventura. – Categoria Sistemazione di Spazi Interni: Ristrutturazione di appartamento presso il “ Novocomum” a Como, architetti Hajime Miyajima, Luca Ambrosini, Marco Longatti, ing. Andrea Bolliger. All’oggi si avverte, tuttavia, ancora una duplice necessità: la prima riguarda la prospettiva del Premio di aprirsi coinvolgendo nuovi territori, abbracciando perciò un bacino più ampio di interventi, che potrebbe essere quello riguardante opere insistenti sulla Regia Insubria (si ricorda in proposito il Premio dell’Architettura Alpina, con il quale vengono coinvolte diverse culture); allargando il bacino di utenza il Premio diverrebbe maggiormente propositivo, in quanto indirizzato verso un confronto più ampio e per questo maggiormente colloquiale e costruttivo. Da qui la necessità di poter coinvolgere le provincie di Lecco e Varese ed eventualmente anche il vicino Ticino, per consentire a questo momento di dibattito culturale e progettuale di aprirsi, andando anche a scapito dell’ovvio ed attuale ambito comasco. Al contempo, si rileva però anche una carenza: è da sempre apparsa evidente la scarsa, o addirittura quasi del tutto assente, partecipazione da parte di professionisti, per così dire, “ affermati” che all’oggi non sembrano particolarmente sensibilizzati verso questo Premio, che, al contrario, trova ampi consensi tra i giovani. Si ritiene però che solo dal confronto tra queste due generazioni possa nascere uno scambio culturale che potrebbe definirsi “ completo” , vissuto come momento di crescita per entrambi. I lavori premiati si fanno pretesto: occasione per parlare di architettura, sviscerando quello che è il rapporto tra immagine, percezione, forma e configurazione: è dal carattere fondativo di questi quattro elementi che si arriva a comprenderne quello rappresentativo e comunicativo, quale patrimonio culturale di arricchimento per le nuove generazioni di progettisti. Elementi progettuali, perciò, atti ad educare i professionisti del futuro, orientandoli verso una qualità superiore del prodotto, quale concretizzazione di un’idea che si fa progetto, sensibilizzando tutti gli attori verso una cultura della qualità. Una qualità che non dovrà riguardare solo l’aspetto ideativo-tecnico-realizzativo dell’opera, bensì una qualità universale, riferita alla capacità di miglioramento e valutazione del nostro modo di vivere. È dall’interscambio vicendevole tra il costruito ed il progresso che uno stato di
Roberta Fasola con Marco Vido
IIa Edizione del Premio/ Concorso “Prospettive di architettura” 2003 L’Ordine degli Architetti della Provincia di Como e l’Ordine degli Architetti della Provincia di Varese con i “ Giovani Architetti Varese” e la “ Commissione Cultura Architetti Como” , hanno realizzato la 2ª edizione del Premio di Architettura “ Prospettive di Architettura” aperta agli architetti under 40. Questa edizione è stata dedicata alla attività concorsuale, con l’intento di raccogliere la ricchezza profusa dai giovani architetti nelle loro partecipazioni ai concorsi di architettura – dall’ambito locale a quello internazionale – impedendo che essa vada dispersa, favorendone la diffusione a livello di dibattito architettonico, mettendo in risalto il ruolo dei giovani architetti nel fare architettura. Il premio ha fatto emergere l’importanza del concorso come strumento “ attuativo” , ma anche di indirizzo, di idee, fondamentale per l’apertura “ culturale” , per la crescita della qualità architettonica del territorio nelle scelte e nei tempi della sua trasformazione, oltre all’impegno costante dei giovani iscritti agli ordini. La pubblicazione di un catalogo specifico, una mostra organizzata a Busto Arsizio nel giugno 2003, una targa di riconoscimento, hanno costituiscono il premio del concorso, oltre all’opportunità dei partecipanti di promuovere al grande pubblico il loro modo di progettare. Anno 2001, Categoria “ Sistemazione Spazi Interni” : Progetto di restauro e Ristrutturazione di edificio storico Galleria d’Arte Contemporanea Roberta Lietti a Corno, arch. Marco Balzarotti.
Anno 2001, Categoria “ Under 35” : Costruzione di casa-studio a Lurago d’Erba, arch. Cristina Viganò.
Emanuele Brazzelli, Gianfredo Mazzotta, Corrado Tagliabue segreteria organizzativa
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Anno 2001, Categoria “ Sistemazione Spazi Interni” : Progetto di arredo della sede dei Comune di Cermenate, arch. Angelo Monti.
cose giudicato insoddisfacente viene sostituito con un altro considerato più desiderabile. Rifiutare questo non significa sfuggire alla logica del progresso. Un Premio, dunque, che vuole essere indicatore di nuove e migliorate strategie per affinare la qualità, passando dall’idea alla sua realizzazione. In tal senso la tematica della progettazione implica la necessità di confrontarsi concretamente con situazioni ed oggetti progettuali realizzati: interventi concreti nel territorio concreto. Il fare progettuale non deve essere pura realizzazione fisica, bensì deve sfilarsi da quest’ultima, divenire territorio e colloquiare con esso. Il progetto, l’opera, non è presentazione di sé, affermazione personale del proprio “ io, ma insieme delle sensibilità più alte di tutti gli “ attori” , finanche le “ comparse” che disegnano il territorio.
Lecco a cura di Maria Elisabetta Ripamonti
Premio di studio “Compasso Volante - Città di Lecco”
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Il Premio di studio internazionale “ Compasso Volante – Città di Lecco” , giunto alla sua quinta edizione, si conferma come un momento stimolante di sviluppo progettuale dei temi tecnologici e costruttivi ed una prestigiosa manifestazione dell’ente banditore Polo Regionale di Lecco del Politecnico di Milano. Fin dalla sua fondazione nel 1999 l’obiettivo del Premio è di promuovere, a livello universitario, una concezione dell’architettura che, senza trascurare gli aspetti compositivi, elevi a pari dignità anche quelli tecnologici e costruttivi e li consideri altrettanto fondamentali per il progetto. Grazie alla composizione libera di strati e materiali funzionalmente specializzati si riesce, infatti, ad ottenere livelli prestazionali (quindi di comfort) significativamente superiori a quelli della costruzione tradizionale, nel rispetto delle problematiche di ecocompatibilità, risparmio energetico e riciclaggio dei materiali. In questa sede ho poste alcune domande al prof. Ettore Zambelli, coordinatore del Premio, che ringrazio per la disponibilità e collaborazione. Professor Zambelli, con quali finalità nasce il premio “ Compasso Volante - Città di Lecco” ? Ho inteso, al momento della nascita del corso di Ingegneria Edile - Architettura, perseguire due obiettivi: da una parte quello di fondare rigorosamente l’attività di progettazione architettonica su una consistente competenza tecnologica, dall’altro d’intensificare quanto possibile negli allievi la conoscenza e la frequentazione dell’architettura contemporanea: di rafforzare, cioè, la cultura architettonica di allievi che s’inseriscono in un ambiente di mentalità e di prassi essenzialmente ingegneristica. Il primo obiettivo l’abbiamo perseguito anche realizzando un ampio ed intenso collegamento con le strutture produttive più rilevanti del settore italiano, il secondo obiettivo facendo incontrare e confrontare i nostri allievi con allievi di corsi stranieri di architettura caratterizzati dagli stessi intenti di perseguire la capacità di pensare “ architetture costruibili” . Il premio Città di Lecco è un’iniziativa che mette, quindi, a confronto esperienze progettuali di studenti di varie università europee (dal 2003 anche extra-europee). Più che di una competizione si tratta di un articolato laboratorio di progettazione caratterizzato da una continua comparazione e dialettica tra allievi e professori. Sì, certo. Il dialogo con gli allievi costituisce l’impegno più forte del corpo docenti. In questa direzione, attraverso il coinvolgimento di molti collaboratori esterni, si sono devoluti buona parte dei contributi finanziari che abbiamo ottenuto dai produttori coinvolti nell’iniziativa. Nel corso del semestre preparatorio del concorso, attiviamo un paio di seminari dedicati alla presentazione e discussione dei progetti in corso di sviluppo nella nostra sede e, inoltre, promuoviamo incontri con gruppi di professori e studenti delle facoltà straniere partner, organizzando viaggi di studio che risultano estremamente proficui. Da un’indagine effettuata in provincia di Lecco si è constatato che nessuna ditta produttrice bandisce premi di archi-
tettura. Il premio di studio Città di Lecco costituisce un’ottima occasione per mettere a contatto il contesto didattico con quello produttivo. Che ruolo hanno le aziende del territorio lecchese in questo premio? Fanno parte della giuria del premio? Se no, quali sono i motivi della loro esclusione? Le ditte coinvolte sono di livello nazionale, localmente hanno aderito tre produttori che non fanno parte della giuria. Lecco è ricca d’imprese di costruzione che, però, non hanno interesse o competenza specifica sulle diverse tecnologie edilizie che vengono trattate nel corso. La Scuola Edile di Lecco (ESPE) ci ospita ogni anno con molta efficienza e cortesia. Come hanno risposto le istituzioni all’iniziativa del Politecnico? Il Comune di Lecco non solo contribuisce regolarmente al finanziamento del Premio, ma ne promuove i risultati concedendo spazi espositivi significativi della città che utilizzeremo regolarmente nelle prossime edizioni. Se ha ancora senso premiare l’architettura perché non si è pensato di tradurre questo premio di studio in un vero e proprio premio di architettura? Lecco è provincia, Lecco è dotata di una sede universitaria che sta divenendo sempre più prestigiosa, perché non istituire un vero e proprio Premio Città di Lecco? L’idea di portare fuori dall’alveo universitario il Premio Lecco è interessante ma oggi, dato l’impegno ancora forte che richiede una maturazione del corso di laurea in Ingegneria Edile - Architettura e la scarsità delle risorse, piuttosto impraticabile. Del resto quest’idea potrebbe essere promossa dagli Ordini locali, che sponsorizzano questa manifestazione, che hanno già sviluppato interessanti iniziative in questo senso. M. E. R. Breve storia del premio 2000: centro museale per la città di Lecco (Pescarenico). 2001: insediamento residenziale nel comune di Mese (Sondrio). 2002: insediamento residenziale con caratteristiche di sostenibilità ambientale a Le Hourdel (nord della Francia - estuario della Somme). 2003: Torre polifunzionale a Pechino. Università partecipanti Politecnico di Milano - Facoltà di Ingegneria Edile - Architettura, Ecole d’Architecture de Paris La Villette, Università degli Studi di Napoli Federico II - Facoltà di architettura, Università Tsing Hua di Pechino, Università Hanyang di Seoul.
Milano
a cura di Sergio Cavalieri
a cura di Roberto Gamba
Premi d’architettura e dintorni
Gli Ordini e la promozione della ricerca
Confesso il mio imbarazzo nel consegnare queste poche righe al Presidente del nostro ordine dal quale ho ricevuto l’incarico di relazionare nel merito di tale argomento. Non mi risulta, infatti, che nella nostra provincia, siano attivati premi riguardanti l’Architettura. Ho, per la verità, memoria, di un lontano “ Premio Cervetta” istituito in ricordo di un prezioso fabbricato bombardato durante l’ultima Guerra e già dedicato a progetti di ricostruzione d’edifici nel contesto cittadino, ma, da allora ad oggi, tutto tace. Un importante docente milanese della locale facoltà d’Architettura, s’interroga, poco elegantemente, e senza mezzi termini, su questo “ natio borgo (selvaggio?)” ed è forse proprio nel colore di tale definizione che dobbiamo ricercare il perché di tanto rumoroso silenzio da parte della nostra comunità. A voler ben vedere, è proprio in una piccola e preziosa città come Mantova, dove ogni strada ed ogni edificio sono il riflesso della storia, che si percepisce la mancanza di un’architettura nella quale leggere il nostro contemporaneo; Perfino lo stesso concetto dell’essere contemporaneo è oggi mistificato dall’ingombrante presenza della forma (il dubbio ricorrente è quale contemporaneità valga la pena rappresentare piuttosto del come ciò si possa fare!). Falsi moralisti e profeti spicci dell’anastilosi, oggi scandiscono il tempo della nostra vita sociale (e troppo spesso, anche di quella intellettuale). A volte, il silenzio è molto più dignitoso del clamore, ed in tal senso credo si possa ricomprendere l’assenza mantovana nel panorama della cultura architettonica.
Tra le diverse attività che gli Ordini si trovano a dover svolgere, la promozione dell’architettura costituisce un compito che si è progressivamente imposto come attribuzione istituzionale volta a proporre l’architettura come valore e come necessità ad una società che, in questi anni, sul tema si è dimostrata sempre meno in grado di comprendere le relazioni dirette che legano l’architettura e la sua pratica con le condizioni della vita di tutti i giorni e con quelle della vita futura. Si tratta di una attività che, in alcuni casi, si pone come vera e propria difesa dell’architettura, difesa che gli Ordini non possono svolgere unicamente sul fronte della deontologia, attraverso la quale ci si pone il duplice fine di garantire alla società una pratica corretta del mestiere da parte degli architetti e di tutelare gli iscritti che esercitano la professione in modo corretto. Tra le diverse modalità rivolte alla promozione dell’architettura, da tempo (e in particolare dal Congresso Nazionale di Firenze del 1997) gli Ordini italiani hanno messo al primo posto il concorso come forma di affidamento del lavoro professionale, individuando nella competizione sul progetto i presupposti per garantire alla società la miglior qualità possibile delle trasformazioni e per offrire alla architettura occasioni di confronto volte a contribuire alla sua stessa crescita. Accanto alle altre diverse forme di promozione avviate in questi anni (incontri, conferenze, dibattiti, mostre, corsi, ecc.) la Fondazione dell’Ordine degli Architetti P.C.C., sulla base di una proposta presente dal 1997 nelle discussioni del Consiglio, ha deciso di avviare una iniziativa pubblica sulle lauree svolte presso le Facoltà di Architettura milanesi. Da gran tempo vige la consuetudine che agli esami di laurea in Architettura del Politecnico di Milano partecipi, in qualità di membro, un rappresentante dell’Ordine degli Architetti di Milano. Sembra trattarsi di un caso unico nel nostro paese dato che la presenza di esponenti delle categorie professionali alle sessioni di laurea non è contemplata all’interno del quadro delle norme universitarie. Partecipare alle sessioni di laurea significa, quindi, rappresentare tutti i colleghi in una istanza di particolare significato, nella quale viene richiesto che il punto di vista del mestiere sia presente nella discussione sull’esperienza conclusiva del lavoro svolto nella scuola. Tale presenza riveste, dunque, un valore di presenza culturale definita, portatrice di un apporto critico esterno alla scuola e, per definizione, del tutto interno alla disciplina ed al suo esercizio. La collaborazione che viene richiesta ai colleghi indicati nelle Commissioni di Laurea (selezionati tra i sorteggiati nel gruppo di coloro che hanno dato questa disponibilità) riguarda anche la necessità di consentire all’Ordine di disporre di un quadro della situazione della formazione, dei temi di laurea prevalenti, (di progettazione edilizia, di progettazione urbana, di progettazione urbanistica, analitici, storici, tecnologici, strutturali, ecc.) nonché dei diversi livelli di approfondimento e di elaborazione raggiunti nella scuola. A questo scopo viene redatta da parte dei Commissari dell’Ordine una relazione nella quale, insieme ai pareri dei singoli rappresentanti, sono riportati i temi presentati in ciascuna sessione, i giudizi espressi nel corso della discussione e le votazioni finali, nonché l’indicazione delle tesi che hanno riportato le migliori valutazioni e gli apprezzamenti espliciti
Troppo pochi i concorsi fatti, troppo stretti i vincoli dettati dalla normativa ed ancora troppo pochi i colleghi che percepiscono il ruolo sociale che rivestono nel loro essere Architetti. La cultura architettonica, se intesa come percezione di un miglioramento delle proprie condizioni ambientali, è fatta di conoscenza e d’azioni di formazione; per contro, la valutazione consapevole di tali variabili potenziali, implica un processo necessariamente lungo nel tempo oltre ad occasioni di confronto ed efficienti eventi mediatici; per questa ragione, principalmente, credo che la nostra vera speranza di mantovani sia oggi riposta nell’Università. Non nei suoi docenti, devo dire, come taluni amministratori hanno prontamente inteso, ma nei suoi studenti, gli Architetti di domani; nella loro coscienza critica, nella loro voglia di partecipazione e nelle loro capacità di progettare un mondo che speriamo, prossimamente, degno di essere premiato. Per quanto riguarda la nostra realtà locale, e con ciò concludo, credo sia a maggior ragione necessaria un po’ di sana autocritica poiché non mi risulta che né gli Ordini professionali né, tantomeno, l’Università abbiano promosso alcunché di simile ad un premio d’Architettura a far data dalla loro istituzione. Spero che questa consapevolezza c’induca a riconsiderare, anche come Ordini professionali, paludate affermazioni d’inopportunità istituzionale, spingendoci sempre più ad operare in prima persona per quella pubblica attività di promozione intellettuale che, se pur non ascrivibile ai ruoli istituzionali, è quanto mai necessaria per alimentare il processo di cambiamento in atto. Gianni Bombonati Polemico Architetto in Mantova
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Mantova
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della Commissione di Laurea. Quest’ultima richiesta è stata introdotta nel 2003 dall’intenzione di presentare e discutere i risultati migliori della scuola, di promuovere un confronto ed un dibattito sugli esiti degli studi ed anche sottolineare fattivamente la indispensabile continuità tra le istanze presenti nella formazione e quelle che caratterizzano l’esercizio della professione. Si è quindi proceduto a raccogliere le tesi indicate dai rappresentanti nelle circa venti commissioni delle due Facoltà di Architettura dei Campus Leonardo e Bovisa ed anche nelle dieci della Facoltà di Disegno Industriale che, per consuetudine e per una effettiva tradizione di rapporti disciplinari, usa richiedere la presenza dell’Ordine nonostante, come noto, i laureati in Design non possano farne parte. Una Commissione del Consiglio ha poi provveduto a selezionare un gruppo di lavori ritenuti maggiormente significativi delle posizioni presenti nelle diverse Facoltà. A metà dicembre, presso la sede dell’Ordine, si è tenuta la presentazione delle tesi dell’anno accademico 2002/2003; nel corso della serata tutte le tesi segnalate sono state esposte secondo le diverse modalità scelte dai laureati mentre la decina di tesi selezionate ha costituito l’occasione per una presentazione diretta dei lavori attraverso diapositive commentate dai relatori o dagli autori. Al termine, dopo interventi dal pubblico, sono stati consegnati ai laureati gli attestati di partecipazione. La serata ha costituito una sorta di numero zero grazie al quale, superati con slancio temerario numerosi e delicati problemi anche organizzativi, si è avuto modo di verificare il carattere positivo dell’iniziativa, segnata oltre che da una ampia partecipazione di pubblico, dall’interesse per la produzione universitaria odierna, una parte significativa della ricerca in architettura che difficilmente trova occasioni di diffusione esterne alla scuola. Si dovrà, dunque, proseguire nell’iniziativa individuando le modalità migliori per le quali, a partire dai risultati della scuola, si possa promuovere un confronto aperto e a tutto campo sui rapporti tra la formazione e il mestiere, fasi collegate e distinte del processo di crescita dell’esperienza dell’architetto. Adalberto Del Bo
M ilano ha premiato il “Principe e l’Architetto” Promosso dal Comune di Milano, con l’assessore allo sviluppo del territorio, Gianni Verga e dal Comune di Bologna, con l’assessore all’urbanistica e politica della casa, Carlo Monaco, il premio “ Il Principe e l’Architetto: nuove idee per ripensare la città” , che ha avuto nel 2003 la sua seconda edizione, recupera un concetto antico come la committenza illuminata. Esso seleziona i migliori progetti d’Italia commissionati dai sindaci, per esaltarne le potenzialità ritrovate e rinnovate, attraverso interventi che danno nuova vivibilità alle città. È nato nel 2002 a Bologna, nell’ambito della manifestazione fieristica Europolis; a Milano è giunto a cura di Laura Villani e è stato presentato all’Urban Center, nel febbraio del 2003. Il comitato selezionatore dei sei sindaci e dei sei architetti era composto da Anna Detheridge, Giovanna Fossa, Guido Moretti, Piero Sartogo, Lanfranco Senn, Cesare Stevan, Gabriele Tagliaventi. Sono stati premiati il Sindaco di Parma Elvio Ubaldi e Renzo Piano per aver realizzato l’auditorium Paganini in una fabbrica di zucchero; il Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e
l’architetto slavo Boris Podrecca, per il recupero dell’ex-magazzino vini, nel progetto di riqualificazione del fronte mare; il Sindaco di Roma Walter Veltroni per il Museo d’Arte Contemporanea, di Odile Decq; il Sindaco di Genova Giuseppe Pericu, con gli architetti Ben Van Berkel e Guillermo Vazquez Consuegra, per il progetto Ponte Parodi - Museo del Mare; il Sindaco di Siracusa Giambattista Bufardeci, per la riqualificazione della corte interna dell’Isola di Ortigia, di Vincenzo Latina e il Sindaco di Sondrio Alcide Molteni, per la ristrutturazione di Piazzale Bertacchi di Angelo Bugatti. Di quest’ultimo, milanese (autore con Paola Coppi, Giampaolo Rinaldi, Silvano Molinari, Giuseppe Sgrò), viene qui illustrato il progetto redatto per il concorso, indetto nel 1993 dal Comune e relativo alla riorganizzazione, di un’area (quella della Stazione e dei giardini) dal punto di vista morfologico e viabilistico. La proposta indicava una nuova circolazione stradale e la conquista di spazi per la pedonalità e il ritrovo, riqualificando i giardini con un nuovo edificio edificato lungo le vie principali. Il progetto è rimasto a lungo sospeso negli archivi dell’am-
ministrazione, finché il sindaco Molteni, poi premiato, non è riuscito a acquisire per esso i necessari finanziamenti e a riproporne l’attuazione. Lo sviluppo dell’area scolastica e sportiva, a sud della ferrovia, le funzioni collettive che lì troveranno dimora, la stessa costruzione della tangenziale e le modifiche alle uscite che ne verranno, la positiva decisione di allestire un nuovo parcheggio, inducono oggi alla riformulazione (che è in corso) del progetto. Si affronta come tema principale la relazione tra centro e area sud, configurando una successione di spazi, chiaramente definiti, per trasformare, suggerire e affermare un volto urbano contemporaneo non prevaricante. Il percorso che si snoda dal sud alla città non ha un vero centro, anche se non c’è dubbio che l’edificio stazione (da ristrutturare con una pensilina) sia l’oggetto prevalente. La piazza pedonale è un’area allungata composta dalla pavimentazione verso gli isolati a est e dal verde triangolare. L’uniformità del materiale e la definizione delle parti costruiscono una scena in cui muoversi senza condizionamenti; una scena a volte percorso, a volte passeggiata, a volte luogo di sosta.
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R. G.
I premi di arte e architettura istituiti dall’Accademia di Brera nei primi anni dell’800 Nel 1801 Giuseppe Bossi subentra al Bianconi nella carica di segretario dell’Accademia di Brera. Esegue il grande quadro Riconoscenza della Cisalpina a Napoleone, che resterà a Brera fino a che verrà distrutto durante i bombardamenti del 1943. Lascerà la carica nel 1807 a causa di contrasti con il ministro dell’Interno Antonio di Breme. Negli statuti dell’Accademia, che redige dal 1801 al 1803, è previsto un organo collegiale di direzione composto da 30 artisti più un segretario. Sono istituiti premi di pittura, architettura e scultura rivolti ad artisti di tutta Italia. Si ritiene necessaria una biblioteca propria dell’Accademia e una pinacoteca. Sempre alla gestione di Bossi risale l’inizio delle esposizioni annuali (1805), che furono davvero la maggior manifestazione di arte contemporanea in Italia durante l’Ottocento, perché offrivano una rassegna tanto dei lavori degli studenti, stimolati dall’obiettivo dei premi messi a concorso, quanto delle opere di artisti italiani ed europei, nonché l’attività della Commissione di Ornato che svolgeva un controllo sui pubblici monumenti simile a quello delle odierne Soprintendenze. Nel 1802-1803, sempre Giuseppe Bossi promuove i primi due concorsi straordinari, finanziati con fondi governativi. Nel 1802, i primi concorsi concernono la scuola di architettura, la scuola di ornato, la scuola di elementi di figura, la scuola del nudo, tutti distinti in due classi, inferiore e superiore e, infine, la sala delle statue e la scuola di prospettiva che prevedono un’unica classe di concorso. Per la Prospettiva la prova consiste nel disegno prospettico di un monumento famoso. Due commissioni permanenti elette tra i docenti sono incaricate di giudicare l’insieme delle prove architettoniche (architettura, ornato, prospettiva) e di figura (elementi di figura, nudo, sala delle statue). Nel 1803, alla seconda edizione del concorso, le classi delle discipline architettoniche vanno quasi deserte. Rispetto alla normativa del 1802, vengono aboliti i temi per i piccoli concorsi e i premi attribuiti dalle commissioni permanenti sono concepiti come riconoscimenti di merito per gli allievi che si
sono distinti durante l’anno e presentano i lavori migliori, nelle classi di concorso cui intendono partecipare. Nel 1810, i temi vengono reintrodotti. I concorsi di prima classe, che da quest’anno vengono banditi annualmente, sono aperti anche a candidati esterni e riguardano le scuole di architettura, pittura, scultura, incisione, disegno di figura e ornato. I lavori sono presentati anonimi, contraddistinti da un motto e accompagnati da una lettera che esprime le intenzioni dell’autore. Nel 1825, probabilmente in corrispondenza dell’ingresso di Francesco Durelli come supplente di Giuseppe Levati alla cattedra di prospettiva, questa disciplina sembra diventare una sottoclasse dei concorsi di architettura. Nel 1842, viene istituito il concorso di prima Classe della Scuola di Paesaggio. Nel 1860, lo Statuto sancisce la progressiva perdita di importanza dei concorsi governativi a favore dei concorsi privati, sempre più numerosi a partire dagli anni Trenta. Tutta la documentazione sui concorsi è conservata nell’Archivio Storico dell’Accademia di Brera. R. G.
Pavia a cura di Vittorio Prina
Premio Internazionale di Architettura Sacra “Frate Sole”
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La Fondazione “ Frate Sole” è stata costituita a Pavia nel 1993 dal padre Costantino Ruggeri ed ha ricevuto riconoscimento giuridico tramite Decreto Ministeriale del 28 febbraio 1995. “ La Fondazione è creata con Io scopo di svolgere un’azione di sensibilizzazione e promozione nel campo della “ chiesa costruita” , affinché vengano attuate le qualità artistiche e mistiche tese a fare dello spazio sacro un luogo di esaltazione spirituale” . Con questo intento la Fondazione ha istituito a partire dal 1996 un premio quadriennale di 150.000,00 Euro da assegnare al progettista o all’ artista che abbia realizzato la migliore opera sacra nell’ultimo decennio nell’ambito delle confessioni cristiane. Il Premio è giunto alla sua terza edizione la cui premiazione si svolgerà a Pavia il 4 ottobre 2004. La scadenza per l’invio degli elaborati sarà il 31 maggio 2004. Tutti i partecipanti dovranno attenersi alle norme contenute nel bando di concorso. In giugno la Commissione Scientifica si riunirà per stabilire il vincitore. Nella prima edizione, svoltasi nel 1996, hanno partecipato 59 progettisti soprattutto dai paesi europei. La Fondazione “ Frate Sole” , ha assegnato il primo Premio all’architetto Tadao Ando, per tre opere realizzate in Giappone: la chiesa della Luce a Ibaraki, la chiesa sull’acqua a Tomamu e la cappella sul monte Rokko a Kobe. In queste opere appaiono evidenti e costanti contenuti di semplicità, di purezza di linee e di intensità mistica, particolarmente significativi per lo spazio sacro. L’emozione poetica, che distingue le opere
Il logo della Fonadzione.
di Tadao Ando, raggiunge un’alta comunicazione della presenza dello Spirito di Dio, attraverso il parsimonioso e sapiente uso dei rapporti tra spazio, superfici e luce. Nella seconda edizione, a cui hanno partecipato 99 progettisti da tutto il mondo, il Premio Internazionale di Architettura Sacra è stato conferito all’architetto Àlvaro Siza, per la realizzazione della chiesa di Marco de Canavezes in Portogallo. La Commissione Scientifica, che ha giudicato i numerosi progetti presentati, ha riconosciuto in quest’opera valori di alta significazione plastica e poetica, generatori di un senso di spazialità sacra ottenuti per mezzo di forme e materiali essenzialmente minimali ed esemplarmente elementari come materia e come trattamenti. Lo spazio qui espresso diventa chiaramente luogo dell’incontro per effetto della vivacizzazione ottenuta con il controllo della luce che è contemporaneamente fonte di astrazione per le aperture alte sul soffitto e senso di presenza nel sito per il taglio secco e netto all’altezza dell’occhio dei fedeli. La Fondazione “ Frate Sole” conferendo il Premio quadriennale intende anche esprimere un orientamento per la ricerca nell’ambito dell’architettura sacra, inserendosi nel filone di studio e approfondimento che si è venuto instaurando in modo vivo dopo il Concilio Vaticano II, con pubblicazioni, dibattiti e conferenze nel campo dell’arte sacra, in rapporto a problematiche di carattere architettonico, liturgico e teologico. Luigi Leoni Il Bando La Fondazione Frate Sole indice la terza edizione del Premio Internazionale di Architettura Sacra rivolto a tutti i progettisti di qualsiasi nazionalità, che abbiano realizzato un edificio per il culto nell’ultimo decennio nell’ambito delle confessioni cristiane. Pertanto si invitano gli interessati all’invio diretto della documentazione al seguente indirizzo: Fondazione Frate Sole, via Ada Negri 2, 27100 Pavia (Italia) Ai fini organizzativi si escludono contatti telefonici. Eventuali chiarimenti si possono richiedere mediante fax al n. +39 0382 301413 o e-mail: fratesol@tin.it. Per l’invio del materiale si prega di attenersi rigorosamente ai seguenti criteri: • cognome, nome e indirizzo del o dei progettisti, numero telefonico, fax ed eventuale e-mail; • disegni della chiesa (piante, prospetti, sezioni) nel formato A3 con la denominazione e l’indirizzo preciso del luogo in cui sorge. Sono esclusi disegni di grande formato, anche se piegati. • documenti o dichiarazione del progettista che attestino l’inizio dei lavori successivo alla data del 4 ottobre 1994 e l’avvenuta ultimazione dei lavori. • fotografie a colori: n. 5 di interni e n. 5 di esterni nel formato 20x20 cm oppure 20x30 cm, e relative diapositive a colori. Si richiede che i disegni e le fotografie della chiesa siano inviati su supporto cartaceo e su Cd Rom. Termine di presentazione del materiale: 31 maggio 2004 (fa fede la data del timbro postale di spedizione). Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo sopra citato a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o tramite altro servizio di spedizione che comunque assicuri l’avvenuta consegna dei documenti entro il termine fissato. Il Premio Internazionale di Architettura Sacra “ Frate Sole” verrà consegnato il 4 ottobre 2004, festività di S. Francesco d’Assisi, presso l’Università degli Studi di Pavia. La documentazione non verrà restituita, ma conservata nell’archivio della Fondazione. La Fondazione stessa si riserva il diritto di esporre gli elaborati nonché di utilizzare il materiale illustrativo e grafico per pubblicazioni, senza nulla dovere ai progettisti.
a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni
Prospettive di Architettura Il premio “ Prospettive di Architettura” riservato ai giovani architetti under 40 è una volontà a lungo rincorsa nelle serate passate nelle sedi degli ordini di Varese e Como ad immaginare eventi che avessero un respiro regionale e in cui si potesse promuovere il lavoro delle ultime generazioni di architetti. Il premio giunto alla sua seconda edizione, oltre alla buona partecipazione dei giovani colleghi ha riscontrato il favore della Consulta Regionale degli Architetti e degli Assessorati interessati al Territorio delle provincie di Como e Varese. Il bando del primo Premio di Architettura è stato promosso nei primi mesi del 2000 ed è stato aperto ai giovani architetti under 40 iscritti agli Ordini di Como e Varese e coordinato da Emanuele Brazzelli. Dopo la selezione della giuria, composta dagli architetti Enrico Bertè, Carlo Moretti, Emilio Terragni, e Laura Gianetti con Silvia Riccardi rappresentanti dei “ Giovani Architetti Varese” , si è giunti all’esposizione “ Prospettive di Architettura, mostra di architettura per architetti under 40” tenutasi nelle sale del “ Museo del Tessile e della Tradizione Industriale“ di Busto Arsizio (Va) nel mese di novembre 2000. Enrico Bertè decano della giuria con un grande passato professionale, sempre in attività con progetti ancora da realizzare, ricorda con quanta difficoltà si sia riusciti a selezionare i lavori per la mostra e quanto fosse il desiderio di dare a tutti la possibilità di mettere in mostra i propri lavori, interpretando appieno lo spirito del Premio. Bertè, nel suo appassionato intervento all’inaugurazione dell’esposizione ci esortò, a nome di tutti i componenti della giuria, nel proseguire nel nostro impegno all’Ordine, reclamando per gli esclusi altre possibilità di visibilità, di fatto ponendo le basi della seconda edizione del Premio. Il Catalogo della mostra, curato nella grafica, dall’arch. Maurizio Tassi è stato presentato successivamente nelle sale del complesso “ Tecnocity” di Busto Arsizio nel novembre 2001. Da questa prima esperienza molto positiva, raccogliendo l’invito di Enrico Bertè, si è cominciato pensare alla continuità, decidendo per una cadenza biennale. Nei primi mesi del 2003 si è bandito la seconda edizione del concorso in cui la Commissione Cultura Ordine Architetti di Como, rappresentata dai coordinatori Corrado Tagliabue e Gianfredo Mazzotta e i “ Giovani Architetti Varese” rappresentati da Laura Gianetti, hanno proposto un riconoscimento che premiasse i lavori presentati ai concorsi di architettura. L’intento era di raccogliere la ricchezza spesa dagli architetti nelle loro partecipazioni ai concorsi di architettura – dall’ambito locale a quello internazionale – impedendo che questo tesoro andasse disperso. Favorendo la diffusione di questi progetti si alimenta il dibattito architettonico e si mette in risalto il ruolo dei giovani architetti nel fare architettura. La giuria del premio presieduta da Claudio Castiglioni coadiuvato da Stefano Seneca delegato Commissione Cultura Ordine APPC Provincia di Como e Laura Gianetti delegata “ Giovani Architetti Varese” , ha inteso interpretare il proprio ruolo promuovendo senza distinzioni il lavoro dei colleghi che con generosità partecipano ai concorsi. “ L’idea di dare una vetrina ai giovani architetti che partecipano ai concorsi, ha portato alla convinzione che la seconda edizione del premio ‘Prospettive di Architettura’ debba e voglia essere un contenitore, uno specchio della realtà cul-
turale priva di aspetti competitivi e gerarchici di qualità. Una carrellata che offre uno spaccato del modo di affrontare il progetto, negli aspetti metodologici, nelle diverse tecniche di rappresentazione grafica. Tutto questo lasciando al pubblico e ai colleghi le valutazioni, anche critiche, dei risultati” . Con queste parole la giuria concludeva il verbale dei lavori. Il premio vuole far emergere l’importanza del concorso come strumento “ attuativo” , ma anche di indirizzo, di idee, fondamentale per l’apertura “ culturale” , per la crescita della qualità architettonica del territorio nelle scelte e nei tempi della sua trasformazione. La mostra tenutasi nelle sale del centro culturale “ Tecnocity” allestita con inventiva da Chiara Bianchi, Andrea Ciotti, Carla Moretti, Margherita Pusterla e Vanna Vanoni è stata inaugurata con l’intervento dell’arch. Aurelio Galfetti, direttore dell’Accademia di Mendrisio, e di tutti i vincitori del concorso per la realizzazione del nuovo Campus Universitario della Città di Lugano, illustrando le modalità attraverso le quali si è giunti alla realizzazione del meraviglioso campus. L’evento di architettura imperniato sui concorsi di architettura ha rappresentato anche l’occasione per sensibilizzare le Amministrazioni, invitandole ad abbracciare la pratica concorsuale come metodo principale di trasformazione del territorio. La segreteria organizzativa di questa edizione, composta da Corrado Tagliabue, Gianfredo Mazzotta, Laura Gianetti ed Emanuele Brazzelli, dopo aver prodotto un Cd Rom con tutte le opere dei concorsisti sta lavorando alla realizzazione del catalogo. Segreteria organizzativa
Sala Tramogge, Tecnocity, durante la premiazione.
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Varese
A cura della Redazione
Architettura civile: l’opera di Guido Canella Si chiama “ Facoltà di Architettura Civile” , una delle scuole d’architettura del Politecnico di Milano. Non è espressione rubata agli ingegneri: sono gli ingegneri che hanno rubato il titolo e l’idea che era stata di Guarini e di Milizia, per chiuderla dentro un’interpretazione troppo limitata e
e scrittore d’architettura, direttore di riviste, autore di molte opere nel circondario di Milano – è figura importante della cosiddetta “ scuola milanese” . Ma è una scuola che ha avuto anime diverse e che da questa diversità trae la propria contraddizione e la propria ricchezza.
Argomenti
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Guido Canella, Istituto tecnico “ G. B. Bodoni” Parma, 1985-2001, vista della palestra maggiore (foto di Stefano Topuntoli).
tecnicistica. Architettura civile era quella anonima e corale delle città; quella dell’interesse pubblico e del pubblico decoro; quella che sapeva piegare gli edifici a una visione e a un fine collettivo; quella che non badava in modo troppo stretto all’utilità, perché sapeva di poterla conseguire solo se si risolveva in rappresentazione, solo se concorreva alla costruzione di un volto polifonico e unitario. Ma oggi sappiamo che quell’unità è per noi storicamente perduta, e che non ci è possibile perseguirla per vie lineari. Oggi una scuola di “ architettura civile” è quella che sa costruire al suo interno una dialettica tesa e intensa, un confronto tra diverse tradizioni, e che sa proporle sia all’insegnamento che alla ribalta della città. E ciò avviene non solo attraverso il lavoro quotidiano, ma attraverso le occasioni alte che costringono al confronto. Sono state tali l’inaugurazione dell’anno accademico da parte di Giorgio Grassi il 4 dicembre 2003 e la mostra delle opere di Guido Canella, aperta il 20 novembre e chiusa a fine gennaio. Della mostra e del dibattito che ha suscitato, propongo qui un’interpretazione personale. Canella – nato a Bucarest nel 1931, coetaneo e compagno di Aldo Rossi, allievo in primo luogo di Ernesto Rogers e di Giuseppe Samonà, studioso
La mostra aveva come suo cuore una serie di modelli. Accostati al centro della sala, diversi nelle tecniche, nei materiali, nelle scale, nei colori, componevano una strana ed irreale città, sospesa in una dimensione semi-onirica. Dobbiamo, com’è necessario, guardare all’opera di un architetto nel suo dispiegarsi nel tempo e nel suo interloquire con le vicende, con gli eventi, con le persone; dobbiamo guardarla a partire dalla realtà che la accerchia e la condiziona. Ma possiamo talvolta concederci di considerarla in modo più astratto e atemporale, nella sua compattezza ed unità, come presa di posizione e come dichiarazione poetica. E serve ad avvicinarci a quella “ cittadella mentale” che è fatta di conoscenze e di immaginazioni, di cose amate e pensate, di riferimenti e di idee, che sta sempre dietro i progetti e li precede, che li alimenta e insieme se ne arricchisce e se ne adorna. Così dunque potevano esser visti i modelli della mostra: come una materializzazione parziale e deformata di quella ideale cittadella: e in questo, credo, stava il loro strano fascino e la loro possibile lettura. Tanto i modelli come gli edifici che loro corrispondono nel territorio, sono dominati da una sorta di tumulto, da una ricerca forte di espressività, da un affollarsi non lineare di
figure. Esse attingono con libertà alla storia dell’architettura. La storia, in questa rivisitazione e trasfigurazione, perde ogni compattezza per presentarsi come mondo discontinuo fatto di episodi discreti. Viene rivendicata la liceità e l’appropriatezza di una visione tendenziosa del passato; e tuttavia, le propensioni personali per Dudok e per la Scuola di Amsterdam, per Mel’nikov e per il costruttivismo sovietico, per Boito e per l’eclettismo lombardo, sono giustificate vedendo in quelle esperienze la capacità di riassumere il sentimento di una società e di volgerlo secondo linee di progresso. Come se le predilezioni personali e le propensioni poetiche dovessero per forza saldarsi a un’interpretazione della vicenda storica e in essa trovare il proprio senso e la propria legittimità. Sia in questo scavo come nelle scelte d’architettura, c’è un nodo che in Canella emerge come determinante, ed è quello del rapporto tra ragione ed espressione. L’architettura moderna le teneva forzosamente separate: la ragione identificata con un corpo di criteri e di regole che ambivano a costituire una piattaforma obiettiva, una “ roccaforte” di rigore dalla quale interferire con il mondo e le sue necessità; la figurazione intesa come gioco successivo, confinato in una sfera individuale. Canella, all’opposto, ha sempre pensato che in architettura non sia data ragione che non sia da subito carica d’espressività, che non sia già transitata attraverso il mondo delle figure e che non vi abbia ritagliato un suo sistema di forme elettivo e personale. Ragione ed espressione fanno corpo e non possono darsi l’una fuori dall’altra. Ma si tratta di una ragione, per altro, che non può star chiusa nell’edificio e nel cerchio del linguaggio; essa deve al pari riguardare l’insediamento, la sua struttura, la sua configurazione, i modi in cui il vivere organizzato si dispiega nel territorio e lentamente lo costituisce. Dal territorio gli edifici traggono dunque il loro senso e il loro motivo. Il territorio è inteso nella ricchezza delle sue dimensioni, e in primo luogo come costruzione nella quale si ritrovano geografia e storia: geografia se lo riguardiamo come dato e eredità; storia se lo intendiamo dal punto di vista degli uomini che lo vivono e lo trasformano; cumulo di opere che risalgono il tempo, sino ad una formazione naturale e geologica originaria; ma anche opera d’ingegneria, “ gran macchina” che gli uomini hanno predisposto per cogliere e sfruttare le opportunità di un quadro naturale, per incanalarne le forze e piegarle alle ragioni del vivere e del produrre. Ma il territorio è visto anche in un senso diverso, espressivo e quasi “ corporale” , nel modo in cui Testori ha letto il Seicento lombardo e il “ gran teatro” dei sacri monti, o in cui ha voluto riconoscere nel Memoriale di San Carlo una città fortemente emblematica. Perché nel territorio sarebbe esemplata una vicenda umana, col suo carico di tormenti e di tragedie: ed è esemplata espressivamente, per gangli figurativi e sim-
bolici, per costruzioni ed opere rammemoranti e rappresentative. Il territorio è una gigantesca “ messa in figura” , una rappresentazione corale; uno spazio teatrale dilatato, dove i luoghi e i fabbricati, le città e le opere d’arte, le architetture e le pitture, sono l’una all’altra compresenti e stanno fra loro in drammaturgica tensione. È un quadro nel quale ci troviamo immersi e che dunque, nel momento di costruire, siamo chiamati a continuare. Organizzata per gangli è anche l’idea di territorio che Canella promuove. Sono concentrazioni di attività, ma anche “ coaguli espressivi” . Edifici che vorrebbero avere quel ruolo di “ condensatori sociali” e di promozione degli scambi che i costruttivisti attribuivano a certe loro opere di carattere collettivo. Ma insieme edifici capaci di ricostruire per via espressiva una memoria latente o cancellata; capaci di riscattare l’appiattimento e l’omologazione del paesaggio attraverso una carica forte di figuratività; ed è una figuratività perseguita attraverso collagese rivisitazioni, riprendendo e rifondendo poeticamente le figure del castello, della cascina, del palazzo. Sono opere, quelle di Canella, che in nome della volontà espressiva tendono ad offuscare gli aspetti di indifferenza e di impersonalità su cui l’architettura per sua vocazione dovrebbe basarsi. Tendono a negare quel lato “ autoreferenziale” che è legato al suo appartenere a una tradizione e ad un mestiere. E tendono a farlo perché vogliono disperatamente rimettere l’architettura in rapporto con il mondo, e insieme vogliono attraverso l’architettura scuotere il mondo dalla sua apatia. Le architetture appartengono a un mondo diverso da quello degli eventi e dei sentimenti. La storia ne pone le forme in una dimensione astratta, in una luce distaccata ed altra. Poi, in modo ricorrente nel tempo, c’è chi cerca di ricostruire un’empatia, di sottrarle al loro destino di impassibilità, di riconnetterle alla sfera dei sentimenti. I romantici credevano a un’architettura in grado di manifestare e suscitare sentimenti. Anche Canella pensa a un’architettura “ transitiva” e coinvolgente, levatrice di valori civili. I suoi edifici si dispongono nel territorio come personaggi carichi di pathos e di espressività. Vogliono raccogliere ed esprimere il senso di una storia, e insieme si pongono il compito di indirizzarla e di guidarla. In questo, mi sembra, possiamo vedere Canella come erede di una grande tradizione romantica. Daniele Vitale La mostra Guido Canella, sulla composizione architettonica e sui progetti, promossa da Antonio Monestiroli, preside sella Facoltà di Architettura Civile, si è tenuta presso lo Spazio Mostre della Facoltà in via Durando 10, dal 20.11.2003 fino al 20.1.2004. Domenico Chizzoniti e Luca Monica sono stati i curatori della mostra e del catalogo pubblicato dalla Leonardo International.
I (grattacieli) di Martinville gramma e luogo sino alla illustrazione della forma del progetto il discorso suonava così globalmente convincente che Foster ha necessariamente concluso con interrogativi posti da due pittoreschi indigeni protagonisti della scena locale: di nuovo il grattacielo Pirelli e la torre Velasca. Bob Emmerson e Lee Polisano hanno proseguito illustrando nuove soluzioni tecnologiche emerse dai loro
dice di piano? Cosa significa proporre torri nel territorio della città attuale? Si provi a pensare alle diverse attribuzioni di senso a questo tema. Ad esempio il disegno delle torri su borghi, sui Navigli e i bastioni, Bottoni e Romano. Quelle di piazza FiumeRepubblica, Savinio e Muzio, e il viale della Stazione che mi sembrano il contesto appropriato del Pirelli. O la torre di Magistretti. Per arrivare chiedersi che cosa sono case alte e case basse nelle realizzazioni attuali milanesi perché non parlare delle torri costruite oggi a
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Nella vetrina dell’Urban Center il pubblico natalizio della Galleria ha visto affollarsi 40 modelli di edifici a torre. Si trattava di grattacieli all’orizzonte: la mostra allestita da Cecilia Bolognesi con il materiale di quella di Londra – SkyHigh – curata da Norman Foster per la Royal Academy of Arts. La disposizione affastellata evoca il dipinto delle opere di Soane raccolte in una stanza in cui si generano accoppiamenti inattesi e spesso rivelatori ben oltre le consapevoli scelte dell’autore. Nella competizione fra grattacieli ridotti a oggetti di studio si osservavano la scompostezza di alcuni e la ricerca ossessiva del proprio io di parecchi altri, piuttosto che la bella forma costruita dei pochi che si distinguevano. Questa è la lettura che preferiamo dare all’insieme delle iniziative organizzate dal Comune. Ma non ne tralasciamo altre maggiormente inquietanti che sorgono da sole ricordando – cfr. “ la Repubblica” e “ Corriere della Sera” , 12.12.2003 e 4.1.2004 – quella che si chiama “ preparazione d’artiglieria” del campo di battaglia. L’evento era sostenuto dal supplemento di “ Domus” Grattacieli-skyscraperscon una copertina dedicata a una ben strana sorta di costruzione: il progetto di Koolhaas e Balmond per la sede della Televisione Cinese a Pechino a cui sono dedicate due pagine. Quattro pagine sono invece per l’edificio di Londra per la Swiss RE di Norman Foster. Questi due grattacieli sono così evidentemente certificati come gli esempi più rappresentativi della nuova generazione di edifici alti del nostro tempo, oppure rappresentano solo il segno delle affezioni dei due direttori? Il supplemento ha il pregio di aprirsi con alcuni interrogativi posti dalla stessa curatrice Bolognesi. Altro motivo di interesse del fascicolo è un articolo di Banham degli anni ‘60 in cui Velasca e Pirelli rappresentano bene la scena milanese e raffigurano al meglio la sua polemica con Rogers. L’articolo è illustrato dalla schedatura di 4 esempi: i due citati con la torre di Ponti per la Triennale del ’33 e la torre Galfa di Bega. Il compito di concludere la pubblicazione alla comparazione di profili disposti su quattro pagine successive, assieme alla schedatura fotografica delle dieci torri ...che hanno cambiato il mondo... La mattina dell’11 dicembre mostra e supplemento sono stati inaugurati da un annunciato dibattito dallo stesso titolo. Nella sala Alessi di palazzo Marino con il Sindaco – grande promotore di quelli che chiama enfaticamente affascinato obelischi moderni – e l’Assessore, sono intervenuti Forster, Fuksas, Emmerson di Arup e Polisano di KPF. Lì abbiamo avuto modo di ammirare la personalità di Norman Forster e la sua esemplare capacità di parlare del proprio lavoro. Dai problemi di pro-
della mostra e quelle di Banham. Questa iniziativa ribadisce l’indirizzo già emerso per costruire gli edifici alti della Regione e del Comune che dovranno essere progettati attorno all’area GaribaldiRepubblica completando il direzionale del limite nord del campus. Ma, seguitando in questa direzione, ribadisce anche la poco condivisibile idea del Sindaco di costruire un grattacielo al posto del carcere di San Vittore. Si chiarisce così che il senso dell’edificio alto che si intende è quello della riconoscibilità f ormale. Dunque bisognerebbe
Berlino (foto di Marco Introini).
studi nel tentativo di dimostrare l’adattamento del tema sia alle questioni della sicurezza che della sostenibilità ambientale. Fuksas infine si è limitato a fare l’italiano del gruppo – il che non è poco in una mattinata del genere – parlando della sua torre viennese rivestita dalla sua versione contemporanea della finestra inventata dall’abate Laugier. Era nell’aria un’atmosfera che avrebbe dovuto permetterci (cito il testo del cartoncino d’invito): “ di ammirare ma anche studiare, discutere sui grattacieli (...) per non ripetere gli errori del passato e intraprendere senza esitazioni la strada della sfida che porta al progresso” constatando che “ nell’edificare in alto si coniugano progresso, bellezza e funzionalità soltanto quando i grattacieli non rappresentano l’espressione della vanità di un popolo” . In ogni modo una iniziativa di comunicazione. Ricette che illuminano lo sfondo su cui si stanno consolidando scelte operative. Ma non un dibattito perché di questioni e discussioni non c’era traccia quella mattina, salvo quelle sollevate dal testo della curatrice, quelle implicite negli accoppiamenti licenziosi
orientarsi verso la produzione di segnali territoriali indifferenti come quelli dei quartier-generali delle grandi società, amplificando la competizione fra regione e comune. Così passa, o si prova a far passare, la tendenza generalizzata di proporre torri come segno del cambiamento indipendentemente dal tessuto della città e da un serio dialogo fra luogo e temi della progettazione – anche di edifici alti – delle istituzioni. D’altronde, a comprovare questo senso comune, nel contesto di queste iniziative si colloca anche l’uscita di alcuni libri dedicati al tema che lo accentuano sino alla forzatura. Fra gli altri segnaliamo Grattacieli di Eric Höweler per Rizzoli-Skira in cui un tentativo di classificazione ideologica lascia intravedere poche possibilità di uscire dalla deriva formalistica che ci ha riportato ad un clima da international style, accentuato dalla globalizzazione e dallo star-system nonchè dall’uso essenzialmente mediatico dell’architettura. Se l’omologazione è il rischio più evidente di questo indirizzo che cosa può succedere nei progetti in corso per l’area della Fiera per cui abbiamo visto richiedere una variante di in-
Milano nei PRU? Forse questo significherebbe delineare considerazioni di sostenibilità economica e flessibilità tipologica con gli operatori locali, per ricominciare a lavorare proprio da questo punto. Ma non ci sono poi questioni di carattere più generale. Per esempio: discutere di parchi e residenza vuol dire anche porre questioni di progetto come rapporto fra sito originario, forma della città e dell’edificazione? Perché non provare a mettere in gioco qualche idea di insediamento e del suo rapporto con il territorio? Qualche discorso sulla città attuale nel contesto delle varie mostre che si susseguono, interrogandosi sulla sua forma ma che non riescono a dare risposte? Per riflettere meglio propongo di amplificare il confronto – un po’ frusto in verità – BBPR-Ponti a quello Piano-Kolhoff-Jahn, ben rappresentato dall’immagine di Marco Intrioni che pubblichiamo, in cui il cielo berlinese sembra allontanarsi definitivamente dall’orizzonte della città riflesso assieme al grattacielo nella facciata a specchio. Altro che i cristalli della städt-kröne. Auguri. Giulio Barazzetta
Nuovi tipi di edifici, unità d’uso del territorio e/o tipi di landscape Per il secondo anno consecutivo la Scuola di Dottorato in Progettazione Architettonica e Urbana replica il ciclo di Seminari denominato Composizione urbana: grandi contenitori, interni e paesaggi con il contributo di DIAP e S.E.A. Il ciclo di Seminari è indirizzato ai tipi chiave individuati in: stazione, aeroporto, museo e mercato e allo studio di nuovi tipi di landscape e unità d’uso del territorio. Ogni
terminazione di mappa mentale anche alla scala della città diffusa. La nostra domanda di partenza si rivolge, quindi, alla investigazione di quali siano le strutture capaci di cambiare il volto del territorio, ovvero, di mettere in coesistenza, il nuovo impianto spaziale, decisionale e relazionale, alla scala della globalizzazione e il valore di una rivendicazione locale coerente. Il metodo innova-
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Matteo Fraschini, Workshop di progettazione “ Coprire un ettaro” , Dottorato di ricerca in progettazione architettonica e urbana - XVIII ciclo, Politecnico di Milano.
Seminario è costituito da una lezione di eccellenza – tenuta da un Chairman, proveniente o dal mondo accademico, o da quello dell’esperienza professionale – e da una esercitazione svolta dai partecipanti sui temi trattati. L’iniziativa vede l’adesione di società come S.E.A, che offre anche la possibilità di svolgere stages presso la sua sede, di Aeroporti di Roma, Aeroporti di Parigi, Cento Stazioni, Società Autostrade. L’incontro ad alto livello tra teoria e pratica, tra università Europee e mondo del lavoro, rappresenta il futuro della formazione, che l’università sarà sempre più tenuta a svolgere. La possibilità di gestire, infatti, la complessità della progettazione dei nuovi impianti urbani, che sono multiscala e multifunzionali, nasce dalla conoscenza di tutte le professionalità coinvolte. Solo testando la interdisciplinarietà e imparando ad ascoltare le esigenze di professionalità diverse, è possibile per l’architetto riacquistare un ruolo fondamentale per la produzione e per la società, in grado di essere, così come auspicava E. N. Rogers, il direttore d’orchestra dell’intero progetto di architettura. Con i nostri seminari abbiamo voluto formare giovani dottori e professionisti in grado di fare ricerca sul tema di progetto che viene loro proposto e da loro affrontato, in maniera originale ed approfondita. È chiaro il legame tra questo Ciclo e gli studi che stiamo conducendo. Da alcuni anni infatti, la nostra ricerca riguarda tipi di edifici, unità d’uso del territorio e/o tipi di landscape studiati relativamente ad una definizione precisa di dimensione e grandezza, legata ad una sua immagine riconoscibile e ad una possibile de-
tivo che perseguiamo in collaborazione con le università Oxford Brookes e Rey Juan Carlos di Madrid, si basa sul confronto tra diversi casi esemplari di paradigmi urbani e di costumi, che trattino i temi: impatto con i tessuti storici consolidati di grandi opere pubbliche, impatto su ambiente e paesaggi, mall come elemento di aggregazione nei tessuti di frangia, fiera come modo della trasformazione di aree industriali dismesse. L’analisi dello stato di conflitto naturale che si determina tra un polo conservativo (residenti) e un polo futurista (cittadini temporanei), porta a dire che non viene in maniera esaustiva spiegata l’opportunità che la presenza di un nuovo impianto intermodale offre in termini di funzioni urbane rare. Nasce così un conflitto per mancanza di descrizione di spazi e tempi, che si riduce ad un solo dibattito sull’impatto ambientale. Si determina un inviluppo anziché uno sviluppo vero su tutta l’area metropolitana coinvolta, poiché non è mai testato un valore di beneficio reciproco: l’insediato (localmente) percepisce solo un senso di frustrazione ed è destinato a regredire culturalmente, chiudendosi a tutto ciò che avverte come diverso. Solo attraverso una reciprocità è possibile attivare dei cambiamenti nel costume; e del resto, la valorizzazione del locale diventa oggi una priorità, perché ci troviamo dinnanzi ad un universo di linguaggi. Allo stesso tempo, molti abitanti, specialmente i residenti più antichi, attraverso la comparazione e il contrasto del carattere spaziale locale con nuovi luoghi, cominciano ad assumere una ampliata identificazione con la città, nel suo senso sociale e
spaziale. È un problema di consapevolezza nata da una comunicazione corretta, realizzata soprattutto attraverso lo spazio fisico, che solo può essere compreso in un senso comune e quindi fatto oggetto di una decisione partecipata. Con la nostra ricerca, intendiamo testare modi di progettazione e rappresentazione della qualità dello spazio urbano, per la definizione di metodologie di pianificazione a scala regionale. La finalità è quella di facilitare il superamento di conflitti tra i diversi livelli decisionali, aprire all’accoglimento delle diverse identità e, attraverso la trasformazione di ciò che altera i parametri del riconoscimento reciproco tra le etnie, consentire una vera partecipazione al consenso. Oggi, infatti, la presentazione, descrizione, rappresentazione non solo degli enti che determinano la crescita, ma anche degli effetti sul territorio – spaziali, economici, sociali – è distorta per assenza di una comprensione, legata ancora ad una visione meramente funzionalista e quantitativa, del valore aggiunto dello spazio costruito come luogo/icona, landmark, paesaggio interno. Non è compreso il rapporto tra questo carattere di icona, landmark e paesaggio interno e lo spazio di flussi e comunicazione, che caratterizza lo spazio pubblico della città d’oggi e non sono studiati i rapporti alla scala delle reti, e a quella della velocità, con le mappature mentali dei cittadini mentre programmano i percorsi, i movimenti o i viaggi che connettono i luoghi propri a tutti i luoghi del mondo. Antonella Contin Seminario Universitario Grandi contenitori tra landmarks e paesaggi interni • Direzione del Corso prof. Ernesto d’Alfonso, arch. Antonella Contin L’oggetto del corso è legato al tema generale della nuova scala del progetto architettonico e urbano. Questa, da sempre legata alla grandezza umana è stata interpretata rispetto ai tessuti urbani e ai parametri di densità della concentrazione urbana. Oggi invece, viene messa in relazione anche con il tema della incommensurabilità legata alla dimensione dei nuovi tipi condensatori di funzioni urbane. • L’obiettivo formativo che il corso propone è quello di preparare professionisti in grado di gestire le nuove esigenze legate alla progettazione, realizzazione, sviluppo e massimizzazione degli investimenti di grandi insediamenti urbani multisala e multifunzionali (quali aeroporti, stazioni, centri commerciali, multisala cinematografiche ecc.), curandone l’integrazione con tutte le reti (viarie e informatiche) in cui essi sono inseriti. • Strutturazione del Corso. È suddiviso in sei sezioni: La scala: i paradigmi storici; Il contenitore multiscala, multifunzionale; Progetto architettonico e disegno urbano; Il controllo della forma architettonica attraverso la matematica; Paesaggi interni; Paesaggi; Scala
metropolitana e progetto architettonico. Ognuna costituita da lezioni ex-cathedra e da esercitazioni. • Principali temi trattati. Grandi contenitori per il pubblico con accenni ai grandi contenitori per la logistica e le merci. Si affrontano le problematiche legate alla pianificazione e alle connessioni a scala territoriale, e a quelle legate alla scala dell’oggetto architettonico. Vengono analizzati i contenitori per eccellenza del transito e del viaggio: stazione ferroviaria; aerostazione; stazione di servizio. Degli esempi attuali si studia l’organizzazione del programma, i parametri di dimensionamento, la circolazione, la disposizione e distribuzione degli spazi e le diverse scale della percezione relative alla connessione a misure e caratteri espressivi di tipo diverso legati alle reti, ai tessuti e ai paesaggi. Interventi di studiosi di discipline riguardanti dalla sociologia alla psicologia e alla comunicazione saranno anche mirati ad evidenziare tematiche relative ai codici e valori del viaggiatore, sociologia e psicologia della folla (orientamento e comunicazione). Esempi: – Infrastrutture, città, paesaggi. – Studio dei sistemi integrati: pianificazione delle connessioni. – Studio dell’integrazione specifica di tipologie di spazi e di funzioni differenti. – Studio delle dinamiche dei flussi funzionali al viaggio e grandi spazi per il pubblico/folla (atrio). – Studio delle dinamiche legate agli spazi dell’attesa e del commercio. – Studio delle dinamiche legate agli spazi che fungono da interfaccia fra pubblico e operatori. – Studio della ingegnerizzazione dell’edificio e flessibilità all’innovazione tecnologica: tecnica degli impianti, informatizzazione e automazione. – Studio dell’attrezzatura degli spazi interni, arredamento e disegni di arredo, comunicazione visiva. – Studio del vero, falso, verosimile nell’architettura del commercio. – Psicologia della folla e dell’attesa. Psicologia e percezione dello spazio. • Casi Studio. – Casi studio legati a grandi progetti infrastrutturali, esposti dai progettisti di S.E.A, Cento stazioni, Società Autostrade, ADP, Impresa Matarrese. – Casi studio legati a progetti immobiliari. – Casi emblematici legati allo sviluppo dello strumento giuridico in ambito urbanistico. Politecnico di Milano Scuola di Dottorato di Ricerca Corso di Dottorato in Progettazione Architettonica e Urbana Coordinatore prof. Ernesto d’Alfonso. Dipartimento di Progettazione e Dipartimento di Architettura e Pianificazione Informazioni: Antonella Contin (antonella-contin@libero.it) Sono previste 120 ore di seminari ed esercitazioni, nel periodo ottobre-gennaio. Il corso si svolge nei giorni di venerdì (pomeriggio) e sabato (mattina).
Il gioco sapiente Note a proposito di 24 disegni di Ettore Sottsass Ci sono molti modi di parlare di architettura, quello di Ettore (Sottsass) è tra i più elusivi e intriganti. Nei suoi disegni e nelle sue parole disegnate, c’è sempre la sommessa consapevolezza che l’architettura è una cosa troppo importante per lasciarla fare (solo) agli architetti. L‘ultima raccolta di disegni dal titolo Architettura Attenuata (Galleria Jannone-Milano, ottobre 2003)
gioco compositivo di volumi e di colori. La questione compositiva non è irrilevante se vogliamo interpretare queste divagazioni architettoniche senza committente. In tempi recenti se ricordo bene Ettore ha detto qualcosa come: “ sono l’ultimo dei neoplastici” . Credo intendesse affermare un legame forte e operativo con la cultura pittorica
stanze/cubiche accostate intorno ad un patio o, meno nobilmente, ad un cortile, piccoli parallelepipedi colorati allineati e divisi da bassi muretti. L’elenco di piccole case articola un microtessuto urbano teorico nel quale emergono con affettuosa ironia gerarchie figurative e spaziali. Spazi metafisici come Case unifamiliari con giardino trafitte da una casa/corridoio, nera e cieca dentro e fuori, o la Casa aperta: cubo grigio di improbabili e sognati grandi terrazzi e stanze nane. E ancora: cortili aperti e disarticolati nei quali
blimi, povere case suburbane in Messico nobilitate da un colore, da una micromonumentale tettoia, da un orgoglioso ingresso. Sottsass ci parla così delle case, dei milioni di case che l’Architettura ignora ma la Vita no, mentre al loro fianco si esercitano i linguaggi ricchi del potere dove lo stile è metafora. In fondo l’architettura come allegoria sociale, con banche in stile “ metaforico/ingegneresco” , ville moderne a catalogo ripiene di stile e Piazze popolari dopo la rivoluzione francese. Chiude Architettura monumentale semplicemente
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E. Sottsass, Casa con i vasi per piccoli alberi.
E. Sottsass, Casa pallida.
propone un piccolo colorato catalogo di visioni che indagano il mistero dei luoghi e il senso del fare, del fare attraverso la costruzione di manufatti che si presentano come piccole a volte solitarie architetture, ma che sono qualcosa di meno e di più. Il lavoro di Ettore è infatti estremamente preciso nel senso tecnico ed estremamente eterodosso nel senso teorico. Il suo lavoro contiene aspetti compositivi liberi e rigorosi. Ma la sua architettura riguarda non retoriche funzioni o ineccepibili funzionalità, la sua architettura propone una sorta di manualistica debole e impropria per l’abitare umano rivalutando un apparente “ rigore del caso” che mette assieme spazi semplici e funzioni elementari secondo un complesso
piccoli volumi chiamati “ pranzo” , “ ingresso” , “ cucina” e “ garage” cercano teneramente di dare ordine e dignità sotto il titolo di Casa tunisina. La ricerca di Sottsass è una sequenza di concrete visioni che accettano necessità, casualità e diversità come materiali del progetto e compongono lo spazio secondo una visione ostinata e diffusa di piccole qualità da scoprire osservando la realtà di molta architettura spontanea. Se questo è vero equivale a dire che il Progetto con la “ P” maiuscola non serve alla vita quotidiana; servono invece minuti simboli/segni di certezza e di identità da collocare nella ritualità degli interni e degli esterni. Affiorano in questi disegni ricordi di viaggio insieme a fotografare su-
e figurativa del Movimento Moderno, con la tensione verso una ricerca evolutiva e innovativa dello spazio attraverso la sintesi del linguaggio. Allo stesso tempo nella pratica sistematica e combinatoria di volumi, forme semplici e colori Sottsass pratica una composizione spaziale “ additiva” . Lo spazio cioè nasce antropologicamente per aggiunte successive per accostamenti di volumi teorici, quasi piccoli standard funzionali, che variamente giocati danno luogo ad un paesaggio vagamente mediterraneo, sicuramente artificiale, immancabilmente geometrico. Piccole ville giustificate e protette da misteriosi recinti e piccoli giardini, pareti massicce e bianche con poche aperture non allineate che enfatizzano lo spessore dei muri,
senza funzione e rigorosamente nera. Nel lavoro di Sottsass alla fine l’aspetto poetico è nell’inesausta fatica che Ettore compie per legittimare un progetto nascosto ma non minore, un progetto “ interstiziale” che nella sua molteplice e multiforme vitalità nega ogni teoria e ogni retorica monumentale; riconsegna l’architettura alla quotidianità ma non alla banalità. Ci dice che il senso profondo del mestiere dell’architetto è forse di predisporre anche piccoli progetti come congegni a tempo, delicate ed illuminanti riflessioni, anche solo disegnate, sul senso del progetto per l’abitare, sul progetto per la vita che finisce e quindi non per l’eternità. Franco Raggi
Conversazioni a cura di Antonio Borghi
Intervista a Vittorio Gregotti • Cogliamo l’occasione dell’uscita di alcuni libri che affrontano la questione della tutela dell’ambiente in Italia – ad esempio quello di Vittorio Sgarbi Italia sfigurata e quello di Franceso Erbani L’Italia maltrattata – per parlare con Vittorio Gregotti del rapporto tra architettura e trasformazioni del paesaggio.
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• I due libri sono molto diversi tra loro. Il libro di Erbani attua una critica sulla modalità di trasformazione del paesaggio italiano cercando di analizzare quali siano le ragioni strutturali di queste trasformazioni. Il libro di Sgarbi invece affronta la questione dal punto di vista estetico – non avendone per altro le competenze – avventurandosi su un terreno molto scivoloso e del tutto arbitrario. Erbani individua alcune questioni fondamentali – la quantità, l’abusivismo e la deregolamentazione – che caratterizzano il modo collettivo di concepire l’architettura nell’ultimo mezzo secolo e che forse sono davvero in grado di chiarire le ragioni di un degrado così diffuso. Questa è una base sulla quale anche gli architetti possono avviare una discussione. La nostra categoria ha grandi responsabilità perché non abbiamo proposto in tempo delle idee che fossero sufficientemente robuste da costituire alternative fondate alle pratiche in atto. Il caso dell’espansione urbana è esemplare: dobbiamo riconoscere che non abbiamo prodotto in tempo un modello insediativo adeguato. In generale c’è un indebolimento complessivo dell’idea di progetto globale che era invece molto forte – pur con tutti i suoi limiti – nel movimento razionalista, la cui proposta era fondata su un’interpretazione intenzionale del mondo e della società. La mia generazione ha, credo, il merito di aver riconosciuto l’importanza della storia come terreno di fondazione e di aver tematizzato il rapporto dialettico di architettura e contesto; tuttavia la nostra capacità propositiva si è molto indebolita spostandosi verso il solo rinnovamento dell’immagine estetica. • Questa osservazione richiama il tema del rapporto tra architettura e società civile, che lei pratica con costanza intervenendo sulla carta stampata, ma che spesso vede la nostra categoria costretta su posizioni difensive.
• Questo è vero, come è vero che è diminuita la sensibilità della società civile nei confronti della qualità morfologica delle modificazioni che intervengono nell’ambiente, con particolare riguardo all’architettura. Di conseguenza anche nella politica, sia nei programmi di governo che nelle proposte di chi costruisce alternative, la presenza di temi che riguardano l’urbanistica o l’architettura è molto debole e contraddittoria. Certo che l’architettura è anche una pratica artistica difficile da spiegare. Alcuni la vedono come una forma di ingegneria superiore, altri come pura estetica, altri ancora come deducibile solo dal sociale. Manca l’idea di architettura come risposta e rappresentazione della complessità dello stato del reale che mi pare la vera qualità del suo contributo: ma questo lo diceva già l’Alberti. È difficile scrivere d’architettura, io ho sempre dovuto percorrere altre vie per arrivarci. Pur avendo un ottimo rapporto con la redazione de “ la Repubblica” , quando propongo un tema di architettura fanno sempre fatica ad accettarlo, perché in fondo l’architettura interessa un pubblico limitatissimo. • Ma non è un paradosso in un paese con un patrimonio architettonico così ricco e con un numero di architetti superiore a tutti gli altri paesi? • Ècertamente un paradosso rispetto alla prima questione, ma non rispetto alla seconda. L’Italia ha sessantacinque mila studenti di architettura mentre la Germania ne ha tredici mila. Da noi purtroppo gli architetti appartengono alla categoria del superfluo. Mio nonno era avvocato anche se non aveva mai esercitato la professione: essendo una persona benestante di un certo livello culturale si era iscritto a Legge semplicemente per avere una forma di istruzione superiore. Oggi questa funzione è assolta dalla facoltà di architettura, frequentata da chi poi si mette a fare il regista o l’arredatore e non necessariamente cerca un rapporto con la professione che per altro versa in uno stato di crisi evidente. • Tanto è vero che ci sono architetti – citati dallo stesso Erbani – come Cervellati che teorizzano il blocco totale della nuova edificazione nei centri storici, per una forma di radicale ed esplicita sfiducia nei confronti degli architetti di oggi. • In questi casi prevale il timore del peggio, ma questo però non è un modo di agire che condivido. Oltre a tutelare il patrimonio storico bisogna anche saper rischiare. Il progetto è sempre una forma di rischio, un rischio calcolato, entro limiti ragionevoli, con delle prospettive concrete e mantenendo un costante dialogo con la realtà circostante, ma non si può evitare il rischio in modo assoluto. L’architettura si fa rischiando. • Oggi Milano sembra avere questo coraggio e la capacità di promuovere nuovi progetti che andranno a modificare il tessuto urbano. Che impressione ne ricava? • Ho l’impressione che in Italia da questo punto di vista ci sia un po’ di
provincialismo. L’idea che qualcuno oggi scopra che esistono i grattacieli mi fa morire dal ridere. Non mi pare una tipologia per la quale bisogna fare una battaglia. È un tipo edilizio come tanti altri e non è neanche vero che permette un risparmio di terreno: permette piuttosto un maggior guadagno a chi possiede quel terreno. Anche l’operazione dell’area della Fiera di Milano è esemplare perché spaccia per rinnovamento una grande speculazione. Tutta l’area dismessa avrebbe dovuto diventare un parco e invece hanno addirittura monetizzato gli spazi a standard che erano oltretutto insufficienti. E per di più hanno selezionato architetti, alcuni anche ottimi ma privi di interesse per il disegno urbano. • Si fa spesso uso del grande nome internazionale per promuovere importanti scelte urbanistiche. Che rapporto ha questo con la concezione demiurgica dell’architetto, per cui viene chiamato a risolvere un dato problema e se è bravo ci riesce, sennò vuol dire che non è bravo? • Il demiurgo oggi è la star che in realtà non risolve problemi, ma propone delle immagini. Anche se magari passa attraverso un percorso più complesso in cui imposta una metodologia e dei processi volti alla risoluzione di problemi, alla fine queste star vengono chiamate a metà per provincialismo a metà per evitare scelte difficili. Invece sappiamo tutti che le questioni urbane si risolvono con processi molto complessi, con tanti contributi di discipline diverse tra le quali l’architettura. Una cosa è risolvere un problema, un’altra è trasformarlo in un’immagine comunicativa. L’immagine dura finché dura la sua moda, poi si consuma, secondo le leggi di mercato che regolano questi meccanismi. • Ma lei non crede che anche la componente comunicativa sia importante in architettura? • Lo è finché la si considera una componente, ma l’architettura non è comunicazione. Qualsiasi atto “ creativo” che si compia (e quindi qualsiasi progetto) ha una conseguenza comunicativa, ma non è questo il suo fine, che è invece una risposta concreta ad un problema concreto e, nello stesso tempo, una predizione. • Torniamo alla questione del paesaggio. Che rapporto c’è tra l’elaborazione degli architetti e la trasformazione del territorio? Se la trasformazione del territorio ha prodotto un paesaggio problematico, che responsabilità ha l’architettura? • Certo che abbiamo una responsabilità, ma non bisogna dimenticare che il lavoro degli architetti corrisponde ad un decimo di quello che viene edificato e che gli architetti hanno spesso una posizione marginale. Forse la debolezza delle nostre proposte è dovuta anche a questa marginalità. È importante però comunque mettere in campo un posizionamento della disciplina nel dibattito culturale generale oltre che per rapporto alla disciplina e assumere le responsabilità e le conse-
guenze di quello che si pensa. Per questo discuto volentieri, per esempio, con Rem Koolhas anche se abbiamo opinioni diverse su tutto, mentre con altri è perfettamente inutile discutere. • Quale è dunque il suo atteggiamento rispetto al territorio consumato, maltrattato, sfigurato? C’è chi lo condanna senza appello e chi ne fa oggetto di studio, alla ricerca di nuove qualità e potenzialità urbane. Quale preferisce tra i due tipi di atteggiamenti? • Io non credo che quando si prende coscienza di un problema aperto lo si possa risolvere trasformandolo in una nuova estetica. La città diffusa ha creato una situazione che non si sa come regolare e allora la si trova straordinariamente ricca e interessante. È un atteggiamento tipico dei sociologi – constatatori nati – i quali scoprendo un fenomeno e descrivendolo hanno giá riportato un successo e sono portati ad aderire a questo fenomeno. Il giudizio di chi agisce come architetto deve essere critico e proporre alternative: credo che occorra opporsi all’espansione incontrollata, alla ideologia liberista della deregolazione. Il territorio europeo è così fortemente caratterizzato che si può ancora trovare una alternativa alla “ città infinita” , come è stata definita di recente, ad esempio osservando che ogni insediamento urbano anche piccolo ha una struttura storicamente fondata, una chiesa, un mercato, una piazza e luoghi ben definiti che formano dei poli in una rete molto fitta. Ma l’impostazione di questa strategia va certamente al di là delle possibilità e del ruolo degli architetti. • Quali sono le prospettive di cambiamento del ruolo dell’architetto in rapporto alla società civile? • L’architetto non è più il professionista dell’Ottocento, colui che opera in dialettica con un costruttore e un cliente. Oggi la produzione edilizia passa attraverso vie molto più complesse e, soprattutto nel caso di grandi progetti, vi confluiscono un’enorme quantità di specialisti. Noi dobbiamo trovarci un posto necessario all’interno di questa costellazione. A questo proposito posso raccontare un episodio. Una volta sono stato chiamato dall’Enel perché volevano fare una centrale policombustibile costruendo un’isola artificiale nel Mediterraneo. Alla prima riunione a Roma ci siamo presentati e c’era chi si occupava delle fondazioni, lo specialista delle strutture metalliche, degli impianti e così via. Quando è venuto il mio turno ho detto che ero architetto e mi è stato detto: allora lei si occupa dei colori. Io sono stato zitto anche durante tutta la riunione, prendendo nota di tutto ciò che veniva detto. A partire dalla seconda riunione ho iniziato a portare dei disegni che rappresentavano quello che veniva discusso. Ho iniziato a dare forma alle diverse opinioni, più che aggiungerne di mie e quando alla fine ho portato un modello dell’intera isola artificiale ormai tutti avevano capito quale fosse il mio ruolo come architetto.
A cura di Roberto Gamba
Lodi: disegno urbano della parte di città situata oltre l’Adda
1°classificato Cesare Macchi Cassia, Massimo Ferrari, Ugo Ischia, Tommaso Lamera, Pietro Macchi Cassia, Diego Steffenini, Arianna Trevisan Questo progetto intende per “ riqualificazione dell’area Oltreadda” la definizione di quel territorio come parte specifica della città di Lodi. Lodi consolidata ha con il fiume un rapporto laterale, non potendolo considerare come sua parte
300.000 mc), previsti nella parte più settentrionale. Le indicazioni che si suggeriscono per tutto questo settore sono: ridimensionare fortemente le previsioni di nuovi insediamenti residenziali, a partire dalle aree azzonate a P.E.E.P.; articolare in modo differenziato le previsioni di tipologie insediabili; favorire l’inserimento di nuovi servizi, non solo di livello di quartiere, ma di valore urbano, per aprire il quartiere a nuove relazioni con la città; incentivare interventi che favoriscano la riqualificazione morfologica e sfruttare maggiormente le potenzialità che nascono dal ruolo di porta urbana settentrionale, attraverso la conferma della localizzazione di funzioni commerciali con caratteristiche merceologiche specializzate (nel comparti di Campo di Marte e nelle aree che rimangono intercluse dai nuovi svincoli della Tangenziale Est).
interna ma non avendolo neppure letto come suo margine. Solo l’intelligenza progettuale degli anni Trenta ha espresso, con il portico a doppia altezza della Scuola Professionale, affacciato sull’Adda e immediatamente laterale al ponte, la volontà di un dialogo della città consolidata con il fiume e, attraverso di esso, con le aree Oltreadda. Una prima mossa propone quindi l’apertura al pubblico di questo portico; parallelamente, viene immaginata un’architettura specu-
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lare in sponda sinistra del fiume, a definire un nuovo rapporto tra le due parti di un’unica città: un secondo terrazzo sul fiume, questa volta iemale vista la sua esposizione a mezzogiorno. Una seconda mossa è quella di intendere l’Oltreadda come un “ territorio urbano” contemporaneo, composto di parti, pezzi e materiali diversi, variamente disposti in un paesaggio costruito, reso identificabile dall’abbraccio di un parco lineare che prende le mosse dai due ponti sull’Adda. I materiali esistenti, rivisitati, che definiscono il paesaggio urbano dell’Oltreadda, realizzando uno scenario che lo integra con la Lodi consolidata in un’unica più ricca città, sono un parco lineare dello spessore medio di 300 metri; nella sua parte orientale esso consiste nella trasformazione in park-way della nuova strada tangenziale; una sequenza di fasce parallele al fiume e di sezioni perpendicolari, a definire la parte più densa del “ territorio urbano” compreso all’interno del parco lineare. Inoltre, a partire dal fiume, un sistema di piastre di differente spessore, a quote diverse e di materiali variati, collegate da gradoni, a realizzare un percorso; un sistema di spazi verdi attrezzati; una strip of land la cui superficie indurita regge una linea di edificazione alta e sottile, nove edifici a lama di differenti altezze fino a un massimo di undici piani, variamente orientati,
a creare una visibilità specifica per l’Oltreadda. A partire da ovest, le sezioni perpendicolari al fiume sono il nuovo centro comunale per lo sport e lo stare all’aperto; il nuovo centro per la cultura, il divertimento e gli acquisti; il tratto di via Cavallotti tra l’avvio di viale Piave e l’imbocco del ponte, ridisegnato in forme maggiormente urbane tramite una edificazione sui due lati e una linea di platani. Una costruzione a “ C” alta quattro piani porta qui la giacitura obliqua dei quartieri esistenti al di là della strip residenziale; è destinata agli uffici della Provincia di Lodi aperti al pubblico. Ulteriori materiali che definiscono il paesaggio urbano dell’Oltreadda sono un edificio a piastra di tre piani con funzioni terziarie e commerciali al termine di via Cavallotti; il legamento del quartiere Campo di Marte con la strada provinciale, tramite il completamento della sua parte più densa con due edifici a quattro piani che definiscono una piazza verde di accesso e di affaccio; la creazione di due tappeti residenziali a tipologia monofamiliare e a schiera, collegati alle cascine Crocetta e Mozzanica; la definizione dei margini di alcuni luoghi urbani esistenti tramite architetture verdi, figure al suolo rese tridimensionali da alberature; la messa in evidenza delle cascine esistenti tramite quinte a “ L” aperte a mezzogiorno, formate da un filare di pioppi.
2°classificato Angelo Bugatti, Alessandro Toccolini, Roberto De Lotto, Giulio Senes, Ioanni Delsante, Massimiliano Koch, Carlo Berizzi, Pier Benedetto Mezzapelle, Valentina Dalmanzio, Stefano Pugni, Alessandro Ghia
la spina dorsale su cui si attestano le funzioni pubbliche, ricettive, residenza, viabilità lenta e sistema del verde; funzioni pubbliche e commerciali, attraverso il disegno dei percorsi, di filari alberati e di elementi di arredo urbano. La sezione viene ridisegnata con l’inserimento di una pista ciclabile e l’allargamento dei marciapiedi, mentre il suo rivestimento in porfido e in pietra locale, richiama il carattere urbano. Il ponte esistente viene riqualificato. L’asse è scandito da tre soglie, la prima individuata in piazza Crema,
L’intervento in oggetto si fonda sulla ridefinizione morfologica del comparto urbano dell’Oltreadda e sulla riqualificazione ambientale e urbanistica del territorio, inteso in un sistema unitario. La via Cavallotti è il nuovo asse di collegamento tra la città storica, l’Oltreadda e il sistema rurale e diviene
Concorsi
Il quartiere oltre l’Adda presenta rilevanti valori ambientali e livelli di accessibilità molto favorevoli, ma risulta essere un brano di città non concluso, senza una precisa identità, separato fisicamente e funzionalmente dal resto della città. La finalità del concorso è la valorizzazione degli insediamenti e della campagna circostante attraverso la costruzione di un nuovo sistema di spazi e attrezzature pubbliche, la valorizzazione dell’ambiente fluviale, la qualificazione del paesaggio agricolo e del suo reticolo di corsi d’acqua naturali e artificiali. La previsioni del vigente Piano Regolatore sono rimaste pressoché inattuate: a fronte di previsioni insediative per oltre 400.000 mc, meno di un decimo si sono realizzate e solo nel comparto della Codignola. Soprattutto nulla è stato realizzato delle previsioni di edilizia economica popolare (olt re
sano anche il vuoto urbano esistente nel quartiere di via Mazzuccotelli, dove è previsto l’insediamento di due edifici scolastici. La terza soglia, è individuata dall’infrastruttura della tangenziale che separa l’area urbana da quella rurale. Idea guida del progetto per il territorio rurale dell’area di studio è la “ strutturazione” del paesaggio agrario, attraverso la realizzazione lungo le rogge e i canali di filari e/o fasce di vegetazione. L’area verde posta lungo l’Adda (a ovest) dovrebbe essere “ convertita” in un “ parco fluviale” , per costituire un’importante fascia boscata tampone, costituita da un “ pioppeto naturale misto” .
e ricuce le parti frammentate. Due sono le tipologie edilizie: case alte 4/5 piani a riprendere le case limitrofe; le altre, basse, si adeguano al tessuto edilizio verso sud-est. Oltre la bretella, la tipologia segue i criteri proposti in Campo di Marte, con due palazzi per uffici pubblici e privati lungo la piazza lineare. Si propone un sistema di case a schiera costituite da un muro perimetrale che riproduce le mura del rivellino; una corte verso l’esterno e un giardino privato verso l’interno, un grande parco pubblico del bastione. Al centro è previsto un sistema di piazze, con una piazza lineare aperta sui lati verso le due cascine Codignola e Negrina. Gli spazi sono trattati a giardino. All’intersezione dei tre assi principali dell’abitato ci sarà una torresegno luminoso. Nell’area ex SICC il recupero si
conforma al sedime della fabbrica: una disposizione su lotti lunghi e stretti che ne riprende la larghezza e l’andamento. Riguardo alla valorizzazione e qualificazione del paesaggio agricolo e del suo reticolo di corsi d’acqua naturali e artificiali, si ripropongono le funzioni organiche all’ambiente fluviale, con verde di quartiere e territoriale. Vengono creati nuovi parchi nelle aree di nuova residenza, nei poli sportivi, presso il nuovo centro commerciale. La golena a valle del fiume, viene trattata a bosco, secondo la sua storica “ vocazione” ; di lato si delinea un pratone con terrapieno in terra di riporto come spazio per grandi concerti. Il bastione (ex rivellino) viene sopraelevato e piantumato con diverse essenze, il suolo trattato con siepi, arbusti, acciottolato, erba.
Concorsi
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si configura come piastra di affaccio verso l’Adda e come punto di partenza del parco fluviale; lo spazio pubblico è definito da un nuovo edificio ospitante la piscina coperta e da un edificio da destinare a funzioni ludico ricreative. La seconda soglia, scandisce il passaggio tra il margine di via Cavallotti, gli spazi aperti verso la tangenziale e il quartiere di Campo di Marte. Gli edifici pubblici da insediare si attestano come nuovo fronte dell’edificato, mentre il progetto del paesaggio viene rappresentato da un sistema verde a carattere più urbano che si occupa di legare i diversi tessuti. Le funzioni collettive e culturali interes-
Attracco battelli con pontile a Valmadrera (Le)
3°classificato Paolo Favole, Antonio Muzzi, Margherita Muzzi, Paolo Fedeli, Andrea Bartolini Il progetto affronta la riorganizzazione degli spazi con interventi contenuti entro i limiti definiti dal territorio rurale e dall’ambiente fluviale. Viabilità e accesi vengono riorganizzati e razionalizzati. Il tracciato della strada di collegamento tra il terzo ponte e la rotonda esistente segue i criteri delle park-way: due corsie separate trac-
ciate come “ corde molli” , con bosco a destra e sinistra, prospettiva sempre in curva, non visibilità delle altre auto, traffico rallentato. Viene riprogettata la via Cavallotti, come asse dell’insediamento lineare che ricuce le parti frammentate; viene convertita a ruolo esclusivamente urbano; trasformata in woonerf (strada ad andamento sinuoso, con parcheggi ai lati), con nuove alberature lungo il percorso, ampi marciapiedi, parcheggi in linea ai due lati, pista ciclabile. L’insediamento previsto è lineare
L’area interessata dal concorso comprende: la riviera lacustre con al centro il porto di Parè, costruito negli anni ‘80, e ubicato in un piccolo golfo protetto da un molo sopraflutto che si estende sino all’insenatura in prossimità della foce del Rio Torto; per la zona di rimessaggio l’area può essere individuata, secondo le condizioni geomorfologiche, lungo tutta la costa del comune di Valmadrera. La Provincia di Lecco aveva bandito questo concorso per il progetto di un attracco battelli con pontile, la riqualificazione urbanistica delle sponde e la realizzazione di un punto di rimessaggio sul lago, in modo da rendere meglio fruibile la zona portuale. L’impegno si inserisce in un’attività più ampia e articolata, che ha coinvolto i comuni lacuali in un’opera di progettazione di strutture e di valorizzazione del territorio, finalizzata a migliorare la ricettività turistica e l’organizzazione razionale del trasporto pubblico di navigazione sul Lario. Gli elementi di vulnerabilità e di criticità dell’area sono la vicinanza della foce del torrente Rio Torto;
la prossimità delle vasche di mineralizzazione dell’impianto di captazione acqua del lago per il servizio di approvvigionamento dell’acqua potabile per i comuni della zona; la presenza di un porto con scivolo gradinato per le piccole imbarcazioni e di aree demaniali; l’accertamento dei requisiti di sicurezza e stabilità del materiale di riporto accumulato sul demanio. Era da prevedere la realizzazione di un’area fronte lago (circa 50 m fronte lago e 40 m verso l’interno) con pavimentazione carrabile per mezzi pesanti, destinata al varo natanti, movimentazione grossi carichi, interventi di protezione civile; impianto di aspirazione delle acque reflue. Era anche da prevedere un sistema di parcheggi al servizio di un sistema lungo lago di aree attrezzate composte da darsene, pontili, attracchi, servizi igienici, punti di ristoro, noleggio; erano da schematizzare due o più tipologie di struttura dei “ servizi a terra” (biglietteria, servizi, ecc.); da studiare i percorsi viari, gli spazi a verde e l’arredo come elementi distintivi rispetto al contesto circostante.
Si propone la riqualificazione ed estensione della “ passeggiata lungo lago” , dalla località Bellavista alle immediate vicinanze della foce del Rio Torto. La impossibilità di dare continuità al percorso pedonale oltre la strettoia stradale nell’abitato di Parè ha suggerito di prolungare il percorso sull’acqua, per mezzo di una larga passerella galleggiante, attrezzata con attracchi per barche da diporto e natanti. Le dimensioni della passerella ne favoriranno l’utilizzo quale luogo privilegiato di sosta e di balneazione. Il progetto conferma la presenza dello scivolo gradonato che, restaurato e dotato di sicuri ancoraggi per la tenuta delle barche in secca, prosegue a margine del porto con un nuovo disegno della pavimentazione, riproponendo le medesime tonalità presenti nella gradonata circostante il porto. Nell’area portuale, i percorsi pedonali si espandono fino a formare una vasta piazza pavimentata, organicamente connessa con una
struttura edilizia di nuovo impianto, contenente molteplici funzioni (caffeteria, ristorazione, negozi, circolo nautico). La lieve variazione altimetrica con cui saranno realizzati i percorsi pedonali, determinata dai movimenti di terra che li sostengono, si concluderà nella passerella di accesso all’imbarcadero, protesa sull’acqua. Quest’ultima, raggiungibile con un percorso circolare dal sistema dei parcheggi, permetterà l’agevole fruizione degli spazi aperti, riqualificati, piantumati, attrezzati per il tempo libero e la sosta. Il potenziamento delle strutture portuali si realizzerà grazie all’ampliamento della zona a scivoli gradonati che caratterizza il porto, proseguendone la curvatura e concludendo il disegno della darsena attualmente interrotto bruscamente dal muro di contenimento. L’imbarcadero è ubicato nel punto più esterno dei percorsi che, dal terrapieno demaniale, si protendono nel lago con una passerella pedonale, adeguatamente articolata negli attacchi a terra, per assecondare le variazioni di livello del lago.
Torto attraverso una passeggiata a lago che costeggia la strada in parte ancorata al muro di contenimento e in parte ricavata a terra. L’area a verde vuole diventare un nuovo polo di centralità urbana, definito come spazio di relazioni di interesse urbano e come complesso ambientale con valenze per il turismo e il tempo libero. Accanto alla strada viene realizzato un camminamento attrezzato con essenze arboree tipiche del luogo. Il percorso centrale viene risolto come viale alberato e conduce all’edificio che ospita ristorante, sede del consorzio della navigazione, biglietteria e sala d’attesa. Da qui si diparte il pontile principale per l’attracco dei battelli per il servizio di linea e i due pontili laterali per il rimessaggio.
Il parco sarà accessibile anche dalla strada tramite il camminamento sopraelevato che conduce a un pergolato in ferro. Qui c’è un “ percorso vita” dotato di attrezzi ginnici su pedane in legno. A ovest vengono ricavate due diverse aree: il parco urbano realizzato con grandi parterre verdi, che danno vita a una ricca serie di percorsi che sfociano nelle due serre a lago Le tipologie utilizzate cercano di rispettare quelle tradizionalmente presenti sul lago e sono di tre tipi, i piccoli chioschi in strutture in ferro e vetro; gli elementi lungo il viale di tipo liberty; l’edificio principale che si caratterizza come grande darsena e alcune superfici terrazzate che permettono un’ampia visione del paesaggio circostante.
3°classificato: Nicola Gibertini, Daniele Borin, Marino Matika, Davide Lucchetta
Questo percorso è strutturato nell’arredo da tradizionali componenti tipologiche: da panchine, da un filare alberato che ombreggia la passeggiata e da un sistema di corpi illuminanti (segna - passo e lampioni). Il “ sistema passeggiata” che conduce all’attracco battelli, è affiancato ad un “ sistema gradonato” fronte lago. La scelta progettuale si concentra intorno ad un’unica piattaforma lignea posta a circa 2 metri sul livello dell’acqua e un metro al di sotto del livello passeggiata. Qui si aggregano le differenti funzioni: un primo corpo di fabbrica accoglie il bar-ristorante; un secondo corpo, che si conclude sulla piattaforma con la pensilina di attesa battelli, ospita la biglietteria. Il bar-ristorante, come pure la sala d’aspetto dei battelli, sono immaginati vetrati per potere godere al meglio il suggestivo panorama.
Si è optato per riconfermare un’ampia fascia verde “ attrezzabile” all’interno dell’area e di distribuire i servizi richiesti lungo il suo perimetro. Dilatando la superficie (dal lago alla strada), con diretta accessibilità dalla zona parcheggio e dalla strada, quest’area diviene “ piazza” , atta a servire il porto nella messa in acqua dei natanti e a ospitare eventi di diversa natura. Pavimentata in pietra naturale, la nuova “ piazza” cerca un dialogo materico con l’ambiente circostante. Da quest’ampia superficie carrabile si dipartono i percorsi: la passeggiata esistente lungo il porto di Parè, è stata mantenuta intatta nella struttura (alberature, lampioni, sedute) come nella pavimentazione e la nuova passeggiata di approccio ai servizi dell’area.
2°classificato Piergiorgio Locatelli, Giorgio Augusto Proserpio, Anna Proserpio, Gianluigi Meroni, Timothy Carpani Viene prevista la realizzazione di alcuni pontili in legno sulla riva prospiciente Villa Giulia che sa-
ranno attrezzati per attività sportive. La darsena viene riorganizzata con la previsione di diverse strutture utili per il rimessaggio ordinato e stabile delle imbarcazioni. Il progetto si preoccupa di ridisegnare l’attraversamento del Rio
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Concorsi
1°classificato Alfredo Gardella, collaboratori Paolo Gardella, Adriano Alderighi
Legislazione a cura di Walter Fumagalli
Professione e Aggiornamento
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Le nuove regole sulla sanatoria degli abusi edilizi Fra le tante contraddizioni che caratterizzano il nostro Paese, una può essere così sintetizzata: possediamo un territorio che, grazie alla munificenza della natura ed all’illuminata attività delle generazioni che ci hanno preceduto, è generalmente considerato tra i più belli e suggestivi del mondo, ma anziché preservarlo e valorizzarlo come meriterebbe, non esitiamo a promuoverne l’insensato sfruttamento e (troppo spesso) addirittura la devastazione. In questo modo, attratti dal piatto di lenticchie di facili ed illusori guadagni individuali, alcuni di noi mettono in pericolo una primogenitura che sicuramente è ben più ricca e remunerativa per l’intera collettività e per le generazioni future. Uno degli aspetti più inquietanti di questa contraddizione è costituito da quell’abusivismo edilizio che ripetutamente la classe politica dichiara di voler frenare con la minaccia di sanzioni sempre più rigorose, salvo poi varare indiscriminati condoni che, diffondendo una giustificata sensazione di impunità, finiscono per rappresentare il preludio di nuove ondate di abusivismo (il nostro è proprio il Paese delle contraddizioni!). Se si vuole parlare di abusivismo edilizio in modo serio e concreto, tuttavia, bisogna tenere nettamente distinti gli abusi “ sostanziali” da quelli solo “ formali” : da qualunque punto di vista li si consideri, infatti, non si possono mettere sullo stesso piano i cittadini che, senza munirsi dei necessari permessi, realizzano un’opera che non avrebbero potuto costruire perché contrastante con le disposizioni urbanistiche ed edilizie, da quelli che invece (alle volte solamente per accelerare i tempi senza sottostare alle lentezze della burocrazia) realizzano un’opera che comunque avrebbero potuto edificare perché conforme a dette disposizioni. Si tratta di una distinzione che il nostro legislatore ha codificato da anni, recependo mediante l’istituto dell’accertamento di conformità una prassi che prima si era consolidata presso le amministrazioni comunali, e poi era stata avallata dalla magistratura amministrativa. Anche il Testo Unico dell’edilizia, approvato con il D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, si mantiene su questa linea, introducendo però alcune novità rispetto alla previgente normativa dettata dall’Articolo 13 della Legge 28 febbraio 1985 n. 47. Al fine di mettere a confronto le due disposizioni, è anzitutto indispensabile riportarne il testo. Articolo 13 della Legge n. 47/1985: “ fino alla scadenza del termine di cui all’Articolo 7, terzo comma, per i casi di opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, o dei termini stabiliti nell’ordinanza del sindaco di cui al primo comma dell’Articolo 9, nonché, nei casi di parziale difformità, nei termini di cui al primo comma dell’Articolo 12, ovvero nel caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell’Articolo 10 e comunque fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso può ottenere la concessione o l’autorizzazione in sanatoria
quando l’opera eseguita in assenza della concessione o l’autorizzazione è conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda” . Articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001: “ in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio di attività nelle ipotesi di cui all’Articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli Articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda” . Al di là delle differenti denominazioni utilizzate per individuare i titoli abilitativi all’edificazione, e dei richiami alle differenti disposizioni di legge, confrontando i due testi si possono individuare le seguenti novità. A quali tipi di abuso si applica l’Articolo 36? Da questo punto di vista la nuova disposizione risulta molto più chiara dell’Articolo 13: essa si applica in relazione alle opere soggette all’obbligo dell’acquisizione del permesso edilizio, allorquando queste vengano eseguite senza permesso edilizio o in difformità da esso, ovvero (nei casi previsti dal precedente Articolo 22.3) allorquando vengano eseguite senza denuncia di inizio di attività o in difformità dalla stessa (la sanatoria delle altre opere soggette a denuncia di inizio di attività, eseguite senza denuncia o in difformità dalla stessa, è disciplinata dall’Articolo 37, quarto e quinto comma, del D.P.R. n. 380/2001). Chi può chiedere l’accertamento di conformità? L’Articolo 13 della Legge n. 47/1985 attribuiva questa facoltà al “ responsabile dell’abuso” , il che aveva dato vita ad un dibattito fra chi riteneva che pertanto la relativa istanza potesse essere presentata da chiunque avesse comunque concorso ad eseguire l’opera abusiva, e chi invece riteneva che essa potesse essere presentata solamente da chi fosse in possesso di uno dei titoli indispensabili per ottenere la concessione edilizia ordinaria (diritto di proprietà, diritto di superficie, determinati diritti di servitù, ecc.). In quest’ultimo senso, in particolare, si è orientata la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sezione V, 21 ottobre 2003 n. 6529), con riferimento però ad una vicenda sviluppatasi sotto la vigenza della Legge n. 47/1985, e quindi prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001. L’Articolo 36, invece, stabilisce che “ il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria” , il che sembra chiarire che quest’ultimo può essere richiesto non solo dal proprietario, ma anche da chi sia privo di un titolo idoneo all’ottenimento del permesso di costruire, purché abbia comunque concorso alla realizzazione dell’opera abusiva. Quando va rilasciato il permesso in sanatoria? Mentre l’Articolo 13 stabiliva che la concessione e l’autorizza-
non sia conforme alla normativa applicabile al momento della sua realizzazione oppure a quella applicabile al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, purché sia conforme a quella “ vigente al momento in cui l’autorità comunale provvede sulla domanda di sanatoria” . W. F.
Via libera al terzo condono edilizio Con l’Articolo 39 della Legge 23 dicembre 1994 n. 724, venivano riaperti i termini per la presentazione delle domande di condono edilizio fissati quasi dieci anni prima dalla Legge 28 febbraio 1985 n. 47. Da allora sono quasi trascorsi dieci anni, il fenomeno dell’abusivismo edilizio è stato tutt’altro che risolto, lo Stato ha la solita necessità di far cassa e quindi si sono avverati tutti i presupposti per riaprire i termini per il condono edilizio. Puntualmente è quindi stato emanato il Decreto Legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni dalla Legge 24 novembre 2003 n. 326, il cui Articolo 32 contiene, per dirla breve e con un termine che il Legislatore sembra aver avuto timore di usare, il nuovo condono edilizio. Ancora una volta l’introduzione del condono edilizio ha scatenato forti reazioni, e puntualmente sono arrivati i ricorsi alla Corte Costituzionale. Nell’attesa di sapere, non senza una certa curiosità, quali saranno le decisioni che la Corte Costituzionale adotterà, poiché tali decisioni probabilmente interverranno dopo la scadenza del termine per le richieste di condono fissato al 31 marzo 2004, non resta che esaminare quali sono i contenuti dell’Articolo 32 sopra citato, ed in particolare i commi dal venticinquesimo al quarantunesimo. Secondo le disposizioni del nuovo condono possono essere sanate le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003, ritenendosi a tal fine applicabile il secondo comma dell’Articolo 31 della Legge n. 47/1985, in forza del quale devono intendersi “ (...) ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente” . Relativamente all’applicazione di tale norma è appena il caso di ricordare che la giurisprudenza ha stabilito che: • “ per rustico deve intendersi il complesso dei lavori che riguardano, oltre alla muratura portante (negli edifici realizzati con sistema tradizionale) o all’intelaiatura in cemento armato, anche le tamponature perimetrali” (Corte di Cassazione, Sezione III penale, 16 aprile 1988 n. 4722) e ciò in quanto è solo con l’esecuzione di tali opere e della relativa copertura che si individua il volume complessivo agli effetti della sanatoria (Corte di Cassazione, Sezione III penale, 16 aprile 1988 n. 4745), mentre la mancanza delle tramezzature interne, degli intonaci, delle finiture e dei servizi non impedisce di considerare “ ultimata” la costruzione (Corte di Cassazione, Sezione III penale, 10 novembre 1987 n. 11408); • “ in caso di mutamento di destinazione d’uso che conferisca all’immobile un uso residenziale, le opere possono considerarsi completate funzionalmente quando siano realizzate le tramezzature divisorie, almeno quelle preordinate ad isolare gli ambienti dei servizi, le aperture delle relative finestrature e la predisposizione degli allacci degli impianti di riscaldamento idrico ed elettrico” (Consiglio di Stato, Sezione V, 6 maggio 1995 n. 718). Possono accedere al beneficio della sanatoria le opere abusive che non abbiano comportato “(...) ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc.”. Tale disposizione non brilla certamente per chiarezza. Fra le diverse interpretazioni possibili, l’interpretazione che sem-
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zione in sanatoria andavano rilasciate “ quando l’opera eseguita in assenza della concessione o l’autorizzazione è conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda” , l’Articolo 36 dispone che il permesso di costruire in sanatoria va rilasciato “ se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda” . Come è agevole constatare, nella nuova disposizione è stato soppresso qualsiasi riferimento agli strumenti urbanistici adottati e non ancora approvati, il che lascia intendere che la relativa verifica vada compiuta solamente con riferimento ai piani che abbiano già compiuto il proprio procedimento di approvazione. Né in contrario sembra plausibile sostenere che, nel fare riferimento alla “ disciplina urbanistica ed edilizia vigente” , l’Articolo 36 abbia voluto richiamare anche quella solo adottata e non ancora approvata. Tale uso improprio del termine “ vigente” integrerebbe infatti una negazione della giurisprudenza consolidatasi sull’argomento nell’arco di svariati decenni, giurisprudenza che evidentemente il legislatore non poteva non conoscere e che ha più volte ribadito che “ la variante al piano regolatore (…) entra in vigore soltanto quando la modifica della destinazione urbanistica consegue efficacia (cioè con l’approvazione regionale)” (Consiglio di Stato, Sezione IV, 1 marzo 2001 n. 1145; Consiglio di Stato, Sezione IV, 23 febbraio 1998 n. 702; T.A.R. Campania, Sezione V, 7 gennaio 2002 n. 127). Ma soprattutto, l’identificazione del concetto di piani “ vigenti” con quello di piani solo “ adottati” contrasta con altri articoli del Testo Unico i quali tengono ben distinti i primi dai secondi, e testimoniano quindi che il concetto di “ piano vigente” non può in alcun modo essere esteso al punto tale da comprendere anche quello ben diverso di “ piano adottato” (per esempio l’Articolo 12 nel primo comma parla di “ disciplina urbanistico-edilizia vigente” , mentre nel terzo comma parla di “ strumenti urbanistici adottati” ; e l’Articolo 30, tanto nel primo quanto nel quarto comma parla di “ strumenti urbanistici, vigenti o adottati” ). Sembra quindi sensato concludere che il permesso in sanatoria va rilasciato quando l’opera eseguita sia conforme alla disciplina urbanistico-edilizia vigente, ancorché sia in contrasto con quella solo adottata. Ed a proposito del permesso in sanatoria, una decisa svolta proviene dalla giurisprudenza la quale, con una recente autorevole sentenza (Consiglio di Stato, Sezione V, 21 ottobre 2003 n. 6498) ha chiarito che le disposizioni contenute nell’Articolo 13 della Legge n. 47/1985 (ma il principio vale evidentemente anche per le analoghe disposizioni dettate dall’Articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001), laddove per la positiva conclusione dell’accertamento di conformità richiedono che l’opera rispetti tanto la normativa applicabile al momento della realizzazione dell’opera abusiva quanto quella applicabile al momento della presentazione della relativa istanza, “ sono disposizioni contro l’inerzia dell’amministrazione, e significano che, se sussiste la doppia conformità, a colui che ha richiesto la sanatoria non può essere opposta una modificazione della normativa urbanistica successiva alla presentazione della domanda. Tale regola non preclude il diritto ad ottenere la concessione in sanatoria di opere che, realizzate senza concessione o in difformità dalla concessione, siano conformi alla normativa urbanistica vigente al momento in cui l’autorità comunale provvede sulla domanda di sanatoria; non essendovi nessuna ragione di ritenere che l’ordinamento imponga di demolire un’opera prima di ottenere la concessione per realizzarla nuovamente” . A questa conclusione certamente non fa difetto il buon senso, per cui non sembra illogico concludere che il permesso in sanatoria debba essere rilasciato anche quando l’opera abusiva
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bra più rispecchiare il contenuto letterale della norma e la logica è quella secondo cui la sanatoria delle opere che abbiano comportato un ampliamento non superiore a 750 mc. è sempre ammessa, mentre se l’ampliamento supera tale soglia la sanatoria è ammessa solamente nel caso in cui sia contenuto entro il 30% della volumetria della costruzione originaria. È possibile avvalersi del condono anche in caso di nuove costruzioni con destinazione residenziale, purché l’unità immobiliare fatta oggetto di ogni singola domanda di sanatoria abbia un volume non superiore a 750 mc. e non sia compresa in un edificio abusivo avente un volume complessivo superiore a 3.000 mc. A quest’ultimo riguardo pare che possa essere definita come “ unità immobiliare” la porzione di un più ampio edificio costituente unità catastale a sé stante ed autonomamente utilizzabile rispetto all’edificio medesimo. Per quanto concerne le tipologie di abuso suscettibili di sanatoria, il comma 26 dell’Articolo 32 parrebbe escludere la possibilità di avvalersi del condono per gli interventi riconducibili nelle categorie di cui ai n.ri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 eseguiti in immobili non vincolati, e cioè le opere abusive di restauro e risanamento conservativo realizzate nelle aree non soggette ai vincoli di cui all’Articolo 32 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47, quelle di manutenzione straordinaria, nonché le opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume. Di ciò si trova riscontro nella lettera a) di tale comma il quale, nell’indicare quali siano le tipologie di illecito sanabili “ (...) nell’ambito dell’intero territorio nazionale (...)”, non annovera anche le opere abusive realizzate nelle aree non soggette ai vincoli di cui all’Articolo 32 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 e rientranti nelle tipologie 4, 5 e 6, le quali quindi, in forza della successiva lettera b) potranno essere sanate solo “ (...) in attuazione di legge regionale (...) con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio” . Il comma 27 dell’Articolo 32 individua poi le opere abusive che non sono comunque suscettibili di sanatoria, stabilendo che resta fermo “ quanto previsto dagli Articoli 32 e 33 della Legge 28 febbraio 1985 n. 47” (pare lecito ritenere che il legislatore abbia inteso riferirsi all’Articolo 32 nel testo sostituto dal comma 43 dell’Articolo 32 della legge n. 326/2003). In sintesi, quindi, le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria qualora: • siano state realizzate da proprietari condannati con sentenza definitiva per i delitti di associazione mafiosa, riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, o da terzi per loro conto (lettera a); • non sia possibile effettuare interventi per l’adeguamento antisismico, rispetto alle categorie previste per i comuni secondo quanto previsto dalla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003 n. 3274 (lettera b); • non sia data la disponibilità alla cessione o alla concessione onerosa dell’area di proprietà dello Stato o di altri enti territoriali, sulla quale le opere stesse sono state realizzate (lettera c); • siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora i parchi e le aree protette nazionali siano stati istituiti prima dell’esecuzione delle opere abusive medesime, e queste ultime non siano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (lettera d); • siano state realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge (lettera e); • siano state realizzate su immobili dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli Articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 490/1999 (lettera e); • siano state realizzate su aree boscate o su pascoli i cui so-
prassuoli siano stati percorsi dal fuoco nell’ultimo decennio (lettera f); • siano state realizzate nei porti e nelle aree, appartenenti al demanio marittimo, di preminente interesse nazionale in relazione alla sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima (lettera g); • siano state realizzate da terzi su aree appartenenti al demanio marittimo, lacuale e fluviale, nonché su aree di proprietà dello Stato gravate da usi civici (Articolo 32.14 L. 326/2003); • siano state realizzate su aree sottoposte a vincolo per le quali l’autorità preposta alla tutela del vincolo stesso non abbia espresso parere favorevole (Articolo 32 L. n. 47/1985, nel testo sostituto dal comma 43 dell’Articolo 32 della Legge n. 326/2003); • siano state realizzate su aree assoggettate a ogni altro tipo di vincolo che comporti l’inedificabilità delle medesime, qualora il vincolo stesso sia stato imposto prima dell’esecuzione delle opere (Articolo 33 L. n. 47/1985). In forza di quanto previsto dal secondo comma dell’Articolo 32 della Legge n. 47/1985, nel testo introdotto dal comma 43 dell’Articolo 32 della Legge n. 326/2003, sono invece suscettibili di sanatoria le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione, purché tali opere risultino: • “ a) in difformità dalla Legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, e dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell’Articolo 35; • b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici o a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III; • c) in contrasto con le norme del D.M. 1º aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli Articoli 16, 17 e 18 della Legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico” . La nuova normativa fissa nel 31 marzo 2004 (salvo eventuali proroghe, peraltro già preannunciate) il termine entro il quale, a pena di decadenza, le domande di condono devono essere presentate alle amministrazioni comunali. Con la nuova legge viene confermata la facoltà, per i soggetti diversi dal proprietario, di avvalersi degli effetti del condono al fine di poter fruire dei benefici penali previsti dalla normativa. In tal caso, fermo restando che la relativa domanda dovrà essere presentata entro il termine del 31 marzo 2004, l’oblazione dovrà essere determinata in ragione del 30% rispetto a quella applicabile al proprietario. La presentazione della domanda nei termini ed il pagamento dell’intera oblazione non comporta l’estinzione automatica del reato. L’estinzione interviene infatti solo trascorso il termine di 36 mesi dalla data del pagamento dell’ultima rata dell’oblazione. Con ogni probabilità il Legislatore ha previsto uno slittamento del termine entro il quale il reato edilizio si prescrive per dar modo alle Amministrazioni comunali di effettuare le verifiche del caso e chiedere il versamento delle eventuali somme a conguaglio. Ciò trova conferma nella stessa legge la quale al comma 36 prevede che “ trascorso il suddetto periodo di trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante” . Trascorso il termine di trentasei mesi di cui sopra e sussistendo i suddetti requisiti, il reato edilizio si estingue anche nell’ipotesi in cui il titolo abilitativo edilizio in sanatoria non dovesse essere rilasciato, ferma restando, naturalmente, l’irrogazione delle applicabili sanzioni amministrative. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria, infine, estingue anche il reato consistente nell’avere realizzato opere abusive nell’ambito di immobili sottoposti a vincolo in assenza del parere favorevole delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo medesimo. Emiliano Fumagalli
Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato
G.U. n. 293 del 18.12.2003 – Serie generale Determinazione 26 novembre 2003 Appalto di servizi tecnici di importo pari o superiore a 100.000,00 euro: documentazione amministrativa da produrre a comprova dei servizi di progettazione già svolti (Determinazione n. 20/2003) Il Consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, premesso che sono giunti degli esposti da parte di alcuni professionisti che segnalavano di essere stati esclusi da una gara tramite licitazione privata per l’affidamento di incarichi di progettazione pari o superiori a 100.000,00 euro, dopo aver superato la fase di prequalifica, per non aver potuto presentare la documentazione comprovante i requisiti richiesti e la conseguente offerta economica, a causa del ritardo con cui un precedente committente aveva consegnato loro l’attestazione relativa ad incarichi di progettazione già svolti, richiesta nella lettera d’invito della stazione appaltante. Tale ritardo di consegna deve essere contestato con apposito ricorso amministrativo o giurisdizionale. Ciò consideratosi ritiene utile fornire delle indicazioni in merito alle clausole relative alla comprova dei servizi di progettazione svolte in precedenza dai concorrenti. Tali clausole riguardano la problematica generale delle documentazioni documentali, con particolare riferimento al momento in cui sia prevista la produzione della documentazione amministrativa a comprova dei requisiti dichiarati e al tipo di documentazione da produrre. La stazione appaltante, nei documenti di gara d’appalto per servizi tecnici di importo pari o maggiore a 100.000,00 euro, in merito alla tipologia di documentazione da trasmettere a comprova dei valori indicati dai concorrenti, non potrà fare esclusivo riferimento alle dichiarazioni rese dai precedenti committenti dei servizi, ma dovrà, altresì, consentire la presentazione di equivalente documentazione sufficiente a dare prova di quanto dichiarato. G.U. n. 2 del 3.1.2004 – Serie generale Deliberazione 31 luglio 2003 Legge n. 183/ 1989 – M odifiche ed integrazioni al “Programma di interventi di competenza dell’AIPO e delle Regioni” (Deliberazione n. 20/2003) Il Comitato istituzionale, vista la Legge 18 maggio 1989, n. 183, recante “ Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” e successive modificazioni e integrazioni, viste le proprie deliberazioni con cui è stato approvato il Programma d’intervento per il triennio 1997-99, il Programma d’intervento per il triennio 2001-03, la Direttiva quadro sul riutilizzo delle economie e dei ribassi d’asta, relativi agli interventi compresi nei programmi attuativi adottati dall’Autorità di bacino del fiume Po, delibera che sono approvate le modifiche ed integrazioni al programma degli interventi della Legge 183/1989 contenute nelle allegate tabelle A, B, C, che costituiscono parte integrante e costitutiva della presente deliberazione. G.U. n. 2 del 3.1.2004 – Serie generale Deliberazione 31 luglio 2003. Legge 21 gennaio 1995, n. 22, Art. 4, comma 5 e Legge 16 febbraio 1995, n. 35, Art. 7 – Modifiche e integrazioni al “Programma degli interventi” di competenza dell’Agenzia interregionale per il fiume del Po (AIPO) (Deliberazione n. 19/2003) Il Comitato Istituzionale, premesso che è stato approvato il Piano stralcio sulla realizzazione degli interventi necessari al ripristino dell’assetto idraulico, alla eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico, alla prevenzione dei rischi idrogeologici ed al ripristino delle aree d’esondazione nelle regioni colpite dagli eventi alluvionali del novembre 1994, delibera che sono approvate le integrazioni al Programma degli interventi annesso alla relazione generale del Piano stralcio PS45, per la parte di competenza dell’AIPO contenute nella allegata tabella A.
B.U.R.L. del 5 dicembre 2003, 1° Suppl. Ordinario al n. 49 Legge regionale 1 dicembre 2003, n. 23 Istituzione del Parco naturale dell’Adamello Il Consiglio regionale ha approvato ed il presidente della Giunta regionale promulga la seguente legge regionale: L’Art. 1 stabilisce l’Istituzione del Parco dell’Adamello. L’Art. 2 tratta degli obiettivi e finalità del parco naturale. L’Art. 3 stabilisce l’ente di gestione, l’Art. 4 il piano per il parco, l’Art. 5 il regolamento del parco, l’Art. 6 le norme di salvaguardia, l’Art. 7 le norme finali, l’Art. 8 l’entrata in vigore. B.U.R.L. del 5 dicembre 2003, 1° Suppl. Ordinario al n. 49 Legge regionale 1 dicembre b2003, n. 24 Istituzione del Parco naturale dell’Alto Garda Bresciano Il Consiglio regionale ha approvato ed il presidente della Giunta regionale promulga la seguente legge regionale: L’Art. 1 stabilisce l’istituzione del Parco naturale dell’Alto Garda Bresciano. L’Art. 2 definisce gli obiettivi e finalità del Parco naturale. L’Art. 3 definisce l’ente di gestione, l’Art. 4 il piano per il parco, l’Art. 5 il regolamento del parco, l’Art. 6 le norme di salvaguardia, l’Art. 7 le norme finali, l’Art. 8 l’entrata in vigore. B.U.R.L. dell’11 dicembre 2003, 2° Suppl. Straordinario al n. 50 D.g.r. 13 guigno 2003, n. 7/ 13277 “Documento di Programmazione Economico Finanziaria 200406” rettificato con D.g.r. 15381 del 28 novembre 2003 La Giunta regionale delibera di approvare la proposta di “ Documento di Programmazione Economico Finanziaria Regionale 2003-06” comprensivo degli allegati che formano parte integrante della presente deliberazione: la congiuntura in Lombardia, il consuntivo 2002 e le prospettive; Il Piano straordinario per lo sviluppo delle infrastrutture lombarde 2003-2011; stato di avanzamento del P.R.S. e aggiornamento degli obiettivi specifici; indirizzi programmatici per gli enti e le società regionali. B.U.R.L. del 2 gennaio 2004, Serie Ordinaria al n. 1 D.c.r. 26 novembre 2003, n. VII/ 919 Disciplina del Piano territoriale di coordinamento del Parco Naturale della Valle del Ticino, ai sensi dell’Art. 18, comma 2 bis, della L.R. 86/ 1983 e successive modifiche ed integrazioni Il Consiglio regionale della Lombardia delibera di approvare la disciplina del Piano territoriale di coordinamento del Parco naturale della Valle del Ticino costituita dagli elaborati consistenti nelle norme tecniche di attuazione, 14 schede aree “ D1” , 27 schede aree “ D2” , 24 schede aree ” R” , “ analisi del territorio del Parco Ticino a fini paesistici, costituito da una relazione e da cinque tavole “ piano paesaggistico” in scala 1:25.000. C. O.
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Pubblicistica Acqua A M atteoli il piano acqua, priorità sulla legge obiettivo. L’Ance: le risorse per i lavori pubblici si ridurranno nel 2004 del 12,3% (da “ Edilizia e Territorio” del 22-27 dicembre 2003) Scendono del 9,9% in termini nominali, pari al 12,3% in valori reali, le risorse messe complessivamente a disposizione dallo Stato nel 2004 per lavori pubblici e infrastrutture in seguito alla manovra di bilancio per il prossimo anno. È questa la stima dell’ufficio studi dell’Ance, elaborata nei giorni scorsi sul testo definitivo della Finanziaria 2004 e costruita come ogni anno stimando una effettiva spendibilità in quattro anni dei fondi stanziati sotto forma di limiti di impegno; vale a dire: priorità assoluta all’acqua. Anche rispetto alle altre opere infrastrutturali previste dalla legge obiettivo, il nuovo piano per l’acqua dovrà essere messo a punto dal Ministero dell’Ambiente. L’obiettivo è riunire in un unico contenitore gli interventi idrici già previsti dalla legge obiettivo.
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Condono Condono edilizio, al via i pagamenti. Restano ancora molte incognite, dalla normativa locale alle pronunce della Consulta (da “ Il Sole 24 Ore” del 10.1.04) Il Ministero dell’Economia corre ai ripari contro il rischio flop del condono edilizio, da cui attende un gettito di 3,8 miliardi. Con un comunicato ministeriale diffuso ieri, sono state fornite le prime istruzioni per la presentazione della domanda e il pagamento dell’oblazione. Il termine per entrambi gli adempimenti è il 31 marzo prossimo e molti sono gli elementi che alimentano il clima di incertezza: oltre ai ritardi nell’emanazione delle prime istruzioni operative (il D.L. 269 è stato emanato il 30 settembre e la legge di conversione, n. 326, il 24 novembre), pesano la mancanza delle leggi regionali di completamento e, soprattutto, i ricorsi delle Regioni di centro sinistra pendenti alla Corte Costituzionale. Riqualificazione addio (da “ Edilizia e Territorio” del 22-27 dicembre 2003) Il condono edilizio perde la riqualificazione delle zone deturpate dai fabbricati abusivi. La Finanziaria 2004 ha cancellato tutti i fondi stanziati dall’Articolo 32 del D.L. n. 269. Il ripristino delle zone “ sanate” che il governo aveva originariamente presentato come il vero obiettivo della regolarizzazione, rimane quindi senza risorse.
Energia Fotovoltaico in aumento in Italia. Rapporto IEA: nel 2002 sono stati raggiunti altri 2 megaw att di potenza (da “ Edilizia e Territorio” del 1217 gennaio 2004) Nel corso del 2002 l’Italia ha installato 2 megawatt di impianti fotovoltaici, attestando la propria potenza complessiva a 22 megawatt. Il dato è stato recentemente rilevato e diffuso dall’IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, che ha pubblicato il Trends in Photovoltaic applications, prendendo in considerazione lo sviluppo del decennio che va dal 1992 fino al 31 dicembre del 2002. Procedure Super-DIA, boom per il “piccolo”. Le autocertificazioni sono ormai oltre il 90% degli atti su “nuovo” e ristrutturazione (da “ Edilizia e Territorio” del 20-25 ottobre 2003) Con l’introduzione della Dichiarazione di inizio attività nella versione Super, a partire dalla fine del 1999, per mezzo dell’innovativa Legge regionale della Lombardia 22/1999, il Comune di Milano ha visto ridursi le richieste di concessioni edilizie a progressivo vantaggio delle super DIA. Un fenomeno che non ha però riguardato le superfici lorde di pavimento: il che significa che i grandi interventi continuano a essere effettuati in concessione, riservando le “ autocertificazioni agli interventi singoli. È quanto emerso dal primo rapporto sull’attività edilizia a Milano presentato dall’Assessore allo Sviluppo del Territorio del comune lombardo, Gianni Verga. Professione Gli Esami di Stato alla riforma-bis. Siquilini: il decreto a maggio (da “ Il Sole 24 Ore“ del 16.1.04) Entro aprile sarà definita la riforma bis degli Esami di Stato per le professioni. Lo assicura il sottosegretario all’Istruzione, Maria Grazia Siquilini, che sta lavorando alla modifica del DPR 328/2001. Il provvedimento, che ha raccordato i requisiti per l’accesso agli Albi ai nuovi titoli universitari, è caratterizzato da “ lacune e incongruenze” secondo Siquilini. Quindi, in collaborazione con le professioni e con le componenti universitarie, verranno rivisti i titoli, modalità dei tirocini, contenuti delle prove e composizione delle commissioni. Recupero
Costruzioni La top 50 ritrova la redditività. Fatturato boom, tagli al personale. Nel 2002 cresciuto dall’1,2 al 3,4% il rapporto utile - ricavi (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti n. 44/2003) Viene pubblicata una classifica delle 50 maggiori imprese di costruzione italiane con singole schede che contengono, oltre alle informazioni anagrafiche, alcuni dati significativi richiesti per la qualificazione presso le Soa, previsti nell’Articolo 18 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 e riferiti al quinquennio 19982002. L’aumento della redditività è il dato saliente che emerge dai bilanci 2002.
Urban Italia, accordi entro tre mesi. Investimenti al via per 420 milioni. In Gazzetta il decreto Fontana sui venti programmi stralcio (da “ Edilizia e territorio” Norme e Documenti n. 50/2003) È stato pubblicato sulla “ Gazzetta Ufficiale” n. 286 del 10 dicembre il Decreto del Ministero delle Infrastrutture che approva i programmi stralcio di “ Urban Italia” . Si tratta dei 20 piani di recupero urbano rimasti fuori dalla graduatoria nazionale di Urban II, finanziati dalla Legge 388/2000 con risorse nazionali per 103,291 milioni di euro. A ogni progetto vanno circa cinque milioni di euro, con un totale di investimenti attivati pari a 420 milioni di euro. Entro tre mesi devono essere firmati gli accordi di programma.
Edilizia La Finanziaria investe sul recupero, ma penalizza le vendite immobiliari. Al 41% lo sgravio Irpef ma crescono i moltiplicatori catastali (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti n. 1/2004) Per l’edilizia è una Finanziaria a due facce quella in vigore da gennaio 2004. La Legge 350/2003 si caratterizza per avere riportato al 41% la detrazione Irpef sui lavori di recupero, ma anche per un aumento degli oneri per la compravendita immobiliare, con l’innalzamento dal 5 al 10% dei moltiplicatori catastali validi per le imposte di registro ipotecarie e catastali. 20 milioni dal Governo per finanziare i piani casa dei comuni. Il viceministro M artinat annuncia l’arrivo degli incentivi (da “ Italia Oggi” del 7.1.04) Il Governo ha stanziato 20 milioni di euro in tre anni per fronteggiare l’emergenza casa nei comuni ad alta tensione abitativa prevedendo nella Finanziaria 2004 l’istituzione del Fondo per l’edilizia a canone speciale. Ora si aspetta di conoscere i dettagli della manovra per la costruzione di alloggi a prezzo calmierato e in particolare il Decreto ministeriale che introdurrà le agevolazioni fiscali per incentivare gli interventi immobiliari che saranno gestiti dalle imprese di costruzione. Solo al proprietario dell’ultimo piano riconosciuto il diritto a sopraelevare. Agli altri spetta unicamente una indennità (da “ Edilizia e territorio” Norme e Documenti n. 49/2003) Lo sfruttamento di residue disponibilità edificatorie o di nuovi indici, in caso di variazione al P.R.G., nel condominio spetta solo ai proprietari degli ultimi piani o del lastrico solare. Il Consiglio di Stato limita con una sentenza i diritti degli altri condomini come nella fattispecie dell’Articolo 1127 del Codice Civile che disciplina il diritto di sopraelevazione da parte del proprietario del lastrico o dell’ultimo piano, riconoscendo agli altri condomini il diritto a percepire un’indennità.
Urbanistica E sull’urbanistica novità in arrivo. Quest’anno porterà altri due provvedimenti in Lombardia e Veneto (da “ Edilizia e Territorio” del 12-17 gennaio 2004) Urbanistica e Lavori pubblici sul piatto per numerosi uffici legislativi regionali nell’anno appena iniziato. Nel primo caso saranno almeno due le Regioni (Lombardia e Veneto) che, salvo il mancato rispetto delle scadenze prefissate, inaugureranno un nuovo ciclo legato al governo del territorio. Per quanto riguarda la Lombardia, Il provvedimento in questione rappresenta un vero testo unico di riforma della normativa urbanistica. Coordina, inoltre, le leggi precedenti su super–DIA, standard qualitativi, sottotetti, PII, parcheggi, e segna il debutto del piano comunale a un solo livello, dai contenuti flessibili, da rinnovare ogni cinque anni; l’obbligo del piano dei servizi; la possibilità di utilizzare alternativamente DIA e permesso di costruire per tutti gli interventi edilizi. A M ilano partono i PII, nuovo look a 4 milioni di mq. Verga fa il punto sui prossimi dodici mesi (da “ Edilizia e Territorio” del 12-17 gennaio 2004) Il 2004 sarà per Milano l’anno dei Piani integrati di intervento. Sono previsti gli inizi dei lavori nelle aree di Garibaldi–Repubblica e di Montecity–Rogoredo e di oltre un centinaio di altri piccoli PII. Una trasformazione profonda che investe oltre quattro milioni di mq di superficie. Ma sarà anche l’anno delle nuove linee di metropolitana (4 e 5). Nell’illustrare quali sono i piani urbanistici del capoluogo lombardo per il nuovo anno, l’Assessore allo Sviluppo del territorio del Comune, Gianni Verga, mette subito in evidenza il tema principale. C’è un problema di recupero delle risorse a monte di tutti progetti per la città. M. O.
Milano a cura di Laura Truzzi Designazioni • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea P.T.U.A nuovo ordinamento del 19 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Alessandro Alì, Valerio Testa.
Ordine di Bergamo tel. 035 219705
www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883
www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800
www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535411
www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130
www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Ordine di Lodi tel. 0371 430643
www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di M antova tel. 0376 328087
www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di M ilano tel. 02 625341
www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287
www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864
www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601
www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it
• Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in P.T.U.A vecchio ordinamento del 18 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Davide Andreoli, Patrizio Antonio Cimino. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea per il “ Corso di Studio in Architettura Ambientale D.M. 509/99” del 19 dicembre 2003. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Marco Francesco Bianchi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea per il “ Corso di Studio in Edilizia Bazzi D.M. 509/99” del 19 dicembre 2003. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Sandro Ghiozzi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Scienze dell’Architettura del 19 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Elettra Bresadola, Marco G. Gonella, Gianluigi Reggio. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea di I° livello in Architettura delle Costruzioni del 22 dicembre 2003. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Guido Fochi. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea di I° livello in Scienze dell’Architettura del 22 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Gisella Maria Demaria, Carlo Lanza. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Disegno Industriale del 17 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Massimo Ansbacher, Carlo Bartoli, Laura Bonaguro, Antonio Borghi, Marcello Cuneo, Antonella Dedini, Paola Garbuglio, Ambrogio Tresoldi.
• Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura del 18 e 19 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Chiara Maria Freyrie, Massimiliano Molteni, Egidio Porta, Gaetano Selleri. • Politecnico di Milano. Designazione di rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura del 17 dicembre 2003. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Barbara Agostini, Francesco Anzivino, Giuliano Paolo Banfi, Lucia Bergo, Giancarlo Borellini, Carlo Andrea Borgazzi Barbò Di Casalmorano, Stefano Calchi Novati, Roberto Franco Dell’Acqua Bellavitis, Ennio Mazzoli, Maria Elena Papini, Lorenzo Pontiggia, Sarah Saiani. Rinnovo Commissione Prezzi Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Milano In seguito alla richiesta inoltrata dalla C.C.I.A.A., il Consiglio dell’Ordine ha confermato quali propri rappresentati all’interno della Commissione Prezzi gli architetti Gianclaudio Di Cintio, e Luigi Mario Filocca. In sostituzione degli architetti Filippo Terzaghi, e Rosario Lanzillotta, sono stati sorteggiati e approvati i seguenti nominativi: Danilo Bettoni e Mario Tagliapietra. Convenzioni Nel proseguire con la pubblicazione delle nuove convenzioni, si comunica che tutti i dettagli delle stesse sono reperibili sul sito dell’Ordine (www.ordinearchitetti.mi.it) settore convenzioni. • VideoCOM è disponibile ad offrire particolari condizioni di acquisto agli iscritti all’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano, per i prodot t i della serie VectorWorks, software CAD prodotto di Nemetschek North America, Inc.: VectorWorks Standard, VectorWorks Architect, VectorWorks Landmark, VectorWorks Spotlight. Ogni iscritto ha la possibilità di richiedere un buono di acquisto che dà diritto ad avere condizioni economiche agevolate. I buoni hanno validità temporanea di 30 giorni dalla loro emissione. La presente iniziativa ha validità fino al 30 luglio 2004. Gli Architetti interessati possono richiedere ulteriori informazioni tramite e-mail a vendite@videocom.it, oppure tramite fax al numero 0383 43899. • Meieaurora Assicurazioni – convenzione per “ Polizza multirischi dell’abitazione” e “ Polizza infortuni per la persona” per gli Architetti e familiari risultanti dallo stato di famiglia.
Per ulteriori informazioni contatt are: sig. Ivan Tassinari t el. 02 4676131, fax 02 43995227. • Adhersis Italia S.p.A. – “ Le soluzioni per la salvaguardia e protezione informatica” . Nella convenzione vengono descritte le soluzioni proposte per la sicurezza informatica Passiva Attiva e le speciali condizioni commerciali per gli iscritti. Agenzia del Territorio Ufficio di M ilano In occasione della verifica e collaudo della Variazione DOCFA n. 588102 del 15.7.2002 effettuata dall’Agenzia del Territorio per beni siti in Comune di Paderno Dugnano – via Erba 2 – identificati al Foglio n. 32 particelle n. 33, 34, 35, 36, 48, dove sono state riscontrate difformità tra l’identificazione catastale e lo stato di fatto dei beni, l’Agenzia stessa ha inoltrato a questo Ordine una comunicazione relativamente alla necessità di un sollecito del rispetto della prassi professionale da parte di tutti i tecnici abilitati. La comunicazione cita infatti che “ come noto, con l’entrata in vigore del D.M. 701/94 convertito in legge, a partire dal 1 gennaio 1996 viene delegato ai sigg. tecnici professionisti l’adempimento relativo al classamento di immobili, precedentemente di esclusiva competenza dell’Amministrazione, procedura che deve avvenire nella completa osservanza delle norme e degli indirizzi in materia catastale, al fine di renderlo omogeneo e perequato, attribuendo la relativa rendita in base all’effettivo stato dei beni, come rappresentato nella consolidata collaborazione tra questo ufficio e gli Ordini Professionali Interessati. Al fine di evitare ogni possibile comportamento tendente, anche se involontariamente, alla elusione fiscale o all’ottenimento di benefici non previsti, si invita l’Ordine degli Architetti di Milano e Lodi, cui la presente è diretta, ad una pronta sensibilizzazione dei propri iscritti alla piena osservanza della prassi professionale, procedendo, eventualmente, a richiami mirati” . L’intera comunicazione è consultabile presso la sede dell’Ordine, prot. n. 03092 del 1.9.2003.
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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro
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Ambiente Ambiente, per l’Italia nuova raffica di bocciature. Nel mirino definizione di rifiuto e discariche (da “ Il Sole 24 Ore” del 8.1.04) La Commissione europea ha deciso di portare l’Italia sul banco degli imputati di fronte alla Corte di giustizia UE per due leggi che classificano in modo scorretto i rifiuti. Bruxelles ha inviato a Roma altri due pareri motivati riguardanti questioni ambientali, passando al secondo stadio delle procedure d’infrazione. Un avvertimento formale più generale riguarda la carenza di controlli sulle numerose discariche illegali presenti sul territorio, mentre l’altro è focalizzato sulla discarica abusiva di Lodi in Lombardia. Infrastrutture Alta velocità, boom di investimenti. Nel 2003 la Tav ha speso 3,4 miliardi contro i 2,6 del 2002 e per quest’anno stima di arrivare almeno a 4,1 miliardi (da “ Il Sole 24 Ore” del 14.1.04) Accelerano gli investimenti dell’Alta velocità. Nel 2003 la Tav ha speso per la costruzione delle Torino-Milano-Napoli 3,4 miliardi contro i 2,6 miliardi del 2002. Nel 2004 l’Obiettivo di budget – non ancora confermato ufficialmente dalla società – è un’ulteriore crescita degli investimenti del 20% , per arrivare alla cifra record di 4,1-4,2 miliardi. Risultato che darà soddisfazione al gruppo Fs, sollecitato dal Governo ad accelerare le grandi opere, a patto che entro pochi giorni decolli effettivamente il primo Tav-bond da 4 miliardi emesso da Ispa nell’ambito del “ piano Tav” da 25 miliardi, approvato dal Cipe nel gennaio 2003. M egalopoli M ostri urbani. Il futuro è nelle megalopoli da 30 milioni di abitanti (dal “ Corriere della Sera” del 11.1.04) Crescono, si dilatano, occupano spazio e territori, creando enormi problemi di impatto sociale e di inquinamento ambientale. Sono
sponde Tognoli – ma i confini municipali che la definiscono rispondono a logiche medievali che non contano più. Resta valido, però quel che diceva Carlo Cattaneo: chi dà nome a un’area geografica e a una popolazione è la città. La campagna che ci sta intorno è della città” .
le megalopoli del mondo: oggi mostri da 20 milioni di abitanti, domani da 30, secondo uno studio recente dell’United Nations Population Division. Nel 1950, a superare quota 10 milioni, spartiacque che definisce una megalopoli, era la sola città di New York; nel 2001 le città erano 17; fra una dozzina d’anni il loro numero arriverà a 21. M ilano Milano vuole la Città dello sport. Allo studio la procedura: gara di concessione o invito ai promotori. Investimenti per 2 miliardi (da “ Edilizia e Territorio” del 15-20.12.03) Il Comune di Milano per il nuovo anno annuncia una gara per la trasformazione di una vasta area periferica, di proprietà pubblica, di circa due milioni di mq per realizzare una cittadella dello sport. Si tratta di un’operazione che vale circa 2 miliardi di euro. L’idea di Palazzo Marino è ripercorrere la stessa strada utilizzata per la conversione del polo urbano fieristico, e cioè una gara in project financing per acquisto e trasformazione. L’area individuata è situata nella zona Porto di Mare, a sud della Città tra il quartiere Omero e Nosedo. È una superficie di forte degrado che ospita alcune antiche cascine e la storica Abbazia di Chiaravalle. St rade, f errovie, cablaggio. “L’ora della grande Milano”. Tognoli: una città-guida, ma non egemone, e un supersindaco (dal “ Corriere della Sera” del 11.1.04) Carlo Tognoli, ex sindaco di Milano, risponde ad una serie di interrogativi sul futuro di Milano postigli in occasione della inaugurazione della Mostra alla Triennale “ La città infinita. Ipermodernitàspaesamenti del vivere e del produrre in Lombardia” . La città è finita? Ed è finita nel senso che non ha più dei limiti geografici che la definiscono o è finita nel senso che, nel futuro, non ci saranno più città, ma solo aree metropolitane estese? In realtà, nella storia dell’Occidente, il nome di città ha sempre significato organizzazioni territoriali diverse e la messa a punto di possibili nuovi modelli di sviluppo (le cosiddette “ città ideali” ) si è susseguita dal Rinascimento in poi. “ La città non è finita – ri-
Il Comune approva la Variante per la riqualificazione dell’Area Fiera (da “ Edilizia e Territorio” del 15-20.12.03) Rispettate le tappe che portano alla maxi-operazione di riqualificazione del polo fieristico urbano di Milano. Con l’approvazione in Consiglio comunale della Variante urbanistica al piano regolatore si è chiuso l’iter procedurale di questa importante operazione di trasformazione di un’area da 440 mila mq in pieno centro del capoluogo lombardo. Adesso si attendono, nel 2004, la proclamazione del vincitore del concorso internazionale tra gli otto raggruppamenti che hanno partecipato alla selezione e la presentazione nello stesso anno del PII con cui verrà attuata la variante. Navigli Una SpA e un concorso per rilanciare i navigli (da “ Edilizia e Territorio” del 15-20.12.03) Il rinnovo dei navigli milanesi passa per la “ Navigli Lombardi” . La giunta regionale della Lombardia ha approvato la nascita di questa nuova società consortile che raccoglierà gli oltre 50 enti che hanno competenza sugli storici corsi d’acqua che attraversano la città di Milano e la sua provincia. Nell’immediato è previsto un passaggio di consegne amministrative, ma già dal 2005 il consorzio potrà contare stabilmente sui 3 milioni di euro dati dalla riscossione dei canoni idrici e destinati per due milioni e mezzo agli investimenti. Per il 2004 sono previsti lavori per circa 11 milioni di euro, divisi tra risistemazione di attracchi, sponde e realizzazione di una rete di piste ciclabili. Progetti Lunardi integra autostrade e cultura e crea l’Archeorete. Il ministro delle Infrastrutture spiega il progetto con Urbani (da “ Italia Oggi” del 31.12.03) Una sosta in autostrada per visitare un museo o un sito archeologico. È il progetto di Archeorete servita dalle autostrade e dalle ferrovie italiane presentato dal ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, per il quale sono in arrivo 3 miliardi e mezzo di euro di finanziamenti. “ Il progetto è quello di superare l’idea che un’autostrada o una ferrovia sono una linea che congiunge due punti“ ha detto Lunardi, “ una sorta di barriera nel territorio, per approdare invece a un concetto rivoluzionario, quello delle infrastrutture per valorizzare e non per devastare il territorio” .
Città per i bambini, sul podio c’è Pesaro (da “ Edilizia e Territorio” del 12-17.12.03) Tra le città a misura di bambino brillano Pesaro, Ravenna e Udine che possono contare su piste ciclabili, isole e spazi verdi. Ma si tratta di rare eccezioni. Nella maggior parte delle città italiane gli spazi restano del tutto insufficienti e anche l’urbanistica è fatta e pensata solo per i più grandi. È ancora negativo il quadro che emerge dalla settima edizione di Ecosistema bambino 2004, l’analisi di Lega ambiente sulle politiche per i bambini attuate dalle varie province della penisola. Storia locale Quando su M ilano scendeva la “Scighera”. Amarcord collettivo in tre zone della città per ricostruire usi, volti e storie dei quartieri (dal “ Corriere della Sera” del 18.1.04) Storie di una Milano che non c’è più, ma le cui tracce affiorano qua e là. Ricordi di gente che ha vissuto amando le periferie, i Navigli ancora scoperti, la scighera, quella tipica nebbia che ora sembra scomparsa. Sono le storie raccolte nei volumi della “ Milano della memoria” , una collana creata dal Comune e che quest’anno vede protagoniste le zone 4, 8 e 9.
a cura di Antonio Borghi Pensare architettura Se è vero che da diversi anni le riviste d’architettura sono relegate ai margini del dibattito culturale italiano, che sulle pagine dei quotidiani nessuna arte ha così poco spazio quanto l’architettura e che dell’ambiente costruito si parla quasi esclusivamente in termini di scandali e occasioni perdute, è anche vero che ogni tanto si rilevano piacevoli eccezioni quale, ad esempio, i supplementi femminili dei maggiori quotidiani nazionali che all’architettura e alla città dedicano regolarmente spazio con contributi – a mio parere – di buona qualità, sia nei contenuti che nelle immagini. E così, come ideale prosecuzione della già citata Milano da ignorare descritta da Giorgio Bocca su “ L’espresso” , il 29 novembre sulle pagine di “ D la Repubblica delle Donne” Piero Raffaelli ci propone Milano per caso. Metropoli capitale del lusso come la vede l’America, o capitale del caos che cresce tra mille progetti? Il Sindaco Albertini, abbandonata la metafora grigia della città condominio, ora la definisce “ un veliero”. Ma la sua rotta è a zig zag. Tra ascesa e declino. Le hanno girato le spalle 500 mila persone. In vent’anni si è passati da un milione e 850 mila a un milione e 300 mila, queste le cifre dell’esodo. Eppure Milano oggi cresce ancora. Vede nuovi grattacieli sorgere, un po’ sghembi e cioè alla moda, dove c’erano le fabbriche. Si vive come sospesi tra cantieri e nevrosi, tra i neon e i grandi investimenti di una transizione che si percepisce, ma ancora non si capisce. In basso, lungo i marciapiedi, folle multietniche senza sosta. Badanti, colf, operai immigrati attraversano le strade della città giorno e notte. Si mischiano ai pendolari, ai city-users, persone che non vivono a Milano, ma ci lavorano, la consumano e ne arricchiscono baristi e commercianti. In alto, gru a perdita d’occhio, che svettano persino sui tetti da condonare. I cartelloni pubblicitari di molti nuovi caseggiati promettono “ oasi nel verde” anche se il verde si vedrà solo negli stentati fili d’erba
che spunteranno dai blocchetti sistemati sui box sotterranei. Una Milano che cambia pelle, quella che oggi ci circonda. Per abbracciarci come ha fatto in passato o per stritolarci? Per darci ancora la possibilità di rinascere, di ripartire, come vuole la storia perenne della città, o per lasciarci agonizzare insieme a lei? Nelle risposte ci si spacca come per Inter o Milan, Versace o Armani, Muti o Abbado. Come stare in due Milano diverse. Alcuni sprizzano gioia da tutti i pori. I prezzi salgono? Che bello. Milano è talmente cara che in classifica mondiale passa dal numero 65 al numero 17? “Buon segno, è una città sempre più attrattiva e richiesta, per questo diventa più cara” risponde il Sindaco Gabriele Albertini. Le case in centro arrivano anche a 8.500 Euro al metro, nessuno del ceto medio-alto potrà mai più comprarle. “Ho fatto lievitare il costo del mattone in periferia, con punte del 24 per cento a Musocco, del 21 a Niguarda, del 19 a Bicocca” si rallegra il vicesindaco De Corato. Nel mondo che cambia, Albertini individua nella logica del fare la quintessenza del suo mandato da sindaco (il secondo, che scadrà nel 2006). I pragmatisti come lui hanno buona stampa. Quando gli americani di “ Newsweek” mettono la città in copertina, come capitale dello stile, prontamente Stefano Folli, direttore del “ Corriere della Sera” , raccoglie e solleva il livello degli interventi: “ La Milano capitale dello stile e dell’inventiva esi-
Giancarlo Marzorati, particolare della facciata della Torre Sospesa, Sesto San Giovanni.
Un genere di riflessioni riguardo al capoluogo lombardo al quale ci siamo abituati negli ultimi anni, ma che lo stesso vale la pena di ripetere e approfondire. Seguendo lo stesso rotocalco il 13 dicembre troviamo ancora una bella sorpresa: l’intervista ad un architetto. Una sospresa perchè questa volta non si tratta di Renzo Piano o Norman Foster, né Jean Nouvel o Frank Gehry, ma di Peter Zumthor, il maestro dei Grigioni salito da anni alla ribalta internazionale, pur non seguendo le logiche dello star system. Zumthor, l’asceta più trendy del mondo è il titolo dell’intervista di Sebastiano Brandolini. Austero, schivo, devoto a forme pure e a materiali poveri. Premiatissimo e adorato dal mondo internazionale dello stile. Ecco come il progettista di piccolissime chiese, bagni termali elegantissimi e cataste di legno che diventano castelli ha imposto i suoi princìpi: poesia e lentezza. “Fondamentalmente non sono affatto interessato all’architettura come professione fatta di carta, per me contano solo gli edifici in sé, non come appaiono, ma come sono in realtà. A me interessano soltanto le cose che mi prendono e mi toccano, che sono in grado di provocare emozioni e di attirare i miei sentimenti; questo è il nocciolo duro della vita quotidiana. Il resto non m’interessa”. Vive ad Haldenstein, a pochi chilometri da Coira, sulla sponda opposta del Reno, un villaggo abbastanza triste dove sopravvivono tracce della povertà alpina. Il suo studio qui è uno dei suoi ultimi pro-
getti, una specie di capanna lunga e stretta rivestita di liste di legno ormai scurite dal tempo; lo si riconosce anche perchè fuori sono parcheggiate molte biciclette, segno che ci lavorano tanti giovani architetti, entusiasti e credenti. Spiega come lavora: “Parto da un’immagine che è dentro di me, e questa immagine ha una forma, e questa forma ha un materiale. Il materiale è dunque per me una scelta primaria. C’è una differenza profonda se faccio una cosa di vetro, di legno, di carta, di calcestruzzo o di pietra. Cambia tutto, incluso il tatto il rumore, il profumo e il comportamento delle persone”. Se ai bagni di Vals l’architettura è solida e monolitica e chiede di essere toccata per essere apprezzata, alla Kunsthaus di Bregenz è precisamente il contrario, essendo tanto fragile che se solo sfiorata rischia di rompersi. Nei suoi edifici c’è sempre qualcosa di forte e di fisico, un’idea di solidità che contraddice l’ambizione dell’architettura moderna a favore di trasparenza e leggerezza. Spiega: “Esiste una magia del reale. Esiste l’energia. Nel campo dell’architettura sono soprattutto attratto dalle cose fisiche e vere, non dall’astrazione. La sostanza vera dell’architettura è sempre l’immagine di un corpo.“ Gli architetti di solito non parlano volentieri di bellezza, quasi fosse un tabù. Ma è proprio la bellezza che Zumthor ricerca con rigore tutto svizzero, perché è l’arma migliore con cui sfidare l’orgia consumistica in cui viviamo: “Sì, penso che la bellezza esista ancora. Basta guardare il sole o attraverso una finestra, bere un buon vino o apprezzare un tessuto, ma la bellezza oggi va scoperta, un po’ nascosta, tra le pieghe delle cose. Non è appariscente. Equando uno la ricerca, non sempre arriva.“ A Peter Zumthor va riconosciuto che nulla, né il successo, né gli inconvenienti, né la fama mediatica, né le conseguenti richieste di lavorare per le multinazionali della moda, del divertimento o dell’immagine, hanno cambiato il suo stile schivo e le sue convinzioni personali ed estetiche. I suoi scritti, tra cui le lezioni e le conferenze, sono stati recentemente pubblicati in Italia da Electa col titolo Pensare architettura.
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Informazione
Riletture
ste e qualcuno se n’è accorto. Eppure è come se il quadro fosse incompiuto. Eleganza, moda, centri di ricerca (specie nella sanità), università, sedi di accoglienza, industrie, editoria (...) i tasselli o gli ingredienti ci sono tutti, alcuni disordinati e spesso irrisolti. Come se attendessero di trovare un ordine logico nella cornice di un grande rilancio complessivo della città. Ecco allora il desiderio di un nuovo illuminismo milanese”. Desiderio di illuminismo? O illusione? Altri osservatori sono molto, ma molto critici. C’è che sostiene che il Comune abbia scelto di “rinunciare a grandi strategie e di affidarsi al mercato: invece di definire prima il piano dei servizi e delle infrastrutture (per cui sono passati vent’anni inutili) si è scelto di lasciar fare (...) Se la quantità dei volumi è enorme, la qualità prodotta è modesta (...) Nessuno verrà a studiare questi nuovi quartieri. Sembra che Milano, la capitale mondiale del design, non abbia la classe professionale, l’imprenditoria, la struttura pubblica capaci di dare prodotti esemplari a livello internazionale”. A lamentarsi così non è il centro sociale Leoncavallo, ma il centralissimo Rotary club Milano-Giardini. Lo spiega in una ricca pubblicazione intitolata Milano 2003, la transizione, curata nel suo ventennale dall’architetto Paolo Favole.
Libri, riviste e media a cura della Redazione
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Rassegna di Valentina Cristini e Giulia Miele Antonio Ciccia Gli abusi edilizi, aggiornato al D.Lgs.27-12-2002 n.301 di modifica del testo unico in materia edilizia Esselibri, Napoli, 2003 pp. 238, € 18,00 Deyan Sudjc Ron Arad. Cose di cui la gente non ha veramente bisogno Postmedia, Milano, 2003 pp. 112, € 16,00 Eric Howeler Grattacieli Rizzoli, Milano, 2003 pp. 240, € 26,00 Francesco Erbani L’Italia maltrattata Laterza, Bari, 2003 pp. 206, € 14,00 Carlo Ravagnati Tecniche di ripetizione Tecnograph, Bergamo, 2003 pp. 208, € 14,00 Antonio Saltini, Maria Teresa Salomoni, Stefano Rossi Cescati Via Emilia, percorsi inconsueti fra i comuni dell’antica strada consolare Calderini/Il Sole 24 Ore/Ed agricole, Bologna, 2003 pp. 224, € 42,50 Angelo Arioli Labirinto arabo medievale Mimesis, Milano, 2003 pp. 222, € 14,00 Salvatore Santuccio L’utopia nell’architettura del ‘900 Alinea, Firenze, 2003 pp. 110, € 14,00 Rosaldo Bonicalzi (a cura di) Progetti per Pavia Libreria Clup, Milano, 2003 pp. 300, € 18,00 Maura Savini (a cura di) La ricostruzione critica della città storica Alinea, Firenze, 2003 pp. 222, € 25,00 Empio Malara Milano città porto, origine difensiva e trasformazione funzionale del Naviglio interno Sergio Baratti, Milano, 2003 pp. 110, € 23,00
Il Naviglio di Paderno d’Adda
Sette piccoli viaggi-utopie
Milano: lavori in corso
Non esiste storia della formazione del “ sistema” dei Navigli milanesi che non accenni all’importanza di questo “ aureo libretto” – noto e citato solo attraverso il suo incipit – che il nobile milanese Carlo Pagnani fece stampare a Milano nel 1520 per raccontare e documentare le vicende della progettazione e dell’avvio della costruzione del primo Naviglio di Paderno d’Adda. Naviglio di importanza strategica per la città di Milano concepito per consentire la continua navigabilità dell’Adda dalla Martesana sino al lago di Como. Si è sempre trattato però di un’opera poco conosciuta, “ più citata che letta” . L’odierna ricca edizione critica, con un ampio apparato di commenti, illustrazioni e testo a fronte, curata dall’arch. Gianni Beltrame, urbanista e studioso dei Navigli milanesi e con traduzione e note di Paolo Margaroli, rimedia finalmente a questa lacuna, restituendo l’opera nella sua pienezza di contenuti e di significati che vanno ben oltre gli interessi puramente specialistici degli storici della navigazione interna e del territorio, per aprirsi all’analisi di un cruciale periodo storico – la dominazione francese del ducato di Milano – e gettare uno sguardo sulle principali figure degli idraulici – Leonardo compreso – e della cultura idraulica dell’epoca. Ma uno degli aspetti più affascinanti di tutta la ricostruzione della vicenda è costituito dalla precisa descrizione e ricostruzione dei viaggi – ora a piedi, ora a cavallo – che la “ Commissione tecnica” guidata dal Pagnani compie, attraverso un selvaggio paesaggio lombardo ancora poco noto ed esplorato, per ricercare e valutare le tredici ipotesi di tracciato che porteranno alla scelta finale della costruzione del Naviglio di Paderno.
Il senso del libro è individuato dalla Bignardi nel significato di utopia, “ il luogo che non c’è” , contrapposto alle sette piccole utopie che nel Novecento “ hanno avuto la forza di realizzarsi (…) luoghi-utopia che si possono visitare, conoscere, dove si può dormire, dove si può mangiare” . È un libro di viaggi: l’abilità narrativa coinvolge il lettore catturato dalle storie ma anche dai luoghi, dalle architetture, invitandolo a partire, viaggiare. Non a caso i titoli dei sette capitoli sono nomi di luoghi. A Shantiniketan, a nord di Calcutta, l’illuminato Tagore, fonda nel 1901 una scuola-utopia educativa ove si studiano dottrine di ogni paese. Nomadelfia, fondata da Don Zeno prete anticonformista, a metà strada tra Grosseto e Siena, trecento ettari, trecentocinquanta persone, niente denaro né proprietà privata, ove le famiglie accolgono figli in affido. Monte Verità sopra ad Ascona, a due passi da Locarno, accoglie nell’arco di cento anni importanti artisti moderni accanto a personaggi anacronistici, in un luogo edificato privilegiando il rapporto tra edificio e paesaggio, natura, luce. Yaddo, nei pressi di Saratoga Springs, stato di New York, è fondata da una coppia di letterati ricchi e colti quale rifugio ideale per artisti che sono accolti, protetti, accuditi, mantenuti e liberi di sviluppare la propria arte. Arcosanti, nei pressi di Phoenix, è la città ideale parzialmente realizzata da Paolo Soleri, autonoma e autosufficiente, contrapposta all’ideologia della città orizzontale a bassa densità di Wright. La Costa Rica, ove don Pepe, coltivatore ricco e colto, attua una rivoluzione armata per realizzare un’utopia pacifista che abolisce le forze armate a favore di sanità e istruzione. In conclusione l’esperanto, utopia linguistica di Zamenhof, intrecciata “ al sogno di una convivenza pacifica tra le razze e i popoli” . Buon viaggio.
Con questa edizione si celebra il ventennale del Rotary club Giardini. Da sette anni Milano sembra essersi dotata di uno straordinario attivismo, dopo un periodo di dubbi e di impedimenti burocratici. Metà delle aree industriali dismesse sono in trasformazione; sono state realizzate varie piazze, due metrotramvie; è iniziato il maxi cantiere della Fiera e la Scala è in ristrutturazione; siamo in attesa di quattro parchi e di centocinquanta parcheggi interrati; è entrato in funzione il primo depuratore; si sono svolti importanti concorsi. La pianificazione rigida e illuminista è stata sostituita dalla deregulation. Il libro raccoglie, suddivisi in capitoli, progetti anche inediti per la cultura (musei, teatri, biblioteche); per le università; per le riqualificazioni degli spazi pubblici; per le infrastrutture; per nuove residenze a blocchi nel verde, non più raggruppate in isolati urbani; per nuove prestigiose sedi aziendali; per iniziative alberghiere. La rassegna dimostra inoltre l’internazionalizzazione dell’economia e della vita milanese; ma insieme – almeno a chi ha più memoria – che le grandiose illusioni, nate nei passati decenni, quando ci si aspettava che Milano diventasse sede di ogni sorta di iniziativa multinazionale, si sono per ora avverate solo in parte. A essa segue una descrizione degli aspetti non risolti della città: traffico, disordine, qualità, degrado. Il libro pertanto ha il merito di illustrare con completezza i lavori in corso, ma sembra altresì rivelare la diffidenza della cittadinanza verso quest’ampiezza di programmi; sembra affermare come al fondo di questo cantiere infinito ci sia però una carenza di stile: una mancanza di coesione idealistica; un’anarchia formale che mortifica le energie espresse.
Gianfredo Mazzotta
Carlo Pagnani Decretum super flumine Abduae reddendo navigabili. La storia del primo Naviglio di Paderno d’Adda 1516-1520 Gianni Beltrame e Paolo Margaroli (a cura di) Milano, Pecorini, 2003 pp. 350, € 25,00
Roberto Gamba
Vittorio Prina
Irene Bignardi Le piccole utopie Feltrinelli, Milano, 2003 pp. 156, € 12,50
Paolo Favole, Antonio Faraone Milano 2003. La transizione Rotary club Giardini Milano, 2003 pp. 144
Milano nei versi di Delio Tessa
Architettura e istituzioni
Una ricerca continua
Il testo raccoglie scritti, articoli e saggi sui temi della tecnologia dell’architettura e dell’innovazione elaborati, in un lungo arco di tempo, dal 1977 al 2002, da Guido Nardi, professore del Politecnico di Milano recentemente scomparso. E proprio nella latitudine temporale di tali contributi, testimonianza dell’evoluzione e degli sviluppi del settore delle costruzioni e della ricerca progettuale degli ultimi vent’anni, che risiede il maggior interesse di una speculazione coerentemente e pervicacemente tesa ad ampliare le basi teoriche e culturali dell’agire tecnico in architettura. Nella definizione hegeliana di architettura come attualità assoluta di mezzi e fini, e nella convinzione, che da tale assunto discende, che essa sia “ fatto sociale totale” , Nardi derivava, infatti, la necessità di una cultura dell’innovazione condivisa e partecipata dai progettisti, che consentisse loro, nel “ rumore” generato dal tumultuoso e incessante sviluppo dell’industria per le costruzioni, di riappropriarsi del ruolo di mediatori fra implicazioni culturali del progetto e tecniche esecutive. Verità indubbia, ma di cui lo stesso Nardi, per un limite intrinseco a una riflessione tutta accademica, non fecondata da un proficuo rapporto con la realtà concreta del cantiere, non è riuscito ad andare oltre l’enunciazione, senza essere in grado di individuare un percorso effettivo per conseguire tale obiettivo. In questo, dunque, il volume restituisce, con impietosa nitidezza, l’immagine paradossale (peraltro comune a tutta la ricerca universitaria italiana nel settore della tecnologia dell’architettura) di un pensiero didattico e critico che, mentre denuncia le deficienze di una tensione progettuale, quale quella propria anche del professionismo italiano contemporaneo più avvertito, sovente tutta e solo centrata sulla “ forma immateriale dell’idea” , ne condivide inesorabilmente il destino di rarefatta astrazione.
In molti casi artisti e poeti sono stati fra coloro che meglio hanno saputo tratteggiare l’anima e il volto di una città. Nel libro Franco Loi, attraverso le poesie e i racconti del poeta milanese scomparso nel 1939, ravviva i colori di un panorama urbano e sociale defilato e riservato, ma straordinariamente ricco di “ Umanitaa / trista e sapienta!” . Quello che Loi fa riaffiorare dai versi di Tessa, aiutato dai ricordi personali, è il cuore, anche letterario, di una Milano fatta di silenziose strade selciate, di piazze inondate di bambini vocianti, di giardini segreti e di cortili: scene teatrali a cielo aperto in cui ogni giorno si ripete la rappresentazione di esistenze semplici, spesso rese aspre dalla povertà, eppur fieramente vissute e godute. Un tessuto urbano minuto, che ha come baricentro piazza della Vetra o piazza Sant’Alessandro dove Tessa è nato e vissuto, nel quale gli spazi pubblici e privati si intrecciano, così come le vite che li abitano, senza soluzione di continuità. Pur sfiorandone le corde più intime, la nostalgia non è la protagonista di queste pagine. L’autore non dimentica che i tempi di Tessa sono quelli della retorica fascista. Da questi il poeta si è difeso, non senza rassegnata e ironica malinconia, volgendo il suo sguardo bonario a gesti quotidiani e debolezze umane colti su uno sfondo in cui miseria e disperazione sono mitigate da una diffusa solidarietà. Il libro, tuttavia, contiene un messaggio di speranza per il futuro di una Milano ormai sfigurata. Loi, nel condurci sulle tracce degli itinerari tessiani, sembra esortarci all’esperienza dei luoghi come percorso, anche interiore, per ritrovare le ragioni di un abitare civile e il desiderio di una città bella: “ rimane sempre qualcosa attaccata alle cose – afferma –, anche quando scompaiono e con esse gli uomini che le hanno vissute. Si chiama memoria e si chiama storia” .
L’ufficio svizzero Costruzioni federali del Circondario 2 è stato, fino a pochi anni fa, responsabile delle costruzioni civili e militari della Confederazione nei cantoni Ticino, Grigioni, Uri, Alto Vallese e di altre opere in territorio italiano. La presente pubblicazione rappresenta un primo bilancio su un’esperienza oggi conclusa raccogliendo 32 opere, tra progetti e realizzazioni che ripercorrono gli ultimi dieci anni (1988-98) di fecondo rapporto tra architettura e istituzioni. Opere che, per funzione, localizzazione e soluzioni proposte rappresentano un interessante osservatorio sul dibattito architettonico e sulla cultura tecnico-costruttiva Svizzera. Un variegato panorama di edifici pubblici (caserme, centri sportivi, musei ed altri) e, parallelamente, una complessità di temi affrontati (dal restauro alle architetture effimere). Ciò che unisce tutte queste opere è il loro essere frutto di concorsi giunti a realizzazione. Architetture fortemente volute e partecipate da una collettività consapevole del valore più nobile del costruire edifici pubblici, cioè il senso civico del decoro urbano e della rappresentazione architettonica dello Stato. Afferma Alberto Caruso: “ Uno fra i meriti più importanti dell’Ufficio delle Costruzioni federali è stato quello di promuovere la progettazione architettonica, affidando ai migliori professionisti dell’epoca ed ai giovani più promettenti, le opere minori o di tipo funzionale che, per tradizione e consuetudine, erano sempre state ritenute non degne dell’architettura” . Purtroppo il suo “ smontaggio” , come dice Jacques Gubler, rappresenta anche per la Svizzera un momento critico per l’impegno culturale delle istituzioni nell’ambito dell’architettura, demandando all’iniziativa privata e alla mano di poche e sempre più preziose star da rivista patinata il gesto poetico di Eupalino.
Il libro raccoglie scritti e interviste di Lodovico Meneghetti, architetto e docente presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Seguendo il filo della memoria, emergono dall’archivio personale figure e episodi appartenenti ai tanti momenti percorsi sul terreno del progetto e su quello altrettanto ampio del lavoro culturale. L’intento del libro è quello di legare “ pezzi vicini e distanti nel tempo” , componendo i frammenti di una storia solo apparentemente discontinua, segnata dalle trasformazioni della città e della società in anni cruciali del dibattito architettonico e urbanistico e dalle tracce di un impegno sempre costante, vissuto in prima linea nella scuola e nella professione. La prima parte del volume, dedicata alla Scuola di architettura di Milano, comprende appunti e riflessioni sul ruolo dell’insegnamento e sul rapporto con gli studenti quale momento di confronto e di crescita comune, le proposte per il rinnovamento istituzionale, le ipotesi e i tentativi di una didattica aperta al territorio. Meneghetti dedica queste pagine ai colleghi architetti in particolare ai giovani, con l’invito ad essere in prima linea nelle battaglie per l’architettura. E proprio i giovani possono trarre dal vivace racconto di un’esperienza diretta, gli stimoli per una riflessione sul proprio lavoro e sulle condizioni dell’architettura e dell’urbanistica. In questo senso i testi relativi a Milano e la Lombardia e quelli sulle figure di Maestri come Le Corbusier, Aalto, Taut, Berlage e di protagonisti della cultura architettonica milanese come Carlo De Carli e Piero Bottoni, possono offrire numerosi spunti critici. Questo libro è testimonianza di una ricerca continua, di un “ viandare lungo diverse strade” , che nell’accogliere le differenze non dimentica mai di guardare all’unità.
Renzo Riboldazzi
Luca Gelmini
Franco Loi Milano. Lo sguardo di Delio Tessa Unicopli, Milano, 2003 pp. 122, € 8,00
Graziella Zannone Milan (a cura di) Costruzioni federali. Architetture 1988-1998, Circondario 2 Edizioni Casagrande, Bellinzona, 2003
Annette Tosto
Claudio Sangiorgi
Guido Nardi Percorsi di un pensiero progettuale Libreria Clup, Milano, 2003 pp. 314, € 21,00
Lodovico Meneghetti La partecipazione in urbanistica e architettura. Scritti e interviste Unicopli, Milano, 2003 pp. 244, € 17,00
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Guido Nardi: sul progetto
Mostre e seminari a cura della Redazione
Informazione
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Rassegna mostre
Rassegna seminari
Scapes - Paesaggio alpino: mutazioni Merano (BZ), kunst Meran/o Arte Portici 163 7 febbraio - 21 marzo 2004
Città costruita - qualità del vivere. Una discussione critica. Giornata di studio. Presentazione master interuniversitario: “ Il Polis-maker per gestire la trasformazione degli insediamenti urbani – Scelte e interventi per la qualità del vivere” Milano, Collegio Ingegneri e Architetti, Palazzo Serbelloni corso Venezia 16 19 marzo 2004, ore 16.30
Premio di Architettura Città dei Mille 2003 proposte e idee di giovani architetti per un percorso di architettura contemporanea a Bergamo Alta Bergamo, Città Alta - Ex Teatro Sociale via Colleoni 14 febbraio - 7 marzo 2004 Ukiyoe. Il mondo fluttuante Milano, Palazzo Reale piazza Duomo 12 7 febbraio - 30 maggio 2004 Cesare Andreoni, futurista e milanese Milano, Banca Popolare di Milano via San Paolo 12 14 febbraio - 2 maggio 2004 Anton Van Dick. Riflessi Italiani Milano, Palazzo Reale piazza Duomo 12 19 febbraio - 20 giugno 2004 Studios televisivi e cinematografici Como, ex Chiesa di san Pietro in Atrio 4 - 31 marzo 2004 Joan Mirò. Alchimista del segno Como, Villa Olmo 13 marzo - 18 luglio 2004 Gli Este a Ferrara Ferrara, Castello Estense 14 marzo - 13 giugno 2004 Richard Long e Yivia Soma-Masche un incontro Milano, PAC Padiglione d’arte Contemporanea via Palestro 14 17 marzo - 16 maggio 2003 Citytape “ Opere in Opera” Milano, Openspace via Marconi 11 24 marzo - 4 aprile Dagli Sforza al design. Sei secoli di storia del mobile Milano, Castello Sforzesco 26 marzo - 6 giugno 2004
Impatto paesistico dei progetti Corso di aggiornamento promosso dall’Università degli Studi di Pavia, dal Collegio degli Ingegneri e degli Architetti di Milano, dal Politecnico di Milano e dall’Università degli studi di Milano Milano, Urban Center Galleria Vittorio Emanuele 11/12 Tel. 02 70606980 aprile - maggio 2004 Tecnologie innovative e sostenibilità Milano, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, urbanistica e ambiente Aula E. N. Rogers Via Ampere 2 9 marzo 2004, ore 9.30 Il project management nel settore delle costruzioni e immobiliare ANIMP Associazione Nazionale di Impiantistica Industriale, OICE Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica. Politecnico di Milano, I Facoltà di Architettura, Dipartimento BEST, via Ampère, 2 tel. 02 23995124 9-10 marzo/ 25-26 marzo 2004 Master di II livello in “ Design per l’Architettura” Oikos Centro studi dell’abitare Bologna, Università degli Studi, Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale www.dapt.ing.unibo.it inizio corso: 11 marzo 2004 Corso di formazione superiore in “ Nuove professionalità per la qualità dell’edilizia e del paesaggio urbano sostenibile” Oikos Centro studi dell’abitare Bologna, via Capriate 5 tel. 051 270344, www.oikoscentrostudi.com inizio corso: 29 marzo 2004
L’architettura e lo sguardo
La casa popolare 1903-2003
Lo sguardo denigrato. Ruolo dell’osservatore nell’era della rappresentazione digitale Venezia, Cotonificio Veneziano Auditorium Santa Marta I.U.A.V. Dorsoduro 2196 30 - 31 ottobre 2003
100 anni di edilizia residenziale pubblica in Lombardia Triennale di Milano, viale Alemagna 6 12 dicembre 2003 - 24 gennaio 2004 Dalla legge Luzzatti alla nuova politica per la casa della Regione Lombardia Politecnico di Milano piazza Leonardo da Vinci 32 12 - 13 dicembre 2003
Nell’era in cui tutto ciò che gli strumenti della seduttiva virtualità digitale mostrano finisce per sembrare più vero della stessa realtà fisica, può ancora lo sguardo – quello “ addestrato” dell’architetto o quello del più generico ed ingenuo osservatore – costituire una fonte di conoscenza? È a questo interrogativo che hanno cercato di fornire un articolato ventaglio di risposte gli interventi (raccolti nel curatissimo volume edito da Il Poligrafo) succedutisi nel corso delle due giornate del seminario di studi organizzato dall’Ateneo veneziano con la Facoltà di Architettura ed il Dipartimento di Progettazione dell’Architettura. Agostino De Rosa nella sua comunicazione introduttiva sulla Eclisse dello sguardo, attraverso un brillante excursusda Philibert de l’Orme a Buñuel e Tansey, ha insinuato più di un dubbio circa ogni spiccia presunzione di colpevolezza dei nuovi strumenti di rappresentazione. La sfida così lanciata è stata poi raccolta dai numerosi relatori intervenuti, che hanno presentato esperienze maturate in ambiti di studio assai differenti. Alcuni di questi contributi – come ad esempio quelli di Angelo Ambrosi, di Michel Florenzano o di Paolo Belardi – hanno mostrato le potenzialità dei nuovi strumenti e linguaggi digitali, il cui utilizzo avvertito e consapevole permette il rilievo e la rappresentazione di oggetti che, per la notevole estensione o per la particolare complessità morfologica, sarebbero stati difficilmente indagabili con strumenti e mezzi di rappresentazione tradizionali. Nuovi spunti di riflessione ha inoltre suggerito la comunicazione di Malvina Bolgherini, che ha illustrato gli esiti di una ricerca sulle possibili declinazioni dell’idea di museo indotte dai nuovi modi e strumenti della visione. Maria Pompeiana Iarossi
Di fronte a un fabbisogno di alloggi in locazione a canoni accessibili stimato nella sola Lombardia in 60.000 unità, la “ questione delle abitazioni” che appariva agli occhi di molti ormai risolta con la casa in proprietà, torna di stretta attualità e pone nuovi interrogativi in merito all’individuazione dell’utenza, alle modalità di gestione, alla riqualificazione del patrimonio esistente, al reperimento delle risorse, al rapporto con i Comuni. La mostra e il convegno di studi, promossi dalla Regione Lombardia e dalle ALER con la Triennale e il Politecnico di Milano per celebrare il centenario della legge Luzzatti, hanno offerto l’occasione per trarre un primo bilancio di 100 anni di edilizia sovvenzionata in Lombardia e per discutere sul futuro delle nuove politiche per la casa. La legge di riforma costituzionale ha assegnato infatti alle Regioni la competenza esclusiva in materia di edilizia residenziale pubblica. Offrendo ai visitatori un doppio registro di lettura, tematico e cronologico, la mostra consente di ripercorrere negli aspetti progettuali e costruttivi gli studi sulla casa popolare condotti da diverse generazioni di architetti: dagli interventi di inizio secolo (1903/25) con il modello a cortili chiusi ad alta densità e quello estensivo di case piccole e isolate che fanno riferimento ai caratteri stilistici dell’edilizia borghese; al periodo razionalista (1926/45) con edifici in linea, svincolati dal rapporto diretto con la strada secondo i dettami del corretto orientamento e privilegiando le esigenze distributive interne; ai quartieri Ina Casa del dopoguerra (1946/64) che con il motto “costo a vano uguale per tutti, ma case tutte diverse! ” hanno offerto una varietà di soluzioni tipologiche e formali recuperando anche elementi della tradizione costruttiva locale; alle realizzazioni degli anni ‘70 con il “ mito” della grande dimensione, la comparsa di elementi a torre e l’uso di sistemi di prefabbricazione; fino ad arrivare agli interventi degli anni ‘80 e ‘90 di dimensioni più contenute a causa della progressiva perdita di ruolo della residenza. La mostra, che presenta anche materiali originali in parte inediti, sarà ospitata nel corso dell’anno in ciascuna delle provincie lombarde. Graziella Leyla Ciagà
Fotografare il Portogallo
Variazioni su un lotto gotico
Un problema di prospetto
Il Gran Teatro del Mondo. L’anima e il Volto del Settecento Milano, Palazzo Reale 13 novembre 2003 - 12 aprile 2004
Disegnare nelle città. Architettura in Portogallo 2004 Triennale di Milano viale Alemagna 6 20 gennaio - 28 marzo 2004
Piccoli frammenti di città per abitare Casa del Mantenga Mantova, via Acerbi 47 17 gennaio - 1° febbraio 2004
L’architettura portoghese è caratterizzata da una grande attenzione alla scala umana. Investe il contesto e lo trasforma attraverso un disegno attento a tutte le sue potenzialità in rapporto all’uso. Èun’architettura fatta per vivere ed essere vissuta. Il Portogallo negli ultimi trent’anni ha riconfigurato significativamente la sua trama urbanistica che è quindi ben lungi dall’esaurirsi nella semplice polarità Lisbona-Porto, investendo il territorio in un senso più allargato, partecipando così al fenomeno che riguarda l’Europa intera. La mostra documenta le differenti forme di crescita e trasformazione all’interno della città consolidata o nelle sue frange, e sceglie cinque luoghi eterogenei, esemplari diversi sia per importanza, sia per il carattere dei progetti presentati: Lisbona, Porto, Evora, Montemor-o-Velho, Idanhaa-Velha. La portata degli interventi non dipende dalle dimensioni dei luoghi per i quali sono stati concepiti, ma dalla scala del progetto e dalla scala geografica cui si riferiscono. Sono stati scelti progetti significanti, capaci da un lato d’investire un’ampia area geografica e di interagire col contesto modificando lo stato degli elementi e le loro relazioni, dall’altro di creare “ simboli urbani” calibrati alla grande scala senza perdere la gestualità e la delicatezza della scala umana che ne garantisce la vitalità. La capacità dell’architettura di produrre/indurre la trasformazione dei luoghi è documentata dallo sguardo di un artista che interpreta nelle immagini fotografiche la qualità antropologica e sociale del progetto architettonico. Basilico guarda come chi costruisce. La sua fotografia non è quindi estetizzazione del banale ma, nelle parole di Siza “ espressione di una enorme speranza, di comprensione e di tolleranza, di convinzione” restituite sotto forma di serenità.
La mostra, realizzata dal Politecnico di Milano, con la Fondazione dell’Università di Mantova ci stupisce. Presenta 30 progetti che hanno per tema l’abitazione unifamiliare. Gli allievi sono chiamati a formulare una proposta progettuale su di un lotto gotico, chiuso tra due pareti cieche e aperto nei lati minori su una strada urbana e un corso d’acqua. I progetti sono indirizzati alla ricerca del rapporto interno/esterno recuperando gli esiti del tema dell’architettura degli interni, territorio su cui si è svolta l’attività creativa di numerose generazioni di architetti italiani, da Albini a Scarpa, dai BBPR a Pollini, ecc. L’architettura fatta “ da dentro” è percezione dello spazio e qui l’ideare uno spazio che funziona è processo che avviene per sottrazione del vuoto, segnando un percorso antitetico a quello usuale della somma di parti ed elementi formali assemblati. È stato necessario imparare presto a rivedere i parametri usuali delle idee stratificate, della progettualità come arte della somma di elementi che riempie lo spazio di sé, accogliendo il punto di vista di chi ritiene che lo spazio vuoto sia un’armonia delicata in cui muoversi con grazia e da riempire con cautela. L’affaccio su strada viene a volte trattato come vincolo, mai banalizzato, a volte viene evitato accuratamente, più spesso usato come stimolo per dialogare con l’esterno, ma sempre viene analizzato e usato su registri architettonici ponendosi all’interno di un processo coerente. Il giardino sul retro è invece uno spazio verso cui tutti si proiettano con un recupero di intimità e di rapporto con gli elementi della natura e delle stagioni più intimo. Notevole è anche la qualità dell’allestimento, dalla grafica curata dalla padronanza dei segni e delle tecniche espositive. Concludendo, 30 esempi di architettura vera e ben esposta, che di questi tempi non potevano che stupirci.
... e il Duomo toccò il cielo. I disegni per il completamento della facciata e l’invenzione della guglia maggiore tra conformità al gotico e razionalismo matematico (1733-1815) Milano, Museo del Duomo 24 ottobre 2003 - 1° febbraio 2004
Ci sono mostre il cui oggetto è l’opera di un artista (o di più artisti), in forma diretta e immediata. Mostre in cui la responsabilità delle scelte è in qualche modo delegata all’opera, alla sua presenza materiale, e tutto il resto (collegamenti, confronti, suggerimenti, interpretazioni, ecc.) è una presenza tanto necessaria quanto occulta. E ci sono mostre il cui oggetto è un’idea del curatore. Mostre in cui il curatore si assume il compito di regista di una messa in scena in cui l’opera è chiamata in causa all’interno di un montaggio (di autori e temi diversi) a dire qualcosa su un’idea altra, fuori da sé. È il caso di questa mostra, realizzata con impegno e senza risparmio di mezzi, dal Comune di Milano e dal Gruppo Skira, ideata e curata da Flavio Caroli. Ideale prosecuzione de “ L’anima e il volto. Ritratto e fisiognomica da Leonardo a Bacon” , la mostra si divide in tre sezioni (dai titoli originali, “ concepite come tre atti teatrali o tre tempi cinematografici” ), di cui la seconda è divisa in quattro capitoli, ognuna delle quali è una mostra per sé. In particolare il capitolo dedicato alla Fisiognomica merita un’attenzione particolare; a partire dall’incisione di Hogarth, Caratteri e Caricature si indaga sui diversi modi di rappresentare i rapporti tra anima e volto, caratteri somatici e tipologie caratteriali. Dagli studi fisiognomici dell’olandese Petrus Camper alle bellissime tavole delle mascherate alla greca del Petitot, si indagano le differenti maniere di una scienza dell’espressione, che originata dagli studi di Leonardo, probabili abbozzi mimici per gli spettacoli sforzeschi, si affina lungo la prima metà del Settecento. Sarà da qui anche, cosa che la mostra non sottolinea abbastanza, che si svilupperanno, a partire da Quatremère de Quincy, le discussioni in merito al carattere, il tipo e l’espressione nell’ambito specifico dell’architettura. Michele Caja
Maddalena D’Alfonso e João Soares
Andrea Guastalla
La mostra, a cura di Ernesto Brivio e Francesco Repishti, presenta in una sala del Museo del Duomo di Milano i disegni relativi alla plurisecolare vicenda dei progetti per la facciata e per la guglia maggiore della cattedrale milanese, eseguiti fra il XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo. L’esposizione, seguito di quella riferita ai due precedenti secoli tenutasi nel 2002, è accompagnata da un volume edito da Skira, con buone riproduzioni dei disegni conservati nell’archivio della Veneranda Fabbrica e saggi di Alessandro Rovetta, Giuliana Ricci, Giulia Benati e Anna Maria Roda sul tema della facciata e di Carlo Ferrari da Passano, Ernesto Brivio e Giuseppe Stolfi su quello della guglia maggiore. La mostra si suddivide in cinque sezioni: I. La situazione dei lavori e i progetti in corso per la facciata all’inizio del Settecento; II. Il dibattito a metà Settecento che vede coinvolti famosi architetti come Vanvitelli, Vittone, Juvarra, Merlo, Salvi, Croce; III. La ripresa dei lavori promossi da Giuseppe II e Francesco II; IV. Le scelte operate durante la Repubblica Cisalpina e il Regno d’Italia; V. La costruzione della guglia e il relativo dibattito teorico. Oltre ad essere testimonianza della valorizzazione di un archivio, operazione particolarmente utile agli studi storici, la mostra offre l’occasione di osservare direttamente una delle vicende più evidenti di modificazione del monumento. Il Duomo, ed in particolare la sua facciata, costituiscono infatti un perfetto esempio di come ogni architettura, ogni città, siano frutto di una continua sovrapposizione di progetti e come ciò risulti, anche negli stessi disegni esposti, da una successione di problemi architettonici ai cui corrispondono ogni volta un diverso “ sezionamento” del manufatto ed una sua parziale rappresentazione. Ciò che consente di guardare anche al Duomo, come a qualsiasi “ monumento” , con uno sguardo architettonico contemporaneo. Maurizio Carones
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Informazione
Caratteri somatici e tipologie caratteriali
Ottavio Bonomi e Pavia di Vittorio Prina
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Itinerari
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4 Ottavio Bonomi, ingegnere, non appartiene a nessuna scuola architettonica e appare quale illuminato autodidatta che, seppure pienamente inserito nella pratica professionale, la trasforma in una continua occasione di ricerca accogliendo la lezione dei Maestri dell’architettura moderna e proponendo soluzioni mai scontate e sempre innovative dal punto di vista morfologico, tipologico, spaziale e compositivo. L’opera di Bonomi, limitata purtroppo agli anni Cinquanta e Sessanta, è caratterizzata da una adesione alla corrente “ brutalista” che tende a mettere a nudo l’edificio nelle sue parti costruttive e nei suoi materiali con una rispondenza tra funzioni interne, prospetti esterni e “ sincerità” costruttiva tipica dell’epoca, caratterizzata inoltre dall’articolazione compositiva di spazi e volumi, da richiami all’opera di Le Corbusier, dall’uso di calcestruzzo e mattoni a vista e da un’attenzione per le solu-
zioni di dettaglio e per il disegno di particolari costruttivi pari alla mancanza di concessioni al camuffamento e alla ridondanza di finiture. Le soluzioni morfologiche presentano una costante attenzione verso il contesto e la continuità dei percorsi che, negli interventi più complessi, attraversano e ordinano la composizione dei singoli elementi volumetrici determinando portici, percorsi pergolati, piazzette e ricreando la complessità di una porzione urbana, come nell’esempio del complesso residenziale “ Minerva” . Modernità e tradizione sono accolte unendo riferimenti lecorbusieriani a suggestioni di architetture antiche come nei bovindi sospesi del Pio Albergo Pertusati e dell’Istituto Santa Teresa, quasi cellette monacali sovrapposte e anche memoria dei vecchi bagni, superfetazioni addossate alle facciate. Unitamente alla ricerca compositiva
e materica, Bonomi dimostra anche una particolare attenzione per l’inserimento del nuovo nell’antico: ad esempio, nella giunzione perfettamente leggibile tra nuovo edificio e muro antico, nella via retrostante al complesso “ Minerva” e nell’ampliamento del Seminario di Mantova (1957-64), ove due corpi di fabbrica nuovi, inseriti nel tessuto antico a formare una corte interna, sono chiaramente leggibili e distinguibili, attraverso il consueto linguaggio ed uso dei materiali, ma ripropongono ritmi, bucature, quote in continuità con l’esistente, con eccezioni quale la grande vetrata policroma di padre Costantino Ruggeri. Biografia Ottavio Bonomi nasce a Montodine (Cremona) nel 1921. A quindici anni si trasferisce a Pavia dove frequenta il Liceo scientifico. Nel 1941 è chiamato alle armi sino
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al 1943 quando viene deportato in Germania; viene liberato nel 1945 e torna in Italia. Prosegue gli studi presso la Facoltà di Ingegneria Civile al Politecnico di Milano ove si laurea nel 1949. È assessore al Comune di Pavia dal 1956 al 1960. È membro della Commissione Edilizia dal 1954, della Commissione Urbanistica del Comune di Pavia dal 1962, della Fabbriceria della Cattedrale di Pavia dal 1961, Presidente provinciale della ACLI dal 1961 al 1966. È, inoltre, professore di ruolo per Costruzioni e disegno presso l’Istituto Tecnico Statale Bordoni di Pavia e incaricato presso l’Istituto di Disegno dell’Università degli Studi di Pavia. Realizza in Pavia e provincia molte case e ville unifamiliari, edifici residenziali per l’Ina e per cooperative, edifici industriali, scuole, progetti di quartieri oltre alla chiesa e seminario vescovile di Mantova. Muore a Pavia nel 1968.
1. Villa Bonomi, 1953-55 Pavia via Folla di Sotto
2. Edifico industriale Cipelli (ora M erk Sharp and Dohme), 1957-58 (con Gian Franco Testa) Pavia via Emilia
3. Casa M agnani, 1959-60 Pieve Porto Morone via Roma
4. Edificio per Cooperativa “Patrizia”, 1960 Pavia viale Sicilia, via 27ª Brigata Pavia
1. La piccola villa su tre livelli che Bonomi costruisce per la sua famiglia, isolata nel verde, è posta su di un terreno scosceso. Dal giardino superiore una scala esterna, coperta da una pensilina che segue il suo andamento, conduce all’ingresso dell’appartamento al livello più alto, ingresso segnato da un grosso pilastro con trave in vista che prosegue anche all’interno. Un bovindo, con vetrate rimovibili, aggetta sul fronte opposto all’ingresso, verso il verde del Ticinello, prolungando lo spazio del salone con camino. Un appartamento al livello intermedio avrebbe dovuto essere collegato in un secondo tempo al livello superiore con una scala interna. Al livello inferiore un portico, rivolto verso il giardino interno, è attraversato da una parete in grigliato in mattoni a vista con inserti e ripiani in formelle di ceramica colorata. L’edificio mostra in vista la struttura in calcestruzzo armato, con tamponamenti in mattoni a vista o intonaco, e con la consueta raffinatezza nel disegno dei particolari costruttivi.
2. Due edifici, il laboratorio a due livelli e la palazzina uffici a tre piani, sono collegati da una passerella chiusa sospesa; il volume della palazzina è regolare ai livelli superiori mentre appare irregolare in pianta al piano terra con i piccoli volumi accostati, sporgenti dal perimetro strutturale e liberamente disposti sotto i portali della struttura in calcestruzzo armato a vista i cui pilastri sporgono dal perimetro a tutt’altezza. I tamponamenti sono in mattoni a vista con finestre a nastro o completamente vetrati; la copertura, contraddistinta da cuspidi ritmate dal passo dei pilastri è realizzata in calcestruzzo rivestito da lamiera di alluminio. Una lunga rampa di scale con pensilina collega la strada con i laboratori posti su di un dosso. Questi elementi concorrono a determinare un linguaggio affine alla corrente “ brutalista” ; peraltro denotano un raffinato disegno dei particolari costruttivi ed un coerente uso dei materiali. La direzione dei lavori era affidata all’ingegnere Ernesto Aleati.
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3. La piccola casa ci mostra una sapiente scomposizione e ricomposizione di volumi ed elementi. I due volumi principali corrispondono a zona giorno e zona notte poste su livelli differenti e collegate tra loro da elementi di passaggio più bassi corrispondenti a disimpegni e servizi. La “ sensazione di ingresso” è accentuata da un elemento esterno a sé stante di lecorbusieriana memoria; una scala svuotata con pensilina metallica sagomata conduce ad una bussola corrispondente ad un piccolo volume, accostato all’edificio, a pianta romboidale. La complessità compositiva è proseguita da: un balcone stretto e allungato, il cui aggetto appoggia su di un setto verticale; da coperture dall’andamento vario, che costituiscono una coerente forma dello spazio all’interno; da bucature, che rientrano nella geometria della composizione, assieme a superfici che alternano l’uso di cemento a vista, mattoni pieni, mattoni forati e parti intonacate secondo una logica sperimentale dell’uso e accostamento di materiali diversi. Ogni dettaglio è studiato e coerente con il tutto, unitamente alla scelta dei colori delle pareti esterne ed interne.
4. Il blocco residenziale a cinque piani con struttura in calcestruzzo armato a vista, che si uniforma a quanto prescritto dal piano di lottizzazione, è suddiviso in tre parti contigue: una centrale con bucature regolari e tamponamenti in intonaco, mentre le due laterali hanno il filo di facciata arretrato caratterizzato sul prospetto principale da balconi continui; i tamponamenti sono in cemento o in mattoni a vista. L’altezza della testata verso il Naviglio è maggiore in ragione di un piano sottotetto. Il tetto è caratterizzato da gronde molto aggettanti. Il fronte secondario è maggiormente concitato e alterna l’elemento verticale dei vani scala a parti piene ed episodi loggiati.
5. Edificio residenziale per Cooperativa “Spes”, 1960 Pavia quartiere Città Giardino
6. Edifici residenziali Gescal, 1961 Copiano
7. Asilo, 1961 Cava Manara
8. Scuola “M aestri”, 1962 Pavia via Lovati
6. La composizione planimetrica appare scontata mentre il linguaggio, anche se in tono minore, presenta soluzioni di dettaglio mai scontate. I blocchi residenziali sono accostati e composti a formare una corte interna aperta. Ogni blocco è costituito dall’accostamento di due volumi uniti dallo stretto e arretrato volume vetrato dei vani scala. La consueta trama strutturale in calcestruzzo armato a vista è tamponata da mattoni faccia a vista. I fronti esterni maggiormente lineari presentano al centro di ogni volume episodi con balconi sovrapposti e loggette centrali. I fronti interni sono maggiormente concitati con l’alternarsi di balconi con ringhiere metalliche a balconi minori con parapetti costituiti da piastre frontali in cemento.
7. Il basso padiglione a pianta quadrata con perimetro irregolare è caratterizzato dal coronamento, costituito da una alta fascia continua orizzontale molto aggettante, e dai pilastri a lama rastremata verso il basso che sporgono dal filo di facciata. Le bucature principali sono comprese tra i citati pilastri; i prospetti in intonaco presentano parti loggiate.
8. Il complesso, ad un piano, realizzato in mattoni faccia a vista, è composto dall’accostamento di volumi irregolari, quasi dei padiglioni accostati nello spazio aperto, che determinano una corte interna aperta in forma di “ C” . La multiforme varietà adottata nell’andamento dei tetti propone falde inclinate sfalsate sulla linea di colmo ad accogliere nastri vetrati che illuminano zenitalmente gli spazi interni, abbaini a scala gigante che diventano frontoni vetrati, tetti piani per i bassi volumi dei servizi, con finestre a nastro superiore, addossati ai volumi retrostanti delle aule. Il concitato linguaggio che determina complessità spaziali e volumetriche appare controllato e risolto dal punto di vista compositivo.
Itinerari
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5. L’edificio, costituito da un grande volume unitario a sette piani in mattoni faccia a vista e marcapiani continui in cemento, appare simile ad un grande vascello ed ha una pianta romboidale simmetrica, similmente a molti edifici di Gio Ponti. Due vertici che costituiscono le testate opposte sono composte da logge sovrapposte a pianta romboidale con solai a vista incastrati nel volume principale; gli altri due vertici opposti, al centro dei prospetti principali, sono costituiti da logge minori sovrapposte e mostrano anch’esse spessi solai a vista. Un cornicione aggettante che si rastrema verso le testate corona l’edificio.
9. Istituto Religioso per i Salesiani S. Teresa (ora pensionato universitario S. G. Bosco), 1962-65 Pavia via S. G. Bosco
10. Villa Baglioni, 1963-64 Salice Terme via privata Piave
11. Nuova sede del Pio Albergo Pertusati, 1966-68 Pavia viale Matteotti
12. Complesso residenziale “M inerva”, 1966-68 Pavia viale della Libertà
9. Un unico edificio ospita un complesso insieme di funzioni a servizio del quartiere: un centro giovanile con sale e servizi per gli spazi all’aperto, un circolo lavoratori con sala di riunione e bar, una comunità di studenti con camere, sale riunioni, biblioteca e refettorio, una comunità di sacerdoti con celle abitative e locali di servizio. Un unico ingresso distribuisce a tre vani scala che servono piani diversi. Al piano terra si trovano i portici aperti verso i campi da gioco e le sale di ricreazione; al primo piano le aule; al secondo piano i refettori e le camere dei religiosi; al terzo piano gli alloggi per gli studenti. Di particolare interesse sono le cellule abitative binate che si articolano in ingresso, camera, bagno e terrazzino e che determinano in prospetto un ritmo alternato di pieni – i bagni costituiti da bassi bovindi aggettanti – e dei vuoti delle loggette. Il volume unitario dell’edificio è scomposto negli elementi principali che lo costituiscono: struttura in calcestruzzo a vista, pareti di tamponamento in mattoni a vista, copertura che si svuota in forma di pensilina in testata. La corrispondenza degli spazi interni è perfettamente leggibile in facciata con le ampie vetrate dei locali comuni, i citati bovindi alternati alle logge della serie di stanze, la distribuzione lungo l’asse centrale, i vani scala con i prospetti leggermente arretrati che emergono dalla copertura con una sorta di grande abbaino, unitamente a singoli episodi irregolari quali volumi aggettanti, setti murari e bucature compositivamente equilibrate. O. Bonomi, G. P. Calvi, Centro di assistenza giovanile salesiana a Pavia, “ Costruire” n. 37, novembre-dicembre 1966.
10. La villa presenta la consueta abilità compositiva di Bonomi nell’accostare spazio interno e prospetti caratterizzati da parti in cemento a vista e in pietra con bucature irregolari; il volume è chiuso da una copertura a falde con grande tettoia inclinata sul fronte principale a determinare un alto portico retto da esili montanti metallici accoppiati e inclinati. A lato domina il volume esterno del camino realizzato in pietra a vista del vicino torrente Staffora. La stessa pietra è lasciata in vista anche in alcune pareti interne. Lo spazio interno è articolato su tre livelli: il salone, con finestre ad altezza d’occhio che inquadrano il paesaggio, sul quale affacciano la zona pranzo leggermente rialzata ed il ballatoio di distribuzione della zona notte all’ultimo livello.
11. Il volume, che si pone in continuità con gli edifici limitrofi, presenta i due prospetti principali – esterno ed interno – ritmati da piccoli bovindi aggettanti, sospesi su di una grossa trave a vista e dotati di piccole finestrelle, corrispondenti ai servizi delle camere interne assomiglianti alle cellette di un monastero e tra di loro separate da loggette arretrate. Un volume arretrato, basso e con portale d’ingresso carraio, corrisponde all’elemento di mediazione e collegamento con l’edificio adiacente. L’uso dei materiali, con affinità alla corrente “ brutalista” , tipico dell’opera di Bonomi, prevede l’alternanza dell’uso di calcestruzzo e mattoni a vista sapientemente composti con la trama strutturale anch’essa in vista.
12. Il complesso residenziale si pone a delimitare il centro storico verso il viale di circonvallazione esterno, completando la cortina di alti edifici prospicienti il viale stesso, ed è composto da quattro edifici a tre e cinque piani. L’articolazione dei corpi edilizi determina la creazione di spazi comuni a verde e di un percorso pedonale coperto che collega viale Libertà con via Bernardino da Feltre. I prospetti sono modulati secondo un reticolo ortogonale che ordina anche le piante, ed evidenziati dalla struttura a vista. Il corpo parallelo al viale mostra un fronte scandito dalle linee orizzontali delle logge continue – a tratti chiuse con bovindi e ritmate da esili montanti verticali metallici – con portico a negozi composto da una ossatura strutturale a vista e con soffitto sfaccettato. Il volume perpendicolare al viale mostra la testata che aggetta dal piano terra ed è coronata da una profonda loggia determinata dalla grande copertura sagomata. Un episodio minore lega lateralmente il complesso dell’edificio adiacente mentre tra i due volumi principali un taglio verticale a tutt’altezza corrisponde all’ingresso all’interno dell’isolato, costituito dal complesso percorso che al piano terra è segnato dalla continuità, a prosecuzione del portico, di una pergola con ossatura in cemento e copertura a tratti con lucernai, con travi diagonali o con soffitti bucati. L’isolato verso il centro storico è costituito da un edificio basso parallelo alla via che aggetta superiormente all’antico muro in mattoni a vista conservato come elemento autonomo e leggibile. Il linguaggio, risolto con l’uso di calcestruzzo e tratti di muratura in mattoni a vista, determinato da alternanze di pieni e di vuoti, di chiusure e trasparenze, di linee, punti di vista e scorci diagonali, appare complesso ma perfettamente controllato.
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A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno 2000 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio 1390 1387,59 1393,87 1430 1430,28 1435,31 1460 1462,93 1467,96 1500 1501,86 1504,37
Marzo
Aprile
Maggio Giugno Luglio 1400 1410 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1440 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1480 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1510 1511,91 1513,16 1514,42 1518,19
1397,63 1436,56 1470 1471,72 1509,4
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2000
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2001 2002
Indici e tassi
2003
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio 480 480,23 482,40 483,70 484,14 485,44 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 520 519,78 520,64 522,38 523,25 523,69
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 1420 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1450 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1490 1484,28 1486,79 1490,56 1494,33 1495,58 1520 1520,7 1524,46 1525,72 1529,49 1529,48
novembre 1978: base 100 Giugno
dicembre 1978:100,72
Luglio
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 490 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 512,39 512,82 513,69 514,56 515,86 517,17 517,6 524,12 525,43 526,29 527,6
528,03 529,34 529,34
3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)
anno 1995: base 100
Anno
Gennaio Febbraio
Giugno
2001 2002 2003
109,30 109,69 109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 111,80 112,18 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91 114,2 114,29 114,77 114,97 115,35 115,54 115,64 115,73 116,02 116,21 116,50 116,60 116,89 116,89
Marzo
Aprile
Maggio
Luglio
giugno 1996: 104,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
dicembre 2000: 113,4
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
100,44 100,79 100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 102,73 103,08 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67 104,93 105,02 105,46 105,64 105,99 106,17 106,26 106,34 106,61 106,79 107,05 107,14 107,40 107,40
4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
gennaio 1999: 108,2
Anno
Gennaio Febbraio
2001 2002 2003
105,26 105,63 105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 107,67 108,04 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7 109,98 110,07 110,53 110,72 111,09 111,27 111,36 111,46 111,73 111,92 112,19 112,29 112,56 112,56
5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
anno 2001: base 100
gennaio 2001: 110,5
2001 2002 2003 103,07 105,42 108,23
6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
Luglio
anno 1999: base 100
anno 1995: base 100
1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08
7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51
novembre 1995: 110,6
1999 2000 2001 2002 2003 111,52 113,89 117,39 120,07 123,27 anno 1997: base 100
febbraio 1997: 105,2
2001 2002 2003 108,65 111,12 113,87
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.
Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.
della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U.
3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%
8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003
Con riferimento all'art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “ Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.
Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003
3,35% +7 2,85% +7
Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) 10,35% 9,85%
dal 1.7.2003 al 31.12.2003
2,10% +7
9,10%
Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11)
dal 1.1.2004 al 30.6.2004 Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.
2,02% +7
9,02%
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).
Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.