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BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI LOMBARDI Direttore Responsabile Paolo Ventura Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori www.consultalombardia.archiworld.it
NOVEMBRE-DICEMBRE | 2011
COSTRUIRE NEL MONDO 4 ITINERARI INTERNAZIONALI di Paolo Ventura 4 ESPERIENZE NEI MERCATI INTERNAZIONALI di Vito Redaelli 6 TAVOLA ROTONDA a cura di Vito Redaelli 21 UNO SGUARDO DALL’UNIVERSITÀ di Alessandro Balducci
Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali Martina Landsberger Eleonora Rizzi Direzione e Redazione via Solferino, 19 20121 Milano tel. 0229002165 fax 0263618903 redazione@consulta-al.it Progetto grafico 46xy studio, Milano
PROGETTI 22 UNA TORRE PER PROMUOVERE IL VINO LOCALE Estudio BarozziVeiga, Nuova sede del “Ribera del Duero”, Roa de Duero, Spagna 28 J’ÉTUDE À PARIS LAN Architecture, Casa dello studente a Parigi, Francia di Irina Casali
Impaginazione Veronica Tagliabue, Action Group srl Service editoriale Action Group srl Concessionaria per la pubblicità Action Group srl via Londonio 22 20154 Milano tel. 0234538338 - 0234533086 fax 0234937691 www.actiongroupeditore.com info@actiongroupeditore.com Coordinamento pubblicità Riccardo Fiorina rfiorina@actiongroupeditore.com Pubblicità Alessandro Fogazzi Filippo Giambelli Marco Salerno
PROFESSIONE 34 ARCHITETTI ITALIANI NEL MONDO a cura di Vito Redaelli 35 PROFESSIONE E GLOBALIZZAZIONE di Domenico Podestà 36 A COLLOQUIO CON CARLO CACCAVALE I AL RIBA CON IAN PRITCHARD a cura di Susanna Conte 37 VIVERE E LAVORARE A VIENNA di Cristina Magni 37 VADO ALL’ESTERO di Antonio Borghi 38 LA DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITÀ EDILIZIA, UN VERO ROMPICAPO di Walter Fumagalli 39 DPR 151/2011 a cura di Cristina Magni 40 UNA SCUOLA DELL’INFANZIA “VERDE” A SIRTORI I ALTRI CONCORSI di Roberto Gamba 43 NEWS
Stampa Arti Grafiche G.Vertemati Srl via Bergamo 2 20059 Vimercate (MB) Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 29.978 copie In base alla documentazione postale del numero di marzo 2010 sono state postalizzate 28.968 copie in Italia In copertina: Mondo cubico, studio, biro su carta, 21x13 cm, 1987. Fondo Roberto Sambonet, Comune di Milano-CASVA Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti PPC né la Redazione di AL Chiuso in Redazione: 2 febbraio 2012 Il tema del numero 486 è stato curato da Vito Redaelli
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TESTAMENTI TRADITI di Irina Casali ARCHITETTI IN VIAGGIO a cura di Martina Landsberger JOSEF GOČÁR. TRADIZIONE E AVANGUARDIA di Stefano Cusatelli CIVITAS ET HUMANITAS di Carlo Gandolfi NEWS
DAGLI ORDINI 50 BREVI DAGLI ORDINI
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COSTRUIRE NEL MONDO
Tavola rotonda: 13 architetti italiani raccontano le loro esperienze professionali all’estero
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ITINERARI INTERNAZIONALI
ESPERIENZE NEI MERCATI INTERNAZIONALI
PAOLO VENTURA
VITO REDAELLI
Il tema del numero 486 registra alcuni aspetti dell’attività degli architetti italiani all’estero. Le testimonianze di alcuni autorevoli esponenti del mondo professionale internazionale sono unanimi nel riconoscere che gli italiani architetti godono di alta reputazione. Il Presidente dell’Unione Internazionale Architetti, Albert Dubler, nell’intervista che ha rilasciato a margine della sua conferenza, organizzata dalla Consulta, a Milano lo scorso 21 novembre, non solo rammenta come il Centro Pompidou di Renzo Piano “abbia aiutato l’architettura francese ad entrare nella contemporaneità”, ma anche apprezza la formazione degli architetti in alcuni atenei italiani ed esorta gli architetti italiani ad essere orgogliosi del proprio valore “per l’innovazione e la qualità nel design”. Ian Pritchard, direttore del settore Relazioni Internazionali del Royal Institute of British Architects, dichiara di conoscere diversi architetti italiani che lavorano a Londra, che occupano una posizione organizzativa rilevante all’interno di grandi studi. Carlo Caccavale, direttore della sezione dell’American Institute of Architects di Los Angeles, riferisce l’alta considerazione del mondo americano per gli architetti italiani e per il loro approccio culturale umanistico. Le note di alcuni giovani architetti che operano all’estero restituiscono un ambiente professionale produttivo, ben retribuito e socialmente altamente considerato. Tra di loro, Mauro Parravicini, emigrato in Olanda, sottolinea come la figura dell’architetto sia in quel paese assai rispettata, in cantiere e nella società, grazie anche ad una forte attività delle “lobby professionali”. La ricognizione, non solo stimola gli architetti della Lombardia, per la sua posizione così vicina ai grandi itinerari internazionali, a guardarsi attorno e a meglio considerare anche iniziative lontane, ma anche li esorta ad essere pienamente confidenti delle proprie capacità. Domenico Podestà, in qualità di presidente del Dipartimento Relazioni Internazionali, del CNAPPC propone un impressionante auspicabile impegno per la promozione dell’architettura italiana all’estero, al quale gli architetti lombardi possono dare un notevole contributo.
La nuova “AL” ha scelto di concentrarsi sulle ragioni di un mestiere in trasformazione dovute a un insieme di criticità: con “AL” 484 si è affrontato il tema della nostra stessa società in cambiamento; con “AL” 485, quello di un mestiere da reinventare. Questo terzo numero affronta una questione ineludibile per l’architetto italiano nella società globale contemporanea: il confronto con il mercato estero, da intendersi come opportunità di lavoro e crescita culturale. Il mercato che, infatti, in larga parte si trova all’estero, soprattutto nei paesi extra-europei in via di sviluppo, offre chance straordinarie per il know-how che l’architetto italiano possiede nelle sue molteplici dimensioni tecnico-culturali: non cogliere tali opportunità significa, secondo alcuni, limitarsi a “vivacchiare” tra i confini nazionali, salvo pochi privilegiati, con pratiche edilizie di piccolo cabotaggio. Si è scelto di trattare il tema della cosiddetta internazionalizzazione raccontando le esperienze di architetti italiani che hanno scelto di lavorare all’estero inventandosi nuove opportunità professionali, anche coraggiose, diventando testimoni di una cultura italiana di qualità nel mondo. Esperienze che meritano di essere valorizzate e che possono spingere altri architetti a fare lo stesso: senza dimenticare che una politica di internazionalizzazione consente anche, mutatis mutandis, di riflettere sul nostro paese, sulle ragioni che portano gli architetti a migrare, sulle criticità da rimuovere per trattenerli e anche sui nuovi modelli di sviluppo socio-economico che la nostra società deve inventare per uscire dalla crisi. Il contributo principale di “AL” 486 è la tavola rotonda di 13 architetti approdati in diversi paesi: ognuno di essi dotato di un proprio universo culturale (dall’architettura commerciale ai progetti sociali) o organizzativo (liberi professionisti o dipendenti in altri studi). Sono stati selezionati con un annuncio web (“AAA Architetto all’Estero Cercasi”) e sono state poste loro alcune domande nodali. Esperienze ricchissime di spunti e di grande interesse per i professionisti italiani, soprattutto le nuove generazioni, che devono assumere il mondo come il proprio campo di azione: percorsi peraltro resi agevoli dal web e dai viaggi aerei low-cost che hanno compresso le distanze geografiche. Alessandro Balducci, pro-rettore del Politecnico di Milano e figura d’avanguardia per la internazionalizzazione, propone un commento sulla tavola rotonda. Altri contributi più generali, di istituzioni e associazioni internazionali, raccontano ulteriori opportunità all’estero. La sezione dei progetti è dedicata – in coerenza con il tema – a due esperienze di colleghi italiani operanti all’estero. “AL” 486 vuole, in definitiva, costituire un primo tassello nella promozione dell’internazionalizzazione della professione dell’architetto, dell’urbanista, del designer e, più generale, della cultura italiana; un percorso che gli Ordini provinciali e il CNA dovranno certamente sviluppare.
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TAVOLA ROTONDA LUIGI ARCADU, ENRICO BERNUZZI, DORETTA BEVILACQUA, CARLOTTA BRUNI, ROBERTA COLOMBELLI, PAOLA CONZATTI, DAN DORELL, ENRICO MARIA FERRARI, MARCO FERRARIO, MARCO ORLANDI, MAURO PARRAVICINI, FRANCESCO PROCACCI E STEFANO RIVA A CURA DI VITO REDAELLI
1. Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a rivolgervi al mercato estero e, nello specifico, al vostro attuale paese lavorativo? Sono ragioni di natura professionale, sono riconducibili al percorso formativo universitario o si tratta di una scelta di vita? Arcadu: In realtà mai mi era passato per la testa di andare a lavorare in Cina; allo studio italiano presso il quale lavoravo (Cortesi Design) venne fatta una proposta di collaborazione da parte di uno studio di Shanghai per la progettazione di 12 ville nello Yunnan (regione nel sud ovest della Cina) che prevedeva la presenza di un architetto italiano per sei mesi. Due settimane dopo, iniziò la mia avventura cinese. Bernuzzi: L’occasione di affrontare la mia
PAOLA CONZATTI Nel 2001 si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano. Nel 2005 intraprende una collaborazione con l’architetto Kalpesh Solanki, laureato presso l’Università di Mumbai nel 1998, e nel 2005 insieme fondano lo studio Conzattisolanki. Nel 2008 si trasferiscono a New Delhi, in India, dove attualmente vivono e lavorano, realizzando progetti di architettura e retail.
LUIGI ARCADU Nel 2001 consegue la laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano. Successivamente collabora con diversi studi di architettura in Italia fino al 2005 quando inizia a lavorare per Cospal Architecture design and consultancy co. Ltd. a Shanghai. Dal 2007 collabora, sempre a Shanghai, con DEDODESIGN Co. Ltd., uno studio che è stato più volte pubblicato dalle più prestigiose testate di archtettura quali “Domus”, “Interni”, “Elle Décoration”, “Case da Abitare”, “Shanghai Architecture and Shanghai Interiors”.
prima esperienza all’estero arriva quasi per caso da un collaboratore della società per cui lavoravo nel 2000 in un momento di desiderio di svolta professionale. In effetti, nel giro di sole due settimane parto per una missione di quattro mesi alle Maldive al fianco del site construction manager nelle opere di ristrutturazione generale di un resort degli anni ‘70. Bevilacqua: Sentivo la necessità di lavorare in un ambiente multiculturale, in uno studio con progetti in tutto il mondo e di larga scala. L’Inghilterra mi è sempre sembrato uno dei posti più open-minded e dynamic, specialmente nel nostro settore. In questo studio insegnano che il design non ha confini, di spazio o tempo, guarda al futuro e si rinnova continuamente. Bruni: Nel mio caso non è stata un’infatuazione per l’Oriente, ma un misto di: esperienze
DAN DORELL Si laurea presso il Politecnico di Milano e successivamente trascorre un periodo di studio a Glasgow alla Mackintosh School of Architecture. Nel 2000 riceve una menzione speciale per il concorso internazionale di progettazione della Sala Concerti di Sarajevo. In seguito collabora con diverse realtà internazionali di rilievo tra cui in particolare Ateliers Jean Nouvel e Renzo Piano Building Workshop. Nel 2006 è uno dei fondatori dello studio di architettura Dorell. Ghotmeh.Tane.Architects che si occupa di porgetti di urbanstica, di architettura di edifici e di interni.
ENRICO MARIA FERRARI Nel 1985 si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano, dove tiene, in seguito, un corso di Restauro. Ha condotto ricerche sulla storia del Movimento Moderno (Archivio Sartoris a Losanna, Fondation Le Corbusier a Parigi, l’Atelier Alvar Aalto a Helsinki). Dal 1987 inizia a svolgere attività progettuale in Italia e dal 1999 prevalentemente in Francia, in particolare in qualità di Responsabile di progetto in diversi concorsi internazionali.
MARCO FERRARIO In seguito alla laurea conseguita al Politecnico di Milano nel 2002, lavora come architetto in India, Singapore e USA. Fonda insieme ad altri soci mHS, attività che sostiene un’architettura funzionale e minimalista da realizzare per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo. In India lavora con altri professionisti per promuovere un approccio multidisciplinare alla pianificazione urbana. Ha esposto alla mostra Designing with the other 90 percent tenutasi prima presso il Cooper Hewitt Museum di New York ed attualmente allestita al Palazzo delle Nazioni Unite.
ENRICO BERNUZZI Consegue la laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1999. Durante il corso di studi collabora con società nel campo della progettazione di infrastrutture e dal 2000 ottiene la direzione lavori di strutture turistiche dalla Valtur spa sia in Italia che all’estero. Dal 2003 si dedica alla libera professione fondando nel 2004 lo studio professionale Bernuzzisamoriarchitetti.
DORETTA BEVILACQUA Si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1998 e in seguito si trasferisce a Londra per un breve periodo durante il quale collabora a diversi progetti in campo commerciale e rensidenziale. Nel 1999 collabora con Aukett Europe; in seguito, nel settembre del 2001, inzia la collaborazione con Foster + Partners dove nel 2006 viene promossa al ruolo di partner associata.
universitarie, l’Erasmus fatto in Portogallo; il mio interesse professionale rivolto più alla progettazione a scala urbana che agli interni o al restauro ragione per cui l’Italia non sembrava un mercato adatto; le circostanze della vita mi hanno poi fatto arrivare, appena laureata, a Macau, allora ancora colonia portoghese. Colombelli: Si è trattato di una ragione lavorativa in prima istanza, poi è diventata una scelta di vita. Conzatti: Il motivo per cui io e mio marito, l’architetto Kalpesh Solanki, ci siamo trasferiti da Milano a Nuova Delhi è sostanzialmente di natura professionale. Avevamo iniziato a collaborare a distanza con studi indiani, finché non abbiamo ritenuto opportuno seguire i progetti in loco. Inoltre, sapevamo che in India vi erano maggiori opportunità lavorative, trattandosi di un paese in
MARCO ORLANDI Nel 2003 si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano e, successivamente, inizia la sua esperienza professionale presso lo studio di Mario Cucinella, tra il 2004 e il 2006, in particolare seguendo il progetto della sede unica del Comune di Bologna. Nel 2009 inizia la collaborazione con Renzo Piano Building Workshop di Genova, dove partecipa al progetto Tjuvholmen di Oslo, di cui attualmente segue lo sviluppo, in Norvegia, presso lo studio di architettura NSW.
CARLOTTA BRUNI Consegue nel 1992 un diploma in fotografia presso IED e nel 1995 una laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano. Nel suo percorso professionale collabora con l’architetto Manuel Vicente a Macau e diviene socia fondatrice di VLB, in seguito LBA. Nel 2006 vince la Medaglia d’Oro Architettura dell’ARCASIA con gli Architetti Vicente e Leao; i suoi lavori vengono esposti alla 10a Biennale di Venezia e alla 7a Biennale di S. Paolo.
ROBERTA COLOMBELLI Nel 1990 Roberta Colombelli consegue la laurea in Architettura con Vittoriano Viganò presso il Politecnico di Milano. Fino al 1997 pratica la sua attività professionale, prima in Italia collaborando con diversi studi professionali, in seguito, nel 1998, cominciando la sua attività in Repubblica Ceca che ancora oggi porta avanti, realizzando progetti prevelantemente di carattere residenziale.
grande sviluppo, anche nel settore edilizio e, infine, si è trattato anche di una scelta di vita, desiderando io conoscere il paese d’origine di mio marito. Dorell: Sono arrivato a Parigi undici anni fa senza parlare il francese grazie all’ufficio parigino di Renzo Piano che rispondeva a una lettera scritta dalla mia compagna francese per un lavoro che mi avrebbe trattenuto a Parigi. Da allora molte cose sono cambiate, ma Parigi è rimasta la città della mia famiglia e del mio ufficio DGT, creato sei anni fa con due soci. Ferrari: Il mio trasferimento, è nato da una scelta di vita (a Parigi dal 1999). Dodici anni di attività in Italia sono bastati per capire che forse valeva la pena ricominciare da zero, piuttosto che cambiare la professione, memore anche dei consigli di Giancarlo De Carlo, all’epoca della mia collaborazione, saltuaria, con la rivista “Spazio&Società”.
MAURO PARRAVICINI In seguito alla laurea in Architettura, conseguita nel 1997 presso il Politecnico di Milano, incomincia la sua esperienza professionale collaborando con diversi studi di fama internazionale: Renzo Piano Building Workshop di Parigi (200003); Giancarlo de Carlo, Milano (2004); Project manager presso OMA Headquarters, Rotterdam (2005-08); architetto associato presso Mecanoo, Delft (200810). Nel 2010 fonda la società di progettazione mauroparravicini bv. Oggi è docente alla Technische Universiteit di Delft.
FRANCESCO PROCACCI Si laurea in Urbanistica nel 2001 presso il Politecnico di Milano dove nel 2006 consegue il Dottorato in progetti e politiche urbane. Nel 2006 vince la borsa di studio “ASIA LINK” grazie alla quale può svolgere un progetto di ricerca sui processi di trasformazione urbanistica in Vietnam. Nel 2007 si trasferisce definitvamente in Vietnam dove attualmente vive e lavora nel campo dell’urban design e dell’architettura; tra il 2008 e il 2009 è direttore dell’ufficio di progettazione della nuova città di Saigon est e dalla fine del 2010 è direttore e partner dello studio Campbell Shillinglaw Ltd. and Partners.
STEFANO RIVA Si laurea presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e dal 1995 comincia a muoversi tra l’Italia e il Portogallo, dove attualmente vive e lavora. Ha collaborato con lo studio di Architettura Arx Portugal Arquitectos; nel 2004 fonda a Lisbona il proprio studio professionale, partecipando a diversi progetti e concorsi, sia individualmente che in collaborazione con altri architetti.
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Luigi Arcadu (per Dedo Design). Residenza privata in via Yuyuan 608 - Shanghai, Cina. A pp. 2-3: Marco Ferrario (mHS microHomeSolutions). Sopralluogo nel quartiere slum di Mangolpuri, Nuova Delhi, India. A pag. 5: Mauro Parravicini (mauroparravicini bv). Sezione dell’edificio progettato per il Concorso per la nuova sede della Provincia Autonoma di Bolzano, Italia.
Ferrario: Se le mie prime migrazioni sono state dettate da motivi principalmente personali, una volta scelto di operare nel settore sociale, la decisione di tornare in India è stata soprattutto professionale. Con un deficit di unità abitative per la fascia più bassa della popolazione, intorno ai 40 milioni, l’urgenza di un intervento a livello politico e la necessità di disegnare soluzioni adeguate è obbligatoria. Orlandi: Presso lo studio Piano ho lavorato al progetto Tjuvholmen, un museo di arte contemporanea ad Oslo. Nel 2009 sono stato assunto dall’ufficio del Local Architect, per continuare a seguire il progetto dalla Norvegia. Il cantiere è iniziato da circa un anno e mezzo. In seguito mi ha raggiunto mia moglie, Chiara Zorzi, anche lei architetto, che ha trovato lavoro presso lo stesso studio (si sta occupando della ristrutturazione di un ministero). 8
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Parravicini: Sono andato all’estero perché cercavo con determinazione la possibilità di vedere riconosciuta la mia professionalità lavorando su progetti veri in un contesto economico dinamico e con uno stipendio adeguato. Dopo l’Erasmus a Parigi avevo capito che il lavoro dell’architetto poteva ancora essere riconosciuto come una professione rispettabile solo varcando le frontiere italiane. Procacci: Si è trattato di un percorso non pianificato che è allo stesso tempo formativo, professionale e di ricerca di nuovi orizzonti di vita. La mia partenza per il Vietnam, nella città di Hanoi, risale a 5 anni fa con una borsa di studio “Asia Link” a conclusione del dottorato di ricerca. Tornato in Italia mi è bastato poco per “annusare” la crisi del settore, che nel 2007 forse era ancora contenuta. L’assenza di prospettive e il fascino che il Vietnam aveva esercitato su di me, mi hanno spinto a compiere il grande salto: ritornare in
Vietnam per costruire da zero la mia carriera e prospettiva di vita. Riva: L’essermi spostato a Lisbona è il risultato di molteplici fattori. Forse il principale è stato quello di assecondare una certa curiosità nella ricerca di diversi approcci lavorativi e umani. Mi piace dire che siamo migranti con la valigia Samsonite e non di cartone, il muoversi non è dettato da una ricerca di miglioramento economico, ma più dalla voglia di mettere in discussione una situazione radicata. Il vivere da “ straniero” offre un certo distacco dalle cose che può rappresentare un momento di crescita e di opportunità.
2. Quali sono in base alla vostra esperienza i nodi principali da sciogliere per iniziare a lavorare all’estero? Servono specifiche “attrezzature” tecnico-culturali, è prioritario costruire collaborazioni con altri colleghi oppure è sufficiente avere delle committenze? Arcadu: Nessuna di queste, gli unici requisiti sono la pazienza e la voglia di imparare. Le committenze si trovano nel paese in cui si va a lavorare; occorre solo un buon inglese e la nostra preparazione universitaria, il resto si impara sul campo, cosa che per altro vale anche in Italia. È chiaro che avere uno studio di appoggio è importante, ma è comunque più facile trovarlo nel paese in cui si vuole andare a lavorare. Bernuzzi: Si è trattato dell’unione di due fattori, da un lato una committenza specifica, dall’altro il desiderio di esperienze professionali fuori dai confini nazionali. Considero pre-condizione per lavorare all’estero il desiderio di mettersi alla prova e tendenzialmente “scardinare” il proprio metodo di lavoro a beneficio di un arricchimento professionale e culturale. Bevilacqua: Innanzitutto, occorre avere una preparazione completa e allo stesso tempo “carattere” e unicità. Flessibilità, capacità di lavorare su diversi tipi di progetto. Avere un design team affiatato è importante. I progetti sono fatti insieme a un gruppo di consulenti di diverso tipo e il dialogo è essenziale. Bruni: Ho cominciato a lavorare per uno studio fortemente attivo nel mercato locale, quello di Manuel Vicente; successivamente, ho aperto uno studio in società con altri architetti stranieri di Macau. Per chi decide di trasferirsi all’estero, subito dopo l’università, la collaborazione con altri colleghi è fondamentale, invece, nel caso di professionisti affermati avere committenze è già sufficiente. Colombelli: Per quanto riguarda la mia esperienza è stato sufficiente avere delle committenze che è poi la cosa più difficile da trovare. Poi, è fondamentale conoscere la lingua per capire che l’iter burocratico è assolutamente diverso dal nostro. Conzatti: Secondo la nostra esperienza è
necessario collaborare con professionisti locali. Si può lavorare anche con una committenza diretta dall’Italia, con alcune restrizioni legate alle leggi in vigore. Nel mio caso, a Nuova Delhi ho lavorato finora con mio marito, che qui è abilitato alla professione. Dorell: Le collaborazioni mi sembrano fondamentali nel nostro mestiere e all’estero diventano ancora più necessarie se non altro per questioni di lingua, leggi e comprensione del contesto. Ferrari: Cambiare mentalità. La formazione non è la stessa e le amministrazioni pubbliche sono diverse. In Francia tutto, per fortuna, è estremamente regolamentato e bene organizzato. Solo per fare un esempio: il permesso di costruire è unico per tutto il territorio. In Italia, invece, è sufficiente varcare un confine regionale per non sapere più cosa è consentito fare. Ferrario: Studiare il contesto lavorativo e culturale del paese specifico e capirne il mercato del lavoro sono passaggi obbligatori, mentre non credo sia necessaria una preparazione specifica, soprattutto per i neolaureati. Se l’idea è lavorare per qualche studio si tratta di lettere, e-mail e colloqui. Se ci si sposta per intraprendere un’attività, è, invece, utile, intuire l’opportunità e avere una visione a lungo termine. Orlandi: La mia esperienza è esclusivamente come lavoratore dipendente. In questo campo è necessaria, oltre ovviamente la conoscenza della lingua (inglese in primis), una buona attitudine al lavoro di squadra. È utile, inoltre, una certa agilità mentale, che permetta di adattarsi rapidamente ai diversi sistemi di lavoro, tanto informatici, quanto prettamente organizzativi. E un po’ di fortuna serve sempre... Parravicini: Per partire all’estero da dipendente, come nel mio caso, basta conoscere la lingua straniera, avere voglia di darsi da fare e un po’ di sana rabbia verso l’immobilismo italiano, nonché le capacità professionali per farsi conoscere. Per aprire subito uno studio all’estero, invece, avrei probabilmente dovuto avere qualche collega radicato sul territorio come base d’appoggio. Procacci: La sfida è vincere la paura con se stessi e intraprendere un nuovo percorso di vita in una realtà straniera. Si tratta di volontà, curiosità e determinazione necessarie per aprirsi strade in un mondo, quello vietnamita, ricco di opportunità. Allo shock iniziale di un ambiente completamente differente, servono anche pazienza e apertura culturale. Altra parole d’ordine è flessibilità: rispetto ai tempi ultraveloci dei processi di progettazione e produzione urbana; al carattere “fluido” delle relazioni tra studi e imprese, pubbliche e private: in ultima analisi, rispetto alla capacità di adattamento in una realtà molto differente da quella europea e italiana. In Vietnam, d’altra parte, non siamo supportati efficacemente dalle poche istituzioni italiane presenti nel territorio.
“La sfida è vincere la paura con se stessi e intraprendere un nuovo percorso di vita in una realtà straniera”
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Enrico Bernuzzi (BernuzziSamoriArchitetti). Mahureva Resort, Isola di Gasfinolhu, Maldive. Vista del modello e del progetto in fase di costruzione.
Doretta Bevilacqua (per Foster&Partners). A sinistra: vista dello Smithsonian Institution, Washington DC, USA. A destra: modello del progetto Living Wall, Amman, Giordania. A pag. 11: Carlotta Bruni (VLB Arquitecturae Planeamento). Vista di piazza Nam Van, Macau.
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Riva: Ho collaborato 6 anni con lo studio Arx portugal, e dal 2004 ho aperto uno studio mio, continuando in ogni caso a produrre progetti come coautore con altri architetti e così, molti dei lavori realizzati risultano da una collaborazione con Jose e Nuno Mateus di Arx portugal.
3. La formazione accademica dell’architetto italiano, normalmente focalizzata su un approccio culturale generalista e poco orientata alla tecnica, costituisce ancora un punto di forza nel mercato estero o vi sono altri punti di forza spendibili? Arcadu: In Cina è ancora un punto di forza; la nostra creatività progettuale, sia su concept d’interni che su temi di architettura in generale, a pari di altri paesi europei, è ancora molto apprezzata, soprattutto perché il mercato cinese è molto standardizzato. Seppur molto bravi nell’eseguire le cose, manca ancora una maturità creativa che viene ricercata negli studi progettuali stranieri che siano europei o americani o orientali. Bernuzzi: La specificità culturale dell’architetto italiano oggi è messa in discussione dalla crisi del ruolo sociale rivestito per secoli. Ma nello stesso tempo, oggi, complice la globalizzazione, diventa più semplice lavorare all’estero e, specie in contesti ove si abbia a che fare con risorse limitate
e materiali tradizionali, si ricrea la necessità di un approccio “creativo” al fare architettura. Bevilacqua: Il fatto che la nostra formazione sia molto accademica e poco pratica spesso si rivela un problema, specialmente nei primi anni lavorativi, dove, a confronto di coetanei tedeschi, noi abbiamo carenze “tecniche” notevoli. Bisogna, però, dire che avere un buono spessore culturale aiuta molto nella fase concettuale del progetto, dove la cultura e la creatività sono importantissime. Bruni: Mi sono trovata avvantaggiata nell’analisi e comprensione di fenomeni urbani molto diversi da quelli tradizionali e comuni all’urbanistica europea. La “tecnica” si può imparare attraverso il confronto quotidiano con le esigenze della pratica professionale, mentre una buona preparazione filosofica, storica e analitica dei fenomeni architettonici e socioculturali è decisamente materia universitaria. Colombelli: Il vero punto di forza è il gusto e l’estro per i dettagli. Non è esatto affermare che non ci sia molta tecnica nella nostra preparazione e, se anche cosi fosse, non ho avuto problemi ad allinearmi a colleghi cechi rispetto a ciò. La cultura “generalista” è un vantaggio in quanto lavorando in un paese dove la professione è settoriale, noi abbiamo più flessibilità e una visione a 360°, che non è da considerarsi poi così scontata. Conzatti: Noi siamo stimati in India per sapere coniugare creatività e competenza tecnica, e piace anche molto il nostro disegno industriale, i cui
“Avere un buono spessore culturale aiuta molto nella fase concettuale del progetto, dove la cultura e creatività sono importantissime” 486 | 2011
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prodotti sono già disponibili sul mercato. Inoltre, sempre più cittadini indiani hanno occasione di conoscere le grandi città italiane, di cui apprezzano la qualità urbana e l’architettura; in seguito, mostrano interesse a “riprodurre” in India simili standard. Dorell: Il contesto accademico italiano è estremamente variegato e credo che sia radicalmente cambiato dal periodo in cui ho frequentato il vecchio ordinamento del Politecnico di Milano di cui ho un ottimo ricordo malgrado una certa disorganizzazione che considero positiva nell’avermi preparato al caotico mondo del lavoro. I punti di forza della nostra formazione sono: capacità di analisi; sensibilità al contesto; senso estetico; interdisciplinarità; adattamento a situazioni complesse; apertura al contesto europeo (programma Erasmus). Ferrari: Tutto il percorso d’istruzione in Francia è orientato su un approccio scientifico e tecnocratico, dalle elementari al liceo: si arriva così all’università non per caso, ma come studenti predestinati. Non ci rimane che far valere l’aura del nostro patrimonio culturale, oppure mettere in evidenza la nostra preparazione, se si è usciti da un Politecnico. Ferrario: In India spesso basta il cognome italiano per rassicurare un committente. A parte questo aspetto folkloristico-culturale, 12
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credo che la nostra formazione fornisca solide basi di carattere concettuale e progettuale. Nel contesto Indiano, che forma architetti più “tecnici”, si tratta sicuramente di un vantaggio. Orlandi: La formazione italiana è vista generalmente in modo positivo. La mia impressione è che l’università offra una preparazione piuttosto completa, anche dal punto di vista tecnico, se paragonata alle realtà locali. Inoltre, la pochezza di mezzi delle università italiane (informatici o altro) diventa paradossalmente uno stimolo per la creatività e l’ingegno degli studenti. Parravicini: Il livello culturale dei nostri studenti è superiore a quello che si trova in Olanda. Certo, si tratta di una cultura non applicata, basata sui testi, ma proprio per questo molto importante se si considera che il lavoro si impara comunque nella pratica. Io però ho una laurea tecnologica, e la cultura del costruire, poi rafforzata dall’esperienza, è servita molto nella mia carriera. Procacci: Un punto di forza è quello esercitato dal fascino dell’architettura, dell’urbanistica e del design italiano. Questo può già aprire alcune porte. Ovviamente ciò non basta ed è necessario possedere o costruirsi nel minor tempo possibile una “cassetta degli attrezzi” per operare nel mercato della progettazione; “cassetta” che viene costruita solo in
Paola Conzatti (ConzattiSolankiArchitects). Showroom Swarovski a Nuova Delhi, India. A pag. 13: Dan Dorell (DGT Architects). Render del progetto di concorso per una casa dello studente a Parigi, Francia.
minima parte durante le esperienze formative dei corsi di laurea in architettura e urbanistica. Riva: L’Italia esercita un enorme fascino ed esiste un immaginario attorno all’idea di “italianità”, dal Rinascimento fino agli anni ‘70-’80. Ciò continua ad esercitare un certo carisma più per una proiezione che per fatti contingenti; se pensiamo a questi ultimi anni, è scomparsa un’idea di “scuola italiana” e, al contrario, è emersa quella di “scuola portoghese”. Più di recente, essere italiani all’estero ha significato dover fare i conti con l’eco della politica nostrana, che di sicuro non favorisce la percezione che gli stranieri hanno di noi. Una sorta di macchia, anzi di macchietta. 4. Vi sono dei settori dell’architettura in cui registrate, nel vostro paese, specifiche chance di mercato per i professionisti italiani? Arcadu: Sicuramente abbiamo più chance nell’architettura d’interni, sia per tradizione, sia perché su progetti architettonici o di urban planning ci si confronta con scale cui non siamo abituati, anche per la concorrenza di enormi studi americani, inglesi o cinesi. Per non parlare poi della difficoltà di allacciare legami con la
committenza pubblica cinese. Bernuzzi: Per mia esperienza in paesi come Brasile, Turchia, o altri ancora, direi di no; tuttavia, la figura dell’architetto italiano con il proprio background di storia e di cultura è spesso associata ad un’immagine di ricercatezza e di sensibilità alle tematiche della forma e, quindi, che sia o meno richiesto dall’incarico, ancora oggi portatrice di competenza e di stile. Bevilacqua: Forse nei progetti di grandi infrastrutture (aeroporti, per esempio) dove l’architettura e l’ingegneria sono inscindibili. Bruni: I professionisti italiani potrebbero inserirsi nel settore del restauro e analisi della città storica, visto l’interesse sempre maggiore volto alla conservazione del patrimonio; per la progettazione, i casinò richiedono professionisti con conoscenze approfondite dell’architettura storica. Colombelli: Il settore dell’arredo e del retail rappresentano grosse opportunità nel mercato ceco. Conzatti: Le possibilità sono molte, soprattutto nel settore dei grandi appalti: real estate, alberghi e ospedali. L’India è effettivamente un “cantiere aperto” e la crescita economica è costante. Il problema operativo è che occorre conoscere i canali giusti per ottenere tali commesse. Le agenzie di intermediazione professionale, frequenti a Nuova Delhi, sono
“Credo che ci siano molte chance in tutti i settori per i professionisti di qualità, qualsiasi sia la loro origine” 486 | 2011
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opportune, se non necessarie. Dorell: Credo che ci siano molte chance in tutti i settori per i professionisti di qualità qualsiasi sia la loro origine. In particolare, il sistema di concorsi per gli appalti pubblici è trasparente e accessibile a tutti, anche se consiglio, comunque, di associarsi a uffici locali. Ferrari: Il settore nel quale si può più agevolmente lavorare è la progettazione, in particolare quella “ecologica”. Più complesso invece, sebbene possa trattarsi di un’occasione, è il campo del restauro, edifici vincolati o collocati in un sito protetto. Solo una categoria di architetti, che hanno superato uno specifico Esame di Stato e sono iscritti in uno specifico albo, interviene nella progettazione. Si chiamano Architecte en chef des Monuments historiques, sono dei liberi professionisti, 50 in tutta la Francia. Ferrario: Seppur ancora lontana dalla rivale Cina, in India l’attenzione al design da parte dei committenti si fa sempre più presente. Mentre studi indiani si affermano anche a livello internazionale, pratiche estere iniziano a portare uffici satelliti a Delhi, con buone opportunità per i colleghi italiani. Lo stesso settore in cui opero ha enormi potenzialità per chi voglia unire la professione al sociale. Orlandi: Gli studi che riescono ad aggiudicarsi qualche progetto piuttosto grande (un ospedale, un aeroporto) tendono di solito a incrementare il proprio organico. La Norvegia non nutre alcun pregiudizio verso gli architetti stranieri. La combinazione di diverse culture e punti di vista è giustamente apprezzata come un arricchimento. Parravicini: In Olanda rimane ancora alto il rispetto per la cultura italiana della qualità e del dettaglio. Se vogliamo competere sul mercato internazionale dobbiamo comunque dimostrare capacità manageriali e tecniche tipiche del pragmatismo nordico e allo stesso tempo valorizzare la ricchezza della nostra lunga storia di creazione artistica e architettonica. Procacci: La domanda di urban design e architettura è molto forte. La ragione è che il Paese si trova a costruire su un territorio praticamente vergine nuove città, complessi residenziali, insediamenti turistici di notevoli dimensioni, senza prevedere infrastrutture urbane e territoriali capaci di supportare tale sviluppo. È, quindi, sempre più richiesta un’architettura in grado di rispondere in modo innovativo e sostenibile alla spinta di forte urbanizzazione. Stranamente c’è anche molta richiesta per un’architettura “classica”, dovuta forse all’influenza dell’architettura francese dell’epoca coloniale, ma anche dalla massiccia presenza di investitori cinesi che prediligono tali soluzioni. Gli architetti italiani sono immaginati ad artisti del periodo “rinascimentale”, capaci di creare architetture classiche che rispecchiano l’immaginario collettivo delle città storiche italiane. Riva: Mi sembra che attualmente viviamo più
di individualità che attorno ad un concetto di gruppo o scuola. Il limite fisico di prossimità non è più un impedimento, ne risulta che si producono edifici simili dal Giappone al Portogallo. Ad ognuno di noi appartengano ricordi e paesaggi, modi di dire e di porsi davanti alle cose che costituiscono il nostro bagaglio, il quale può rappresentare un momento di opportunità professionale, in quanto universo specifico: c’è uno strato di fondo, una radice, un nucleo, che è l’essere italiani, al quale si sovrappone la contaminazione con una cultura ormai cosmopolita.
5. Quali differenze, in termini generali, vi sono tra le caratteristiche del mercato del lavoro dell’architetto nel vostro paese rispetto all’Italia? Arcadu: In questo specifico momento storico, la differenza sostanziale e che in Cina c’è lavoro: uno studente di architettura cinese al primo impiego è regolarmente pagato con un contratto che minimo dura un anno; un giovane architetto non solo ha di fronte molte opportunità, ma vede anche i propri progetti realizzati in breve tempo; è chiaro che ci si deve un po’ adattare al mercato locale. Bernuzzi: In Italia oggi si devono fare i conti con una grave crisi che più che mai sta penalizzando la nostra categoria. La differenza con gli altri paesi in cui mi sono trovato ad operare, dove comunque ci sono stati momenti di stallo economico, è che all’estero vi è una maggiore semplificazione normativa e la valorizzazione del contributo creativo dei giovani. Bevilacqua: Le differenze maggiori sono a livello contrattuale. Gli architetti sono assunti a tempo
Enrico M. Ferrari (EMF Architectural). Vista dell’edificio unifamiliare a Gouverne, Francia.
Marco Ferrario (mHS microHomeSolutions). Workshop nel quartiere slum di Mangolpuri, Nuova Delhi, India. Vista, sezione e pianta del progetto Modula Shelter, Nuova Delhi, India.
Marco Orlandi (per RPBW). Viste del Tjuvholmen Icon Complex a Oslo, Norvegia, in costruzione.
pieno, a lungo termine, con tutti i benefit e con salari piuttosto alti. E poi il fatto che in Inghilterra gli uffici hanno assicurazioni sul design dei progetti fa sì che gli studi possano essere molto grandi e la responsabilità distribuita tra tutti e sul business. Bruni: Il ritmo dei progetti, la committenza e la varietà: poiché l’amministrazione pubblica è molto veloce i progetti soffrono raramente ritardi. La nostra committenza è generalmente pubblica e i progetti sono molto vari: piccole biblioteche, quartieri di case popolari, stazioni di metropolitana, restauri, piani regolatori, ecc. Non esiste la specializzazione in un settore particolare e generalmente gli studi sono di piccole-medie dimensioni. Colombelli: Direi che il mercato del lavoro è accessibile tramite le medesime vie, cioè tramite conoscenze. Non ho mai partecipato a concorsi sebbene siano numerosi. Non so, invece, come si acceda ai lavori pubblici per ovvie ragioni: non è cosi facile per noi stranieri. Conzatti: È molto diverso operare in India. Da un lato le tecnologie e il know how sono limitate, basti pensare alle difficoltà che si incontrano nella gestione del cantiere. Tuttavia vi sono grandi potenzialità: molti manufatti sono realizzati a mano da artigiani che si tramandano il mestiere da generazioni ed è possibile realizzare dettagli “ad hoc” con costi di manodopera contenuti. Dorell: Aspetti positivi: necessità della firma dell’architetto per tutte le costruzioni richiedenti un permesso edilizio (gli ingegneri non possono firmare); numero basso di architetti per abitante; un sistema di concorsi pubblici chiaro, trasparente e adattato agli architetti; parcelle relativamente alte (legate anche a responsabilità più alte dell’architetto); la possibilità di creare delle società di architettura (SARL). Aspetti negativi: tasse elevate; costo del lavoro elevato; un certo protezionismo locale. Ferrari: Esiste un Legge sull’architettura, la n. 77-2 del 3 gennaio 1977, al cui Articolo 1 si può leggere
che “L’architettura è un’espressione della cultura” e si è tutelati dal Ministero della Cultura (in Italia dal Ministero della Giustizia). L’architetto è l’unico responsabile del progetto mentre le altre figure professionali integrano, con le loro competenze specifiche, il programma creativo e funzionale. Ferrario: In India il mercato del lavoro è competitivo e dinamico. Se parliamo di differenze devo ammettere che, in India un architetto è quasi sempre valutato e compensato in base agli anni di esperienza e al suo portfolio. È triste notare che, dopo 10 anni di esperienza, a Delhi un architetto ha uno stipendio superiore al suo collega di Milano. Orlandi: In Norvegia è possibile lavorare alle dipendenze di uno studio di architettura con profitto, godendo di quei diritti basilari che spesso da noi sono un optional. In Italia non esiste un riferimento normativo e “culturale” che inquadri l’architetto come dipendente, benché in questa situazione siano in tantissimi, soprattutto i giovani. Parravicini: Sicuramente l’architetto in Italia paga una generale mancanza di rispetto da parte dei committenti e delle imprese. Il suo ruolo è sminuito e spesso disconosciuto. In Olanda, la sua figura professionale è rispettata anche grazie all’attività delle lobby professionali. Il rapporto di fiducia tra architetto e committente è forte anche a livello di appalti pubblici e nel settore immobiliare. Procacci: La più grande differenza è tra la staticità del mercato italiano e la dinamicità di quello vietnamita. Con facilità un giovane architetto straniero può trovare una buona posizione presso studi di progettazione (locali o stranieri) con salari medi dell’ordine dei 3.000-4.000 dollari al mese. Diverso è il caso dell’avviamento di un proprio studio di progettazione, dato che è necessaria un’ottima conoscenza dell’ambiente vietnamita e i rischi sono molto elevati. Il mercato del lavoro è così dinamico che, per esempio, lo studio dove sono direttore e partner, si amplia del ritmo di 2-3 nuovi architetti vietnamiti al mese e di 2 architetti stranieri ogni 5-6 mesi.
“In Norvegia è possibile lavorare alle dipendenze di uno studio di architettura con profitto, godendo di quei diritti basilari che spesso da noi sono un optional”
Mauro Parravicini (con Pieter Janssens). Render del progetto di concorso per la Casa nel Bosco, Haagwijk, Olanda.
Francesco Procacci (Campbell Shillinglaw & Partners Ltd). A sinistra: Silver Shores Resort a Da Nang, Vietnam; a destra: masterplan per un insediamento turistico di 500 ha, Vietnam.
Riva: L’architettura in Portogallo è una professione con una certa visibilità; ad ogni modo sono pochi i committenti privati che quando si rivolgono ad un architetto hanno la consapevolezza del valore aggiunto che un buon progetto può comportare. Solitamente l’architetto è visto come una necessità “burocratica”, il che comporta lottare per portare avanti determinate idee e per ricevere il compenso economico adeguato.
6. Qual è il riconoscimento sociale e culturale del ruolo dell’architetto nel vostro paese? Arcadu: L’architetto “straniero” gode di buone credenziali perché è visto come portatore di idee innovative alla pari di un regista o di uno scrittore; bisogna considerare che gli studi stranieri di architettura in Cina sono considerati studi di consulenza, non possono firmare direttamente dei progetti se non in alcuni casi specifici. Bernuzzi: La crisi del ruolo sociale dell’architetto in Italia è tristemente dettata da leggi di mercato. Non che si tratti di un fenomeno esclusivamente italiano, ma sta di fatto che in paesi extraeuropei, 18
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come ad esempio il Brasile, la scelta del progettista quale strumento di valorizzazione dell’ambiente, spesso si basa su criteri meritocratici che prescindono dall’età anagrafica. Bevilacqua: L’architetto è una figura importante che viene coinvolto in molti campi, non solo architettura, ma anche product design, marketing, graphics, engineering. È visto come un innovatore, al passo con lo sviluppo della tecnologia e del progresso, capace di trasformare l’ambiente in modo positivo, sostenibile e futuristico. Bruni: L’architetto non è rappresentato da un ordine professionale, esiste solo un’associazione. Il governo di Macau ha l’incarico di regolamentare la pratica professionale. L’associazione è invitata a collaborare sulla pianificazione e valutare i progetti delle infrastrutture pubbliche. Le relazioni con le istituzioni sono poco formali, la partecipazione alle decisioni del governo e il dialogo con gli organi istituzionali sono semplici e facili. Colombelli: Ha la medesima considerazione che ha un architetto nei vari paesi europei, quindi direi come in Italia, non c’è molta differenza. Conzatti: È difficile generalizzare, ma pensiamo non sia riconosciuto il suo ruolo come dovrebbe. Nuova Delhi è una città che pare costruita senza
Stefano Riva (con Arx Portugal Arquitectos). Viste della residenza privata a Possanco, Portogallo.
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Dan Dorell (DGT Architects). Installazione Luce, Tempo, Luogo per LED Lighting installation a Milano.
un pensiero urbanistico innovativo, che risponda alle trasformazioni sociali e alla sua continua espansione. È una città congestionata dal traffico e, pare, una delle più inquinate al mondo, che dovrebbe rivolgersi ai suoi professionisti, per migliorare la qualità della vita delle persone che vi abitano. Dorell: La costituzione della repubblica francese dichiara che l’architettura è un espressione della cultura. La creazione architettonica, la qualità delle costruzioni, la loro inserzione armoniosa nel territorio, il rispetto del paesaggio naturale o urbano e del patrimonio sono di interesse pubblico. Chiunque desidera intraprendere dei lavori che richiedono un permesso edilizio deve rivolgersi a un architetto. Ferrari: Non vagheggiano le archistar. L’importante è il lavoro quotidiano, l’architetto ha un ruolo culturale e sociale diffuso. Si dedicano ai loro architetti accompagnandoli nella professione (vedi l’annuale concorso Albums des jeunes architectes et des paysagistes). Qualora voleste approfondire le tematiche della professione in Francia e in Italia, le trovate esplicitate in un mio articolo “Les bâtisseurs d’avenir”, in “Spazio&Società”, n. 88, ottobre 1999. Ferrario: In India (mi riferisco alle grandi metropoli) la figura dell’architetto è sempre più considerata e importante. Rispetto al numero di ingegneri, gli architetti sono ancora un numero esiguo e nelle grandi città il livello di formazione è sicuramente alto. Sempre più frequentemente gli stessi sono coinvolti nel dibattito accademico, ma anche politico, sui problemi dell’urbanizzazione. Orlandi: Oslo non ha una grande storia alle spalle e sta costruendo la sua immagine in questi anni. Ne 20
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sono prova i numerosi cantieri aperti. La cultura architettonica è vivace e coinvolge una vasta parte della cittadinanza. Gli architetti sono sicuramente apprezzati, sia come tecnici che come creativi, e la loro opinione è usualmente tenuta nella giusta considerazione. Parravicini: Basti un esempio: in Olanda esiste l’Architetto di Stato, il Rijksbouwmeester, un’alta personalità nel campo architettonico che viene incaricata dal Governo per giudicare la qualità delle opere e suggerire le politiche architettoniche nazionali, dando linee guida per le opere pubbliche. La sua esistenza è riconosciuta come garanzia di qualità a favore dei cittadini e dell’architettura. Procacci: C’è un altissimo riconoscimento per architetti urbanisti stranieri, soprattutto quelli con un alto livello di educazione come il dottorato. Infatti, la società vietnamita – di carattere piramidale – attribuisce il massimo rispetto e gerarchia sociale alle figure quali insegnanti, professori, dottori di ricerca, persone dotate di eccezionali qualità nei diversi settori della società civile. Un’amara considerazione soprattutto se paragonata a quella italiana. Riva: L’architettura in Portogallo risulta motivo d’orgoglio, soprattutto a causa dell’internazionalizzazione di diversi architetti, primi tra tutti Alvaro Siza Vieira e Eduardo Souto de Moura, entrambi insigniti del premio Pritzker (situazione quasi eccezionale se consideriamo la dimensione del paese). Ma questo è un fenomeno che interessa esclusivamente gli architetti portoghesi. In questo caso noi rimaniamo architetti italiani. Forse ci vorrebbe nuovamente un Pritzker o la capacità di riproporre l’architettura italiana come un progetto collettivo e di qualità.
VITO REDAELLI
Dottore di ricerca in Progetti e politiche urbane, ha insegnato Progettazione Urbanistica presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Consigliere dell’Ordine degli APPC della Provincia di Milano, è membro della “Commissione Regionale di Lombardia per i beni paesaggistici della pianura padana e del fiume Po” di Regione Lombardia.
UNO SGUARDO DALL’UNIVERSITÀ ALESSANDRO BALDUCCI
Ho letto con interesse le interviste agli architetti che hanno esperienza di migrazione professionale all’estero. Mi sono sembrate piene di dinamicità, di energia e di speranza per una professione che nel nostro paese sta vivendo un momento difficile come tutta l’economia. Vorrei centrare il mio commento su tre punti: b[ hW]_ed_ ijhkjjkhWb_ Y^[ fehjWde WbbW d[Y[ii_j} di assumere il mondo come proprio campo di attività; bW XkedW Wjjh[ppWjkhW j[Yd_Ye#YkbjkhWb[ Yed bW quale gli italiani possono presentarsi sul mercato globale; Y_ Y^[ ij_Wce \WY[dZe Yec[ kd_l[hi_j} f[h accompagnare l’apertura internazionale delle professioni dell’architetto, dell’urbanista e del designer.
Dalla tavola rotonda emerge un giudizio positivo sulle capacità degli architetti italiani per affrontare con successo il mondo della professione all’estero.
Sono membro dell’International Advisory Board della scuola di architettura della Tongji University di Shanghai; in una recente riunione il presidente della associazione internazionale degli architetti aveva osservato: il 90% degli architetti e degli urbanisti si formano nelle Università dell’Europa e del Nord America; il 90% dello sviluppo urbano sta avvenendo al di fuori dell’Europa e del Nord America. Credo che questo sia un dato ineludibile per capire l’assoluta necessità che abbiamo di assumere come campo di lavoro il mondo. In Italia, come sappiamo, la sproporzione tra gli esperti prodotti e le necessità effettive del Paese è ancora più rilevante, abbiamo quindi una ragione in più per guardare oltre i confini del nostro Paese alla ricerca di esperienze professionali stimolanti e dinamiche come emerge con chiarezza dalle interviste.
tecnologia, creatività e cultura che ad esempio al Politecnico di Milano cerchiamo di assumere come elementi guida dei nostri processi formativi, costituiscono un’attrezzatura tecnico culturale sufficientemente generale e flessibile per preparare gli allievi architetti a muoversi anche all’estero. Si può fare certamente di più e molto possiamo imparare dall’esperienza di chi ha praticato un mercato del lavoro diverso da quello domestico, ma non mi sembra che sia necessario un radicale riorientamento. Al Politecnico di Milano siamo fortemente impegnati in un ampio progetto di internazionalizzazione. Da alcuni anni offriamo corsi in inglese in tutti i campi dell’architettura, dell’urbanistica e del design. In pochi anni abbiamo raggiunto il 20% di stranieri nelle lauree magistrali e quasi il 30% nei corsi di dottorato. Ciò ha già creato nei nostri corsi un ambiente internazionale che offre agli studenti anche italiani la possibilità di costruirsi per il futuro network professionali che abbracciano l’intero pianeta. Nei prossimi anni vogliamo fare un ulteriore salto in avanti: trasformare un Ateneo Italiano che offre molti corsi in inglese in un vero Ateneo Internazionale. Ciò significa aprire a docenti stranieri in misura significativa, rendere tutti i nostri servizi (ma anche quelli della città) pienamente accessibili a chi non parla, almeno inizialmente, la nostra lingua. Credo che le interviste riportate in questo numero di “AL” dimostrino che questo impegno non è solo utile allo sviluppo dell’università, non è solo finalizzato al miglioramento dell’accoglienza degli studenti stranieri, ma è direttamente funzionale alla formazione di architetti, urbanisti e designer italiani ancor meglio attrezzati per muoversi nel mondo. ALESSANDRO BALDUCCI
Ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica al Politecnico di Milano dove coordina il Dottorato Internazionale in Spatial Planning and Urban Development. Dal 2010 è prorettore vicario del Politecnico di Milano.
Mi sembra di rilevare dalle interviste una certa convergenza attorno a un giudizio positivo sulle capacità con le quali i nostri architetti escono dalle università per affacciarsi al mondo della professione anche in un ambiente poco familiare. Non è solo merito dell’alta formazione: c’è la ricca storia del Paese, la bellezza del nostro paesaggio, la storia dell’arte e dell’architettura. Ma anche le testimonianze sembrano sottolineare che quell’intreccio tra 486 | 2011
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PROGETTI DI ARCHITETTURA | 1
UNA TORRE PER PROMUOVERE IL VINO LOCALE
Il completamento di un edificio esistente attraverso la costruzione di una torre occasione per la definizione di un nuovo spazio pubblico FOTOGRAFIE DI JOSÈ HEVIA
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ROA DE DUERO
ESTUDIO BAROZZIVEIGA NUOVA SEDE DEL “RIBERA DEL DUERO”, ROA DE DUERO, SPAGNA Il progetto è situato nella cittadella di Roa de Duero ed ha come oggetto la costruzione del nuovo Centro di Promozione della D.O.C. “Ribera del Duero” in quanto estensione di un edificio esistente. Il sito è circondato dal tessuto costruito fatta eccezione per il lato sud, caratterizzato da circa 10 m di dislivello rispetto alla quota degli edifici circostanti. Il progetto si sviluppa su tre livelli al di sotto della quota dell’edificazione esistente e su due livelli al di sopra della medesima; l’edificio si presenta, quindi, parzialmente interrato, con quattro volumi che fuoriescono: uno funge da
completamento di un muro divisorio, il secondo risolve la connessione con l’edificio esistente, il terzo è rappresentato da un elemento verticale, una torre indipendente di sei piani; l’ultimo volume definisce la chiusura verso strada addossandosi al muro antico preesistente. Il progetto intende da un lato concludere l’edificio esistente organizzando un nuovo spazio pubblico, dall’altro vuole definire un volume - la torre - che sia in grado di relazionarsi con il paesaggio circostante, e di caratterizzare visivamente l’intero progetto. A partire dalla necessità di rispondere alle 486 | 2011
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Pianta piano terra.
SCHEDA TECNICA
Prospetto.
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Progetto: studio BarozziVeiga: Fabrizio Barozzi, Alberto Veiga Dimensioni: 7.220 mq Cliente: Consejo Regulador Ribera Duero Importi: 5.701.935,50 euro Cronologia: 2006 concorso, inizio progetto - 2011 fine lavori
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In alto: vista del modello. A lato: vista della torre dalla strada.
esigenze del cliente, il progetto si scompone in diverse aree: quella amministrativa (uffici individuali e disimpegni), l’area istituzionale (sale di riunione e sala del consiglio), l’area di controllo tecnico e la sala di degustazione, l’area di ricezione (auditorium, sala video, negozi) e quella per lo stoccaggio. Nella torre si collocano le funzioni più rappresentative e alla sua base si trova l’ingresso principale all’edificio in contatto diretto con la strada d’accesso. Le aule collettive destinate ad accogliere un folto numero di persone sono disposte nei piani interrati, mentre gli spazi più privati e quelli istituzionali sono collocati ai piani alti, più rappresentativi. La torre comunica con il basamento che ospita, nella sua parte più bassa, un parcheggio e dei depositi. Al piano d’ingresso generale si trova l’auditorium mentre l’area tecnica e la sala degustazione è al piano superiore, illuminata naturalmente. Un nucleo scala unisce il basamento all’edificio esistente interamente
ristrutturato per uso amministrativo. Il basamento, a sua volta, definisce nella parte superiore una piazza pubblica aperta sul paesaggio. Il progetto intende fondersi con il contesto in cui si inserisce e di cui aspira a rimarcare la diversità. L’edificio è pensato, dunque, come un elemento di transizione: sensibile alla ricomposizione della scala del contesto, e allo stesso tempo capace di dialogare con l’orizzonte e la monumentalità del paesaggio attraverso la verticalità della torre. Il progetto propone una conclusione materiale al frammento esistente, evidenziando la necessità di definire un termine capace di esprimere la discontinuità temporale fra la parte nuova e quella vecchia. La scelta dell’utilizzo della pietra come elemento costruttivo fondamentale ha l’obiettivo di intensificare il carattere del paesaggio permettendone una lettura sensoriale. (Estratto dalla relazione di progetto) 486 | 2011
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PROGETTI DI ARCHITETTURA | 2
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J’ÉTUDE À PARIS
PARIGI
Il diritto allo studio è sostenibile e parla francese DI IRINA CASALI FOTOGRAFIE DI JULIEN LANOO
LAN ARCHITECTURE CASA DELLO STUDENTE A PARIGI, FRANCIA Con questo progetto di residenza per studenti, lo Studio franco-italiano LAN ha vinto la gara bandita nel 2007 dal CROUS (Centre Régional des Oeuvres Universitaries et Scolaires de Paris), istituto pubblico il cui obiettivo è fornire a tutti gli studenti pari opportunità di accesso all’istruzione. Il complesso di edifici (6 in totale) si trova all’angolo di rue Philippe de Girard e rue Pajol, nel 18° arrondissement, in seno al quartiere la Chapelle a Parigi, una zona non lontana dalla Gare de l’Est, nei pressi del vecchio sito ferroviario oggi compreso nella ZAC Pajol (progetto pilota di riqualificazione urbana energeticamente sostenibile e rinnovabile). I tre volumi residenziali allineati lungo la strada, pur avendo un taglio moderno ed essenziale, presentano finestre bianche di forme diverse, distribuite con ritmo e altezza irregolari, il che aiuta l’integrazione col resto del contesto urbano costituito da edifici antichi. La nuance e la texture della superficie, così come la composizione della facciata contribuiscono all’effetto di dinamicità complessiva. Il fronte di mattoni fatti a mano, color ardesia, (che ricorda la pietra da taglio dei sobborghi parigini), severo, contrasta con le pareti che affacciano sul patio interno, rivestite in lamine verticali di larice (con piegatura “a persiana” di fronte a finestre e balconi), che donano un aspetto caldo e intimo alla zona comune: una corte verde di 15 x 15 m da cui si accede ai vari edifici e che definisce la loro interrelazione. Distribuito su sei piani, il fronte presenta due vie di accesso agli appartamenti che si affacciano alla corte (anche esse rivestite in larice, preannunciando la sensazione dello spazio interno); al piano terra un atrio coperto ospita il parcheggio delle biciclette. I volumi sul retro hanno altezze di due o tre piani e variano in base agli edifici vicini.
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SCHEDA TECNICA Progetto: LAN Architecture, Franck Boutté (HEQ consultant), LGX Ingénierie (HVAC, main contractor) Project leaders: Sebastian Niemann, Venezia Ferret Project manager: RIVP location: 21 rue Pajol and 65 rue Philippe de Girard, Paris 18 budget: 8M euro area: 3,950 m2 data di consegna: febbraio 2011
Nelle pagine 28-29, a sinistra: prospetto su strada. A destra: particolare del fronte e dell’interno di un appartamento. Nella pagina a fianco, in alto: piante e sezioni. In basso: vista del piano terra. In questa pagina: vista sulla strada da una delle terrazze del quinto piano.
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In alto: dettaglio di una camera tipo e dettaglio della facciata in mattoni. In basso e a destra: vista della corte
Il complesso residenziale, dall’aspetto sobrio e raffinato, si compone di 143 stanze arredate (di cui 10 dedicate a chi ha mobilità ridotta); gli ambienti sono in media di 18 mq, compresi di angolo cottura e bagno. La zona studio è rivolta sulla strada per sfruttare la luce naturale, mentre all’interno si celano i servizi. Vi sono inoltre spazi comuni, locali amministrativi e un appartamento del custode. Questa architettura, dotata di una struttura in cemento armato, con isolamento di 12 cm di lana di roccia all’esterno, mattoni o legno e rivestimenti ad alte prestazioni, pannelli per l’energia solare, doppi vetri e una buona ventilazione naturale, ha ottenuto la certificazione francese Habitat et Enviromental THPE: contenimento dei consumi energetici, riduzione degli impatti ambientali (in produzione e in costruzione) e un alto comfort interno. Lo studio LAN (Local Network Architecture) di Parigi è stato fondato nel 2002 dai giovani architetti Benoît Jallon e Umberto Napoletano. I progetti di LAN cercano risposte eleganti e contemporanee con attenzione agli aspetti di carattere creativo e pragmatico. Vincitori nel 2004 del premio “Nouveaux Albums de la Jeune Architecture (NAJA)” conferito dal Ministero della Cultura e della Comunicazione francese, hanno ricevuto inoltre il Premio Internazionale di Architettura dal Chicago Athenaeum e il Centro europeo per l’Architettura urbana, Arte, Design Studi Urbani, l’Archi-Bau Award, il premio Speciale alla 12° Triennale mondiale di Architettura, Sofia (2009), AR Mipim Future Projects Award e la Europe 40 Under 40 Award (2010), il premio LEAFT Awards nella sezione “Best Sustainable Development in keeping with its Environment” (2011).
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PROFESSIONE
A COLLOQUIO CON ALBERT DOUBLER
ARCHITETTI ITALIANI NEL MONDO Tre domande ad Albert Doubler, Presidente dell’ UIA (Union Internationale des Architectes) Qual è il feed-back reale da parte degli architetti italiani in merito all’effettiva conoscenza e partecipazione dei progetti proposti da UIA? Renzo Piano vinse nel 1971 il concorso promosso da UIA per il “Centre Georges Pompidou” di Parigi, aiutando l’architettura francese ad entrare nella contemporaneità e aiutando se stesso a diventare famoso nel mondo. Più recentemente un gruppo di giovani architetti italiani ha dato vita a un workshop di grande interesse sugli eventi del terremoto a L’Aquila sul tema della sostenibilità, poi riproposto alla biennale di Venezia del 2010 e aprendo anche la strada a un concorso che ora l’Ordine degli Architetti di L’Aquila sta organizzando con il patrocinio di UIA. Sono solo alcuni esempi, non isolati, per dimostrare quanto gli architetti italiani siano attivi sui progetti UIA all’interno di un percorso, come è necessario che sia per la crescita di tutti, di reciproco scambio tra noi e voi. La formazione accademica dell’architetto italiano, normalmente focalizzata su un approccio culturale generalista e poco tecnico, è ancora riconosciuta come tale nel mercato mondiale? Costituisce un punto di forza o di debolezza? Ho un’idea migliore degli architetti e delle università italiane rispetto a questo stereotipo: di recente sono rimasto, ad esempio, molto impressionato dal livello d’avanguardia della Facoltà di Architettura di Bari sulla tecnologia dell’energia rinnovabile. Una volta si diceva che l’architetto francese era indisciplinato, quello tedesco efficiente e quello svizzero serioso: ma, luoghi comuni a parte, ciò che conta realmente è il confronto tra le culture architettoniche dei diversi Paesi per fare dei passi in avanti e consolidare le expertises di tutti. Detto questo (trovandoci all’interno del 34
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cantiere del grattacielo di Pelli, Dubler indica un servizio igienico in fase di completamento: n.d.r.) voi italiani dovreste essere orgogliosi del vostro Paese per l’innovazione e la qualità che, ad esempio, promuovete nel design e nei prodotti. Quanto è importante promuovere l’interscambio professionale degli architetti tra gli stati e, in particolare, di quelli europei verso i paesi in via di sviluppo? Quali progetti innovativi sono prioritari in questa prospettiva? É fondamentale alimentare continuamente gli scambi. Una priorità consiste nel cogliere le diverse domande espresse nei vari Paesi per poi attivare delle collaborazioni mirate che coinvolgano più expertises provenienti da diversi Paesi e diverse discipline in grado di interagire con la cultura locale, valorizzandola e allo stesso valorizzandosi. Nel caso dell’Africa, ad esempio, vi è il tema importante di trovare competenze in grado di operare “traduzioni” e “interazioni” culturali tra i saperi. Noi, paesi sviluppati, potremo godere di questa ricchezza, se ci metteremo in gioco attivamente. Aiutiamo l’Africa ad aiutarci. a cura di Vito Redaelli
UN PROGETTO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL CNAPPC
PROFESSIONE E GLOBALIZZAZIONE Le strategie del Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C. per sostenere l’internazionalizzazione degli architetti italiani. Gli architetti italiani lavorano per la quasi totalità in studi di piccole dimensioni (studi con meno di 10 addetti), pochi in studi di medio piccole dimensioni (studi con 10-20 addetti), pochissimi in strutture di dimensioni maggiori (oltre alla limitata élite degli archistar). Nonostante questa frammentazione e nonostante le scarse occasioni che il momento storico ha messo a disposizione della categoria per mettersi in luce, gli architetti italiani godono di buona fama all’estero e in particolare nei paesi cosiddetti “emergenti”. Questo perché la categoria degli architetti italiani viene spesso automaticamente inclusa nella lista delle “eccellenze italiane” tra cui in particolare la moda, il design, l’arte antica, il cibo. Le ridotte dimensioni degli studi, da un lato aiutano la flessibilità nell’organizzazione lavorativa su progetti complessi, utilizzando il sistema del network tra colleghi e specialisti; dall’altro è un forte freno alla capacità di reggere alle necessità logistiche, di incidere sui rapporti istituzionali ed economici che spesso rappresentano parte integrante dei lavori all’estero. La ridotta capacità di incidenza degli architetti italiani sulla realtà estera è accentuata da una storica e, seppur attenuata, perdurante ritrosia del sistema economico italiano a muoversi in maniera coordinata nei confronti dei paesi esteri. In risposta a tale situazione, negli ultimi anni, alcune Istituzioni o Associazioni territoriali hanno intrapreso iniziative volte a coadiuvare le iniziative delle categorie rappresentate tra cui anche alcuni Ordini Professionali Provinciali hanno promosso con successo missioni all’estero prima esplorative, poi di ufficializzazione di protocolli d’intesa ed infine di definizione di concrete relazioni di collaborazione. Il CNAPPC, posta sia la dimensione nazionale che gli è propria, sia il ruolo di rappresentanza della categoria degli architetti presso le Istituzioni centrali, potrebbe farsi promotore di un sistema istituzionalizzato a livello nazionale e trans-
nazionale di supporto all’attività degli architetti che debbano svolgere incarichi all’estero, promuovendo: bÊeh]Wd_ppWp_ed[ Z_ Fh[c_ [ 9edYehi_ internazionali di architettura con partecipazione di concorrenti e/o giurati italiani; bW fh[i[dpW Z_ f[hiedWb[ ZeY[dj[ _jWb_Wde d[_ Yehi_ di aggiornamento professionale che attengono al mondo dell’architettura, del design, del restauro nei paesi esteri; _b Ye_dleb]_c[dje Z[b C_d_ij[he Z[]b_ ;ij[h_ Italiano (con la rete delle Ambasciate, dei Consolati, degli Uffici commerciali e istituti di cultura italiana all’estero) nella promozione dell’ architettura italiana contemporanea con particolare riguardo anche alle sue eccellenze – restauro, design navale, interior design, arredamento, planning; _b Ye_dleb]_c[dje Z[bb[ lWh_[ WiieY_Wp_ed_ Z_ categoria, dei vari attori componenti la filiera del Yeijhk_h[ Kd_edYWc[h[" 9edÓdZkijh_W" 7D9;" E?9; [ _b i_ij[cW XWdYWh_e f[h ]b_ _dl[ij_jeh_ e finanziatori) al fine di organizzare missioni di “sistema” in Paesi ritenuti strategici per performance economiche o per rapporti culturali/ politici favorevoli con l’Italia; bW Z[Ód_p_ed[ Z_ c[YYWd_ic_ _dj[hdWp_edWb_ 9eckd_j} ;khef[W" KD;I9E" 8WdYW CedZ_Wb[ Z[]b_ _dl[ij_c[dj_ e Wbjhe ;dj[ Yecf[j[dj[ f[h bW partecipazione di dette Istituzioni al finanziamento di Progetti in partnership tra stati sovrani per la Pianificazione territoriale o progetti strategici per lo sviluppo socioeconomico di realtà depresse/ critiche, o necessari per la crescita di nazioni in via di sviluppo; _b YeehZ_dWc[dje [ ikffehje Z_ c_ii_ed_ WbbÊ[ij[he degli Ordini provinciali anche istituendo un archivio (disponibile in rete) delle esperienze maturate e che matureranno, nonché di eventuali necessità di coinvolgimento di soggetti pubblici o privati in iniziative in atto. Domenico Podestà Presidente Dipartimento Esteri CNAPPC 486 | 2011
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PROFESSIONE
A COLLOQUIO CON CARLO CACCAVALE Qual è la sua esperienza in relazione di architetti italiani che vengono a lavorare in California? Abbiamo molti membri associati AIA Los Angeles, che vengono dall’Italia. Sono arrivati per ampliare la loro conoscenza, approfondire gli studi e alla fine... restano. Quello che gli architetti italiani generalmente cercano qui in America è un approfondimento dell’aspetto tecnico e costruttivo. Come si collocano gli architetti italiani nei confronti dei colleghi statunitensi? Gli architetti italiani godono di grande considerazione e ciò dipende essenzialmente dal loro talento. Architetti del calibro di Giorgio Borruso, per esempio, hanno sviluppato l’attività partendo da contatti italiani. Giorgio ha creato un ottimo rapporto con la Snaidero USA e ha cominciato disegnando tutti i suoi showroom. Da quella esperienza è derivata la specializzazione nella realizzazione di spazi commerciali visionari e innovativi. La formazione accademica dell’architetto italiano, normalmente
focalizzata su un approccio culturale generalista e poco tecnico, è un punto di forza o di debolezza? Una volta che l’architetto si è messo al pari in relazione agli aspetti tecnici, credo che l’approccio culturale umanistico, tipico della formazione italiana, sia un punto di forza. Qual è la relazione degli architetti americani con l’estero? Gli architetti americani adorano i paesi stranieri, ne apprezzano la diversità e la poliedricità culturale. Gli architetti americani si trasferiscono oltre Oceano volentieri e, se sì, in quali paesi? Per necessità, da Los Angeles, gli architetti gravitano intorno ai paesi orientali (Cina in primis), Sud America e Europa, in questo ordine. Uno dei riconoscimenti più ambiti per un architetto americano è entrare a fare parte dell’American Academy di Roma che, ogni anno, tramite concorso, offre un anno di studi a Roma a un architetto americano meritevole. La maggior
AIA The American Institute of Architects (AIA) è l’associazione degli architetti degli Stati Uniti. Ha sede a Washington D.C. e si configura come la voce del professionista. AIA con 300 sedi distribuite nel Paese, può soddisfare le esigenze degli architetti americani a livello nazionale, statale e locale, e anche quelle di coloro che si recano a lavorare all’estero. Oltre alle sedi americane, AIA è presente nell’Europa continentale, in Inghilterra, ad Hong Kong, in Giappone e in Medio Oriente. parte degli architetti che conosco ha collaborato in studi italiani. L’Italia è ancora vista come uno dei capisaldi del design e dell’architettura contemporanea. AIA avvia facilitazioni e contatti con l’estero? AIA lo fa a livello nazionale. Esiste, infatti, AIA International con sede a Londra, che fornisce supporto agli architetti americani che risiedono in Europa, organizza convegni e corsi di formazione nel vecchio continente. a cura di Susanna Conte
AL RIBA CON IAN PRITCHARD Incontro al Riba di Londra Ian Pritchard, direttore del settore Relazioni Internazionali dell’associazione e segretario generale del Consiglio europeo degli architetti ACE-CAE di Bruxelles. Il contesto è splendido. Un RIBA Il Royal Institute of British Architects è l’organizzazione professionale che riunisce gli architetti del Regno Unito. Chiamato originalmente Institute of British Architects in London, è stato fondato nel 1834. L’associazione si occupa della formazione e del supporto professionale degli architetti iscritti. Inoltre, in accordo con il governo, sostiene il progetto di qualità di edifici pubblici, abitazioni e nuovi insediamenti residenziali. Il Riba, inoltre, possiede una delle più grandi collezioni di disegni e fotografie di architettura del mondo e organizza, presso la sua sede, cicli di mostre e di conferenze.
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edificio Art decò, tutto marmi e legni, nel pieno centro della città. Al suo interno si snodano mostre, bar, una biblioteca, una libreria, un teatro, sale e salette tutte dedicate alla formazione. Anche a Ian domando se conosce architetti italiani che lavorano a Londra e se è in grado di fornirmi dei dettagli sul loro percorso professionale. Mi risponde di conoscere diversi architetti italiani a Londra: quasi tutti occupano una posizione da senior all’interno di grandi studi. In genere arrivano a Londra per seguire un grande cantiere e poi si trasferiscono definitivamente. Uno tra i tanti è Gennaro Riccardi dello studio RPBW (renzo Piano Building Workshop), con cui ha collaborato in occasione di una pubblicazione del Riba dal tema How to practice in Italy. Ian Pritchard non è a conoscenza di percorsi standard, né sa se esistono. Si sofferma invece sul racconto del percorso professionale inglese, che, dal 2007 garantisce un diploma riconosciuto in tutta Europa. Si tratta di tre anni di università, un primo esame Riba, un anno di pratica anche
all’estero, purché realizzata secondo le richieste Riba e cioè con un tutor e un log book con gli incarichi svolti da compilare settimanalmente. Seguono due anni di master, un secondo anno di pratica in Inghilterra, l’esame Riba2 e la successiva iscrizione all’Architecture Registration Board. L’iscrizione al Riba è un titolo onorifico, aggiuntivo e avviene successivamente. Riba, infatti, assiste i suoi membri, anche i piccoli studi, con offerte formative obbligatorie, studiate ad hoc, perseguendo il progetto di continuing education e affrontando le nuove sfide della professione con le competenze più aggiornate. Oggi i membri Riba sono 4200: sono sparsi in tutto il mondo. Può essere che si cancellino dall’Architects Registration Board, necessaria alla pratica professionale in Inghilterra. Molti architetti, soprattutto giovani, vanno all’estero, principalmente nei Paesi del Commonwealth. Oggi spesso si spostano in Cina, India, Russia e Brasile. Raggiungendo i luoghi dove il lavoro, che purtroppo non abbonda, è presente. S.C.
GLI ORDINI PROMUOVONO UNA MOBILITÀ TRANSNAZIONALE
VIVERE E LAVORARE A VIENNA Nell’ambito del Programma Comunitario Leonardo da Vinci, dal 2002, l’Ordine degli Architetti P. P. C. di Roma, in partnership con gli analoghi enti di Madrid, Catalogna, Vienna, Varsavia, Siviglia e Lisbona, porta avanti un progetto di mobilità transnazionale per giovani architetti denominato “Cornelius Hertling”. L’esperienza, rivelatasi di successo, è stata allargata ad altri Ordini italiani con l’assegnazione nel 2010 di ben 68 borse di studio su tutto il territorio nazionale. Per l’Ordine di Monza e della Brianza è stato scelto l’architetto di Meda Giorgio Bianco; dopo qualche difficoltà iniziale nel trovare lo studio che lo avrebbe accolto, verificando via internet gli studi interessanti e interessati ad intraprendere questo scambio culturale, con ottimo fiuto si è proposto allo studio Rüdiger Lainer + Partner Architekten ZT GmbH e con loro ha iniziato la sua collaborazione il 31 maggio 2010.
Nei sei mesi successivi ha seguito la redazione di 3 concorsi, uno studio preliminare per edifici residenziali e per uffici ed un progetto esecutivo per due edifici residenziali passivi, un’esperienza valida, costruttiva, istruttiva, assolutamente soddisfacente non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche dal punto di vista personale: l’arch. Bianco racconta di essere felice di aver avuto questa opportunità e spera che prosegua con altre edizioni. Conoscere come abitante, non solo come turista, un’importante città europea con tante peculiarità artisticoculturali da esplorare, conoscere una nuova realtà professionale collaborando con uno studio che ha una ventina di collaboratori che ruotano intorno all’Architetto (coadiuvato da un socio che coordina i capi progetto) ed avere anche la possibilità di conoscere altri tirocinanti stranieri - quindi ulteriori modi di vivere e lavorare - di cui lo studio si dota abitualmente, è stata un’esperienza positiva da ogni punto
di vista. Certo la possibilità di lavorare per 6 mesi all’estero, già solo l’idea di farlo, cosa cui magari in una normale quotidianità un giovane professionista non penserebbe neanche, è un’ottima opportunità ed è fondamentale che gli Ordini se ne facciano promotori, d’altro canto è importante che ad usufruire di questo tipo di occasioni siano dei giovani attivi, intellettualmente vivaci, reattivi, in grado di sfruttare al massimo l’esperienza vissuta cogliendo le reali occasioni di crescita, sia professionale che personale che ne possono conseguire. Cristina Magni
BILANCIO DI UN’ESPERIENZA LAVORATIVA ALL’ESTERO
VADO ALL’ESTERO
Chiunque intraprenda un percorso con l’obiettivo di fare l’architetto non può non essere consapevole delle difficoltà alle quali va incontro. Il mercato è saturo, la concorrenza sleale e le possibilità di svolgere il mestiere con serenità e soddisfazione tendono a zero, a prescindere dal talento e dalla dedizione. Detto questo, visto che l’architettura è una disciplina meravigliosa, che esercita continuamente una forte attrazione sulla “meglio gioventù”, l’espatrio è forse la scelta più ragionevole per realizzare questo sogno. Dopo alcuni anni di Wanderschaft si pone il vero dilemma: stabilirsi per sempre nel paese d’adozione o tornare? Una domanda cui è molto difficile rispondere perché anche nella migliore delle ipotesi, ovvero che entrambe le strade siano ugualmente praticabili sia in termini professionali che esistenziali, ognuna delle due opzioni comporta gravi rinunce. Personalmente - dopo sei anni di studio e lavoro in Germania - decisi di non
rimanere migrante (Gastarbeiter) a vita. Tornai in Italia e mi spostai a Milano, idealmente a metà strada tra Pistoia e Darmstadt, dove mi ero laureato nel 1996. Non so come sarebbe andata se fossi rimasto in Germania o se da lì mi fossi spostato in un’altra città o paese come hanno fatto quasi tutti i miei compagni di allora. La mia esperienza è quella di coloro che tornano e cercano in tutti i modi di assumere un ruolo nel non-mercato di cui sopra. Quindici anni dopo, il bilancio che ne traggo è segnato da una persistente nota di indignazione per il ruolo marginale dell’architettura e degli architetti nella nostra “società civile”, ma nonostante tutto non è completamente negativo. Nella desolazione generalizzata emergono tenaci eccezioni, realtà professionali e imprenditoriali di qualità e rilevanza globale che, tra mille difficoltà, forniscono e reperiscono servizi di architettura sul mercato internazionale, al di fuori delle logiche dell’italietta. Queste realtà sopperiscono alle
diseconomie del sistema e al declino del “Made in Italy” con beni e servizi di qualità eccellente a prezzi competitivi, avvantaggiandosi dell’abbondante manodopera qualificata a basso costo. Perciò dal punto di vista del prestatore d’opera è inutile aspettarsi remunerazioni o opportunità di carriera al livello degli studi di progettazione degli altri paesi, anche se si lavora di più e meglio. Lavorando in queste realtà si possono avere soddisfazioni comparabili a quelle dei colleghi stranieri e continuare a vivere nel proprio (bel)paese. In Italia, più che altrove, la professione gode di una ampia base culturale e relazionale che ci rende flessibili e ben preparati di fronte alle mutevoli esigenze interdisciplinari e multi-tasking contemporanee. Tutto sta a mettere insieme una massa critica di attività ben diversificate e riuscire a tener fermo il timone anche quando il mare è in tempesta. Antonio Borghi
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PROFESSIONE
SCELTA CONSAPEVOLE O “DILETTANTI ALLO SBARAGLIO”?
LA DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITÀ EDILIZIA, UN VERO ROMPICAPO Il Governo smentisce il Consiglio di Stato e sfida la Costituzione: come sempre, a farne le spese saranno i cittadini
Un bel giorno i nostri legislatori hanno avuto un’idea “geniale”: i comuni impiegano troppo tempo per rilasciare le concessioni edilizie? E allora noi le sostituiamo con una comunicazione del proprietario, la denuncia di inizio di attività. Dire che questa trovata abbia risolto i problemi dell’edilizia sarebbe davvero esagerato; in compenso, però, ha creato un problema nuovo: qual è la natura giuridica della D.I.A.? Si tratta di una questione che presenta ricadute pratiche tutt’altro che marginali sia per i proprietari che intendano realizzare le opere progettate, sia per i vicini che alla loro realizzazione intendano invece opporsi. Dopo tanti contrasti, finalmente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cioè il massimo giudice amministrativo) ha affrontato la
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questione con una sentenza (la n. 15 del 29 luglio 2011) che magari presenta qualche passaggio zoppicante, ma che comunque giunge a conclusioni abbastanza chiare. In estrema sintesi: đƫ( ƫ !##!ƫ*ċƫĂąāĥāĊĊĀƫ +*/% !. ƫė( ƫ D.I.A. come modulo di liberalizzazione dell’attività privata non più soggetta ad autorizzazione”; đƫ,!.0 *0+ƫė( ƫ !*1* % ƫ %ƫ%*%6%+ƫ 00%2%0Hƫ non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso a un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge”; đƫ ƫ".+*0!ƫ !(( ƫ/0!// Čƫ%*2! !Čƫ%(ƫ/%(!*6%+ƫ del comune protratto oltre il termine di legge “integra l’esercizio del potere amministrativo attraverso l’adozione
di un provvedimento tacito negativo equiparato dalla legge ad un … atto espresso di diniego dell’adozione del provvedimento inibitorio”; đƫ%(ƫ2% %*+ƫ $!ƫ/%ƫ.%0!*# ƫ(!/+ƫ ((!ƫ+,!.!ƫ progettate, dunque, può impugnare tale atto tacito davanti al giudice amministrativo. Sembrava quindi che un annoso problema giuridico fosse stato risolto, quando il Governo, dopo un paio di settimane, ha pensato bene di mettere mano alla materia ribaltando in buona parte le conclusioni dell’Adunanza Plenaria. L’ha fatto con l’Articolo 6 del Decreto Legge 13 agosto 2011 n. 188 il quale, modificando l’Articolo 19 della
!##!ƫ*ċƫĂąāĥāĊĊĀČƫ)!*0.!ƫ ƫ1*ƫ lato ha confermato che le D.I.A. “non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili”, dall’altro ha stabilito che, per opporsi alla realizzazione delle relative opere edilizie, i cittadini che ritengano lesi i propri interessi legittimi prima devono chiedere al comune di adottare i provvedimenti necessari per impedire l’esecuzione dei lavori o per rimuovere le opere nel frattempo eseguite, e solo dopo possono rivolgersi al giudice qualora le loro richieste non siano state adeguatamente soddisfatte. In verità l’Adunanza Plenaria aveva chiarito che tale meccanismo non è idoneo “a garantire al terzo … una tutela piena, immediata ed efficace”, dal momento che “questi avrebbe l’onere, prima di agire in giudizio, di presentare apposita istanza sollecitatoria alla P.A., così subendo una procrastinazione del momento dell’accesso alla tutela giurisdizionale, e, quindi, … un’incisiva limitazione dell’effettività della tutela giurisdizionale in spregio ai principî di cui agli Artt. 24, 103 e 113 Cost.”. Pare però che di questi tempi rispettare la Costituzione non sia più di moda. Walter Fumagalli
LA NUOVA PREVENZIONE INCENDI
DPR 151/2011
Una svolta sul fronte della prevenzione incendi: eliminati i vecchi Certificati di Prevenzione Incendi
Dopo il cambio radicale avvenuto negli anni 80 che portò all’avvento dei Nulla Osta Provvisori, e la sistematizzazione delle procedure avvenuta con il D.P.R. n. 37 del 12.1.1998 (decreto attuativo del 4.5.1998) ecco che il mese di agosto del 2011 rimarrà negli annali come la nuova decisiva svolta per i professionisti che si occupano di pratiche VV.F. in relazione alla loro formazione, ma soprattutto per tutto il diverso approccio alla prevenzione incendi che prevede ora nuovi adempimenti e nuove responsabilità: mandati in pensione i vecchi Certificati di Prevenzione Incendi, dal 7 ottobre i legali rappresentanti delle attività soggette a controlli VV.F. (80 e non più 97, modificate ed integrate rispetto alle precedenti di cui al D.M. 16.2.1982) devono inoltrare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, mentre i tecnici abilitati (non necessariamente iscritti agli Albi M.I. ex 818) si devono far carico di redigere le Attestazioni di Conformità Antincendio. Due i decreti emanati: il D.M. del 5 agosto 2011, pubblicato sulla G.U. n. 198 del 26.8.2011 che definisce “Procedure e requisiti per l’autorizzazione e l’iscrizione dei professionisti negli elenchi del Ministero dell’Interno di cui all’Articolo 16 del D.L. 8 marzo 2006 n. 139” e il D.P.R. n. 151 del 1 agosto 2011, pubblicato nella G.U. n. 221 del 22.11.2011 che definisce il nuovo“Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi”. Il primo modifica le procedure di iscrizione all’albo M.I. della prevenzione incendi normando le modalità di formazione iniziale e quelle di aggiornamento, dando concretezza all’evoluzione della figura del professionista che si occupa di questa materia; mentre la seconda costituisce la vera e propria svolta di cui si è già accennato: il certificato di prevenzione
incendi cessa infatti di essere il documento finale di un procedimento amministrativo “che comprende il preventivo esame sui progetti, finalizzato all’accertamento della rispondenza alla normativa di prevenzione incendi, e l’effettuazione di visite tecniche, finalizzate a valutare direttamente e a verificare la rispondenza delle attività alla normativa di prevenzione incendi”, perdendo anche la sua validità temporale; ora sostituito da verifiche a campione per le attività di tipo A e B e da sopralluoghi di controllo, così come inteso nel nuovo regolamento (D.P.R. āĆāĥāāĩƫ!û!001 0%ƫ,.!//+ƫ(!ƫ 00%2%0Hƫ soggette di tipo C che i funzionari dei Vigili del Fuoco effettueranno in un luogo e in un momento definito. Il certificato, assume in pratica la valenza di “attestato del rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa
di prevenzione incendi e della sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio” e fondamento di questo documento, da accompagnare alla SCIA, è l’asseverazione a firma di un tecnico abilitato che dovrà, a sua responsabilità, certificare la conformità delle opere alle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e allegare tutte le certificazioni inerenti strutture, sistemi, presidi e impianti antincendio. Considerando le specifiche sanzioni penali previste dall’Art. 20 comma 2 !(ƫ ċ ċƫāăĊĥĀćČƫ%*ƫ /+ƫ %ƫ % $% . 6%+*%ƫ mendaci e falso in atti di prevenzione incendi, certo trattasi di responsabilità non di poco conto. a cura di Cristina Magni Coordinatrice Commissione Prevenzione Incendi Consulta Regionale Lombarda
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PROFESSIONE | CONCORSI
COMUNE DI SIRTORI (Lecco) piazza don A. Brioschi n. 14 tel. 0399215021 – 9215022 www.comune.sirtori.lc.it Concorso di progettazione novembre 2010 - aprile 2011 REALIZZAZIONE DELLA NUOVA SCUOLA DELL’INFANZIA CON RAZIONALIZZAZIONE DEL POLO SCOLASTICO Commissione giudicatrice composta da: geom. Gianfranco Rota arch. Pietro Sola arch. ing. Marco Corbetta arch. Paolo Cagliani ing. Andrea Ferrigato 1° premio: € 5.700 2° premio: € 3.420 3° premio: € 2.280 Menzioni speciali: € 1.000 (migliori soluzioni per rendere la struttura “a misura di bambino”); € 1.000 (miglior inserimento ambientale)
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U N A SCUOLA DELL’INFANZIA “VERDE” A SI R TO RI Situato nel cuore della Brianza, Sirtori (quasi 3.000 abitanti) è distinto in due agglomerati: uno si sviluppa attorno al vecchio nucleo (pozzo freddo), l’altro nella località Bevera, attraversata dalla strada statale Briantea. Una porzione del territorio comunale è inclusa nel Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, un’area diversificata in cui sono presenti, zone di rilevante interesse ambientale, insediamenti produttivi, aree destinate all’agricoltura e all’allevamento, accanto a notevoli monumenti architettonici. Alla fine del 2010, l’Amministrazione comunale aveva bandito questo concorso, che prevedeva la progettazione preliminare di una nuova scuola dell’infanzia (con 3 sezioni) e la razionalizzazione del polo scolastico; inoltre, lo svolgimento delle successive fasi di progettazione, inclusa la Direzione lavori, ma esclusa la progettazione
esecutiva, da parte del vincitore. La nuova scuola sarà posizionata in adiacenza all’attuale scuola primaria, tra le vie Risorgimento e Pineta. Ai progettisti si chiedeva, fra l’altro, di valutare l’opportunità di una costruzione parzialmente ipogea, limitando la percezione del volume edificato e sfruttando la copertura come spazio verde a disposizione, che contasse su una disponibilità finanziaria di 1.140.000 euro. Vincitore è risultato il progetto di Tatjana Pozar Holjevac, Giuseppe Radaelli, Aldo Villa, Luca Elli. L’edificio disegnato ha un impianto circolare a corte, ampliabile, con la trasformazione del porticato esistente, in una quarta sezione. La forma articolata si integra all’ambiente e al dislivello del parco; in parte mimetizzandosi all’andamento del terreno. I tetti verdi vengono a far parte del paesaggio e sono
1° Classificato + menzione Tatjana Pozar Holjevac (Verano Brianza MB), Giuseppe Radaelli, Aldo Villa, Luca Elli Collaboratore: Davide Giudici
da considerare come elementi per il risparmio energetico. La copertura sopra il porticato, che è praticabile e si presenta come un naturale proseguimento del terreno, si presta a diventare un belvedere. Tutte le superfici a verde sono riqualificate per essere riutilizzate anche come giardini tematici, da parte degli alunni. Lo spazio centrale, destinato anche alle attività ginniche e sportive, è arricchito da gradinate, sistemate in modo da offrire un anfiteatro naturale. L’orientamento, la forma del volume edilizio, l’involucro iperisolato, la qualità dei serramenti e i concetti impiantistici adottati, consentono all’edificio di raggiungere buoni risultati, per quanto riguarda i consumi energetici e l’impatto ambientale (emissioni di gas serra).
GLI ALTRI CLASSIFICATI
2° Classificato Giuseppe Cerrano (Merate LC), Emanuele Panzeri, Andrea Meregalli, Maddalena Merlo, Advanced Engineering s.r.l.
3° Classificato Nicola Stefanelli (Sondrio), Vincenzo Spreafico, Walter Spreafico, Williams Bonacina, Paolo Brivio, Carlo Magni, Paolo Rughetto
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ALTRI CONCORSI RIQUALIFICAZIONE DI VIALE MAZZINI, VALORIZZAZIONE DELLO SPAZIO PUBBLICO E RIORGANIZZAZIONE DELLA VIABILITÀ A CHIARI (BRESCIA) LUGLIO 2010 – MARZO 2011
Concorso di progettazione con preselezione di 10 partecipanti per la riqualificazione di viale Mazzini, valorizzazione dello spazio pubblico e riorganizzazione della viabilità. Il progetto prevede il rifacimento della pavimentazione con materiali che riprendono continuità con quelli di recente realizzazione. Obiettivo è quello di ricondurre i luoghi al concetto di “fruibilità”, sostituendo il vuoto della disorganizzazione con la volontà di realizzare uno spazio con suddivisione chiara e netta delle funzioni: percorsi pedonali, ciclabili, carrai, ecc.
1° classificato Eleonora Burlando e Riccardo Miselli – Neostudio (Genova)
2° classificato Mario Bonicelli (Bergamo), Luca Zigrino, Maurizio Velini; consulente: Marco Teli; collaboratori: Carlo Calchi, Daniela Tedeschi, Valeria Moliterno, Lucia Nusiner
3° classificato nuvolaB – David Benedetti, Jan De Clercq, Angelo Ferrari, Giorgio Furter, Nicola Lariccia (Firenze); collaboratori: David Abarrategui Yagüe, Angela Sabatelli; consulenti: Ferrara Palladino, Esther Metais, netmobility
Finalisti: Microscape; Stefano Bordali; Stanislao Fierro; mag.MA architetture; Emilia Corradi, Grazia Manuela Dicembrino, Claudia Fornaio; Arbau studio – Marta Baretti e Sara Carboneria; Paolo Mestriner – studioazero; Matteo Battistini, Davide Agostini – LaprimastanzaStudio
REALIZZAZIONE DI UN’AREA SPORTIVA ATTREZZATA A ZELO SURRIGONE (MILANO) FEBBRAIO – APRILE 2011
Concorso di idee per realizzazione di un’area sportiva attrezzata a Zelo Surrigone nella zona sud del centro abitato, negli spazi pubblici di proprietà comunale, all’interno del perimetro indicato dal Piano Regolatore Generale, nell’area a confine delle nuove lottizzazioni residenziali, in via Leonardo Da Vinci e adiacente il parco sud di complessivi 10.613 mq. È intenzione dell’Amministrazione inserire zona bar-ristoro con ambiente polifunzionale interno ed esterno; campi polivalenti per calcetto, pallavolo, tennis; la copertura di almeno una dei sopraddetti campi, anche con struttura tensostatica o geodetica, che ne permetta l’uso anche in periodi invernali e di pioggia; idoneo spogliatoio ad uso esclusivo delle suddette attività; zona verde attrezzata. L’importo dell’intervento dovrà essere di circa 800.000 euro.
1° classificato Cesare Ventura (Milano), Gilles Berrino, Matteo Cesare Parini, Paolo Filippo Pelanda – VaPP architettura, Matteo Aimini – POLA (Permanent Office for Landscape Architecture)
3° Classificato ex aequo Filippo Poli (Milano), Gabriele Diamanti, Lorenzo De Bartolomeis
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3° Classificato ex aequo Roberto Gregorini (Milano), Maddalena Benedetti, Francesco Amigoni
2° classificato Massimiliano Dell’Olivo (Agordo – BL), Daniele Ganz
3° Classificato ex aequo Roberto Mascazzini (Buscate – MI), Matteo Caravatti, Luca D’Alessio, Matteo Polesso
SFUGGIRE ALLA CRISI
Lavorare oltreconfini Nell’inserto “Progetti e Concorsi” di “Edilizie e territorio” del 24-29 ottobre 2011 è stata pubblicata un’inchiesta sul tema della “fuga degli architetti” dall’Italia. Realizzata da Paola Pierotti, l’indagine, oltre ad alcuni dati sulla “emigrazione” degli architetti in questi ultimi anni e sulle destinazioni preferite, riporta le testimonianze dirette di alcuni protagonisti affiancandole con il punto di vista di tre critici. L’articolo è consultabile sul sito dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano all’indirizzo: http://ordinearchitetti.mi.it/index.php/ page,Notizie.Dettaglio/id,2343/type,oa
WORKSHOP
Architettura e Management 2012 Come valorizzare il potenziale dell’architettura italiana e favorire il successo anche economico della professione? Qual è il contributo del management all’eccellenza del settore? Per rispondere a queste domande, SDA Bocconi School of Management, con il supporto dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, organizza anche per il 2012, un ciclo di workshop su temi manageriali per: riflettere sulle esigenze degli studi di architettura a livello strategico e organizzativo per progettare crescita e sviluppo; gestire numeri ed economicità dei progetti in relazione alla dimensione dello studio; progettare l’identità e l’immagine dello studio per costruire relazioni con gli interlocutori di riferimento; confrontarsi con casi di eccellenza nazionali e internazionali dal punto di vista dell’adozione di pratiche manageriali. Ogni seminario fornisce logiche, metodologie e strumenti di management applicati all’architettura attraverso la discussione di casi reali nazionali e internazionali e il confronto con esperti e professionisti del settore. Info: www.sdabocconi.it/ architetturaemanagement
PROFESSIONE ONLINE đƫ .!) È una società di consulenza che si rivolge al mondo dell’architettura, del design e all’industria del digitale. Il team di cui si avvale è prevalentemente composto da architetti e designer per poter soddisfare le necessità dei clienti e di coloro che intendono avvalersi della società per trovare lavoro. www.adrem. uk.com đƫ . $% 0ƫ ċƫ ƫ +*/1(0 * 5Čƫ ! . $ƫĒƫ ! .10)!*0 Dal 1985 ArchiBat HR offre ai datori di lavoro servizi riferiti all’intero ciclo economico, occupandosi anche di assunzioni permanenti e temporanee. Ha sedi a Parigi, Shangai, Hong Kong, Abu Dhabi e possiede più di 15.000 profili professionali selezionati attraverso colloqui e un network di più di 35.000 candidati che aumenta quotidianamente. http://www.archibat.com/ đƫ . $%ġ 1.+,! È un sito comprendente 182.000 architetti e 74.000 studi europei che permette ai professionisti di ricevere informazioni per lo svolgimento della loro attività e di inserire i propri progetti stabilendo contatti con i migliori architetti europei. Per rispondere alle necessità degli studenti il sito aprirà una nuova rubrica di offerte di lavoro e di tirocinio. www.archi-europe.com đƫ . $%*! 0 Il sito è stato fondato nel 1997. Suo obiettivo è rendere l’architetto più aperto connettendo progettisti di tutto il mondo per introdurre nuove idee e nuove conoscenze. http://archinect.com đƫ +.( ƫ . $%0! 0/ Si tratta di un network di professionisti selezionati nel campo dell’architettura. Accedendo al sito i professionisti, dopo essersi registrati, possono caricare il proprio profilo, le immagini relative al loro lavoro e i dati utili a potenziali clienti. www.world-architects.com
LETTURE / 1
Tecniche e tecnologie costruttive Si tratta di un aggiornato compendio che delinea la storia della costruzione, cataloga materiali, elementi, tecniche, secondo aspetti di razionalità e sostenibilità. In 5 capitoli, sono presi in esame tipi di isolamento; sistemi di captazione o protezione solare; murature portanti; l’arco e la volta; solai; coperture; costruzioni in c.a., prefabbricate, metalliche, in legno lamellare; tamponamenti; sistemi di comunicazione verticale; fondazioni. È proposta una schedatura riferita a requisiti e prestazioni (termiche, igrometriche, ecc.) degli involucri; sono presentati i principali modelli di certificazione per la valutazione della sostenibilità. Enrico Dassori, Renata Morbiducci +/0.1%.!ƫ(Ě . $%0!001. ċƫ ! *% $!ƫ!ƫ0! *+(+#%!ƫ,!.ƫ%(ƫ,.+#!00+ Tecniche Nuove, Milano, 2011 pp. 786, € 129,00
LETTURE / 2
Il progetto dello stare
“Le stanze sono i luoghi dello stare” e di questo “stare” il volume intende proporre una interpretazione delle sue diverse forme alle diverse scale: da quella più intima riferita alle parti dell’alloggio a quella dell’insediamento territoriale. Attraverso progetti svolti in occasioni e luoghi differenti e analisi compositivoarchitettoniche di esempi, il libro espone il punto di vista di architetti operanti legati al mondo dell’Università. Antonio Monestiroli e Luciano Semerani (a cura di)
ƫ / ċƫ !ƫ"+.)!ƫ !((+ƫ/0 .! Skira, Milano, 2011 pp. 224, € 39,00
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OMNIBUS
Testamenti traditi Il volume si apre con un’introduzione di Maria Antonietta Crippa, seguono i due saggi degli autori, rispettivamente filosofa e architetto, che collocano la riflessione di Valéry sull’architettura nel contesto culturale del suo tempo, attribuendo a questa disciplina un ruolo primario nel pensiero del poeta. In calce sono pubblicati appunti e tavole inediti tratti dai Cahiers di Valéry (quasi 27000 pagine di disegni, schizzi, frammenti), diario compilato - dal 1894 al 1945 ogni giorno - nelle prime ore del mattino: quando tutto ha da venire e ogni gesto ancora possibile. La sera, viceversa, è tempo di raccolti, bilanci, esposizioni. Questo materiale, è noto, non era destinato alla pubblicazione. I diari sono un viaggio che l’autore intraprende con se stesso nel bisogno di afferrarsi, sono vita che si guarda svolgere; spunti, dubbi, domande, correzioni, fragili segni di un passaggio, pura testimonianza di un esserci, senza alcuna pretesa di compiutezza. Voler tradurre tutto ciò in un pensiero organico suona come un tradimento, ed è questo forse il destino di ogni testamento, essere tradito, come direbbe Kundera, che condanna, Max Brod per aver pubblicato i diari e i manoscritti di Kafka violando le volontà dell’amico che desiderava dar tutto alle fiamme. Gesto ambiguo, carico di pericoli, come ogni scelta, che da un lato consegna il pensiero alla storia e dall’altra lo scardina dalla sua caducità, inscritta nella cifra stessa della vita che
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si dipana mutando ogni forma rigida. Nel testo compiuto, che sia saggio, poesia, letteratura, leggiamo la solidità dell’edificio costruito, qualcosa che ha la volontà e la forza di perdurare. Ma cos’è la parola prima del discorso? prima del pensiero? trampolino, salto, possibilità, ma anche fosso, caduta, oscurità. Ciononostante c’è qualcosa che emerge con forza dai frammenti: l’architettura è “primo amore”, essa è metro, struttura, archetipo, origine e fine del fare dell’uomo che ha nel costruire la propria vocazione. “...L’architettura carica il nostro animo del sentimento totale delle facoltà umane”. Sintesi suprema tra volere e potere, materia e forma, l’architettura organizza la molteplicità dei possibili in un gesto che disciplina e supera i confini dell’esistenza umana. ”L’idea stessa di costruzione che è il passaggio dal disordine all’ordine e
l’uso dell’arbitrio per rispondere alla necessità si era fissata in me come il tipo di azione più bello e completo che l’uomo possa proporsi”. In mezzo al caos informe che è l’esistenza, l’architettura diviene sintesi dell’arte, metafora del gesto poietico. Essa esprime l’energia primordiale del fare. Quel fare che definisce l’essenza stessa dell’uomo nella lotta per l’affermazione della propria identità; una conquista laboriosa dello spirito attraverso la materia della vita. Che la materia, si sa, offre resistenza ad essere plasmata secondo regole auree, perchè la perfezione non è di questo mondo: numeri, idee, modelli restano tali, lontani, a rimarcare la distanza tra dei e mortali. In questa nostalgia irrisolta risiedono il limite e la grandezza umane. L’architettura, attraverso il monumento, sembra alzare lo sguardo dell’uomo, misura di tutte le cose, oltre se stesso,
ponendolo, come fosse eterno, al centro dell’universo.Tuttavia anche l’architettura passa, e ricorda Goethe, “ciò che passa non nè che un simbolo”. Nulla può strappare l’essere umano dalla propria condizione mortale. Ma in ciò risiede il sublime dell’uomo, teso tra umiltà ed orgoglio, prigioniero del proprio limite e padrone della propria libertà, costretto dalla carne a radicarsi e spinto dallo spirito a trascendere se stesso. Il volume si muove tra due opposti, la necessità di dare coerenza al pensiero di Valéry architetto, col rischio di qualche forzatura, e l’impossibilità che l’opera si compia, ma è proprio questo scarto, il
restare un passo indietro, e denunciare l’alternarsi tra fatica e grazia, tra eroici furori e melanconici errori, che dona dignità all’opera. Chi, conoscendo Valéry, sperasse di trovare qui raccolti pensieri nuovi in merito all’architettura sarà probabilmente deluso, in primo luogo perchè l’autore non esprime un’idea originale di architettura (il suo pensiero rispecchia quello del proprio tempo), ma soprattutto perchè Valéry argomenta più estesamente le proprie tesi di architettura in altri scritti. Piuttosto, trarrà piacere chi, dietro lo scritto, vorrà scorgere l’uomo, e dietro le idee le prime impressioni, il farsi e disfarsi del divenire prima di essere cosa, immagine, segno o parola. X Irina Casali
Giorgio Pigafetta, Patricia Signorile Paul Valéry Architetto Jaca Book, Milano, 2011 pp. 214, € 26,00
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Architetti in viaggio Louis Kahn ad Albi e Carcassonne
Louis I. Kahn Premessa a Notebooks and Drawings of Louis Kahn, 1962, trad. it. C. NorbergSchulz, Louis Kahn. Idea e immagine, Officina, Roma, 1980
Davanti ad Albi, ho sentito la presenza della fede nella scelta degli elementi architettonici, ho sentito quale entusiasmo e quale pazienza avevano cooperato a iniziare e completare l’opera. Disegnai Albi dal basso all’alto, come se la costruissi. Ho provato l’entusiasmo. La pazienza necessaria per costruirla non mi occorreva, poiché io la disegnavo senza preoccuparmi di correzioni o di proporzioni esatte. Volevo solo cogliere l’ebbrezza mentale dell’architetto (…) Qualche anno fa ho visitato Carcassonne. Appena varcate le porte, ho cominciato
a prendere appunti e disegni, e le immagini che andavo studiando, ora mi si presentavano come sogni realizzati. Ho cominciato a mandare attentamente a memoria, uno dopo l’altro, le proporzioni e i vividi dettagli di quelle grandiose costruzioni. Ho passato tutta la giornata nelle corti, sui bastioni, nelle torri, e sempre meno badavo alle proporzioni esatte, ai dettagli precisi. Sul finire del giorno inventavo forme e collocavo edifici in relazioni diverse rispetto a quelle effettive (…)
Le Corbusier e l’Acropoli
Le Corbusier Viaggio in Oriente (1911) Faenza editrice, Faenza, 1974
Eravamo arrivati ad Atene alle undici del mattino, ma inventai mille pretesti per non salire “lassù” subito (…) Poter vedere l’Acropoli è un sogno che si accarezza senza nemmeno pensare di poterlo realizzare. Non so proprio perché questa collina nasconda l’essenza stessa del pensiero artistico (…) Con la violenza d’un urto, la gigantesca apparizione mi stordì. Il peristilio della collina sacra era superato e, solo e cubico, dall’unico getto delle sue colonne di bronzo, il Partenone innalzava il cornicione, questa fronte di pietra. Sotto, dei gradini
servivano da supporto e lo tenevano alto con le loro venti ripetizioni. Non esisteva che il tempio, il cielo, e lo spazio delle pietre tormentate da venti secoli di scorrerie (…) Dopo aver scalato gradini troppo alti, non certo tagliati sulla scala umana, tra la quarta e la quinta colonna scanalata, entrai nel tempio, lungo l’asse. Giratomi di colpo, abbracciai da questo posto, un tempo riservato alla divinità e al sacerdote, tutta la distesa del mare e il Peloponneso; mare fiammante, monti già scuri, presto smangiati dal disco del sole (…)
Ernesto N. Rogers, il viaggio in Oriente
Ernesto N. Rogers Architettura, misura e grandezza dell’uomo. Scritti 1930-1969, Il Poligrafo, Padova, 2010
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Il paesaggio dalmata che si attraversa per andare da Spalato a Traù mi richiama a prima vista il Carso, con le sue rocce brulle e le sue doline; ma ben presto vedo spuntare fra i sassi i tronchi tarchiati e rugosi degli olivi, e il sentimento di selvaggia fierezza e di sofferenza, che emana questa terra, mi penetra. Passiamo davanti a qualche sepolcro romano, il quale si fonde subito nella prospettiva della strada che percorriamo veloci. Se le case di questo borgo avessero la stabilitura si crederebbe di vagare nel Veneto; ma qui le vie hanno tutte la stessa tinta un po’ triste, un po’ monotona dei sassi (…) La
piazza principale di Traù è prettamente veneta: da un lato una loggia graziosa; dall’altro la chiesa un po’ bastarda, con un portone finemente cesellato. Più giù, una casa patrizia col ricamo delle sue ogive (…) Spalato. La porta aurea introduce nel grandissimo Palazzo di Diocleziano. L’architrave assai lungo della porta è caratteristico per il taglio dei conci. Questo primo squarcio di architettura mi fa sperare sul resto del palazzo assai di più di quel che non trovi in seguito. Le antiche mura racchiudono ora una folla di case che intrecciano per ogni dove vicoli e stradette assai pittoresche.
Oscar Niemeyer a Mosca Poiché non mi è mai piaciuto volare, ho fatto parecchi viaggi transoceanici in nave fra il Brasile, l’Europa e gli Stati Uniti. Ognuno di essi consisteva in una vacanza di dieci giorni sull’infinito oceano; nessuna telefonata, né committenti di alcun genere. Amavo fissare l’oceano che cambia continuamente, da un giorno all’altro; la sua vastità mi conduceva all’idea di eternità. Mi piaceva trascorrere queste giornate, tranquillamente disteso su una sedia a sdraio, leggendo o chiacchierando, senza il bisogno di fare alcunché. Uno di questi viaggi mi ha condotto a Mosca. Ero passato a prendere Annita e la mia amica Eça per andare a visitare il vecchio continente. Abbiamo fatto sosta in Italia visitando Roma, Firenze, Venezia; quindi in Portogallo per vedere Lisbona; siamo partiti alla volta di Parigi dove, in stazione, abbiamo trovato Vinícius de Moraes ad aspettarci. Qui abbiamo trascorso tre giorni, poi una settimana in Cecoslovacchia, un mese a Berlino, e finalmente abbiamo raggiunto Mosca. I segni della guerra erano ovunque presenti: città mezze distrutte, strade in
costruzione, le facce delle persone che mostravano di non poter dimenticare quel calvario. Dappertutto, però, un bisogno di speranza, un desiderio di ricostruzione. La Cecoslovacchia mi riportò alla memoria la guerra e i libri di Kafka che avevo tanto amato. La nostra principale destinazione era Mosca. Desideravamo vedere gli effetti della Rivoluzione di Ottobre, i suoi principî di giustizia e fratellanza che il capitalismo era determinato a combattere. E Mosca non ci deluse. Che piacere ci diede il camminare nella Piazza Rossa dominata dalla monumentalità del Cremlino e dalla grazia di San Basilio con le sue cupole dorate (…) Una settimana più tardi ripartimmo per il Brasile con la mente che tornava a Parigi, agli Champs Elysées, alla Rive Gauche, alla Senna; a Roma e ai suoi monumenti; a piazza San Marco a Venezia: una sorta di grande stanza da disegno; a Berlino, all’Hotel Van Zoo, alla chiesa di Kaiser Wilhelm ancora in piedi; a Berlino Est, alla Stalin Allee e al nuovo ordine in via di realizzazione; a Mosca: terra di uomini che amano la pace e la libertà. (traduzione M.L.)
Le parole di cinque architetti per suggerire la magia del viaggio e trasmettere una modalità di osservazione del mondo
Oscar Niemeyer The Curves of time, Phaidon Londra-New York, 2000,
Livio Vacchini di fronte alla moschea di Edirne Di fronte alla moschea di Edirne si resta senza parole. La sua chiarezza è misteriosa, il suo mondo della forma è logico. Qui l’architettura non ha tempo, è la ricerca dell’ideale nello spirito, è l’opera di un uomo di fede. Selimiye Camii non è episodica (…) Le forme sono geometriche, simmetriche, combinatorie, seriali. C’è misura, numero, limite (…) La moschea di Selimiye sta nel mezzo di un vasto recinto rettangolare. Senza nemmeno toccarla, due edifici d’angolo a corte quadrata la fissano da due dei quattro angoli della cinta. Visto dall’esterno, questo recinto è il
pieno che sostiene la moschea, la quale, salendo, ricorda le piramidi egizie (…) Oltrepassata la corte del silenzio e della luce solare, si entra nello spazio unico della grande cupola (…) Qui capisco che per Sinan la materia non è a nostra disposizione solo per fare ma anche per pensare, e che la tecnica è un mezzo per l’analisi che va trascinata sino a idealizzare la possibilità dei mezzi e delle materie. Pensare è costruire, e costruire è dare struttura, perché la struttura è forma, è luce, è spazio, è evidenza. È la struttura che produce il monumento.
Livio Vacchini Capolavori, Allemandi, Torino, 2007
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Josef Gocár. ˇ Tradizione e avanguardia L’Urban Center di Milano nella sua sede della Galleria ospita la mostra Josef Gočár. Memoria della tradizione e poetica d’avanguardia, a cura di Domenico Chizzoniti, con Marta Averna e Gaia Preta, e catalogo (Clean, Napoli), a cura dello stesso, con scritti di E. Bordogna, Z. Lukeš e G. Preta. L’esposizione illustra, attraverso l’analisi compositiva didattica di diciassette opere, la figura dell’architetto boemo Josef Gočár (18801945). L’esame copre il trentennio della maturità (dal 1909 al 1940), penetrando oltre il già noto espressionismo della Casa della Madonna Nera a Praga e giungendo a cogliere, nel confronto tra disegni analitici tridimensionali e modelli, i fondamenti del processo architettonico. Decisivo è lo spostamento del punto di vista dalla scena accademica praghese al quotidiano di Hradec Králové, la città dove, grazie all’amministrazione progressista, Gočár costruisce il proprio laboratorio urbano. Appaiono in successione le tracce delle passate avanguardie, un’aria Art Nouveau, nella risalita alla Chiesa della Vergine Maria, l’attesa del nuovo, nella sospensione
del progetto della Chiesa Protestante di Louny, la composizione del razionalismo di Perret e del classicismo della Wagnerschule, nei magazzini Wenke a Jařomeř, e infine l’origine di tutte queste, il neoclassicismo, matrice del padiglione termale di Bohdaneč. Tutte insieme concorrono all’elaborazione di un nuovo stile nazionale, il cubismo, qui rappresentato dalla Veranda della Villa Binko, in rapporto singolare col barocco boemo. Dopo il primo conflitto mondiale questa ricerca lascia il posto all’urgenza di rinnovamento tipologico che prende la strada diretta dell’applicazione all’impianto basilicale, a partire dal primo Padiglione Cecoslovacco a Parigi, attraverso le chiese di Brandýs nad Labem, di S. Ambrogio a Hradec Králové, di S. Venceslao a Praga, opere in cui prevale uno schema compositivo con anteposizione centrale della torre campanaria. Il tema dell’avancorpo quale annuncio della modernità, ora prisma vetrato, giardino d’inverno o ingresso, ritorna nella Villa Strand e nel progetto irrealizzato della Galleria d’Arte a Hradec Králové, in cui si dichiara infine l’influenza
diretta di Le Corbusier. Attualissimo riaffiora, e non è merito di poco conto della mostra, il riconoscimento di Persico sulle capacità dell’architettura ceca di “stabilire una nuova tradizione artistica”: è la costruzione dell’Europa moderna, nel suo cuore, attraverso un’originale tradizione delle avanguardie. X Stefano Cusatelli Josef Gočár. Memoria della tradizione e poetica d’avanguardia Milano, Urban Center 6 dicembre 2011 - gennaio 2012
Civitas et humanitas Dopo anni di silenzio su Gianugo Polesello, ha aperto allo IUAV di Venezia una mostra curata da Gundula Rakowitz. Oltre ai progetti veneziani più noti come quello per il Ponte dell’Accademia del 1985, quello per il Padiglione Italia ai Giardini dell’88 e quello per il Cimitero nell’Isola San Michele del ’98 sono esposti progetti meno conosciuti e non per questo di secondaria importanza. Al centro della stanza, un montaggio dei suoi quaderni, sapientemente aperti su pagine scelte. L’esattezza geometrica, la perentorietà del fare architettonico,
Gianugo Polesello, La meglio gioventù, 3/1984. Copyright Eredi Polesello. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vadura AAM Architettura Arte Moderna
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la regola quasi matematica dei disegni originali e dei modelli convivono col sogno, l’intimità e l’intima ironia (o malinconia). Dalla duplice natura della mostra emergono altrettante facce (tra le molte intuibili) di Polesello: la compresenza di civiltà – l’alto respiro dei progetti ideali e insieme reali – e l’umanità – l’uomo, cioè, inserito all’interno di un’idea ampia che spazia dal territorio alla messa in scena di spazi più domestici; un uomo rigorosamente assente nei disegni, ma presente nell’essenza stessa dei progetti, nell’idea che li anima e che dona loro struttura e forma. Uno degli scritti più utili ad un giovane architetto è senz’altro la sua testimonianza dopo la scomparsa dell’amico Aldo Rossi dal titolo, mutuato da Cicerone, Ab initio indagatio initiorum. “Ci sentivamo obbligati ad immergerci in politica” – afferma Polesello in questo emozionante intervento. Qual è il termine di messa a sistema tra civiltà e umanità? La politica, senza alcun dubbio. Una politica che in gioventù è necessaria e lo è etimologicamente; una politica oggi assente, sfinita, vuota e paradossalmente quasi inutile o superflua per moltissimi. La mostra racconta in maniera delicata e inedita il maestro scomparso nel 2007. Figure, temi e architetture si ripetono, trovano
declinazioni successive e variazioni formando una scena sospesa nel tempo. Questo ritratto veneziano, nel suo vibrare tra le due dimensioni – quella umana e quella civile – muove il pensiero e lo rende attivo: provoca ciò che poche volte accade, ossia fa pensare e rende sereni. Questo tragitto è il più architettonico possibile, quello tra civitas e humanitas. “Passo dopo passo, senza scorciatoie possibili, senza vani voli dell’immaginazione” – ci ricorda Cacciari a proposito di Polesello – “dobbiamo costruire il nostro spazio”. Un incedere possibile e vario, aperto a declinazioni ed esiti, come se “avessimo radici nella più solida terraferma”. Un paradosso dall’ineguagliabile poesia se pensiamo a Venezia; la summa dell’idea di terra e orizzonte, l’oscillazione delle onde, del sogno. E così Polesello guarda attorno a sé, scruta pensieroso quell’orizzonte, con l’architettura e la geometria in testa, e lunghe radici nel passato, nella storia e nel più certo dei fondali per l’architettura: la terra. X Carlo Gandolfi Autoritratti veneziani. Gianugo Polesello, maestro dell’indecifrabile Venezia, Cotonificio, sala Gino Valle 6 dicembre 2011 – 19 gennaio 2012
MOSTRA DI DISEGNI
Le cittĂ di Calvino â&#x20AC;&#x153;Questo libro nasce un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo sulla carta, seguendo le piĂš varie ispirazioniâ&#x20AC;?. Con queste parole Italo Calvino, in una conferenza alla Columbia University, spiega la genesi de Le cittĂ invisibili, una raccolta di memorie di viaggi e cittĂ visitate, una sorta di diario in cui realtĂ e immaginazione si combinano a costruire luoghi altri, diversi, invisibili anche nelle loro, poetiche, descrizioni, evocazioni di spazi magici, da scoprire e da immaginare. CittĂ da interpretare dunque, da indagare attraverso un procedimento razionale. Forse, è proprio questo aspetto a rendere Le cittĂ invisibili un testo particolarmente apprezzato dagli architetti. Matteo Menotto, giovane architetto, impegnato soprattutto nel campo dellâ&#x20AC;&#x2122;arte grafica e dellâ&#x20AC;&#x2122;illustrazione, offre unâ&#x20AC;&#x2122;interpretazione del mondo di Calvino in una mostra attualmente in corso a Pordenone e, successivamente, itinerante. Una ventina di disegni in bianco e nero, composti a partire da una contrapposizione di pieni e vuoti, di ribaltamenti di piani, di simmetrie e di immagini allo specchio, accompagnano, a guisa di illustrazione, una selezione di circa una trentina delle cittĂ descritte da Calvino. Le cittĂ invisibili di Matteo Menotto Pordenone, Sala Esposizioni Biblioteca 14 gennaio - 28 febbraio 2012
Maestri milanesi
Ciclo di incontri Accademia di architettura Mendrisio
Andrea Zamboni e Chiara Gandolfi (a cura di) Lâ&#x20AC;&#x2122;architettura del Novecento a Reggio Emilia Bruno Mondadori - Pearson Italia, Milano - Torino, 2011 pp. 304, â&#x201A;Ź 22,00
UMBERTO RIVA
GIOVEDĂ&#x152; 03.11.2011, ore 19.00
STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO
Celebrazioni Sereniane
GAE AULENTI
GIOVEDĂ&#x152; 17.11.2011, ore 19.00
ALESSANDRO MENDINI GIOVEDĂ&#x152; 22.03.2012, ore 19.00
ENZO MARI
GIOVEDĂ&#x152; 03.05.2012, ore 19.00 $FFDGHPLD GL DUFKLWHWWXUD 3DOD]]R &DQDYpH 9LD &DQDYpH &+â&#x20AC;&#x201C; 0HQGULVLR 6YL]]HUD ,1)250$=,21, WHO ZZZ DUF XVL FK
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CONFERENZE Dâ&#x20AC;&#x2122;ARCHITETTURA
Maestri milanesi a Mendrisio
Nellâ&#x20AC;&#x2122;ambito del ciclo dâ&#x20AC;&#x2122;incontri promossi dallâ&#x20AC;&#x2122;Accademia di Architettura di Mendrisio, il prossimo 22 marzo si terrĂ una conferenza di Alessandro Mendini. Si tratta del terzo incontro del ciclo â&#x20AC;&#x153;Maestri Milanesiâ&#x20AC;?, iniziato lo scorso 3 novembre con la conferenza di Umberto Riva cui è seguito il 17 novembre quella di Gae Aulenti. ConcluderĂ il ciclo, Enzo Mari il 3 maggio 2012. Tutti gli incontri si tengono presso lo sede dellâ&#x20AC;&#x2122;Accademia a Palazzo CanavĂŠe alle ore 19.
di Enea Manfredini o della Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia. Un libro molto utile e ben fatto che integra la guida â&#x20AC;&#x153;Itinerari reggiani di architettura modernaâ&#x20AC;? pubblicata da Sergio Zanichelli nel 1991 contribuendo allo studio e alla valorizzazione dellâ&#x20AC;&#x2122;articolata esperienza dellâ&#x20AC;&#x2122;architettura moderna italiana, non riconducibile esclusivamente alle vicende delle grandi cittĂ , ma composta anche da notevoli realtĂ particolari.
A cinquantâ&#x20AC;&#x2122;anni dallâ&#x20AC;&#x2122;uscita de La storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni (Laterza, 1961), lâ&#x20AC;&#x2122;Istituto Alcide Cervi, che di Sereni conserva la biblioteca e lâ&#x20AC;&#x2122;archivio scientifico, con la SocietĂ Geografica Italiana e lâ&#x20AC;&#x2122;Istituto Gramsci, sotto lâ&#x20AC;&#x2122;alto Patronato del Presidente della Repubblica, hanno organizzato una serie di iniziative volte ad attualizzare il pensiero di Sereni. A Gattatico si è svolto il convegno La Storia del Paesaggio Agrario di Emilio Sereni. Cinquantâ&#x20AC;&#x2122;anni dopo. A Roma, presso la sede della SocietĂ Geografica Italiana è stata inaugurata la mostra Paesaggi agrari. Lâ&#x20AC;&#x2122;irrinunciabile ereditĂ scientifica di Emilio Sereni. In questâ&#x20AC;&#x2122;occasione è stato consegnato un premio ad un giovane ricercatore distintosi nel settore delle scienze geografiche.
LETTURE
Architettura di qualitĂ a Reggio Emilia Il volume, esito di una ricerca svolta dai curatori e coordinata da Giovanni Leoni presso la FacoltĂ di Architettura â&#x20AC;&#x153;Aldo Rossiâ&#x20AC;? dellâ&#x20AC;&#x2122;UniversitĂ di Bologna, è il catalogo della mostra RE900 Architettura del Novecento a Reggio Emilia tenutasi a Reggio Emilia nei mesi di giugno e luglio 2011. Approfonditi scritti introducono unâ&#x20AC;&#x2122;efficace indagine fotografica, le numerose schede riferite agli edifici censiti e gli apparati bibliografici. Ne emerge un notevole patrimonio di edifici novecenteschi di importante valore architettonico, situati non solo a Reggio Emilia, ma anche nel suo territorio. QualitĂ diffusa riconoscibile nel lavoro di maestri come Franco Albini, Piero Bottoni, Asnago e Vender, Luigi Vietti e in quello di figure riferibili al contesto locale come quella
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BREVI DAGLI ORDINI Î LODI
Terzo Convegno “Lodi Progress” Si è svolto il 16 dicembre 2011 a Lodi il Terzo Convegno “Lodi Progress” sui metodi e le tecnologie per intervenire sul patrimonio edilizio esistente a 360°. L’innovazione tecnologica rende possibile oggi applicare metodi e sistemi mirati e puntuali estremamente efficaci, ottenendo risultati nel recupero edilizio equiparabili a quelli delle nuove realizzazioni, sia in termini di efficienza energetica, che dal punto di vista economico ed estetico. Sono intervenuti l’architetto Manuel Benedikter, docente CasaClima, e l’ingegner Laurent Socal, presidente A.N.T.A. e rappresentante italiano al CEN-TC 228. L’incontro, organizzato da Energia di Classe e dal Network CasaClima LodiCremona, rientra nell’ambito di una attenta politica di informazione sul territorio in merito alla riqualificazione energetica degli edifici. Info: http://nuke.ordinearchitettilodi.org www.energiadiclasse.com
Î BERGAMO
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Itinerari da adottare Il gruppo Graniti Fiandre spa ha adottato il primo itinerario del progetto “Itinerari di architettura milanese” dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano. Per i dettagli della campagna “Adotta un itinerario” in vista di Expo2015 rivolta alle aziende e agli enti, collegarsi al link: http://fondazione.ordinearchitetti.mi.it// index.php/page,Notizie.Dettaglio/id,2126/ type,fo
Esenzione quota d’iscrizione all’Albo per neo-madri e neo-padri architetti L’Ordine degli APPC della Provincia di Bergamo, su proposta del Gruppo Archidonne delibera di esonerare “i neo-genitori” (neo-padri/neomadri) iscritti al pagamento della quota di iscrizione annuale per l’anno successivo alla nascita del figlio o all’arrivo del minore in adozione/affido. Il provvedimento avrà inizio con la quota annuale 2012, in riferimento a nascite – adozioni – affidi - dell’anno 2011. http://architettibergamo.it/eventi-ind/ dettaglioeventi/11-12-16/Neopadri_neomadri_architetti_ esenzione_quota_di_iscrizione_all%E2%80%99Albo.aspx Î MON ZA
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Concorso “Architetture sostenibili: innovazione tecnica e qualità formale” - 2a ed. Fondazione OAPPC di MB e Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli APPC hanno bandito la 2a edizione del concorso “Architetture sostenibili: innovazione tecnica e qualità formale” per raccogliere i migliori progetti con caratteristiche di sostenibilità e innovazione tecnica progettati e/o realizzati sul territorio. Possono partecipare tutti gli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori iscritti agli Ordini delle province lombarde, scadenza del bando 27 aprile 2012. Info: http://www.ordinearchitetti. mb.it/bandi_pagina.asp?ID=1441
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Nuovi corsi della Fondazione dell’Ordine “Colore e materia nel restauro dell’edilizia storica” corso teorico-pratico per progettisti e restauratori dell’edilizia storico monumentale, studiato in collaborazione con Calchèra San Giorgio, leader nella produzione di materiali per il restauro di edifici di interesse storico-culturale, utilizzando materie prime pure e naturali. Il corso, coordinato dal professor Gilberto Quarneti, inizia il 25 gennaio 2012 ed ha un calendario di sei lezioni in fascia mattutina (ore 10-13). Inoltre, l’Agenzia del Territorio propone il corso “Docfa-Pregeo” sull’uso dei nuovi software utili per la compilazione dei documenti tecnici catastali. La prima lezione sarà il 1° febbraio dalle 15 alle 18. Info: http://fondazione. ordinearchitetti.mi.it/ index.php/page,Notizie. Dettaglio/id,2127/ type,fo
Premio all’architettura sostenibile lombarda Il 12 dicembre 2011, in occasione della serata di fine anno dell’Ordine degli Architetti PPC di Monza e Brianza, si è svolta la premiazione del concorso “Architetture Sostenibili: innovazione tecnica e qualità formale”. Il tema del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, l’attenzione della committenza per la qualità ambientale, l’adesione a una normativa di carattere energetico– prestazionale, ha reso necessario un adeguamento della progettazione. Il rischio è che a tali richieste progettuali non corrisponda un’adeguata crescita qualitativa dell’architettura. Obiettivo del concorso è stato, quindi, il proporsi come ponte per una nuova qualità dell’architettura sostenibile, raccogliendo i migliori esempi con caratteristiche di sostenibilità e innovazione tecnica progettati e/o realizzati sul territorio dagli Architetti iscritti agli Ordini Lombardi per creare un archivio, “Osservatorio dell’Architettura Sostenibile”, in costante evoluzione che sia spunto di riflessione per tecnici e operatori, e che rappresenti un territorio in evoluzione. Delle 18 opere pervenute, la giuria, presieduta dall’ing. Arturo Montanelli, ha valutato meritevoli di una menzione ex aequo i progetti di: Alessandro Cortesi, Francesco Dolce e Silvia Pietta. È stato poi segnalata l’opera di Filippo Taidelli.
RESIDENZA TYPE A (MI)
Francesco Dolce
CENTRO DI INTEGRAZIONE INTERGENERAZIONALE, BASIGLIO (MI)
Silvia Pietta
Il progetto si propone quale modello di applicazione dell’architettura bioecologica nel senso più ampio del termine. Quest’impostazione è stata sviluppata in un complesso multifunzionale dai volumi puri capaci di riflettere, nell’uso dei materiali e nella gestione degli spazi, l’attenzione alla sostenibilità.
ECO HOUSE – CURNO (BG)
Filippo Taidelli
Obiettivo è lo sviluppo del sistema pubblico della piazza principale. Il progetto si sviluppa seguendo i principî bioclimatici e ponendo attenzione al contesto urbano. Il risultato è un involucro dinamico caratterizzato dall’alternanza di elementi modulari opachi rivelando una soluzione formalmente innovativa e movimentata e integrata al contesto.
NUOVO EDIFICIO PASSIVO PER UNA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO, FORNOVO SAN GIOVANNI (BG)
Alessandro Cortesi
Il progetto nasce dalla lettura del contesto: la preesistenza di elementi architettonici e la lettura della centuriazione romana. A questo impianto si sovrappone un disegno che vede nei frangisoli verticali l’elemento per l’ottimizzazione della gestione bioclimatica della radiazione solare diventando elementi generanti ombre colorate. Il progetto si colloca in un contesto urbano privo di elementi architettonici predominanti e riconoscibili, e si propone come architettura emergente. Si premia la scelta di una forma che nasce da un impianto volumetrico semplice, forte di una scelta cromatica di impatto e caratterizzato da un’attenzione alla realizzazione tecnologica e impiantistica.
Info: http://www.ordinearchitetti.mb.it/ news_pagina.asp?ID=1458
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Umberto Baratto, Stefania Buila, Franco Maffeis, M. Paola Montini, Roberto Nalli, Enzo Renon, Patrizia Scamoni, Lucio Serino (Termine del mandato: 15.10.2013)
Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Angelo Monti; Segretario: Fabiola Molteni; Tesoriere: Sergio Cavalieri; Consiglieri: Paolo Belloni, Laura Boriani, Emiliano Ambrogio Campari, Ferruccio Favaron, Laura Gianetti, Gianluca Perinotto, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine APPC di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Paolo Belloni; Vice Presidente: Vittorio Gandolfi; Segretario: Remo Capitanio; Tesoriere: Carlos Manuel Gomes de Carvalho; Consiglieri: Stefano Baretti, Achille Bonardi, Matteo Calvi, Fabio Corna, Francesco Forcella, Arianna Foresti, Francesca Carola Perani, Matteo Seghezzi, Elena Sparaco, Marco Tomasi, Franceso Valesini (Termine del mandato: 13.7.2013) Ordine APPC di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Gianfranco Camadini; Paola Faroni, Roberto Saleri; Segretario: Laura Dalè; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Mauro Armellini,
Ordine APPC di Como tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Angelo Avedano; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Enrico Nava; Consiglieri: Matteo Ardente, Alessandro Bellieni, Stefania Borsani, Elisabetta Cavalleri, Alessandro Cappelletti, Alessandra Guanziroli, Veronica Molteni, Giacomo Pozzoli, Stefano Seneca, Marco F. Silva, Marcello Tomasi (Termine del mandato: 15.3.2014) Ordine APPC di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Ambrogio Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Andrea Pandini; Tesoriere: Luigi A. Fabbri; Consiglieri: Claudio Bettinelli, Giuseppe Coti, M. Luisa Fiorentini, Antonio Lanzi, Massimo Masotti, Vincenzo Ogliari, Silvano Sanzeni (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria e informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Presidente: M. Elisabetta Ripamonti; Vice Presidente: Paolo Rughetto; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Davide Bergna, Enrico Castelnuovo, Alfredo Combi, Guido De Novellis, Carol Monticelli, Valentina Redaelli, Diego Toluzzo (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria:
architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Laura Boriani; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Guido Siviero; Tesoriere: Massimo Pavesi; Consiglieri: Paolo Camera, Simonetta Fanfani, Paola Mori, Chiara Panigatta, (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Vice Presidente: Alessandro Valenti; Segretario: Alessandra Fortunati; Tesoriere: Manuela Novellini; Consiglieri: Andrea Cattalani, Gianni Girelli, Cristiano Guernieri, Sandro Piacentini, Enrico Rossini, Pietro Triolo, Sabrina Turola (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidenti: Marco Engel, Franco Raggi; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Maria Luisa Berrini, Maurizio Carones, Maurizio De Caro, Rosanna Gerini, Paolo Mazzoleni, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Vito Mauro Radaelli, Clara Maria Rognoni, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 3.12.2013) Ordine APPC di Monza e della Brianza tel. 039 2307447 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Presidente: Fabiola Molteni; Vice Presidenti: Ezio Fodri, Fabio Sironi; Segretario: Mariarosa Vergani; Tesoriere: Carlo Mariani; Consiglieri: Francesco Barbaro,
Giuseppe Caprotti, Giuseppe Elli, Marta Galbiati, Enrica Lavezzari, Cristina Magni, Roberto Pozzoli, Biancalisa Semoli, Nicola Tateo (Termine del mandato: 1.2.2014) Ordine APPC di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Aldo Lorini; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Alberto Vercesi; Consiglieri: Marco Bosi, Raffaella Fiori, Paolo Lucchiari, Luca Pagani, Gianluca Perinotto, Paolo Polloni, Andrea Vaccari (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Marco Del Nero, Andrea Forni, Marco Ghilotti, Carlo Murgolo, Nicola Stefanelli (Termine del mandato: 15.10.2013) Ordine APPC di Varese tel. 0332 812601 www.ordinearchitettivarese.it Presidenza: presidente.varese@awn.it Segreteria: infovarese@awn.it Presidente: Laura Gianetti; Segretario: Matteo Sacchetti; Tesoriere: Emanuele Brazzelli; Consiglieri: Luca Bertagnon, Maria Chiara Bianchi, Riccardo Blumer, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Ada Debernardi, Alberto D’Elia, Mattia Frasson, Ilaria Gorla, Carla G. Moretti, Giuseppe Speroni, Stefano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2013)
La rivista AL, fondata nel 1970, raggiunge ogni due mesi tutti i 27.431 architetti iscritti ai 12 Ordini degli Architetti PPC della Lombardia:
2.362 iscritti dell’Ordine di Bergamo 2.380 iscritti dell’Ordine di Brescia 1.720 iscritti dell’Ordine di Como 710 iscritti dell’Ordine di Cremona 952 iscritti dell’Ordine di Lecco 403 iscritti dell’Ordine di Lodi 713 iscritti dell’Ordine di Mantova 12.076 iscritti dell’Ordine di Milano 2.533 iscritti dell’Ordine di Monza e della Brianza 876 iscritti dell’Ordine di Pavia 371 iscritti dell’Ordine di Sondrio 2.335 iscritti dell’Ordine di Varese
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Ricevono, inoltre, la rivista: i 90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia; 1.555 Amministrazioni comunali lombarde; Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.