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BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI LOMBARDI

Direttore Responsabile Paolo Ventura Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori www.consultalombardia.archiworld.it

SETTEMBRE-OTTOBRE | 2011

RICREARE IL LAVORO 7 CHE COS’È IL FINANZCAPITALISMO di Luciano Gallino 8 L’UNO NEL FUTURO DELL’ALTRO di Jeremy Rifkin 10 IL DIVORZIO TRA LA MANO E LA TESTA di Richard Sennett 13 LE VOCI DEGLI ORDINI: MILANO, BERGAMO, VARESE, MONZA E BRIANZA, COMO, LODI

Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali Martina Landsberger Eleonora Rizzi Direzione e Redazione via Solferino, 19 20121 Milano tel. 0229002165 fax 0263618903 redazione@consulta-al.it Progetto grafico 46xy studio, Milano

PROGETTI 18 TANTE EPOCHE PER UNA CASA bosch.capdeferro arquitectures, Casa Collage a Girona, Spagna di Igor Maglica 24 UNA PICCOLA CASA Carlo Rivi, Casa Carlotta a Inverigo (Como) di Martina Landsberger

Impaginazione 46xy studio, Milano Veronica Tagliabue, Action Group srl Service editoriale Action Group srl Concessionaria per la pubblicità Action Group srl via Londonio 22 20154 Milano tel. 0234538338 - 0234533086 fax 0234937691 www.actiongroupeditore.com info@actiongroupeditore.com Coordinamento pubblicità Riccardo Fiorina rfiorina@actiongroupeditore.com

PROFESSIONE 30 PREMIO UNDER 40 – EDIZIONE 2011 di Eleonora Rizzi 32 L’ARCHITETTURA PREMIATA di Valeria Giuli 33 ANGELO MONTI. IL PROGETTO TRA INTUIZIONE E CONCRETEZZA di Adalberto Del Bo 33 PREMIO “UGO RIVOLTA” 2011 34 RIQUALIFICAZIONE DELLA PIAZZA XX SETTEMBRE A SARNICO | ALTRI CONCORSI di Roberto Gamba 38 NON È TUTTA COLPA DELLA BUROCRAZIA di Walter Fumagalli 39 NEWS

Pubblicità Alessandro Fogazzi Filippo Giambelli Marco Salerno Stampa Arti Grafiche G.Vertemati Srl via Bergamo 2 20059 Vimercate (MB) Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 30.006 copie In base alla documentazione postale del numero di marzo 2010 sono state postalizzate 28968 copie in Italia

OMNIBUS 40 42 43 44 45 46 46 47 47 48

UMANITÀ ALLA SVOLTA di Claudio Camponogara NARRARE IL FUTURO di Irina Casali ARCHITETTURA COME PROPAGANDA di Manuela Oglialoro NEWS L’IMPEGNO DI UN ARCHITETTO di Enrico Bordogna ARCHIVIO STIRLING ESPOSTO A LONDRA di Stefano Cusatelli ROBERTO CIACCIO ESPLORA L’ARCHITETTURA di Sonia Milone SE QUESTO È UN UOMO, ALLORA AGISCA di Gregorio Carboni Maestri SITI E ARCHITETTURE PATRIMONIO DELL’UMANITÀ di Martina Landsberger SETTIMANA VERDE | NEEDS, I VERI BISOGNI DELL’ARCHITETTURA di Manuela Oglialoro

In copertina: foto EDI - Effetti Digitali Italiani Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC né la Redazione di AL Politecnico di Milano Chiuso in Redazione: 22 novembre 2011

DAGLI ORDINI 50 BREVI DAGLI ORDINI 51 BREVI DALLA CONSULTA



RICREARE IL LAVORO L’estensione di un abbraccio empatico, l’uso della mano: soluzioni alla crisi globale determinata dal finanzcapitalismo


Intervengono sul tema della crisi e le possibilità per uscirne attraverso un ripensamento radicale della struttura sociale, economica, politica: Luciano Gallino, Jeremy Rifkin e Richard Sennet.

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Lo scorso numero di “AL”, intitolato “Professione e società”, ha inaugurato la nuova serie della nostra rivista con una riflessione sulle profonde trasformazioni che sono in corso nella società contemporanea. Quella riflessione aveva l’obiettivo di proporre un quadro di riferimento all’interno del quale poter verificare, ed anche ripensare, il ruolo dell’architettura nella società. Se la crisi economica che caratterizza l’attuale periodo ha anche rapporti con questi cambiamenti, un discorso sull’architettura e sulla particolare situazione che attraversa, non può infatti prescindere dalla considerazione di tali mutazioni. In questo numero continuiamo ad occuparci della relazione fra architettura e società dando attenzione ai modi con i quali gli architetti cercano di interpretare questi


cambiamenti, talvolta reinventadosi un mestiere, altre volte valorizzando alcune occasioni professionali, altre volte ancora cercando di innovare radicalmente le condizioni del loro lavoro. “Ricreare il lavoro”, il tema di questo numero, fa quindi riferimento alla possibilità che la grande tradizione dell’architettura riesca ad affrontare le nuove istanze proposte dal nostro tempo attraverso la valorizzazione di un sapere disciplinare. Ciò è avvenuto in altre epoche di grandi trasformazioni: anche in quei casi l’architettura ha saputo interpretare quei cambiamenti. Gli articoli che qui pubblichiamo si riferiscono a varie esperienze di architetti

lombardi, introdotti da scritti di importanti autori che si sono diversamente soffermati sui cambiamenti che, in una società differente, il lavoro deve saper affrontare ed interpretare. I progetti pubblicati sono una esemplificazione di questa capacità: un caso di trasformazione di un edificio esistente viene coraggiosamente colto per realizzare una evidente stratificazione progettuale. Una piccola casa è l’occasione per un giovane architetto di sperimentare un personale codice architettonico, memore di una solida tradizione. Nel prossimo numero daremo voce ad architetti che hanno scelto la strada dell’estero per sperimentare in contesti differenti il nostro mestiere. M.C.

Le illustrazioni di questo numero sono state fornite da EDI, Effetti Digitali Italiani, società che si occupa di effetti visivi per pubblicità e cinema. Del team fa parte anche un architetto. Le immagini offrono un esempio di come l’architettura possa reinventarsi, trovare nuove soluzioni rispetto alla propria applicazione tradizionale, dialogando con le nuove tecnologie. Qui le competenze architettoniche sono necessarie al disegno e alla costruzione di modelli e scenografie che costituiscono il primo passo verso successive elaborazioni digitali.

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GLI AUTORI DEGLI INTERVENTI !"#$%&'()%!!$&' Nato a Torino nel 1927, è uno dei più autorevoli sociologi italiani ed ha contribuito all’istituzionalizzazione della disciplina nel dopoguerra. Si occupa di sociologia dei processi economici e del lavoro, di tecnologia e di teoria del sociale. È considerato uno dei maggiori esperti italiani sul rapporto tra nuove tecnologie e formazione e sulla trasformazioni del mercato del lavoro. Dal 2001 collabora con “la Repubblica”. *+,+-.(,$/0$&( Nato a Denver, Colorado, nel 1945, è laureato in Economia presso la Wharton School of the University of Pennsylvania ed in Affari internazionali presso la Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University. È fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends (FOET) che esamina i trend emergenti nella scienza e nella tecnologia e il loro impatto su sviluppo, economia, cultura e società. ,$#1%,2(3+&&+44( Nato a Chicago nel 1943, insegna sociologia alla New York University e alla London School of Economics. Nel 1975 fonda il New York Institute for the Humanities che dirige fino all’84. Dal 1988 al 1993 presiede la Commissione sugli Studi Urbani dell’UNESCO e dal 1996 il Council on Work. È stato insignito di molti premi. Fra i suoi più recenti saggi: L’uomo flessibile, Rispetto. La dignità umana in un mondo di diseguali e La cultura del nuovo capitalismo.

LE FOTO DI QUESTA SEZIONE E DELLA COPERTINA EDI - EFFETTI DIGITALI ITALIANI Nasce a Milano nel 2001. Nel 2002, dall’ambito pubblicitario, si apre al cinema e sviluppa un’area dedicata al service di post produzione. Il punto di forza è il fotorealismo. EDI segue un progetto dalla nascita, realizzando storyboard e animatic, passando per la supervisione sul set, il montaggio off-line, on-line, fino a realizzare i materiali per la messa in onda.


CHE COS’È IL FINANZCAPITALISMO LUCIANO GALLINO

Mega-macchine sociali: così sono state definite le grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come componenti o servo-unità. Mega-macchine potenti ed efficienti di tal genere esistono da migliaia di anni. Le piramidi dell’antico Egitto sono state costruite da una di esse capace di far lavorare unitariamente, appunto come parti di una macchina, decine di migliaia di uomini per generazioni di seguito. Era una mega-macchina l’apparato amministrativo-militare dell’impero romano. Formidabili mega-macchine sono state, nel Novecento, l’esercito tedesco e la burocrazia politico-economica dell’Urss. Il finanzcapitalismo è una mega-macchina che è stata sviluppata nel corso degli ultimi decenni allo scopo di massimizzare e accumulare, sotto forma di capitale e insieme di potere, il valore estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri umani, sia dagli ecosistemi. L’estrazione di valore tende ad abbracciare ogni momento e aspetto dell’esistenza degli uni e degli altri, dalla nascita alla morte o all’estinzione. Come macchina sociale, il finanzcapitalismo ha superato ciascuna delle precedenti, compresa quella del capitalismo industriale, a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare penetrazione in tutti i sotto-sistemi sociali, e in tutti gli strati della società, della natura e della persona. L’estrazione di valore è un processo affatto diverso dalla produzione di valore. Si produce valore quando si costruisce una casa o una scuola, si elabora una nuova medicina, si crea un posto di lavoro retribuito, si lancia un sistema operativo più efficiente del suo predecessore o si piantano alberi. Per contro si estrae valore quando si provoca un aumento del prezzo delle case manipolando i tassi di interesse o le condizioni del mutuo; si impone un prezzo artificiosamente alto alla nuova medicina; si aumentano i ritmi di lavoro a parità di salario; si impedisce a sistemi operativi concorrenti di affermarsi vincolando la vendita di un pc al concomitante acquisto di quel sistema, o si distrugge un bosco per farne un parcheggio. Accostando come si è fatto sopra capitale e potere non s’intende qui riproporre la tradizionale concezione che rinvia al potere del capitale. In suo luogo si avanza la nozione di capitale come forma di potere in sé, un potere organizzato su larghissima scala. Stando a questa nozione, “i capitalisti sono mossi non dall’intento di produrre cose bensì da quello di controllare persone, e la loro megamacchina capitalistica esercita questo potere con

un’efficienza, flessibilità e forza che gli antichi governanti non potevano nemmeno immaginare”. Di conseguenza non è esatto dire che il capitale ha potere. Il capitale è potere. Il potere di decidere che cosa produrre nel mondo, con quali mezzi, dove, quando, in che quantità. Il potere di controllare quante persone hanno diritto a un lavoro e quante sono da considerare esuberi; di stabilire in che modo deve essere organizzato il lavoro; quali debbano essere i prezzi degli alimenti di base, di cui ciascun punto percentuale in più o in meno aumenta o diminuisce di una quindicina di milioni, nel mondo, il numero degli affamati; quali malattie sono da curare e quali da trascurare, ovvero quali farmaci debbano essere sviluppati dai laboratori di ricerca oppure no. Ancora, il capitale è il potere di trasformare le foreste pluviali in legno per mobili e i mari in acque morte; di brevettare il genoma di esseri viventi evolutisi nel corso di miliardi di anni e dichiararlo proprietà privata; di decidere quali debbono essere i mezzi di trasporto usati dalla gran maggioranza della popolazione e con essi quale debba essere la forma delle città, l’uso del territorio, la qualità dell’aria. (…) La mega-macchina denominata capitalismo industriale aveva come motore – e per quel che ne resta ha tuttora – l’industria manifatturiera. Il finanzcapitalismo ha come motore il sistema finanziario. I due generi di capitalismo differiscono sostanzialmente per il modo di accumulare il capitale. Il capitalismo industriale lo faceva applicando la tradizionale formula D1–M–D2, che significa investire una data quantità di denaro, D1, nella produzione di merci, M, per ricavare poi dalla vendita di queste ultime una quantità di denaro, D2, maggiore di quella investita. La differenza tra D2 e D1 è un reddito chiamato solitamente profitto o rendita. Per contro il finanzcapitalismo persegue l’accumulazione di capitale facendo tutto il possibile per saltare la fase intermedia, la produzione di merci. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati finanziari allo scopo di produrre immediatamente una maggior quantità di denaro. La formula dell’accumulazione diventa quindi D1–D2. A questa differenza fondamentale nella formula dell’accumulazione il finanzcapitalismo accompagna una pretesa categorica: si deve ricavare dalla produzione di denaro per mezzo di denaro un reddito decisamente più elevato rispetto alla produzione di denaro per mezzo di merci.

Finanzcapitalismo è una mega-macchina creata per massimizzare il valore estraibile dagli esseri umani e dagli ecosistemi. La grave crisi economica, culturale e politica, che stiamo vivendo, è la crisi di questa civiltà-mondo dominata dal sistema finanziario

Il brano è tratto dal primo capitolo del nuovo saggio di Luciano Gallino, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Einaudi, Torino, 2011, pp. 6-9.

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L’UNO NEL FUTURO DELL’ALTRO JEREMY RIFKIN

La recessione economica a lungo termine che l’economia globale sta attraversando, con il tramonto della Seconda rivoluzione industriale, molto probabilmente indebolirà la pulsione narcisistica: la sopravvivenza personale e collettiva è sempre più minacciata e l’illusione individuale di grandezza, in mezzo al caos globale, apparirà sempre più fragile, se non addirittura ridicola. Ma un narcisismo collettivo potrebbe fatalmente mutarsi in una virulenta xenofobia, attraverso polemiche politiche volte a bollare le minoranze, le altre culture e le altre nazioni come inferiori, o subumane. È gia accaduto in passato.

a costo di un aumento esponenziale del flusso di energia e materie prime attraverso strutture sociali sempre più grandi e complesse, con un conto entropico sempre più pesante a ogni progresso. La recessione economica sta già portando in tutto il mondo a un abbassamento del tenore di vita: i benestanti stanno imparando a vivere con meno e i poveri sono sempre più al limite della sopravivenza. Paradossalmente il riassetto dello stile di vita dei benestanti potrebbe rivelarsi un’inaspettata benedizione, se portasse a un corrispondente ripensamento delle priorità esistenziali. Anche prima dell’attuale crisi economica milioni di benestanti

I tempi difficili possono anche portare a un’estensione della coscienza empatica – “siamo tutti sulla stessa barca” – rendendoci più sensibili alle reciproche sofferenze. La Grande Depressione degli anni Trenta, almeno negli Stati Uniti, sortì proprio questo effetto: i vicini di casa erano disponibili ad aiutarsi reciprocamente nei momenti di difficoltà. Molto dipenderà dalla capacità di accelerare la nuova, Terza rivoluzione industriale, cioè una forma di capitalismo distribuito fondato sulla nostra natura collaborativa, motivato dal senso del bene comune ed espresso dal nuovo sogno di qualità della vita e di sostenibilità planetaria. Finora abbiamo convissuto, benché inconsapevolmente, con la terribile realtà che la crescita della nostra sensibilità empatica è potuta avvenire solo

avevano scelto consapevolmente di semplificare il proprio stile di vita e di cercare il senso dell’esistenza nella qualità dei rapporti più che nella quantità dei beni accumulati: avevano compreso, attraverso la propria esperienza di vita, ciò che psicologi e sociologi stanno scoprendo con Ie loro ricerche, e cioè che una volta superata una soglia minima di reddito tale da garantire il necessario e un certo comfort, ogni aumento incrementale di ricchezza non fa che diminuire la felicità complessiva della società. Oggi, con milioni di persone che devono, loro malgrado, ridimensionare pretese e aspettative a causa della congiuntura economica, c’è la possibilità di riorientare la ricerca della felicità dall’accumulazione della ricchezza alla qualità dei rapporti si-

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Il brano è tratto da Jeremy Rifkin, La civiltà dell’empatia. La corsa verso la coscienza globale nel mondo in crisi, Mondadori, Milano, 2010, pp. 546-48.


Nell’era dell’informazione, la civiltà si fonderà sull’empatia – facoltà primaria dell’uomo – occultata per secoli da teorie pessimiste sulla natura umana che suffragavano una civiltà utilitarista e aggressiva, ora al tramonto insieme alle risorse del pianeta

gnificativi e dal capitalismo di mercato al capitale sociale. I tempi duri – finché non diventano tali da pregiudicare la sopravivenza – possono creare l’occasione per un rinnovamento della società civile e un rafforzamento della corrente empatica, perché milioni di persone diventano più sensibili alla sofferenza comune e si impegnano nel reciproco soccorso. Il passaggio dalla quantità e dal valore di ciò che si possiede alla qualità e all’importanza dei rapporti che si intrattengono – o alla qualità della vita – richiede un cambiamento di orientamento sia spaziale sia temporale. Il sé esclusivo autonomo,

stenibile e ai meno benestanti di migliorare la loro condizione. Una qualità della vita più sostenibile nei paesi avanzati, accompagnata da una maggiore assunzione di responsabilità verso il miglioramento del tenore di vita e del benessere dei paesi in via di sviluppo, avvicinerebbe l’umanità all’equilibrio, adeguando le abitudini di consumo della nostra specie alla capacità della terra di riciclare e rigenerare il proprio patrimonio di risorse. Si tratta di un’impresa ardua, che solo pochi anni fa sarebbe stata liquidata come irrealistica e ingenua. Ma i tempi sono cambiati, cosi come i bisogni, le priorità e forse le aspirazioni dell’uomo, soprat-

implicito nei rapporti di proprietà privata, lascia il posto a un sé inclusivo relazionale, partecipante alla piazza pubblica globale, virtuale e reale. L’efficiente uso del tempo volto a massimizzare l’interesse particolare materiale lascia il posto a un uso empatico del tempo, volto ad approfondire i rapporti civili e a servire l’ambiente. Se, nel ventunesimo secolo, una società fondata sulla qualità della vita dovesse diventare un’aspirazione comune a tutto il mondo, potremmo finalmente essere in grado di spezzare quella dialettica storica per cui l’aumento dell’empatia è necessariamente accompagnato da un aumento dell’entropia. Una distribuzione più equa delle ricchezze naturali potrebbe consentire a chi è stato abituato ad avere tutto il passaggio a uno stile di vita più so-

tutto quando si tratta di valutare che cosa serve davvero per condurre una vita decorosa e decente. Il grande punto di forza della Terza rivoluzione industriale distribuita è che essa ci permette di accogliere gli esseri umani in un abbraccio universale sfruttando solamente le energie rinnovabili che ogni giorno alimentano la terra, permettendo così a tutti di accedere equamente alle fonti di energia disponibili localmente. Questo significa che ci troviamo al punto in cui possiamo pensare di realizzare una civiltà umana globale e complessa ma localmente distribuita e, facendo ciò, estendere l’abbraccio empatico diminuendo al contempo il conto entropico. Questo ci porterebbe al culmine della coscienza biosferica in un’economia climacica globale.

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IL DIVORZIO TRA LA MANO E LA TESTA RICHARD SENNETT

Si sente spesso dire che l’era moderna è caratterizzata da un’economia basata sulle abilità tecniche, ma che cosa s’intende, esattamente, per abilità? La risposta generica è che l’abilità è una capacità pratica ottenuta con l’esercizio. In questo senso, l’abilità è contrapposta all’ispirazione, all’illuminazione improvvisa (…) Nella società moderna, questi precetti sulla costruzione delle abilità attraverso l’esercizio incontrano un grosso ostacolo. Mi riferisco a un possibile uso sbagliato delle macchine. “Meccanico”, nel linguaggio comune, è appunto sinonimo di ripetizione statica. Grazie alla rivoluzione nel campo dei microprocessori, tuttavia, le macchine moderne non sono qualcosa di statico; attraverso feedback continui esse possono imparare dall’esperienza. Si fa un cattivo uso delle macchine quando attraverso di esse si privano gli esseri umani dell’esperienza di imparare a loro volta dalla ripetizione. Le macchine intelligenti offrono all’essere umano la possibilità di scindere la comprensione intellettuale dall’apprendimento ripetitivo, che segue le istruzioni, che usa la mano. Questo succede a scapito delle facoltà concettuali umane. È dalla Rivoluzione industriale del XVIII secolo che le macchine sembrano minacciare l’attività dell’artigiano. Allora, la minaccia appariva fisica: le macchine non provavano stanchezza, svolgevano la stessa mansione un’ora dopo l’altra senza lamentarsi. Oggi, la minaccia che le macchine pongono allo sviluppo di abilità è di natura diversa. Un esempio di uso sbagliato delle macchine si ha con il sistema CAD, il programma di software che consente agli ingegneri di realizzare il disegno tecnico di oggetti fisici e agli architetti di generare immagini di edifici sullo schermo del computer (…) Il mondo materiale odierno non potrebbe esistere senza le meraviglie del CAD. Il sistema CAD consente la creazione istantanea di modelli di qualunque manufatto, dalle viti alle automobili, ne realizza con precisione i disegni tecnici e genera i programmi di lavorazione per la produzione del pezzo. In architettura, tuttavia, questa pur necessaria tecnologia pone anche il rischio di un uso sbagliato. Nel lavoro architettonico, il progettista predispone sullo schermo una serie di punti; gli algoritmi del programma connettono quei punti generando una linea, in due o in tre dimensioni. Il sistema CAD è diventato praticamente universale negli studi di architettura, perché è veloce e preciso. Tra le sue 10

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virtù c’è la possibilità di ruotare le immagini, sicché il progettista può vedere l’edificio da più punti di vista. Rispetto al modellino fisico tradizionale, il modello sullo schermo può essere rapidamente e facilmente modificato, trasformandone le dimensioni o la scala o suddividendolo in parti. Le applicazioni più sofisticate del sistema CAD permettono di verificare sul modello gli effetti sulla struttura dei cambi di luce o di vento e delle variazioni stagionali della temperatura. Tradizionalmente, gli architetti analizzavano gli edifici attraverso due strumenti, la planimetria e la sezione. Con i sistemi CAD sono possibili molte altre forme d’analisi, per esempio, si può intraprendere, visualizzandolo sullo schermo, un viaggio mentale attraverso il sistema d’aerazione dell’edificio. Che effetti negativi potrà mai avere l’uso di uno strumento così utile? Quando nella didattica delle facoltà di architettura fu introdotto l’uso dei sistemi CAD, sostituendo il disegno manuale, una giovane architetta del MIT ebbe a osservare: “Quando fai il disegno del terreno da edificare, quando ci aggiungi i tratteggi per il contrasto e gli alberi, quel terreno ti si radica nella mente. Arrivi a conoscerlo in un modo che con il computer non è possibile... E arrivi a conoscerlo a furia di disegnarlo e ridisegnarlo, e non lasciando che sia il computer a ‘generarlo’ per te”. La sua non era nostalgia: queste osservazioni puntano il dito su ciò che va perduto nella nostra mente quando il lavoro davanti allo schermo sostituisce il disegno fisico (…) Così descrive il suo metodo di lavoro l’architetto Renzo Piano: “Prima fai uno schizzo, poi un disegno, poi costruisci un modello, quindi vai alla realtà - vai sul cantiere - e poi torni al disegno. Costruisci una sorta di circolarità: dal disegnare al fare e ritorno (…) È un approccio tipico dell’artigiano. Pensare e fare contemporaneamente. Il disegno viene rivisitato. Lo fai, lo rifai, poi lo rifai di nuovo”. Questa metamorfosi circolare, che crea un legame, può essere impedita dal CAD. Una volta collocati i punti sullo schermo, il disegno lo fanno gli algoritmi (…) La progettazione assistita dal computer può servire da emblema di una grande sfida alla quale la società moderna si trova di fronte: come continuare a pensare da artigiani, facendo un uso corretto della tecnologia. Oggi è di moda nelle scienze sociali parlare di embodied knowledge, di sapere incarnato; ma la formula: “pensare da artigiani” non si riferisce soltanto a una modalità del pensiero; ha un risvolto sociale molto preciso.

“Voglio dimostrare che le persone possono conoscersi meglio attraverso le cose che fabbricano, che la cultura materiale è importante, che è possibile realizzare una vita materiale più umana, se solo si comprende meglio il processo del fare” Il brano è tratto dal capitolo “Le abilità spezzettate” del saggio di Richard Sennett, L’uomo artigiano, Feltrinelli, Milano, 2008, pp. 44-51.


Il crollo dell’economia mondiale, specchio di un mondo in disfacimento, diviene occasione per ripensare i valori di fondo del sistema. L’analisi del presente si associa alla proposta di nuove modalità di convivenza e un’altra concezione della natura umana.


A seguire, alcuni esempi, raccolti dagli Ordini APPC della Lombardia, di nuove forme di interpretare l’architettura, integrare le risorse del web e di architetti che si reinventano un lavoro.

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UN ARCHITETTO GESTISCE SPAZI VERDI ALTERNATIVI

ORTI URBANI A MILANO MILA N O a cura di Roberto Gamba

Gli orti urbani, come generalmente sono conosciuti, sorgono un po’ ovunque: negli spazi di risulta; nelle aree più nascoste o indesiderate e sono utilizzati, con concessioni temporanee, da cittadini che si accontentano di un impiego volontario e occasionale del proprio tempo libero. Il collega Claudio Cristofani ha progettato e gestisce a Milano 130 orti urbani. Li chiama “giardini familiari” e sostiene che essi sono opere di promozione sociale, già diffuse in altri paesi esteri, ma non ancora regolamentate, né ammesse da noi. La sua iniziativa è nata occasionalmente, ma grazie anche alla sua sensibilità e professionalità. La sua famiglia, infatti, possedeva un’area, classificata genericamente dal piano regolatore “verde pubblico”, che appariva destinata, non tanto a esproprio, quanto a un più probabile abbandono, a causa della sua marginalità e al non poter divenire per il momento un parco. Egli ha così deciso di darle questa destinazione, ma soprattutto di impegnarsi affinché oasi verdi di questo tipo possano essere “istituzionalizzate” e rese vivi esempi di trasformazione ecologica della città. Cristofani considera che non è difficile la loro gestione se la struttura è ben realizzata, se ha impianti di supporto, se vi è condivisione degli obiettivi da parte degli utilizzatori. Contando sulla propria conoscenza della materia urbanistica, ha analizzato questo caso specifico ove sono coinvolte aree a standard, vincolate dal PRG, non trasformate però in verde fruibile e ha manifestato il desiderio di proporne una regolamentazione, utile anche a contrastare l’anarchia e il disordine che distingue gli orti ricavati nelle periferie. L’”impresa”, partita alcuni anni fa, con la pianificazione di un terreno in via Chiodi (tra il Naviglio Grande, la Chiesa di Santa Rita e il piazzale Miani), ha avuto subito successo.

Affittare un lotto di 75 mq, dotato di acqua di falda, costa 360 euro/anno (www.angoliditerra.org). Ogni orto può essere recintato da una siepe, oppure da una staccionata in legno, o in legno-rete plastificata. C’è un parcheggio interno; è possibile impiantare un gazebo tessile; un barbecue, una cassa in legno come deposito attrezzi. Attorno vi sono campi e aree a prato. A Milano c’è richiesta di verde; di attrezzature per il tempo libero; di spazi di svago all’aperto; di qualità del cibo; c’è il desiderio di condividere, nel nucleo familiare, un’attività in rapporto con la natura; ci sarebbe anche il desiderio di risparmiare sugli acquisti di frutta e verdura. Per questo, Cristofani vuole convincere le amministrazioni comunali a prevedere nei documenti di piano regolatore il “verde privato” come destinazione d’uso; ciò per consentire la diffusione di consorzi di proprietari di orti-giardini, ben regolamentati e gestiti, in prossimità degli abitati, accanto alle cascine attive e a quelle che invece aspettano un recupero e un rilancio. Le cascine potrebbero fornire assistenza ai novelli orticoltori; mettendo a loro disposizione attrezzi manuali e meccanici, competenze, edifici di supporto, oltre che ristorazione e servizi. Cristofani ricorda – per chi vuole approfondire l’argomento – il sito dell’Office International du Coin de Terre e des Jardins Familiaux (www. jardins-familiaux.org) che illustra fra l’altro quale sia il livello di diffusione, organizzazione e reputazione, nel resto d’Europa, degli ortigiardini. Ricorda, inoltre, “Orti Urbani”, un progetto di Italia Nostra in accordo con l’Associazione dei comuni di Italia - ANCI, che riguarda tutti coloro, privati o enti pubblici, che, possedendo aree verdi, vogliano destinarle all’“arte del coltivare”, nel rispetto della memoria dei luoghi e delle regole. R.G.

UN SOCIAL NETWORK DIVENTA STRUMENTO DI CRESCITA PROFESSIONALE

INARCOMMUNITY BERG A M O a cura di Francesco Valesini

di Silvia Vitali Libero professionista e delegata architetti per la provincia di Bergamo nel Comitato Nazionale di Inarcassa.

Scelsi di entrare in Inarcommunity, il social network di Inarcassa, nel 2009, e fin da subito incontrai una realtà in cui i partecipanti non solo potevano confrontarsi ma anche incrementare il proprio business grazie alla collaborazione, alla condivisione del know-how con altri colleghi, alla facilitazione dello svolgimento del lavoro e alla messa in comune di idee che, da soli, non erano in grado di sviluppare; il tutto in rete, al costo della semplice connessione, imparando a usare nuovi strumenti di lavoro e di condivisione, a distanza. Ho navigato nei tempi risicati che l’attività professionale mi concedeva e ho trovato commesse,

stimoli, nuove metodologie, e sinergie con colleghi lontani con cui collaboro tuttora. C’è chi ha condiviso le proprie idee creando innovazione. È il caso di Lucia Alpago, ingegnere di Dongo (Co), con la sua “InArBay”, uno strumento con cui i professionisti potrebbero scambiare, via web, personalizzazioni degli strumenti di lavoro, ma non solo. La sua idea si sta concretizzando con importanti partnership come quella recente con Autodesk che ha fornito, a me e ai colleghi che hanno aderito, l’opportunità di formarsi su un programma di grafica, disponendo della licenza. Elena Vincenzi, architetto di Bologna, ha lanciato 485 | 2011

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“Architetti di Strada” per rispondere alle molteplici emergenze abitative e di “uso della città”, creando un modello, coordinato con le amministrazioni, in cui un team di architetti interviene rispondendo ai bisogni delle fasce più deboli, attivando il progetto di architettura sin dalle fasi preliminari, valorizzando la propria conoscenza in termini di localizzazioni urbanistiche, recupero e riutilizzo di edifici esistenti, costi di attuazione, esigenze abitative e di utilizzo dello spazio. Immaginiamo ora architetti di strada in ogni città e al lavoro con altri gruppi nel mondo. Quali sarebbero le ricadute lavorative per la nostra categoria? E ancora… Gianluca Brandis, architetto di Monza,

propone “Casattiva”, una rete formata da progettisti, aziende e finanziatori, finalizzata al progetto di risparmio energetico applicato agli edifici esistenti; oppure Laura Bonomelli, architetto di Romano di Lombardia (Bg) che, con “Anticaduta One”, intende unire sul territorio nazionale diversi professionisti per fornire un servizio di progettazione nel campo della sicurezza dalle cadute dall’alto. Non si tratta quindi solo di un portale, di un luogo di fruizione passiva, piuttosto di un luogo di interazione e partecipazione. Una grande sperimentazione. Funzionerà? non funzionerà? Quello che è certo è che ha cambiato la vita professionale di molti.

GRAZIE AD INTERNET UN PRODOTTO DI DESIGN SBARCA OLTREOCEANO

LA LIBRERIA VIAGGIA SUL WEB VARE S E a cura di Claudio Castiglioni e Carla Giulia Moretti

di Patrizia Kopsch Responsabile Ufficio Stampa dell’Ordine degli Architetti PPC di Varese

L’Abc Bookcase, ovvero quando la “rete” diventa un moltiplicatore formidabile di contatti per il Made in Italy. Sono due designer varesini, Roberto Saporiti ed Eva Alessandrini, i protagonisti di questa bella storia che apre nuove prospettive ai giovani professionisti desiderosi di trovare un valido sbocco per la propria attività. È stato grazie al web e più in particolare grazie a un blog di design, dove Roberto ha “postato” una descrizione e qualche foto della Libreria Abc, o Abc Bookcase, che il loro oggetto di design ha conosciuto un vero e proprio exploit. Letteralmente rimbalzato da un blog all’altro, ha immediatamente suscitato enorme interesse e i due professionisti hanno cominciato a ricevere mail di richiesta che hanno fruttato loro un primo, prestigioso ordine dagli Stati Uniti. “Abbiamo cercato a lungo uno sbocco sul mercato, utilizzando i canali tradizionali” -

spiega l’architetto Alessandrini – “e poi, grazie a un semplice post ci siamo ritrovati dall’altra parte dell’oceano con una fornitura importante”. “Il tam-tam della rete è stato un formidabile moltiplicatore di contatti. Ha da subito generato un fortissimo interesse da parte di potenziali clienti che difficilmente avremmo raggiunto attraverso i canali tradizionali”, precisa Roberto Saporiti . Si tratta, infatti, di un target elevato, in grado di apprezzare oggetti di design quasi esclusivi e disposto a spendere cifre importanti”. “I costi che dobbiamo affrontare sono assolutamente sostenibili. L’Abc Bookcase è realizzata con moduli che riproducono numeri e lettere dell’alfabeto. Consente un’infinità di combinazioni (a terra, a parete), di forme, dimensioni e di colori. Questo fatto la rende assolutamente personale ed esclusiva; inoltre, è realizzata eseguendo ‘alla lettera’ le indicazioni del cliente. Lavoriamo esclusivamente con


i rendering escludendo così i costi per la realizzazione di articoli da esposizione, show room, personale…”. Anche Londra ha aperto le porte a questo oggetto di design, offrendo così un nuovo sbocco di mercato fertile e promettente. In un momento così critico per l’economia del nostro Paese, sussistono ancora valori immateriali che

possono e devono essere valorizzati. Il Made in Italy è uno di questi. La percezione che si ha all’estero dei prodotti italiani è quella di stile, qualità, design di altissimo livello. Il web diventa così uno strumento fondamentale per raggiungere, nel tempo di un click, quella nicchia di mercato che non solo è in grado di apprezzare l’Italian style, ma ne è alla ricerca.

ALTERNATIVA AL CLASSICO STUDIO DI PROGETTAZIONE

NON SOLO ARCHITETTURA MONZA E BRIANZA a cura di Cristina Magni e Francesco Redaelli

Risposte di Giulia Meregalli laureata in Architettura nel 2003, è titolare di INSTUDIO a Monza e socio fondatore di N.o.A. a Milano

Dopo aver frequentato a Monza il liceo classico e aver scelto solo negli ultimi giorni tra Astrofisica e Architettura, preferendo quest’ultima, attratta già in origine dal disegno costruttivo del senso delle cose, dalla geometria nella struttura dei grandi poemi, si laurea al Politecnico di Milano dove segue corsi in cui la composizione spaziava nell’interpretazione poetica degli spazi con cenni di contaminazione da parte dell’arte, della moda, della fotografia e della musica. Queste le esperienze che hanno plasmato la nostra intervistata, Giulia Meregalli? Si, ma ha contribuito anche l’Erasmus, a Oporto: dalla Facoltà di architettura di Álvaro Siza deriva la vera scoperta del gioco dei volumi tra luce e ombra, il dettaglio nella scelta e posa dei materiali in armonia cromatica e materico-percettiva tra loro, i tagli architettonici, lo studio in maquette dei progetti. Da quest’esperienza mi porto dietro anche il quaderno de viagem, il libro che lì ogni studente ha per schizzare a mano libera prospettive, scorci, dettagli, inaspettate visuali. Partecipare di tutto lo spazio, visualizzando in anteprima nella propria mente le prospettive che lo disegnano.

Un percorso formativo che ha sviluppato la tua personalità creativa e vivace. Tornata in Italia, è risultato illuminante anche l’incontro con Decio Guardigli e con la disambiguazione della realtà percepita (ho reinterpretato il padiglione Philips di LeCorbusier in una maquette cucendo a mano dei sottofiletti crudi). Questo il percorso fino a che il desiderio di creare qualcosa che legasse intimamente la formazione architettonica allo studio cromatico degli ambienti è sfociato nell’apertura a Monza –insieme al collega, e marito, Francesco Peyronel – dello studio in cui svolgere le classiche attività di progettazione, ma anche allestire piccole mostre e promuovere l’utilizzo di materiali alternativi. Tutto ciò nel 2007, per poi evolvere e arrivare all’apertura, nel 2010, di N.o.A., un nuovo progetto di spazio, a servizio degli architetti, aperto a Milano nella zona data come Creativity Zone per l’Expo 2015. N.o.A. è Not Only Architecture, ovvero nuovo luogo di connessioni artistiche con volontà creativa e passione per il fare. Galleria di materiali per l’architettura frutto di approfondite ricerche e maestrie artigiane, esposizione di opere artistiche dalla pittura alla scultura, piattaforma di prototipi innovativi


di giovani designer, teatro di ambientazioni scenografiche per eventi studiati ad hoc, un luogo di dialogo creativo e scambio osmotico di nuove ispirazioni tra i visitatori di questo luogo. Perché non evolvere con l’attività stando a Monza? Sul lato pratico 4 soci su 6 sono di Milano. A

parte questo, certo Milano è una piattaforma importante, in continuo movimento seppur in continua osmosi con tutto il territorio circostante. Non ci sono limiti né fisici né culturali tra Milano e Monza, ma in fondo neanche con Mosca, dove stiamo per inaugurare il nostro prossimo N.o.A, in previsione di Londra, Miami… C.M.

COME RIVITALIZZARE LA STRADA

UN CORTILE SULLA CITTÀ COM O a cura di Roberta Fasola

“Cortile 105” intende aprire un dibattito produttivo con la città offrendo speranza culturale alla crisi professionale che stiamo vivendo. Uno spazio interattivo, nato dall’incontro tra gli architetti Ettore Cassani (proprietario dei luoghi) e Giorgio Botta con la designer Milena Ghielmetti, esso intende trasformare l’idea dello studio interdisciplinare in un momento di vera e propria crescita culturale. Recuperando il suo fascino originario di luogo del lavoro – prima occupato da un fabbro e poi da un’officina meccanica – si trasforma in un laboratorio dove costruire rapporti di scambio e collaborazione professionale. Qui non viene chi vuole comprare un prodotto, ma chi vuole confrontarsi con il mondo dell’arte senza entrare in una galleria: un luogo (individuato da spazi chiusi e aperti) dove si creano eventi e momenti d’incontro e confronto tra persone eterogenee, per stimolarne una crescita poliedrica a livello intellettuale e di percezione di uno spazio architettonico mutevole nel suo modo di evolversi per accogliere diverse forme d’arte, un’occasione per discutere del rapporto stretto che corre tra arte e architettura in uno spazio plasmato sulla personalità dei personaggi di volta in volta coinvolti. L’architettura diviene specchio della sensibilità degli artisti.

“Che futuro avremo?” è la domanda dei promotori dell’operazione. La risposta: un luogo dove presentare gli artisti presenti sul territorio. Una rete a km zero. “Cortile 105” si muove in più direzioni individuando certezze attraverso la presenza di una mostra permanente nata dall’entusiasmo di un gruppo di donne straniere che vivono sul nostro lago e denominato Arte Chic Galerie (Aude Calemard, quadri; Stéphanie Calemard, lampade; Angela Jayne Voyzey, quadri; Maddalena Boero, sculture), affiancata a eventi occasionali (8 in due anni). L’attività non vuole limitarsi a questo: l’ambizione è proseguire il cammino intrapreso organizzando serate in cui artisti, anche scrittori, raccontino il proprio percorso confrontandosi col pubblico. Viene ora naturale domandarsi come potrebbe evolversi il rapporto tra “Cortile 105” e la città. “Ci piace pensare che questa realtà puntuale possa diventare uno stimolo importante per ridare vita a una via (viale Lecco) fatta di piccole realtà che dovrebbero essere valorizzate (il fabbro che prosegue la sua “creazione”), uscendo dai cortili, dando vita a una via degli artigiani, degli artisti... Immaginiamo poi una tramvia, dei percorsi pedonali che si relazionano coi giardini sulle mura... Immaginiamo questi fili che si intrecciano”. R.F.


PROGETTISTI, ARTIGIANI E COMMERCIANTI: GIOVANI CREATIVI INSIEME PER PROGETTI SOSTENIBILI

LABORATORIO “MATERIAVERA” LOD I a cura di Anna Arioli

Risposte di Elisabetta Tonali laureata in Architettura, nel 2004 apre “Materiavera”. Abitare sostenibile e architettura ecologica sono il fulcro del suo lavoro

La professione di architetto si trasforma, spaziando dal virtuale all’artigianale, dal macro al micro. È il caso del laboratorio “Materiavera” (www.materiavera.it) che ben prima di questi anni di crisi rimette in discussione la figura del professionista tradizionale e sperimenta tematiche innovative (bio-architettura, feng shui, etica dei materiali) e modalità di lavoro riccamente “contaminate” (il progettista, l’artigiano, il commerciante). Come si strutturano i fili di questa complessa trama? Un approccio a 360° non consente in alcun caso di essere esperti in tutto. In studio posso contare sulla collaborazione di due architetti, una designer e un’esperta commerciale. Nel tempo sì è creata una rete di professionisti, una piattaforma collaborativa sui vari aspetti del progetto: ingegneri, esperti feng shui, il geopatologo, l’agronoma. Il progetto va inteso olisticamente, come in un organismo vivente in cui tutte le parti lavorano all’unisono, con lo sfondo comune della sostenibilità. In che modo “Materiavera” (che fissa la materia quale elemento cardine del progettare in chiave ecologica) dà spazio a progettisti e artisti, come diffonde a un pubblico ampio il mondo del costruire sostenibile? Diamo molto spazio ai giovani creativi attenti alla sostenibilità. Chi è seriamente impegnato in questo senso può entrare a far parte del nostro team: possiamo esporre i loro lavori in una piccola mostra o nel sito, proporre ai nostri clienti le loro

creazioni con interventi di design personalizzato. Invece, per i progettisti in erba siamo sempre disponibili a ospitarli in sede per stage formativi; e succede che i più motivati entrino a far parte dello studio. Organizziamo anche corsi esterni: partirà in primavera un cantiere-scuola in Sardegna, rivolto a professionisti e artigiani, per imparare a costruire con paglia e terra cruda e riscoprire tecniche antiche quanto mai attuali, riappropriandosi di un fare a misura d’uomo. Donne e Green Jobs, sul connubio si è pronti a scommettere. Si può dire che la cura dell’ambiente ben si associ alla sensibilità relazionale femminile, con una marcia in più grazie all’intuito della professionista? Vero è che nel mondo dell’imprenditoria green incontro molte più donne, intenzionate a creare un ambiente di lavoro mirato all’ecocompatibilità umana e ambientale. Un esempio è Best Up (www.bestup.it), associazione guidata da donne e impegnata nella diffusione del design sostenibile in un’imprenditoria di alto livello, cui “Materiavera” e varie grandi aziende aderiscono da anni. Se è molto apprezzato il senso femminile legato alla cura, all’atto del creare, alla flessibilità propria alla natura, d’altra parte resta ancora difficile avere il giusto riconoscimento come donne in questa professione. Personalmente non amo affrontare il “progetto” in termini contrapposti uomo versus donna; preferisco considerarli insieme, nel loro essere composte di luce e ombra, di forza e arrendevolezza, di yin e yang. A.A.


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TANTE EPOCHE PER UNA CASA

GIRONA

Riqualificazione di un palazzo antico con cortili che valorizza materiali ed epoche storiche diverse DI IGOR MAGLICA FOTOGRAFIE DI JOSÉ HEVIA

BOSCH.CAPDEFERRO ARQUITECTURES CASA COLLAGE A GIRONA, SPAGNA Ramon Bosch e Bet Capdeferro sono due giovani architetti laureati presso la ETSAB (Escola Tècnica Superior d’Arquitectura de Barcelona). Nel 2003 fondano lo studio bosch.capdeferro arquitectures con sede a Girona, loro città natale, il quale in seguito otterrà numerosi premi e riconoscimenti. Quest’anno, per l’opera denominata Casa Collage (2006-09), situata a Girona, sono stati insigniti dalla “Emerging Architect Special Mention” del prestigioso premio “Mies van der Rohe”.

L’intervento riguarda la riqualificazione e l’ampliamento di un antico palazzo situato nel casco antiguo (centro storico) della città, ad est del fiume Onyar. Attuare in un contesto urbano così particolare (città di fondazione romana, poi quartiere ebraico), ricco di strati storici e reperti architettonici, voleva dire doversi confrontare per forza con il passato, anzi, con tutti “i passati che si accumulano nello spazio dell’intervento”. L’appellativo “collage” dato alla casa indica la qualità intrinseca dell’opera, quella di essere

Il nuovo volume inserito all’interno del cortile grande. Nella pagina a fianco: vista del cortile piccolo con le scale di risalita.

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Particolare della balaustra delle scale interne ricostruita con materiale di recupero.

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un contenitore di varie “storie” e di epoche diverse e, inoltre, quella di segnalare una pratica architettonica (e non solo) originale particolarmente adatta ad un intervento del genere. Il progetto coglie gli spunti salienti dei periodi storici succedutisi dentro il manufatto edilizio attraverso lo studio e l’analisi delle conformazioni spaziali e dei materiali impiegati. La successione degli spazi verte intorno ai due

cortili esistenti che, opportunamente restaurati, sono stati riportati al ruolo di centri nevralgici di smistamento e di luoghi di “vita” interna. Vi si affacciano indistintamente attività collettive (uffici, punti di contatto con l’esterno) e private (unità residenziali). Nella corte più grande è stato inserito un nuovo volume addossato agli edifici circostanti che occupa un angolo vuoto del patio e si congiunge


SCHEDA TECNICA Progetto: bosch.capdeferro arquitectures (Ramon Bosch, Bet Capdeferro) con Joseph Capdeferro capomastro collaboratori: Joan Anglada, resp. progetto, Josep Grau, resp. dcantiere, Blåzquez Guanter s.l.p., consulenza strutture dimensioni: 1.515 mq sup. dell’area Cronologia: 2006-2009

Pianta primo piano

Pianta piano terra

Sezione longitudinale

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Vista di uno degli ambienti interni di un alloggio. Dettaglio dei fronti del nuovo volume inserito nel cortile grande. Nella pagina a fianco: particolare della scala posta nel cortile piccolo. Le porzioni realizzate con azulejos ravvivano l’insieme architettonico.

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con l’esistente. Esso presenta intenzionalmente un profilo di geometrie irregolari rivestito di pietra bianca, segnata da ripartizioni verticali di una certa severità. È solo la sua forma un poco insolita che ci rammenta che ci troviamo di fronte ad una situazione “nuova” all’interno dell’edificio storico, mentre il disegno dei fronti denota una certa volontà mimetica. Forse è la dimensione del cortile, più grande e meno intimo, che, in qualche modo, ha frenato i progettisti dall’esibire pubblicamente tutte le ricchezze che l’occasione progettuale gli offriva. Nell’altro cortile ciò non avviene e così ci troviamo immersi in uno spazio sorprendente pieno di colore riflesso dagli azulejos misti alle pietre e ai marmi delle pareti contigue. A proposito dei materiali, nuovi e recuperati, essi sono utilizzati in maniera appropriata e intelligente, né troppo invadente, né troppo timida. Questo equo mix di vecchio e di nuovo ci fa ricordare che si tratta di un intervento in cui si è cercato di recuperare il rapporto con il linguaggio costruttivo e formale del palazzo e del suo intorno ricco di storia. Gli interni seguono la stessa logica utilizzata nel resto dell’edificio: anche qui un giusto equilibrio tra le geometrie e i materiali utilizzati governa i nuovi spazi progettati. Gli ambienti sono tutti diversi, ma, in realtà, molto simili, guidati dalla stessa mano e dalla stessa logica progettuale.


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UNA PICCOLA CASA

INVERIGO

Un’occasione per reinterpretare una tipologia della tradizione rurale DI MARTINA LANDSBERGER FOTOGRAFIE DI CARLO RIVI

CARLO RIVI CASA CARLOTTA A INVERIGO (COMO) Si dice spesso che un architetto debba scegliersi i propri riferimenti, i maestri cui guardare, da cui ripartire con il progetto. Carlo Rivi, giovane architetto, milanese di adozione, sicuramente ha scelto questa strada rivolgendosi alla cultura del nord Europa, alla tradizione germanica dei primi trent’anni del secolo scorso, alle case di Heinrich Tessenow.

Casa Carlotta, in questo senso, pare una sorta di “rivisitazione” di questa tradizione, non solo per quanto riguarda la sua “forma” – il tetto a falde molto spioventi in primo luogo – ma anche per quanto concerne il ragionamento sulla tipologia e sul modo di rapportarsi con il luogo in cui l’edificio deve essere realizzato. Il progetto di Carlo Rivi risale al 2007, anno

Vista del fronte nord. Modello di studio.

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SCHEDA TECNICA Progetto: Carlo Rivi strutture: Michele Colombo Colombo Engineering srl impresa: Ruggeri Costruzioni srl dimensioni: 180 mq s.u. cronologia: 2007-09 progetto; 2009-11 realizzazione

Piano terra.

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Primo piano.

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in cui gli viene proposto di pensare a un ampliamento di un edificio presistente degli anni Cinquanta che, a sua volta, si è costruito sulla struttura originaria di un antico roccolo ridotto nella sua altezza caratteristica fino a rendersi indistinguibile. Il progetto si fonda sulla volontà di un recupero, per quanto possibile, della struttura originaria del roccolo (una sorta di piccola torre di avvistamento per l’appostamento dei cacciatori) e, soprattutto, della sua caratteristica tipologica: un piccolo edificio sviluppato in altezza e realizzato, sempre, in posizione dominante, definito da poche, e piccole, aperture poste nella sua parte più alta e da un unico spazio che si ripete, sempre uguale a se stesso, su ognuno dei piani di cui si compone. Queste stesse caratteristiche sono quelle che ritornano, aggiornate rispetto al tema – una casa unifamiliare – e ai tempi, nel progetto ora in via di ultimazione. La volumetria ricavata dalla demolizione dell’ampliamento degli anni Cinquanta insieme a un suo ulteriore aumento, vengono utilizzate per costruire un nuovo corpo di fabbrica che, per non alterare le proporzioni originarie, si colloca in posizione non ortogonale, rompendo uno degli spigoli del parallelepipedo principale e definendo, all’esterno, due spazi aperti con caratteristiche diverse: il luogo di ingresso all’abitazione e una terrazza affacciata sulla valle e definita dai fronti dei due volumi sottolineati dalla continuità delle linee delle quattro falde delle coperture. Dal punto di vista distributivo la casa propone una sorta di divisione funzionale delle sue parti. Al piano terra, aperte sul paesaggio che penetra attraverso il fronte vetrato, vengono collocate – distribuite nei due volumi – le funzioni più collettive dell’abitare. Al piano superiore, invece, i servizi e gli spazi privati del dormire.

Planivolumetrico e vista della piccola corte delimitata dal fronte dei due volumi che definiscono la casa. Nella pagina a fianco: piante e sezioni del progetto esecutivo.

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Vista generale della casa e particolare del fronte sud.

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La grande vetrata vista dall’esterno e dall’interno nel suo raffronto con il paesaggio.

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PROFESSIONE

IL PREMIO PROMOSSO DALLA CONSULTA GIUNGE ALLA TERZA EDIZIONE

PREMIO UNDER 40 – EDIZIONE 2011

Si sono conclusi nel mese di settembre i lavori della giuria internazionale che ha scelto i vincitori delle quattro categorie tra i 52 progetti finalisti del premio “Under 40” Nel mese di settembre si è conclusa la terza edizione di “Rassegna lombarda di architettura Under 40. Nuove proposte di architettura” con la selezione dei progetti vincitori. Il premio, coordinato dalla Responsabile della Commissione, Daniela Volpi, è stato proposto nuovamente grazie al successo delle due precedenti edizioni e rappresenta un’iniziativa congiunta degli Ordini Lombardi degli Architetti PPC nata per favorire la conoscenza di opere di giovani architetti. Diversamente dalle passate edizioni, questa volta hanno partecipato alla gara progetti già realizzati che hanno concorso per una delle quattro categorie: “Nuove Costruzioni”, “Ristrutturazioni”, “Interni”, “Spazi Pubblici e Paesaggio”. La selezione ha previsto una prima fase in cui sono state scelte le 52 proposte finaliste, giudicate

in un secondo momento dalla Giuria Regionale, presieduta da Paola Pierotti, e composta da Manuel Aires Mateus, Emilo Caravatti, Luca Molinari e Umberto Riva. Per la categoria “Nuove Costruzioni” è stato premiato il progetto presentato da Marco Ghilotti e Daniele Vanotti, Riqualificazione architettonica e urbanistica di piazza Unità d’Italia a Tirano (Sondrio), avendo la giuria particolarmente apprezzato “la qualità compositiva e costruttiva del padiglione e il disegno complessivo dello spazio pubblico in rapporto al centro di Tirano e alle montagne circostanti”. Per la medesima categoria sono state menzionate le realizzazioni Casa unifamiliare a Cocquio Trevisago (Varese) di Giovanna Parola e Casa del custode a Caglio (Como) di Sara Riboldi e Carlotta Torricelli. Entrambi i

progetti “si misurano con discrezione e sensibilità con il contesto esistente, dando forte rilevanza alla dimensione costruttiva dei due corpi di fabbrica”. La categoria “Ristrutturazioni” ha visto come vincitore Filippo Taidelli con ristrutturazione e recupero del sottotetto in edificio sito in via Zenale 3 a Milano. L’edificio si inserisce “con attenzione all’interno di un paesaggio urbano denso e complesso. La misura, le proporzioni e la scelta dei materiali rendono questo intervento interessante per come si potrebbe intervenire all’interno di un tessuto urbano consolidato”. Menzioni per Luca Cipelletti con la scala dei chiostri al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, opera di cui è stata apprezzata “la qualità costruttiva e l’attenta misura nel controllo dei dettagli”, e per Elena Bellini e Filippo

Vincitore “Nuove Costruzioni” Marco Ghilotti e Daniele Vanotti, Riqualificazione architettonica e urbanistica di piazza Unità d’Italia a Tirano (Sondrio)

Vincitore “Ristrutturazioni” Filippo Taidelli, ristrutturazione e recupero del sottotetto in edificio sito in via Zenale 3 a Milano

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Vincitori ex aequo “Interni” Ghigos Ideas (Davide Crippa, Barbara Di Prete, Francesco Tosi), Biblioteca dell’arte al MAXXI di Roma; MONOatelier (Mattia Alfieri, Martina Baratta, Mariana Fernandes Sendas, Alberto Pottenghi), Social Noise

Mantovani con addizione del volume sagrestia, realizzazione dell’ancona e ricomposizione degli spazi interni dell’Oratorio della Confraternita delle Quarant’ore a Villimpenta (Mantova), progetto apprezzato per il “recupero attento e unitario del complesso parrocchiale”. Vincitori ex aequo della categoria “Interni” sono stati i progetti Social Noise di MONOatelier (Mattia Alfieri, Martina Baratta, Mariana Fernandes Sendas, Alberto Pottenghi), e Biblioteca

dell’arte al MAXXI di Roma di Ghigos Ideas (Davide Crippa, Barbara Di Prete, Francesco Tosi): “entrambi i progetti sono accomunati da un forte senso di precarietà, limitatezza delle risorse e leggerezza che risponde a una condizione fortemente contemporanea interpretata con intelligenza dai progettisti”. Infine, per la categoria “Spazi Pubblici e Paesaggio”, è risultata vincitrice Marianna Paola Vanoni con riqualificazione di piazza Garibaldi a

Zogno (Bergamo), progetto apprezzato per “la correttezza e semplicità dell’intervento che non s’impone al luogo ma che lo rende facilmente vivibile”. I 52 progetti finalisti della Rassegna Under 40, edizione 2011, come già avvenuto per le edizioni precedenti del premio, verranno pubblicati in un volume curato dalla Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC, in uscita per il 2012. Eleonora Rizzi

Vincitore “Spazi Pubblici e Paesaggio” Marianna Paola Vanoni, riqualificazione di piazza Garibaldi a Zogno (Bergamo)

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LE EDIZIONI 2011 DI TRE PRESTIGIOSI PREMI

L’ARCHITETTURA PREMIATA I risultati dei premi internazionali di architettura Dedalo Minosse, Holcim Awards e Barbara Capocchin

DEDALO MINOSSE, PER LA COMMITTENZA Il 24 giugno si è celebrata a Vicenza la premiazione dei vincitori dell’ottava edizione del Premio Internazionale Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura, promosso da ALA - Assoarchitetti e dalla Regione Veneto. L’intento della manifestazione è quello di porre l’attenzione sulla committenza di “qualità”, il cui ruolo positivo e stimolante contribuisce a creare, assieme alle capacità dei progettisti, la buona architettura. I progetti ammessi sono stati 340 su 700 iscritti. Tra i committenti spiccano nomi prestigiosi, tra cui Metropolitana di Barcellona, Infrastrutture Lombarde e Comune di Cracovia. Anche tra gli architetti nomi noti, come Pei Cobb Freed, Manfredi Nicoletti e Mecanoo. Il Premio Internazionale è stato assegnato a BMW AG per la sede di Monaco (progetto di Coop Himmelb(l)au, Wolf D. Prix / W. Dreibholz & Partners ZT GmbH) per la capacità di “creare una giusta correlazione tra la presenza architettonica dell’azienda nel paesaggio urbano e l’elegante design delle proprie auto” (foto in alto a sinistra). www.dedalominosse.org HOLCIM AWARDS, PER LA SOSTENIBILITÀ I vincitori del terzo concorso internazionale Holcim Awards, per progetti innovativi di edilizia sostenibile di tutta Europa, sono stati annunciati a Milano il 15 settembre scorso. La Holcim Foundation for Sustainable Construction,

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con sede in Svizzera, gestisce il concorso parallelamente in cinque regioni a livello globale ed ha raccolto in questa edizione oltre 6.000 candidature da 146 paesi. Il concorso promuove progetti e visioni di qualsiasi scala, non ancora in fase di costruzione. Il primo premio del Regional Holcim Awards Europe è andato al piano urbanistico di ristrutturazione di un ramo sottoutilizzato del fiume Spree a Berlino, per trasformarlo in una “piscina” naturale lunga 745 m. Il progetto, comprensivo di una riserva naturale a canneto di 1,8 ettari, con filtri a sabbia nel substrato per purificare le acque, è opera di un team diretto dall’architetto Tim Edler di realities: united (Germania), (foto in alto a destra). www.holcimawards.org PREMIO CAPPOCCHIN, PER LA QUALITÀ Il 26 ottobre si è svolta a Padova la cerimonia di premiazione per la quinta

edizione del Premio Internazionale di Architettura “Barbara Cappochin”, promosso dalla Fondazione omonima e dall’Ordine degli Architetti PPC di Padova. La manifestazione mira alla sensibilizzazione dei diversi attori del processo costruttivo – progettisticostruttori-committenti – allo scopo di promuovere la qualità del progetto e della costruzione, nella consapevolezza che la qualità della vita è imprescindibile dalla qualità dell’architettura. Ben 383 le opere candidate, provenienti da 36 paesi. Il Premio Internazionale è stato conferito a due giovani architetti emergenti, l’italiano Fabrizio Barozzi e lo spagnolo Alberto Veiga, per il nuovo Centro di promozione della D.O.C. “Ribera del Duero” a Roa, Burgos (Spagna). www.barbaracappochinfoundation.net Valeria Giuli


LA RICCHEZZA NON DEVE ESSERE CAOTICA

ANGELO MONTI. IL PROGETTO TRA INTUIZIONE E CONCRETEZZA Per diversi anni ho incontrato Angelo Monti in occasione di discussioni sulla condizione del nostro mestiere, su ragionamenti di tipo professionale volti prima a favorire e poi a difendere una condizione che si faceva sempre più difficile per gli architetti. Nei ragionamenti di Monti ho sempre colto un’attenzione, una passione e quasi un rispetto devoto per l’architettura che ritrovo testimoniati nella recente pubblicazione che raccoglie il suo lavoro. Le opere di Monti descrivono con efficacia un atteggiamento morale ben fermo in un periodo dove (dagli anni ’80 a oggi) si è avviata la graduale dissoluzione di un sistema di lavoro antico nel quale il mestiere dell’architetto si sviluppava in relazione ad un disegno pubblico della città, ad un tessuto stabile di imprese di costruzione, ad un apprendistato dei giovani che consentiva al mestiere

la continuità e la possibilità di crescita attraverso l’esperienza. Oggi, nel pieno di una crisi economica e finanziaria della quale l’edilizia risulta vittima e carnefice al tempo stesso, nella quale il tentativo di catturare il consenso commerciale attraverso l’affannosa ricerca della stramberia ha prevalso e nella quale molti giovani e non più giovani architetti sono costretti nella posizione di perenni apprendisti a partita Iva, ritengo sia utile considerare il prezioso lavoro di Angelo Monti ed il percorso condotto senza sbandamenti ed eccessi verso una ricerca dell’ordine in architettura, obiettivo principale del nostro mestiere. Come sosteneva Mies van der Rohe, in un mondo che non ha chiarezza sull’ordine e che inconsapevolmente crede di volere il suo opposto, il compito dell’architetto è di introdurre una ricchezza che non deve essere per forza caotica. In questa direzione è possibile inquadrare l’interesse formale e la tensione che percorre i progetti di Angelo Monti, prodotti evidenti di uno studio attento della logica delle cose, dell’organizzazione e del senso della costruzione: elementi indispensabili per dar corpo e sostanza alla concretezza cui fa

Angelo Monti Il progetto tra intuizione e concretezza Prefazione di Luigi Alini Librìa, Melfi, 2011 pp. 112, € 20,00

riferimento il titolo del libro. Sono convincenti le case unifamiliari isolate degli anni ’80 e ‘90 dove sono espliciti i rapporti tra l’interno, la forma dell’edificio e la volontà di attribuire ordine urbano; sono convincenti le ristrutturazioni degli edifici storici pubblici e privati connotate da un rapporto paritario con il passato; sono convincenti le biblioteche dagli interni semplici ed accurati, realizzazioni recenti nelle quali il carattere pubblico domina pur in presenza di una domesticità diffusa dove è presente lo studio del particolare, l’attitudine a ricercare la miglior soluzione, il gusto per la sperimentazione, il piacere della ricerca. Qualità antiche e indispensabili per un mestiere straordinario che, nonostante i guai, continua ad attirare adepti in quantità. Adalberto Del Bo

MILANO PER L’EDILIZIA SOCIALE

PREMIO “UGO RIVOLTA” 2011 Il Premio di Architettura “Ugo Rivolta”, promosso dall’Ordine degli Architetti PPC di Milano, è giunto alla sua terza edizione. Nato nel 2007, con l’obiettivo di “diffondere la conoscenza dei migliori progetti di edilizia sociale realizzati in ambito europeo negli ultimi anni e contribuire a rinnovare l’interesse nei confronti della residenza di iniziativa pubblica”, il premio è dedicato a Ugo Rivolta, architetto milanese, esemplare figura di progettista attento ai processi di costruzione dello spazio collettivo nella città. Il bando dell’ultima edizione prevedeva che si tenesse conto anche “della pertinenza delle opere rispetto al contesto, del rapporto tra la residenza e le funzioni ad essa correlate e della sostenibilità economica, ambientale e sociale”. La Giuria – composta da Peter Kis (Ungheria), uno dei vincitori della scorsa edizione, Peter Ebner (Germania),

Giulio Barazzetta (Italia), Giordana Ferri (Italia) e Alessandro Maggioni (Italia) – ha proclamato vincitore della edizione 2011 il progetto di Zanderroth architekten (Sascha Zander, Christian Roth, Kirka Fietzek, Diana Gunkel, Guido Neubeck, Konrad Scholz, Lutz Tinius + herrburg Landschaftsarchitekten), BIGyard in Zelterstraße 5-11, Berlino (Germania). “Il progetto propone una soluzione innovativa per un contesto urbano critico: la ricucitura di un isolato avviene mediante un insieme di soluzioni morfologiche e tipologiche molto efficaci. Si tratta quindi non di un edificio in sè, ma della costruzione di un rapporto complesso con il sistema urbano esistente”. Sono stati menzionati i progetti di Olivier Forneau Architects, SocialHousing for FLW a Dison (Belgio) e di Marotta Basile arquitectura, edilizia sociale e parco urbano in via Gallarate a Milano. Inoltre, la giuria “segnala” come “esempi

di interesse e buone pratiche per la produzione di Social Housing” i lavori di Christoph Mayr Fingerle, Abitare nel parco. Complesso abitativo EA7, Bolzano e di ZigZag Arquitectura, Vivazz Mieres Social Housing a Mieres (Spagna).

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PROFESSIONE | CONCORSI

R I Q UALIFIC AZIONE D E L L A P IAZZ A X X S ETTEMBRE A SA R NICO COMUNE DI SARNICO (Brescia) via Roma 54 tel. 035 924155 www.comune.sarnico.bg.it Concorso di idee luglio – dicembre 2010 RIQUALIFICAZIONE DELLA PIAZZA XX SETTEMBRE A SARNICO Commissione giudicatrice composta da: arch. Franco Balbo arch. Filippo Simonetti arch. Gianluca Della Mea arch. Andrea Ruggeri ing. Filippo Panzeri 1° premio: € 6.000 2° premio: € 3.000 3° premio: € 1.500

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Sarnico, in provincia di Bergamo, è un importante centro commerciale e turistico, che sorge sulla sponda destra del Lago d’Iseo, nel punto dove il bacino si restringe e diventa Fiume Oglio. Questo concorso di idee (62 partecipanti), bandito negli ultimi mesi del 2010, riguardava la riqualificazione della piazza XX Settembre, un ambito di forma molto allungata, compresa tra il centro storico e il fiume. La prossimità al centro storico e l’affaccio diretto sul fiume ne fanno un luogo di aggregazione, ma la presenza invasiva delle auto in sosta e l’attuale uso caotico del suo invaso ne diminuiscono sia percezione che fruibilità. Così, obiettivo di questo concorso è stato quello di vedere configurata una sistemazione complessiva della piazza, capace di definire i rapporti con il contesto urbano e il fronte lago. La giuria ha proclamato vincitore

il gruppo degli architetti Fabio Rabbiosi, Alessandro Curti e Giovanna Bonomi. Il loro progetto tende ad una ricomposizione dell’area a lago, riallacciando la piazza agli spazi pedonali di due piazze adiacenti, garantendole continuità spaziale e di utilizzo. Disegna un’ampia area triangolare, scandita dal succedersi di fasce di pietra, disposte a “pettine”, formate da masselli di beola, che individuano e racchiudono una serie di campi pavimentati a cubetti di porfido ad archi contrastanti. Il viale alberato, che attraversa l’area in senso longitudinale, viene ricalibrato per garantire una passeggiata lungo il lago di più ampio respiro. Per favorire le attività commerciali, su dei parterre in pietra, si posizionano dei blocchi trasparenti in vetro e acciaio, utilizzabili anche durante la stagione invernale, che sostituiscono le strutture provvisorie attuali.


Nell’angolo sud-est dell’area, inquadrato dalla prospettiva del portico esistente, si posiziona un grosso platano, contenuto all’interno di una seduta circolare in pietra. Oltre il viale degli ippocastani, si inseriscono due strutture in legno: la prima è rivolta verso il centro del fiume per garantire un punto di contemplazione inusuale; la seconda è invece un lungo pontile, che diventa elemento di seduta, osservazione e area ludica.

1° classificato Fabio Rabbiosi (Morbegno - SO) Alessandro Curti (Gravedona - CO) Giovanna Bonomi (Fusine - SO)

Riqualificazione di una piazza cittadina, di forma molto allungata, compresa tra il centro storico e il corso del fiume che ridefinisce i rapporti con il contesto urbano e il fronte lago

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Oltre a quelli premiati, sono stati menzionati i progetti di Matteo Fraschini; di Claudia Campana con Luisa Stevan, Alice Orlando, Marina Vio; di Maurizio Pino, con Francesca Pastore; di Matteo Comello con Giulio Dragoni, Luca Scotti, Luigi Meazzi, Cremonesi Cristian. Il seguito spiacevole ai risultati del concorso è rappresentato dalla delusione nel non veder proseguito il programma di progettazione. Infatti, a distanza di nemmeno un anno, l’Amministrazione comunale ha bandito un nuovo concorso per la riqualificazione del centro storico,

con finalità analoghe a quelle del precedente, dando così l’impressione che l’intento sia di accantonare i risultati del primo concorso; impostare una nuova verifica sugli obiettivi di fattibilità riguardo agli interventi riqualificatori dell’ambiente cittadino e attendere il reperimento di adeguate disponibilità finanziarie per l’attuazione delle opere. Gli elaborati ottenuti dai concorrenti, sono così, ancora una volta, considerati come semplici esercitazioni grafiche, rappresentative di utopie, piuttosto che di prefigurazioni programmate. Roberto Gamba

GLI ALTRI CLASSIFICATI

2° Classificato Serena Guadagnini (Montebelluna - TV)

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3° Classificato IZAR (Morengo BG): Alfredo Roncalli, Costante Bonacina, Sergio Mecca, Giuseppe Fratelli


ALTRI CONCORSI

CITTADELLA DELL’EDILIZIA DI COMO SETTEMBRE 2010 – APRILE 2011

Concorso di progettazione articolato in due gradi di un nuovo edificio destinato a centro formazione edile e sede enti paritetici edili territoriali da realizzarsi sull’area sita in via del Lavoro.

1° classificato Andrea Liverani (Milano), Enrico Molteni, Frank Boehm, collaboratori: Lorenzo Tamberi, Philipp Wuendrich

2° classificato Anna Stoppani (Iseo) collaboratori: Giacomo Ortalli, Gaelle Verrier, Ambra Fabi

3° classificato Mario Filippetto (Como) collaboratori: Studio SUB Arquitectura, Andres Silanes Calonge, Fernando Valderrama Garre, Carlos Banon Blazquez

4° classificato Davide Spreafico (Cernusco Lombardone - LC), Davide Maggioni 5° classificato Alessandro Pagani (Appiano Gentile - CO), Giorgio Sampietro collaboratori: Irene Lucca, Greta Radaelli

RIQUALIFICAZIONE DEGLI SPAZI PUBBLICI ADIACENTI IL MUNICIPIO DI VEZZA D’OGLIO (BRESCIA) MAGGIO - SETTEMBRE 2010

Concorso di idee per la progettazione dei lavori di riqualificazione spazi pubblici adiacenti il municipio: piazzale Gregorini, spazio sottostante e circostante viabilità.

1° classificato Donato Aquilino (Rezzato - BS), Fabrizio Cò, Linda Zilioli, Claudio Corna

2° classificato ex aequo Guido Martinazzoli (Passirano - BS), Alessandro Martinazzoli

2° classificato ex aequo Stefano Gianani (Gussago - BS) collaboratore: Graziano Illini

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PROFESSIONE

SENZA NORME CHIARE NON CI PUÒ ESSERE EFFICIENZA

NON È TUTTA COLPA DELLA BUROCRAZIA Le nuove disposizioni in materia edilizia affidano ai progettisti il compito di “certificare” la regolarità dei loro progetti, e se i tecnici sbagliano sono guai seri: li aspettano una denuncia penale, spese legali e addirittura il rischio del carcere

Dopo aver letto l’Articolo 5 del Decreto legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito in legge dall’Articolo 1 della Legge 12 luglio 2011 n. 106, viene spontanea una considerazione: ecco altre norme equivoche ed approssimative, ed ancora una volta ne faranno le spese i tecnici in generale, e gli architetti in particolare. Il primo comma dell’Articolo si apre enunciando apertamente l’obiettivo perseguito, “liberalizzare le costruzioni private”, e quindi prosegue indicando gli strumenti mediante i quali si intende attuare tale obiettivo, primo fra tutti la tanto sbandierata “introduzione del silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire”. In realtà, nella materia il silenzio assenso era già stato introdotto trent’anni fa con l’Articolo 8 del Decreto Legge n. 9/1982 (il “Decreto Nicolazzi” di buona memoria), ed esso era rimasto in vita per dieci anni fino a quando, dopo aver dato pessima prova di sé, non era stato soppresso dalla Legge n. 179/1992 senza suscitare rimpianti di sorta. Comunque, per “introdurre” il silenzio assenso nel procedimento di rilascio del permesso di costruire il Decreto Legge ha riscritto l’Articolo 20 del D.P.R. n. 380/2001, che appunto disciplina tale procedimento. La chiave di volta del nuovo meccanismo autorizzativo è costituita però da due disposizioni: đƫ%(ƫ,.%)+ƫ +)) Čƫ %ƫ/!*/%ƫ !(ƫ-1 (!ƫ “la domanda per il rilascio del permesso di costruire (…) è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie (…), alle norme relative all’efficienza energetica”; đƫ%(ƫ0.! % !/%)+ƫ +)) Čƫ%*ƫ"+.6 ƫ !(ƫ quale, “ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni (…) di cui al comma 1, dichiara o attesta

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falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al medesimo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni. In tali casi, il responsabile del procedimento informa il competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari”. In parole povere, se il progettista redige una dichiarazione che gli uffici comunali non condividono, oltre a subire le sanzioni disciplinari del proprio Ordine rischia di trascorrere in prigione i successivi tre anni, a meno che non trovi un buon avvocato che riesca a convincere il giudice che la dichiarazione sia esatta, o che comunque l’eventuale errore non sia stato commesso di proposito. Ma con quale serenità un tecnico può dichiarare che il progetto rispetta tutte le “normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia”, visto che si tratta di un coacervo immenso di disposizioni, spesso incomprensibili e non di rado contraddittorie fra loro? Al legislatore evidentemente sfugge che acquisire gli atti abilitativi all’edificazione è complicato, ancor più che per l’inefficienza della burocrazia, a causa della pessima qualità delle norme che i cittadini sono tenuti a rispettare, sia quelle contenute negli strumenti urbanistici e nei regolamenti locali, sia (e forse ancora di più) quelle contenute nelle leggi statali e regionali. Di ciò l’Articolo 5 del Decreto Legge n. 70/2011 è un fulgido esempio. Si prenda per esempio il suo secondo comma, il quale dispone che per liberalizzare le costruzioni private “alla disciplina vigente sono apportate, tra l’altro, le seguenti modificazioni”. Che cosa significa “tra l’altro”? Significa forse che, oltre alle norme espressamente indicate dal decreto, quest’ultimo ha modificato anche altre disposizioni che il legislatore non è stato capace o non ha voluto indicare? Ed i progettisti, per non incorrere nei rigori della legge, prima di redigere la dichiarazione di conformità dei loro progetti sono tenuti a scovare anche queste ulteriori modifiche, come se

fosse una caccia al tesoro? Oppure si prendano le disposizioni contenute nel punto 2 della lettera “b” e nel punto “c” del medesimo secondo comma, che regolano la famosa Scia in materia edilizia. Ai sensi dell’Articolo 19 della Legge n. 241/1990 la Scia si applica soltanto in sostituzione degli atti “il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge”, e comunque essa non si applica nel caso in cui “sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali”: ma allora in Lombardia la Scia può essere applicata con riferimento agli interventi per i quali il Piano Paesaggistico Regionale impone l’esame paesistico fondato per lo più su valutazioni soggettive? E si prenda infine il quattordicesimo comma, il quale regolamenta direttamente l’edificazione nel territorio delle regioni a statuto ordinario che entro il 10 novembre 2011 non abbiano approvato la Legge prevista dal precedente nono comma, e fino all’entrata in vigore di quest’ultima Legge. Per applicare tale regolamentazione devono ricorrere tutte le condizioni indicate dal citato nono comma, oppure ne bastano soltanto alcune o addirittura una sola? Che cosa succede se la valutazione del progettista circa lo stato di degrado di un’area urbana o la disorganicità dei tessuti edilizi non coincide con quella del comune? E come vanno individuate le aree in cui eventualmente “delocalizzare” le relative volumetrie? Insomma, fino a quando chi di dovere non imparerà a scrivere norme chiare e comprensibili l’efficienza della burocrazia rimarrà una pia illusione, ed a nulla varrà ribaltare sui tecnici il compito e la responsabilità di interpretare ed applicare correttamente disposizioni astruse ed inutilmente complicate. E pensare che paghiamo un Ministro per la semplificazione normativa! Walter Fumagalli


n. 274, esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali”.

LETTURE / 1 HOUSING

Un Repertorio di case ad alte prestazioni e basso costo L’iniziativa Housing Contest – promossa nell’ottobre 2010 da Assimpredil Ance, FederlegnoArredo, IN/ARCH sezione Lombardia, Ordine degli Architetti PPC di Milano e Comune di Milano – ha visto la grande partecipazione di imprese e di progettisti, sia italiane che estere. Per il “Repertorio”, presentato nell’ottobre 2011 presso la Triennale di Milano, sono state selezionati 122 progetti che propongono la realizzazione di housing sociale ad alta qualità e basso costo, offrendo soluzioni architettoniche sostenibili corrispondenti alle mutate esigenze di una fetta sempre più ampia del mercato dell’edilizia residenziale.

COMPETENZE PROFESSIONALI

Limiti alle competenze professionali dei tecnici diplomati

Si segnala che la Corte di Cassazione ed il Consiglio di Stato, vertici rispettivamente della giustizia civile ed amministrativa, hanno recentemente emesso sentenze di notevole interesse che delimitano fortemente le competenze dei tecnici diplomati e segnatamente dei geometri. La Corte di Cassazione, seconda sezione, con la sentenza del 21.3.2011 n. 6402 ha stabilito che per i geometri viene “esclusa, in ogni caso, la competenza nel campo delle costruzioni civili, sia pure modeste, ove si adottino strutture in cemento armato, per cui ogni competenza è riservata agli ingegneri ed architetti iscritti nell’albo”. La Corte di Cassazione, seconda sezione, quindi, con la sentenza depositata il 2.9.2011 n. 18038 ha ribadito che: “per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi dell’Art. 11 R.D. 16 novembre 1939 n. 2229, agli ingegneri ed architetti iscritti nell’albo”. Altra netta pronuncia sul punto è stata emessa anche dal Consiglio di Stato, sez. V 28 aprile 2011 n. 2537 che recita: “A norma dell’Art. 16 lett. m), r.d. 11 febbraio 1929

Riqualificazione energetica Il libro nasce nell’ambito di ricerche, condotte da C. Benedetti alla Sapienza di Roma e continuate nel Master “CasaClima” presso la Libera Università di Bolzano, con P. Erlacher, M. Baratieri, M.C. Alati, M. Demattio, M.T. Girasoli, M. Marchesi, M. Rondoni. Illustra, mediante diagrammi ad albero e schede, una metodologia d’approccio innovativo al problema della riqualificazione energetica; propone stratigrafie di sistemi costruttivi per l’isolamento, sia dall’esterno, sia dall’interno, e un repertorio dei più critici nodi costruttivi, dal punto di vista termico, tecnologico ed esecutivo. R.G. Cristina Benedetti (a cura di) Risanare l’esistente. Soluzioni per il comfort e l’efficienza energetica Bolzano University Press, Bolzano, 2011 pp. 376, € 58,00

Pietro Lenza, Aurelio Ghersi Edifici in muratura alla luce della nuova normativa sismica Dario Flaccovio, Palermo, 2011 pp. 432 (con Cd), € 28,00

RIFORMA PROFESSIONI

Manovra finanziaria e professionisti 14 settembre 2011 è stata votata alla Camera dei deputati la versione definitiva della Manovra fiscale che converte nella Legge 148/2011 il DL 138/2011, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 16 settembre scorso ed entrata in vigore il 17 settembre. Un articolo a firma di Francesco de Agostini, pubblicato sulla pagina web dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano (http://ordinearchitetti. mi.it//index.php/page,Notizie.Dettaglio/ id,2292/type,oa), ne esamina i punti salienti, come l’innalzamento dell’età pensionabile, l’obbligo di formazione continua, l’assicurazione professionale obbligatoria e tanti altri.

LETTURE / 3

Rassegna di nuovi materiali LETTURE / 2

Murature “sismiche” I continui eventi sismici italiani hanno reso evidente la necessità di salvaguardare quella notevole percentuale del patrimonio edilizio costituita da edifici in muratura. Nei 17 capitoli si illustrano l’evoluzione del pensiero scientifico e della normativa tecnica, la classificazione delle murature e la comprensione del loro comportamento fisico; infine, le caratteristiche di varie murature storiche dell’area napoletana. Il Cd allegato contiene una raccolta di normative, articoli scientifici, elaborati grafici e di calcolo. R.G.

Il volume è una rassegna di un centinaio di nuovi materiali e prodotti semifiniti per architettura e design, selezionati dal Centro di ricerca parigino “MateriO”, di cui l’autrice, disegnatrice industriale e ingegnere, è co-direttrice. Varie sono le proprietà, le qualità estetiche e le modularità espresse nella collezione, fra l’altro, di coperture ondulate per pareti, pellami fatti con pelle di pesce, tessile fotovoltaico, sistemi di illuminazione LED a batterie sottilissime. Sono inclusi nomi, indirizzi, telefoni, siti dei fornitori; in più, 15 concetti basilari per la comprensione di aspetti poco noti dell’argomento. R.G. Elodie Ternaux Material World 3. Innovative Materials for Architecture and Design Birkhauser, Basel, 2011 pp. 256, € 49,90

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OMNIBUS

Umanità alla svolta

Jeremy Rifkin La terza rivoluzione industriale Mondadori, Milano, 2011 pp. 336, € 20,00

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Ne La fine del lavoro (1995) Rifkin ipotizza un futuro senza lavoro. Si tratta di una situazione senza precedenti nella storia dell’umanità. Se la 1° rivoluzione industriale ha visto masse di contadini lasciare il settore primario per l’industria, con la 2° rivoluzione industriale l’automazione ha sostituito il lavoro dell’operaio nella manifattura, determinando il suo spostamento nel terziario. Oggi viviamo la 3° rivoluzione industriale: in quasi ogni settore produttivo, elaboratori sempre più sofisticati rimpiazzano gli esseri umani. Ai lavoratori espulsi dal mercato si prospetta una disoccupazione permanente. Ma a ciò c’è una soluzione: ridurre l’orario di lavoro e rivalutare il Mercato del Sociale. “Già oggi il 52% del reddito prodotto da aziende no-profit deriva dall’incasso di tariffe per l’erogazione di servizi. E non stiamo parlando di filantropia o intervento dello Stato, stiamo parlando di un meccanismo denominato ‘fees for services’ dove viene sì richiesto un prezzo per il servizio, ma l’organizzazione che lo fornisce non ha fini di lucro, ha dipendenti e crea nuovi posti di lavoro. Così come le politiche fiscali e monetarie oggi stimolano il Mercato dei Capitali, io penso che in futuro le stesse politiche potranno o dovranno stimolare il Mercato del Sociale”. Nel L’era dell’accesso (2000), l’autore riflette sulla rivoluzione in atto, economica e culturale. L’era dell’accesso segna il passaggio da un’economia retta dal mercato - caratterizzato dai concetti di proprietà e di beni - ad una dominata

dall’informazione. Rifkin prefigura la conoscenza quale principale generatore di ricchezza e - dice - per la prima volta nella storia, il possesso di beni materiali costituirà un limite al cambiamento. La proprietà si trasforma in ostacolo: “ogni genere di beni, servizio o conoscenza (dall’informazione all’istruzione) deve essere preso in affitto”. Analizza le strutture organizzative dell’economia delle reti e i meccanismi dell’informazione, evidenziandone rischi e opportunità. “Da un lato il potere dei ‘nuovi tiranni’ del progresso, i più grandi e importanti provider internazionali, destinati a gestire l’accesso a ogni attività e a controllare la vita di ciascuno di noi in una società dove si accresce il divario tra chi è ‘connesso’ e chi non lo è; dall’altro la possibilità di una maggiore diffusione della conoscenza, della democrazia e del benessere, e l’affrancamento dalla ‘schiavitù’ del lavoro”. Nel 2008 Rifkin stende il proclama “Rivoluzionare l’Architettura” presentato all’11a Biennale di Venezia. L’architettura deve essere in grado di sviluppare nuove strategie di progetto e realizzazione: case, uffici, industrie, ecc., dovranno essere rinnovati o ricostruiti come fonti di energia sostenibile: “facciamo appello ai nostri colleghi architetti di tutto il mondo perché si uniscano a noi nel rivoluzionare l’architettura, con l’obiettivo di consentire a milioni di persone di produrre energia pulita e rinnovabile propria tramite le loro attività commerciali, istituzioni pubbliche e abitazioni, e di condividere le eccedenze con altri tramite reti intelligenti


La fine dell’era del carbonio porterà un nuovo regime energetico rinnovabile e democratico, accompagnato dallo sviluppo di una rivoluzione culturale denominata da Rifkin “coscienza biosferica”

di servizi pubblici, contribuendo di conseguenza a dare avvio alla Terza rivoluzione industriale e a una nuova era post-anidride carbonica dedicata alla democratizzazione e allo sviluppo economico sostenibile”. L’architettura del prossimo millennio deve essere finalizzata una “parcellizzazione energetica”. Ciò avverrà grazie alla realizzazione di nuovi edifici o al “riciclaggio di vecchi spazi” in grado di trasformarsi in “centrali energetiche” autosufficienti capaci di trasferire il surplus di produzione attraverso una rete decentralizzata che si rifà al web. I nuovi sistemi politici non vedranno più la contrapposizione tra destra e sinistra, ma tra un modello centralizzato/ autoritario e uno distribuito/collaborativo; si favoriranno unioni governative sovranazionali e continentali; l’era intercontinentale trasformerà la visione della biosfera come comunità condivisa e da proteggere. Questo modello mostra la possibilità di porre fine alla dipendenza energetica dal petrolio e modificare i rapporti economici, sociali, culturali ed ambientali; si può “smettere di consumare le ricchezze del passato e tornare a

produrre liberando la nostra creatività”. Ne La terza rivoluzione industriale (2011), il libro, appena uscito, Rifkin spiega proprio come Internet più energie rinnovabili possano cambiare il futuro. La nostra civiltà vive un momento cruciale. L’esplosione demografica ed economica delle nuove economie unita alla scarsità delle energie fossili porterà in breve a un problema di sostenibilità della società industriale. Rifkin che intuì questa traiettoria alcuni anni fa e iniziò a lavorare insieme a capi di Stato, manager ed economisti per studiare un nuovo modello di economia sostenibile, oggi – dopo che la grande crisi economica ha reso le sue analisi di un’attualità stringente – spiega come e perchè la convergenza tra la comunicazione in rete e le energie rinnovabili potrà creare, nei prossimi decenni, una potente infrastruttura che cambierà radicalmente la società, l’economia, il lavoro e le relazioni sociali. Una strada che l’Unione Europea sta cominciando a intraprendere e che gli Stati Uniti farebbero bene a considerare: un’opportunità per il mondo di trasformarsi ed evitare un rapido declino. X Claudio Camponogara

Jeremy Rifkin è nato a Denver, Colorado, nel 1945. È laureato in Economia presso la Wharton School of the University of Pennsylvania ed in Affari internazionali presso la Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University. È il fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends (FOET) che esamina i trend emergenti nella scienza e nella tecnologia e il loro impatto su sviluppo, economia, cultura e società.

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Narrare il futuro L’ultimo libro di Federico Rampini Alla mia sinistra, parte da una riflessione autocritica sugli abbagli di una generazione che, dagli anni ‘70 ad oggi, incapace di offrire un progetto alternativo al sistema economico capitalista, si è aggrappata all’illusione di poter coniugare mercato e diritti. Ma il risveglio è stato amarissimo: “Mercato e globalizzazione sono stati al centro di un grande progetto egemonico, nato nel cuore della destra americana e dei grandi centri di potere capitalistico, che hanno smantellato senza pietà diritti e tutele dei lavoratori, rendendoci tutti più isolati e più deboli”. Cosa hanno sbagliato la sinistra italiana, europea e americana? Qual è la loro carenza? Lette in un brillante excursus storico, viste come specchio l’una dell’altra, le sinistre sono state incapaci di proporre uno scenario alternativo al pensiero conservatore, tutte complici dell’erosione progressiva delle idee, delle conquiste sociali e infine della speranza. La sinistra, orfana di se stessa, ha dovuto elaborare il lutto, attraversare quella che Derrida chiama “la malinconia dell’inconscio geopolitico globale”. Ma ora è il capitalismo a crollare, il re è nudo e, a differenza delle crisi economiche minori che si sono susseguite dopo quella clamorosa degli anni Trenta, questa è irreversibile. E se un modello frana, si cercano alternative, si guarda altrove, lontano, in Asia, Brasile Russia. Cosa ci può ispirare? Dopo Slow economy. Rinascere con saggezza in cui Rampini guardava all’Oriente per un modello di economia frugale, sono gli Stati Uniti, forieri di cambiamenti epocali – a partire dalla simbolica elezione di Obama,

che ha subitamente infiammato le speranze planetarie per poi deluderle progressivamente – su cui l’autore punta lo sguardo. Perché il futuro non è nelle mani di un solo uomo, nessuno può farcela da solo. Il culto della personalità è tramontato col fallimento dell’ultimo presidente americano. Il cambiamento è nelle nostre mani: siamo tutti protagonisti. Rampini ravvisa segni tangibili del nuovo che cresce sulle macerie di un modello in disfacimento. È necessario morire per rinascere, è

una legge iscritta nel Mito, universale ed eterna. Siamo al capolinea, sintomo ne è che questa volta, stanno sorgendo risposte inaudite. Solo quando tutto è perduto avviene la trasformazione, ed è da questa perdita di valore (anche monetario, il denaro non è che un simbolo) che può sorgere una società fondata su valori diversi. L’ultimo capitolo “Prove generali di un mondo che verrà” presenta un affresco vibrante di piccoli e grandi gesti, tendenze, invenzioni, pratiche, nuove abitudini che sono già tracce, manifesti di utopie realizzate, inediti e sorprendenti modi di pensare e agire, visioni in atto che stanno trasformando e offrendo speranza all’umanità e al pianeta, raccontate in una sintesi organica; una “narrazione” che riconsegna significato e unitarietà ad elementi apparentemente irrelati, per ritrovare il respiro e la dignità di un grande pensiero, alto, lucido, lungimirante. Fare di necessità virtù, sì, poiché sono gli stati di bisogno che ci ricollegano alle domande primarie. Cosa rimane dell’uomo se eliminiamo il superfluo, di cosa abbiamo davvero urgenza? Non di beni materiali, ma di relazioni, affettività. La rifondazione di una civiltà inizia da un ethos, un comportamento nuovo, le cui parole chiave, tratte dal citato L’economia dell’abbastanza di Diane Coyle sono: Felicità, Natura, Posterità, Equità, Fiducia. X Irina Casali

Federico Rampini Slow economy Mondadori, Milano, 2009 pp. 204, € 17,00 Federico Rampini Alla mia sinistra Mondadori, Milano, 2011 pp. 228, € 18,00

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Architettura come propaganda Se, nell’arco del XIX secolo, pittura e scultura si svincolano dal rapporto obbligato con un committente guadagnando maggior libertà espressiva, l’architettura non può fare altrettanto perché legata al fatto che qualcuno promuova e finanzi l’opera. Può l’architettura essere libera da condizionamenti quando, in ogni epoca, è stata segno per tradurre intenzioni e aspirazioni di uomini ricchi e potenti che hanno utilizzato l’arte del costruire per lasciare traccia di sé alla posterità? Deyan Sudjic indaga i rapporti tra architettura e potere: “A dispetto di una recente retorica, che ipocritamente rintraccia nel dovere di

servire la comunità lo scopo ultimo dell’architettura, in ogni cultura, per poter realizzare le proprie creazioni, gli architetti hanno dovuto stabilire un rapporto con i ricchi e i potenti. Nessun altro ha infatti le risorse per costruire. E il destino geneticamente predeterminato degli architetti è fare qualsiasi cosa pur di costruire”. Sudjic racconta come il bisogno di costruire opere emblematiche abbia rappresentato, dalle piramidi fino alla Parigi di Haussmann, la manifestazione dell’egotismo di chi detiene il potere politico o economico e come individui fanatici si siano serviti degli architetti per i propri fini. L’autore descrive in un ampio affresco numerosissime esperienze architettoniche, dall’epoca dei grandi totalitarismi del XX secolo alla contemporaneità, per dimostrare che è “presunzione errata” pensare che l’architettura, in quanto ”strumento pratico e un linguaggio espressivo, capace di veicolare messaggi estremamente specifici” possa essere neutrale rispetto a fini ideologici. Nel panorama di progetti e realizzazioni trovano posto: la descrizione della agghiacciante Cancelleria dalle proporzioni disumane costruita da

Deyan Sudjic Architettura e potere. Come i ricchi e i potenti hanno dato forma al mondo Laterza, Bari, 2011 pp. 363, 20,00 €

Albert Speer per volere di Hitler, ma anche il progetto della Reichsbank, edificio rappresentativo del regime nazista, alla cui costruzione aspirava Mies van der Rohe, non politicamente schierato; il racconto della gara per la creazione del mastodontico Palazzo dei Soviet voluto da Stalin, cui parteciparono i migliori architetti del mondo, tra cui Le Corbusier; le fasi di ideazione, durante il fascismo, del nuovo piano di sviluppo edilizio per l’EUR a Roma, che videro entrare in conflitto Giuseppe Pagano e Marcello Piacentini. Il quadro arriva ai giorni nostri con episodi che coinvolgono i migliori nomi del panorama architettonico internazionale, non solo in rapporto a collaborazioni con superstiti regimi, come la creazione della spettacolare Sede della China Central Television a Pechino ad opera di Rem Koolhaas, ma anche in relazione alle democrazie occidentali, come la realizzazione del Millennium Dome sostenuta da Tony Blair e progettato da Richard Rogers; la creazione della piramide di vetro dentro il cortile del Louvre commissionata dall’ex Presidente francese François Mitterrand e disegnata da Ieoh Ming Pei. Descrizioni che spingono Sudjic a concludere che “Le Corbusier e Mies van der Rohe, Rem Koolhaas, Renzo Piano, Wallace Harrison, Frank Gehry non sono liberi creatori. Il loro lavoro dipende dal grado di coinvolgimento nel contesto politico mondiale”. X Manuela Oglialoro

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LETTURE / 2

LETTURE / 1

Per una cultura dell’anima I programmi di studio, a livello planetario, sono sempre più orientati a una formazione specialistica che, si dice, offre la possibilità concreta di inserirsi nel mondo del lavoro. Benché in realtà manager di grandi aziende e lo stesso presidente americano vengano da studi umanistici, la scusa per non offrire una scuola pubblica orientata in questo senso è che “non ci sono fondi” da investire. Al ragionamento dialettico si sostituiscono i test a risposta chiusa, il modello pedagogico si fonda su un apprendimento meccanico e gli studenti conoscono unicamente lezioni frontali dove hanno un ruolo passivo. L’autrice illustra i benefici di una cultura umanista che faccia uso organico delle arti (teatro, danza, musica, pittura, poesia) illustrando il loro ruolo specifico all’interno delle democrazie, poiché contribuiscono a sviluppare, da una parte, la capacità critica erede del metodo socratico, dall’altra, le risorse emotive e immaginative della personalità e la facoltà empatica, imprescindibili in un mondo globale e interculturale. L’autrice riprende, in particolare, l’esempio di due grandi pedagogisti e riformatori che hanno creato nel proprio paese nuovi modelli scolastici: il filosofo e scrittore americano John Dewey, con la scuola-laboratorio elementare annessa all’Università di Chicago e il Premio Nobel per la letteratura, coreografo e filosofo indiano Rabindranath Tagore, con la Visva Bharati University. L’istruzione dovrebbe offrire agli individui e alle società un’ampiezza e profondità di visione che non si riduce alla “miope comprensione del presente”. Come ricorda Tagore “facendo uso delle cose materiali che possiede, l’uomo deve stare in guardia e proteggersi dalla loro tirannia. Se, crescendo, resta debole e non impara a difendersi, allora inizia un processo di lento suicidio dovuto al disseccarsi dell’anima”. I.C. Martha C. Nussbaum Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica Il Mulino, Bologna, 2011 pp. 160, € 14,00

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LETTURE / 4

Verità della costruzione e bellezza della forma

Spiegare l’architettura e il lavoro dell’architetto

Come nei dialoghi di Platone, e nell’Eupalinos di Paul Valéry, Attilio Pizzigoni, si confronta oggi con un tema quanto mai attuale nella cultura del progetto, e cioè quello della “revisione” della figura dell’ingegnere in rapporto a quella dell’architetto.

Una selezione di testi elaborati in occasione di specifiche conferenze e di lezioni universitarie di oltre venti anni di attività vengono raccolti secondo un preciso intento, quello di riproporre un dibattito e la successiva riflessione su due binomi che contraddistinguono l’attività dell’architetto: teoria e prassi e idea e progetto.

Attilio Pizzigoni Ingegneri e Archistar. Dialogo sul moderno costruire fra miti e mode Christian Marinotti, Milano, 2011 pp. 112, € 12,00

Francesco Venezia Che cosa è l’architettura. Lezioni, conferenze, un intervento Electa, Milano, 2011 pp. 106, € 30,00

MOSTRE / 1

City Lifting La realtà delle grandi affissioni pubblicitarie che, temporaneamente, rivestono i grandi palazzi milanesi colte nel loro contesto urbano e architettonico: un viaggio attraverso la città raccontato in una serie di fotografie di grande formato.

LETTURE / 3

La ricerca della verità “Come ci insegna il paesaggio della grande pittura cézanniana, un’architettura deve avere la doppia qualità di sorprendere ogni volta che la si rivede e nello stesso tempo di apparire come fosse sempre stata, in quel luogo e per il mondo, come avesse da sempre fatto parte di quel paesaggio divenendo intimamente parte necessaria alla sua definizione, rivelandolo a se stesso continuamente, anche durante le sue trasformazioni”. V.G. Vittorio Gregotti L’architettura di Cézanne Skira, Milano, 2011 pp. 80, € 10,00

Riccardo Bucci - Milano Bergamo, Galleria Manzoni 15 novembre - 17 dicembre 2011

MOSTRE / 2

Aprire gli occhi “Far aprire gli occhi” era questa la risposta che Josef Albers dava a chi gli chiedeva quale fosse il suo obiettivo di insegnante del Bauhaus. Imparare a guardare, a guardare il colore, ma non solo. La mostra, la più grande mai realizzata in Italia su questo autore, documenta l’intera attività del maestro: gli anni trascorsi al Bauhaus e il successivo trasferimento negli Stati Uniti, in seguito alla chiusura della scuola da parte dei nazisti. Qui, a Yale – dove diverrà direttore del Dipartimento di Design - che Albers comincerà a comporre i suoi primi scritti teorici riuniti successivamente in L’iterazione del colore. Josef Albers Modena, Galleria Civica 8 ottobre 2011 - 8 gennaio 2012


A sinistra: L. Meneghetti con V. Gregotti e G. Stoppino, Case per la cooperativa “Un Tetto” in via Cassoni a Milano, 1963-70. Veduta di due dei tre edifici. A destra: L. Meneghetti con V. Gregotti e G. Stoppino, Case d’affitto in via S. Francesco d’Assisi a Novara, 1958-59. Veduta generale verso la strada. Sotto: Lodovico Meneghetti durante una lezione, 1987 (fotografia di Marilena Anzani).

L’impegno di un architetto Questo di Lodo Meneghetti è davvero un bel libro, e la storia che racconta riguarda vicende tra le più belle dell’architettura italiana del dopoguerra. Nella sua lunga attività Meneghetti ha scritto molto, sempre intrecciando la riflessione teorica e metodologica al proprio lavoro come architetto, urbanista, amministratore, docente impegnato nella scuola e nel dibattito pubblico. Ma questo, nato in ambito universitario, può essere considerato il primo libro monografico su di sé, sulla propria opera come progettista e intellettuale dell’architettura e dell’urbanistica, significativamente arricchito da importanti contributi di amici e colleghi. Un libro di piacevolissima lettura, dove nodi teorici e storiografici complessi si alternano a ricordi e testimonianze di sapore talvolta caldamente autobiografico, in una narrazione densa e unitaria, impossibile da sintetizzare nel breve spazio di una recensione. Tra le tante, vale segnalare tre questioni, in parte coincidenti con altrettante stagioni dell’attività dell’autore. La prima riguarda il lavoro di progettista di Meneghetti come cofondatore dello

studio Architetti Associati Gregotti Meneghetti Stoppino, attivo a Novara dal 1953 al 1963, e successivamente a Milano fino all’autunno 1969, data del suo scioglimento. Un lavoro conosciuto e riconosciuto, con opere che appartengono alla storiografia di quel periodo, e che hanno concorso da protagoniste alla revisione dell’architettura italiana del dopoguerra, condotta in mutua dialettica dalla generazione dei maestri (da Rogers a Samonà, Gardella, Albini, Ridolfi) insieme alla generazione più giovane (con i tre dello studio novarese, i più o meno coetanei Aulenti, Buzzi Ceriani, Gabetti e Isola, Canella, Rossi, Tentori, Semerani, Polesello). In questa stagione un rilievo centrale occupa la controversa questione del cosiddetto neoliberty, rispetto alla quale il libro apporta nuovi elementi di conoscenza e di valutazione. Osserva Meneghetti nel suo avvincente racconto: “Abbiamo voluto darci una massima padronanza dell’elemento costruttivo (…), del dettaglio nella progettazione esecutiva”; e poco più avanti: “C’era forte in noi il desiderio, la ferma volontà (…) di costruire edifici solidi, durevoli”. Intenzioni sviluppate con appassionata competenza in alcuni paragrafi dal titolo eloquente: “La logica dei mattoni, in principio”; “La logica dei pannelli prefabbricati, in principio”. Puntualizzazioni importanti, perché in esse si può forse cogliere quella differente accentuazione generazionale all’interno dell’opera dei giovani rilevata in qualche

occasione di dibattito dagli stessi protagonisti di allora – più attenti al dettaglio e al lato costruttivo i maggiori d’età, più caricati ideologicamente in un intento di rappresentatività i minori. La seconda questione riguarda il rapporto urbanistica-architettura, un rovello antico al quale l’esperienza di Meneghetti, che l’urbanistica non l’ha solo studiata e insegnata, ma praticata al vero nel suo ruolo di amministratore, porta considerazioni e verifiche originali e illuminanti, tanto più incisive nel clima attuale, come sostiene, di imperante svendita immobiliare delle nostre città. Infine, la scuola, l’insegnamento e la ricerca universitari, alla quale Meneghetti accederà tardi (sono parole sue), chiamatovi da Piero Bottoni, ma nella quale, a partire dalla metà degli anni Sessanta, si profonderà in un impegno costante e generoso di rinnovamento, con un ruolo trascinante svolto nel tempo insieme a nomi importanti come Bottoni stesso, Lucio d’Angiolini, Giancarlo Consonni, Graziella Tonon, Sergio Brenna, Claudio Buscaglia e altri man mano più giovani. Dunque un libro bello e utile, all’importanza del quale concorre anche un apparato illustrativo ricco di materiali d’archivio spesso inediti (merito della tenacia del curatore, ha confidato con il consueto disinteresse Meneghetti), nonché un apparato di note e didascalie assai puntuale e altrettanto utile per un pubblico di lettori che si spera largo e in primo luogo studentesco. X Enrico Bordogna Daniele Vitale (a cura di) Le stagioni delle scelte. Lodovico Meneghetti, architettura e scuola Il Poligrafo, Padova, 2011 pp. 290, € 35,00

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Archivio Stirling esposto a Londra La Clore Gallery di James Stirling (1924-1992), ampliamento della Tate Britain di Londra, ha ospitato (dal 5 aprile al 21 agosto 2011) la mostra James Frazer Stirling: Notes from the Archive, una selezione del suo fondo presso il Canadian Centre di Montreal, curata da Antony Vidler. L’emozione per l’incontro diretto con i documenti di una vita di ricerca nel campo dell’architettura (oltre 40.000 solo i disegni), si è accompagnata alla curiosità per l’ordinamento dello storico americano. Come emerge con chiarezza dal catalogo, Vidler ha operato una retrospezione dei sedimenti, inclusiva delle precedenti interpretazioni, articolata cronologicamente per temi (“È un fatto che i nostri progetti, talvolta, si possano considerare per serie” J.S.). Intorno al tavolo di lavoro dell’architetto gallese formatosi nell’industriosa, neoclassica Liverpool, si affacciano, così, le figure dei critici, a partire dal suo primo riconoscimento quale anti-

pioniere espressionista compiuto da N. Pevsner, verso il parallelo, centrale nella sua opera, tra il ruolo della tecnica evocato da R. Banham e il binomio programma-stile delineato lucidamente da J. Summerson (“Vitruvius Ludens”). La sequenza che origina dal modello in scatola della prima casa ideale, muove dalla Scuola verso il confronto con Le Corbusier della Silf-Domino Housing e di Sheffield e attraverso la Crisis of Rationalism approda all’invenzione tipologica delle Machines for Learning di Leicester, Cambridge, St. Andrews e Oxford. Di qui, approfondita la dimensione della Techne in Arcadia, con i progetti per la Siemens e per l’Olivetti, lasciata alle spalle l’esperienza delle New Town, si giunge in Context and Association ad un secondo grado di revisione tipologica costituito dal lavoro esemplare sul Museo: Dusseldorf, Colonia e infine Stoccarda. Alla lettura si svela infine la genealogia neoclassica del rapporto con Soane, manifesto ad

Harvard e nella Clore Gallery, fino alla conclusione aperta delle composizioni del Wissenshaftszentrum, di Latina e della Biblioteque de France. Una ricerca, “reale e inglese” (P. Eisenman) di una tradizione in divenire, dal funzionalismo al Moderno, al Neoclassico, attuata preferendo sempre “fatti specifici a idee generali, con la consapevolezza che le cose specifiche possono illuminare le idee generali “ (C. Rowe). Ancora oggi, nei flutti della contemporaneità, la sua “arte dell’architettura”, resta per noi, come il baule del carpentiere per il Robinson di Defoe, una speranza di sopravvivenza civile. X Stefano Cusatelli

Roberto Ciaccio esplora l’architettura

Curata dal filosofo Remo Bodei, dall’architetto Kurt W. Forster e dallo storico dell’arte Arturo Schwarz, la mostra inaugurata presso la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano presenta l’opera di Roberto Ciaccio, uno dei più interessanti e innovativi artisti del panorama contemporaneo. La ricerca di Ciaccio è volta, in particolare, ad esplorare le zone di confine fra l’opera d’arte e le altre discipline: così, dopo aver indagato i rapporti con la filosofia (Berlino, 2006, Kulturforum Kupferstichkabinett Musei Statali) e con la musica (Roma, 2008, Istituto Nazionale per la Grafica – Palazzo della Fontana di Trevi), l’artista, nell’esposizione milanese, chiama in causa l’architettura. Ne deriva un’installazione

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site specific in stretto dialogo con l’identità del museo, dove grandi lastre di ferro, rame, ottone e zinco e grandi opere su carta configurano un luogo altro intriso di visioni, riflessi e rinvii. L’itinerario allestito da Ciaccio conduce lo spettatore in uno spazio temporale sospeso, là dove l’artista tesse una sua personale poetica del tempo, alla ricerca della “traccia” e della “revenance”, secondo la definizione di Derrida. Un tempo scandito da pause e intervalli, intesi come un ritorno del tempo passato nel presente o, meglio, come intersezioni e sovrapposizioni temporali che creano un cortocircuito emotivo nel visitatore, facendolo scivolare, in realtà, dalla “revenance” derridiana nella “rèverie” di bachelardiana memoria. Dal ricordo al sogno, i confini di passato, presente e futuro sfumano e si spazializzano in una dimensione dove i confini sono solo frattali. Le grandi lastre metalliche sono soglie che sfondano la piattezza dei piani per aprire spazi tridimensionali attraverso molteplici stratificazioni cromatiche. È un’operazione concettuale che trasfigura il contesto del museo in

uno spazio topologico, alla ricerca delle tracce e potenzialità rimaste nascoste nelle “pieghe” del tempo, in un rilancio perpetuo dei processi di significazione. Il percorso espositivo trama contro le rette vie del tempo astratto matematico e rincorre il tempo qualitativo del vissuto (quello che non è mai lineare, ma circolare come tramandato dalla sapienza mitologica), incidendo sul territorio spazi di differente intensità, ricchi di risonanze e connessioni. È una mostra dove si incede danzando, perché la danza – come voleva Nietzsche - è sempre la metafora del divenire, dell’incessante produzione di forme sempre differenti fra loro dove l’unica cosa immutabile è l’eterno ritorno del mutamento stesso. X Sonia Milone


Se questo è un uomo, allora agisca Come rendervi l’idea di tutto ciò? Iniziando dalla speranza: da qui nasce il progetto Glossa per salvare il capolavoro di BBPR e Primo Levi ad Auschwitz. Come spiegare quelle strisce leggere fuse dal ferro di vecchi binari? Nascoste tra le spirali di Pupino Samonà e i muri del Blocco 21, avrebbero abbracciato e protetto il Memoriale. Una stele dinamica, un filo d’Arianna di testi in rilievo (anche per non vedenti), contenuti parlanti, eloquenti: ci raccontano dei nostri caduti e del Memoriale, in continuità con esso. O forse dovrei iniziare dalla realtà: la censura di questa speranza, la chiusura del Memoriale, il 1° luglio 2011, nel totale silenzio della stampa e degli architetti italiani. O ancora, del lavoro dei tanti (ma troppo pochi), primo fra tutti Sandro Scarrocchia, che si battono da anni per impedirne chiusura e distruzione. Compito difficile. Davanti, migliaia di sguardi silenziosi. Mi chiedono se siamo uomini. Ci sono stati, rispondo: il nazifascismo li ha uccisi perché ribelli, ebrei, comunisti, partigiani, sindacalisti, gay, rom. Questi sono gli uomini; e noi ora ne offendiamo la memoria: come possiamo star zitti di fronte allo scempio? Noi possiamo gridare e disegnare il futuro con le idee, ma loro non più, se non con il ricordo. La porta chiusa del nostro Memoriale l’ho vista per l’ultima volta a luglio. Ero lì per presentare il progetto Glossa, conclusione di un’accurata riflessione condivisa con il consorzio dottorale di Palermo/ Brera. Vogliono sostituire il Memoriale con il scintillio di mostre multimediali più politicamente omologate. Noi, a questo, dobbiamo contrapporre con coraggio la forza delle idee. In poche parole, quella di Uomini (e Architetti). Se tali siamo, degni di questo nome. Per adesioni all’appello e alla lotta per salvare il Memoriale Italiano in onore ai caduti nei campi di sterminio nazifascisti: gregoriocarbonimaestri@ gmail.com, tel. +39 3391626319. X Gregorio Carboni Maestri Schizzi per il Progetto Glossa. Disegni di Gregorio Carboni Maestri.

Chandigarh. Foto Bruno Melotto.

Siti e architetture patrimonio dell’umanità Per giungere alla realizzazione di forse uno dei più conosciuti progetti di architettura moderna, ci sono voluti più di 15 anni, 700 disegni e 6 modifiche anche sostanziali. đƫ (ƫ 1/!+ƫ 1##!*$!%)ƫ/1(( ƫ %"0$ƫ Avenue di New York di Frank Lloyd Wright viene inaugurato nel 1959, sei mesi circa dopo la morte del suo autore, innescando tutta una serie di critiche – alcune anche piuttosto accese – in relazione al rapporto arte/architettura. Come si sarebbero potuti esporre i quadri in quella grande aula definita al suo perimetro da alte pareti curve che si rincorrono, apparentemente senza soluzione di continuità? Il contenitore che vince sul contenuto, l’architettura che ha la meglio sull’opera d’arte. Oggi, a più di sessanta anni di distanza non solamente il Guggenheim, ma un insieme di 11 capolavori del maestro statunitense, fra cui la Casa sulla Cascata a Mill Run in Pennsylvania, sono stati candidati dallo stesso Presidente Barack Obama, a diventare patrimonio dell’umanità entrando nella lista che, ogni anno, le Nazioni Unite aggiorna. La candidatura però non rappresenta una garanzia di successo: i 21 paesi appartenenti all’ONU dovranno discutere la proposta e ci vorranno circa tre anni per arrivare a un “verdetto” definitivo. Per Wright si tratterà di sostenere un nuovo esame. đƫ (0!.ƫ .+,%1/Čƫ$ Čƫ%*2! !Čƫ/1,!. 0+ƫ

l’esame e la Fabbrica Fagus, da lui progettata nel 1910 ad Alfeld in Germania, è già stata inserita fra i nuovi 26 siti dell’Unesco ed è diventata patrimonio dell’umanità. đƫ 0!// ƫ/+.0!ƫ*+*ƫtƫ%*2! !ƫ0+ 0 Čƫ per la seconda volta, all’opera di Le Corbusier la cui candidatura è stata presentata dalla Svizzera, dalla Francia, dall’Argentina, dalla Germania, dal Belgio e dal Giappone. La proposta verteva intorno alla possibilità di riunire 19 opere dell’architetto in un’unica candidatura e forse proprio questo è stato il motivo del rifiuto. La commissione che ha esaminato la proposta ha, infatti, riscontrato come le opere scelte non riflettessero correttamente l’idea di architettura del grande architetto. Intanto, sempre sul fronte Le Corbusier, un appello promosso da Manmohan Nath Sharma – assistente del Maestro francese nella realizzazione del progetto per Chandigarh - e sottoscritto da più di 3.500 persone, è stato presentato con l’obiettivo di portare all’attenzione del pubblico come parte delle opere pittoriche e degli arredi dei diversi edifici della città, tutti opera di Le Corbusier e di Pierre Jeanneret, siano stati messi all’asta e venduti, compromettendo la lettura del progetto originale. Anche in questo caso la proposta è quella di inserire Chandigarh fra i luoghi patrimonio dell’umanità. X Martina Landsberger

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Settimana verde A Milano, tra il 12 e il 18 settembre 2011, si è tenuto l’incontro internazionale di Ecoweek dal titolo “Urban Communities and Green Architecture”, articolato in quattro sezioni sul tema della sostenibilità urbana, sociale, dei nuovi edifici e di quelli esistenti. “Il nostro scopo – spiega Elias Messinas, fondatore e presidente di Ecoweek – è promuovere i principî dell’architettura sostenibile e del miglioramento delle prestazioni energetiche di edifici, che consumano oltre il 40% dell’energia totale prodotta. La progettazione sostenibile, basata sui principî di guadagno solare passivo, scelta di materiali ecologici e coinvolgimento attivo della comunità, può comportare una notevole riduzione della nostra dipendenza da fonti di energia non rinnovabili e diminuire l’emissione di CO2 nell’atmosfera”. Nel corso della manifestazione è stato presentato tra gli altri, un progetto di ristrutturazione di un fabbricato alla periferia est di Milano a verde verticale, a cura dell’ing. Alessandro Zichi e dall’arch. Amit Anafi per conto del Consorzio Cis-E, che sperimenta gli indirizzi della bioarchitettura, ponendo attenzione al LCA (Life Cycle Assessment) nella scelta dei materiali e degli impianti tecnologici ed all’efficienza energetica dell’edificio. L’LCA considera l’intero ciclo di produzione, dall’origine fino alla destinazione finale, controllando gli impatti ambientali rispetto alla salute umana e alla qualità dell’ecosistema. X Manuela Oglialoro

Ecoweek è un workshop sui temi dell’ecologia e della sostenibilità, ma prima ancora è una ONG, nata in Grecia nel 2005, fondata dall’architetto Elias Messinas e dalla terapeuta Yvette Nahmia.

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In alto: esempio di verde verticale. Sopra: BedZED o “Beddington Zero Energy Development” è un piccolo quartiere a sud di Londra, a Sutton, realizzato tra il 2000 e il 2002 Si tratta del primo insediamento a zero emissioni di CO2: 87 case, 17 appartamenti, 1405 metri quadrati commerciali, progettati dall’architetto Bill Dunster, senza emissioni fin dal momento della sua costruzione.


I veri bisogni dell’architettura La bioarchitettura, per decenni un settore di nicchia, registra un crescente sviluppo di ricerca e realizzazioni: è perciò necessario disciplinare i prodotti da costruzione “sostenibili” a livello internazionale, con norme ISO. Una guida pubblicata nel 2009 dal WWF elenca i principî dell’architettura sostenibile secondo cui è possibile distinguere un’architettura ecologica da un edificio che si fregia solamente della denominazione “green” o genericamente sostenibile. La coerenza del risultato architettonico con le ricerche sul costruire bio emerge dalle opere esposte nella mostra NEEDS – Architetture nei paesi in via di sviluppo, inaugurata a Ferrara il 24 settembre 2011, presentata da AGAF, Associazione Giovani Architetti Ferrara. L’esposizione

ha offerto l’occasione di apprezzare progetti che affrontano l’esperienza del costruire sostenibile in alcuni paesi emergenti, con modalità progettuali che seguono le esigenze espresse dalle comunità del luogo e sono basate sul rispetto delle peculiarità tecniche e culturali locali. Queste rispondono ai criteri presentati dal WWF: la costruzione deve essere indispensabile; adeguatamente localizzata; specifica per una località; deve recuperare o riqualificare l’esistente; ridurre al minimo le dimensioni; usare materiali a basso impiego di energia, salubri e a basso impatto, diminuire il bisogno di energia, dare un ruolo attivo nella progettazione agli abitanti ed essere finalizzata al benessere della comunità.. X M.O.

Sopra: Dano, Burkina Faso, 2007. Edificio scolastico a Dano. Menzione Speciale “Premio Internazionale Architettura Sostenibile Fassa Bortolo 2009”. Sotto: due viste di uno dei progetti esposti alla mostra “Needs”. L’orfanotrofio costruito in Noh Bo nel 2006, un piccolo villaggio al confine tra Thailandia e Birmania. Gli edifici che compongono le sei unità del quartiere, denominati a causa del loro aspetto dagli abitanti del posto “Soe Hias Tie Ker”, ovvero case farfalla, sono stati ideati e realizzati in un’ottica di ricostruzione di un ambiente familiare.

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BREVI DAGLI ORDINI

Î COMO

Una Biblioteca virtuale per gli architetti “La biblioteca virtuale degli architetti” è un progetto, unico in Italia, offerto sul sito web dall’Ordine APPC di Como. L’iniziativa è tesa a sviluppare il rapporto tra il mondo dell’architettura e quelli della saggistica e della letteratura. All’interno è possibile trovare: “La voce della biblioteca”, sezione sviluppata in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Como; “I consigli della Libreria”, utile panoramica offerta da una libreria operante sul territorio; “Abbiamo letto per voi”, recensioni curate da colleghi (suddivise per categoria) di opere di recente pubblicazione; “Le proposte dei lettori”, sezione suddivisa in tre parti nelle quali sono pubblicate riflessioni e suggerimenti dei lettori. Lo strumento, in continua evoluzione, si propone come una sorta di prezioso book sharing all’interno del quale la letteratura strettamente legata alla nostra disciplina si integra con la cultura a più ampio spettro. X Alberto Bosis Info: http://www. ordinearchitetticomo. it/index.php?page=labiblioteca-degli-architetti

Î VA R E SE

Museo Tattile Grazie anche alla sponsorizzazione dell’OAPPC, è stato aperto a Varese il Museo Tattile, primo nel genere per quanto riguarda la fruizione attraverso il tatto di elementi e strutture della storia dell’arte, architettura, archeologia, geografia del territorio (a livello europeo esistono solo i musei di Madrid e Ancona, dedicati però alla scultura) che consente un approccio olistico a vedenti e non. Info: http://nuke.controluceonlus.org/Museotattile/ tabid/477/Default.aspx

Î LODI

Apre lo Sportello Energia Î MONZA

E BRIA N ZA

Premio tesi di laurea su MOSLO in Brianza Nell’ambito del progetto MOSLO, l’OAPPC di Monza e Brianza ha bandito il premio Tesi di Laurea “MOSLO in Brianza. Verso una mobilità sostenibile” con l’obiettivo sostenere la valorizzazione della tratta ferroviaria Monza-Molteno-Oggiono e la riqualificazione del territorio circostante, caratterizzato anche dal Parco della Valle del Lambro. Possono partecipare i laureati in Architettura dal 2005 ad oggi, scadenza bando 27 gennaio 2012.

Info: http://www.ordinearchitetti. mb.it/bandi_pagina.asp?ID=1321

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Dopo l’adozione del nuovo regolamento edilizio che vincola il rilascio dei permessi di costruire al rispetto di criteri di efficienza energetica degli edifici equiparati alla classe A dello standard CasaClima (2008), è stato firmato un Protocollo d’intesa tra Comune di Lodi (assessore S. Uggetti) e Agenzia CasaClima di Bolzano (direttore N. Lantschner). La città ospiterà da settembre uno Sportello Energia dedicato alla consulenza sulle pratiche di riduzione dei consumi energetici nell’edilizia civile e residenziale, aperto a cittadini e professionisti e gestito in collaborazione con l’omonimo organismo di Bolzano. Info: http://nuke.ordinearchitettilodi.org/ http://www.comune.lodi.it/flex/cm/pages/ ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3063


BREVI DALLA CONSULTA

Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori

27 ottobre 2011 Palazzo Castiglioni, Sala Orlando Corso Venezia 47 Milano (Linea 1 44 Palestro) ore 9.00 - 18.30

con il patrocinio di *

“AL” - Bimestrale di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi *

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Segreteria organizzativa Redazione di “AL” e Action Group Srl

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Coordinamento scientifico Maurizio Carones

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Comitato scientifico Paolo Belloni, Laura Boriani, Emiliano Ambrogio Campari, Sergio Cavalieri, Leopoldo Freyrie, Laura Gianetti, Aldo Lorini, Fabiola Molteni, Angelo Monti, M. Elisabetta Ripamonti, Giuseppe Sgrò, Paolo Ventura, Daniela Volpi

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori

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Giovedì 27 ottobre 2011, a Milano, presso la sala Orlando di Palazzo Castiglioni, si è tenuto il convegno “EXPO 2015 e Lombardia” organizzato dalla Consulta Regionale Lombarda degli Architetti PPC e il coordinamento scientifico di Maurizio Carones, direttore di “AL”. L’iniziativa ha presentato al numeroso pubblico lo stato di avanzamento dei lavori del progetto Expo, prevedendo quattro sessioni e due tavole rotonde: “Lo stato dell’arte”, “Architettura e grandi eventi”, “Territorio e grandi eventi”, “Il Dopo-Expo”, “Settore Edile - Ricerca e innovazione”. Paolo Ventura, Presidente della Consulta, e Ferruccio Favaron, Consigliere del CNAPPC, hanno introdotto l’apertura del Convegno. Durante le prime due sessioni della mattina, “Lo stato dell’arte” e “Architettura e grandi eventi”, è stato approfondito il tema del masterplan progettato per l’area Expo. Dopo una breve relazione che ha ripercorso la storia del progetto Expo, dalle prime soluzioni fino all’ultimo masterplan depositato nel 2010 al BIE, si è aperto un momento di confronto aperto sul presente del progetto, con il contributo dell’Assessore con delega Expo del Comune di Milano, Stefano Boeri, di Claudia Sorlini, che ha contribuito al progetto con contenuti tecnici relativi alle scienze agrarie, e di Emilio Battisti, autore della proposta Expo Diffusa. La seconda sessione, “Architettura e grandi eventi”, invece, ha allargato il tema del dibattito in merito alle criticità dell’architettura espositiva in funzione dell’eredità lasciata sul territorio; Paolo Belloni, Franco Raggi, Marco Biraghi e Fulvio Irace hanno così aperto gli orizzonti sul tema dell’impatto architettonico che comporta la preparazione, la gestione e il successo di un evento come Expo confrontandosi con eventi del passato (Siviglia 1992, Lisbona 1998, Hannover 2000, Suisse 2002, Saragozza 2008). Durante la sessione “Territorio e

EXPO 2015 e LOMBARDIA

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Convegno “Expo 2015 e Lombardia”

Bimestrale di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi

* in attesa di conferma

grandi eventi” è stato intavolato un dibattito coordinato da M. Elisabetta Ripamonti e Angelo Monti sul tema della sensibilità progettuale che dovrebbe essere realizzata a scala territoriale nella preparazione di un evento di tale impatto; i relatori Willi Hüsler, Federico Acuto, Arturo Lanzani e Maurizio Tira hanno sviluppato un confronto in merito alle necessità di un adeguato sviluppo infrastrutturale e contestualmente è stato presentato l’avanzamento dei lavori del progetto MOSLO. La sessione finale, “Il Dopo-Expo”, con la partecipazione di Daniela Volpi, Marco Engel e Maria Luisa Stocchi, Vicesindaco del Comune di Pero, ha posto le basi per

una riflessione concreta sul ruolo che le istituzioni e le amministrazioni locali dovranno ricoprire una volta terminato il periodo dell’Esposizione Universale, per ripensare in maniera programmatica e soprattutto sostenibile i luoghi e le strutture predisposte per ospitare l’evento. Le due Tavole rotonde, presiedute rispettivamente da Giuseppe Rossi e da Emilio Pizzi, hanno visto il contributo di alcuni rappresentanti aziendali per discutere dei modi in cui produzione e ricerca potrebbero confrontarsi con l’occasione rappresentata da Expo 2015. X Eleonora Rizzi Info: www.architettilombardia.it

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Umberto Baratto, Stefania Buila, Franco Maffeis, M. Paola Montini, Roberto Nalli, Enzo Renon, Patrizia Scamoni, Lucio Serino (Termine del mandato: 15.10.2013)

Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Angelo Monti; Segretario: Fabiola Molteni; Tesoriere: Sergio Cavalieri; Consiglieri: Paolo Belloni, Laura Boriani, Emiliano Ambrogio Campari, Ferruccio Favaron, Laura Gianetti, Gianluca Perinotto, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine APPC di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Paolo Belloni; Vice Presidente: Vittorio Gandolfi; Segretario: Remo Capitanio; Tesoriere: Carlos Manuel Gomes de Carvalho; Consiglieri: Stefano Baretti, Achille Bonardi, Matteo Calvi, Fabio Corna, Francesco Forcella, Arianna Foresti, Francesca Carola Perani, Matteo Seghezzi, Elena Sparaco, Marco Tomasi, Franceso Valesini (Termine del mandato: 13.7.2013) Ordine APPC di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Gianfranco Camadini; Paola Faroni, Roberto Saleri; Segretario: Laura Dalè; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Mauro Armellini,

Ordine APPC di Como tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Angelo Avedano; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Enrico Nava; Consiglieri: Matteo Ardente, Alessandro Bellieni, Stefania Borsani, Elisabetta Cavalleri, Alessandro Cappelletti, Alessandra Guanziroli, Veronica Molteni, Giacomo Pozzoli, Stefano Seneca, Marco F. Silva, Marcello Tomasi (Termine del mandato: 15.3.2014) Ordine APPC di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Ambrogio Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Andrea Pandini; Tesoriere: Luigi A. Fabbri; Consiglieri: Claudio Bettinelli, Giuseppe Coti, M. Luisa Fiorentini, Antonio Lanzi, Massimo Masotti, Vincenzo Ogliari, Silvano Sanzeni (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: M. Elisabetta Ripamonti; Vice Presidente: Paolo Rughetto; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Davide Bergna, Enrico Castelnuovo, Alfredo Combi, Guido De Novellis, Carol Monticelli, Valentina Redaelli, Diego Toluzzo (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria:

architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Laura Boriani; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Guido Siviero; Tesoriere: Massimo Pavesi; Consiglieri: Paolo Camera, Simonetta Fanfani, Paola Mori, Chiara Panigatta, (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Vice Presidente: Alessandro Valenti; Segretario: Alessandra Fortunati; Tesoriere: Manuela Novellini; Consiglieri: Andrea Cattalani, Gianni Girelli, Cristiano Guernieri, Sandro Piacentini, Enrico Rossini, Pietro Triolo, Sabrina Turola (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidenti: Marco Engel, Franco Raggi; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Maria Luisa Berrini, Maurizio Carones, Maurizio De Caro, Rosanna Gerini, Paolo Mazzoleni, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Vito Mauro Radaelli, Clara Maria Rognoni, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 3.12.2013) Ordine APPC di Monza e della Brianza tel. 039 2307447 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Presidente: Fabiola Molteni; Vice Presidenti: Ezio Fodri, Fabio Sironi; Segretario: Mariarosa Vergani; Tesoriere: Carlo Mariani; Consiglieri: Francesco Barbaro,

Giuseppe Caprotti, Giuseppe Elli, Marta Galbiati, Enrica Lavezzari, Cristina Magni, Roberto Pozzoli, Biancalisa Semoli, Nicola Tateo (Termine del mandato: 1.2.2014) Ordine APPC di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Aldo Lorini; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Alberto Vercesi; Consiglieri: Marco Bosi, Raffaella Fiori, Paolo Lucchiari, Luca Pagani, Gianluca Perinotto, Paolo Polloni, Andrea Vaccari (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Marco Del Nero, Andrea Forni, Marco Ghilotti, Carlo Murgolo, Nicola Stefanelli (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Varese tel. 0332 812601 www.ordinearchitettivarese.it Presidenza: presidente.varese@awn.it Segreteria: infovarese@awn.it Presidente: Laura Gianetti; Segretario: Matteo Sacchetti; Tesoriere: Emanuele Brazzelli; Consiglieri: Luca Bertagnon, Maria Chiara Bianchi, Riccardo Blumer, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Ada Debernardi, Alberto D’Elia, Mattia Frasson, Ilaria Gorla, Carla G. Moretti, Giuseppe Speroni, Stefano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2013)

La rivista AL, fondata nel 1970, raggiunge ogni due mesi tutti i 27.474 architetti iscritti ai 12 Ordini degli Architetti PPC della Lombardia:

2.363 2.377 1.720 707 955 403 713 12.108 2.546 876 371 2.335

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iscritti dell’Ordine di Bergamo iscritti dell’Ordine di Brescia iscritti dell’Ordine di Como iscritti dell’Ordine di Cremona iscritti dell’Ordine di Lecco iscritti dell’Ordine di Lodi iscritti dell’Ordine di Mantova iscritti dell’Ordine di Milano iscritti dell’Ordine di Monza e della Brianza iscritti dell’Ordine di Pavia iscritti dell’Ordine di Sondrio iscritti dell’Ordine di Varese

485 | 2011

Ricevono, inoltre, la rivista: i 90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia; 1.555 Amministrazioni comunali lombarde; Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.


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