AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi
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10 11 Direttore Responsabile Giuseppe Rossi Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali, Martina Landsberger, Anna Ramoni Direzione e Redazione via Solferino 19 – 20121 Milano tel. 0229002165 – fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa Mancosu Editore spa via Alfredo Fusco 71/a – 00136 Roma tel. 06 35192255 – fax 06 35192260 e-mail: mancosueditore@mancosueditore.it http://www.mancosueditore.it Concessionaria per la Pubblicità via Alfredo Fusco 65 – 00136 Roma tel. 06 35192280 – fax 06 35192269 e-mail: isi.spa@mancosueditore.it Sales Manager Gianluca Antonucci Fabrizio Moi Agente pubblicità per il nord Italia: Giacomo Lorenzini (Mass Media) Alessandro Martinenghi (Graphic Point) per il centro Italia: Franco Sanna Alexander Tourjansky Stampa ati spa – Pomezia, Roma Rivista mensile: Spedizione in a.p. – 45% art. 2 comma 20/b – Legge 662/96 – Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 29.000 copie Prezzo singola copia: € 3,00 Abbonamento annuale (10 numeri): € 20,00 Abbonamento riservato agli Iscritti degli Ordini della Lombardia: € 3,00 Informazioni per abbonamenti: tel. 06.351921 In copertina Studio Museo Achille Castiglioni, foto di Fabrizio Marchesi. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL Chiuso in redazione: 24 marzo 2006
EDITORIALE FORUM Architetti e design interventi di Silvana Annicchiarico, Carlo Forcolini, Aldo Colonetti, Alberto Seassaro Formazione universitaria e Corsi di specializzazione Tavola rotonda Interventi di Manolo De Giorgi, Marco Ferreri, Franco Raggi, Luca Scacchetti
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FORUM ORDINI Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Milano Pavia Sondrio Varese
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OSSERVATORIO Argomenti Conversazioni Concorsi Libri Mostre
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PROFESSIONE Legislazione Organizzazione professionale Strumenti
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INFORMAZIONE Dagli Ordini Dalla Consulta
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INDICI E TASSI
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INDICI 2005
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APRILE 2006
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Giuseppe Rossi; Vice Presidenti: Achille Bonardi, Ferruccio Favaron, Giorgio Tognon; Segretario: Sergio Cavalieri; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Emiliano Campari, Stefano Castiglioni, Angelo Monti, Biancalisa Semoli, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidenti: Paola Frigeni, Angelo Mambretti; Segretario: Antonio Cortinovis; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Gianfranco Bergamo, Matteo Calvi, Enrico Cavagnari, Stefano Cremaschi, Alessandro Pellegrini, Francesca Rossi, Mario Salvetti, Italo Scaravaggi, Carolina Ternullo, Elena Zoppetti (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Stefania Annovazzi, Umberto Baratto, Franco Cerudelli, Laura Dalé, Antonio Erculani, Paola Faroni, Franco Maffeis, Donatella Paterlini, Silvia Pedergnaga, Enzo Renon, Roberto Saleri (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Chiara Rostagno; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Angelo Avedano, Antonio Beltrame, Alessandro Cappelletti, Laura Cappelletti, Enrico Nava, Michele Pierpaoli, Andrea Pozzi (Termine del mandato: 15.3.2010) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Gian Paolo Scaratti; Segretario: Federica Fappani; Tesoriere: Luigi Fabbri; Consiglieri: Luigi Agazzi, Giuseppe Coti, Davide Cremonesi, Antonio Lanzi, Fiorenzo Lodi, Fabio Rossi, Paola Samanni (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidenti: Massimo Dell’Oro, Elio Mauri; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Ileana Benegiamo, Fernando Dè Flumeri, Massimo Mazzoleni, Elena Todeschini, Diego Toluzzo, Alessandra Valsecchi (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Antonio Muzzi, Massimo Pavesi, Fabretta Sammartino, Ferdinando Vanelli (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Enrico Rossini; Tesoriere: Manuela Novellini; Consiglieri: Lara Gandolfi, Cristiano Guernieri, Filippo Mantovani, Giuseppe Menestò, Sandro Piacentini, Alberta Stevanoni, Luca Rinaldi, Nadir Tarana (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidenti: Marco Engel, Silvano Tintori; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Adalberto Del Bo, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Alberto Scarzella, Giovanni Edoardo Zanaboni, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 20.12.2009) Ordine di Monza e della Brianza Presidente: Biancalisa Semoli; Vice Presidenti: Massimo Caprotti, Alberto Poratelli; Segretario: Pietro Giovanni CicardI; Tesoriere: Paolo Vaghi; Consigliere: Angelo Dugnani, Ezio Fodri, Clara Malosio, Maria Rosa Merati, Fabiola Molteni, Roberta Oltolini, Federico Pella, Giovanna Perego, Francesco Redaelli, Francesco Repishti (Termine del mandato: 1.2.2010) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Fabiano Conti, Maria C. 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Gallazzi, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni, Adriano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2009)
Maurizio Carones
3 EDITORIALE
Una delle caratteristiche del lavoro dell’architetto è che l’oggetto della sua applicazione può variare notevolmente, così come la scala del suo intervento, le tecniche, gli strumenti, i modi stessi del suo fare. La diversità dei campi in cui tale progettualità si applica ha generato negli ultimi anni, come è noto, una serie di specialismi, spesso accompagnati da offerte formative sempre più specifiche. Questione controversa che, da un lato, rileva con realismo la situazione di estrema specializzazione del nostro lavoro e, dall’altro, forse rischia di mettere in secondo piano quella comune cultura che caratterizza l’attività dell’architetto e che, all’interno di essa, riconosce sempre il ruolo centrale del progetto. Uno dei campi in cui tale specializzazione ben si manifesta è quello del “design”, in quell’accezione che definisce in Italia il “disegno del prodotto industriale”. In questo caso la specializzazione ha portato alla costituzione di Facoltà che, con l’obiettivo di meglio definire competenze professionali distinte, licenziano laureati che non sostengono l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di architetto, perché la loro classe di laurea è differente. D’altra parte, il design si è definito, ai suoi inizi, anche per uno stretto rapporto con l’architettura, applicando alla scala degli oggetti metodologie di indagine e verifica progettuali comuni all’architettura moderna. “Dal cucchiaio alla città”, secondo la celeberrima locuzione di Muthesius riproposta da Rogers, l’architetto doveva farsi carico di modificare a tutte le scale l’ambiente, per migliorarne le condizioni in rapporto alla vita dell’uomo e alla società. Quadro generale che sembra un poco cambiato: il design, oggi, talvolta appare qualcosa di autonomo, forse non più direttamente conseguente ad una ricerca rivolta soprattutto alla soddisfazione di bisogni primari, secondo principi di economia e razionalità. In questo senso il design può sembrare a volte riferirsi a pratiche decorative, non lontane da quelle della moda – alla quale spesso è associato – forse tralasciando le nuove emergenze dell’ambiente e della società. Potrebbe allora essere utile riguardare a quella tradizione milanese e lombarda che, dando una propria interpretazione del design e in un certo senso definendone molte caratteristiche, è invece determinata da una stretta relazione fra risorse progettuali proprie della architettura, strutture produttive e committenza. A tale interazione partecipano anche scuole, note in tutto il mondo, che attraggono in Italia e soprattutto a Milano, numerosi studenti che intendono specializzarsi in questo campo. Questa tradizione – nel suo valore di sistema – comincia ad essere rilevata come patrimonio specifico e reale risorsa anche dalle stesse istituzioni che forse intravedono in essa come alcune caratteristiche culturali e produttive particolari possano rappresentare elevate potenzialità anche per l’economia nazionale. In questo senso, allora, è forse opportuno – come autorevolmente sostengono alcuni interventi in questo numero – insistere su alcuni aspetti comuni alle culture fondamentali che sono di riferimento per tali specializzazioni, valorizzandoli e considerando, per esempio, come elemento positivo il grande interesse con il quale molti architetti si occupano anche di design.
Architetti e design
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Nel Forum di questo numero intervengono Silvana Annicchiarico, membro del comitato scientifico per il design della Triennale di Milano; Carlo Forcolini, presidente dell’ADI (Associazione per il Disegno Industriale); Aldo Colonetti, direttore scientifico IED (Istituto Europeo di Design) e direttore di “Ottagono”; Alberto Seassaro, preside della Facoltà del Design del Politecnico di Milano. Inoltre, Franco Raggi, architetto e designer, ha organizzato un dibattito svoltosi presso la nostra redazione il 31 gennaio 2006, invitando i colleghi Manolo De Giorgi, Marco Ferreri e Luca Scacchetti ad un’amichevole discussione. Ringraziamo tutti i partecipanti per i loro contributi.
Oltre i maestri
di Silvana Annicchiarico La realizzazione in tempi stretti del Museo del Design e un’ampia e approfondita ricognizione sull’ultima generazione di designer italiani: queste, in estrema sintesi, le due linee-guida attorno a cui si articola oggi – in chiave strategica e prospettica – l’attenzione della Triennale di Milano nel comparto del design. L’Italia, come è noto, è il paese al mondo che ha conosciuto nella seconda metà del secolo scorso la più alta concentrazione di Maestri del design. Le ragioni che hanno portato a questo primato, da tutti riconosciuto, stanno nella storia del nostro paese, il più ricco di risorse artistiche del pianeta, ma anche in una tradizione antica di rapporto con le arti decorative, oltre che nelle caratteristiche del nostro sistema produttivo fatto di piccole e piccolissime imprese, al più artigiane, spesso organizzate in sistemi territoriali di filiera (i distretti) con grande capacità di interpretazione del progetto e grande qualità nella realizzazione. L’incontro tra gli eredi della tradizione artistica (i designer) e gli imprenditori dell’industria manifatturiera italiana ha prodotto la fortuna del design italiano. Questa fama, legata essenzialmente alla produzione di beni di consumo durevoli (mobili, apparecchi di illuminazione, casalinghi, ecc.), è stata raggiunta grazie anche alla creatività di personalità come Achille Castiglioni, Vico Magistretti, Bruno Munari, Ettore Sottsass, Aldo Rossi, Alessandro Mendini, Joe Colombo, Gio Ponti, Gaetano Pesce, Marco Zanuso, Enzo Mari, Franco Albini, Sergio Pininfarina, fino a Michele De Lucchi, Antonio Citterio, Denis Santachiara. Accanto a loro sono cresciute e si sono consolidate riviste come “Domus”, “Abitare”, “Interni”, “Ottagono”, “Modo”, ecc., ma soprattutto si è affermato il sistema formativo più importante al mondo legato al design: facoltà universitarie (quella di Milano la più grande), scuole e master pubblici e privati, insegnamenti legati al design anche in facoltà legate ad altri campi come l’economia, la comunicazione, ecc. L’importanza del design in Italia è determinata anche
dalla sua rilevanza economica. L’export italiano, anche in un periodo di crisi come questo recente (2001/2005), pur essendo calato come volumi non è calato per fatturato, dimostrando una vitalità straordinaria. Forse anche per questo motivo l’Italia è il paese che attrae il maggior numero di designer stranieri: tutte le principali star internazionali vogliono progettare prodotti per le imprese italiane, le uniche capaci di realizzare oggetti altrimenti impossibili o con sistemi che ne garantiscono qualità, prestazioni, prezzo e desiderabilità. A fronte di questo panorama esaltante emerge una grande preoccupazione: dopo i Maestri, che nel frattempo sono invecchiati, qualcuno è scomparso, e i più giovani hanno superato i cinquant’anni, non subentra una nuova generazione di designer. Forse “chiusi” dai Maestri, forse intimoriti dalla “calata” degli stranieri, forse “incapaci” o “inadeguati” alle nuove richieste delle imprese e del mercato, forse “esclusi” dallo star system internazionale, i giovani designer italiani non hanno voce, non hanno rappresentazione. Eppure, pur in un’economia globalizzata dove le intelligenze, come i prodotti, non hanno confini, è necessario, se non addirittura indispensabile, l’apporto della giovane creatività italiana. Essa va scoperta e valorizzata perché possa produrre novità, innovazione e valore. La Triennale di Milano, che nella sua storia ha accompagnato e sostenuto l’affermarsi del design italiano e del made in Italy, intende impegnarsi in un’opera di ricognizione e rappresentazione del giovane design italiano. Le fasi di questo lavoro, da me curato, saranno le seguenti: • costituzione di un Comitato di selezione aperto a critici, esperti, cattedratici, ecc; • invito ai Maestri a segnalare i loro “eredi” o i giovani più significativi; • sollecitazione di “autocandidature” da sottoporre al Comitato di selezione; • valutazione dell’insieme delle proposte; • grande mostra presso la Triennale di Milano. L’iniziativa si avvarrà dell’apporto e della collaborazione della Regione Lombardia, la regione italiana più orientata al design (per densità di imprese, progettisti, scuole, editoria, luoghi di rappresentazione, ecc.), e del Macef, una delle manifestazioni fieristiche italiane più legate al design. La Mostra dedicata ai giovani sarà la prima realizzata all’interno del “Museo del Design” che contemporaneamente si aprirà, presumibilmente nel periodo gennaio – aprile 2007. Il tema della realizzazione di un Museo del Design a Milano è stato affrontato numerose volte nel corso degli ultimi anni, ma fino ad oggi ogni tentativo di dare vita al progetto è fallito. Nel frattempo la città è cambiata e il contesto territoriale si è evoluto; si sono modificati molti paradigmi sociali e affermate nuove modalità di relazione con la contemporaneità. In tale contesto, progettare un nuovo Museo del Design significa necessariamente prendere atto delle esperienze pregresse, unendole ad una precisa coscienza dei nuovi processi e delle rinnovate necessità della società moderna. La proposta
formulata dalla Triennale si riferisce ad una tipologia museale innovativa, che risponda agli attuali modelli di vita: non più un Museo, ma un Sistema Museale del Design. Il punto di partenza di questa progettualità è costituito dall’idea che il Museo del Design debba essere la somma di tutte le energie attive sul territorio, un luogo di incontro collettivo, di potenziamento delle sinergie all’interno del sistema, di espressione e confronto delle differenze. Le risorse necessarie alla creazione di un museo così concepito sono in realtà già disponibili, dislocate sul territorio in molteplici luoghi; occorre riunirle all’interno di un progetto comune, esponendo quel capitale di esperienze collettive e raccontando la storia del design italiano in tutte le sue accezioni. Il progetto architettonico di ristrutturazione di parte del Palazzo dell’Arte per ospitare il Museo del Design è stato affidato all’architetto Michele De Lucchi, in continuità con i precedenti interventi relativi all’ingresso della Triennale e alla Biblioteca del Progetto. L’allestimento del Museo sarà realizzato con l’impiego delle più avanzate tecnologie e metodologie, per rendere la struttura capace di adattarsi alle più differenti tipologie di pubblico offrendo molteplici modalità di fruizione. Le stesse tecnologie e metodologie saranno utilizzate anche per realizzare l’infrastruttura di rete che permetterà di connettere e rappresentare i diversi “giacimenti del design”, oltre che per consentire lo scambio delle informazioni, lo sviluppo dei contenuti e l’interazione tra gli oggetti in mostra, siano essi reali o virtuali. L’approfondimento e la completezza dei contenuti offerti dalla rete permettono di portare all’interno del museo tutti i protagonisti del sistema. Questo significa creare un polo d’interesse per un pubblico molto vasto e valorizzare tutto l’indotto produttivo, dando visibilità e merito agli attori che, operando dietro le quinte, contribuiscono allo sviluppo del design e delle sue applicazioni. Il metodo espositivo sarà realizzato in modo tale da rap-
presentare la “cultura del progetto” nella sua costante mutevolezza, permettendo inoltre di uniformare gli allestimenti dei vari “nodi” sparsi sul territorio attorno ad un unico concetto espositivo, rendendo l’intero Museo più facilmente “comprensibile” e fruibile da tutti visitatori. La realizzazione del Museo comporterà anche la costituzione di un “Centro di Documentazione e Studi per il Design”, così come previsto dallo Statuto della Triennale, che consentirà di svolgere attività di ricerca tese ad analizzare e valorizzare gli aspetti più significativi della storia del design.
Il designer: radici e prospettive di Carlo Forcolini
In diverse occasioni d’incontro all’ADI ricordo che Achille Castiglioni ironizzava sul fatto che il design Italiano era diventato grande nel mondo prima del moltiplicarsi di scuole e università dedite al suo insegnamento. E Vico Magistretti sosteneva che per fare il designer era più importante il liceo classico di qualsiasi altro insegnamento professionale. Queste affermazioni di due grandi maestri solisti del design italiano, ancorché a mio avviso fuorvianti sul ruolo della formazione di massa del design, contenevano un principio di verità. Entrambi laureati in architettura al Politecnico di Milano, pur esercitando la professione, Achille Castiglioni e Vico Magistretti sono diventati celebri nel mondo per la loro opera di designer. A loro modo di vedere non c’era nessuna contraddizione tra l’essere insieme architetto e designer, e questo si spiega con il fatto che la cultura del design non ha avuto origine nell’industria del nostro Paese ma è stata, per così dire, importata come cultura teorica prima che come prassi produttiva. Nasce nel grembo della cultura futurista, il design italiano e di quella cultura, almeno sino alla fine degli anni Settanta,
FORUM GLI INTERVENTI
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Le fotografie di questo numero, realizzate da Fabrizio Marchesi, riproducono lo Studio Museo Achille Castiglioni e sono state gentilmente fornite dalla Triennale di Milano, che grazie a un accordo con gli eredi Castiglioni, ne ha reso possibile l’apertura al pubblico. Nello Studio, riportato alla sua condizione originaria, sono stati raccolti e archiviati tutti i lavori di Achille Castiglioni. Lo Studio Museo Achille Castiglioni, di cui è conservatrice Silvana Annichiarico, si trova a Milano in piazza Castello 27 ed è visitabile, dallo scorso gennaio, su prenotazione.
ha mantenuto il gusto della provocazione e della supremazia della libertà creativa. È utile ricordare che due imprese, l’Olivetti e la Rinascente, furono le grandi promotrici del design. La prima un’industria meccanicoinformatica che dell’innovazione tecnologica faceva la sua missione e la seconda un’impresa di servizi. Come dire le due punte avanzate del cuore industriale dell’Italia della ricostruzione. Dunque, la questione design si è evoluta in Italia in modo del tutto originale e la professione di conseguenza, proprio perché il suo ambito di discussione teorico travalicava i limiti posti dalla tradizione culturale che, in altri Paesi europei, come l’Inghilterra e la Germania, risalivano ai primi decenni dopo la grande rivoluzione industriale ed era del tutto interno al ruolo, produttivo e sociale, della grande industria. È ad opera di un piccolo gruppo d’architetti, perlopiù milanesi, che le poetiche d’origine artistica e architettonica si sublimano in oggetti d’uso comune. Il Razionalismo, il Surrealismo, il Dadaismo e la cultura Pop americana declinati nei saperi artigianali e nella disponibilità di nuovi materiali e tecnologie sono alla base di una cultura che apparteneva agli architetti e agli artisti. Questa situazione d’appartenenza culturale e disciplinare dura fino all’irrompere fragoroso della comunicazione e delle diverse estensioni del termine design, quali ad esempio il design management e il design strategico, verso la fine degli anni Sessanta. È in quegli anni che il marketing, fino allora dedito ad affinare le tecniche di vendita, estende il suo territorio proponendosi come mediazione alta della cultura d’impresa e della cultura del progetto. L’occasione è senz’altro ghiotta. Se, infatti, il rapporto tra comunicazione (e manipolazione) e tecniche di vendita è strettissimo, perché non estendere il controllo anche al progetto? Perché permettere a questa variabile incontrollata di non essere sotto il dominio della razionalità, ma anche della supposta creatività degli uomini del marketing? Non si dice, appunto, marketing creativo? Ecco che quella piccola nicchia nella quale avevano operato indisturbati i nostri maestri viene assaltata con argomentazioni diverse, alcune non prive di una certa verità. Ad esempio, la necessità di differenziarsi da parte delle imprese dai propri competitori aumenta notevolmente la dimensione comunicativa e relazionale delle stesse imprese e soprattutto si scopre la grande qualità cognitiva della cultura del progetto. Siamo alla svolta che prefigura una insanabile rottura tra chi considera il design come teoria e prassi di un fare il cui fine ultimo è il suo prodursi sociale e chi, di fatto, considera il design come parte del marketing il cui orizzonte ultimo è il solo mercato. Una situazione che negli ultimi decenni ha notevolmente inquinato il ruolo del designer generando notevole confusione e, a mio avviso, avvilendo la figura del designer, confinata nei due ruoli opposti o di grande star (sospendendo qualsiasi valutazione critica, una sorta di brand nel brand) o di umile prestatore d’opera. Malgrado questa condizione sia portatrice di un certo
Il narcisismo del progettista di Aldo Colonetti
Il design è una disciplina matura dove è presente un sistema complesso di conoscenze, conoscenze che hanno origine anche da modelli culturali, apparentemente lontani dalla sua specificità, ma che comunque costituiscono il modello di riferimento fondamentale. Design come sapere specialistico, senza mai dimenticare la provenienza cosiddetta storica, i dibattiti culturali fondativi e soprattutto il fatto che la sua autonomia esiste in relazione alla “cultura del progetto”. Certamente il design ha assunto la dimensione di sapere enciclopedico, in funzione soprattutto del ruolo strategico che svolge tra le discipline progettuali e della creatività applicata, da un lato e, dall’altro, le competenze di carattere tecnologico e scientifico, indispensabili perché il disegno dell’oggetto diventi prodotto industriale e quindi riconoscibile nel mercato internazionale. Design come linguaggio della differenza: ovvero la capa-
cità di rendere unica una funzione, una specifica relazione tra lo strumento e l’uomo in virtù della particolare dimensione estetica che qualsiasi oggetto deve possedere per esistere. La consapevolezza di questo ruolo è presente e diffusa nel mondo dei progettisti, nelle istituzioni formative e nella produzione industriale e quindi, di conseguenza, tutte le azioni e i risultati, agiscono coerentemente all’interno di questo grande disegno economico e strategico. A questo punto, proprio in virtù del suo successo, indiscutibile, una sorta di globalizzazione vincente del design, forse è necessario ricondurre questa disciplina all’interno del grande dibattito della cultura architettonica, non tanto sul piano di una dipendenza (è assodato e incontrovertibile, ad esempio, il fatto che i processi formativi del design dovranno sempre di più essere autonomi rispetto ai percorsi formativi di tipo architettonico, proprio in virtù del suo essere competenza specialistica), quanto su quello di una riflessione di carattere più generale, che tenga conto dei modelli culturali sui quali si sta disegnando il futuro delle nostre società. Noi sappiamo che, quando una disciplina diventa matura, tende ad autorappresentarsi, a comportarsi in modo autoreferenziale, come se la specializzazione possa fare a meno di un sapere più ampio, che indica gli orientamenti generali sul piano economico, sociale, etico ed estetico. La specializzazione è un passaggio fondamentale nella crescita di una disciplina, è un valore assodato e fondante di un “sapere tecnico”, ma quando si ha che fare con l’uomo, forse è necessario rivedere certe relazioni tra “umanesimo” e discipline specialistiche, tra saperi verticali e tensioni orizzontali nelle quali la parte assume un significato solo in relazione con il “tutto”, la cosiddetta totalità. È illuminante una riflessione che nel 1969 faceva Vittorio Gregotti nel suo saggio “Orientamenti nuovi nell’architettura italiana”: “bisogna riconoscere che i risultati internazionali del design italiano sono connessi, anche in modo apparentemente contraddittorio, rispetto ad altre nazioni più industrializzate, proprio alla sua condizione sperimentale e pionieristica che spesso relega il design ad attività completamente laterale, o al contrario lo innalza talvolta alla responsabilità, della completa individualizzazione del prodotto. Nell’insieme però ciò consente di operare, nei casi favorevoli, in uno spazio disponibile, in un maggior spessore di libertà d’azione”. Sono passati quasi 40 anni e, nell’attuale condizione, ottenuti risultati di successo, ottenuta una forte autonomia nei processi formativi, e direi anche uno status sociale di rilievo nella organizzazione dell’attività produttiva, forse è necessario riprendere in mano questa disciplina, adulta e responsabilmente presente nelle attività economiche e finanziarie, per ricondurla parzialmente nell’alveo del progetto moderno da cui essa ha avuto origine. Non per limitarne l’azione e nemmeno il pensiero; ma certamente per fare in modo di darle una maggiore consapevolezza e coraggio nell’affrontare i grandi temi del nostro
7 FORUM GLI INTERVENTI
stato confusionale, nel merito della domanda su quale sia la specificità professionale del designer posso ragionevolmente rispondere che, in generale, il design si occupa dell’umanizzazione della tecnologia. Un concetto in prestito da Augusto Morello che nel termine umanizzazione includeva la dimensione storica, sociale, economica e produttiva che persegue il primato dell’uomo sull’economia e non il suo contrario. E all’altra domanda su cosa fa il designer risponderei che qualcuno fa qualcosa quando gli altri, la società nel suo insieme, riconosce il suo fare. Non è il caso del designer che svolge una professione tuttora clandestina (in barba alla storia, alle scuole, e alle università) in quanto non riconosciuta. Nel senso che lo Stato italiano riconosce il designer solo come soggetto d’imposta. Per il resto è evidente che, essendo una professione senza un proprio statuto, il suo fare può essere o molto esteso o incredibilmente limitato. Se si intende il designer come progettista di prodotti sappiamo grosso modo di che cosa parliamo, ma se parliamo di design dei servizi o del territorio diventa molto più difficile definire quale sia il suo profilo professionale. Una condizione paradossalmente privilegiata perché, non definendosi a priori, si conforma con grande velocità alle grandi trasformazioni in atto. Negli ultimi anni il design è diventato di moda e di moda è anche la confusione sul suo ruolo. Personalmente continuo a pensare che il design non può essere una moda e, ancorché appartenga alla sovrastruttura culturale prima che alla struttura economica, sia, di fatto, la mosca cocchiera di quest’ultima nell’assolvere il suo ruolo di interfaccia responsabile tra la produzione e il mercato. Naturalmente con buona pace di chi pensa che il design sia tutto o che il design sia una parte, soltanto una parte, del marketing globale.
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futuro prossimo: il rapporto con il territorio e i suoi equilibri instabili, il problema della sovrapproduzione e quindi della ridondanza, semantica e estetica dei prodotti, il grande tema energetico e ambientale, in sostanza deve ridiventare un sapere e una produzione al servizio dell’uomo sviluppandone la sua conoscenza e la sua consapevolezza. Sul piano di un’indicazione di carattere più operativo questo non significa ridurre la “libertà d’azione” della disciplina; vuol dire, invece, farla crescere attraverso un rapporto più adulto tra cultura del progetto da un lato e, professioni e percorsi formativi specialistici, dall’altro lato; il tutto per evitare sia nostalgie di “arti applicate ottocentesche”, sia fughe in avanti in una sorta “onnipotenza” disegnativa. Ovvero pensare di poter disegnare tutto, indipendentemente dal contesto di riferimento. Urbanistica, architettura, design, grafica, sono discipline che dovrebbero avere un orizzonte unico, e questo per noi significa disegnare e comunicare nel segno della “totalità” al centro del quale non c’è un pensiero di riferimento forte; è la dimensione umanistica l’unico nostro riferimento insostituibile. Le discipline si sviluppano secondo accellerazione e decellerazioni che dipendono da cause esterne alla logica conoscitiva delle singole attività progettuali: le cause sono soprattutto economiche e politiche mentre queste discipline operano all’interno di una cultura di governo insufficiente o addirittura assente. Da qui il fatto, ad esempio, della progressiva emarginazione della dimensione urbanistica, e invece la costante accellerazione, come potere e come status, del design inteso come specializzazione in grado di produrre “valori assoluti”. Si sviluppa da queste contraddizioni, uno squilibrio tra le diverse discipline progettuali, privilegiando quelle paricolari discipline che hanno possibilità di realizzare in tempi brevi “effetti piacevoli”, risultati economicamente interessanti e da capitalizzare immediatamente: in sostanza più tattica che strategia. Dobbiamo invece fare in modo di arricchire le discipline progettuale utilizzando al meglio travasi e passaggi di conoscenza, valori economici e saperi tecnologici per evitare, ad esempio, il fatto che in Italia assistiamo ad un disinteresse preoccupante nei riguardi del territorio e dell’insediamento coerente della architettura all’interno dei grandi spazi urbani, mentre dall’altro lato si privilegiano la spettacolarità e le doti effimere di oggetti di cui, spesse volte, non sappiamo che farne. Come sempre è un problema di “governo”, non di tutela né di “censura”. Per governare la cultura del progetto, all’interno delle diverse articolazioni disciplinari, è necessario avere una visione laica e non fondamentalista, ascoltare le differenze che emergono dal mondo e non tagliare i ponti con il grande pensiero filosofico e politico che dovrebbe individuare non tanto le mete quanto le tensioni. A ciascuno il suo mestiere, per evitare di diventare tutti dei nipotini di Rem Koolhaas, il quale ad una domanda precisa, “dove comincia la tua prassi e dove finisce”, così
risponde: “direi che la mia professione finisce dove finisce il pensiero dell’architettura, nel senso di pensare ai programmi e alla struttura organizzativa”. È proprio, invece, pensando ai programmi e alla strutture organizzative delle diverse discipline che è possibile riconquistare una consapevolezza multidisciplinare, rispettando la specificità dei mestieri e, nello stesso tempo, non cadendo nella genericità di programmi ambiziosi e narcisistici.
La cultura del progetto verso il superamento di vecchi confini disciplinari di Alberto Seassaro
Il termine design nella sua origine anglosassone significa progettazione e quindi si applica in quanto tale a molteplici oggetti, che vanno dalla dimensione micro degli utensili alla dimensione macro dei sistemi urbani e dei territori, dalla dimensione materiale degli oggetti alla dimensione immateriale della comunicazione. La distinzione design-architettura è, quindi, singolare e deriva da una tradizione molto italiana di far coincidere il design con il mondo dell’arredo e poco più e l’architettura con un particolare approccio alla progettazione dei sistemi urbani e degli artefatti architettonici fondata su logiche compositive e su criteri rigidi (zone, funzioni, tipologie…). Credo si tratti di una distinzione assai difficile da sostenere alla luce della complessità della realtà che ci circonda e della sempre crescente necessità d’integrazione tra saperi, culture, competenze. Ci troviamo di fronte, infatti, alla presa di coscienza di come il sistema meccanicamente progettato per durare della città fabbrica, della città zonizzata, della città multicentrica e così via attraverso i molteplici “modelli urbani” proposti dalla modernità, risulta catastroficamente inadeguato alle nuove forme sociali emergenti e alle dinamiche di fruizione dei territori e delle città. Città e territori divengono, infatti, luoghi cangianti che, malgrado la rigidità della loro struttura, trovano modalità spontanee e temporanee per adattarsi al flusso del cambiamento. L’architettura, da contenitore statico e irreversibile, è nuovamente rivestita di significato da gesti spontanei di riapproprazione da parte d’individui e comunità. Gesti ed interventi soft e reversibili che creano luoghi provvisori d’aggregazione di senso, che sono, però, i nuovi luoghi che fungono da attrattori per i poli urbani. Questa idea di progettualità diffusa e molteplice, che ha molto a che fare con ciò che accade nei contesti d’uso e di vita delle comunità sociali e nell’emergere di nuove pratiche di relazione e di consumo, è molto vicina all’idea di progetto che abbiamo cercato di sviluppare nella Facoltà del Design e che sta alla base dell’offerta formativa che ha preso corpo in questi anni. Il Sistema Design del Politecnico di Milano ha la sua origine a partire dall’avvio del primo Corso di Laurea in Disegno Industriale nel 1993. Il Corso nasce in seno alla
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Facoltà di Architettura ma da subito si pone come ponte tra le diverse culture “politecniche” dell’architettura e dell’ingegneria e anche come luogo di ricostruzione del dialogo con la comunità professionale e imprenditoriale esterna all’accademia. Nel 2000 nasce la Facoltà del Design che si articola oggi in numerosi corsi di studio, che comprendono Laurea e Laurea Magistrale, nelle aree del progetto del prodotto industriale, della comunicazione, degli interni, della moda, oltre ad alcune altre Lauree Magistrali che colgono ambiti specialistici e strategici per il nostro paese: Design & Engineering, Yacht Design e Product Service System Design, il primo corso interamente in inglese. Una crescita certo incalzante, ma anche un progressivo processo d’articolazione e differenziazione dei profili formativi proprio nella direzione di dare risposte non univoche e autoreferenziali alle dinamiche di cambiamento che caratterizzano la realtà che ci circonda. Condizioni quali la crescente competitività dei paesi in via di sviluppo, la globalizzazione dei mercati, le nuove geografie umane e sociali, l’emergenza ambientale e la crescente necessità di trovare risposte in funzione di uno sviluppo sostenibile, pongono nuove sfide alle istituzioni formative. A questo si aggiunge un cambiamento paradigmatico nei sistemi tecnologici che rende ancora più fittizio l’ipotetico confine tra design e architettura. Oggi un edificio può essere fatto del medesimo materiale di una vela
da regata: le nuove tecnologie e i nuovi materiali hanno perso progressivamente la loro “specializzazione settoriale” per divenire ibridi, trasversali, multifunzionali. Non solo, un artefatto architettonico è al contempo “prodotto digitale”, artefatto comunicativo, micro ambiente di vita e insieme parte di un sistema di flussi che difficilmente è interpretabile secondo i modelli “urbani” canonici e, soprattutto, investito da dinamiche di cambiamento imprevedibili che spesso nascono dal basso, dalle comunità che lo abitano o se ne appropriano nel corso del tempo. Non credo che questo tipo di realtà possa essere affrontato con un’idea di progetto incarnata dal singolo, né attraverso modelli e categorie rigide e obsolete. Non credo quindi che debba esistere un “discorso sull’architettura” e un “discorso sul design” ma che si debba invece sviluppare e far crescere un dibattito sulla progettazione intesa come ambito complesso di integrazione di saperi e competenze, nel quale l’autorialità del singolo, l’architetto piuttosto che il designer, viene meno in favore di una organizzazione del lavoro articolata che coinvolge profili diversi guidati dalla figura di quel progettista regista di cui già parlava Gropius. Questa idea di progetto è quella che ci ha guidato in questi anni nella costruzione della nostra offerta formativa ed è quella sulla base della quale ritengo possibile costruire un rinnovato rapporto di dialogo e collaborazione tra culture progettuali diverse.
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Formazione universitaria a cura di Anna Ramoni Politecnico di Milano – Facoltà del Design • Corso di Laurea di primo livello – Classe di appartenenza: 42 (Disegno Industriale); cinque orientamenti: design degli interni, design dell’arredo, disegno industriale, design della comunicazione, design della moda. • Corso di Laurea specialistica – Classe di appartenenza: 103/S (Teorie e metodi del Disegno Industriale); otto orientamenti: design degli interni, design dell’arredo, disegno industriale, design della comunicazione, design della moda, design del sistema prodotto, prodotto e ingegnerizzazione del prodotto industriale, design navale e nautico. • Orientamento didattico: un interno di qualsiasi natura è un insieme complesso di elementi che costruiscono la qualità della relazione tra gli individui e lo spazio che abitano: dimensione degli spazi, arredi, luci, colori, suoni, persino sensazioni olfattive, rappresentano gli elementi che un progetto di interni deve saper modulare e comporre. Progettare significa in questo caso assumere l’involucro dell’architettura come punto di partenza e lavorare al suo interno operando non solo sul sistema dell’arredo ma su qualsiasi componente che permetta allo spazio di essere abitato. I territori in cui si sviluppa l’attività dell’interior designer sono numerosissimi, dallo spazio abitativo domestico agli spazi pubblici, dai non-luoghi di transito (aeroporti, porti, stazioni) ai luoghi pubblici di servizi (banche, uffici postali, ospedali, scuole) e ancora, i luoghi urbani. Un ulteriore ambito progettuale dell’interior designer è la progettazione degli allestimenti. L’exhibit design investe sia gli allestimenti dei musei, che gli allestimenti fieristici e degli spazi commerciali, intesi come luogo di comunicazione del marchio e d’interazione tra impresa e clienti. • Sito web: www.design.polimi.it Formazione post-lauream presso il Politecnico di Milano, Facoltà del Design • Master universitari di I livello: – Ergonomia del prodotto industriale; – eXtreme Design;
– Yacht design; – Design per l’industria degli apparecchi elettrici ed elettronici (White and grey design); – Fashion and textile design; – Modelli e prototipi per il design; – Progetto e tecnologie della luce. • Master universitari di II livello: – Design strategico – Innovazione e progettazione del sistema-prodotto. • Dottorati di ricerca: – Disegno e Metodi di sviluppo prodotto; – Disegno Industriale e Comunicazione multimediale. • Sito web: http://pcsiwa12.rett.polimi.it/~phdweb/
IED – Istituto Europeo di Design • Indirizzo: IED Design e IED Arti Visive, via Sciesa 4, Milano; IED Moda Lab, via Pompeo Leoni 3, Milano; IED Comunicazione, via Pietrasanta 14, Milano • Sito web: www.ied.it Istituto Marangoni • Indirizzo: via Verri 4, Milano Tel. 02 76316680 e-mail: milano@istitutomarangoni.com • Sito web: www.istitutomarangoni.com
Corsi di specializzazione
NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano • Indirizzo: via Darwin 20, Milano Tel. 02 973721, e-mail: info@naba.it • Sito web: www.naba.it
Domus Academy • Indirizzo: via Watt 27, Milano Tel. 02 42414001 e-mail: info@domusacademy.it • Sito web: www.domusacademy.it
SPD – Scuola Politecnica di Design • Indirizzo: via Ventura 15, Milano Tel. 02 21597590 e-mail: info@scuoladesign.com • Sito web: www.scuoladesign.com
Conversazione tra Manolo De Giorgi, Marco Ferreri, Luca Scacchetti coordinata da Franco Raggi
Questo numero indaga il rapporto sottile e biunivoco tra il design e l’architettura: due scale diverse che la cultura del progetto applica per intervenire sullo spazio abitato. Semplificando, si potrebbe dire che l’architettura vi interviene dell’esterno e il design dall’interno. Ma, proprio su questa diversità di prospettiva si gioca da tempo la discussione: sull’autonomia o subalternità del Franco Raggi design; sulla legittima aspirazione del design ad occupare uno spazio teorico e pratico che vanno al di là della semplice progettazione di oggetti e beni in serie; sulla capacità del design di rappresentare, di fatto, il luogo della modernità nell’immaginario individuale. L’architettura ha forse esaurito la sua capacità a prefigurare assetti spaziali che sottintendono visioni evolutive della società? Mentre il design sembra capace di interpretare questa evoluzione, in forza del fatto che oggi essa passa sempre più attraverso l’evoluzione-diffusione delle merci e dei loro modi di costruzione e di scambio, immagini comprese? Ho chiamato intorno ad un tavolo tre architetti che si occupano, non saltuariamente, di design. Con questa scelta, ho implicitamente ammesso di non credere ad una teoria e una pratica del design che non parta dalla cultura dell’architettura. Franco Raggi F. R. Introduco la discussione con un tema che mi sta a cuore. Io penso che l’architettura, nella sua funzione pubblica e collettiva si sia progressivamente allontanata dal tema dell’abitare, per concentrarsi su una sorta di “ipersegno” spettacolare e isolato, tanto è vero che, nei media, la si fa coincidere sempre più con le esplosioni di linguaggi, scoordinati e bizzarri, lontani dalle reali funzioni. Il design
invece è rimasta una disciplina che si occupa ancora di come evolve il modo di abitare, del rapporto tra l’uomo e il suo spazio in termini funzionali e simbolici. E non solo attraverso il design di oggetti e arredi, ma anche immaginando segni, funzioni e spazi più complessi, microarchitetture… Sono io che mi illudo che sia così? M. F. Io sono d’accordo, è così! Il problema è che nella catena della produzione dell’architettura e del design è “mancante” l’anello industria, poco capace di recepire le evoluzioni, che pur ci sono. Qualche anno fa l’industria si gettava, anche un po’ incoscientemente, verso la scoperta; oggi, a dispetto delle capacità, c’è molta paura di affrontare il nuovo, di far diventare realtà i sogni. Soprattutto nella realizzazione della casa c’è ancora molto da fare, ci sono bisogni che attendono risposta. Per esempio di leggerezza: la casa costruita è ancora quella che si misura in centimetri, è pesante; saremmo in grado di misurarla in decimi, di farla diventare una tenda… Fare quel bel gioco tra il design e l’architettura, che a me hanno insegnato essere la stesMarco Ferreri sa cosa. L. S. Io invece non sono d’accordo. È vero quanto dice Franco, sulla perdita da parte dell’architettura di qualsiasi valore di responsabilità civile, alla ricerca della spettacolarità fine a se stessa, ma credo nel design stia succedendo la stessa cosa. Non è vero che si occupa dell’abitare, ma dell’autoesibizione di una sorta di “mal di pancia progettuale”, che va a coprire tutti gli spazi copribili. Ed è lì che nasce la frattura con l’industria: questa si chiude perché i designer, al pari degli architetti, hanno perso il rapporto con la realtà. È un problema complessivamente etico del nostro mestiere. Si è perso il valore di “servizio”, di miglioramento della qualità della vita, della qualità di bere in un bicchiere o di Luca Scacchetti vivere in un quar-
tiere. Questo senso di responsabilità può rimettere insieme architettura e design, che, anche secondo me, sono la stessa cosa, con solo un passaggio di scala. M. D. G. Sono d’accordo anch’io: non c’è più nessuno che si occupi dell’abitare. L’Italia ha prodotto esperienze interessanti perché il design si è occupato dell’alloggio laddove nessuno faceva politiche dell’alloggio. Altri Paesi, che invece le avevano attivate, non hanno prodotto design. Oggi anche questi Paesi non hanno più le politiche e quello che c’è non lo chiamerei neanche design, è una specie di attrezzatura, soluzione di piccoli problemi, non reali, che sono quelli dello spazio privato. Da questo punto di vista credo che il design abbia completamente esaurito la propria funzione. Bisogna passare dall’occuparsi dello spazio privato a quello collettivo, che è quello di cui si dovrebbe occupare l’architettura, la quale però non produce più spazi collettivi, ma solo una sorta di shopping center continuo. Manolo De Giorgi F. R. Farei un accenno al rapporto perverso tra committenza pubblica e design. Voglio dire che la committenza pubblica, invece di riconoscere, promuovere e diffondere il design di qualità, ne prende il peggio e ne realizza gli aspetti più dozzinali, provinciali. Così il design diventa un elemento glamour. È esemplare il caso dei mezzi pubblici, tram e treni; poggiatesta come le orecchie di topolino, tavolini fissi da tortura e quel capolavoro di idiozia che sono i gabinetti dell’Eurostar: fingendosi su un aereo hanno ridisegnato malissimo ciò che funzionava benissimo. Vorrei poi introdurre un’altra questione. È vero, il design oggi si sta occupando soprattutto di accumulare segni, invece di rispondere a necessità, per di più con una sorta di bulimia tecnologica, per cui un oggetto ha valore se fatto con un materiale nuovo… purché sia nuovo. Che ci sia una continua evoluzione tecnologia che trova applicazioni corrette è sicuramente un fatto positivo, ma se l’innovazione diventa fine a se stessa? Non tutto ciò che si può
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Etica del design: progettazione, formazione e produzione
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che non sono sempre evidenti nel segno, pur se governano il disegno.
tecnicamente fare è giusto farlo. C’è inoltre una sorta di forbice per cui anche in architettura il progetto segue questa deriva tecnologica, mentre l’architettura normale si siede su immagini di maniera, se non quasi sullo “stile” Milano 3.
F. R. Dunque non pensi che la forma sia l’obiettivo principale? È il prodotto del soddisfacimento di determinate esigenze? Se dovessi insegnare ad un giovane designer, cosa gli diresti?
L. S. Segnalerei a questo proposito la novità introdotta da quello che chiamerei “design dell’architettura”, ossia il fenomeno dei cataloghi di prodotti di design al servizio dell’architettura, come brise soleil, tiranti… pezzi tecnologicamente avanzati per cui prima era necessario ricorrere all’artigiano per la produzione del pezzo unico.
M. F. Nella nostra società, che è quella dei consumi, in cui ogni oggetto è “economico”… penso che gli insegnerei a dire dei no. F. R. Secondo voi l’architettura serve nella formazione del designer? Nelle nuove scuole di design sembra un argomento obsoleto?
M. D. G. Questo fenomeno degli architetti che disegnano componenti è nuovo ed interessante: penso ai pannelli di titanio di Gehry, alle facciate ventilate di Renzo Piano… però riguarda la costruzione della pelle delle cose e non ha effetti invece sull’abitare. M. F. Bisognerebbe fondere questo con le nuove esigenze abitative, con la leggerezza e la trasformabilità. Perché i capannoni industriali devono essere così pesanti, costruiti per l’eternità? Perché non si può pensare di inserire nel paesaggio oggetti leggeri e mobili? Solo perché poterci “piantare il chiodo” dà la sicurezza che il manufatto esiste?
Manolo De Giorgi, arredi fissi di un appartamento a Milano, 2000.
F. R. Vorrei prendere voi due, Marco e Luca, come esempi di metodologia progettuale opposta. Marco fa architetture facendole conseguire ai procedimenti del design, mentre il design di Luca consegue, viceversa, a procedure della sua architettura. Sono modi d’operare che hanno una giustificazione etica nel fatto che uno crede nel potere salvifico dell’architettura e l’altro in quello del design?
M. D. G. Io penso ad un’altra connotazione di questa differenza. Quando Marco progetta un oggetto, lo fa senza pensare un tipo di spazio, ma lo fa talmente forte da condizionare il contesto in cui verrà posizionato; quando lo progetta Luca, come in qualche modo faccio io, non può fare a meno di pensare allo spazio, più o meno definito, di destinazione.
L. S. Sono modi opposti, ma il problema vero è quello dell’unità. Il motore di molte mie scelte è la possibilità di produzione, perché penso sia un modo di far funzionare le aziende, le esportazioni…in definitiva il Paese. E si riescono a far produrre oggetti che migliorano la qualità della vita. É sempre il problema della responsabilità del proprio lavoro nei confronti del resto del mondo. M. F. Siamo due autori di racconti, solo utilizziamo un linguaggio diverso. Io riconosco il suo come più classico, ma pen-
so che l’importante sia che entrambi sappiamo scrivere… F. R. Volendo rimanere su questa analogia della scrittura l’importante allora è non parlare di calligrafia.
M. F. Mah, forse il mio è più debole dello spazio, si annulla, sparisce. Io cerco di lavorare soprattutto sulle prestazioni…
L. S. Serve! Il problema è dello sguardo generale, di dove sta il bicchiere che progetto. Il design avrebbe dovuto rimanere all’interno della facoltà di architettura, con più presenza. Penso che l’Italia, collegandomi a quello che diceva Manolo prima, abbia perso una grande occasione, quella di essere “il Paese del design”, proprio in quanto questo veniva prodotto da una cultura molto più ampia, quella dell’architettura, dello spazio, dei materiali, del paesaggio ecc. Questo era un modello funzionante, che purtroppo è stato interrotto nel tentativo di inseguire quello anglosassone, aprendo le scuole di design, dove questo che noi intendiamo come disciplina, viene considerato come pura manifestazione di creatività. F. R. Parlavamo di “sistema design”, integrato nell’economia e nella costruzione del paesaggio. State vedendo qualcosa in questa direzione da parte delle istituzioni? Un utilizzo di questo humus fertile – soprattutto a Milano – come risorsa? L. S. A Milano non tanto! Da questo punto di vista sono molto più interessanti realtà di
Marco Ferreri, concerto per luci Sole, Festanebbia, Mantova 2005.
L. S. Io però penso al procedimento, cioè al design di tutto il processo, un po’ come la “Casa per tutti” di Bottoni, all’abbattimento del prezzo ed alla funzionalità. M. D. G. Io penso che il problema sia che si va sempre di più verso la divaricazione tra questa “merce”, che è l’Ikea, ed il “design del lusso”, che è un vero e proprio paradosso, mentre scompare tutta la varietà intermedia che costituiva propriamente il design. M. F. E tu Franco cosa diresti ad un giovane designer? Franco Raggi, Vasovasi, 2004, produzione Danese.
provincia, che stanno cercando di riconvertire le aziende portando con sé il design. Milano è una realtà delle più statiche, anche il museo del design, per cui tanto si è lavorato – tu stesso Manolo credo abbia fatto molto – alla fine non si è fatto.
mediterraneità. Io credo che il progetto debba far riflettere… anche con un semplice oggetto, comunicare cultura, provenienza, identità, scoperta. Ikea non mi fa riflettere, mi fa contento per-
F. R. Di occuparsi del dettaglio, di toccare le cose, di chiedersi come stanno insieme e perché stanno in piedi… di spegnere il computer e accendere la matita. Redatto da Caterina Lazzari
M. D. G. Sì, a causa dell’arretratezza delle idee applicate. Già si era in ritardo, in più si cercava di raccogliere la collezione attraverso meccanismi obsoleti come le donazioni. Manca l’intenzione di investire, come fanno invece con successo tutti i musei del mondo. L. S. La soluzione, anche all’inerzia delle istituzioni, è ancora attivare la progettazione della “casa ideale”, in cui si progetta tutto. In questo modo si mettono in moto architettura, edilizia, illuminazione, aziende dell’imbottito ecc. e si fa vera sperimentazione. Oggi i giovani sono tenuti fuori dall’investimento delle industrie e non riescono a fare del buon design perché ricercano la propria riconoscibilità e non lavorano più “al servizio”. Ad esempio, questo non accade con Ikea, che è infatti il più interessante fenomeno di design di questo tempo. M. F. Non sono d’accordo, non producono idee, ma per lo più copie. F. R. Ikea sarà fantastica, ma propone più un modello economico, organizzativo, di comunicazione, fondato su un design nordico, calvinista con flebo di
Luca Scacchetti, radiatore Stradivari, produzione Cordivari.
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ché costa poco e funziona… a parte la tortura del montaggio e i nomi dei prodotti… quei nomi!
Pio Manzù, Fiat 127,1968.
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Bergamo a cura di Antonio Cortinovis e Gabrio Rossi
Design a Bergamo La definizione di design ha subìto variazioni nello scorrere dei decenni e con esso anche la figura del designer quale mediatore tra il bisogno dei fruitori e la macchina produttiva. Fino agli anni Trenta il design fu strettamente legato all’”arte decorativa”, solo dopo la seconda guerra mondiale si cominciò a parlare di produzione industriale. Intorno agli anni Cinquanta il design assume un ruolo importante nella cultura italiana: sono gli anni in cui si sancisce l’esordio del made in Italy, i progetti italiani si distinguono per la loro creatività e innovazione a differenza di altri paesi in cui il funzionalismo è ancora in voga. Con il boom economico degli anni Sessanta si assiste all’aumento della richiesta di prodotti e i designer sono sempre più ispirati dai movimenti artistici d’avanguardia (futurismo – pop art) e cominciano a sperimentare l’utilizzo di nuovi materiali quali: plastica, acciaio inox, poliuretano, polistirolo, ricerca che prosegue durante tutti gli anni Settanta. Questo momento felice del design italiano si dovette all’incontro e alla fusione tra il lavoro dei progettisti e le ricerche dell’industria. In questo panorama, nel quale la collaborazione tra diverse figure creative diveniva primaria, Bergamo, nutrita dalle esperienze più avanzate offerte da Milano, ha dato il suo contribuito a un’ascesa senza precedenti. Il design, sia sul versante sempre particolarmente attivo della moda che del complemento d’arredo si distingue per il livello innovativo delle proposte che riscuotono successi nazionali. L’area dell’industrial design prende le mosse da Pio Manzù figlio dell’artista Giacomo che entra a far parte della storia con prodotti divenuti storici: nell’area del car design si ricorda il successo della prima Fiat 127 progettata nel 1968 e un modello di taxi sperimentale rimasto a livello di prototipo, nell’area del product design ricordiamo la famosissima lampada Parentesi, frutto della collaborazione con Achille Castiglioni ed i prodotti per Ritz e Kartell. Di rilievo sono anche i riconoscimenti nazionali e internazionali del designer Bruno Rota (segnalazioni al Compasso d’Oro nel 1979 con la libreria Giunto e nel 1981 con la struttura mobile Diante e Premio Dunlop per l’innovazione nel 1981 con un prototipo di seduta imbottita). Il successo del design italiano è da sempre il risultato del binomio designer-industria e non da meno la realtà bergamasca ha dato il suo contributo per la presenza di realtà produttive importanti che abbracciano diversi settori e che hanno segnato la storia del paese; per citarne alcune: Gewiss, Brembo, Radici, Lovable, Zanussi, Imetec, Foppapedretti e, nel campo specifico del design
del mobile, Acerbis International, Alias, Baleri Italia. Oggigiorno la situazione della realtà industriale è cambiata; alcune di queste sono state assorbite da grandi multinazionalie quelle rimaste vanno alla ricerca di professionisti di fama internazionale per una maggior competitività (Acerbis International e Alias coinvolgono professionisti come Giandomenico Belotti, Vico Magistretti, Giotto Stoppino, Mario Botta, Norman Foster, Richard Meier, Philip Stark, Hans Hollein). La vicinanza di una Milano effervescente e il provincialismo in cui spesso si rinchiude la realtà bergamasca spinge soprattutto i giovani a riversarsi sulla capitale del design per dar vita alle proprie idee. Si ricorda che fin dai tempi di Pio Manzù i progettisti bergamaschi hanno avuto riconoscimenti maggiori al di fuori della propria provincia. Da qualche anno pare farsi sentire un timido desiderio di cambiamento: la realtà bergamasca sembra che, attraverso mostre dedicate, stia riscoprendo l’importanza che l’industria e il design hanno giocato negli ultimi decenni, e che, con la nascita di una fiera sull’arredamento degli interni, stia cercando di dare maggior eco alla realtà produttiva della provincia. Tuttavia ancora molti passi vanno compiuti per uscire da una situazione stagnante e ritrovare quel clima propositivo che aveva caratterizzato in passato la realtà dell’industrial design a Bergamo. Lelia Mambretti
Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli
Una piccola azienda bresciana con grande attenzione per il design Liliana Bonomi è architetto e designer, ma non solo: lavorando all’interno dell’azienda fondata dal suocero, la Serafino Zani, una piccola azienda di casalinghi a Lumezzane, vive dall’interno tutti gli aspetti della produzione dell’oggetto, e partecipa alla definizione degli indirizzi e delle linee “ideali” che sottendono alla realizzazione di un pezzo. È questo il motivo per cui ci è sembrato che la sua visione di professionista inserito e strettamente legato all’ azienda, potesse sviluppare il tema del forum con un’ottica particolare. L’architetto Bonomi ci parla innanzitutto delle difficoltà che negli ultimi anni sta attraversando il settore dei casalinghi nel distretto industriale di Lumezzane, per diversi
Liliana Bonomi, ciotole in peltro Quirico.
al filosofo Remo Bodei è stato chiesto di riflettere sul tema dell’accettazione in un volume il cui titolo provvisorio è “Ospiti della vita”, che verrà rinchiuso in custodie, il cui progetto è stato affidato a diversi designer, creando un rapporto di reciproca valorizzazione tra testo e oggetto. In concomitanza con il prossimo Salone del Mobile di Milano, questi due ultimi progetti, verranno presentati assieme ad una collezione di vasi in peltro disegnati da Mario Botta. P. T.
Como a cura di Roberta Fasola
L’oggetto nella città… ... A parafrasare la celebre frase di Muthesius, poi ripresa da E. N. Rogers “Dal cucchiaio alla città”, per evidenziare l’ampiezza del campo progettuale riferito all’oggetto. Ampiezza dovuta anche alla presenza di innumerevoli campi di applicazione fra loro fortemente eterogenei dove emerge la figura del designer quale regista degli equilibri tra le tante componenti del processo ideativo e applicativo nel rapporto produzione-consumo. Proprio per evidenziare come forma, tecnologia e funzione possano entrare in gioco ogni volta con pesi differenti, si è deciso di intervistare più designers, operanti in categorie di produzione fortemente diversificate: l’arch. Andrea Castelli, designer ed esperto d’illuminotecnica, l’arch. Fabio Rezzonico progettista specializzato in campi fortemente tecnologici, lo studio Decoma Design (architetti Luigi Mascheroni e Luisangelo Cozza) specializzato nei processi d’industrializzazione e ingegnerizzazione dei prodotti di design e l’arch. Giovanna Saladanna, quale graphic designer. Punto comune delle opinioni raccolte è come la realtà comasca sia di fatto molto simile a quella milanese, in quanto per il designer il luogo di lavoro, inteso come luogo fisico di sede dello studio, è abbastanza relativo: ciò che realmente conta è il rapporto che si instaura con le aziende produttrici. Nel design solitamente si può parlare di un rapporto equilibrato, durante la fase creativa, tra ricerca formale e aspetto funzionale del prodotto. Nella realtà dell’illuminotecnica, secondo l’arch. Castelli, è la conoscenza del panorama produttivo, dell’avanzamento tecnologico e delle potenzialità delle aziende operanti
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fattori: innanzitutto la diminuita capacità di acquisto delle famiglie e la concorrenza dei paesi emergenti che, tra l’altro, sono in grado di produrre pezzi anche di buona qualità. A questo, in apparente contraddizione, si aggiunge un mutato rapporto dell’utente con l’oggetto: va diminuendo il numero di coloro che pongono la loro attenzione alla qualità dello strumento che utilizzano per cucinare, forse perché il tempo e la cura da poter dedicare alla cucina sono sempre meno. In questo contesto la strategia dell’azienda è quella di produrre cose che funzionino bene, durino nel tempo, con un giusto rapporto qualità prezzo: il design si inserisce in questa filosofia per creare degli oggetti che suscitino degli affetti per le forme dell’ambiente domestico. A fianco di questa produzione “tradizionale” vi è poi l’esplorazione di nuove strade, dando ai designer degli input per la realizzazione di oggetti il cui fine non sia solamente l’utilizzo immediato, ma sia il modo per indagare cosa proporre per dare un senso a ciò che viene prodotto, per far sì che l’immagine e la percezione di chi vede venga in un certo senso innalzata. È nato così il progetto “Numa”, nuovi materiali antichi, una sorta di laboratorio di ricerca che esplora, e in certi casi riscopre, materiali della tradizione come il peltro, il legno, il vetro, con linguaggi espressivi odierni. Il progetto Numa, guidato da Roberto Zani, rielaborando attraverso il design, la lettura delle caratteristiche di questi materiali antichi, li ripropone in oggetti contemporanei, prodotti in piccole serie. Alla prima collezione di oggetti in peltro “Metallia”, ha fatto seguito nel 2001 la serie limitata dei vasi “Just for Flowers”, disegnata da Ettore Sottsass, ed è continuata con tre nuove edizioni, sempre in tiratura limitata: “Scatole Segrete” e “Tavole”, due collezioni disegnate da Ettore Sottsass, la prima in legno multistrato, scrigni per custodire segreti e tesori, la seconda in fusioni di peltro e vetro di Murano, “ma c’è qualche ragione per la quale gli oggetti di oggi non si possono ancora considerare come strumenti per una affettuosa ritualità che riguarda noi stessi?” (Ettore Sottsass). La terza collezione è la collezione “Custodie” di Giuseppe Rivadossi, in legno a scavo, piccole arche che accolgono e proteggono le nostre cose più care. Certamente, soprattutto nel caso di Giuseppe Rivadossi, dovremmo parlare più di artigianato che di design, di un artista che si esprime lavorando con le sue mani, il materiale prima cercato, trovato ed essiccato personalmente; tuttavia lo spirito che sottende i vari progetti è lo stesso: gli artisti e i designer sono chiamati, attraverso i loro personali linguaggi, a scoprire la bellezza nascosta nei materiali e a svelarne la verità intima. Accade così che al progetto siano chiamati a partecipare anche personaggi apparentemente estranei al mondo del design: al poeta Mario Luzi è stato proposto di scrivere “Lacrime Segrete”, notturne, solitarie, inconfessate, raccolte in un piccolo vaso: un lacrimatoio, disegnato da Ettore Sottsass, perché non se ne perda alcuna; mentre
Fabio Rezzonico, Mylab (2004). Premio I.D. Annual Design Review 2005. Award: Honorable Mention, Category Equipment.
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nel settore che consente una migliore focalizzazione degli obiettivi progettuali. “L’approccio al progetto è sostanzialmente di due tipi: uno, che si può definire di rottura, sollecita bisogni inespressi del mercato e utilizza materiali e tecnologie inconsueti e innovativi; l’altro, di tipo più funzionalistico, tende ad ottimizzare le risorse tecnologiche disponibili per dare risposte razionali a bisogni inevasi dell’utenza. La caratterizzazione formale, che è comunque solo uno dei nodi dell’iter progettuale, è ovviamente più connessa con la formazione culturale e la creatività del singolo designer, con la storia e l’identità del produttore e, non da ultimo, con le tendenze del mercato di posizionamento.” (A. Castelli). Un caso ancora diverso è quello incontrato nel lavoro dell’industrial designer Fabio Rezzonico che ha sempre mantenuto nei suoi progetti un’attenzione costante al processo di sviluppo dell’oggetto, sino alla sua ingegnerizzazione, in particolare nel settore dell’elettrodomestico ed elettromedicale, in cui ha ottenuto il Premio Compasso d’Oro 2001 con la risonanza magnetica E-Scan. Un settore, quello dell’elettromedicale, per esempio, che comporta una riflessione anche etica, nel senso del rispetto nei confronti dell’utenza cui offrire soluzioni di prodotti che anche nell’immagine di forme e colori, rassicurino psicologicamente il paziente. La specificità del settore medicale deve inoltre motivare il designer a porre attenzione anche agli aspetti normativi, soprattutto per quanto concerne la componentistica elettronica, unendo così forma e contenuto, contenitore e funzione. “Ingredienti fondamentali per fare design di prodotto oggi, sono innovazione, creatività e competenze. Anche in settori come il medicale, dove la tecnologia ha raggiunto standard elevati, il design e l’ergonomia sono integrati nella ricerca e nello sviluppo del prodotto e diventano elementi fondamentali per il suo successo”. (F. Rezzonico). Riferendosi invece al design del settore dell’arredo, quindi per certi versi più tradizionale, l’esperienza dello studio Decoma è esemplificativa di un differente approccio: in questo caso i progettisti ritengono basilare che le “cose che stanno nella nostra vita” siano oggetti curiosi per la quantità di informazioni che mostrano o nascondono, interessanti in sé ben prima dell’utilità e dell’uso. La qualità prima del designer dovrebbe essere il senso della misura, non tanto intesa come “sobrietà”, quanto come capacità di invenzione e capacità di calcolo per affermare il ruolo individuale di ciascun soggetto (L. Mascheroni). La stessa graphic designer Giovanna Saladanna, sottolinea anche quanto sia importante in questi campi, l’influenza esercitata dai propri maestri, nonché il percorso di passioni che porta a “giocare” con gli elementi, siano essi tipografici o architettonici. Un mestiere, dunque che
pur essendo considerato creativo, non resta estraneo allo studio della forma, delle proporzioni, del colore, del ritmo, dell’equilibrio e dei materiali. “In fondo ritengo che una pagina (su carta o web) sia come la facciata di una casa. E per spiegare quale sia la differenza tra il lavoro di un artista e quello del designer faccio mio ciò che diceva Munari. Più o meno questo: dovendo progettare una saponetta, l’artista la disegna a forma di piramide, nera, e senza curarsi d’altro; il designer considera la forma delle mani, il movimento che queste compiono per lavarsi, un colore che possa soddisfare l’idea di pulizia” (G. Saladanna). R. F.
Cremona a cura di Fiorenzo Lodi
Incontro con Angelo Micheli, architetto-designer Architettura e design, disciplina e slancio lirico, spazio costruito e oggetto: sono queste alcune categorie nella nostra professione che non sempre sono in antitesi e in qualche caso entrano in un felice connubio culturale, per sfociare in un’intensa e varia attività progettuale. Diverse le formazioni, variegate le esperienze professionali: molti colleghi architetti si occupano di design o di architettura e design insieme. Paradigmatica ci è parsa, tra le figure della nostra provincia, quella dell’architetto-designer Angelo Micheli. Quarantaseienne, originario di Crotta d’Adda in provincia di Cremona, dove risiede per alterni periodi, opera principalmente a Milano, dove insegna presso lo IED e conduce uno studio di design; insegna inoltre a Venezia. La sua formazione come designer si fonde con la laurea in Architettura; il suo lavoro di designer trae stimolo, vigore e confronto dall’attività di docente. L’incontro col nostro nucleo redazionale, avvenuto in forma d’intervista con l’architetto Fiorenzo Lodi, è stato una discussione aperta, appassionata ed entusiasta. Rendiamo testimonianza della figura di questo collega con la vivacità delle sue stesse parole. Adriano Alchieri Quali ragioni l’hanno portata ad intraprendere la strada professionale del design? È iniziato al tempo in cui frequentavo il quinto anno delle scuole superiori a Cremona quando, piacendomi l’idea di fare design, ho letto un libro di Sottsass: lì ho conosciuto
e compreso il design fatto da un’angolazione artistica. Mi sono iscritto al corso di Laurea in Architettura a Milano, con la convinzione di occuparmi di design e l’anno successivo mi sono iscritto in contemporanea al Politecnico del Design. Ebbi la fortuna di riuscire ad incontrare Sottsass ed iniziare a lavorare con lui. All’incontro, io emozionatissimo, mi disse: “Non ti preoccupare: nascerà qualcosa per te, ma prima devi terminare la scuola”. Ebbe ragione. Se fossi rimasto soltanto lì a lavorare, avrei probabilmente prodotto qualcosa molto simile al lavoro di Sottsass. Invece, con l’ancor più ferma motivazione, ho terminato gli studi sia d’architettura che di design.
Date queste premesse, quali sono gli ambiti progettuali nei quali si è maggiormente espresso nel suo lavoro? Proprio in virtù di quella apertura culturale che ho detto, non ci sono degli ambiti specifici; i campi di attività sono i più disparati. In realtà faccio di tutto e non so fare niente: voglio dire che non amo fare una sola cosa, non mi piace la figura del designer specialista. In circa ventidue anni di esperienza la mia attività progettuale è passata dal bicchiere alle centrali per l’Enel e non si tratta solo di diversa scala d’intervento. Anche nell’ultimo progetto della centrale per l’Edipower a Piacenza, quindi un “og-
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Come hanno inciso, dal punto di vista culturale, gli studi in architettura sulla sua successiva professione? Architettura ha inciso molto: mi ha dato una cultura più ampia e profonda, legata anche alla comprensione dei comportamenti dell’uomo nello spazio e ad aspetti anche artistici dell’abitare e del vivere. Del design amo il legame con l’industria – un designer lavora con l’industria – e con la cultura del mondo industriale; ma questa è diversa dalla cultura dell’architettura ed ho sperimentato che il mix tra queste culture è stato di grande importanza nella progettazione di un oggetto. Così mi sono occupato, nel campo del design, di lavori che non sono propri di un designer che abbia frequentato la sola scuola di design; la conoscenza dell’architettura rende la figura del designer molto più ricca. In architettura c’è una visione orientata allo spazio e si realizza qualcosa che racchiude o definisce o libera lo spazio stesso; nel design invece si crea l’oggetto. Intendo dire che il designer puro studia l’oggetto in sé e nell’ottica della produzione industriale, in relazione all’ergonomia, ai costi di produzione, ai materiali e tecniche costruttive ed, in fondo, alle esigenze di mercato. Invece il designer dotato di bagaglio culturale in architettura vede anche l’oggetto di design nell’ottica dello spazio, come rapporto tra contenitore e contenuto, come rapporto con lo spazio nel quale verrà impiegato. Perciò, se disegno un bicchiere, mi diverto ad inserirlo nello spazio circostante e rappresento all’intorno un qualcosa che è architettura; allora, pian piano, in un processo reciproco, l’oggetto di design si veste di tutto ciò che è l’architettura.
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Angelo Micheli, lampada a sospensione Asso.
getto” grande, l’amore per il progetto è lo stesso. Io lo affronto sempre con il cuore aperto e, non avendo conoscenze specifiche in relazione ai temi dati, cerco di catturare parte dell’esperienza altrui, di apprendere e fare mie certe conoscenze specialistiche, di fare tesoro dei contributi specialistici del gruppo di progettazione. Quale rapporto esiste tra libertà espressiva del designer e vincoli del processo produttivo industriale? Su questo tema c’è molta differenza rispetto all’architettura. Il design è per se stesso innovazione, l’industria ed il mercato chiedono diversità, novità; e questa è la massima libertà per il designer. Ma non si deve confondere arte e design: non si tratta di creare cose strane o buttare nel progetto forme su forme. Così i vincoli, che sono quelli di produzione, di costi e di tecnologie, sono in un certo senso necessari, perché sono il modo con cui la libertà progettuale si esprime in un buon oggetto. Un bel progetto è proprio questo: un oggetto ben disegnato, ben costruito, che costi relativamente poco e che sia innovativo. In questo senso considera elitario o no il prodotto di design? Io sono convinto che il design, come è sempre stato pensato, sia per tutti e debba avere quindi costi accessibili a tutti. Il designer lavora per le persone ed è al servizio delle persone. Come valuta le attuali scuole di design e qual è il segno caratterizzante del suo insegnamento? Fino a pochi anni fa erano poche le scuole di design,
Marsupio-materassino gonfiabile Mukki Muu. Progetto di Roberta Cardazzo; relatori: Tiziana Lorenzelli, Chiara Panizza, Diego Aliprandi.
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oggi ne sono sorte tante. Ma molte di queste sono scuole di specializzazione post-laurea e, pur avendo corsi differenziati un po’ su tutti i settori, tuttavia le vedo piuttosto indirizzate e caratterizzate. Ogni scuola cioè tende quasi ad impartire una linea di indirizzo, uno stile o un’impronta. Io invece nell’insegnamento cerco di trasmettere la massima libertà e varietà; non il mio personale tratto, ma il più ampio sguardo su ciò che ruota attorno ad un progetto di design. Certo poi ciascun designer si esprime nel suo lavoro con una propria filosofia ed impronta riconoscibile. Ma un giovane designer non deve seguire o copiare un De Lucchi o un Mari, o altri. Deve studiare il lavoro dei grandi maestri per imparare ad operare liberamente. Ed allora si può concludere che il design non è proprio un fare artistico, ma un’arte per fare le cose.
Lecco a cura di M. Elisabetta Ripamonti
Tiziana Lorenzelli è professore di Disegno Industriale al Politecnico di Milano, architetto-designer che da anni si occupa di questo tema, forte di un vasta esperienza maturata in campo internazionale ed al fianco di nomi come Zanuso e Maldonado. Ringrazio nuovamente la nostra iscritta all’Ordine professionale di Lecco per la preziosa collaborazione e per aver così chiaramente delineato la figura dell’architetto in relazione al tema del design. M. E. R.
L’architetto in design Possiamo affermare che il design italiano sia nato e si sia sviluppato dagli anni ’30. Da Piero Bottoni in poi, il nutrito numero di professionisti che operavano in questo campo, spesso avevano intrapreso studi di architettura. I clienti non erano solo l’industria nascente ma soprattutto i privati e i primi prodotti di arredo erano in realtà dei prototipi realizzati per abitazioni, rappresentavano dei precursori di quei pezzi storici che sarebbero poi entrati a fare parte di una vera e propria produzione di serie. Mi riferisco ad esempio alla produzione di Zanotta dei pezzi di Terragni, Bottoni, Mucchi. Nel dopoguerra si è assistito ad un vero boom dell’industria, ma una delle ragioni che hanno suggerito a illustri architetti di cimentarsi nel campo del design è stata la situazione incontrollabile della ricostruzione edilizia, in cui la forte tendenza speculativa ha reso difficile se non impossibile l’esprimersi progettuale in campo architettoni-
co, convogliando alcuni progettisti appunto verso il design degli oggetti. Grazie a questa deviazione pilotata da condizioni sfavorevoli in campo costruttivo e favorevoli in campo produttivo, si è creata la congiuntura ideale per lo scaturire dei Castiglioni, Zanuso, Magistretti e così via. Oggi siamo in una situazione in cui, pur essendo il cliente, grazie anche ad una più diffusa cultura editoriale, educato alla buona architettura, l’apparato burocratico preliminare al progetto è così assurdamente vincolante che si è costretti, come sostiene un illustre collega, a fare edilizia piuttosto che architettura. L’architetto si trova a dover fronteggiare il problema dello sfruttamento massimo della volumetria, e dopo aver sostenuto la battaglia con il riluttante committente per convincerlo a sottomettersi all’estetica dell’avanguardia, si trova senza forze davanti alla burocrazia tecnica che, supportata da leggi troppo arbitrariamente interpretabili, gli dimostra come il suo progetto sia improponibile. Ecco allora che l’architetto demotivato cerca altre strade più soddisfacenti ed ecco perché affiorano ovunque corsi di specializzazione che lo aiutano nel reinventarsi una professione. Purtroppo oggi l’approccio al design è più duro di un lustro fa, perché esistono delle vere università specialistiche che formano con princìpi molto differenti da quelli legati all’architettura. Nel frattempo l’industria è arrivata a livelli tecnologici d’avanguardia, e così i software applicativi che consentono l’interazione con la produzione. I laureati in design hanno conoscenze dei materiali, delle tecniche di rappresentazione, della comunicazione estremamente più approfondite di quanto fosse richiesto anni addietro. Ciò non toglie che alla Facoltà del Design del Politecnico insegnino per la maggior parte architetti formati alla Facoltà di Architettura, che in qualche modo caricano gli studenti della loro esperienza legata fortemente ai grandi maestri del design che sono stati a loro volta professori in questo ateneo. Si tratta di un’esperienza più empirica, più legata alla cultura del progetto che alla sua produzione meccanica, ma fortemente significativa nei suoi aspetti metodologici e di approccio progettuale. Profondamente formativa se affiancata poi a quella più scientifica dei tecnici ingegneri. Credo che il design degli oggetti e l’architettura siano materie molto complementari: come designer non puoi fare a meno di notare i dettagli. Zanuso ci ricordava sempre che progettare significa gettare avanti: nel design tutto va pensato e progettato prima che abbia inizio il processo di produzione e questo ti porta ad analizzare con attenzione tutti i particolari, pro-
Tiziana Lorenzelli
Milano a cura di Roberto Gamba
Su questo tema hanno inviato propri contributi Giovanni Lauda, Riccardo Salvi e Paola Pescetelli dello studio “Esterni” che illustrano la propria attività e esprimono brevi considerazioni sul design a Milano. Il primo di essi, laureato a Napoli, lavora con Dante Donegani, laureato a Firenze. Della loro nutrita produzione si ricorda la “Chaise Longue Passepartout” (1998), prodotta da Edra, che è entrata nella collezione permanente del Museum of Modern Art di San Francisco e del Museo del Design della Triennale. Il secondo, milanese, disegna con Luca Rossire (Compasso d’Oro 1994). Si occupa di interior e forniture design. Ha lavorato per Cerruti 1881, Sergio Rossi, Coca Cola. Sue sono la poltroncina “Saint Tropez” di Bernini e “Isamu stool” prodotta da Punto Uno; le collezioni in vetro di Murano, prodotte da All Glass, Karl Blassfeldt, Coralli, Sumo. “Esterni”, formato da Lorenzo Catellini e Beniamino Saibene nasce a Milano nel 1995. Persegue l’idea di valorizzare il ruolo culturale dello spazio pubblico, costruendo degli spazi-eventi. Sua creazione è il “Milano Film Festival”, lo “Sciopero nazionale dei telespettatori” e l’evento di contrapposizione al Salone del Mobile. R. G.
Milano capitale del design? Milano ha attratto generazioni di progettisti italiani e stranieri alla ricerca di un’affermazione. Nel 1986, quando mi sono trasferito qui a Milano, il ruolo di capitale del design era ancora indiscusso, assicurato fin dal dopoguerra dalla presenza di una organizzazione produttiva e di una società che avevano visto, nel design e nei consumi, i protagonisti della modernizzazione. Ma quale futuro si prospetta ora per Milano capitale del design, in una competizione globale che diventa sempre più aggressiva, in una fase (paventata) di declino del sistema produttivo italiano? L’internazionalizzazione del design ha proiettato la città dentro confini sempre più ampi e l’ha resa “uno” dei centri del design mondiale. La città sembra aver consolidato una propria vocazione specifica: non è il luogo dove emergono le ultime tendenze della moda e dell’architettura o dove nascono i nuovi comportamenti; non è un luogo che esprime delle energie forti di cambiamento, ma è piuttosto il centro capace di mediare le spinte in avanti con le logiche del mercato, di creare consenso e attenzione attorno al design, grazie alla presenza della stampa specializzata, delle fiere di settore, delle prestigiose scuole di design. Queste competenze e professionalità milanesi sono tuttora determinanti per creare sul mercato quella offerta di bello e di benessere quotidiano che ha fatto la fortuna del made in Italy. Se il sistema industriale italiano sta subendo una crescente pressione verso la delocalizzazione, nelle aree più competitive, anche il lavoro degli studi di progettazione si svolge sempre più a scala internazionale. Gli studi di design configurano con il territorio milanese un rapporto tipico delle cosiddette “imprese a molla”, che attingono dal locale risorse e capacità, per rimbalzare nella dimensione globale e quindi tornare nel proprio insediamento con un profilo rinnovato e competitivo, di cui beneficia il territorio stesso. Giovanni Lauda
Dante Donegani e Giovanni Lauda, lampada, avvolgicavi e presa multipla MultiPot.
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gettare deve costituire un esercizio importante di elasticità mentale, di visualizzazione in anteprima del progetto finito. Ai tempi di Zanuso non esistevano le tecnologie di rappresentazione digitali, attraverso le quali oggi si può essere aiutati nella visione globale del progetto. Questo processo mentale è utile anche nel campo dell’architettura, soprattutto se non si tratta di costruzioni propriamente tradizionali ma realizzate con sistemi innovativi. Il design impone conoscenza dei materiali e ricerca continua di innovazioni tecnologiche. Il design è più flessibile rispetto all’architettura nella fase di progettazione e poi è rigido nella fase di produzione, per cui non ammette errori. Ti allena a non trascurare nessun tassello. L’architetto nel design, e mi riferisco soprattutto nell’insegnamento, ti aiuta ad avere la mente aperta, ti aiuta a volare. La nostra facoltà di architettura, proprio per i problemi enunciati prima relativi alla difficoltà di operare a tutto tondo sul campo, è stata fortemente fondata sulla cultura del metaprogetto, dell’utopia, ti ha insegnato a volare, questo è ciò che cerchiamo di trasmettere ai nostri studenti.
Riccardo Salvi, sedia St. Tropez.
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Design: la qualità degli oggetti Il design è come la felicità di cui scrive Ernesto Ferrero. Ne abbiamo un’idea timida e intermittente e se ne riesce a parlare soltanto al passato, quando ci ha abbandonato. Disgraziatamente il design, a differenza della felicità, è troppo spesso lanciato all’inseguimento continuo del consenso o, sul fronte opposto, della provocazione irritante – da rappresentare comunque e sempre – il che prevede una concezione gregaria e quasi servile della disciplina. Rinuncia ad applicare il suo filtro di valori allo scopo per cui è nato e si è sviluppato – sposare bellezza e produzione di serie – e media, indirizza e guida, costringendo a qualche funambolismo logico, nell’inseguimento delle nuove mode. Tutto si trasforma in pura interpretazione del gusto conclamato che non prevede rendiconti, spiegazioni, dibattiti e tanto meno coerenze. La semplificazione costante del pensiero e dei suoi contenuti si manifesta in parole d’ordine, facili da visualizzare e ricordare, alla ricerca della tanto magnificata visibilità. Il design a Milano – in Italia, la sua città natale – oggi si dibatte tra la ricerca di progettisti secondo una logica di esotismo da tinello e il monopolio dei nomi più affermati, che tracciano un solco lungo il quale tutte le aziende, soprattutto le minori, si accodano per motivi di comodità ed opportunità economica. Oggi si è forse smarrita la forza originaria che, fino agli anni Ottanta, ha permesso di perseguire reali nuove visioni. Il design aveva un progetto lucido – per quanto forse anche errato – proiettato verso un mondo nuovo e credeva ancora ad una qualche forma di utopia, carica di speranze febbrili. La tecnologia e la moltiplicazione vorticosa delle facilitazioni tecnologiche, i miti di professionalità e profitto ad ogni costo, oltre a surrogare le facoltà mentali, che un tempo erano prerogativa del cervello, hanno portato all’assenza del disegno e alla mortificazione del design e dunque alla inevitabile dissipazione della consapevolezza di quali possano essere i valori che definiscono la qualità degli oggetti. Riccardo Salvi
Valorizzazione dello spazio pubblico La produzione di “Esterni” si ispira alla valorizzazione dello spazio pubblico, prima occasione di incontro e arricchimento culturale. Trova spazio nelle strade e nelle piazze, nei siti urbani da rilanciare, come le aree in dismissione, i cantieri e i quartieri di difficile integrazione sociale. Ma anche nei luoghi rappresentativi delle città come musei, fiere e mostre, stazioni e aeroporti. Tra gli oggetti riproducibili (www.esterni.org): • segnaletica sperimentale percorsi di socializzazione per riqualificare una comunità o un quartiere;
• cartelli stradali, con messaggi che stimolano le persone a trovare un punto di contatto con gli altri e a modificare i comportamenti; sono indicati all’interno di luoghi pubblici (diametro cm 60 o 40); soggetti disponibili: questa è una piazza, obbligo di saluto, procedere a passo di danza, rivoluzione in corso, obbligo di rallentamento, punto d’incontro 24 h su 24, vietato esibirsi; • mobili per la città complementi di arredo urbano che reinterpretano l’uso degli spazi pubblici e ne inventano di nuovi: – “amaca parking”, parcheggi per soste urbane, ideali per stazioni, parchi, biblioteche, luoghi d’attesa; 6/10 amache in cotone disposte a raggiera attorno ad un perno in ferro; – incubatore di servizi ambulanti, per ospitare attività commerciali e per dare uniformità a fiere, mercati, manifestazioni; – casetta, in abete naturale trattato; trasportabile su ruote (105 x 227 x 221,5 cm). • oggetti di tutti, pubblica proprietà privata. Oggetti di uso comune che favoriscono la socializzazione e il rispetto, sviluppano la capacità di condivisione: – ombrello di tutti, viene passato di mano in mano con invito ad ospitare altri cittadini (raggio cm 70; serigrafia con scritta “ombrello di tutti – everyone’s umbrella”); – sdraio di tutti, per soste estemporanee e piccoli ritrovi; – sdraio oscillante, con telaio in alluminio e seduta in texfil color rosso; serigrafia in bianco con scritta “everyone’s deck chair”; – bacheca di tutti, per messaggi e segnalazioni, ma anche micro-commercio di quartiere (in abete trattato per esterni con/senza rete di protezione). Paola Pescetelli
“Esterni”, cartelli stradali.
a cura di Vittorio Prina
Lampade scialitiche per il settore dentale La società francese che mi ha incaricato nel 1998 di progettare la lampada scialitica Scyalux e sistema Lucy per il settore dentale, era già in possesso di un prototipo relativo alla soluzione illuminotecnica, ma non era ancora riuscita ad ottenere una soluzione soddisfacente per la carrozzeria dell’insieme. Il principio, innovativo rispetto alle altre lampade dello stesso tipo fino ad oggi sul mercato, è di spostare la fonte dell’illuminazione e quindi del calore lontana dalla lampada utilizzando fibre ottiche. La testa della lampada, che viene maneggiata dal dentista e si trova molto vicina al volto del paziente, necessita di una serie di accorgimenti per ovviare a questi problemi. Il progetto affronta quindi il problema di come alloggiare le fibre ottiche all’interno della struttura, che si compone di una “stazione” di partenza, a soffitto in questo caso, dove si trova la fonte luminosa; di un braccio con snodi meccanici che deve assicurare i previsti movimenti attorno alla testa del paziente; di una testa che deve essere maneggiata dal dentista e attraverso la quale si deve proiettare il fascio di luce previsto, che deve assecondare gli standard previsti dalla più rigorosa normativa internazionale. La fonte luminosa è stata inglobata in una plafoniera da soffitto già prodotta dalla stessa società. Lo snodo meccanico principale, che scorrendo lungo una linea determina l’avvicinarsi al paziente, in uno dei due profili laterali della medesima plafoniera. La testa della lampada presenta la soluzione più delicata, ovvero il passaggio di due linee distinte di fibre ottiche che devono assecondare i movimenti di rotazione effettuati dal dentista, senza accavallarsi tra loro e senza torcersi per evitare la rottura delle singole fibre interne. Queste due linee devono poi raggiungere, con un’inclina-
Vincenzo Casali, lampada scialitica Scyalux e sistema Lucy.
Vincenzo Casali
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zione precisa e ad una distanza stabilita, le due lenti attraverso cui i fasci di luce, convergendo e sommandosi, generano il rettangolo luminoso destinato al campo operatorio. Una sfera in delrin opportunamente lavorata consente questo passaggio e asseconda i movimenti della testa, la cui carrozzeria ha una forma avvolgente e continua, che termina in un’impugnatura verso il basso. L’obiettivo del progetto era quello di contenere al massimo le dimensioni di tutte le parti del prodotto, arrivando a coordinarle in un insieme omogeneo. È stato usato ABS per i gusci della testa e della maniglia e per quelli dello snodo verticale. Lo stampo finale è in acciaio e lo stampaggio è ad iniezione. La carrozzeria del braccio è in alluminio, verniciato a forno. Lo schermo frontale da cui esce la luce è in vetro satinato, e racchiude in un’unica forma entrambe le focali. Le fasi del progetto hanno riguardato una prima analisi della produzione dello stesso prodotto sul mercato. La contemporanea verifica normativa del campo minimo di rotazione e avvicinamento alla testa del paziente e un rilievo del prototipo del meccanismo illuminotecnico da contenere nella carrozzeria. Approvata una prima soluzione, è stato eseguito un primo prototipo di studio dei movimenti di rotazione e di traslazione dell’insieme che ha consentito di mettere a punto, attraverso altri prototipi, il meccanismo delle molle e del pantografo, di variare l’inclinazione della piega del braccio, e di correggerne le distanze. I gusci della testa della pre-serie sono stati prodotti con lo stampaggio laser tridimensionale, che consente di tradurre in volume e utilizzando comunque il materiale finale, ovvero l’ABS, quanto riportato sul file di progetto. È un processo costoso rispetto al singolo pezzo, ma indispensabile per avviare una pre-produzione. La realizzazione degli stampi in acciaio destinati ai numeri della produzione industriale finale è infatti molto costosa, e può essere affrontata solo quando ogni aspetto del prodotto stampato è stato verificato ed eventualmente corretto. La pre-serie verifica ed ottimizza tutti gli aspetti che poi la produzione industriale in grande numero affronterà. È stato disegnato anche un meccanismo di sospensione dell’intero sistema al soffitto, con le relative carrozzerie, che consentisse, data la varietà delle altezze possibili negli studi odontoiatrici di tutto il mondo, di portare la plafoniera alla distanza determinata per poter operare secondo quanto previsto.
Giuseppe Galimberti, Gli oggetti dal disegno mai disegnato…, 2006.
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Sondrio a cura di Marco Ghilotti ed Enrico Scaramellini
Gli oggetti dal disegno mai disegnato Mi interessa osservare come vive l’uomo in questo tempo. Mi sembra lo viva in modo triste, forse ha dimenticato il piacere di costruire ciò che veramente serve alla vita. Dipendiamo in tutto da altri, non cerchiamo in noi stessi il significato del fare. Mi affascina il modo usato dal contadino per ottenere dal vivere il senso del tempo. Non esisteva scissione fra lavoro e tempo libero, le ore del giorno avevano tutte una storia; il contadino era l’insieme del tutto. Costruiva muri fantastici usando le pietre del posto, sapeva coltivare la segale di cui usava la paglia per fare tetti, scolpiva stoviglie nel legno di acero, torniva scodelle nel faggio stagionato, sagomava il manico della scure seguendo la forma delle sue mani, il frassino garantiva un colpo sicuro nel tronco che stava abbattendo. Non trascurava nella forma, il piacere del bello. Infiniti sono gli oggetti realizzati seguendo un disegno mai disegnato. L’astrazione era parte del gioco dei bambini, una mucca di ginepro aveva solo le corna, la forma del corpo era costruzione fantastica; perni di rovere scuro si muovevano in fori scavati nel granito, incastri a coda di rondine univano montanti e traversi di porte, cavicchi di acero chiaro segnavano all’esterno la traversa interna posta a rendere indeformabile il manufatto, pezzi cilindrici di rami portavano tacche ben sistemate: erano oggetti pensati per portare a valle la legna appesa ad un filo metallico, la comunicazione fra chi stava a monte e chi stava a valle era assicurata da un “codice” di battute sul filo teso, contenitori di nocciolo erano canestri perfetti, la giunzione fra manico e corpo si chiamava “rosa”, quadrato perfetto di strisce intrecciate. Un ramo di nocciolo inciso con la roncola e poi piegato usando due mani e il ginocchio, la ruota a pale del mulino era “opera d’arte”. Il ferro era materiale tanto prezioso da divenire parte della “fortuna”. Chi trovava un ferro di cavallo sapeva trasformarlo in catenaccio o cerniera, quattro martellate ben assestate sul metallo rovente divenivano personalizzazione dell’oggetto pensato. Capire questo mondo meraviglioso non è facile, devi viverlo per renderti conto di quanto abbiamo sacrificato a questa modernità non capita. Gli architetti hanno trascurato il passato proiettandosi verso un futuro senza continuità. Osservare una “pila” per togliere all’orzo la pula serve a rendersi conto dell’attenzione alla meccanica che il “contadino architetto” poneva nel costruire ciò che serviva. I pestelli di frassino venivano mossi da cames di legno di melo, il moto alterato nella sede parabolica ricavata nel granito toglieva all’orzo il rivestimento, un “mulinetto” soffiava aria per stogliere questa parte leggera non commestibile. Le molle per movimentare le tramogge erano in salice, erano fatte in
modo da poter essere sostituite quando perdevano elasticità. La bellezza di questi “oggetti” nasceva dalla logica, i materiali usati la rappresentavano. Oggi assegniamo alla finzione il compito di nascondere la nostra incapacità di entrare nel “vivo del fare”. Una cucina del tempo passato serve a capire il significato dell’aggettivo “essenziale”. Ogni oggetto era funzionale sia alla materialità che alla spiritualità. La chiusura di una zanzariera di lino, in cui sistemare gli alimenti, spiega il concetto: il lino era ottenuto sul posto, filato e poi tela. Un campo fiorito d’azzurro significava spesso un matrimonio in arrivo. Lenzuola ricamate con orlo a giorno o gigliuccio, tappeti tessuti a telaio usando ritagli di stoffa, calze di lana con suola (scalfiu) ricambiabile sono manufatti perfetti per rendere meno cattiva la vita. La bellezza serviva a questo. Progettare e realizzare era il divertimento del vivere, ognuno era architetto della sua vita se a questo sostantivo assegniamo il significato di creatore, ideatore. Oggetti e paesaggio erano sintesi dell’unità, noi oggi siamo architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori: è scelta giusta? Le botteghe del “fai da te” sono presenti in ogni città. L’idea del fare per arricchire la vita non è morta per nulla, forse dobbiamo meditare un momento sul significato di queste presenze. La vita subìta e non inventata è la caratteristica del nostro tempo, combattiamo la noia consumando ciò che non conosciamo; intagliare nel legno la chiusura di una zanzariera riempiva qualche ora nell’inverno, era oggetto prezioso per fare omaggio alla moglie. Dovremmo approfondire il “contenuto della forma” di particolari che l’oggi definisce spontanei quasi in senso dispregiativo, sono convinto ne uscirebbe un ridimensionamento della nostra presunzione. Un eccentrico di legno di melo ha la stessa funzione di un albero a cammes di un motore a pistone, ma è nato lontano nel tempo, il concetto di continuità è presente in ogni scoperta, noi lo vorremmo negare. Appesi alla cappa di un camino nella “taverna” del vacanziere vedi oggetti che sanno raccontare una vita vissuta sì nella fatica, ma anche nel piacere di creare bellezza. Un collare per capre, in dialetto canaula, è opera di scultura raffinatissima, Picasso penso la conoscesse. Ti chiedi perché chi l’ha costruita sentisse la necessità di trasformare un collare in opera d’arte: era un omaggio all’animale che gli assicurava la sopravvivenza? Mi piace pensare di sì. Vicino è esposta la paletta per togliere la panna affiorata nella conca
Francesco Lucchese, vaso Abaco, produzione Salviati, 2004.
Giuseppe Galimberti
Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni
Abbiamo chiesto un contributo a Francesco Lucchese, uno degli architetti della Provincia di Varese che si occupano da tempo di design. Segue il suo scritto e un’immagine di uno dei suoi lavori. E. B.
L’architettura costruisce i luoghi e diventa la definizione dello spazio nel tempo La definizione può assumere varie conformazioni, diventa progetto che dedica significati e metafore al nostro piacere e modello di vita in quel luogo. Con perifrasi heideggeriana vivere quel luogo richiede infrastrutture, complementi che aiutano e migliorano la qualità del viverlo. Il miglioramento della nostra quotidianità è sicuramente
23 essenza del design che, soprattutto per l’area funzionale, ma anche per quella emozionale, è la condizione complementare di miglioramento della qualità dell’architettura. Solo le architetture assolute di luoghi sacri (il luogo sacro dell’architettura) possono nella sintesi del loro costruito assurgere al vuoto come significato dell’abitare. Tutte le architetture tradizionali nei loro modelli hanno invece la necessità di essere coadiuvate, completate, e spesso significate dai valori di un buon design. Dagli oggetti di uso quotidiano alle attrezzature ospedaliere, ai mezzi di trasporto alle macchine del territorio telematico, che sono diventate la nuova architettura mediatica, il valore del design può avere potere di miglioramento o di banalizzazione e questo diventa, in relazione all’architettura, superamento o distruzione del linguaggio poetico del progetto. Il design dell’arredo di una moto, degli sci, dell’accendino, di una forchetta, di una lampada… diventano solo ipotesi di progetti che si relazionano con il nostro vivere. Tutti gli oggetti disegnati come in un vocabolario restituiscono un significato in relazione al luogo e all’architettura. Quando l’architettura è completata dal design il luogo diventa vivibile, vissuto, da vivere. Se manca il design, l’architettura può essere svuotata di senso pratico e di vivibilità. Se il design vive senza relazione con l’architettura può assumere due identità: o inutile o opera d’arte. Intendo dire che il design finalizzato a se stesso è spesso inutile e non relazionabile. Se questa sua natura nella soggettività dei casi può sembrare rara, unica e bella, possiamo definirla opera d’arte. Io trovo che il design fuori da questi schemi debba migliorare la qualità della vita, essere condizione di crescita, di introspezione verso il futuro e di assistenza come una protesi a migliorare condizioni anche fisiche oltre che emotive. Questo non può che relazionarlo all’architettura che nella storia è la parola dell’uomo su un discorso ampio che è la vita. Costruire è come pensare. I nostri pensieri vivono per la memoria delle cose e creano situazioni immaginarie ma praticabili, come sogni che si avverano. L’architettura dei sogni ha dato vita alle piramidi, allo ziggurat, alle gallerie, ai ponti, ai grattacieli… in cui la dimensione spaziale è superata dalla dimensione del sogno. L’emozione si fonde con la scientificità del pensiero e si concretizza in un costruito che ci fa vivere condizioni che superano le dimensioni fisiche. Se tutto ciò continua a suggerire modelli e comportamenti che migliorano e ampliano i modelli dell’abitare è necessario che il design si relazioni con altrettanta capacità progettuale sia emotiva che scientifica. Francesco Lucchese
FORUM ORDINI
di rame. Il vacanziere l’ha acquistata sul banchetto di “robivecchi” ma l’ha confusa con la paletta per raccogliere la polvere del pavimento. È di legno di betulla, ma il nero del fumo l’ha resa enigmatica: potrebbe essere argilla etrusca. Ha un bordo, tanto sottile da renderla simile alla lama di un coltello affilato, leggi la logica in uno strumento la cui funzione consisteva nell’utilizzare al meglio la panna affiorata. Il medesimo oggetto in acciaio inox stampato non è meno bello, ma racconta una storia diversa: racconta la sua inutilità in un mondo che usa la centrifuga per togliere il grasso dal latte. Le pentole di rame lucidate con sale e aceto erano appese vicino alla stufa, l’industria costruisce pentole splendide che vengono nascoste nel pensile della cucina firmata. Il rame lo usiamo per grondaie e pluviali: mai ci chiediamo se ciò sia uso logico. Su una baita sotto il pizzo Meriggio, disposte in ordine sopra un “centrino” di carta di giornale erano in fila tazze per il caffè ricavate da scatolette di carne. L’apriscatole era stato attento a lasciare uno spazio non tagliato nel coperchio, una pinza e un martello avevano trasformato il coperchio in manico, un ribattino lo aveva fissato al barattolo con l’interno dorato. Adattamento al moderno di chi assegnava al fare il compito di uccidere la noia. Il pastore le aveva realizzate per arricchire il tempo dell’estate a duemila metri. Soffermiamoci solo un momento per valutare il tempo che stiamo vivendo, forse potremmo accorgerci della forza di chi vuole l’animatore per non sciupare i quindici giorni di ferie coatte vissute nella capanna col tetto di paglia sulla riva del mare.
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Salviamo la Villa Colli di Rivara La storia parte con il restauro e il progetto di salvaguardia della casa, disegnata nel 1928 da Giuseppe Pagano Pogatschnig e Gino Levi Montalcini, acquistata dagli attuali proprietari nel ’99.
de ai dettami né della legge regionale né di quella nazionale, consigliando il ripristino della legalità. Il Comune inserisce la Villa e il parco in classe III. Da qui un nuovo ricorso dei proprietari, ancora pendente al TAR. Seguono alcuni appelli. L’associazione riceve solidarietà tra gli altri dall’Association Alberto Sartoris di Losanna, dal FAI, da
(…) potrebbe verificarsi il caso che la Famiglia Chiono rinunciasse al proprio progetto privando il vostro Comune di un elemento di sicuro prestigio”. Non citiamo la risposta del Sindaco né altri commenti, ma suggeriamo ai lettori interessati di visitare il sito www.extensaratio.org dove è in corso una raccolta di firme per la difesa della Villa. Luciano Bolzoni
tanti progetti ad hoc, a cui hanno aderito anche 33 gallerie con apertura serale il 23 marzo. Previste, inoltre, allo Spazio Oberdan, tre mostre l’anno: la prima Ecce Homo (33+1 artisti contemporanei) – dal 23 marzo al 21 maggio – cui seguono Tracey Moffatt, una collettiva sull’intercultura, in autunno, e una personale di Franco Vaccai, a gennaio. www.incontemporanea.it Irina Casali
Milano ripArte “InContemporanea, la rete dell’arte”, titola il progetto della Provincia di Milano promosso dall’Assessorato alla cultura, culture e integrazione, per la valorizzazione e promozione dell’arte, che lavora con continuità per attivare la collaborazione tra i diversi soggetti presenti sul territorio. Due le linee dell’importante iniziativa: la realizzazione di nuove opere lungo un programma triennale e la valorizzazione di realtà già operanti. La prima prevede: il ciclo d’incontri “Perché non parli? Fatti d’arte e Conversazioni d’arte”, dedicati a pittura, scultura installazione, videoarte, fotografia, Nello stesso anno la casa viene aperta con la creazione di una sorta di cenacolo, un luogo dove si studi il Movimento moderno. Ora la villa si trova in una situazione complicata e paradossale, complicata perché i proprietari, oltre a voler garantire la prosecuzione delle finalità dell’istituzione che hanno fondato e che vi risiede, devono lottare contro una delle tante incongruenze della politica d’oggi; paradossale perché la Villa si trova a dover combattere con il lato peggiore della modernità. Negli anni sono state concesse dal Comune diverse aree per la costruzione di stabilimenti. Qualche tempo fa un Piano di Zonizzazione Acustica vede la Villa e il parco inseriti in classe IV, ma l’Amministrazione comunale la inserisce nella VI che fa riferimento a una tipologia industriale. Dopo una lettera dei proprietari alla Provincia, questa chiarisce al Comune di Rivara che tale classificazione non rispon-
Luca Cordero di Montezemolo, da Rita Levi-Montalcini, Presidente Onorario dell’Associazione, da Giorgio Armani e dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Per ora le novità non sono positive: nell’estate la ditta vicina ottiene un nuovo permesso d’edificabilità per un capannone. Marco Magnifico del FAI in una lettera all’attuale Sindaco di Rivara scrive: “mi viene segnalato come incombano pericoli sull’integrità dell’ambiente nel quale sorge Villa Colli, uno dei più significativi monumenti razionalisti piemontesi. Da quello che mi viene riferito gli attuali proprietari, dopo un restauro filologico molto accorto e generoso, vi hanno creato una biblioteca di architettura moderna. L’iniziativa della Famiglia Chiono è, dunque, senz’altro da considerare un gesto di profonda cultura e anche di disponibilità nei confronti della collettività. Se le notizie sono vere
arte pubblica – da febbraio a dicembre; un concorso ad inviti per la realizzazione di un’opera d’arte pubblica per la Casa delle culture del mondo – struttura che la Provincia sta realizzando; l’istituzione di borse di studio per residenze artistiche estere per autori italiani. La seconda ha promosso la manifestazione Numero zero – dal 22 marzo al 2 aprile – coordinando 16 associazioni culturali con la produzione di altret-
Città del progetto In seguito alla caduta del muro, Berlino ha conosciuto un esplosivo risveglio dell’arte e della cultura divenendo meta di artisti provenienti da tutto il mondo – oggi ne ospita più di 5000. Nella capitale si fondono arte, architettura, design, musica e moda. La città, che vanta numerosi musei, centinaia di spazi per teatro e concerti, oltre 1000 gallerie e tre scuole superiori d’arte, il 19 gennaio scorso è stata insignita del titolo “Città del design” dall’Unesco. La capitale, a novembre, era già stata segnalata come la prima tra le città tedesche e tra le metropoli più creative al mondo. Tra le ragioni del conferimento del titolo vi sono il basso costo della vita e degli affitti, con la conseguente ricaduta sulla mobilità delle persone di diversa estrazione e provenienza, il riutilizzo da parte di artisti di edifici o spazi dismessi, la ramificazione delle imprese e l’appoggio del governo cittadino; oltre alla posizione cruciale, al centro d’Europa, questa miscela fa di Berlino un terreno di coltura per il design con influssi internazionali. Sull’altra sponda dell’Oceano, Miami si candida a nuova capitale della cultura. Ad alcuni elementi della tradizione, che fanno di Miami un richiamo per il design – come il museo Wolfsonian-FIU (Florida International University), storica istituzione dedicata al design in stile Decò situato nel cuore di Miami Beach –, si aggiungono altri fattori come: la riqualificazione dell’Art Deco District – una vasta area di circa 800 edifici
zionale di design della città. Invitate una scelta internazionale di poche, ma prestigiosissime gallerie di design. Obiettivo: creare un polo di attrazione del design di altissima qualità. Sempre a Miami, l’ultima creatura di Robin si chiama Aqua. Un’isola residenziale a misura d’uomo, edifici bassi organizzati in corti e piazze: 151 unità, tra case e piccoli palazzi, che si riflettono sull’acqua dell’Indian Creek. E se Miami naviga, Torino vola: il 13 febbraio Torino è stata nominata “2008 World Design Capital”; per tutto il 2008, Torino sarà vetrina nazionale e internazionale del design. Nella scelta del capoluogo piemontese sono stati decisivi il percorso di internazionalizzazione avviato dalla città che ha portato all’assegnazione delle Olimpiadi, la designazione di Torino capitale Mondiale del Libro 2006 da parte dell’Unesco, la sede delle Universiadi 2007 e il congresso Mondiale degli Architetti 2008. I. C.
Brick Award ’06 Si è svolta a Vienna, nel mese di marzo, la seconda edizione del premio internazionale di architettura Brick Award. L’iniziativa biennale è stata promossa dall’azienda Wienerberger, uno dei più grandi produttori mondiali di laterizi, che si propone il lodevole compito di segnalare e promuovere le migliori architetture contemporanee realizzate in laterizio.
Alla fine delle selezioni effettuate nell’arco di un anno, sono stati premiati per il 2006 i seguenti progetti: Edificio residenziale a Pécs, Ungheria, di Építész Stúdió Kft (primo premio; vedi foto); Biblioteca a Madrid di José Ignacio Linazasoro (secondo premio); Monastero di Novy Dvur, Repubblica Ceca, di John Pawson e Jan Soukup (terzo premio). Inoltre, sono stati assegnati due premi speciali: allo studio tedesco Königs Architekten e all’unico italiano, Antonio Monestiroli, autore dell’ampliamento del Cimitero di Voghera. Accompagna la manifestazione il catalogo, realizzato della casa editrice tedesca Callwey, dove sono pubblicati tutti i progetti selezionati.
Convenzione europea del paesaggio Con la Legge n. 14 dello scorso 19 gennaio lo Stato Italiano ratifica la Convenzione europea del
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color pastello costruiti tra gli anni Venti e Trenta a South Beach, (prima meta di Al Capone durante il proibizionismo per il gioco d’azzardo e il giro di alcolici, poi centro per il traffico di droga nei primi anni ’80 e, infine, riscoperta a fine decennio grazie al serial “Miami Vice”) – che oggi si presenta largamente restaurata; l’approdo a Miami Beach di Art Basel, la più prestigiosa mostra mercato d’arte contemporanea, nata in Svizzera, che da qualche anno ha catapultato nella città americana il mondo dell’arte internazionale; ma è soprattutto grazie all’opera di Craig Robin, avvocato con la passione per l’architettura, che Miami guida la rinascita culturale delle città d’inizio millennio. Nel 1987, Robin fonda la Draca, società di Real Estate. Col contributo degli urbanisti Andrei Dunay ed Elizabeth Plater-Zyberk e di alcuni tra i più noti architetti della Florida, Robin dà vita al Design District ridisegnando un’ex area industriale semi abbandonata formata da ragazzini in stile art deco, situata a Nord est di Miami. Il “quartiere del design”, vera e propria città nella città (consultare il sito per averne un’idea), oggi ospita una miriade di show room e negozi di aziende europee, studi di design e architettura, atelier, gallerie d’arte e design, ed è destinato ad estendersi (la Tuttle Street, ingresso del quartiere, sarà terminata nel 2007 con altri 4 nuovi edifici). All’interno del Design District, nello storico Moore Building, appena restaurato, ha inaugurato a dicembre “Design ’05 Miami” la prima mostra interna-
paesaggio, primo trattato internazionale interamente dedicato al paesaggio e alla sua salvaguardia, gestione e valorizzazione su scala continentale. Fino ad oggi sottoscritta da ventitre Stati europei, la Convenzione definisce il ruolo del paesaggio come determinante per la qualità di vita; a tal fine individua obiettivi, strumenti e programmi, che costituiscono riferimenti fondamentali per le politiche regionali di settore. Tra i contributi concettuali di maggiore portata la definizione di paesaggio, che arricchita di una nuova dimensione sociale, riconosce alle popolazioni locali un ruolo attivo nella percezione della qualità paesistica dei luoghi. Il campo di applicazione della Convenzione si riferisce a tutto il territorio degli Stati contraenti, con la conseguenza che tutto il territorio deve essere preso in considerazione nei piani e programmi di valorizzazione paesaggistica, la cui attenzione non è più rivolta solo ai paesaggi “eccezionali”, ma anche ai “paesaggi della vita quotidiana e ai paesaggi degradati”. La ratifica della Convenzione comporta l’attuazione dei seguenti punti programmatici: integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio; avviare procedure di partecipazione del pubblico nella realizzazione delle politiche paesaggistiche; accrescere la sensibilità della società civile al valore dei paesaggi; promuovere programmi di formazione ed educazione alla tematica paesaggistica, particolarmente destinati ai professionisti del settore pubblico e privato, ma estesi anche ai programmi scolastici e universitari; promuovere ricerche sistematiche
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e studi volti ad individuare, conoscere e valutare i paesaggi del proprio territorio tenendo conto dei valori attribuiti dalle popolazioni interessate; stabilire obiettivi di qualità paesistica espressi in forma chiara e associati a politiche e strumenti specifici per il loro conseguimento. La Convenzione è stata assunta come riferimento per il Piano Territoriale Paesistico Regionale Lombardo e per il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Giovani architetti in mostra Situata in una fabbrica, nello stabilimento di General Membrane a Ceggia (Ve), la galleria di architettura Progettocontemporaneo, diretta da Paolo Vola-
mali. Nella loro frammentazione, testimoniano come la progressiva crisi d’ogni forma di interezza, che contraddistingue la “modernità”, si estenda ad ogni genere espressivo, permeando anche le caratteristiche del progetto, nel suo senso più ampio. I. C.
Umberto Vascelli Vallara
Metropolitana leggera a Brescia Dopo i primi studi nel 1987 , dopo i dibattiti, le polemiche e un referendum, dopo la posa della prima pietra il 10 novembre 2003 alla presenza del Sindaco, del Vescovo e di tutte le autorità, dall’inizio di quest’anno, i lavori per la realizzazione della metropolitana leggera automatica di Brescia, hanno raggiunto il centro storico della città, con l’apertura dei cantieri per la realizzazione della stazione nei pressi di piazza Vittoria il 16 gennaio e di quella in via S. Faustino intorno al 10 aprile. Si tratta di un’opera controversa, fortemente voluta dall’Amministrazione comunale e da Brescia Mobilità “nel quadro di un sistema di compatibilità, e di virtuose sostenibilità, a vantaggio sia dei cittadini di oggi sia delle future generazioni”, che prevede la realizzazione di un tracciato di poco più di 13 km, da nord a sud-est, dal Prealpino a S. Eufemia, parte in trincea, parte su viadotto, parte a raso, e che passerà sotto il centro con 5,6 km di galleria. Le carrozze saranno dotate di un sistema automatico di controllo “integrale” che non necessita di conducente in vettura, e le stazioni saranno in tutto 17; il costo previsto per l’opera è di 662 milioni di euro di cui 220 milioni di mutuo trentennale da parte della Cassa Depositi e Prestiti. La conclusione dei lavori è prevista per il 2010, sempre se non ci saranno sorprese. Paola Tonelli
cita è un luogo in cui si vuol dar conto di alcuni itinerari progettuali significativi contribuendo alla comprensione e diffusione delle tematiche dell’architettura contemporanea. Dopo aver ospitato 5 mostre monografiche su architetti di diversa provenienza a livello europeo, l’8 aprile, la galleria ha inaugurato la prima di due mostre dedicate a giovani architetti italiani under 40. Visitabile fino al 24 giugno, l’esposizione presenta i progetti di opere realizzate da Massimo Benetton, Nadir Bonaccorso, Marco Casamonti + Archea, 5+1, Luca Cuzzolin-Elena Pedrina, Hermanitos-Verdes, Stefan Hitthaler, Labics, Andrea Liverani e Enrico Molteni (foto in alto), Studioazero (Paolo Pedali, Alessandro Rossini, Paolo Meninster), UDA, Giovanni Vaccarini. Un’attenzione al fare concreto, che offre uno spaccato sullo stato e le tendenze dell’architettura nel nostro Paese. “Se mai ci sono state delle regole in architettura, la generazione che ora tocca i quarant’anni sembra averle infrante tutte. Senza fare una vera rivoluzione. Senza inventare nessun movimento, agendo individualmente…” (L. M. F. Fabris). Le proposte, che attingono a diverse sensibilità e ambiti formativi, giungono a distinti esiti for-
Apre lo studio Castiglioni a Milano Da gennaio 2006, a Milano, è possibile visitare lo studio di Achille e Pier Giacomo Castiglioni. In concomitanza con la prossima apertura del Museo del Design la Triennale di Milano ha firmata un accordo con gli eredi della famiglia Castiglioni
per conservare e salvaguardare lo studio dei due architetti-designer. La sua apertura al pubblico coincide con l’opera di catalogazione, ordinazione, archiviazione e sistematizzazione di tutto il lavoro progettuale elaborato nell’arco di circa sessanta anni di attività. L’attività e il funzionamento dello studio-Museo è affidato alla Triennale di Milano. Lo studio di Achille Castiglioni si trova nel centro di Milano, in piazza Castello 27. Qui, Achille, fino al 1968, ha lavorato insieme al fratello Pier Giacomo, poi da solo. Con l’obiettivo di mantenere il carattere che ha sempre contraddistinto questo luogo del progetto (“i tre fratelli Castiglioni lavoravano sempre qui con grande allegria e si divertivano progettando oggetti, ricorda Raffaella Crespi che con loro collaborò), si è pensato di mantenerlo nello stato in cui si trovava al momento della chiusura. Sono quindi visitabili le cinque stanze di allora dove, sulla parete di fondo, si trova ancora il grande specchio che, disposto a 45 gradi, moltiplica prospetticamente lo spazio disorientando il visitatore. Insieme agli strumenti di lavoro, ai prototipi, agli schizzi e ai disegni, in una sorta di stanza-biblioteca, affacciata su piazza Castello, sono conservati un gran numero di libri e riviste. Poi, in due vetrine, si trovano tutti quegli oggetti
(piscine, palestre, saune), all’intrattenimento (un cinema multisala, un teatro, un jazz club). Non mancano il verde pubblico, i parcheggi sotterranei ed i servizi di pubblica utilità per gli abitanti del quartiere. Una parte degli 85.000 mq coinvolti nel progetto saranno, poi, destinati al commercio, al terziario e alla ristorazione di qualità. L’obiettivo è creare un’area polivalente di forte richiamo per i giovani under 30 (nel quartiere è presente anche la nuova sede dell’Università Roma Tre), vissuta lungo tutto l’arco della giornata e che possa fungere da polo attrattore anche dal punto di vista turistico, nel rispetto dellla storia e delle caratteristiche del luogo. Entro la metà del 2008 vedranno la luce, insieme alla Città dei giovani, anche le necessarie opere di adeguamento della mobilità, per una sua reale fruizione.
Martina Landsberger
Anna Ramoni
Roma, la città dei giovani
Visioni e progetti per Milano
Verranno aperti entro il 2006 i cantieri che trasformeranno l’area degli ex Mercati Generali lungo la via Ostiense nella “Città dei giovani”. Il progetto, dell’architetto olandese Rem Koolhaas, prevede la realizzazione, in questa zona strategica a ridosso del centro storico, di una serie di spazi su più livelli destinati alla cultura (una grande mediateca), allo sport e al benessere
La presentazione della ricerca “Le città dei creativi – visioni e progetti per Milano” realizzata dallo Studio Ambrosetti su iniziativa di Assimpredil ed ANCE, è stata l’occasione per organizzare una tavola rotonda per riflettere sul ruolo fondamentale giocato dalla classe creativa nello sviluppo socio-economico del territorio. Analoghe indagini sono state
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condotte sulle città di Napoli, Palermo, Roma e Torino e sono state presentate in altrettanti convegni. Milano, attualmente al di sotto della media europea ed in parte anche italiana (è superata da Roma e Napoli) quanto a presenza di eccellenze creative, ma dotata di buone chances per l’attrazione di talenti che la portino nel 2015 ad essere una delle capitali mondiali dell’economia e della cultura (al pari di New York, Shanghai, Londra e Tokyo), deve porsi due obiettivi prioritari: diventare, da un lato, centro di sperimentazione e innovazione e, dall’altro, costituire una metropoli policentrica con Torino e Genova. La ricerca ha messo in luce, in particolare, alcuni punti critici, tra cui l’inquinamento, la scarsa qualità ambientale, il traffico, la bassa attrattività nei confronti degli studenti stranieri, ma anche i punti di forza esistenti: la moda, l’industria e l’high-tech. All’attenzione di Bruno Ferrante e Letizia Moratti, candidati alla poltrona di Sindaco di Milano e
presenti al convegno, sono state portate alcune condizioni fondamentali per conferire alla città un ruolo di leadership nel sud Europa: governance metropolitana, maggior raccordo tra la politica e le istanze della società civile, iniziativa pubblica orientata ai risultati sono i mezzi necessari al raggiungimento di traguardi ambiziosi quali la crescita del numero di ricercatori, il raddoppio del numero dei brevetti e del PIL pro capite, l’aumento del numero di società quotate in Borsa. Al dibattito sulla situazione economica, sociale ed urbanistica della città hanno partecipato: Alfredo Ambrosetti, presidente dello Studio Ambrosetti; Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano; Augustangela Fioroni, sindaco di Pero; Gianfranco Rabora, rettore dell’Università “Carlo Cattaneo”(LIUC); Aldo Scarselli, vice presidente della Fondazione Cariplo; Cino Zucchi, architetto e docente del Politecnico. A. R.
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“anonimi” – occhiali, forbici, martelli e strumenti da lavoro, giocattoli, ecc. – che Castiglioni raccoglieva per passione e che, come un prestigiatore, mostrava stupefatto agli studenti attoniti durante le affollatissime lezioni tenute alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Spiega Irma Barni, moglie di Achille Castiglioni, in un’intervista, che l’obiettivo è stato quello di creare un “museo da toccare, da vivere. Per mio marito era importantissimo che la gente toccasse gli oggetti. Il visitatore così può veramente imparare, stimolarsi e re-interpretare. Il fascino di questo studio è che si può davvero entrare nelle cose”. Lo studio sarà visitabile al prezzo indicativo di 2,00 euro oppure con il biglietto della Triennale. Per informazioni e prenotazioni: tel. 02724341, 028053606, mail: collezione.design@triennale.it, achillecastiglioni@triennale.it.
a cura di Antonio Borghi
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Intervista a Paolo Rizzatto Dopo essersi laureato al Politecnico di Milano nel 1965, Paolo Rizzatto si dedica all’architettura partecipando a vari concorsi e realizzando residenze mono e plurifamiliari, un asilo nido a Segrate e una casa per anziani nel novarese. Parallelamente inizia a lavorare nel campo del lighting design e disegna le prime lampade per Arteluce. Nel 1978 è uno dei fondatori di Luceplan e acquista notorietà in tutto il mondo grazie a lampade come Berenice, Titania e Costanza e a sedute come Young Lady e Regina. Come avviene il passaggio dall’architettura al design, se di passaggio si tratta? Quando studiavo il design ancora non esisteva come disciplina a sé e veniva considerata un’attività minore. Perfino l’architettura veniva guardata con sufficienza, mentre si dava molta importanza all’urbanistica, ed ancor più ad un approccio politico ai problemi. Da studente sono stato influenzato da questo atteggiamento, ed ho imparato a considerare la progettazione di un edificio in relazione alla dimensione urbana. Ho continuato a coltivare il disegno a tutte le scale e ad occuparmi dei vari ambiti della progettazione, stimolato dalle occasioni che si presentavano. Il bicchiere da cui beviamo è collocato sul tavolo, il tavolo nella stanza, la stanza nella casa, la casa nella strada, la strada nella città. Gli oggetti sono relazionati tra loro e quando progetti un bicchiere devi tener conto del posto dove andrà a collocarsi, dell’uso che ne verrà fatto e delle relazioni che lo legano al suo contesto. In quegli anni a Milano si costruiva poco. Gli unici incarichi erano l’arredamento per un amico o la ristrutturazione per un parente, piuttosto che veri incarichi di progettazione. Dal disegno degli interni e dal desiderio di vedere realizzate le mie idee è nata la passione per il design. Del resto ho sempre inteso la mia formazione come quella di un architetto e ancora oggi non vedo una sostanziale divisione tra architettura e design.
L’amore per l’architettura e la città è testimoniato anche dalla partecipazione al concorso per la sistemazione della Darsena dove il suo gruppo ha vinto il primo premio… Il concorso non è nato sotto i migliori auspici. La proposta di un concorso per la sistemazione dell’area non veniva dal desiderio di riqualificarla dal punto di vista architettonico ed urbanistico quanto dalla necessità di mitigare il progetto fortemente contrastato per un parcheggio sotto l’invaso della Darsena. Questo condizionamento avrebbe dovuto far parte della progettazione e non essere predefinito a priori da un progetto preesistente. Non erano certo le condizioni ideali per un progetto urbano così importante, ma se non ci fosse stata l’occasione del parcheggio probabilmente non si sarebbe fatto nulla. Quando ho saputo del concorso ho pensato che fosse una delle ultime occasioni per fare qualcosa che recuperasse quei caratteri che nei secoli passati avevano fatto di Milano una delle città d’acqua più importanti d’Europa. L’esito del concorso è stato accolto molto positivamente perché è sembrato interpretare in modo corretto il tema di progetto e il contesto urbano, al contrario di quanto è successo in altre aree e altri concorsi. Anche se l’approccio è lo stesso in un oggetto di design e in un progetto di architettura, tra i due c’è una differenza sostanziale, in termini di impatto sul contesto e sull’ambiente. Nel design capita di progettare un oggetto di dimensioni ridotte, ma che potrà avere una diffusione in tutto il mondo andando a contatto con realtà e spazi molto diversi tra loro. Un’architettura ha dimensioni molto più grandi, ma il suo impatto è quasi esclusivamente relativo al suo intorno; quindi, paradossalmente, si può dire che ha un impatto minore. Dall’equivoco tra architettura e design nascono gli architetti dello star system con i loro edifici “firmati” in giro per il mondo. Questi progettisti calano dall’alto i loro stilemi, pieni di riferimenti al loro stesso vocabolario formale piuttosto che alla città o all’intorno in cui vengono inseriti, con conseguenze del tutto
imprevedibili, legate alle mode e spesso negative. Da parte mia non credo a un’architettura o a un design di forme che vogliono farsi riconoscere e i prodotti che ho progettato non hanno in comune una forma che si ripete. Anche nel caso del disegno di un oggetto preferisco che prevalgano i riferimenti al tema di progetto, alla tecnologia e al contesto rispetto a un discorso autoreferenziale. L’impatto formale immediato e riconoscibile non è tra le mie preoccupazioni. Nel progetto per la Darsena i materiali impiegati sono mattoni a vista, pietra e tavole di legno che evocano le opere di ingegneria idraulica che nel passato hanno caratterizzato il sistema dei navigli. Come varia concretamente il suo metodo di lavoro alle varie scale? Lavorare a scale diverse vuol dire stabilire ogni volta la giusta misura, il dosaggio dell’influenza di un certo fattore o di un vincolo all’interno del progetto stesso. Progettando si ha sempre a che fare con una serie di vincoli, elementi di difficoltà come il parcheggio interrato nel caso della Darsena. Il progetto deve tenere conto dei vincoli che gli vengono posti, deve comprendere e attribuire la giusta considerazione alla realtà che trova intorno a sé, in un atteggiamento di ascolto. I vincoli sono sempre molti e diversi tra loro in relazione ai temi di progetto. L’unico vincolo costante per ogni progetto sia esso una lampada, una casa, una piazza è il riferimento all’uomo, come individuo, ma anche come insieme di individui. Gli altri vincoli saranno di natura tecnologica, economica, politica, ecc. e noi dobbiamo valutarli e interpretarli tutti. A seconda della misura con cui facciamo pesare un vincolo piuttosto che un altro il progetto prende forma. I fattori che entrano in gioco variano a seconda dei temi. Progettare una lampada, ad esempio, mi porta a considerare molto la tecnologia illuminotecnica che si evolve rapidamente e che bisogna conoscere a fondo. Progettare un mobile implica un minore impatto delle tecnologie e quindi si può dare maggior peso ad altri fattori. Una caratteristica costante del suo lavoro è la precisio-
ne. Come si persegue questo valore? Sia per carattere che per formazione mi riconosco in una cultura mediterranea, classica e razionale, piuttosto che nella cultura romantica e immaginifica del nord Europa. Pur tenendo conto di tutti i vincoli e le contraddizioni che caratterizzano un progetto, col mio lavoro tendo sempre a cercare l’equilibrio. Non voglio che nel progetto prevalga la tecnologia o la forma o il concetto e cerco di rispondere con equilibrio alle varie esigenze. La precisione dipende dal modo di lavorare. Se progettare significa conoscere, allora significa anche applicarsi ad ogni tema di progetto e andare a fondo delle questioni. È una forma di rigore morale per cui ogni progetto va concluso, anche se sappiamo bene che non è mai concluso. Appena un progetto entra in produzione i suoi contenuti diventano patrimonio comune e tutti sono liberi di riprendere quell’idea, portarla avanti e migliorarla. La mia ambizione è di portare una forma al miglior punto possibile in quel momento, in attesa che qualcuno arrivi e la migliori ancora. Il suo atelier è in via Savona, una zona di Milano che ha visto enormi trasformazioni negli ultimi decenni. Come vive questa città e le sue trasformazioni? Non direi che Milano sia cambiata granché negli ultimi decenni. Piuttosto sono cambiati i milanesi e, infatti, in questo spazio non c’è più l’operaio della fabbrica, ma ci sto io e vicino a me altri professionisti. Il centro storico è rimasto lo stesso con le sue strade e i suoi palazzi, mentre quelli che lo abitavano non ci sono più. La borghesia, la nobiltà milanese, il clero, i piccoli commercianti sono stati sostituiti dai grossi studi associati, dagli uffici delle multinazionali e dagli stilisti con i loro show room e le piscine. La città è stravolta non tanto fisicamente, ma per l’uso improprio che ne viene fatto. Era nata per funzionare in un certo modo e oggi non funziona più. Anzi, secondo me, sta andando verso una paralisi di cui il caos del traffico è solo la prima manifestazione. Gran parte della sua attività si relaziona con il sistema glo-
Una ricchezza di Milano è la sua capacità di essere luogo della molteplicità e di scambio tra varie culture... È positivo che in una grande città ci siano tante tendenze diverse e che la sua immagine sia il risultato dell’accostamento di edifici e poetiche di varia natura. Non credo si debba rimpiangere una tendenza unitaria. A Milano si è costruito tanto negli ultimi decenni, ma di significativo mi pare che resti ben poco. Qualche giorno fa mi trovavo negli uffici del Comune in via Melchiorre Gioia, nella torre progettata dall’architetto Gandolfi: questo edificio mi appariva un passo indietro rispetto al grattacielo Pirelli di Gio Ponti, ma un passo avanti rispetto alle torri per le Ferrovie Nord della stazione Garibaldi. La sequenze di questi tre progetti ben rappresenta il declino dell’architettura a Milano. Anche il grande slancio delle costruzioni degli ultimi anni non è altro che la copertura con qualche grande nome internazionale di operazioni speculative ad altissima densità e non credo affatto che si possa parlare di un nuovo Rinascimento.
Oltre alla progettazione di architettura e design lei si è dedicato fin dal 1978 alla costruzione di un’impresa, la Luceplan. Come si sente in veste di imprenditore? Anche questo fa parte del mio modo di lavorare cercando di comprendere tutti gli aspetti della progettazione. Ho avuto la fortuna di avere due soci architetti con i quali ci siamo suddivisi i compiti pur in perfetta sintonia di intenti: Riccardo Sarfatti ha fatto l’amministratore, Sandra Severi Cristalli si è occupata della comunicazione aziendale e insieme ci siamo impegnati in questa che veramente mi ha fatto capire il significato della parola impresa. È un lavoro di gruppo che deve comprendere tutte le esigenze di carattere progettuale, economico, finanziario, logistico, produttivo e assecondarle. Come in qualunque altro progetto, del resto. Tra i fattori di cui tener conto, che ruolo gioca la sensualità nel design? La sensualità serpeggia in modo più o meno consapevole all’interno di ogni progetto, quanto meno come componente essenziale della bellezza. L’aspirazione alla bellezza – ma possiamo anche chiamarla verità, essenza o giustezza – è sempre presente e pervade ogni aspetto del progetto e il passo verso la sensualità è breve. Ho un grande amore per le arti figurative che si accompagnano all’architettura, la pittura e la scultura, che sono sempre state strettamente connesse alla sensualità e credo che questo si rifletta nei miei lavori. Può farci un esempio? Sul mio tavolo vede due lampade che affrontano un tema sul quale ho iniziato a lavorare fin dal mio primo progetto – la 265 per Arteluce – venticinque anni fa. Il tema è quello di una sorgente luminosa che si muove nello spazio e nasce da una semplice riflessione. La lampadina elettrica esiste da non più di cento anni: fino ad allora c’erano solo i lumi a olio, le candele e la luce a gas. Uno dei vantaggi della candela era quella di poterla muovere con facilità senza il vincolo del filo elettrico. Il collegamento tra la luce e il
movimento mi ha sempre affascinato. Quando ho cominciato a progettare ho cercato di realizzare lampade che, come la candela, avessero delle potenzialità di movimento molto elevate ancorché limitate dalla connessione elettrica. Con Berenice, sfruttando la riduzione dimensionale delle prime lampadine alogene a bassa tensione combinata con un movimento bilanciato, è stato possibile portare la fonte luminosa molto vicino al punto di utilizzo e quindi ridurre a 35 watt la potenza della lampadina. Oggi con Mix siamo scesi a 5 watt di potenza tramite la tecnologia dei led luminosi e il movimento è ottenuto per mezzo di un sottile tubo flessibile. In entrambe i casi la ricerca e le intenzioni progettuali sono le stesse, la tecnica differente utilizzata per risolvere i problemi di movimento. Cambia l’aspetto finale: più meccanico e razionale quello di Berenice più organico e sensuale quello di Mix. Nel pavimento all’ingresso del suo atelier ha ricavato un piccolo pozzo circolare e nella parete di fondo si apre un camino. Come mai? Gli studi in cui lavoravo prima erano in centro, in palazzi antichi e molto belli, ma con poca luce. Qui finalmente avevo a disposizione un grande spazio e quindi l’aria e la luce dall’alto, allora ho pensato di includere anche l’acqua e il fuoco per avere tutti gli elementi. Oltre al valore simbolico l’acqua contribuisce al raffrescamento in estate, mentre il fuoco è un piccolo rinforzo per il riscaldamento d’inverno. Che ruolo gioca il cliente in un progetto? Il cliente ha una grande responsabilità. Non bisogna mai dimenticare che il progetto non è proprietà dell’architetto, ma del cliente e il rapporto tra cliente e professionista si riflette nella qualità del lavoro. Se il rapporto non è piacevole si rischia di fare un’operazione di tipo meccanico, mentre il progetto va rinnovato ogni giorno dal rapporto tra cliente e designer. Quando parlo agli studenti cito sempre Le Corbusier: “ogni progetto ha un padre e una madre: il cliente e il progetti-
sta”. Quando ho avuto buoni clienti sono riuscito a fare delle cose buone, quando non è stato così i risultati sono stati modesti. Cosa consiglia ai tanti giovani che vorrebbero diventare designer? Non pratico l’insegnamento con continuità. Solo ogni tanto partecipo a qualche seminario con un piccolo gruppo di studenti. Quando li incontro, consiglio sempre di essere molto curiosi, guardare, ascoltare e cercare una risposta. Bisogna sentire tante voci, per intraprendere una strada propria. Se un giovane vuol fare l’architetto gli consiglio certamente di andarsene dall’Italia e sfruttare tutte le occasioni che si offrono per trovare all’estero un posto che gli sia congeniale. Più avanti, fatte molte esperienze, potrà anche tornare in Italia, ma con un bagaglio più ampio. È un percorso difficile, ma oltre a subire i molti aspetti negativi della globalizzazione bisogna saperne cogliere anche gli aspetti positivi. Su cento studenti forse tre avranno la possibilità di andare avanti e sarebbe bene che avessero la possibilità di farlo, aldilà del caso che, come la bellezza, aleggia su tutto. Le è mai successo di essere copiato? Molte mie lampade sono state copiate. La Berenice ha una trentina di copie vendutissime in tutto il mondo. La Titania non solo è stata copiata tale e quale, ma per fare pubblicità alla copia sono state utilizzate le stesse fotografie dei nostri cataloghi. In questo caso si tratta di copie servili, di basso livello. D’altra parte prendere spunto da un oggetto e migliorarlo è legittimo e non lo reputo una copia perché è inutile voler ogni volta partire da z e ro . B i s o g n a conoscere quello che già è stato fatto, partire da lì e cercare di andare avanti con un se pur piccolo miglioramento.
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bale del design. Come si evolve la geografia del mondo del design e che posizione vi occupa Milano? Milano continua ad autoproclamarsi capitale mondiale del design quando in realtà lo è stata tanti anni fa, grazie ad architetti come Franco Albini, Ignazio Gardella, Marco Zanuso e ad imprenditori come Adriano Olivetti, Giulio Castelli, Gino Sarfatti. Queste figure hanno riversato nel mondo del design che nasceva allora la loro ampia cultura, innestandola sullo straordinario e variegato sviluppo industriale di quegli anni. Questo processo ha creato la grande reputazione del design italiano. Da lì in poi si è andati un po’ in piano e poi sempre in discesa, per quanto riguarda l’innovazione progettuale, mentre nel campo della produzione il primato è rimasto più a lungo, ma nell’hinterland più che a Milano. Mi pare inutile farsi belli di una cosa che non c’è più: oggi ci sono molte scuole, iniziative, realtà in giro per il mondo che sono altrettanto se non più stimolanti che a Milano.
a cura di Roberto Gamba
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Tre piazze per Sesto San Giovanni Nella città di Sesto, polo di eccellenza dell’area metropolitana milanese, è in atto un processo di riqualificazione. L’amministrazione comunale intende attuarlo attraverso questo concorso di idee per la riorganizzazione, sistemazione, uso e connessione fra tre piazze (Oldrini, Rondò e Repubblica), che pur essendo spazialmente molto vicine tra loro, di fatto non dialogano, non costituiscono un “sistema urbano”. La loro continuità è oggi interrotta da barriere effettive quali la metropolitana e la ferrovia; inoltre il sottopasso che mette in comunicazione i due pezzi di città necessita di interventi di riqualificazione rilevanti (superamento delle barriere architettoniche e sicurezza). Erano richieste per il progetto 2 tavole in formato A0. I premi assegnati sono stati di
10.000 euro al primo classificato; al secondo 7.000 euro; al terzo 5.000 euro. La giuria era composta da Fulvia Delfino, Cini Boeri, Gianni Braghieri, Claudio De Albertis, Mauro Galantino, Gianni Scudo, Salvatore Crapanzano, Livia Anna Renata Loffi Randolin. Quarto classificato è stato il progetto di Francesco Magnani (MaP Studio), Traudy Pelzel, Michele Restivo, Nicola Busato; quinto quello di Mariaelisabetta Ghidini, Daniela Betti, Luca Platto, Daniele Serra; sesto Paolo Gardella; settimo Paolo Rolandini; ottavo Francesco Spadaro, Danilo Annoscia, Domenica Spadaro, Katia Oliva; nono Alberto Fabio Ceccarelli, Claudio Gabriel Balbi, Riccardo Dall’Oglio, Alessandra Pometto, Maurizio Giordano; decimo Ettore Soffientini.
1° classificato (foto 1-3) Luciano Crespi (Milano), Patrizia Brivio, Marino Crespi, Osvaldo Giovanni Pogliani, Dario Eliano Sironi, Fabio Reinhart
la pensilina. La loggia minore è destinata all’attesa dei mezzi pubblici, alla sosta, al parcheggio delle biciclette. Piazza Repubblica: il progetto la scava al centro, ricavando una sorta di cratere, dal quale emerge il monumento con la sua appendice di alberature di alto fusto. La dota di una nuova quinta, rappresentata da un muro rivestito di lastre di rame. Dal muro si innalza la scala che conduce all’esile percorso metallico di scavalcamento dei binari. Il progetto affronta lo smisurato spazio compreso tra le cortine edilizie di piazza Oldrini introducendo una grande copertura sostenuta da colonne, posizionate in corrispondenza dei pilastri del parcheggio interrato.
Il progetto ordina gli elementi di cui è composta piazza IV Novembre e li rende riconoscibili. L’accesso alla metropolitana diventa un altro piano della città; all’interno vi è collocata una scultura – obelisco, che segna l’inizio di un possibile percorso. Al centro è la galleria commerciale. A cerniera tra lo spazio ipogeo e la parte della piazza riservata al flusso veicolare, la loggia maggiore è destinata a contenere un’edicola, l’attesa degli autobus, informazioni e a sostenere 1
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2° classificato (foto 4-6) Paola Coppi (Milano), Angelo Bugatti, Silvano Molinari, Aurelia Barone, Alessandro Ghia, Arianna Rataggi, Claudia Romano, Paolo Vaja Il lato ovest della piazza IV Novembre viene ribassato con un nuovo accesso al sistema del collegamento interrato al di qua e al di là della ferrovia: questo luogo ipogeo è caratterizzato da una scalinata, da negozi e dalla lunga rampa doppia che segue il muro curvo. La connessione con piazza della Repubblica, che avviene in sottosuolo, è rinforzata in superficie da due fontane. Piazza della Repubblica viene interessata dal prolun-
gamento del sottopasso della metropolitana la cui nuova uscita, completata da un ascensore, è posta a est del monumento esistente. Sul lato ferrovia un muro attrezzato, alto tre metri misura e unisce i due giardini esistenti. Piazza Oldrini viene parzialmente “chiusa” verso sud: il recupero della struttura in carpenteria metallica adibita a capannone produttivo, riorganizza lo spazio, stabilisce ruoli e gerarchie, costituisce un punto di riferimento, ombreggiato da teli tesi alternati a pannelli fotovoltaici. L’attuale Centro Civico dovrà essere ristrutturato e ampliato con un edificio di quattro piani, rivestito in pietra dorata della Valmalenco.
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3° classificato (foto 7-8) Cesare Macchi Cassia (Milano), Massimo Ferrari, Tommaso Lamera, Pietro Macchi Cassia, Diego Steffenini, Arianna Trevisan Il progetto tende a rendere nuovamente percepibile la continuità di quel tracciato. Ciò avviene tramite un’architettura-percorso che si rapporta, inquadrandolo, con il fascio dei binari. Essa ospita uno spazio espositivo lineare e una sala per conferenze collegati da scale mobili e genera allineamenti e regole per tutti i luoghi circostanti. Il progetto vuole trasformare in una rete urbana il sistema di spazi verdi di dimensione ridotta sparsi nel tessuto della città, attraverso la
piantumazione con semplice filare di tutte le vie in cui ciò è possibile e l’organizzazione di percorsi ciclabili su quelle stesse vie. Riconsidera piazza Oldrini come una piazza-giardino legata alla rete urbana degli spazi verdi. Ciò avviene creando un luogo pubblico alberato, tangente al nuovo percorso tranviario, porticato e circondato da spazi e attività private destinate al pubblico: negozi, caffè, ristoranti. Si crea una connessione di significato urbano tra il Rondò e piazza della Repubblica. Ciò avviene per mezzo di un ampio spazio gradonato, alberato e affiancato da negozi che fa di piazza della Repubblica il punto di riferimento della città a est verso la città a ovest della ferrovia.
Monza: concorso di progettazione Pratum Magnum Il Comune di Monza ha bandito questo concorso di progettazione – denominato Pratum Magnum – per la riqualificazione della piazza Trento e Trieste e di altri spazi pubblici a questi annessi. Il nuovo assetto dovrà essere definito a partire dalle nuove condizioni determinate dalla realizzazione dell’autorimessa sotterranea. Il tetto di spesa è di 4.000.000 euro. Ha svolto funzioni di segreteria la Fondazione dell’Ordine degli Archi-
tetti di Milano. I premi sono stati di 8.000, 5.000 e 3.000 euro . Gli elaborati richiesti erano 2 tavole in formato A0. La giuria era composta da Daniela Volpi, presidente, membri: Carla Di Francesco, Franco Gaiani, Giuseppe Mascheroni, Giuseppe Riva, Ruggero Montrasio. Segnalato è stato il progetto di Angelo Micheli, con Mauro Geroldi, Nunzia Vanna Musoni, Susi Zaghemi.
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1° classificato (foto 1-2) Domenico Delfini (Calenzano – Firenze); collaboratori Paolo Cogotti, Ilario Capurso L’incipit iniziale del progetto è quello di ottenere spazi polivalenti, dove poter svolgere eventi all’aperto. Gli episodi principali si manifestano attraverso la “delimitazione” di quattro piazze, concatenate tra loro, generate dagli edifici limitrofi all’area, che rappresentano gli episodi storicamente più significativi: la cortina di matrice medievale a est dell’area; il Palazzo degli Studi dei primi dell’800; il Palazzo del Municipio della prima metà del ’900.
Le griglie sono organizzate in moduli costruiti sulle dimensioni e la disposizione dei banchi per il mercato settimanale. Si è ritenuta opportuna la demolizione dell’area verde che delimita il Monumento ai Caduti, intervenendo anche sul monumento stesso, da riposizionare alla quota di calpestio della piazza, per disporre di una vasta area libera da ripensare. I Portali, con il sistema integrato dei teli, lungo il fronte ovest di piazza Trento e Trieste, rimandano nella loro collocazione all’antico fossato utilizzato per il lavaggio dei panni di lana e, nella loro forma, alle “chiodere” su cui i panni venivano stesi ad asciugare.
lo scopo di legare anche piazza Carducci (e piazza Roma con l’arengario) al sistema di spazi aperti. Il potente gruppo bronzeo di Pancera, emblema dell’impiego dell’area per scopi celebrativi, viene traslato e fatto oggetto di intervento in vista della valorizzazione tanto del monumento
quanto del luogo e delle cortine edilizie che lo delimitano. Particolare cura è stata posta affinché, oltre ad avere collocazione ed attrezzature funzionalmente adeguate, il mercato settimanale divenga anche esteticamente piacevole nel suo rapporto con il contesto. 3
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3° classificato (foto 5-6) Gianluca Cesana (Biassono), Alice Gramigna, Silvia Rossi, Paolo Bassetto
2° classificato (foto 3-4) Rossella Butti (Saronno), Massimo Bellotti, Carla Leoni; collaboratori Elena Bel, Linda Bertin, Filippo Fantini, Maria Luisa Musa, Masahachi Kanechika; consulente Valentino Inama Il progetto immagina che gli utilizzi funzionali dissomiglianti – produttivi, commerciali e rappresentativi – che in tempi diversi carat-
terizzarono l’utilizzo della piazza, lascino una traccia e generino quindi un luogo capace di raccontare la propria storia. L’antico uso produttivo viene rappresentato mediante l’inserimento di un asse lungo il quale si allineano cinque vasche rettangolari, in ricordo della roggia anticamente utilizzata per la tintura delle pezze: l’asse unifica piazza Trento e Trieste a largo IV Novembre. La perpendicolare a tale segno ha
La proposta prevede l’inserimento di un vero prato, il recupero della linea morbida del pratum magnum così come era in periodo medioevale. Il monumento diventa coronamento della collina e la vetta in bronzo sulla quale poggiano gli eroi delle guerre. L’accesso alla cappella sottostante il monumento avviene diagonalmente. Una rampa verde sale dallo spigolo nord verso il centro del prato. A partire da questo primo elemento inclinato, è stata costrui-
ta una successione di gradoni con una leggera pendenza. Dal lato verso via degli Zavattari l’accesso al prato è creato da una rampa che partendo da sud sale verso il centro del volume. Sotto di essa si è posizionato uno degli ingressi al parcheggio interrato, apportando così una modifica rispetto al progetto dato. La geometria del nuovo pratum genera due lunghi lucernari che portano luce naturale nel parcheggio. La proposta prevede il recupero parziale del tracciato del fontanile preesistente che viene riproposto come taglio nella pavimentazione. Le fontane sono getti di altezza variabile.
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massa del grande fabbricato residenziale e l’affaccio dei retri; mediante le pedane in legno che diventano spazi di gioco per bambini o spazio per l’allestimento estivo di un palcoscenico permanente; mediante il rivestimento ligneo dei fronti sulla via F.lli Calvi e con il padiglione della galleria che segna l’intersezione fra via Veneto e via F.lli Calvi. 1
Sistemazione della piazza Vittorio Veneto di Calolziocorte (Lecco) L’intervento prevedeva la redazione di un progetto preliminare per la riqualificazione di piazza Vittorio Veneto a Calolziocorte ed uno studio di fattibilità allargato ad altre piazze, con relativi collegamenti e ipotesi di utilizzo. La piazza Vittorio Veneto è attualmente è utilizzata come parcheggio. Il Palazzo Municipale, la maggior parte delle banche del territorio e numerosi studi professionali sono ubicati nei pressi della piazza. In posizione sottostante sono presenti locali per circa 600 mq di proprietà comunale, che potranno essere trasformati in parcheggio per 40-50 posti auto e in una struttura polifunzionale. Da valutare era la possibilità di ospitare eventualmente manifestazioni, anche mediante la creazione di una struttura fissa, con
funzione di palco e con la realizzazione di una o due strutture commerciali, ciascuna di circa 70 mq. Erano richieste per l’intervento le seguenti caratteristiche: rifacimento della pavimentazione, mediante l’utilizzo di materiale lapideo; creazione di aree a verde; realizzazione di un adeguato sistema di illuminazione; riqualificazione delle strutture di arredo urbano; realizzazione di eventuali parcheggi interrati. Il costo delle opere doveva essere contenuto in 1.250.000 euro. Al primo classificato è stato assegnato un premio di euro 10.000. La commissione giudicatrice era composta dal sindaco Paolo Arrigoni, Marco Bonaiti, Carlo Malugani, Ottavio Federici, Marco Cappucci, Massimo Mazzoleni, Maurizio Faravelli, Stefano Sergio.
1° classificato (foto 1-3) Studio A3: Silvano Molinari Giampaolo Rinaldi, Giuseppe Sgrò (Tirano); collaboratori: Stefania Pini, Lorenzo Pola, Duilio Ficcioli, Paolo Vaja
pio a quota di accesso della scalinata del Comune e “piazza bassa” alla quota dell’attuale sistemazione. Piazza Alta (+ 45,00) inquadra il fronte del Municipio e si chiude a sud est con un nuovo padiglione in vetro che ne definisce il perimetro, negando in questo modo, l’affaccio pubblico al volume retrostante ritenuto
Il progetto riprende e si orienta sulle due giaciture e sui due livelli distinti: “piazza alta” del Munici-
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non idoneo. Verso la via Veneto il filare di tigli si alterna alle scalinate di raccordo con il marciapiede e definisce l’altro lato della piazza. Il padiglione può ospitare due spazi commerciali,di 70 mq ciascuno. La piazza Bassa (+ 43,00) si articola e si integra sia con la piazza Alta che con piazza Gramsci, mediante giardini pensili che filtrano e mitigano la
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Intervista a Guido Canella Enrico Prandi (a cura di) Sessantadue domande a Guido Canella Clean, Napoli, 2005 pp. 80, € 5,00 Un libriccino di una collana programmaticamente curata da giovani per i giovani introduce al pensiero di Guido Canella, sfaccettato in 62 domande e risposte. L’impresa non è delle più semplici, perché se c’è un architetto che si è resa difficile la vita con pochi compromessi fra poetica – un’ardua “architettura della conoscenza” perseguita da cinquant’anni – e gradimento, questo è Canella, artista-intellettuale assiduo in trasferimenti dall’attività critico-saggistica all’opera architettonica e viceversa. La complessa formalità dei suoi progetti – all’opposto del formalismo corrente – ne fa un autore che non si presta all’imitazione, i suoi scritti non si concedono a una facile comunicazione. Eppure, anche in questa intervista un po’dispersiva, si fa strada la passione nel trasmettere idee ed esperienze esercitata, oltre che in libri e riviste (“Hinterland” e “Zodiac”), nell’università, dove più generazioni di studenti e colleghi gli sono debitori di illuminanti interlocuzioni. Sollecitato da un giovane allievo, Canella propone frammenti di un pensiero articolato su più versanti, da pronunciamenti su problemi e orizzonti presenti e futuribili della disciplina, ad aperture su un laboratorio più privato: quello della composizione, dove testi di elezione e riferimenti nella storia, scavi tipologici e approfondimenti contestuali, individuazione di “personaggi” e loro coerente sviluppo si affrontano nella logica di un progetto che ogni volta reinventa radicalmente il suo tema. Fra tante questioni stimolanti, due possono essere segnalate come più largamente propositive: contro la smemoratezza del presente, il continuo fare i conti con la storia e con la critica, assumendosene il carico in prima persona, tanto più se storici e critici risultano latitanti e il richiamo alla funzione civile dell’archi-
tettura, al suo essere radicata nel destino più complessivo della città e dell’insediamento. I brevi interventi di queste pagine bastano a delineare un’alternativa al gusto prevalente che fa oggi dell’architettura un veicolo di mode e stupori continuamente transitori e, forse, a far intuire il filo rosso della ricerca che fa di Guido Canella un maestro. Gian Paolo Semino
Architettura tra ambiguità e conoscenza Antonio Piva Il museo: la coscienza lucida dell’ambiguità Lybra Immagine, Milano, 2005 pp.128, € 16,00 Stabilite “le coordinate del dibattito” nella prima parte del volume, la “strada del dialogo” è percorsa da Antonio Piva nel nucleo centrale attraverso una sequenza di colloqui che compongono la consapevolezza della “coscienza lucida dell’ambiguità” del nostro mondo e del superamento dell’ambiguità stessa “attraverso la conoscenza dei nostri limiti ed il coraggio delle proprie idee”. Con Franco Giorgetta delinea la complessa ed ambigua definizione di paesaggio che, al contrario dell’opera d’arte, sfugge dalla “gabbia di forma, dimensione materica e tempo”; il rapporto con il paesaggio costituisce inoltre una delle componenti essenziali del tema relativo alla musealizzazione dei siti archeologici intesi in senso “dinamico” e “reversibile” nel dialogo con Gemma Sena Chiesa. Con Ivana Iotta viene delineato il lungo percorso-esperimento intrapreso con la formazione del
polo del Museo Civico Ala Ponzone in Palazzo Affaitati a Cremona, innovativo sia nei presupposti formali che nei termini di flessibilità espositiva e di produzione di idee e di lavoro. Antonio Piva esprime una posizione critica rispetto agli spazi espositivi neutri, solo parzialmente disegnati e definiti, sia dal punto di vista spaziale, che formale e di illuminazione nel successivo dialogo con Gabriella Belli, direttore del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. La tesi relativa alla “incidenza delle coordinate e degli attributi spaziali sulla lettura critica dell’opera d’arte” viene ulteriormente chiarita nel colloquio con Irma Arestizabal, mentre i temi della flessibilità e complessità nella costituzione del percorso progettuale museologico e museografico e della variazione dello spazio al variare del progetto museologico, sono affinati da Piva con Paolo Biscottini nel dialogo intorno al Museo Diocesano di Milano e con Giovanni Pinna sui musei di storia naturale. L’ultimo dialogo con Bianca Triaca compone con la terza parte del libro una appassionata e appassionante narrazione dell’esperienza straordinaria della costituzione dei Musei delle collezioni reali in Camerun, esperienza che supera “i ranghi della sicurezza culturale” nella direzione del rispetto dei valori di diversità e identità. Vittorio Prina
Morte (o rivoluzione) a Milano Luca Doninelli Il crollo delle aspettative. Scritti insurrezionali su Milano Garzanti, Milano, 2005 pp.180, € 14,00 “Cosa manca a Milano per diventare grande? Non c’è dubbio: le manca lo splendore”; le manca quel qualcosa che la renda viva, che faccia sì che si preferisca essere dentro di lei piuttosto che in qualunque altro luogo. In quest’affermazione si condensa, credo, tutto il senso del libro che Luca Doninelli, scrittore non milanese, dedica a una Milano che, malgrado tutto, ama. La situazione di “stallo” in cui versano la città e i suoi cittadini, la rinuncia a “pensare in grande”, a costruire progetti come è accaduto in un passato recente ma non solo, sono i temi intorno a cui ruota questo “pamphlet”. Da queste condizioni dovrebbe scaturire l’insurrezione del titolo. Il libro si compone di due parti. Nella prima l’autore analizza l’identità di Milano, ne indaga il carattere “cristiano”, la “religione del fare”, qui sinonimo di vivere. Nella seconda, in analogia alle promenades parigine di Benjamin, si sofferma, invece, sulla descrizione delle sue “cattedrali”. Qui, diversamente da una qualsiasi guida della città, compaiono affiancate cattedrali laiche e religiose: il Duomo, “centro logico della città”; la stazione centrale, cattedrale in cui la “vita bestia trova casa”; la Scala, cattedrale del rispecchiamento del “bene privato”, e poi il Politecnico, il Palazzo di Giustizia e la grande occasione mancata (lo “sterro”) del Centro Direzionale. Parallelamente ecco alcuni quartieri, zone spesso poco frequentate non solo dal turista che a Milano pare venire solo per “fare shopping”, ma dai milanesi stessi, abituati a vivere in “microclimi” fra loro assolutamente incomunicanti. Leggendo queste precise descrizioni ci si rende conto di come Milano non abbia incluso nella sua costruzione il concetto di pubblico, si sia cioè realizzata per così dire “privatamente”. La città, come ben chiarisce Doni-
Martina Landsberger
London dreaming Anna Quindlen Londra immaginata Feltrinelli, Milano, 2006 pp. 140, € 12,00 Giornalista, Premio Pulizer nel 1992, l’autrice è nota anche per la sua produzione letteraria. Una passione che Anna Quindlen, let-
trice onnivora, nutre fin da bambina. Ma sono gli scrittori inglesi i suoi preferiti, ed è Londra – città letteraria per eccellenza – la meta più cara.
in cui vivi rivela chi sei, cosa sei diventato o vuoi diventare“. In questo senso, l’originale “guida” alla città della Quindlen definisce Londra, non solo come la Patria
del romanzo autobiografico, ma anche di quello “autogeografico”. Il viaggio della Quindlen è epico, rituale. È un ritorno in un luogo in cui non si è mai stati, ma a cui s’appartiene da sempre: mito delle origini. Alla ricerca delle proprie radici storiche e culturali, l’autrice riflettere anche su quella che, solo apparentemente, è una stessa lingua (Churcill diceva che l’America e l’Inghilterra sono due nazioni divise da una lingua in comune). Ma tornare a Londra non è solo andare in cerca di sé, è, al tempo stesso, abbracciare in un gesto la totalità. Se è vero, come disse Henry James, che: “Londra è nell’insieme, la forma di vita più verosimile… è la più grande aggregazione di vita umana, il compendio più completo del mondo“. Ed è un viaggio che non ha fine, perchè “quando uno è stanco di Londra, è stanco della vita” (Samuel Johnson). Irina Casali
Architetture a due dimensioni Aldo Aymonino, Valerio Paolo Mosco Spazi pubblici contemporanei. Architettura a volume zero Skira, Milano, 2006 pp. 396, € 30,00 Superfici, Verticale, Recinti, Design, Ripari, Ambiente, Earthworks, Figure, Tecnica, Eventi sono i capitoli in cui il testo di Aldo Aymonino e Valerio Paolo Mosco si articola presentando una antologia di progetti, quasi tutti dell’ultimo decennio, nei quali viene affrontato il tema dello spazio pubblico. Progetti di spazi fra edifici, di giardini, di percorsi, di parchi, di ambiti territoriali in cui non vi è realizzazione di volumetrie ma architettura di superfici, dove il tema è quello di dare forma allo spazio inteso nel senso più architettonico del termine. Ogni progetto è illustrato da una breve scheda e da immagini, soprattutto fotografiche. Nella presentazione Denise Scott Brown, richiamando i suoi studi con Venturi su Las Vegas e sul Decorated Shed, manifesta l’inte-
resse per un’“architettura a volumetria zero”, così come per un’architettura che potrebbe anche considerare la quarta dimensione, quella temporale. Aldo Aymonino nell’introduzione propone la categoria AZC (architettura a zero cubatura), “tema eterogeneo in cui si incontrano diverse discipline e condizioni antropiche e scale concettuali intermedie (o altre) tra il Piano e il progetto architettonico”. Alberto Ferlenga, Pippo Ciorra, Enrico Morteo, Bernardo Secchi ed altri concludono ogni sezione del volume con un saggio di commento. Il libro, anche per il carattere di sistematizzazione antologica e classificatoria, attraverso la sua rassegna di progetti chiarisce la potenzialità di un approccio allo spazio pubblico che non sia il semplice tentativo di riproporre nella città e nel territorio contemporanei modelli già consolidati. Il progetto dello spazio pubblico può invece intraprendere modalità descrittive che si appoggino ad articolate interpretazioni, valorizzando aspetti interstiziali dei luoghi. In tal senso il progetto può essere anche un segno minimo, in grado di stabilire differenti rapporti spaziali fra le cose, assegnando loro nuovi e particolari valori pubblici. Maurizio Carones
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nelli è fatta di case, di abitazioni, di privato quindi. Solo la Madunina, che si erge al di sopra di tutto e di tutti, per il fatto stesso di essere sempre visibile, diventa l’emblema della città, della collettività che in essa si manifesta. Non un libro di architettura, questo di Luca Doninelli, ma sicuramente un testo che chiunque ami, lavori, progetti, o solamente viva, a Milano o che abbia a cuore una sua rinascita, farebbe bene a leggere.
In una canzone Sting descrive il sentimento di un inglese a New York; il racconto di Anna Quindlen, è lo sguardo di un’americana a Londra: città amata da lontano, visitata solo dopo averla mille volte immaginata, attraverso le descrizioni di Thackerlay, Evelyn Waugh, Henry Fielding, Nancy Mitford, Kathleen Winsor, Conan Doyle, Virginia Woolf e soprattutto Charles Dickens. Dopo aver attraverso parchi e vicoli nelle parole scritte, l’autrice si ritrova a camminarci dentro. Il risultato è un gioco di specchi in cui s’incrociano fantasia e realtà. Spazi e tempi si sovrappongono in un’identità multiforme, impossibile da ricomporre, quando anche alcuni luoghi, distrutti dalla guerra, sono stati ricostruiti. A volte, poi, gli spazi narrati corrispondono a quelli reali, altre, invece, i luoghi letterari sono pura invenzione: è impossibile tornarci dentro. Tra verità e contraffazione, conferme e smentite, naufraghiamo dolcemente nel potere dell’immaginario per scoprire che “l’accuratezza e la verità sono due cose completamente differenti” e che per scrivere non bisogna per forza essere veri, ma accurati. E tuttavia Londra è letteraria per essenza: come un libro “si divide in capitoli, i capitoli in paragrafi, i paragrafi in frasi”. Ogni luogo ha e palesa un’identità: “la geografia segna il destino della gente… il posto
a cura di Sonia Milone
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Decostruzioni spaziali Gianni Colombo / Grazia Varisco Milano, Rotonda della Besana via Enrico Besana 6 febbraio – 26 marzo 2006 Organizzata all’interno del ciclo “Maestri a Milano”, la mostra ripercorre la ricerca artistica di Grazia Varisco e Gianni Colombo (fratello del noto architetto Joe), secondo due percorsi affiancati ma distinti. Esponenti del “Gruppo T” operante a Milano negli anni ’60, formato insieme a Giovanni Anceschi, Davide Boriani e Gabriele De Vecchi, sono entrambi noti per le
loro opere di arte cinetica e per la creazione di “ambienti” che invitano lo spettatore a divenire attore del processo creativo. Non viene più presentata un’opera compiuta e finita, ma una rigenerazione perpetua nell’atto stesso della fruizione. La sezione dedicata alla Varisco, curata da Jaqueline Ceresoli, presenta oltre 40 opere incentrate sulla nozione di interazione e su quella di “piega”, operazione concettuale di cui l’artista si serve per “alterare o rendere indecifrabili le convenzioni della geometria”. La sezione dedicata a Colombo, curata da Marco Scotini, mette bene in luce, per la prima volta, la sua opera come una delle ricerche più sottili e profonde mai attuate sugli “ambienti spaziali”. I suoi lavori presto passano dai “quadri tattili” della fine degli anni ’50, in cui lo spettatore può toccare il quadro alterandolo, agli “ambienti” che organizza
secondo sofisticate tecniche di disorientamento. “Spazio elastico”, “spazio curvo”, “topoestesia”, “bariestesia”, sono solo alcune delle illuminanti definizioni date dall’artista al nucleo della sua ricerca incentrata sulla decostruzione spaziale. Come nella “bariestesia” esposta, dove l’artista presenta gradini inclinati in modo anomalo, mettendone in dubbio le condizioni di equilibrio e alterandone l’esperienza fisica e percettiva. Destruttura dunque un topos fondamentale dell’architettura, una scala, ovvero un elemento di cui, come scrive lo stesso Colombo, si hanno “regole, memorizzate da sempre, che riguardano la prevedibilità della morfologia del gradino: siamo
sicuri che un gradino sarà uguale a quello successivo perché così è convenzionato”. In mostra sono esposti anche numerosi modelli di “architettura cacogoniometrica”, con le colonne inclinate, e, a scala reale, la “topoestesia” di una galleria percorribile dal pavimento fortemente inclinato. Fabrizio Vanzan
Design in mostra Piemonte Torino Design Torino, Sala Bolaffi via Cavour 17 26 gennaio – 19 marzo 2006 Nel cuore della città di Torino, nella Sala Bolaffi, è in corso una mostra sul design torinese da visitare con occhio curioso e spirito interrogativo; disposta su
due piani espone svariati oggetti molto differenti e distanti tra loro, per tecniche di produzione, significato estetico ed uso reale. La questione principale è il rapporto tra forma e contenuto, tra estetica e significato della forma, tra funzione e produzione che viene di volta in volta prodotta per il singolo pezzo; questo è un punto di vista che si può adottare come strumento misuratore per non sentirsi spaesati in mezzo a tante proposte d’ogni genere e forma, che spaziano dalla libreria post-modern di Ettore Sottsass, ormai annoverata tra gli arredi cult di una generazione, al design tecnologico di caschi per lo sci e schienali per macchine sportive. Disegnare la sedia e gli oggetti della casa per i maestri, anche di quest’arte, come Le Corbusier, Albini e Breuer, significava progettare un modo di vivere lo spazio della stessa e di usare un oggetto della vita quotidiana con la speranza che quest’ultimo diventasse parte integrante della cultura estetica di una società. Insomma, pensare all’oggetto non fine a se stesso, ma come risultato di un processo creativo che investe i molteplici aspetti del rapporto con la realtà, dalla funzionalità alla percezione e quindi alla tradizione. Se questo può essere condiviso come principio generale, si trovano molte difficoltà nel riconoscerlo in tutti gli oggetti della mostra, per esempio nei prodotti dell’industria dolciaria o vinicolo-alimentare, dove pare che la ricerca della forma sia legata più all’aspetto ludicocommerciale della questione; al contrario, vi sono oggetti dove questo rapporto etico-formale risulta essere molto moderno, ad esempio il piano cucina per portatori di handicap. Nonostante questo, il design rivendica un confronto, ancora di più nella società mass-mediatica, su due temi importanti: arte e produzione industriale, ossia quel rapporto delicato che si può instaurare tra la realtà e il ruolo dell’arte come “artificio” nella nostra esistenza, sfuggendo così ai facili estetismi costruiti dalle mode. Francesco Fallavollita
“O Zarathustra, ecco la grande città…” Metropolis. La città nell’immaginario delle avanguardie 1910-1920 Torino, GAM via Magenta 31 4 febbraio – 4 giugno 2006 In un illuminante saggio di inizio ’900, Georg Simmel analizzava i mutamenti che la nascita della città industriale apportava alla vita delle persone, sottolineandone il carattere di iperstimolazione cui i cittadini erano sottoposti, dovuto alla compresenza di impressioni diverse, al continuo alternarsi di stimoli visivi e uditivi, ecc. “Tutto sembra strano, artificiale, irreale”, scriveva Monfort nel 1902. La città muta la natura, il paesaggio, l’uomo, e diviene il luogo della frammentarietà, della velocità, della sinestesia. Nessun linguaggio basato su canoni artistici convenzionali riesce più a tenere insieme il mondo, nessuna prospettiva tradizionale, centrale e statica, può contenerne la visione in un quadro unitario. La rivoluzione figurativa portata dalle avanguardie a inizio secolo è figlia dell’espansione urbana e dello sviluppo tecnologico. È una nuova estetica basata sulla relatività del punto di vista, sul dinamismo, sulla simultaneità. La città, dunque, con i suoi nuovi orizzonti percettivi, come elemento ispiratore degli artisti, ma anche come soggetto pittorico, sono le linee fondamentali che guidano la mostra allestita a Torino. L’esposizione ritaglia un’area culturale precisa, che va dal 1910 al 1920, percorsa dalle forze vive delle sperimentazioni estetiche, giocate fra (e su) Milano, Parigi, Berlino e New York. Così ecco la città dei futuristi, emblema di un’epica del progresso, con le sue “stazioni ingorde”, le sue locomotive che “scalpitano sulle rotaie come enormi cavalli d’acciaio” e i tram che entrano nelle case. Nella sezione, come in una piazza ideale, sono presenti i dipinti di Boccioni, Russolo, ecc. e i progetti utopistici di Sant’ Elia e di Chiattone. In una sala contigua, ma lontana come un territorio inconfinante con la poetica pre-
zioni artistiche, fino a quelle di matrice positivista, nelle quali si può però ravvisare una comune vicinanza alla cultura romantica nei suoi diversi aspetti: dalla rappresentazione del “sublime”, a quella dell’”arcadia felice” sul modello della Nouvelle Heloise di Rousseau. Si tratta di circa settanta opere, raccolte e riscoperte tra il patrimonio inesposto e dimenticato delle collezioni pubbliche dell’arco alpino occidentale. L’intervallo temporale considerato si chiude con gli anni ’30, corrispondenti al muta-
Sonia Milone
Il sogno di una fortezza tra le Alpi Alpi di sogno. Dal mito all’ascensione. La rappresentazione delle Alpi occidentali 1800 – 1930 Bard (AO), Forte di Bard 15 gennaio – 17 settembre 2006 L’interesse estetico nei confronti delle Alpi si può far risalire ai tempi di Burckhardt e Petrarca e percorre con discontinuità la cultura europea. È però alla fine del ’700, con l’epopea del Monte Bianco e la nascita dell’alpinismo, che si raggiunge un momento cruciale per la storia dell’immagine alpina. La percezione e la rappresentazione infatti non sono più disgiunte dall’esperienza umana: “alle montagne pensate si sovrappongono quelle vissute”. La mostra Alpi da sogno propone uno spaccato di alcune delle molteplici accezioni assunte da questa nuova sensibilità, mostrando diverse manifesta-
mento del panorama culturale nel verso di una progressiva destituzione di valori simbolici a favore dell’affermazione di paradigmi sportivi e di fruizione di massa. Una sezione collaterale: Percezioni di mutamento, offrendo una rassegna di espressioni artistiche contemporanee, a mio avviso sottolinea il significato del nucleo centrale, mostrando come, pur nella completa innovazione di mezzi espressivi e forme, permanga la fascinazione caratteristica della visione romantica della montagna di sogno, appunto, che si manifesta anche nella caricatura – amara – della sua successiva massificazione. Questa esposizione, inserita nel programma delle Olimpiadi della Cultura legate ai giochi olimpici invernali, dà inizio, insieme al Museo delle Alpi, all’attività espositiva del rinato Forte di Bard, anticipandone la funzione, in divenire, di centro di interpretazione delle Alpi. È il concretizzarsi di un progetto che ha avuto origine nel 1975, con la smilitarizzazione di questa roc-
Caterina Lazzari
Modernismo mediterraneo Tel Aviv: la città bianca Mendrisio (Svizzera), Accademia di Architettura via Canavée 5 9 febbraio – 23 marzo 2006 Il programma di mostre allestite nella nuova Galleria dell’Accademia di Architettura di Mendrisio prosegue con una terza esposizione dedicata allo sviluppo della città contemporanea sospesa tra modernità e tradizione. Dopo il caso di Barcellona, è la volta di un’altra città affacciata sulle coste del Mediterraneo: Tel Aviv, la città più grande d’Israele, la più moderna e cosmopolita dello stato ebraico. Fondata agli inizi del Novecento sulle dune di sabbia a nord di Jaffa, Tel Aviv, la città bianca del candore lucente dell’intonaco, diverrà ben presto un laboratorio di forme e idee, terreno di sperimentazione per giovani architetti israeliani formatisi in Europa alla scuola del Bauhaus. La parte centrale della città venne edificata secondo il Piano ideato nel 1927 dall’urbanista scozzese Patrick Geddes. A par-
tire dai primi anni Trenta, interi quartieri furono costruiti con edifici ispirati ai canoni del Movimento Moderno. Rispettando nelle linee fondamentali la visione di Geddes, gli architetti di Tel Aviv seppero miscelare il linguaggio modernista delle avanguardie europee con la cultura mediterranea dell’abitare i luoghi, dando vita ad una propria scuola d’architettura. Nel 2003 la Città Bianca di Tel Aviv è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’UNESCO per la sua alta concentrazione di edifici International Style, la sua omogeneità stilistica e la sua posizione di largo accesso a pubblico e visitatori. La mostra, che di fatto è nata per celebrare questo importante riconoscimento internazionale, raccoglie documenti storici, mappe, disegni, fotografie, plastici, video, film e animazioni che illustrano le trasformazioni della città durante il periodo d’oro dello sviluppo urbano di Tel Aviv, tra il 1931 e il 1948. Curatrice di questa esposizione itinerante è l’architetto Nitza Szmuk (professoressa del corso post-laurea di restauro presso la Facoltà d’Architettura del Technion di Haifa), che ha creato il Servizio Municipale di Tel Aviv per la conservazione e il restauro degli edifici. Nel 2004 ha curato il catalogo: Des maisons sur le sable. Tel Aviv. Mouvement moderne et esprit Bauhaus. Il volume, pubblicato dalle Editions de l’éclat, Paris/Tel-Aviv, sarà in vendita a Mendrisio durante tutto il periodo della mostra. L’arrivo della mostra in Europa è stato possibile grazie ad una collaborazione tra Accademia di Architettura e Politecnico Federale di Losanna dove l’esposizione farà tappa tra maggio e giugno 2006. Luca Gelmini
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cedente, in solitario controcanto, le desolate periferie urbane di Sironi. Parigi è, invece, la “città laboratorio” per eccellenza, quella in cui la metropoli nella sua dimensione meccanica, che abbatte ogni naturalezza, ispira le ricerche formali del cubismo, dell’orfismo e dell’astrattismo. Organizzata secondo ben altre coordinate geo-culturali, la Berlino degli espressionisti è luogo di perdita e di perdizione, di ostilità e di sopruso: città tentacolare, che porta l’individuo a perdersi nei suoi infiniti percorsi, ha scritto Kirchner. Un po’ troppo periferico il ruolo dell’architettura in questa sezione: pochi schizzi di Scharoun non bastano a testimoniare le incredibili visioni degli architetti della “catena di vetro” capeggiata da Bruno Taut.
ca, a più riprese ricostruita, ma soprattutto il compiersi della sua vocazione storica di filtro al passaggio, nei confronti dello splendido paesaggio cui fa da sentinella. Questa missione non è turbata dal restauro appena compiuto, che non ha intaccato severità e suggestione dell’edificio sabaudo, pur rendendone espugnabili le altezze a tutti coloro vogliano compiere il passaggio. Conoscitivo ed emozionale.
a cura di Walter Fumagalli
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Sottotetti: anno nuovo vita nuova Il 30 dicembre 2005 è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale la Legge Regionale 27 dicembre 2005 n. 20, mediante la quale sono state apportate alcune modifiche alle norme dettate dalla Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12 in materia di recupero abitativo dei sottotetti. Ci sono voluti quasi dieci mesi ma, meglio tardi che mai, è finalmente arrivata la preannunciata e tanto attesa modifica normativa. Ancora una volta, tuttavia, il Legislatore regionale, se da una parte ha reso esplicita la regola per cui il recupero abitativo dei sottotetti “è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati” (regola che il testo previgente conteneva solamente in modo implicito), dall’altra ha introdotto nuove disposizioni che con ogni probabilità genereranno ulteriori problemi. Alla luce delle nuove norme, quali verifiche e quali valutazioni dovranno effettuare gli architetti per predisporre i progetti di recupero dei sottotetti? Le verifiche preliminari alla progettazione Prima di redigere il progetto, l’architetto dovrà anzitutto accertare se sussistano i presupposti oggettivi previsti dalla legge per poter procedere al recupero abitativo del sottotetto in deroga alla disciplina urbanistica. • L’ubicazione del sottotetto L’Articolo 65 della Legge Regionale n. 12/2005 disponeva che non era possibile procedere al recupero abitativo dei sottotetti in deroga alle previsioni dei piani urbanistici, nel caso di immobili compresi in una delle zone eventualmente individuate dai comuni in virtù dell’Articolo 1.7 della Legge Regionale 15 luglio 1996 n. 15, nel termine perentorio fissato da tale articolo. Le nuove disposizioni attribuiscono ai comuni la facoltà di assumere in qualunque momento una motivata
deliberazione, mediante la quale disporre “l’esclusione di parti del territorio comunale, nonché di determinate tipologie di edifici o di interventi” dall’applicazione delle norme sul recupero dei sottotetti. Per prima cosa, dunque, l’architetto dovrà verificare che l’edificio comprendente il sottotetto da recuperare non rientri in una delle tipologie e non ricada nell’ambito di una delle zone individuate dal comune in forza delle norme citate. • L’esistenza del sottotetto Le nuove disposizioni suddividono i sottotetti in tre categorie: – a) quelli esistenti alla data del 31 dicembre 2005; – b) quelli non ancora esistenti a quella data, ma la cui realizzazione sia stata oggetto di un permesso di costruire rilasciato entro il 31 dicembre 2005 o di una denuncia di inizio di attività presentata entro il 1° dicembre 2005; – c) tutti gli altri sottotetti. Il recupero dei sottotetti di cui alla lettera a) potrà essere effettuato immediatamente, non appena formatosi il relativo titolo abilitativo, il recupero dei sottotetti di cui alla lettera b) appena l’edificio sarà giunto al rustico e sarà stata completata la copertura, ed il recupero di quelli di cui alla lettera c) dopo cinque anni dall’avvenuto rilascio del certificato di agibilità dell’edificio. Il secondo passo che l’architetto dovrà compiere sarà pertanto quello di verificare se, nel caso specifico, ricorra uno di questi presupposti. • La destinazione dell’edificio in cui è compreso il sottotetto La nuova Legge dispone che i sottotetti possono essere recuperati in deroga alle previsioni dei piani regolatori, solamente “negli edifici, destinati a residenza per almeno il venticinque per cento della superficie lorda di pavimento (s.l.p.) complessiva”. Dunque non basta più che l’edificio in cui è ubicato il sottotetto sia destinato “in tutto o in parte a residenza”, ma è necessario che lo stesso sia destinato a residenza in misura non inferiore ad una determinata percentuale.
Il legislatore, tuttavia, si è dimenticato di chiarire alcuni aspetti di rilevanza non certo secondaria. Anzitutto non ha fornito una definizione di “superficie lorda di pavimento” precisa e valida per l’intero territorio regionale. Nei casi in cui tale concetto sia regolamentato dallo strumento urbanistico generale, si potrà forse fare riferimento alla relativa definizione, ma come fare nei casi in cui si operi in un comune il cui strumento urbanistico non contempla il concetto di s.l.p.? Ai posteri (ed ai giudici amministrativi) l’ardua sentenza! La norma impone inoltre, come si è visto, che gli edifici siano “destinati” a residenza per almeno il 25% della s.l.p., ma non specifica se a tal fine debba farsi riferimento alle destinazioni in atto, oppure alle destinazioni autorizzate dal comune. Prima di iniziare la progettazione, quindi, l’architetto dovrà verificare se almeno il 25% della superficie lorda di pavimento dell’intero edificio in cui è compreso il sottotetto sia di fatto utilizzata come residenza, dopo di che, nel caso in cui tale verifica dia esito positivo, per cautela potrà spingersi oltre, e mediante l’acquisizione dei cosiddetti “atti di fabbrica” (cioè i titoli abilitativi che nel corso del tempo hanno interessato detto edificio), accertare se le destinazioni in atto corrispondano a quelle previste dai titoli abilitativi. Se le due verifiche daranno esito negativo, non sarà possibile procedere al recupero del sottotetto in deroga alle previsioni urbanistiche; se entrambe le verifiche daranno esito positivo, si potrà tranquillamente procedere alla progettazione; se una delle due verifiche darà esito positivo e l’altra esito negativo, sarà opportuno segnalare il fatto al committente affinché possa decidere con adeguata cognizione di causa se realizzare l’intervento oppure no, ma in caso di decisione positiva sarà consigliabile presentare una richiesta di permesso di costruire anziché operare mediante la denuncia di inizio di attività.
re a reperire 25 mq di parcheggio per ciascuna unità immobiliare, anche se il volume di quest’ultima richiede una superficie maggiore; – se è impossibile reperire gli spazi per parcheggi, si può versare una somma di danaro a titolo di monetizzare, e tale somma dovrà essere utilizzata dal comune per realizzare nuovi parcheggi; – la monetizzazione non è però possibile, se l’immobile ricade entro una zona per la quale il comune ha reso inderogabile l’obbligo di reperire i parcheggi pertinenziali.
• La valutazione di impatto paesistico Attenzione infine a non dimenticarsi di effettuare la valutazione di impatto paesistico. La nuova disposizione ha infatti confermato che, allorquando l’intervento di recupero incide sull’aspetto esteriore dei luoghi in ambiti non soggetti al vincolo paesaggistico, il relativo progetto deve contenere la valutazione di impatto paesistico prescritta dal piano paesistico regionale. Emiliano e Walter Fumagalli
LEGGE REGIONALE N. 12/2005 IERI LEGGE REGIONALE N. 12/2005 OGGI era dubbio se il recupero dei sottotetti il recupero dei sottotetti può avvenire in potesse avvenire anche in deroga ai limiti deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici strumenti urbanistici il recupero dei sottotetti poteva avvenire anche se l’edificio era destinato a residenza in minima parte
il recupero dei sottotetti può avvenire solo se l’edificio è destinato a residenza per almeno il 25% della s.l.p. complessiva
il Piano viene adottato dal consiglio comunale
il Piano viene adottato dalla giunta comunale
il recupero dei sottotetti poteva avvenire se l’edificio era ultimato al rustico e completata la copertura, indipendentemente dalla data della sua venuta ad esistenza
il recupero dei sottotetti, negli edifici autorizzati con permesso di costruire rilasciato dopo il 31 dicembre 2005 o con DIA presentata dopo il 1 dicembre 2005, può avvenire solo trascorsi cinque anni dal rilascio del certificato di agibilità
l’intervento di recupero dei sottotetti richiedeva il reperimento di parcheggi privati nella misura prescritta dalla Legge n. 122/1989 e dei Piani comunali
l’intervento di recupero dei sottotetti richiede il reperimento di parcheggi privati pari a 1 mq/10 mc e con un massimo di 25 mq per unità immobiliare, solo nel caso di realizzazione di nuove unità immobiliari nei sottotetti (in caso di mancanza di aree, si può monetizzare salvo che l’immobile ricada in una zona entro la quale il comune, con motivata deliberazione, abbia reso inderogabile l’obbligo di reperire i parcheggi)
i sottotetti recuperati potevano essere oggetto di cambio di destinazione d’uso senza alcuna limitazione, salvo il rispetto delle previsioni di Piano regolatore
i sottotetti recuperati, anche in forza della Legge Regionale n. 15/1996, possono essere oggetto di cambio di destinazione d’uso solamente trascorsi dieci anni dal conseguimento del certificato di agibilità
al comune non era concessa la facoltà di inibire l’applicazione delle disposizioni in materia di recupero di sottotetti, al di fuori degli ambiti già individuati in forza dell’Articolo 1.7 della L.R. n. 15/1996
al comune è concessa la facoltà di inibire l’applicazione delle disposizioni in materia di recupero dei sottotetti, in ambiti territoriali ulteriori rispetto a quelli già individuati in forza dell’Articolo 1.7 della L.R. n. 15/1996, e per determinate tipologie di edifici o di intervento
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La redazione del progetto Una volta accertata l’esistenza dei requisiti oggettivi previsti dalla legge, l’architetto potrà passare alla redazione del progetto. A questo scopo dovrà tenere nella dovuta considerazione, oltre alle disposizioni contenute nella normativa previgente, anche quanto stabilito dal nuovo testo dell’Articolo 64 della Legge Regionale n. 12/2005. • I parcheggi privati La nuova Legge prevede che “gli interventi di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, se volti alla realizzazione di nuove unità immobiliari, sono subordinati all’obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista dagli strumenti di pianificazione comunale e con un minimo di un metro quadrato ogni dieci metri cubi della volumetria resa abitativa ed un massimo di venticinque metri quadrati per ciascuna nuova unità immobiliare”. La disposizione precisa poi che, “qualora sia dimostrata l’impossibilità, per mancata disponibilità di spazi idonei, ad assolvere tale obbligo, gli interventi sono consentiti previo versamento al comune di una somma pari al costo base di costruzione per metro quadrato di spazio per parcheggi da reperire. Tale somma deve essere destinata alla realizzazione di parcheggi da parte del comune”, fermo restando però che i comuni, con motivata deliberazione, “possono (…) individuare ambiti territoriali nei quali gli interventi (…) sono, in ogni caso, subordinati al reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali”. Nel numero 10/2001 di questa rivista si era evidenziato che, in realtà, già in forza della normativa precedente il recupero dei sottotetti imponeva di reperire i parcheggi privati pertinenziali nella misura prescritta dalla Legge n. 122/1989. La nuova norma ha peraltro introdotto svariati elementi di novità, in quanto: – adesso l’obbligo vale solo per le “nuove unità immobiliari” ricavate nei sottotetti, e non per gli ampliamenti di unità preesistenti; – al massimo il comune può obbliga-
a cura di Sara Gilardelli
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Software libero per lo studio di architettura In questa occasione vogliamo affrontare l’argomento del software libero non solo per il suo aspetto economico ma per la sua più importante valenza di software liberamente utilizzato e disponibile per tutti. L’idea di progetto del software libero Il più noto fra i protagonisti del software libero è certamente Richard Stallman che nel 1983 elaborò il Progetto GNU (GNU is Not Unix). Unix era, e lo è ancora, uno dei principali sistemi operativi liberamente utilizzati nei centri di calcolo di tutte le Università e che a partire dal 1984 iniziò ad essere distribuito da AT&T non più come codice sorgente ma con licenze di copyright e diritti d’autore. Il progetto GNU intendeva mettere in discussione il concetto di software proprietario, rappresentato allora dal sistema UNIX, promuovendo il nuovo concetto di software libero distribuito in formato copyleft e non più con licenza di copyright, cioè con i diritti d’autore da rispettare. Fulcro di tutta l’attività del Progetto GNU è la licenza denominata GNU General Public License (GNU GPL) che sancisce e protegge la libertà d’uso e sviluppo del software. Obiettivo del Progetto GNU è la creazione di un sistema operativo completamente libero, chiamato Sistema GNU. Visto che al momento il sistema operativo GNU non era ancora stato completato, venne adottato in forma provvisoria il kernel Linux di Linus Torvalds e per questo viene definito Sistema GNU / Linux. Per rendere operativo il progetto GNU, nel 1985 Stallman ha costituito la FSF (Free Software Foundation) che si occupa di eliminare le restrizioni sulla copia, sulla ridistribuzione e sulla modifica dei programmi per computer. La FSF opera promuovendo lo sviluppo e l’uso del software libero in tutte le aree dell’informatica, ma principalmente contribuendo allo sviluppo del sistema operativo GNU.
Termini usati nel settore del Free software La parola “Free” nell’espressione inglese “Free Software” fa riferimento solo alla libertà di distribuzione non al prezzo. Il free software può anche essere venduto ma la sua accezione più importante è nella sua libera distribuzione. L’espressione “software libero” si riferisce alla libertà dell’utente di eseguire, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software. Più precisamente, esso si riferisce a quattro tipi di libertà per gli utenti del software: – Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0); – Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità; l’accesso al codice sorgente ne è un prerequisito (libertà 1): – Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2); – Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3). Un programma è software libero solo se l’utente ha tutte queste libertà. • Freeware Il termine freeware è solitamente utilizzato per i pacchetti software che possono essere ridistribuiti ma non modificati e il cui codice sorgente non è disponibile. Questi pacchetti non sono software libero, e pertanto non va usato il termine freeware per indicare il software libero. • Shareware Lo shareware è un tipo di software che dà la possibilità di ridistribuire copie ma impone a chi continua ad usarlo, dopo un periodo di prova, di pagare una licenza d’uso. Lo shareware non è software libero e neppure semilibero perché non rende disponibile il codice sorgente e di conseguenza non fornisce possibilità di modificare il programma, né prevede un uso gratuito ma solo una distribuzione gratuita. • Software Commerciale
Il software commerciale è il normale software sviluppato da un’azienda allo scopo di trarre profitto dalla sua vendita ed uso. • Software libero con permesso d’autore (copyleft) Il software con permesso d’autore (copyleft) è software libero le cui condizioni di distribuzione non permettono ai ridistributori di porre alcuna restrizione addizionale all’atto di ridistribuire o modificare il software. Questo significa che ogni copia del software, anche se modificata, deve essere software libero. • Free software per l’uso in ufficio Acconto alla più diffusa suite Office di Microsoft, è disponibile per il sistema operativo Linux un software denominato StarOffice che Sun Mycrosystem ha reso disponibile per tutte le piattaforme, in forma di codice libero e a basso costo, che comprende la gamma di programmi utilizzati in un ufficio e che fornisce la compatibilità con i formati dei file della suite Office di Microsoft. Il progetto OpenOffice, che comprende anche StarOffice, intende coinvolgere nel processo di sviluppo tutta la comunità internazionale di sviluppatori che condividono gli ideali della FSF. • Free software per la progettazione CAD e per il rendering Nel settore della progettazione assistita dal calcolatore (CAD) il software con licenza GNU GPL ha rappresentato un filone molto dinamico e pieno di iniziative che non sempre si sono concretizzate in software considerati maturi. I due settori particolarmente attivi sono stati quelli del software di disegno CAD e quello di rendering. Programmi CAD a prezzo contenuto In commercio sono disponibili alcuni pacchetti CAD per Windows che, pur non essendo ascrivibili alle licenze GNU, presentano però un prezzo contenuto rispetto ai principali software CAD di riferimento. Citiamo qui alcuni:
• IntelliCAD IntelliCAD è probabilmente l’unico prodotto dell’industria del software CAD ad essere controllato da un consorzio senza fini di lucro, l’IntelliCAD Technology Consortium (ITC), un’organizzazione indipendente di sviluppatori il cui scopo è principalmente quello di coordinare lo sviluppo e la distribuzione di tecnologie CAD. Il Consorzio ITC non vende il programma direttamente, ma concede l’accesso al codice sorgente ai membri commerciali e non commerciali a livello internazionale; tutti i membri sono tenuti a segnalare i miglioramenti apportati garantendo in questo modo diffusione e sviluppo. IntelliCAD presenta il formato di disegno DWG come formato nativo, e perciò perfettamente compatibile con AutoCAD. Ciò dà ai vari pacchetti CAD la reale possibilità di utilizzare un formato standard, anche se de facto, per l’interscambio dei disegni senza conversioni intermedie e senza perdita di dati. In Italia IntelliCAD è localizzato da ProgeSOFT (www.progesoft.it). • ProgeCAD LT 2006 gratuito La software house ProgeSOFT ha rilasciato, in forma promozionale, anche una versione gratuita (www.progecad.com) del programma ProgeCAD LT versione 2006, solo in lingua inglese, che opera con il formato DWG nativo e quindi può essere usato per iniziare a disegnare con un sistema CAD senza dover affrontare acquisti impegnativi. Programmi CAD Free Software Con la diffusione del sistema operativo Linux nascono molti programmi CAD
con licenza GNU GPL o di OpenSource, spesso come iniziativa di singoli programmatori. Molti sono rimasti proposte di progetto o a livello Alfa senza raggiungere uno sviluppo maturo. Qui riportiamo solo i più diffusi; per un elenco dettagliato: www.freecad.com • BRL-CAD Il programma è un modellatore solido di tipo Constructive Solid Geometry (CSG), cioè basato sull’algebra booleana e sviluppato da più di 20 anni dal U.S. Army Ballistic Research Laboratory (BRL). Nel 2001 è stato rilasciato come Open Source Solid Modeling e reso disponibile con licenza GNU GPL nel sito www.sourceforge.net • FreeCAD È un programma CAD OpenSource versatile e facile da usare con funzioni 2D e 3D dedicato in particolare alla simulazione dei cinematismi e ai movimenti di componenti anche complessi. Disponibile anche per Windows, ha registrato un’evoluzione in altri due software CAD: CADSM e StCAD (www.askoh.com/freecad) Programmi di Rendering con licenza OpenSource Mentre i programmi CAD con licenza OpenSource realmente efficaci nelle rappresentazioni di architettura non sono molto numerosi, sono invece più diffusi quelli di rendering e di animazione di qualità elevata e disponibili sia per ambiente operativo Windows sia per Linux e Unix. • POV-Ray Persistence of Vision Raytracer è stata una delle prime librerie grafiche di alto livello con licenza OpenSource. Con le varie versioni successive si evolve con una ricca libreria di oggetti e di texture, con raffinate funzioni di raytracing e di radiosity e un’interfaccia grafica completa. È disponibile per i principali sistemi operativi (www.povray.org). • Blender I vantaggi che offre sono di essere multi piattaforma, di fornire una modellazione NURBS, un raytracing con radiosity e texture procedurali, un Physics Engine per rilevare le col-
lisioni, particolarmente utile per funzioni di simulazione di fluidi e di animazione con cinematica inversa. Apporto gratuito di una comunità sempre più ampia, Blender è diventato in poco tempo il concentrato delle funzioni più avanzate del rendering e dell’animazione: nel 2004 ha registrato 2 milioni di download (www.blender.it – www.kino3d.com). • Art of Illusion È un programma di modellazione e di rendering 3D sviluppato in Java e disponibile per i principali sistemi operativi. Una funzione molto particolare di AoI è la possibilità di editare le texture procedurali creando e modificando in modo agevole texture complesse (www.artofillusion.org). • Wings3D-BSD License Si tratta di un modellatore di superfici mesh di facile uso che può esportare e importare i file in diversi formati (www.wings3d.com/). • Anim8or Steven Glanville ha scritto questo software di rendering e di character animation non tanto per scopi commerciali, ma perché ha una predilezione speciale per la grafica 3D. Per iniziare a creare animazioni senza investire grandi capitali può essere un buon punto di partenza (www.anim8or.com). • Radiance Nasce come sistema di simulazione dell’illuminazione in ambienti chiusi. Riesce a calcolare tutte le componenti geometriche e fisiche di un modello d’ambiente e produce la mappa cromatica di un modello d’illuminazione (radsite.lbl.gov/radiance). • RenderMan È un linguaggio creato dalla Pixar per interfacciare il software di modellazione e quello di rendering al fine di creare delle immagini fotorealistiche. Se un software viene definito “compatibile RenderMan” vuol dire che rispetta tutti gli standard richiesti nelle specifiche della Pixar, proprietaria del marchio (www.pixar.com). Claudio Gasparini editore di corsi per sistemi CAD (www.corsiinrete.it)
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– IntelliCAD: software CAD controllato dal un consorzio l’IntelliCAD Technology Consortium (ITC) (www.intellicad.com); – General CADD: programma CAD bidimensionale (www.generalcadd.com); CADopia: software house che aderisce al consorzio IntelliCAD (www.cadopia.com). – PowerCAD: software di disegno 2D e 3D con diversi moduli a prezzi diversificati (www.givemepower.com).
a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato
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Legge G.U. n. 25 del 31.1.2006 Serie generale Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 dicembre 2005 Codice dei beni culturali e del paesaggio L’Art. 1 definisce le finalità, i criteri di redazione, i contenuti della relazione paesaggistica e la relazione di progetto, la richiesta di autorizzazione paesaggistica in ottemperanza al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. L’Art. 2 esprime la tematica delle valutazioni di compatibilità paesaggistica. La relazione paesaggistica costituisce per l’amministrazione competente un elemento essenziale di valutazione. L’Art. 3 stabilisce i criteri di integrazione e semplificazione della relazione paesaggistica in riferimento ai criteri di intervento. G.U. n. 27 del 2.2.2006 Serie generale Decreto 16 gennaio 2006 Regole per il miglioramento della sicurezza degli ascensori per passeggeri e degli ascensori per merci esistenti: UNI EN 81-80 L’Art. 1 decreta che in relazione all’emanazione del decreto direttoriale previsto dal D.M. 26 ottobre 2005 viene disposta la pubblicazione della norma EN 81-80. La norma elenca i pericoli analizzati secondo una valutazione di rischio. Propone azioni correttive che migliorino la sicurezza degli ascensori esistenti per persone e merci. In relazione alla frequenza e alla gravità di ogni singolo rischio detta misure di sicurezza e controllo. Indica azioni correttive allo scopo di eliminare i rischi. G.U. n. 27 del 2.2.2006 Serie generale Decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296 Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato Il Regolamento al capo I detta le disposizioni generali. L’Art. 1 definisce l’ambito d’applicazione, disciplinando il procedimento per l’affidamento in concessione gratuita e in locazione, anche a canone ridotto, dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato gestiti dall’Agen-
zia del demanio a uso non residenziale. Gli immobili: non devono essere suscettibili di uso governativo concreto ed attuale ed essere inseriti in programmi di dismissione e valorizzazione e in elenchi di beni dismissibili. G.U. n. 32 del 8.2.2006 Serie generale Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 Ricognizione dei princìpi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’Art. 1 della Legge 5 giugno 20003, n. 131 Il capo I del D.L. detta le disposizioni generali. L’Art. 1 definisce l’ambito d’applicazione individuando i princìpi fondamentali in materia di professioni sanciti dalla Costituzione. Le regioni esercitano la potestà legislativa in materia di professioni nel rispetto della normativa statale. Il capo II sancisce i princìpi fondamentali. Gli articoli contenuti trattano argomenti relativi alla libertà professionale, tutela della concorrenza e del mercato, accesso alle professioni e regolamentazione delle attività professionali. Nel capo III sono contenute le disposizioni finali. B.U.R.L. 3° Suppl. Straordinario al n. 5 del 3 febbraio 2006 Testo coordinato della L.R. 11 marzo 2005 – n. 12 Testo coordinato della L.R. 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il governo del territorio”, modificata dalla L.R. 27 dicembre 2005, n. 20 “Modifiche alla L.R. 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), in materia di recupero abitativo dei sottotetti esistenti” La parte I tratta la disciplina di pianificazione del territorio. Il titolo I, stabilisce l’oggetto e i criteri ispiratori. La legge, in riferimento ai princìpi dettati dalla Costituzione, sancisce le norme di governo del territorio lombardo, istituisce le competenze alle Regione e agli enti locali, nel rispetto dei princìpi fondamentali degli ordinamenti statale e comunitario e in riferimento alle caratteristiche storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche della Lombardia. La Regione provvede alla definizione di indirizzi di pianificazione atti a garantire uno sviluppo sostenibile, verifica la compatibilità dei piani territoriali di coordinamento provinciali con i piani di governo della presente Legge in relazione alla pianificazione territoriale regionale, dispone forme di contabilità delle risorse con il sostegno agli enti locali,
cura l’attività di pianificazione territoriale regionale. Il titolo II riguarda gli strumenti di governo del territorio, detta le disposizioni generali, in riferimento alla correlazione tra gli strumenti di pianificazione territoriale e alla valutazione ambientale dei piani, istituisce l’Autorità per la programmazione territoriale, fissa le competenze della pianificazione comunale per il governo del territorio. Sono stabiliti i princìpi, i criteri e contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale e del piano territoriale regionale. Il titolo I disciplina gli interventi sul territorio, precisa il significato dei vari interventi edilizi, esamina contenuti, princìpi e procedure inerenti al regolamento edilizio comunale, definisce i contributi di costruzione e le sanzioni. Il titolo II detta le norme in materia di prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici; il titolo III le norme in materia di edificazione nelle aree destinate all’agricoltura. Il titolo IV regolamenta le attività edilizie specifiche. In riferimento al recupero abitativo dei sottotetti esistenti la legge sancisce finalità e presupposti, definisce il significato di “sottotetto esistente”, detta la disciplina d’intervento e gli ambiti di esclusione. Nel titolo sono contenute le norme inerenti alla realizzazione dei parcheggi, riguardanti localizzazione e il rapporto di pertinenza, la disciplina degli interventi, l’utilizzo del patrimonio culturale e le norme riguardanti gli edifici di culto. Il titolo V contiene le norme relative ai beni paesaggistici, in riferimento agli strumenti urbanistici, il titolo VI i procedimenti speciali e le dicipline di settore. B.U.R.L 1° Suppl. Straordinario al n. 52 del 29 dicembre 2005 D.c.r. 22 novembre 2005 – n. VIII/74 Piano territoriale di coordinamento del Parco naturale dell’Adamello ai sensi dell’Art. 4 della L.R. 1 dicembre 2003, n. 23 Il consiglio regionale della Lombardia delibera di approvare il piano territoriale di coordinamento del Parco naturale dell’Adamello costituito dalle norme tecniche di attuazione, la planimetria generale (azzonamento), la planimetria generale con i siti di importanza comunitaria. B.U.R.L 2° Suppl. Straordinario al n. 52 del 31 dicembre 2005 L.R. 28 dicembre 2005 – n. 21 Istituzione del Parco naturale del Bosco delle Querce
B.U.R.L 2° Suppl. Straordinario al n. 3 del 17 gennaio 2006 D.g.r. 22 dicembre 2005 – n. 8/1526 Approvazione del “Piano Regionale Amianto Lombardia” (PRAL) di cui alla L.R. 29 settembre 2003, n. 17 La Giunta Regionale delibera di approvare il documento “Piano Regionale Amianto Lombardia” (PRAL) previsto dalla L.R. 29 settembre 2003, n. 17. Il Decreto demanda al Direttore Generale della Direzione Sanità l’individuazione della composizione del Nucleo amianto. Sono inoltre assegnate risorse per realizzare gli obiettivi previsti dal PRAL previa verifica della disponibilità sui bilanci annuali e pluriennali. C. O.
Stampa Ambiente Infrazioni UE, in testa ambiente e appalti (da “Il Sole 24 Ore” del 2.3.06) Il maggior numero d’infrazioni al diritto comunitario si concentra nelle materie dell’ambiente e degli appalti, oltre che dell’economia e delle finanze, secondo la relazione del Ministro per le politiche comunitari.
costruttori sono coinvolti. La tassa scatta sui bandi pubblicati dopo il 20 febbraio.
a dare all’amministrazione gli elementi per valutare la compatibilità dell’intervento con i valori paesaggistici tutelati dal vincolo.
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Beni culturali Beni culturali, la metà è a rischio (da “Italia Oggi” del 1.2.06) Il patrimonio archeologico noto è meno del 5% di quello complessivamente esistente; solo l’1% è sottoposto a vincoli ufficiali e il 50% è a rischio distruzione e furto: è il quadro fornito dal Sit per la gestione integrata dei beni archeologici, messo a punto dal laboratorio di topografia antica del CNR e dall’Università di Lecce. Lavori pubblici Lavori sotto i 100 mila euro a prova di concorrenza (da “Il Sole 24 Ore” del 2.02.06) L’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici lancia l’operazione trasparenza per i piccoli incarichi di progettazione. Anche gli affidamenti dei servizi di ingegneria sotto i 100 mila euro devono seguire alcune regole che avvicinano la procedura a una vera e propria gara. Nella Legge Comunitaria 62/2005 è inserito l’obbligo di rispettare i princìpi europei a garanzia della concorrenza. Norme tecniche Impatto ambientale, guida per il Sia (da “Edilizia e Territorio” del 16-21.1.06) Una guida alla redazione degli Studi di impatto ambientale, completa di requisiti specifici e di modelli matematici, è contenuta in otto norme pubblicate dall’Uni.
Appalti
Paesaggio
Gare, l’Autorità presenta il conto. Alle stazioni appaltanti chiesti contributi dai 100 ai 500 euro (da “Il Sole 24 Ore” del 30.1-4.2.06) L’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici ha sciolto la riserva e ha fissato le caratteristiche della tassa sulle gare: le società di attestazione dovranno sborsare ogni anno il 2,5% del proprio fatturato per sostenere l’Autorità. Per le amministrazioni le quote vanno da un minimo di 5 euro, per le gare di importo inferiore ai 150 mila euro, a un massimo di 500 per quelle oltre la soglia di dei 5 milioni. Anche i
Diventa obbligatorio presentare il documento per gli interventi in aree vincolate (da “Edilizia e Territorio” del 6-11.2.06) Dal 31 luglio prossimo per intervenire in un’area paesaggisticamente vincolata, si dovrà fare ricorso alle simulazioni digitali e sarà obbligatoria la relazione paesaggistica. Questo materiale sarà allegato alla domanda per ottenere il benestare delle Regioni o degli enti locali delegati. Il documento si comporrà di due parti: una prima descrittiva dello stato dei luoghi e del progetto da realizzare; una seconda che serve
Recupero Per il recupero dei sottotetti futuri, il freno arriva dai Comuni (da “Edilizia e Territorio – Commenti e Norme” n. 3 del 23-28.1.06) Con la L.R. 20/2005 la Regione Lombardia ha ripristinato, dopo un anno di confusione e di massiccio contenzioso, un quadro normativo organico in materia di recupero a uso abitativo dei sottotetti. Il provvedimento modifica gli Artt. 63, 64, e 65 della L.R. 12/2005 ampliando i poteri alle amministrazioni comunali. Gli enti comunali hanno tre strumenti per limitare le iniziative: la delibera di esclusione di zone o tipologie, l’obbligo degli spazi per i parcheggi e l’aumento del contributo di costruzione. Devono altresì cominciare a istituire le commissioni per il paesaggio e dettare le regole per valutare i recuperi sotto il profilo estetico. Urbanistica Lombardia, linee guida per il territorio (da “Edilizia e Territorio” del 6-11.2/06) Arrivano i criteri attuativi della Legge 12/2005 per il governo del territorio. Le modalità per la pianificazione giungono quando diverse amministrazioni hanno già cominciato a elaborare il piano di governo del territorio. La Legge 12/2005 prevede che le linee guida siano precedute dalla formazione di un’autorità per la programmazione territoriale ancora nominare. Dalla Regione arriva il suggerimento di adottare i tre atti contestualmente approvandoli in modo unitario. Legge 12/2005: in Lombardia chi possiede un suolo avrà la possibilità di vendere i mc in eccesso (da “Il Sole 24 Ore” del 11.2.06) Milano prepara un mercato per la compravendita dei diritti edificatori. La Camera di Commercio ha in cantiere una Borsa immobiliare dove scambiare i diritti connessi alla perequazione urbanistica del territorio del Comune. Un mercato da “inventare”, il cui obiettivo è lo scambio dei diritti volumetrici per la costruzione di abitazioni, servizi e infrastrutture secondo la L.R. 12/2005. M. O.
PROFESSIONE STRUMENTI
L’Art. 1 istituisce il parco naturale del Bosco delle Querce proponendo le finalità del parco. L’Art. 2 affida al Comune di Seveso, in convenzione con il Comune di Meda, la gestione del parco.
INFORMAZIONE DAGLI ORDINI
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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it
Brescia ALUprogetto a Metef 2006 Tra le tante novità in serbo per la prossima edizione di Metef (la rassegna internazionale dedicata agli impianti, alle macchine e alle tecnologie dell’alluminio, organizzata da Edimet dal 17 al 20 maggio 2006 presso il Centro Fiera del Garda di Montichiari, Brescia) si segnala ALUprogetto, uno speciale contenitore culturale-informativo che vuole richiamare l’attenzione degli studi di progettazione dimostrando le potenzialità dell’alluminio in ambito strutturale. Tre gli eventi che caratterizzeranno ALUprogetto. Un concorso, bandito da Edimet con il patrocinio di prestigiosi enti e associazioni (quali ANCE – Associazione Nazionale Costruttori Edili, Assomet Associazione Nazionale Industrie Metalli non Ferrosi, Politecnico di Milano – Facoltà del Design e BEST – Building Environment, Science & Technology, IED – Istituto Europeo del Design, Uncsaal – Unione Nazionale Costruttori Serramenti Alluminio Acciaio e Leghe, IASS International Association for Shell and Spatial Structures), che si propone di decretare la migliore opera caratterizzata da una struttura in alluminio (in tutto o in parte prevalente) per ognuna delle seguenti sezioni: ponti e passerelle; strutture civili e industriali (edifici, capannoni, hangar, scale, piattaforme, involucri di facciata autoportanti); strutture mobili per usi temporanei; elementi di arredo urbano con valenza strutturale. Un forum, che presenterà alcuni case histories significativi e capaci di dimostrare concretamente come utilizzare in modo corretto e razionale l’alluminio per le applicazioni strutturali. Infine, una mostra iconografica, che proporrà al pubblico le opere vincenti e quelle menzionate, successivamente raccolte in una pubblicazione monografica che sarà diffusa fra gli operatori del settore, le imprese di costruzioni e le organizzazioni professionali italiane ed estere. L’iniziativa ha raccolto consensi e gradimento da parte di operatori e progettisti, soprattutto esteri: proprio oggi la giuria incaricata di valutare i numerosi
progetti pervenuti si è riunita per decretare i vincitori. La premiazione ufficiale si svolgerà in occasione del Metef. Federica Zaccaria
Cremona Nelle precedenti riunioni del Consiglio Direttivo dell’Ordine, oltre all’attività di ordinaria amministrazione, si è affrontato un tema molto importante che riguarda tutti gli iscritti: la quota annuale. Questo argomento, apparentemente legato alla mera gestione economica, riveste per il nostro piccolo Ordine un’importanza fondamentale per la propria sopravvivenza. Infatti, con l’attuale regolamentazione nuove problematiche sono emerse all’orizzonte: dal numero dei componenti il Consiglio, passati da 7 a 11, all’esigenza di garantire nuovi e più completi servizi, dall’aumento delle competenze assegnateci, alla necessità di ampliare gli spazi logistici all’interno della struttura ospitante le professioni, al considerevole incremento delle ore dedicate dall’impiegata alla segreteria dell’Ordine. Tutto ciò, unito alla volontà di incidere fattivamente alla riqualificazione della professione di Architetto, ha determinato un considerevole aumento dei costi. Il nostro Ordine non vuole gravare ulteriormente sull’importo della quota associativa, ma le risultanze di bilancio non ci permettono di operare diversamente. Sulla base delle considerazioni sopra esposte si è deliberato di ritoccare in aumento l’importo associativo con un distinguo: chi ha aderito o aderisce alla posta elettronica “newsletter”, contribuendo al notevole risparmio delle spese d’invio e del tempo necessario alla spedizione, avrà diritto ad uno sconto pari all’aumento previsto per l’anno in corso, garantendosi altresì la rapidità d’informazione. Per tanto si invitano tutti gli iscritti ad aderire alla “newsletter” inviando il proprio indirizzo di posta elettronica all’Ordine, in modo da favorire la comunicazione e l’informazione. Per specifiche informazioni, consultate il nostro sito www.architetticr.it. Fiorenzo Lodi
Milano
a cura di Laura Truzzi Designazioni • INFRASTRUTTURE LOMBARDE SPA: richiesta di un rappresentante per integrazione di candidati alla nomina di commissario della Commissione Giudicatrice “Appalto integrato mediante licitazione privata per l’affidamento della progettazione esecutiva e dei lavori di realizzazione dell’Altra Sede della Regione Lombardia”. Il Consiglio dell’Ordine ha nominato: Emilo PIZZI. • Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Milano: richiesta di nominativi per il Comitato Tecnico per l’aggiornamento degli Usi provinciali nel settore immobiliare. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Sergio AGAPE (membro effettivo), Ippolito CALCAGNINI ESTENSE (membro supplente).
Monza e della Brianza Nella riunione del 16 febbraio 2006 si è insediato il nuovo Consiglio dell’Ordine di Monza e della Brianza che ha proceduto alla elezione per le cariche previste dal DPR 8.7.2005 n. 169 e DLL 23.11.44 n. 382. Il nuovo Consiglio risulta così composto: SEMOLI Biancalisa, Presidente CAPROTTI Massimo, Vice Presidente PORATELLI Alberto, Vice Presidente CICARDI Pietro Giovanni, Segretario VAGHI Paolo, Tesoriere DUGNANI Angelo, Consigliere FODRI Ezio, Consigliere MALOSIO Clara, Consigliere MERATI Maria Rosa, Consigliere MOLTENI Fabiola, Consigliere OLTOLINI Roberta, Consigliere PELLA Federico, Consigliere PEREGO Giovanna, Consigliere REDAELLI Francesco, Consigliere REPISHTI Francesco, Consigliere
Tra i vari compiti della Consulta Lombarda degli Architetti vi è quello della promozione della professione, promozione che assume importanza rilevante se rivolta ai giovani architetti, che più degli altri necessitano di attenzione da parte dei colleghi che per motivi anagrafici non rientrano negli “under 40”. Per questo il consiglio Direttivo della Consulta ha accolto favorevolmente la proposta scaturita dalla Commissione giovani per un concorso rivolto agli architetti “under 40”. Il concorso, diviso in due fasi, prevedeva, nella prima, una selezione delle opere effettuata da apposite commissioni degli Ordini provinciali, che dovevano inviare i progetti selezionati presso la Consulta per la fase di selezione conclusiva. Le 86 opere preselezionate sono state valutate da una commissione giudicatrice nominata dal Comitato Scientifico promotore del concorso, composta da Mario Botta, Luigi Chiara ed Enrico Freyrie, che con grande interesse ed attenzione hanno selezionato le tre opere più meritevoli attribuendo tra l’altro nove menzioni. I progetti presentati sono ora a disposizione di tutti gli Ordini provinciali per una mostra itinerante che, secondo l’intenzione del Direttivo della Consulta dovrà avere un riscontro positivo di immagine, non unicamente per coloro che hanno partecipato al concorso, ma per tutta la categoria, in quanto segno della potenzialità creativa degli architetti lombardi. Per attribuire maggior visibilità i progetti verranno pubblicati in un volume appositamente realizzato e che sarà distribuito attraverso gli Ordini in tutte le province lombarde. È superfluo esprimere la soddisfazione dei Consigli Lombardi per tale iniziativa che tra l’altro la Consulta ha intenzione di ripetere negli anni futuri. Senza dubbio le modalità concorsuali dovranno essere affinate indicando e dividendo in due sezioni le opere realizzate da quelle solo progettate. Si auspica inoltre una maggior partecipazione dei giovani architetti, che forse non hanno prestato sufficientemente attenzione alle opportunità offerte dal concorso. Anche a nome del Direttivo della Consulta voglio ringraziare particolarmente le persone che in vario modo hanno collaborato all’iniziativa ed in particolare Valeria Bottelli, Emanuele Brazzelli e Laura Gianetti (giovani architetti) che con passione e competenza hanno permesso il buon risultato finale. Beppe Rossi Presidente della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti
Nuove proposte di Architettura under 40 Gli Ordini degli architetti lombardi hanno mediamente quasi metà degli iscritti under 40; si tratta quindi di una popolazione di circa 10.000 architetti che operano sul territorio lombardo il cui lavoro fatica ad emergere e a trovare luoghi e modalità di presentazione al pubblico. È stato quindi con la finalità di promuovere il lavoro più significativo dei giovani architetti lombardi presso le istituzioni, gli iscritti e il pubblico, che la Consulta Lombarda degli Architetti, sulla base dell’esperienza di “Prospettive di Architettura”, un premio/concorso interprovinciale Varese e Como bandito negli anni passati, ha deciso di organizzare la prima edizione del Premio Regionale Lombardo di Architettura under 40 sulla base dalla significativa esperienza del Premio interprovinciale ”Prospettive di Architettura” organizzato dagli Ordini di Varese e Como. L’obiettivo della Consulta è che questo evento, da replicare auspicabilmente con cadenza biennale, contribuisca ad innescare un
processo virtuoso di diffusione, anche presso un pubblico non specializzato, di esperienze progettuali prodotte dai giovani iscritti lombardi, permettendo di affrontare in ambito regionale il tema della comunicazione, della rilevanza e della competenza del lavoro dei giovani architetti. I progetti inviati alla selezione regionale saranno infatti presentati in una mostra itinerante per tutti i capoluoghi lombardi e in un catalogo al quale il Comitato Scientifico sta attualmente lavorando. La partecipazione alla Rassegna era aperta a tutti gli iscritti giovani degli ordini di appartenenza con progetti di architettura alle varie scale di intervento, sia realizzati che solo progettati. Le commissioni giudicatrici provinciali hanno operato una prima selezione, inviando alla Consulta i lavori rappresentativi, che sono stati poi valutati dalla commissione giudicatrice regionale composta da Mario Botta, Luigi Chiara e Enrico Freyrie nei primi giorni di febbraio. Complessivamente sono giunti agli ordini 86 progetti, un numero di partecipanti forse inferiore alle aspettative ma comunque incoraggiante per il prosieguo dell’iniziativa in futuro. Ringraziamo infatti tutti i colleghi che hanno creduto in questa iniziativa, proponendo progetti rappresentativi della propria poetica ed aprendosi al confronto e al dibattito con i colleghi, con gli enti e le istituzioni. Dobbiamo infatti credere nel confronto, unico strumento utile per dilatare lo spazio dedicato alla cultura di progetto, alla qualità e all’accesso dei giovani preparati alla professione e speriamo che questa esperienza cresca, anche nel numero di partecipanti, nelle prossime selezioni. La commissione giudicatrice, dopo un’attenta visione degli elaborati esposti nei locali dell’Ordine degli Architetti in via Solferino a Milano, e delle relative relazioni, ha stilato una graduatoria, evidenziando il lavoro di tre gruppi di progettazione e proponendone per la menzione altri nove. Primo classificato “Ampliamento del cimitero di Berbenno di Valtellina (So)”, studio LFL Piero Luconi, Laura Luconi, Sergio Fumagalli, Alessandra Manzoni, Giovanni Sacchi, iscritti all’Ordine di Lecco e il designer Dario Mario Zappa. Il nuovo intervento offre grande qualità architettonica e paesaggistica. Nella chiara definizione della ricucitura del recinto cimiteriale il nuovo limite ben dialoga e contrasta con l’andamento orografico. Di grande rilevanza la scelta espressiva dei materiali: elementi in pietra e parti aggettanti in calcestruzzo a vista. Chiara la divisione tra i camminamenti pubblici e le aree servite proprie del cimitero. L’ampliamento del sedime cimiteriale è l’occasione per la creazione di un nuovo paeaggio che dialoga con le preesistenze ambientali. Secondo classificato “Restauro e valorizzazione dell’ex monastero di San Giovanni per la creazione di un antiquarium in località Castelseprio (Va)”, Stefania Guiducci e Marzio Mercandelli iscritti all’Ordine di Sondrio. L’intervento, nella limitatezza delle risorse, ricompone la volumetria interpretando la cultura materiale dell’edificio preesistente integrandolo con elementi espressivamente e matericamente definiti. È un buon esempio di riuso dove la memoria interviene come struttura di dialogo con il linguaggio del presente, recuperando alla contemporaneità un volume disadorno. Terzo classificato “Casa del farmacista” in località Borghetto di Borbera (Al), Massimo Curzi iscritto all’Ordine di Pavia. Per la correttezza dell’impianto architettonico che alterna volumi puri per gli elementi serviti a scatole di legno per gli elementi di servizio. Sobrietà nel linuaggio utilizzato e linearità nell’impianto tipologico creano un intervento in sintonia con la forma del lotto. La commissione ha inoltre selezionato i seguenti progetti: • casa ST a Barlassina: Enrico Molteni e Andrea Liverani, iscritti all’Ordine di Milano;
45 INFORMAZIONE DALLA CONSULTA
Prima edizione della Rassegna lombarda di Architettura under 40
3
46
• casa Linder a Gentilino (Svizzera): architetto Monique Paola von Allmen, iscritta all’Ordine di Milano; • sala polivalente per la Mission Catholique a Mombasa (Congo): Francesco Marmo, iscritto all’Ordine di Milano; • Europan 7, progetto di un quartiere residenziale a Nea IoniaMagnesia (Grecia): Francesco Federico Menegatti, iscritto all’Ordine di Milano; • concorso per la progettazione del nuovo plesso scolastico con palestra, auditorium e mensa ad Altavilla Vicentina (Vi): Domenico Chizzoniti, iscritto all’Ordine di Milano; • appartamento a Milano: architetto Laura Bettinelli, iscritta all’Ordine di Bergamo; • edificio commerciale-direzionale ad Albino (Bg): architetto Francesco Adobati, iscritto all’Ordine di Bergamo; • concorso per la progettazione della nuova sede del polo scolastico comunale del comune di Felino (Pr): Massimo Colosio, Omar Dellapicca, Lodovico Reguitti, Loris Scaroni iscritti all’Ordine di Brescia; • progetto della cascina San Daniele a Somaglia (Lo): Samuele Frosio, iscritto all’Ordine di Lodi.
2° classificato: Stefania Guiducci e Marzio Mercandelli, Restauro e valorizzazione dell’ex monastero di San Giovanni per la creazione di un antiquarium in località Castelseprio (Va). Vedute dell’intervento e piante. (foto 5-10) 5
Valeria Bottelli e Emanuele Brazzelli 1° classificato: Studio lfl (Piero Luconi, Laura Luconi, Sergio Fumagalli, Alessandra Manzoni, Giovanni Sacchi), Ampliamento del cimitero di Berbenno di Valtellina (So). Vedute del complesso e disegni preparatori. (foto 1-4) 1
2
6
4
7
3° classificato: Massimo Curzi, “Casa del farmacista” in località Borghetto di Borbera (Al). Vedute dell’edificio, pianta e sezione trasversale. (foto 11-15) 11
INFORMAZIONE DALLA CONSULTA
47 12
8
13
14
15
9
10
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969
Base dell'indice-novembre 1969:100
Anno 2003
Giugno
2004 2005 2006
48
Maggio
Luglio
1513,16 1514,42 1544,56 1548,32 1570 1570.93 1573,44
Agosto Settembre Ottobre Novembre 1520 1518,19 1520,70 1524,46 1525,72 1529,49 1550 1549,58 1552,09 1552,09 1552,09 1555,86 1580 1577,21 1579,72 1580,97 1583,48 1583,48
Dicembre 1529,48
G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
1555,86 1586
1589,76
Tariffa stati di consistenza (in vigore dal dicembre 1982)
anno 1982: base 100
Anno 2004 2005
INDICI E TASSI
Gennaio Febbraio Marzo Aprile 1500 1510 1501,86 1504,37 1509,40 1511,91 1530 1540 1532,00 1537,02 1538,28 1542,04 1560 1555,86 1560,88 1563,39 1568,42
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10%. Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato)
Gennaio 260 264,74
Febbraio Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre Ottobre
Novembre Dicembre
265,61
266,48
266,91
267,56
267,78
268,21
268,21
268,21
268,86
268,86
268,86
269,73
271,03
271,47
271,90
272,55
272,99
273,20
273,64
273,64
274,07
265,82 270 270,17
2006
274,72 n.b. I valori da applicare sono quelli in neretto nella parte superiore delle celle
Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno 2004 2005 2006
Gennaio 117,08 118,90 121,49
Febbraio Marzo 117,46 117,56 119,28 119,48
Aprile 117,85 119,86
anno 1995: base 100 Maggio 118,04 120,05
Giugno 118,33 120,24
Luglio 118,42 120,53
Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)
anno 2000: base 100
Anno 2004 2005 2006
Giugno 108,73 110,49
Gennaio 107,58 109,25 111,64
Febbraio Marzo 107,93 108,02 109,61 109,78
Aprile 108,28 110,14
Maggio 108,46 110,31
Luglio 108,81 110,75
Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)
anno 1999: base 100
Anno 2004 2005 2006
Giugno 113,95 115,80
Gennaio 112,75 114,51 117,00
Febbraio Marzo 113,12 113,21 114,87 115,06
Aprile 113,49 115,43
Maggio 113,67 115,61
Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
2001 103,07
2003 108,23
2004 110,40
1997 108,33
1998 110,08
1999 111,52
2000 113,89
1998 101,81
Agosto 108,99 110,93
1999 103,04
2000 105,51
2001 117,39
2002 111,12
Settembre Ottobre 108,99 108,99 111,02 111,19
Novembre Dicembre 109,25 109,25 111,19 111,37
Settembre Ottobre 114,23 114,23 116,35 116,54
Novembre Dicembre 114,51 114,51 116,54 116,72
gennaio 2001: 110,50 2006 114,57 novembre 1995: 110,60 2002 120,07
2003 123,27
2003 113,87
2004 116,34
anno 1997: base 100 2001 108,65
Novembre Dicembre 118,90 118,90 121,01 121,20
gennaio 1999: 108,20 Agosto 114,23 116,26
anno 1995: base 100
Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
2005 112,12
Settembre Ottobre 118,61 118,61 120,82 121,01
dicembre 2000: 113,40
anno 2001: base 100
2002 105,42
Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
Luglio 114,04 116,08
giugno 1996: 104,20 Agosto 118,61 120,72
2004 125,74
2005 127,70
2006 130,48
febbraio 1997: 105,20 2005 118,15
Tariffa P.P.A. (si tralascia questo indice in quanto non più applicato)
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa. Provv. della Banca d’Italia (G.U. 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 4,50% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 4,75% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 4,50% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 4,25% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 3,75% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 3,25% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 2,75% Provv. della Banca d'Italia (G.U. 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 2,50% Provv. della Banca d'Italia (G.U. 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003 2,00% Con riferimento all’art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.
Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003
3,35% +7 2,85% +7
Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) dal 1.7.2003 al 31.12.2003
2,10% +7
Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11) dal 1.1.2004 al 30.6.2004
2,02% +7
10,35% 9,85%
Comunicato (G.U. 9.7.2004 n° 159) dal 1.7.2004 al 31.12.2004 dal 1.1.2005 al 30.6.2005
9,10%
Per valori precedenti consultare il sito internet del proprio Ordine.
2,09% +7
Comunicato (G.U. 28.7.2005 n° 174) dal 1.7.2005 al 31.12.2005
9,02%
2,01% +7
Comunicato (G.U. 8.1.2005 n° 5)
2,05% +7
Comunicato (G.U. 13.1.2006 n° 10) dal 1.1.2006 al 30.6.2006
2,25% +7
9,01% 9,09% 9,05% 9,25%
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla diiplina delle locazioni di immobili urbani. 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’Art. 1 della Legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’Art. 24 della Legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’Art. 1 della Legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’Art. 24 della Legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove). Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.
Indici 2005
Indice cronologico 2005
AL 1/2 Giovani architetti
AL 3 Direzione dei lavori
Stefano Castiglioni, Editoriale, p. 3 Carlo Calderan, La mia esperienza all’estero, p. 4 Mauricio Cardenas Laverde, A Parigi presso lo studio Piano, pp. 6-7 Luca Molinari, Giovani architetti crescono, pp. 7-11 Marco Mulazzani, Almanacco Casabella dell’Architettura Italiana: 1998-2004, pp. 11-12 Maurizio Carones, Tre domande a... Franco Purini, p. 13 Matteo Calvi, Giovani architetti, pp. 14-15 Roberta Alghisi e Gianni Senco, Gruppo Giovani Architetti della Provincia di Brescia, p. 15-16 Roberta Fasola, Giovani Architetti: la speranza progettuale, pp. 16-17 Massimo Masotti, Diamo voce ai giovani architetti, pp. 17-18 Maria Elisabetta Ripamonti, Intervista a Davide Bergna: Utopie di un giovane architetto…, pp. 18-19 Masssimo Bentivegna, Noi giovani architetti, p. 20 Luca Negri, Senza titolo, pp. 20-21 Roberto Gamba, Giovani e professione a Milano, p. 21 Valeria Bottelli, L’Ordine degli Architetti di Milano: un Ordine giovane, pp. 21-22 Marco Brugnara, Essere oggi giovani architetti a Milano, pp. 22-23 Vittorio Prina, Giovani architetti a Pavia, pp. 23-24 Enrico Bertè, Giovani professionisti a Varese, pp. 24-25 Laura Gianetti, Prospettive di architettura, p. 25 Emanuele Brazzelli, Un premio regionale di architettura under 40, p. 26 Irina Casali, L’archivio Steiner alla Bovisa, pp. 26-27 Redazione, Primo museo del design in Italia, p. 27 Roberto Gamba, Riqualificazione funzionale dell’exsede municipale di Bollate (Mi), pp. 28-29 Roberto Gamba, Riqualificazione dell’area di piazza Garibaldi a Broni (Pv), pp. 30-31 Roberto Gamba, Riqualificazione urbana delle piazze di Mortara (Pv), pp. 31-32 Teresa Feraboli, Parcheggiare a Cremona, p. 33 Irina Casali, Il luogo e l’anima; Carlo Gandolfi, Densità concettuale e luogo geografico; Ilario Boniello, Una variabile continua; Mina Fiore, Terragni a colori; Maria Pompeiana Iarossi, Il territorio parmense; Manuela Oglialoro, La strumentazione urbanistica italiana, pp. 34-35 Vittorio Ugo, Archeologia della cultura europea; Sonia Milone, La poetica dello spazio; Igor Maglica, Portugal; Francesco Fallavollita, La lezione di un maestro; Maria Vittoria Capitanucci, Milano negli anni Trenta; Fabrizia Franco, Cerdà Perez, la fatica dissimulata, pp. 36-37 Riccardo Marletta, Tariffe per le opere pubbliche. La parola alla Consulta, pp. 38-39 Carla Icardi e Claudio Sangiorgi, Norme di riferimento per le applicazioni vetrarie in edilizia, pp. 40-41 Camillo Onorato, Leggi, p. 42 Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 42-43 Bergamo (Maria Antonietta Crippa, Imre Makovecz a Bergamo), pp. 44-45 Lodi (Antonino Negrini, La storia racconta. L’antica chiesa di Marudo, prima parte), p. 45 Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Convenzioni; Serate d’architettura), pp. 45-47 Giancarlo Ortelli, Precisazioni a proposito di Brera…, p. 47 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 48
Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Enrico Bertè, Considerazioni sul tema della direzione lavori, pp. 4-9 Marco Brandolisio, Progettazione e direzione, pp. 9-10 Emilio Pizzi, La direzione dei lavori come strumento di riappropriazione delle idee progettuali, pp. 11-12 Piero Torretta, Direzione lavori: un fatto di cronaca, pp. 12-16 Maurizio Carones, Tre domande a... Guido Canella, p. 17 Antonio Cortinovis, L’esperienza del cantiere, p. 18 Michele Pierpaoli, Direzione dei lavori (o Prova d’Orchestra?), alcuni appunti personali, pp. 18-19 Giovanni Castelli, La direzione lavori e il rapporto con le nuove norme, pp. 19-20 Antonio De Vizzi, Dai Maister al computer, pp. 20-21 Roberto Gamba, Direzione dei lavori, formazione professionale, progetto e architettura, p. 21 Claudio Conio, La formazione professionale del Direttore Lavori: una competenza in equilibrio tra il “sapere” e il “fare”, pp. 21-22 Clara Rognoni, Corso di aggiornamento del Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, p. 23 Enrico Berté, La direzione dei lavori: alcune brevi considerazioni, p. 23 Irina Casali, Allo IUAV l’archivio Trincanato, p. 24 Aldo Bottoli, Riqualificazione cromatica di Monza, p. 24 Martina Landsberger, A Chiasso un Museo dedicato a Max Huber, pp. 24-25 Irina Casali, Sottsass al Mart, p. 25 Antonio Borghi, Intervista a Julia Bolles-Wilson e Peter Wilson, pp. 26-27 Roberto Gamba, Riqualificazione dell’area urbana di Borno (Bs), pp. 28-29 Roberto Gamba, Riqualificazione urbana di cinque piazze a Lecco, pp. 29-30 Roberto Gamba, “Un nuovo centro per Milano”: riqualificazione del quartiere storico di Fiera Milano, pp. 31-32 Francesco Fallavollita, La storia “Ticosa”. Un caso urbano, Como, p. 33 Maurizio Carones, Architettura e mestiere; Martina Landsberger, Il cosa e il come del progetto; Vittorio Prina, Il montaggio cinematografico; Manuela Oglialoro, Nuova Enciclopedia dell’Arte; Irina Casali, Figure del Tempo; Mina Fiore, Percorsi di un progetto; Giovanni Iacometti, Mantova in tasca; Angelo Lorenzi, Lo sguardo di Moneo; Roberto Gamba, 4 opere di Brauen & Walchli; Francesco Fallavollita, Ri-Omaggio a Terragni; Igor Maglica, L’architettura litica, pp. 34-37 Alba Cappellieri, L’elogio dell’imperfezione; Mina Fiore, Fotografie decentrate; Vittorio Prina, Una finestra sull’anima; Sonia Milone, Il fiume della modernità; Elda Curiotto, Una scuola per il futuro, pp. 38-39 Luciano Bolzoni, Piero Portaluppi nelle valli dell’Ossola, pp. 40-43 Walter Fumagalli, Il direttore dei lavori nel testo unico dell’edilizia, pp. 44-45 Marco Gelmetti, La sicurezza nei cantieri, p. 45 Emanuele Gozzi, La progettazione antisismica negli interventi di recupero, pp. 46-47 Isabella Tiziana Steffan, Le norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche, pp. 48-49 Camillo Onorato, Leggi, p. 50 Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 51-52 Bergamo (Achille Bonardi, Mostra: Architettura e Ideologia – 1930/45), pp. 52-53 Lodi (Antonino Negrini, La storia racconta. L’antica chiesa di Marudo, seconda parte), pp. 53-54 Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Convenzioni; Serate d’architettura, Newsletter), pp. 54-55 Lodo Meneghetti, L’architettura servile, p. 55 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 56
AL 4 Arte e città
AL 5 Acqua e territorio
AL 6 Architetti e pubblicità
Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Marco Casamonti, L’architettura è un’arte, pp. 4-8 Pietro Derossi, Musei e/o arte pubblica, pp. 8-9 William Xerra, Esperienze architettonico-spaziali, p. 10 Maurizio Carones, Tre domande a... Gillo Dorfles, p. 11 Eugenio Guglielmi, L’arte e la città: riflessioni a cielo aperto, pp. 12-13 Paola Tonelli, “Brescia segnali d’arte”: luce e colore, pp.13-14 Roberta Fasola con Roberta Lietti, Arte e città: dare un senso alla molteplicità di parti singole, pp. 15-15 Massimo Masotti, Scultura e città: un’esperienza da ripetere, pp. 15-16 Maria Elisabetta Ripamonti, L’arte a Lecco, pp. 16-17 Tiziana Lorenzelli, Edificare con arte, p. 17 Luigi Trabattoni, Lo spazio in continua mutazione, pp. 18-19 Cinzia Calanca, Mantova città d’arte, pp.19-20 Roberto Gamba, Arte e città, p. 20 Roberto Pinto, Public Art (e non più scultura pubblica), p. 20 Roberto Gamba, Diesel Wall, pp. 20-21 Decio Guardigli, Arte & Architettura, p. 21 Vittorio Prina, Contaminazioni artistiche e trasformazioni urbane, pp. 21-22 Paolo Zanzi, No Città No Arte No Arte No Città, pp. 22-23 Antonio Monestiroli, Darsena: un’occasione per Milano, p. 24 Irina Casali, Una fondazione per Mario Merz, pp. 24-25 Martina Landsberger, Leon Battista Alberti teorico e architetto, p. 25 Mina Fiore, Esperimenti urbani, p. 25 Roberto Gamba, Riqualificazione del centro storico di Nave (Bs), p. 26 Roberto Gamba, Nuovo Palazzetto dello sport di Pizzighettone (Cr), p. 27 Roberto Gamba, Riqualificazione del nucleo antico di Taino (Va), pp. 28-29 Roberto Gamba, Nuovo complesso scolastico integrato ad Arsago Seprio (Va), pp. 29-30 Antonio Cortinovis, La Torre dei Venti a Bergamo, p. 31 Federico Bucci, L’angelo di Wright; Vittorio Prina, Sguardo, immaginazione, psicologia; Martina Landsberger, Costruire il vuoto; Irina Casali, Dedalo, tra simbolo e storia; Maurizio Carones, Progetto e scelta tipologica, pp. 32-33 Giulio Barazzetta, Per Albe Steiner; Stefano Cusatelli, Albers: per una grammatica del colore; Salvatore Rapisarda e Michele Romano, La Sicilia greca; Francesco Fallavollita, La descrizione di un territorio; Sonia Milone, Giacometti e la Lombardia, pp. 34-35 Claudio Camponogara e Maria Elisabetta Dulbecco, Rapporti fra architettura e arti visive in esempi milanesi, pp. 36-39 Emanuele Ratto, Decreto Legislativo 42/2004, p. 40 Walter Fumagalli, I beni culturali dei Comuni, pp. 40-41 Camillo Onorato, Leggi, pp. 42-43 Manuela Oglialoro, Stampa, p. 43 Brescia (Paola Tonelli, A proposito del progetto di restauro. Intervista a Luca Rinaldi), pp. 44-45 Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Serate d’architettura, Newsletter), pp. 45-47 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 48
Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Gianni Beltrame, Guardando scorrere l’acqua dei Navigli, pp. 4-7 Ugo Prost, Agenzia Interregionale per il Po, pp. 7-9 Andrea Tosi, Un processo di rilancio dei Navigli milanesi e pavesi, pp. 10-14 Red., Claudio Magris e l’acqua, p. 15 Sara Gilardelli (a cura di), Post-lauream, pp. 16-17 Alessandro Pellegrini, L’enigma dell’acqua, p. 18 Gianfredo Mazzotta e Fabrizio Monza, I mulini e le rogge molinare delle colline comasche, pp. 19-20 Massimo Masotti, Cremona e l’acqua nascosta, pp. 20-21 Maria Elisabetta Ripamonti, Nuovi percorsi d’acqua, pp. 21-22 Gio Gozzi, Il Lodigiano, terra di uomini e di acque, p. 22-23 Cinzia Calanca, Un’architettura d’acqua: il territorio mantovano, pp. 23-24 Paola Pozzi e Pierluigi Roccatagliata, Un masterplan per la valorizzazione del sistema dei navigli, p. 25 Vittorio Prina, Acqua e Pavia: Canàl e altre storie, pp. 25-26 Claudio Castiglioni, L’acqua nella terra dei laghi, pp. 26-27 Irina Casali, Una cittadella del cinema per Milano, p. 28 Martina Landsberger, A proposito dei “grandi progetti”, p. 28 Sonia Milone, Il nuovo sistema museale civico milanese, pp. 28-29 Paolo Rizzente, Tredicesima giornata FAI di primavera, p. 29 Sara Gilardelli, Spazio a studenti laureati, p. 29 Antonio Borghi, Intervista a Cini Boeri, pp. 30-31 Roberto Gamba, Riqualificazione di piazze dei centri storici di Magnago e Bienate (Mi), p. 32 Roberto Gamba, Sistemazione di piazza della chiesa a Meda (Mi), pp.33-35 Roberto Gamba, Sistemazione funzionale dell’oratorio San Luigi Gonzaga, Ombrano di Crema (Cr), pp. 35-36 Maria Elisabetta Ripamonti, Lecco: in città un piccolo “Louvre”, p. 37 Martina Landsberger, Arte, ordine e geometria; Carlo Gandolfi, Scultura, spazio, immaginario; Manuela Oglialoro, Percezione della città; Sara Gilardelli, Esperienze di partecipazione; Irina Casali, Ritratto di scrittore, pp. 38-39 Maria Vittoria Capitanucci, L’ingresso nella modernità; Teresa Feraboli, Tutti i colori di Sottsass; Filippo Lambertucci, Roma quanta fuit; Stefano Cusatelli, Metropoli europee a confronto; Matteo Baborsky, Decoro strutturale, pp. 40-41 Anna Chiara Cimoli, Francesco Gnecchi-Ruscone. Dieci edifici e una torre di controllo, pp. 42-45 Emanuele Ratto, Risorse idriche: la normativa, p. 46 Walter Fumagalli, L’edificazione lungo i corsi d’acqua, p. 47 Marcello Brugola, Requisiti acustici minimi passivi per gli edifici, pp. 48-49 Camillo Onorato, Leggi, pp. 50-51 Manuela Oglialoro, Stampa, p. 51 Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Borse di studio della Fondazione Rotary; Alessandro Ferrari, Serate d’Architettura; Laura Truzzi, Ticinese e Darsena: i progetti del concorso; Prime riflessioni sui criteri applicativi della nuova Legge regionale per il Governo del Territorio), pp. 52-54 Claudio Sangiorgi e Massimiliano Maria Molinari, Stare al passo coi tempi, p. 55 Antonio Ornati, I 50 anni dell’AIAS, p. 55 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 56
Stefano Castiglioni, Promozione della professione tra antiche e nuove ambiguità, p. 3 Leopoldo Freyrie, Architetti, pubblicità e competitività, p. 4 Nevio Parmeggiani, Aspetti del nuovo codice deontologico, pp. 4-9 Bruno Pedretti, Architettura progettata e architettura comunicata, pp. 9-11 Irina Casali, Architetti e spot, p. 10 Maurizio Carones, Tre domande a... Jacopo Gardella, p. 12 Sara Gilardelli (a cura di), La pubblicità nella deontologia professionale, p. 15 Alfredo Verzeri, Pubblicità fra cultura e In-Formazione, p. 16 Roberta Fasola, Pubblicità: quale forme adottare per farsi conoscere…, pp. 16-17 Maria Elisabetta Ripamonti, Concorsi: una grande occasione di crescita e promozione, pp. 17-19 Francesca Musa, Lavorare per la qualità della vita, pp. 19-20 Gianmario Andreani, Libri, p. 20 Cristina Della Bella, Quando il virtuale diventa risorsa, pp. 20-21 Marco Bosi, Conquistare, non accaparrare, pp. 21-22 Giorgio Faccincani, Tra promozione ed etica, pp. 22-23 Martina Landsberger, L’impegno di Antonio Acuto, p. 24 Martina Landsberger, Sulle tracce di Louis Kahn, pp. 24-25 Irina Casali, Arte metropolitana, p. 25 Irina Casali, Milano città aperta, pp. 25-26 Manuela Oglialoro, Riapre la Pinacoteca del Castello, p. 26 Martina Landsberger, Il RIBA premia Frei Otto, pp. 26-27 Michele Caja, I laboratori della Scala, p. 27 Roberto Gamba, Nuova autorimessa comunale a Brienno (Co), pp. 28-29 Roberto Gamba, Riqualificazione della piazza S. Stefano di Somma Lombardo (Va), pp.29-30 Roberto Gamba, Centro socio-ricreativo a Olgiate Molgora (Lc), pp. 30-32 Laura Truzzi, L’inaugurazione del Nuovo Polo Fiera Milano, p. 33 Ilario Boniello, Architettura e architetture; Francesca Floridia, La basilica di San Lorenzo a Milano; Martina Landsberger, Storia e tipologia; Alberta Bergomi, Poesia dell’Urbe; Irina Casali, Venezia città dell’anima, pp. 34-35 Martina Landsberger, La civiltà della villa; Vittorio Prina, Quelle magiche eccezioni; Filippo Lambertucci, G&I: paesaggio con figure; Mina Fiore, La seduzione degli oggetti; Sonia Milone, A occhi nudi, pp. 36-37 Walter Fumagalli, Promuovere va bene, ma attenti alle norme deontologiche, pp. 38-39 Claudio Sangiorgi, Coordinamento per la sicurezza nei cantieri. Appunti sul quadro normativo di riferimento, pp. 40-41 Camillo Onorato, Legge, p. 42 Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 42-43 Lodi (Haas: dagli USA i trompe l’oeil “extralarge”. International Trompe l’oeil Festival, terza edizione); Mantova (Carmen Santi, Costruire a Mantova); Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Serate d’Architettura), pp. 44-47 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 48
AL 7 L.R. 12/2005
AL 8/9
Stefano Castiglioni, L.R. 12/2005 – Un avvio applicativo non senza difficoltà, p. 3 Commissione Urbanistica della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, Legge per il Governo del Territorio, L.R. 12/2005. Analisi e valutazioni sulla struttura della Legge, pp. 4-11 Fernando De Francesco, “Oh guarda, un urbanista!”, p. 12 Paola Tonelli, La nuova Legge urbanistica a Brescia, pp. 12-13 Gianfredo Mazzotta, La redazione del nuovo P.R.G. di Erba. Analisi ecologica e riconoscimento degli elementi patrimoniali del territorio, pp. 13-15 Silvano Cavalieri, A proposito della Legge 12/2005, pp. 15-16 Mario Gazzoli, Il parere di un “urbanista sul campo”, p. 16 Michele de Crecchio, Il parere di un “urbanista condotto”, pp. 16-17 Elio Mauri, Dal Piano Regolatore Generale al Piano di Governo del Territorio, pp. 17-18 Francesco Cappa, Le prospettive della Legge, pp. 18-19 Giancarlo Bianchi Janetti, Revisione e interpretazione della strumentazione urbanistica, p. 20 Pietro Mezzi, Una legge che non guarda lontano, pp. 20-21 Marco Engel, Gli Ordini per la promozione delle esperienze della pianificazione, p. 21 Federico Oliva, La nuova Legge Lombarda, pp. 21-22 Giovanni Vanoi, Legge per il governo del territorio della Regione Lombardia, pp. 22-23 Claudio Scillieri, Considerazioni generali sulla Legge Lombarda, pp. 23-25 Irina Casali, Premio al deserto, p. 26 Martina Landsberger, Non solo Palladio, pp. 26-27 Martina Landsberger, Festa per l’Architettura alla Triennale, p. 27 Irina Casali, In onda l’Era Urbana, pp. 27-28 Irina Casali, Luci sull’Anas, p. 28 Martina Landsberger, Milano: città alla moda?, p. 29 Martina Landsberger, Umberto Eco architetto, p. 29 Roberto Gamba, Trasformazione di viale Italia in asse residenziale, Castellanza (Va), p. 30 Roberto Gamba, Proposta di intervento per l’area di San Martino, Mozzate (Co), pp. 31-32 Roberto Gamba, Milano: concorso internazionale di progettazione “Darsena”, pp. 32-33 Roberto Gamba, Complesso alberghiero a supporto del Centro congressi, Varese, pp. 33-34 Manuela Oglialoro, Alcune iniziative sulla L.R. 12/2005, p. 35 Maurizio Carones, “Costruire in montagna”; Ilario Boniello, Variazioni di uno schema; Carlo Gandolfi, Tafuri al presente; Sonia Milone, Progettare? Un complotto omerico; Irina Casali, Polis, eros e poiesis, pp. 36-37 Francesco Fallavollita, Architettura e pittura a Como; Maria Teresa Feraboli, Una “casa per tutti”; Stefano Cusatelli, Il racconto del drago; Sonia Milone, Alice nel paese dell’arte; Enrico Freyrie, Un “over 50” ed i “giovani d’oggi”, pp. 38-39 Walter Fumagalli, Dialogo sui sottotetti, pp. 40-41 Mario Abate, La corretta manutenzione degli estintori antincendio, pp. 42-43 Camillo Onorato, Legge, p. 44 Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 44-45 Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Legge n. 62 del 18.4.2005, Convenzioni, Serate d’Architettura), pp. 46-47 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 48
Stefano Castiglioni, Il parto della montagna…, p. 3 Antonio Cortinovis, Gabrio Rossi (a cura di), Le attività svolte dal Consiglio dell’Ordine (giugno 2004 – maggio 2005), pp. 4-8 Laura Dalè, Paola Tonelli (a cura di), L’attività dell’Ordine nel 2004, pp. 8-11 Roberto Fasola (a cura di), Eventi svolti nel periodo maggio 2004 – maggio 2005, pp. 11-14 Ferruccio Favaron, Tempo di bilanci, pp. 15-16 Vincenzo Puglielli, Attività dell’Ordine, pp. 16-17 Sergio Cavalieri, Iniziative passate e future, pp. 17-18 Daniela Volpi, Dall’Ordine: un anno di efficienza con l’attenzione ai grandi mutamenti legislativi, pp. 18-21 Roberto Gamba, Dalla Fondazione: un anno di iniziative formative e culturali, pp. 21-22 Aldo Lorini, Due incontri presso l’Ordine, pp. 22-24 Enrico Scaramellini, Uno sguardo sull’attività del 20042005, pp. 24-27 Claudio Castiglioni, Varese, 2004 - 2005, p. 27 Susanna Bortolotto, CCVBC, Politecnico di Milano, p. 28 Carlo Gandolfi, Testimoni, attori e racconto, p. 28 Sara Gilardelli, Artisti in villa, p. 28 Martina Landsberger, Festival del Libro d’Arte a Bologna, pp. 28-29 Martina Landsberger, Festivaletteratura a Mantova, p. 29 Michele Caja, Parma: Festival dell’Architettura, p. 29 Irina Casali, Oltre i cinque sensi, p. 29 Antonio Borghi (a cura di), Intervista a Giacomo Vaciago, pp. 30-31 Roberto Gamba (a cura di), Riqualificazione di piazza Garibaldi a Cantù (Co), pp. 32-33 Roberto Gamba (a cura di), Lecco: concorso di idee per l’area “ex – Piccola velocità”, pp. 33-35 Roberto Gamba (a cura di), Riqualificazione aree storiche di Cormano (Mi), pp. 35-36 Enrico Bertè, Avanti alle quinte, p. 37 Irina Casali, Tempo penultimo; Martina Landsberger, Per un’architettura “decorosa”; Carlo Ravagnati, Margini dell’architettura; Giulio Barazzetta, Percorrendo gli States; Vincenzo Donato, L’urbanistica di d’Angiolini; pp. 38-39 Maria Teresa Feraboli, Il verde sopra il grigio; Fabrizio Vanzan, I libri di Le Corbusier; Stefano Cusatelli, Architettura fino al mobile; Alba Cappellieri, Mendini: il calligrafo dell’anima; Filippo Lambertucci, Ragionare con l’architettura; Carlo Gandolfi, Il volo sulle città; Alessandra Moro, I disegni di Aldo Rossi; Sonia Milone, Le mille e una architettura; Maurizio Carones, Solide instabilità, pp. 40-43 Luciano Bolzoni, Carlo Mollino: un itinerario lombardo, pp. 44-47 Paolo Asti, Il top – lighting, ovvero benefici e malefici dell’illuminazione naturale zenitale, pp. 50-51 Camillo Onorato, Legge, p. 52 Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 52-53 Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Incontri) pp. 54-55 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 56
AL 10 Linee Guida per la Città dei Servizi
AL 11 Architettura della religione
AL 12 Luoghi del lavoro
Davide Boni, Presentazione, p. 3 Stefano Castiglioni, Piano dei Servizi, p. 5 Giulia Rota, Perché è fondamentale occuparsi dei Servizi? Presentazione del manuale: “Il Piano dei Servizi: Linee Guida alla redazione”, pp. 6-7 Gian Angelo Bravo, Il sistema del verde: connessione tra il territorio rurale e la città, p. 7 Anna Rossi, Spazi aperti, verde e paesaggio per la qualità dell’abitare, pp. 7-8 Marco Prusicki, Le linee guida per “la valorizzazione delle aree verdi”, pp. 8-9 Milano. Piano di Governo del Territorio, pp. 10-12 Cucciago (Como). Revisione del Piano Regolatore Generale, pp. 12-13 Robbiate (Lecco). Piano Regolatore Generale, pp. 14-15 Abbiategrasso (Milano). Piano dei Servizi, pp. 16-17 Cesate (Milano). Piano dei Servizi, studi preparatori, pp. 18-19 Parabiago (Milano). Piano Regolatore Scolastico Partecipato, pp. 20-21 Lazzate (Milano). Fondo Ricostruzione Infrastrutture Sociali Lombardia, pp. 22-23 Varano Brianza (Milano). Piano dei Servizi, pp. 24-25 Como. Piano dei Servizi, pp. 26-27 Lodi. Rapporto sul verde, pp. 28-29 Desenzano del Garda (Brescia). Piano dei Servizi, pp. 30-31 Mantova. Piano dei Servizi, pp. 32-33 Rozzano (Milano). Atto di indirizzo sulle politiche urbanistiche, pp. 34-35 Cremona. Piano Territoriale degli Orari, pp. 36-37 Limbiate (Milano), Piano dei Servizi, pp. 38-39 Francesco Karrer, Interventi (Tavola rotonda), pp. 40-41; 42; 43; 44; 46; 47; 48 Marianella Sclavi, I quattro livelli della progettazione urbana partecipata, pp 41-42 Manuela Ricci, Sistema della programmazione di bilancio e Piano dei Servizi, pp. 42-43 Sandra Bonfiglioli, Tempi e orari nel Piano dei Servizi, pp. 43-44 Stefano Castiglioni, A proposito della L.R. 12/2005, pp. 44-46 Marco Engel, Dallo “standard” urbanistico al Piano dei Servizi: il declino delle garanzie e le nuove opportunità, pp. 46-47 Fausto Curti, Standard fondiario e standard prestazionale, pp. 47-48
Stefano Castiglioni, L’architettura della fede, p. 3 Gianfranco Ravasi, Lo spazio sacro nella tradizione cristiana, pp. 4-6 Giuseppe Arosio, L’architettura delle chiese, pp. 6-8 Guido Morpurgo, Sinagoghe in Lombardia: qui e altrove, pp. 8-11 Rosario Pasquini, Cosa è una Moschea, pp. 11-14 Giancarlo Santi, I concorsi per le chiese nuove in Italia nel secolo XX pp. 14;16 Maurizio Carones, Tre domande a… Paolo Portoghesi, p. 15 Gabrio Rossi, Offerta formativa e informativa, p. 17 Gabrio Rossi, Nuove chiese ed adeguamenti liturgici, pp. 18-19 Paola Tonelli, Pulchra Ecclesia: rassegna di arti per lo spazio sacro, pp. 19-20 Roberta Fasola con Giuliano Signorelli, Incontro con monsignor Signorelli, pp. 20-21 Massimo Masotti, Architettura religiosa a Cremona, pp. 21-22 Maria Elisabetta Ripamonti, Spirale di fede, pp. 22-23 Giuseppe Pettinari, Chiesa vecchia e chiesa nuova, pp. 24-25 Marco Caprini, L’architettura religiosa nel mantovano, pp. 25-26 Raffaele Selleri, “Il vero tempio è formato dal raccogliersi della comunità”, pp. 26-27 Massimo Martelli, Nuova monumentalità per gli edifici di culto, p. 27 Gianfranco Poma, Obiettivi e metodo della commissione nuove chiese, p. 28 Remo Dorigati, Una chiesa ipogea: un’esperienza di architettura, pp. 28-30 Claudio Castiglioni (a cura di), “Il tempio come episodio limite dall’architettura”: riflessioni di Enrico Castiglioni, pp. 30-31 Sonia Milone, La Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano; Irina Casali, Impara l’arte…; Enrico Bertè, Le officine creative di Barasso; Luciano Bolzoni, Per un paesaggio alpino; Martina Landsberger, I 200 anni del parco di Monza; Lides Canaia, Nuovi quartieri di edilizia sociale a Milano, pp. 32-33 Antonio Borghi, Intervista a Vittorio Magnago Lampugnani, pp. 34-35 Roberto Gamba, Riqualificazione della piazza San Carlo, Casnate (Co); Un logo per i musei e le raccolte museali della Lombardia; Riqualificazione del centro storico di Mologno, Comune di Casazza, (Bg), pp. 36-40 Manuela Oglialoro, Area ex Fiera: presentazione del P.I.I., p. 41 Manuela Oglialoro, Comunicazione e ambiente; Irina Casali, Paesaggi di-versi; Martina Landsberger, Essere città; Ilario Boniello, Il tema della Biblioteca; Maurizio Carones, Per una teoria del progetto, pp. 42-43 Pisana Posocco, L. B. Alberti e Roma; Sonia Milone, Quando l’arte non è lo scopo dell’arte; Fabrizio Vanzan, L’estetica dei transiti; Maria Teresa Feraboli, Un uomo “universale”; Massimo Ferrari, Una Biennale attenta, pp. 44-45 Walter Fumagalli, Le attrezzature religiose, pp. 46-47 Massimiliano Molinari, Note sulla nozione di vincolo ambientale, pp. 48-49 Camillo Onorato, Leggi; Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 50-51 Como (Roberta Fasola con Fabio Cancelli, La sicurezza nei cantieri: un lavoro attento e responsabile); Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Serate d’Architettura), pp. 52-55 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 56
Maurizio Carones, Editoriale, p. 3 Emilio Reyneri, Il lavoro nella società dei servizi: plurale, frammentato e relazionale, p. 4 Alberto Mioni, Un bilancio sommario (con qualche riserva), pp. 5-8 Giorgio Oldrini, Sesto San Giovanni da città della fabbriche a fabbrica delle idee, pp. 8-10 Andrea Branzi, Dall’ufficio al funzonoide, pp. 10-12 Maurizio Carones, Tre domande a… Vittorio Gregotti, p. 13 Eugenio Guglielmi, I nuovi luoghi di lavoro, p. 14 Paola Tonelli, Musil: Museo dell’Industria e del Lavoro “Eugenio Battisti, p. 15 Roberta Fasola, Intervista a Giuseppe Santangelo, pp. 16-17 Virginia Tentori, La riconversione funzionale del Palazzo Falck, pp. 17-18 Gio Gozzi, La trasformazione del territorio lodigiano, pp. 18-19 Sergio Cavalieri, I luoghi del lavoro mantovano, pp. 19-20 Nadir Tarana, Aree industriali e città, p. 20 Lella Bigatti, Nuovi distretti produttivi Falck-Concordia e Breda-Cimimontubi, pp. 21-22 Boeri Studio, Tre progetti a Sesto San Giovanni, p. 22 Luciano Bravi, Le aree dismesse e lo sviluppo sostenibile della città di Pavia, p. 23 Caterina Lazzari, Lavorare nelle arti; Irina Casali, 25 anni di ISAD; Martina Landsberger, Milanocontemporanea; Concetta Montella, “Architettura, Arte e Scenografia”; Sonia Milone, Un nuovo parco per le incisioni rupestri; Elisabetta Bariola, Itinerari all’Ambrosiana, pp. 24-25 Antonio Borghi, Intervista a Enzo Mari, pp. 26-27 Roberto Gamba, Sistemazione della piazza Roma a Berbenno (Bg); La viabilità, l’arredo, la disposizione e l’individuazione dei parcheggi nell’area del centro storico di Dairago (Mi); Valorizzazione urbanistica della via Mazzini, vicolo Casari e la zona del monumento ai caduti a Esine, (Bs), pp. 28-31 Irina Casali, Pezzi d’Italia; Caterina Lazzari, Libertà o vincolo; Sara Girardelli, Milano: evoluzione o involuzione; Maurizio Carones, Viste assonometriche; Jacopo Gardella, Lo stile milanese della Monzini, pp. 32-33 Martina Landsberger, Chiarezza e semplicità; Maurizio Carones, Disegni dell’architettura italiana; Sonia Milone, Neoprimitivismo urbano: i graffiti di Haring; Filippo Lambertucci, Ridolfi: fuori dai luoghi comuni; Stefano Cusatelli, Sillabario di un classicista impolitico, pp. 34-35 Andrea Savio, Alcune opere di Eugenio Gentili Tedeschi, pp. 36-39 Walter Fumagalli, Gli interventi di recupero in Lombardia, pp. 40-41 Carla Icardi e Claudio Sangiorgi, Serramenti in pvc: nuove frontiere applicative, pp. 42-43 Camillo Onorato, Leggi; Manuela Oglialoro, Stampa, pp. 44-45 Red,, È costituito l’Ordine degli Architetti della Provincia di Monza e della Brianza; Milano (Laura Truzzi, Designazioni; Serate d’Architettura), pp. 46-47 Paolo Ranci Ortigosa, Rassegna under 40, p. 47 Carlo Lanza (a cura di), Indici e tassi, p. 48
Indice per argomenti 2005
EDITORIALE • Stefano Castiglioni, Editoriale, n. 1/2, p. 3 • Maurizio Carones, Editoriale, n. 3, p. 3 • Maurizio Carones, Editoriale, n. 4, p. 3 • Maurizio Carones, Editoriale, n. 5, p. 3 • Stefano Castiglioni, Promozione della pofessione tra antiche e nuove ambiguità, n. 6, p. 3 • Stefano Castiglioni, L.R. - Un avvio applicativo non senza difficoltà, n. 7, p. 3 • Stefano Castiglioni, Il parto della montagna, n. 8/9, p. 3 • Davide Boni, Presentazione; Stefano Castiglioni, Piano dei Servizi, n. 10, p. 3; p. 5 • Stefano Castiglioni, L’architettura della fede, n. 11, p. 3 • Maurizio Carones, Editoriale, n. 12, p. 3
FORUM GLI INTERVENTI • Carlo Calderan, La mia esperienza all’estero; Maurizio Cardenas Laverde, A Parigi presso lo studio Piano; Luca Molinari, Giovani architetti crescono; Marco Mulazzani, Almanacco Casabella dell’Architettura Italiana: 1998-2004, n.1/2, pp. 4-12; Maurizio Carones, Tre domande a… Franco Purini, n. 1/2, p. 13 • Enrico Bertè, Considerazione sul tema della direzione lavori; Marco Brandolisio, Progettazione e direzione; Emilio Pizzi, La direzione dei lavori come strumento di rappresentazione delle idee progettuali; Piero Torretta, Direzione lavori: un fatto di cronaca, n. 3, pp. 4-16; Maurizio Carones, Tre domande a… Guido Canella, n. 3, p. 17 • Marco Casamonti, L’architettura è un’arte; Pietro Derossi, Musei e/o arte pubblica; William Xerra, Esperienze architettonico-spaziali, n. 4. pp. 4-10; Maurizio Carones, Tre domande a… Gillo Dorfles, n. 4, p. 11 • Gianni Beltrame, Guardando scorrere l’acqua dei Navigli; Ugo Prost, Agenzia Interregionale per il Po; Andrea Tosi, Un processo di rilancio dei Navigli milanesi e pavesi, n. 5, pp. 4-14; Red., Claudio Magris e l’acqua; Sara Gilardelli (a cura di), Post-lauream, n. 5, pp. 15-17 • Leopoldo Freyrie, Architetti, pubblicità e competitività; Nevio Parmeggiani, Aspetti del nuovo codice deontologico; Bruno Pedretti, Architettura progettata e architettura comunicata, n. 6, pp. 9-11; Irina Casali, Architetti e spot; Maurizio Carones, Tre domande a… Jacopo Gardella; Sara Gilardelli (a cura di), La pubblicità nella deontologia professionale, n. 6, pp. 10-15 • Commissione Urbanistica della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, Legge per il Governo del Territorio, L. R. 12/2005. Analisi e valutazioni dulla struttura della Legge; Gianni Beltrame, Il “Piano di Governo del Territorio” della nuova legge lombarda: interrogativi e perplessità; Lorenzo Spallino, Perequazione e compensazione nella L..R. Lombarda 12/2005, n. 7, p. 4-11 • Gianfranco Ravasi, Lo spazio sacro nella tradizione cristiana; Giuseppe Arosio, L’architettura delle chiese; Guido Morpurgo, Sinagoghe in Lombardia: qui e altrove; Rosario Pasquini, Cosa è una Moschea; Giancarlo Santi, I concorsi per le chiese nuove in Italia nel secolo XX, n. 11, pp. 414,16; Maurizio Carones, Tre domande a… Paolo Portoghesi; Gabrio Rossi, Offerta formativa e informativa, n. 11, pp. 15,17 • Emilio Reyneri, Il lavoro nella società dei servizi: plurale, frammentato e relazionale; Alberto Mioni, Un bilancio sommario (con qualche riserva); Giorgio Oldrini, Sesto San Giovanni da città della fabbriche a fabbrica delle idee; Andrea Branzi, Dall’ufficio al funzonoide, n. 12, pp. 4-12; Maurizio Carones, Tre domande a… Vittorio Gregotti, n. 12, p. 13
FORUM ORDINI • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Matteo Calvi, Giovani Architetti; BRESCIA (a cura di L. Dalè e P. Tonelli): Roberta Alghisi, Gianni Senco, Gruppo Giovani Architetti della Provincia di Brescia; COMO (a cura di R. Fasola): Roberta Fasola, Giovani Architetti: la speranza progettuale; CREMONA (a cura di M. Masotti): Massimo Masotti, Diamo voce ai giovani architetti; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Maria Elisabetta Ripamonti, Intervista a Davide Bergna. Utopie di un giovane architetto…; LODI (a cura di A. Negrini): Massimo Bentivegna, Noi giovani architetti; Luca Negri senza titolo; MILANO (a cura di R. Gamba): Roberto Gamba, Giovani e professione a Milano; Valeria Bottelli, L’Ordine degli Architetti di Milano: un Ordine giovane; Marco Brugnara, Essere oggi
giovani architetti a Milano; PAVIA (a cura di V. Prina): Vittorio Prina, Giovani architetti a Pavia; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Enrico Berté, Giovani professionisti a Varese; Laura Gianetti, Prospettive di Architettura, n. 1/2, pp. 14-25 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Antonio Cortinovis, L’esperienza del cantiere; COMO (a cura di R. Fasola): Michele Pierpaoli, Direzione dei lavori (o Prova d’Orchestra?), alcuni appunti personali; Giovanni Castelli, La direzione lavori e il rapporto con le nuove norme; LODI (a cura di A. Negrini): Antonio De Vizzi, Dai Maister al Computer; MILANO (a cura di R. Gamba): Roberto Gamba, Direzione dei lavori, formazione professionale, progetto e architettura; Claudio Conio, La formazione professionale del Direttore Lavori: una competenza in equilibrio tra il “sapere e il “fare”; Clara Rognoni, Corso di aggiornamento del Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Enrico Bertè, La direzione dei lavori: alcune brevi considerazioni, n. 3, pp. 18-23 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Eugenio Guglielmi, L’arte e la città: riflessioni a cielo aperto; BRESCIA (a cura di L. Dalè e P. Tonelli): Paola Tonelli, “Brescia segnali d’arte”: luce e colore; COMO (a cura di R. Fasola): Roberta Fasola con Roberta Lietti, Arte e città: dare un senso alla molteplicità di parti singole; CREMONA (a cura di M. Masotti): Massimo Masotti, Scultura e città: un’esperienza da ripetere; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Maria Elisabetta Ripamonti, L’arte a Lecco; Tiziana Lorenzelli, Edificare con arte; LODI (a cura di A. Negrini): Luigi Trabattoni, Lo spazio in continua mutazione; MANTOVA (a cura di S. Cavalieri): Cinzia Calanca, Mantova città d’arte; MILANO (a cura di R. Gamba): Roberto Gamba, Arte e città; Roberto Pinto, Public Art (e non più scultura pubblica); Roberto Gamba, Diesel Wall; Decio Guardigli, Arte & Architettura; PAVIA (a cura di V. Prina): Vittorio Prina, Contaminazioni artistiche e trasformazioni urbane; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Paolo Zanzi, No Città No Arte, No Arte No Città, n. 4, pp. 12-23 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Alessandro Pellegrini, L’enigma dell’acqua; COMO (a cura di R. Fasola): Gianfredo Mazzotta e Fabrizio Monza, I mulini e le rogge molinare delle colline comasche; CREMONA (a cura di M. Masotti): Massimo Masotti, Cremona e l’acqua nascosta; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Maria Elisabetta Ripamonti, Nuovi percorsi d’acqua; LODI (a cura di A. Negrini): Gio Gozzi, Il Lodigiano, terra di uomini e di acque; MANTOVA (a cura di Sergio Cavalieri): Cinzia Calanca, Un’architettura d’acqua: il territorio mantovano; MILANO (a cura di R. Gamba): Paola Pozzi e Pierluigi Roccatagliata, Un masterplan per la valorizzazione del sistema dei navigli; PAVIA (a cura di V. Prina): Vittorio Prina, Acqua e Pavia: Canàl e altre storie; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Claudio Castiglioni, L’acqua nella terra dei laghi, n. 5, pp. 18-27 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Alfredo Verzeri, Pubblicità fra cultura e In-Formazione; COMO (a cura di R. Fasola): Roberta Fasola, Pubblicità: quale forme adottare per farsi conoscere…; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Maria Elisabetta Ripamonti, Concorsi: una grande occasione di crescita e promozione; MILANO (a cura di R. Gamba): Francesca Musa, Lavorare per la qualità della vita; Gianmario Andreani, Libri; Cristina Della Bella, Quando il virtuale diventa risorsa; PAVIA (a cura di V. Prina): Marco Bosi, Conquistare, non accaparrare; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Giorgio Faccincani, Tra promozione ed etica, n. 6, pp. 22-23 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Fernando De Francesco, “Oh guarda, un urbanista!”; BRESCIA (a cura di L. Dalè e P. Tonelli): Paola Tonelli, La nuova Legge Urbanistica a Brescia; COMO (a cura di R. Fasola): Gianfredo Mazzotta, La redazione del nuovo P.R.G. di Erba. Analisi ecologica e riconoscimento degli elementi patrimoniali del territorio; Silvano Cavalleri, A proposito della Legge 12/2005; CREMONA (a cura di M. Masotti): Mario Gazzoli, Il parere di un “urbanista sul campo”; Michele de Crecchio, Il parere di “un urbanista condotto”; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Elio Mauri, Dal Piano Regolatore Generale al Piano di Governo del Territorio; MANTOVA (a cura di S. Cavalieri): Francesco Cappa, Le prospettive della Legge; MILANO (a cura di R. Gamba): Giancarlo Bianchi Janetti, Revisione e interpretazione della strumentazione urbanistica; Pietro Mezzi, Una legge che non guarda lontano; Marco Engel, Gli Ordini per la promozione delle esperienze della pianificazione; PAVIA (a cura di V. Prina): Federico Oliva, La nuova Legge Lombarda; SONDRIO (a cura di E. Scaramellini): Giovanni Vanoi, Legge per il Governo del Territorio della Regione Lombardia; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Claudio Scillieri, Considerazioni generali sulla Legge Lombarda, n. 7, pp. 12-25 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Antonio
Cortinovis, Gabrio Rossi (a cura di), Le attività svolte dal Consiglio dell’Ordine (giugno 2004-maggio 2005); BRESCIA (a cura di L. Dalè e P. Tonelli): Paola Tonelli (a cura di), L’attività dell’Ordine nel 2004; COMO (a cura di R. Fasola): Consiglio dell’Ordine, Eventi svolti nel periodo maggio 2004-maggio 2005; CREMONA (a cura di M. Masotti): Massimo Masotti, Resoconto maggio 2004-maggio 2005; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Ferruccio Favaron, Tempo di bilanci; LODI (a cura di A. Negrini): Attività dell’Ordine; MANTOVA (a cura di S. Cavalieri): Sergio Cavalieri, Iniziative passate e future; MILANO (a cura di R. Gamba): Daniela Volpi, Dall’Ordine: un anno di efficienza con l’attenzione ai grandi mutamenti legislativi; Roberto Gamba, Dalla Fondazione: un anno di iniziative formative e culturali; PAVIA (a cura di V. Prina): Aldo Lorini, Due incontri presso l’Ordine; SONDRIO (a cura di E. Scaramellini): Enrico Scaramellini, Uno sguardo sull’attività del 20042005; Gianluca Fanetti, Corso di progettazione bio-ecologica, ottobre 2004-febbraio 2005; Marco Ghilotti, Viaggio di studio a Berlino; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Claudio Castiglioni, Varese, 2004-2005, n. 8/9, pp. 4-27 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Gabrio Rossi, Nuove chiese ed adeguamenti liturgici; BRESCIA (a cura di L. Dalè e P. Tonelli): Paola Tonelli, Pulchra Ecclesia: rassegna di arti per lo spazio sacro; COMO (a cura di R. Fasola): Roberta Fasola con Giuliano Signorelli, Incontro con monsignor Signorelli; CREMONA (a cura di M. Masotti): Massimo Masotti, Architettura religiosa a Cremona; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Maria Elisabetta Ripamonti, Spirale di fede; LODI (a cura di A. Negrini): Giuseppe Pettinari, Chiesa vecchia e chiesa nuova; MANTOVA (a cura di Sergio Cavalieri): Marco Caprini, L’architettura religiosa nel mantovano; MILANO (a cura di R. Gamba): Raffaele Selleri, “Il vero tempio è formato dal raccogliersi della comunità”; Massimo Martelli, Nuova monumentalità per gli edifici di culto; Gianfranco Poma, Obiettivi e metodo della commissione nuove chiese; PAVIA (a cura di V. Prina): Remo Dorigati, Una chiesa ipogea: un’esperienza di architettura; VARESE (a cura di E. Bertè e C. Castigioni): Claudio Castiglioni (a cura di), “Il tempio come episodio limite dall’architettura”:: riflessioni di Enrico Castiglioni, n. 11, pp. 18-31 • BERGAMO (a cura di A. Cortinovis e G. Rossi): Eugenio Guglielmi, I nuovi luoghi di lavoro; BRESCIA (a cura di L. Dalè e P. Tonelli): Paola Tonelli, Musil: Museo dell’Industria e del Lavoro “Eugenio Battisti”; COMO (a cura di R. Fasola): Roberta Fasola, Intervista a Giuseppe Santangelo; LECCO (a cura di M. E. Ripamonti): Virginia Tentori, La riconversione funzionale del Palazzo Falck; LODI (a cura di A. Negrini): Gio Gozzi, La trasformazione del territorio lodigiano; MANTOVA (a cura di S. Cavalieri): Sergio Cavalieri, I luoghi del lavoro mantovano; Nadir Tarana, Aree industriali e città; MILANO (a cura di R. Gamba): Lella Bigatti, Nuovi distretti produttivi Falck-Concordia e Breda-Cimimontubi; Boeri Studio, Tre progetti a Sesto San Giovanni; PAVIA (a cura di V. Prina): Luciano Bravi, Le aree dismesse e lo sviluppo sostenibile della città di Pavia, n. 12, pp. 14-23
ARGOMENTI • Emanuele Brazzelli, Un Premio regionale di architettura under 40; Irina Casali, L’archivio Steiner alla Bovisa; Red., Primo museo del design in Italia, n. 1/2, pp. 26-27 • Irina Casali, Allo IUAV l’archivio Trincanato; Aldo Bottoli, Riqualificazione cromatica di Monza; Martina Landsberger, A Chiasso un Museo dedicato a Max Huber; Irina Casali, Sottsass al MART, n. 3, pp. 24-25 • Antonio Monestiroli, Darsena: un’occasione per Milano; Irina Casali, Una fondazione per Mario Merz; Martina Landsberger, Leon Battista Alberti teorico e architetto; Mina Fiore, Esperimenti urbani; n. 4, pp. 24-25 • Irina Casali, Una cittadella del cinema per Milano; Martina Landsberger, A proposito dei “grandi progetti”; Sonia Milone, Il nuovo sistema museale civico milanese; Paolo Rizzente, Tredicesima giornata FAI di primavera; Sara Gilardelli, Spazio a studenti laureati, n. 5, pp. 28-29 • Martina Landsberger, L’impegno di Antonio Acuto; Martina Landsberger, Sulle tracce di Louis Kahn; Irina Casali, Arte metropolitana; Irina Casali, Milano città aperta; Manuela Oglialoro, Riapre la Pinacoteca del Castello; Martina Landsberger, Il RIBA premia Frei Otto; Michele Caja, I laboratori della Scala, n. 6, pp. 24-27 • Irina Casali, Premio al deserto; Martina Landsberger, Non solo Palladio; Martina Landsberger, Festa per l’Architettura alla Triennale; Irina Casali, In onda l’era urbana; Irina Casali, Luci sull’Anas; Irina Casali, Milano: città alla moda?; Martina Landsberger, Umberto Eco architetto, n. 7, pp. 26-29
• Susanna Bortolotto, CCVBC, Politecnico di Milano; Carlo Gandolfi, Testimoni, attori e racconto; Sara Gilardelli, Artisti in villa; Martina Landsberger, Festival del libro d’arte a Bologna; Martina Landsberger, Festivaletteratura a Mantova; Michele Caja, Parma: Festival dell’Architettura; Irina Casali, Oltre i cinque sensi, n. 8/9, pp. 28-29 • Sonia Milone, La Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano; Irina Casali, Impara l’arte…; Enrico Bertè, Le officine creative di Barasso; Luciano Bolzoni, Per un paesaggio alpino; Martina Landsberger, I 200 anni del parco di Monza; Lides Canaia, Nuovi quartieri di edilizia sociale a Milano, n. 11, pp. 32-33 • Caterina Lazzari, Lavorare nelle arti; Irina Casali, 25 anni di ISAD; Martina Landsberger, Milanocontemporanea; Concetta Montella, “Architettura, Arte e Scenografia”; Sonia Milone, Un nuovo parco per le incisioni rupestri; Elisabetta Bariola, Itinerari all’Ambrosiana, n. 12, pp. 24-25
CONVERSAZIONI • Antonio Borghi, Intervista a Julia Bolles-Wilson e Peter Wilson, n. 3, pp. 26-27 • Antonio Borghi, Intervista a Cini Boeri, n. 5, pp. 30-31 • Antonio Borghi, Intervista a Giacomo Vaciago, n. 8/9, pp. 30-31 • Antonio Borghi, Intervista a Vittorio Magnago Lampugnani, n. 11, pp. 34-35 • Antonio Borghi, Intervista a Enzo Mari, n. 12, pp. 26-27
CONCORSI • Roberto Gamba, Riqualificazione funzionale dell’ex-sede municipale di Bollate (Mi); Riqualificazione dell’area di piazza Garibaldi a Broni (Pv); Riqualificazione urbana delle piazze di Mortara (Pv), n. 1/2, pp. 28-32 • Roberto Gamba, Riqualificazione dell’area urbana di Borno (Bs); Riqualificazione urbana di cinque piazze a Lecco; “Un nuovo centro per Milano”: riqualificazione del quartiere storico di Fiera Milano, n. 3, pp. 28-32 • Roberto Gamba, Riqualificazione del centro storico di Nave (Bs); Nuovo Palazzetto dello sport di Pizzighettone (Cr); Riqualificazione del nucleo antico di Taino (Va); Nuovo complesso scolastico integrato ad Arsago Seprio (Va), n. 4, pp. 26-30 • Roberto Gamba, Riqualificazione di piazze dei centri storici di Magnago e Bienate (Mi); Sistemazione di piazza della chiesa a Meda (Mi); Sistemazione funzionale dell’oratorio San Luigi Gonzaga, Ombrano di Crema (Cr), n. 5, pp. 32-36 • Roberto Gamba, Nuova autorimessa comunale a Brienno (Co); Riqualificazione della piazza S. Stefano di Somma Lombardo (Va); Centro socio-ricreativo a Olgiate Molgora (Lc), n. 6, pp. 28-32 • Roberto Gamba, Trasformazione di viale Italia in asse residenziale, Castellanza (Va); Proposta di intervento per l’area di San Martino, Mozzate (Co); Milano: Concorso internazionale di progettazione “Darsena”; Complesso alberghiero a supporto del Centro congressi, Varese, n. 7, pp. 30-34 • Roberto Gamba, Riqualificazione di piazza Garibaldi a Cantù (Co); Lecco: concorso di idee per l’area “ex-Piccola velocità”; Riqualificazione aree storiche di Cormano (Mi), n. 8/9, pp. 32-36 • Roberto Gamba, Riqualificazione della piazza San Carlo, Casnate (Co); Un logo per i musei e le raccolte museali della Lombardia; Riqualificazione del centro storico di Mologno, Comune di Casazza, (Bg), n. 11, pp. 36-40 • Roberto Gamba, Sistemazione della piazza Roma a Berbenno (Bg); La viabilità, l’arredo, la disposizione e l’individuazione dei parcheggi nell’area del centro storico di Dairago (Mi); Valorizzazione urbanistica della via Mazzini, vicolo Casari e la zona del monumento ai caduti a Esine, (Bs), n. 12, pp. 28-31
RILETTURE • Teresa Feraboli e Massimo Masotti, Parcheggiare a Cremona, n. 1/2, p. 33 • Francesco Fallavollita, La storia “Ticosa”. Un caso urbano, Como, n. 3, p. 33 • Antonio Cortinovis, La Torre dei Venti a Bergamo, n. 4, p. 31 • Maria Elisabetta Ripamonti, Lecco: in città un piccolo “Louvre”, n. 5, p. 37 • Laura Truzzi, L’inaugurazione del Nuovo Polo Fiera Milano, n. 6, p. 33 • Manuela Oglialoro, Alcune iniziative sulla nuova L.R. 12/2005, n. 7, p. 35
• Enrico Bertè, Avanti alle quinte, n. 8/9, p. 37 • Manuela Oglialoro, Area ex Fiera: presentazione del P.I.I., n. 11, p. 41
LIBRI • Irina Casali, J. Hillman, L’anima dei luoghi; Carlo Gandolfi, F. La Cecla, P. Zanini, Lo stretto indispensabile. Storie e geografie…; Ilario Boniello, R. Laezza, Peter Eisenman. Città della cultura della Galicia; Mina Fiore, A. Terragni, D. Libeskind, P. Rosselli (a cura di), Atlante Terragni; Maria Pompeiana Iarossi, M. Rossi, Strade d’acqua. Navigli, canali e manufatti idraulici nel parmense; Manuela Oglialoro, S. Brenna, La Città. Architettura e politica, n. 1/2, pp. 34-35 • Maurizio Carones, C. Baglione, E. Susani (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968; Martina Landsberger, A. Ferrari, Le azioni del progetto; Vittorio Prina, V. Pinel, Il montaggio. Lo spazio e il tempo del film; Manuela Oglialoro, AA. VV., Enciclopedia dell’Arte Zanichelli; Irina Casali, M. Augè, Rovine e macerie. Il senso del tempo; Mina Fiore, AA. VV., Concorso “Giardini di Porta Nuova” a Milano; Giovanni Iacometti, C. Gibellini (a cura di), Mantova; Angelo Lorenzi, R. Moneo, La solitudine degli edifici e altri scritti. Vol. II; Roberto Gamba, AA. VV., Ueil Brauen & Doris Walchli; Francesco Fallavollita, Omaggio a Terragni in “L’architettura cronache e storia” n. 153; Igor Maglica, A. Acocella, L’architettura di pietra, n. 3, pp. 34-37 • Federico Bucci, F. Dal Co, Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum; Vittorio Prina, J. Magny, Il punto di vista: Dalla visione del regista allo sguardo dello spettatore; Martina Landsberger, F. Espuelas, Il vuoto. Riflessioni sullo spazio in architettura; Irina Casali, M. M. Sambo, Labirinti. Da Crosso ai videogames; Maurizio Carones, A. Monestiroli, Il cimitero maggiore di Voghera, n. 4, pp. 32-33 • Martina Landsberger, Le Corbusier e A. Ozenfant, Sulla pittura moderna; Carlo Gandolfi, M. Bignardi, G. Balice, Costruire lo spazio all’immaginario; Manuela Oglialoro F. Carati, Sulla città contemporanea; Sara Gilardelli, D. Fortini, Lab. Di partecipazione: dal Piano Regolatore ai progetti sostenibili di Villasanta; Irina Casali, E. Pellegrini, Epica sull’acqua. L’opera letteraria di Claudio Magris, n. 5, pp. 38-39 • Ilario Boniello, G. Crespi, N. Dego, Giorgio Grassi. Opere e progetti; Francesca Floridia, L. Fieni, La costruzione della basilica di San Lorenzo a Milano; Martina Landsberger, P. Davies, D. Hamsoll, Michele Sanmicheli; Alberta Bergomi, R. Pilastri, L’elegia della città. Roma…; Irina Casali, N. Salomon, Venezia inabissata, n. 6, pp. 34-35 • Maurizio Carones, V. Prina, Franco Albini. Albergo Rifugio a Cervinia; Ilario Boniello, M. Mulazzani (a cura di), Francesco Mansutti e Gino Miozzo. Architetture per la gioventù; Carlo Gandolfi, M. Biraghi, Progetto di crisi. Manfredo Tafuri e l’architettura contemporanea; Sonia Milone, A. Mendini, Scritti; Irina Casali, E. Trias, L’artista e la città, n. 7, pp. 36-37 • Irina Casali, M. Belpoliti, Crolli; Martina Landsberger, N. Le Camus de Mézières, Lo spirito dell’architettura, o l’analogia di quest’arte con le nostre sensazioni; Carlo Ravagnati, F. Bellini, Le cupole di Borromini. La “scienza” costruttiva in età barocca; Giulio Barazzetta, F. Bucci, Magic City. Percorsi nell’architettura americana; Vincenzo Donato, L. S. d’Angiolini, Un’altra prassi urbanistica, n. 8/9, pp. 38-39 • Manuela Oglialoro, N. Montagna, E. M. Tacchi (a cura di), Comunicazione e ambiente in Lombardia; Irina Casali, G. Manganelli, La favola pitagorica; Martina Landsberger, E. Svalduz (a cura di), L’ambizione di essere città. Piccoli, grandi centri nell’Italia rinascimentale; Ilario Boniello, M. Muscogiuri, Architettura della Biblioteca; Maurizio Carones, R. Palma, C. Ravagnati (a cura di), Macchine nascoste. Discipline e tecniche di rappresentazione nella composizione architettonica, n. 11. pp. 42-43 • Irina Casali, L. Menegehetti, Parole in rete. Interventi in Eddyburg, giornale di urbanistica, politica e altre cose; Caterina Lazzari, G. Pigafetta, Libertà o vincolo; Sara Girardelli, S. Brandolini, Milano. Nuova architettura; Maurizio Carones, M. Scolari, Il disegno obliquo. Una storia dell’antiprospettiva; Jacopo Gardella, R. Monzini, La casa “alla milanese”, n. 12. pp. 32-33
MOSTRE E SEMINARI • Vittorio Ugo, Archeologia della cultura europea; Sonia Milone, La poetica dello spazio; Igor Maglica, Portugal; Francesco Fallavollita, La lezione di un maestro; Maria
Vittoria Capitanucci, Milano negli anni Trenta; Fabrizia Franco, Cerdà Rerez, la fatica dissimulata, n. 1/2, pp. 36-37 • Alba Cappellieri, L’elogio dell’imperfezione; Mina Fiore, Fotografie decentrate; Vittorio Prina, Una finestra sull’anima; Sonia Milone, Il fiume della modernità; Elda Curiotto, Una scuola per il futuro, n. 3, pp. 38-39 • Giulio Barazzetta, Per Albe Steiner; Stefano Cusatelli, Albers: per una grammatica del colore; Salvatore Rapisarda e Michele Romano, La Sicilia greca; Francesco Fallavollita, La descrizione di un territorio; Sonia Milone, Giacometti e la Lombardia, n. 4, pp. 34-35 • Maria Vittoria Capitanucci, L’ingresso nella modernità; Teresa Feraboli, Tutti i colori di Sottsass; Filippo Lambertucci, Roma quanta fuit; Stefano Cusatelli, Metropoli europee a confronto; Matteo Baborsky, Decoro strutturale, n. 5, pp. 40-41 • Martina Landsberger, La civiltà della villa; Vittorio Prina, Quelle magiche eccezioni; Filippo Lambertucci, G&I: paesaggio con figure; Mina Fiore, La seduzione degli oggetti; Sonia Milone, a occhi nudi, n. 6, pp. 36-37 • Francesco Fallavollita, Architettura e pittura a Como; Maria Teresa Feraboli, Una “casa per tutti”; Stefano Cusatelli, Il racconto del drago; Sonia Milone, Alice nel paese dell’arte; Enrico Freyrie, Un “over 50” e i “giovani d’oggi”, n. 7, pp. 38-39 • Maria Teresa Feraboli, “Il verde sopra il grigio”; Fabrizio Vanzan, I libri di Le Corbusier; Stefano Cusatelli, Architettura fino al mobile; Alba Cappellieri, Mendini: il calligrafo dell’anima; Filippo Lambertucci, Ragionare con l’architettura; Carlo Gandolfi, Il volo sulle città; Alessandra Moro, I disegni di Aldo Rossi; Sonia Milone, Le mille e una architettura; Maurizio Carones, Solide instabilità, n. 8/9, pp. 40-43 • Pisana Posocco, L. B. Alberti e Roma; Sonia Milone, Quando l’arte non è lo scopo dell’arte; Fabrizio Vanzan, L’estetica dei transiti; Maria Teresa Feraboli, Un uomo “universale”; Massimo Ferrari, Una Biennale attenta, n. 11, pp. 44-45 • Martina Landsberger, Chiarezza e semplicità; Maurizio Carones, Disegni dell’architettura italiana; Sonia Milone, Neoprimitivismo urbano: i graffiti di Haring; Filippo Lambertucci, Ridolfi: fuori dai luoghi comuni; Stefano Cusatelli, Sillabario di un classicista impolitico, n. 12, pp. 34-35
ITINERARI • Luciano Bolzoni, Piero Portaluppi nelle valli dell’Ossola, n. 3, pp. 40-43 • Claudio Camponogara e Maria Elisabetta Dulbecco, Rapporti fra architettura e arti visive in esempi milanesi, n. 4, pp. 36-39 • Anna Chiara Cimoli, Francesco Gnecchi-Ruscone. Dieci edifici e una torre di controllo, n. 5, pp. 42-45 • Luciano Bolzoni, Carlo Mollino: un itinerario lombardo, n. 8/9, pp. 44-47 • Andrea Savio, Alcune opere di Eugenio Gentili Tedeschi, n. 12, pp. 36-39
LEGISLAZIONE • Riccardo Marletta, Tariffe per le opere pubbliche. La parola alla Consulta, n. 1/2, pp. 38-39 • Walter Fumagalli, Il direttore dei lavori nel testo unico dell’edilizia; Marco Gelmetti, La sicurezza nei cantieri, n. 3, pp. 44-45 • Emanuele Ratto, decreto Legislativo 42/2004; Walter Fumagalli, I beni culturali dei Comuni, n. 4, pp. 40-41 • Emanuele Ratto, Risorse idriche: la normativa; Walter Fumagalli, L’edificazione lungo i corsi d’acqua, n. 5, pp. 46-47 • Walter Fumagalli, Promuovere va bene, ma attenti alle norme deontologiche, n. 6, pp. 38-39 • Walter Fumagalli, Dialogo sui sottotetti, n. 7, pp. 40-41 • Walter Fumagalli, Perequazione, compensazione e incentivazione urbanistiche, n. 8/9, pp. 48-49 • Walter Fumagalli, Le attrezzature religiose, n. 11, pp. 46-47 • Walter Fumagalli, Gli interventi di recupero in Lombardia, n. 12, pp. 40-41
• Marcello Brugola, Requisiti acustici minimi passivi per gli edifici, n. 5, pp. 48-49 • Claudio Sangiorgi, Coordinamento per la sicurezza nei cantieri. Appunti sul quadro normativo di riferimento, n. 6, pp. 40-41 • Mario Abate, La corretta manutenzione degli estintori antincendio, n. 7, pp. 42-43 • Paolo Asti, il top-lighting, ovvero benefici e malefici dell’illuminazione naturale zenitale, n. 8/9, pp. 50-51 • Massimiliano Molinari, Note sulla nozione di vincolo ambientale, n. 11, pp. 48-49 • Carla Icardi e Claudio Sangiorgi, Serramenti in pvc: nuove frontiere applicative, n. 12, pp. 42-43
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DAGLI ORDINI • Bergamo: Maria Antonietta Crippa, Imre Makovecz a Bergamo; Lodi: Antonino Negrini, La storia racconta. L’antica chiesa di Marudo (Prima parte); Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Convenzioni; Serate d’Architettura; Varese: Jacopo Pavesi, Architetti dell’Ordine in Cina, n. 1/2, pp. 44-47 • Bergamo: Achille Bonardi, Mostra: Architettura e Ideologia 1930-1945; A. Bonardi, A. Cortinovis, F. De Francesco, E. Guglielmi, A. Pellegrini, Al di là delle barricate; Lodi: Antonino Negrini, La storia racconta. L’antica chiesa di Marudo (Seconda parte); Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Convenzioni; Serate d’Architettura, Newsletter; n. 3, pp. 52-55 • Brescia: Paola Tonelli, A proposito del progetto di restauro. Intervista a Luca Rinaldi; Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Serate d’architettura, Newsletter, n. 4, pp. 44-47 • Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Borse di studio della Fondazione Rotary; Alessandro Ferrari, Serate d’Architettura; Laura Truzzi, Ticinese e Darsena: i progetti del concorso; Prime riflessioni sui criteri applicativi della nuova Legge regionale per il Governo del Territorio, n. 5, pp. 52-54 • Lodi: Haas: dagli USA i trompe l’oeil “extralarge”. International Trompe l’oeil Festival, terza edizione; Mantova: Carmen Santi, Costruire a Mantova; Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Serate d’Architettura, n. 6, pp. 44-47 • Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Legge n. 62 del 18.4.2005 Incarichi di progettazione su base fiduciaria; Serate d’Architettura, n. 7, pp. 46-47 • Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Incontri, n. 8/9, pp. 54-55 • Como: Roberta Fasola con Fabio Cancelli, La sicurezza nei cantieri: un lavoro attento e responsabile; Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Serate d’Architettura, n. 11, pp. 52-55 • Red,, È costituito l’Ordine degli Architetti della Provincia di Monza e della Brianza; Milano: Laura Truzzi (a cura di), Designazioni; Serate d’Architettura, n. 12, pp. 46-47
LETTERE NORMATIVE E TECNICHE • Carla Icardi e Claudio Sangiorgi, Norme di riferimento per le applicazioni vetrarie in edilizia, n. 1/2, pp. 40-41 • Emanuele Gozzi, La progettazione antisismica negli interventi di recupero; Isabella Tiziana Steffan, Le norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche, n. 3, pp. 46-48
• Indici e tassi, n. 1/2, p. 48 • Indici e tassi, n. 3, p. 56 • Indici e tassi, n. 4, p. 48 • Indici e tassi, n. 5, p. 56 • Indici e tassi, n. 6, p. 48 • Indici e tassi, n. 7, p. 48 • Indici e tassi, n. 8/9, p. 56 • Indici e tassi, n. 11, p. 56 • Indici e tassi, n. 12, p. 48
ATTI DEL CONVEGNO
STRUMENTI • Camillo Onorato, n. 1/2, pp. 42-43 • Camillo Onorato, n. 3, pp. 50-51 • Camillo Onorato, n. 4, pp. 42-43 • Camillo Onorato, n. 5, pp. 50-51 • Camillo Onorato, n. 6, pp. 42-43 • Camillo Onorato, n. 7, pp. 44-45 • Camillo Onorato, n. 8/9, pp. 52-53 • Camillo Onorato, n. 11, pp. 50-51 • Camillo Onorato, n. 12, pp. 44-45
INDICI E TASSI
• Giancarlo Ortelli e Edoardo Sianesi, Precisazioni a proposito di Brera, n. 1/2, p. 47 • Lodo Meneghetti, L’architettura servile, n. 3, p. 55 • Claudio Sangiorgi e Massimiliano Maria Molinari, Stare al passo coi tempi; Antonio Ornati, I 50 anni dell’AIAS, n. 5, p. 55 • Paolo Ranci Ortigosa, Rassegna under 40, n. 12, p. 47
• Giulia Rota, Perché è fondamentale occuparsi dei Servizi? Presentazione del manuale: “Il Piano dei Servizi: Linee Guida alla redazione”, Gian Angelo Bravo, Il sistema del verde: connessione tra il territorio rurale e la città; Anna Rossi, Spazi aperti, verde e paesaggio per la qualità dell’abitare; Marco Prusicki, Le linee guida per “la valorizzazione delle aree verdi”, n. 10, pp. 6-9 • Le esperienze dei Comuni: Milano. Piano di Governo del Territorio; Cucciago (Como). Revisione del Piano Regolatore Generale; Robbiate (Lecco). Piano Regolatore Generale; Abbiategrasso (Milano). Piano dei Servizi; Cesate (Milano). Piano dei Servizi, studi preparatori; Parabiago (Milano). Piano Regolatore Scolastico Partecipato; Lazzate (Milano). Fondo Ricostruzione Infrastrutture Sociali Lombardia; Varano Brianza (Milano). Piano dei Servizi; Como. Piano dei Servizi; Lodi. Rapporto sul verde; Desenzano del Garda (Brescia). Piano dei Servizi; Mantova. Piano dei Servizi; Rozzano (Milano). Atto di indirizzo sulle politiche urbanistiche; Cremona. Piano Territoriale degli Orari; Limbiate (Milano), Piano dei Servizi, n. 10, pp. 10-39 • Francesco Karrer, Interventi; Marianella Sclavi, I quattro livelli della progettazione urbana partecipata; Manuela Ricci, Sistema della programmazione di bilancio e Piano dei Servizi; Sandra Bonfiglioli, Tempi e orari nel Piano dei Servizi; Stefano Castiglioni, A proposito della L.R. 12/2005; Marco Engel, Dallo “standard” urbanistico al Piano dei Servizi: il declino delle garanzie e le nuove opportunità; Fausto Curti, Standard fondiario e standard prestazionale, n. 10, pp. 40-48
INDICE • Indici 2004, n. 4