BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI LOMBARDI
Direttore Responsabile Paolo Ventura Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori www.consultalombardia.archiworld.it Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali Martina Landsberger Daniela Villa Direzione e Redazione via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 redazione@consulta-al.it Progetto grafico 46xy studio, Milano Impaginazione Veronica Tagliabue, Action Group srl Service editoriale Action Group srl Concessionaria per la pubblicità Action Group srl via Londonio 22 - 20154 Milano tel. 0234538338 - 0234533086 fax 0234937691 www.actiongroupeditore.com info@actiongroupeditore.com Coordinamento pubblicità Riccardo Fiorina rfiorina@actiongroupeditore.com Pubblicità Romina Brandone Alessandro Fogazzi Filippo Giambelli Cinzia Riganti Marco Salerno Federica Vallotto Stampa Arti Grafiche G.Vertemati Srl via Bergamo 2 20059 Vimercate (MB) Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 30.006 copie In base alla documentazione postale del numero di marzo 2010 sono state postalizzate 28.968 copie in Italia In copertina: Un intervento di ingegneria naturalistica nel Parco Nazionale del Vesuvio. Archivio fotografico dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio (foto di Gino Di Maggio) Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC né la Redazione di AL Chiuso in Redazione: 2 aprile 2012 Il tema del numero 487 è stato curato da Angelo Monti
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DIFENDERE IL TERRITORIO 4 DALLE CRITICITÀ A NUOVI PAESAGGI di Angelo Monti 7 DIFESA DEL SUOLO: DOMANDE SULLA “RELAZIONE PAESAGGISTICA” di Guido Ferrara 9 LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROGETTAZIONE DELLE OPERE DI DIFESA DEL SUOLO di Adriana May 11 LE OPERE DI DIFESA DEL SUOLO di Carlo Ravagnati 12 GEOLOGI, INGEGNERI E GEOMETRI A CONFRONTO a cura di Carlo Ravagnati 15 LE VOCI DEGLI ORDINI: BERGAMO, COMO, CREMONA, LODI, MONZA E BRIANZA, MILANO, VARESE, PAVIA
PROGETTI 22 UN PROGETTO NATO DAL FIUME Groupe Superpositions, Rinaturalizzazione del corso d’acqua dell’Aire, comuni di Bernex, Confignon, Onex, Perly-Certoux e Soral, Svizzera 28 UNA STRADA CON 5 SOSTE AD ALTA QUOTA Werner Tscholl, Riqualificazione della strada alpina del Passo del Rombo, Moso in Passiria, Bolzano
PROFESSIONE 34 LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA “FUORI SAGOMA”: UN DISASTRO ANNUNCIATO di Walter Fumagalli 35 IL SUOLO COME BENE COMUNE I PARTE IL PROGETTO SOIL di Manuela Oglialoro 36 NEWS 38 RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA DELL’EX CASERMA MOIOLI A PRESEZZO I ALTRI CONCORSI di Roberto Gamba
OMNIBUS 42 EISENMAN SU ROSSI E BERLINO I IDEA DI UN ARCHITETTO DANESE di Martina Landsberger 44 ALI NUOVE AL MUSEO DI ISABELLA STEWART GARDNER di Irina Casali I ERRATA CORRIGE 46 NEWS 49 NIL28 CREATIVE DISTRICT di I.C. 49 CAMBIAMENTO SPIRITUALE ED ECOLOGICO di M.O.
DAGLI ORDINI 50 BREVI DAGLI ORDINI 51 LETTERE
DIFENDERE IL TERRITORIO
Un tavolo tecnico transdisciplinare fra rappresentanti delle professioni e Regione Lombardia per la redazione delle linee di indirizzo per la progettazione delle opere di difesa del suolo
DALLE CRITICITÀ A NUOVI PAESAGGI ANGELO MONTI
Emergenza, rischio, calamità, sono parole ricorrenti nei commenti e nelle denunce sullo stato di salvaguardia ambientale del nostro Paese. Del resto, che l’emergenza suolo sia ricorrente per il territorio italiano è nelle risultanze dei monitoraggi conoscitivi, ma ancor più nell’incredulo sgomento di fronte alle drammatiche immagini di frane ed esondazioni che devastano non solo contesti marginali, segnati da degrado e abbandono, ma aree del presunto tessuto avanzato e produttivo del Paese. Questa vulnerabilità ha imposto, e tuttora impone, straordinari e ingenti programmi di urgenza ex-post e politiche resilienti per gli eventi emergenziali, ma nel tempo ha fatto maturare la consapevolezza che solo una disciplina di prevenzione e programmazione può efficacemente sostenere e affrontare una seria difesa del suolo. È proprio con la convinzione della necessità di progetto contro l’infondata ineluttabilità degli eventi, che intendiamo aprire sulle pagine di “AL” una riflessione libera su un tema che ci coinvolge come architetti in modo molto più stringente di quanto, forse, noi stessi abbiamo fino ad oggi considerato. Per questo nostro primo contributo siamo partiti dall’efficace pre-testo del lavoro svolto dalle professioni al tavolo tecnico con la Regione Lombardia e che ha condotto alla convergenza sulle linee di indirizzo regionale per la progettazione delle opere di difesa del suolo. Questa azione, ben sintetizzata dai contributi di Adriana May - dirigente responsabile - e di Carlo Ravagnati - membro della Commissione “Difesa del suolo” della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC - non ha solo il merito di aver raccolto attorno ad un tavolo l’ente pubblico e le professioni tecniche per condividere procedure fondate sulla centralità del progetto, ma di aver richiamato, sia pure indirettamente, la sinergia con la coerenza paesistica che deve sovrintendere le opere di difesa. Su questo principio riteniamo che la nostra cultura disciplinare e professionale può, aggiungerei deve, assumere un ruolo di indirizzo e impulso. È necessario che il tema della difesa del suolo e dei rischi idrogeologici si misuri, in termini di impatto antropico, con la qualità e la sostenibilità delle trasformazioni urbanistiche, nell’interesse collettivo di tutela e prevenzione fisica del territorio. È dalla condizione di un paesaggio inteso come risorsa sociale e, dunque, economica nel senso più ampio, da cui bisogna partire per individuare, se possibile, la non facile “quadratura” tra svi4
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luppo, conservazione, e sicurezza. Non ci sono ricette immediate, ma alcuni indirizzi, mi sembra, ineludibili. Innanzitutto le politiche di governo del territorio devono saper individuare coerenti progetti pianificatori, ma soprattutto efficaci gestioni che impongano, nei fatti, la salvaguardia degli ambiti sensibili. Solo in un quadro coordinato tra progetto e sua applicazione si possono, davvero, determinare effetti sinergici con la prevenzione del rischio. È un processo che presuppone anche una seria attenzione alla frammentazione dell’apparato normo-legislativo. L’assenza di quadri unitari di procedure e di regole, a volte ulteriormente declinate dal decentramento amministrativo, si
Gabriele Basilico / AESSRegione Lombardia, Tomba Morta, Genivolta (Cr), 1997. Nella pagina a fianco: G. Basilico / AESS-Regione Lombardia, Bedizzole (Bs), 1998. Nelle pagine precedenti: G. Basilico / AESS-Regione Lombardia, Tomba Morta, Genivolta (Cr), 1997.
La difesa del suolo è difesa del paesaggio: un’azione complessa affidata alle scelte pianificatorie, alla sensibilità del cittadino, della cultura architettonica e urbanistica, ma soprattutto alla qualità del progetto e alle necessarie risorse economiche
rivela più vincolo formale che ricerca di qualità, spesso condizionata anche da intrecci di competenze, incertezze interpretative, sovrapposizioni che, peraltro, nulla hanno a che fare con il legittimo riconoscimento delle specificità territoriali. In questa ottica non potevamo non sottolineare la necessità di un lavoro interdisciplinare di aggregazione delle precise competenze specialistiche che è testimoniato, nelle pagine di questo numero, dai contributi dei diversi esponenti delle discipline coinvolte. La difesa del suolo è difesa del paesaggio e costituisce un’azione complessa affidata, prima ancora che agli organi di tutela, alle scelte pianificatorie, alla crescita della sensibilità del cittadino,
della cultura architettonica e urbanistica, ma soprattutto alla qualità del progetto e alle necessarie risorse economiche. Un’azione fondata sui principî di appropriatezza e giusta misura senza, per questo, rinunciare alla sensibilità espressiva e linguistica del tempo. È a questo quadro che ci riporta il contrappunto di Guido Ferrara e la sua conclusiva “provocazione” sull’essenza del problema. Dobbiamo, davvero, costruire nel progetto e nella gestione delle opere di manutenzione del territorio quelle condizioni politiche e culturali perché chi ne abbia responsabilità assuma sempre l’occhio e il ruolo di paesaggista. E, detto per inciso, propendo anch’io per non crederlo un proposito utopico.
GLI AUTORI DEGLI INTERVENTI !"#$%&'(&")* Architetto, affianca alla attività professionale l’impegno didattico presso la Facoltà di Architettura di Parma. Da alcuni anni è visiting lecturer presso la sessione italiana del corso di progettazione della University of Southern California. Si occupa di attività istituzionale nell’ambito del sistema ordinistico professionale, all’interno del quale è attualmente Presidente della Provincia di Como e Vice Presidente della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC. #+*,&'-$..!.!' Architetto, libero docente in Urbanistica nel 1970, ordinario di Architettura del paesaggio all’Università di Firenze, fa parte dello Studio Ferrara Associati. Corrispondente dell’Accademia dei Georgofili e ordinario dell’International Association for Environmental Design e del Centro Studi di Estimo e di Economia Territoriale. È esperto in materia di pianificazione territoriale ed è stato presidente dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio. Dal 2006 è direttore scientifico della rivista “Architettura del Paesaggio”. !,.*!"!'(!/' Laureata in Scienze geologiche, come libera professionista si è occupata di pianificazione territoriale, paesistica e di studi ambientali, in un contesto fortemente interdisciplinare. In Regione Lombardia, si occupa di semplificazione, Sportello Unico per le Imprese, di gestione delle risorse idriche e di difesa del suolo. 0!.%&'.!1!#"!)*' Architetto e dottore di ricerca, è Ricercatore in Composizione architettonica e urbana presso il Dipartimento Interateneo Scienze, Progetto e Politiche del Territorio del Politecnico e dell’Università di Torino dove insegna Progettazione architettonica nel Corso di Laurea in Architettura.
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-.!"0$20&'3$44!#"&' Ingegnere civile idraulico, svolge attività professionale dai primi anni settanta nell’ambito specialistico delle infrastrutture idrauliche. È cultore della materia nel raggruppamento corsuale di costruzioni idrauliche (ICAR 2), presso la Facoltà di ingegneria dell’Università degli studi di Brescia. 0!.%&'0!%$--*' Ha conseguito la laurea in Scienze Geologiche presso l’Università degli studi di Parma. Esercita la libera professione nel campo della Geologia applicata. Ha collaborato con Sergio Tagliavini in ambito professionale e universitario e tuttora continua a collaborare con il Dipartimento di Ingegneria Civile di Parma. È rappresentante per la Provincia di Mantova dell’Ordine dei Geologi della Lombardia.
LE FOTO DI QUESTA SEZIONE !$225.$#*&"$'%&(6!.,*! Le fotografie che illustrano questo numero di AL ci sono state gentilmente fornite da Regione Lombardia e costituiscono l’archivio del progetto Osserva.Te.R. per la comprensione del territorio e del paesaggio agrario. Regione Lombardia - Direzione Generale Agricoltura - e URBIM hanno avviato, all’inizio del 2000, il progetto Osserva.Te.R con l’obiettivo di documentarne l’evoluzione tramite analisi scientifiche e campagne fotografiche svolte dai maggiori fotografi italiani.
DIFESA DEL SUOLO: DOMANDE SULLA “RELAZIONE PAESAGGISTICA” GUIDO FERRARA
Il DPCM 12.12.2005 ha istituito la Relazione Paesaggistica ai sensi dell’Art. 146 comma 3 del Codice Urbani. Perchè “l’Amministrazione competente” ha bisogno di essere istruita sul paesaggio da un’apposita pratica conoscitiva? È semplice: l’Amministrazione è sì competente nell’esercitare un potere, ma deve essere aiutata sul problema su cui deve decidere, soprattutto a seguito della L. 431/85 che ha spalmato di vincoli paesaggistici una quantità impressionante di territori per modificare i quali occorre un “nulla osta” ogni volta che si propongano opere di difesa del suolo e di manutenzione del territorio. Va notato che si tratta di vincoli motivati da uno stato dei luoghi (boschi, fiumi, altimetria, usi civici, ecc.) che possono avere ricadute sul paesaggio, ma che in realtà non dicono nulla sul suo valore intrinseco, vulnerabilità, o potenzialità d’uso futuro. Andando a verificare il contesto, si potrebbe scoprire che le parti prive di controlli sono più sensibili di altre, ma attualmente il legislatore non lo sa, e ancor meno “l’Autorità competente”, che ha già il
suo daffare a dire sì o no ai milioni di interventi che il territorio “protetto” propone giorno dopo giorno e che quindi ha necessità di appoggiarsi a qualche documentazione. L’ipotesi è che il paesaggio, in tutto questo, c’entri poco. Proprio perché la lettura, il rilievo, la diagnosi che una Relazione Paesaggistica è tenuta a compiere non nasce dallo stato dei luoghi, inteso come sistema integrato e complesso composto dinamicamente da elementi naturali e culturali, ma è riferita alle finalità dell’intervento e dalle sue implicazioni, ovvero interventi motivati e necessari. È quindi una procedura da cui il paesaggio vero può restare relativamente nell’ombra: nel tempo, finirà per essere la somma di tante esigenze, restando sempre privo di un disegno organico. Di fatto restano aperti alcuni quesiti: i[ bW H[bWp_ed[ dWiY[ ZW kd _dj[hl[dje i[jjeh_Wle, come può garantire la rispondenza di questo ai fattori di sistema del paesaggio che la Relazione stessa non può ricostruire nella sua struttura globale?
Che i progettisti delle opere di difesa del suolo e di manutenzione del territorio assumano responsabilmente il ruolo di paesaggisti non è un’utopia Francesco Radino / AESSRegione Lombardia, Chiavica Vallazza (Mn), 1999-2000. Nella pagina a fianco, dall’alto: G. Basilico / AESS-Regione Lombardia, Marmirolo (Mn), 1997-98; F. Radino / AESS-Regione Lombardia, Gorle (Bg), 1999-2000; F. Radino / AESS-Regione Lombardia, Piadena (Cr), 1999-2000.
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ell[he" i[ _b j[hh_jeh_e Yedi_Z[hWje ded feii_[Z[ W monte un’analisi specialistica d’area vasta riguardante valore intrinseco, vulnerabilità e potenzialità del paesaggio, come può la Relazione supplirvi? i[ bW H[bWp_ed[ ded kd fhe][jje fW[iW]]_ij_Ye" ma accompagna e spiega le buone ragioni del progetto, come fa a garantire la rispondenza delle innovazioni rispetto al contesto? i[ _b Çf_Wde Z_ fW[iW]]_eÈ Z_ \Wjje ded [i_ij[" elvero non è stata operata la scelta degli obiettivi di qualità da perseguire, come fanno le Relazioni a introdurli, costrette come sono ad operare ognuna per conto proprio, opera di difesa per opera di difesa? Per maggior precisione vale la pena di citare qualche passaggio di una mozione che l’AIAPP e la FEDAP predisposero 13 anni fa per la Prima Conferenza Nazionale sul Paesaggio (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma, 14 - 16 ottobre 1999):
ma degli spazi aperti entro cui, ove esistenti, i fattori insediativi antropici costituiscono il disegno, l’equipaggiamento e l’arredo. Osservando che esso può essere definito e descritto in molti modi, in quanto non è un oggetto, non è chiuso nello spazio e non è statico nel tempo, mentre al tempo stesso è un archivio vivente di natura e cultura, un palinsesto storicizzato, un mosaico polimaterico e policentrico. Ritenendo che il paesaggio è da sottoporre anche in Italia a censimento ed inventario in modo che sia identificabile e misurabile in termini di valore, e come tale reso evidente ai diversi operatori, tenendo soprattutto conto delle seguenti caratteristiche che interagiscono fra loro: ecologico-ambientali e/o naturalistiche; storico-insediative e/o architettoniche; visuali-percettive e/o dell’aspetto sensibile. Considerando che ognuna di queste caratteristi-
“Convinti che il paesaggio va considerato come un sistema vivente in continua evoluzione che alle diverse scale: ^W kdW \ehcW Ói_YW [ kdÊeh]Wd_ppWp_ed[ ifWp_Wb[ specifica (struttura); feii_[Z[ kdW Z_dWc_YW _dj[hdW ZelkjW Wb cel_mento e al flusso di energia tramite acqua, vento, piante e animali (funzionamento); ie]][jje WZ [lebkp_ed[ d[b j[cfe _d \kdp_ed[ della dinamica o dell’alterazione nella struttura e nel funzionamento (cambiamento). Riconoscendo quindi che il paesaggio per sua natura vive e si trasforma, pur essendo fondato su elementi che permettono la distinzione di tipi e di forme relativamente esclusive dipendenti dai diversi siti e dalla loro storia naturale e antropica. Riconoscendo altresì che il paesaggio di una regione data è fondamentalmente costituito dal siste-
che può essere studiata da discipline diverse che dovranno opportunamente collezionarle, analizzarle e censirle tramite opportune schedature e cartografazioni. Si richiede in primo luogo che la conservazione del paesaggio venga direttamente legata all’apprezzamento della sua peculiare capacità dinamica interna e che, di conseguenza, gli interventi di controllo delle trasformazioni non possano ritenersi esauriti dalle azioni di impedimento o di minimazione delle trasformazioni stesse …” Si è trattato di parole al vento e purtroppo, con buona pace della Convenzione Europea del Paesaggio, ancora una volta la burocrazia non ci salverà, a meno che i progettisti delle opere di difesa del suolo e di manutenzione del territorio non assumano responsabilmente il ruolo di paesaggisti, il che – probabilmente – non è affatto un’utopia.
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LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROGETTAZIONE DELLE OPERE DI DIFESA DEL SUOLO ADRIANA MAY
In Lombardia il tema della difesa da rischio idrogeologico viene affrontato in modo organico nel contesto del governo del territorio: il tema è quello dello sviluppo sostenibile; il contesto territoriale è caratterizzato da un’elevata fragilità naturale, determinata da fattori geologici, dalla ricchezza d’acqua e da uno sviluppo urbano e produttivo intenso. Un obiettivo del Piano Territoriale Regionale è
è cambiato: là dove operavano pochi soggetti specializzati oggi opera una pluralità di attori con competenze diversificate. Come ogni modello, la soluzione scelta ha le sue criticità e i suoi punti di forza. La materia è complessa: sotto il profilo tecnico e amministrativo richiede competenze adeguate difficili da acquisire per chi si occupa anche di altre materie; inoltre, se operano molti attori diversi occorre
favorire il miglioramento dell’equilibrio idrogeologico in quanto fattore della qualità della vita e di attrazione del territorio, nella misura in cui garantisce sicurezza per i cittadini e tutela le infrastrutture e i beni. Le politiche regionali si declinano in due filoni di azione: nella realizzazione e manutenzione di opere strutturali; in azioni preventive per garantire che insediamenti e infrastrutture siano pianificati e realizzati compatibilmente con le condizioni del territorio e non incidano sull’equilibrio idrogeologico. Quando è iniziato il processo di revisione federalista delle competenze in materia di difesa del suolo, Regione Lombardia ha scelto di coinvolgere enti locali, consorzi e altri soggetti pubblici nella programmazione e realizzazione delle opere; di conseguenza, il panorama istituzionale
che informazioni ed esperienze possano diventare patrimonio comune. Sul fronte dei vantaggi, se chi realizza le opere ha anche altri compiti, è più facile trovare opportunità di sinergie con altre politiche; inoltre, ci accorgiamo che nella regione sono nate esperienze di collaborazione fra amministrazioni, professionisti, università, imprese, che il tasso di innovazione è più alto e che si è sviluppato un patrimonio importante di competenze e capacità. Oggi il compito di chi lavora in Regione non è più quello di realizzare direttamente opere e progetti, ma di creare le condizioni perché i differenti soggetti possano svolgere il proprio compito con efficienza trovando opportunità di sinergia per il raggiungimento di obiettivi di qualità territoriale e di sicurezza condivisi. Fra i diversi strumenti posti in atto, questo del-
Francesco Radino / AESSRegione Lombardia, Forcella, Fontanella (Bg), 1999-2000. Nella pag. a fianco: Maurizio Bottini / AESSRegione Lombardia, Fiume Mincio, canale Virgilio (Mn), 1999-2000.
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In Regione, un tavolo tecnico interdisciplinare, costruisce uno strumento utile per coloro che si assumono la responsabilità di realizzare opere di difesa del suolo
le linee d’indirizzo per la progettazione è particolarmente significativo; l’esperienza maturata ha permesso di valutare appieno l’importanza che la qualità della progettazione riveste ai fini dell’efficacia delle opere e della loro sostenibilità economica e territoriale. Investire su ciò significa, da un lato, valorizzare le esperienze di buone pratiche, e anche di eccellenza, e, dall’altro, mettere a disposizione di chi lavora in questo settore uno strumento efficace. Il metodo di lavoro è stato caratterizzato dal coinvolgimento e dall’interdisciplinarità. Dalla Regione, nella persona dell’assessore al territorio Daniele Belotti, è partita la proposta di avviare un lavoro comune, raccolta dai rappresentanti degli ordini professionali di area tecnica; si è deciso di ratificare un accordo di collaborazione utilizzando lo strumento agile del protocollo d’Intesa, dando vita a un tavolo tecnico con la più ampia rappresentanza disciplinare. Per venire al ruolo e ai contenuti delle linee di indirizzo, è bene sottolineare che non si tratta di un manuale; l’obiettivo non è sostituire l’esperienza e la competenza che il singolo professionista ha e deve avere per affrontare i problemi la cui soluzione incide sulla sicurezza delle persone; è piuttosto quello di costituire un punto di riferimento metodologico, uno strumento offerto a chi, sia operando nella P.A. che come professionista, assume la responsabilità di realizzare opere di difesa del suolo. Il documento affronta quattro diverse tipologie: le opere idrauliche, le opere di difesa dalle frane, le opere di difesa dal rischio valanghivo e quelle che affrontano il rischio da caduta massi. I punti più rilevanti: bÊ_cfehjWdpW Z[bbW \Wi[ _d_p_Wb[ ZÊ_cfeijWp_ed[ della soluzione progettuale. In questa materia il punto di partenza non è l’idea del progettista ma la corretta identificazione del problema e dei fattori che lo condizionano, che consente di scegliere correttamente le opere da realizzare e le loro caratteristiche; _b Yehh[jje _di[h_c[dje Z[bbÊef[hW d[b ike Yedj[sto, sia con riferimento alla tipologia del bacino interessato sia in relazione a componenti diverse che possono incidere sulle scelte progettuali, come l’accessibilità, le interferenze con infrastrutture ed edifici limitrofi, aspetti di inserimento paesaggistico e ambientale, necessità di manutenzione nel tempo; iede ijWj_ _djheZejj_ [b[c[dj_ Z_ i[cfb_ÓYWp_ed[ procedurale e, in particolare, la possibilità, per le opere di moderata complessità, di accorpare le fasi di progettazione preliminare e definitiva. 10
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NUOVE FRONTIERE DELLA RICERCA: LE OPERE DI DIFESA DEL SUOLO CARLO RAVAGNATI
“Opere di difesa del suolo” sono tutte quelle azioni necessarie a mitigare i rischi ambientali, a difendere i territori antropici dall’azione delle acque e da quella dei moti franosi. Si tratta di un settore della progettazione il cui principale obiettivo è la modellazione della crosta terrestre. In questo ambito il geologo e l’architetto riprendono un antico dialogo. Il legame si stabilisce proprio nel momento in cui l’architetto comprende il senso dell’architettura del suolo, intravede nel “modello geologico di riferimento” la presenza di un’architettura, proprio mentre, parallelamente, il geologo ricorre all’architettura per spiegare le forme terrestri. Ciò ripete quel che accadde alle soglie del progetto moderno, quando una montagna fu oggetto di un rilievo architettonico, Le Massif du Mont Blanc di Viollet-le-Duc, o il fiume fu descritto come un’Architettura d’acque nel trattato di Barattieri. La corrispondenza tra un elemento geografico e un’architettura è possibile perché riflette il meccanismo archetipico all’origine dell’architettura. Se guardiamo gli archetipi nel loro modellarsi sulla natura, vediamo come essi siano didascalicamente legati alle forme della Terra: il faro e lo scoglio davanti al mare, il muro e le ripe erose dal fiume, il recinto e l’isola, la piramide e la montagna, il teatro e il golfo... Da una parte essi vogliono essere un oggetto originario; dall’altra sono una rappresentazione che trova le proprie origini nella trasformazione in architettura delle forme della Terra. Occuparsi delle opere di difesa del suolo da architetti significa lavorare sui temi originari del progetto di architettura, significa guardare la Terra, parafrasando Alunno, come La fabbrica del mondo. Con questo spirito la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC ha costituito una Commissione che ha visto la partecipazione di colleghi dei diversi Ordini provinciali per attivare un dibattito interno nel quale sviluppare alcune riflessioni da portare all’interno del Tavolo Tecnico interdisciplinare voluto da Regione Lombardia in vista della definizione delle “Linee di indirizzo per la progettazione di Opere di Difesa del Suolo”. Il contributo degli architetti nel progetto delle opere di difesa del suolo si è orientato su due questioni tecniche qui di seguito illustrate. La prima riguarda l’impiego della cartografia storica come strumento operativo. Si chiede al progettista di cambiare l’atteggiamento conven-
zionale che regola i rapporti tra analisi e progetto. Siamo ancora troppo abituati a pensare che l’analisi sia una raccolta di dati, fra i quali anche le carte storiche e quelle tematiche attuali. Finita l’analisi, che forse solo una reminescenza morale o accademica ci impone, si comincia finalmente il progetto: atto liberatorio. In realtà le carte storiche contengono esattamente ciò che Freud cercava di ritrovare nella memoria nel paziente, immagini dimenticate che agivano nell’inconscio negativamente. Così come Freud usava il ricordo per costruire congetture e per “ricostruire il soggetto”, le carte contengono informazioni che, cadute in oblio, possono mostrare costanti patologiche ma anche la possibilità di recuperare un’età e un’immagine del territorio “uscite dalla storia” per ridonare loro nuova vita. Il progetto agisce all’interno di questa stratigrafia, setacciando e sovrascrivendo. Confrontarsi con la cartografia significa impostare in termini tecnici il problema della compatibilità ambientale perché essa lo riporta molto concretamente all’interno di una tecnica che ci è famigliare. Per l’architetto chiamato a reinventare il luogo è logico lavorare su un materiale che c’è già e ritrovare così elementi di coerenza ed equilibrio tra territorio e paesaggio, tra risarcimento della Terra e innovazione. L’uso della cartografia nella costruzione del progetto ci conduce nella seconda questione che attiene al rapporto tra piano e progetto. Un progetto di difesa del suolo deve sempre tenere in considerazione il fatto che esso agisce all’interno di un elemento a scalarità complessa come il bacino idrico. Gli architetti conoscono bene la questione, perché a sfondo di ogni progetto di architettura, anche di un semplice muro, c’è sempre la città o il territorio. Naturalmente non si deve progettare ogni volta tutto il bacino, ma è possibile intuire che un intervento, per quanto piccolo, possa avere sempre almeno due o più funzioni. Una briglia, un argine, ad esempio, sono delle attrezzature che regolano le acque, ma sono anche elementi sui quali è possibile costruire un parco urbano o campestre, così come una vasca di laminazione o un cassa di espansione possono disegnare uno spazio collettivo. È qui che la tensione tra tecnicismo e idea di architettura trova un punto di stazionamento. Questa sfida rappresenta veramente una nuova frontiera per la ricerca, una ricerca che necessita di un approccio transdisciplinare.
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesagisti Conservatori Commissione “Difesa del suolo” Responsabile: Angelo Monti (Como) Coordinatore: Carlo Ravagnati (Milano) Delegati: Bergamo: Luigino Pirola Brescia: Antonio Pampani, Fabio Mafezzoni Como: Angelo Avedano Cremona: Andrea Pandini Lecco: Marco Pogliani Lodi: Daniela Cavanna Milano: Carlo Ravagnati Monza e Brianza: Clara Bertuzzi, Nicola Tateo Sondrio: Andrea Forni Varese: Giuliana Gatti (aggiornato al novembre 2011)
Nella pagina a fianco, dall’alto: Gabriele Basilico / AESS-Regione Lombardia, Casalmaggiore (Cr), 1997. G. Basilico / AESS-Regione Lombardia, Tomba Morta, Genivolta (Cr), 1997. G. Basilico / AESS-Regione Lombardia, Merlino (Lo), 1997-98. 487 | 2012
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GEOLOGI, INGEGNERI E GEOMETRI A CONFRONTO A CURA DI CARLO RAVAGNATI
Il Tavolo Tecnico istituito per la definizione delle “Linee di Indirizzo per la progettazione di Opere di Difesa del Suolo” in Regione Lombardia, sviluppate nell’ambito del Protocollo di accordo tra Regione Lombardia e Ordini professionali lombardi, è stato da subito pensato come un’istituzione transdisciplinare cui hanno partecipato tutte le componenti tecniche e professionali che operano sul territorio. Fin dai primi incontri il tema centrale, in termini molto concreti e pragmatici, si è concentrato sui rapporti tra i diversi saperi che agiscono sul territorio. La necessaria collaborazione professionale apre a un rinnovato sodalizio tra i diversi professionisti chiamati oggi a collaborare fattivamente all’innalzamento della qualità del progetto delle opere di difesa del suolo. Abbiamo pertanto pensato di rivolgere tre domande ad alcuni professionisti che hanno partecipato ai lavori chiedendo loro di esprimersi sul tema dell’interdisciplinarietà. C.R.
In quali termini il progetto di difesa del suolo può essere visto anche come un’occasione per la riqualificazione del territorio? Francesco Pezzagno: Perchè è il momento della ridefinizione del modo di rapportarsi della Pubblica Amministrazione con il rischio. È necessario intervenire nella pianificazione e nella fase di avamprogetto delle opere da realizzare con una chiara ed efficace azione qualitativa, finalizzata a creare le condizioni per un’inversione di tendenza. I comuni, in termini di approccio, hanno poi a disposizione anche uno strumento efficace e duttile come il PGT, il quale contiene per legge la parte dedicata alla valutazione del rischio idrogeologico. Carlo Caleffi: Il miglioramento della qualità progettuale, in tutti i suoi aspetti, non può che essere visto, e percepito, anche dai non addetti ai lavori, come un’occasione per ottenere una riqualificazione del territorio. È fin dalla fase progettuale, infatti, che è possibile prevedere un’opera, quale che sia, integrata con il territorio in cui viene realizzata e che nel contempo ne valorizzi gli elementi salienti. È evidente tuttavia che, sia la qualità progettuale, sia le opere integrate possono avere un costo immediato superiore a quello di progettazioni più banali. Tale costo è però ampiamente compensato, a medio e lungo termine, sia dalla durata delle opere stesse, sia dalla loro possibilità di fruizione pubblica, sia, in termini più astratti, ma non meno importanti, dalla loro “compatibilità ambientale”. Pietro Vettovalli e Stefania Conteggi: In genere gli interventi di difesa del suolo si rendono necessari quando è in atto una situazione di degrado o di pericolo. La messa in sicurezza di un corso d’acqua o la sistemazione di un’area degradata non deve essere finalizzata alla sola “cura del male” che in 12
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quel frangente si manifesta, ma va pensata in prospettiva quale opportunità per un utilizzo da parte dell’uomo. Ecco che allora la regimazione di un tratto di
fiume o torrente può essere l’occasione per inventare un’interessante passeggiata ove si possa leggere la storia del fiume, la flora, la fauna ecc... La sistemazione di un’area interessata da dissesti modesti, se ben concepita, può rappresentare un interessante recupero quale parco naturale od oasi per lo studio della fauna, ecc... Naturalmente la progettazione deve prevedere nel progetto di fruibilità futura i collegamenti pedonali e/o ciclabili con la viabilità ordinaria. Occorre in parole povere attuare interventi compatibili con l’ambiente, che permettano di risolvere il problema impellente e che in prospettiva rappresentino una significativa riqualificazione del territorio pensato in funzione “dell’uomo”.
Ritiene necessaria la costruzione di una rete interdisciplinare per operare sul territorio in materia di difesa del suolo? Pezzagno: In Italia, in un periodo di risorse limitate, ma di dissesto diffuso, mi accontenterei dell’apporto, a geometria variabile, di figure professionali scelte dall’amministrazione aggiudicatrice con un criterio premiale delle specifiche competenze specialistiche aggregate. Lo scopo delle linee di indirizzo per la progettazione delle opere di difesa del suolo, redatte dalla Regione Lombardia, ritengo sia anche quello di sensibilizzare le amministrazioni in tal senso.
Gabriele Basilico / AESSRegione Lombardia, Marmirolo (Mn), 1997-98.
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Caleffi: La difesa del suolo è forse uno degli argomenti di maggiore complessità che possano essere affrontati in termini progettuali. Basti pensare alle interazioni che si possono generare, ed esempio, in tutti gli aspetti “ambientali” da un qualsiasi intervento idraulico lungo un corso d’acqua. Modifiche a flora, fauna, ecosistemi, aspetti paesaggistici, urbanistici, stabilità dei versanti, oltre che ovviamente, agli aspetti idraulici. È evidente quindi che, fin dalle fasi iniziali della progettazione, è indispensabile il più ampio coinvolgimento di tutte le figure professionali. Questo però non è sufficiente: è anche necessario che tutte le diverse competenze vengano coinvolte nella fase decisionale delle scelte progettuali e non solo nelle fasi successive, quando si tratta di “mitigare” gli impatti del progetto. Vettovalli e Conteggi: Qualsiasi opera di difesa del territorio, indipendentemente dal fatto che si tratti di frane, regimazioni, crolli, valanghe , necessita di una progettazione che richiede la collaborazione di diverse figure progettuali; ritengo pertanto indispensabile la costruzione di una rete interdisciplinare composta da diverse figure professionali. Ciò è necessario per raggiungere gli obbiettivi di cui al punto precedente. Vi è quindi la necessità che: _b ][ec[jhW Wffhedj_ h_b_[l_ fkdjkWb_" YWhje]hWÓ[ e documentazione storica, assista l’esecutore delle opere nei tracciamenti, monitoraggi ed accatasti quanto realizzato. _b ][ebe]e Z_W b[ Yehh[jj[ _d\ehcWp_ed_ ikbbe ijWje del suolo, sull’impiego dei materiali, sul riutilizzo delle terre e rocce da scavo, oltre, naturalmente, tutte le informazioni tecniche necessarie per una corretta scelta progettuale. bÊW]hedece \ehd_iYW ]b_ [b[c[dj_ d[Y[iiWh_ f[h kd corretto recupero ambientale. bÊ_d][]d[h[" kj_b_ppWdZe ]b_ Wffehj_ Z[bb[ Wbjh[ \_gure professionali, traduca in progetto esecutivo l’intervento, e ne diriga i lavori sino al collaudo finale. bÊWhY^_j[jje Z_W _b fhefh_e Wffehje W\ÓdY^ bÊef[ra sia valutata nel contesto più generale di pianificazione che coinvolga un intorno ampio rispetto all’area di intervento.
Quale deve essere l’apporto delle singole professioni nel concorrere a un disegno sostenibile delle trasformazioni del suolo, delle opere infrastrutturali di difesa e della qualità paesistica? Pezzagno: In genere le opere di difesa del suolo sono complesse e richiedono l’apporto di una pluralità di competenze specialistiche che devono essere progettualmente coordinate da una figura professionale in grado di operare in termini interdisciplinari, con specifiche competenze tecnicoscientifiche. In tema di qualità paesistica, per valutare l’interazione delle opere da progettare con l’evoluzione 14
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del territorio, deve essere enfatizzato il livello di avamprogetto (studio di fattibilità) in termini interdisciplinari esaustivi. Caleffi: Ciascun ambito professionale ha una propria visione delle interazioni tra territorio ed opere umane, legata al proprio retroterra culturale, che ha un valore intrinseco. Le diverse visioni possono però essere molto in contrasto tra loro, ma non per questo possono essere accantonate in un confronto tra progettisti. Probabilmente il problema è proprio questo: trovare una sintesi adeguata, valorizzando gli elementi più positivi di ciascuna singola “visione”. Quando tutti gli elementi che compongono un problema trovano adeguata soluzione, si può giungere al progetto ottimale, funzionale ma anche sostenibile. Vettovalli e Conteggi: Ogni volta che viaggio con la mia motocicletta, sia come guidatore, sia come passeggero, ho il tempo di osservare il paesaggio che attraverso e le domande che più di frequente mi pongo sono: “perché queste opere infrastrutturali, che pur essendo indispensabili per lo sviluppo di un Paese, spesso deturpano il paesaggio? Quali potrebbero essere gli interventi di mitigazione per meglio inserire l’opera nell’ambiente?” Non mi è mai facile trovare delle riposte, ma sono convinto che una causa sia la carenza culturale di chi commissiona l’opera (spesso ente pubblico) e della limitata capacità del progettista (soprattutto se singolo) di trovare soluzioni alternative e maggiormente compatibili con l’ambiente. Per superare questo limite è necessario che ad un progetto partecipino figure professionali diverse in modo che l’apporto tecnico e culturale, la sensibilità ambientale e l’esperienza di ogni singolo, siano calati sul territorio in modo leggero, compatibile e fruibile; senza naturalmente perdere di vista il fatto che il progetto deve curare il male che, in quel momento, interessa il territorio.
Mimmo Jodice / AESSRegione Lombardia, Fontanili e canale, 2000.
LO SPAZIO PUBBLICO COME ELEMENTO DI RIGENERAZIONE DI UN LUOGO
ARCHITETTURA STAMINALE B ER G A M O a cura di Francesco Valesini
di Paolo Belloni Presidente Ordine Architetti PPC di Bergamo
Il battito cardiaco della terra ha subito un ictus. Il corpo del territorio, quello naturale, ha semplicemente avvertito lo scossone ma il suo cuore pulsante, il tessuto urbano, ha subito gravi danni, quasi totali in alcuni casi, come per la città di Onna, baricentro del sisma, significativi, come nel caso della città di L’Aquila, solo puntuali come in altri centri abitati nei quali il flusso della vita economica e sociale sta riprendendo con relativa normalità. Mai come in queste situazioni viene drammaticamente offerta ad una città e ad un territorio l’opportunità di ripensare a se stesso. La riparazione tissutale è uno dei fenomeni biologici più complessi che hanno luogo durante la vita umana. Si tratta di un processo per il quale una moltitudine di cellule danneggiate sono sostituite per ricostruire l’architettura e la funzione del tessuto. Questa ricostruzione, che nella condizione quotidiana del nostro corpo e per analogia delle nostre città avviene secondo dinamiche naturali e processi sequenziali, deve essere accelerata ed indotta nel caso di eventi traumatici. Le cellule staminali o cellule madri del corpo adulto, si introducono come cellule indifferenziate ma sono in grado di riprogrammarsi e transdifferenziarsi. Operano in funzione degli stimoli, delle informazioni che captano per mezzo della loro membrana esterna, per mezzo dell’interfaccia con il loro intorno dando luogo ad una nuova cellula in grado di interagire positivamente nella ricostruzione dell’organismo e in modo specifico di quel particolare frammento di tessuto.
L’introduzione di nuove cellule riparatrici, che interagiscano sulla microinfrastruttura dei luoghi e degli edifici pubblici può generare un processo virtuoso a catena in grado di ricostruire le relazioni e generare nuova vita. Lo spazio pubblico può assumere il ruolo di cellula riparatrice. La ricostruzione, riqualificazione, reinterpretazione di alcuni spazi ed edifici pubblici può generare processi virtuosi di rigenerazione del tessuto circostante. In questo senso è interessante ricordare come a Barcellona il primo atto dell’importante processo di riqualificazione urbana che ha assunto negli anni una dimensione territoriale e infrastrutturale sia consistito nella realizzazione della piccola piazza della Mercé, realizzata ricorrendo ad un’azione di demolizione di un isolato del centro storico della città. In questi casi é importante che le dinamiche della ricostruzione trovino una stretta relazione con le dinamiche economiche e sociali della città. La ricostruzione non può avvenire per un processo di colonizzazione esterna che seppur generosa rischia di limitare l’attivazione di dinamiche interne in grado di rigenerare l’economia del territorio. I tanti e generosi apporti che provvidenzialmente si realizzano in questi casi potrebbero quindi tradursi nell’adozione di un lotto, di un isolato, di un edificio, di una piazza o di un servizio per realizzare l’iniezione nel tessuto danneggiato di tante virtuose cellule staminali architettoniche in grado di rigenerare l’intero organismo urbano.
MONITO PER RIPENSARE LE DINAMICHE TERRITORIALI
TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO COM O a cura di Roberta Fasola
risposte di Dario Fossati Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio Urbanistica
Il 7 luglio 2011 un nubifragio si abbatte su Brienno (sponda ovest del lago di Como) provocando ben sette diverse frane che raggiungono il centro abitato e obbligano alla chiusura temporanea della strada di collegamento con l’alto lago: diverse abitazioni sono sventrate e un autobus ed alcuni autoveicoli investiti, ma fortunatamente i vari occupanti illesi. Con la Legge Regionale n. 86/’83 viene istituito un “Sistema delle Aree Protette Lombarde” che copre oltre 450.000 ettari di territorio. Brienno è stato oggetto di questa “educazione ambientale”? La zona è indubbiamente soggetta a grandi problematiche: la stessa Regione aveva inserito Brienno per il Piano del Po, all’interno
del perimetro di aree soggette a dissesto idrogeologico molto elevato, con particolare evidenziazione di una sua area. Il paese è individuato da versanti molto scoscesi e spesso i suoi tratti di bosco sono poco accessibili. Ciò ha portato all’incentivazione del degrado naturale dei luoghi che, a seguito dell’evento tragico dello scorso luglio, ha visto i suoi valletti scaricare il materiale depositato nel tempo, travolgendo le infrastrutture presenti (i ponti) che hanno ceduto, queste infatti sono state costruite con criteri che non potevano certo prevedere di dover tener conto delle variazioni climatiche cui saremmo andati soggetti. Ciò che è successo è responsabilità solo delle variazioni climatiche? I segnali di tropicalizzazione del clima creano 487 | 2012
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Gabriele Basilico / AESSRegione Lombardia, Olginate (Lc), 1997-1998. Nella pag. a fianco: Francesco Radino / AESSRegione Lombardia, San Matteo delle Chiaviche (Mn), 1999-2000.
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delle vere e proprie bombe d’acqua (fresh flood), che, in poche ore, scaricano una quantità tale di pioggia da non consentire alla struttura drenante di smaltirla. Si tratta di eventi impossibili da prevedere con precisione nel loro punto massimo di manifestazione, ed è per questo motivo che non è stato dichiarato nessuno stato di emergenza per Brienno. Inoltre, essendo il paese molto piccolo, non è soggetto, per legge, a controlli nazionali né regionali. Cosa si può fare per evitare una nuova situazione d’emergenza? L’unica risposta è sensibilizzare la popolazione (e con questo intendo sia i privati che il Comune) a fare la manutenzione dei boschi, chiedendo anche incentivi (nell’ambito dei Programmi Europei di piano e di Sviluppo Rurale, destinati alla deforestazione e al mantenimento dell’agricoltura in montagna). Purtroppo noi ereditiamo uno sviluppo urbanistico che non ha rispettato le distanze di 10m richieste dal Regio Decreto n. 523/1924: troppe deroghe sono state concesse in merito
e, all’oggi, le case sono soggette ad essere più facilmente investite dalla piena. I corsi d’acqua che attraversano Brienno fanno parte del cosiddetto Reticolo Minore che, in quanto tale, deve essere sorvegliato e gestito dalle Amministrazioni locali (il Principale, invece, è gestito direttamente dalla Regione). Molto spesso questo aspetto viene trascurato, perché un comune piccolo non è in grado di sostenerne le spese di gestione. Ecco che allora subentra l’importanza della supervisione dei residenti. Cosa è stato fatto per riparare ai danni dell’alluvione dello scorso luglio? La Regione ha messo a disposizione € 150.000 per la pulizia immediata delle strade (ma nessun fondo per i privati in quanto considerato evento di tipo locale). In seguito, sono stati erogati altri € 86.000 per uno studio di ricognizione sullo stato dei valletti, di cui: € 20.000 sono stati utilizzati per l’analisi; € 63.000 per un piccolo intervento di messa in sicurezza su un corso d’acqua. In seguito, a gennaio, la Regione metterà a disposizione del Comune circa € 1.000.000 per gli interventi di necessità primaria (l’analisi ha evidenziato, in realtà, interventi pari a complessivi € 5.000.000). Fondamentale è, oltre alla messa in sicurezza dei boschi, anche l’adeguamento dei ponti. L’Anas (in qualità di proprietaria) dovrebbe occuparsene, si tratta di una operazione sicuramente non facile, in quanto significherebbe ricostruirli più alti e con una luce maggiore. Ciò che verrà fatto potrà risolvere in maniera definitiva le problematiche dei luoghi? Assolutamente no: si tratta di interventi che possono avere una durata variabile compresa tra i 10 e i 20 anni, in quanto l’erosione naturale dei boschi necessita di vigilanza e manutenzione costanti. A chiosa di questa intervista vorrei dire che nessuno può sottrarsi dall’essere partecipe di problematiche tanto delicate. La cultura diffusa dei cittadini e della pubblica amministrazione sulla qualità del bene pubblico deve divenire obiettivo comune, in quanto garanzia di salute e di sicurezza dei propri cittadini. La presenza di molteplici eventi a carattere naturale che hanno portato a situazioni di emergenza sul nostro territorio devono essere quindi spunto di avvio per un profondo ripensamento sulle dinamiche territoriali che determinano le variazioni d’uso del suolo supportato da sostenibili politiche di governo del territorio, orientate al contenimento dell’usura del territorio oltre che alla programmazione e realizzazione delle infrastrutture di difesa connesse alla valorizzazione del paesaggio. R.F.
ESONDAZIONI DEL PO NEL TERRITORIO CREMONESE
IL GRANDE PADRONE CREMONA a cura di Maria Luisa Fiorentini
di Marco La Veglia Responsabile Agenzia Interregionale per il fiume Po (A.I.Po) Ufficio Operativo di Cremona
È il Po protagonista del disegno ambientale di gran parte del territorio cremonese. Siamo nel medio corso del Po, un’area ricca di acque sotterranee e superficiali, in cui l’azione di bonifica dell’uomo, unita al sistema artificiale di difesa idraulica costituito dagli Argini Maestri, ha permesso di strappare alle acque crescenti porzioni di territorio. Da quando fu istituito il Magistrato per il Po, di cui l’A.I.Po eredita i compiti, passando poi per la fondazione dell’Autorità di bacino e con l’impulso dato dalle norme sulla Protezione Civile, si stanno uniformando e coordinando le azioni che la P.A. mette in campo per la diminuzione dei rischi e la tutela della pubblica incolumità e dei beni. Il recepimento della Direttiva 2007/60/CE con il D.Lgs. 49/2010 costituisce un ulteriore tassello nella pianificazione, attraverso l’obbligo, per le Autorità di bacino, di redigere i Piani di Rischio Alluvione entro limiti temporali stretti. La conoscenza del territorio, ai fini della tutela dell’equilibrio idrogeologico dell’ampio bacino del fiume Po, è fondamentale per progettare e realizzare un’azione efficace, sia dal punto di vista strutturale che ambientale e paesaggistico, in collaborazione fra gli enti e i soggetti che operano nel campo della salvaguardia territoriale (latori di istanze a carattere diverso, spesso complementare, talvolta conflittuale). Al momento, gli strumenti normativi incrementano
il dialogo fra i diversi attori istituzionali e tutti i livelli amministrativi concorrono alla circolazione delle informazioni, costituendo un capillare sistema di monitoraggio. L’attività dell’uomo legata allo sviluppo di insediamenti abitativi e infrastrutturali, unita all’aumento della frequenza e della distruttività degli eventi atmosferici, aggrava le vulnerabilità di quest’area. La tutela del territorio deve essere un obiettivo allargato a tutti per aumentare la consapevolezza di chi nel territorio risiede e subisce le conseguenze dei vari dissesti. Il territorio cremonese, di forte tradizione agricola, è caratterizzato da insediamenti rurali di valore storico e architettonico, un patrimonio cresciuto nei secoli grazie alle peculiarità del fertile terreno a ridosso del fiume e che ha subito in passato importanti esondazioni. Al di là di possibili fenomeni catastrofici, le zone ipoteticamente soggette ad allagamenti sono conosciute e delimitate. Gli edifici storici ivi ricadenti non corrono il rischio di essere travolti o staticamente danneggiati dalle esondazioni, piuttosto possono essere sottoposti alla permanenza nel tempo di alti livelli d’acqua torbida. Questa è la maledizione – ed insieme il fascino – della golena, quell’ultimo territorio che abbiamo lasciato al fiume, e che, talvolta, viene dal Po reclamato per ricordarci che siamo solo ospiti, e non veri padroni.
PROGETTI A DIFESA DELL’ADDA E DEL TERRITORIO LODIGIANO
ISTANTANEA DI UN TERRITORIO DINAMICO LOD I a cura di Anna Arioli
Per il territorio lodigiano il fiume Adda rappresenta un elemento generatore e ordinatore “di sistema” di insostituibile valore storico, paesaggistico e strategico. Teatro di diversi eventi calamitosi (si ricordi,
in particolare, l’ultima piena del novembre 2002), il fiume è oggi protagonista di diversi interventi di consolidamento spondale e messa in sicurezza. Le cure e le operazioni interessano sia il corso d’acqua primario, sia tutta la rete di canali e colatori che ne costituiscono il bacino idrico di riferimento, mantenuti in efficienza grazie al laborioso e continuo contributo dei Consorzi di bonifica. Per quanto attiene la gestione straordinaria dell’emergenza (post 2002), il Comune di Lodi, in accordo con AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume PO) e toccando diverse scale di progettazione, ha avviato una serie d’interventi di rafforzamento e riqualificazione delle sponde in una linea continua di difesa del suolo. Si tratta di strategie progettuali mirate sia alla cura “ordinaria” e preventiva del fiume, sia a un graduale riavvicinamento della città e dei cittadini al fiume. A livello ricognitivo, tra gli interventi di maggior rilievo, si ricordano: per la sponda sinistra 487 | 2012
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di Chiara Panigatta Pianificatore Territoriale, consulente in materia di “governo del territorio”, urbanistica, paesaggio e ambiente.
il nuovo argine lungo la s.p. 25 per Boffalora d’Adda (1.800 m, progetto Consorzio Muzza) e il progetto Lodi Beach; per la sponda destra il progetto esecutivo del nuovo argine (a monte del ponte), redatto a cura di AIPO, l’innalzamento dell’argine (a valle del ponte) e il completamento della riqualificazione del Parco Isola Bella. Alla scala dell’architettura, parte costitutiva dei processi territoriali, si citano le migliorie dei percorsi ciclo-pedonali e la riqualificazione
delle aree pubbliche del lungofiume, tra i quali il progetto di Michele de Lucchi per i nuovi spazi di ristoro sull’acqua. Si tratta d’interventi sinergici, che segnano l’avvio di un processo virtuoso di lunga durata, esteso su tutto il territorio, fino al centro città. Intorno al corso d’acqua nascono politiche e progetti anche a livello provinciale, volti a coniugare la valorizzazione ambientale con azioni di difesa del suolo e preservando il forte valore testimoniale condotto dalfFiume. Esempio recente è il Progetto Integrato d’Area “Lodigiano per Expo: Terra Buona e Percorsi di Fiume”, coordinato dalla Provincia di Lodi in risposta a un bando di finanziamento del Programma Operativo Regionale. In particolare il PIA, che si configura come “contenitore di opportunità”, raccoglie una serie di “attuazioni” promosse da alcuni comuni rivieraschi siti lungo l’Adda e il Po. È promosso il tema della riscoperta del territorio in chiave turistico-culturale, con interventi di valorizzazione dei percorsi di mobilità lenta e della ricchissima rete delle infrastrutture d’acqua (estesa nel Lodigiano per 2.500 km), consapevoli che essa si svolga in primo luogo attraverso l’opera attenta dei gestori e la cura dei cittadini.
SCOMPARSA DEL RETICOLO IDRICO MINORE E MESSA IN SICUREZZA DEL LAMBRO
UN FIUME SOTTO CONTROLLO MONZA E BRIANZA a cura di Cristina Magni e Francesco Redaelli
Gabriele Basilico / AESSRegione Lombardia, Panperduto, Somma Lombardo (Va), 1997. Nella pag. a fianco: Giorgio Giulio Moro / AESSRegione Lombardia, Risaie e cascina, 1970-98. 18
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Nel corso dei secoli il nostro territorio è stato sapientemente modellato anche in funzione di un corretto smaltimento delle acque meteoriche. La costruzione di un reticolo idrico minore articolato in rogge, canali ed aree naturali di esondazione, ed efficacemente integrato con il reticolo idrico maggiore, ha sempre consentito di trattenere, e quindi disperdere gradualmente nel sottosuolo, l’acqua prodotta dalle precipitazioni più intense. L’intensa urbanizzazione del territorio degli ultimi decenni ha progressivamente indebolito e in alcune zone quasi cancellato il reticolo idrico minore, ancora oggi riconoscibile nelle carte del catasto teresiano, rendendo di fatto il nostro territorio più vulnerabile nei confronti dei fenomeni di esondazione resi più frequenti anche dalla cementificazione e riduzione degli alvei dei fiumi. Nel dicembre del 2011 è stato sottoscritto un Accordo di Programma tra la Regione Lombardia, il Parco della Valle del Lambro, e i comuni interessati, per la realizzazione di una serie di opere finalizzate alla riduzione del rischio idraulico, all’esondazione controllata delle piene e alla riqualificazione ambientale del fiume Lambro. L’investimento previsto di 5,2 milioni di euro consentirà di finanziare i seguenti progetti
nel corso dei prossimi tre anni: la creazione di aree di esondazione controllata e artificiale nella zona situata tra i comuni di Veduggio, Inverigo e Nibionno tramite opere di ingegneria ambientale; la riqualificazione del cavo Diotti, la “sentinella del Lambro” realizzato in epoca napoleonica, per consentire di utilizzare il Lago di Pusiano come un’immensa vasca di laminazione da usare nei momenti di massima piena del Lambro; la realizzazione di una nuova vasca di raccolta all’interno dell’ex cava di Brenno per contenere le piene del torrente Bevera, affluente del Lambro. Gli interventi che verranno realizzati a monte rispetto la città di Monza, nel 2002 interessata dall’ultimo violento straripamento del fiume Lambro, serviranno a ridurre l’impatto delle piene e a consentire un’esondazione controllata a nord del territorio brianzolo, dov’è maggiore la disponibilità di aree libere risparmiate dall’intensa urbanizzazione degli ultimi decenni. I progetti previsti s’inseriscono in un quadro complessivo di programmazione e finanziamento alla scala regionale di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, che prevede un impegno finanziario complessivo pari a circa 225 milioni di euro per l’intera Lombardia. F.R.
PREVENZIONE DEI RISCHI NEL COMUNE DI PADERNO DUGNANO
CONTRATTI DI FIUME MILANO a cura di Roberto Gamba
Con la redazione del Programma Regionale di Sviluppo per la VIII e IX legislatura, la Regione Lombardia ha sottolineato l’esigenza di interventi di mitigazione dei rischi idraulici e idrogeologici, nell’area metropolitana milanese centrale, in particolare nel sottobacino dei fiumi Lambro, Seveso e Olona, individuando, nello sviluppo di strumenti mirati di programmazione negoziata, quali i “Contratti di Fiume”, le modalità operative idonee a garantire l’efficacia dei risultati. Il Comune di Paderno Dugnano ha adottato il progetto di “Parco del Seveso”, redatto da Gianpaolo Maffioletti e Alessandro Trevisan, che individua, fra l’altro, le aree da tutelare in ambito fluviale. Esso prevede interventi strutturali (in parte attuati) nel settore del risanamento delle acque, del recupero ambientale, idrogeologico e idraulico e della rinaturalizzazione delle sponde del Seveso da parte della Regione, della Provincia e dello stesso Comune. Il progetto attribuisce rilievo alla lettura dei caratteri geomorfologici di dettaglio del corso d’acqua e dei dissesti delle sponde facendo emergere alterazioni e modifiche provocate dalla crescente urbanizzazione, all’assetto morfologico naturale della piana alluvionale e del regime idraulico del corso d’acqua stesso (per lunghi tratti il letto e le sponde sono resi artificiali dalla presenza di muri di contenimento in cemento armato). Rileva, inoltre, la conseguente scomparsa delle aree di laminazione naturali del torrente e la riduzione delle sezioni idrauliche utili, cosa che genera ricorrenti fenomeni di esondazione, in concomitanza con particolari eventi meteorici.
Ciò si è verificato nonostante l’entrata in esercizio del Canale Scolmatore di Nord-Ovest, in grado di scolmare le acque del Torrente Seveso, anche in virtù del suo recente raddoppio, per una portata pari a 65 mc/s. Per la mitigazione dei rischi idraulici, è stata individuata la necessità di incidere sulle esondazioni che localmente coinvolgono il territorio di Paderno Dugnano, con l’obiettivo di limitare le potenziali ricadute su Milano. A tal fine sono previsti interventi di rinaturalizzazione del corso d’acqua e di ricostruzione del paesaggio, attraverso l’inserimento di nuove aree golenali per la laminazione delle piene, sia pure nei limiti spaziali delle aree disponibili, definite dai margini del tessuto insediativo circostante. Le sponde e le scarpate del fiume saranno riprofilate, con posa di materiale geotessile biodegradabile in cocco e con la manutenzione o riqualificazione della vegetazione. Al fine di ricostituire argini demoliti o per proteggere edifici, si formeranno nuovi rilevati; argini esistenti verranno rettificati, o arretrati; per la messa in sicurezza di strutture pubbliche, verrà spostato e rettificato parte del tracciato fluviale; si realizzeranno terrazzi intermedi, con riprofilatura della sezione e formazione di un terrazzo esterno all’alveo, con funzione di laminazione delle piene; si formeranno palizzate in castagno; si abbasseranno o demoliranno muri e si realizzeranno scogliere al piede della sponda con piantumazione in tasche protette da geotessile sintetico antierosione. R.G.
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PROGETTAZIONE INTERDISCIPLINARE PER RISANARE IL TERRITORIO
UN ACQUITRINO DAGLI ANNI ‘70 VARESE a cura di Claudio Castiglioni e Carla Giulia Moretti
Francesco Radino / AESSRegione Lombardia, Valeggio sul Mincio (Mn), 1999-2000. Nella pag. a fianco: Beniamino Terranno / AESS-Regione Lombardia, Chiusa Grandina (Mi), 1994. 20
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Osserviamo un’area denominata “vasconi” all’interno di un ambito territoriale circoscritto fra i comuni di Gallarate, Cassano Magnago e Busto Arsizio (150.000 abitanti): una superficie destinata a “troppo pieno” di eventi alluvionali derivanti dai due corsi d’acqua Rile e Tenore. Realizzata alla fine degli anni ’70, la allora ridotta densità abitativa del territorio poteva rendere meno vistosa la discutibile soluzione di una struttura che degrada tutta una vasta area territoriale che invero dovrebbe rispondere alle dinamiche di una delle zone più urbanizzate d’Italia in maniera esemplare. La vasca di laminazione può, infatti, prefigurarsi: Yec[ Z_ \Wjje " kd WYgk_jh_de cWbiWde" h[Y_djWje perché pericoloso e oggetto di vandalismo ed intrusioni; Yec[ kdÊeWi_ [Yebe]_YW" Yed ÓjeZ[fkhWp_ed[" vasche realizzate in maniera integrata con la progettazione del verde ed interventi che favoriscano la rinaturalizzazione, in coerenza con il progetto urbanistico–paesaggistico; kdW ijhkjjkhW khXWd_ij_YW [ iY[de]hWÓYW che si configura quale nodo e volano di un piano di respiro ampio, in questo caso almeno intercomunale. Lo stato di fatto (acquitrino malsano), da
uno studio del Politecnico di Milano, è l’esito delle linee caratteristiche dell’ingegneria idraulica tradizionale (l’adeguamento della conduttività idraulica –canalizzazione - risponde alla crescente urbanizzazione; aumentano progressivamente portate e velocità delle correnti di piena; si aggravano e si spostano i problemi a valle; crescono progressivamente i costi fino a diventare insostenibili; perdono qualità ambientali e civili i corsi d’acqua; aumentano i fenomeni erosivi e i problemi di stabilità di alvei e aree adiacenti). La pianificazione idraulica integrata costituisce l’indirizzo della nuova ingegneria idraulica (criterio della “invarianza idrologica; controllo “a monte” delle piene; riqualificazione a fini ambientali; sostenibilità e costi minori). Ed è proprio la positività di esperienze basate sul principio della progettazione interdisciplinare per una progettazione positiva del territorio che si auspica, una attenzione concreta su questo caso e su altri simili quasi vergognosamente dimenticati; una attenzione progettuale perché – ricordando Alvar Aalto, “il buon Dio ha fatto la carta perché ci facessimo sopra dei progetti architettonici. Qualsiasi altro uso è per me sbagliato”. C.C. e C.G.M.
SISTEMAZIONI VITICOLE NELL’OLTREPÒ PAVESE
VITI DISSESTATE PAVIA a cura di Luca Micotti, Vittorio Prina, Alessandro Trevisan, Andrea Vaccari
di Riccardo Magnaghi Responsabile comunicazioni Rotary Club Oltrepò Pavese
L’associazionismo volontario e le varie professionalità in sinergia al servizio della cittadinanza hanno permesso di svolgere uno studio rivolto ad un problema che insiste da decenni, con risvolti sempre più preoccupanti, in una delle zone rurali importanti, sia dal punto di vista paesistico che economico, della parte meridionale della Lombardia. Il territorio oggetto dello studio è l’Oltrepò Pavese, conosciuto a livello internazionale per le pregevolissime produzioni vinicole e venuto alla ribalta della cronaca per eventi calamitosi di estrema gravità che hanno messo in luce la precarietà e la fragilità del territorio stesso dal punto di vista idrogeologico.
Linee guida per una corretta gestione dei versanti a vigneto nell’Oltrepò Pavese è uno specifico studio effettuato da alcuni ricercatori delle Università di Pavia e di Piacenza, commissionato e sponsorizzato da un’associazione di servizio presente sul territorio, voluto per sensibilizzare i cittadini alla comprensione del fenomeno disgregativo che interessa buona parte del territorio collinare pavese. Lo studio ha avuto come obiettivo l’individuazione delle connessioni tra i fenomeni di dissesto e la tipologia delle sistemazioni viticole nell’Oltrepò Pavese, con particolare relazione alle condizioni geologiche locali (litologia, morfologia, ecc). L’indagine ha preso in considerazione 3 aree dove la coltura viticola riveste da sempre una particolare importanza, e caratterizzate da condizioni geologiche, geomorfologiche e di dissesto differenziate: Broni, media Valle Versa e Scuropasso. Dopo un inquadramento della zona dal punto di vista climatico, idrogeologico e geologicostrutturale, e una valutazione della tipologia degli eventi franosi, si individuano fattori che predispongono determinate aree ai fenomeni di dissesto di tipo franoso, tra cui hanno avuto particolare rilevanza anche quelli antropici, sia in caso di invasiva presenza dell’uomo che nel caso opposto di abbandono all’incolto. Riprese fotografiche aeree, acquisite nel corso degli ultimi trent’anni, hanno permesso di stabilire connessioni sull’influenza delle variazioni d’uso dei terreni sui dissesti. Interessanti consigli per il contenimento delle fasi di dissesto sono contenuti nella seconda parte dello studio con l’individuazione degli indirizzi per una corretta gestione dei suoli coltivati a vigneto. Varie possono essere le considerazioni che lo studio suggerisce in riferimento alla pratica progettuale in quanto le scelte operate sulla tipologia delle colture a vigneto, non solo incidono significativamente nella connotazione paesistica dei luoghi ma, in quanto responsabili della stabilità dei suoli, influiscono sulla corretta individuazione della vocazione insediativa dei territori posti a margine dei nuclei urbani minori, condizionano la progettazione civile posta a valle delle colture e suggeriscono la corretta pratica manutentiva della capillare rete infrastrutturale che le attraversa. R.M. e A.T.
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PROGETTI DI ARCHITETTURA | 1
UN PROGETTO NATO DAL FIUME GINEVRA
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La rilettura di un’ampia area naturale, attraverso la rivitalizzazione e la messa a sistema dei suoi elementi cardine FOTOGRAFIE DI GROUPE SUPERPOSITIONS
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GROUPE SUPERPOSITIONS RINATURALIZZAZIONE DEL CORSO D’ACQUA DELL’AIRE, COMUNI DI BERNEX, CONFIGNON, ONEX, PERLY-CERTOUX E SORAL, SVIZZERA
Planimetria complessiva dell’intervento. Nella pag. a fianco, dall’alto: vista della passeggiata e del ponte che l’attraversa; schizzo rappresentativo dell’intersezione del canale con il fiume. A pag. 22, dall’alto: la passerella di Bis e i gradini di discesa al fiume. A pag. 23, dall’alto: passeggiata e un punto di sosta; il raccordo con l’antico canale: vista della chiusa e del bacino.
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Il progetto di rinaturalizzazione del canale dell’Aire costituisce la spina dorsale della riorganizzazione territoriale e paesaggistica di tutta la pianura dell’Aire. Proprio a partire dai corsi d’acqua si sono stabiliti nuovi rapporti che equilibrano, da un lato, i bisogni della produzione agricola, dello sviluppo urbano e degli spazi per il tempo libero, dall’altro, la necessità di ricostituire habitat naturali sufficientemente estesi e continui. Lo studio dell’area ha infatti portato a un vero e proprio progetto di ‘restauro’ del territorio, dal momento che il progetto ne ricostruisce elementi caratteristici del paesaggio, come fossati, siepi e paludi, ormai quasi scomparsi, ma ben individuabili sulle carte e sui
documenti storici. L’assetto paesaggistico proposto assicura al tempo stesso il fluire delle acque e la permanenza delle specie vegetali e animali. Inoltre assume il ruolo di garante per la sicurezza del territorio e dell’uomo e per la possibilità di inserire attività umane compatibili con i principî dello sviluppo sostenibile. Uno degli aspetti principali dell’intervento è infatti la messa in sicurezza dell’area contro le alluvioni, attraverso misure di gestione e raccolta dell’acqua, a valle della porzione di canale considerata. La pace, la bellezza e la fruibilità dei luoghi attirano numerosi escursionisti, che si lasciano facilmente guidare dal disegno di tracciati ben definiti, che rispettano gli spazi dell’ambiente
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Il canale e il fiume: disegno a colori; il raccordo con l’antico canale: vista della chiusa e del bacino. Nella pag. a fianco: la passerella di Bis e un punto di sosta; la passeggiata realizzata sul canale tombinato.
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SCHEDA TECNICA Progetto: Groupe Superpositions: Georges Descombes, architetto paesaggista; Atelier Descombes Rampini, architetti; Léman - Eau, ingegneri civili; Biotec Biologie appliquée SA Committente: Cantone di Ginevra, Dipartimento dell’Interno e della Mobilità, Servizio di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua Importo: 40 milioni CHF (fase 1, 2 e 3) Cronologia: 2007-14
naturale e delle diverse piantagioni. La rivitalizzazione dell’area è stata intrapresa come un processo che permettesse di articolare gli interventi in più fasi, anche puntuali, mantenendo però una chiara visione globale. Un nuovo ‘dispositivo’ territoriale e paesaggistico mette a sistema la passeggiata pubblica, il canale ridisegnato e il nuovo corso dell’Aire: l’Aire convoglia le sue acque in un nuovo letto, parallelo al canale attuale. Il letto del canale esistente è stato parzialmente interrato e ampliato, così da divenire uno spazio pubblico lineare, a carattere rurale, che affianca la passeggiata sull’Aire (dalla relazione di progetto). Traduzione di Daniela Villa. 487 | 2012
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PROGETTI DI ARCHITETTURA | 2
UNA STRADA CON 5 SOSTE AD ALTA QUOTA
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PASSO DEL ROMBO
L’antica via transalpina del ‘59 è stata consolidata attraverso numerosi interventi strutturali e cinque “episodi emozionali” FOTOGRAFIE DI ALEXA RAINER E RICHARD BECKER
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WERNER TSCHOLL RIQUALIFICAZIONE DELLA STRADA ALPINA DEL PASSO DEL ROMBO, MOSO IN PASSIRIA, BOLZANO La strada alpina del Passo del Rombo, che collega la Val Passiria in Alto Adige alla Valle di Ötz, venne inaugurata nel 1959 sul versante nord-tirolese, quale eccellente opera di ingegneria stradale. Nove anni dopo fu aperto al traffico il collegamento stradale con l’Alto Adige. Nel 2006 la società Timmelsjoch Hochalpenstraße AG e il comune di Moso in Passiria intraprendono un nuovo progetto transfrontaliero di strada turistica per una proposta di musealizzazione della strada. “L’emozione del Passo del Rombo” dispone 5 peculiari sculture architettoniche in qualità di punti panoramici, che informano il viaggiatore circa la natura, la storia, la cultura, la società e l’economia della regione. La loro realizzazione si ispira alle forme e ai colori del paesaggio circostante. Tutti i nuovi elementi si adeguano al contesto dal punto di vista dei materiali e dei colori scelti. Anche gli elementi strutturali contengono dei rimandi al paesaggio e alla topografia dei luoghi. L’esperienza sensoriale ed emozionale passa in primo piano.
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Museo del Passo e planimetria. Telescopio: vista e planimetria. Nella pag. a fianco: mappa generale e vista del Ponticello.
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SCHEDA TECNICA progetto e DL: Werner Tscholl Architekt con Andreas Sagmeister studio di fattibilitĂ : Werner Tscholl con Siegfried Pohl impianti elettrici e tecnici: Werner Tscholl calcoli statici: Italia: ing. Siegfried Pohl, Laces (BZ); Austria: ing. Josef Pohl, Ă–tztal-Bahnhof sicurezza: ing. Sigmar Pohl, Laces (BZ) cronologia: 2007-08, progetto; 2009-11, realizzazione committente: Comune di Moso, Val Passiria (BZ) e Timmeljoch Hochalpenstrasse AG, Innsbruck (A)
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Contrabbandiere. Vista e planimetria (con il progetto e Ponticello, a sinistra). Nella pag. a fianco: vista e planimetria di Granati.
Contestualmente alla realizzazione della strada turistica, sono stati eseguiti interventi tecnico-costruttivi per migliorarne la sicurezza. Tra le misure adottate, si annoverano la ristrutturazione dei muri di contenimento, lavori di consolidamento, ampliamento dei tornanti, eliminazione di punti pericolosi, miglioramento del manto stradale, nonché interventi strutturali per i vari elementi stradali e aree di parcheggio, volti a una maggiore integrazione con il contesto paesaggistico. Le cinque stazioni 01 Ponticello: alla stazione di pedaggio di Hochgurgl si gode un panorama straordinario sulla Valle Ötz e sulle sue maestose cime che svettano oltre i 3.000 metri. Un ponticello permette di ammirare nuove prospettive e fornisce informazioni sul paesaggio circostante e le sue caratteristiche. 02 Contrabbandiere: là dove l’antico sentiero che collegava Zwieselstein a Moso in Passiria incrocia la strada, sorge una struttura cubica che è possibile visitare. Al suo interno si viene
trasportati nell’avventuroso mondo dei contrabbandieri del Passo del Rombo. 03 Museo del Passo: come un masso erratico, il Museo del Passo sporge dal versante tirolese a quello altoatesino, sottolineando il carattere transfrontaliero dell’emozione del Passo del Rombo. La “grotta di ghiaccio” allestita all’interno è un tributo ai pionieri di questa strada alpina e alla loro meritevole opera. 04 Telescopio: la spaziosa area sottostante la cima Scheibkopf offre un bel panorama a 180° con il parco naturale del gruppo del Tessa. Un telescopio consente di mettere a fuoco lo sguardo sul Monte dei Granati (3.304 m) e sul Monte Principe (3.403 m), che si ergono maestosi dai ghiacciai perenni. 05 Granati: sulla parete rocciosa nei pressi di Stulles, si apre una vista spettacolare su Moso e sulla retrostante Val Passiria. Due granati – strutture architettoniche che si ispirano alle formazioni geologiche tipiche della Val Passiria – fungono rispettivamente da spazio espositivo e piattaforma d’osservazione (dalla relazione di progetto). 487 | 2012
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PROFESSIONE
E ADESSO CHI PAGHERÀ?
LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA “FUORI SAGOMA”: UN DISASTRO ANNUNCIATO Ancora una volta la Corte Costituzionale ha dovuto annullare una legge della Lombardia, e ora al via la “caccia alle streghe”
In passato questa rubrica aveva già affrontato il problema delle demolizioni con ricostruzione di fabbricati diversi da quelli demoliti, gabellate per ristrutturazioni edilizie. Nel numero 5/2010, in particolare, era stato esaminato l’Articolo 22 della Legge Regionale n. 7/2010, con cui il legislatore regionale aveva pensato di poter risolvere tale problema stabilendo semplicemente che l’Articolo 27, lettera “d”, della Legge Regionale n. 12/2005 va interpretato nel senso che “la ricostruzione dell’edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma”. E non c’erano volute particolari capacità divinatorie per prevedere che la Corte Costituzionale avrebbe annullato tale disposizione, per cui si era suggerita la massima cautela nell’avvalersi di tale norma. Ciò che si temeva è accaduto: con la sentenza n. 309 del 21 novembre 2011 la Corte Costituzionale ha annullato l’Articolo 27 come interpretato dall’Articolo 22 giacché esso, “nel definire come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma, è in contrasto con il principio fondamentale stabilito dall’Articolo 3, comma 1, lettera d), del DPR n. 380 del 2001”, che invece qualifica tali interventi come nuove costruzioni. Ora è iniziata la “caccia alle streghe”: i comuni stanno verificando i numerosi titoli abilitativi riguardanti progetti redatti applicando le norme citate, onde valutare se ricorrano i presupposti per procedere al loro annullamento ed alla conseguente demolizione delle opere eseguite in attuazione degli stessi. Dopo di che toccherà ai giudici amministrativi pronunciarsi sulle cause concernenti analoghi progetti, già proposte o che dovessero essere
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proposte in futuro dai vicini lesi dalle opere relative. Tutto ciò rischia evidentemente di provocare ingenti danni economici, a carico degli operatori che si sono fidati del legislatore regionale. Fustigare la “casta” dei politici è diventato un gioco di moda ormai alquanto stucchevole, tuttavia il problema è reale: se il consiglio regionale approva una norma che più di un giudice amministrativo ha preannunciato di ritenere incostituzionale, se successivamente tale norma viene puntualmente annullata dalla Corte Costituzionale, e se ciò procura concreti danni economici ai cittadini che hanno fatto affidamento su di essa, perché i consiglieri regionali che l’hanno approvata non dovrebbero risarcire tali
danni? Anche alla luce della normativa comunitaria, la loro irresponsabilità può arrivare fino a questi livelli? Nell’attesa di concrete risposte, è bene che gli operatori interessati si attivino tempestivamente per tentare di evitare danni che poi sarà quanto mai difficile farsi risarcire. Intanto attenzione! Un altro problema si nasconde dietro l’angolo. Applicando i principî enunciati dalla Corte Costituzionale si deve ritenere che, nonostante la lettera “b” del citato Articolo 27 non lo dica espressamente, debbano essere escluse dal novero delle opere di manutenzione straordinaria quelle che comportino modifiche delle destinazioni d’uso. Anche in questo caso, dunque, operare con la massima cautela è d’obbligo. Walter Fumagalli
PRIMA IN ITALIA LA LEGGE REGIONALE LOMBARDA
IL SUOLO COME BENE COMUNE
Per la prima volta in Italia una Regione riconosce il suolo quale bene comune
Il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato, il 21.12.2011 la legge che stabilisce che il suolo è un patrimonio di tutta la comunità. Si tratta di una modifica alla L.R. 31/2008, testo Unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, che sancisce per la prima volta in Italia questo principio fondamentale, come recita l’Articolo 4-quater della norma: “la Regione riconosce il suolo quale bene comune”. È un primo passo, ma significativo nella direzione di riconoscere, anche a livello normativo, da parte delle amministrazioni pubbliche locali, che il consumo di suolo sta assumendo dei caratteri di estrema gravità nel nostro Paese. La Lombardia ha avuto un periodo di grande crescita economica e urbanistica che ha comportato notevoli conseguenze sul piano ambientale. Questa situazione è stata esposta nell’ultimo Rapporto 2011 di Legambiente e Politecnico, pubblicato in D. Bianchi, E. Zanchini (a cura di), Ambiente Italia 2011, Legambiente 2011,
Ed. Ambiente. Negli ultimi quindici anni, si afferma nell’indagine, il consumo di suolo è cresciuto in modo incontrollato. La descrizione esatta del consumo di suolo nelle regioni italiane riferibile al 2010 mostrava la Lombardia in testa con il 14% di superfici artificiali sul totale della sua estensione, seguita dal Veneto con l’11%, dalla Campania con il 10,7%, dal Lazio e dall’Emilia Romagna con il 9%. I primi risultati del 2011 rivelano però che anche altre regioni, Molise, Puglia e Basilicata che, pur conservando un forte carattere rurale, stanno conoscendo una accelerazione dei processi di trasformazione delle aree agricole in superfici urbanizzate. Allo scopo di monitorare lo stato delle dinamiche territoriali in corso nella nostra regione, è stato fondato anche un nuovo centro studi, Il Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo (CRCS) che nasce da un protocollo d’intesa siglato tra l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e Legambiente ONLUS. Il Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo
(CRCS) si avvale anche della collaborazione di altri soggetti associativi istituzionali ed accademici, tra cui il Politecnico di Milano. Nell’ambito di questo sforzo conoscitivo si inserisce anche l’attività di Regione Lombardia che, in collaborazione con ERSAF, ha avviato e consolidato nel tempo un presidio stabile di monitoraggio dell’uso del suolo con aggiornamento delle banche dati derivanti anche da immagini aeree rilevate storicamente. Manuela Oglialoro
AVVIATA UN’INDAGINE SUL CONSUMO DEL SUOLO IN LOMBARDIA
PARTE IL PROGETTO SOIL
La Lombardia è la prima regione europea che finanzia, insieme al Centro Ricerche della CE, uno studio sullo stato dei suoi territori agricoli
È stato avviato in Lombardia, nel corso del 2011, il Progetto Soil finanziato dal Centro Ricerche della Commissione
Europea (Joint Research Centre) e dalla stessa Regione Lombardia. L’obiettivo prioritario del progetto è il controllo dello stato dei suoli agricoli del territorio lombardo al fine di delinearne lo stato di salute ed il livello di compromissione dovuto all’inquinamento. La Lombardia è la prima regione in Europa ad intraprendere questa indagine innovativa che si basa su di un approccio multidisciplinare che tiene conto anche del concetto di biodiversità. Le attività di ricerca procedono attraverso l’individuazione e la valutazione di un insieme significativo di indicatori ambientali e con analisi di tipo chimico e biologico
sulla fertilità dei suoli. Al Progetto Soil, guidato dal prof. Gian Maria Beone della Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica di Piacenza, partecipano esperti di università e di centri di ricerca nazionali ed internazionali. I risultati di questo studio, miranti ad individuare con esattezza le aree contaminate, potranno essere utili nella determinazione di politiche di intervento nel campo della tutela del mondo agricolo, della qualità dei suoli e della salute dei consumatori. M.O.
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PROFESSIONE l NEWS
LETTURE / 1
Nuovi architetti: istruzioni per l’uso
Come, i giovani architetti, possono avviare la loro professione? Dove possono cominciare a lavorare e quali sono i fattori con cui devono confrontarsi? E, ancora, come può uno studio riuscire a interpretare la coscienza collettiva e, allo stesso tempo, evitare di incorrere in errori? Una recente pubblicazione, Manual for Emerging Architects, proposta da Wonderland, la piattaforma per l’architettura europea, cerca di affrontare questi, ed altri temi, offrendo risposte e suggerimenti operativi. È dal 2002 che un gruppo d’esperti studia gli aspetti professionali, economici e sociali dell’architettura, incentivando l’organizzazione di convegni in grado di innescare scambi fra rappresentanti della professione di tutta Europa e costruendo ricerche che possano avere una specifica divulgazione attraverso pubblicazioni o in apposite mostre. Il manuale si costruisce per sezioni: nella prima ci si confronta con il problema del luogo in cui cominciare l’attività tenendo presente le differenze dei diversi Paesi; nella seconda vengono messi in evidenza gli errori da evitare, e si affronta il tema della crisi sottolineando come da essa possano anche nascere nuove idee. Quindi, in un’altra sezione, viene approfondito il tema della specializzazione e, nell’ultima, le modalità da seguire in
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fase di partecipazione a concorsi. Parallelamente, per ogni questione, vengono anche introdotti i contributi di esperti. Ognuno dei capitoli di cui si compone il volume fa riferimento a una precedente pubblicazione – “Wonderland – Platform for Architecture” – una rivista distribuita insieme a A10, New European Architecture. Wonderland Manual for Emerging Architects si pone l’obiettivo, dunque, di parlare non tanto di architettura, ma di architetti, non tanto del lavoro prodotto dagli architetti, ma piuttosto dei modi per realizzarlo.
Wonderland platform for european architecture Silvia Forlati e Anne Isopp con Astrid Piber Wonderland Manual for Emerging Architects Springer, Wien, 2012 pp. 350, € 40,13
D.L. N. 1, 24 GENNAIO 2012
Novità in materia di tariffe Pubblichiamo, qui di seguito, un comunicato apparso sulla pagina web del sito dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Milano, cui rimandiamo. L’Art. 9 del D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012 ha abrogato le tariffe professionali vigenti, così come tutte le disposizioni legislative che ad esse rimandano. In seguito, con decreto del Ministero della Giustizia, saranno definiti i parametri nel caso di liquidazione
da parte degli organi giurisdizionali. La misura del compenso pattuito al momento dell’incarico dovrà essere resa nota, sotto forma di preventivo, al committente e dovrà essere adeguata all’importanza dell’opera, al grado di complessità dell’incarico ed espressa indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo comprensive di spese, oneri e contributi senza mai richiamare la tariffa professionale. Il provvedimento è in vigore dal 24 gennaio, ha natura di decreto e pertanto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Alla luce di questa novità normativa, tenuto conto dell’abrogazione delle tariffe professionali e dell’impossibilità di richiamarle, provvederemo a eliminare dal sito dell’Ordine il software per il calcolo della parcella, nonché tutte le indicazioni che fanno riferimento alla tariffa professionale. Il richiamo alla tariffa per la determinazione del compenso renderà nulla la clausola contrattuale. Il Consiglio dell’Ordine predisporrà un nuovo servizio di consulenza aperto agli iscritti e ai committenti, per verificare la congruità degli elaborati rispetto a quanto definito nel contratto, e per indicare i ruoli e i compiti del professionista di fronte alle esigenze del committente, nel rispetto degli obblighi di legge. Uno strumento, questo, che permetterà di definire meglio i contenuti di base per la redazione di un corretto disciplinare d’incarico.
LETTURE / 2
Le onde di Aalto Il libro documenta dettagliatamente un progetto elaborato da Alvar Aalto e mai realizzato. Si tratta di un complesso residenziale che avrebbe dovuto costruirsi nella periferia ovest di Pavia.
Il progetto, redatto fra il 1966-68, consisteva in un insediamento di grandi dimensioni (avrebbe potuto ospitare oltre 12.000 abitanti) ed era stato commissionato da un importante impresario pavese quale proposta di variante al Piano Regolatore Generale. La storia del progetto è documentata attraverso la pubblicazione dell’intera relazione, di numerose immagini – disegni, fotografie del modello – e di disegni di progetti analoghi, sempre elaborati da Aalto, oltre ad alcuni fotomontaggi realizzati dall’autore.
MOSTRE
Milano Dencity Lab Dal 17 gennaio al 3 febbraio scorsi, si è tenuta, presso l’Urban Center di Milano, una piccola mostra dedicata al tema della costruzione delle case basse ad alta densità. Si è trattato dell’esposizione del lavoro svolto dai giovani studenti del Laboratorio di progettazione dell’Architettura del secondo anno tenuto, presso la Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, dai professori Francesca Di Gennaro, Claudio Sangiorgi, Giovanni Bassi e Fabio Vanerio. 18 modelli in scala 1:200, una serie di disegni e 18 quaderni – è su queste pagine che è possibile ripercorrere le fasi del progetto dall’ideazione allo studio della soluzione tecnico-costruttiva adottata – hanno mostrato l’esito di una ricerca sull’abitare nella città di Milano declinata in termini di housing e sostenibilità e applicata a contesti differenti, da quello centrale a quello semiperiferico alla vera e propria periferia. La mostra, fra l’altro, ha avuto il merito di documentare “all’esterno della scuola” una impostazione didattica praticata da ormai parecchi anni, e fondata sull’idea del progetto come luogo della collaborazione e della sintesi delle diverse competenze compositive e tecniche.
Rossi. Le difficoltà di realizzazione di un parcheggio sotterraneo da costruire sotto la Darsena e previsto dal Piano Parcheggi della Giunta Albertini segnavano un punto di arresto al progetto che moriva definitivamente con la cancellazione del piano Albertini da parte della Giunta Moratti nell’ottobre 2011 sancita da una sentenza della corte costituzionale. Il 12 gennaio 2012 il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, insieme all’amministratore delegato di Expo 2015 s.p.a. Giuseppe Sala, hanno presentato il piano di riqualificazione della Darsena di Milano e dell’area contigua come parte del più generale piano del progetto delle Vie d’Acqua previsto per la futura Expo. 17 milioni di Euro – dei 175 riservati al progetto delle vie d’acqua – sono stati destinati alla realizzazione del progetto vincitore del concorso. Si tratta di una somma molto inferiore a quella stabilita ormai otto anni fa. Il progetto dovrà quindi fare necessariamente conto con delle limitazioni che nelle parole dei progettisti, riguarderanno le aree limitrofe alla Darsena. L’area tra piazza Cantore e piazza XXIV Maggio cambierà faccia attraverso una nuova pavimentazione e un ponte a collegamento delle due sponde. Lungo viale D’Annunzio si realizzerà una promenade alberata con un ampliamento della banchina per spettacoli; un ponte mobile all’altezza della confluenza con il Naviglio Grande garantirà l’accesso alle due rive opposte. Piazza XXIV Maggio, in parte pedonale, sarà arricchita di uno specchio d’acqua reso possibile dalla riapertura del Ticinello che scorreva sotto la porta del Cagnola. Le banchine verranno abbassate a pelo d’acqua. Se tutto andrà come da programma, nel 2014 la Darsena potrà tornare ad essere il porto di Milano.
EXPO 2015
Darsena il nuovo porto di Milano Vittorio Prina Alvar Aalto. Progetto di complesso residenziale a Pavia Gangemi, Roma, 2011 pp. 206, € 28,00
Ci voleva l’Expo del 2015 per sbloccare definitivamente la questione, ormai annosa, del totale abbandono della Darsena di Milano. Nel 2004 un concorso internazionale selezionava come vincitore il progetto di Jean-François Bodin, Edoardo Guazzoni, Paolo Rizzato, Sandro
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PROFESSIONE | CONCORSI
COMUNE DI PRESEZZO (Bergamo) via Vittorio Veneto 1049 tel. 035.464611 www.presezzo.net Concorso di idee dicembre 2010 – novembre 2011 RIQUALIFICAZIONE DEL COMPARTO EDILIZIO UMI-1 “AREA EX-CASERMA MOIOLI” DA ADIBIRE A STRUTTURE PUBBLICHE, PIAZZA, PARCHEGGI, VERDE E VIABILITÀ Commissione giudicatrice composta da: arch. Costantino Bonomi ing. Guerino Belotti arch. Marco Bovati arch. Gianluca Della Mea ing. Ferruccio Galmozzi arch. Carlo Berizzi 1° premio: € 5.000 2° premio: € 3.000 3° premio: € 1.000
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R I Q UALIFICAZIONE DELL’AREA DELL’EX CASERMA MOIOLI A PRESEZZO L’obiettivo del concorso è delineare lo sviluppo della nuova centralità di Presezzo attraverso una spesa non superiore ai 10 milioni di euro (già in parte stanziati) e attraverso indicazioni da porre alla base di una successiva progettazione più di dettaglio, da affidare a operatori privati e pubblici (mercato, municipio, housing sociale) . Presezzo è un comune di quasi 5.000 abitanti situato a circa 8 chilometri a ovest di Bergamo; è tagliato da ovest a est dalla strada provinciale, lungo la quale si concentrano tutti i negozi, i bar principali e il Municipio. La proposta vincitrice, elaborata da Paolo Crippa, Roberta Cattorini, Stefano Diene – (crds architetti Milano), ha affrontato il tema della ridefinizione urbana, considerando
la necessità di conservazione della “fabbrica” edilizia esistente, quale testimonianza delle origini culturali della comunità. La nuova centralità dovrà creare un rappresentativo luogo di aggregazione sociale, culturale, commerciale, facilitando l’interazione con il nucleo storico, gli spazi aperti, l’oratorio e i parchi cittadini; essa dovrà essere inserita in un’efficiente rete di connessioni ciclopedonali a partire dalla razionalizzazione dell’accessibilità veicolare e della sosta. L’occasione fornita dal ricco e non del tutto compromesso sistema ambientale del torrente Lesina che attraversa il paese - già oggetto di importanti politiche di salvaguardia, valorizzazione e regimentazione delle acque - permette di pensare la nuova centralità come
Un grande tetto che copre strutture nuove ed esistenti, diviene l’elemento di costruzione e caratterizzazione del nuovo centro urbano di una piccola città
1° classificato Paolo Crippa (Ranica - BG) Roberta Cattorini, Stefano Diene crds architetti (Milano)
luogo di mediazione tra l’acqua e il sistema degli spazi aperti e dei suoli. Il progetto ridisegna, quindi, le potenzialità del sito offrendo un nuovo ruolo, non solo alle aree in esame, ma all’intero territorio di Presezzo, che diviene parte integrante di un più vasto e strutturato sistema ambientale e di servizi. Una grande copertura trasversale avvolge le diverse strutture esistenti, e di nuova realizzazione, organizzandole attorno a un rinnovato sistema di piazze e spazi aperti. Il grande tetto si estende a coprire una porzione di parco, celando, sotto di sé, le attrezzature pubbliche della palestra e della sala civica. Le funzioni istituzionali sono organizzate entro la struttura muraria dell’originaria filanda e dell’edificio della ex caserma. Il recupero di quest’ultima è volto alla valorizzazione del bene storico, ma non rinuncia all’inserimento di componenti tecnologiche avanzate. Per esempio, la nuova sala del consiglio comunale è pensata come scatola totalmente vetrata e inserita entro l’area pertinenziale delle corti, a rappresentare la trasparenza dell’azione politica e amministrativa comunale. Per quel che concerne la realizzazione, si è provveduto ad individuare 4 lotti di intervento: il primo prevede l’agorà
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PRECISAZIONE A PROPOSITO DELL’ARTICOLO COMPARSO SU “AL” 485 ALLE PP. 34-36
commerciale e la viabilità di accesso, i parcheggi scoperti e interrati, le principali destinazioni commerciali come il supermercato, la banca, il ristorante/bar, le poste, i negozi, gli spazi aperti ad essi connessi e la grande copertura cardine
del progetto; il secondo, il risanamento del Municipio e le moderne integrazioni edilizie; il terzo, i luoghi del tempo libero (palestra, sala civica, parco, connessioni ciclopedonali); il quarto l’housing sociale. Roberto Gamba
Il Comune di Sarnico ha avviato negli ultimi sei anni un ampio programma di riqualificazione degli spazi aperti, che ora prosegue nel ridisegno del centro storico e del sistema delle piazze centrali: con questi obiettivi si è scelto di bandire due distinti Concorsi di Architettura, specifici per le problematiche da affrontare. Si è optato per il “Concorso di Idee”, al fine di consentire una seria valutazione dell’idea progettuale, senza tuttavia appesantire i concorrenti con inutili approfondimenti esecutivi; la collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Bergamo è stata di fondamentale supporto per la stesura di entrambi i bandi. Sarà nostra cura, appena disponibili i canali di finanziamento, contattare i progettisti vincitori per valutare le possibilità di proseguire la collaborazione. Alla luce di queste motivazioni, ci permettiamo di dissentire sulle ultime righe dell’articolo ove si riferisce degli esiti del primo Concorso di Idee. Crediamo, infatti, che le conclusioni espresse, alquanto dure nei confronti di questa Amministrazione, siano state ingenerose riguardo le ragioni dell’operato del Comune di Sarnico. Cogliamo in ogni caso l’occasione per esprimere il personale apprezzamento per i contenuti e la serietà della rivista. arch. Aurelia Belotti, Assessore all’Urbanistica, Comune di Sarnico e arch. Franco Balbo, Responsabile del Servizio, Comune di Sarnico
GLI ALTRI CLASSIFICATI
2° classificato MANGASTUDIO (Faenza): Alessandro Bucci Architetti, Marcello Galiotto, Nicola Montini, Alessandra Rampazzo, Gian Luca Zoli
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3° classificato Marcello Fiorina (Bergamo), Angelo Colleoni, Lucio Fiorina, Federico Zecchi, Laura Zanga
ALTRI CONCORSI EXPERIENCE SPACE - NETBOX - ECOMUSEO DELLE OROBIE A VILMINORE DI SCALVE (BERGAMO) LUGLIO 2010 – FEBBRAIO 2011
Concorso di idee, promosso dal Dipartimento INDACO del Politecnico di Milano, con Marchingenio, Green Innovation, Ecomuseo delle Orobie Art Container (sede presso la Comunità Montana di Scalve), aperto a coloro che abbiano massimo 30 anni. Il concorso richiedeva lo studio di nuove soluzioni temporanee e low cost per spazi di accoglienza, ospitalità, info-point eco-compatibili, da situare in aree di montagna, attraverso la progettazione di sistemi modulari basati sull’utilizzo del modulo base del container.
1° classificato Andrea Chiarelli, Erica Coricciati, Valentina Guerzoni, Davide Mantesso (Ferrara)
2° classificato Lucia Angelini (Bergamo), Enrico Ferraresi (Ferrara), Marco Medici (Mirandola), Gabriella Dora Romito (Fasano di Brindisi)
VALORIZZAZIONE DEL SITO ARCHEOLOGICO “VALZEL DE UNDINE” A BORNO (BRESCIA) DICEMBRE 2010 – MAGGIO 2011
Concorso di idee per la valorizzazione del sito archeologico denominato “Valzel de Undine” attraverso la realizzazione di una struttura di copertura al di sotto della quale esporre i monumenti istoriati del III millennio a.c. rinvenuti e illustrare un percorso didattico mediante pannelli informativi che descrivano le campagne di scavo effettuate e i ritrovamenti avvenuti.
1° classificato Guido Luigi Ferrari Paratico (Brescia)
RISTRUTTURAZIONE “CASA DEL DOTTORE” E RELATIVE AREE DI PERTINENZA A CIRIMIDO (COMO) GENNAIO – LUGLIO 2011
Concorso di idee per la ristrutturazione dell’immobile di via XX Settembre denominato “Casa del Dottore” e delle relative aree di pertinenza. Il concorso nasce dalla necessità di realizzare nuove strutture per le associazioni presenti a Cirimido. L’obiettivo è recuperare, riutilizzare, spazi e strutture, come testimonianza delle trasformazioni e contestualizzare gli immobili pubblici carichi di storia e di cultura.
1° classificato Chiara Longoni (Inverigo - CO), Roberto Songini (Sondrio)
2° classificato Valerio Tolve (Milano)
3° classificato Michele Stillittano (Correzzana - MB) collaboratori: Francesco Stillittano, Daniele Capoluongo
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OMNIBUS
Eisenman su Rossi e Berlino Venerdì 27 gennaio, Giornata della Memoria. Nella giornata del “ricordo” l’Accademia di Brera di Milano e il Dottorato di Progettazione architettonica del Consorzio delle Facoltà di Architettura Napoli, Palermo, Parma, Reggio Calabria, ha conferito, honoris causa, il diploma di formazione alla ricerca artistica in arti visive, all’architetto americano Peter Eisenman per il suo “contributo al dialogo arte-architettura e in particolare all’originale opera di costruzione della memoria rappresentata dal Monumento all’Olocausto di Berlino”, inaugurato nel 2004 e tema della lectio magistralis dal titolo Architecture and Art. The Holocaust Memorial in Berlin. Può un monumento – l’etimologia, va ricordato, fa riferimento al verbo greco ricordare e al latino moneo, ammonire ma anche, per esteso, ricordare – essere architettura, si è domandato Eisenman. E nello specifico dell’Olocausto è possibile rappresentare un punto di vista “politico e sociale” e allo stesso tempo non tradire la ragion d’essere dell’architettura? La descrizione del progetto ha permesso di chiarire come ad entrambe le domande si possa dare una risposta affermativa. Il memoriale evoca la solitudine e il senso di perdita dell’uomo di fronte a
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quello spazio costruito, così diverso dal quotidiano cui si è abituati. Eisenman ha ricordato che, all’epoca dell’inaugurazione, il filosofo Giorgio Agamben aveva pubblicato sul settimanale tedesco “Die Zeit” un articolo in cui esaminava due tipi di memoriali possibili: quelli non “memorilizzabili” e quelli, invece, definiti dalla memoria propria dell’archiviazione. Agamben sosteneva allora che il Memoriale di Berlino aveva la forza di conseguire entrambi gli obiettivi: la distesa dei parallelepipedi simbolo della tomba evoca, infatti, l’immemorabile mentre, al piano interrato, il museo rappresenta la memoria dell’archiviazione. Terminata la lectio magistralis, Gregorio Carboni Maestri insieme ad Emanuela Nolfo, hanno illustrato il progetto di conservazione e valorizzazione del Memoriale Italiano di Auschwitz, progettato dallo studio BBPR nel 1979 con il contributo di Pupino Samonà, Luigi Nono, Primo Levi e Nelo Risi, attualmente sigillato e quindi non visitabile, e oggetto di una mostra aperta presso la chiesa sconsacrata di San Carpoforo. La venuta di Peter Eisenman a Milano è stata anche l’occasione per presentare
la nuova edizione de L’architettura della città di Aldo Rossi, edita da Quodlibet e da Abitare. Moderato e introdotto da Manuel Orazi della casa editrice Quodlibet, Eisenman, il 26 gennaio, ha “amabilmente” dialogato con il pubblico. Le sue parole, che hanno ripercorso da un lato l’esperienza americana di Aldo Rossi e dall’altra la sua, quella di architetto americano venuto in Italia per partecipare ad alcune mostre – Triennale e Biennale – curate da Rossi stesso, hanno reso evidente il grande rapporto di amicizia e di stima che ha legato i due maestri. Il risultato di queste frequentazioni è stata la pubblicazione negli USA di alcuni scritti di Rossi sulla rivista “Oppositions”, di cui Eisenman, negli anni Settanta, era direttore e, successivamente, la traduzione e pubblicazione dei due più importanti libri del Maestro italiano, L’autobiografia scientifica – che uscirà prima in inglese negli USA, e che sarà tradotta in Italia qualche anno dopo – e, successivamente, L’architettura della città, giudicata da Eisenman uno dei libri più importanti della cultura architettonica contemporanea. X Martina Landsberger
Idee di un architetto danese Utzon è architetto danese conosciuto dai più – forse, si potrebbe dire, riconosciuto – per il progetto dell’Opera House di Sidney, la grande struttura costruita, nella seconda metà degli anni Cinquanta, direttamente sul mare, “orientata verso la baia”, e costituita da “una serie di coperture, legate l’una all’altra, che ricordano le vele di una nave”, appoggiate su un grande basamento in cui trovano posto tutti i servizi: così scrive Rafael Moneo nel saggio, inedito, che conclude il volume. Meno conosciuto di certo Utzon lo è per i suoi scritti, come pure meno noti sono i pochi edifici che, nell’arco di una lunga vita dedicata all’architettura (1918-2008), è riuscito a realizzare. Il piccolo libro, uscito qualche mese fa per merito della casa editrice Marinotti, propone, o meglio chiarisce, l’idea di architettura che sta alla base di ognuno dei progetti dell’architetto danese, il suo punto di vista sull’architettura, sul modo di rapportarsi alle esigenze della contemporaneità da un lato e sulla necessità di trovare sempre, e continuamente, una relazione con quanto nell’architettura della storia si è dato. Su questo tema il libro raccoglie sette scritti – due di essi sono conversazioni elaborati nell’arco di circa cinquant’anni. Un linguaggio semplice, a volte fatto di pensieri che all’apparenza paiono ingenui, ripercorre le questioni affrontate ogni volta nel progetto. E la chiarezza e la semplicità sono tali da non rendere necessaria la pubblicazione parallela di immagini – disegni e fotografie –, materiali rispetto cui verificare ogni
singola affermazione. In questo modo una serie di temi – questioni classiche, ricorrenti nella cultura architettonica – si rincorrono con l’obiettivo di rendere evidente quanto l’architettura sia un fatto razionale in cui ogni scelta deriva dalla necessità di costruire un “ragionamento” coerente con l’enunciazione dell’idea su cui il progetto si fonda. In questo senso, ciò che appare con evidenza, è quanto la formulazione dell’idea risulti determinante per la definizione del progetto. Questa, l’idea alla base del progetto, deriva sempre dalla capacità di conoscere, e riconoscere, nella realtà i temi con cui confrontarsi: “è necessario essere in sintonia con il proprio tempo e con il proprio contesto, e trovare ispirazione nelle sfide che ci si presentano, affinché i dati e i diversi fattori in questione trovino un’unità e si traducano in linguaggio architettonico. Allo stesso tempo l’architetto deve possedere la capacità di immaginare e di creare, una capacità che a volte prende il nome di fantasia, altre volte di sogno”, scrive Utzon. Sognare, e realizzare, una casa che sappia “difendersi” dal clima della Danimarca e allo stesso tempo che ne sappia sfruttare ed esaltare gli elementi positivi. Sognare e realizzare un insediamento residenziale ad alta densità collocato in un’area di ridotte dimensioni, in cui sia garantita a ogni famiglia la possibilità di vivere liberamente lo spazio della propria casa: “L’esterno della casa è semplice ed esprime un’idea di comunità – scrive Utzon -. All’interno invece le case sono
molto diverse l’una dall’altra (…)”. O ancora, sognare una grande strada centrale coperta, luogo della rappresentazione della funzione più importante svolta nel Parlamento: l’incontro dell’emiro – siamo nel Kuwait – con il suo popolo. In Utzon ognuno di questi sogni prende forma dalla consapevolezza che, prima di affrontare un progetto, è necessario sempre “essere capaci di immaginare la vita della gente”. X M.L.
Jørn Utzon Idee di architettura. Scritti e conversazioni Marinotti, Milano, 2011 pp. 106, € 13,00
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Ali nuove al museo di Isabella Stewart Gardner Il 19 gennaio scorso è stato inaugurato a Boston l’ampliamento dell’Isabella Stewart Gardner Museum, progettato da Renzo Piano. La casa-museo originaria inaugurata il 1 gennaio del 1903, fu fatta costruire dalla collezionista e filantropa americana Isabella Stewart Gardner (1840-1924) sul modello dei palazzi rinascimentali veneziani. Questo scrigno d’arte, edificato attorno a un giardino fiorito, ospita una raccolta di opere considerata a lungo la più importante collezione privata in America: oltre 2500 esemplari, tra manufatti e disegni architettonici europei e americani (spiccano i quadri di Tiziano, Giorgione, Piero della Francesca e il primo dipinto di Matisse acquisito da un museo statunitense). Le opere furono collezionate dalla mecenate nel corso di una vita costellata di viaggi e animata dall’amicizia con gli intellettuali più celebri del suo tempo. Tra questi gli scrittori Edith Wharton ed Hernry James (di cui Isabella fu verosimilmente musa per Ritratto di signora), lo psicologo e filosofo William James (fratello di Henry) e il maggior conoscitore del Rinascimento italiano Bernard Berenson (che Isabella supportò a lungo negli studi e divenne poi suo consigliere per l’acquisto delle opere). Isabella ebbe anche un ruolo nella scoperta del pittore John Singer Sargent a cui offrì uno studio nel museo che questi usufruì per venti anni. Isabella arrivò a Boston nel 1860 da New York - dove le donne erano maggiormente stimate - per sposare Lowell Gardner, uno dei più influenti cittadini. Esuberante, energica, anticonformista, fu oggetto di scandali e vista con diffidenza dall’alta società bostoniana. Tra i primi patroni femminili delle arti, Isabella sostenne i servizi sociali della comunità. Convinta che il suo Paese avesse bisogno d’arte, con l’eredità del padre acquistò i tesori artistici della famiglia Medici in Europa e per custodirli edificò il palazzo veneziano dei suoi sogni, che riempì con una comunità di artisti, scrittori e musicisti. In
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ricordo di questo passato, oggi il Gardner Museum ospita concerti di livello internazionale e gestisce una residenza per artisti, ricercatori e scrittori. L’ampliamento del Museo – che sorge nel quartiere del noto Museum of Fine Arts - è stato realizzato con un budget di 118 milioni di dollari per far fronte ad un aumento di visitatori che cresce di 200.000 ogni anno (contro i 2000 l’anno di un secolo fa). Realizzata in vetro e rame ossidato, la nuova ala del museo sfrutta la luce naturale e raddoppia quasi la superficie originaria; un atrio di vetro con accesso e biglietteria introduce una serie di serre e viste sui giardini e sul palazzo storico; la performance hall a pianta quadrata, senza palco, si erge in verticale, col pubblico disposto
a terra sui 4 lati e su 3 balconate; vi sono inoltre spazi dedicati ad attività educative, due appartamenti per gli artisti residenti, un museum shop, un caffè con cucina, una special exibition gallery e una living room con divani e tavoli da lettura, in cui viene servito il tè pomeridiano, perpetrando la tradizione di ospitalità della fondatrice. Qui il visitatore è posto a suo agio, ricordando l’essenza del palazzo di Isabella dove spazi pubblici e privati si intersecano continuamente. Paradossalmente, l’ampliamento del museo trasgredisce le volontà della Gardner che aveva chiesto che nulla fosse tolto, aggiunto o spostato (compresa l’ubicazione delle opere, scelta per giustapposizione di forma e colore piuttosto che per provenienza e cronologia: l’allestimento delle stanze
Errata corrige Pubblichiamo qui di seguito l’articolo “Testamenti traditi” che, per un disguido tecnico, non è stato pubblicato per intero sul numero scorso di “AL” 486, novembre - dicembre 2011.
è un’opera in se stessa). Ma ancor prima il museo era stato alterato e gravemente danneggiato: un furto da parte di ladri vestiti da poliziotti, nel 1990, ha sottratto tele di Rembrandt, Manet, Degas, per un valore di quasi 300 milioni di dollari. Altri furti si sono susseguiti negli anni, ma i quadri non sono stati assicurati perché Isabella credeva che grazie alle raffigurazioni di San Pietro e San Lorenzo il museo sarebbe stato protetto da furti e incendi. La decisione di non assicurare i tesori contenuti nel palazzo è tuttora rispettata. X Irina Casali
Il volume si apre con un’introduzione di Maria Antonietta Crippa, seguono i due saggi degli autori, rispettivamente filosofa e architetto, che collocano la riflessione di Valéry sull’architettura nel contesto culturale del suo tempo, attribuendo a questa disciplina un ruolo primario nel pensiero del poeta. In calce sono pubblicati appunti e tavole inediti tratti dai Cahiers (quasi 27000 pagine di disegni, schizzi, frammenti), diario compilato - dal 1894 al 1945 ogni giorno nelle prime ore del mattino: quando tutto ha da venire e ogni gesto ancora possibile. La sera, viceversa, è tempo di raccolti, bilanci, esposizioni. Questo materiale, è noto, non era destinato alla pubblicazione. I diari sono un viaggio che l’autore intraprende con se stesso nel bisogno di afferrarsi, sono vita che si guarda svolgere; spunti, dubbi, domande, correzioni, fragili segni di un passaggio, pura testimonianza di un esserci, senza alcuna pretesa di compiutezza. Voler tradurre tutto ciò in un pensiero organico suona come un tradimento, ed è questo forse il destino di ogni testamento, essere tradito, come direbbe Kundera, che condanna, Max Brod per aver pubblicato i diari e i manoscritti di Kafka violando le volontà dell’amico che desiderava dar tutto alle fiamme. Gesto ambiguo, carico di pericoli, come ogni scelta, che da un lato consegna il pensiero alla storia e dall’altra lo scardina dalla sua caducità, inscritta nella cifra stessa della vita che si dipana mutando ogni forma rigida. Nel testo compiuto, che sia saggio, poesia, letteratura, leggiamo la solidità dell’edificio costruito, qualcosa che ha la volontà e la forza di perdurare. Ma cos’è la parola prima del discorso? Prima del pensiero? trampolino, salto, possibilità, ma anche fosso, caduta, oscurità. Ciononostante c’è qualcosa che emerge con forza dai frammenti: l’architettura è “primo amore”, essa è metro, struttura, archetipo, origine e fine del fare dell’uomo che ha nel costruire la propria vocazione. “...L’architettura carica il nostro animo del sentimento totale delle facoltà umane”. Sintesi suprema tra volere e potere, materia e forma, l’architettura organizza la molteplicità dei possibili in un gesto che disciplina e supera i confini dell’esistenza umana. ”L’idea stessa di costruzione che è il passaggio dal disordine all’ordine e l’uso
dell’arbitrio per rispondere alla necessità si era fissata in me come il tipo di azione più bello e completo che l’uomo possa proporsi”. In mezzo al caos informe che è l’esistenza, l’architettura diviene sintesi dell’arte, metafora del gesto poietico. Essa esprime l’energia primordiale del fare. Quel fare che definisce l’essenza dell’uomo nella lotta per l’affermazione della propria identità; una conquista dello spirito attraverso la materia della vita. Che la materia, si sa, offre resistenza ad essere plasmata secondo regole auree, perchè la perfezione non è di questo mondo: numeri, idee, modelli restano lontani, a rimarcare la distanza tra dei e mortali. In questa nostalgia irrisolta risiedono il limite e la grandezza umane. L’architettura, attraverso il monumento, sembra alzare lo sguardo dell’uomo, misura di tutte le cose, oltre se stesso, ponendolo, come fosse eterno, al centro dell’universo. Tuttavia anche l’architettura passa, e ricorda Goethe, “ciò che passa non nè che un simbolo”. Nulla può strappare l’essere umano dalla propria condizione mortale. Ma in ciò risiede il sublime dell’uomo, teso tra umiltà ed orgoglio, prigioniero del proprio limite e padrone della propria libertà, costretto dalla carne a radicarsi e spinto dallo spirito a trascendere se stesso. Il volume si muove tra due opposti, la necessità di dare coerenza al pensiero di Valéry architetto, col rischio di qualche forzatura, e l’impossibilità che l’opera si compia, ma è proprio questo scarto, il restare un passo indietro, e denunciare l’alternarsi tra fatica e grazia, tra eroici furori e melanconici errori, che dona dignità all’opera. Chi, conoscendo Valéry, sperasse di trovare qui raccolti pensieri nuovi in merito all’architettura sarà probabilmente deluso, in primo luogo perchè l’autore non esprime un’idea originale di architettura (il suo pensiero rispecchia quello del proprio tempo), ma soprattutto perchè Valéry argomenta più estesamente le proprie tesi di architettura in altri scritti. Piuttosto, trarrà piacere chi, dietro lo scritto, vorrà scorgere l’uomo, e dietro le idee le prime impressioni, il farsi e disfarsi del divenire prima di essere cosa, immagine, segno o parola. X I.C. Giorgio Pigafetta, Patricia Signorile Paul Valéry architetto Jaca Book, Milano, 2011 pp. 214, € 26,00
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13 BIENNALE DI VENEZIA
Common Ground
David Chipperfield, direttore della 13 Mostra Internazionale di Architettura, intitola la manifestazione: Common Ground ad esprimere la necessità di “una cultura architettonica vitale e interconnessa che si interroghi sui territori condivisi, intellettuali e fisici”. L’architettura non dipende solo dal talento individuale, né si riduce alla celebrazione dell’autore o dell’edificio in sé, ma “deve ripensare in maniera radicale la sua maniera di essere e di servire nella società”. Chipperfield allude sia alla dimensione fisica dell’architettura, alla sua capacità di creare spazi di condivisione, che alla necessità di “indagare il significato degli spazi creati dagli edifici: gli ambiti politici, sociali, e pubblici di cui l’architettura fa parte”. Con ciò non s’intende smarrire il tema dell’architettura in speculazioni sociologiche, psicologiche o artistiche, “ma piuttosto cercare di ampliare la comprensione del contributo specifico che l’architettura può dare nella definizione del terreno comune della città”. L’argomento di quest’anno marca una svolta rispetto alle precedenti edizioni e fa eco alla crescente richiesta di responsabilità cui obbliga la crisi globale - evidenziata dalle proteste e dall’indignazione diffuse nel pianeta,
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che esprimono insoddisfazione per una concezione astratta e finanziaria dell’idea di comunità. Il concetto di Common Ground appare correlata all’idea di Bene Comune (un bene materiale o immateriale che può essere utilizzato da chiunque a titolo gratuito e che - come lo definì Tommaso d’Aquino - non è solo un diritto, ma anche un fine condiviso). “Ci lasciamo alle spalle un periodo caratterizzato più dall’ansia di produrre che dal desiderio di discutere, e il desiderio di esprimere forti identità correlate ad un’idea di architettura come brand ha finito con l’eludere l’altrettanto forte necessità di stabilire temi comuni in cui una società possa riconoscersi (…) Dobbiamo mettere a fuoco i processi attraverso cui un’idea individuale di architettura incontra le aspettative dei cittadini e che relazione stringe i desideri espressivi del singolo architetto con le ricadute della sua opera sulla città”. Raccogliendo quest’urgenza, che è insieme filosofica, economica, sociale, politica e morale, la prossima Biennale riscatta la funzione originaria dell’architettura, rilanciando la sua credibilità di fronte alla collettività. La Biennale si svolgerà dal 19 agosto al 25 novembre 2012 con 41 paesi partecipanti. I.C.
una mostra che, per la prima volta, ha presentato circa trentacinque disegni e il modello originale del progetto per il quartiere di San Giuliano alle Barene a Mestre. Il progetto è stato realizzato nel 1958 in occasione di un concorso indetto dal Comitato di Coordinamento dell’Edilizia Popolare (CEP). Il tema era la costruzione di un insediamento residenziale prospiciente la laguna veneta. La mostra è stata composta attraverso una selezione di disegni e schizzi articolati lungo un percorso che ha inteso, inizialmente, introdurre il visitatore a una prima conoscenza dell’opera dell’architetto romano. Seguivano, oltre alla parte dedicata a Mestre, tre sezioni intitolate: Visioni urbane in cui si racconta l’idea della nuova città satellite; La forma della struttura che indaga le infrastrutture della città; La struttura in cui viene approfondito il tema del tipo edilizio. Durante il periodo di apertura della mostra, il MAXXI ha anche ospitato una serie di incontri incentrati sui temi dell’opera di Quaroni e sul suo ruolo svolto all’interno del dibattito di architettura. In particolare una giornata è stata dedicata alla presentazione dell’archivio Quaroni oggi depositato presso la Fondazione Adriano Olivetti.
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MOSTRE / 2
Dopo Matera e Arezzo, città simbolo dell’impegno pratico e teorico di Ludovico Quaroni, a cent’anni dalla nascita, il MAXXI di Roma ha ospitato
È nel container che è possibile identificare l’andamento dell’economia: container vuoti indicano un momento sfavorevole; quelli pieni, invece, sono il simbolo di un tempo migliore. Dal 1956 il container – elemento di dimensioni standardizzate: 6,06 o 12,192 m di lunghezza per 2,44 m di larghezza e 2,59 m di altezza – è stato il modulo di trasporto attraverso cui svolgere il commercio in tutto il mondo. Oggi il container è diventato anche tema di progetto. Il NWR-Forum di Düsseldorf ha ospitato, lo scorso autunno, una mostra di progetti di architetti e designer noti, provenienti da tutto il mondo, che si sono cimentati, appunto, con il tema
Disegni di Quaroni al MAXXI
Progettare il container
dell’“architettura del container”. Più di cento progetti sono pervenuti a seguito dell’invito lanciato dall’organizzatore Werner Lippert. Due dozzine di essi hanno trovato realizzazione in modelli in scala 1:5 collocati al centro del museo, un’infilata di moduli tipo “lego” a dimostrare la natura ripetitiva e modulare dei “box” oggetto della mostra. Per il resto, la documentazione dei progetti si è avvalsa di fotografie e disegni.
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São Paulo Calling Promosso dalla Segreteria di Habitaçao e curato da Stefano Boeri, São Paulo Calling è un progetto che, fra gennaio e giugno di quest’anno, intende mettere a confronto le politiche adottate dalla Municipalità di Sãn Paulo con quelle di altre metropoli che, in Paesi molto distanti l’uno dall’altro, stanno affrontando il grande tema dell’abitazione informale. Per sei mesi una mostra itinerante rappresenterà le caratteristiche, le differenze e le ragioni degli insediamenti informali sorti in alcune metropoli: Roma, Nairobi, Medellín, Mumbai, Mosca e Baghdad. Allo stesso tempo, nei distretti di São Francisco, Cantinho do Céu, Bamburral, Heliopolis, Paraisópolis e nel centro della città di São Paulo, saranno organizzati sei workshop in cui saranno messe in luce le politiche e le esperienze “di vita” degli abitanti di queste parti di città.
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Il paesaggio del mondo dei trasporti milanesi Transport è una mostra fotografica allestita presso la Galleria RBContemporary di Milano. Risultato di una ricerca sul mondo dei trasporti iniziata in collaborazione con la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC nel 2010 per la rivista “AL”, la personale raccoglie le fotografie del giovane Marco Dapino. Il lavoro esposto, che si articola in tre
sezioni – Airport Signs ritrae la zona aeroportuale di Malpensa, Suburban Streets i raccordi periferici stradali e Light on Rails gli scali ferroviari milanesi – intende esplorare il paesaggio urbano, utilizzando il colore e la luce quali elementi capaci di disegnare spazio e movimento. Nella sezione Airport Signs Dapino si sofferma sulla rappresentazione dei tracciati e delle segnaletiche proprie delle piste aeroportuali, costruendo immagini definite da una sorta di “paesaggio grafico”. In Suburban Streets l’indagine si concentra sui raccordi stradali delle circonvallazioni esterne al perimetro della città di Milano, colte nelle ore di punta, alla sera. Light on Rails, infine, propone le immagini di alcune stazioni, luoghi deserti, abitati unicamente dalle scie luminose dei treni in movimento. Transport RBcontemporary, Foro Bonaparte 46, Milano 1 marzo – 6 aprile 2012
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La fotografia italiana vola a New York Peripheral Visions: Italian Photography in Context, 1950s – Present
Peripheral Visions: Italian Photography in Context, 1950s – Present
interpretazione che caratterizza la ricerca fotografica italiana degli ultimi cinquant’anni. L’intera opera esposta è consultabile, anche, nel bel catalogo edito dalla casa editrice Charta di Milano a cura di Antonella Pellizzari.
PREMIO PRITZKER 2012
Pritzker a Wang Shu
Una selezione di opere dei più importanti fotografi italiani impegnati nella ricerca di un’immagine diversa del loro Paese, sulla rappresentazione di un paesaggio segnato da netti limiti urbani, sugli elementi e caratteri marginali, sulle nuove identità del territorio che si è modificato di pari passo con la trasformazione industriale delle città italiane è visitabile a New York. Peripheral Visions: Italian Photography in Context, 1950s - Present è, infatti, la mostra aperta nella città americana presso l’Hunter College Art Galleries dal 3 febbraio scorso fino al prossimo 28 aprile. Essa presenta il lavoro dei maggiori fotografi di architettura italiani: da Paolo Monti e Mario Carrieri a Franco Vaccari, Ugo Mulas e Luigi Ghirri, fra gli altri. Le fotografie selezionate rappresentano, attraverso un approccio socio-documentaristico, gli anni dal 1950 fino 1970. Gli anni ‘80 si contraddistinguono invece per un’esplorazione più personale che conduce al modo più contemporaneo di guardare la città, spesso percepita come distante, fotografata dall’alto. Questa caleidoscopica interpretazione ha l’obiettivo di mettere in luce la diversità di espressione e
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L’architetto cinese Wang Shu, 48 anni, si è aggiudicato il Pritzker 2012 (il premio conferito dalla Hyatt Foundation di Chicago, intitolato dal 1979 alla memoria di Jay Pritzker, proprietario della nota catena di alberghi, è considerato il Nobel dell’Architettura). “Il fatto che un architetto cinese sia stato selezionato dalla giuria rappresenta la consapevolezza del ruolo che la Cina assumerà nello sviluppo dell’architettura del futuro. Inoltre, nei prossimi decenni il successo della Cina nel campo dell’urbanizzazione sarà importante per la Cina stessa e per il mondo intero. Questa urbanizzazione, come l’urbanizzazione mondiale, deve essere in armonia con i bisogni e la cultura locale. La Cina offre opportunità senza precedenti per la pianificazione urbana, che dovrà necessariamente essere in armonia con le sue tradizioni e con i suoi bisogni futuri per poter garantire uno sviluppo sostenibile”. Così ha commentato la decisione della giuria
Thomas J. Pritzker. Oggi la Cina è il mercato più esteso, contraddistinto da una costruzione selvaggia incapace di rispettare l’ambiente e la tradizione. Dal canto suo Wang Shu – nato e formatosi in Cina – esprime il suo dissenso per la distruzione della città storiche, recuperando pietre dagli edifici distrutti per riutilizzarle nelle proprie opere. “Nel mio Paese – dice – abbiamo distrutto più del 90% dei vecchi edifici. Questo è un vero disastro, perché se ci dimentichiamo della tradizione non avremo futuro”. Wang Shu ha fondato con la moglie Lu Wenyu lo studio Amateur Architecture nel 1997; uno dei principali obiettivi dello studio è creare edifici in armonia con la natura, costruiti con tecniche tradizionali e materiali organici adattati a progetti contemporanei. Insieme hanno costruito il Museo di Storia di Ningbo, realizzato con pietre, vecchi archi e tetti. “Per me – sostiene Wang Shu – l’architettura è spontanea, per la semplice ragione che è una questione di vita quotidiana. Quando dico che costruirò una casa invece che un edificio sto pensando a qualcosa che è molto più vicino alla vita. Quando ho chiamato lo studio Amateur Architecture è stato per enfatizzare lo spontaneo e lo sperimentale del mio lavoro, come un’opposizione ad essere ufficiale e monumentale”. I progetti vanno da abitazioni private ad edifici culturali e scolastici, dove al calcestruzzo si associa la pietra, il legno, il vetro e il laterizio. Grazie alla ricerca in campo architettonico e sostenibile, unitamente all’attenzione per le tradizioni locali e la tematica del riuso, Wang Shu ha già ottenuto il Global Award for Sustainable Architecture nel 2007 e la menzione d’onore alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2010.
NIL28 Creative District Quando le amministrazioni non rispondono ai bisogni dei cittadini questi scendono, in cortile, in piazza, per la strada e si riappropriano dello spazio urbano assieme ai propri diritti. Il cambiamento parte dal basso, nasce silenzioso, ma si estende a macchia di leopardo. I NIL sono Nuclei di Identità Locale, Milano ne conosce 88. Questa suddivisione risponde ad aree culturalmente e storicamente vicine e tiene anche conto delle aspirazioni dei territori, sostituendo l’arbitraria e burocratica divisione in zone. Il NIL 28 si estende da viale Umbria a viale Molise, conta circa 30 membri che, oltre al cap di casa e/o lavoro, condividono la creatività come professione facendone un motore di cambiamento e partecipazione urbana. Andrea Boschetti - architetto e urbanista, associato dello studio Metrogramma - presiede
l’Associazione Culturale Distretto Creativo NIL 28; insieme agli altri membri, tra cui i 5+1 AA, dotdotdot, blob creative group, aspira a da vita ad un quartiere modello dove, anche in prospettiva dell’Expo, si arrivi al 2015 non avendo costruito
ma “riutilizzato in modo intelligente quanto già esiste. Dove gli spazi di mezzo, da non-luoghi, si siano trasformati in una versione laica e contemporanea di quello che, per secoli, è stato il sagrato della chiesa”. I.C.
Cambiamento spirituale ed ecologico
Guido Viale La Conversione Ecologica. There is no alternative NdA Press, Rimini, 2011 pp. 184, € 10,00
La crisi economica, energetica e ambientale che ha investito la società contemporanea non è di tipo congiunturale ma di sistema. Le soluzioni richiedono un cambiamento di atteggiamento che impegni non solo i governi ma ciascuno di noi in prima persona. Guido Viale indica la via della conversione ecologica, su ispirazione del dettato morale ed intellettuale di Alex Langer, tra i fondatori del Movimento dei Verdi, e invita ad “un cambiamento spirituale del nostro stile di vita, dei nostri consumi, del modo in cui lavoriamo e del fine per cui lavoriamo o vorremmo lavorare, del nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente”. Si tratta di riflettere sulle modalità di uno sviluppo che deve diventare sostenibile, studiato cioè in funzione di garantire alle generazioni future la disponibilità delle risorse naturali e la conservazione dell’ambiente in cui vivere e lavorare. Questa attenzione
deve essere massima e condivisa dalla società e portare a comportamenti più sobri. Viale individua cinque settori cruciali che dovrebbero essere oggetto di una riconversione: energetico, agricolo, gestione dei rifiuti, consumo del territorio e mobilità. È possibile intraprendere grandi trasformazioni in questi campi se le scelte da individuali e consapevoli diventano collettive e, per esempio, si attuano strategie alternative di consumo condiviso, come insegnano le esperienze diffuse dei Gruppi di acquisto solidale (Gas) oppure della rete dei Nuovi Municipi, associazioni di enti locali la cui politica è improntata alla democrazia partecipativa. Le ipotesi prospettate includono l’uso delle fonti di energia rinnovabili, la crescita dei saperi ambientali, il contenimento dell’uso dei suoli, la promozione di modalità di trasporto pubblico e flessibile (car pooling e car sharing). M.O.
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BREVI DAGLI ORDINI
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Workshop di fotografia: segni nel paesaggio La Commissione Cultura (OAPPC di Monza e Brianza) organizza il primo workshop di fotografia (tema: “aree dismesse”, docente il fotografo documentarista arch. Marco Introini) proponendosi di approfondire sia dal punto di vista tecnico che metodologico l’utilizzo del mezzo fotografico come indagine dello spazio architettonico. Info: http://www.ordinearchitetti.mb.it/ NEWS_pagina.asp?ID=1533
Î VARESE
Amiamo Varese In occasione del 50° Anniversario della Fondazione dell’Ordine Architetti Varese, sono in programma per il 2012 numerosi eventi di carattere culturale. Tra questi, una serie di conferenze a scadenza mensile dal titolo “Amiamo Varese? Dialoghi tra architettura e design” in cui, ogni mese, illustri relatori di fama internazionale, affronteranno tematiche dedicate al futuro del territorio varesino. Gli incontri, a Villa Panza, sono iniziati il 25 gennaio con Mario Botta e Paolo Perulli; seguiranno i Metrogramma, João Nunes, Carme Pinos, C+s + studio Map e Burkhalter Sumi.
Info: http://www.ordinearchitettivarese.it/ iniziative-ordine/item/ 304-50°anniversario-ordinearchitetti-varese-conferenze.html
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Architettura e musei Renzo Piano building workshop
Il 15 marzo 2012, presso le Scuderie di Villa Borromeo D’Adda ad Arcore, si è tenuta un’interessante serata in cui la Fondazione OAPPC di Monza e Brianza ha ospitato, quale relatore, il dott. arch. Susanna Scarabicchi, da vent’anni braccio destro di Renzo Piano e Partner dello studio RPBW, che ha illustrato i principali progetti museali da loro redatti. Info: http://www.ordinearchitetti.mb.it/ NEWS_pagina.asp?ID=1588
LETTERE
L’Architetto non sempre gira in Suv
Vi scrivo a proposito di un trafiletto, presente sul “Corriere” in data 27 gennaio 2012 e dal titolo: “Architetto si uccide all’ufficio imposte: ‘Volevate la mia pelle, ora l’avete’”, in cui si raccontava il tragico epilogo di un accertamento fiscale riguardante un collega francese. Al di là della drammaticità della vicenda, credo che l’episodio imponga una riflessione sul rapporto della nostra categoria con il Fisco. Permettetemi una nota personale, al proposito, da cui poi far discendere una valutazione di ordine più generale. Nel 2005 sono stato assoggettato ad accertamento dell’Agenzia delle Entrate per gli anni 2001 e 2002. La mia colpa era non essere risultato congruo (o coerente, non ricordo) e non aver aderito al concordato fiscale che, nel frattempo, era stato promulgato. Non sto entrare nei dettagli avvilenti e mortificanti di una procedura che non auguro a nessuno, con i relativi costi: di consulente, di copie di assegni emessi richiesti alle banche, di tempo perso. Non voglio neanche polemizzare con chi, pur avendo coscienza che tale mia non congruità o non coerenza, era dovuta al mancato pagamento di una prestazione pubblica, per un contenzioso insorto tra amministrazione e impresa, con blocco a cascata dei compensi, ha mostrato attenzione solo al dato discordante rilevato su un piano formale. La considerazione di ordine generale, che mi suggerisce la mia vicenda (risoltasi peraltro con un giudizio di causa a mio sostanziale favore) e quella tragica del collega, è che l’Agenzia delle Entrate ha una visione radicalmente distorta della condizione economica della nostra categoria. Per “loro”, un architetto, in quanto libero professionista, è per definizione un soggetto che evade, e che – comunque
– ha un tenore di reddito alto. E se, apparentemente si presenta con una condizione economica diversa, è per certi versi ancora più sospettabile. C’è una distanza abissale tra l’immaginario collettivo della figura dell’Architetto (come rappresentata nella pubblicità) e la realtà concreta dei tanti che hanno intrapreso la libera professione anche (non solo) per mancanza di alternative praticabili e che vivono ogni giorno senza certezze per il domani. Non nego che tale immaginario possa avere anche i suoi risvolti positivi, se non altro in termini di autostima, ma forse andrebbe chiarito all’Agenzia delle Entrate che la vita di un giovane architetto (ma ormai anche di un anziano) è ben distante dalle loro inquisitorie supposizioni. Claudio Sangiorgi Milano, 6 febbraio 2012
Reyner Banham, anni ‘60 a Londra.
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Ordine APPC di Como tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Angelo Avedano; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Enrico Nava; Consiglieri: Matteo Ardente, Alessandro Bellieni, Stefania Borsani, Elisabetta Cavalleri, Alessandro Cappelletti, Alessandra Guanziroli, Veronica Molteni, Giacomo Pozzoli, Stefano Seneca, Marco F. Silva, Marcello Tomasi (Termine del mandato: 15.3.2014) Ordine APPC di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Ambrogio Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Andrea Pandini; Tesoriere: Luigi A. Fabbri; Consiglieri: Claudio Bettinelli, Giuseppe Coti, M. Luisa Fiorentini, Antonio Lanzi, Massimo Masotti, Vincenzo Ogliari, Silvano Sanzeni (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: M. Elisabetta Ripamonti; Vice Presidente: Paolo Rughetto; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Davide Bergna, Enrico Castelnuovo, Favio Walter Cattaneo, Alfredo Combi, Guido De Novellis, Carol Monticelli, Diego Toluzzo (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria:
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Giuseppe Caprotti, Giuseppe Elli, Marta Galbiati, Enrica Lavezzari, Cristina Magni, Roberto Pozzoli, Biancalisa Semoli, Nicola Tateo (Termine del mandato: 1.2.2014) Ordine APPC di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Aldo Lorini; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Alberto Vercesi; Consiglieri: Marco Bosi, Raffaella Fiori, Paolo Lucchiari, Luca Pagani, Gianluca Perinotto, Paolo Polloni, Andrea Vaccari (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Marco Del Nero, Andrea Forni, Marco Ghilotti, Carlo Murgolo, Nicola Stefanelli (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Varese tel. 0332 812601 www.ordinearchitettivarese.it Presidenza: presidente.varese@awn.it Segreteria: infovarese@awn.it Presidente: Laura Gianetti; Segretario: Matteo Sacchetti; Tesoriere: Emanuele Brazzelli; Consiglieri: Luca Bertagnon, Maria Chiara Bianchi, Riccardo Blumer, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Ada Debernardi, Alberto D’Elia, Mattia Frasson, Ilaria Gorla, Carla G. Moretti, Giuseppe Speroni, Stefano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2013)
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Ricevono, inoltre, la rivista: i 90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia; 1.555 Amministrazioni comunali lombarde; Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.