AL 4, 2002

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AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 4 Aprile 2002

Editoriale

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Forum La riforma delle Professioni interventi di Brescia Lecco Lodi Mantova Milano

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Argomenti

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Concorsi

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Professione e aggiornamento Legislazione Normative e Tecniche

38 43 44 46 49

Informazione Dagli Ordini Lettere Stampa Libri, riviste e media Mostre e Seminari

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Itinerari

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Indici e tassi

Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Paola Giaconia Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - Fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl Viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano Tel. 02 300391 r.a. - Fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Impaginazione Chiara Giuliani Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova m.fto (AL)

Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 21.293 copie

Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL

In allegato: Indici 2001

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Sommario

Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 http://www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 http://www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Guido Dallamano, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 http://www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 http://www.cr.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticremona@archiworld.it Informazioni utenti: infocremona@archiworld.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 http://www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 http://www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 http://www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guarnieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 http://www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza e segreteria: architettimilano@archiworld.it Informazioni utenti: infomilano@archiworld.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 http://www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Gianni M. Colosetti, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 http://www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 http://www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Stefano Castiglioni; Segretario: Riccardo Papa; Tesoriere: Pietro Minoli; Consiglieri: Claudio Baracca, Enrico Berté, Maria Chiara Bianchi, Antonio Bistoletti, Emanuele Brazzelli, Claudio Castiglioni, Orazio Cavallo, Gabriele Filippini, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)


il Presidente Stefano Castiglioni

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Editoriale

La circostanza del rinnovo del mandato della Consulta Lombarda, che ha visto un parziale avvicendamento di ruoli (al cui riguardo è doveroso un prioritario ringraziamento ai membri uscenti, Emiliano Campari e Antonio Bistoletti generosamente impegnati nel passato biennio) pone necessariamente considerazioni e riflessioni programmatiche per l’imminente futura attività. L’evoluzione o meglio l’accelerazione, verificatasi nel contesto in cui direttamente o indirettamente si confronta il nostro operato professionale, non consente infatti di soffermarsi sugli obbiettivi e sviluppi già perseguiti e i risultati ottenuti. In particolare al di là del tradizionale compito di coordinamento dell’azione dei diversi Ordini Provinciali (di informazione puntuale su temi di interesse generale e locale, di servizi resi agli iscritti in diversi settori: interventi legali, patrocini di iniziative culturali), si pone l’esigenza di un vero e proprio salto di scala in tre specifiche direzioni, predefinite dagli eventi, prima che da una nostra opzione. • Il primo tema sicuramente resta la generale riforma della legislazione urbanistica lombarda, cui del resto tempestivamente fin dal dicembre scorso, la stessa Consulta si è posta quale diretta interlocutrice. Si tratta di un compito sicuramente complesso dato che dalla promulgazione della L.R. 91 del 1975 un dibattito di tipo fondativo ed a tutto campo sulla normativa territoriale non aveva più avuto spazio. Non sfugge ad alcuno l’esigenza indifferibile di dotarsi di regole, criteri innovativi per riaprire “la stagione dei piani regolatori” cui ormai le municipalità pongono mano solo per aggiustamenti tattici (avvalendosi della ben nota L. 23/97), allungandone la durata oltre il doppio della naturale scadenza decennale e rinunciando a rielaborazioni e revisioni generali, poiché considerate troppo penalizzanti sul piano politico-amministrativo. Neppure le “aperture” della L.R. 1/2001 hanno infatti convinto i Comuni alla necessaria operazione di ripensare, riprogettare le città sul lungo periodo, quando invece investire sull’assetto del territorio resta la vera scelta vincente per garantire esiti non solo economici ma di qualità della vita. • Il secondo tema, che si riconnette direttamente al primo, è costituito proprio dai grandi progetti e programmi strategici che il governo regionale ha prospettato (la dorsale ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino-Milano-Est Europa, l’adeguamento e la nuova connessione ai valichi d’Oltralpe, la nuova autostrada Brescia-Milano, la seconda circonvallazione Milanese, il prolungamento e completamento della pedegronda, la mobilità pubblica all’interno dei sistemi metropolitani identificati) per i quali, proprio alla nostra categoria compete dare un contributo determinante per superare le cosidette “fasi di ascolto e dibattito”, che spesso si sclerotizzano, rinviando sine die attuazione e esiti. Se nei decenni passati il territorio lombardo si è illuso di potersi sviluppare soprattutto sul piano economico tramite una sommatoria di vitalità e iniziative diffuse localmente, tale modello appare oggi non solo quanto mai compromissivo, obsoleto e non più perseguibile. La stessa vicina Confederazione Elvetica, per la quale non può certo sussistere sospetto di centralismo amministrativo, ha varato un imponente “New Deal” relativo alla mobilità su ferro Nord-Sud (il ben noto programma Alp Transit da 2,5 miliardi di Euro i cui lavori dureranno, secondo le diverse previsioni, dai 15 ai 20 anni). Trattasi di un progetto che associa all’alta velocità ferroviaria (Lugano-Zurigo in 1 ora e 45 minuti) un sistema di trasporto “intermodale” atto a trasferire in toto dal sistema stradale l’attuale crescente traffico pesante su gomma. In proposito, al di là dei benefici ambientali connessi alla decongestione viaria, detto piano ha comportato a sua volta un esteso sistema di progetti compatibili e correlati (turistici, commerciali, terziari in genere) concertati tra le diverse Amministrazioni locali. Compito della categoria degli Architetti, dunque, è proprio far sì che i grandi progetti territoriali vengano recepiti dalla pianificazione locale, in modalità qualitativamente idonee, configurandosi quale reale occasione di sviluppo compatibile, evitando le contrapposizioni e le incomprensioni della controversa esperienza di Malpensa. • Il terzo tema è il recupero di un rapporto di continuità tra università e professione, da tempo allentato, ma che il recente DPR328/2001 con la generale riforma dell’assetto professionale pone come un’esigenza irrinunciabile, pena una frattura incolmabile tra formazione e mercato del lavoro. L’occasione immediata da non disattendere in proposito, dovrà essere la convenzione tra Ordini e Università per attività strutturate di tirocinio professionale che siano effettivamente tali, superando l’equivoco di un generico praticantato o l’illusione di una didattica decentrata. Non è compito da poco ma proprio la competenza e la vitalità dimostrata in questi ultimi anni dai nostri Ordini provinciali, più attivi e presenti che mai, a dispetto di quanti ne profetizzavano l’inutilità e la scomparsa, se opportunamente correlate e concertate configureranno garanzia di risultato.


Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli

Osservazioni sui contenuti del D.P.R. 328/2001

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Si ha la fondata impressione che Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 328/2001 muti o addirittura sconvolga l’assetto di numerose professioni tecniche, principalmente tramite la radicale modifica degli albi, nei quali si introducono sezioni per i laureati specialistici quinquennali e sezioni per i laureati triennali, previsti dalla riforma universitaria. All’interno di ogni sezione sono previsti settori professionali con specifica specializzazione. Nel caso degli Architetti sono previsti quattro settori per il laureati quinquennali; l’accesso a tali settori avverrà attraverso l’esame di stato, pure riformato, con la previsione di ben quattro prove, due orali e due scritte, per il settore Architettura e tre, due orali e una scritta, per gli altri settori. L’istituzione d’attività di tirocinio regolamentate da convenzioni tra università e ordini professionali, non obbligatorie, consentiranno di rendere meno gravoso l’esame di stato per il settore “ architettura” . Il decreto 328/2001, pur affermando la validità delle competenze professionali vigenti e che le prerogative degli architetti sono mantenute, crea nuovi titoli, rafforza e amplia ambiti d’attività d’alcune professioni. Innanzitutto si deve valutare la posizione di coloro che sono già iscritti all’Ordine. La laurea in architettura appare prioritaria per l’accesso a tutti i settori. Il decreto precisa tuttavia che

Vedute della Sede dell’Ordine.

solo gli iscritti nei rispettivi settori possano fregiarsi rispettivamente del titolo di architetto, di pianificatore territoriale, di paesaggista e di conservatore dei beni architettonici ed ambientali. Da questa disposizione scaturisce un certo interesse da parte di molti architetti attualmente iscritti agli albi ad entrare a far parte anche dei nuovi settori, al fine di acquisire un titolo specifico, addizionale a quello di architetto, e dunque un’attestazione di addizionale competenza, probabilmente maggiore, almeno alla lunga, di quella di architetto “ generico” , soprattutto nei rapporti con le amministrazioni pubbliche. Il decreto però stabilisce che gli attuali architetti iscritti agli albi confluiscano nel settore “ architetti” , lasciando virtualmente vuote le altre classi. Ciò a differenza di quanto previsto per gli ingegneri, che possono optare di registrarsi in uno o più dei tre settori nel quale è suddivisa la sezione “ A” , laureati quinquennali, del loro albo. La possibilità, per un architetto attualmente iscritto all’albo, e che quindi confluirà nel settore “ architetti” , di accedere alle altre classi, è, allo stato attuale delle cose, subordinata al superamento di un nuovo esame di stato. Tutto ciò, nonostante si sia da più parti fatto notare che tale procedura pare non tuteli la dignità della professione ed il valore delle competenze pregresse, in quanto non è decoroso e non è logico che un architetto, attualmente iscritto all’ordine, debba sostenere un esame di stato per iscriversi ad un settore dove è naturalmente competente. È stato opposto che l’architetto iscritto alla sezione laureati quinquennali è naturalmente competente nelle materie specialistiche (pianificazione, paesaggio, conservazione). Addirittura è stato richiamato che sarebbe disdicevole che l’architetto “ scendesse” nelle categorie supposte “ inferiori” . A questa obiezione si deve rispondere che, a regime, gli iscritti nelle branche specialistiche saranno a tutti gli effetti laureati quinquennali, conseguentemente su un piano di parità (e di competizione) con gli architetti. Molto più saggio sarebbe quindi far travasare architetti dal primo agli altri settori anche per motivi “ politici” , ovvero per prevenire eventuali conflitti e smorzare tensioni. La lettera inviata al CNA da parte della Consulta degli Architetti della Lombardia va proprio in questa direzione, affinché il provvedimento sia migliorato e modificato nel senso di una, per noi più dignitosa, collocazione, come avviene per gli ingegneri, nei settori specialistici, a domanda degli architetti interessati. Dalla breve descrizione che precede possiamo ritenere che l’applicazione del decreto creerà molti ulteriori problemi, specie in materia deontologica, di competenze riservate, di tariffe. L’esame di stato e gli ordini professionali, come istituzione, nonostante l’attacco subito nella precedente legislatura, escono rafforzati, anche dall’inserimento dei nuovi specialisti. Tuttavia già si presentano alcune ombre all’orizzonte. Il ruolo degli ordini nel tirocinio è subordinato ad accordi con le università. La stessa denominazione del nostro Ordine è stata mutata in Ordine degli Architetti, dei Pianificatori, dei Paesaggisti e dei Conservatori, con un ulteriore aumento degli iscritti, oltre gli attuali 90mila, senza contare i laureati triennali, e una prevedibile caduta d’immagine del titolo di architetto.


riali che stanno redigendo i regolamenti d’attuazione del decreto, nonché vigilare sulla sua applicazione, affinché siano emendati eventuali errori. Tenere nella più alta considerazione le esigenze degli iscritti, difendere, con finalità di interesse pubblico, con maggiore determinazione, il valore del titolo della laurea in architettura ed evitare che, non ostante tutte le iniziative di comunicazione e di divulgazione intraprese dal Consiglio Nazionale su argomenti culturali, siano realizzati provvedimenti legislativi di tale portata che oggettivamente rischiano di indebolire la figura professionale dell’architetto. Paolo Ventura

Lecco a cura di Carmen Carabus

D.P.R. 328/ 2001 Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 328 entrato in vigore l’1 settembre 2001, anticipando in modo determinante la tanto attesa riforma dell’ordinamento delle professioni, ha introdotto importanti novità relative agli esami di Stato e all’accesso agli Ordini anche per lo svolgimento della libera professione di architetto. I prossimi anni saranno caratterizzati dallo sviluppo di attività moderne di grande qualità: è importante che sappiano lasciare un segno riconoscibile del proprio tempo e risultino compatibili con il paesaggio e l’ambiente in cui si collocano. Il nostro Paese deve recuperare il grave ritardo in termini infrastrutturali e di riqualificazione edilizia rispetto al resto dell’Europa. Per consentire il passaggio da un mercato di tipo speculativo ad un mercato di alta qualificazione è indispensabile una grande preparazione e un forte impegno da parte delle figure professionali preposte. Nelle trasformazioni in atto sul territorio, gli architetti chiedono di poter contribuire, con le altre figure professionali competenti, alla realizzazione di quello sviluppo sostenibile tanto auspicato in cui architettura, mobilità e tecnologia possano interagire senza le sopraffazioni all’ambiente cui troppo spesso si è assistito passivamente. Per superare incomprensioni, sovrapposizioni di ruoli e abusi è però opportuno vengano definite in modo inequivocabile, così come avviene nel resto della comunità europea, le specifiche competenze di ogni figura professionale che partecipa al processo di trasformazione e riqualificazione in atto. In riferimento al recente D.P.R. 5.6.2001 n. 328 riguardante il riassetto degli Albi professionali, è opportuno venga definita con maggior precisione la figura del cosiddetto “ laureato junior” in quanto non facilmente distinguibile da quella del collega “ senior” . Ciò può dare adito a notevole confusione tra gli utenti, che non sono messi in condizione di capire in modo inequivocabile la differenza di prestazioni, rendendo così ancor più ambiguo il rapporto fra la molteplicità di figure che si occupano dell’attività progettuale nel campo dell’architettura. Le definizioni usate nel D.P.R. per le competenze del laureato triennale consistenti in “ semplici costruzioni con tecniche standardizzate” che si differenziano da quelle per il laureato quinquennale abilitato alla realizzazione di “ costruzioni non semplici con le tecniche evolutive e d’avanguardia” sono troppo generiche e rischiano di aumentare i soliti interminabili contenziosi e ricorsi che sicuramente non giovano agli utenti e non contribuiscono alla qualificazione dell’attività professionale. La tanto auspicata riforma delle professioni intellettuali, che mai ha superato la soglia del disegno di legge, a garanzia della collettività, deve riconoscere in modo inequivocabile la professione di architetto, insieme a quelle che, incidendo su interessi generali, vengono sottratte al libero esercizio e riservate a soggetti che abbiano dimostrato, con un ciclo di studi e un’abilitazione professionale, di possedere le capacità di svolgerla. Ferruccio Favaron

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Si ha inoltre l’impressione che, di fatto, l’ingresso alla professione dei giovani sia stata resa più difficile. L’inasprimento della selezione dell’esame di stato, comprensibile per i laureati triennali, si applica anche ai laureati specialistici, ivi compresi tutti i laureati in architettura che non hanno superato l’esame di stato nelle sessioni precedenti, che sappiamo pervenire al diploma per la gran parte dopo oltre sette anni di studio, invece dei cinque curricolari. Che fare, a questo punto? Seguire con attenzione, come Consiglio Nazionale con la collaborazione degli Ordini Provinciali e Federazioni Regionali, meglio di quanto avvenuto nel passato, gli organi ministe-


Lodi a cura di Antonino Negrini

Libera professione e medaglie

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Il D.P.R. 328/2001 ha radicalmente modificato la struttura degli ordinamenti professionali incidendo particolarmente sugli Ordini degli Ingegneri e quelli degli Architetti. Le recenti assemblee dei Presidenti degli Ordini degli Architetti del Nord Ovest a Belgirate e la recentissima Assemblea dei Presidenti di Lodi hanno evidenziato il disagio con il quale gli Ordini hanno affrontato la modifiche apportate dalla recente normativa. Alla base del disagio sta, a mio parere, la mancanza di rapporti tra Università e Ordini professionali, manca insomma la connessione tra chi costruisce il prodotto architetto e chi ne garantisce poi la spendibilità sul mercato. Non voglio evidentemente paragonare un architetto a un prodotto commerciale, desidero però rendere l’idea di un prodotto studiato a tavolino e prodotto senza sapere se sarà utile allo scopo per il quale viene fabbricato. Il citato D.P.R. 328/2001 introduce figure professionali di dubbia sistemazione sul mercato delle professioni: è già difficile oggi, in assenza di una precisa normativa di riferimento, stabilire le differenze delle competenze professionali tra ingegneri, architetti e geometri, cosa sarà domani tra ingegneri dei sistemi, ingegneri civili, ingegneri industriali e relativi junior

Assemblea dei Presidenti di Lodi. Da sinistra verso destra: arch. Enzo Puglielli, Presidente dell’Ordine di Lodi, arch. Raffaele Sirica, Presidente del C.N.A.P.P.C., e Sen. Vietti, Sottosegretario alla Giustizia con delega alle professioni.

(triennali), architetti e pianificatori e relativi junior, paesaggisti e conservatori? E chi spiegherà ai laureati quinquennali pianificatori, paesaggisti e conservatori che, a livello di possibilità di progettazione, ne hanno meno dei geometri? Chi gli dirà che dopo cinque anni di Università non potranno vantare alcuna riserva di competenze e che un piano paesistico potrà essere fatto da chiunque? Questi i temi non risolti: tuttavia le Università spingevano per la creazione di nuovi corsi di laurea e siamo alla situazione attuale. Giova ricordare, a proposito della mancanza di collegamento tra Università e Ordini che nella Assemblea dei presidenti di Lodi si è discusso di esame di stato e tirocinio, temi che dovevano vedere in prima fila le due Facoltà di architettura di Milano ebbene, se si esclude la Facoltà di Milano Bovisa che ha inviato in sua rappresentanza Adalberto Del Bo, nessun segnale di vita si è avuto dalla Facoltà di Milano Leonardo, neanche un messaggio di saluto. La Facoltà di Milano Leonardo è, per intenderci quella che non trova il tempo di partecipare a questi incontri, ma lo trova per organizzare seminari sulla architettura dei parcheggi in collaborazione con il Collegio dei geometri e il Chartered Institute of Building (per gli amici C.I.O.B.) che in cambio di una sostanziosa iscrizione promette ai geometri di buona volontà competenze pari, se non superiori, a quelle degli architetti. Di notevole importanza è poi la questione del tirocinio che, se correttamente applicato, permetterà di evitare una prova dell’Esame di stato. Ancora una volta la lunga mano dell’Università si protende sull’esercizio della professione: personalmente sono dell’idea che l’Università, il momento successivo alla consegna del certificato di laurea, ha completato il proprio lavoro. Occorre specificare che il DPR 328 ha sostanzialmente riconosciuto la differenza, una cosa è la laurea, altra cosa è la professione che richiede l’esercizio di atti professionali e quindì un Esame di stato e l’iscrizione ad un Albo professionale che, giova ricordarlo, da diritto ad una riserva di competenze. Un laureato in lettere non può fare l’architetto, tuttavia la laurea gli dà titolo a fare l’Esame di stato e, se lo supera, a fare l’architetto. Questo ragionamento vuol dire che è ormai tempo che la composizione delle commissioni per gli Esami di stato sia modificata a vantaggio degli Ordini professionali ai quali la società richiede di garantire la competenza dei propri iscritti. Gli Ordini così devono modificare le proprie strutture e provvedere alla formazione dei neolaureati, alla formulazione del programma dell’Esame di stato che si svolge nella Regione di appartenenza, formare le commissioni (che siano adeguatamente compensate) e certificare infine con la iscrizione all’Albo la competenza del candidato architetto. Non è finita qui, oltre alla formazione iniziale, gli Ordini devono, a mio parere, provvedere all’aggiornamento dei propri iscritti attraverso un programma comune con gli altri Ordini provinciali della Regione di appartenenza. Ultima annotazione per coloro che ritenevano, attraverso il DPR 328, di potersi fregiare di ulteriori titoli da portare come ulteriore qualificazione delle proprie competenze. Quando fui chiamato a svolgere il servizio militare nei


arch. Enzo Puglielli Presidente dell’Ordine degli Architetti e degli Architetti Junior, Pianificatori e Pianificatori Junior, Paesaggisti e Conservatori. (non sembra anche a voi un po’ esagerato?)

Mantova a cura di Nadir Tarana

Intervista con il Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di M antova, architetto Sergio Cavalieri L’art.1 del DPR 328/ 2001 sulla Riforma degli Ordini professionali individua chiaramente alcune categorie di professionisti (il testo di legge recita “talune”), escludendone altre. Non sembra quindi una riforma abbastanza incompleta? La riforma introdotta dal decreto appare incapace di riorganizzare il quadro delle professioni intellettuali in Italia. Non risulta chiaro, infatti il motivo per cui non rientrano nel campo di applicazione del decreto alcune categorie di professionisti come gli avvocati, i commercialisti, i ragionieri, i medici ed i consulenti del lavoro. Forse perché nel testo di legge che istituiva le lauree triennali (legge 127/1997 e DM 509/1999), non era previsto che medici ed avvocati avessero colleghi juniores, o forse perché un buon numero di membri del Parlamento appartengono ad alcune di queste categorie professionali. Si può comunque esprimere un giudizio sulla portata delle modifiche proposte dal decreto? Basandosi sul titolo del DPR n. 328 si potrebbe pensare che il suo contenuto principale riguardi l’Esame di Stato delle professioni esistenti, al contrario tale decreto modifica profondamente le strutture dei Consigli degli Ordini ed istituisce, inoltre nuove figure professionali (sia per le lauree triennali che per le lauree tradizionali. I principi generali contenuti nel DPR presentano alcuni aspetti positivi relativi alla nostra categoria professionale, ma nel contempo lasciano molti dubbi per quanto ri-

In questa pagina e nella successiva: vedute della Sede dell’Ordine.

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carristi, ricordo in particolare l’abitudine che avevamo da giovani allievi di metterci tutti i distintivi possibili, nella speranza di colpire le ragazze con le specializzazioni che andavamo acquisendo per cui, quando andavamo in libera uscita, sembravamo dei reduci di el Alamein piuttosto che imberbi allievi carristi. Comprendo la delusione di chi tra noi sperava di trarre dal D.P.R. 328/2001 la possibilità di aggiungere al proprio titolo professionale che è architetto anche quello di pianificatore, paesaggista e perché no, anche conservatore. Non ho mai sentito la necessità di aggiungere alcunché al mio titolo professionale perché ritengo che esso sia già il massimo, non amo chi aggiunge al titolo di architetto anche quello di dottore: noi non siamo dottori in architettura, siamo architetti, orgogliosi di esserlo e tanto basta. Che bisogno potremmo avere di dire che siamo anche pianificatori o paesaggisti o conservatori se abbiamo già le competenze per esserlo? Nessuna, se non la civetteria di qualche distintivo in più da portare, che ci faccia salire sulla scala della considerazione degli amministratori pubblici che, fino a quando non sarà pienamente applicata la legge 109/94 e il relativo regolamento, sarà sempre fonte di ingiustizie.


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guarda la loro applicazione pratica. Gli aspetti positivi principali a mio avviso possono essere i seguenti: • sicuramente il decreto rafforza il ruolo degli Ordini, mettendo definitivamente la parola fine all’ipotesi della loro abolizione; • viene ampliata la loro competenza in materia di Esame di Stato, introducendo la possibilità di tirocinio tramite convenzioni apposite stipulate con gli Ordini stessi; • viene istituito un Albo professionale nazionale depositato presso il CNA; • viene, inoltre, sancita la centralità e la preponderanza della figura dell’architetto iscritto nella sezione A, settore architettura, in quanto risulta essere l’unica figura che oltre ad avere delle competenze riservate per legge, può esercitare anche tutte le competenze degli altri settori. Nessuno degli altri settori della sezione A e della sezione B hanno competenze riservate per legge ad operare nei rispettivi campi, non possono esercitare le competenze riservate agli Architetti. E a proposito dei dubbi? I dubbi sorgono nell’applicazione quotidiana delle disposizioni contenute nel DPR, in quanto all’inserimento delle nuove professioni, sia per le lauree triennali che per quelle tradizionali, non ha fatto seguito una definizione dei campi di attività che potesse fare finalmente chiarezza sulle competenze delle varie figure professionali. A tale proposito credo che gli aspetti più macroscopici possano essere i seguenti: • L’art. 16 stabilisce, tra le competenze degli architetti juniores “ la progettazione, la direzione dei lavori (…) relative a costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate” . Senza nessuna precisazione sul cosa si intenda per “ costruzioni civili semplici” e “ metodologie standardizzate” . Risulta evidente che la norma crea le condizioni per ri-

petere la conflittualità già esistente tra architetti e geometri dovuta ai decreti del decennio 1920. • Di fatto il non aver affrontato la definizione delle competenze della varie figure professionali e confermando invece quelle stabilite dalla normativa vigente, si è svuotato di significato il decreto stesso, con il rischio non tanto remoto di un aumento delle conflittualità tra i vari professionisti e con la possibilità che il futuro regolamento, od una futura legge quadro, cambino radicalmente in peggio (per quello che riguarda la nostra categoria) il campo di applicazione delle attività. Uno degli aspetti senza dubbio più controversi riguarda la competenza in materia urbanistica e pianificazione territoriale. quale è il suo giudizio sulle modifiche introdotte dal decreto? Il DPR 328 stabilisce la competenza in urbanistica per gli iscritti ai settori architettura, pianificazione territoriale e paesaggistica non attribuendo però nessuna riserva di legge ad operare nel campo; pertanto l’attività professionale risulta libera per qualunque categoria e soggetta alle sole leggi di mercato. Anche se le leggi nazionali non assegnano esplicitamente la competenza degli architetti in tale campo - prendiamo ad esempio la legge 152/1992 che sancisce la competenza degli agronomi per i piani territoriali, urbanistici e paesaggistici per gli aspetti agricoli e i rapporti città-campagna - resta innegabile che, attualmente nel campo della pianificazione territoriale, dell’urbanistica e dei piani paesistici, gli architetti sono considerati una categoria prevalente. Infine, se fosse indiscutibile che l’urbanistica è attività libera non si comprende perché la magistratura avrebbe emesso tante sentenze contro le competenze dei geometri in tale campo. N. T.


a cura di Roberto Gamba e Antonio Borghi

La riforma delle professioni secondo il D.P.R. 328/ 2001 Il Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001 n. 328, partendo dai punti-chiave della riforma della Università, anticipa in parte la riforma delle professioni da tempo oggetto di attenzioni da parte del Governo, introducendo molti elementi di novità nell’ambito dell’accesso agli Ordini professionali e determinando innovazioni in seno alla struttura degli Ordini stessi, modifica e integra la disciplina dell’ordinamento degli Ordini e degli Albi e i requisiti per l’ammissione all’esame di Stato. Non modifica invece l’ambito stabilito dalla normativa vigente sulle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, all’attuale professione di architetto. Gli Ordini cambiano denominazione diventando “ Ordini degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori” e gli Albi vengono divisi in due sezioni (A e B) in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo universitario. Le due sezioni corrispondono a circoscritte e individuate attività professionali. Nel caso della professione di architetto, come è noto, si prevedono corsi di laurea quinquennali per i 4 settori dell’architettura, della pianificazione territoriale, della paesaggistica e della conservazione dei beni architettonici ed ambientali e corsi di laurea triennali per i 2 settori dell’architettura e della pianificazione territoriale. Coerentemente con questa scan-

La Sede dell’Ordine in via Solferino (foto: Marco Introini).

sione disciplinare, il decreto definisce le modalità dei 6 diversi Esami di Stato necessari per l’ottenimento dell’abilitazione e la conseguente possibilità di iscrizione all’Ordine, anch’esso ripartito in 2 sezioni (una per i laureati quinquennali, l’altra per i laureati triennali), comprendenti rispettivamente i 4 settori ed i 2 settori prima citati. In sostanza il decreto, che costituisce l’ultimo anello di una serie di provvedimenti legislativi relativi alla riforma della Università, si configura alla fine come una vera e propria riforma dell’Ordinamento professionale e della struttura stessa degli Ordini, le funzioni e modalità operative dei quali saranno chiarite in un successivo specifico regolamento, che definirà anche le procedure elettorali e il funzionamento degli organi in sede disciplinare. Non vi è stata quindi, come invece da tempo si richiedeva, l’assunzione di una “ Legge-quadro” sulle professioni, che ne ridisegnasse ruoli, funzioni e modalità operative, anche evidentemente in stretta connessione con la riforma dell’Università, ma si è scelta la strada di immediate modifiche operative e procedurali, di tale portata però da configurare un sostanziale ribaltamento della situazione attuale. Il nuovo quadro istituzionale delle professioni, già entrato in vigore dal 1° settembre 2002, pur contenendo certamente elementi positivi e di grossa rilevanza sociale, primo fra tutti la possibilità di un ingresso qualificato nel mondo del lavoro a 21/22 anni con il possesso di una laurea triennale, contiene però anche elementi di dubbio e di perplessità, quali: • La mancata precisazione del carattere e dei contenuti dell’intero iter universitario: si tratterà in sostanza di un corso “ unitario” di 5 anni, con una possibilità di uscita dopo il 3° anno (con quali competenze e prerogative?), o invece si tratterà di un triennio co-

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Milano


mune e di un successivo biennio di approfondimento tematico per i candidati laureati quinquennali?; • La poca chiarezza nel riconoscere e definire le competenze dei laureati triennali rispetto a quelle dei laureati quinquennali, soprattutto in riferimento alla assunzione di specifiche responsabilità nei riguardi delle Pubbliche Amministrazioni; • Il pericolo di una frammentazione della disciplina stessa dell’ architettura che sembra non più concepita quale processo unitario ma considerata quasi sommatoria di più momenti fra loro indipendenti. Se infatti è certamente necessario adeguare ed innovare la formazione e la professione dell’architetto ed è

opportuno ridefinirne la figura nei ruoli e nelle competenze, non si può prescindere dal carattere generale della figura stessa, le cui radici affondano nella storia della cultura; • L’immissione nel già popoloso mondo degli operatori sul territorio di una nuova figura, il laureato triennale, che rischia di andare subito in contrapposizione agli attuali tecnici diplomati se non sarà protetta da un’adeguata disposizione normativa; • La decisione di attuare fin dall’anno accademico 2001/2002, cioè adesso, le nuove modalità dell’Esame di Stato senza averne prima definiti i contenuti disciplinari, lasciando quindi campo libero alle dis-

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crezionalità più diverse. Analogo problema si pone per l’istituzione del tirocinio, le cui strutture operative sono ancora da individuare. In sintesi è stata praticata una violenta accelerazione nella prefigurazione di un nuovo e diverso aspetto professionale anche in adesione alle indicazioni europee, più nella forma e nelle procedure che nei contenuti. La specificità, la delicatezza e la complessit à dei compit i dell’ archit et t o impongono un approfondito riesame dell’ insieme delle competenze professionali per definire, oltre il generale assetto nazionale, obiettivi formativi e di regolazione delle attività che siano omogenei all’intero quadro europeo. Quando, come e da chi verranno discussi? Vedute della Sede dell’Ordine: l’esterno e la sala riunioni (foto: Marco Introini).

Daniela Volpi


Durante il Congresso nazionale degli ingegneri che si è svolto a Ragusa nel settembre scorso si è molto discusso del D.P.R. 328/2001; l’opinione diffusa, anzi pressoché plebiscitaria, era che tale D.P.R., emesso, a nostro avviso, senza un reale e approfondito confronto con le categorie professionali interessate, accresceva le contraddizioni e aggiungeva elementi di confusione e di dequalificazione nell’ambito delle competenze professionali. Durante il Congresso venne quindi votato un “ documento d’impegno della categoria” che richiedeva l’abrogazione del D.P.R. o, in alternativa, una radicale modifica “ sulla base del presupposto che ci sia correlazione tra percorsi formativi e competenze che vengono definite dall’appartenenza a specifici Albi professionali” . Sulla base di tale documento d’impegno il CNI ha presentato ricorso al TAR. Quali le discrepanze, le contraddizioni e le penalizzazioni, contenute nel D.P.R. 328, che colpiscono, in particolare, la professione dell’ingegnere? Cercherò di enunciarne alcune in modo sintetico. Innanzit ut t o vi è una cont raddizione st rident e t ra quanto scritto al comma 2 dell’articolo 1 del D.P.R. 328, ribadito anche in successivi articoli, e gli ordinamenti professionali interessati dal provvedimento. Infatti tale comma recita: “ Le norme contenute nel presente regolamento non modificano l’ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna professione” . Dall’esame, invece, delle attività previste per gli ingegneri dal D.P.R. si evince chiaramente che le competenze degli ingegneri si sono globalmente ridotte rispetto alla normativa vigente. Cito alcuni esempi: • Estensione delle competenze in materia geotecnica agli iscritti all’albo dei geologi. Attualmente i geologi sono esclusi dalle competenze nel settore geotecnico, riservato agli ingegneri, essendo il loro intervento ristretto alla redazione della relazione geologica, come più volte sentenziato dalla giurisprudenza e dal Consiglio superiore dei LL.PP; • Competenza in campo di pianificazione urbanistica. Il D.P.R. 328 sembrerebbe attribuire ai soli architetti le competenze in materia di progettazione urbanistica mentre agli ingegneri, vedi art. 46 comma 1, competerebbe genericamente, “ la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto (...)” e ciò in contrasto non solo con un ripetuto orientamento della giurisprudenza ma, soprattutto, con una riconosciuta capacità professionale degli ingegneri in tale campo; • Interventi tecnici nelle opere civili che presentano rilevante carattere architettonico. Il D.P.R. 328, in contrasto con quanto affermato all’art. 1 comma 2 prima citato, sembra non considerare, in quanto non la richiama, la competenza, a mio avviso indiscutibile, degli ingegneri in tale campo: tale competenza sembrerebbe invece at t ribuit a agli archit et t i come richiamato al comma 4 dell’art. 16; • Impiantistica a servizio delle opere di ingegneria civile ed edile. Dalla lettura dell’art 46 comma 1 si evidenzia una incredibile lacuna e cioè la non citata (o almeno la non chiaramente citata) competenza degli ingegneri nel campo sopra richiamato.

Altra grave incongruenza è la possibilità di iscriversi allo stesso albo a laureati con percorsi formativi scientifici alquanto diversificati; è questo il caso, ad esempio, per cui è ammessa ai laureati in informatica l’iscrizione all’albo degli ingegneri e l’iscrizione all’albo degli agronomi degli ingegneri della classe 38/S, “ ingegneri per l’ambiente e il territorio” . Altro esempio emblematico di confusione e di difformità di trattamento è l’art. 55. Tra le altre cose tale articolo, al comma 1, prevede che “ agli esami di Stato per le professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale (...) si accede con la laurea comprensiva di un tirocinio di sei mesi” . Lo stesso articolo prevede anche, al comma 3, che “ possono altresì, accedere agli esami di Stato per le predette professioni” i diplomati che “ abbiano frequentato, con esito positivo, corsi di istruzione e formazione (...) della durata di quattro semestri, comprensivi di tirocinio non inferiore a sei mesi” . In tal modo si stabilisce una inaccettabile difformità di trattamento tra laureati e diplomati, privi, questi ultimi, di preparazione universitaria. Si potrebbero citare altre anomalie o contraddizioni ma rinuncio per ragioni di spazio, voglio solo ricordare l’annoso problema, con relativo vasto contenzioso, riguardante la contrapposizione tra laureati, ingegneri e archit et t i, e geomet ri in relazione alla competenza di questi ultimi per le “ modeste costruzioni civili” ; ora il D.P.R. 328 ha aggiunto confusione a confusione, prevedendo, per gli ingegneri iscritti alla sezione B settore “ ingegneria civile e ambientale” , la competenza per le “ costruzioni civili semplici” . Concludo ribadendo quanto richiesto durante il congresso di Ragusa e cioè, la necessità, quanto meno, di una radicale revisione e modifica del D.P.R. 328. Gianfranco Agnoletto Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano

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Contraddizioni e discrepanze del D.P.R. 328. Gli ingegneri particolarmente penalizzati


La riforma - L’incontro di Belgirate “D.P.R. 328/2001 - accesso alla professione” Belgirate, 24 novembre 2001 Coordinatore Riccardo Bedrone Alla sessione di lavoro hanno partecipato i rappresentanti degli Ordini di Alessandria, Aosta, Biella, Bergamo, Genova, Imperia, Lecco, Lodi, Novara, Sondrio, Savona, Torino, Varese, Vercelli e il Consigliere Nazionale Massimo Gallione. Le considerazioni seguenti costituiscono altrettanti spunti per la sessione plenaria del seminario e per eventuali successive elaborazioni.

Sul nuovo Esame di Stato Ci vuole un’attivazione immediata degli Ordini per l’individuazione dei commissari da nominare per gli esami di Stato che passano da 24 (4 x 3 x 2), comprendendo i membri effettivi e i supplenti, a 144 (4 x 3 x 2 x 6). È impossibile metterne assieme tanti. Bisogna perciò rivedere la composizione delle Commissioni (per esempio non imponendo di nominare i supplenti, ma consentendo di pescarli

La tabella e il testo che seguono sono stati compilati facendo riferimento al documento elaborato da Luigi Mirizzi dal titolo Considerazioni sul D.P.R. 5 Giugno 2001 n. 328: “ Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’Esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi Ordinamenti” , scritto in occasione dell’Assemblea dei Presidenti degli Ordini degli Architetti tenutasi a Roma il 4 ottobre 2001. ” L’albo viene diviso in due sezioni (A e B) in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo universitario e corrispondono a circoscritte e individuate attività professionali. A entrambe le sezioni si accede dopo

aver sostenuto l’esame di Stato, rispettivamente con il titolo di laurea specialistica per la sezione A e con il titolo di laurea per la sezione B. (…) Gli ambiti di competenza professionali per gli iscritti nei settori degli Albi sono specificati dall’art.16 del Decreto. In particolare le attività previste sono le seguenti: • nella sezione A - settore “ architettura” : le attività già stabilite dalle disposizioni vigenti nazionali ed europee per la professione di architetto ed in particolare quelle che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali; • nella sezione A - settore “ pianificazione territoriale” : la pianificazione del territorio, del paesaggio, dell’ambiente e delle città; lo svolgimento e il coordinamento di analisi complesse e specia-

listiche delle strutture urbane, territoriali, paesaggistiche e ambientali, il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali; strategie, politiche e progetti di trasformazione urbana e territoriale; • nella sezione A - settore “ paesaggistica” : la progettazione e la direzione relative a giardini e parchi; la redazione di piani paesistici; il restauro di parchi e giardini storici, contemplati dalla legge 20 giugno 1909, n. 364, a esclusione delle loro componenti edilizie; • nella sezione A - settore “ conservazione dei beni architettonici ed ambientali” : la diagnosi dei processi di degrado e dissesto dei beni architettonici e ambientali e la individuazione degli interventi e delle tecniche mirati alla lo-

SEZIONE A

Sull’applicazione del DPR 328/01 e sulla richiesta di modifiche Il CNA e, di conseguenza, gli Ordini sono in ritardo per colpa di un provvedimento che è calato sulla testa di tutti senza preavviso, e con validità immediata (dal 1° settembre). Non c’è stato neanche il tempo di riflettere sulle sue conseguenze immediate e future. Il CNA deve intervenire subito alla Conferenza dei Presidi per concordare con l’Università quelle misure urgenti necessarie ad affrontare i provvedimenti che il DPRimpone di prendere a partire dal prossimo anno. Nel frattempo, occorre rimediare alle incongruenze e alle lacune più vistose. In primo luogo, dare una descrizione coerente e ragionevole delle competenze, in analogia con quanto è stato previsto per gli ingegneri.

Sull’introduzione del tirocinio Per il tirocinio, occorre specificare che non deve essere inteso unicamente come esperienza pratica da svolgersi presso un libero professionista, bensì come un’esperienza professionale generale che si può maturare presso chiunque svolga attività di progettazione, in proprio o in strutture più ampie pubbliche o private. Non si possono introdurre criteri di selezione dei soggetti che ospiteranno i tirocinanti: non si vogliono, in sostanza, elenchi discriminanti tra “ buoni” e “ cattivi” ; è invece ragionevole la richiesta che i tutors abbiano un’anzianità di iscrizione all’albo di almeno 5 anni. Il tirocinio universitario (previsto dai piani di studi con una specifica valutazione in crediti) deve essere almeno parzialmente coincidente con quello professionale, che si fa dopo la laurea per evitare la prova pratica dell’Esame di stato. Anche quello svolto prima della laurea dovrà essere conven-

SEZIONE B

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Molti ricorsi presentati per l’annullamento del decreto si basano proprio sulla confusione che si è venuta determinando a seguito della sua entrata in vigore. Occorrono poi, quanto meno, una risoluzione del Parlamento che distingua tra attività riservate e professioni protette e un provvedimento, che il Parlamento valuterà se necessario, per riportare tra le competenze dello Stato i lavori pubblici e le professioni, in modo da evitare di portare alle estreme conseguenze il regionalismo. Sulle nuove figure professionali, si impone una più chiara delimitazione delle competenze dei conservatori, ma se questo dovesse portare ad attribuire loro facoltà progettuali riconosciute, è meglio abrogarne il profilo formativo e farli rientrare tra gli architetti con formazione conforme alla direttiva 85/384 CEE.

dalle stesse terne degli effettivi). Per invogliare i dipendenti pubblici a far parte delle Commissioni, occorre dare assicurazioni (con opportune circolari dei ministeri competenti) che la qualifica di commissari consentirà loro di usufruire di permessi retribuiti durante lo svolgimento degli esami e la valutazione delle prove. Per professionisti occorrerà dare compensi decorosi e commisurati al valore reale del tempo impegnato, con assegnazione di risorse eventualmente derivanti anche dall’aumento della tassa di iscrizione agli esami di Stato.

zionato e assoggettato ai controlli e presentare conformità alle indicazioni degli Ordini. Nel suo complesso, vanno bene 800 ore tirocinio, riconoscendo quello pre-laurea per una quota anche significativa. La verifica degli Ordini su registro del tirocinante non potrà essere che formale, la verifica reale del tirocinio (che, escludendo la prova pratica, richiede comunque un sostanziale accertamento di ciò che si è fatto durante il tirocinio) sarà effettuata dai Commissari, mediante la prova scritta dell’Esame di Stato. Occorre comunque domandarsi quali saranno gli Ordini (probabilmente solo quelli grandi) che saranno in grado di controllare i registri dei tirocinanti ma soprattutto seguire l’evoluzione dei tanti e prevedibilmente molto differenziai percorsi di tirocinio. Il tirocinio, per diffondersi, non potrà che essere considerato un’esperienza formativa senza stipendio, assistita unicamente da assicurazione obbligatoria contro malattie e infortuni, tuttavia le retribuzioni potranno essere oggetto di libera contrattazione. L’assicurazione obbligatoria potrebbe opportunamente essere posta a carico delle Regioni, utilizzando il Fondo sociale, attraverso apposita intesa Stato-Regioni. Non si deve trascurare infine di specificare, semmai modificando opportunamente il Regolamento degli esami di Stato, come deve essere condotta la prova pratica, che sostituirà in modo sostanziale l’attuale ex tempore di otto ore. Riccardo Bedrone Presidente Ordine Architetti di Torino ro conservazione; • nella sezione B– settore “ architettura” : collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie, comprese le opere pubbliche; progettazione, direzione dei lavori, vigilanza, misura, contabilità e liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate; i rilievi diretti e strumentali sull’edilizia attuale e storica; • nella sezione B– settore “ pianificazione” : collaborazione alle attività di pianificazione; costruzione e gestione di sistemi informativi per l’analisi e la gestione della città e del territorio; analisi, monitoraggio e valutazione territoriale ed ambientale; procedure di gestione e di valutazione di atti di pianificazione territoriale e relativi programmi complessi.”

SETTORE ARCHITETTURA

TITOLO architetto

LAUREA SPECIALISTICA IN classe 4/S – Architettura e ingegneria edile, corso di laurea corrispondente alla direttiva 85/384

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

pianificatore territoriale

classe 4/S – Architettura e ingegneria edile, corso di laurea corrispondente alla direttiva 85/384 classe 54/S – Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale;

PAESAGGISTICA

paesaggista

classe 4/S – Architettura e ingegneria edile, corso di laurea corrispondente alla direttiva 85/384 classe 3/S – Architettura del paesaggio classe 82/S – Scienze e tecnologie per l’ambiente e il territorio

CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI E AMBIENTALI

conservatore dei beni architettonici e ambientali

classe 4/S – Architettura e ingegneria edile, corso di laurea corrispondente alla direttiva 85/384 classe 10/S – Conservazione dei beni architettonici e ambientali

SETTORE ARCHITETTURA

TITOLO architetto iunior

LAUREA IN classe 4 – Scienza del’architettura e dell’ingegneria edile classe 8 – Ingegneria civile e ambientale

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

pianificatore iunior

classe 7 – Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale classe 27 – Scienze e tecnologie per l’ambiente e la natura


Como e la sua Architettura Moderna Nel maggio 1989 avevo chiesto a Enrico Mantero di scrivere una introduzione ad un mio libro sulle architetture moderne del lago di Como. Il libro non è mai uscito per questioni editoriali, e molto probabilmente non uscirà mai. Pubblicare su “ AL” questo scritto inedito di Enrico Mantero, recentemente scomparso, è forse uno dei modi possibili per ricordarlo. Luigi Spinelli 1926-1986, sessant’anni di progetti e realizzazioni con il contributo di, almeno, tre generazioni a partire da quella “ politecnica” dell’inizio del secolo a quella “ mitica” degli anni ‘20 e ‘30, fino a quella di continuità rintracciabile nelle opere che vanno dalla “ ricostruzione” a tutti gli anni ‘80. A qualcuno potrà, quest’ultima tappa, sembrare un po’ lunga, una tappa da grandi campioni: “ tre colli in un sol giorno!” ma è così, così è stato per chi l’ha vissuta con consapevolezza. Infatti quest’ultima generazione sta nell’eredità di Persico e di Pagano, nel permanere del “ mito” della figura di Terragni (1). L’attività di Albini, dei BBPR, di Bottoni sia nell’eseguire opere che nella critica, che nel “ dibattito” urbanistico, hanno dato spirito e mordente oltre che passione a tutta la generazione che li ha seguiti. Infine le lauree a cavallo degli anni ‘60 hanno rimesso in gioco il senso della “ ricerca” della vera “ libertà” disciplinare e via via, direttamente fino ai traguardi rifondativi degli anni a cavallo del ‘70. Comunque sia, questo è il quadro che esce da una prima ricognizione negli archivi, nei progetti quindi, nella città, infine. Nella città e nel suo contesto geografico e culturale. Dopo questa premessa di fondo vediamo il succedersi delle esperienze. La “ città del razionalismo italiano” (2) è in Como, in Lecco, lungo il loro lago

e le loro campagne. È una realtà palpabile oltre che un archivio vivente. La città del razionalismo inizia la sua vita con una Prima Stagione: quella “ MITICA” che contende con il forte permanere dell’eclettismo, espressione colta, della generazione “ politecnica” e contende su di un altro versante con gli “ adescamenti” del Futurismo, espressione tutto sommato di grande ingenuità rivoluzionaria, e che, infine guarda con aspirazione a quanto nel Centro Europa si andava facendo su orizzonti concretamente impegnati. Mi riferisco alle esperienze della costruzione della città in Germania ed in Olanda e alla grande esperienza del Bauhaus. Gli artisti di questa prima stagione provengono da diverse formazioni e tendono pur con vocazioni diversissime ad una condizione “ di gruppo” . Lingeri con una tradizione di decoratore e stuccatore alle spalle, vero maestro comacino, Mantero che lascia l’Accademia di Brera per il fronte nel 1915 e ritornando conclude una laurea in Ingegneria civile, Terragni uno fra i primi che si laurea nella novella Facoltà, con alle spalle la tradizione familiare dell’ing. Giuseppe Catelli ed infine, il più giovane, Cattaneo che da subito apre le riflessioni su quella che alla fine degli anni ‘30 rappresenterà la “ linea dura” (3) del razionalismo lombardo. A Lecco, le figure di Fiocchi e Cereghini riassumono un analogo iter culturale. Detto questo non sarebbe corretto parlare di ricerca di una egemonia o comunque di una prevalenza nel rapporto con le linee culturali preesistenti. Gli artefici di questa prima stagione conducono con sfasature, talvolta con ambiguità un’unica ed originale ricerca costruendo e consegnandoci il primo gioiello nel quadro più ampio del Movimento Moderno e cioè il Novecento, nato senz’altro dalla presenza nei loro studi di due fondamentali testate: Moderne Bauformen e La Bella Casa di Matteo Marangoni.

Como e Lecco, accogliendo il “ Novecento” e il “ Razionalismo” in modi autentici e originali, saranno i luoghi della diacronia rispetto a quanto, negli anni ‘20 succedeva in Italia come asservimento appunto sincronico alle ideologie e agli stilemi della dittatura fascista. Basti pensare al riferimento secessionista di opere come i magazzini Mantovani a Como di Mantero e dell’asilo di Belledo di Fiocchi, così come la ristrutturazione dell’Albergo Suisse di Terragni e della Palazzina in Lecco di Cereghini. Si individuano, anche negli aspetti dell’espressione, le differenze tra architettura della cultura ufficiale e le sue fittizie categorie e, architettura, così come autenticamente si andava realizzando. Tuttavia fondamentale è stato per loro il riferimento ai “ movimenti” contemporanei e ciò, il fatto di abbracciarne più o meno consapevolmente le linee teoriche, li ha fatti “ incontrare” con gli altri grandi personaggi della scena del razionalismo italiano. Infatti almeno tre vie sono tracciate: quella post-secessionista che lega a Loos un De Finetti come un Mantero e un Fiocchi, quella espressionista che lega a Taut un Ponti come un Lingeri e infine quella del razionalismo più ortodosso che lega a Duiker un Michelucci, un Terragni come un Cattaneo. In una Europa da leggenda dentro un dramma politico ormai configurato alla conclusione di questa fase mitica era cosciente nei nostri artisti il valore del “ pragmatismo” olandese, del “ didattismo” del Bauhaus così come la “ strada della coscienza” dell’opera lecorbuseriana. I grandi avvenimenti, le tappe, della loro formazione possono essere individuati a partire dal Werkbund di Colonia del 1914 dove con Van De Velde, F. Schumaker, Taut e Gropius viene “ rifondata” la vena storica del razionalismo. E, ancora a Monza nel ‘27 così come a Stoccarda sempre nel ‘27 con Figini e Pollini, Le Corbusier, Mies, vengono fondate le basi del Movimento Moderno, ed infine con la Triennale del 1933 viene costruito il “ sogno” dell’internazionalismo. Ci si avvia alla Seconda Stagione, quella che

E. Mantero (con G. Mantero), Scuola media “ G. Marconi” ad Albate, 1972 (foto: B. Mezzanotte).

abbandona di fatto ogni suggestione novecentista per affrontare il Grande confronto con l’Epopea del Movimento Moderno. Dal 1931 al 1938-39 Como realizza tutte le attrezzature sportive e ricettive sul fronte lago e Terragni, in attuazione del P.R.G. dei 1934, progetta con Sartoris sia il quartiere operaio di Como Sud, ampio ed unitario nel suo dialogo dimensionale con la Città Murata, che le articolazioni del centro storico, con la sede della Casa del Fascio e le proposte di ristrutturazione del quartiere della Cortesella. Sarà così che una radicata cultura locale ha garantito una seria elaborazione della nuova monumentalità - si badi, non cerimonialità - a fronte dell’ideologia della città corporativa che il Fascismo andava imponendo. Le categorie convenzionali entro le quali si opera la costruzione della città corporativa sono, ad esempio, quella di “ Centro urbano” e relative destinazioni d’uso, accompagnata da quella di “ restauro stilistico” e relative operazioni di sventramento, quella di “ Quartiere operaio” e relativi contrabbandi culturali come il “ viver nel verde” ecc. Considerando l’effetto reale che sulla città ebbero queste categorie, distingueremo tra ideologie astratte, ossequenti pertanto ad un comportamento generalizzato della città e della architettura, e ideologie pratiche, tese a dirimere una linea moderna. Vedremo emergere un’idea di città a volte alternativa alla città borghese, con tutti i caratteri del tipo razionalista come è il caso del quartiere Como Sud e, a volte, di conferma della città storica, con tutti i caratteri di rappresentatività della stessa fortemente mediati da una visione tutta interna alla poetica architettonica come è il caso del Novocomum. Ma se è lecito parlare di alternative o di conferme della città storica attraverso i diversi comportamenti della tipologia abitativa, forse è più complesso l’approccio a opere che testimoniano le due anime della città media della Lombardia, e tra esse Como. Da un lato l’anima “ secondario-produttiva” e i relativi salti qualitativi che a partire dallo Stato post-unitario sono avvenuti, dall’altro quella “ terziario-speculativa” e i relativi usi deteriori offerti al futuro, come è avvenuto nel secondo dopoguerra. Tuttavia, prima di affrontare o quantomeno inquadrare la questione del dopoguerra è imprescindibile costruire un punto di vista su quello che possiamo chiamare il “ Secondo razionalismo” , quel momento nel quale a cavallo degli anni ‘40 si è costruita la via italiana del Movimento Moderno e quindi il “ realismo” , che aprirà il capitolo della terza stagione, quella di “ Continuità” , quella della terza generazione. Vediamo allora di collocare le radici di questa terza generazione, dichiarandomi, con gli altri protagonisti, in prima persona. Partendo dai “ materiali” degli anni ‘40, frammenti di una cultura barbaramente distrutta, si può ricostruire un percorso a ritroso, con le spalle sempre appoggiate “ all’epopea” del Movimento Moderno per scoprire quanto, del secondo razionalismo, aveva prodotto “ continuità” e con-

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Argomenti

A cura della Redazione


sapevolezza fino agli anni ‘50 e ’60 per l’Architettura. (4) Allora, ricercando tra i “ Frammenti” del Razionalismo italiano, tra quelle opere che, nel travaglio democratico non erano del tutto emerse, si può vedere come erano alcune di quelle gli ultimi messaggi, altre l’anticipazione, la passione per una nuova architettura. Vorrei elencarle tutte per come sono e non, per ruoli a loro attribuiti, nel clima del neorealismo: sarebbe troppo che in un afflato “ cinematico” l’Architettura seguisse di pari passo le arti sorelle nella loro, “ fatalmente” diversa, strumentazione.

dere con lui le sue opere. In quegli anni, in Facoltà, eravamo pochi e la tenzone tra noi - non la tendenza - era riferita ad un “ arduo correlare” le architetture realizzate o progettate da Le Corbusier, Aalto, Wright, con le opere, in Lombardia e in Italia di Ridolfi, Albini, nella riflessione sulla “ questione contestuale” , il tema stimolante delle “ preesistenze ambientali” che l’Ernesto aveva lucidamente posto alla nostra cultura. Comunque, un ritornare alle “ sacre sponde” di un’etnia dalla quale non si può prescindere. Ed è stato così che, nel travaglio, nella fatale attrazione

dall’insegnamento di un Perret. La destinazione funzionale, è bene dirlo, era per noi allora abbastanza indifferente. Diventerà invece decisiva alla fine degli anni ‘60 in quanto assunta come “ contenuto” discriminante altri. Molti di noi si batterono per progettare scuole o quartieri, talvolta rifiutando altri incarichi. Molti di noi tentarono di mettere in atto un “ credo” che Giuseppe Samonà ci trasmetteva con la visione di “ unità tra urbanistica e architettura” . Cosa voleva dire ciò? Senza dubbio fondare i caratteri funzionali del progetto sul divenire e sulle “ politiche”

mento nella Facoltà con esperienze non solo teoriche, in sede di Laurea, che riflettono la ricerca di questi “ nuovi orizzonti” . (5) La partecipazione ai grandi concorsi nazionali e regionali è significativa, se vogliamo discrimina un po’ nel grosso del lavoro professionale. L’occasione dei concorsi - poche furono le realizzazioni - è come sempre il momento riflessivo e anche l’occasione per restituire in linguaggio architettonico l’ammassarsi di contenuti. Per quanto attiene alla produzione nel contesto comasco si possono ricordare la Biblioteca, la Sede del Setifi-

Argomenti

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E. Mantero (con A. Bosetti), Casa di riposo “ Ca’ d’Industria” a Rebbio, 1975 (foto: B. Mezzanotte).

E. Mantero (con S. Cavalleri e G. Medri), Scuola elementare e media a Tavernerio, 1979 (foto: B. Mezzanotte).

Il “ secondo razionalismo” , quello della Seconda Stagione, è fondamentale perché corrisponde ad una profonda riflessione di tutti coloro che, dopo avere costruito il “ primo” , procedono, restituendo attraverso tanti frammenti e con nuovi orizzonti, un punto di vista maturo ed autonomo nei riguardi della città. A cosa mi riferisco? Almeno a due questioni quali l’approfondimento teorico, ed il cimentarsi sull’operativo. Segni, questi, di un sentire nuove e mutate condizioni per l’arte. Ad esempio, dalla Casa per la famiglia Cristiana a Torrevecchia Pia, così come dalla Milano orizzontale al Piano AR, ma anche, infine, dal Piano di Ristrutturazione della Cortesella a Como, alle fulgide opere della Ricostruzione olandese. La generazione di “ Continuità” si fonda su queste opere e a partire dagli anni ‘50 si forma leggendo “ Casabella-Continuità” diretta da Ernesto N. Rogers e seguendo le sue lezioni in Facoltà. Leggere “ Casabella” voleva dire per noi, ancora in formazione, cercare di intrecciare la nostra cultura, uscita dal neorealismo, con la cultura centro e nord europea: le opere di Aalto, Siren ed altri che, de visu mi avevano incantato così come la mia visita a Roma nel ‘58 per conoscere Ridolfi e ve-

della gestione territoriale. Si parlava allora di “ sistemi funzionali” , quell’insieme di correlazioni tra le funzioni contro il separatismo delle stesse che individuavamo come un tentativo neoborghese di bloccare il progresso urbano in generale. Le nostre architetture di quegli anni riflettono questa tensione e restituiscono anche le scelte di linguaggio che andavamo a fare. L’uso del cemento armato a vista era contemporaneamente una scelta tecnica ed espressiva di certa “ povertà” e di certa “ forza” che volevamo avessero i progetti. Così per tutti gli anni ‘70 in un clima politicamente ostile alle nostre idee sullo sviluppo della città e delle sue funzioni più espressive. Espressive, pensavamo, del suo livello civile, essenziale come i caratteri razionali della polisgreca. Un grande sforzo fu fatto nella logica di correlare, in termini di qualità e localizzazione, i diversi sistemi funzionali tra loro. Ad esempio quello della produzione a quello della scuola. Le tracce si trovano in molte opere di edilizia pubblica: le scuole sopra tutte e i lavori di ricerca urbanistica sui pesi insediativi delle funzioni produttive in correlazione con gli spostamenti della popolazione. Bisogna ricordare che la base di questo processo si fonda sull’insegna-

tra architetture mitteleuropee e “ problematiche” italiane è stato fondamentale intrecciare problemi di storia europea con la storia locale, uscendo dal provincialismo, cioè a dire ricostruendo consapevolmente le vocazioni, le capacità, le autonomie delle diverse culture. In sostanza ci siamo formati studiando la ricerca contenuta nelle opere degli architetti italiani degli anni ‘50, ricerca che per loro era l’affermarsi di un’autonomia e di una specificità di linguaggio in “ continuità” con le loro opere giovanili dei primi anni ‘40. Dalla questione delle “ preesistenze” nacque, oltre al fondamento del rapporto tra “ storia e progetto,” uno specifico dibattito di carattere stilistico che andò sotto il termine di “ neoliberty” . Questo termine ed il risultato espressivo di molte architetture di quegli anni stava a significare un ritorno meditato a quella fase dell’eclettismo che aveva in modo originale creato il carattere di “ contesto” dell’architettura comasca. Ci sforzammo tutti di dibattere e progettare in questo clima, quello in sostanza degli ultimi due CIAM. Neoliberty e anche “ tecniche particolari” che non sono solo quelle del mattone e della decorazione ma anche quelle delle grandi lastre di facciata connesse alla struttura così come deriva

E. Mantero (con M. Noseda), Scuola media e biblioteca a Lipomo, 1982-84 (foto: B. Mezzanotte).

cio, il Tribunale, opere che a fianco di interventi di Edilizia popolare, scuole, insediamenti privati riassumono in modo chiaro tutta l’esperienza di questa terza fase. Enrico Mantero Note 1. Dopo la fase mitica delle pubblicazioni sul Movimento razionalista in Italia con il lavoro di Giulia Veronesi e la fase d’approfondimento con i lavori di Enrico Mantero, Cesare De Seta e il dibattito voluto da Bruno Zevi a Como nell’occasione del Convegno alla Villa dell’Olmo, dedicato a Terragni, il “ corpo” del razionalismo italiano è stato smembrato da interventi e studi atti più a separare le opere che non a legarle tra loro nell’iter dell’esperienza culturale e progettuale. La moda delle monografie per opere singole è da un lato un limite culturale, da un altro un abuso a scavare, parlando di quel che si trova, in una artificiosa archeologia. 2. cfr. Enrico Mantero, Giuseppe Terragni e la città del Razionalismo Italiano, Dedalo, Bari, 1969. 3. Vedasi la trattazione contenuta nella rivista catalana “ 2c” , n. 22 dell’aprile 1985. 4. cfr. Enrico Mantero, Il Razionalismo Italiano, Zanichelli, 1985. 5. Volevo ricordare che in continuità con l’insegnamento di Ernesto Rogers, dal 1964, con Guido Canella ed altri, un poderoso lavoro di produzione progettuale su contesti e temi della città reale mi ha visto impegnato a formare quasi tutti i più giovani architetti comaschi.


Dalla sede di un club privato al grattacielo in piazza Cavour La prima spinta alla costruzione di un Centro Svizzero venne dalla colonia svizzera di Milano. Sotto le bombe degli alleati, alla fine della seconda guerra mondiale, la Società Svizzera aveva perso la sua sede in via Disciplini. Il Comune di Milano propose alla Società l’acquisto di un terreno di 3000 mq in piazza Cavour, a condizione che se ne utilizzasse tutta la superficie. Piazza Cavour giocava un ruolo di primaria importanza nei piani per la ricostruzione di Milano poiché lo sviluppo del nuovo centro direzionale era previsto sull’asse che va dal Duomo alla Stazione Centrale. In piazza Cavour doveva perciò sorgere un grande complesso multifunzionale, che, in quanto punto di attrazione culturale, rivalutasse l’insieme del quartiere. Gli urbanisti milanesi sottoposero la vendita anche alla condizione che il futuro edificio fosse architettonicamente moderno e costruito con l’impiego delle più recenti tecnologie. I primi studi progettuali vennero perciò portati avanti in costante dialogo con la Commissione Urbanistica sotto la supervisione di Piero Bottoni che, essendo membro dei CIAM, si faceva interprete delle idee urbanistiche più avanzate. Come Bottoni aveva previsto in un complesso situato in corso Buenos Aires che doveva servire da prototipo, anche il volume del Centro Svizzero doveva essere realizzato articolando tra loro un edificio alto e un corpo basso. I primi studi progettuali Nella primavera del 1947 vennero invitati a un concorso ristretto l’architetto svizzero Armin Meili e l’architetto milanese Giovanni Romano. Sulla base di numerosi studi preliminari furono discusse molte varianti con soluzioni che andavano dall’isolato a corte tradizionale fino alla struttura aperta con grattacielo, secondo i concetti urbanistici dei CIAM. Le autorità milanesi presero chiaramente posizione per la variante con la torre, nella quale il volume da costruire doveva essere ripartito in un grattacielo di venti piani e in un corpo basso di sei. Armin Meili e Giovanni Romano consegnarono entrambi progetti corrispondenti alle nuove norme volumetriche. La differenza consisteva soprattutto nel posizionamento della torre: ortogonale all’edificio basso per Meili, parallela a via Manzoni, ossia all’asse in direzione del Duomo, nel progetto di Romano. Diverso era anche il linguaggio formale dei due architetti. Nella proposta di Romano è chiaramente riconoscibile l’influsso del razionalismo italiano, le fonti di Meili sono piuttosto da ricercare nell’interpretazione elvetica del movimento moderno, resa popolare nell’architettura dell’Esposizione Svizzera del 1939. Finanziamento e retroscena politico Il progetto di grande respiro del grattacielo di piazza Cavour superava di gran lunga, anche dal punto di vi-

sta finanziario, i limiti che la colonia svizzera di Milano si era originariamente immaginata. Nell’estate del 1947 la Società Svizzera si rivolse perciò con una concreta richiesta di finanziamento alla Confederazione, che si mostrò subito disponibile a un grosso impegno finanziario nella città di Milano.Ancor prima che avesse luogo a Parigi, nell’estate del 1947, la prima conferenza per il piano Marshall, Italia e Svizzera si accordarono affinché le somme dovute dall’Italia alla Svizzera, che a causa delle disposizioni americane non potevano essere rimborsate, restassero in Italia e venissero investite direttamente nella costruzione del Centro Svizzero, al quale fu quindi attribuito lo status di costruzione federale. Meili venne scelto come progettista e, con pari retribuzione, fu affidata a Romano la direzione dei lavori. Elaborazione del progetto (194849) Nel febbraio 1948 il Comune di Milano prese a partecipare attivamente all’elaborazione del progetto. Gli urbanisti della cerchia di Piero Bottoni erano interessati soprattutto al grattacielo e volevano portarlo avanti, direttamente sulla piazza. La Società Svizzera da parte sua non era entusiasta dell’idea, poiché, in questo caso, la “ casa svizzera” sarebbe finita in fondo a tutto il complesso. Infine fu trovato un accordo: il corpo basso con i locali del Circolo sarebbe stato orientato verso la piazza, mentre la torre sarebbe stata posizionata come volume separato parallelamente a via Manzoni, ossia all’asse verso il centro storico. Il Centro Svizzero veniva messo così, urbanisticamente, in relazione con il Duomo. La Madonnina segnava anche il limite di altezza che il Centro Svizzero, il primo grattacielo di Milano, non poteva superare. Oltre alla relazione con il Duomo, c’era anche l’intenzione, seppur velata, di creare un contrappunto all’edificio più vicino: il possente Palazzo del Popolo d’Italia di Giovanni Muzio non solo dominava la piazza, ma, costruito in epoca fascista, era diventato tabù alla fine degli anni ‘40. Fotografie del plastico del progetto del 1948 mostrano una torre di 80m con un curioso cappello costituito da una serra completamente vetrata con il tetto molto sporgente. Logge e balconi occupavano tutta la larghezza della facciata e i loro parapetti, elaborati quasi come stoffe, conferivano al grattacielo una nota decorativa. Il progetto definitivo (1949-50) Nell’aprile 1949 fu presentata la richiesta di concessione edilizia. Salta all’occhio il radicale cambiamento di linguaggio formale del progetto definitivo. Il complesso edilizio è trattato come composizione di puri volumi e il vocabolario formale è stato molto ridotto. Il grattacielo è un prisma slanciato con le strette facciate laterali completamente cieche, mentre i fronti larghi sono attraversati da lunghe e regolari finestre a nastro. Negli ultimi piani della torre la facciata in muratura diventa di

vetro completamente apribile. Con l’eliminazione dei balconi decorativi e del cappello di vetro l’edificio ha acquistato, in accordo con la sua funzione, il carattere essenziale di un edificio commerciale dell’International Style. Di fronte il corpo basso si differenzia chiaramente in quanto sede della Società Svizzera. Le grandi finestre su piazza Cavour segnalano la Sala delle feste a doppia altezza dell’associazione. Il cantiere (1949-1952) L’inizio dei lavori avvenne nel luglio 1949. La direzione lavori fu affidata all’arch. Giovanni Romano e le opere di ingegneria agli ingegneri Locatelli e Weisz. Con poche eccezioni i lavori furono appaltati a ditte italiane. Per le opere edili venne scelta l’impresa Gadola, di tradizione centenaria e famosa tra gli architetti milanesi per la sua dimestichezza con le tecnologie più avanzate. Alcuni appalti furono attribuiti a ditte svizzere: Schindler per gli ascensori, Sulzer per gli impianti di riscaldamento e di ventilazione, Koller e Gauger per le finestre di alluminio, e Griesser per le tende. Particolare attenzione fu rivolta alle opere di fondazione, con trivellazioni di assaggio, in cui un buco profondo 100 m venne poi trasformato in raccoglitore autonomo delle acque di falda. A causa delle precarie condizioni di approvvigionamento in una città pesantemente colpita dalla guerra, sembrò ragionevole concepire il Centro Svizzero come entità totalmente autonoma, sia per l’energia elettrica che per l’acqua potabile. Il nuovo Centro Svizzero Il 29 settembre 1951 venne inaugurato il corpo basso e il 17 maggio 1952 il grat-

tacielo. All’apertura il nuovo centro si presentava come un edificio ad uso terziario urbanisticamente e tecnologicamente all’avanguardia. Oltre alla Società Svizzera e a vari inquilini privati ne trovarono sede le principali istituzioni Svizzere a Milano, come il Consolato Generale, Svizzera Turismo, le Ferrovie Federali e la Camera di Commercio. Nell’espressione architettonica raggiungeva alti standard qualitativi; i materiali di finitura utilizzati (marmo, travertino, granito, acero) comunicavano un’eleganza metropolitana, come non si trovava negli edifici svizzeri contemporanei. A sottolineare l’unità architettonica dell’insieme i progettisti avevano utilizzato lo stesso tipo di finestre in sottili profili di alluminio sia per il corpo basso che per la torre e lo stesso rivestimento di facciata in tesserine di marmo che copriva tutto l’insieme. Nell’arredo interno si evidenziavano le diverse funzioni. Meili, il Centro Svizzero e le conseguenze Con la costruzione del Centro Svizzero Armin Meili si guadagnò l’ammirazione dei colleghi svizzeri. Il ruolo sostenuto da Giovanni Romano e dagli architetti razionalisti passò invece sotto silenzio. Il che può spiegare la riservatezza degli architetti milanesi nei confronti del nuovo Centro Svizzero. Meili da parte sua realizzando questo complesso raggiunse diversi degli obiettivi che aveva perseguito da anni. Aveva cominciato presto ad occuparsi di pianificazione e dei problemi delle grandi città. Com’era successo a Milano, anche in Svizzera a metà degli anni ’50 si cominciò a dibattere la questione dei grattacieli. Legittimato dalla sua opera spettacolare Meili

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Argomenti

La costruzione del Centro Svizzero nella vicenda urbanistica milanese del dopoguerra


assunse quindi il ruolo di portavoce nel campo della costruzione di grattacieli. Enon si limitò alle proposte per le città svizzere: in uno schizzo del 1957 indicò come piazza Cavour poteva essere trasformata in un vero city center. A questo scopo non esitava a rimpiazzare il Palazzo del Popolo d’Italia, costruito da Giovanni Muzio negli anni ’30, con una seconda torre nello stile del Centro Svizzero.

Argomenti

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Le modifiche avvenute (1952–1996) All’interno del Centro Svizzero, su diversi piani, si sono continuamente succedute varie modifiche. La struttura portante a pilastri su modulo di 3,6m permette una grande flessibilità per le divisioni interne e, secondo le varie esigenze, gli spazi sono stati modificati direttamente dagli utilizzatori. Una prima fase di interventi generali ha riguardato l’eliminazione del ristorante al 19° e 20° piano della torre e di

seguito l’abolizione del “ Quickbar” al piano terreno. Un’altra fase di interventi importanti ebbe come oggetto il Centro Congressi, la Società Svizzera e il ristorante-bar al 3° e 4° piano del corpo basso (1992-96). La ristrutturazione, su progetto degli architetti ticinesi Campi e Pessina, doveva creare spazi flessibili e dare autonomia funzionale con accessi diretti ai vari locali. Gli stessi architetti realizzarono il nuovo Centro di Cultura al piano terreno della torre sfruttando il rapporto privilegiato dei locali con la corte d’ingresso. Oggi viene affrontato dagli architetti Broggi & Burckhardt, anche dal punto di vista architettonico, il problema dell’adeguamento dell’edificio alle nuove norme di sicurezza e quello della sistemazione di nuovi volumi tecnici, necessari all’impianto di climatizzazione. a cura di Roberto Gamba

Innovazioni tecnico strutturali per una nuova autostrada padana Tra Milano, Bergamo e Brescia il traffico è tra i più intensi d’Europa e l’autostrada A4 esistente si dimostra insuffciente a sopport arlo. Per migliorare la sit uazione sono allo st udio t re ipot esi: l’ ampliament o f ino a quattro corsie dei percorsi esistenti; una nuova autostrada a nord dell’attuale, da costruirsi in gran parte in galleria; un raccordo a sud, di 61 km, completamente nuovo, ricco di barriere ant irumore; andament o sinuoso e curve a ampio raggio, per garantire ai guidatori un buon livello di attenzione. Per quest ’ ult ima soluzione è stata costituita una società pubblico-privat a (Brebemi), a cui

partecipano le Camere di commercio e le Associazioni industriali, di alcuni capoluoghi locali, oltre a alcune concessionarie autostradali e banche. Questa dispone di strutture tecniche, che hanno messo a punto una serie di accorgimenti per l’attenuazione dell’impatto ambientale e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza, che qui presentiamo nelle loro linee di massima. L’originalità delle soluzioni e la composizione misteriosa dei gruppi di progettisti preposti incuriosiscono, per una conoscenza meno generica dei dettagli. Roberto Gamba

Schema impianti di percorso: tvc, rilevatore e dissolutore di nebbia, illuminazione, cavo telecomunicazioni d’emergenza.

Ponte fluviale tipo, a struttura centrale, con carreggiate ampliabili.

Concorso per il progetto di sovrappassi sull’Autostrada tra Bolzano e Pegognaga Nel tratto autostradale tra Bolzano e Pegognaga, nei prossimi anni si dovranno demolire e ricostruire dei sovrappassi di due lunghezze: 46,5 m e 56,5 m. La società Autostrada del Brennero ha indet t o nel 2000 un concorso per la progettazione delle due t ipologie e ha premiat o i primi cinque classif icat i, con due ex aequo, per ciascuna sezione. La Società ha ritenuto di promuovere quel concorso per stimolare i progettisti ad elaborare idee innovative da considerare al momento della proget t azione dei nuovi sovrappassi. L’obiettivo è stato quello di ricostruirli realizzandoli con soluzioni ingegneristiche ad altissimo livello e con forme archit et t oniche conciliant i con l’ ambiente nel quale dovranno trovare inserimento. La partecipazione al concorso è st at a riservat a a prof essionist i del set t ore laureat i singoli o associati e a società di ingegneria ed architettura residenti nei paesi della Comunità Europea. Ai partecipanti è stato chiesto di presentare una proposta di progetto per ognuno dei due tipi di sovrappasso composta da un modello in scala, dagli eleborati cartografici (modello con fotosimulazione con l’inseriment o dell’ aut ost rada piant e e sezioni - verif ica di massima della statica) e da relazioni (relazione illustrativa e scelta della costruzione - indicazione di massima del programma lavori - prevent ivo sommario). Sono state formulate due distinte graduatorie, sulla base dei seguenti elementi di valutazione: • Est et ica: l’ idea proget t uale doveva essere espressa in forma geomet rica convincent e, chiara e innovativa. I materiali di superficie dovevano essere di aspetto gradevole e la soluzione proposta conciliarsi con l’ambiente nel quale dovrà trovare inserimento; • Durabilità: il progetto doveva assicurare la possibilit à di cont rollo e ispezione a t ut t e le parti della struttura con la possibilità di facile rinnovo degli element i cost rut t ivi maggiormente sensibili, garantendo spese di manutenzione non eccessive; • Metodi, modalità e tempi di cost ruzione in rapport o alle esigenze del t raf f ico: il progetto doveva essere realizzato con mezzi tecnici oggi disponibili e l’esecuzione fatta in presenza di traffico con il minor disagio possibile per l’ u-

t enza; il sovrappasso doveva garantire sicurezza, comfort e stabilità in ordine di eventi d’ordine at mosf erico o di at t i di origine umana. Gli studi partecipanti sono stati 34 e gli elaborati presentati 56 - di cui 27 per il sovrappasso di 46,5 m e 29 per il sovrappasso di 56,5 m. I premi di merit o, in denaro, sono st at i riconosciut i ai primi cinque classificati, con due ex aequo, per ciascuna delle due graduatorie. Roberto Gamba

Nella pagina a fianco: • Sovrappasso di 46,5 metri: Primo classificato: Antonio Capsoni, Ruggero Venelli (Como) collaboratori: Cristina Ballerini, Cecilia Kramer Secondo classificato: COALPA Spa, Giovanni Pratali, Ferdinando Di Paola, Luca Formis; STUDIO TECNICO BRAY – FAVILLA, Rosario Bray e Claudio Favilla; Francesca de Vita; Federica Ferrari e Claudia Pigionanti (Genova) Terzo classificato: Günther Domenig e Robert Wendl, Stahlbau Pichler Bozen, (Graz) collaboratori: Dietmar Ott, Christian Halm, Bernhard Horn, Gerfried Ogris, Ralf Wanek, Birgit Sonvilla, Paul Ott • Sovrappasso di 56,5 metri Primo classificato: COALPA Spa, Ferdinando Di Paola; STUDIO TECNICO BRAY – FAVILLA, Rosario Bray e Claudio Favilla; Francesca de Vita; Federica Ferrari e Claudia Pigionanti (Genova) Secondo classificato: Peter Baumann, Anton Obholzer (Innsbruck) Terzo classificato: Günther Domenig e Robert Wendl (Graz) collaboratori: Dietmer Ott, Ralf Wanek, Gerfried Ogris, Paul Bitzan, Birgit Sonvilla, Dieter Leopold


46,5 METRI

56,5 METRI

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Argomenti

1° classificato

1° classificato

2° classificato

2° classificato

3° classificato

3° classificato


A cura di Roberto Gamba

Concorso per la riqualificazione di piazza Unita’ d’Italia e per la realizzazione di un nuovo parcheggio interrato a Vimercate

Concorsi

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L’Amministrazione Comunale di Vimercate, intende procedere alla riqualificazione di piazza Unità d’Italia, su cui affacciano il portone con torretta dell’antico Palazzo Trotti, ora sede comunale, la chiesa di Santo Stefano e un Santuario ricostruito nel XVII secolo; infine un nuovo parcheggio interrato. Ai Concorrenti è richiesta una proposta progettuale che permetta di riscattare piazza Unità d’Italia dall’attuale ruolo di servizio, eliminando l’attuale parcheggio in superficie. La piazza deve diventare un luogo con una propria identità e caratterizzazione, assolvendo ad un

uso multifunzionale in grado di recepire funzioni come: mercato, manifestazioni culturali, mostre, e più in generale deve migliorare la qualità della vita del centro storico e generare una nuova centralità, quale luogo aggregativo per la cittadinanza. I premi dei vincitori sono stati di lire 15.000.000, per il primo; lire 10.000.000 per il secondo; lire 5.000.000, per il terzo. La Giuria comprendeva Ivo Bianchi, Renato Ravasi, Lamberto Agostini, Enrico Brambilla, Michele Rossi, Mario Botta, Alberico Belgiojoso. Nel mese di ottobre 2001 il Comune ha organizzato una mostra degli elaborati di concorso.

1° classificato Massimo Negri, Stefano Armari, Giovanni Ripamonti, Massimo Tremolada

nascoste sotto la piazza; la trama strutturale del parcheggio interrato diviene la matrice geometrica visibile della pavimentazione; la discesa-risalita delle auto dal parcheggio, non è una rampa ripida, buia e nascosta, ma una fenditura ampia e luminosa, che incide l’invaso della piazza da nord a sud, mettendo in aperta relazione i due livelli. Il secondo tema è la ricomposizione degli episodi edilizi recenti con il piano della piazza, attraverso la creazione di una scena urbana

La proposta intende ricostituire un luogo urbano accogliente e spazialmente leggibile in modo unitario, attraverso lo sviluppo di due precisi percorsi tematici: il primo è la creazione di relazioni spaziali significative tra ambito delle auto e piazza, per dare all’accessibilità veicolare una legittimazione espressiva; le auto sono coperte ma non

come sequenza di piani (piano della piazza-fenditura-ombrelli-passeggio con filare di alberi). La pavimentazione della piazza ha una tessitura volutamente minuta, in sestini di cotto. Dodici “ ombrelloni” , macchine ludiche scandiscono il fronte ovest; alla sera si illuminano e si muovono con la brezza; sono lo strumento di risignificazione del luogo, attuando un rimando alla memoria collettiva delle tende del mercato e offrendo riparo come portico virtuale. A completamento della scena il filare di gelsi, che collaborano a completare il ritmo serrato della narrazione. Le relazioni trasversali tra l’invaso della piazza e lo spazio pubblico adiacente ad ovest, i collegamenti verticali con le autorimesse esistenti e il nuovo parcheggio sono

risolti con un manufatto quasi monolitico in serpentino, che riunisce in sé una passerella, una scala e un ascensore. Sul lato opposto fa da contrappunto a questo blocco, una quinta in serpentino che da un lato accoglie una seduta e dall’altro nasconde le rampe d’accesso. La chiesa appare quasi appoggiata su una pavimentazione geometrica, costituita da una griglia in lastre di serpentino chiaro e da campi in porfido, anch’esso in piccole lastre. Il sagrato dà così risalto alla valenza plastica del santuario e diviene termine medio, tra la nuova piazza e le recenti sistemazioni. Piccoli cippi di forma cubica incorporano proiettori per illuminare la facciata; a lato della chiesa ci sono cinque magnolie, cinte alla base da una seduta in travertino.

2° classificato Sabrina Turco, Paolo Renzetti

lorizzazione. Si intende riqualificare a giardino il cannocchiale esistente anche con l’espediente scenografico della fontana lineare. Il parcheggio interrato di progetto prevede circa ottanta posti e per l’accesso l’utilizzo della rampa esistente in via Battisti. La compresenza delle due emergenze architettoniche della Basilica e del Municipio, ha generato alcune riflessioni sul doppio ruolo civile e religioso della piazza: si è optato per un disegno planimetrico dalla geometria regolare, in grado di dare unitarietà a tutti gli episodi edilizi presenti; la piazza civile si configura come spazio regolato da una griglia geometrica modulare che misura e ordina lo spazio; mentre l’intor-

Le basi ideali del progetto sono costituite dal riconoscimento dei tracciati prevalenti nella costruzione dello spazio urbano; la maglia ortogonale si esprime nel disegno a pavimento, in cui le fasce in pietra determinano i campi in cotto, secondo una griglia a moduli quadrati. La piazza appare oggi svilita dalla presenza di un costruito eterogeneo. Si prevede per il monumento ai caduti una ricollocazione in sede più appropriata. Il progetto prevede una totale pedonalizzaziane dell’area, considerando questa come condizione imprescindibile per la sua va-


Qualifica il luogo la presenza di una fontana a raso, situata in posizione eccentrica; allo specchio d’acqua si sovrappone una piastra in marmo, da cui fuoriescono getti d’acqua illuminati nelle ore serali con fibre attiche. Le alberature poste ai lati della piazza hanno la funzione di schermo e filtro alle presenze architettoniche moderne, mentre un giardino lineare connette la spazio della piazza al polo culturale della biblioteca. Qui, al centro, un piccolo spazio lastricato, cinto da muretti in pietra, è destinato a caffè all’aperto.

3° classificato Giovanni Sacchi, Pietro Luconi

za, le vie laterali ed i margini edificati. Per il richiesto parcheggio interrato, la soluzione proposta utilizza il corsello di 7 metri di larghezza delle autorimesse interrate private con uso pubblico già esistenti, dotate di rampa di accesso sulla via Battisti. L’inserimento di elementi di arredo infatti, non deve portare a riempire l’area di oggetti, pensando che la vita e l’uso della piazza dipenda solo da essi, ma deve lasciare lo spazio flessibile alle esigenze e alla partecipazione degli abitanti nelle diverse occasioni che si presentano durante l’anno. Per le pavimentazioni, nelle parti di contorno, si confermano i cubetti di porfido esistenti; si utilizzano materiali più moderni e di cost o cont enut o per il grande spazio cent rale (pavimenti continui in cemento e fibre) definiti da fasce che deli-

La proposta progettuale si prefigge l’obiettivo principale di riscattare piazza Unità d’Italia dall’attuale ruolo di servizio e crocevia viario, eliminando il parcheggio in superficie. I nuovi piani di progetto che distinguono più nettamente i dislivelli già esistenti, in particolare per chi proviene da via Battisti, oltre a dare una leggibilità immediata della costruzione dello spazio aperto della piazza, ne modificano la percezione e fanno sorgere la curiosit à di chi guarda nei confronti della scena che si presenta quando si raggiunge la quota più alta. La scelt a di cambiare il livello della piazza aggiunge interesse allo spazio piatto e crea una separazione, un “ dentro e fuori” , tra il dominio centrale della piaz-

mitano campi a disegno; materiali più preziosi e specifici (pietra chiara a grandi lastre squadrate e martellinate) sono infine previsti per l’area del sagrato e per l’ingresso del palazzo municipale. Alcuni elementi funzionali com-

pletano il paesaggio urbano della nuova piazza: una edicola, panchine in legno e acciaio disposte nel prato a lato della chiesa, sedute in cemento bianco, quattro pali stendardi in corrispondenza degli ingressi del comune, due fontanelle.

Concorso di progettazione di una scuola materna a cinque sezioni a Liscate Liscate sorge alle porte di Milano, lungo la strada che conduce a Rivolta, prima di attraversare l’Adda. Il costo complessivo per l’esecuzione dell’opera di costruzione della scuola era stato previsto in circa 2.100.000.000 di lire. Dei tre primi classificati, nella graduatoria finale scelta dalla Giuria presieduta dal geom. Alberto Cavagna, Responsabile del servizio Gestione del Territorio del Comune, con gli architetti Sergio Agape, Giovanna Bottoni, Valerio Dorati; la seconda, Egle De Luca, non ha ritenuto opportuno inviare il suo progetto per la pubblicazione, per evitare di rivelare il metodo e le forme progettate. La giuria così lo ha considerato: la forte caratterizzazione della forma dell’involucro, nella distribuzione avvolgente sia orizzontale che verticale, esprime un forte carattere di accoglienza che sembra favorire l’accesso del bambino. Inoltre i felici condizionamenti naturali progettati lungo il percorso coperto dell’ingresso, consentono fin da subito una partecipazione

attiva del bambino con la struttura scolastica, che traspare lungo tutto il fronte vetrato che delimita internamente il fabbricato. Particolare interesse sotto il profilo architettonico è pure la tipologia strutturale delle arcate in legno lamellare che risolvono felicemente il massimo utilizzo degli spazi interni senza fare eccessivamente percepire le strutture che le sostengono. Anche la scelta organizzativa interna dell’attività didattica è meritevole quale proposta per un’assunzione di diversa metodologia, offrendo ulteriore stimolo e libertà anche per il corpo insegnante. L’abbandono di forme tradizionali (sagoma copertura e materiali) evidenziano una forte volontà di nuova architettura configurando l’oggetto progettato come unico. Diversamente dalle altre proposte progettuali, lo spazio esterno diventa luogo di partecipazione e di fantasia prima dell’accesso all’interno del fabbricato, offrendo l’opportunità al bambino di essere immediatamente coinvolto nell’ambiente.

1° classificato Giovanni Casalinuovo - STUDIOARCH, Maria Teresa Sanzo, Fabrizio Paparazzo, Raffaele Aly

La “ piazza” (attività collettive) si espande nelle vane funzioni della scuola: attrezzature comuni (spazi per attività libere, la mensa, l’aula polivalente, l’amministrazione, l’ambulatorio, ecc.), le aule (attività ordinate) e i servizi relativi (attività pratiche). Il principale interesse di questa “ piazza” sta nel suo essere spazio che acquista una sua individualità nelle specificazioni che si presentano dai luoghi accanto a cui scorre, costituendo uno spessore di muro mangiato e lavorato, che a cavallo delle aule diventa nicchia attrezzata con panche e tavolini, a refettorio e, a ridosso degli uffici, mostra angoli di studio per gruppi piccoli o grandi, panche, sedili. La facciata ventilata in cotto costituisce, al di là delle architetture, un sistema innovativo (anche

L’articolazione funzionale e spaziale delle aule, degli uffici, è sviluppata sulla “ piazza” (attività collettive), unico spazio globale, sentito come tale dal bambino che lo vive continuamente. La vita del bambino si svolge quasi interamente all’interno dell’aula (attività ordinate), organizzabile come un piccolo appartamento con spazi piccoli e grandi, attrezzati per varie funzioni, per lavorare, divertirsi, o riposare. L’ampio disimpegno, antistante l’aula contiene l’ingresso all’aula e ai bagni, lo spogliatoio. Ogni aula ha la comunicazione diretta con il giardino.

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Concorsi

no della basilica è caratterizzato da una pavimentazione uniforme, in lastre di marmo Biancone di grande formato. La piastra si sovrappone e si interseca con la piazza civile, secondo un orientamento non ortoganale, che rispetta l’assialità della basilica, mantenendo così una sua propria identità e autonomia formale. Nella piazza civile è prevista l’attività di mercato; essa è attrezzata con una struttura coperta in acciaio satinato, con montanti verticali cablati, per l’erogazione di servizi.


se ormai di uso quasi corrente per certe tipologie costruttive) generato dall’uso diverso di un materiale tradizionale quale è il cotto. Dal punto di vista tecnico la capacità di accumulo termico del blocco faccia a vista, aiutato dalle intercapedini, mantiene l’am-

biente interno fresco d’estate e caldo d’inverno, mentre l’elevata capacità di assorbimento acustico abbatte notevolmente la riflessione sonora. Si ottiene cosi una facciata termicamente isolata, ventilata, a schermo avanzato traspirante.

3° classficato Serena Breschi, Luca Bonsignorio, Enrico Martino, Andrea Nichelini, Federico Rolla

mente vetrato e trasparente su due lati, permettendo la vista degli spazi interni. Il lato sud prospetta sul giardino interno all’asilo, è quindi quello più libero, che si propone di stimolare la curiosità percettiva e sensoriale (essenzialmente visiva e tattile) dei bambini. Permea il progetto la volontà di ampliare il campo dell’esperienza, anche con l’uso di materiali differenziati, legno, metallo, cemento lucidato, vetro. I tre grandi spazi per le attività speciali permettono l’accesso alle sezioni e hanno un lato completamente vetrato (con frangisole di protezione) che affaccia sul giardino. Le sezioni hanno anch’esse un lato completamente vetrato rivolto verso le corti giardino in modo da ampliare percettivamente lo spazio interno. La struttura delle sezioni è esternamente rivestita di legno di larice piallato, il fattore tattile diventa fondamentale e aiuta il bambino ad impossessarsi dell’oggetto.

Concorsi

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L’edificio risulta composto di più corpi; un “ volume tecnico” , l’ingresso alla mensa e cinque corpi più piccoli, le sezioni vere e proprie. Dall’aggregarsi di questi elementi prendono forma gli spazi, interni ed esterni. Il corpo servizi orientato secondo l’asse est-ovest, è rivestito da una pelle di alluminio che ne segue le forme morbide evidenziandone il ruolo funzionale. In questo modo il lato nord risulta protetto e segnato solo da feritoie orizzontali. Si definisce così un fronte urbano silenzioso, quasi un retro compatto, verso una situazione di tessuto frammentato. A est, chi giunge dal parco incontra la grande tettoia, che protegge un’area destinata al ricovero dei passeggini. L’atrio è intera-

Concorso di progettazione per una comunità alloggi presso il Centro Residenziale per Disabili Motori SIM-PATIA di Valmorea (Co) Il concorso, riservato a giovani progettisti, nati dopo il 1958, richiedeva un proget t o preliminare per la cost ruzione di una comunit à alloggi da destinare a portatori di handicap fisici e al loro nucleo famigliare. Posta all’apice dell’anfiteatro morenico della Faloppia, l’area destinata al complesso si inserisce in un territorio di pregio ambientale, sullo spartiacque tra il bacino del Lura a est e il bacino del Lanza a ovest. Il luogo, ai margini delle ultime abitazioni del centro di Valmorea, in provincia di Como, si inserisce in quella vasta tenuta che un tempo era area di caccia per la f amiglia nobile del luogo. Nonostante la vicinanza all’abit at o, conserva le carat t eristiche legate al paesaggio collinare: la leggera pendenza si apre verso un panorama che spazia a est verso le prealpi ticinesi e lariane, verso il Monte Rosa e il colle San Maffeo, fino al Sacro Monte di Varese. Ci si confronta con una ricca vegetazione, prevalentemente di castani e querce, intervallata da ampie radure. A sud e a nord due piccole colline ricche di vegetazione completano l’ambientamento. Due edifici di diversa nat ura ed origine sono inseriti già oggi in questo tessuto: il primo, edificato circa trent’anni fa appare severo nella f orma e nei mat eriali costruttivi. Interamente rivestito in pietra non del luogo, appare un unico isolato, nel contesto urba-

no; il secondo abbastanza anonimo cerca di fare il contrappunt o al primo a cui è ancorato e legato fortemente. La strada provinciale che corre a nord del lotto di progetto è f rut t o di una recent e conversione di un percorso agricolo che univa i centri di Uggiate e Faloppio con Valmorea. Oggi è st rada di discret a importanza nella connessione tra la provincia di Como e quella di Varese e la vicina confederazione elvetica. L’importo per i lavori era orientativamente indicato in tre miliardi e mezzo di lire. Erano richieste 4 tavole di formato A1. I premi sono stati di lire 24 milioni al primo classificato; 15 al secondo; 10 milioni al terzo e 3 milioni ciascuno ai seguenti altri sette classificati: Corrado Tagliabue, con F. Tagliabue; Marco Rapposelli, con R. Scarsato, P. Puggina e E. Narne; Luisa Ghilotti, con A. Ziliani e M. Della Torre; Antonio Maria Becatti; Alessandro Alì, con F. Latis e A. Longo; Mauro Trapani, con G. Della Torre; Laura Bergomi, Raffaella Banfi e Vanessa Bestetti. Il Concorso è stato bandito nel giugno del 2001 dalla Associazione Margherita Ripamonti di Como e la Giuria era composta da Carlo Ripamonti, Pia Pullici, Giuseppe Camporini, Darko Pandakovic, Marco Ortalli, Luisella Garlati, Gianfredo Mazzotta. Coordinatore Giovanni Cavalleri. Sono stati presentati 50 progetti.

1° classificato Alberto Bertolini, Cristina Carozzi, Alessandra Galli, con Martino Bisaccia

ro: il primo, disposto lungo l’asse est-ovest, ospita gli spazi comuni (la hall-reception, la cafeteria self-service, la palestra, la sala conferenze e le sale per le attività manuali); il secondo invece lungo l’asse nord-sud, parallelo alla strada consortile esistente, ospita le unità abi-

Il nuovo complesso è sit uat o nella zona alta del giardino e è articolato in due corpi di fabbrica perpendicolari tra di lo-


2° classificato Emiliano Manari, con Adelaide Venturoni Il progetto si configura in modo unitario attraverso un volume principale che saldandosi all’edificio esistente risolve efficacemente il rapporto archit et t onico e f unzionale t ra vecchio e nuovo. Questo volume destinato ai servizi consente l’innesto di un secondo braccio trasversale a destinazione residenziale. L’ accorpamento delle volumetrie e la particolare disposizione planimet rica consent e la realizzazione di quattro grandi aree esterne ciascuna con una propria vocazione: il piazzale di accesso ospita il parcheggio, consente l’ingresso all’autorimessa e attraverso la hall vetrata all’int ero complesso. È delimit at o spazialment e dal t errapieno

vede un grande faggio nei pressi dell’ingresso; Prunus lungo il viale di accesso, a fiore in primavera, betulle nella corte di accesso alla piscina e alla palestra con la bianca corteccia invernale, carpino tra l’edificio esistente e il nuovo complesso. I giardini pensili creati sulle coperture della piscina, degli spogliat oi e della palest ra sono carat t erizzat i dalla presenza di piante erbacee perenni e f iorif ere. Lungo il percorso che collega il centro con il vicino agriturismo, sfruttando il naturale dislivello del terreno, si è ricavata una sorta di piccolo “ anfiteatro” , contornato alla sommit à con piant e aromat iche. Al cent ro di quest a concavità è collocata una fontana ovale con a fianco un salice piangente. L’area a orto in zona soleggiata è pensata come un susseguirsi di vasche alte 80 cm da terra, a sbalzo per facilitare l’accostamento delle carrozzine dei disabili.

della piazza soprastante e dall’ ampio volume vet rat o della hall e della palestra. Un’ area nat urale sist emat a a parco con boschetto d’ombra è attraversata da un sentiero che met t e in relazione, all’ esterno, la residenza esistente con quella di progetto e prosegue idealment e il percorso di distribuzione degli alloggi al piano terra; successivamente “ entra” nell’edificio tramite un sistema di rampe creando così un percorso che attraversa ed unisce l’intero complesso. Un’ area di verde più pianeggiant e sist emat a a parco at trezzato per lo sport e lo svago si attesta tra la strada ed il nuovo corpo residenziale; su di essa prospettano, con possibilità di apertura diretta verso il giardino, gli spazi della hall, della piscina e della palestra.

21 L’ingresso principale (hall) è in una posizione baricentrica rispet t o al volume dell’ int ero complesso: è riconoscibile per le superfici trasparenti, che traguardano verso il panorama esterno, e per l’eccezionale presenza di una corte vetrata che ospita un grande albero. Le residenze sono accessibili dalla hall tramite un sistema di rampe esterne e riparate dal-

la pioggia. Gli alloggi si sviluppano su due livelli ed hanno un doppio affaccio. L’accesso del primo livello alloggi (+1.50) avviene da un porticato con copertura a vet ro che consent e la piant umazione di piccoli alberi, arbusti e fiori. Le sale per le attività ricreative sono t ut t e al primo piano ad eccezione della piscina.

3° classificato Andrea Mattiroli, con Fabrizio Donadini, Marcello Tommasi

re i diversi livelli dell’ edif icio ove si trovano sala lettura, caff et t eria, laborat ori, piscina, palestra, sala conferenze e anche gli alloggi. Un’unica copertura, leggera, appoggiat a su una f it t a maglia strutturale che ricorda le f it t e t rame delle pilast rat ure all’interno delle masserie comuni nell’ area comasca-t icinese, sormonta e sopralza l’intero edificio. L’esterno e l’interno dell’edificio organizzati in parte su di un unico volume a doppia altezza, in parte su due livelli, si conf ondono reciprocament e in antitesi alla classica distinzione composit iva. Gli spazi, razionalmente frammentati sono così cont enut i all’ int erno di un unico grande contenitore estremamente leggero che si dilat a e si cont rae in f unzione della luce e del vento. La variazione in alt ezza dell’edificio, ottenuta non da una modifica dell’andamento della copert ura ma dall’ inserimento stesso dell’edificio nel t erreno, evidenzia la diversa organizzazione dello spazio.

L’edificio, blocco unitario che racchiude in sè sia lo spazio pubblico di relazione che lo spazio privat o delle residenze, segue, con il suo asse principale, il leggero declivio che dalla st rada provinciale sale verso i boschi che coronano a sud l’area progettuale. La posizione planimetrica, che pone l’ edif icio vicino al lat o est del lotto, vuole, da un lato, creare un grande spazio a verde pubblico introduttivo e, dall’altro, cerca di allontanarsi dal confronto con gli stabili esistenti. Il progetto nel suo complesso vuole tener conto f unzionalment e e dist ribut ivament e della coabit azione della part e domest ica con la parte pubblica. Le varie attività che quotidianamente si svolgono nella comunit à, si riordinano all’ interno di un unico e semplice volume. Il visitatore, attraverso una serie di rampe, può raggiunge-

Concorsi

tative (12 alloggi, su due piani, accessibili direttamente dal giardino, sfruttando il dislivello esistente del terreno, e distribuite su entrambi i piani da un corridoio illuminato da un lucernario cont inuo post o al colmo della copertura). La scelta di questa disposizione è stata dettata dalla volontà di mantenere più superficie possibile a verde e di collocare la piscina e la palestra in una posizione centrale e facilmente accessibile. Gli spazi della nuova hall-reception e della cafeteria si distinguono chiaramente per la presenza di una lunga pensilina aggettante e per il percorso vetrato di collegamento tra la part e esist ent e e l’ ampliamento. Le strutture legate allo sport e alla terapia sono collegat e da un percorso pedonale alle st rut t ure per la ricreazione e per l’ippoterapia, nel vicino maneggio. Il progetto dell’area a verde pre-


Legislazione a cura di Walter Fumagalli

Professione e Aggiornamento

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Qualche consiglio agli estensori dei Piani Regolatori La sentenza n. 1000 del 20 novembre 2001, con cui il Tribunale Amministrativo ha annullato il piano regolatore del comune di Brescia, ha ovviamente suscitato un certo scalpore fra gli addetti ai lavori, anche per l’importanza dei protagonisti della vicenda giudiziaria. In realtà, nel panorama della giurisprudenza amministrativa le decisioni riguardanti gli strumenti urbanistici generali sono tutt’altro che infrequenti, così come è tutt’altro che infrequente che orientamenti interpretativi consolidati siano poi assoggettati a radicali revisioni o addirittura a completi ribaltamenti. La decisione del T.A.R. Brescia, la quale presenta indubbi elementi di novità, contiene peraltro alcune considerazioni che travalicano ampiamente la specifica vertenza esaminata dai giudici. Gli estensori dei piani regolatori farebbero bene a soffermare la propria attenzione su tali considerazioni, che pertanto meritano senz’altro qualche riflessione e qualche commento. a Anzitutto il Tribunale enuncia un principio apparentemente ovvio, ma che soprattutto di questi tempi vale la pena di non dimenticare: per quanto possa essere difficile e complicato, la legge va comunque rispettata, e non è consentito di prendere “ scorciatoie” per aggirarne il contenuto. Si legge in proposito nella sentenza:“ le difficoltà (...) che giustificherebbero il ricorso al peculiare criterio tecnico-giuridico di pianificazione territoriale in fatto seguito, asseritamene derivanti dalla conformazione del territorio della Città di Brescia, appaiono incapaci di autorizzare una così potente deviazione rispetto al quadro normativo tracciato” dalle disposizioni vigenti; e ciò, in quanto “ il Legislatore nazionale non ha rimesso né al libero dispiegarsi di una seppur innovativa pianificazione, né al concreto rilievo dell’esistente tessuto urbano la possibilità di superare i pur lati vincoli emergenti dalla ricognizione di zone omogenee, dalle quali, dunque, ferma la loro individuazione sul territorio, non può sotto alcun profilo derogarsi” . È dunque rimesso alla capacità ed alla competenza dell’estensore del piano regolatore il compito di risolvere, mediante una corretta ed acuta applicazione delle norme di legge vigenti in materia, le problematiche emergenti dall’analisi del territorio da pianificare, eventualmente utilizzando a tal fine tecniche pianificatorie innovative rispetto a quelle più comunemente applicate, ma mantenendole sempre nel rigoroso ambito di operatività delimitato dalle predette norme. b Un’altra (solo apparente) ovvietà fa capolino dalle righe della sentenza: la necessità di rispettare sempre le leggi di settore “ esprime (...) l’elementare esigenza che il nuovo strumento urbanistico si traduca in un quadro di agevole e razionale decifrazione non soltanto nel versante di quanti sono chiamati ad adottarlo, ma soprattutto per coloro che sono direttamente incisi dall’esercizio di una così lata discrezionalità, qual è quella che la legge attribuisce agli Enti territoriali in sede di

pianificazione” . Un’apparente ovvietà, si diceva, ma quante volte capita di imbattersi in strumenti urbanistici contenenti disposizioni equivoche, contraddittorie, sostanzialmente inapplicabili quando non addirittura incomprensibili! Gli estensori dei piani regolatori non dovrebbero mai dimenticare che tutti i cittadini devono rispettare tali piani, che è impossibile rispettare una normativa se non si è in grado di comprenderne fino in fondo il significato, e che una disciplina equivoca o addirittura incomprensibile è l’anticamera dell’arbitrio ed anche di peggio. In altri termini, non dovrebbero mai dimenticare che occorre avere sempre il massimo rispetto delle esigenze dei cittadini (che poi in definitiva sono i committenti anche sotto il profilo economico), prima fra tutte l’esigenza di poter contare su regole certe, e quindi (per usare le parole del Tribunale Amministrativo) dovrebbero compiere ogni sforzo per mettere a loro disposizione uno strumento “ di agevole e razionale decifrazione” . cNel merito della questione giuridico-urbanistica esaminata, la sentenza sottolinea per prima cosa l’importanza che, nel processo di pianificazione del territorio, ancor oggi deve essere riconosciuta al metodo della zonizzazione: “ la suddivisione in zone del territorio pianificato costituisce, infatti, l’elemento fondamentale di ogni piano regolatore generale” . Ove si esaminino le norme di legge che regolano la materia, riesce difficile smentire questa constatazione. Già l’articolo 7 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 imponeva agli estensori dei piani regolatori, fra l’altro, di indicare “ la divisione in zone del territorio (...) ed i caratteri e vincoli di zona da osservare nella edificazione” ; questa disposizione è stata sostituita dall’articolo 1 della legge 19 novembre 1968 n. 1187, ma sostanzialmente non è cambiata: il piano regolatore deve fra l’altro indicare “ la divisione in zone del territorio comunale (...) e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona” . L’articolo 17 della legge 6 agosto 1967 n. 765 ha a sua volta confermato l’impostazione data dal riportato articolo 7, stabilendo che i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati, oltre ai rapporti fra spazi destinati agli insediamenti ed aree di standard, devono essere determinati “ per zone territoriali omogenee” . Il decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444, poi, nel dare attuazione a quest’ultima disposizione ha fissato i criteri cui gli estensori dei piani regolatori devono di volta in volta attenersi per delimitare concretamente le differenti zone territoriali omogenee individuate, ed ha dettato le regole da rispettare nell’elaborazione della disciplina relativa a ciascuna di tali zone. In Lombardia, infine, queste regole hanno trovato conferma ed ulteriore articolazione nella legge regionale 15 aprile 1975 n. 51, la quale: • all’articolo 15 dispone che “ le previsioni del piano regolatore generale devono essere articolate distinguendo le zone di cui all’art. 2 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444” ; • al successivo articolo 16 stabilisce che, relativamente alle parti di territorio urbanizzato, il piano regolatore deve “ individuare la perimetrazione del centro storico e di eventuali nuclei urbani


d Ma qual è lo scopo perseguito dal legislatore statale e da quello regionale, allorquando hanno imposto ai comuni di pianificare il territorio utilizzando il metodo della zonizzazione? A questa domanda il Tribunale risponde così: “ la zonizzazione, nel suo duplice aspetto funzionale e architettonico, in quanto espressione sia della suddivisione del territorio in base alle caratteristiche edilizie ed alle dimensioni degli edifici, sia delle funzioni da svolgere nelle sue diverse parti, mira (...) ad assicurare l’uniformità di disciplina nell’ambito delle diverse realtà presenti all’interno del territorio comunale” . Dal che è possibile far derivare un corollario così sintetizzabile: il legislatore statale e quello regionale hanno prescelto il metodo della zonizzazione per la stesura dei piani regolatori, perché hanno ritenuto (ed evidentemente ritengono tuttora) che esso costituisca lo strumento più adatto per cercare di evitare che il legittimo esercizio dell’amplissima discrezionalità che caratterizza l’attività di pianificazione urbanistica della pubblica amministrazione, finisca per sfociare nell’arbitrario favoritismo a vantaggio di alcuni cittadini ed a danno di altri. e Date queste considerazioni, i giudici non hanno potuto concludere in altro modo se non riconoscendo che, ferma restando la facoltà di individuare all’interno delle singole zone specifiche sottozone contraddistinte dalla presenza di caratteristiche peculiari, “ è oggettiva la necessità che, per aree aventi caratteristiche comuni ed omogenee, venga individuata la corrispondente classificazione e con essa l’uniformità di disciplina” . Vale a dire, se determinate zone (o sottozone) sono state individuate per i loro caratteri di omogeneità, anche la loro disciplina deve essere altrettanto omogenea onde evitare inammissibili disparità di trattamento. In realtà, sottolineano i giudici, allorquando particolari situazioni lo impongano questa regola generale può anche tollerare eccezioni, e quindi può essere dettata una disciplina differenziata anche per immobili che risultino ricompresi entro una stessa zona omo-

genea. Ma in questo caso, affinché il piano regolatore possa essere considerato legittimo risulta indispensabile “ che la correlativa statuizione sia sorretta da un’adeguata e puntuale motivazione” , motivazione che evidentemente i giudici non hanno individuato nel piano regolatore di Brescia.

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W. F.

A proposito delle zone “F” I piani regolatori sovente si discostano dai criteri di zonizzazione stabiliti dall’articolo 17 della legge 6 agosto 1967 n. 765 e dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, giungendo ad elaborare articolazioni assai più estese, oppure individuando contesti che non risultano omogenei, sotto il profilo delle caratteristiche tipologiche indicate dall’articolo 2, alle lettere dalla A alla F, del citato decreto. La sentenza del T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 1000/2001, commentata in questa stessa rubrica, nel ribadire il carattere vincolante del criterio di suddivisione del territorio in zone omogenee, offre lo spunto per alcune considerazioni a proposito delle zone “ F” . E ciò in quanto queste ultime zone, più frequentemente di altre, vengono per così dire disconosciute dal piano regolatore, e finiscono con l’essere accorpate, indifferenziatamente, alle aree di standard, pur avendo, rispetto a queste, diversa natura e funzione. A tale proposito, va rilevato che il citato articolo 17 della legge 765 ha posto l’obbligo di osservare nella redazione degli strumenti urbanistici, rapporti massimi tra spazi destinati a insediamenti residenziali e produttivi (ivi compresi quelli commerciali), e spazi pubblici per attività collettive, a verde pubblico e a parcheggi. La stessa norma ha inoltre disposto che sarebbero stati a tal fine definiti i criteri per individuare le zone territoriali omogenee, cui riferire i sopra citati rapporti. Ciò è avvenuto con il decreto ministeriale 2 aprile 1968, che, come è noto, ha fissato criteri standard per la individuazione delle zone, classificandole con le lettere dalla A alla F (centro storico, zona residenziale di completamento, residenziale estensiva, produttiva, agricola, e zona di interesse generale). In particolare, quanto alle zone F, si è stabilito che le stesse individuano aree per attrezzature pubbliche e di interesse generale, da reperire, in base al D.M., solo quando “ risulti l’esigenza di prevedere le attrezzature stesse” , in misura di 17,5 mq/abitante, così suddivisi: 1,5 mq/abitante per attrezzature per l’istruzione superiore all’obbligo (esclusi gli istituti universitari); 1 mq/abitante per attrezzature sanitarie ed ospedaliere; 15 mq/abitante per parchi pubblici urbani e territoriali. In relazione alle zone omogenee così individuate, il citato D.M. del 1968 aveva stabilito, per ciascuna di dette zone, i rapporti da osservare tra gli insediamenti previsti nell’ambito delle rispettive zone, e gli spazi per attrezzature collettive, verde e parcheggi.

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di interesse storico, artistico, ambientale, delle zone di completamento, di eventuali zone di ristrutturazione e trasformazione funzionale, delle zone industriali, commerciali e artigianali esistenti” , e deve prevedere fra l’altro “ la destinazione d’uso delle singole zone” e “ le norme di attuazione che disciplinano l’attività urbanistica ed edilizia zona per zona” ; • all’articolo 17 (nel frattempo fatto oggetto delle modifiche previste dall’articolo 5 della legge regionale 15 gennaio 2001 n. 1) detta le regole cui il piano regolatore deve uniformarsi nel disciplinare i centri storici; • ed all’articolo 18 dispone che, relativamente alle parti di territorio non urbanizzato, il piano regolatore deve fra l’altro prevedere “ le zone per nuovi insediamenti residenziali” , “ le zone per insediamenti commerciali e per insediamenti industriali ed artigianali” , nonché “ le norme di attuazione che disciplinano l’attività urbanistica ed edilizia zona per zona” . Tutto ciò conferma che allo stato, sulla base delle norme di legge vigenti, la pianificazione del territorio non può prescindere dal metodo della zonizzazione.


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Più in particolare, era stato fissato per le zone residenziali il canone di mq 18 per ogni abitante insediato o insediabile, così articolato: mq 4,5 per l’istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo; mq 2 per le restanti attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.); 9 mq per verde a parco, gioco e sport; 2,5 mq per parcheggi pubblici. Per gli insediamenti produttivi, e per quelli, in essi ricompresi, commerciali e terziari, sono state fissate quantità minime di spazi per verde e parcheggi, rapportate, rispettivamente, alla superficie territoriale e alla superficie lorda di pavimento. È stato altresì modulato l’obbligo di soddisfare l’intero fabbisogno nell’ambito di ciascuna zona residenziale, in considerazione della maggiore difficoltà esistente per gli ambiti già edificati. I rapporti sopra citati costituiscono i cosiddetti “ standard” , vale a dire il bagaglio di infrastrutture (si ripete, per attività collettive, verde e parcheggi) che deve essere necessariamente posto a corredo di ciascuna zona omogenea. Le zone “ F” , invece, fanno parte delle stesse “ zone omogenee” , e, pur avendo una struttura ibrida (essendo anche classificate come standard sovracomunale), non possono essere confuse con gli standard di cui sopra. Esse hanno infatti una diversa funzione, per il fatto di individuare non tanto gli spazi per determinate strutture accessorie agli insediamenti previsti nelle varie categorie di zone omogenee, bensì gli spazi per attrezzature di carattere più generale, per le quali può essere preso in considerazione anche un bacino di utenza più esteso di quello oggetto dello strumento urbanistico. Questa impostazione è stata seguita dalla legislazione della Lombardia, che con l’articolo 22 della legge regionale 15 aprile 1975 n. 51 aveva distinto (nel testo originario) tra aree di standard (elevando i rapporti di cui al D.M.), e “ spazi per attrezzature pubbliche di interesse generale (Zona F)” , includendo fra questi ultimi “ gli impianti pubblici e di uso pubblico per la pratica e lo spettacolo sportivo” , i “ mercati generali pubblici e relativi depositi” , nonché i “ pubblici servizi per la protezione civile” (9° comma). Con la stessa norma, l’individuazione di detti spazi per attrezzature pubbliche è stata resa obbligatoria per i piani regolatori che prevedano una capacità residenziale insediativa teorica superiore ai ventimila abitanti. L’11° comma della norma in commento, nel testo risultante dopo le integrazioni di cui alla legge regionale 7 giugno 1985 n. 73, prevedeva altresì che le zone in discussione potessero “ coincidere con quelle individuate nei Piani Territoriali di Coordinamento di cui all’art.8 della L.R. 15 aprile 1975, n. 51” . Eproprio in considerazione delle differenze di cui sopra, è stato previsto dallo stesso articolo 22 che mentre l’individuazione delle aree di standard può essere demandata dal P.R.G. alla fase della pianificazione attuativa (proprio per la loro funzione accessoria rispetto agli specifici insediamenti), l’individuazione delle attrezzature pubbliche di interesse generale va effettuata necessariamente in sede di piano regolatore (proprio perché si tratta di individuare una vera e propria zona omogenea). I criteri distintivi cui si è fatto sin qui cenno non sembrano essere stati sovvertiti dalla nuova formulazione dell’articolo 22, così come sostituito dall’articolo 7 della legge regionale 15 gennaio 2001 n. 1. Tale norma, peraltro, esordisce facendo riferimento non agli standard né alle zone “ F” , bensì indifferenziatamente alle “ aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale” . Tuttavia, nel testo della norma, permangono i riferimenti alle zone omogenee di cui al citato D.M. del 1968, e si prendono in considerazione le inerenti dotazioni, da reperire “ all’interno del piano regolatore o dei piani attuativi” ; perma-

ne altresì la distinzione tra queste ultime dotazioni e “ gli spazi aggiuntivi per attrezzature di interesse generale” (cui sono aggiunti anche gli istituti universitari), e si stabilisce che detti spazi devono essere reperiti dai “ piani regolatori generali con capacità insediativa prevista superiore a ventimila abitanti” (articolo 22, 5° comma). Edunque, la distinzione permane, con la conseguente impossibilità di assimilare indistintamente o promiscuamente le due diverse destinazioni di zona, giacché altrimenti si rischierebbe di ricadere nella violazione del citato articolo 17, per la mancata individuazione di una specifica zona omogenea. A proposito della nuova formulazione dell’articolo 22, merita di accennare anche a due importanti innovazioni, dallo stesso introdotte. Già in altro numero di questa stessa rivista (n. 1/2001), un approfondito commento del nuovo testo dell’articolo 22 ha messo in luce le finalità e le funzioni riservate al piano dei servizi, vale a dire il nuovo essenziale elaborato del piano regolatore, cui compete di documentare lo stato e la accessibilità dei servizi esistenti, e di programmare le attrezzature da realizzare nel periodo di operatività del piano regolatore generale. In questa sede, merita di rilevare che sembrerebbe essere stata estesa alle attrezzature di interesse generale la possibilità di includere opere di proprietà privata. Il principio era già in vigore per le aree di standard: in particolare, il precedente testo dell’articolo 22, al 15° comma, stabiliva che fossero computabili ai fini degli standard anche le aree per le quali fosse stato previsto “ l’assoggettamento a servitù di uso pubblico” . Ora, il 7° comma del nuovo articolo 22 stabilisce che, ai fini del riscontro del rispetto delle dotazioni minime degli standard comunali e delle attrezzature di interesse generale di cui sopra, possono essere conteggiati “ i servizi e le attrezzature, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale, regolati da apposito atto di asservimento o da regolamento d’uso, redatti in conformità alle indicazioni contenute nel Piano comunale dei servizi, che assicurino lo svolgimento delle attività collettive cui sono destinati” . Vi è anzi la finalità di incentivare il ricorso alle infrastrutture private, dal momento che il 3° comma dello stesso articolo 22 menziona, fra i principi che la Giunta regionale dovrà porre alla base dei criteri da diramare per la redazione del piano di servizi, proprio la “ valorizzazione ed incentivazione dell’iniziativa privata e del concorso di risorse pubbliche e private nella realizzazione degli obiettivi del Piano dei servizi” . L’altro elemento di novità da segnalare, consiste nel fatto che sono mutati i criteri per la verifica del rispetto delle dotazioni minime prescritte per le aree in discussione. Ai sensi del (novellato) articolo 22, 7° comma, lettera c), si deve fare riferimento non più alla superficie dell’area a tal fine destinata, bensì “ alla effettiva consistenza delle rispettive superfici lorde, realizzate anche in sottosuolo o con tipologia pluripiano e relative aree pertinenziali” . Si è quindi passati da un concetto per così dire astratto, che faceva riferimento alla superficie territoriale destinata all’attrezzatura collettiva o di interesse generale (cui facevano eccezione unicamente i parcheggi pubblici pluripiano), ad un concetto più concreto, che fa invece riferimento al “ costruito” . Ma anche quest’ultimo criterio non è vincolante, dal momento che, sempre in base a quest’ultima norma, il piano dei servizi può anche prevedere modalità di computo differenti, riferite al valore economico o al costo di realizzazione delle strutture. Danilo Daniel


a cura di Camillo Onorato G.U. n. 291 del 15.12.2001 - Serie generale Decreto 10 settembre 2001 Finanziamenti ad enti pubblici per l’installazione di impianti solari termici per la produzione di calore a bassa temperatura Il presente decreto si riferisce al programma “ Solare termico” varato con il decreto n.100/SIAR/2000 del Ministero dell’Ambiente modificando la natura dei soggetti ammessi al finanziamento. Possono presentare domanda di contributo le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici, comprese le società collegate o controllate dai suddetti enti e le aziende distributrici del gas di proprietà comunale. Per il finanziamento dei progetti presentati verrà emesso apposito bando. Il decreto inoltre definisce all’art. 3 il costo del programma. G.U. n. 48 del 22.12.2001 - 3a Serie speciale Regolamento regionale 16 luglio 2001 n. 5 Regolamento per il funzionamento della conferenza dell’ambito territoriale ottimale (legge 5 gennaio 1994, n. 36 e legge regionale 20 ottobre 1988, n. 21, art. 6) La giunta regionale ha approvato il Regolamento per il funzionamento della conferenza d’ambito territoriale ottimale. Al titolo I sono riportate le finalità del regolamento e istituzione della conferenza. In particolare la conferenza costituisce e realizza la forma di coordinamento e cooperazione tra gli enti locali appartenenti all’ATO per l’esercizio delle funzioni di governo del servizio idrico integrato e di programmazione e controllo della gestione del medesimo. La conferenza opera per il perseguimento delle finalità di cui all’art 6 della legge regionale n.21/1998, nel rispetto della convenzione e avendo cura di tutelare in maniera uniforme gli interessi di tutti gli enti locali ricadenti nell’ATO. Al Titolo II viene definita la composizione della conferenza. Al Titolo III vengono stabilite le attribuzioni della conferenza ed in particolare compiti e funzioni. Il Titolo IV tratta dell’individuazione e attribuzioni dell’ente locale responsabile del coordinamento. Il Titolo V analizza la rappresentanza nella conferenza, della partecipazione e convocazione. Nei titoli successivi sono riportate lo svolgimento delle sedute, i compiti della struttura della conferenza, le risorse e contabilità. G.U. n. 299 del 27.12.2001 Suppl. ord. Legge 21 dicembre 2001, n. 443 Delega al governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive La legge si ripropone di individuare le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per lo sviluppo del paese e contiene al comma 6 dei provvedimenti per ridurre i tempi della burocrazia nell’edilizia; infatti recita che in alternativa a concessioni e autorizzazioni edilizie si può procedere in base a semplice denuncia di inizio attività, per gli interventi edilizi minori, le ristrutturazioni edilizie. Tale Legge estende al territorio nazionale una normativa che finora era appannaggio solo di alcuni apparati legislativi regionali. G.U. n. 3 del 4.1.2002 - Serie generale Decreto 5 novembre 2001 Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade Il presente decreto all’art. 1 stabilisce che sono approvate le norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Esse sono dirette a tutti gli enti proprietari delle strade di uso pub-

blico, come l’ANAS, le regioni, le province ed i comuni. L’art 2 definisce che tali norme si applicano per la costruzione di nuovi tronchi stradali e per l’adeguamento di tronchi stradali esistenti. L’art. 3 indica che nel caso di particolari condizioni locali, ambientali, paesaggistiche, archeologiche ed economiche possano essere adottate soluzioni progettuali diverse previo parere favorevole del Consiglio superiore dei lavori pubblici. L’art 4 riguarda la rettifica di strade esistenti e definisce che tali norme non siano applicabili quando si determinano pericolose ed inopportune discontinuità. L’art 5 stabilisce che tali norme non si applicano quando sia già stato redatto un progetto definitivo. G.U. n. 5 del 7.1.2002 Suppl. ord. - Serie generale Decreto 1 giugno 2001 Modalità di istituzione ed aggiornamento del Catasto delle strade ai sensi dell’art 13, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni Il seguente decreto indica che sono approvate le modalità di istituzione ed aggiornamento del Catasto delle strade che individuano sotto l’aspetto tecnico l’obiettivo finale da raggiungere. Esse sono dirette a tutti gli enti proprietari delle strade di uso pubblico. Ai fini della formazione e conservazione del Catasto delle strade gli enti proprietari devono dotarsi di strutture specifiche. Il catasto delle strade è organizzato secondo un’architettura hardware con possibilità di consultazione. G.U. n. 6 del 8.1.2002 - Serie generale D.P.R. 22 ottobre 2001, n. 462 Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezioni contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi Il seguente regolamento al capo I definisce le disposizioni generali, al capo II tratta degli impianti elettrici di messa a terra e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, al capo III esamina gli impianti in luoghi con pericolo di esplosione. G.U. n. 2 del 12.1.2002 - 3a Serie speciale Legge regionale 11 maggio 2001, n. 11 Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazione e per la radiotelevisione All’art. 1 la presente legge al fine di salvaguardare la salubrità e di proteggere la popolazione dall’esposizione a campi elettromagnetici detta indirizzi per l’ubicazione, l’installazione, la modifica ed il risanamento degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione. Gli articoli successivi trattano dell’ambito di applicazione, del contenimento delle esposizioni e protezione della popolazione, dei livelli di pianificazione, dell’istituzione di un catasto regionale degli impianti fissi per le telecomunicazione e la radiotelevisione, degli obblighi di comunicazione, delle procedure autorizzative, degli impianti mobili di telefonia mobile, dei risanamenti e della vigilanza e controllo. G.U. n. 13 del 16.1.2002 Suppl. ord. - Serie generale Decreto 18 settembre 2001, n. 468 Regolamento recante: “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale” Il presente decreto approva il programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale. All’art. 2 tratta dei contenuti del programma nazionale. Nei successivi articoli individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento L’art. 7 tratta del monitoraggio e del controllo. L’art 8 stabilisce le procedure di revoca dei finanziamenti e procedure di riassegnazione, l’art. 9 definisce le fonti di finanziamento e modalità di trasferimento delle risorse.

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Normative e tecniche a cura di Emilio Pizzi e Tiziana Poli

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Consulenze in ambito giudiziario

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di Margherita Bolchini* Valutazioni immobiliari In merito alla valutazione degli immobili, come già evidenziato nel precedente articolo (“ AL” n. 11, novembre 2001), il compito dell’Esperto nominato dal Tribunale è quello di individuare il “ più probabile valore” di mercato delle unità immobiliari oggetto della causa, tenendo conto delle eventuali iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli gravanti sul bene stesso. Oltre alla presenza di eventuali ipoteche e pignoramenti, vi sono altre restrizioni del diritto di proprietà che possono contribuire alla determinazione del valore del bene stesso, quali il diritto di superficie, l’usufrutto, l’enfiteusi, ecc. Difatti, nel caso del diritto di superficie, il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquistano la proprietà (c. 934, 1350 n. 2, 2643 n. 2). Casi di diritto di superficie si riscontrano nel settore dell’edilizia convenzionata, in cui gli immobili vengono realizzati da Cooperative private e/o enti pubblici (es. ALER), e poi ceduti a soggetti con particolari requisiti socio-economici (reddito, nucleo familiare, ecc.), mentre il terreno rimane di proprietà dell’Ente pubblico (Comuni, Province, ecc.). Il diritto di superficie, sostitutivo quindi del valore della piena proprietà dell’area ha una durata massima di 99 anni. Il valore dell’unità immobiliare dipende quindi dalla durata residua del diritto di superficie, tenuto conto del prezzo imposto dall’ente il quale, in convenzione, indica con quali criteri lo stesso possa essere rivenduto a terzi; detti parametri conseguentemente devono essere considerati dall’Esperto nella propria stima. Analoghe considerazioni valgono anche per quanto concerne la stima di beni immobili su cui sussiste un usufrutto a favore di familiari. Il calcolo dell’incidenza del valore dell’usufrutto è in funzione dell’età, del sesso e del numero di usufruttuari, secondo tabelle che indicano la probabile aspettativa di vita dell’usufruttuario; ad esempio il valore dell’immobile con presenza di usufruttuario di sesso femminile; di circa 75 anni, subisce un deprezzamento pari al 28-30%, rispetto all’intero valore commerciale. Una volta eseguito il sopralluogo al bene oggetto di stima, analizzati i documenti allegati ai fascicoli di causa, reperite le visure e le planimetrie catastali aggiornate, individuato il metodo estimativo adeguato, l’Esperto inoltra al Tribunale sia la propria relazione sia l’allegata nota competenze per l’onorario e le spese sostenute durante l’incarico. Compensi e onorari La determinazione del proprio onorario e il successivo decreto di liquidazione da parte del Giudice è spesso un tasto dolente, per cui la professione di CTU non viene considerata remunerativa dai nostri colleghi, rispetto agli onorari per incarichi di parte previste dalla tarif-

fa professionale prevista dal D.M. 11 giugno 1987 n. 233. Difatti, l’attività e i relativi onorari del Consulente Tecnico d’Ufficio, è stabilita da normativa specifica che determina l’entità e degli onorari e dell’indennità per l’attività svolta dai periti e consulenti tecnici per le operazioni eseguite su disposizione dell’autorità giudiziaria in materia penale e civile (ex Legge 8 luglio 1980, n. 319). Per la perizia o la consulenza in materia di estimo, le tabelle contenenti la misura degli onorari fissi e di quelli variabili dei periti e dei consulenti tecnici (ex D.P.R. 27 luglio 1988, n. 352) prevedono un onorario calcolato in percentuale per scaglioni sull’importo stimato. L’onorario viene quindi calcolato sommando gli importi calcolati applicando le aliquote previste a ciascun scaglione (che prevede un relativo importo minimo e massimo), fino al valore corrispondente all’importo della stima (ex art. 13). Per quanto riguarda il Tribunale di Milano spesso il G.U. concede al CTU di utilizzare la percentuale massima consentita per ogni scaglione. Si precisa però che comunque l’importo dell’onorario viene calcolato applicando le aliquote previste fino ad un massimo di € 516.456,89 (un miliardo di lire) del valore dell’immobile! Nel caso di valutazioni immobiliari superiori, che peraltro è sempre più ricorrente e plausibile, teoricamente l’onorario massimo previsto dalla normativa è di € 1.438,85, compenso che risulta essere decisamente inadeguato rispetto all’onorario previsto dalla tariffa professionale degli Architetti e Ingegneri. Nel caso di consulenze tecniche in materia di costruzioni edilizie, impianti industriali, impianti di servizi generali, impianti elettrici, macchine isolate e loro parti, ferrovie, strade e canali, opere idrauliche, acquedotti e fognature, ponti, manufatti isolati e strutture speciali, progetti di bonifica agraria e simili, che hanno per oggetto la stima dei costi, o il valore delle opere per il ripristino dei vizi e difetti, sia per le opere previste dal preventivo e successivo consuntivo, ecc. spetta al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale in base alle aliquote previste dall’art. 11 della medesima legge. Anche per questi incarichi al CTU non può essere liquidato l’onorario previsto fino all’importo massimo delle opere stimate e/o previste nell’atto di citazione, ma solo fino al valore di € 516.456,89; l’onorario massimo previsto dalla normativa è quindi pari a € 6.239,30. Per quanto concerne gli incarichi in materia di revisione delle tabelle millesimali, o in ambito di rispondenza tecnica alle prescrizioni di progetto e/o di contratto, capitolati e norme, di collaudo di lavori e forniture, di misura e contabilità di lavori, di aggiornamento e revisione dei prezzi, la misura dei fondi rustici, i rilievi di strade, canali, fabbricati, centri abitati e aree fabbricabili ed infine per la redazione di tabelle millesimali spetta al perito o al consulente tecnico un onorario da un minimo di € 91,93 ad un massimo di € 614,58 (ex art. 12)! Importi che comunque dovrebbero essere adeguati ogni tre anni, con decreto del Presidente della Repubblica, in proposta del Ministro della giustizia, in relazione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai


gerisce di recarsi presso il G.U., sottoponendogli il caso e le eventuali soluzioni, come ad esempio l’applicazione di un aumento fino al doppio, consentito quando vi siano state prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà (ex art. 5 Legge 8 luglio 1980, n. 319) o la predisposizione di differenti richieste di compenso una per ciascun bene stimato, quando la verifica abbia riguardato differenti immobili. Inoltre quando il G.U., dichiari l’urgenza dell’adempimento, fissando un termine inferiore a quello ordinariamente ritenuto necessario, gli onorari fissi e quelli variabili possono essere aumentati fino al venti per cento (ex art. 5 Legge 8 luglio 1980, n. 319). Annosa risulta anche la liquidazione delle spese sostenute in quanto i periti, i consulenti tecnici devono presentare una nota specifica delle spese sostenute per l’adempimento dell’incarico ed allegare la corrispondente documentazione fiscale. Per quanto riguarda i costi per cui non è possibile produrre scontrini fiscali e/o fatture, quali ad esempio quelle derivanti dall’attività svolta all’interno del proprio studio (fax, telefonate, fotocopie, ecc.), il Tribunale riconosce, a seguito di specifico e dettagliato elenco, una liquidazione forfetaria. Per le relazioni tecnica estimative l’importo complessivo delle spese che attualmente viene riconosciuto, salvo casi specifici, è per immobili siti nel medesimo comune di residenza dell’Esperto circa € 300-350; per immobili situati in altri Comuni circa € 400-450 (ad esclusione di stime in altre Regione). Il giudice comunque accerta le spese sostenute e ha la facoltà di escludere dal rimborso quelle non necessarie (ex art. 7 Legge 8 luglio 1980, n. 319). Per quanto riguarda le spese di viaggio, anche in mancanza della relativa documentazione, queste sono liquidate in base alle tariffe di prima classe dei mezzi di trasporto destinati in modo regolare a pubblico servizio e/o applicando le tabelle ACI; per l’utilizzo di aerei o con mezzi straordinari di trasporto è opportuno farsi preventivamente autorizzare e produrre la relativa documentazione fiscale. Successivamente alla consegna del proprio elaborato peritale, con allegata nota onorari e spese, il G.U., provvede alla liquidazione del CTU, mediante decreto di liquidazione, che viene inviato dalla Cancelleria sia ai Legali, sia al CTU stesso. Nel procedimento penale la comunicazione avviene mediante avviso di deposito del decreto in cancelleria e il pagamento dell’onorario viene anticipato dallo Stato. Nei procedimenti civili il decreto di liquidazione è posto provvisoriamente a carico solidale delle parti, sino a sentenza definitiva; nel caso di ATP invece è la parte ricorrente che sostiene il pagamento delle spese per la CTU stessa. Detto decreto di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo; difatti in caso di mancato pagamento dell’onorario liquidato, con detto provvedimento del G.U., il CTU può precedere direttamente all’esecuzione immobiliare dei beni di proprietà delle parti che non hanno provveduto al pagamento della CTU. In caso di liquidazione dell’onorario e delle spese sostenute con importo molto inferiore a quello previsto dal CTU,

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ed impiegati verificatisi nel triennio precedente, e che pertanto il CTU e Perito potrebbero conseguentemente adeguare (ex art. 10, L. 319/1980). In merito alla revisione delle tabelle millesimali, in detti onorari non sono ovviamente compresi sia i rilievi sia la predisposizione delle eventuali planimetrie, attività che possono essere stimate a vacazione. Relativamente a consulenze in ambito edilizio in cui sia richiesto la valutazione dei vizi e/o difetti, oltre alla verifica della contabilità, si può ritenere applicabile l’art. 11, relativo genericamente alle consulenze tecniche in materia di costruzioni edilizie. In caso di redazione di consulenze tecniche in cui non è prevista la quantificazione delle opere edili, quali gli Accertamenti Tecnici Preventivi, o in cui si richiede la sola indicazione degli interventi necessari, ma non la stima dei relativi costi, o la predisposizione di analisi e/o indagini statiche, rilievi dei luoghi, ecc, la determinazione dell’onorario è commisurata al tempo impiegato e viene calcolata in base al numero delle vacazioni utilizzate determinati in base alle vacazioni. La vacazione è di due ore e pertanto il giudice non può liquidare più di quattro vacazioni al giorno per ciascun incarico. L’onorario (ex D.M. 5 dicembre 1977) per la prima vacazione è di € 12,77 e per ciascuna delle successive è di € 7,10. Nel calcolo delle vacazioni utilizzate per lo svolgimento dell’incarico, si deve tener conteggiare ovviamente, oltre al tempo impiegato per la convocazione in Tribunale per il giuramento di rito, i sopralluoghi e i rilievi, gli incontri con le parti, quello impiegato sia per l’analisi della documentazione e dei fascicoli delle parti, sia lo studio dei rilievi e accertamenti effettuati durante le operazioni peritali, sia il tempo materiale per la stesura della relazione e la collazione della stessa. Il numero massimo “ teorico” di vacazioni consentite per ciascun incarico non può essere mai superiore al lasso di tempo, espresso in giorni lavorativi, compreso tra la data del giuramento e quella prevista per la consegna dell’elaborato peritale, applicando a ciascuno di essi un massimo di quattro vacazioni (pari a 8 ore lavorative). Nella realtà poi occorre valutare il tempo realmente impiegato e le difficoltà riscontrate nello svolgimento dell’incarico; per un Accertamento tecnico preventivo relativo alla descrizione di un terrazzo, dell’appartamento sottostante e degli episodi infiltrativi lamentati dalla parte ricorrente, con a disposizione 90 giorni per l’espletamento della CTU, pari a circa 280 vacazioni, difficilmente verrà riconosciuto dal G.U., un onorario pari a circa € 1.993,60 oltre a spese. In caso di redazione di relazioni tecniche complesse sia estimative, con la presenza di complessi residenziali o di differenti immobili, sia in ambito edile, in cui ad esempio vi siano più parti convenute (imprese subappaltatrici) e si debba verificare l’operato di ciascuna di esse, ecc., il CTU e il Perito possono richiedere una maggiorazione del proprio compenso e onorario. In questi tutti questi casi, sia relativi all’applicazione dell’art. 10 o 11 nel settore delle consulenze in ambito tecnico-edile, sia nel caso di atp comunque si sug-


secondo la normativa vigente in materia, lo stesso può proporre ricorso entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione davanti alla Sezione del tribunale o alla Corte d’appello alla quale appartiene il giudice o presso cui esercita le sue funzioni il pubblico ministero che ha emesso il decreto (ex art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794). Va precisato che detto procedimento può essere proposto, per motivo opposti, anche dalle parti, facoltà che per fortuna viene utilizzata solo in rari casi specifici. * Consulente Tecnico del Tribunale di Milano, Tesoriere Collegio Naz. Esperti Architetti Italiani

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I sistemi di scarico delle acque usate negli edifici residenziali

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di Fulvio Re Cecconi* La progettazione, il collaudo e la gestione dei sistemi di scarico delle acque usate all’interno degli edifici residenziali sono regolate dalla norma UNI 9183 “ Sistemi di scarico delle acque usate. Criteri di progettazione, collaudo e gestione” . Tale norma, di carattere facoltativo, è in vigore dal 1988 e nel 1993 è stata aggiornata. Collegata a questa norma ve ne sono diverse altre, più specifiche, che trattano di requisiti e dimensioni dei manufatti costituenti l’impianto di scarico (tubazioni e raccordi). Nel volume di Fiori-Re Cecconi citato in bibliografia si trovano i riferimenti alle norme specifiche per i materiali più comunemente usati. La citata norma contiene indicazioni circa: • la composizione del sistema; • i requisiti che esso deve soddisfare; • i criteri di progettazione; • le prescrizioni per l’esecuzione; • i materiali ed i componenti da utilizzare; • il collaudo; • i criteri di gestione e manutenzione. Si segnala inoltre la norma UNI EN 752/1 “ Connessioni di scarico e collettori di fognatura all’esterno degli edifici. Generalità e definizioni” . Le connessioni dei sistemi di scarico interni agli edifici con la fognatura pubblica, pur esulando dall’argomento del presente articolo, ne costituiscono il naturale completamento. Requisiti e criteri di dimensionamento Tutti gli impianti di scarico devono rispondere ad una serie di requisiti che nascono da esigenze di osservanza delle norme d’igiene e da esigenze di funzionamento dell’impianto. Tali requisiti possono essere così riassunti: • evacuare rapidamente le acque di scarico, senza che diano luogo a depositi di materie putrescibili; • essere a tenuta di acqua, gas e aria al fine di impedire il passaggio dalle tubazioni agli ambienti abitati non solo di materiale di scarico ma anche di odori e microbi; • mantenere, durante il funzionamento, le condizioni di pressione di progetto; • durare nel tempo. Tutti i sistemi di scarico funzionano principalmente per gravità. Il sistema deve essere dimensionato in modo tale che le acque di scarico non occupino tutta la sezione dei tubi. Questo per evitare pressioni e depressioni eccessive. Se da un lato vi sono requisiti e principi di funzionamento semplici dall’altro lato vi sono parecchi fattori che impediscono l’uso di formule matematiche per le relazioni tra velocità dell’acqua, portate e sezioni dei tubi. Per questo motivo

la base di tutti i calcoli di dimensionamento dei tubi è l’unità di scarico, corrispondente allo scarico di 28 litri di liquame al minuto. La successiva tabella riporta, a titolo di esempio, i valori di unità di scarico per alcuni apparecchi per uso privato. Specie di apparecchio Lavabo Vaso con casset t a Doccia Bidet

US 1 4 2 2

Tab. 1 - Esempi di valori di unità di scarico.

Il dimensionamento del sistema di scarico passa attraverso i seguenti passi: 1. dimensionamento delle diramazioni di scarico; 2. dimensionamento delle colonne di scarico; 3. dimensionamento dei collettori di scarico; 4. dimensionamento del sistema di ventilazione. Dimensionamento delle diramazioni di scarico Le diramazioni di scarico possono essere singole, quando raccolgono un solo apparecchio, oppure a collettore, quando servono più apparecchi. Il diametro minimo delle diramazioni a collettore in funzione delle unità di scarico è ricavabile dalla seguente tabella: Diametro esterno mm 40 50 65 80 100 125

US 3 6 12 20 160 360

Tab. 2 - Diametro esterno delle diramazioni a collettore in funzione delle US.

Dimensionamento delle colonne di scarico Vi sono principalmente tre fattori di cui tenere conto nel dimensionamento di una colonna di scarico: il numero totale delle US di tutti gli apparecchi serviti, il numero di US degli apparecchi di ogni piano e l’altezza della colonna. Per il dimensionamento delle colonne si utilizzano tabelle, di cui la successiva tabella è un esempio, che riportano il diametro esterno della tubazione in funzione del carico totale e del massimo carico di una diramazione. Diametro esterno colonna mm 50 65 80 100 125

Carico US 10 20 30 240 540

Max. carico Diramazione US 6 9 16 90 200

Tab. 3 - Diametro di una colonna in funzione del carico massimo e del carico per piano per un edificio con meno di tre piani.

Dimensionamento dei collettori di scarico Il dimensionamento dei collettori avviene, in analogia con quello delle colonne e delle diramazioni, con tabelle che riportano il diametro in funzione delle unità di scarico. In questo caso però, oltre al dimensionamento vero e proprio, vi sono alcuni


Dimensionamento del sistema di ventilazione La ventilazione ha la funzione primaria di mantenere i valori delle pressioni all’interno dell’impianto di scarico il più possibile conformi a quelli stabiliti in sede di progetto. Oltre a questa funzione la ventilazione ha anche lo scopo di consentire un’efficace aerazione al fine di evitare la formazione di muffe e funghi. Per il dimensionamento delle tubazioni di ventilazione si procede in maniera analoga a quanto fatto per le colonne e le diramazioni di scarico. Partendo anche in questo caso dagli apparecchi per arrivare alle colonne si può procedere come segue: • il diametro del tubo di ventilazione di ogni singolo apparecchio deve essere uguale a quello del corrispondente tubo di scarico e comunque non superiore a 50 mm; • il dimensionamento delle colonne di ventilazione viene fatto utilizzando tabelle che riportano la lunghezza equivalente (il concetto di lunghezza equivalente è introdotto nella UNI 9183 per omogeneizzare parti di tubazione che hanno un differente comportamento per quanto riguarda la resistenza all’aria) massima ammissibile in funzione del diametro della colonna di ventilazione, del numero di US servite e del diametro della colonna di scarico; • in maniera del tutto analoga per il dimensionamento dei raccordi orizzontali si utilizzano tabelle che riportano la lunghezza equivalente massima ammissibile in funzione del diametro del raccordo di ventilazione, del diametro della colonna di scarico e delle unità di scarico. Il testo di Fiori-Re Cecconi citato in bibliografia riporta tutte le tabelle utili nel dimensionamento di un sistema di scarico ed esempi di dimensionamento. Esecuzione delle reti di scarico Sia durante la fase di progettazione che durante quella di esecuzione di un sistema di scarico occorre seguire tre principi guida generali: • deve essere facile e rapida la manutenzione periodica di ogni parte del sistema; • deve essere possibile sostituire ogni parte del sistema senza interventi distruttivi sugli altri elementi della costruzione; • deve essere possibile estendere il sistema e collegarlo facilmente ad altri impianti simili. Questi tre principi si traducono in una serie di indicazioni costruttive sulla posa delle tubazioni, sul posizionamento delle ispezioni e sull’ancoraggio delle tubazioni stesse alla struttura muraria. Le tubazioni devono essere installate in perfetto allineamento con il proprio asse e parallele alle pareti. Le tubazioni orizzontali, inoltre, devono essere posizionate con l’esatta pendenza loro assegnata in sede di progetto. Èconsigliabile che il percorso delle tubazioni di scarico non passi al di sopra di apparecchiature o materiali per i quali una possibile perdita possa provocare pericolo o contaminazione. I cambiamenti di direzione ed i raccordi sono punti critici nell’esecuzione di una rete di scarico. I pezzi speciali ed i raccordi devono consentire la corretta connessione fra le diverse parti della rete, senza creare discontinuità negli allineamenti e nelle pendenze. Le ispezioni devono avere diametro pari al diametro del tubo in cui sono inserite ma comunque non superiore a 100 mm. Vanno previste nei punti più criti-

ci dell’impianto, in particolare non possono mancare: • al termine della rete di scarico; • ad ogni cambiamento di direzione con angolo maggiore di 45°; • ogni 15 metri di percorso lineare per tubi con diametro sino a 100 mm; • ogni 30 metri di percorso per tubi con diametro oltre i 100 mm; • ad ogni confluenza di due o più provenienze; • alla base di ogni colonna. L’ancoraggio delle tubazioni alle strutture deve essere studiato in funzione della natura del materiale delle tubazioni. Il fissaggio da un lato deve essere sicuro ed affidabile, dall’altro non deve trasmettere rumori e vibrazioni alle strutture portanti. Le distanze tra due supporti consecutivi per le tubazioni variano da caso a caso. In generale le tubazioni con giunto a bicchiere vanno supportate in corrispondenza di ogni giunto, altrimenti si possono seguire le indicazioni riportate nelle seguente tabella. Tubazioni orizzontali Sino al diametro 50 mm Ogni 0.50 m Sino al diametro di 100 mm Ogni 0.80 m Oltre il diametro di 100 mm Ogni 1.00 m Tubazioni verticali Qualsiasi diametro Ogni 2.50 m Tab. 4 - Distanze consigliate per i supporti di ancoraggio delle tubazioni.

Il futuro della normativa nazionale Il futuro della normativa nazionale è condizionato dal processo di omologazione delle normative tecniche nazionali degli stati membri della Comunità Europea. Tale processo comporterà una sostanziale revisione della norma UNI 9182 “ Edilizia. Impianti di alimentazione e distribuzione di acqua calda e fredda. Criteri di progettazione, collaudo e gestione” . In particolare, il progetto di norma europea esistente (prEN 806) non utilizza più il concetto di Unità di Carico, presente nella UNI 9182, per il dimensionamento delle reti di alimentazione dell’acqua. Questo potrebbe indicare che in futuro anche la UNI 9183 sugli impianti di scarico verrà sostituita da un’equivalente norma a livello europeo che non utilizzerà il concetto di Unità di Scarico. Tale norma non è però oggigiorno in preparazione e quindi si può ragionevolmente supporre che la UNI 9183 resterà valida per i prossimi 3÷5 anni. Terminologia essenziale Sistema di scarico: insieme di più impianti ed apparecchiature in grado di fornire prestazioni complete, esso comprende: diramazioni, colonne e collettori per il convogliamento delle acque usate, colonne di ventilazione primaria, diramazione e colonne di ventilazione secondaria, ed eventuali apparecchi di sollevamento delle acque sottoquota. Diramazioni di scarico: con questo termine si indicano i tronchi di tubazione che collegano gli apparecchi sanitari alla colonna di scarico. Colonne di scarico: con questo termine si indicano i tronchi verticali dell’impianto di scarico. Collettori di scarico: con questo termine si indicano i tronchi orizzontali che collegano le basi delle colonne alla fognatura esterna. Ventilazione primaria: parti dell’impianto predisposte a reintegrare l’aria trascinata dal deflusso dell’acqua nelle colonne e nei collettori. Bibliografia M. Fiori, F. Re Cecconi, La progettazione degli impianti di scarico per edifici residenziali, Maggioli, Rimini, 1999 (con allegato CD-Rom contenente alcuni programmi per il dimensionamento degli impianti di scarico) Principali riferimenti normativi UNI 9183, Sistemi di scarico delle acque usate. Criteri di progettazione, collaudo e gestione UNI EN 752/1, Connessioni di scarico e collettori di fognatura all’esterno degli edifici. Generalità e definizioni Siti internet di riferimento UNI, Ente nazionale italiano di unificazione: www.uni-cei.it * Dip. di Ingegneria dei Sistemi Edilizi e Territoriali del Politecnico di Milano

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Professione e Aggiornamento

accorgimenti progettuali da seguire sempre. In primo luogo la pendenza dei collettori, dall’inizio del collettore fino al luogo di recapito, deve essere tale da mantenere la velocità dell’acqua entro un certo regime, non troppo basso per evitare ristagni e formazione di depositi e non troppo alto per evitare turbolenze e abrasione dei collettori. La regola dell’arte consiglia di evitare lo scarico di un vaso in un collettore di diametro inferiore a 80 mm o quello di due vasi in uno di diametro inferiore a 100 mm. Infine, il diametro di un collettore non può essere in nessun caso inferiore a quello della colonna di maggiore sezione che scarica in esso.


Dagli Ordini

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Ordine di Bergamo tel. 035 219705

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Bergamo Le Città Parallele. La città psicastenica Laney ebbe un brivido. In bocca un sapore di metallo arrugginito. Cadeva dentro gli occhi dell’aidoru. Si trovò a guardare un alt issima paret e di roccia che sembrava consistere interamente di piccoli balconi rettangolari, nessuno disposto esattament e sul livello o alla st essa profondità degli altri. Il sole arancione del tramonto che si rifletteva da una finestra inclinata, con il telaio di ferro. Colori simili a chiazze di benzina sull’acqua, che strisciavano nel cielo. Chiuse gli occhi, guardò in basso, li aprì. - Laney? Ti senti bene? - Bene? – rispose lui. - Sembravi… cieco. W. Gibson, Aidoru, Mondadori, Milano, 1997 Lo sfondo su cui ci muoviamo è in piena mutazione e una nuova topografia urbana si sostituisce a quella fisica abituale creata dagli spazi pubblici convenzionali: come gli MVRDV ci ripetono, inciso a caratteri cubitali nel ciclopico volume FARMAX, mentre gli interni si sostituiscono agli esterni, mentre i mall si sostituiscono alle piazze, la città si sta costituendo di eventi singoli e perfettamente separati. La periferia, indefinita ed infinita nelle potenzialità del suo divenire, si espande verso il cuore della cit t à, port ando il suo carico di indet erminat ezza e

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LCD Times Square.

creando una città inversa fondata sul primato della dimora individuale piuttosto che sulla preminenza degli spazi collettivi; “ alle piazze, ai viali, ai corsi, si sostituisce il luogo fisico e mentale della residenza unifamiliare nelle sue molteplici declinazioni” scrive S. Boeri. Il percorso pare inverso a quello della fondazione di una città già grande, della formazione di una colonia imperiale: l’Harvard Project on the city n.1 (uno studio sulla città romana condotto come fosse il manuale d’istruzione del celeberrimo gioco per PC SimCity), contenuto in Mutations, sembra tracciare all’inverso la storia del nostro paesaggio quotidiano, infatti la nostra specificity (città specifica, particolare) sembra tornare verso la genericity (la “ genericittà” , ed il termine spiega già tutto), per essere rifecondata da eventi clamorosi. Gli architetti contribuiscono anche inconsapevolmente a creare spazi individuali: come nota I. de Solà Morales, “ la forma nel costruire la città continua ad essere marcata da architetture emblematiche, le quali, come le mode, sono una risposta tecnica e figurativa a richieste ben delimitate da una particolare situazione (...). Queste architetture brillanti e seducenti dicono sulla città molto più di quanto dicono i loro stessi autori (...). Si tratta di un messaggio subliminale attraverso cui privilegiano una città fatta di singoli oggetti, piena di episodi emozionanti dispersi nel magma grigio della produzione corrente (...). Essi trasmettono

un’idea della città che ha a che fare con l’individualismo proprio della nostra cultura, della competitività per aggiudicarsi una posizione privilegiata, per accaparrarsi un’attenzione esclusiva” . La città tanto più sembra effettivamente, oltre consapevolezza, costituita da singolarità luminescent i: bast i pensare al lavoro presso Borneo Sporenburg – Amsterdam dei West8, nato lui stesso per essere punto notevole nel paesaggio megalopolitano olandese, definito da punti notevoli pubblici, da “ gioielli” che si distinguono per dimensioni su di uno sfondo fatto da edifici residenziali per scelta compressi in un modulo fisso in altezza, larghezza e profondità. Ma la città non è solo questo. Ogni giorno infatti, pendolari anche a breve distanza, ci avviamo verso i nostri posti lavori attraversando la città, vivendola. Avvolti dal sonno e da una folla che corre, abituati a percorrere la stessa strada ogni giorno, un cartellone, una scritta, uno schermo a cristalli liquidi raccolgono i nostri pensieri, e ,in silenzio, si fissano come memorie ricorrenti, quasi strisciando tra le preoccupazioni. E così la sera a casa o ancora in viaggio, ci ritornano alla memoria sbiaditi, sbiaditi sì ma colorati rispetto allo sfondo grigio, che colmo di quotidianità comincia a perdere dettagli. La spazialità si rinnova e quelle zone che più sono sottoposte alla congestione degli individui paiono ampliarsi grazie alla congestione delle immagini (sia pubblicitarie sia informative) che ne tappezzano le superfici. Nel nostro paesaggio urbano si aprono porte su realtà virtuali che si duplicano, si moltiplicano senza sosta modificando il carattere degli spazi architettonici; l’incertezza che si genera riguardo la destinazione dagli spazi si fa variazione quantitativa e, per mole, qualitativa. “ Il libro ucciderà l’architettura” scrisse V. Hugo in Notre Dame de Paris, spaventando a posteriori il giovane F.L. Wright, ma ora che l’informazione ha recuperato la spazialità grazie alle tecnologie informatiche, ed anche il pubblico grazie alla rete Internet (basti pensare al Virtual Guggenheim Museum prodotto dagli architetti Asymptote), sembra proprio che la disciplina dello spazio sia l’unica in grado di essere supporto alla contemporaneità nella sua veloce mutazione. Se almeno per adesso, come nota S. Sassen, il telelavoro pare impossibile da realizzarsi compiutamente per necessità logistiche dettate dalla distribuzione dei servizi e dalla pratica del subappalto di frammenti di lavoro, allora effettivamente la citt à t ende a conf igurarsi come una “ border zone” dove gli spazi convenzionali si est endono grazie al sovraff ollarsi del re-


Lecco

Asymptote, Virtual Guggenheim Museum. pertorio di immagini che li può, in pot enza quant o ef f et t ivamente, occupare. Certi lavori progettuali contemporanei si spingono infatti in tale direzione affrontando il tema della città così come quello dell’ abit azione privat a: un chiaro esempio ne è la mostra itinerante del MoMA di New York The Un-Private House in cui spiccano la Slow House di Diller+Scofidio, la Digital House di Hariri & Hariri, la Kramlich residence di Herzog & de Meuron tutti lavori impegnati a sviscerare le possibilità di intersezione tra spazi reali e virtuali; ancora, ricordando che l’intangibilità dello spazio era cosa già assunta da tempo in Estremo Oriente, è giusto citare la metaforica mostra Toyo Ito Architetto a Vicenza e soprattutto la serie dei Pachinko Parlor disegnati da Kazuyo Sejima in cui la scritta riesce a trasfigurare lo spazio nella sua semplicità. “ La città esiste come una serie di duplicità: ha una cultura ufficiale ed una nascosta, è un luogo reale ed al tempo stesso immaginario. La sua elaborata rete di strade, case, edifici pubblici, sistemi di trasporti, parchi e negozi corre parallelamente al complesso di atteggiamenti, abitudini, costumi, aspettative, e speranze che appartengono a noi in quanto soggetti urbani. Scopriamo che la realtà urbana non è unica ma molteplice, che all’interno di una città ce n’è sempre un’altra” scrive E. Soja cercando di puntualizzare come l’avvento di una nuo-

va era dell’informazione non stia conducendo alla “ fine della geografia” o ad un “ mondo senza confini” ma ad una “ riterritorizzalizzazione contemporanea” ossia ad una ristrutturazione del concetto di identità territoriale. Pare giusto allora ricordare il concetto di iperrealtà definito da J. Baudrillard: nel momento in cui la capacità di distinguere tra reale e immaginato/virtuale si indebolisce, sostiene Baudrillard, si genera un altro tipo di realtà, un’iperrealtà, e inizia a scorrere nelle nostre vite quotidiane generando un alt ro st at o di coscienza. Il risultato si può definire come “ precessione dei simulacri” cioè una condizione, tra l’altro sottolineata dal crescent e uso met odologico del CAD in architettura, in cui le immagini paiono venire let t eralmente prima dei loro referenti o addirittura in loro assenza; l’eff et t o part icolarissimo e t ant o spesso aborrito come mancanza di nuovi idee/concetti, è quello di rendere significato il significante, cioè di trasformare l’aspetto in essenza. Ciò naturalmente può causare anche uno st at o conf usionale nell’individuo abituato alla spazialit à t radizionale: ben lo dimostrano gli studi di C. Olaquiaga riguardo alla cosiddetta psicastenia spaziale cioè al disturbo nella relazione tra il Sé (il proprio spazio fisico/materiale) ed il territorio circostante, in questo caso immateriale. La sensazione psicastenica è quella di es-

sere persi nello spazio, ciechi o rapiti di fonte ad alcune immagini/avvenimenti, in breve una sindrome di Stendhal del vivere quotidiano. Ma per dimostrare come ciò sia una esperienza abbastanza comune, e spesso inconsapevolmente esperita, è sufficiente fare appello al fiorire della cultura letteraria ciberpunk prendendo come esempio i romanzi di W. Gibson (scrittore del famosissimo Johnny Mnemonic ed inventore del termine ciberspazio). Intanto, mentre Atlanti Eclettici, secondo la definizione di S. Boeri, sondano città parallele e città trasversali, città sfuggenti alle viste zenitali ed ai termini dell’urbanistica classica ma non agli individui, si apre la possibilità di entrare nella città attraverso quella che ne sembra la via di evasione. Se tanto facilmente e intensamente il territorio fisico riesce a riversarsi in quello virtuale, a tal punto da scomparire e da rimanere solo come un vago inizio, se tanto facilmente le matrici numeriche, come farmaci derridiani, riescono a sostituire l’immagine della città, forse è plausibile pensare che la “ precessione dei simulacri” sia un buon metodo, critico ai fondamenti proprio perché eternamente mutevole, per ritornare a interrogare lo spazio urbano senza correre il rischio di inventarsi nuovi inganni retorici. I “ Datatown” , come li chiama W. Maas, allora saranno i più sinceri stimoli, i migliori paragoni e le migliori metafore per parlare della città che c’è, c’è stata ed innumerevoli volte ci sarà? Alessandro Martinelli Bibliografia minima: M VRDV, FARM AX, Rot t erdam 1998 AAVV, Mutations, Bordeaux 2000 AAVV, Città globali/Planning, disturbi, architettura/Infrastrutture, Lotus 110, Electa T. Riley, The Un-Private House, New York, 1999 A. Sdegno, L’architettura nell’epoca del comput er, Casabella 691, Electa G. Abou-Jaoudé, Impronta e simulazione, Lotus 104, Electa W. Gibson, Aidoru, Milano, 1997

Pierfranco Mastalli Assessore al Territorio e Trasporti, Provincia di Lecco Informazioni: Centro italo-tedesco Villa Vigoni Deutsch-italienisches zentrum Villa Vigoni via Giulio Vigoni 1 22017 Loveno di Menaggio (Co) tel. 0344 36111 fax 0344 361210 www.villavigoni.it

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Informazione

Herzog & de Meuron, Kramlich residence.

Comunicato stampa Si comunica che Presso il Centro Italo-Tedesco Villa Vigoni a Loveno di Menaggio in Provincia di Como si sta svolgendo in questi giorni la seconda edizione dell’Accademia di Architettura, i cui partecipanti, martedì 26 febbraio hanno visitato la Valsassina seguendo un itinerario tematico proposto dai rappresentanti della Comunità Montana e sono stati ricevuti in Provincia dall Assessore al Territorio e Trasporti Pierfranco Mastalli e dal Dirigente arch. Ernesto Crimella per un inquadramento conoscitivo dei luoghi oggetto di studio. Si tratta di un’esperienza didattica di alto livello formativo in collaborazione fra la Facoltà di Architettura di Darmstadt e la Facoltà di Ingegneria di Ancona, imperniata sul tema Città e Montagna, focalizzata nell area montana della Valsassina, Val d Esino, e Valvarrone. L’Accademia di Architettura si avvale di contributi seminariali e di conferenze di alcune personalità di rilievo nell attuale panorama scientifico nel campo della progettazione e composizione: il prof. Luigi Snozzi di Locarno, il prof. Emilio Battisti del Politecnico di Milano, il prof. Stefano Boeri, attivo presso IUAV di Venezia e il Berlage Institute di Rotterdam, il prof. Cino Zucchi del Politecnico di Milano. L’Accademia di Architettura prosegue i suoi lavori fino al 6 marzo sotto il coordinamento dell arch. Rita Colantonio dell Università di Ancona e degli architetti Vera Martinez e Christiano Lepratti dell’Università di Darmstadt e con la collaborazione degli architetti Susanne Lehmann (TU Darmstadt) e Giovanna Paci (IDAU Ancona). Anche in questo caso le attività realizzate a Villa Vigoni forniscono un contributo significativo all’analisi di problemi centrali del territorio circostante. Giovedì 7 marzo i risultati dei lavori verranno presentati a Villa Monastero, a Varenna, grazie all ospitalità della Provincia di Lecco, e discussi con alcuni rappresentanti delle istituzioni locali direttamente coinvolte: la Provincia stessa, e la Comunità Montana Valsassina, e i rappresentanti degli enti patrocinanti: la Regione Lombardia e gli Ordini degli Architetti di Sondrio e Lecco. Lecco, 4.3.2002


Milano

Informazione

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CITTABILE, vivere e muoversi tutti in autonomia e libertà Nel dicembre scorso la sala Impluvium della Triennale di Milano ha ospitato un Seminario intitolato CITTABILE, vivere e muoversi tutti in autonomia e libertà, indetto dall’Istituto italiano design e disabilit à (IIDD) e dal Centro europeo di ricerca e promozione dell’accessibilità (CERPA). Questi due enti hanno dato vita nel 2001 ad una iniziativa culturale denominata Design for All che consiste nel progettare ambienti, prodotti, servizi e sistemi tali da risultare sufficientemente flessibili e utilizzabili in modo diretto (cioè senza dover ricorrere a successive modificazioni o elementi aggiuntivi) da parte di persone che presentano un’ampia gamma di abilità, in relazione al maggior numero possibile di situazioni che si possono presentare nel corso dell’esistenza. In occasione della Giornata Internazionale della Persona Disabile (3 dicembre) e del seminario alla Triennale di Milano, l’IIDD e il CERPA hanno premiato le persone che maggiormente si sono distinte nella diffusione di una cultura dell’integrazione e dell’uguaglianza. Quest’anno l’iniziativa, che avrà cadenza biennale, ha conferito la Targa di Riconoscimento Premio alla Carriera all’architetto Antonio Ornati e al dottor Piergiorgio Mazzola, pionieri ed anticipatori della cultura dell’accessibilità e della piena integrazione delle persone disabili. Antonio Borghi Deliberazioni della 96° Seduta di Consiglio del 11.2.2001 Domande di prima iscrizione present at e nel mese di dicembre 2001 (n. 72, di cui 57 architetti unicamente l.p. e 15 architetti che svolgono altra professione): 12668, Ascolese, Barbara Nadia Carmela, 19.9.1972, M ilano; 12718, Beretti, Andrea, 10.2.1974, Busto Arsizio; 12716, Bertolini, Paola, 8.2.1972, Sesto S.Giovanni; 12658, Bif f i, Alessandro, 23.11.1974, Milano; 12676, Boccato, Gianpiero, 25.12.1967, Milano; 12690, Bonan, M aria, 6.6.1954, Padova; 12679, Borioli, Elena, 11.5.1974, Castellanza; 12654, Borsani, Stefano, 13.11.1973, Busto Arsizio; 12665, Brivio, Lara, 4.3.1967, Milano; 12666, Cacciat ore, Giovanna, 24.1.1969, Bollate; 12667, Canevari, Laura, 31.8.1971, Milano; 12662, Carena, Silvia, 6.12.1971, Milano; 12652, Carpi De Resmini, Mauro, 16.2.1972, Milano; 12693, Ciccioni, Claudio Adriano, 17.3.1972, M ilano; 12672, Cicioni, Daniela, 5.1.1971, Milano; 12673, Cicioni, Manuela, 5.1.1971, Milano; 12717, Colnago, Sabrina, 17.12.1974, Mon-

za; 12714, Colombo, Luca, 11.8.1973, Seregno; 12657, Colombo, Paolo, 25.2.1969, Milano; 12709, Cont i, Gianluigi, 31.5.1970, Vimercate; 12712, Corti, Giorgio, 6.1.1972, Monza; 12699, Cort ini, Angela, 20.4.1967, Milano; 12705, Costa, Mauro, 29.1.1970, Milano; 12694, De Masi, Laura, 16.3.1973, Milano; 12706, De Ponti, Luca Attilio, 14.6.1971, Desio; 12659, Distaso, Rosario, 13.10.1973, Milano; 12688, Fattiboni, Francesca Chiara Maria, 24.6.1973, Milano; 12722, Fedegari, Daria, 11.6.1963, Pavia; 12675, Forleo, Claudio, 6.1.1972, Rho; 12661, Fortunati, Andrea, 27.6.1968, Milano; 12655, Franco, Fabrizio Nicola Angelo, 18.1.1974, Milano; 12656, Gaddoni, Cristina, 9.2.1972, Milano; 12663, Galbusera, Katia, 24.12.1971, Monza; 12715, Gennari, Paolo, 9.6.1975, Castel San Giovanni; 12703, Gonella, Cesare, 16.10.1975, Seregno; 12686, Gozzi, Francesca, 21.5.1974, Milano; 12664, Griotti, Giulia Daria, 11.5.1971, Milano; 12723, Guizzetti, Cristina, 12.4.1963, Bergamo; 12707, Iddas, Giuseppe, 10.8.1972, Ozieri; 12719, Lanzoni, Ivan, 4.11.1972, Milano; 12696, Lombardi, Angelo M assimo, 13.11.1969, Rho; 12681, Lombardi, Tiziana, 1.4.1971, Campobasso; 12697, Lostumbo, Franco, 26.12.1968, Rho; 12650, M ariani, Elena, 2.7.1974, Monza; 12724, Martignon, Luca Giuseppe, 15.7.1962, Busto Arsizio; 12701, Mazza, Rossella, 11.1.1963, Milano; 12713, Mazzolari, Silvia, 17.3.1972, Venezia; 12651, Medaglia, Davide Enrico, 30.10.1967, M ilano; 12685, Melzi, Annalisa, 20.9.1973, Milano; 12700, Miceli, Antonio, 26.12.1968, Vibo Valentia; 12698, Mirandola, Vanni, 6.9.1955, Villimpenta; 12710, Monnini, Claudio Ottorino Rodolfo, 12.5.1965, Milano; 12689, Nespoli, Fabio, 2.5.1973, Giussano; 12687, Nicolussi, Stefano, 6.12.1973, Vimercate; 12720, Pasquinelli, Sonia, 28.11.1974, Milano; 12678, Pastori, Raffaella, 2.6.1972, Inveruno; 12653, Patrizio, Barbara, 14.4.1973, Sesto S.Giovanni; 12669, Percudani, St ef ania, 27.8.1972, Milano; 12711, Pessina, Cristina, 20.2.1976, Monza; 12680, Pierro, Saverio Natale, 25.10.1972, Milano; 12725, Piraino, Luca Letterio, 13.1.1972, Trento; 12682, Pistola, Giovanna, 10.3.1965, Milano; 12674, Pizzonia, Andrea, 28.6.1973, Milano; 12671, Plebani, Davide, 23.2.1972, Milano; 12726, Poli, Cristina, 1.4.1965, Torino; 12727, Popist eanu, Crist ina Nicolet a, 2.12.1950, Bucarest; 12684, Ricci, Giuseppe, 16.5.1972, Bergamo; 12721, Romano’, Andrea, 10.6.1971, Rho; 12702, Romano’, Miriam, 27.4.1972, Bollate; 12708, Rosset t i, M at t eo, 21.11.1974, Milano; 12670, Rudoni, Stefania, 19.4.1972, Viareggio; 12683, Sala, Stefano Am-

brogio, 10.8.1968, Desio; 12728, Santeramo, Brunella, 3.1.1970, Matera; 12677, Sfredda, Alessandra, 23.11.1966, M ilano; 12692, Simonet t o, Carlo, 24.10.1973, Cantù; 12660, Tatt oli, Elisa, 29.7.1974, M ilano; 12704, Tripaldi, Tommaso, 12.3.1963, Limbiate; 12695, Truglia, Fabio, 10.5.1970, Legnano; 12691, Vangelist a, Paola, 27.9.1967, Milano. Iscrizioni per trasferimento da altro Albo: Daria Fedegari da Pavia; Cristina Guizzetti da Bergamo; Luca Giuseppe Martignon da Varese; Luca Letterio Piraino da Trento; Cristina Poli in Guastamacchia da Torino; Cristina Nicolet a Popist eanu da Cagliari; Brunella Santeramo da Matera. Cancellazioni su richiesta: Fosca Agostinetti; Angelo Bernasconi; Bruno Bertuccioli; Noemi Maria Degli Occhi; Fabio Domenico De Marco; Ettore Manzoni; Cesare Mercandino; Anita Bambina Olgiati In Treichler; Diamante Maria Pirovano; Antonella Marica Riffaldi; Adelio Strada. Cancellazioni per decesso: Umberto Cantoni, Edoardo Carcano, Umberto Agudio. Cancellazioni per trasferimento ad altro Albo: Gloria Enrica Cerliani a Roma; Alice De Andreis a Imperia; Lucia Vitari a Firenze. Inoltre: Inserimento nell’Albo d’Onore: Angelo Bernasconi, Bruno Bertuccioli, Ettore Manzoni, Cesare Mercandino, Anita Bambina Olgiati in Treichler; cancellazioni dall’Albo d’Onore per decesso: Gianni Albricci, Paolo Andrea Sormani; Rilascio di n. 10 nulla osta per trasferimento ad altro Albo: Pierstefano Bellini e Francesca Romana Marino a Roma; Cristina Castelli e Mauro Furia Bonanomi a Lecco; Ettore Filograna a Lecce; Andrea Maria Morandi a Varese; Salvatore Regio e Marcella Rossin a Catanzaro; Umberto Roncoroni a Como; Rita Paola Spinelli a Udine.

Pavia Seminario Abitare/Corpo: 4 gradi d’intimità Pavia, Santa Maria Gualtieri Curatore Architetto Luca Micotti • Luisa Bonesio, Professore di Estetica Attraversare la soglia lunedì 18 marzo 2002 ore 21 • Massimo Morasso, Scrittore L’opera della vista e l’opera del cuore. Nove modi di guardare una finestra lunedì 15 aprile 2002 ore 21 • Vittorio Ugo, Architetto Hestía: il luogo e il rito del desinare lunedì 6 maggio 2002 ore 21 • Claudio Risé, Psicanalista In fondo è il letto lunedì 27 maggio 2002 ore 21 A un anno dal seminario Appartenere Rappresentare Costruire / Paesaggio luogo della mente, gli architetti pavesi si riuniscono nuovamente per riflettere sui temi più vivi del fare architettura. Con questo seminario ci occupiamo della casa, osservandola dall’originale angolatura scelta dalla Commissione Cultura dell’Ordine e dagl’illustri relatori ospiti. Davanti ai formidabili mutamenti in corso, che coinvolgono il pensiero, l’economia, il costume e le abitudini (anche il nome del nostro Ordine professionale quest’anno è cambiato in seguito all’” armonizzazione” europea) si sente il bisogno di fermarsi a riflettere. Anche quest’anno ci interrogheremo insieme a tutti i cittadini che vorranno farlo con noi, perché i temi più profondi dell’abitare non appartengono ai “ tecnici” ma all’intera comunità. Marco Bosi Presidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Pavia Prosegue con questa seconda serie di conversazioni la riflessione suggerita dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Pavia e da noi calorosamente sostenuta sul senso dell’abitare, frutto della coscienza di appartenere al mondo ed anche strumento per modificarlo attraverso il nostro operato. Dal Paesaggio luogo della mente, tema dello scorso anno, si dialoga ora sulla casa, sullo spazio dell’intimità domestica come luogo del corpo. Dall’esterno, dalla visione che noi abbiamo del mondo che ci circonda, agli interni della nostra quotidianità, agli spazi consueti, conosciuti, rassicuranti, che soddisfano i nostri bisogni primari, la fame, il sonno, l’amore. Ma anche, dall’altro lato, che separano, a volte limitano, accentuano il disagio di vite parcellizzate sempre più solitarie. Ecco quindi che la casa, e la progettazione architettonica che la crea, deve dialogare con il corpo, seguirne le esigenze e “ costruire” benessere anche dello spirito. Per questo motivo, come già sperimentato con successo, gli incontri accolgono contributi multidisciplinari: filosofia o meglio geofilosofia, estetica, letteratura, psicanalisi e architettura. Dialogare e interrogarsi ha senso infatti solo quando lo si fa da punti di vista e di pensiero diversi, perché la vita è complessa, è reale e


Eligio Gatti Assessore Cultura, Turismo e Promozione della Città - Comune di Pavia Nelle numerose “ Annunciazioni” , dipinte dal Beato Angelico, lo spazio del portico-vestibolo, in cui avviene l’evento, rappresenta il luogo che per eccellenza esprime le proprietà dell’abitare. È lo spazio della soglia che si pone a cerniera fra spazio esterno aperto, che qui assume il carattere di giardino-eden pieno di luci e colori, e lo spazio domestico dell’interiorità raccolto nella penombra e impastato in una materia omogenea. La porta è un semplice vano aperto in un muro bianco che lascia appena intravedere la presenza di una vita interiore segnata da pochi oggetti di arredo: una panca o un tavolo oppure un letto, pudicamente velato da una tenda. Quasi sempre appare, in fondo, una piccola finestra posta in alto che vuole essere segno dell’abitare interno piuttosto che affaccio sul paesaggio. Essa non porta la luce, ma solo l’aria fresca che rende confortevole il viverci. Solo il loggiatovestibolo ha il ruolo di appropriarsi del paesaggio e di collegarlo al puro atto artificiale della stanza che diventa altro dalla natura, poiché essa protegge l’uomo dalle avversità e lo isola da tutto quanto è esterno alla sua intimità. Non è un caso che, in questi dipinti, l’esterno venga rappresentato dal giardino-eden, dopo la cacciata, in cui domina il tema del rimorso e della sofferenza. Ma ciò che è ammirevole è che tutto questo è sfondo di un racconto in cui i due personaggi, l’An-

gelo e la Madonna, sono essi stessi metafore delle due strutture spaziali. Il messaggero, lieve e ubiquitario, domina lo spazio esterno del movimento e, da lontano, le sue ali lo hanno trasportato sulla soglia della casa presso cui si ferma e annuncia la notizia. La futura madre, lo accoglie seduta. Essa è lì, ferma, come la sua casa, poiché appartiene ad un luogo e lo abita. Quei semplici arredi sono il segno del focolare, del convivio, del riposo e dell’amore. Remo Dorigati Abitare L’essenza del costruire è il “ far abitare” . Il tratto essenziale del costruire è l’edificare luoghi mediante il disporre i loro spazi. Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire. Pensiamo per un momento a una casa contadina della Foresta Nera, che due secoli fa un abitare rustico ancora costruiva. Qui, ciò che ha edificato la casa è stata la persistente capacità di far entrare nelle cose terra e cielo, i divini e i mortali nella loro semplicità (einfältig). Essa ha posto la casa sul versante riparato dal vento (…). Essa non ha dimenticato l’angolo del Signore (Herrgottswinkel) dietro la tavola comune, ha fatto posto nelle stanze ai luoghi sacri del letto del parto e dell’“ albero dei morti” , come si chiama là la bara, prefigurando così alle varie età della vita sotto un unico tetto l’impronta del loro cammino attraverso il tempo. Ciò che ha costruito questa dimora è un mestiere che, nato esso stesso dall’abitare, usa ancora dei suoi strumenti e delle sue impalcature come di cose. Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire. Il richiamo alla casa contadina della Foresta Nera non

vuol dire affatto che noi dovremmo e potremmo tornare a costruire case come quella, ma intende illustrare, con l’esempio di un abitare del passato, in che senso esso fosse capace di costruire (Martin Heidegger). Heidegger non è nostalgico. La ricerca Costruire Abitare Pensare è contemporanea, e diremmo assonante, con le sperimentazioni dei maestri dell’architettura moderna. Oggi, a cinquant’anni esatti dalla sua pubblicazione, davanti alla progressiva perdita di luogo sia come cancellazione delle differenze fra i luoghi, sia come perdita della capacità di rapporto simbolico con i luoghi dell’abitare(Luisa Bonesio) filosofi e architetti tornano sugli stessi interrogativi. Il panorama domestico (e urbano) contemporaneo, sempre più uniformato da standard igienici e produttivi, e falsamente rassicurato dal gusto vernacolare, dal mito tecnologico e dall’ossessione conservativa, sollecita immaginazione. Sollecita progetti d’architettura sensuali, aperti, plurali. Nati da un abitare capace di narrare. Corpo Il seminario si interroga sullo spazio domestico osservandolo come luogo del corpo. L’architettura (scrive Peter Zumthor) ha con la vita un rapporto soprattutto corporeo (…) recipiente sensibile per il ritmo dei passi sul pavimento, per la concentrazione del lavoro, per il silenzio del sonno. L’indagine guarderà alle relazioni abituali e narrative che il nostro corpo intrattiene con l’abito di pietra(Marinella Cantelmo) della nostra abitazione. Il corpo che arriva fra le mura domestiche, prende cura di sé, si alimenta e riposa, il corpo nudo di Erose Thànatos, quello trasognato nelle stanze di casa, il corpo costretto da un abitare confinato, aiuteranno a rinnovare la percezione delle cose appiattita dall’abitudine (Hans Robert Jauss). Quattro gradi d’intimità La soglia: luogo della dialettica identità/alterità. Luogo del ritrovare, del distacco, dell’attesa, dell’irruzione dell’inaspettato (Annunciazione). La finestra: apertura filtrata dalle gelosie, sigla dell’intimità conquistata dentro le mura domestiche (il Bacio di Edward Munch e il bacio di Compleanno di Marc Chagall). Luogo dell’intimità violata(François Truffaut) nel voyeuristico Finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, oggi surrogato dalla televisione. La tavola: centro della cena famigliare, con i bambini e la tovaglia bianca (sposa). Luogo della vergine del focolare, del rito ebraico femminile dell’accensione delle candele il sabato, della liturgia della mensa (pane/corpo) cristiana. Il letto: grado più intimo dell’abitare domestico. Giaciglio, nizdos, nido. Ma nido domestico, nido nuziale, rimanda alla dimora: chiude il cerchio di questa intimità. Luogo del corpo, luogo domestico, luogo architettonico formativo dell’immaginazione: spazio creativo che si genera nella relazione madre bambino e si amplia nel processo di separazione-individuazione. Èlo spazio della creazione, del linguaggio e della narrazione; gli oggetti narrano, ovvero possono essere ascoltati nei loro racconti se questo spazio si è costituito,

altrimenti in luogo di un dialogo creativo vi sarà quella che Winnicott ha indicato come compiacenza, adattamento ad uno spazio occupato da oggetti silenti e persecutori nella loro algida estraneità. (Furio Ravera) Luca Micotti Bibliografia Martin Heidegger, Saggi e discorsi (a cura di Gianni Vattimo), Milano 1976 Luisa Bonesio, Terra, singolarità, paesaggi, in Orizzonti della geofilosofia, Casalecchio 2000 Peter Zumthor, Pensare Architettura, Baden CH 1998 Marinella Cantelmo (a cura di), Il castello il convento il palazzo, Firenze 2000 Hans Robert Jauss, Apologia dell’esperienza estetica, Torino 1985 François Truffaut cit. in Il Morandini 2001, Bologna 2000 Furio Ravera, in AL, n° 5, maggio 2000 Attraversare la soglia De limine /trans limen - ricalcando l’alternativa fra stasi e attraversamento che oppose Martin Heidegger e Ernst Jünger sul problema della linea del nichilismo - potrebbe essere sintetizzata la questione che pone la soglia: linea divisoria e barriera opposta a chi pretende di entrare in uno spazio identificato, e/o apertura per l’ingresso in un luogo d’incontro e accoglienza, amicizia e ospitalità. E, come ogni apertura, schiusura all’irruzione dell’altro, dell’evento che potrebbe vanificare la pretesa di protezione e rassicurazione all’interno di termini de-finiti, della delimitazione di un heimlich, una domesticità consacrata e riparata, privatezza sottratta alla sovraesposizione del pubblico. Apertura/chiusura, identità/alterità, entrata/uscita, stasi/movimento, privato/pubblico, domestico/estraneo; ma anche solitudine/amicizia, introversione/socialità, emarginazione/solidarietà. Forse occorre prima di tutto domandarsi da quale lato ci collochiamo, pensando alla soglia: sul suo versante interno, aprendo (o chiudendo) la porta alla venuta dell’estraneo; o, al contrario, dalla parte del fuori, di chi si accinge a entrare per (ri)trovare uno spazio d’intimità e accoglimento? La soglia, linea sottile, e innanzitutto simbolica, dell’attraversamento segna più che mai l’indecidibilità straniante tra io e altri, identità e alterità, mostrando che ciascuno può trovarsi dall’una e dall’altra parte, attraversato dall’impossibilità di arroccarsi in una stabile chiusura o di votarsi a un’erranza senza protezione. Soglia come figura emblematica del passaggio, più che mai cruciale, di un’epoca che, non sapendo più abitare ed essendosi lasciata alle spalle tutte le soglie e tutte le chiusure alla volta dell’indefinita estensione tecnica del nichilismo, si trova ad affrontare il paradosso di un mondo senza porte e senza finestre che non siano virtuali. Luisa Bonesio insegna Estetica nell’Università di Pavia e Geofilosofia nel Corso di formazione per la tutela e la valorizzazione dei siti preistorici lombardi e nazionali a Milano. Studiosa del pen-

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ideale, conscio e inconscio, poesia e prosa, profondità e banalità e molto altro ancora.


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siero di Nietzsche, Spengler, Jünger e di estetica del paesaggio e di geofilosofia, si sta dedicando da alcuni anni all’elaborazione di un pensiero delle differenze territoriali, con particolare attenzione alla montagna e alle regioni alpine. Tra i suoi scritti più recenti: Geofilosofia del paesaggio, Mimesis 1997 e 20012”; Passaggi al bosco. Ernst Jünger nell’era dei Titani (con Caterina Resta, Mimesis 2000), Oltre il paesaggio. I luoghi tra estetica e geofilosofia (Arianna, in stampa). Ha curato e postfato vari volumi, tra cui la raccolta di AA.VV., L’anima del paesaggio tra estetica e geografia (Mimesis 1999), e i collettanei, di cui è anche coautrice, Geofilosofia (Lyasis 1996); Appartenenza e località: l’uomo e il territorio (SEB 1996); Orizzonti della geofilosofia. Terra e luoghi nell’epoca della mondializzazione (Arianna 2000), Ernst Jünger e il pensiero del nichilismo (Herrenhaus, in stampa), La montagna e l’ospitalità. Le Alpi tra selvatichezza e globalizzazione (Arianna, in stampa). L’opera della vista e l’opera del cuore. Nove modi di guardare una finestra Nel corso del secondo novecento, la finestra ha cambiato volto. L’apertura sul microcosmo del vicinato e sullo sconfinato del paesaggio, le scene condivise della nostra storia, sembra sostituita, oggi, dallo schermo globale della televisione e di internet. Le finestrine dei “ personal computer” e i megaschermi ad uso “ home theater” si stanno rivelando sempre di più come le cartine di tornasole di un’intimità familiare problematica, che spesso non riesce ad essere che un surrogato domestico di un montante disagio sociale. Ridotta la distanza virtuale fra noi e il mondo, è aumentata al contempo la distanza fisica tanto fra noi e l’altro da noi, quanto, a prima vista paradossalmente, fra noi e noi stessi. La perdita di centralità della finestra nell’abitazione contemporanea, può essere letta come un segno di ciò che appare come un irreversibile processo di disgregazione di quel tessuto affettivo in qualche modo unitario in cui è andata ordendosi per secoli la trama delle nostre relazioni più essenziali. Squalificata la finestra a mera funzione aeroilluminante, l’occhio tende a chiudersi alle dimensioni dell’aperto, e da organo di percezione sottile rischia di ridursi alla misura di una miopia che non vede più il divenire spettacoloso del mondo ma, piuttosto, la sua rappresentazione voyeuristica, il suo simulacro tecnologicamente mediato. In questo senso si può dire che all’habituscui fino al cosiddetto postmoderno corrispondeva un compito singolare e inesauribile di svelamento delle immagini - l’opera del cuore nell’ultimo ventennio è andato sovrapponendosi una sorta di filtro derealizzante che blandisce la coscienza collettiva con un troppo di immagini - l’opera della vista - per l’esperienza delle quali, a rigore, non c’è nemmeno bisogno dell’integrità senziente di un corpo, né dell’intenzione che questo corpo situa di volta in volta in un tempo e in uno spazio. A una visione più o meno ingenuamente simbolica

del mondo, si contrappone adesso una visione da caleidoscopio, se non da Wunderkammer: dove osservante e osservato non sono che gli attori, su differenti piani, di una medesima illusione. Al declino e quasi alla scomparsa dello sguardo contemplativo, sanno resistere, più degli altri, gli artisti, e fra gli artisti, in particolare, i poeti, questi forzati all’interrogazione continua circa il nesso cruciale che lega il visibile e la sua ombra alla loro dicibilità. Il secolo che ci siamo lasciati alle spalle, ha dato ampia, appassionata testimonianza di un pensiero asistematico, il pensiero rivelativo proprio della grande poesia, che ha fatto della finestra uno dei temi privilegiati della sua indagine intorno al senso dell’abitare, cioè, in ultima istanza, intorno al senso dell’aver cura. Seguire alcuni passi di nove maestri della parola (e di qualche loro compagno di viaggio) intorno al luogo comune della finestra può aiutarci forse a comprendere ragioni e sragioni della svolta epocale in cui siamo coinvolti. Massimo Morasso laureato in Lettere, ha tradotto e curato in volume testi di W.B.Yeats, Y.Goll, N.S.Momaday ed E.Meister. È redattore di “clanDestino” e “La Clessidra”, nonché dei quaderni di scrittura “Arca”. Suoi interventi critici e creativi sono comparsi su varie riviste, fra le quali “Hortus”, “Origini”, “Poesia”, “Testo A Fronte”, “MicroMega”, “L’area di Broca”, “Antologia Viesseux”, “Humanitas”. Autore di una trilogia poetica (La leggenda della primavera, 2000), come poeta è presente in alcune antologie, tra cui Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000, a c. di F.Loi e D.Rondoni, Garzanti, 2001. Ha ideato e promosso numerose iniziative editoriali. È direttore del muvita di Arenzano, l’unico centro di animazione culturale in Italia interamente dedicato alle scienze e alle tecnologie ambientali. Hestía: il luogo e il rito del desinare La metafora analogica tra micro- e macro-cosmo, tra corpo umano e corpo costruito dell’edificio attraversa l’intera storia delle teorie architettoniche, da Vitruvio a Le Corbusier, da Filarete a Hugo Häring. Abitare significa, anche, aver l’abitudine a un dato ambiente, al cui corpo il nostro è “ abituato” ; un’abitudine per così dire “ attiva” : si abita “ una” casa o “ una” città, piuttosto che “ in un” luogo; e il progettare è un saper istituire la forma di tale rapporto, dal momento che - Heidegger - “ soltanto sapendo abitare si potrà costruire.” Un momento intimo e rituale dell’abitare è certamente quello del pranzo, quello nel quale il corpo si alimenta e in qualche misura si rigenera; ma è anche quello della convivialità, del “ Simposio” , dello stare insieme, del conversare, della stasi, di una forma di riposo. Nella Grecia classica, la dea Hestía presiedeva a questo momento rituale, anche alla scala urbana: una koiné Hestía -banchetto comune - era allestita nella piazza in occasione delle feste e dei ricevimenti delle ambascerie.

Divinità femminile, dea del centro, del focolare (a Roma diverrà Vesta) e dell’attesa, Hestía era complementare a Hermês, il dinamico messaggero posto a protezione delle soglie, dei trivi e quadrivi, dei viandanti, degli scambi, del commercio (a Roma diverrà Mercurius e darà l’etimo alla parola “ merce” ), dei ladri. In un’epoca di fast food in cui sovente non si pranza ma si rifornisce il corpo, in cui costruiamo cucine rigorosamente separate dai luoghi della convivialità, in cui questa si riduce spesso a uno scambio affrettato di notizie, in cui il televisore ha sostituito il camino, occorre forse ripensare il rito del desinare, il luogo che l’accoglie e che esso contribuisce a definire, i ritmi temporali, l’” abitudine” che ne abbiamo e il rapporto che il nostro corpo ne riceve rispetto al corpo dell’architettura. Vittorio Ugo architetto e professore ordinario presso il Politecnico di Milano, ha insegnato “Progettazione”, “Teoria e storia dei metodi di rappresentazione”, “Storia della critica”, “Geometria” e “Rilievo”. Ricerca prevalentemente nel campo della teoria dell’architettura e della rappresentazione architettonica. Tra le sue opere: “Paesaggio, architettura” (1984), “Laugier e la dimensione teorica dell’architettura” (1990), “La questione architettura” (con R. Masiero, 1990), “I luoghi di Dedalo” (1991), “Kritéria” (1994), “Fondamenti della rappresentazione architettonica” (1994), “Architectura ad vocem” (1996), “Stile” (con E. Franzini, 1997). Ha pubblicato numerosi saggi sulla teoria, la storia e l’estetica dell’architettura in opere collettive e riviste italiane e straniere. Su questi temi, ha tenuto seminari e conferenze anche in Canada, Francia e Giappone, dove è stato più volte visiting professor. In fondo è il letto Il letto è, ancora, in fondo. Infatti, nel processo di progressiva esposizione al pubblico che accompagna il rapporto tra gli abitanti della casa e il mondo che li guarda, e cui essi guardano per trovare uno stile abitativo, il letto rimane comunque il luogo “ finale” , quello, inevitabilmente misterioso, in cui l’abitazione gioca la propria esistenza, e il proprio futuro. Esso rappresenta, ed occupa, uno spazio/tempo liminare, di contatto tra il mondo di veglia e quello del sonno, tra quello della coscienza e quello dell’inconscio, tra quello del dovere e della stanchezza e quello del piacere e del riposo. Inoltre esso rimane il luogo centrale della procreazione, e del rapporto - soprattutto a livello fantastico - tra gli attuali membri della famiglia e quelli futuri, che prenderanno forma proprio in quel luogo. Che ricorderanno, nei sogni, per gran parte della vita. E che in quel luogo rimarranno esposti, da morti, allo sguardo dei discendenti. In quanto immagine di confine, e di contatto, il letto è anche luogo di confronto, e di conflitto. Non a caso tutte le visioni religiose vedono il giaciglio come territorio strategico, in cui si decide lo stile e la direzione di tutto il resto della vita. Incontro e confron-

to con l’altro, con gli Dei, con i demoni, il letto definisce un campo energetico che raccoglie forze di origine, e direzione, contrastante. Dalla sua capacità di accoglierle, e comporne le dissonanze senza spegnerne la forza, dipende, in modo non solo metaforico, il benessere dell’individuo, e della piccola comunità in cui si muove. Spazio orizzontale per eccellenza, esso viene tuttavia incorporato nelle avventure della verticalità umana: dal letto si prega, e si sogna. È in quel luogo che si affaccia, più che in ogni altro spazio, la possibilità dell’estasi. Per tutte queste ragioni, ed altre ancora, il letto è in fondo. Claudio Risé psicoanalista e scrittore, ha sottolineato nel suo lavoro la relazione tra dinamica psichica e simboli del corpo, della cultura materiale, e della natura primordiale. Ha così aperto in Italia la riflessione sui riflessi del mondo Selvatico nella psiche individuale e collettiva col libro: Il maschio selvatico. Ritrovare l’istinto rimosso dalle buone maniere ( Red edizioni ), giunto oggi alla IX edizione, continuandola poi nei lavori successivi, fino al recente: Donne Selvatiche. Forza e mistero del femminile, scritto con Maria Paregger (Frassinelli). È membro dell’Istituto per gli studi Superiori Gerolamo Cardano, del Comitato Scientifico di Fondazione Liberal, e Chargé de Récherches alla Fondazione Eranos di Ascona. • Organizzatori Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Pavia, 3 piazza Dante 27100 Pavia, telefono 038227287 Comune di Pavia, Assessorato alla Cultura,Turismo e Promozione della Città 2 piazza Municipio 27100 Pavia, telefono 03823991 • Patrocinatori Provincia di Pavia Università degli Studi di Pavia • Curatore del Seminario Luca Micotti, Architetto, Responsabile della Commissione Cultura dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Pavia • Discussant Prof. Remo Dorigati, Architetto, Docente di Composizione Architettonica presso il Politecnico di Milano • Sponsor Edilcommercio S.r.l. S.S. 35 dei Giovi, Certosa di Pavia, telefono 03829361 info@edilcommercio.it Mobili Guidotti S.n.c., 338 via Emilia, Broni, telefono 038551288 • Bookshop Durante i mesi del seminario testi dei relatori saranno disponibili alla Libreria Il Delfino, 11/a piazza Vittoria 27100 Pavia (di fronte a Santa Maria Gualtieri), telefono 0382539384, libreriaildelfino@libero.it • Progetto grafico Luca Micotti, Architetto • Supporto multimediale Nico Papalia, Architetto • Stampa Tipografia Popolare, 4/a via San Giovannino, Pavia, telefono 0382572774, info@tipografia-popolare.it


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locali, come il soggiorno e la cucina in marmo di Varenna. I nuovi propriet ari la ribat tezzarono Villa Mainona, formandone il nome con le loro iniziali: M ai=M eier, No=Nort hia (l’ unica f iglia dei signori M eier), Na= Napoleone (padre della signora Angela Severini M eier) (2). La casa del cust ode (mappale 1629), erroneament e rit enut a in alcuni art icoli come Villa M eier, f u ricavat a dalla rimessa per auto e carrozze, alla quale furono aggiunt e le due scale

po la demolizione della villa Becker già Mack, e l’acquisto di t ut t o il t erreno (1924), f a rif eriment o su espressa richiesta dei committenti Meier, al giardino all’italiana di Villa Colonna a Roma, proponendo una rivisit azione classica in chiave rococò, in cui si inserisce molt o bene la set t ecentesca Tarocchiera ottagonale (6). Avendone constatato la perizia e il valore, il Comune lo chiamò per alcuni anni a fare parte della Commissione Edilizia, nell’ambito del-

“ casa di villeggiatura” dietro il giardino M eier, di f ront e al campo da tennis; l’architetto Lingeri f u per anni loro f iduciario, e sicurament e li consigliò nella rist rut t urazione del loro palazzo, port andolo alle forme regolari attuali. Intanto il signor Roberto Meier era divenut o President e della De Angeli Frua. Le opere di Pietro Lingeri a Milano, legat e a quest i due nominat ivi, sono cosa not oria. Lucia Pini

Pietro Lingeri, l’architetto nato a Tremezzo Piet ro Lingeri nacque a Tremezzo nel 1894 in f razione Bolvedro; qui visse e lavorò nei primi tempi della sua lunga carriera come architetto e anche dopo il suo t rasf erimento a Milano, vi ritornò regolarmente, e vi morì nel 1968. Qui si verif icarono alcuni avvenimenti decisivi che incisero positivamente sul corso della sua vit a prof essionale, come l’ incont ro con i signori M eier e i signori Rust ici. Il signor Roberto Meier, commerciante di cotone, originario di Zurigo, appart enent e alla ricca comunità protestante di M ilano, e abit ant e in Corso Venezia al numero 73, aveva acquist at o nel 1918 dalla f amiglia Riva una grande t enut a a Tremezzo sul lago di Como, cont enent e parecchi f abbricat i t ra cui la villa pat ronale ot t ocent esca, Villa Hortensia (mappale 436). Quest ’ ult ima f u danneggiat a da un incendio, forse doloso, nel 1919, quando i militari che la occupavano stavano smobilitando l’edificio e tutto il giardino adibit o ad aut oparco e deposit o carburant e (1). Il Lingeri fu probabilmente incaricat o di rist rut t urarla sia all’ est erno che all’ int erno, provvedendo anche all’ arredo e al rif aciment o di alcuni

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simmet riche est erne (3). Nel 1925-26 realizzò la serra con le limonaie e rist rut t urò nello st esso st ile la serra già esist ent e (4). L’ edif icazione della Quint a scenografica sul retro del parco è dovuta alla richiesta della signora Angela Severini Meier di erigere un muro decorativo che risolvesse il problema del dislivello t ra il piano del t ennis e il t erreno costeggiante la strada comunale, sulla proprietà ex-Peduzzi acquistata nel 1928 (5), e sulla quale era st at o creat o il campo da t ennis e il chioschet t o adibit o a bar con gli aff reschi del De Amicis evocanti la vendemmia, sul bancone rot ondo. Per il parco a lago, creato do-

Villa Meier (allora Hortensia) prima dell’intervento di Lingeri. In primo piano la vecchia chiesa (demolita nel 1892), sullo sfondo la Tarocchiera.

Particolare del parco a lago ispirato a Villa Colonna.

Villa Meier com’è oggi, dopo l’intervento del Lingeri che modificò il tetto e aggiunse il corpo scala esterno. la quale progettò e diresse altri lavori. Nel 1931-32 l’ Ente Villa Carlotta gli affidò la proget t azione di una passerella pedonale sul t errazzo della Darsena di Villa Carlotta (ora demolita), per cui chiese e ott enne l’ aut orizzazione prefettizia di usare il cemento armato (7). Risale agli stessi anni la costruzione dell’ edificio ormai famoso dell’ A.M .I.L.A. realizzato con il permesso di edificare strutture in cemento armato sotto la sorveglianza dell’ ing. August o Pini, come tecnico di fiducia della Reale Prefettura, con il quale collaborerà poi per il Lido di Bellagio (8). I signori Rust ici, resident i a M ilano in corso Sempione, possedevano a Tremezzo una

Note 1. Lettera della signora Angela Severini Meier, datata 2 ottobre 1919. 2. Notizia fornitami dal Marchese Oberto Pinelli Gentile di Castel Tagliolo, figlio della signora Northia, e unico nipote dei Meier. 3. In questa casa, con le mansioni di custode e giardiniere, dimorò fino alla fine degli anni ‘60 la famiglia Pesenti, di cui un figlio tuttora vivente, abita ancora in Comune di Tremezzo. 4. Lettera di Pietro Lingeri, datata 30 novembre 1926. 5. Lettera della signora Angela Severini Meier del 6 gennaio 1929. 6. Lettera del signor Meier all’architetto Lingeri, datata 16 maggio 1927. 7. Progetti Lingeri del 12 settembre 1931 e dell’11 gennaio 1932. Concessione del Prefetto del 9 febbraio 1932. 8. Lettera del Podestà all’architetto Lingeri del 26 aprile 1932.

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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro

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Ambiente La disfida dell’elettrosmog. La giunta regionale non applicherà la distanza di sicurezza (da “ la Repubblica” del 1.3.02) Franchi tiratori nella maggioranza e in Consiglio regionale passa una legge che alla maggioranza non piace per niente. Vieta antenne su scuole, asili, ospedali, centri sportivi. Dovranno essere sistemate a 75 metri di distanza. C’è un iter da rispettare che prevede tempi lunghi. La legge su questo punto è molto chiara” spiegano all’ARPA, l’Agenzia regionale per l’Ambiente. I Comuni “ devono riprendere in mano i piani regolatori, identificare gli edifici vicini alle antenne e verificare se è rispettata la distanza prevista. Se non è rispettata entro due anni le antenne devono essere spostate” . Intanto gli impianti proseguiranno nel loro lavoro. Perché “ esercitano un servizio pubblico in concessione governativa” , ottenuta sborsando miliardi. Se il Comune si fa verde. Le Iso 14000 sempre più importanti per la riqualificazione turistica del territorio (da “ Il Sole 24 Ore” del 13.2.02) Utilizzare le risorse ambientali come materia prima per attirare i turisti. È questa la ricetta vincente a giudicare dall’impatto che la certificazione ambientale Iso 14001 ha avuto sullo sviluppo turistico di Jesolo, Celle Ligure, Capri e Cesana Torinese. Quattro esempi di amministrazioni pubbliche che hanno deciso di scommettere sulla qualità ambientale dei propri territori per incrementare servizi e soddisfare le diverse esigenze della collettività. Costruzioni La certificazione resta fuori casa. Manca un soggetto che garantisca l’acquirente su tutti i requisiti dell’abitazione. Confedilizia: serve un ente privato (da “ Il Sole 24 Ore” del 13.2.02) Se si parla di mercato immobiliare abitativo le considerazioni che prevalgono negli acquirenti troppo spesso prescindono dalla qualità in senso generale per concentrarsi su questioni certo importanti, come l’ubicazione o l’aspetto esteriore del bene, o più semplicemente il prezzo, ma non aiutano ad affrontare l’acquisto nel mo-

do corretto. La casa non è un prodotto che si possa facilmente scomporre in un limitato numero di elementi, tutti controllabili e verificabili. La qualità è una somma di caratteristiche che difficilmente sono tutte soddisfatte al meglio. Negli anni scorsi erano sorti alcuni istituti di certificazione immobiliare, come Iiq-Qualitalcasa, con sede a Milano, promosso dall’Associazione di piccoli proprietari Confappi. Ma sono esperienze che non hanno conosciuto una reale diffusione. Diverse sono le ambizioni di Confedilizia, la maggiore associazione della proprietà immobiliare, che ha avviato da poche settimane un’analisi della situazione per ripartire da zero con la creazione di un’istituzione nuova o la promozione di una già esistente. Fa discutere il libretto delle istruzioni (da “ Il Sole 24 Ore” del 13.3.02) Sul “ Libretto del fabbricato “ si scaldano i motori. Egli animi. La proposta, ormai di qualche anno fa, è di elaborare una specie di volumetto, simile ai libretti d’uso e manutenzione dei macchinari, dove indicare la situazione giuridica, costruttiva e urbanistica dell’immobile. Ma trova su fronti opposti le due principali organizzazioni dei proprietari: l’Uppi (piccoli proprietari) è favorevole, mentre decisamente contrarie sono Confedilizia e Alac (amministratori condominiali). Energia L’acqua di falda usata come combustibile (da “ Il Giornale “ del 6.3.02) Combattere l’inquinamento e rendere più respirabile l’aria della metropoli e della provincia milanese utilizzando e sostenendo lo sviluppo di fonti di energia rinnovabile ed alternativa in grado di ridurre le emissioni tossiche dei gas ad effetto serra. Èl’obiettivo di un programma di interventi che la Provincia di Milano ha avviato firmando un protocollo d’intesa con la Regione Lombardia e il Comune. La campagna “ Aria pulita” parte da due progetti sperimentali di impianti solari fotovoltaici, che sfruttano cioè l’energia solare per produrre energia elettrica, in via di realizzazione in due scuole milanesi, l’Itis Lagrange e l’Itis Molinari e in tre istituti di Legnano. Utilizzerà invece l’energia geotermica prodotta dall’acqua di falda anziché gasolio e metano l’impianto di climatizzazione a pompa di calore in costruzione in un palazzo della Provincia in corso di Porta Vittoria che consentirà un risparmio energetico del 39% e ridurrà del 40% le emissioni di anidride carbonica. Paesaggio Alla Statale corso post laurea per esperti del verde urbano (da “ Il Giornale” del 18.2.02) Riqualificare Milano grazie all’Università. Ripristinare l’estetica del patrimonio verde di una piazza della città, rendere di nuovo funzionali gli spazi, restituirle la dignità di crocevia pubblico eliminando le cause di de-

grado ed esaltandone l’identità storica dell’insieme architettonico. Equanto potranno fare i partecipanti del corso di perfezionamento in Progettazione del verde degli spazi urbani all’Università degli studi di Milano. Infrastrutture Nel 2006 pronta una nuova tangenziale (da “ Il Giornale” del 20.2.02) Le tangenziali milanesi raddoppiano. Grazie ad un documento firmato a Palazzo Isimbardi che certifica la nascita della società che avrà in compito di promuovere “ un’opera storica, ha detto il Presidente della Provincia, Ombretta Colli, un nuovo anello di tangenziali capace di alleggerire il traffico e contrastare lo smog” . Della compagine fanno parte Milano-Serravalle, gestore delle attuali tangenziali e autostrade (32% di quote a testa), Intesa (20%), Milano-Torino e Brebemi, il consorzio per la superautostrada Milano-Brescia, entrambe con l’8%. La Provincia entrerà in società nelle prossime settimane, con il 15%. Milano Al via i lavori in corso Como, Garibaldi e Ticinese. Proteste dei commercianti. Il Comune: residenti soddisfatti (dal “ Corriere della Sera” del 22.2.02) Telecamere per proteggere le isole pedonali, dove i marciapiedi verranno allargati e compariranno tavolini e oggetti d’arredo. Nel giro di un paio di mesi verrà attivato un sistema di controllo elettronico all’ingresso delle tre nuove zone a traffico limitato. In corso Garibaldi, corso Como, corso di Porta Ticinese la circolazione sarà consentita solo ai residenti, ai taxi e alle ambulanze oltre che, dalle 8 alle 11 del mattino, ai mezzi di scarico. I commercianti infuriati annunciano iniziative di protesta e sostengono di aver subito finora un calo negli affari del 30%. Nel frattempo l’amministrazione presenta i progetti di Arredo Urbano per le tre zone. Urbanistica, direttore indagato. “Abuso d’ufficio per il maxi parcheggio d Linate” (da “ la Repubblica” del 14.2.02) Sale di livello l’inchiesta per il Maxi parcheggio di Linate: la procura ha iscritto nel registro degli indagati il direttore centrale dell’area pianificazione urbana Emilio Cazzani. Tutto gira intorno ad un’area non edificabile di 20.000 mq acquistata da una società, la Sosemi, nel 2000. Pochi mesi dopo il passaggio di proprietà, un atto del Comune la fa diventare edificabile. Moltiplicandone il valore. La Sosemi - che già aveva preso accordi con la Mc Donald e la Esso - comincia i lavori che però vengono bloccati dalla procura: quella struttura è proprio nel cuore della zona rossa, troppo vicina alla pista, laddove non si potrebbe piantare neppure un palo. Traffico e barconi i nemici dei Navigli. Malara e Rota: serve un solo ente gestore (dal “ Corriere della Sera” del 13.3.02)

Navigli: sono il simbolo e l’emergenza di Milano e delle città lombarde. Sono l’esempio di come, il sovrapporsi delle competenze, sia un ostacolo da rimuovere. Tutti hanno preso dai Navigli e nessuno ha dato” accusa Empio Malara, presidente dell’Associazione Amici del Navigli, “ La Regione se ne è infischiata e Milano ha fatto una politica contro. Una autorità unica è necessaria; ma bisogna far capire due cose: i Navigli non sono una nostalgia del passato ma una risorsa del futuro. L’acqua e il turismo sono risorse. Inoltre, è necessario che aumenti il senso civico, e che i cittadini spingano le amministrazioni a vare un progetto complessivo” . Lavori per le sponde dei Navigli. Accordo fra Regione e Comune (da “ Il Giornale” del 13.3.02) Un bando di gara prestissimo, per avviare i lavori sulle sponde dei Navigli. Epoi l’annuncio che a fine marzo riaprirà al traffico via Chiesa Rossa. Per quanto riguarda il consolidamento dei precari argini dei Navigli, a rischio ogni volta che piove pesantemente, Il Vicesindaco Riccardo De Corato ha annunciato un accordo con la Regione Lombardia, che divide con il Comune le competenze, che dovrebbe portare presto ad un bando di gara per l’appalto dei lavori di rafforzamento. Professione Sugli Albi la spinta della Ue Cambierà l’iter per riconoscere i titoli di architetto e le regole per le prestazioni di servizi (da “ Il Sole 24 Ore” del 5.3.02) Si impongono a suon di sentenze della Corte di Lussemburgo (o grazie agli interventi della commissione) le regole Ue sulle professioni finalizzate alla libertà di circolazione. È sempre la Corte Ue a spronare l’Italia a semplificare l’iter per il riconoscimento dei diplomi nell’area di architettura. Infine, l’apertura dei piccoli appalti (sotto la soglia comunitaria) alle società di ingegneria dovrebbe mettere fine ad un contenzioso con Bruxelles, prima che la parola sulla questione passi ai giudici. Tariffe, parte la corsa all’adeguamento. E i commercialisti pensano già di reintrodurre le sanzioni per il mancato rispetto dei minimi (da “ Il Sole 24 Ore” del 21.2.02) Il salvacondotto rilasciato dalla Corte di Giustizia Ue sulle tariffe decise dall‘Autorità pubblica, su proposta di un Ordine, rilancia la corsa all’aggiornamento dei corrispettivi professionali minimi e massimi, All’indomani della sentenza relativa, i Consigli nazionali riorganizzano i dossier sulle tariffe prima di presentarli al Ministro della Giustizia. A chiedere la rivisitazione delle tariffe è anche Sergio Polese, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che per quanto riguarda gli onorari a percentuale e a quantità sono ferme al 1987: fanno eccezione i corrispettivi a vacazione che sono stati modificati nel 1997, portando gli importi da 18mila a 110mila (da 9,3 a 56,8 euro).


a cura di Antonio Borghi Milano autocritica I lettori che seguono questa rubrica dal marzo dello scorso anno avranno notato una certa vena critica che la attraversa, rivolta soprattutto nei confronti delle vicende milanesi. Me ne rendo conto e talvolta mi propongo di correggere questa impostazione sia nel tono che nell’oggetto, ma d’altra parte è innegabile che la stragrande maggioranza dei contributi che troviamo sui giornali a proposito del capoluogo lombardo sono di natura critica, e nemmeno la rubrica di questo mese farà eccezione, se non per il carattere particolarmente appassionato e costruttivo della critica stessa. Altra peculiarità della rassegna di questo mese è il fatto che nessuno degli articoli citati è scritto da architetti, e nemmeno riguarda l’architettura in senso stretto, quanto piuttosto la città e i modi di abitarla. Mi scuso nei confronti di chi considerasse queste delle inutili divagazioni e colgo l’occasione per invitare i colleghi a segnalare temi ed articoli di interesse specifico, magari riguardanti questioni degli altri capoluoghi lombardi, e che potrebbero essere affrontati in questa sede. Iniziamo con un articolo di Geminello Alvi, dal “ Corriere della Sera” del 28 ottobre 2001 che si intitola Diario di un forestiero in città. I distratti di Milano. “ Dietro il finestrino del treno per Milano il cielo è basso sulla pianura, che scorre via velocissima, e resta sempre più uguale, premuta dalla nebbia. Dalle coste adriatiche tra le Romagne e Ancona si va così meditabondi, perché non c’è più il mare a svagarci con le ignavie di casa. Delle quali, in quel concentrarsi di pianura nebbiosa, è pur vero un poco ci si pente anche, e si diverrebbe melanconici; non fosse per il fatto che si viaggia verso l’Occidente e l’agire. Noi in terre papaline e di Bisanzio siamo irretiti da un agire per dispetto, sovente senza altro fine che quello di raccontarlo. Perciò il viaggio a Milano ci riscatta: lì c’è un fine, un esito diverso, forma ampia senza confini, e finalmente morbida, come questa nebbia, per i nostri atti. Come sono più morbidi qui i campi, gonfi tappeti tra i pioppi, e le periferie, fino alla stazione centrale che buona ci ingloba in un cielo convesso di ferro e vetrate. Ea discendere le sue scale già ci si sente felici, come bambini cresciuti. Malgrado ogni se e però, questa resta la città che scuote, avvolge, desta all’agire. Eppure ormai, e da svariati decenni, i milanesi paiono non accorgersene. Stanno lì depressi, elettricamente operosi, ma sfiduciati. L’aria puzzava di più negli anni Sessanta. Ma allora c’era coscienza di questo agire avvolgente, ed esso levitava in calore. Bonomia ruvida, ma felice di sé. Adesso eclissata. Non tanto poi per i meridionali, che vi hanno importato atavici rancori tristi ma non solo. Il fatto è che proprio tutti i milanesi, antichi o nuovi, si sono di-

menticati di cos’è Milano. Di che cosa enorme essa è per l’Italia e in sé. Torino separa; Roma stordisce e corrompe; solo Milano lievita, rinnova, ingloba. Eppure tutti, le donne che parlano più in fretta, come i tassisti, e i giovani ricchi del Giamaica paiono essersene dimenticati a memoria. Ma se si dimentica qualcosa è perché d’essa non v’è più coscienza. E cos’è, dove sta la coscienza d’una città? La risposta onesta è: nelle sue élite, non solo economiche. Dunque Milano ha perso il miglior senso di sé, per i difetti di chi in essa ha più potere. Non sono i tassisti pugliesi ad avere confuso Milano. Sono queste élite che a Milano non si vogliono più bene e hanno mollato, proprio come i tristi della sinistra e della destra che vi sono restati a far politica. Il traffico a Roma funziona ora meglio di prima. Ma Roma ha ogni suo pregio proprio nell’essere perduta. Essa non potrà mai emendarsi. Miliardi di recenti prebende la hanno soltanto imbellettata. Milano invece, seppure per il traffico e altri guai, sia certamente negli ultimi decenni regredita, può ancora riaversi. Per un viaggiatore dall’Esarcato bizantino è del tutto evidente. A Milano bene o male c’è ancora quanto non c’è altrove: un lievito-calore sano. E anche solo la minima, ma concentrata percezione d’esso basterebbe a rimediare un vivere che oggi è brutto. Ma che con poco, e questo fa rabbia, tornerebbe in sé. Perciò un fine settimana invece di salire nelle enormi barche su quel giulivo e biasimabile mare tirrenico, o perdere tempo con le pignolerie e le ripicche della politica, chi tiene a Milano dovrebbe badarci, e insistere sulle poche pratiche cose di cui abbisogna. Quindi mangiare leccornie smodate e poi nelle strade cadere per terra e nella nebbia finalmente confondersi, darsi la mano, e sentire quel morbidume ruvido, per cui tutto quanto di retorico si dice di Milano è vero. E commuoversi, così tornati civicamente più pratici.” Gli risponde Beppe Severgnini il 7 novembre sulla stessa testata col suo articolo I quarantenni e la città da usare. Autocritica su Milano. “ Ho letto il bell’articolo di Geminello Alvi, e gli interventi che sono seguiti. Anch’io vorrei capire cosa sta succedendo a Milano. Senza dare la colpa a nessuno. Prendendomela, invece. Prendendomela a nome di un gruppo e di una generazione, quella dei professionisti e degli imprenditori che hanno oggi tra 40 e 50 anni. Per esser chiari: potremmo far molto per la città. E non lo facciamo. Milano ci dà più di quanto noi le diamo. Le offriamo, certo, le nostre competenze professionali; accettiamo posti in qualche consiglio, associazione, fondazione (e c’è chi pensa a sfruttare questi incarichi, invece di lasciarsi benevolmente usare, come sarebbe giusto). Ma non proponiamo, non inventiamo, soprattutto non ci arrabbiamo più. E dovremmo. Montanelli, che amava Milano di un amore bellicoso, mi diceva spesso: ‘Sai, una volta era diverso’. All’ inizio pensavo si trattasse di nostalgia. Poi ho capito. Indro aveva conosciuto e ammirato una generazio-

ne che negli anni Cinquanta e Sessanta (quando aveva, appunto, 4050 anni) usò soldi e grinta per dar lustro e orgoglio a Milano. Spesso non aveva gusto: ma aveva il buonsenso da rivolgersi alle persone di gusto. Mi chiedo cosa stiamo facendo noi. Mostre e concerti? Non basta. Potrei invocare un’attenuante personale: appena posso ritorno a Crema, dove sono nato. Milano mi offre soprattutto il piacere del lavoro e il dispiacere del traffico. Ma non invoco attenuanti perché a Milano sono riconoscente, e le voglio bene: mi ha dato, moltiplicato per dieci, tutto quello che avevo sognato. La frequento, ho una piccola casa e alcuni ottimi amici, esco e vedo, discuto in privato, parlo in pubblico. Escrivo per il ‘Corriere della Sera’, che mi offre una magnifica plancia da cui osservare questo mare urbano mentre l’attraverso. Perciò mi sento di dire: non stiamo facendo a sufficienza. Noi, professionisti e imprenditori quarantenni, rispettiamo Milano, ma non basta. La usiamo dal lunedì al venerdì, e ce ne andiamo durante i fine settimana; d’inverno e d’estate, l’abbandoniamo appena possibile. Abbiamo case accoglienti con garage. La vergognosa condizione di una città che non riesce a impedire la sosta sistematica in doppia fila ci irrita, ma non ci sconvolge. Soprattutto, non ci offende. Invece dovremmo offenderci, davanti a questa e altre vicende (il menefreghismo dei guidatori col cellulare, i marciapiedi e le aiuole trasformati in gabinetti per cani). La vicende amare di Linate dovrebbero appassionarci (invece pensiamo: da quale altro aeroporto potremmo partire?). Il degrado della Stazione Centrale, dove Milano sembra Varsavia negli anni Settanta, dovrebbe spingerci a dire: questo è anche il nostro biglietto da visita, accidenti. Non possiamo accettare bar sciatti e affollati, scale mobili in eterna riparazione, cartacce, servizi primitivi. Dovremmo appassionarci e arrabbiarci, per Milano. Dovremmo proporre e cambiare, dovremmo tallonare il sindaco, che, anagraficamente, professionalmente, è uno di noi (e dirgli: se non ti lasciano risolvere questi problemi, che senso ha continuare?). Dovremmo amare Milano dell’amore rabbioso con cui i newyorchesi amano New York, e son riusciti a cambiarla, in dieci anni. Anche loro sono ‘morbidi ruvidi’, caro Geminello Alvi. Non rassegnati, però.” Concludiamo con una esortazione di Guido Martinotti, pubblicata sul “ Corriere” del 24 ottobre 2001 col titolo: L’immagine della città nel mondo. Il buon gusto di Milano. “ Harvey Molotch, chairman del Metropolitan studies center della New York University e ospite della Bicocca nei giorni scorsi, racconta di una pubblicità a piena pagina sul New York Times per ‘L’Isola’, un nuovo condominio di lusso a Manhattan. Chi comprerà un appartamento in questo condominio, vi si legge, ‘gusterà lo stile di vita sofisticato dei milanesi’. L’Isola non è proprio il quartiere più chic di Milano, ma l’aneddoto offre lo spunto per chiederci, con l’illustre sociologo americano, quali siano gli ingredien-

ti che formano l’immagine di una città. Un tempo, per capire le caratteristiche di un luogo, si faceva soprattutto riferimento alla sua base economica, distinguendo, come fa ad esempio Weber, tra città industriali, città mercantili, città amministrative e città di svago, come i grandi centri termali. Oggi i sociologi hanno capito che le città hanno qualità estetiche e valori sociali che, pur non strettamente dipendenti dalla loro economia, vi si intrecciano in molti modi sottili, uno dei quali è l’importanza di quello che si chiama il ‘mercato interno’. All’inizio del Novecento tutti i prodotti di cosmetica portavano la firma ‘de Paris’, perché la Ville Lumière era stata meta di pellegrinaggio delle élite di mezzo mondo che vi cercavano la vita dorata celebrata dovunque da opere teatrali come la Traviata. Così la ragazzina di Levittown o la moglie del notaio di Lancusi, comperando il profumo o il barattolo di crema, si impadronivano di parte di quel mondo immaginario. I milanesi hanno sempre pensato alla loro città come brutta e industriale, ma è un’immagine parziale che trascura altri aspetti importanti della società ambrosiana, che Fellini pensava al maschile contro una Roma femmina. Se vogliamo provare una sensazione quasi fisica dell’immagine di Milano diffusa in tutto il mondo, andiamo a sentirci la suonata ‘Milano’ del Modern Jazz Quartet, registrata il 23 dicembre 1954. È un pezzo freddo, dolcemente intellettuale, di una Milano in bianco e nero, che non ha nulla a che vedere con il suono delle sirene o dei clacson di solito associato alla Milano industriale. Eppure, per le vie sottili di una cultura artistica che permetteva allora a Milano di essere considerata ‘uno dei più attivi centri di jazz d’Europa’ e ad artisti come Munari di produrre oggetti e disegni capiti e apprezzati dalle élite locali, si diffondeva anche tra le classi medie un gusto non chiassoso, riconoscibile ovunque. Tanto che i costruttori newyorkesi se ne servono come leva per cercare di vendere appartamenti di lusso. Purtroppo lo stile inaugurato dalla Milano da bere ha in parte bruciato questo patrimonio, introducendo una cultura televisiva sguaiata e chiassosa, che ha poco a che vedere con la ‘Milano’ del Modern Jazz Quartet. Se la società milanese perde quel buon gusto diffuso che permette all’industria della moda di utilizzarla come banco di prova e anche in parte come fonte di ispirazione, il mercato interno di questa importante industria rischia di inaridirsi” .

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Informazione

Riletture


Libri,riviste e media a cura della Redazione

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Rassegna di Giulia Miele

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Ferruccio Luppi, Paolo Nicoloso (a cura di) Marcello D’Olivo. Architetto Mazzotta, Milano, 2002 pp. 212, € 29,00 Isabella Reale (a cura di) Marcello D’Olivo. Architettura e Arte Mazzotta, Milano, 2002 pp. 104, € 21,00 S.E.V. Edilizia sostenibile. 44 progetti dimostrativi ed. italiana a cura di Gianni Scudo e Silvia Piardi Esselibri-Simone, Napoli, 2002 pp. 134, € 15,00 Giovanna Massobrio, Maria Ercadi, Stefania Tuzi Paolo Portoghesi architetto introduzione di C. Norberg-Schultz Skira, Milano, 2002 pp. 320, € 60,00 Giorgio Piccinato Città e urbanistica nel mondo Edizioni di Comunità, Torino, 2002 pp. 150, € 15,00 Andrea Maglio Hannes Meyer: un razionalista in esilio. Architettura urbanistica e politica 1930-54 Franco Angeli, Milano, 2002 pp. 192, € 21,50 Regione Lombardia, Ass. Verdi Ambiente e Società “ Guide di turismo ambientale” : • Edo Bricchetti, Stefania Chiaravalli, Alfio Rizzo I fossili del Lavoro. Percorso di Archeologia Industriale • Cristiana Leopardi, Ferdinando Moretti Foggia, Fabio Staffini Terre ed Acque. Testimonianze, Riserve, Monumenti Naturali • Mario Allodi, Rita Sicchi Giardini lombardi. Itinerari nella storia dei giardini • Mario Allodi, Rita Sicchi Paesaggi e ambienti in Lombardia distribuzione gratuita tel/fax 02 66104888

Una rivista a misura di lettore

Tensostrutture: principi, esempi e normative

Adriano Olivetti “costruttore”

Arch’it, rivista digitale di architettura diretta da Marco Brizzi, è nata nel 1995 per volontà di un gruppo di giovani architetti uniti dall’intenzione di lavorare con determinazione sui sistemi digitali. L’ambiente culturalmente favorevole all’interno del quale è nata e l’apertura tematica ampia hanno fatto sì che Arch’it si offrisse ben presto come strumento di informazione sullo stato dell’architettura, destinato a mettere in contatto figure in cerca di nuovi percorsi d’indagine, spesso marginalizzate rispetto ai flussi tradizionali della cultura architettonica. Tra questi i giovani architetti italiani hanno rappresentato e rappresentano un ampio campo d’indagine che si può scorgere nella sezione “ Architetture” . Un altro tema di studio è quello strano arcipelago di idee e di ipotesi legate all’avvento del digitale. Sono nate così sezioni come “ Extended Play” o “ In a Bit” nelle quali si raccolgono saggi e testimonianze sulle influenze della digitalizzazione in architettura. Numerosi ambiti legati all’informazione si aggiungono a quelli citati. Tra i più utili, lo spazio dedicato ai concorsi di architettura, di cui Arch’it offre gratuitamente i bandi raccolti e fatti circolare all’interno di ICN, International Competitions Network. Nello spazio relativo alle “ News” , la pubblicazione quotidiana di informazioni raccolte nella stampa nazionale e internazionale produce una sostanziosa rassegna integrata con segnalazioni di eventi culturali. La struttura di Arch’it riflette l’impostazione di una rivista cartacea, nelle cui pagine si sono però progressivamente formati e sviluppati numerosi ambiti tematici. In questo senso, pur confermandosi strumento accessibile anche per un pubblico legato all’idea tradizionale di magazine, è come se Arch’it fosse un insieme di riviste, ciascuna delle quali allestita per un suo specifico lettore.

Grande incremento hanno avuto le costruzioni con membrane, grazie alle insolite realizzazioni di Otto Frei, frutto delle sue ricerche a Berlino sulle strutture leggere. Con il termine di tensostruttura, assai più sintetico e fisionomizzante delle denominazioni usate nella letteratura inglese e tedesca (hanging roof e hängende dach, entrambi traducibili come copertura sospesa o appesa e pertanto limitativi della categoria considerata), si intendono in generale le strutture nelle quali predomina la più semplice delle sollecitazioni, ossia quella di trazione; strutture caratterizzate cioè dal fatto che il compito che sono chiamate ad affrontare, ossia il riporto a terra di forze applicate nello spazio, viene appunto assolto con una opportuna organizzazione di membrature lavoranti, in massima parte a sollecitazioni di trazione e taglio. Queste sono le parole esplicative, redatte da Giulio Pizzetti e Anna Maria Zorgno Trisciuoglio del Politecnico di Torino, per l’edizione italiana, che qui viene presentata e con cui il libro inizia. Rispetto a quella originale, essa ha in più, oltre ai loro estesi contributi, anche una sezione dedicata alla normativa italiana in materia. Riguardo a vele, film e membrane, il libro presenta concetti eterogenei, evidenziando la molteplicità di un nuovo modo di costruire, con materiale leggero e sottile, per grandi luci, senza sostegni e per generare una molteplicità infinita di superfici, veloci da realizzare, a curvatura spaziale, lievi alla vista, trasparenti o translucide; illustra i criteri di progettazione, le scelte compositive consentite e fornisce un’ampia selezione di edifici realizzati, corredati da particolari, disegnati in scala. Hans-Joachim Schock, strutturista, è stato docente all’Università dell’Oregon e membro dell’Istituto per le strutture leggere di Stoccarda.

Presentato come guida al Museo a cielo Aperto dell’Architettura Moderna (Maam) di Ivrea, questo libro, pubblicato nei tipi della Biblioteca di Architettura Skira, costituisce uno studio articolato sulla figura di Adriano Olivetti “ costruttore” e, particolarmente ricco di immagini, spesso riproduzioni dei disegni conservati all’Archivio Storico Olivetti, consente di leggere il progetto che Olivetti ha approfondito, chiarito, cercato di compiere in tutta la sua attività “ edilizia” . I due autori ordinano per temi della vita civile le parti di questo progetto e, come in un manuale, le opere stabiliscono tra loro regole e questioni sulle quali una generazione di architetti e intellettuali si interrogarono e cimentarono dagli anni Trenta alla fine degli anni Cinquanta. Ivrea è stata il laboratorio, ed oggi è il museo di quella straordinaria esperienza, che era ricerca di un’architettura in grado di ricostruire il paese, di dare alla gente scuole, fabbriche, uffici, case e città migliori. Studiati, attraverso il giudizio dell’architettura e dell’urbanistica, questi progetti “ esemplari” , mostrano un continuo approfondimento delle soluzioni per la costruzione dei luoghi della città, e si configurano come la verifica e la messa a punto di un’idea civile, alla luce della quale Adriano Olivetti ci appare appunto costruttore piuttosto che collezionista. La città come luogo collettivo per eccellenza e, ad un tempo, come elemento ordinatore nella costruzione del territorio è il tema che in ogni lavoro Olivetti sembra cercare ed è in questo senso che ognuno di questi progetti ci pare “ esemplare” . In questi interessi si trovano le ragioni dell’attualità di quella esperienza e questo libro, un po’ guida ed un po’ manuale, descrive bene questo interessante tentativo di costruire un’alternativa per il futuro del territorio e del paesaggio italiano della seconda metà del ‘900.

Roberto Gamba

Paola Giaconia

Arch’it www.architettura.it

Giuseppe Mazzeo

Hans-Joachim Schock Atlante delle tensostrutture Utet, Torino, 2001 pp. 216, € 67,14

Patrizia Bonifazio, Paolo Scrivano Olivetti costruisce. Architettura moderna a Ivrea Skira, Milano, 2001 pp. 182, € 20,00


Love & fun design

Idealità nella costruzione della città

Archivi, progetti, figure

Count Down non è esattamente una rivista d’architettura. Si tratta di numeri monografici sulle proposte per il prossimo millennio che Italo Calvino voleva esporre nelle sue celeberrime Lezioni Americane. La struttura di Count Down è doppia: raccoglie sia le cartoline dedicate al tema, sia gli scritti o le interviste sul tema stesso. Sono cioè presenti le opere d’arte da una parte e le riflessioni degli artisti dall’altra. Il fondatore e direttore di questo semestrale, Massimo Randone, è infatti un architetto, abituato a pensare in termini di composizione. Tutte le riviste delle avanguardie architettoniche degli anni Venti e Trenta sono state un’indagine, ognuna a modo suo, sulla relazione tra discipline compositive diverse. Alle architetture si affiancavano pitture e opere poetiche, grafiche o anche musicali. Mentre si precisava la figura dell’architetto, la disciplina si confrontava con le altre arti. La chiarezza dei risultati era determinata dalla conoscenza degli elementi propri dell’architettura e dalla consapevolezza d’uso dei procedimenti compositivi altri. Le Corbusier ha recuperato dalla cultura illuminista la parola Unità per mettere in evidenza il ruolo fondamentale che la progettazione assumeva in questo scambio. Il principio su cui queste monografie si fondano è quello che ciascuno dei temi proposti da Calvino per la letteratura, e cioè leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità, sia applicabile a qualsiasi arte compositiva. Da qui il continuo intreccio tra discipline, in una visione di queste molto più amplia e attuale, fino a far diventare la proposta di Calvino, da lui stesso indagata rigorosamente all’interno della letteratura, un puro espediente, utile a parlare del fare artistico. Count Down forse non è esattamente una rivista d’architettura, ma è sicuramente uno spazio di discussione sull’attualità, come Calvino proponeva pensando al nuovo millennio. Un conto alla rovescia.

“ Io vivo nel presente. Non sento la mancanza delle lampade ad olio. I bagliori di una luce al neon mi ipnotizzano allo stesso modo della fiamma di un focolare. Ai miei occhi la luminescenza elettronica ha la stessa intensità dei carboni ardenti, e le fibre ottiche esprimono lo stesso potenziale espresso dal lume di candela. La modernità allarga gli orizzonti del possibile in relazione all’immaginabile. Potere all’immaginazione” . Fabio Novembre non ha dubbi rispetto all’origine dei suoi lavori e non ha esitazioni nel descriverli col suo linguaggio iperbolico ed inequivocabile allo stesso tempo. Nella monografia sono documentati quattordici lavori in una raccolta di immagini che ne restituiscono fedelmente le atmosfere, corredate di brevi ed immaginifici testi. I progetti sono tutte architetture pubbliche (i locali Atlantique, Shu, Blu Disco, Bar Lodi, i negozi Blumarine, ecc.), e culminano nelle due realizzazioni più recenti e, dal punto di vista architettonico, più significative: l’Hotel Li Cuncheddi di Olbia e lo show room Tardini a New York. Nella prefazione Leo Gullbring individua in Joe Colombo, Verner Panton e Carlo Mollino le figure del passato più congeniali all’architetto leccese e ne interpreta il modo di progettare: “ I lavori di Fabio Novembre hanno innegabilmente una dimensione spirituale. Come molti italiani, atei e timorati di Dio, Novembre pone le questioni esistenziali al di sopra del desiderio postindustriale di benessere materiale svincolato dalla responsabilità individuale. Sebbene materializzi nuove utopie, non si tratta degli universi della perfezione che caratterizzavano il modernismo (…) Il mito prende il sopravvento sul progresso, il modernismo, relegato nel passato, finisce per rappresentare il contrario di quello che prometteva di essere: una nuova forma di classicismo imprigionata in un universo neobarocco. Con un po’ di nostalgia per un paradiso che non ha potuto realizzarsi” .

Dal punto di vista etimologico la parola moderno, di derivazione latina, è composta da modo, ora, e hodiernus, oggi; da ciò consegue la definizione di moderno come “ ciò che appartiene o si riferisce al tempo presente” . Un ciclo di conferenze organizzato dalla Commissione Cultura dell’Ordine degli architetti di Lecco, ormai nell’autunno del 2000, si è soffermato ad indagare la questione della modernità e in particolar modo l’idea di costruzione di una città moderna. Professori, architetti e storici si sono occupati di alcune figure che hanno particolarmente influito nella definizione di una nuova idea di città: Ledoux, Garnier, Sant’Elia e Chiattone. A partire dalla conoscenza, e dalla conseguente critica, della città esistente ognuno di questi architetti ha formulato una nuova ipotesi per la costruzione di una città, moderna, che esprimesse cioè i valori della società loro contemporanea, e che a sua volta si ponesse come alternativa a quella esistente. Pensiamo a Ledoux per esempio e al nuovo modo di relazionare gli edifici con la natura che diventa il contesto del costruito e non più solamente lo sfondo, come accadeva nella città di pietra ottocentesca. Ciò che sta alla base di questo pensiero è una grande idealità, in alcuni casi utopica, che permette ad ognuno di questi architetti, come pure ad altri non indagati in questi incontri, di “ sperare” in un mondo diverso che non prescinda però da quello attuale. In un momento in cui il dibattito sulla città sembra languire, l’iniziativa dell’ordine di Lecco mi pare particolarmente interessante. Essa infatti permette di tornare a sottolineare il ruolo “ civile” dell’architetto in quanto interprete di una società e che in quanto tale, con il suo lavoro critico, ha il compito di prefigurare un mondo migliore che ogni cittadino possa riconoscere e in cui possa rispecchiarsi.

A partire dal 1980, il CSAC, Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, riceve in donazione l’archivio di Gio Ponti. Il libro di Lucia Miodini, eloquente testimonianza dello studio approfondito di un archivio, descrive, attraverso saggi e schede critiche, il lavoro fatto. Gli scritti, oltre che gli aspetti metodologici della ricerca, affrontano la situazione della critica su Ponti e si soffermano sulla sua attività degli anni ’20 e ’30, a cui sono dedicate le schede. Viene dunque qui presentata solo una prima parte di materiali inediti del fondo - disegni e schizzi ottimamente pubblicati - che manifestano come l’interesse sia principalmente rivolto allo studio dei documenti, i quali vengono scandagliati anche per stabilire le relazioni che la proteiforme attività di Ponti ha avuto con il suo tempo. Un saggio introduttivo di Carlo Arturo Quintavalle, responsabile scientifico del CSAC, presenta il lavoro sottolineando l’attività dell’archivio parmense ed iscrivendola in una più generale posizione di valorizzazione dei materiali iconografici rispetto ad una tradizione archivistica che privilegia la scrittura letteraria: attenzione al documento inteso nel senso più ampio, in modo che la storia possa essere interpretazione di testimonianze e non racconto preordinato da preventive selezioni dei materiali di studio. In questo senso l’architettura di Ponti costituisce evidentemente un particolare campo di applicazione. È sufficiente infatti scorrere il regesto dei progetti di Ponti che conclude il libro, elenco impressionante per numero ed eterogeneità, per capire come il suo lavoro, a lungo non particolarmente considerato dalla critica e, invece, negli ultimi anni recuperato al dibattito, sia una fonte ancora non del tutto esplorata per importanti riflessioni sull’architettura italiana del 900.

Simona Pierini

Fabio Novembre (in inglese) Birkhäuser-Frame, Amsterdam-Zurigo 2001 pp. 176, chf 58.00

Count Dow n www.connexine@connexine.com

Martina Landsberger Antonio Borghi

Maurizio Carones

Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Lecco Cos’è la modernità. Da Borromini a Gehry Stefanoni, Lecco, 2001 pp. 82

Lucia Miodini Gio Ponti. Gli anni trenta CSAC dell’Università di Parma Electa, Milano, 2002 pp. 256, € 41,32

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Informazione informazione

Su Count Down


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Edifici del Lavoro

Tecniche di sconfinamento

Rilievo della città di Lecco

Progettare in legno

La pubblicazione si presenta come un cofanetto contenente 5 cd con un libretto di testo e immagini ed è costituita da 240 schede di rilievo dell’edilizia industriale milanese dalla fine del XVIII secolo alla metà del XX. Ogni scheda composta da 4 pagine censisce di un immobile inquadramento generale, inquadramento urbanistico, stato di fatto e notizie storiche. Le immagini sono tratte dalla cartografia attuale redatta dal Comune di Milano per lo stato di fatto e normativo dell’area, dalla cartografia storica per le trasformazioni, dalle foto e dalla schede descrittive per documentare lo stato di fatto degli edifici. In alcuni casi ci sono disegni dell’archivio della commissione di ornato o immagini dell’iconografia della ditta che occupava gli edifici. Una carta, sulla base della carta tecnica regionale, localizza le schede sul sito e situa anche gli edifici non catalogati nella schedatura con punti colorati non meglio identificati. Un catalogo comporta sempre la formulazione problematica di quello che ne è escluso. In questo caso troviamo un elenco di siti di edifici non più esistenti e di siti censiti e non schedati che aiuta a comprendere l’estensione delle aree industriali milanesi e la complessità della loro conoscenza. Dopo aver consultato schede e liste, dopo la lettura della breve premessa metodologica, si concorda sul fatto che questo ampio lavoro di compilazione non può che essere “ il nucleo fondamentale di una più vasta banca dati” . Ci si chiede tuttavia quali definizioni, fra quelle oggi possibili, per “ catalogo” e “ rilievo” siano a fondamento di questo lavoro, come sia implementabile e come si integri con altri, e infine quale idea di città configuri questo lodevole catalogazione, indispensabile nella bibliografia di chiunque si occupi della città.

Prendendo le distanze da ogni narcisismo estetico tipico delle riviste di moda architettonica, così come dal mero tecnicismo di ogni rivista per addetti al settore delle costruzioni, la rivista Crossing è approdata sullo scenario editoriale con il merito di far luce su di un delicato nodo della pratica progettuale: il rapporto tra tecnica e architettura o, tra tecnica e cultura del progetto e sui nessi che le due discipline devono intrattenere per la buona riuscita di ogni intervento sul territorio. Suddivisa per numeri tematici, la rivista, sotto la direzione di François Burkhardt, scandaglia con insolita precisione di mezzi le conquiste della nuova scienza architettonica, sezionando la problematicità del percorso che una nuova pratica architettonica pare muovere verso le promettenti terre del progresso ipertecnologico. Tale percorso, tuttavia, presenta un andamento tutt’altro che lineare, marcato, piuttosto, da nodi e incroci problematici che, nell’ambito della discontinuità e della frammentarietà, portano la disciplina architettonica a misurarsi con nuove tematiche quali: massa, energia, informazione e globalizzazione. La perfetta e rara coincidenza della forma tecnica con la forma artistica sembra, pertanto, patrimonio esclusivo di alcune grandi infrastrutture, prese spesso in esame dalla rivista, nella cui realizzazione gli elementi costruttivi si misurano con le conquiste della tecnica e spesso, rivaleggiando con le leggi fisiche della natura, riescono ancora ad imprimere una nuova regola al territorio e al rapporto tra paesaggio ed architettura. Il resto sembra progressivamente appartenere a paradigmi non progettuali quali: caos, spontaneità, casualità e poetica personale. Del resto presto attingeremo dal catalogo digitale delle forme architettoniche tramite la tecnica del do it yourself o, se preferiamo, presto assisteremo al verificarsi di ogni profezia fantascientifica.

Questo testo raccoglie parte dei lavori di una ricerca universitaria nazionale, avente come tema Il Rilievo scientifico come strumento di conoscenza dell’architettura e della città. Qui è descritto il rilievo compiuto dall’unità milanese, che ha come oggetto le fortificazioni della città di Lecco: struttura forse non amata un tempo, per gli oneri e i vincoli che sempre comportò, e non partecipata oggi. Mantenuta integra sarebbe forse potuta diventare un elemento di difesa da uno sviluppo indiscriminato del centro urbano. La ricerca storica ed iconografica è d’ottimo livello e restituisce un quadro completo dello sviluppo della città, ampliando lo sguardo su tutti gli avvenimenti che hanno colpito la comunità lecchese nei secoli. Il testo diviene così un’occasione per ripercorrere tutta la storia di Lecco. Si sperimentano, rivivendoli alla piccola scala di questa cittadina, fenomeni culturali che colpirono l’Europa tutta come i Grand Tours(la stampa di G. C. Perego che, indicando i luoghi manzoniani diviene anche souvenir e guida) o il primo impeto che porta la città ad “ uscire dalle mura” sviluppandosi secondo nuovi assi viari. Non poteva chiaramente mancare un excursus sull’industria del ferro, chiave di volta dell’economia lecchese, che insieme allo studio sul PRG del 1941 conclude l’itinerario storico. Nel saggio conclusivo, a firma di Gian Luigi Lenti, e negli Apparati troviamo finalmente un’interpretazione del fenomeno urbano della città murata ed una sua documentazione iconografica. Il rilievo è notevole e ci permette di dare uno sguardo ad una parte segreta della città, facendoci scoprire tutta una rete di collegamenti sotterranei, un sistema destinato altrimenti a scomparire e ad essere dimenticato insieme alle mura, secondo una tendenza in atto da più di un secolo.

Con una struttura a schede, il volume tratta in modo sintetico e sistematico, dei sistemi costruttivi o componenti in legno massiccio e ricostruito. Si affrontano gli aspetti relativi alle strutture portanti e ai pacchetti di chiusura e di partizione interna, cioè all’involucro edilizio, realizzabile con sistemi di carpenteria in legno. Nella prima parte vengono trattati temi di carattere generale e di classificazione, utili per inquadrare gli aspetti comuni delle diverse schede; nella seconda, queste forniscono informazioni di progettazione tecnico-morfologica con indicazioni su materiali e prodotti disponibili, impieghi relativi, patologie, norme e specifiche di prestazione, tecniche esecutive, opere edilizie (tipologie strutturali e organizzazione dei pacchetti di tamponamento), requisiti, prestazioni e stratificazione funzionale dei componenti e delle unità tecnologiche, dettagli costruttivi. Le schede classificano: opere in segati a quattro fili; opere in segati uso Trieste e uso Savigliano; opere in legno lamellare; opere in pannelli di legno ricostruito; opere in blocchi e tavelloni di legno ricostruito. Le schede sono suddivise in base alle opere eseguibili con le diverse alternative del legno massiccio e del legno ricostruito. In una terza parte vi sono i riferimenti bibliografici e normativi. L’autore, Pietromaria Davoli, architetto, è ricercatore universitario di Tecnologia, presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara. È inoltre tra gli autori del Manuale di progettazione edilizia - vol. 4 (Hoepli, 1995) e di Intonaci (Hoepli, 1996).

Giulio Barazzetta

Gaetano Lisciandra e Dario Vanetti (a cura di) Archeologia industriale. Catalogazione dei beni di archeologia industriale nel Comune di M ilano Presidenza del Consiglio del Comune di Milano, 2002

Chiara Mariateresa Donisi

Matteo Baborsky

Crossing rivista semestrale di architettura e tecnologie promossa da Bticino Editrice Abitare Segesta

Roberto Gamba

A. Buratti Mazzotta e G.L. Daccò (a cura di) Le fortificazioni di Lecco. Origini di una città Electa, Milano, 2001 pp. 162, € 32,00

Pietromaria Davoli Costruire con il legno. Requisiti Criteri progettuali Esecuzione - Prestazioni Hoepli, Milano, 2001 pp. 252, € 24,79


Fotografia e paesaggi agrari Maurizio Bottini. Le colline moreniche del Garda Milano, Palazzo Affari ai Giureconsulti 16-25 novembre 2001

a cura di Ilario Boniello e Martina Landsberger

Rassegna mostre

Rassegna seminari

Vincenzo Foppa, un protagonista del Rinascimento italiano Brescia, Museo santa Giulia, via Musei 81/b 3 marzo - 2 giugno 2002

Breraincontra N. Mac Gregor, Il nuovo ordinamento museale della National Gallery Milano, Palazzo di Brera, via Brera 33 15 maggio 2002, ore 17,30 tel. 02 72263203

La primavera del Vignola Vignola, Palazzo Contrari Boncompagni 30 marzo - 7 luglio 2002 Alessandro Tiarini. La grande stagione della pittura del Seicento a Reggio Emilia Reggio Emilia, Palazzo Magnani, Corso Garibaldi 29; Chiostri di San Domenico, via Dante Alighieri 11 24 marzo - 16 giugno 2002 New York Renaissance. Dal Whitney Museum of American Art Milano, Palazzo Reale 21 marzo - 15 settembre 2002 La Fornarina di Raffaello Milano, Fondazione Arte e civiltà, Musei di Porta Romana, viale Sabotino 26 13 marzo - 2 giugno 2002 Il neoclassicismo in Italia. Da Tiepolo a Canova Milano, Palazzo Reale 5 marzo - 28 luglio 2002 Cesare Monti (1891-1959). L’eleganza del colore Galleria d’arte Gio Batta Brescia, via Grazie 22b tel. 030 48854 20 aprile - 20 giugno 2002 Pollock a Venezia. Gli irascibili e la scuola di New York Venezia, Museo Correr, piazza San Marco; Mestre, Centro culturale Candiani, piazzale Candiani 7 23 marzo - 30 giugno 2002 Grande pittura Genovese dall’Ermitage. Da Luca Cambiaso a Magnasco Genova, Palazzo Ducale, piazza Matteotti 9 16 marzo - 30 giugno 2002 La seduzione della materia Milano, Spazio Oberdan, viale V. Veneto 2 22 marzo - 12 maggio 2002

Urban Reciprocity: Architecture & Urban Planning in Renaissance Rome Roma, The Studium Urbis, via di Montoro 24 3 giugno - 8 luglio 2002 www.studiumurbis.org Paesaggisti europei Milano, Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia 55 João Ferreira Nunes 9 maggio 2002, ore 18,30 tel. 02 88463280 Gestione completa del processo dei materiali Milano, Arum Centro Convegni, via Larga 31 22-23 maggio 2002, ore 9-18 tel. 02 58376257 Corso di tecnico del verde Civica scuola di Arte e Messaggio Milano, via Giusti 42 tel. 02 33606851 Lab. di Paesaggio contemporaneo Milano, Acma Italian center for architecture, via A. Grossich 16 16-19 maggio: B. Podrecca, Disegno dello spazio pubblico; 30 maggio - 2 giugno: O. Bohigas, Riqualificazione del paesaggio urbano Rappresentazione del Progetto. Progetto della rappresentazione 1° Sem. internazionale delle discipline afferenti all’area della rappresentazione 13-14 maggio 2002 Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile tel. 02 23995615 Corso di aggiornamento VI Facoltà di Ingegneria, Politecnico di Milano, via Bonardi 15 16 maggio: Tipologie di facciata a doppio involucro (c. specialistico); 17 maggio: Redazione di un capitolato (c. base) tel. 02 23996014 Tiziana Poli

La fotografia, intesa come arte che rappresenta la realtà mutevole dei luoghi e che riesce a cogliere, in determinati momenti, la cristallizzazione effimera di un equilibrio estetico, ha sicuramente oggi un ruolo nel sostenere quell’attenzione diffusa per i temi dell’ambiente e del paesaggio che sono al centro del dibattito sulle peculiarità urbane e territoriali. La particolarità dell’espressione fotografica assume grande risalto quando la ricerca della rappresentazione più fedele di un territorio si unisce alla sua descrizione non solo paesaggistica e naturale ma anche storica ed antropica. Una tale felice sintesi è stata raggiunta nella mostra fotografica “ Le colline moreniche del Garda” , di Maurizio Bottini. Le fotografie esposte si riferiscono al comprensorio di terre che si collocano a sud del Lago di Garda, prevalentemente comprese nella regione Lombardia, fra le provincie di Brescia e di Mantova. Il paesaggio delle colline moreniche del Garda è stato, nel tempo, pazientemente e alacremente costruito dall’uomo che ha saputo trasformare un ambiente naturale, di per sé arduo e difficile, in un ambiente prosperoso e ricco di coltivazioni. Negli anni Ottanta queste terre sono state inserite nel Consorzio di Bonifica Colli Morenici del Garda che, attraverso un programma avanzato di irrigazione, ha permesso il mantenimento e la valorizzazione del territorio rurale e dei paesaggi agrari. Attraverso le immagini a colori offerteci da Bottini si dispiega sotto i nostri occhi la visione di un paesaggio che, non a torto, si definisce come uno dei più belli della Lombardia: dolci colline e ridenti vallate sapientemente coltivate con piantagioni di vite, olivi, frutteti, mais e frumento, contesto ubertoso in cui ai paesaggi agrari si al-

ternano elementi paesaggistici naturali, boschi, argini di fiumi, zone lacustri, sponde di lago. Tra gli aspetti che più contribuiscono a determinare le caratteristiche di elevato pregio ambientale di questo paesaggio vi è il rapporto con l’acqua: il Lago di Garda con le sue suggestioni, i suoi panorami, le sue sponde occupa un posto particolare nella distinzione di questo territorio insieme con il fiume Mincio, che lambisce tutto il comprensorio, ed altri specchi lacustri minori. Oltre al paesaggio e agli ambienti naturali, le altre sezioni della mostra sono dedicate alla presenza dell’uomo e alla memoria storica. Alcune immagini sono riferite ai luoghi ove le tracce degli eventi risorgimentali sono ancora vivide nel ricordo e nella storia del nostro Paese, i luoghi delle battaglie di San Martino e Solferino, altre descrivono gli ambienti storici, i borghi, le chiese, le torri, i castelli, i palazzi. La vita e il lavoro dell’uomo sono sottolineati da inquadrature di fattorie, case contadine, grandi cascine, descritte nella loro semplice struttura dagli elementi tradizionali, porticati, corti, colombaie, cantine. Infine viene affrontato il tema della contemporaneità: le fotografie ritraggono strutture per le attività industriali recenti, gli interventi di modificazione paesaggistica, le nuove infrastrutture viabilistiche. Queste immagini si possono interpretare quasi come un monito a spingere le Amministrazioni ad individuare le giuste politiche per avviare opere di salvaguardia dei delicati equilibri ambientali presenti nella zona, sia rispettando le esigenze dello sviluppo economico ed urbano, sia contenendone le conseguenze sul piano ambientale con un’adeguata pianificazione territoriale. Le fotografie della mostra sono raccolte nel volume: Le colline moreniche del Garda, (Sometti, Mantova, 2001), accompagnate da uno studio di Eugenio Turri. L’organizzazione della mostra e la pubblicazione del volume si inseriscono nel progetto Osserva.Te.R (Osservatorio del Territorio Rurale) a cura dalla Regione Lombardia. Manuela Oglialoro

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Informazione

Mostre e seminari


Utopia e ricostruzione Città Architettura Edilizia Pubblica. Il Piano Ina Casa 1949-1963 Roma, Centro per le Arti Contemporanee 16 gennaio - 20 marzo 2002

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All’alba di un dopoguerra che impegnava l’Italia in una vasta opera di ricostruzione fisica e istituzionale, il Piano Ina Casa assume un ruolo centrale per estensione e consistenza, ipotecando, di fatto, i caratteri di buona parte della pratica architettonica a venire e, ancor più permanentemente il profilo della cultura costruttiva e d’impresa. “ Queste case con le quali si ricostruisce e si popola l’Italia fanno paesaggio (…), l’architettura Ina Casa va guardata come nuovo paesaggio che sorge” , scrive Gio Ponti ancora nel 1954, cogliendo già allora il tratto saliente del Piano, cioè quel carattere di sistematicità o di organicità centralizzata che nei fatti (e chissà quanto consapevolmente) portava alla delineazione di un nuovo linguaggio nazionale, seppure attraverso la assimilazione al patrimonio genetico degli architetti moderni italiani dell’antimoderno dispositivo costruttivo tipico, il misto muratura e cemento armato, come ricorda Poretti nella Guida ai quartieri romani Ina Casa. La buona mostra di Roma ha soprattutto il pregio di restituire l’interezza di un’operazione estremamente vasta e complessa, normalmente conosciuta ai più attraverso i frammenti delle operazioni più celebri; nei locali del Centro per le Arti Contemporanee si trovano invece riunite le sezioni di una ricognizione che va oltre il tributo a specifici interventi. Nella sezione Il piano Ina Casa, 194963 sono illustrati i meccanismi di finanziamento e realizzazione, insieme ai risultati quantitativi del programma; l’accostamento alle sezioni propriamente documentarie è di particolare efficacia nel rivelare la filosofia politica ed economica di quegli anni, l’ispirazione cattolica della dimensione sociale del Piano e le scelte, che ancora paghiamo, di espulsione dell’innovazione tecnica in favore di un paternalismo programmaticamente retrogrado da cui la cul-

tura d’impresa italiana non si è mai affrancata. Nella Sezione I quartieri: progetti e realizzazioni si dispiega l’illustrazione di molti interventi, noti e meno noti, il cui accostamento permette di cogliere contemporaneamente lo sforzo di codificazione sul piano costruttivo e di dettaglio e l’enorme patrimonio di varietà sviluppato in termini di tipi edilizi, aggregazioni, spazi aperti; dunque gli originali degli struggenti disegni di Ridolfi con la dimensione etica e strapaesana di una modernità altra e ripiegata, accanto agli aneliti sconfitti di cordiali moderni, i Daneri, i D’Olivo, lo stesso Libera. E ancora l’osservazione della dimensione urbana degli interventi, analizzata nella sezione La città contemporanea e gli spazi della città pubblica vuole rendere conto dei tentativi di rifondazione degli statuti di spazio pubblico e privato sullo sfondo di una messa a punto della città e del territorio contemporanei che solo in pochi casi riusciva a guardare oltre la dimensione finita e autosufficiente del quartiere o dell’unità “ di buon vicinato” . La sezione Il cantiere e la costruzione infine, mette bene a fuoco le caratteristiche e le conseguenze di quegli indirizzi economici e culturali che hanno condotto la nostra architettura al compiacimento del linguaggio dell’arretratezza quale valore peculiare. La mostra Promossa dalla Facoltà di Architettura Università degli Studi Roma Tre, dal Dipartimento di Urbanistica IUAV, dal Dipartimento di Ingegneria Civile Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dalla direzione per l’architettura e l’arte contemporanee Ministero per i Beni e le Attività culturali, accoglie anche una gustosa sezione di documenti filmati e fotografici, ed è affiancata da un piano di pubblicazioni tra cui segnaliamo: P. Di Biagi (a cura di), La grande ricostruzione. Il piano INA Casa e l’Italia degli anni Cinquanta, Donzelli, 2001; Direzione generale per l’Architettura e l’Arte contemporanee, Guida ai quartieri romani INA Casa; M. Gruccione, M.M. Segarra Lagunes, R. Vittoriani (a cura di), Gangemi, Roma, 2002; M. Bertozzi (a cura di), Il cinema, l’architettura e la città, Dedalo, Roma, 2001; Dip. di Ingegneria Civile dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, L’INA Casa: il cantiere e la costruzione, Gangemi, Roma, 2002. Filippo Lambertucci

Costruire il paesaggio Moving landscapes. Il paesaggio contemporaneo. Arte e architettura nei Paesi Bassi Roma, Sala 1, piazza di Porta San Giovanni (Scala Santa) 29 gennaio - 1 marzo 2002 Proprio per le caratteristiche fisiche proprie del paesaggio olandese, e cioè la fortissima omogeneità e piattezza, è parso evidente ai suoi abitanti che il paesaggio è una cosa da costruire e da progettare e non solo un fatto geografico esistente. Il progetto del paesaggio passò, prima, attraverso la composizione di immagini pittoriche e, poi, attraverso il pensiero architettonico che, nella seconda metà e soprattutto verso la fine del secolo scorso, ha trasformato e caratterizzato il territorio olandese. In prima istanza è di fondamentale importanza il “ punto di vista” : il fare paesaggio è pensato non solo in termini estetici ma come costruzione tecnica del territorio; è quindi la costruzione di un paesaggio idraulico, tema fondamentale nei Paesi Bassi, di un paesaggio agrario, ma anche di un territorio attrezzato e quindi di un paesaggio di infrastrutture, e infrastrutture possono essere sia quelle di trasporto che quelle idrauliche, ma anche le strutture insediative che attrezzano un territorio sono infrastrutture: infrastrutture insediativo-residenziali. In tal senso la nouvelle vague olandese pensa alle nuove quantità di volume insediativo come ad una massa nuova da modellare nel territorio, (tema illustrato dal progetto di Monolab, Breda Sands Infrascape, del 1999) e trasforma strade, ponti (belli i due modelli di ponti di West 8 presenti in mostra), ferrovie in segni da comporre e calibrare alla scala territoriale; certamente in questo sta uno dei suggerimenti migliori che il mondo olandese sta fornendo all’architettura contemporanea: sono proprio queste grandi infrastrutture o la grandi masse edilizie che possono disegnare e dare forma al paesaggio e che hanno il peso di incidere, anche formalmente;

sono questi gli elementi della composizione paesaggistica perché sono gli unici che hanno una scala comparabile, che hanno la stessa scala e quindi possono realmente assumere un peso nella composizione. L’importante è pensarli come architetture e non solo come manufatti tecnici; i segni delle infrastrutture si fondono quindi con l’architettura della città, diventano spesso “ fatti urbani” . Il rapporto città-territorio è qui definito proprio da questi sistemi. Ma il fatto di far passare di “ categoria” i manufatti tecnici e di pensarli sub specie architecturae non è il solo spostamento semantico operato degli olandesi. Questo passaggio era già stato provato e sperimentato dal movimento moderno, ma il passaggio alla grandissima scala e il controllo formale in una scala inusuale per l’architettura è stato filtrato dall’esperienza artistica. Forse la sperimentazione più proficua è stato proprio nell’esplorare questo cammino pensando al paesaggio come ad un bassorilievo, ad una scultura abitabile, pensando al montaggio di parti come ad un montaggio pittorico, fotografico o ancor più cinematografico. E forse è proprio così che si è superata l’impasse del cambio di unità di misura: dal grande al geografico. La mostra che è stata allestita a Roma è, in realtà, piccola, forse piccolissima e quindi tutti questi aspetti sono ridotti a spunti: espone opere di architetti e di artisti, mostra il mutare di scala, nello scorrere del tempo, degli elementi che compongono il paesaggio olandese, espone un progetto alla scala urbana ed un paio di progetti architettonici. Su tutto ciò si posa lo sguardo artistico e fotografico ad indagare sui nessi e a verificarne i risultati formali. Pisana Posocco


La città borghese. Milano 1880-1968 Milano, Palazzo dell’Arengario 1 febbraio - 21 aprile 2002 “ La cultura non è semplicemente la somma di parecchie attività, ma un modo di vivere” , scrive Thomas S. Eliot in Appunti per una definizione della cultura. Due mostre, aperte più o meno contemporaneamente, affrontano il problema della rappresentazione della cultura di un luogo, di una città - Milano e Roma - in un particolare periodo: Milano negli anni compresi fra il 1880 e il 1968, periodo contraddistinto dall’ascesa e dal declino di una nuova classe sociale, la borghesia imprenditoriale e Roma, negli anni compresi fra il 1948 e il 1959 periodo caratterizzato dalla cultura del Neorealismo della ricostruzione del dopoguerra fino ad arrivare alla vigilia del cosiddetto boom economico della Dolce Vita di Fellini. In questa sede ci occuperemo di analizzare la prima piccola mostra, ospitata negli altrettanto piccoli spazi espositivi dell’Arengario di Piazza Duomo. Il percorso della mostra si sviluppa seguendo due temi che si intersecano di continuo, i nomi, delle diverse famiglie “ borghesi” , da un lato, i luoghi, dall’altro. Infatti, ogni grande famiglia si rappresenta in un particolare luogo: la Falck a Sesto San Giovanni, la Pirelli alla Bicocca, e così via. Al tema dei nomi è collegata una ricerca di documentazione relativamente all’attività produttiva svolta, da una parte, e a quella culturale, dall’altra. Ricordiamo, infatti, come alcune di queste famiglie - Jucker, Jesi - siano proprietarie di importanti collezioni d’arte moderna o, come nel caso dei Mondadori e dei Feltrinelli, le loro case divengono luogo di incontro e

di dibattito culturale di intellettuali provenienti da tutto il mondo. Il tema dei luoghi coincide invece con quello della trasformazione della città. La costruzione dei nuovi insediamenti industriali, in città (Ansaldo) come pure nelle aree limitrofe (Sesto San Giovanni, La Bicocca, ecc.), comprensivi anche dei quartieri di residenza degli operai che nelle nuove fabbriche lavorano, rappresenta forse l’elemento che con maggiore evidenza influisce sulla trasformazione dell’immagine di Milano, in questi anni. Eppure anche la sua struttura residenziale si modifica. La zona Magenta - XX Settembre diventa, insieme alla zona Venezia, il luogo di concentrazione delle abitazioni della nuova borghesia milanese che, proprio secondo la definizione di cultura proposta da Eliot, qui sperimenta nuovi modi di vivere. Ecco sorgere, allora, due nuove tipologie residenziali, la villa unifamiliare (via XX Settembre e il quartiere Boccaccio - Monti) da un lato e il condominio di lusso (piazza Baracca, ma anche piazza Duse e quindi la zona dei giardini di via Palestro) dall’altro. Due tipi edilizi su cui sono chiamati a lavorare i migliori architetti del momento e che divengono il “ manifesto” del dibattito architettonico di quegli anni: l’eclettismo di fine 800, il liberty, l’architettura novecentista di Muzio, fino al razionalismo di Bottoni, Terragni, ecc., per fare solo alcuni nomi. Forse l’esiguità dello spazio disponibile, non permette alla mostra di approfondire i temi. Soprattutto per quel che riguarda l’immagine della città; infatti, risulta difficile comprenderne la grande trasformazione dai pochi documenti (disegni e progetti, fotografie) esposti. Le diverse questioni vengono invece affrontate più profondamente nel catalogo che diviene, in quest’ottica, utile strumento di approfondimento. Martina Landsberger

Mangiarotti, sostenere e coprire Angelo Mangiarotti. Architettura design scultura Milano, Palazzo della Triennale 25 gennaio - 17 aprile 2002 catalogo della mostra: a cura di Beppe Finessi, Abitare Segesta, Milano Negli edifici progettati e costruiti da Mangiarotti ciò che sorprende è la corrispondenza tra la scelta costruttiva adottata e la destinazione propria dei singoli edifici. Èpartendo da questo punto che l’analisi sul lavoro di Mangiarotti rientra in un più ampio studio su come l’architettura, nei suoi esempi migliori, si manifesta attraverso le forme della costruzione. Alla base di ogni progetto vi è un’idea di abitare che diventa la guida alla sua realizzazione. Alla costruzione è affidato il compito di rendere evidente, attraverso la riconoscibilità delle forme degli elementi, il ruolo dell’edificio. In questo modo le forme tecniche sono usate non per se stesse ma per rendere possibile la realizzazione di un’idea di abitare e per farla riconoscere come tale. Nei progetti di architettura di Mangiarotti i due grandi temi dell’architettura: residenza ed edifici collettivi, sono indagati a partire dalla definizione più generale degli elementi che li caratterizzano. I temi di volta in volta studiati sono analizzati partendo dal senso generale che questi hanno, questo passaggio precede la loro realizzazione, la casa di via Quadronno a Milano progettata con Bruno Morassutti ha origine da una precisa volontà di definire un rapporto tra singole abitazioni e il verde circostante. La struttura portante verticale, arretrata rispetto alla facciata, sorregge dei piani orizzontali scanditi da una maglia regolare di montanti che definiscono il perimetro esterno. A questa regola formale dettata dalla struttura se ne aggiunge un’altra che trova la sua ragione dalla pianta dei sin-

goli alloggi e dal modo in cui le parti di essi prospettano verso l’esterno. Logge, vetrate e tamponamenti in legno sono inseriti tra montante e montante così come necessario alla distribuzione interna. La struttura, mediante il succedersi regolare dei marcapiani e dei montanti, costruisce l’ossatura che dà unità all’intero edificio, all’interno della quale le singole parti si mostrano distinte tra loro. Questo procedimento è adottato da Mangiarotti, usando altri materiali, anche nella casa a Monza e ad Arosio a testimoniare come una ricerca in architettura sia fondata su principi generali applicati a casi concreti in cui le forme e i materiali si modificano a seconda delle necessità mentre l’idea fondativa rispetto al tema rimane inalterata. Il medesimo atteggiamento lo si può notare rispetto agli edifici pubblici e collettivi. L’adottare il sistema trilitico, oltre ad essere funzionale all’uso degli spazi coperti di grandi dimensioni, racconta come la copertura diventa l’elemento che caratterizza gli edifici stessi. Anche qui il principio costruttivo è uno mentre i modi di realizzarlo sono molteplici e legati alla destinazione dell’edificio. I sistemi costruttivi messi a punto per la costruzione di edifici industriali, alcuni dei quali brevettati ed esposti tramite modelli, mostrano come il punto di partenza sia sempre quello di rendere evidente attraverso l’identità delle parti il ruolo che queste hanno nella costruzione. Le forme degli elementi nella rispondenza ad una necessità statica raccontano come sono costruiti gli edifici e di quali edifici si tratta. Questi elementi si modificano nei vari progetti, da forme tecniche aspirano a diventare forme architettoniche. Il passaggio avviene solo quando si riconosce la destinazione generale dell’edificio; questo punto, che a prima vista potrebbe sembrare secondario è però oggi di estrema attualità, riconoscere vuole dire dare senso, forma ai luoghi dell’abitare e sotto questo aspetto possono essere letti i lavori di Mangiarotti. Ilario Boniello

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Informazione

1880 - 1968. La cultura di una città


Arrigo Arrighetti e Milano di Claudio Camponogara

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Itinerari

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Arrigo Arrighetti nasce a Milano il 17 ot t obre del 1922; nel 1940, dopo gli studi tecnici, viene assunto dal Comune di Milano. Si laurea in Archit et t ura nel 1947 ed inizia a collaborare al Polit ecnico come assist ent e alla cattedra di Tecnica delle costruzioni e di Tecnologia dei materiali. Dal 1956 al 1961 è dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di M ilano. Dal 1961 al 1970 è direttore dell’Ufficio Urbanistico; continua inoltre la collaborazione alla Facoltà di Architettura dove diviene assistente alla cattedra di Urbanistica. Lascia nel 1979 l’attività presso il Comune di M ilano e da allora lavora come libero professioni-

sta sino al 1989, anno della sua scomparsa. Se si tralascia il volume Arrigo Arrighetti architetto, curato da Carla Bodino, edit o nel 1990, pochi sono i saggi critici che ne prendono in considerazione l’opera. Tuttavia proprio in un periodo come l’immediato dopoguerra che non si cont raddistingue di certo per la creazione di opere di infrastrutture, specie nelle nuove periferie (che anzi sorgevano spesso prive di qualsiasi servizio), il lavoro di Arrighetti si distingue per ricchezza e versatilità nella realizzazione di centri religiosi, piscine, scuole di ogni grado e di edifici pubblici in generale, oltre che edi-

fici residenziali. A lui si deve inolt re la realizzazione di uno dei pochi quartieri periferici pensati non come un satellite della città, ma piuttosto come un organismo autosufficiente in cui i vari edifici e le loro funzioni costituiscono un tessuto connettivo all’integrazione sociale. Questo itinerario si pone quindi nell’ottica di rivalutare l’attività di un architetto che ha pensato la città che risorgeva dalle macerie della guerra come un luogo ospitale in cui la socializzazione e i contatti umani avessero diritto a luoghi atti ad accoglierli ed a f avorirli, f acendo della sperimentazione la guida della propria ricerca progettuale.

Bibliografia Piero Bottoni, Antologia di edifici moderni in Milano, editoriale Domus, Milano, 1954 Gio Ponti, Milano oggi, edizioni Milano moderna, Milano, 1957 Roberto Aloi, Nuove Architetture a Milano, Hoepli, Milano, 1959 Agnoldomenico Pica (a cura di), Architettura moderna in Milano. Guida, Ariminum, 1961 Maurizio Grandi e Attilio Pracchi, Milano Guida all’architettura moderna, Zanichelli, Bologna, 1980 Carla Bodino (a cura di), Arrigo Arrighetti architetto, Archivio Storico Civico di Milano, 1990


1. Biblioteca Civica a Palazzo Sormani, 1949 corso di Porta Vittoria, ang. via E. Sforza, Milano

2. Case Ina/ casa, 1949 p.zza Rosa/via Barzoni, Milano

3. Stazione per Tram, 1950/ 51 piazzale Biancamano, Milano

4. Scuola elementare, 1951 Quartiere QT8, Milano

1. Quando l’Amministrazione Comunale decise di trasferire la Biblioteca Civica a Palazzo Sormani, venne fatto in luogo un esame per determinare lo stato del Palazzo dopo il sinistro subito nell’agosto del 1943. L’edificio era paurosamente rovinato: l’ala verso via Guastalla quasi completamente distrutta, le altre parti incendiate. Il tema era posto in termini precisi: sistemazione di una biblioteca che potesse accogliere 500 posti lettura e un milione di volumi. Il progetto veniva impostato sui seguenti criteri: rispetto della parte intatta, demolizione completa delle parti pericolanti verso via Guastalla e costruzione su quest’area di strutture moderne che possano dare alla Biblioteca l’assicurazione del miglior funzionamento, cioè schedari le principali sale di lettura ed i magazzini dei libri. Nella parte restaurata, viceversa, si progettarono gli uffici di Direzione ed in generale gli uffici della biblioteca, conservando alcune sale per lettura, ed una sala (la più grande) per conferenze. Il fronte su via Guastalla deve la sua particolare fisionomia a due ragioni: la prima di rispetto architettonico, la seconda di carattere tecnologico. La considerazione che il nuovo fronte si sarebbe visto solo di scorcio prospettico molto forte, suggerì l’idea di una architettura a ritmo molto fitto di modo che la nuova parete costituisse, per un osservatore posto di fronte alla facciata del Croce, una quinta capace di inquadrare senza disturbo, l’architettura barocca. Le ragioni di carattere tecnologico erano intese a evitare che i raggi di sole potessero entrare direttamente nei magazzini dei libri, si è studiata cosÏ una struttura a lamelle para-sole. Lo stesso criterio di quinta e di parasole è stato usato per completare la facciata sul giardino.

2. Questo complesso di case popolari, di progettazione e costruzione comunale, merita una particolare segnalazione perchè il progettista vi ha risolto assai bene il problema della ventilazione trasversale delle scale, degli spazi di servizio (terrazzo, cucina, lavatoio, stenditoio, spazzatura) mascherandoli con opportuni schermi costituiti da elementi paralleli in cemento vibrato, posti in opera in tutta altezza di edificio. Così Piero Bottoni presentava nell’Antologia degli edifici moderni del 1954 il progetto del quartiere realizzato da Arrighetti. Sorto nell’immediato dopoguerra su un’area di proprietà comunale, dove erano già state realizzate le strade che definivano gli isolati, la progettazione del quartiere si basa sulla realizzazione di una sola tipologia edilizia (variata unicamente in base all’entità numerica dei nuclei familiari), casa a cinque piani, con orientamento costante a delineare una “ lottizzazione razionale” potenzialmente estensibile. La cellula tipo, costituita da 3 o 4 locali più servizi, è particolarmente funzionale e ricca di valori spaziali: ogni appartamento è dotato di un terrazzo con stenditoio schermato, le facciate sono trattate con intonaco terranova, le liste di mascheramento degli stenditoi in c.a. sono costituite da elementi prefabbricati. Le attrezzature del quartiere comprendevano la centrale termica per il riscaldamento centralizzato per tutti gli edifici ed un centro per i negozi con relativa abitazione sovrastante.

P. Bottoni, Antologia di Edifici Moderni in Milano, editoriale Domus, Milano, 1954

3. Il tema da svolgere presentava alcune difficoltà derivanti dalla ubicazione dell’edificio a cui avrebbero fatto capo le tramvie dell’ATM. La stazione a forma allungata in corrispondenza alla sua funzione è sostenuta essenzialmente da pilastri liberi, con brevi tratti in muratura, chiusi da ampie vetrate. Fra le parti chiuse e quelle porticate occupa un’area di circa 600 mq. La stazione serve a dare riparo ed a ospitare, in una grande sala chiusa e riscaldata, i passeggeri in partenza di numerose linee di tram intercomunali. Nelle sale d’attesa è collocato un bar, e nel cantinato un deposito attrezzi per i tram e un magazzino. La stazione è stata risolta con un giusto equilibrio di elementi funzionali, costruttivi e decorativi. Le parti murarie sono in intonaco verniciato, pilastri in cemento lavorato a punta; rivestimenti delle vasche in tesserine di ceramica gialle. Pavimenti in mosaico alla palladiana in marmo occhiolino. L’arredamento è sobrio e funzionale come si addice a un luogo pubblico in cui il passaggio può raggiungere punte notevoli, i rivestimenti interni sono in noce lucido. Panche interne in rovere, esterne in diorite. Attualmente l’edificio ha subito significative modifiche.

4. Dopo un periodo iniziale di sperimentazioni che aggiornava gli edifici pubblici allo standard razionalista, (l’esempio più interessante è forse la Scuola elementare al QT8 progettata da Arrigo Arrighetti), l’Ufficio Tecnico del Comune di Milano s’indirizzava alla fine degli anni Cinquanta verso la compilazione di progetti tipo, prefabbricati o con struttura tradizionale, che se hanno consentito di soddisfare generalmente i fabbisogni, hanno prodotto edifici di anodino impianto, presto obsoleti sia funzionalmente sia fisicamente. L’edificio di Arrighetti invece era stato progettato come una espressione della impostazione libera e articolata della scuola moderna. I tre elementi principali, collegati da ampi corridoi, sono: 1. ingressi, direzione, vani di riunioni, 2. palestra, attrezzi, 3. aule. Le aule, dotate di particolare sistema di illuminazione e aerazione, hanno verso la corte e verso la collina spazi riservati per lo svolgimento della didattica a cielo aperto.

P. Bottoni, QT8. Il quartiere sperimentale dell’Ottava Triennale di Milano, editoriale Domus, 1954

Itinerari

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5. Istituto Vaccinogeno Antitubercolare, 1952 via Clericetti, Milano

6. Scuola materna, 1954 via Pier Capponi 18, Milano

7. Istituto di Avviamento professionale, 1955 via Anselmo da Baggio, Milano 8. Scuola per bambini ambliopici, 1955 via Clericetti, Milano

9. Istituto professionale statale “Cesare Correnti”, 1956 via Alcuino 4, ang. via Arona, Milano

Itinerari

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5. Il tema era posto in termini assai chiari: realizzare un piccolo istituto per lo studio e la produzione di vaccini contro la tubercolosi. La progettazione e la costruzione di un Istituto scientifico specializzato è di interesse particolare per un tecnico; e questo sia per il tema inconsueto che ci costringe ad esplorare una zona nuova alle sue conoscenze, sia soprattutto per le caratteristiche del tema stesso che non consentono alla fantasia il sopravvento sulla ragione. Le caratteristiche distributive di tali organismi si snodano su una linea rigorosamente stabilita, che suggerisce la progettazione, ma nel tempo stesso la vincola. Si è impostata la soluzione del problema, riunendo in un unico blocco le varie parti richieste dall’Istituto per assolvere la sua duplice funzione: studi e ricerche sul vaccino (laboratori stagni, condizionati e sterilizzati per la coltura dei ceppi, la produzione, l’infilamento e la confezione). Vi sono inoltre ambienti con funzione di carattere generale, e cioè amministrazione, allevamento degli animali da esperimento e locali per gli impianti tecnici. In un piccolo corpo separato si è collocato il fabbricato degli stabulari di allevamento. Quindi due corpi di fabbrica: uno di pianta quadrata, l’altro di pianta più allungata, circondati dal verde. I materiali usati sono tra i più modesti e consueti dell’edilizia attuale: struttura in cemento armato, intonaci esterni a civile verniciati, interni in calce, struttura a vista in calcestruzzo spuntato, pavimenti in marmette o in gres, serramenti in abete. Uniche concessioni alcune parti in vetrocemento ed una fascia in tesserine ceramiche sulla strada. Un Istituto scientifico specializzato, in “ Edilizia moderna” n. 57, aprile 1956

6. Una scuola materna: un piccolo mondo da scoprire per un centinaio di bambini. Deve essere un mondo fatto di luce e di colore, di sassi e fili d’erba. Di forme elementari. Pulito e candido come l’anima di un bambino. Lineare e semplice. Qui si fanno le prime esperienze di vivere collettivo, si scoprono i segni primi del carattere della volontà. Qui si sperimenta la prima costrizione al dovere e si comincia a plasmare l’uomo. Nello studio del progetto è stato perseguito un nuovo indirizzo suggerito dagli attuali concetti pedagogici, ossia che l’aula da sola non basta, ma deve essere sussidiata nella propria funzione educativa da altri locali collettivi. L’edificio ad un solo piano si sviluppa su una pianta rettangolare divisa da sei muri; quattro grandi aule ospitano la vita collettiva (soggiorno e refezione) dei ragazzi, mentre una grande sala è riservata al gioco per tutti. Le aule verso strada sono illuminate da finestre continue aperte solo nella zona superiore, mentre gli spazi verso il giardino hanno pareti-finestre che garantiscono la continuità interno-esterno. Contribuiscono a rallegrare gli ambienti l’utilizzo di colori vivaci e l’impiego di materiali naturali: legno e pietra.

Scuola materna a Milano, in “ Edilizia Moderna” n. 58, agosto 1956

7. Destinato a scuola professionale per periti agricoli, con sezioni di economia domestica, l’edificio è costituito da due corpi doppi paralleli collegati da un terzo corpo uguale ai primi. In una delle due sezioni sono collocati il refettorio, il soggiorno per gli studenti, la palestra e i relativi servizi, nell’altra trovano posto le aule, infine nel corpo minore è collocato il laboratorio agricolo. La direzione e le restanti aule sono sistemate al piano superiore. L’ingresso avviene tramite un portico a sette campate che immette nell’atrio di smistamento.

8. Questa scuola, che fa parte di una serie di edifici appositamente studiati per il recupero di bambini affetti da vari tipi di minorazioni, risulta divisa in due parti: l’ambulatorio optometrico e la scuola. Nel primo sono situati: la sala d’attesa, la sala per l’esame della vista, le sale con le attrezzature tecniche e un reparto per piccoli interventi oltre ai locali destinati al personale medico. La scuola dal punto di vista distributivo è simile ad un normale edificio scolastico tranne che nella mancanza di un’aula collettiva, inutile data la necessità di un’assistenza individuale e continua, e dalle dimensioni delle aule che ospitano 10/12 alunni. È presente inoltre una sala per proiezioni di 250 posti illuminata e aerata artificialmente. La necessità di avere un’illuminazione uniforme nelle aule anche con la luce naturale ha portato alla realizzazione delle fonti illuminanti sul fronte e sull’alto dell’aula con un disegno inconsueto, determinando così la forma a gradoni del corpo delle aule. G. Aloi, Scuole, Hoepli, 1960

9. La sede dell’Istituto è destinata per la qualificazione di operai nei campi della meccanica automobilistica, odontotecnica, materie plastiche, impianti, fotografia, orologeria e tappezzeria per mobili. L’edificio è costituito da due fabbricati la cui organizzazione funzionale è correlata al programma degli insegnamenti professionali: il primo, ad un solo piano, molto esteso in lunghezza e coperto parzialmente a shed, è adibito ad ospitare le aule, l’officina e i laboratori dotati di macchinari pesanti; il secondo, di quattro piani, impostato su pianta a X, è destinato a contenere, oltre le aule, i laboratori, l’aula di disegno, la biblioteca, la palestra, gli uffici, la mensa e il soggiorno. Inoltre, al piano terreno, fra le due ali divaricate è collocata l’aula magna. Le coperture sono in parte a terrazza, in parte a volte ribassata di elementi in c.a. e laterizio (aula magna), mentre le officine sono come abbiamo già detto in shed.


10. Scuola materna al Quartiere Comasina, 1957 via Comasina, ang. via Alessandro Litta Modigliani, Milano 11. Scuola materna, 1957-61 via Santa Croce 5, Milano

12. Copertura Stazione MM linea 1, 1960 piazza Amendola, Milano 13. Piscina coperta, 1963 Parco Solari, Milano

14. Quartiere Sant’Ambrogio I e II, 1964-71 via S. Virgilio, via S. Paolino; via De Nicola, via De Pretis, Milano

15. San Giovanni Bono, 1968 Milano-Barona 16. Chiesa per l’Anno Santo, 1974 via Tre Castelli, Milano

10. L’edificio è ad un solo piano con altezze diverse secondo le necessità delle funzioni: cinque metri per i corpi delle aule, sei metri per il salone riunioni e gioco, quattro metri e mezzo per i corpi direzione, spogliatoio e cucina e relativi servizi. L’accesso alla scuola avviene tramite una rampa a dolce pendenza posta sul lato nord, che conduce direttamente al salone dedicato alle attività collettive, su cui si aprono le aule. Queste sono illuminate ed aerate da un grande serramento a vetri. La struttura è in cemento armato, solai misti in muratura e c.a., orditura del tetto in laterizio e c.a., la copertura del tetto in lastre ondulate di alluminio. I rivestimenti esterni sono in intonaco di cemento e graniglia; quelli interni: zoccolatura alle pareti in linoleum per un’altezza di m 1,20, nei servizi rivestimenti in tesserine per un’altezza di m. 2,20, pavimenti in linoleum, servizi e cucina in piastrelle di gres ceramico. L’area esterna è sistemata a verde con zone lastricate e impianti di gioco per bambini.

11. La scuola a pianta centrale consente a tutte aule la convergenza sulla vasta sala dedicata alle attività collettive, pur rimanendo nuclei autonomi. Ècostituita da una struttura che si risolve in un’unica volta sottile di cemento armato, con piegature prismatiche radiali, desinente lungo la corona esterna, in montanti a sezioni triangolari che trasmettono il carico a terra. Questa soluzione intende far vivere la scuola in tutti i suoi ambienti concatenandoli fra loro in continuità. La coerenza stilistica dell’insieme è notevole; questa architettura è stata ideata seguendo principi conseguenti uno all’altro, della massima semplicità: si tratta in fondo di un elemento monolitico libero nello spazio.

12. Il metrò, nuovo elemento fondamentale nei trasporti urbani, ha in piazza Amendola la stazione più vicina alla Fiera campionaria, un importante punto di transito in una veste architettonica molto curata nella struttura e negli interni. A 8 metri sotto il piano stradale corrono i treni, ad un metro più in alto si trovano le banchine per i passeggeri; l’atrio non si trova sopra la galleria ma risulta spostato lateralmente, pur trovandosi a 4 metri dal piano di corsa dei convogli. Èricoperto da uno speciale lucernario a pianta esagonale composta da 24 elementi di forma complessa, realizzati in resina poliestere rinforzata con fibre di vetro. L’atrio risulta così illuminato di giorno dalla luce naturale mentre la notte riflette la sua luce nella zona creando un effetto particolarmente suggestivo.

13. La realizzazione armonica, ben inserita nel paesaggio urbano, dovrebbe essere l’esempio di una attrezzatura di quartiere. Principale caratteristica di questa costruzione è la forma, studiata per ottenere un minimo volume col massimo di soleggiamento. Tale forma è ottenuta con una tensostruttura formata da due famiglie di funi di acciaio che reggono una copertura di speciali elementi metallici sagomati. Le funi sono ancorate ad una struttura portante di cemento armato costituita da due grandi archi inclinati attestati su due blocchi massicci laterali. Sono così eliminate strutture intermedie con il risultato di poter liberamente disporre della superficie interna. All’esterno la struttura è rifinita con intonaco di cemento graniglia levigato. I serramenti di lega leggera appoggiano sulla struttura periferica. Piscina coperta a Milano, in “ Vitrum” n 159, gennaio-febbraio 1967

14. Realizzato in attuazione del PEEP del 1963, il Quartiere sorge su un’area tangente l’autostrada Milano-Genova. Si tratta di uno dei rari quartieri unitari realizzati a Milano nel dopoguerra e progettato da un solo architetto. Ècaratterizzato dagli interminabili edifici sopraelevati su portici aperti, in linea continua ad andamento sinuoso che formano una cortina racchiudendo lo spazio centrale interno, rigorosamente pedonale, dove sono stati inseriti i servizi collettivi del quartiere: due scuole materne, la scuola elementare, due serie di negozi, la Chiesa e il Centro Civico. Di pochi anni successivo, il Quartiere Sant’Ambrogio II è impostato sullo stesso schema semplificandone però la tipologia edilizia. Arrighetti ripropone la cortina edilizia con semplici stecche di edifici che formano una spezzata in quanto realizzati con elementi prefabbricati, ma sempre presente nel paesaggio urbano. Questo paesaggio urbano si è radicalmente trasformato negli ultimi anni, formando la scena di una nuova complessità: “ una sorta di auspicabile connessione di coordinamento tramite la gestione oculata delle aree non edificate, gli open spaces necessari alla città per servizi di generale utilità” . Il legame ideale con l’ambiente lombardo è costituito dall’uso dei mattoni rossi di gres negli edifici residenziali, che rimandano al rosso del mattone delle costruzioni più antiche.

A. Iosa, I quartieri di Milano, Circolo Perini, Milano, 1970

15. L’edificio sacro è immaginato da Arrighetti, oltre che come elemento religioso, come cardine sociale ed urbanistico grazie alla linea ascendente che svetta al di sopra della lunga sinuosità degli edifici residenziali. Il fronte è formato da un unico triangolo allungato in cemento a vista traforato da numerose finestrelle colorate. L’interno è assimetrico con un’aula a forma romboidale, una cappella feriale completamente aperta sullo spazio centrale e separata da un unico pilastro centrale, una navatella rettangolare chiusa da un battistero esagonale illuminato da un lucernario. C. De Carli (a cura), Le nuove chiese della diocesi di Milano 1945-1993, Vita e pensiero, 1994

16. Il progetto, finalizzato negli intendimenti della Curia al ricordo dell’Anno Santo, presenta, su specifica richiesta, una zona attrezzata per assemblee all’aperto. Il rivestimento esterno sottolinea la continuità delle pareti dell’aula assembleare interrotta soltanto da tre finestrelle oblique. Una grande apertura, posta obliquamente in corrispondenza dell’ingresso laterale, illumina dall’alto la vasta parete di fondo dell’altare, affrescata con una composizione astratta; altre aperture a soffitto portano luce all’interno. Un cilindro di notevoli dimensioni, che emerge dalla copertura, scende verticalmente sopra il battistero convogliando su di esso un fascio di luce. La copertura è in rame.

Itinerari

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A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno

Gennaio Febbraio

1999

1360 1370 1380 1358,71 1361,22 1363,73 1368,75 1371,26 1371,26 1373,78 1373,78 1377,54 1380,05 1385,08 1386,33 1390 1400 1410 1420 1387,59 1393,87 1397,63 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1430 1440 1450 1430,28 1435,31 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1460 1462,93 1467,96

2000 2001 2002

Marzo

Aprile

Maggio

2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978)

56

Anno

Gennaio Febbraio

1999

470 470,23 471,10 480 480,23 482,40

2000 2001

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

novembre 1978: base 100 Giugno

Luglio

dicembre 1978:100,72

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

471,97

473,71 474,58 474,58 475,45 475,45 476,75 477,62 479,36 479,79 490 483,70 484,14 485,44 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13

2002

Indici e tassi

506,30 508,04

3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)

anno 1995: base 100

Anno

Gennaio Febbraio

Giugno

2001 2002

109,30 109,69 111,80 112,18

Marzo

Aprile

Maggio

Luglio

giugno 1996: 104,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32

3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

Gennaio Febbraio

2001 2002

100,44 100,79 102,73 103,08

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Gennaio Febbraio

2001 2002

105,26 105,63 107,67 108,04

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29

4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

dicembre 2000: 113,4

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

anno 1999: base 100

gennaio 1999: 108,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20

5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

gennaio 2001: 110,5

2001 2002 103,07 105,42

6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

anno 2001: base 100

anno 1995: base 100

1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08

1999 2000 2001 2002 111,52 113,89 117,39 120,07

7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51

novembre 1995: 110,6

anno 1997: base 100

febbraio 1997: 105,2

2001 2002 108,65 111,12

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1993, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa

Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.

della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U.

14.4.1999 n° 86) dal 14.4.1999 10.11.1999 n° 264) dal 10.11.1999 8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001

Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria dell’Ordine.

2,5% 3% 3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,5% 4,25% 3,75% 3,25%

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).

Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


INDICI 2001


AL 1

informazione

2

INDICE CRONOLOGICO 2001

Beppe Rossi, 2001... Buon Anno!, pp. 3-4 Claudio Botacchi, Incontro Europan 6, pp. 5-6 Achille Bonardi, Concorso di idee per la realizzazione della nuova Chiesa parrocchiale di Petosino Frazione di Sorisole (Bg), p. 7 Achille Bonardi, Tariffa Professionale. Onorari relativi alla esecuzione di collaudo statico, p. 7 Laura Dalé e Daniela Marini (a cura di), L’attività dell’Ordine nel 2000, Esercizio economico 1999-20002001, pp. 8-17 Mario Caldarelli e Roberta Fasola (a cura di), Corso di aggiornamento alla professione di architetto, p. 18 Federica Fappani, Convegno “Restauro o conservazione nel cremonese?”, pp. 18-19 Carmen Carabus, Giornata Mondiale dell’Urbanesimo. Parte II, pp. 19-21 Gerolamo Ferrario, Meno provocazioni, più progetti. Impressioni da una visita alla Biennale di Architettura di Venezia - 01.10.2000, pp. 21-22 Patrizia Legnani (a cura di), Sedute del Consiglio dell’Ordine: n° 87 del 27 ottobre 2000, n° 88 del 15 novembre 2000, n° 89 del 29 novembre 2000, pp. 22-23 Valeria Bottelli (a cura di), Sintesi delle principali Sedute di Consiglio, pp. 23-26 Michele Faglia, Studi di settore per la professione di architetto, pp. 26-28 Alessandro Galli (a cura di), Studi di settore. Profili applicativi e considerazioni, pp. 28-30 Convenzione con il Centro Diagnostico Italiano, pp. 30-31 Sentenze emesse a favore di due architetti, pp. 31-34 Mario Airaghi, La prevenzione incendi sul sito dell’Ordine Architetti di Milano, p. 35 Valeria Bottelli (a cura di), Designazioni, pp. 35-37 Luca Micotti, Seminario Appartenere, Rappresentare, Costruire. Paesaggio luogo della mente. Terzo incontro: Paolo De Benedetti, giudaista, pp. 37-39 Mario Abate (a cura di), Prevenzione incendi, p. 40 Camillo Onorato (a cura di), Legislazione e normativa, pp. 41-42 Walter Fumagalli, Le nuove norme sui Piani Urbanistici. Seconda parte: le aree di standard e l’adeguamento dei piani regolarori vigenti, pp. 43-46 Patrizia Bercieri Roffi (a cura di), Convegni e mostre, p. 47 Margherita Bolchini (a cura di), Libri, p. 48 Manuela Oglialoro (a cura di), Stampa, p. 49 Red., Avvisi, p. 50


AL 3, Architettura in Lombardia

AL 4, L’Europa e gli architetti

Testo della L.R. n.1 del 15.1.2001, pp. 4-8 Italo Scaravaggi (a cura di), Mostra “Felicittà”; Incontro con Lisa e Giulio Ponti, p. 9 Massimo Masotti (a cura di), Attività del Consiglio; Movimento iscritti, pp. 10-12 Davide Bergna (a cura di), Attività del Consiglio; Attività delle Commissioni; Movimento iscritti, p. 13 Valeria Bottelli (a cura di), Comunicazioni dall’Ordine; Convenzioni; Attività del Consiglio; Movimento iscritti, pp. 14-17 Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti, Paolo Marchesi (a cura di), Comunicazioni dall’Ordine, p. 18 Gianni Pavan, Paesaggi sonori, pp. 18-20 Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti, Paolo Marchesi (a cura di), Giubileo degli Architetti e degli Artisti Pavesi e delle loro famiglie; L’Arte è suggestiva per le forme e per le idee…, p. 20 Claudio Botacchi e Fabio Della Torre (a cura di), Attività del Consiglio, p. 21 Mario Abate (a cura di), Prevenzione incendi, p. 22 Camillo Onorato (a cura di), Legislazione e normativa, pp. 23-24 Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale. Parte prima, pp. 25-27 Patrizia Bercieri Roffi (a cura di), Convegni e mostre, p. 28 Margherita Bolchini (a cura di), Libri, p. 29 Manuela Oglialoro (a cura di), Stampa, p. 30 Red., Avvisi, p. 31

Emiliano Campari, Lettera, p. 3 Maurizio Carones, Editoriale, p. 5 Guido Canella, Sergio Crotti, Roberto Formigoni, Antonio Monestiroli, Alberto Seassaro, Cesare Stevan, Architettura in Lombardia, pp. 6-15 Massimo Masotti, Il patrimonio delle cascine nel cremonese – architettura e memoria storica – strumenti normativi per il recupero, pp. 16-17 Silvio Delsante, La Regione Lombardia ed il paesaggio, pp. 17-18 Domenico Palezzato, Gli “esperti” della Lombardia, p. 18 Giorgio Redolfi e Giancarlo Leoni, Il processo di redazione del PTCP, pp. 19-20 Roberto Gamba, La Fiera raddoppia per il nuovo millennio: sarà la più grande del mondo, con interventi di Cesare Macchi Cassia, Giulio Barazzetta, Ugo Ischia, pp. 20-25 Claudio Botacchi e Fabio Della Torre, Il progetto della nuova SS38: quali scenari per la Provincia di Sondrio?, pp. 25-27 Luigi Zanzi, Regio Insubrica: spazio progettuale e spazio ambientale, pp. 27-29 Roberto Gamba, Concorso per la sistemazione di strade e piazze a Gallarate, pp. 30-31 Roberto Gamba, Concorso per la progettazione della nuova piazza del comune di Montagna, in Valtellina, p. 31 Antonio Borghi, Concorso di progettazione per il Palazzo della Regione, ex-grattacielo Pirelli, p. 32 Walter Fumagalli, Una legge per amministrazioni “maggiorenni”, pp. 33-34 Matteo Salvi, Nuove prospettive per il mutamento di Destinazione d’Uso, pp. 34-35 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 35 Mario Abate, Bar, ristoranti ed art. 80 del T.U.L.P.S., p. 36 Debra Balucani, Quale progetto? Quale sicurezza?, p. 36 Leopoldo Freyrie, L’architetto: scenari per un mestiere, p. 37 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), pp. 38-39 Antonio Borghi, Riletture, p. 39 Martina Landsberger, Il territorio pavese, p. 40 Ariela Rivetta, Moretti a Milano; Roberto Gamba, La tradizione costruttiva del mattone; Roberta Castiglioni, La misura della delicatezza; Roberto Gamba, Dizionario del Novecento, p. 41 Ilario Boniello, Marco Introini, fotografo architetto; Carlo Ravagnati, Luca Beltrami e il Castello Sforzesco; Martina Landsberger, La fotografia come conoscenza; Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 42-43 Maurizio Villa Santa, www.comune.milano.it. Il portale ufficiale del Comune di Milano; Paola Giaconia, www.regione.lombardia.it. Il sito ufficiale della Regione Lombardia, p. 44 Ordine di Lecco; Ordine di Milano; Ordine di Pavia, Comunicazioni, p. 45 Luigi Spinelli, Pietro Lingeri sul lago di Como, pp. 46-49 Indici e tassi, p. 50

Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Adalberto De Bo, Dieci punti sull’Europa, pp. 4-6 Raffaele Sirica, Aggiornamenti sull’Europa, p.6 Andrea Bruno, Come esportare architettura in regime di libero scambio, pp. 6-7 Guido Nardi, Formazione dell’architetto oggi, pp. 7-9 Franco Stella, Il concorso secondo la Merloni. Dare i numeri all’architettura, pp. 9-11 Benedetta Tagliabue, Una testimonianza dalla Spagna, pp. 11-12 Claudio Maffiolini, Per una nuova politica europea dell’architettura, pp. 12-13 Catherine Tasca, Risoluzione del Consiglio Europeo. Qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale, p. 13 Paola Faroni e Daniela Marini, Concorsi europei a Brescia, pp. 14-15 Christiano Lepratti, Workshop internazionale “La città sull’acqua”, pp. 16-17 Antonino Negrini, Testimonianza di un’esperienza europea, pp. 17-18 Gianni Bombonati, I concorsi d’architettura. Un innovativo modello concorsuale sperimentato a Mantova per la riqualificazione dell’antico Ponte dei Mulini, p. 18. Gruppo di lavoro, Un nuovo modello concorsuale. Il concorso di idee per il Ponte dei Mulini di Mantova, pp. 18-19. Gianni Bombonati, Valutazioni finali sulla sperimentazione, pp. 19-20 Antonio Borghi, Incontro con Oriol Bohigas, pp. 20-21 Antonio Borghi, Concorso internazionale per la ristrutturazione e l’ampliamento della Fiera di Essen, pp. 21-22 Roberto Gamba, Conversazione con Giovanni Oggioni dell’Ufficio Concorsi del Comune di Milano, p. 23 Roberto Gamba, Antonio Citterio, un milanese alla conquista dell’Europa, pp. 23-24 Paolo Favole, Nuova Fiera. Quesiti in margine a un dibattito, pp. 24-25 Giovanni Cavalleri, Linee guida per la redazione di bandi di concorso, p. 26 Roberto Gamba, Concorso per la sistemazione di strade e piazze a Carate Brianza (Mi), pp. 26-27 Roberto Gamba, Concorso per la progettazione di strade e piazze a Soresina (Cr), pp. 27-28 Roberto Gamba, Concorso internazionale di progettazione per la realizzazione del nuovo ospedale di Bergamo, p. 28 Debora Folisi, Le norme europee applicabili in Italia, pp. 29-30 Walter Fumagalli, Le norme europee e la realizzazione delle opere di urbanizzazione, pp. 30-31 Giovanni Del Zanna, Barriere architettoniche, pp. 32-34 Anna Gervasoni, Il futuro delle professioni, p. 35 Gian Claudio Di Cintio, I nuovi corrispettivi per le attività di progettazione, p. 35 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 36 Antonio Borghi, Riletture, p. 37 Redazione, Rassegna (Libri); Raffaella Neri, Architettura, teatro della vita; Enrico Picciani, L’opera di Mario Oliveri negli Studi Nizzoli; Annette Tosto, Le città letterarie; Manfredo A. Manfredini, L’umanesimo integrale di Enrico Castiglioni; Roberto Gamba, Elementi di teoria costruttiva; Roberta Albiero, Prove di architettura; Guya Bertelli, Il luogo della soglia, pp. 38-39 Matteo Baborsky, La felicità sulla terra; Ilario Boniello, Il Ducato Visconteo-Sforzesco; Carlo Ravagnati, Multiplex Geographia; Martina Landsberger, Canaletto e Bellotto. L’immagine della Città; Paolo Rizzo, Nuovi spazi pubblici della città: i megastores; Ilario Boniello, Martina Landsberger, Carlo Ravagnati, Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 40-42 Annette Tosto, www.europa.eu.int. Il portale della comunità europea; Professione architetto in Europa; Associazioni ed Ordini professionali europei, p. 43 Giuseppe Tomarchio, S.I.T. – Sistema Informativo Territoriale del Comune di Milano, p. 44 Ordine di Brescia; Ordine di Cremona; Ordine di Milano; Ordine di Varese, Comunicazioni, p. 45 Massimo Dell’Oro, Mario Cereghini e Lecco, pp. 46-49 Indici e tassi, p. 50

3

informazione

AL 2


informazione

4

AL 5, Concorsi di architettura

AL 6-7, Territorio/ paesaggio

AL 8-9

Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Valeria Cosmelli e Marco Engel, La nuova stagione dei Concorsi di architettura, pp. 4-5 Emilio Battisti, Il “tabù” dell’anonimato dei Concorsi, pp. 5-6 Giovanni Cavalleri, Alcune osservazioni sui Concorsi di Architettura, pp. 6-7 Giacomo De Amicis, Concorsi: problemi e proposte, p. 7 Nicola Di Battista, Lo spettacolo dell’Architettura: concorsi, concorsi, concorsi, pp. 8-10 Fabio Terragni e Lella Bigatti, Due concorsi internazionali per promuovere uno sviluppo sostenibile del territorio: i casi di Sesto e Cinisello Balsamo, pp. 10-11 Marco Frusca, Due note sui concorsi, pp. 12-13 Roberta Fasola, Il concorso come pratica teorica del progetto architettonico, pp. 13-14 Lorenzo Bodega, Le piazze del centro di Lecco: da un concorso alla realizzazione, p. 15 Gerolamo Ferrario, Concorsi: la parte oscura, pp. 15-16 Fabio Bonanomi, Tutte le opere nobili devono essere eseguite a mano libera, p. 16 Antonino Negrini, I concorsi, pp. 17-18 Roberto Gamba, Concorsi e nuove Chiese, pp. 18-20 Mauro Galantino, Concorsi: che follia, p. 20 Fabio Della Torre, Dieci anni di concorsi di architettura in Provincia di Sondrio: valutazioni e proposte, pp. 21-22 Carlo Moretti, Grandi concorsi, procedure ristrette, pp. 22-23 Stefano Castiglioni, Lettera, p. 23 AA. VV., Concorso a “procedura ristretta”: una vergona. Concorso internazionale per la progettazione della Nuova Biblioteca Europea di Informazione e di cultura - Milano, p. 23 Roberto Gamba, Concorso di progettazione internazionale in due fasi “Arengario Museo del Novecento (Mi), p. 24 Roberto Gamba, Concorso per l’ampliamento del cimitero di Berbenno in Valtellina, p. 25 Roberto Gamba, Concorso per il nuovo palazzetto dello Sport di Ciserano Bergamasco, p. 26 Roberto Gamba, Concorso per un nuovo complesso parrocchiale nel nuovo quartiere Euro Milano Certosa a Quarto Oggiaro, pp. 26-27 Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale (parte seconda), pp. 28-29 Luca De Nora, Gli incarichi pubblici di progettazione, pp. 29-30 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 30 MargheritaBolchini, Perizie, ConsulenzetecnicheeArbitrati, pp. 31-32 Adriana Calabrese, Lo studio di architettura e i suoi collaboratori: che tipo di rapporto?, pp. 33-35 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 36 Antonio Borghi, Riletture, p. 37 Redazione, Rassegna (Libri); Paola Giaconia, Berlino, memoria della città; Roberto Gamba, Guida pratica fiscale; Andrea Gritti, La luminosa essenza dello spazio; Giorgio Casati e Elena Rizzi, Le Corbusier a Villa Adriana; Federica Garbagnati, Il manuale degli impasti; Annette Tosto, Un maestro del design italiano; Riccardo Palma, Per una teoria del progetto narrativo, pp. 38-39 Carlo Ravagnati, Progettare la montagna; Luisa Ferro, Milano policentrica; Martina Landsberger, Hervé - Le Corbusier; Renato Capozzi, I “Palazzi” di Ferdinando Fuga; Lucia Mainardi, In viaggio sui Navigli; Massimo Ferrari, XTO+J-C la sintesi della realtà; Luca Gelmini, Restauro e progetto di architettura; Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 40-43 Annette Tosto, www.concorsi.archiworld.it; www.icnexchanger.org; www.ordinearchitetti.mi.it/concorsi/concorsi.html, pp.44-45 Ordine di Como (G. Mazzotta, L. Cazzaniga, M. Ortalli, G. Franchi, B. Borghesani e M. Lupi); Ordine di Cremona; Ordine di Lecco (M. Dotti); Ordine di Milano; Ordine di Pavia (E. Bersani, G. Maria Colosetti e P. Marchesi); Ordine di Varese; Consulta Regionale Lombarda, Attività e comunicazioni, pp. 46-47 Giorgio Sebastiano Bertoni e Alessandro Urbani, Aldo Andreani e Mantova, pp. 48-51 Indici e tassi, p. 52 In allegato: Indice 2000

Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Pierluigi Marchesini Viola, Non c’è sviluppo senza trasformazione, pp. 4-5 Ernesta Marforio, Trasformare territorio e paesaggio, pp. 5-6 Edoardo Marini, Alcune note sul progetto del paesaggio, pp. 6-8 Renato Palazzi, Quel lembo della “Bassa” , pp. 8-9 Danilo Palazzo, Difesa e progettazione del paesaggio. un processo continuo, pp. 9-10 Giuseppe Rossi, Appunti sul territorio e il paesaggio, pp. 10-11 Lionella Scazzosi, Recenti acquisizioni culturali e politiche sul paesaggio, pp. 11-13 Eugenio Turri, Dal paesaggio inventato al paesaggio pianificato, pp. 13-15 Gianfredo Mazzotta, Territorio e Piano Regolatore, tra utopia, metodo e realtà, p. 16 Livio Dell’Oro e Angelo Perego, Bioarchitettura e paesaggio, p. 17 Antonino Negrini, La salvaguardia della memoria storica nelle trasformazioni del territorio lodigiano, pp. 17-18. Giorgio Redolfi, Il paesaggio: dalla tutela alla progettazione, pp. 18-19. Roberto Gamba, Il futuro del Nord Milano. Il Piano Strategico per lo Sviluppo del Nord Milano: da hinterland industriale a nuova centralità metropolitana, pp. 19-20 Antonio Borghi, Bert Theise Cantieri Isola a Milano, p. 21 Flora Vallone, Il paesaggio e il paesaggista, p. 22 Flora Vallone, Cinque paesaggisti per Milano, pp. 23-27 Antonio Vettese, Il progetto del nuovo polo fieristico di Milano nell’area dei comuni di Rho e Pero. Le esigenze del mercato e la risposta progettuale, pp. 27-28 Luca Micotti, Paesaggio/formaggio, pp. 29-30 Simone Cola, Costruire in Valtellina oggi: appunti sul “Paesaggio Alpino”, pp. 30-31 Marco Bianchi, Cultura del paesaggio. Paesaggio per quale cultura?, p. 32 Roberto Gamba, Concorso per la nuova scuola materna a Dresano (Milano), p. 33 Roberto Gamba, Concorso per la valorizzazione dell’area adiacente la piazza della Vittoria a Cernusco Lombardone (Lecco), pp. 33-34 Debora Folisi, La motivazione dell’autorizzazione Paesaggistica, pp. 35-36 Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale (parte terza), pp. 36-37 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 37 Alessandro Trivelli, Architettura e sostenibilità ambientale, pp. 38-41 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 42 Antonio Borghi, Riletture, pp. 42-43 Giulia Miele, Rassegna (Libri); Adalberto Del Bo, Necessità della città; Andrea Balestrero e Maddalena De Ferrari, Progettazione degli spazi aperti; Carlo Ravagnati, Iconemi: luoghi, opere o sguardi?; Alessandra Spada, Bergamo e la montagna; Annette Tosto, Architettura e paesaggio; Roberto Gamba, L’integrazione tra architettura e impianti; Roberta Castiglioni, Paesaggi contemporanei, pp. 44-45 Tomaso Monestiroli, Ingegni Brunelleschiani; Fernando Valeiras, Appunti sull’architettura di Clorindo Testa; Cristina Pallini, Una mostra su Carlo Cattaneo; Pisana Posocco, Ville venete, architetture palladiane e territorio; Massimo Brigidi, Laboratorio città; Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 46-48 Annette Tosto, www.provincia.milano.it; www.provincia.brescia.it; www.provincia.mantova.it, p. 49 Barbara Capozzi, Osserva.Te.R. (Osservatorio del Territorio Rurale); Giancarlo Bianchi Janetti, Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 3/2001; Achille Rossi, Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 4/2001, pp. 50-51 Ordine di Como (C. Tagliabue); Ordine di Milano, Attività e comunicazioni, p. 51 Indici e tassi, p. 52

Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Antonio Cortinovis, Programma di lavoro (Biennio 2001/2003), pp. 4-5 Roberta Fasola (a cura di), Seminario internazionale. Interventi contemporanei nei Centri Storici Minori della Provincia di Como, pp. 5-6 Corrado Tagliabue, Danimarca: l’astrazione del paesaggio quotidiano, pp. 6-7 Carmen Carabus, Commissione Cultura 2001-2003, pp. 7-8 Massimo Dell’Oro, Commissione Territorio (Anno 2001), p. 8 Gerolamo Ferrario, Commissione Concorsi 2001-2003, pp. 8-9 Antonino Negrini, Bilancio iniziative culturali svolte dall’Ordine e su quelle future, pp. 9-10 Nadir Tarana (a cura di), Architetture a confronto: Magazzini di Corte Nuova, Palazzo Ducale, Mantova, p. 11 Daniela Volpi, Il Consiglio dell’Ordine: per chi e perché?, pp. 12-15 Franco Raggi, 20 Serate di Architettura, pp. 15-16 Enrico Freyrie, Dove va l’architettura residenziale milanese?, pp. 16-17 Ugo Rivolta (a cura di), La Pietà Rondanini, pp. 18-20 Luca Pagani, Commissione giovani. Attività svolta nel biennio 2000-2001, pp. 21-22 Luca Micotti, Commissione Cultura. Attività svolta nel biennio 2000-2001, pp. 22-23 Simone Cola e Francesco Lazzari, Architetti e progettazione partecipata: l’esperienza di Sondrio, pp. 23-24 Claudio Castiglioni, Marco Foglia, Paolo Gelso, Fabio Giffoni, Alessio Schiavo, “Acanto”, p. 25 Emanuele Brazzelli, Laura Gianetti, Maurizio Tassi, Prospettive di architettura, p. 26 Angelo Del Corso, Corso di Cultura ambientale, pp. 26-27 Marco Bianchi, Tutela Paesistico Ambientale, p. 27 Roberto Gamba, Concorso di progettazione per il Palazzo della Regione a Milano, ex-grattacielo Pirelli – Parte seconda – Lotto A-31° piano, p. 28 Roberto Gamba, Concorso di progettazione per la trasformazione dell’ex-asilo Pio XI a nuova biblioteca a Bresso (Mi), pp. 28-30 Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale (parte quarta), pp. 31-33 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 33 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 34 Antonio Borghi, Riletture, p. 35 Giulia Miele, Rassegna (Libri); Manuela Oglialoro, Strumenti urbanistici e procedure; Roberto Dulio, L’appassionata attività di Mucchi; Roberto Gamba, Il ponteggio nel cantiere; Claudio Camponogara, La poetica di Elio Frisia; Antonio Borghi, Viaggio a Milano; Annalisa de Curtis, Unità dei frammenti: 91 indizi; Paola Giaconia, Milano: silenziose trasformazioni, pp. 36-37 Paolo Greppi, Architetture contemporanee a Brescia; Ilario Boniello, La pianta originaria; Carlo Ravagnati, Analitica o poetica?; Fernanda Incoronato, Di mostra in mostra...; Martina Landsberger, La realtà dei luoghi; Sandro Rossi, Seminario di Vigevano; Ilario Boniello, Martina Landsberger, Carlo Ravagnati, Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 38-41 Annette Tosto, Internet, p. 41 Roberto Laffi, Il Sistema Informativo Territoriale della Regione Lombardia, p. 42 Ordine di Brescia; Ordine di Como; Ordine di Milano; Ordine di Varese, Attività e comunicazioni, p. 43 Paolo Belloni, Giuseppe Pizzigoni a Bergamo, pp. 44-47 Indici e tassi, p. 48


Maurizio Carones, Editoriale, p. 5 Lorenzo Berni, I Sottotetti punto e a capo, p. 6 Giancarlo Motta, La città dei tetti, pp. 7-8 Emilio Pizzi, Nuovi spazi per rimodellare la città, pp. 8-9 Achille Rossi, Applicazione della l.r. 22 nel Comune di Milano, pp. 9-12 Carlo Signorelli, Aspetti igienico-sanitari dei sottotetti, pp. 13-14 Daniela Volpi, Il prezzo da pagare per la semplificazione delle procedure, pp. 14-16 Lucius Burckhardt, L’industria della porta accanto, p. 17 Giulio Barazzetta (a cura di), Antologia di testi sulle coperture, pp. 18-20 Andrea Pozzi, L’esperienza della legge sui sottotetti in Erba, p. 21 Claudio Bugatti, Appunti di viaggio... attraverso i fenomeni legislativi... La L.R. 19 novembre 1999 n. 22, l’art. 4 e la D.I.A., l’art. 6 ed i sottotetti, pp. 22-23 Domenico Sabadini, Sottotetti: i dubbi rimangono, p. 23 Antonino Negrini, Il recupero dei sottotetti: considerazioni ed esempi, pp. 24-25 Antonio Borghi, Elogio della lentezza, pp. 26-27 Antonio Borghi, Gregorio CacciaDominioni: alcuneconsiderazioni sulla nuova legge che regola gli interventi nei sottotetti, p. 27 Roberto Gamba, Ristrutturazione sottotetti in via Mascheroni 15, p. 28 Roberto Gamba, Progetto di recupero sottotetto, via Morazzone 10, Milano, pp. 29-30 Graziano Tognini, Il recupero nei nuclei di antica formazione. Possibili effetti dell’art. 6 della l.r. n° 22/99 in un contesto territoriale e paesistico montano, pp. 30-32 Roberto Gamba, Concorso di idee per la sistemazione di Piazza Libertà a Lissone, pp. 33-34 Debora Folisi, La legge sui sottotetti e le circolari interpretative, pp. 35-36 Walter Fumagalli, I “sottotetti senza tetto”, pp. 36-37 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 38 Raffaele Sirica, Per le università un riordino senza legami con il mercato, p. 39 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 40 Antonio Borghi, Riletture, pp. 41 Giulia Miele, Rassegna (Libri); Luca Molinari, L’utopia valdostana di Olivetti; Roberto Gamba, Gli elementi dell’architettura; Martina Landsberger, Il progetto del Sacro; Maurizio Carones, Da Aalto a Zumthor: visite guidate; Annette Tosto, La versatile attività di Taut; Manuela Oglialoro, Chiaravalle e il suo territorio; Paola Giaconia, Le nuove forme del design urbano, pp. 42-43 Annalisa de Curtis, Attraversando il territorio dell’architettura; Martina Landsberger, Il progetto della casa; Beatrice Bianco e Fulvio Ferretto, L’arte elettronica a Ferrara; Ilario Boniello, Martina Landsberger, Carlo Ravagnati, Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 44-45 Annette Tosto, Il settore delle costruzioni: materiali, tecnologie e normative, p. 46 Alessandro Moneta, Regione Lombardia. Territorio e urbanistica. Terza raccolta ragionata dei pareri giuridici in materia urbanistica e di tutela dei beni ambientali. Comunicazione; AA. VV., Regione Lombardia. Territorio e urbanistica. Terza raccolta ragionata dei pareri giuridici in materia urbanistica e di tutela dei beni ambientali. Voce 16. Sottotetti; Alessandro Moneta, Regione Lombardia. Linee guida per l’isolamento acustico degli edifici nell’intorno degli aeroporti. Introduzione; Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 1/2001; Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 2/2001, pp. 47-49 Donato D’Urbino, In merito ai concorsi, p. 50 Milano; Sondrio (Simone Cola e Francesco Lazzari, Architetti e progettazione partecipata: l’esperienza di Sondrio), Dagli Ordini, pp. 50-51 Indici e tassi, p. 52

AL 11, Appalti pubblici: sentenza della Corte di Giustizia CE Covegno Urbanistica in Lombardia: contributo degli Architetti al Testo Unico e prospettive future. Le linee guida per la riforma urbanistica regionale, pp. 2-3 Maurizio Carones, Editoriale, p. 5 Piero De Amicis, Sentenza della Corte di Giustizia Europea: cause ed effetti, pp. 6-8 Mario Bucello, La realizzazione diretta di opere di urbanizzazione dopo la recente sentenza della Corte di Giustizia, pp. 8-9 Piero Torretta, Sentenza della Corte di Giustizia CE: Bisanzio o Lussemburgo?, p. 9 Corte di Giustizia CE(Sesta Sezione), Sentenza del 12 luglio 2001, pp. 10-15 Roberto Gamba, Il nuovo Teatro degli Arcimboldi alla Bicocca, pp. 16-17 Roberto Gamba, Il progetto di restauro e ristrutturazione del Teatro alla Scala, pp. 17-18 Luca de Nora, Èvietato regalare un progetto alla Pubblica Amministrazione?, pp. 19-20 Walter Fumagalli, L’attuazione dei Piani di lottizzazione e le procedure comunitarie per gli appalti pubblici di lavori, pp. 20-21 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 21 Margherita Bolchini, Gli arbitrati, pp. 22-23 Margherita Bolchini, Consulenze in ambito giudiziario, p. 23 Roberto Gamba, Concorso per il nuovo Centro Culturale di Cinisello Balsamo (Mi), pp. 24-25 Roberto Gamba, Concorso di idee per la valorizzazione e riassetto funzionale delle piazze Verdi e del Popolo a Como, pp. 25-27 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 28 Antonio Borghi, Evviva la sincerità!, pp. 29 Giulia Miele, Rassegna (Libri); Maria Pompeiana Iarossi, Ezio Bonfanti e la coazione a capire; Chiara Mariateresa Donisi, Conoscere Lecco; Carlo Ravagnati, Nuova storia per nuovi progetti; Roberto Gamba, Progettare con il mattone faccia a vista; Ilario Boniello, Quaderni di critica; Federico Brunetti, Le periferie di Roby Schirer; Maurizio Carones, Archivi ticinesi, pp. 30-31 Riccardo Palma, La “costruzione” cartografica del territorio; Giuseppe Mazzeo, Città e campagne del Ticino; Filippo Lambertucci, Toyo Ito: trasparenza e leggerezza; Marinella Jacini, La magia del vetro; Matteo Baborsky, Edificio + decorazione = architettura; Andrea Pinotti, Il mago Picasso nelll’officina dello stile; Paolo Rizzo, La nascita dell’informale; Massimo Ferrari, Idea come arte; Andrea Gritti, Bergamo e l’architettura; Ilario Boniello, Martina Landsberger, Carlo Ravagnati, Rassegna mostre; Rassegna seminari, pp. 32-36 Luigi Mirizzi, Considerazioni sul D.p.r. 5 giugno 2001 n. 328: “Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi coordinamenti”, pp. 36-38 Luigi Filocca, Urbanistica – modalità da seguire per la ripartizione delle quote di proprietà, p. 39 Milano (Daniela Volpi, Relazione del Presidente sull’attività del Consiglio nel biennio 1999-2001); Milano (Lista “Continuità e Rinnovamento”, Lista “Uomo e Ambiente”, Lista “Fuori dalle Mura”); Varese, Dagli Ordini, pp. 39-43 Vittorio Prina, Carlo Alberto Sacchi e Pavia, pp. 44-47 Indici e tassi, p. 52

AL 12, Urbanistica e concorsi Beppe Rossi, Editoriale, p. 3 Adalberto Del Bo, L’Urbanistica e i Concorsi, pp. 4-5 Paolo Avarello, Urbanistica e progetto, pp. 5-9 Helmut Bott, Significato e pratica dei concorsi di progettazione urbanistica in Germania, pp. 9-14 Cesare Macchi Cassia, Una riflessione e un contributo, pp. 14-15 Franco Stella, L’attuale fase di transizione dell’Urbanistica italiana, pp. 15-17 Andrea Pozzi, Concorsi, opportunità mancate, p. 18 Antonino Negrini, Debuttano i concorsi nel Lodigiano (promossi dall’Ordine degli Architetti di Lodi ed Archilodi), pp. 19-20 Gianni Bombonati, Concorsi: un’operazione di facciata, pp. 20-21 Nadir Tarana, Piano o progetto? Il caso di Mantova, pp. 21-22 Giuseppe Galimberti, Tra terra e costruito, pp. 22-23 Roberto Gamba, Concorso per il nuovo centro scolastico di Talamona (So), pp. 24-25 Roberto Gamba, Concorso per il nuovo centro sociale di Agnadello (Cr), pp. 26-27 Walter Fumagalli, La circolare interpretativa della legge regionale 15 gennaio 2001 n. 1, pp. 28-30 Camillo Onorato, Rassegna (Legislazione), p. 30 Margherita Süss, L.R. 27 marzo 2000, n. 17 “Misure urgenti in tema di risparmio energetico e di lotta all’inquinamento luminoso”: applicazione e limiti, pp. 31-33 Manuela Oglialoro, Rassegna (Stampa), p. 34 Antonio Borghi, Riletture, p. 35 Giulia Miele, Rassegna (Libri); Biliò Sparago, Le Corbusier, musica e architettura; Alessandro Trivelli, Strumenti per la sostenibilità ambientale; Manuela Oglialoro, Paesaggi agrari dell’area sud milanese; Igor Maglica, Il Barragán scritto; Paola Giaconia, Ordine ed emozione; Roberto Gamba, Analisi delle costruzioni monumentali; Roberta Castiglioni, L’architettura attraverso l’obbiettivo, pp. 36-37 Francesca Scotti, Paesaggi d’Italia; Andrea Paoloni, Apertura del MAAM; Matteo Baborsky, Coerenza della meraviglia; Martina Landsberger, Architetti e ingegneri a Bologna; Ilario Boniello, Martina Landsberger, Carlo Ravagnati, Rassegna mostre; Rassegna Seminari, pp. 38-39 Uffici di consulenza del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Novità fiscali per i Professionisti. Legge 383/01 del 18.10.2001 “Tremonti bis”, p. 40 Bergamo (Fernando De Francesco, Convegno “Linee guida per la Riforma Urbanistica Regionale”); Como (Gianfredo Mazzotta, Commissione urbanistica. Conferenza sul tema: “Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale – contenuti, obiettivi e metodologie”); Lecco (8 novembre: Giornata Mondiale dell’Urbanesimo); Milano (Alberto Monteverdi, Convenzione UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione); Daniela Volpi, Convenzione con la Società Net 1, pp. 41-43 Enrico Freyrie, Auto-intervista ad un urbanista condotto, p. 43 Indici e tassi, p. 44

5

informazione

AL 10, Sottotetti: l.r. 15/96 e l.r. 22/99


INDICE PER ARGOMENTI 2001 EDITORIALE

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• Beppe Rossi, 2001... Buon Anno!, n. 1, pp. 3-4 • Emiliano Campari, n. 3, p. 3; Maurizio Carones, n. 3, p. 5 • Maurizio Carones, n. 4, p. 3 • Maurizio Carones, n. 5, p. 3 • Maurizio Carones, n. 6/7, p. 3 • Maurizio Carones, n. 8/9, p. 3 • Maurizio Carones, n. 10, p. 5 • Maurizio Carones, n. 11, p. 5 • Beppe Rossi, n. 12, p. 3

informazione

FORUM • Redazione (a cura di), Architettura in Lombardia: Guido Canella, Sergio Crotti, Roberto Formigoni, Antonio Monestiroli, Alberto Seassaro, Cesare Stevan, Risposte ai quesiti, n. 3, pp. 6-15 • Adalberto Del Bo (a cura di), L’Europa e gli architetti: Adalberto De Bo, Dieci punti sull’Europa; Raffaele Sirica, Aggiornamenti sull’Europa; Andrea Bruno, Come esportare architettura in regime di libero scambio; Guido Nardi, Formazione dell’architetto oggi; Franco Stella, Il concorso secondo la Merloni. Dare i numeri all’architettura; Benedetta Tagliabue, Una testimonianza dalla Spagna; Claudio Maffiolini, Per una nuova politica europea dell’architettura; Catherine Tasca, Risoluzione del Consiglio Europeo. Qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale, n. 4, pp. 4-13 • Valeria Cosmelli e Marco Engel (a cura di), Concorsi di architettura: Valeria Cosmelli e Marco Engel, La nuova stagione dei Concorsi di architettura; Emilio Battisti, Il “tabù” dell’anonimato dei Concorsi; Giovanni Cavalleri, Alcune osservazioni sui Concorsi di Architettura; Giacomo De Amicis, Concorsi: problemi e proposte; Nicola Di Battista, Lo spettacolo dell’Architettura: concorsi, concorsi, concorsi; Fabio Terragni e Lella Bigatti, Due concorsi internazionali per promuovere uno sviluppo sostenibile del territorio: i casi di Sesto e Cinisello Balsamo, n. 5, pp. 4-11 • Alberto Mioni (a cura di), Territorio/paesaggio: Pierluigi Marchesini Viola, Non c’è sviluppo senza trasformazione; Ernesta Marforio, Trasformare territorio e paesaggio; Edoardo Marini, Alcune note sul progetto del paesaggio; Renato Palazzi, Quel lembo della “Bassa”; Danilo Palazzo, Difesa e progettazione del paesaggio: un processo continuo; Giuseppe Rossi, Appunti sul territorio e il paesaggio; Lionella Scazzosi, Recenti acquisizioni culturali e politiche sul paesaggio; Eugenio Turri, Dal paesaggio inventato al paesaggio pianificato, n. 6/7, pp. 4-15 • Redazione (a cura di), Sottotetti: l.r. 15/96 e l.r. 22/99: Lorenzo Berni, I sottotetti punto e a capo; Giancarlo Motta, La città dei tetti; Emilio Pizzi, Nuovi spazi per rimodellare la città;

Achille Rossi, Applicazione della l.r. 22 nel Comune di Milano; Carlo Signorelli, Aspetti igienico-sanitari dei sottotetti; Daniela Volpi, Il prezzo da pagare per la semplificazione delle procedure; Lucius Burckhardt, L’industria della porta accanto; Giulio Barazzetta, Antologia di testi sulle coperture, n. 10, pp. 6-20 • Piero De Amicis (a cura di), Appalti pubblici: sentenza della Corte di Giustizia CE: Piero De Amicis, Sentenza della Corte di Giustizia Europea: cause ed effetti; Mario Bucello, La realizzazione diretta di opere di urbanizzazione dopo la recente sentenza della Corte di Giustizia; Piero Torretta, Sentenza della Corte di Giustizia CE: Bisanzio o Lussemburgo?; Sentenza della Corte di Giustizia CE (Sesta Sezione) - 12 luglio 2001, n. 11, pp. 6-15 • Adalberto Del Bo (a cura di), Urbanistica e Concorsi: Adalberto Del Bo, L’Urbanistica e i Concorsi; Paolo Avarello, Urbanistica e progetto; Helmut Bott, Significato e pratica dei concorsi di progettazione urbanistica in Germania; Cesare Macchi Cassia, Una riflessione e un contributo; Franco Stella, L’attuale fase di transizione dell’Urbanistica italiana, n. 12, pp. 4-17

DAGLI ORDINI • Bergamo (a cura di Italo Scaravaggi): Achille Bonardi, Concorso di idee per la realizzazione della nuova Chiesa parrocchiale di Petosino Frazione di Sorisole (Bg); Tariffa Professionale. Onorari relativi alla esecuzione di collaudo statico; Brescia (a cura di Laura Dalé e Daniela Marini): L’attività dell’Ordine nel 2000; Esercizio economico 1999-2000-2001; Como (a cura di Mario Caldarelli e Roberta Fasola), Corso di aggiornamento alla professione di architetto; Cremona (a cura di Massimo Masotti): Federica Fappani, Convegno “Restauro o conservazione nel cremonese?”; Lecco (a cura di Davide Bergna): Carmen Carabus, Giornata Mondiale dell’Urbanesimo. Parte II; Gerolamo Ferrario, Meno provocazioni, più progetti. Impressioni da una visita alla Biennale di Architettura di Venezia 01.10.2000; Lodi (a cura di Patrizia Legnani): Sedute del Consiglio dell’Ordine: n. 87 del 27 ottobre 2000, n. 88 del 15 novembre 2000, n, 89 del 29 novembre 2000; Milano (a cura di Valeria Bottelli): Sintesi delle principali Sedute di Consiglio; Michele Faglia, Studi di settore per la professione di architetto; Alessandro Galli, Studi di settore. Profili applicativi e considerazioni; Convenzione con il Centro Diagnostico Italiano; Sentenze emesse a favore di due architetti; Mario Airaghi, La prevenzione incendi sul sito dell’Ordine Architetti di Milano; Designazioni; Pavia (a cura di Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti, Paolo Marchesi): Luca Micotti, Seminario Appartenere, Rappresen-

tare, Costruire. Paesaggio luogo della mente. Terzo incontro: Paolo De Benedetti, giudaista, n. 1, pp. 7-39 • Bergamo (a cura di Italo Scaravaggi), Mostra “Felicittà”; Incontro con Lisa e Giulio Ponti; Cremona (a cura di Massimo Masotti): Attività del Consiglio; Movimento iscritti; Lecco (a cura di Davide Bergna): Attività del Consiglio; Attività delle Commissioni; Movimento iscritti; Milano (a cura di Valeria Bottelli): Comunicazioni dall’Ordine; Convenzioni; Attività del Consiglio; Movimento iscritti; Pavia (a cura di Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti, Paolo Marchesi): Comunicazioni dall’Ordine; Gianni Pavan, Paesaggi sonori; Giubileo degli Architetti e degli Artisti Pavesi e delle loro famiglie; L’Arte è suggestiva per le forme e per le idee…; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Attività del Consiglio, n.2, pp. 9- 21 • Cremona (a cura di Massimo Masotti): Massimo Masotti, Il patrimonio delle cascine nel cremonese - architettura e memoria storica - strumenti normativi per il recupero; Lecco (a cura di Carmen Carabus): Silvio Delsante, La Regione Lombardia ed il paesaggio; Domenico Palezzato, Gli “esperti” della Lombardia; Mantova (a cura di Nadir Tarana): Giorgio Redolfi e Giancarlo Leoni, Il processo di redazione del PTCP; Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Roberto Gamba, La Fiera raddoppia per il nuovo millennio: sarà la più grande del mondo, con interventi di Cesare Macchi Cassia, Giulio Barazzetta, Ugo Ischia; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Claudio Botacchi e Fabio Della Torre, Il progetto della nuova SS 38: quali scenari per la Provincia di Sondrio?; Varese (a cura di Claudio Castiglioni): Luigi Zanzi, Regio Insubrica: spazio progettuale e spazio ambientale, n. 3, pp. 16-29 • Brescia (a cura di Laura Dalé e Daniela Marini): Paola Faroni e Daniela Marini, Concorsi europei a Brescia; Lecco (a cura di Carmen Carabus): Christiano Lepratti, Workshop internazionale “La città sull’acqua”; Lodi (a cura di Antonino Negrini): Antonino Negrini, Testimonianza di un’esperienza europea; Mantova (a cura di Nadir Tarana): Gianni Bombonati, I concorsi d’architettura. Un innovativo modello concorsuale sperimentato a Mantova per la riqualificazione dell’antico Ponte dei Mulini; Gruppo di lavoro, Un nuovo modello concorsuale. Il concorso di idee per il Ponte dei Mulini di Mantova; Gianni Bombonati, Valutazioni finali sulla sperimentazione; Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Antonio Borghi, Incontro con Oriol Bohigas; Antonio Borghi, Concorso internazionale per la ristrutturazione e l’ampliamento della Fiera di Essen; Roberto Gamba, Conversazione con Giovanni Oggioni dell’Ufficio Concorsi del Comune di Milano; Roberto Gamba, Antonio Citterio, un mi-

lanese alla conquista dell’Europa; Paolo Favole, Nuova Fiera. Quesiti in margine a un dibattito, n. 4, pp. 14-25 • Bergamo (a cura di Antonio Cortinovis): Il Consiglio dell’Ordine, Programma di lavoro (Biennio 2001/2003); Como (a cura di Roberta Fasola): Seminario internazionale. Interventi contemporanei nei Centri Storici Minori della Provincia di Como; Corrado Tagliabue, Danimarca: l’astrazione del paesaggio quotidiano; Lecco (a cura di Carmen Carabus): Carmen Carabus, Commissione Cultura 20012003; Massimo Dell’Oro, Commissione Territorio (Anno 2001); Gerolamo Ferrario, Commissione Concorsi 2001-2003; Lodi (a cura di Antonino Negrini): Antonino Negrini, Bilancio iniziative culturali svolte dall’Ordine e su quelle future; Mantova (a cura di Nadir Tarana): Architetture a confronto: Magazzini di Corte Nuova, Palazzo Ducale, Mantova; Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Daniela Volpi, Il Consiglio dell’Ordine: per chi e perché?; Franco Raggi, 20 Serate di Architettura; Enrico Freyrie, Dove va l’architettura residenziale milanese?; Ugo Rivolta (a cura di), La Pietà Rondanini; Pavia (a cura di Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti, Paolo Marchesi): Luca Pagani, Commissione giovani. Attività svolta nel biennio 2000-2001; Luca Micotti, Commissione Cultura. Attività svolta nel biennio 2000-2001; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Simone Cola e Francesco Lazzari, Architetti e progettazione partecipata: l’esperienza di Sondrio; Varese (a cura di Claudio Castiglioni): Claudio Castiglioni, Marco Foglia, Paolo Gelso, Fabio Giffoni, Alessio Schiavo, “ Acanto” ; Emanuele Brazzelli, Laura Gianetti, Maurizio Tassi, Prospettive di architettura; Angelo Del Corso, Corso di Cultura ambientale; Marco Bianchi, Tutela Paesistico Ambientale, n. 8/9, pp. 4-27

FORUM: DAGLI ORDINI • Brescia (a cura di Laura Dalé e Daniela Marini): Marco Frusca, Due note sui concorsi; Como (a cura di Roberta Fasola): Roberta Fasola, Il concorso come pratica teorica del progetto architettonico; Lecco (a cura di Carmen Carabus): Lorenzo Bodega, Le piazze del centro di Lecco: da un concorso alla realizzazione; Gerolamo Ferrario, Concorsi: la parte oscura; Fabio Bonanomi, Tutte le opere nobili devono essere eseguite a mano libera; Lodi (a cura di Antonino Negrini): Antonino Negrini, I concorsi; Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Roberto Gamba, Concorsi e nuove Chiese; Mauro Galantino, Concorsi: che follia; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Fabio Della Torre, Dieci anni di concorsi di architettura in Provincia di Sondrio: valutazioni e proposte; Varese (a cura di Claudio Ca-


stiglioni): Carlo Moretti, Grandi concorsi, procedure ristrette; Stefano Castiglioni, Lettera; AA. VV., Concorso a “procedura ristretta”: una vergona. Concorso internazionale per la progettazione della Nuova Biblioteca Europea di Informazione e di cultura - Milano, n. 5, pp. 12-23 • Como (a cura di Roberta Fasola): Gianfredo Mazzotta, Territorio e Piano Regolatore, tra utopia, metodo e realtà; Lecco (a cura di Carmen Carabus): Livio Dell’Oro e Angelo Perego, Bioarchitettura e paesaggio; Lodi (a cura di Antonino Negrini): Antonino Negrini, La salvaguardia della memoria storica nelle trasformazioni del territorio lodigiano; Mantova (a cura di Nadir Tarana): Giorgio Redolfi, Il paesaggio: dalla tutela alla progettazione; Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Roberto Gamba, Il futuro del Nord Milano. Il Piano Strategico per lo Sviluppo del Nord Milano: da hinterland industriale a nuova centralità metropolitana; Antonio Borghi, Bert Theis e Cantieri Isola a Milano; Flora Vallone, Il paesaggio e il paesaggista; Flora Vallone, Cinque paesaggisti per Milano; Antonio Vettese, Il progetto del nuovo polo fieristico di Milano nell’area dei comuni di Rho e Pero. Le esigenze del mercato e la risposta progettuale; Pavia (a cura di Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti, Paolo Marchesi): Luca Micotti, Paesaggio/formaggio; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Simone Cola, Costruire in Valtellina oggi: appunti sul “Paesaggio Alpino”; Varese (a cura di Claudio Castiglioni): Marco Bianchi, Cultura del paesaggio. Paesaggio per quale cultura?, n. 6/7, pp. 16-32 • Como (a cura di Roberta Fasola): Andrea Pozzi, L’esperienza della legge sui sottotetti in Erba; Lecco (a cura di Carmen Carabus): Claudio Bugatti, Appunti di viaggio... attraverso i fenomeni legislativi... La L.R. 19 novembre 1999 n. 22, l’art. 4 e la D.I.A., l’art. 6 ed i sottotetti; Domenico Sabadini, Sottotetti: i dubbi rimangono; Lodi (a cura di Antonino Negrini): Antonino Negrini, Il recupero dei sottotetti: considerazioni ed esempi; Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Antonio Borghi, Elogio della lentezza; Antonio Borghi, Gregorio Caccia Dominioni: alcune considerazioni sulla nuova legge che regola gli interventi nei sottotetti; Roberto Gamba, Ristrutturazione sottotetti in via Mascheroni 15; Roberto Gamba, Progetto di recupero sottotetto, via Morazzone 10, Milano; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Graziano Tognini, Il recupero nei nuclei di antica formazione. Possibili effetti dell’art. 6 della l.r. n° 22/99 in un contesto territoriale e paesistico montano, n. 10, pp. 21-32

FORUM: GLI ORDINI • Milano (a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba): Roberto Gamba, Il nuovo Teatro degli Arcimboldi alla Bicocca; Roberto Gamba, Il progetto di restauro e ristrutturazione del Teatro alla Scala, n. 11, pp. 17-18

• Como (a cura di Roberta Fasola): Andrea Pozzi, Concorsi, opportunità mancate; Lodi (a cura di Antonino Negrini): Antonino Negrini, Debuttano i concorsi nel Lodigiano (promossi dall’Ordine degli Architetti di Lodi ed Archilodi; Mantova (a cura di Nadir Tarana): Gianni Bombonati, Concorsi: un’operazione di facciata; Nadir Tarana, Piano o progetto? Il caso di Mantova; Sondrio (a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre): Giuseppe Galimberti, Tra terra e costruito, n. 12, pp. 18-23

CONCORSI • Roberto Gamba, Concorso per la sistemazione di strade e piazze a Gallarate,; Concorso per la progettazione della nuova piazza del comune di Montagna, in Valtellina; Antonio Borghi, Concorso di progettazione per il Palazzo della Regione, ex-grattacielo Pirelli, n. 3, pp. 31-32 • Giovanni Cavalleri, Linee guida per la redazione di bandi di concorso; Roberto Gamba, Concorso per la sistemazione di strade e piazze a Carate Brianza (Mi); Concorso per la progettazione di strade e piazze a Soresina (Cr); Concorso internazionale di progettazione per la realizzazione del nuovo ospedale di Bergamo, n. 4, pp. 26-28 • Roberto Gamba, Concorso di progettazione internazionale in due fasi “Arengario Museo del Novecento (Mi); Concorso per l’ampliamento del cimitero di Berbenno in Valtellina; Concorso per il nuovo palazzetto dello Sport di Ciserano Bergamasco; Concorso per un nuovo complesso parrocchiale nel nuovo quartiere Euro Milano Certosa a Quarto Oggiaro, n. 5, pp. 24-27 • Roberto Gamba, Concorso per la nuova scuola materna a Dresano (Milano); Concorso per la valorizzazione dell’area adiacente la piazza della Vittoria a Cernusco Lombardone (Lecco), n. 6/7, pp. 33-34 • Roberto Gamba, Concorso di progettazione per il Palazzo della Regione a Milano, ex-grattacielo Pirelli - Parte seconda - Lotto A-31° piano; Concorso di progettazione per la trasformazione dell’ex-asilo Pio XI a nuova biblioteca a Bresso (Mi), n. 8/9, pp. 28-30 • Roberto Gamba, Concorso di idee per la sistemazione di Piazza Libertà a Lissone, n. 10, pp. 33-34 • Roberto Gamba, Concorso per il nuovo Centro Culturale di Cinisello Balsamo (Mi); Concorso di idee per la valorizzazione e riassetto funzionale delle piazze Verdi e del Popolo a Como, n. 11, pp. 24-27 • Roberto Gamba, Concorso per il nuovo centro scolastico di Talamona (So); Concorso per il nuovo centro sociale di Agnadello (Cr), n. 12, pp. 24-27

ni regolarori vigenti, n. 1, pp. 41-46 • Camillo Onorato, Legislazione e normativa; Walter Fumagalli, (De jure de facto) I criteri regionali di urbanistica commerciale. Parte prima, n. 2, pp. 23-27 • Walter Fumagalli, Una legge per amministrazioni “maggiorenni”; Matteo Salvi, Nuove prospettive per il mutamento di Destinazione d’Uso; Camillo Onorato, Rassegna, n. 3, p. 33-35 • Debora Folisi, Le norme europee applicabili in Italia; Walter Fumagalli, Le norme europee e la realizzazione delle opere di urbanizzazione, n. 4, pp. 29-31 • Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale (parte seconda); Luca De Nora, Gli incarichi pubblici di progettazione; Camillo Onorato, Rassegna, n. 5, pp. 28-30 • Debora Folisi, La motivazione dell’autorizzazione Paesaggistica; Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale (parte terza), n. 6/7; Camillo Onorato, Rassegna, n. 6/7, pp. 35-37 • Walter Fumagalli, I criteri regionali di urbanistica commerciale (parte quarta); Camillo Onorato, Rassegna, n. 8/9, pp. 31-33 • Debora Folisi, La legge sui sottotetti e le circolari interpretative; Walter Fumagalli, I “sottotetti senza tetto”; Camillo Onorato, Rassegna, n. 10, pp. 35-38 • Luca De Nora, Èvietato regalare un progetto alla Pubblica Amministrazione?; Walter Fumagalli, L’attuazione dei Piani di lottizzazione e le procedure comunitarie per gli appalti pubblici di lavori; Camillo Onorato, Rassegna, n. 11, pp. 19-21 • Walter Fumagalli, La circolare interpretativa della legge regionale 15 gennaio 2001 n. 1; Camillo Onorato, Rassegna, n. 12, pp. 28-30

NORMATIVEETECNICHE • Mario Abate, Prevenzione incendi, n. 1, p. 40 • Mario Abate, Prevenzione incendi, n. 2, p. 22 • Mario Abate, Bar, ristoranti ed art. 80 del T.U.L.P.S.; Debra Balucani, Quale progetto? Quale sicurezza?, n. 3, p. 36 • Giovanni Del Zanna, Barriere architettoniche, n. 4, pp. 32-34 • Margherita Bolchini, Perizie, Consulenze tecniche e Arbitrati, n. 5, pp. 31-32 • Alessandro Trivelli, Architettura e sostenibilità ambientale, n. 6/7, pp. 38-41 • Margherita Bolchini, Gli arbitrati; Consulenze in ambito giudiziario, n. 11, pp. 22-23 • Margherita Süss, L.R. 27 marzo 2000, n. 17 “Misure urgenti in tema di risparmio energetico e di lotta all’inquinamento luminoso”: applicazione e limiti, n. 12, pp. 31-33

LEGISLAZIONE

ORG. PROFESSIONALE

• Camillo Onorato, Legislazione e normativa; Walter Fumagalli, (De jure de facto) Le nuove norme sui Piani Urbanistici. Seconda parte: le aree di standard e l’adeguamento dei pia-

• Leopoldo Freyrie, L’architetto: scenari per un mestiere, n. 3, p. 37 • Anna Gervasoni, Il futuro delle professioni; Gian Claudio Di Cintio, I nuovi corrispettivi per le attività di pro-

gettazione, n. 4, p. 35 • Adriana Calabrese, Lo studio di architettura e i suoi collaboratori: che tipo di rapporto?, n. 5, pp. 33-35 • Raffaele Sirica, Per le università un riordino senza legami con il mercato, n. 10, p. 39

STAMPA • Manuela Oglialoro, Stampa, n. 1, p. 49 • Manuela Oglialoro, Stampa, n. 2, Stampa, p. 30 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 3, pp. 38-39 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 4, pp. 36-37 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 5, pp. 36-37 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 6/7, pp. 42-43 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 8/9, pp. 34-35 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 10, pp. 40-41 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Evviva la sincerità!, n. 11, pp. 28-29 • Manuela Oglialoro, Rassegna; Antonio Borghi, Riletture, n. 12, pp. 34-35

LIBRI • Margherita Bolchini, Libri, n. 1, p. 48 • Margherita Bolchini, Libri, n. 2, p. 29 • Martina Landsberger, Il territorio pavese; Ariela Rivetta, Moretti a Milano; Roberto Gamba, La tradizione costruttiva del mattone; Roberta Castiglioni, La misura della delicatezza; Roberto Gamba, Dizionario del Novecento, n. 3, pp. 40-41 • Redazione, Rassegna; Raffaella Neri, Architettura, teatro della vita; Enrico Picciani, L’opera di Mario Oliveri negli Studi Nizzoli; Annette Tosto, Le città letterarie; Manfredo A. Manfredini, L’umanesimo integrale di Enrico Castiglioni; Roberto Gamba, Elementi di teoria costruttiva; Roberta Albiero, Prove di architettura; Guya Bertelli, Il luogo della soglia, n. 4, pp. 38-39 • Redazione, Rassegna; Paola Giaconia, Berlino, memoria della città; Roberto Gamba, Guida pratica fiscale; Andrea Gritti, La luminosa essenza dello spazio; Giorgio Casati e Elena Rizzi, Le Corbusier a Villa Adriana; Federica Garbagnati, Il manuale degli impasti; Annette Tosto, Un maestro del design italiano; Riccardo Palma, Per una teoria del progetto narrativo, n. 5, pp. 38-39 • Giulia Miele, Rassegna; Adalberto Del Bo, Necessità della città; Andrea Balestrero e Maddalena De Ferrari, Progettazione degli spazi aperti; Carlo Ravagnati, Iconemi: luoghi, opere o sguardi?; Alessandra Spada, Bergamo e la montagna; Annette Tosto, Architettura e paesaggio; Roberto Gamba, L’integrazione tra architettura e impianti; Roberta Castiglioni, Paesaggi contemporanei, n. 6/7, pp. 44-45 • Giulia Miele, Rassegna; Manuela Oglialoro, Strumenti urbanistici e

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procedure; Roberto Dulio, L’appassionata attività di Mucchi; Roberto Gamba, Il ponteggio nel cantiere; Claudio Camponogara, La poetica di Elio Frisia; Antonio Borghi, Viaggio a Milano; Annalisa de Curtis, Unità dei frammenti: 91 indizi; Paola Giaconia, Milano: silenziose trasformazioni, n. 8/9, pp. 36-37 • Giulia Miele, Rassegna; Luca Molinari, L’utopia valdostana di Olivetti; Roberto Gamba, Gli elementi dell’architettura; Martina Landsberger, Il progetto del Sacro; Maurizio Carones, Da Aalto a Zumthor: visite guidate; Annette Tosto, La versatile attività di Taut; Manuela Oglialoro, Chiaravalle e il suo territorio; Paola Giaconia, Le nuove forme del design urbano, n. 10, pp. 42-43 • Giulia Miele, Rassegna; Maria Pompeiana Iarossi, Ezio Bonfanti e la coazione a capire; Chiara Mariateresa Donisi, Conoscere Lecco; Carlo Ravagnati, Nuova storia per nuovi progetti; Roberto Gamba, Progettare con il mattone faccia a vista; Ilario Boniello, Quaderni di critica; Federico Brunetti, Le periferie di Roby Schirer; Maurizio Carones, Archivi ticinesi, n. 11, pp. 30-31 • Giulia Miele, Rassegna; Biliò Sparago, Le Corbusier, musica e architettura; Alessandro Trivelli, Strumenti per la sostenibilità ambientale; Manuela Oglialoro, Paesaggi agrari dell’area sud milanese; Igor Maglica, Il Barragán scritto; Paola Giaconia, Ordine ed emozione; Roberto Gamba, Analisi delle costruzioni monumentali; Roberta Castiglioni, L’architettura attraverso l’obbiettivo, n. 12, pp. 36-37

MOSTRE E SEMINARI • Patrizia Bercieri Roffi, Convegni e mostre, n. 1, p. 47 • Patrizia Bercieri Roffi, Convegni e mostre, n. 2, p. 28 • Ilario Boniello, Marco Introini, fotografo architetto; Carlo Ravagnati, Luca Beltrami e il Castello Sforzesco; Martina Landsberger, La fotografia come conoscenza; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 3, pp. 42-43 • Matteo Baborsky, La felicità sulla terra; Ilario Boniello, Il Ducato Visconteo-Sforzesco; Carlo Ravagnati, Multiplex Geographia; Martina Landsberger, Canaletto e Bellotto. L’immagine della Città; Paolo Rizzo, Nuovi spazi pubblici della città: i megastores; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 4, pp. 40-42 • Carlo Ravagnati, Progettare la montagna; Luisa Ferro, Milano policentrica; Martina Landsberger, Hervé Le Corbusier; Renato Capozzi, I “Palazzi” di Ferdinando Fuga; Lucia Mainardi, In viaggio sui Navigli; Massimo Ferrari, XTO+J-C la sintesi della realtà; Luca Gelmini, Restauro e progetto di architettura; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 5, pp. 40-43 • Tomaso Monestiroli, Ingegni Brunelleschiani; Fernando Valeiras, Appunti sull’architettura di Clorindo Testa; Cristina Pallini, Una mostra su

Carlo Cattaneo; Pisana Posocco, Ville venete, architetture palladiane e territorio; Massimo Brigidi, Laboratorio città; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 6/7, pp. 46-48 • Paolo Greppi, Architetture contemporanee a Brescia; Ilario Boniello, La pianta originaria; Carlo Ravagnati, Analitica o poetica?; Fernanda Incoronato, Di mostra in mostra...; Martina Landsberger, La realtà dei luoghi; Sandro Rossi, Seminario di Vigevano; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 8/9, pp. 38-41 • Annalisa de Curtis, Attraversando il territorio dell’architettura; Martina Landsberger, Il progetto della casa; Beatrice Bianco e Fulvio Ferretto, L’arte elettronica a Ferrara; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 10, pp. 44-45 • Riccardo Palma, La “costruzione” cartografica del territorio; Giuseppe Mazzeo, Città e campagne del Ticino; Filippo Lambertucci, Toyo Ito: trasparenza e leggerezza; Marinella Jacini, La magia del vetro; Matteo Baborsky, Edificio + decorazione = architettura; Andrea Pinotti, Il mago Picasso nelll’officina dello stile; Paolo Rizzo, La nascita dell’informale; Massimo Ferrari, Idea come arte; Andrea Gritti, Bergamo e l’architettura; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 11, pp. 32-36 • Francesca Scotti, Paesaggi d’Italia; Andrea Paoloni, Apertura del MAAM; Matteo Baborsky, Coerenza della meraviglia; Martina Landsberger, Architetti e ingegneri a Bologna; I. Boniello, M. Landsberger, C. Ravagnati, Rassegna, n. 12, pp. 38-39

INTERNET • Maurizio Villa Santa, www.comune.milano.it. Il portale ufficiale del Comune di Milano; Paola Giaconia, www.regione.lombardia.it. Il sito ufficiale della Regione Lombardia, n. 3, p. 44 • Annette Tosto, www.europa.eu.int. Il portale della comunità europea; Professione architetto in Europa; Associazioni ed Ordini professionali europei, n. 4, p. 43 • Annette Tosto, www.concorsi.archiworld.it; www.icnexchanger.org; Siti partners; www.ordinearchitetti.mi.it/concorsi/concorsi.html; www.architecture.it/it/minotauro/percorsi/prcs.htm; www.newitalianblood.com; www.europaconcorsi.com, n. 5, pp. 44-45 • Annette Tosto, www.provincia.milano.it; www.provincia.brescia.it; www.provincia.mantova.it, n. 6/7, p. 49 • Annette Tosto, Internet, n. 8/9, p. 41 • Annette Tosto, Il settore delle costruzioni: materiali, tecnologie e normative, n. 10, p. 46

DALLE ISTITUZIONI • (Commissione Giovani della Consulta), Claudio Botacchi, Incontro Europan 6, n. 1, pp. 5-6 • (Dalla Regione) Testo della L.R.

n.1 del 15.1.2001, n. 2, pp. 4-8 • Giuseppe Tomarchio, S.I.T. – Sistema Informativo Territoriale del Comune di Milano, n. 4, p. 44 • Barbara Capozzi, Osserva.Te.R. (Osservatorio del Territorio Rurale); Giancarlo Bianchi Janetti, Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 3/2001; Achille Rossi, Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 4/2001, n. 6/7, pp. 50-51 • Roberto Laffi, Il Sistema Informativo Territoriale della Regione Lombardia, n. 8/9, p. 42 • Alessandro Moneta, Regione Lombardia. Territorio e urbanistica. Terza raccolta ragionata dei pareri giuridici in materia urbanistica e di tutela dei beni ambientali. Comunicazione; AA. VV., Regione Lombardia. Territorio e urbanistica. Terza raccolta ragionata dei pareri giuridici in materia urbanistica e di tutela dei beni ambientali. Voce 16. Sottotetti; Alessandro Moneta, Regione Lombardia. Linee guida per l’isolamento acustico degli edifici nell’intorno degli aeroporti. Introduzione; Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 1/2001; Giulio Orsi, Comune di Milano. Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. Settore Concessioni ed Autorizzazioni Edilizie. Circolare n. 2/2001, n. 10, pp. 47-49 • Consulta, Covegno Urbanistica in Lombardia: contributo degli Architetti al Testo Unico e prospettive future. Le linee guida per la riforma urbanistica regionale, n. 11, pp. 2-3; Luigi Mirizzi, Considerazioni sul D.p.r. 5 giugno 2001 n. 328: “ Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi coordinamenti”, n. 11, pp. 36-38 • Uffici di consulenza del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Novità fiscali per i Professionisti. Legge 383/01 del 18.10.2001 “Tremonti bis”, n. 12, p. 40

DAI LETTORI • Donato D’Urbino, In merito ai concorsi, n. 10, p. 50 • Luigi Filocca, Urbanistica - modalità da seguire per la ripartizione delle quote di proprietà, n. 11, p. 39 • Enrico Freyrie, Auto-intervista ad un urbanista condotto, n. 12, p. 43

COMUNICAZIONI • Ordine di Lecco; Ordine di Milano; Ordine di Pavia, n. 3, p. 45

• Ordine di Brescia; Ordine di Cremona; Ordine di Milano; Ordine di Varese, n. 4, p. 45

ATTIVITÀ ECOMUNICAZIONI • Ordine di Como (Gianfredo Mazzotta, Luciana Cazzaniga, Marco Ortalli, Giovanni Franchi, Bruno Borghesani e Marcello Lupi); Ordine di Cremona; Ordine di Lecco (Massimo Dotti); Ordine di Milano; Ordine di Pavia (Elisabetta Bersani, Gianni Maria Colosetti e Paolo Marchesi); Ordine di Varese; Consulta Regionale Lombarda, n. 5, pp. 46-47 • Ordine di Como (Corrado Tagliabue); Ordine di Milano, n. 6/7, p. 51 • Ordine di Brescia; Ordine di Como; Ordine di Milano; Ordine di Varese, n. 8/9, p. 43

DAGLI ORDINI • Milano; Sondrio, Simone Cola e Francesco Lazzari, Architetti e progettazione partecipata: l’esperienza di Sondrio, n. 10, pp. 50-51 • Milano, Daniela Volpi, Relazione del Presidente sull’attività del Consiglio nel biennio 1999-2001; Lista “Continuità e Rinnovamento”, Lista “Uomo e Ambiente”, Lista “Fuori dalle Mura”; Varese, n. 11, pp. 39-43 • Bergamo, Fernando De Francesco, Convegno “Linee guida per la Riforma Urbanistica Regionale”; Como, Gianfredo Mazzotta, Commissione urbanistica. Conferenza sul tema: “Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale – contenuti, obiettivi e metodologie”; Lecco, 8 novembre: Giornata Mondiale dell’Urbanesimo; Milano, Alberto Monteverdi, Convenzione UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione; Daniela Volpi, Convenzione con la Società Net 1, n. 12, pp. 41-43

ITINERARI • Luigi Spinelli, Pietro Lingeri sul lago di Como, n. 3, pp. 46-49 • Massimo Dell’Oro, Mario Cereghini e Lecco, n. 4, pp. 46-49 • Giorgio Sebastiano Bertoni e Alessandro Urbani, Aldo Andreani e Mantova, n. 5, pp. 48-51 • Paolo Belloni, Giuseppe Pizzigoni a Bergamo, n. 8/9, pp. 44-47 • Vittorio Prina, Carlo Alberto Sacchi e Pavia, n. 11, pp. 44-47

INDICI E TASSI • • • • • • • • • •

Avvisi, n. 1, p. 50 Avvisi, n. 2, p. 31 Indici e tassi, n. 3, p. 50 Indici e tassi, n. 4, p. 50 Indici e tassi, n. 5, p. 52 Indici e tassi, n. 6/7, p. 52 Indici e tassi, n. 8/9, p. 48 Indici e tassi, n. 10, p. 52 Indici e tassi, n. 11, p. 52 Indici e tassi, n. 12, p. 44

INDICE • Indice 2000, n. 5


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