AL Mensile di informazione degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Lombardi
Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali, Martina Landsberger, Annalisa Bergo Direzione e Redazione via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione@consulta-al.it Progetto grafico Gregorietti Associati Impaginazione Francesca Forte Concessionaria per la pubblicità service editoriale Action Group srl Via Londonio 22 – 20154 Milano Tel. +39 02.34.53.8338 Fax +39 02.34.93.7691 www.actiongroupeditore.com info@actiongroupeditore.com Coordinamento pubblicità Riccardo Fiorina rfiorina@actiongroupeditore.com Pubblicità Leonardo Cereda Emanuele Ghelfi Gianmarco Trenti Stampa Mondadori Printing s.p.a. sede legale 24034 Cisano Bergamasco via L. e P. Pozzoni 11 Rivista mensile: Poste italiane Spa – Spedizione in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Milano Autorizzazione Tribunale n. 27 del 20.1.1971 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 36160 copie In base alla documentazione postale del numero di maggio 2008 sono state postalizzate 26931 copie in Italia. Abbonamento annuale (valido solo per gli iscritti agli Ordini Lombardi E 3,00) In copertina: M. Castelletti, Stabilimento balneare a Segrino (foto F. Simonetti). Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la Redazione di AL Chiuso in redazione: 10 giugno 2009
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FORUM ORDINI Architettura e acqua
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Brescia Como Cremona Lecco Mantova Milano Pavia Varese
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OSSERVATORIO Argomenti Riletture Concorsi Libri Mostre
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PROFESSIONE Legislazione Normative e tecniche Strumenti
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INFORMAZIONE Dagli Ordini Dalla Regione
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INDICI E TASSI
6 GIUGNO 2009
Direttore Responsabile Ferruccio Favaron
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Ferruccio Favaron; Past President: Giuseppe Rossi; Vice Presidenti: Giorgio Tognon, Paolo Ventura; Segretario: Sergio Cavalieri; Tesoriere: Emiliano Ambrogio Campari; Consiglieri: Achille Bonardi, Stefano Castiglioni, Angelo Monti, Biancalisa Semoli, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Commissario straordinario: Emiliano Ambrogio Campari Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Stefania Annovazzi, Umberto Baratto, Franco Cerudelli, Laura Dalé, Antonio Erculiani, Paola Faroni, Franco Maffeis, Donatella Paterlini, Silvia Pedergnaga, Enzo Renon, Roberto Saleri (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.ordinearchitetticomo.it Informazioni utenti: info@ordinearchitetticomo.it Presidente: Angelo Monti; 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Maurizio Carones
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Pasquale Poccianti, come è noto, si occupò della costruzione dell’acquedotto di Livorno. Nei primi decenni dell’’800, Poccianti guidò la realizzazione delle opere idrauliche per la città toscana: sistemazioni territoriali, urbane ed architettoniche contribuirono a trasformare un problema impiantistico, quello della realizzazione di un acquedotto, in un’opera dal più ampio valore civile ed urbano. Ancora oggi i manufatti che accompagnarono quel lavoro caratterizzano la città. Il celeberrimo Cisternone, il Cisternino, alcuni tratti dell’acquedotto stesso ed i grandi viali realizzati in corrispondenza dell’opera idraulica sono elementi riconoscibili e strutturanti la città ed il territorio livornesi. Anche in altre occasioni vi è stata coincidenza fra la realizzazione delle opere infrastrutturali e la città monumentale: è noto, ad esempio, come nella ricostruzione ottocentesca del Castello Sforzesco di Milano, all’interno delle torri d’angolo, siano stati costruiti serbatoi dell’acquedotto. E la stessa vicenda urbana di Roma ben rappresenta il possibile ruolo degli acquedotti come elemento di costruzione della città: le famose fontane sono ancora oggi la rappresentazione civile di quelle opere. Questi esempi ci ricordano, pur nella loro diversità, come una questione relativa ad aspetti infrastrutturali od impiantistici proponga occasioni di progetto urbano in cui le necessità dovute a specifiche esigenze tecniche possano essere colte come importanti opportunità progettuali. Le opere che si riferiscono all’acqua sono in questo senso esemplari e la Lombardia costituisce per esse un ottimo campo di prova. Ogni provincia lombarda ha infatti un suo particolare modo di affrontare il rapporto con l’acqua: dall’irruenza dei fiumi e torrenti alpini, alla vastità dei laghi, alla regimazione e controllo delle acque della pianura, al rapporto con il grande fiume padano, il territorio lombardo offre particolari suggestioni. Ne avevamo trattato in un precedente numero (AL 5/2005), dedicato ad acqua e territorio: questa volta l’attenzione è rivolta alla scala architettonica, al modo in cui l’architettura riesce a stabilire un rapporto positivo fra esigenze di tipo infrastrutturale, forma della città e dell’architettura stessa. In questo numero diamo conto di esempi in cui il rapporto tra territorio, costruzione della città e manufatto idraulico interpretano con qualità queste occasioni progettuali. Con la modalità del repertorio - basato sostanzialmente sulle esemplificazioni proposte dalle singole province, ad eccezione di una citazione tratta dal Viaggio sul Po di Cesare Jacini, proposta quale sorta di epigrafe - qui sono soprattutto i progetti a parlare, evidenziando come il rapporto tra architettura e acqua sia una fondamentale chiave di lettura del territorio lombardo. Così, opere di regimazione delle acque, sistemazione riparie, definizione di fronti sull’acqua, strutture balneari e edifici ad uso sportivo costituiscono una rassegna di esempi in cui l’architettura si misura sapientemente con il tema dell’acqua. In un momento in cui si sta finalmente sviluppando una più generale attenzione alle grandi questioni ambientali e territoriali, anche in questi ambiti l’architettura può svolgere un ruolo determinante, in rapporto alle scienze della geologia, dell’idraulica e dell’ingegneria, portando il suo contributo di conoscenza della forma del territorio, della città e dell’architettura. La storia ci insegna che questo è possibile.
Architettura e acqua
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Il presente numero, come altri numeri repertorio (vedi il n. 5-2008 e il n. 6-2008, dedicati rispettivamente ai “Parcheggi in Lombardia” e alle “Architetture per bambini”), manca della sezione Forum, per dare spazio agli interventi degli Ordini, che, attraverso la scelta di uno o più progetti esemplari, declinano il tema del rapporto tra architettura ed acqua in maniere differenti. Per illustrare il Forum Ordini e la copertina del numero, in virtù della qualità del progetto e delle immagini che lo corredano, è stata scelta l’opera dell’arch. Marco Castellletti costruita sul Lago del Segrino al confine tra le province di Lecco e Como descritto alle pp. 14 e 15 nel contributo dell’Ordine di Lecco. Le fotografie alle pagine 6, 9, 12, 15, 16, 19, 20 e 25 sono opera di Filippo Simonetti. Riportiamo di seguito, quale introduzione alla rassegna dei progetti, un’antologia di brani tratti dal secondo volume dell’opera di Cesare Jacini, Il viaggio del Po. Traccia storico estetica per la visita ai monumenti ed ai luoghi della Valle Padana, Hoepli, Milano, 1937, riguardanti la costruzione dei castelli e il rapporto che essi instaurano con i corsi d’acqua. Negli otto volumi, riccamente illustrati, di cui si compone l’opera, Jacini descrive l’Italia del Nord a partire da un leit motiv: il corso del Po, fiume che attraversa tutto il Nord. Il Po diviene pretesto per affrontare la descrizione di un territorio fatto di campagna, ma soprattutto di città. Al suo fianco fanno la comparsa altri corsi d’acqua che con il Po hanno una relazione.
Castelli Lombardi* di Cesare Jacini
Impostazione del viaggio (…) pel viaggio dei castelli lombardi, viene a taglio la particolare visione geografica dei diversi fiumi che solcano il territorio. Il viaggiatore, pur con qualche lenta digressione, troverà quasi sempre, con tale disegno, facilitato il suo compito. Dopo aver considerato una linea pedemontana di arroccamento ad andamento circolare (che ci difendeva a settentrione dagli Svizzeri e dai signori Tedeschi) farà bene a staccarsi dalo viaggio concentrico e invece – con un po’ di tempo e fatica, ma con maggior profitto e chiarezza – intraprendere un viaggio ad andamento rettilineo seguendo il corso di ogni singolo fiume. Così il corso del Ticino – l’alto verso la Svizzera o il basso verso Lomellina – il corso dell’Olona quasi a toccare la Svizzera, perlomeno il contado del Seprio – l’altro l’Adda contrapposto alle Signorie Venete – costituiscono altrettante trincee (per non citare lì per lì che le principali) attorno alla capitale del Ducato. Gli è che questi fiumi, come quelli dell’Emilia, giungono in un modo o nell’altro nel Po, che è la vera spiona dorsale della valle. L’opera viscontea e sforzesca dei Navigli completerà il si-
stema troppo rettilineo dei fiumi con una rete accessoria ad andamento radiale che ha per centro Milano. Alcuni tratti del Naviglio – come quello pavese dominato dal Castello di Binasco – costituiscono vere e proprie linee fluviali di navigazione e di commercio. È accertato che il compito di questi corsi d’acqua, più che guerresco, era prevalentemente mercantile. Sta di fatto però che i borghi fortificati sorgenti sulle due rive se ne giovavano come di preziose difese naturali o di altrettanti fossati. Tale disegno a linee quasi parallele (sostituito, ben presto, come si diceva, da un altro “a graticola” con l’interposizione dei Navigli) è limitato in alto dai castelli alpigiani del Canton Ticino e dei Laghi che chiudono e difendono Milano a nord secondo l’antica visione cesarea, e in basso, dalla linea fortissima, insormontabile del Po – dove i castelli erano sorti col preciso incarico del guardiano, del daziere – in faccia a quelli emiliani della Trebbia e del Taro. I quali a lor volta saranno pur essi inghiottiti dall’avidità dei duchi milanesi e privati quindi dalla loro prima funzione. Caratteri Del Castello tedesco del Barbarossa non rimane, si può dire, che la leggenda diffusa sulle colline di Como proprio intorno al Baradello che ne è il baluardo principale e forse sull’Adda a Trezzo, donde dicono venisse strappato dagli alleati guelfi il tesoro milanese, fattovi riparare a suo tempo dall’imperatore. Del Barbarossa sono pure le importantissime fortificazioni di S. Angelo Lodigiano, appena riconoscibili nei resti. L’età dei Comuni, dalla primitiva vita di campagna, aveva saputo dar sviluppo alla vita urbana, e noi corriamo con il pensiero alle fortificazioni cittadine, ci stacchiamo, per un momento dal castello isolato per studiare il borgo e le sue difese, da alcuni ritenute risibili, dagli altri soverchiamente lodate. Ad ogni modo dovevano certo risultare considerevoli, se si pensi all’assedio di crema e alle guerre di Lodi. Ma, in un secondo tempo, il Capitano del Popolo – dalla visione un po’ stretta della difesa cittadina – passa ad un più ampio disegno. Appresta a difesa i fiumi, i passaggi, i mercati e pensa di riattare i castelli abbandonati dal Barbarossa o dai suoi vassalli: Vengono poi gli Ezzelini, con una forte triangolazione difensiva avente per spina dorsale la ghiara d’Adda. I Carraresi nel Padovano, gli Scaligeri nel Veronese, i Visconti in Lombardia. Ecco dunque, per quel che riguarda il viaggio lombardo, quattro sovrapposizioni ben nette: il castello longobardico sulle rovine del romano, gli adattamenti del Barbarossa, il borgo comunale fortificato, difeso dai cittadini sotto la guida del Capitano del popolo, finalmente il castello visconteo col successivo ampliamento sforzesco. Quest’ultimo tipo è quello che ci è rimasto pressoché intatto e che ci è quindi più familiare e più caro. Le province di Milano, di Pavia, di Novara sono ricchissime di tali castelli ed il grosso borgo milanese, colla sua
I Castelli del Ticino (…) presentano pur esse il carattere del “castello plurimo” (comprendente cioè più difese) disseminate come sono lungo le pendici della montagna (…) Piuttosto che punti fissi di difesa ad oltranza, sono veri poligoni (“capisaldi”, come si direbbe oggi) disposti a confine di uno stato. Sotto questo aspetto i laghi furono sempre considerati, anche dai Romani, difese sicure. Così il Lago d’Orta, il Lago Maggiore, il Lago di Garda. Il Lago di Como (se si toglie il Baradello) presenta, come del resto la Valtellina, castelli meno antichi (…) Il Ticino è la spina dorsale dello scacchiere castellano dei Visconti. La strada maestra dei loro domini come della loro stessa potenza (…) I Castelli dell’Olona I castelli settentrionali dell’Olona ebbero nel XII secolo – ossia durante le prime lotte comunali – una chiara missione tattica e difensiva servendo al vescovo milanese da presidio e da guardia contro i Comaschi e i nobili fuorusciti dalla città, rifugiati nel vicino Castel Seprio (…)
I Castelli del Serio Tra Bergamo e Crema, vuoi lungo il Serio che lungo l’Oglio, si trovano i castelli più forti del grande scacchiere dello della “Ghiara d’Adda”. È un settore quasi per intero occupato da castelli colleoneschi (…)
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I Castelli dell’Oglio L’Oglio attraversa il Lago d’Iseo. Si può intuire l’importanza attribuitagli dai nostri padri, dal fitto gruppo di castelli che fiancheggiano il fiume, specie nel suo primo tratto. Anche prescindendo dalla difesa strategica delle valli, il castello in quei luoghi assumeva il carattere di sentinella posta ad un passaggio obbligato, di una “mansione” per truppe di passaggio o per gente d’affari. I mercanti e i viaggiatori che passavano l’Oglio o che attraversavano il lago in direzioni diverse dovevano (come per altri fiumi del resto) pagare il “paratico” (di qui il nome del luogo al confine estremo del Lago) nonché il “ripatica” pei diritti di imbarco e di sbarco (…)
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fabbrica centrale, turrita, il ponte, le facciate in cotto, l’oratorio, il mulino – conserva indubbiamente oggi ancora un carattere misto di prosperità, di gaiezza, di forza, un che di bonario e di severo insieme (…) Gli Sforza allargheranno la cerchia del castello, fonderanno piazze d’armi e baluardi, infine non sapranno sottrarsi al lusso dei principi “nuovi arrivati”. La loro dimora non sarà più il fortilizio nordico, nepperò ancora il palazzo italiano vero e proprio; bensì un insieme delle due cose. Le pareti si coprono di policromie simulanti drappi stesi (come a Vigevano), le finestre non spiano più, ma anzi attirano l’attenzione popolare facendo bella mostra di monogrammi, di festoni, di terracotte (come a Milano, a Pavia, a Cremona). Si apprestano, si piazzano quelle che erano le artiglierie del tempo, mentre il fasto della dinastia e, nel popolo, una relativa fiducia nella stabilità politica di quella, favoriscono il sorgere di castelli “di capriccio” quasi indifesi dedicati al riposo agreste, ai passatempi, alle cacce. Si direbbe quasi un flusso arcadico fuori tempo. Ma il genio di Leonardo, forsanco spinto dagli eventi, avverte ciò che era sfuggito al Filerete. Avverte cioè che il tempo stringe. Di là dalle Alpi si lavora con maggiore intelligenza e alacrità (la stessa rocca di Soncino sarà più tardi fonte di derisione pei francesi invasori). Egli schiera i suoi ordigni di guerra, le balestre e le catapulte – disegna le chiuse dei Navigli, fortifica gli argini dei fiumi, munisce i ponti, fa tremare il paesaggio, quel tonante paesaggio che dovrà – lui vivente – piegare sotto il piede dell’assalitore. L’immane sforzo giunge tardi ed è travolto nella sconfitta. Piegarono gli animi e le cittadinanze, piegò il sistema politico e militare, ma restò infissa nel suolo la zampata gigantesca del leone toscano.
I Castelli del Chiese Se la linea dell’Oglio poteva rappresentare in antico l’ultima difesa della grande Signoria Veneta verso Milano, quella del Chiese era la naturale trincea dei Bresciani contro i Milanesi. Una specie di trincea di riserva, di compartimento fortificato a rifugio di barche e armati, può vedersi nel Lago d’Idro con quella Rocca d’Anfo – circa a metà della sponda destra – ancor oggi imponente, accigliata, agguerrita, peperò tarda, costruita dai Veneziani al tramonto del XV secolo. La parte più antica lambe le acque del lago, l’altra s’arrampica su per le balze della montagna. I Castelli del Mincio Sirmione – sopra una lingua di terra che par gettata sullo specchio del Garda – fu uno dei più importanti castelli scaligeri (…) I Castelli del Po (…) È quasi artificioso, per non dire erroneo, affermare che vi sia una linea di castelli applicati strettamente alla difesa del Po. La loro funzione era quella di guadarne le rive, compito questo che assolvevano le città coi loro ponti difesi. Essi son posti piuttosto allo sfociare dell’affluente nel grande fiume ed è qui ch’essi ci rivelano la loro missione. Il Po era di tutti e di nessuno. L’affluente invece apparteneva – per tratti- all’una e all’altra signoria (…) * tratto da: Cesare Jacini, Il viaggio del Po. Traccia storico estetica per la visita ai monumenti ed ai luoghi della Valle Padana, Vol. II Le Campagne – parte I – Lo “scenario” feudale – I grandi possedimenti ecclesiastici e laici (le abbazie e i castelli), pp. 201-298
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Brescia
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a cura di Rosanna Corini, Roberto Saleri, Paola Tonelli
Il fiume Chiese nasce dal gruppo dell’Adamello e giunge in Lombardia, nella Provincia di Brescia, come immissario del Lago d’Idro; da questo fuoriesce come emissario e, lungo tutto il suo corso, la forza delle sue acque è stata intensamente sfruttata per l’agricoltura e per usi civili, per l’azionamento dei magli, dei molini e delle segherie. Le sue acque sono state strumento dello sviluppo dell’attività siderurgica della valle Sabbia, e di quella agricola della pianura. Fin dal lontano XIII secolo le acque del fiume Chiese sono state oggetto di lunghe vertenze per l’utilizzazione delle sue risorse idriche. Le iniziative delle comunità, dei comuni e delle Signorie portarono alla costruzione delle varie Roggie e Seriole, di capillari reti di distribuzione delle acque per consentire lo sviluppo dell’agricoltura nel vasto territorio della pianura orientale bresciana. In ordine di tempo vi sono prove certe dell’esistenza del Canale Naviglio Grande Bresciano nel XII secolo, della Roggia Lonata nel XIII secolo, della Roggia Montichiara e della Roggia Calcinata nel XIV secolo, grazie alle quali, nelle zone irrigate con il fiume Chiese si è sviluppata una florida agricoltura. Verso gli inizi del XX secolo le Utenze Agricole ed industriali interessate alle acque del fiume Chiese si associarono costituendo la Società Lago d’Idro, con lo scopo di ridurre a serbatoio artificiale il Lago d’Idro, per consentire l’utilizzo regolato della risorsa idrica per la produzione di energia elettrica e per garantire le dotazioni idriche all’agricoltura della pianura orientale bresciana. Lungo il corso del Chiese si incontrano numerosi manufatti ed edifici, mulini ed opere di presa, centrali idroelettriche, chiuse, canali, che costituiscono interessanti testimonianze storiche delle attività susseguitesi nel nostro territorio nel corso dei secoli. Abbiamo così immaginato un itinerario lungo il fiume e nel tempo, illustrando fotograficamente alcune di queste realizzazioni, dalla centrale idroelettrica di Carpeneda di Vobarno, dell’inizio dello scorso secolo, al servizio delle numerose attività siderurgiche allora presenti, fino alle recenti realizzazioni di Nuvolento ed Esenta, passando per il recuperato mulino di Gavardo. A monte del centro di Gavardo dal letto del Chiese si stacca il Naviglio Grande Bresciano, in cui, per antico diritto, vengono convogliate metà delle acque del fiume, che da quel momento scorrono verso Brescia. Qui si vedono la lunga travata, oggetto di secolari contese, che permette la separazione delle acque, e l’antico mulino “a cinque palmenti”. L’attività di questo mulino è durata quasi cinque secoli, dal XV secolo fino gli anni intorno al 1970.
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Segni e paesaggi lungo il Chiese
Centrale Enel di Carpeneda di Vobarno.
Il complesso è composto da un fabbricato a pianta rettangolare, la sala di macinazione, con antistante portico e da alcuni locali contigui, adibiti ad abitazione del mugnaio. All’esterno vi è l’articolato e ingegnoso complesso per lo sfruttamento dell’energia idraulica: un canale di derivazione di notevole portata conduceva l’acqua in cinque canalizzazioni parallele, divise da strette pareti in pietra; al termine di ciascun canale una ruota in ferro a pale trasmetteva il moto ad un albero che, a sua volta, azionava la macina all’interno. L’attività del mulino cessò probabilmente anche a causa
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Centrale sul salto di Esenta inaugurata nel 2006.
Centrale di Nuvolento di prossima inaugurazione.
delle difficoltà derivanti dalle frequenti piene del Chiese, quella del 1966 arrivò fino al tetto e mise a dura prova le strutture murarie e danneggiò i macchinari. Ora la proprietà del mulino è del Consorzio Medio Chiese, che, con interventi di sistemazione negli anni 2003-2004, ha realizzato il recupero del vecchio mulino e delle aree annesse, rendendolo alla comunità di Gavardo come spazio per manifestazioni di vario genere. Percorrendo il Naviglio, fiancheggiato da una bella e molto frequentata pista ciclabile, la Gavardina, nel Comune di Prevalle si incontra la presa della centrale idroelettrica in fase di ultimazione, situata circa 700 metri più a ovest, nel comune di Nuvolento. La centrale è formata da due edifici separati, uno a piano terra e uno interrato, collegati da un corridoio sotterraneo. L’esito formale di quest’opera, di cui è previsto il collaudo per il Giugno 2009, è stato concordato con la Sovrintendenza, che, a fronte di un primo progetto che prevedeva la copertura piana, ha richiesto invece che il corpo fuori terra della centrale si presentasse con copertura a falde, per meglio inserirlo nel contesto delle costruzioni rurali
Molino di Gavardo, abbandonato negli anni ’70, ora ristrutturato ed utilizzato come sala civica.
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Molino di Gavardo.
circostanti, i paramenti laterali dei muri che guidano le acque, sono stati costruiti con pietre a vista, per ottenere un effetto meno impattante possibile. La centrale idroelettrica di Esenta, sfrutta invece l’omonimo salto del canale Arnò, derivazione della roggia Lonata; all’imponente scaricatore a gradoni, da tempo esistente, è stata affiancata una condotta interrata che conduce l’acqua alla centrale, situata ai piedi della scarpata. L’edificio si sviluppa su tre piani uno interrato e due superiori, con accesso l’uno dal piazzale antistante, quello superiore dalla strada comunale che passa alle spalle dell’edificio. La centrale idroelettrica di Esenta è stata inaugurata il 6 maggio 2002. P. T.
Como a cura di Roberta Fasola
Lingeri, Como e il lago: omaggio al paesaggio La città di Como s’apre al lago nella stagione del razionalismo. Negli studi per Como futura del gruppo CM8, il primo bacino viene delineato come una sorta di arena naturale, di nuovo fulcro compositivo ed estetico della città verso il quale fluire (1) per il piacere del popolo, perché fosse possibile nutrirsi della bellezza del suo paesaggio. Nel periodo che succede immediatamente (2) il Concorso pubblico per il Piano Regolatore per la città, prende progressivamente corpo l’idea di congiungere i capisaldi del primo bacino attraverso una passeggiata lambente lo specchio lacustre. Entro tale opera complessiva s’innesta
l’ipotesi di sistemare ed ampliare il viale Regina Margherita, che congiunge il piazzale antistante alla stazione di partenza della Funicolare per Brunate con la cosiddetta “punta di Geno”. Qui il percorso s’arresta, in prossimità del limite visivo che designa il passaggio tra il primo bacino e il Lario. Si tratta di un percorso di loisir, che sublima tale indole nel suo incedere sinuoso e lento. Riscrivere il limite tra la città e il lago si sostanzia nel ridisegno della sponda, nell’introduzione di espedienti compositivi per i natanti e nell’arditezza costruttiva delle strutture viarie pied dans l’eau. Il progetto ha un punto di svolta nell’incarico che Attilio Terragni conferisce, sul principio del 1936, a Pietro Lingeri (3), “maestro del lago” (4). L’architettura della riva verrà poi svolta, sino all’attuazione, in coordinamento con l’Ufficio Urbanistica Piano Regolatore municipale (in particolare con l’Ingegnere capo Lodovico Alfieri e l’ardito strutturista Renato Uslenghi). Nello stralcio progettuale “relativo alla prima parte”, Lingeri coniuga tre distinte anime del paesaggio e le evoca a sé, nella propria composizione: le ville e le darsene storiche presenti, l’architettura del nuovo percorso, lo specchio lacustre. Attraverso queste componenti l’opera si propone di ricavare “dall’intima primordialità il nuovo senso” delle forme. L’idea cardine che muove la composizione è quella di riscrivere il limite tra la città e lo specchio lacustre enfatizzando le sponde digradanti, creando nuovi contrappunti tra Natura Naturans e Natura Naturata, giocando con il riverbero delle acque, attingendo dai materiali propri della cultura comacina e della sua arte del ben costruire. La demarcazione tra la città e il lago viene interpretata attraverso elementi, reciprocamente innestati, che si sublimano attraverso i riflessi plumbei
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Como, Vedute della passeggiata a lago e del viale Regina Margherita, 1938-39. Comune di Como, Musei civici, Archivio fotografico Ufficio tecnico municipale.
della pietra moltrasina, alla quale la Soprintendenza affida il compito di sopire la dirompenza delle pilastrature in cemento armato (5) congegnate per dare ricovero alle imbarcazioni. Il principio del progetto è manifesto: “l’idea di sopraelevare la parte del viale destinata per la passeggiata, facilita la realizzazione di darsene e ricoveri per imbarcazioni, creando interessanti motivi per le imbarcazioni, scale e belvedere” (6). L’attuazione dell’ampliamento avrà corso, in lotti successivi, sino al principio degli anni Quaranta del secolo scorso. L’insediamento murato entra nel paesaggio lacustre dialogando con la composizione e seduce, con la sua immagine riflessa. Chiara Rostagno Note 1. Piero Bottoni, Cesare Cattaneo, Luigi Dodi, Gabriele Giussani, Pietro Lingeri, Mario Pucci, Giuseppe Terragni, Renato Uslenghi, Concorso per il Piano regolatore per la città di Como, Motto C.M.8, 1934; p. 75. 2. I documenti attestano un fitto carteggio fra l’allora podestà di Como, ing. Attilio Terragni, e Pietro Lingeri a partire dal gennaio 1936. 3. Si veda nel merito il carteggio tra Attilio Terragni, Podestà di Como e Pietro Lingeri, nel periodo compreso tra il 24 gennaio e il 29 dicembre 1936. Ne testo della “Relazione sulle offerte per l’esecuzione dei lavori” compilata a cura dell’Ufficio autonomo acque e strade del Municipio di Como, viene tracciato un affresco sensibilmente diffe-
rente degli eventi che si correlano all’avvio della progettazione dell’opera: “A seguito della pubblicazione avvenuta in data 14 aprile 1936 del nuovo Piano Regolatore che prevede l’allargamento del Viale Regina Margherita, l’On. Amministrazione provvedeva a far compilare il progetto relativo all’architetto Lingeri”. Si rimanda a: Municipio di Como, Ufficio autonomo acque e strade, Allargamento viale Regina Margherita, Relazione sulle offerte presentate dalle imprese in evasione all’invito del 15-1-1937 XV, n. 528. In Archivio Municipale di Como, fasc. Allargamento di viale Regina Margherita, 1935-1940. 4. Luigi Spinelli, “1938-1944: razionalismo comacino”, in Chiara Baglione e Elisabetta Susani (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968, Electa, Milano, 2004, pp. 99-110. 5. Municipio di Como, Ufficio autonomo acque e strade, Allargamento viale Regina Margherita, Relazione sulle offerte presentate dalle imprese in evasione all’invito del 151-1937 XV, n. 528. In Archivio Municipale di Como, fasc. Allargamento di viale Regina Margherita, 1935-1940. 6. Si rimanda alle note manoscritte compilate nel febbraio 1937 sul testo della Relazione ampliamento viale Regina Margherita in Archivio Municipale di Como, fasc. Allargamento di viale Regina Margherita, 1936-1938. Il progetto consiste in una Relazione e cinque tavole grafiche.
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a cura di Fiorenzo Lodi
Le canottieri cremonesi, edifici per l’acqua Rapporto atavico quello tra l’uomo e l’elemento più diffuso sulla terra. Lo fugge in certe occasioni, ma finisce sempre per cercarlo, l’acqua. Le grandi civiltà si sono sviluppate attorno ai grandi fiumi. In termini più ridotti ma non meno preziosi, le Genti cremonesi sono sopravvissute grazie alle attività legate alle acque dei suoi fiumi ed alla loro distribuzione sul territorio, rubato con l’azione di bonifica svolta dagli “arzenisti e seriolanti”, sempre in lotta per contendersi suoli e acqua. Oggi il Po, obbligato nel suo letto, allontana da sé le funzioni di un tempo e lascia spazio alle attività rigeneratrici delle società canottieri. L’acqua malata da veleni di ogni tipo oggi si propone come veicolo per quelli che ancora non lo conoscono; l’accompagna l’amica di sempre, Brezza, che ci vezzeggia nelle giornate più afose e mordicchia durante quelle più fredde. Alle datate colonie elioterapiche del periodo tra le due guerre oggi si sono affiancate 6 Società canottieri. Si sviluppano a ridosso del ponte stradale e ferroviario per
Colonie elioterapiche.
oltre 1 km e per una profondità di circa 200 metri. Occupano una superficie di circa 230.000 mq; pontili mobili sul fiume permettono il contatto fisico con le acque. Ma gli oltre 14.000 soci che le animano, ormai prediligono l’utilizzo delle piscine che ne punteggiano la riva e le più sofisticate e multiformi vasche per idromassaggio. Colonie Padane Erano la sede delle Colonie elioterapiche e ricreative per l’infanzia “Roberto Farinaci”. Immerse in uno splendido parco di circa 50.000 mq, d’estate erano usate per concerti e manifestazioni culturali. I lavori di ripristino, terminati nel 2004, dopo la devastante piena del 2000, hanno restituito alla città un’area verde estremamente versatile; utile per svariate forme di intrattenimento; si trovano nella zona sud-est della città, nel parco di interesse sovracomunale “Parco del Po e del Morbasco” in fregio al Fiume; l’ampia zona è caratterizzata dalla presenza di una struttura architettonica a forma di poppa di nave, ora parzialmente utilizzata. L’insieme manifesta, per l’ubicazione e la ricca vegetazione, una notevole valenza paesaggistica. Baldesio La Sezione Canottieri, nell’ambito della “Società ginnastica”, è nata nel 1887. Nel decennio dal 1930 al 1940 viene inaugurata l’attuale sede storica dove si ospitano numerose iniziative sportive di livello nazionale ed internazionale, si potenzia l’attività del nuoto fino ad allora praticata nel Po. Le cronache dell’epoca esaltano la bellezza e la maestosità dell’architettura fascista. Dopo la guerra si ritorna lentamente alla ripresa della pratica dello sport, del ballo e del divertimento estensivo; di quegli anni l’approvazione del progetto della piscina e l’inizio dei lavori. Le frequenti esondazioni segnano il tempo del sodalizio. Nei decenni successivi si realizza la club house, discusso e criticato edificio; conferirà un tono più signorile alla società. Nel 1994 la nuova piena, dopo quelle del ’51 e del ’76, invade e sommerge ogni cosa con quasi 2 metri d’acqua:
Baldesio.
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Cremona
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i danni sono ingenti, ma le attività agonistiche e ludiche continueranno; oggi un nuovo edificio sta per essere realizzato. DLF Nel 1996 un ambizioso progetto coinvolge l’intero corpo dei soci del gruppo canottieri del DLF. La società, si sviluppa sul fianco nord Ovest del ponte ferroviario su 50.000 mq, di cui 15.000 fronte fiume. La prima fase, zona dell’acqua, è completata sin dal 1997. Lo studio D.A. coordinato dal collega Terzi termina l’intero progetto in poco più di 10 anni. Nel corso del 2008 viene inaugurato: un grande edificio per una superficie di oltre 2.000 mq, che ospita la palestra, gli spogliatoi, i servizi, gli uffici ed il centro benessere. La carrozza simbolo del mondo ferroviario, la stazione di Lambrate, opera di Gardella, il parallelismo con il fiume sono le idee lungo le quali si sono sviluppate le ipotesi compositive del progettista per il grande edificio. Evidente lo sforzo di raccordare la verticalità delle pareti esterne con la gronda ed il tetto, curvandolo e segnandone il limite, molto in basso, quasi a voler ridurne la mole. Il popolo cremonese non si discosta dagli altri, ama la vicinanza dell’acqua, si cura delle rive, nel cui letto è contenuto il prezioso liquido, dove ama cimentarsi e svagarsi senza disdegnare un approccio più ravvicinato con la vecchia signora che continua, un pò più giù, a scorrere e cantare con Brezza il verso dell’eterno rumore, ora più composito. Gian Paolo Scaratti
Canottieri ferrovieri: particolare dell’edificio che ospita il centro benessere, la palestra, gli spogliatoi e gli uffici.
Lecco a cura di Enrico Castelnuovo e Maria Elisabetta Ripamonti
Intervista a Marco Castelletti Il progetto che presentiamo in questo numero è un’opera di Marco Castelletti situata presso il Lago del Segrino, in una zona di confine tra le province di Lecco e di Como. Le foto del progetto si trovano alle pagine 6, 9, 12, 16, 19, 20, 25 e in copertina. Abbiamo scelto questo esempio di bella architettura perché essa “dialoga” con il luogo in modo molto sensibile. Il lago del Segrino è un piccolo specchio d’acqua molto rinomato per la sua pista ciclo-pedonale che lo circonda e negli ultimi anni sta fungendo da oasi per molte persone che lo scelgono per l’assoluta tranquillità. La scelta di “regimentare” le acque in modo molto leggero pare un ottimo contributo in rispetto del genius loci di questo fragile ecosistema. Ringraziando Marco Castelletti e i suoi collaboratori per la disponibilità dimostrata, pubblichiamo qui di seguito l’intervista che ci ha rilasciato. Qual è la filosofia dell’intervento? Fino a che punto hai voluto che le tue scelte influissero sulla fruizione del lago? Quando mi fu affidato il progetto dello stabilimento balneare del Lido del Segrino esisteva un progetto di massima che prevedeva un edificio interrato, nella convinzione che tale soluzione fosse la più idonea da inserire nel parco. Il mio merito è stato quello di convincere la committenza su una filosofia dell’intervento che rendesse visibile la trasformazione in atto con un’idea che, legandosi in maniera inequivocabile alle presenze naturali e storiche, disegnasse il paesaggio e dialogasse sia con la sponda del lago che con il percorso pedonale di passaggio che lo circonda. Se mi è consentito trovare un paragone di eccellenza mi torna alla mente Curzio Malaparte che amava ripetere agli ospiti che gli chiedevano notizie sulla casa di Capri, che questa esisteva già e lui aveva disegnato il paesaggio. A cosa ti sei ispirato per disegnare questa “cerniera” tra elemento naturale ed architettura? L’integrazione tra architettura e natura coniuga una poetica che sta in equilibrio tra la lezione astratta del razionalismo comasco, per le semplici geometrie cartesiane della costruzione, e la tradizione dell’architettura giapponese, per l’empatia che il leggero padiglione trasmette al visitatore. L’ispirazione sull’uso dei materiali è venuta dal luogo, la presenza delle rocce naturali affioranti attorno al lago ha generato il disegno del fronte verso strada attraverso un
processo di “superfetazione della materia” e l’utilizzo del legno per il padiglione è in sintonia con le presenze naturali.
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Come risolve il progetto la relazione tra acqua ed edificio? Il progetto ha previsto il ridisegno della conformazione della riva del lago creando un piccolo bacino interno disegnato dalla presenza dei due moli in legno che si staccano dal padiglione secondo i due assi principali dell’edificio, uno in direzione del lago e l’altro parallelo alla sponda. In questo modo chi entra dalla strada nel lido viene catturato dalla vista del pontile che indica, come in un quadro rinascimentale, il fondo del paesaggio del lago, chiuso dai declivi delle montagne, e per chi arriva dal lago il molo diventa un prolungamento dell’edificio che collega il volume sospeso all’acqua. Il progetto ha avuto molti riconoscimenti, anche internazionali; qual è il motivo di un’architettura così riuscita? Il motivo di fondo sta proprio nell’aver disegnato un’architettura che si integra e si fonde nel paesaggio in cui è inserita. Spesso si privilegia un’architettura “iconica” nella quale il gesto progettuale prevale sul contesto e dove il risultato diventa autoreferenziale e fine a se stesso. Lo stabilimento balneare del Lido del Segrino rimane antitetico a questo modo di concepire l’architettura e questo atteggiamento è sempre stato un’aspirazione dei miei progetti. Al primo premio ricevuto a Londra nel dicembre 2004 sono seguiti gli altri riconoscimenti fino alla recente pubblicazione nell’Atlante dell’Architettura del XXI secolo ed ancora oggi, a distanza di cinque anni dall’ultimazione dei lavori, viene spesso richiesto dalle riviste di settore. E. C. e M. E. R.
Planimetria.
Schizzi di progetto.
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Mantova Come un palo piantato sulla riva Il mio primo progetto per il Campo Canoa di Mantova risale al 1994 e non differisce da quanto realizzato, almeno per quanto riguarda la sistemazione paesaggistica delle attrezzature prospicienti il lago. L’area era occupata da pioppeti privati e frequentata solo da spacciatori e prostitute; nelle intenzioni dei promotori, l’impianto sportivo doveva soddisfare esigenze funzionali legate allo svolgimento di manifestazioni nazionali ed internazionali ed era già stata ipotizzata la costruzione di un prefabbricato industriale per la palestra ed il centro nautico, oltre all’installazione di una gradinata metallica di tipo tradizionale da posizionare sulla riva accanto ad un’altra struttura aperta in acciaio, da destinare a torre per i giudici di gara. La straordinaria bellezza del panorama cittadino ha letteralmente stregato chi ha, da subito, accettato e sostenuto la proposta di un approccio minimale e filologico, impostazione che, almeno nelle intenzioni, caratterizza le intenzioni progettuali. Come un palo piantato sulla riva, il parallelepipedo elementare dei giudici di gara origina turbolenze nelle lente
Schizzo di studio.
Vista dal Lago Inferiore.
acque del canale e le onde che lambiscono il terreno si trasformano nel sinuoso ripetersi dei curvilinei terrazzamenti in legno. Il fabbricato principale, costruito a ridosso del paleoalveo, non supera i 5 metri di altezza dal piano stradale e, sfruttando il dislivello esistente, si costituisce come un’ampliamento del vecchio argine fluviale; secondo il principio costruttivo degli antichi bastioni di difesa, la gran parte del fabbricato si colloca nel sottosuolo ed è coperta da un’ampia terrazza panoramica che si costituisce come un vero e proprio giardino pensile a livello del piano stradale. La sala conferenze, unico corpo emergente, è collegata all’argine con una leggera passerella d’acciaio che reinterpreta il particolare tipo di soglia che collegava le case sull’acqua, svago perduto di molti mantovani doc. A 15 anni di distanza dalla costruzione del primo lotto, l’area è stata pienamente restituita alla collettività e costantemente si anima di quel tessuto sociale che ne riempie le molteplici funzioni sociali di luogo per il divertimento collettivo e per la meditazione solitaria. Il costo complessivo dell’intervento, espropri compresi, non ha superato il milione di euro ed il centro di allenamento è da tempo sede degli allenamenti della nazionale, oltre che punto di riferimento per il Coni provinciale e per diverse associazioni di volontariato ed animazione sportiva. Gianni Bombonati
Modello della riva del Lago Inferiore.
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a cura di Elena Pradella e Nadir Tarana
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Milano a cura di Roberto Gamba
Architettura dell’acqua in provincia di Milano: interventi sui Navigli Milano punta oggi sulla rivalutazione dei Navigli, con progetti di restauro e di riutilizzo, come parti di un paesaggio storico e come strumenti di rivitalizzazione e di sviluppo turistico. Giuliana Panzeri illustra i suoi progetti per le conche del Naviglio Pavese, alle porte del capoluogo. La società Navigli Lombardi, che persegue la salvaguardia, la gestione e valorizzazione dei Navigli e delle relative pertinenze, gli interventi per la riattivazione sperimentale della navigazione del Naviglio Grande e l’attività di consolidamento e di messa in sicurezza delle sponde e della strada alzaia (progetti di Giuseppe Minei e Fabrizio Gurrado). Restauro della Conchetta e della Conca Fallata Il “Master Plan Navigli” della Regione Lombardia prevede il recupero delle conche di navigazione e l’utilizzo dei dislivelli idraulici per la produzione di energia rinnovabile. Le prime due conche restaurate su progetto di Giuliana Panzeri sono la Conchetta e la Conca Fallata in Comune di Milano. Dopo quasi trent’anni di disuso, i due bacini sono nuovamente utilizzabili, per superare con imbarcazioni i dislivelli del canale (quasi due metri la prima, 4,7 metri la seconda). Il restauro è stato attuato dal Consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi, con il coordinamento dell’Istituto per i Navigli – Associazione Amici dei Navigli. La Conchetta è la prima e più piccola delle quattordici conche che si incontrano lungo il Naviglio di Pavia, a partire dalla Darsena in Milano.Le porte vinciane in ferro del ‘900 (3 t per anta le portine di monte e 4 t i portoni di valle) sono state ricostruite con nuove porte lignee, sul modello originale, ricavato da documenti d’archivio. Ugualmente è stato ricostruito il casello ottagonale di servizio, in mattoni, in sostituzione della casetta metallica novecentesca. La pulitura, il consolidamento, il risanamento del corpo edilizio è stato effettuato dopo uno studio storico preliminare, seguito da un esame stratigrafico dei manufatti rilevati, svolto in collaborazione con il laboratorio di diagnostica del Politecnico. La Conca Fallata, in zona Chiesa Rossa, è la seconda e la più alta delle conche. È costituita da due canali paralleli: uno laterale, detto “scaricatore o di soccorso”, l’altro posto a fianco che è bacino navigabile di minori dimensioni.
Conchetta, prospetti.
Conca Fallata, sezione.
Il manufatto della conca, costruito nel 1805, per coprire un salto di 4,7 metri, era attrezzato con due porte vinciane. Il recupero architettonico è stato esteso allo sfruttamento energetico del salto idraulico, con l’inserimento di una minicentrale idroelettrica, nel canale derivatore, a cura della Società Aem, con portate variabili fra 7 e 10 m3/s (produzione media di circa 300 kW elettrici). Approdo navigazione. Ponte dello Scodellino alla Darsena di Milano L’intenzione del progetto attuato dalla società Navigli Lombardi è stata quella di predisporre una struttura reversibile, nell’attesa della costruzione del parcheggio interrato in Darsena, della relativa sistemazione delle aree in superficie e la rilocalizzazione definitiva dell’approdo. Il nuovo approdo provvisorio si appoggia sull’esistente banchina di scarico merci, a monte del Ponte dello Scodellino, dotata di un accesso a quota strada, attraverso un varco nel parapetto in pietra e uno attraverso una rampa di scale a monte, in prossimità del ponte. La struttura si appoggia alla banchina con una pedana in plance di legno; è larga 120 cm e sporge di 60 cm, parallelamente al bordo attuale, con uno sbalzo sostenuto da pali infissi nel letto del canale. Una finitura della pavimentazione in vetro o policarbonato trasparente, con l’illuminazione da sotto piano, valorizza le preesistenze, rendendo visibile dall’alto della strada Alzaia, le bitte per l’ormeggio e la rizzata sottostante. Per il parapetto si è scelta una reinterpretazione del portale trilitico in pietra, tipico dei Navigli; per la chiusura del percorso, un portale in ferro corten.
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Ripristino delle sponde del Naviglio Grande Il Naviglio Grande (1151-1457), il più antico esempio di canale irriguo e navigabile che collega il Ticino a Milano, è tuttora classificato come canale navigabile di 2a categoria. La società Navigli Lombardi, dal 2006, a titolo sperimentale, vi ha riattivato la navigazione a scopo turistico e si è occupata della riqualificazione e della messa in sicurezza delle sponde e della strada alzaia, adibita a pista ciclopedonale, per i comuni di Magenta, Robecco sul Naviglio, Boffalora sopra Ticino, Cassinetta di Lugagnano, Albairate e Corsico. Tre sono stati gli interventi esemplificativi, a Albairate, Cassinetta e Boffalora, con il ripristino dei valori architettonici dei tratti di sponda; la ricostruzione del paramento murario con elementi e materiali di recupero; il decespugliamento delle aree; il ripristino del manto stradale e della segnaletica; il consolidamento strutturale con micropali (a Albairate), oppure con l’infissione di palancole Larssen della lunghezza di m. 6,00 e del peso di kg/mq 130. R. G.
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Approdo, Darsena.
Pavia a cura di Vittorio Prina
L’abbraccio del Naviglio a Pavia Città romana La forma urbana del centro storico di Pavia – cardo, decumano e reticolo ortogonale con isolati di 80 iugeri di lato di origine romana – si è mantenuta nei secoli esclusivamente in ragione delle infrastrutture realizzate dai romani e ancora presenti nel sottosuolo della città; specificatamente grazie al tracciato, corrispondente alle vie, dei condotti fognari che hanno impedito rilevanti interventi relativi alla morfologia urbana poiché la loro modifica avrebbe sconvolto il complesso sistema di controllo delle acque. I citati condotti esistono ancora: durante uno scavo archeologico effettuato in seguito al crollo della Torre Civica, lungo la via a fianco della torre stessa, erano ancora visibili l’acciottolato romano e i sottostanti condotti fognari. Pavia è stata ed è attraversata da cavi, rogge, corsi d’acqua che determinano una serie di infrastrutture che punteggiano il territorio.
Conchetta, cantiere.
Il Naviglio Il Naviglio che proviene da nord “abbraccia” il centro storico di Pavia cingendolo con lungo braccio curvo che lo delimita lungo il perimetro a est sino alla confluenza ove si allarga, quale una mano che si immerge nel Ticino.
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Veduta dell’epoca delle conche del Naviglio in prossimità della confluenza con il Ticino, Pavia.
Veduta delle fognature e dell’acciottolato romani durante gli scavi archeologici a fianco della Torre Civica crollata, Pavia.
Lo sviluppo di Pavia rimane confinato all’interno dei bastioni sino alla fine dell’Ottocento. I primi interventi esterni alla cinta muraria sono limitati alle vie di trasporto e alle infrastrutture fondamentali che hanno determinato la costituzione del paesaggio. Il Naviglio Pavese nel 1816 è realizzato sino a Pavia e nel 1819 viene inaugurato l’ultimo tratto dotato della “scala d’acqua”, il sistema di conche e il porto che permettono lo sbocco nel Ticino. Molto noti sono gli studi e i disegni redatti da Leonardo da Vinci, all’epoca presente a Pavia, relativi alle conche e ai portelli del Naviglio. Verso la fine dell’Ottocento viene edificato il Borgo Calvenzano, un sistema di magazzini e residenza a servizio del Naviglio, costituito da isolati regolari stretti e allungati, dotati di corti interne e portici prospicienti il corso d’acqua in prossimità della darsena, a lungo utilizzata quale porto. Il Naviglio è perfettamente navigabile, ed è utilizzato nei primi anni del Novecento per il trasporto di merci e passeggeri tra Milano e Pavia. Un complesso sistema composto da bacini, scale d’acqua, conche con edicole a pianta ottagonale, ponti e passerelle, bastioni e canali rivestiti da lastre in pietra e bacino di drenaggio per le imbarcazioni alla confluenza con il fiume Ticino, caratterizza il tratto pavese (1). Lungo il tracciato tra Milano e Pavia è senza dubbio da
Veduta dell’epoca delle canalizzazioni realizzate da Gaetano Ciocca nella campagna vicino a Garlasco.
ricordare il grande complesso Molini Certosa che, dotato di canali, chiuse, residenza del guardiano idraulico, utilizzava le acque per la produzione di energia. Ancora nei primi anni del Novecento viene riproposta l’idea di un porto alla foce del Naviglio: di particolare fascino appare il progetto, non realizzato, costituito da terrazzamenti digradanti e bacini pensili a spina di pesce, pensato nel 1910 dall’ingegner Darwino Salmoiraghi. A partire dal 1880 sorgono nel primo anello periferico le prime industrie limitrofe alle linee ferroviarie e al Naviglio. A questo proposito, a ridosso del corso d’acqua, sono state studiate e solo in parte realizzate una serie di condotte forzate sotterranee che prelevano l’acqua e la restituiscono più a valle al fine di un utilizzo quale forza motrice per la produzione di energia elettrica per le industrie.
Gaetano Ciocca “Nativo di Garlasco, in provincia di Pavia, Gaetano Ciocca costituisce una figura complessa di ingegnere, inventore, architetto, urbanista, agricoltore, scrittore, senz’altro un precursore: collabora con i BBPR per alcuni progetti, tra i quali il concorso per il Piano Regolatore di Pavia del 1934, propone innumerevoli brevetti, una ‘strada guidata’ (una sorta di monorotaia), case sperimentali, case-macchine, il cui sistema costruttivo anticipa la prefabbricazione, cascine modello, prototipi di case rurali, teatri di massa, teorie relative alla città corporativa, economia, alimentazione, allevamento, agricoltura, reti viarie e trasporti… Numerosi studi, progetti e realizzazioni sono dedicati a sistemi di canali di drenaggio per la bonifica delle campagne, canalizzazioni e fognature iniziati negli anni Venti. Nel 1938 vari impegni di lavoro (canalizzazioni e drenaggi) lo impegnano a fianco di Aleati (ingegnere pavese, n.d.r.) nel territorio pavese. Tali lavori si prolungano fino al 1939 e includono un ‘prosciugamento dell’abitato di Garlasco’: un abbassamento del livello della falda acquifera dell’area mediante canali drenanti realizzati con ‘palancole in ferro costruite secondo il brevetto Ciocca’” (2). Nel 1940 “Ciocca e Aleati ottengono con il loro sistema di ‘canali drenanti rivestiti di calcestruzzo’ realizzati a Garlasco, il secondo premio in un concorso indetto dalla rivista ‘L’Industria Italiana del Cemento’. La relazione della giuria riporta: ‘Nel sistema descritto, il canale drenante è costituito di elementi di calcestruzzo cementizio predisposto fuori opera (…) dimostrandosi l’assoluta convenienza di questo sistema a elementi in calcestruzzo rispetto alle ben note e tradizionali viminate che sono soggette a rapido deperimento’” (3). I citati progetti sono ripresi da Ciocca nel 1958 nell’ambito di un nuovo piano d’intervento. Le realizzazioni di Ciocca modificano il territorio e lo incidono con una vasta trama di canalizzazioni, a servizio delle bonifiche e dell’agricoltura, costituendo peraltro opere complesse che in alcuni luoghi nodali determinano opere infrastrutturali composte da microarchitetture: canali sovrapposti e incrociati, ponticelli, chiuse, ecc. V. P. Note 1. Si veda: AA.VV., In viaggio sui Navigli. Il Naviglio pavese da Milano al Ticino, Skira, Milano, 2001. 2. J. Schnapp (a cura di), Gaetano Ciocca. Costruttore, inventore, agricoltore, scrittore, Skira, Milano, 2000, p. 172. 3. J. Schnapp, op. cit., pp. 178-79.
Varese a cura di Enrico Berté e Claudio Castiglioni
Il lungolago di Porto Ceresio L’Amministrazione comunale di Porto Ceresio recentemente ha realizzato un “Lungolago” pedonale, che consente di raggiungere la piazza P. Bossi dalle piazze Luraschi e Sant’Ambrogio, cioè il centro con la fontana ed i principali esercizi pubblici.
Lungolago di Porto Cenesio.
Si è provveduto anche a dare un’adeguata sistemazione alle preesistenti porzioni stradali in prossimità della chiesa e alla relativa viabilità. Il nuovo “Lungolago” edificato sull’acqua, e che passa davanti a case di abitazioni private, a ristoranti e bar, ha dovuto tenere in considerazione che le imbarcazioni dei cittadini potessero agevolmente passare attraverso e sotto le sue nuove strutture per accedere dalle darsene al lago stesso. Come viene evidenziato dalle fotografie i materiali adottati
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Queste condotte avrebbero dovuto apparire in superficie in forma di elementi architettonici che avrebbero segnato il paesaggio lungo tutto il corso del Naviglio stesso: canali secondari, bastioni, conche, scalinate, terrazzamenti, edifici, piccoli padiglioni tecnologici, passerelle, ponti e sovrappassi multipli, incrociati e sovrapposti…
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Viste del lungolago di Porto Ceresio.
sono: ferro per le parti strutturali verticali e orizzontali e listoni di legno per la pavimentazione; pure in ferro sono i parapetti dotati di fioriere in legno verso il lago. Sono stati previsti luoghi per la sosta delle persone, alcuni con panchine in ferro e legno, altri in granito in forma di cubi o con andamento curvilineo. I parapetti in ferro, pur se a disegno semplice e con l’altezza prescritta per la sicurezza, consentono tuttavia la massima visibilità del lago e del panorama, che è un’attrattiva turistica di elevato livello. L’illuminazione è stata prevista con lampioni e faretti inseriti nelle panchine in granito. A completamento dell’opera si è provveduto ad un’adeguata piantumazione. Da informazioni assunte presso l’Ufficio tecnico del Comune di Porto Ceresio, la progettazione è stata redatta dall’arch. Stefano Ferrari, mentre la realizzazione delle opere da parte dell’impresa appaltatrice e delle ditte esecutrici delle finiture è avvenuta anche sotto il controllo dell’Ufficio Tecnico e dall’Assessorato ai Lavori Pubblici del Comune stesso. E. B.
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a cura della Redazione
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Regione Lombardia e Ordini Professionali per la difesa del suolo Su iniziativa dell’Assessore regionale al Territorio e Urbanistica Davide Boni è nata una nuova iniziativa che vede il coinvolgimento e l’impegno degli Ordini Professionali delle diverse discipline territoriali a fianco di Regione Lombardia per migliorare l’equilibrio idrogeologico del territorio e promuovere uno sviluppo compatibile con le dinamiche naturali del suolo e dell’acqua. L’idea è nata dalla constatazione che in Lombardia, a partire dall’evento alluvionale che ha colpito la Valtellina poco più di vent’anni fa, si sono sviluppate competenze progettuali e realizzative di eccellenza, un patrimonio che chiede solo di essere curato, accresciuto e divulgato, per poter dare frutti in termini di sicurezza e qualità territoriale per tutti i cittadini della Lombardia. È stato quindi creato un tavolo di lavoro comune che vede la presenza degli Ordini degli Architetti, degli Ingegneri, dei Geologi, dei Geometri e dei Dottori Agronomi e Forestali, insieme a tecnici e funzionari regionali. Gli obiettivi comuni riguardano lo sviluppo e la diffusione di conoscenze e capacità professionali in un settore complesso e fortemente specialistico, quello della difesa del suolo, nella consapevolezza che la qualità della progettazione delle opere strutturali, l’attenzione alla valutazione preventiva del rischio
nella definizione delle scelte di pianificazione delle trasformazioni territoriali e la diffusione della conoscenza delle dinamiche naturali del territorio e delle soluzioni per una serena convivenza con esse rivestono una notevole importanza in rapporto alla qualità della vita dei cittadini e all’attrattività territoriale. Dal punto di vista operativo sono state concordate due modalità di lavoro: dei momenti di confronto strategico, che vedranno la partecipazione dell’Assessore Boni con i Presidenti delle Consulte Regionali degli Ordini interessati, nei quali verranno man mano definite e valutate le iniziative da attivare; un tavolo di lavoro tecnico che darà attuazione alle iniziative concordate. La prima iniziativa, che prenderà il via entro il mese di maggio, riguarda lo sviluppo di indicazioni e linee guida per la progettazione degli interventi strutturali nel settore della difesa del suolo, con riferimento sia alle opere idrauliche sia alle opere di stabilizzazione dei versanti. Alcuni criteri ispiratori del lavoro, sottolineati da tutti i partecipanti al primo incontro incontri riguarda l’importanza di garantire un approccio interdisciplinare, di valorizzare gli aspetti di conoscenza preventiva della situazione dell’area oggetto di intervento, di collocare i singoli interventi nel contesto più ampio dell’equilibrio del bacino idrografico. Adriana May Regione Lombardia Direzione generale Territorio e Urbanistica
“Altra sede” della Regione: cantiere aperto Il complesso di “Altra Sede”, opera in costruzione che ospiterà gli uffici di Regione Lombardia, ha aperto le porte per accogliere due giorni di visite guidate riservate ai professionisti del settore, progettisti e tecnici delle costruzioni. L’insieme architettonico, progettato dallo studio newyorkese Pei Cobb Freed Partners, Caputo
partenership e Sistema Duemila rappresenta l’elemento centrale nel piano di riqualificazione del polo milanese Garibaldi-Repubblica. La visita ha permesso di osservare da vicino le due torri in ferro e vetro avvolte l’una sull’altra per un totale di 167 m di altezza, costruite al centro di un edificio sinusoidale, mostrando soprattutto le soluzioni tecni-
co-costruttive adottate, tra cui i pannelli fotovoltaici inseriti nella doppia pelle vetrata della facciata. Le sessioni guidate sono state precedute dalla proiezione di un video-documentario dedicato agli elementi progettuali ed esecutivi descritti dalla relazione del prof. Mola, docente del Dipartimento di Ingegneria strutturale del Politecnico di Milano, nonché progettista delle strutture del complesso. L’evento è stato promosso da “Infrastrutture Lombarde Spa”, società di capitali partecipata da Regione Lombardia nata allo scopo di gestire l’attuazione dei nuovi progetti infrastrutturali regionali. Oltre agli spazi riservati alla Regione, “Altra Sede” parteciperà alla vita cittadina offrendo banche, spazi di socializzazione e di esposizione, ristoranti ed una scuola materna.
Biblioteca dell’Ordine di Milano Apre al pubblico la Biblioteca dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano: una raccolta tematica composta da circa un migliaio di volumi di architettura milanese e lombarda e da alcune migliaia di fascicoli delle principali riviste di architettura italiane. L’obiettivo è diventare punto di riferimento per la storia dell’architettura di Milano e provincia dal 1900 alla contemporaneità, attraverso la diffusione della conoscenza degli architetti e del loro lavoro Tutti i testi potranno essere consul-
tati su appuntamento: il giovedì mattina dalle 9:30 alle 13:30 e il venerdì pomeriggio dalle 14:30 alle 18:30 in v. Solferino 19 a Milano. Prenotazioni telefoniche: 0262534356, o via mail: biblioteca@ordinearchitettimi.it. Consultando la sezione online della Biblioteca sarete aggiornati sulle recenti acquisizioni, la recensione del “Libro del mese”, i pezzi rari o più interessanti selezionati dal nostro patrimonio librario. Si promuove la donazione di testi e pubblicazioni.
Dal 5 al 10 maggio 2009 si è svolto presso il Parco Lineare di San Michele di Ganzaria, in provincia di Catania, la quinta edizione di “Picnic al tempio”, workshop di progettazione e costruzione istantanea ideato da NOWAlab, a cura di Mario Lupano, Marco Navarra e Alessandro Rocca. Il tema di quest’anno è “building texture” e invita studenti, tutors e critici di discipline diverse, come architettura, arte, moda, scrittura e narrazione, a sperimentare le molteplici valenze e potenzialità del concetto di texture. In ambito progettuale, ad esempio, il termine texture rimanda a nozioni complesse come “superficie”, “struttura” e, soprattutto, “trama” quale principio, al contempo, spaziale e temporale, morfologico e compositivo che regola un insieme. Così come la trama di un tessuto è la maglia che – sintatticamente – unisce fili e nodi. D’altronde la sapienza antica ha sempre visto nell’arte della tessitura il simbolo stesso del mondo e nei gesti compiuti al telaio la mimesi degli atti della creazione. A partire dalla nozione di texture, nel Parco hanno preso così vita una serie di installazioni, laboratori ed eventi open air che hanno intrecciato fra loro pratiche e prospettive differenti. Il nodo centrale di
tutta la manifestazione è, però, il Parco stesso. Inaugurato nel 2001, il Parco Lineare nasce su progetto di Marco Navarra che ha convertito una vecchia strada ferrata in disuso in un percorso pedonale e ciclabile che si snoda, nel cuore della Sicilia, fra il verde e alcuni fabbricati recuperati come luoghi attrezzati per la sosta. Il progetto di riqualificazione – che ha vinto nel 2003 la Medaglia d’Oro all’opera prima per l’Architettura Italiana della Triennale di Milano – ha permesso così di creare un’infrastruttura leggera lungo la quale ridefinire e valorizzare le funzioni del territorio. Anche l’idea del workshop “Picnic al tempio” nasce dall’amore dell’architetto Navarra per la sua terra. Nel corso degli anni, infatti, la natura, particolarmente rigogliosa in questa parte della Sicilia, stava inghiottendo l’area dell’intervento. Di qui l’idea di organizzare ogni anno, all’interno del Parco, delle attività umane in grado di ristabilire un rapporto equilibrato fra paesaggio naturale e ambiente costruito, sensibilizzando, al contempo, sul tema grazie a intelligenti attività didattiche e creative. Per maggiori informazioni: ww.picniclab.net Sonia Milone
Parco Teresio Olivelli a Tremezzo Stendhal racconta, nel resoconto dei suoi viaggi italiani, dopo aver visitato il lago di Como, di come “il soggiorno a Tremezzo sia un incanto per i sensi, occasione per rilassarsi davanti alle meraviglie della natura e dell’ingegno umano, con il camminare tra i vicoli dei suoi
borghi in collina ed il visitare le ville storiche ed i loro parchi”. Oltre alla la celebre Villa Carlotta (XVIII secolo - oggi museo) ed il suo rinomato giardino botanico, emergenza notevole è anche il Parco a lago, in cui il Lingeri ripropose il giardino all’italiana di Villa Colonna a Roma e che col
tempo divenne area attrezzata aperta al pubblico. Il Comune di Tremezzo (Co) bandisce nel 2007 un Concorso d’idee per il recupero e la riqualificazione funzionale dell’ambito costituito di questo Parco comunale e delle sue strutture, con una previsione di infrastrutture ed attrezzature per una sua migliore gestione, conservazione e valorizzazione, e che vede l’aggiudicazione del 1° premio agli architetti Davide Corti, due giovani omonimi e soci. Lo scorso 25 aprile, in occasione delle cerimonie commemorative della Liberazione, il Parco civico, intitolato 30’anni fa a al partigiano cattolico Teresio Olivelli - Medaglia d’oro della Resistenza e reduce della campagna di Russia, ucciso nel campo di sterminio di Hersbruck (Germania), autore della preghiera “Ribelli per amore”, per il quale è aperto anche il processo di beatificazione - è stato ricon-
segnato alla cittadinanza. Lo spazio verde ristrutturato vuole così essere luogo di bellezza, ma anche di memoria delle sofferenze causate dalla guerra e dalla dittatura. Il progetto per la riqualificazione del Parco ha voluto riportare in luce l’essenza del progetto originale, una delle prime opere dell’architetto Pietro Lingeri, valorizzando la naturale bellezza del luogo, affiancandovi una natura artificiale dalle forme espressive: sotto le chiome degli alberi del parco crescono alberi di metallo . Raccontano i rami spogli degli alberi d’inverno quando la guerra che si combatte è più dura, raccontano ancora l’intreccio dei reticolati dei campi di concentramento. Attraverso la metafora degli alberi tra gli alberi, il monumento al partigiano dà forma alla sua storia. Roberta Fasola
Lecco: conferenze sulla qualità architettonica La Commissione Giovani dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Lecco, e il Gruppo Giovani Imprenditori Edili di ANCE Lecco, propone, da maggio ad ottobre 2009, presso la Casa dei costruttori ANCE (via A. Grandi 9, Lecco), un ciclo di conferenze sull’architettura dal titolo: “La qualità architettonica: un obiettivo comune”, tema guida del Congresso Mondiale dell’Architettura, tenutosi a Torino nel 2008. Dalla sinergia tra i giovani architetti ed i giovani imprenditori edili è nata la decisione di sensibilizzare colleghi, operatori e fruitori su un corretto modo di fare architettura, poiché solamente dalla cooperazione tra architetti e costruttori si potranno ottenere risultati di alta qualità. È dalla collaborazione tra progettisti qualificati, imprese sensibili al “buon costruire” e clienti competenti, che si può raggiunge la qualità architettonica, senza che i costi di costruzione, e di conseguenza i prezzi di vendita, subiscano incrementi. Il ciclo di conferenze prevede la presenza di progettisti di fama
nazionale ed internazionale che si sono contraddistinti per il modo di “fare architettura” rivolto alla qualità del progetto mediante una ricerca sulle forme ed i materiali. L’architettura non è “una cosa privata ed intima”, ma incide sul paesaggio e sulle città: il tema della qualità architettonica non riguarda solamente i progettisti ed i costruttori, bensì l’intera collettività. Per questo motivo, la manifestazione si rivolge non solo agli addetti ai lavori, ma anche ai rappresentanti delle istituzioni locali, ai sindaci, ai tecnici comunali, agli operatori del mercato e agli studenti. Gli incontri si terranno alle ore 18.30; il programma prevede: Boris Podrecca: 21 maggio; Studio 5+1: 28 maggio; Marco Castelletti: 4 giugno; Joseph Di Pasquale: 11 giugno; Cino Zucchi: 18 giugno; Giorgio Grassi: 2 ottobre; Marco Casamonti: 8 ottobre; Stefano Boeri: 15 ottobre. Tavola Rotonda: 22 ottobre 2009. Pre-registrazione: edili@ancelecco.it; tel. 0341491936. Enrico Castelnuovo
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Picnic al tempio
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Pritzker 2009 a Peter Zumthor
Premio Mies van Der Rohe 2009
È stato assegnato il Pritzker 2009: il Nobel per l’architettura quest’anno è andato a Peter Zumthor, l’architetto artigiano che intende la professione come una “missione” privilegiandola alla dimensione propria alle archistar. In questa scelta la giuria del Premio – fra i cui partecipanti quest’anno figura anche Renzo Piano premiato nel 1998 – ha seguito una linea intrapresa già in altre occasioni. Jay Prizker, creatore del Premio, ha, per così dire, individuato due strade da percorrere nell’attribuzione del riconoscimento: da un lato la celebrazione di progettisti universalmente noti – fra questi sono stati premiati Gehry, Foster, Koolhaas, Rogers, Nouvel – dall’altro il riconoscimento delle qualità del lavoro di chi, pur operando in una dimensione più isolata, ottiene l’apprezzamento dei propri colleghi – Fehn, Murcutt, Utzon, Mendes da Rocha. Peter Zumthor appartiene proprio a quest’ultimo gruppo. “È un premio ben dato, perché stavolta si è privilegiata la qualità e non lo show-business” ha detto Mario Botta, suo conterraneo e collega a Mendrisio, dove entrambi insegnano presso l’Accademia di Architettura (Zumthor è docente anche presso il Southern Institute di Los Angeles). E agli studenti sono state rivolte proprio le prime parole
di Zumthor: “Spero che questo premio possa dare speranza ai giovani architetti che ora potranno dire: ce l’ha fatta Zumthor, posso farcela anche io”. Sul tema del proprio approccio al progetto ha poi proseguito: “In una società che celebra tutto ciò che è inessenziale e superfluo, l’architettura è una forma di resistenza e non una questione di stile: ogni edificio deve essere costruito per uno specifico uso, in uno specifico luogo, per una specifica realtà sociale. I miei progetti nascono per rispondere a queste esigenze”. Zumthor, in tutti i suoi edifici realizzati ha cercato di perseguire questi obiettivi: il rispetto per il luogo in cui si vanno a inserire e il rapporto con la storia. Un risultato questo raggiungibile solo attraverso un lungo e meticoloso studio: “La precisione e il prendere tempo sono concetti che mi piacciono. Non consegno niente se non ho la sensazione che tutto sia a posto. Sono io che decido. Per questo sono disposto a non diventare ricco e a risultare difficile ai miei committenti”. Il Premio, motivato con queste parole: “un maestro ammirato dai suoi stessi colleghi, un architetto senza compromessi ed eccezionalmente determinato” è stato consegnato a Peter Zumthor il 29 maggio a Buenos Aires.
Il 28 maggio a Barcellona, è stato formalmente consegnato il Premio Europeo per l’Architettura Contemporanea Mies van der Rohe 2009. Il più alto riconoscimento europeo all’architettura, che corrisponde a 60.000 euro, è stato assegnato al progetto dello studio norvegese Snøhetta per la “Oslo Opera House”, scelto fra 340 partecipanti. Elemento distintivo del progetto è l’enorme rampa che avvolge interamente l’edificio diventando nell’insieme copertura ed elemento di raccordo simbolico con il fiordo. “L’Opera di Oslo è più che un semplice edificio. È (...) un catalizzatore di tutte le energie della città ed è emblematico della rigenerazione del suo tessuto urbano”, ha commentato Francis Rambert, presidente della giuria internazionale. Altre quattro opere erano state selezionate come finaliste nella competizione: il “Centro Multimodale della linea tranvia-
ria di Nizza” di Marc Barani; la “Zenith Music Hall di Strasburgo” di Massimiliano e Doriana Fuksas; l’“Università Bocconi di Milano” di McNamara e Farrell dello studio Grafton Architects e la “Biblioteca del distretto di Sant’Antoni di Barcellona” dello studio RCR Aranda Pigem Vilalta Arquitectes. La giuria ha poi assegnato la menzione speciale come “Architetto Emergente” ai croati Lea Pelivan e Toma Plejic, fondatori dello Studio UP, per il progetto “Gymnasium 46° 09’ N/16° 50’ E”, a Koprivnica (Croazia). L’edificio si caratterizza per l’espressione visiva e spaziale dei diversi servizi compresenti, tra cui impianti sportivi e una scuola superiore; tutte le parti sono poi organizzate e connesse attraverso un percorso interno. I progetti vincitori e gli altri lavori selezionati dalla giuria saranno visibili il prossimo settembre, quando prenderà il via un’esposizione itinerante.
Medaglia d’Oro all’architettura italiana La terza edizione del principale premio italiano all’architettura, ha assegnato la Medaglia d’Oro a Massimiliano e Doriana Fuksas, vincitori con il progetto per la Zenith Music Hall di Strasburgo, Francia. Già finalista al Premio Mies van der Rohe 2009, il
progetto si distingue per la qualità dell’intervento studiato nel dettaglio che da sempre caratterizza l’architettura nostrana. Organizzato dalla Triennale di Milano con la PARC (Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura
di molti giovani architetti, finalisti e vincitori delle diverse sezioni delle Menzioni d’Onore. Se la grande stagione dell’architettura italiana è lontana, i segnali di crescita, a saperli cercare, sono decisamente incoraggianti. L’auspicio è poi di poter premiare, fra tre anni, le architetture della ricostruzione abruzzese. Annalisa Bergo
XX edizione del Premio Scarpa Un premio ad un paesaggio costituito dall’intreccio di natura e memoria, cose e azioni. Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino è forse l’unico premio ad un luogo. Nel ventennale della sua istituzione, la giuria ha nominato vincitrice la Cappella Otaniemi, ad Espoo, Helsinki, piccolo capolavoro della metà del Novecento degli architetti Kaija e Heikki Siren. Costruita all’interno di una foresta, la Cappella dialoga con il campus universitario del Politecnico di Helsinki, promuovendo l’intreccio di due comunità storiche: quella parrocchiale e quella universitaria, che la com-
missionò. La fusione di natura e architettura, spazio e tempo, luce e materiale conduce verso una profonda esperienza sacrale e sociale al tempo stesso. Tre giornate di eventi a Treviso hanno celebrato l’anniversario del premio: presso gli spazi Bomben, fino alla fine di giugno, si potrà visitare la mostra “Luoghi: 1990-2008”, dedicata ai premi degli anni precedenti; il vincitore, invece, è stato protagonista di una mostra monografica, accompagnata da una serie di interventi e testimonianze dei collaboratori degli architetti Siren e di esponenti della cultura e dell’architettura finlandese.
29 opere fra cui sono state scelte opere realizzate in Italia negli ultimi 5 anni. Il Premio Nazionale per un intervento di nuova costruzione è stato assegnato all’ampliamento della Biblioteca Pio IX della Pontificia Università Lateranense a Roma redatto dallo studio King Rosselli Architetti. Il Premio Nazionale per un intervento di recupero e riqualificazione è andato a Dante Benini & Partners, studio Giacopelli architetti e Diaspro per il progetto di recupero dell’edificio Ico delle ex industrie Olivetti a Ivrea. Sono stati inoltre assegnati al-
cuni premi a giovani progettisti. Fra questi sono risultati vincitori: la Domus Malles, edificio residenziale a Bolzano a firma dei Metrogramma, due case a Orsara di Puglia progettate da Raimondo Guidacci e lo studio Cristofani & Lelli per il complesso residenziale realizzato a Imola. Renzo Piano ha ottenuto, dal presidente della giuria Arnaldo Pomodoro, il Premio alla Carriera e il “Corriere della Sera” il premio – destinato a una testata giornalistica – “Bruno Zevi” per la diffusione della cultura architettonica.
3 concorsi negli USA % The foundation for Peace and Unification con International Union of Architects, ha bandito un concorso internazionale di idee aperto a professionisti e studenti per un progetto relativo allo stretto di Bering che dovrà connettere il nord America con il continente eurasiatico: emisfero est ed emisfero ovest sarebbero così riuniti; info: www.beringcompetition.org. % The san Francisco Bay Conservation and Development Commission ha bandito un concorso internazionale di idee per trovare soluzioni sostenibili all’innalzamento del livello del mare nella baia di San Franci-
sco dovuto al surriscaldamento del pianeta. Dal 14 al 19 luglio i progetti partecipanti saranno esposti in mostra; info: www. risingtidescompetition.org. % Orient Global and Architecture for Humanity hanno invitato la comunità internazionale, specie studenti e insegnanti, ad immaginare la classe scolastica del futuro. Oggi esistono 776 milioni di analfabeti e la maggior parte delle strutture esistenti sono inadeguate. Obiettivo del concorso è creare ambienti per l’educazione che siano di qualità per tutti i bambini, per i più e i meno fortunati; info: www.operairarchitecturenetwork.org.
Omaggio a Ernesto N. Rogers
Premi Nazionali di Architettura Sono stati assegnati i Premi Nazionali IN/Arch – ANCE giunti ormai alla terza edizione. Caratteristica dell’iniziativa è la selezione di progetti in cui l’apporto al progetto delle tre fondamentali componenti –
progettista, committente ed esecutore – risulti coniugato al meglio. L’obiettivo è rendere manifesta la complessità del processo progettuale. Quest’anno alla giuria sono state proposte, da 12 advisor, 120
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Ernesto Nathan Rogers e il mondo dell’Università si sta apprestando a ricordarne la figura organizzando mostre, seminari, dibattiti, e promuovendo la pubblicazione di volumi che ne riattualizzino la figura. L’Istituto Universitario di Venezia ha organizzato, in questi due ultimi mesi, un ciclo di eventi – “Omaggio a Ernesto N. Rogers” – preludio a un seminario di stu-
di internazionale che dovrebbe svolgersi il prossimo autunno e che vedrà coinvolta anche la Scuola di Dottorato. Il 16 marzo scorso si è svolto un pomeriggio di studi “Riflessioni su Ernesto N. Rogers” che ha coinciso con l’inaugurazione di una mostra (16 marzo – 17 aprile) curata da Serena Maffioletti e Luciano Semerani. Il 5 maggio, poi, un ulteriore incontro, cui hanno partecipato oltre a Luciano Semerani e Serena Maf-
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e l’arte contemporanea), questa edizione ha posto in rilievo il rapporto tutto italiano tra architettura e territorio, promuovendo la creazione di un Premio Speciale per gli Interventi sul Patrimonio e Paesaggio vinto da Rizzi e Borgini per la Casa d’Arte Futurista Fortunato Depero a Rovereto. Accanto a personalità di rilevo internazionale come Fuksas e Renzo Piano, spiccano i progetti
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fioletti, anche Flavio Albanese, Paola Di Biagi, Guido Zucconi e Giovanni Fraziano. In questa occasione è stato presentato anche il bel giornale d’istituto, n. 65: Elogio dell’Architettura. Omaggio a Ernesto N. Rogers che documenta l’intera iniziativa e il senso della mostra. Obiettivo del ciclo degli eventi è stato quello di ripercorrere l’opera di Rogers e riprenderne l’insegnamento – il giornale, infatti, si apre con uno scritto di presentazione di Serena Maffioletti dal titolo emblematico “Dedicato agli studenti” – individuando alcuni temi e momenti da cui partire per elaborare alcune riflessioni. Di Rogers viene ricordato il legame con la sua città natale, Trieste, che, nonostante le sue peregrinazioni in tutto il mondo, e il suo risiedere a Milano – dove lavora insieme ai suoi soci dello studio BBPR - è sempre presente. Ciò è verificabile nel progetto di allestimento della Mostra del Mare di Trieste del 1935 che viene esposto e descritto attraverso fotografie originali e alcuni modelli ideati da Giovanni Graziano, Peppe Rocco e Stefano Simionati che ne rileggono i principî compositivi. Ed è pure leggibile nella sua volontà di farsi seppellire a Trieste, nella tomba che lui stesso aveva disegnato per la propria famiglia. Parallelamente i curatori della mostra hanno scelto di documentare il lavoro svolto dai BBPR fra il 1945 e il 1950, un periodo carico di speranze e fermenti e di grande scambio culturale internazionale.
È in questo arco di tempo che è compresa anche la breve, ma fondamentale, esperienza di Rogers direttore della rivista “Domus” (1946-47). Si tratta di un solo anno di lavoro da cui egli trarrà insegnamento per la successiva costruzione della sua “Casabella-Continuità”. La “Domus” di Rogers, il cui sottotitolo significativo “La casa dell’uomo” è di per sé esemplificativo del suo modo di leggere la realtà, è una rivista aperta ai contributi di tutte le discipline, aperta alle esperienze della contemporaneità: una rivista interdisciplinare con rubriche dedicate ai diversi campi artistici. Le copertine – riprodotte per l’occasione ed esposte in mostra oltre che nel fascicolo di cui sopra – sono esemplificative di questo nuovo modo di intendere la realtà e l’approccio ad essa. “Rogers partiva sempre da lontano, ricordo che il primo giorno di lezione esordì con una domanda: ‘Chi di voi ha letto Proust?’, una domanda a cui quasi tutti hanno risposto negativamente, ma che ha acceso in molti di noi un desiderio di sapere di più che non si è mai spento successivamente”, scrive Antonio Monestiroli in Ernesto Nathan Rogers. L’architettura come esperienza edito da Ogni uomo è tutti gli uomini (per ordinazioni: Baresi, 051 239584; bobaiesi@tin.it). In questa testimonianza sta tutta la portata di questo grande intellettuale – non solo architetto – del ‘900. Martina Landsberger
Roberto Burle Marx: un convegno a Venezia Il 4 agosto 1909 nasceva a São Paulo Roberto Burle Marx, celebre architetto paesaggista brasiliano. In occasione del centenario della nascita la Scuola di Dottorato dello IUAV di Venezia, insieme a quella dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e a quella dell’Università degli Studi di Genova, con il patrocinio di “Casabella” e del Sítio Roberto Burle Marx, hanno organizzato il convegno di studi internazionale “Roberto Burle Marx. Un progetto per il paesaggio” (6-7 maggio). Nelle due giornate, studiosi italiani e
internazionali hanno discusso criticamente delle relazioni tra arte, natura e architettura a partire dall’opera di Burle Marx. Gli interventi del convegno - la cui curatela è stata affidata a Barbara Boifava e Matteo D’Ambros - hanno riguardato due ambiti di indagine: il progetto di paesaggio per la città e per il territorio e la concezione del giardino moderno. Presentando il convegno, Alberto Ferlenga, direttore della Scuola di Dottorato veneziana, ha messo in luce uno degli aspetti fondamentali dell’arte di
Burle Marx, la sua capacità di comporre, di mettere insieme elementi diversi per costruire “nuove realtà” che siano in grado di instaurare una relazione precisa con la città (nel caso degli interventi urbani) o di costruire nuove realtà più circoscritte - i giardini delle ville unifamiliari. Il convegno ha dato la possibilità di entrare in contatto diretto con l’opera di questo straordinario “artista” riproponendo un documentario che Enzo de Amicis aveva realizzato, per la Rai, nel 1986. Parallelamente è stata allestita, presso l’Archivio Progetti, una piccola mostra di disegni donati da Burle Marx stesso allo scuola veneziana, e qui esposti per la prima volta, riferiti al progetto per il Parco Moça Bonita
a Bangu e per il parco della residenza di Raul de Souza Martins a Petropolis di Rio de Janeiro. Oltre ai disegni sono stati messi in mostra i modelli di studio dei due progetti realizzati da Leonardo Murmora. In questa occasione, infine, è stata presentata DODO, Documenti della Scuola di Dottorato IUAV, una nuova collana di libri che intende raccogliere testi inediti di architetti, designer, urbanisti, paesaggisti, artisti in genere, e il cui primo volume Roberto Burle Marx. Un progetto per il paesaggio, curato da Barbara Boifava e Matteo D’Ambros, presenta tre conferenze inedite, tradotte appositamente per questa occasione. M. L.
Milano e l’acqua: una mostra e due seminari Il sistema dei Navigli ha rappresentato, fino al 1929, per la città di Milano un’enorme risorsa non solo “simbolica” – dotare di un fiume una città che non ne è provvista per condizione geografica – ma anche economica: lungo i Navigli, quasi fossero delle strade, infatti si svolgevano i commerci e il trasporto delle merci; le acque, inoltre, rappresentavano una cospicua risorsa per l’agricoltura e l’allevamento e per l’approvvigionamento idrico della città. Nel 1929 la cerchia viene chiusa, la navigazione lungo i Navigli Grande, Pavese e Martesana viene interrotta e i canali vengono declassati a semplici elementi tecnici necessari per l’irrigazione. Sul tema di un possibile recupero dei Navigli e della Darsena si collocano le sperimentazioni progettuali elaborate dai dottorandi di Progettazione Architettonica e Urbana del Politecnico di Milano, coordinati da Raffaele Pugliese, esposte a Milano presso l’Urban Center dal 13 al 29 maggio scorso, in una mostra intitolata “Milano città d’acqua. Nuovi
paesaggi urbani per la tutela dei Navigli”. Parallelamente alla mostra, il 20 maggio presso la Sala Alessi di Palazzo Marino, si è svolto il convegno “Milano e la via d’acqua: quale ruolo per i Navigli?” cui hanno partecipato, oltre a Raffaele Pugliese, anche Fulvio Irace, Enrico Larcan, Luigi Ferrario, Empio Malara, Alberto Artioli e gli assessori Davide Boni, Maurizio Cadeo e Carlo Masseroli. Il 27 maggio, sempre presso l’Urban Center, e legato alla mostra, da ultimo, si è tenuto il seminario di studi “Al vertice del triangolo fra i due canali. Modernità e plurifunzionalità nei paesaggi urbani dei Navigli” nel corso del quale sono stati premiati i progetti più meritevoli.
a cura di Manuela Oglialoro
Conservazione dell’architettura moderna
fecondo contesto, sorprende l’episodio relativo alla recente ristrutturazione delle stazioni della metropolitana milanese, in cui si è costatata una grave disattenzione per la conservazione dell’allestimento voluto da Albini, Helg, Piva e Noorda negli anni Sessanta. Gli interventi di adeguamento hanno in poco tempo cancellato l’originaria immagine dell’architettura d’interni delle stazioni e quella della grafica segnaletica. Sul caso si è immediatamente aperto un vivace dibattito: Questa dei rifacimenti in corso nelle stazioni della metropolitana è una questione che in alti tempi avrebbe dato una scossa adrenalinica alla Milano del design (…) Il fatto strano dell’intervento è la sua frammentazione e il mancato coinvolgimento da parte di Atm di Bob Noorda che quella segnaletica l’aveva ideata. Il grafico che per questo ricevette il Compasso d’oro (poi ha fatto la segnaletica del metrò
di New York) aveva a suo tempo suggerito una serie di accorgimenti: non sono stati rispettati. Non siamo nostalgici, ma Parigi, i suoi segni estetici sui metrò, se li coccola e li mantiene. Perché da noi non è così? (G. Schiavi, Il design in metropolitana: un’occasione (quasi) persa, “Corriere della Sera”, 19.3.09). Il tema è d’attualità e riguarda più in generale l’argomento del riuso dell’architettura moderna: la rivista “Abitare” ospita un confronto fra i diversi pareri: Italo Lupi e Federico Tranfa: Un giorno accade che i vertici dell’azienda dei trasporti di Milano decidano, nel silenzio, di ‘migliorare’ l’aspetto delle stazioni della MM1 (e, successivamente, della MM2) della metropolitana. Questo aggiornamento, che ha incluso la modifica della segnaletica, è stato ufficialmente motivato dalla necessità di un adeguamento normativo delle strutture e dal poco successo che, secondo l’azienda, i materiali e i colori originali delle stazioni riscuotevano presso i viaggiatori. Ciò che si vorrebbe far passare per manutenzione è invece cancellazione di uno dei più significativi progetti della ‘Milano moderna’: la metropolitana di Franco Albini, maestro dell’architettura del secolo scorso (…) Mario Piazza: ‘Il restyling delle stazioni della Metropolitana Milanese muove da intenzionalità diametralmente opposte al progetto di Albini, Helg, Noorda. È il segno dei tempi. I luoghi pubblici (aeroporti, stazioni) diventano sempre più luogo di incontro, intrattenimento e consumo. C’è quindi un grande desiderio di adeguarsi a questi standard di spettacolarizzazione anche a scapito delle necessità funzionali del trasporto urbano. Bisogna allora rifuggire dalla spiritua-
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le ombrosità della sotterranea e affrancarsi a una luce ‘eterna’, anche se totalmente artificiale (…) La difesa del moderno è un problema lontano, in una società dove i valori dell’antico sono sotto le scarpe di un marketing ‘schiacciasassi’ e di un pulviscolo commerciale interstiziale (M. G. Zunino, a cura di, Le considerazioni di Italo Lupi e Federico Tranfa e il commento di Mario Piazza sugli interventi di adeguamento della MM1, “Abitare”, marzo 2009). Compaiono anche opinioni opposte alla tesi della conservazione, nella rubrica web di “Abitare”: Ma sarà poi così sicuro che la metropolitana di Albini, Helg, Piva e Noorda debba essere difesa con le unghie e con i denti? (…) La metropolitana è il mezzo di trasporto delle classi lavoratrici meno favorite in città, non certo della borghesia illuminata del centro o dei professionisti della moda e del design: ecco, il tipo di percezione che quotidianamente è imposto a chi la usa, sembra accrescere la durezza di una vita umile (…) Mario Piazza, nel suo testo in risposta a Lupi e Tranfa, parla positivamente della austerità benedettina del progetto originale: ecco di quella austerità come cittadino possiamo farne a meno, interessati molto di più alla cacofonia inebriante dei neon di Tokyo o di Seoul, dei manifesti teatrali di Parigi o dei graffiti di New York. Insomma, che si cambi e in fretta, forse meglio di come si sta facendo adesso, magari con una migliore regia e coordinamento (F. Gallanti, Non sono d’accordo, inviato ad “Abitare” il 24.3 2009).
Il progettista, Bob Noorda, interpellato sulla possibilità di ideare un marchio per Milano, esprime il proprio giudizio sull’accaduto e su Milano: Un logo per la Milano di oggi? Ci ho pensato, ma non mi è venuto. Milano oggi non ha personalità (...) Basta guardarsi attorno: a Milano il bello sembra legato ai ricordi (...) a una stagione in cui il buon gusto veniva anche dai dirigenti d’azienda e da alcuni politici. Oggi prevale l’effetto speciale e la logica di stupire vince sul rigore e sull’essenziale, sul minimalismo ambrosiano che per anni è stato un distintivo, una scuola (G. Schiavi, Noorda: un marchio per Milano? Impossibile, non ha più personalità, “Corriere della Sera”, 29.3.09). M. O.
Siti Web www.abitare.it/highlights/riusodel-moderno-02-metro-milanociao-ciao/ www.ordinearchitetti.mi.it/index.php/page,Notizie
OSSERVATORIO RILETTURE
L’edizione del salone del mobile 2009 ha visto Milano riscuotere un grande successo in termini d’immagine. Ottima l’affluenza di pubblico, moltissime le iniziative, migliaia gli espositori dentro e fuori salone. La città è stata invasa piacevolmente da gente di ogni età e provenienza, giunta per visitare gli allestimenti e per partecipare agli eventi artistici sparsi in ogni zona. In questo clima di esuberante passione per l’arte la creatività e l’architettura d’interni, la città si conferma come capitale mondiale del design. Eppure, in questo
a cura di Roberto Gamba
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Riqualificazione del centro sportivo “Loveno 84” a Menaggio (Como) luglio – novembre 2007 Questo comune del lago e della provincia di Como aveva indetto questo concorso di progettazione, con preselezione, per riqualificare il centro sportivo “Loveno 84”, con un intervento stimato in euro 1.236.700. Si doveva prevedere un nuovo campo polivalente coperto, con una soluzione che escludesse l’utilizzo di strutture di copertura in tessuto (presso-statiche o geodetiche) e che prevedesse una pavimentazione in materiale tipo taraflex (con area tribune per 100-120 posti a sedere); un locale bar; la creazione di uno spazio da adibire a “parete di roccia” per arrampicata; la creazione di uno spazio per la posa di macchine fitness; magazzini interrati sottostanti il fabbricato; un campo squash. Erano richieste 3 tavole in for-
mato A0; i partecipanti sono stati 21; i premi di euro 7.000, 2.000 e 1.500. La Giuria era composta da Pietro Enrico Bordoli, presidente, membri Pier Giuseppe Lozej e Dario Valli, segretario Carlotta Tenchio.
1° classificato Hermann Kohlloffel (Torino), Alessandro Rigazio, Andrea Tonin, Giuseppe Bongiorno, Paola Saggese Il progetto, con il “segno” della copertura inclinata nata dal prolungamento della pendenza sottostante, vuole “risarcire” il processo antropico ridando al declivio un senso progressivo. Il progetto del complesso sportivo si colloca a diversi livelli di integrazione ambientale, volumetrico, compositivo e percettivo. L’edificio è stato “incassato” nel suolo, per ridurne l’ingombro
ed avere una copertura ad una quota più bassa. La copertura è un elemento che nasce dal terreno, proseguendo il declivio e smaterializzandosi in una filigrana fino a coprire l’edificio esistente, formando un tutt’uno con esso. La sua struttura principale è costituita da travi lamellari mentre le pannellature sono previste in metallo e policarbonato e sono sovrastate da una trama in legno, che oltre a servire da paravalanghe, riduce i carichi solari. L’intervento sarà molto visibile dall’alto, la copertura risulterà una vera e propria facciata capace di coprire ed unire tutte le attività al suo interno.
Architettura mimetica: riservando una particolare attenzione all’aspetto ambientale, dato l’inserimento del nuovo centro sportivo in un ambito storico e naturalistico di notevole pregio, il progetto parte dalla condizione di un terreno “libero”, già trasformato dall’uomo, una piattaforma artificiale inserita in un contesto con una forte pendenza, che lascia libera la percezione del fondo valle, permettendo di apprezzare la spettacolare vista sul lago, attraverso uno
studio attento e meticoloso della caratteristica morfologia del terreno. Il progetto si impone come inserimento “invisibile”, proprio per concedere la maggior visibilità al paesaggio, con una piattaforma-giardino che mai ostacola la vista.
3° classificato Massimo Bigozzi (Milano), Marco Bigozzi, Laura Tanghetti, Stefano Riva Sulla strada che porta alle “Pianure” e che collega la frazione di Loveno al comune di Menaggio, si colloca il nuovo centro sportivo. L’idea iniziale è quella di strutturare il complesso partendo dalla strada ove si trova il fabbricato esistente a servizio del centro; articolando le funzioni ricettive e di accoglienza con un intenso rapporto con il territorio. Il nuovo centro sportivo dovreb-
be così costituire un altro punto di riferimento per la comunità non solo sportiva, alla pari delle ville che caratterizzano il borgo e della chiesa di San Lorenzo, divenendo punto di sosta per le passeggiate verso il parco della Val Senagra. L’obiettivo è di inserire un elemento di grande scala in un contesto con forte tensione verso il lago, in modo naturale sfruttando le peculiarità del luogo; l’architettura del nuovo centro dovrebbe tessere, in questo senso, relazioni qualitative con il contesto, diventando un importante elemento di lettura e misura del paesaggio.
33 OSSERVATORIO CONCORSI
2° classificato Giuseppe De Mase (Gubbio, Perugia), Gianluigi Caldarelli, Andrea Fiorucci, Stefano Menichetti
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Riqualificazione del palazzo municipale di Pregnana Milanese (Milano) marzo - luglio 2008 Il comune della cintura milanese ha una popolazione di circa 6.100 abitanti, con una previsione di crescita demografica relazionata anche al nuovo polo fieristico di di Rho-Pero. L’Amministrazione comunale ha bandito questo concorso di idee per la riqualificazione dell’attuale palazzo comunale, che deriva dalla trasformazione di una vecchia filanda e dell’area pubblica antistante. Obiettivi richiesti erano il ripristino dell’immagine originale del
manufatto, in termini morfologici e tipologici, la sua conservazione; la sua riqualificazione al fine di renderlo più funzionale nell’uso ed economico nella gestione, con l’utilizzo di soluzioni tecnologiche di architettura bioclimatica. Erano richieste 3 tavole in formato A0; i premi sono stati di euro 5.000, 2.500, 1.500. La giuria era composta da Elisabetta Amariti, presidente, Giulio Notarianni, Angela Lina Bossi, Sergio Gianoli, Alessandro Porta.
1° classificato Andrea Quattrocchi (Roma), Patrizio Roma, Gianluca D’Elia collaboratore: Stefano Martorelli L’attuale “centro” della piazza è stato traslato sul lato est più ampio e corrispondente con il nuovo ingresso agli uffici comunali. Un percorso rettilineo è evidenziato con un segno a terra, composto da lunghe lastre di pietra naturale chiara. Il nuovo edificato su quattro livelli fuori terra è stato posizionato nell’area retrostante di larghezza identica all’edificio dell’ex filanda. Gli uf-
fici del nuovo edificio e quelli del vecchio vengono messi in comunicazione al primo livello per mezzo di due pensiline. L’ex filanda subisce uno “svuotamento” con l’eliminazione di solai e partizioni interne. La struttura, attualmente in muratura portante, è integrata e consolidata da una in acciaio. Le pareti sostengono una serie di dieci capriate metalliche, che costituiscono il cordolo di unione tra muri e copertura e sorreggono pannelli di copertura sormontati da elementi brise soleil orientabili, costituiti da elementi fotovoltaici. Una pelle in corten microforato riveste l’intero prospetto principale dell’edificio.
L’intervento progettuale tiene conto delle giaciture esistenti inserendosi nell’edificato e creando nuove frontalità e allineamenti. La riqualificazione del municipio (ex-filanda) prende spunto da una serie di considerazioni il cui scopo primario è la creazione di uno spazio pubblico riconoscibile. Il progetto è fondato sull’obbiettivo di recuperare l’attuale volume dell’edificio esistente rendendo autonomi gli elementi di nuova costruzione. Il nuovo edificio, che ospiterà la biblioteca comunale e le associazioni, si inserisce nel vuoto urbano secondo la giacitura prevalente delle antiche centuriazioni e dei fontanili desunta dallo studio e
dalla comparazione dei catasti e della cartografia storica. Esso crea una quinta a conclusione del fronte irrisolto e si rivolge verso l’altra piazza, quella della chiesa, definendo un asse ideale, ma anche “costruito” attraverso i percorsi pavimentati e la piantumazione di un filare di alberi.
3° classificato Ettore Curto (Gorle - Bergamo) Il progetto prevede l’ampliamento e la ristrutturazione dell’attuale edificio con la creazione di un unico volume sulla traccia dell’esistente. Il nuovo involucro che avvolge completamente l’edificio crea un sistema caratterizzato da una doppia pelle in cemento e vetro che ottimizza i consumi e ripristina l’immagine originale del manufatto edilizio. La serrata successione modulare di pieni e vuoti conferisce
un’immagine univoca e riconoscibile, un’immagine moderna e coerente con l’architettura del luogo. Il sistema delle due piazze, una all’aperto – piazza Libertà – e l’altra al coperto – l’atrio e il giardino d’inverno a doppia altezza del palazzo comunale – si manifesta in facciata. Qui, la scansione dei portali viene interrotta da un disegno geometrico con chiaro riferimento alla vetrata della ex filanda. Il carattere attivo del terzo piano, dove si trovano le sedi delle associazioni ed una sala espositiva, è evidenziato dall’ingesso est che assume un colore rosso.
35 OSSERVATORIO CONCORSI
2° classificato Fabrizio Antonio Sannino (Pregnana Milanese, Milano), Davide Spreafico
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Fuori dai teatri
Clima e forma architettonica
La forza dell’idealità
Daniele Abbado, Antonio Calbi, Silvia Milesi (a cura di) Architettura & teatro. Spazio, progetto e arti sceniche Il Saggiatore, Milano, 2007 pp. 208, % 48,00
Adelina Picone La casa araba d’Egitto. Costruire con il clima dal vernacolo ai maestri razionalisti Jaca Book, Milano, 2009 pp. 305, % 32,00
Il volume raccoglie gli interventi del seminario internazionale “Architettura & Teatro”, svoltosi a Reggio Emilia dal 2006 al 2008, nato dall’invito a uomini di teatro, critici, storici dell’architettura e architetti a una discussione comune intorno alla progettazione di edifici adibiti alle arti sceniche. Un confronto serrato, compone qui un’antologia di esperienze e prospettive diverse. Dialogo difficile, a volte impossibile, che non “risolve”, ma rilancia questioni non sanate. Il progettista e l’artista − destinatario e, un tempo, committente dell’opera stessa − non sono ormai nemmeno riuniti in un’equipe di lavoro: la specializzazione dei saperi ha portato a una scissione tra queste figure, producendo l’esito paradossale che le opere non rispondono al fine per il quale sono state realizzate. Rimosse le sperimentazioni degli inizi del Novecento − “scaturite dall’iniziativa dai grandi protagonisti del teatro contemporaneo piuttosto che dagli architetti, non meno grandi, chiamati a realizzarli” (si pensi al progetto di Walter Gropius per Erwin Piscator e quello di Barchin e Vachtangov per Mejerchol’d) – che, manifestando le mutate esigenze espressive, miravano a scardinare il carattere borghese del teatro per riscoprire la ritualità collettiva del gesto teatrale, le strutture costruite oggi non riescono ad incarnare, né accogliere le necessità di chi le vive. Da una parte troviamo i progettisti, più attenti al valore simbolico dell’opera che alla sua fruibilità, legati ad una tradizione che ripete se stessa e si compiace di creazioni monumentali, quando non autocelebrative, dall’altra gli artisti, che, trattando una materia per definizione mutevole e multiforme, mal si adattano a spazi troppo rigidi o invadenti, inadatti ad accogliere linguaggi di ricerca. Se pensiamo poi che nel teatro confluiscono tradizioni, poetiche e visioni dissimili e inconciliabili tra loro, non è difficile immaginare la complessità - per non dire lo scacco - di fronte al quale ci si trova ogniqualvolta ci si ponga il problema della forma in rapporto alla funzione di un luogo che non è possibile racchiudere in un modello predefinito ed univoco. Da qui la fuga del teatro contemporaneo, che, per non morire, ricorre a luoghi non teatrali, fuori del teatro, per ritrovare la dimensione originaria del teatro stesso, l’incontro tra uomo e uomo, se è vero il teatro è “il tempio laico di una comunità”.
Adelina Picone analizza i modi di definizione delle forme architettoniche della casa araba d’Egitto attraverso la relazione che essa instaura con l’ambiente naturale. Per ambiente naturale s’intende qui, da una parte il paesaggio, nelle accezioni di forma naturale, clima e suolo, e dall’altra l’ambiente, in quanto sistema delle conoscenze tradizionali. L’analisi descritta nel testo passa dunque attraverso il vernacolare per approfondire il rapporto con il clima, dalla sua relazione con la forma urbana fino a quella con la forma architettonica e i caratteri della casa. Forma e funzione, sia quindi nel campo del disegno urbano che in quello del disegno degli elementi che compongono la casa, sono da ricondurre alla necessità di modificare le condizioni climatiche esterne usando l’aria, l’acqua e la luce. Di particolare interesse sembrano in questo senso le analisi dell’autrice sulla forma degli insediamenti delle oasi del deserto occidentale in cui appaiono chiare le relazioni tra ventilazione, ombreggiatura e forma delle strette strade interne intervallate dall’ombra dei sakaef che collegano le case, delle tipiche strade coperte, delle corti delle case e di quelle più collettive. Proprio la corte, elemento principale nel progetto della casa nei climi aridi, diventa elemento ordinatore della sua composizione architettonica, ne detta l’impianto tipologico e al tempo stesso svolge importanti funzioni di controllo climatico. In questo senso si possono leggere i molti rilievi presenti nel testo, o le molte rappresentazioni schematiche sul rapporto tra forma e clima, di composizioni di case tipiche delle oasi del deserto, di case nubiane, o di bellissime case a corte del Cairo medioevale. Un capitolo di lettura critica sull’opera di Hassan Fathy amplia la trattazione riportandola all’interno del dibattito contemporaneo, tendendo a identificare un metodo progettuale basato sull’articolazione di alcuni elementi-base che hanno origine da questioni di natura climatica. Allo stesso modo pare interessante il lavoro di Ramses Wissa Wassef sul rapporto con la luce naturale. L’oggetto di studio, pur inserendosi nel quadro delle recenti pubblicazioni sul tema energetico, si allontana dalle implicazioni tecnologiche per rivendicare un’appartenenza dei temi trattati alla sfera del progetto di architettura: una corrispondenza tra clima e forma architettonica.
Luca Monica (a cura di) Gallaratese Corviale Zen. I confini della città moderna: grandi architetture residenziali. Disegni di progetto degli studi Aymonino, Fiorentino, Gregotti Festival Architettura Edizioni, Parma, 2008 pp. 216, % 25,00
Irina Casali
Francesca Scotti
Nell’edizione del 2005 del Festival Architettura di Parma Luca Monica, Marco Negroni e Federico Bucci hanno curato la mostra Gallaratese Corviale Zen. I confini della città moderna con l’obiettivo di mettere a confronto tre fra le più discusse architetture costruite negli anni ‘60 del secolo scorso nel nostro Paese e progettate rispettivamente da Carlo Aymonino, Mario Fiorentino e dal gruppo capeggiato da Vittorio Gregotti. Avvicinare le opere e avvicinarle al pubblico; parlare di insediamenti residenziali, della loro costruzione in rapporto alla città, di morfologia, ma soprattutto - e prima di tutto - riaffrontare la questione della costruzione della città in senso lato: questo è il fine del libro (che riprende i temi della mostra) e anche il tema che accomuna i tre progetti, diversi per forma e tipologia, ma analoghi, nella loro idealità, nel loro modo di proporsi come alternativi alla costruzione della città “di pietra” ottocentesca. Aymonino, Fiorentino e Gregotti pensano a un abitare collettivo costruito in rapporto alla natura, in cui i “vuoti”, luoghi rappresentativi della collettività, siano parte integrante della composizione. I tre progetti si compongono a partire da un rapporto dialettico fra spazio pubblico e spazio privato. In sostanza - riprendendo quanto già Alberti aveva teorizzato - la casa è qui pensata come una piccola città e la città come una piccola casa. Corviale e Gallaratese sono riconducibili all’idea di un grande castello che contiene in sé tutte le funzioni necessarie alla rappresentazione dell’idea di abitare. In modo diverso, invece, lo Zen di Gregotti è assimilabile a una “città di fondazione”. I tre progetti hanno avuto destini diversi: sono stati osteggiati e denigrati. Oggi Corviale e Gallaratese sono luoghi in cui chi abita, si identifica: “si abita a Corviale. Si è di Corviale”, dicono a Roma. Destino diverso ha avuto lo Zen additato da sempre a simbolo del fallimento dell’architettura (fallimento da imputare certo alla sua mai definitiva conclusione). A prescindere dai singoli giudizi sull’architettura, il bel volume di Luca Monica ha il pregio e la forza di ricondurre l’attenzione sulla questione dell’idealità del progetto, oggi, in un momento in cui le logiche del “fare città” paiono essere mosse da meri meccanismi di tipo speculativo. Martina Landsberger
Sergio Brenna La strana disfatta dell’urbanistica pubblica. Breve ma veridica storia dell’inarrestabile ma controversa fortuna del “privatismo” nell’uso di città e territorio Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2009 pp. 106, % 13,00 Il libro affronta criticamente, all’interno di un quadro cronologico, l’evoluzione della strumentazione urbanistica italiana, ponendo in primo piano il delicato equilibrio tra interessi pubblici e privati nella gestione degli assetti urbani e territoriali, dove si assiste ad un lento ma inesorabile prevalere di questi ultimi. La narrazione dà corpo ad una vera e propria “parabola involutiva” per cui un’urbanistica “senza piano” e basata sull’iniziativa privata, già propria dell’Italia postunitaria, si è sorprendentemente riprodotta in anni recenti. I pur significativi passi verso il perseguimento di un progetto pubblico di assetto della città scaturiti dalla Legge Urbanistica nazionale del 1942, che fa del Piano Regolatore Generale uno strumento di visione di lungo periodo e dei Piani Particolareggiati il mezzo per inverarla anche attraverso l’intervento privato, vengono presto compromessi e aggirati attraverso l’eccessivo ricorso alle “convenzioni” coi privati che, pur parzialmente arginato dall’irrigidimento normativo posto dalla Legge Ponte del 1967, sfocia - a partire dalla metà degli anni ‘90 - in una deregolazione progressiva dovuta alla diffusione di strumenti quali gli Accordi di Programma e i Programmi Integrati di Intervento. Questi strumenti derogatori rispecchiano una visione del fare città appiattita sulle esigenze finanziarioimmobiliari di un mercato che, nel mutato ciclo economico-produttivo, sembra eclissare sempre più la gestione pubblica delle trasformazioni urbane. A questo proposito è particolarmente significativa la “meditazione milanese” dell’autore circa le vicende dell’area dell’ex Fiera di Milano (Progetto Citylife) e dell’area Garibaldi-Repubblica (Progetto Portanuova) dove, applicando una logica rigorosa che non esita a compiere un’attenta verifica matematica degli standards, si dimostra l’incongruenza di una visione della città esclusivamente appiattita sull’immagine mediatica promossa dall’asse immobiliare-finanziario, che sembra usare il grimaldello delle cosiddette “Archistar” e di una banalizzata - quanto accattivante - idea di modernità per forzare i vincoli residui di una già compromessa gestione pubblica dell’urbanistica, con un risultato più affine alle logiche pubblicitarie che al ricco stratificarsi della città. Massimo M. Brignoli
Fare, fare cose che restino
Al muro del tempo
Cecilia Rostagni Luigi Moretti, 1907-1973 Electa, Milano, 2008 pp. 344, % 100,00
Arduino Cantàfora Passaporto per la Vita Christian Marinotti, Milano, 2009 pp. 348, % 22,00
Notevole già per molti aspetti, la vicenda artistica e professionale di Luigi Moretti colpisce ancor più per la distanza che intercorre tra l’estensione della sua opera e il riconoscimento critico di cui ha goduto. Quest’ultimo pesantemente condizionato da valutazioni squisitamente politiche - Zevi tra i primi - non avendo, l’uomo, fatto mistero né dei suoi orientamenti né di un lucido pragmatismo che lo ha sempre portato alla ricerca e alla contiguità con una committenza di “potere” reale ed economico in grado di metterlo in condizione di conseguire sempre risultati concreti e importanti. Poche altre figure hanno contribuito a delineare il carattere spaziale e formale di una città come ha fatto Moretti con Roma, senza tuttavia ottenerne una consacrazione critica e pubblica al di fuori di quei centri di potere che invece ne apprezzavano anche le non comuni capacità di organizzazione professionale. Interi quartieri, e una moltitudine di opere puntuali istituzionali e private, formano un imprinting visuale della città tanto sottocutaneo quanto ineludibile. Ciononostante l’ostracismo critico, avvitato sul confronto tra neorealismo e neorazionalismo, sufficiente o insofferente in genere verso i “diversi”, ne ha voluto disinnescare le potenzialità impollinatorie, le più difficili e più feconde, quelle legate alle esplorazioni della forma, della plastica, della visione e della modanatura; fattori che avrebbero potuto irrobustire una delle specificità alternative che potevano formare la via italiana a una modernità altrimenti elusa. Paragonabile forse solo a Piacentini per numero delle opere e influenza sulla realpolitik della costruzione e sulla mappa visiva della città, ne ha dovuto condividere impropriamente l’ostilità di una critica intellettuale cui la difformità politica ha offerto il pretesto per liquidare una difformità progettuale che non ha saputo valutare come, e con più pertinenza, nel caso di Michelucci e altri diversi. Cecilia Rostagni insegue Moretti da lunga data e ha raccolto molto materiale, anche da fonti non sempre inclini all’accesso; pur nel consueto format catalografico di Electa, la messe di documenti riordinata e un commento organizzato secondo le tre stagioni produttive che l’autrice individua devono solleticare la nostra curiosità e la necessità di aggiornare molti giudizi. Il volume ha dissodato il terreno, adesso Moretti è tutto da studiare.
La sensazione di “non aderire più alla propria epoca” ha recentemente raggiunto l’antropologo Marc Augè, mentre, alla maniera di un provetto speleologo, sondava i mutamenti della società contemporanea immergendosi una volta ancora nella folla anonima che ogni giorno prende d’assalto il metrò di Parigi. Ma se a tale sensazione è destinato chiunque oggigiorno decida anche solo di abbozzare un movimento di reazione o di resistenza all’inesorabile processo accelerativo che è oramai in corso in ogni settore della nostra vita quotidiana, allo stesso tempo lo stesso Marc Augè pare indicarci un’area di sosta lungo la progressiva accelerazione della storia. Tale sosta è praticabile contemplando attentamente il tema del dettaglio; quel dettaglio che in pittura così come in letteratura o nella storia dell’arte più in generale è da sempre il solo capace di restituire il senso dello spirito di un’epoca o addirittura di ricostruire le lente tappe che hanno contribuito alla sua formazione. Occuparsi di dettaglio vuole dire, per qualsiasi arte o mestiere, compiere un’operazione analitica di scavo; colpire di sezione l’oggetto del proprio fare. A tale processo d’analisi, che ha in fondo origini anatomiche, non si sottrae certamente il nuovo libro di Arduino Cantàfora. Circoscritto inizialmente alle mura domestiche del n° 26 di via del Margine del Bosco, proprio al liminare degli ultimi abitati di una città che non ci è dato di conoscere, il racconto per fasi successive d’avanzamento finisce per coinvolgere l’intera infanzia e i relativi processi di formazione dell’autore, includendo le coordinate geografiche e spaziali che per misteriose coincidenze finiscono per far da sfondo al lento processo di crescita a maturità. Così dall’intimità delle mura domestiche attraverso la stratificazione caratteriale di uno stuolo di parenti e personaggi, ritratti con dovizia analitica e con scrittura felicemente corsiva ad un tempo, il processo letterario sconfina oltre i margini della città sino a lambire certi enigmi universali connaturati per uno strano destino al genere umano. Indirizzandoci verso certi sconfinamenti Arduino Cantàfora, forse non estraneo a quella sensazione che ha raggiunto Marc Augè nel sottosuolo parigino, finisce ancora una volta ad accompagnarci per mano sino ad un punto di soglia. Soglia che divide il tempo del progresso unificato che avanza per sostituzioni da quello che regola la “durata della storia” e che, a differenza del primo, si manifesta per accumuli e metamorfosi dai quali poi per progressiva stratificazione dovrebbe originare la “migrazione paziente dei linguaggi”.
Filippo Lambertucci
Matteo Baborsky
37 OSSERVATORIO LIBRI
La deriva privatistica della legislazione urbanistica italiana
a cura di Sonia Milone
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Le lucide evasioni di Mendini Alessandro Mendini. Dall’infinito all’infinitesimo Roma, Museo dell’Ara Pacis 9 aprile - 6 settembre 2009 Nei medesimi spazi che hanno visto recentemente celebrarsi l’opera di Bruno Munari, viene ora ospitata una grande retrospettiva - sempre a cura di Beppe Finessi - sul lavoro di Alessandro Mendini, architetto e designer italiano che da oltre quarant’anni occupa un posto di rilievo nella cultura del progetto internazionale. Rappresentative di angolature mai consuete da cui guardare il mondo, le oltre duecento opere in mostra - oggetti, modelli, disegni, riflessioni messe per iscritto su fogli di carta - testimoniano di un impegno creativo impressionante per la sua cangiante espressività e per la vastità di produzione. Dotata di una intelligenza curiosa e di una indispensabile elasticità prima regola di sopravvivenza di questi nostri tempi concitati - per il suo rifiuto della noia e la disponibilità verso il gioco, la poetica di Mendini si imparenta a quella di designer come Munari, Castiglioni, Eames, con cui, però, a ben vedere, non condivide proprio la scelta del territorio concettuale su cui impostare il progetto. Se per quella generazione di maestri a lui precedente la ricerca di una relazione tra l’oggetto e la persona non poteva, infatti, che cercarsi sul piano del progetto dell’uso e
della risposta funzionale, l’apporto di Mendini - con Sottsass e Branzi - inaugura una stagione ed una strategia volta a privilegiare il lavoro sull’aspetto dell’oggetto, indagando le possibilità emotive e simboliche che la forma è capace di attivare. A raccontare la portata di questa discontinuità può forse bastare, tra le altre, la folgorante intuizione del cavatappi prodotto per Alessi che trasformandosi in figura di pupazzo e di bambola stabilisce un nuovo livello di relazioni visive e simpatiche con l’acquirente, laddove altri si sarebbero invece impegnati ad un miglioramento sul piano della soluzione al problema meccanico dell’apertura della bottiglia. Contaminando ironicamente l’aspetto dell’oggetto da progettare con informazioni visive raccolte da altri ambiti - ed intuendo il potenziale comunicativo e commerciale sotteso da questa operazione -, l’avventura creativa di Mendini è il segno di una preferenza verso la libera frequentazione con ciò che si colloca all’esterno dell’oggetto stesso, piuttosto che un’indagine sull’essenza dello stesso. Ed il valore ed i limiti del multiforme paesaggio di forme messo in mostra sono proprio conseguenza di questa consapevole evasione: oggetti che cercano una loro libertà allontanandosi proprio da quelle questioni a loro interne che la modernità aveva invece ritenuto il fuoco del problema. Amanzio Farris
Albini e Helg: design per i musei Franco Albini & Franca Helg design Milano, Galleria Fragile 16 aprile - 30 maggio 2009
La galleria Fragile di via Rutilia a Milano con Alessandro Padoan, in collaborazione con la Brian Kish Gallery di New York, ha prodotto – con pezzi propri e di Mario Catizone - una retrospettiva sul design di Franco Albini e Franca Helg, che spazia dalla ricostruzione delle balestre della struttura del letto della VII Triennale (“Criteri per la casa d’oggi”) fino alla ciotola in argento della San Lorenzo (1970). L’operazione, sull’ala della qualità dei prodotti, frammenti e prototipi, supera il semplice intento celebrativo dell’occasione del recente Salone del Mobile, per divenire vera e propria indagine sull’interlocuzione finale con il produttore per le possibili varianti. Nel catalogo, il testo di Daniel Sherer approfondisce e aggiorna la tesi di Manfredo Tafuri del “surrealismo così acuto nel suo realizzarsi in un vocabolario tecnicamente impeccabile”, con risultati alterni nell’estensione del tentativo di ricostruzione ambientale alle architetture, ma complessivamente positivi nell’intendere la definizione al-
biniana degli “ambienti in ambienti” quale sintesi del rapporto ragione-immaginazione. Le foto di Stefano Galuzzi restituiscono, attraverso il gioco delle ombre, la “raffinatezza e persino sensualità” evocata da Vittoriano Viganò, “l’aura”
femminile di Luisa, Margherita e Fiorenza, esito di un “magistero accademico e professionale unitario”, testimoniato da Aurelio Cortesi, allora giovane disegnatore del carrello portavivande CR20. La dimensione di preparazione “domestica” all’architettura, riferita nella precedente lettura di Maurizio Fagiolo ai piccoli oggetti da tavolo dell’anteguerra, lascia così il posto ad un’unica ricerca di forme vitali attraverso l’industria post-bellica, “nell’analogia tra lo spazio domestico e quello della mostra” (Federico Bucci), dove attraverso la diversificazione delle specifiche destinazioni, la ricorrente distinzione dei ruoli, tra strutture in elevazione e piani di contenimento del corpo, si riafferma la necessità per il progetto moderno - più che di una, a torto, celebrata ricerca sull’assenza di gravità -, di una primaria indagine sulla presenza della ragione nel confronto con le condizioni tecniche e produttive del presente: il Razionalismo, appunto. Stefano Cusatelli
Color. Aoi Huber Kono Chiasso, m.a.x. museo 19 aprile - 27 settembre 2009 Il m.a.x. museo è un edificio dedicato all’opera di Max Huber – il noto grafico svizzero scomparso a Mendrisio nel 1992 inaugurato a Chiasso nel 2005. Da allora – coerentemente alla sua vocazione e parallelamente alla permanente su Max Huber – ha sempre ospitato mostre su quello che potremmo definire l’universo Huber.
tilezza nei movimenti e mi parve magica. Passavo ore davanti alle finestrelle colorate di quella serigrafia e mi chiedevo cosa avesse a che vedere un foglio con tanti quadrati equivalenti di colori diversi con le luci di una città. Ecco la magia che Aoi sa fare: tradurre la realtà in un’altra realtà, dove i colori corrispondono agli stati d’animo; in montaggi astratti che della realtà danno un cenno, un’icona, una spiegazione segreta ed insieme lucidissima. Aoi, con i colori gioca - per lei il gioco stesso è indagine ulteriore - e racconta storie; le sue trame avvolgono anche le stoffe, gli arazzi, le porcellane che disegna. È come se il suo segno, dinamico nella sua stessa struttura, fosse capace di decorare, alla stregua di antiche figure. Come tessuti dipinti su altri tessuti, come sereni viaggi attraverso puri e complessi scenari. Carlo Gandolfi
Aoi Kono, sua moglie, figlia del fondatore della grafica moderna Takashi Kono (rassegna nel 2007), mette in mostra per la prima volta nelle belle stanze del m.a.x museo, i suoi disegni, arazzi, tappeti e lillustrazioni. Bruno Munari (rassegna nel 2008) – dopo aver coniato il palindromo Io, Aoi nel 1995 - diceva che Aoi aveva un sensore (chiedendosi se questo sensore fosse nascosto tra i suoi capelli). Dalla mostra a Chiasso, camminando attraverso le sue soavi ed eleganti trame, si scorge la capacità di Aoi Huber Kono di carpire le strutture della realtà riproponendole in chiave astratta. Il colore diviene il carattere di queste strutture, ne diviene tema prima ancora che tono: è come se i colori fossero per Aoi lettere di un alfabeto infinito e molto eloquente; di un universo delicato, raccontato sottovoce, ma con grande precisione. Ricordo da bambino Aoi che, in visita con Max a casa dei miei genitori, portò in dono dei fiori di loto e una serigrafia dal titolo “City lights”. Aoi parlava a bassa voce portando con sé tutta la delicatezza orientale e la gen-
Focus design Ballo+Ballo Milano, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea 21 aprile - 7 giugno 2009 La mostra popone una retrospettiva dedicata all’opera di Aldo e Marirosa Ballo che, dagli anni ’50 a oggi, hanno realizzato, attraverso la fotografia, un paziente e metodico lavoro di ricognizione sul mondo e sulla cultura del design italiano. È dunque una mostra di fotografie, ma anche una mostra sulla storia del design e dei suoi protagonisti e, infine, una mostra sul mestiere del fotografo come strumento di conoscenza e trasmissione del sapere. In esposizione ci sono gli oggetti, ci sono le fotografie degli oggetti e dei loro progettisti, ma ci sono anche un modo di lavorare e una “bottega” - materialmente rappresentata, in parte, nella prima sala in scala 1:1 e poi, interamente, in un modello in scala 1:100 dello studio milanese - intesa come luogo di discussione collettiva e di formazione delle idee prima che delle immagini.
Le immagini, veri e propri ritratti di “cose”, si distinguono per la loro assoluta aderenza alla realtà dell’oggetto, necessaria per trasmetterne le caratteristiche formali e tecniche, ma anche per la loro capacità di trascendere questa materialità e di evocare una dimensione evanescente, quasi metafisica, che va oltre la descrizione per diventare evocazione. Gli strumenti sono le inquadrature, precise, nitide, con una spiccata predilezione per i primi piani e per le riprese dall’alto, e l’uso della luce, morbida e delicata, che segna i contorni e accentua i volumi, senza mai una deformazione o una distorsione. Accanto alle immagini, in un percorso espositivo ricco e molteplice (progettato da E. Baleri e L. Baroli), è presente una galleria di “racconti”, con oltre
Zonaventura: una via per la contemporaneità È visibile a molti metri di distanza la gigantesca gru decorata dagli artisti Anna Galtarossa e Daniel Gonzalez che svetta in via Massimiano a Milano. È una gru che, di giorno, viene normalmente usata per completare l’ultimo dei tanti cantieri edili che si sono succeduti in questa parte della città ed è, al contempo, un’installazione artistica temporanea, un segno verticale che, come una sorta di campanile medioevale, domina quella che potremmo chiamare una vera e propria cittadella dell’arte e del design. Siamo in “zonaventura” - come è stata definita la zona nata intorno a via Ventura a Lambrate - dove, a partire dal 2000, è iniziata un’importante operazione di riqualificazione che ha trasformato le aree dismesse di fabbriche come la Faema in una serie di moderni loft. Qui, in poche centinaia di metri, hanno aperto (e continuano ad aprire) gallerie d’arte, agenzie di pubblicità, studi di architettura, case editrici come Abitare Segesta, Radio 101, Art Book libreria internazionale, configurando un vero e proprio quartiere incentrato sui linguaggi estetici più attuali. E, con loro, sono arrivati anche nuovi residenti, restituendo all’area quel mix funzionale e so-
90 video-interviste, trasmesse da una fila di schermi con grandi primi piani incorniciati, che come le voci di un coro, testimoniano, a partire dall’esperienza diretta, la passione e la professionalità dei Ballo e, a chiudere, una suggestiva sequenza di oggetti (fotografati insieme ai progettisti) a grandezza naturale, esposti su lastre di plexiglas traslucide, che spiccano sullo sfondo dei giardini di Villa Reale. Al primo piano, infine, una ricca sezione documentaria mostra i progetti editoriali e le innumerevoli pubblicazioni su cataloghi e riviste (oltre a “Casabella” e “Domus”, “Ottagono”, “Casa Vogue”, “Abitare” e molte altre), a testimonianza della continuità e della coerenza della ricerca dello Studio Ballo. Silvia Malcovati
ciale perso a causa della monoproduttività industriale, prima, e con anni di abbandono, poi. Via Ventura è un esperimento in progress (guidato dall’arch. Mariano Pichler insieme allo studio Ruatti e all’arch. Mutti, prematuramente scomparso), costruito coniugando offerta culturale e valorizzazione del territorio; un’arteria dedicata alla contemporaneità che, dalla periferia, vuole irrorare il cuore di Milano. Ad esempio, è qui dal 2003 la Scuola Politecnica di Design, la scuola di design più antica d’Italia - dove ha insegnato per vent’anni Bruno Munari - che accoglie 200 studenti provenienti da tutto il mondo, premiata con riconoscimenti quali la Benemerenza Civica del Comune di Milano nel 1981 e il Compasso d’Oro ADI nel 1994. Le numerose gallerie d’arte presenti - da Prometeogallery a Massimo De Carlo, da Pianissimo a Zero, da Francesca Minini a Manuela Klerkx - con le loro mostre su artisti famosi e non, offrono una ricca panoramica sul paesaggio artistico internazionale. L’ultima ad aver inaugurato è Designplus dedicata all’esposizione e produzione di oggetti di design artistico a serie limitata ad alto contenuto sperimentale, con opere, ad esempio, dei Fratelli Campana o di Patrick Tuttofuoco. Sonia Milone
39 OSSERVATORIO MOSTRE
I sereni viaggi di Aoi
a cura di Walter Fumagalli
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Ristrutturazione edilizia in Lombardia: un pasticcio Nuvole minacciose si stagliano all’orizzonte dell’urbanistica lombarda: questa volta è di turno la ristrutturazione edilizia. Entrata in vigore la Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12, molti avevano espresso soddisfazione (se non entusiasmo) per la definizione del concetto di ristrutturazione edilizia contenuta nella lettera “dâ€? dell’Articolo 27, convinti che essa facesse rientrare in tale categoria anche la demolizione di un fabbricato esistente e la costruzione, al suo posto, di un edificio completamente diverso purchĂŠ dotato della stessa volumetria. Il ragionamento posto a base di tale convinzione si poteva cosĂŹ riassumere: s L !RTICOLO LETTERA hDv DEL 4ESTO 5NICO dell’edilizia approvato in forza del D.P.R. GIUGNO N COME MODIFICAto dall’Articolo 1 del Decreto legislativo DICEMBRE N STABILISCE CHE “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistenteâ€?; s L !RTICOLO LETTERA hDv DELLA ,EGGE Regionale n. 12/2005 dispone invece che “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistenteâ€?, mentre il SUCCESSIVO !RTICOLO PREVEDE CHE IN Lombardia cessa di avere diretta applicazione la normativa di dettaglio dettaTA FRA L ALTRO PROPRIO DALL !RTICOLO DEL $ 0 2 N s AVENDO LA NORMA REGIONALE SOPPRESSO l’obbligo di uniformare la sagoma del nuovo edificio a quella del fabbricato demolito, rientrano quindi nel concetto di ristrutturazione edilizia anche gli interventi consistenti nella demolizione di un fabbricato e nella costruzione al suo posto di un edificio avente una sagoma diversa. Non era mancato, peraltro, chi aveva manifestato un’opinione contraria. In questa rubrica, per esempio, era stato espresso il convincimento che “la norma regionale vada correttamente interpreta-
ta nel senso che anche in Lombardia la demolizione e ricostruzione di un edificio possa essere qualificata come ristrutturazione edilizia, solo laddove il nuovo fabbricato possieda una sagoma, se non perfettamente identica, almeno molto simile a quelle dell’edificio demolitoâ€? (n. 12/2005 di AL). 4UTTAVIA LA MAGGIOR PARTE DEGLI OPERATORI E delle Amministrazioni comunali, ivi compresa quella di Milano, aveva disdegnato le argomentazioni poste a fondamento di questa seconda interpretazione, ed aveva invece abbracciato con soddisfazione (se non con entusiasmo) la prima. PerchĂŠ questa soddisfazione e questo entusiasmo? PerchĂŠ, secondo il costante insegnamento dei giudici amministrativi, in assenza di specifiche disposizioni locali gli interventi di ristrutturazione edilizia non sono soggetti all’obbligo di rispettare le norme che gli strumenti urbanistici ed i regolamenti edilizi dettano per le opere di nuova costruzione (indici di fabbricabilitĂ , distanze minime, ecc.). /RA PERĂ› IL 4RIBUNALE !MMINISTRATIVO Regionale per la Lombardia ha detto la sua parola sull’argomento, optando decisamente per la seconda “scuola di pensieroâ€?. Il TAR Brescia Per prima si è cimentata la Sezione di "RESCIA 3EZIONE ) MAGGIO N 504), la quale ha affermato che: s hIL CONCETTO DI RISTRUTTURAZIONE PREVIA demolizione come intervento che rispetta sia il volume sia la sagoma dell’edificio preesistente è ben fermo e ripetuto di frequente in giurisprudenza, sĂŹ che è poco credibile che il legislatore regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare con termini espressi tale intentoâ€?; s D ALTRA PARTE hNON Ă’ DECISIVO SUL PUNTO L !RT CITATO DELLA STESSA , 2 PER cui le disposizioni dell’Art. 27 prevarrebBERO SULL !RT DEL 4 5 NAZIONALE COMportandone la disapplicazioneâ€?, e ciò in quanto “la Legge Regionale (‌) incontra pur sempre una serie di limiti rispetto alla legge statale, e non può derogarvi a piacimento. Occorre pertanto chiedersi (‌) se il concetto di ristrutturazione delimitato dalla legge nazionale sia o non sia
una norma di principio ai sensi dell’Art. 117 Cost.â€?; s L !RTICOLO DEL $ 0 2 N Ă’ DA qualificare come “norma di principio (‌) in base alla sua logica (‌), che è quella di fornire uno strumento per il recupero del patrimonio esistente: abbandonando il limite della sagoma preesistente, tale obiettivo non verrebbe piĂš raggiunto, nel senso che si realizzerebbe un nuovo edificio di volume identico al preesistente, che certo ne mantiene il carico urbanistico, ma non ne conserva necessariamente alcuno dei valori estetici e funzionaliâ€?; s PERTANTO hSEGUENDO IL COSTANTE INSEgnamento della Corte costituzionale, per cui sin quando possibile una legge ordinaria va interpretata in modo conforme a Costituzione, si deve concludere che il limite della sagoma, attinente ad un principio, nella norma lombarda che non lo prevede espressamente, vada ricavato per via di interpretazione logica e sistematicaâ€?. Il TAR Milano PiĂš di recente la palla è passata ai giudici di Milano, i quali (Sezione II, 16 gennaio N SONO GIUNTI ALLA STESSA CONclusione dei colleghi di Brescia, seppure attraverso un percorso argomentativo in parte differente. Essi hanno infatti sostenuto che: s hL !RT COMMA LETTERA hDv DEL $ 0 2 x Ă’ SICURAMENTE IN TUTTO O IN parte, norma di principĂŽ in quanto contiene le definizioni degli interventi edilizi, che costituiscono l’architrave di tutto L IMPIANTO NORMATIVO DEL $ 0 2 v s hTALI PRINCIPĂ” PREVALGONO SULLA NORMATIVA regionale, cosĂŹ come previsto dal comma 1 dell’Art. 2 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. SECONDO IL QUALE le regioni esercitano la potestĂ legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principĂŽ fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unicoâ€?; s NELLE RISTRUTTURAZIONI CON DEMOLIZIONE E ricostruzione, “il rispetto della sagoma è richiesto perchĂŠ, eliminati tutti gli elementi materiali dell’edificio preesistente, la sagoma è il solo elemento fisico che permette di individuare quel collegamento con l’edificio abbattuto che costituisce la ratio della qualificazione di un intervento
In conclusione Ad integrazione delle argomentazioni svolte dai giudici lombardi, si può poi aggiungere un’ulteriore considerazione. L’Articolo 27, lettera “dâ€?, della Legge Regionale n. 12/2005 contiene l’espressione “demolizione e ricostruzioneâ€? e quindi usa un termine, “ricostruzioneâ€?, che nel mondo del diritto ha un significato ben preciso, che il legislatore non poteva certo ignorare: “va ravvisata (‌) l’ipotesi della ricostruzione ove dell’edificio pree-
sistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizioneâ€?, le componenti essenziali quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, “e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza variazione alcuna rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, in particolare senza aumenti nĂŠ della volumetria nĂŠ, pur questa rimanendo immutata, delle superfici occupate in relazione all’originaria sagoma d’ingombroâ€? (fra le tante, Corte di Cassazione, Sezione II civile, 26 OTTOBRE N 5TILIZZANDO IL TERMINE hRICOSTRUZIONEv DUNque, il legislatore regionale ha confermato che pure in Lombardia la “demolizione e ricostruzioneâ€? di un fabbricato può essere qualificata come ristrutturazione, solo se la nuova costruzione possiede la stessa sagoma dell’edificio demolito. E adesso? L’ultima parola sull’argomento spetta ora al Consiglio di Stato, al quale si possono RIVOLGERE LE PARTI CUI IL 4!2 DĂŒ TORTO Ma se il Consiglio di Stato confermerĂ le DECISIONI DEL 4RIBUNALE PER CHI HA COSTRUito edifici diversi da quelli demoliti senza rispettare le norme urbanistico-edilizie dettate per le nuove costruzioni si prospettano tempi duri. Anzitutto, infatti, in presenza di specifiche ragioni di pubblico interesse il comune potrebbe annullare d’ufficio il relativo titolo abilitativo all’edificazione (permesso di costruire o denuncia di inizio di attivitĂ ), mentre laddove i termini di impugnazione non fossero ancora scaduti, i vicini che si ritenessero pregiudicati dall’opera PROGETTATA POTREBBERO CHIEDERE AL 4!2 DI annullare tale titolo abilitativo. Ove quest’ultimo venisse annullato (dal comune o dal giudice amministrativo), l’opera sarebbe quindi soggetta alle sanZIONI PREVISTE DALL !RTICOLO DEL $ 0 2 GIUGNO N LA DEMOLIZIONE oppure in alternativa, “qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, (‌) la restituzione in pristinoâ€?, la sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite). Ove poi non fossero scaduti i piĂš ampi termini di prescrizione, i vicini potrebbero rivolgersi al giudice civile per chiedere il risarcimento dei danni subiti per effetto
del mancato rispetto delle norme di cui sopra, o addirittura per chiedere la demolizione della nuova costruzione se questa fosse stata realizzata in violazione delle norme sulle distanze. Ed a sua volta, poi, il proprietario dell’opera potrebbe rivalersi sul proprio tecnico, “colpevole� di avere progettato e realizzato un intervento non conforme alle previsioni di legge e di piano regolatore. In tutti i casi, dunque, chi in passato ha agito senza la dovuta cautela facendo troppo affidamento sugli orientamenti dell’amministrazione comunale, rischia ora di trovarsi in un bel pasticcio. W. F.
41 PROFESSIONE LEGISLAZIONE
come di ristrutturazione ediliziaâ€?, ed inoltre, “il suo ampliamento oltre i limiti del volume e della sagoma comporterebbe il venir meno della finalitĂ della normativa statale e regionale, che è quello del recupero del patrimonio esistente mediante la liberalizzazione degli interventi sul patrimonio immobiliare, al fine di migliorare e ammodernare i fabbricati piĂš vecchi e malridottiâ€?; s A CIĂ› SI AGGIUNGA CHE hPER LA RISTRUTTUrazione edilizia (‌) restano ferme le norme urbanistiche vigenti al tempo in cui venne rilasciato l’originario titolo edilizio, con la conseguenza che non sono applicabili le prescrizioni ed i vincoli imposti dagli strumenti urbanistici sopravvenutiâ€?, e che questa regola ha lo scopo di “favorire l’attuazione di tutti quegli interventi migliorativi del patrimonio edilizio esistente che lasciano inalterato il tessuto urbanistico ed architettonico preesistente, ancorchĂŠ difformi dalle nuove norme che regolano l’attivitĂ di trasformazione del territorioâ€?, mentre “la modifica senza alcun limite della sagoma delle costruzioni è chiaramente elemento che modifica fortemente il tessuto urbano e dĂ vita ad una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio che (‌) è effetto tipico delle nuove costruzioni e richiede che sia disciplinato dalla normativa urbanistica ed edilizia vigenteâ€?; s ED INFINE hIL SUPERAMENTO DELLE PRESCRIzioni e dei vincoli imposti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti, costituisce un vulnus della competenza comunale in materia urbanistica che dev’essere interpretato restrittivamente, giustificando cosĂŹ, anche sotto questo aspetto, un’interpretazione della nozione di ristrutturazione dettata in sede regionale in senso conforme a quella nazionaleâ€?.
a cura di Verena Corrà , Emanuele Gozzi, Umberto Maj, Ilaria Nava, Claudio Sangiorgi
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Sistemi di scarico insonorizzati $A QUANDO L ITALIANO Ã’ DIVENTATO CONDOMINO SEI CITTADINI SU CENTO SONO IN CAUSA CON IL LORO VICINO SONO DUE MILIONI I PROCESSI TRE I MILIARDI SPESI OGNI ANNO PER LE LITI FRA DIRIMPETTAI CHE TRASFORMANO I VANI SCALA O I PIANEROTTOLI NEL TEATRO DI DRAMMI CHE TANTO RICORDANO QUELLI DESCRITTI DA * ' "ALLARD NEL SUO CELEBRE Condominium &RA LE PRIME CAUSE SCATENANTI VI SONO I RUMORI CHE RUBANO IL SONNO IL VICINO CHE SUONA IL PIANOFORTE FINO ALLE TRE DEL MATTINO IL CANE CHE NON SMETTE DI ABBAIARE
LO SCARICO DEL CONDOMINO DEL PIANO DI SOPRA CHE SVEGLIA L INTERA FAMIGLIA NEL CUORE DELLA NOTTE )L LEGISLATORE DAL CANTO SUO SEMBRA SEMPRE PIá ACCORTO NEL RICONOSCERE LE ISTANZE LEGATE AL BENESSERE E ALLA SALUTE DEL CITTADINO MOLTI DEI TRIBUNALI ITALIANI MANIFESTANO LA TENDENZA UNIFORMANTE DI DECIDERE PER IL RICONOSCIMENTO ALL ACQUIRENTE DI UN INDENNIZZO DI NOTEVOLE ENTITÌ PARI AL DEL PREZZO PAGATO PER L APPARTAMENTO A CARICO DEL SOGGETTO RESPONSABILE IL COSTRUTTORE O IL PROGETTISTA ,O 3TATO ITALIANO HA REGOLAMENTATO LA MATERIA IN MERITO ALLA TUTELA DAL DANNO DA RUMORE CON LA ,EGGE N DEL h,EGGE QUADRO SULL INQUINAMENTO ACUSTICOv QUESTA STABILISCE I PRINCIPÔ FONDAMENTALI RIGUARDANTI LA TUTELA DELL AMBIENTE ABITATIVO DALL INQUINAMENTO ACUSTICO ,O STRUMENTO ATTUATIVO DELLA PRECEDENTE LEGGE IN MATERIA DI EDILIZIA Ò IL BEN PIá NOTO $ECRETO DEL 0RESIDENTE DEL #ONSIGLIO DEI -INISTRI DEL DICEMBRE h2EQUISITI PASSIVI DEGLI EDIFICIv 1UESTA FISSA I VALORI DI RIFERIMENTO STANDARD MINIMI VALIDI SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE CHE RIGUARDANO s L ISOLAMENTO ACUSTICO DELLE FACCIATE s IL POTERE FONOISOLANTE DEGLI ELEMENTI DI SEPARAZIONE FRA GLI AMBIENTI s IL LIVELLO DEL RUMORE DI CALPESTIO s LA RUMOROSITÌ DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI
QUALI QUELLO DI RISCALDAMENTO DI AERAZIONE E CONDIZIONAMENTO GLI ASCENSORI E GLI SCARICHI ) COMUNI AL FINE DEL RILASCIO DEL 0ERMESSO DI #OSTRUIRE POSSONO CHIEDERE UNA
Documentazione Preliminare SUI REQUISITI ACUSTICI PASSIVI DELL EDIFICIO COMPILATA DA UN TECNICO COMPETENTE )N ALTERNATIVA L AMMINISTRAZIONE COMUNALE ALL ATTO DEL RILASCIO DELL Agibilità PUÛ RICHIEDERE ALL IMPRESA LA DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE IL RISPETTO DEI REQUISITI ACUSTICI DELL EDIFICIO MEDIANTE COLLAUDO 6ENIAMO DUNQUE AGLI ARGOMENTI DI PIá SPECIFICO INTERESSE CHE RIGUARDANO LA RESPONSABILITÌ DEL PROGETTISTA IN MATERIA DI IMPIANTI DI SCARICO A GRAVITÌ )L $0#- ALL !RTICOLO DEFINISCE s COMPONENTI DEGLI EDIFICI LE PARTIZIONI ORIZZONTALI E VERTICALI s SERVIZI A FUNZIONAMENTO CONTINUO GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO AERAZIONE E CONDIZIONAMENTO s SERVIZI A FUNZIONAMENTO DISCONTINUO GLI ASCENSORI GLI SCARICHI IDRAULICI I BAGNI I SERVIZI IGIENICI E LA RUBINETTERIA ,A RUMOROSITÌ PRODOTTA DAGLI IMPIANTI TECNOLOGICI NON DEVE SUPERARE I SEGUENTI LIMITI s D" ! PER I SERVIZI A FUNZIONAMENTO CONTINUO s D" ! PER I SERVIZI A FUNZIONAMENTO DISCONTINUO ) SISTEMI DI SCARICO FUNZIONANTI A GRAVITÌ RIENTRANO DUNQUE NELLA CATEGORIA DEI SERVIZI A FUNZIONAMENTO DISCONTINUO E DEVONO PRESENTARE UN LIVELLO DI PRESSIONE SONORA PERCEPIBILE AL DI FUORI DELLE PARTIZIONI ORIZZONTALI O VERTICALI CHE LI CONTENGONO IN OGNI CASO INFERIORE A D" ! $ECIBEL !L FINE DI MANTENERE QUESTO PARAMETRO SOTTO LA SOGLIA DEFINITA DALLA LEGGE OCCORRE AGIRE SIN DALLA FASE DI PROGETTAZIONE NELLE DUE DIREZIONI DELLA RIDUZIONE DEL RUMORE PROPRIO DEL SISTEMA E DEL CONTROLLO DELLA PROPAGAZIONE DEL SUONO NEGLI AMBIENTI ,A PROPAGAZIONE DEL SUONO NEGLI EDIFICI AVVIENE IN DUE MODI s PER VIA AEREA INDIRETTA LE ONDE SONORE SI PROPAGANO ATTRAVERSO L ARIA TALI ONDE VAGANTI NELLO SPAZIO STIMOLANO L ELEMENTO COSTRUTTIVO A COMPIERE VIBRAZIONI FLESSORIE CHE VENGONO RITRASMESSE IN PARTE ALLO SPAZIO ADIACENTE .EL CASO SPECIFICO LO SCORRERE DELLO SCARICO ALL INTERNO DELLE COLONNE PRODUCE IL CLASSICO RUMORE DI hSCROSCIOv CHE SI PROPAGA ALL INTERNO DELLE CONDUTTURE PER VIA AEREA SOLLECITANDONE LE PARETI
s 0ER VIA STRUTTURALE O SOLIDO DIRETTA LA PROPAGAZIONE AVVIENE ATTRAVERSO IL MATERIALE SOLIDO L ELEMENTO STRUTTURALE DIRETTAMENTE SOLLECITATO MECCANICAMENTE COMPIE DELLE VIBRAZIONI FLESSORIE LE QUALI CEDONO PRESSIONE SONORA ALLE PARTICELLE D ARIA DELLO SPAZIO ADIACENTE .EL CASO SPECIFICO DELL IMPIANTO LO SCARICO RIMBALZA SULLE PARETI INTERNE DEL TUBO GENERANDO VIBRAZIONI FLESSORIE CHE INTERESSANO L INTERA COLONNA E SI TRASMETTONO ALLA STRUTTURA A MEZZO DEI COLLARI O PER CONTATTO DIRETTO SE QUEST ULTIMA Ò ANNEGATA NEL CALCESTRUZZO 4ALI VIBRAZIONI SONO PARTICOLARMENTE FORTI IN CORRISPONDENZA DEI CAMBI DI DIREZIONE ED IN PARTICOLARE ALL ALTEZZA DELLA CURVA DI INVERSIONE A FINE COLONNA !L FINE DI INTERVENIRE IN MODO CORRETTO ED EFFICACE Ò BENE CONOSCERE L ORIGINE DELLE DIVERSE FONTI DI RUMORE CHE NEL CASO DELLA COLONNA DI SCARICO POSSONO IDENTIFICARSI I TRE TIPI FONDAMENTALI DI SORGENTE s RUMORE DELLA CADUTA CAUSATO DALL ACQUA IN CADUTA NEL TRATTO VERTICALE DELLA COLONNA DI SCARICO s RUMORE DELL URTO CAUSATO DAL CAMBIAMENTO DI DIREZIONE NEL PASSAGGIO DAL TRATTO VERTICALE DELLA COLONNA A QUELLO ORIZZONTALE DEL COLLETTORE s RUMORE DI DEFLUSSO PROVOCATO DALLO SCORRERE DELL ACQUA LUNGO IL COLLETTORE ORIZZONTALE )N OLTRE IL GRADO DI RUMOROSITÌ COMPLESSIVA DI UN IMPIANTO Ò CORRELATO AD UNA SERIE DI FATTORI QUALI s ALTEZZA E TIPOLOGIA DELL EDIFICIO PIá L EDIFICIO Ò ALTO PIá AUMENTANO LA VELOCITÌ DI CADUTA E LA QUANTITÌ DOVUTA ALLA CONTEMPORANEITÌ DELLO SCARICO s PERCORSO E TUBAZIONI ABBIAMO GIÌ EVIDENZIATO COME IL LIVELLO DI RUMOROSITÌ SIA STRETTAMENTE COLLEGATO ALLA QUANTITÌ DI CAMBI DI DIREZIONE COME NEI CASI DI CURVE PEZZI SPECIALI E COLLEGAMENTI AI SANITARI s QUANTITÌ DELL ACQUA TRASPORTATA A CUI SONO LEGATE LA PORTATA E LA FORZA CENTRIFUGA 5NA CORRETTA PROGETTAZIONE Ò QUELLA CHE
NOTI TUTTI I PARAMETRI E MECCANISMI FISICI CHE REGOLANO IL LIVELLO DI RUMOROSITÌ DI UN IMPIANTO DI SCARICO ADOTTA GLI ACCORGIMENTI NECESSARI AL CONTROLLO DI DETTI MECCANISMI ASSICURANDO LA MESSA IN OPERA DI UN IMPIANTO A NORMA DI LEGGE
TI ALL ATTRAVERSAMENTO O ANNEGAMENTO NEI SOLAI SONO IN GENERE COSTITUITI DA UNO STRATO DI MATERIALE SINTETICO CHE ESCLUDE LE INFILTRAZIONI E CONTEMPORANEAMENTE FORNISCE LA BARRIERA AL VAPORE DA UNO STRATO COSTITUITO DA UNA LAMINA DI PIOMBO CHE RIDUCE LA PROPAGAZIONE DEL RUMORE NELL ARIA E DA UNO STRATO DI AMMORTIZZANTE ACUSTICO FATTO DI MATERIA SCHIUMOSA 1UESTE SOLUZIONI SONO PARTICOLARMENTE INDICATE NEL CASO DELLA NECESSITÌ DI ABBATTIMENTO DELLA RUMOROSITÌ DI IMPIANTI GIÌ IN OPERA COME NEI CASI DI OPERE DI RISANAMENTO O RESTAURO 0ER QUANTO RIGUARDA LA PROGETTAZIONE DI IMPIANTI NUOVI L OFFERTA COMMERCIALE DI SISTEMI INSONORIZZANTI Ò VASTA -OLTI DI QUESTI SISTEMI SONO CERTIFICATI PER GARANTIRE UN LIVELLO DI INSONORIZZAZIONE PIá ELEVATE RISPETTO A QUELLO RICHIESTO DAL $0#- ESSI ADOTTANO COME TERMINI DI RIFERIMENTO QUELLI FISSATI DALLA PIá STRINGENTE NORMATIVA TEDESCA CON LA NORMA $). O LE ANCOR PIá RIGIDE DIRETTIVE DELL !SSOCIAZIONE DEGLI )NGEGNERI 4EDESCHI CON LA 6$) CHE FISSANO I LIMITI DI PRESSIONE SONORA RISPETTIVAMENTE IN D" ! E D" ! 1UESTI SISTEMI PRESENTANO CONDUTTURE GENERALMENTE COMPOSTE DI UN sandwich DI TRE STRATI UNO ESTERNO DOTATO DI BUONE CARATTERISTICHE MECCANICHE IN GRADO DI ASSORBIRE GLI URTI ALLE BASSE TEMPERATURE NORMA %. UNO INTERNO DOTATO DI CARATTERISTICHE DI ELEVATA SCORREVOLEZZA STABILITÌ ALL ACQUA CALDA FINO AI ª# E RESISTENZA CHIMICA E UNO STRATO INTERMEDIO VISCOLEASTICO CHE ASSORBE LE VIBRAZIONI ) PEZZI SPECIALI I RACCORDI E LE CURVE PRESENTANO UNA MASSA AUMENTATA CHE GARANTISCE MIGLIORI PRESTAZIONI ACUSTICHE ) SISTEMI DI STAFFAGGIO SONO IN GENERE COSTITUITI DA UN COLLARE IN ELASTOMERO E DA UNA FASCETTA DI SOSTEGNO FORNITI NEI DIVERSI DIAMETRI ,A TOTALE COMPATIBILITÌ DI DIMENSIONI IN CONFORMITÌ ALLA NORMA $). %. CON LA POSSIBILITÌ DI TAGLIO CON I TRADIZIONALI TAGLIA TUBI O SEGA A DENTATURA FINE GARANTISCONO TEMPI E COSTI DI POSA IDENTICI A QUELLI DEI SISTEMI DI SCARICO TRADIZIONALI U. M.
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Schema esemplificativo dei componenti di un sistema di scarico insonorizzato (immagini da REHAU Spa).
Sistema di staffaggio con collari isofonici (foto: REHAU Spa).
Gamma di prodotti insonorizzati per sistema di scarico a gravità (foto: REHAU Spa).
02/&%33)/.% NORMATIVE E TECNICHE
E CHE GARANTISCA UN ELEVATO LIVELLO DI COMFORT ABITATIVO ¶ NECESSARIO DUNQUE INTERVENIRE s DIMINUENDO IL LIVELLO DI RUMOROSITÌ PROPRIO DELL IMPIANTO s RIDUCENDO LA PROPAGAZIONE DEL RUMORE PER VIA AEREA MEDIANTE L UTILIZZO DI MATERIALI INSONORIZZANTI O FONOASSORBENTI s ABBATTENDO IL GRADO DI PROPAGAZIONE STRUTTURALE ADOTTANDO PUNTUALI ACCORGIMENTI PER LA RIDUZIONE DEL CONTATTO DIRETTO E DEI PONTI ACUSTICI 0ER DIMINUIRE IL LIVELLO DI RUMOROSITÌ PROPRIO OCCORRE TENERE IN CONTO GIÌ IN FASE DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA DELLA POSIZIONE DELLA COLONNA DI SCARICO 1UESTA DOVREBBE PRESENTARE MENO CAMBI DI DIREZIONE POSSIBILE IL CAMBIO DI DIREZIONE A FINE COLONNA DEVE ESSERE REALIZZATO CON TRATTI DI SMORZAMENTO CHE UTILIZZINO DUE CURVE A ª ANZICHÏ LA CLASSICA CURVA A ª )L TRATTO VERTICALE DELL IMPIANTO DOVREBBE ESSERE CONTENUTO IN APPOSITI CAVEDI TECNICI COMUNI A PIá VANI E LONTANI DA AMBIENTI SENSIBILI /CCORRE PRESTARE PARTICOLARE ATTENZIONE AL CORRETTO DIMENSIONAMENTO DEI DIAMETRI SIA ORIZZONTALI CHE VERTICALI IDONEI ALLA PORTATA E PREVEDERE SOPRATTUTTO IN PRESENZA DI ALTEZZE CONSISTENTI COLONNE DI VENTILAZIONE CHE FAVORISCANO LO SCORRIMENTO 0ER RIDURRE LA PROPAGAZIONE PER VIA AEREA OCCORRE PREVEDERE L UTILIZZO DI TUBAZIONI E RACCORDI IN MATERIALI POLIMERICI CHE CONIUGHINO UN ELEVATA MASSA ED ELEVATE PROPRIETÌ FONOASSORBENTI 0ER ABBATTERE IL RISCHIO DI PROPAGAZIONE STRUTTURALE Ò NECESSARIO IN GENERALE EVITARE I PONTI ACUSTICI OVVERO IL CONTATTO DIRETTO FRA LA COLONNA E GLI ELEMENTI STRUTTURALI DELL EDIFICIO 3IA NEL CASO DELLA NECESSITÌ DI AFFOGAMENTO NEL CALCESTRUZZO CHE IN QUELLO DI ATTRAVERSAMENTO DI SOLAI LE TUBAZIONI DEVONO ESSERE RIVESTITE CON FOGLI DI APPOSITI MATERIALI MORBIDI E FLESSIBILI CALZE ANTIVIBRAZIONE .EI TRATTI RIMANENTI DELL IMPIANTO SIA ORIZZONTALI CHE VERTICALI IL FISSAGGIO AGLI ELEMENTI PORTANTI DEVE AVVENIRE A MEZZO DI SISTEMI DI STAFFAGGIO ELASTICI COLLARI ISOFONICI CHE MINIMIZZANO IL PASSAGGIO DI VIBRAZIONI )L MERCATO ITALIANO PRESENTA SVARIATE SOLUZIONI COMMERCIALI CHE VANNO DAI SINGOLI ELEMENTI A SISTEMI COMPLETI PER LA MESSA IN OPERA DI IMPIANTI DI SCARICO AD ELEVATE PRESTAZIONI ACUSTICHE ) FOGLI ISOLANTI ADAT-
a cura di Camillo Onorato
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Rassegna legislativa G.U. n. 98 del 29.4.2009 Serie generale Provvedimento 1° aprile 2009 Intesa, ai sensi dell’Articolo 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, tra Stato, regioni e gli enti locali, sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia. (Repertorio atti n. 21/CU del 1° aprile 2009) Il 1° aprile 2009, ai sensi dell’Art. 8, comma 6 della Legge del 5 giugno 2003 n. 131, in Conferenza Unificata, si è raggiunta l’intesa fra Stato, regioni ed enti locali circa un accordo sulle misure tese a rilanciare l’economia attraverso l’attività edilizia. La Legge 131 del 5 giugno 2003 prevedeva le disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3, ed in particolare l’Art. 8, comma 6, stabiliva la possibilità per il Governo di promuovere la stipula di intese in Conferenza Unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle legislazioni statali e regionale, il raggiungimento di posizioni unitarie e il conseguimento di obiettivi comuni. L’iter legislativo ha visto la prima seduta straordinaria relativa al confronto con le regioni e gli enti locali in merito ad iniziative legislative finalizzate ad un rilancio dell’attività edilizia e del tessuto urbanistico, successivamente la riunione di un tavolo tecnico-politico riunitosi in data 26 marzo 2009 ed in data 31 marzo per discutere le modalità e le misure da adottare in materia attraverso interventi legislativi coordinati volti a favorire la modifica del patrimonio edilizio e le forme di semplificazione degli adempimenti previsti. Tramite l’accordo le regioni si impegnano ad approvare, entro e non oltre 90 giorni dalla data del provvedimento leggi proprie ispirate ai seguenti obiettivi: a) regolamentare interventi - che possono realizzarsi attraverso piani/programmi definiti tra regioni e comuni - al fine di migliorare anche la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite
del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni/bi-familiari o comunque di volumetria non superiore ai 1000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo di 200 metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica; b) disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell’efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e secondo criteri di sostenibilità ambientale, ferma restando l’autonomia legislativa regionale in riferimento ad altre tipologie di intervento; c) introdurre forme semplificate e celeri per l’attuazione degli interventi edilizi di cui alle lettere “a” e “b” in coerenza con i principî della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale. Tali interventi edilizi non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta. Relativamente alle lettere di cui “a” e “b” le leggi regionali possono individuare gli ambiti nei quali gli interventi possono essere esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali e alle aree di pregio ambientale e paesaggistico, nonché gli ambiti nei quali i medesimi interventi sono favoriti con opportune incentivazioni e premialità finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate. La disciplina introdotta dalle suddette leggi regionali prevede una validità non superiore ai 18 mesi dall’entrata in vigore, salvo differente determinazione da parte delle singole regioni, ed in caso di mancata approvazione delle leggi regionali nel termine stabilito sarà compito del Governo e del Presidente della Giunta regionale interessata stabilire le modalità procedurali idonee ad attuare compiutamente l’accordo, anche ai sensi dell’Art. 8, comma 1, della Legge n. 131/2003. Al fine di rendere più rapida ed efficace l’azione amministrativa di disciplina dell’attività edilizia, in caso di mancata approvazione delle leggi regionali nel termine stabilito, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del presente accordo,
il Governo emanerà un decreto-legge i cui contenuti saranno concordati con le regioni e il sistema delle autonomie con l’obiettivo precipuo di semplificare alcune procedure di competenza esclusiva dello Stato. L’accordo impegna inoltre il Governo e le regioni a rispettare la vigente disciplina in materia di rapporto di lavoro, anche per gli aspetti previdenziali e assistenziali e di sicurezza nei cantieri e la necessità di mettere a punto una procedura che garantisca trasparenza come, per esempio, quella utilizzata per lo sgravio Irpef del 36%. Infine, il Governo s’impegna, congiuntamente con le regioni e le autonomie locali, ad avviare uno studio di fattibilità per un nuovo piano casa, compatibilmente con le condizioni di finanza pubblica, risorse pubbliche e private per soddisfare il fabbisogno abitativo delle famiglie di particolari categorie, che si trovano nella condizione di più alto disagio sociale e che hanno difficoltà ad accedere al libero mercato della locazione. G.U. n. 99 del 30.4.2009 Serie generale Deliberazione 30 marzo 2009 Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’ambito di tutela paesaggistica del Ticinello nel Comune di Milano (Deliberazione n. VIII/09210) La deliberazione riguardante la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’ambito di tutela paesaggistica del Ticinello, nel Comune di Milano, fa riferimento al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, ai sensi dell’Art. 10 della Legge 6 luglio 2202, n. 137 e s.m.i, al regolamento approvato con regio Decreto del 3 giugno 1940, n. 1357 per l’applicazione della Legge 1497/39, ora ricompresa nel D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ed alla Legge regionale dell’11 marzo 2005 di cui al titolo V° sui Beni paesaggistici. La Commissione provinciale di Milano per la tutela delle Bellezze naturali aveva definito, con deliberazione del 9 giugno 1993 la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico per l’ambito del Ticinello, ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. La Regione ha ritenuto di condividere
B.U.R.L. 4° Suppl. straordinario al n. 13 del 3 aprile 2009 D.g.r. 30 marzo 2009 - 8/9203 Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica 2007-09 Secondo programma annuale (Art. 3 comma 52, lett. b) L. R. n. 1/2000 Gli strumenti di pianificazione e programmazione regionale dell’edilizia residenziale pubblica sono individuati dalla L.R. del 5 gennaio 2000 n. 1, “Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998 n.
112, relativo al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed enti locali”. Il documento di riferimento per il coordinamento degli interventi e della spesa è il programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica, approvato con cadenza triennale dal Consiglio regionale. Gli interventi ammessi al finanziamento, ed i criteri di localizzazione degli stessi e dei soggetti attuatori, sono stabiliti dal programma annuale di attuazione, approvato dalla Giunta regionale. Il Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica 2007-2009 (PRERP), prevede che il Programma annuale di attuazione 2009 debba contenere la ricognizione degli interventi ammessi a finanziamento per l’anno di riferimento, la verifica dello stato di avanzamento di ciascuna misura di intervento, gli adeguamenti programmatici e di stanziamento previsti per ciascuna misura di intervento, anche in relazione a puntuali stime sui nuovi fabbisogni. L’approvazione del Secondo programma annuale di attuazione del Programma annuale per l’edilizia residenziale pubblica 2007/2009, individua gli interventi ammessi a finanziamento e determina le risorse finanziarie disponibili, ed in fase di attuazione del PRERP ha valore come strumento ricognitivo al fine di valutare lo stato di realizzazione degli interventi pro-
grammati. Tale approvazione tiene conto dello stato di attuazione del programma in termini di avanzamento di ciascuna misura al 31 dicembre 2008, degli aggiornamenti intervenuti nel 2008, delle risorse disponibili ed integrazioni, e nuovi orientamenti degli obiettivi per il 2009. C. O.
Siti internet di consultazione www.edilportale.com www.lavoripubblici.it www.regionelombardia.it
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le motivazioni espresse dalla suddetta Commissione provinciale per l’individuazione dei beni paesaggistici, di cui alla pubblicazione del 25 febbraio 2008. L’area del Ticinello appare come una testimonianza dello storico paesaggio rurale delle campagne intorno alla città di Milano, con la presenza del cavo del Ticinello, che attraversa l’area da nord a sud, un territorio agricolo intessuto da una fitta rete irrigua, la presenza di antichi insediamenti di origine agricola, anche di rilevanza storico-monumentale. Le ampie aree verdi, caratterizzate dalla presenza di storici insediamenti in buono stato di conservazione, consentono la percezione di suggestive viste prospettiche del paesaggio rurale ed urbano.
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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.ordinearchitettilecco.it Presidenza, segreteria, informazioni: ordinearchitettilecco@tin.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Monza e della Brianza fax: 039 3309869 www.ordinearchitetti.mb.it Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.ordinearchitettipavia.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it
Milano
a cura di Laura Truzzi Designazioni s 0/,)4%#.)#/ $) -),!./ )N SEGUITO AI SORTEGGI PER LE NOMINE DEI MEMBRI DELL /RDINE PER LE COMMISSIONI DI LAUREA PER L ANNO ACCADEMICO ED ALLA VERIlCA DELLE DISPONIBILITĂŒ SI NOMINANO I SEGUENTI ARCHITETTI - Laurea “Design degli Interniâ€? del 24 febbraio 2009. In ordine progressivo di Commissione: Adele BUGATTI, Valeria Giacoma ARMANI; - Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura del 24 febbraio 2009. Ia Commissione: Chiara Maria FREYRIE; - Laurea Triennale in Architettura delle Costruzioni del 24-25 febbraio 2009. Ia Commissione: Cristina NEPOTE; - Laurea “Corso di Studi Urbanistica D.M. 509/99â€? del 25 febbraio 2009. In ordine progressivo di commissione: Anna COSI, Giovanni PEROSI; - Laurea per il “Corso di Studi in Architettura Ambientale D.M. 509/99â€? del 24 febbraio 2009. In ordine progressivo di commissione: Fausto MASSIRONI, Carlo MILICIANI; - Laurea per il “Corso di Studio in Scienze dell’Architettura D.M. 509/99â€? del 25 febbraio 2009. In ordine progressivo di commissione: Giuliano FRIGERIO, Michele Angelo FERE’, Evasio TURCHI, Maurizio LIMONGELLI, Alessandro FERRARI, Roberto MANGIAROTTI, Elena PAPINI, Francesco SUSS, Francesco DE AGOSTINI, Riccardo NANA; - Laurea per il “CDS in Architettura e Produzione Edilizia - Milano D.M. 509/99â€? del 24 febbraio 2009. Ia Commissione: Maurizio LO PRESTI; - Laurea Specialistica in P.U.P.T. e P.T.U.A. Vecchio Ordinamento del 21 aprile 2009. In ordine progressivo di commissione: Giuseppe BROLLO, Gennaro RIZZO; - Laurea “Specialistica in Architettura Milanoâ€? e “Vecchio Ordinamentoâ€? 21 aprile 2009. In ordine progressivo di commissione: Pierluigi BULGHERONI, Roberto RIBAUDO, Giuseppe MAGISTRETTI, Daniela A. PULCINI, Lino LADINI, Marco
Francesco BIANCHI, Lorenzo BARONI, Carmelo SCIUTO, Sandro VERGA, Paola GARBUGLIO, Daniela Paola PIETROBONI, Riccardo SALA. - “Laurea Specialistica in Architetturaâ€? del 20-21 aprile 2009. Ia Commissione: Giorgio Raniero AMENDOLA; - “Laurea Specialistica in Architettura - Architettura delle Costruzioniâ€? del 20-21 aprile 2009. Ia Commissione: Giuliano BANFI; - Laurea in Architettura Vecchio Ordinamento del 20 aprile 2009: Ia, IIa, IIIa, IVa Commissione: Michelangelo ACCIARO; - “Laurea Magistrale - Design degli Interniâ€? del 20 aprile 2009. In ordine progressivo di commissione: Anna Teresa RITACCO, Valeria Giacoma ARMANI. s )-02%3! %$), !24 S N C DI )LARE !NTONIO # DI ,AINATE RICHIESTA DI TERNA DI PROFESSIONISTI PER COLLAUDO DI OPERE IN C A RELATIVE AD UNA PALAZZINA RESIDENZIALE E BOX IN 0ARABIAGO VIA 2ESEGONE Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Fabio Massimo DE CASTIGLIONI, Sergio FRATI, Mauro MORELLI. s #/.42/6%23)! ! 6 /"2! S R L '%&)- S R L ISTANZA DI NOMINA DEL 4ERZO !RBITRO IN FUNZIONE DI 0RESIDENTE DEL #OLLEGIO !RBITRALE Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Luigi CARRETTA. s #)44! $) 3%34/ 3!. ')/6!..) RICHIESTA DI PROFESSIONISTI PER NOMINA #OMMISSIONE DEL PAESAGGIO Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Raffaele SELLERI. Serate Marzo, aprile e maggio sono stati mesi ricchi di eventi e di serate presso la sede dell’Ordine di Milano. Oltre al grande successo, dal 22 al 27 aprile, per il &UORISALONE organizzato in collaborazione con Sun - Salone internazionale dell’esterno, si sono svolti altri due cicli di conferenze. Il primo, inaugurato giĂ in febbraio con la conferenza su Lisbona 1998, dal titolo -ILANO 6ERSO L %XPO E OLTRE ha visto le serate dedicate a Siviglia, Han-
nover ed Expo Suisse. Si è concluso il 22 maggio, con l’inaugurazione della mostra fotografica, e il 3 giugno con il dibattito finale, presso la Triennale, dove sono state esposte le 5 campagne fotografiche compiute su incarico dell’Ordine, nei siti di Hannover 2000 - Claudio Gobbi, Lisbona 1998 - Marco Introini, Siviglia 1992 - Claudio Sabatino, Suisse 2002 - Maurizio Montagna e Saragozza 2008 - Gabriele Basilico. Il secondo ciclo di serate è stato dedicato al 0ROGETTARE IL PAEsaggio ed in particolare al verde pubblico milanese. Partendo da un EXCURSUS storico sono stati presentati i progetti per le nuove grandi aree dei PRU e le politiche di pianificazione del verde del Comune di Milano. Per ragioni di “spazioâ€? qui pubblichiamo solo la prima serata, $AL PIANO "ERUTO AI GIORNI NOSTRI
PASSANDO PER IL -ONTE 3TELLA, mentre le altre due verranno pubblicate sul prossimo numero di “ALâ€?. Expo 2015. Verso l’Expo e oltre s (ANNOVER LA RIGIDA EREDITĂŒ DEI PADIGLIONI 9 marzo 2009 introduzione: Andrea Kerbaker moderatore: Pierluigi Panza sono intervenuti: Michele Arnaboldi, Hans MĂśnninghoff, Pierluigi Nicolin fotografie di Claudio Gobbi Seconda serata ricognitiva sull’organizzazione delle Expo e sulle ereditĂ , positive e negative, che queste comportano. La serata del 9 marzo, presentata da Andrea Kerbaker – uno degli organizzatori del ciclo 6ERSO L %XPO - è stata dedicata ad Hannover, che ospitò Expo 2000, dove il processo organizzativo fu molto lungo e comportò anche un referendum popolare nel 1991. La vittoria dei sĂŹ fu molto risicata e questo portò il Consiglio comunale a cercare un piĂš ampio consenso attraverso l’operazione (ANNOVER per il miglioramento della cittĂ attraverso le infrastrutture realizzate per l’Expo. Dopo una serie di dati su Expo 2000, illustrata da Pierluigi Panza, (tra cui il deficit di
s 3IVIGLIA IMPULSO INFRASTRUTTURALE E LIMITI del quartiere fieristico 27 marzo 2009 moderatore: Giangiacomo Schiavi sono intervenuti: Gae Aulenti, Augusto Cagnardi, Enrique Soler fotografie di Claudio Sabatino
(ANNOVER !TELIER "YSTED PADIGLIONE DANESE FOTO #LAUDIO 'OBBI per il Masterplan dell’Expo di Hannover, racconta le fasi del progetto che ha oramai quasi 20 anni e che voleva creare una cittĂ nella cittĂ a memoria storica dell’antica cittadella distrutta durante la seconda guerra mondiale. Nel 1994 il MASTERPLAN era ultimato con diverse modifiche che avevano portato all’ampliamento dell‘area dell’Expo e che adesso risulta essere invece troppo vasta. Gli errori che Arnaboldi vede adesso, a distanza di quasi 10 anni, sono sicuramente il fatto che la cittadella dell’Expo non è ancora una cittĂ nella cittĂ come lui avrebbe voluto e che la cintura di aree a parcheggio è ancora troppo grande. Arnaboldi consiglia a Milano di limitare le ambizioni, di non ampliare, ma di recuperare, le strutture esistenti e di approfittare dell’evento per trasformare le infrastrutture invece degli spazi. Sapendo che i padiglioni non portano, in genere, qualitĂ architettonica, Arnaboldi limitò molto l’area dei padiglioni e la pose all’esterno della cittĂ , cercando di preservare il piĂš possibile gli spazi urbani. Arnaboldi chiude l’intervento con un accenno simpatico all’attuale crisi economica: si augura che la crisi obblighi gli organizzatori a limitare e ambizioni e il consumo di spazio a vantaggio del recupero dell’esistente e dell’ecosostenibile. Dopo aver visto le immagini di Gobbi sui padiglioni abbandonati ed aver sentito parlare di deficit milionari portati dalle Expo, tocca a Pierluigi Nicolin, professore al Politecnico di Milano, a risollevare il morale dei presenti. Propone tre direzioni per Milano 2015 e per svincolarci dal modello della fiera con i padiglioni che lasciano solo rot-
tami: seguire il modello, unico al mondo, del Salone del Mobile con gli eventi in tutta la cittĂ vestita a festa in un fenomeno diffuso inimitabile; coinvolgere tutta l’Italia con stimoli a visitarla utilizzando Milano come aeroporto di arrivo ed, infine, seguire il modello “esperienzialeâ€? che non richieda architettura (niente consumo di spazio) ma piuttosto design. Piccola parentesi raccontata da Margherita Lusvardi sulla vicenda, molto italiana, del padiglione italiano ad Hannover che ha visto l’approvazione solo a febbraio 2000 e che, dopo smontato, è stato regalato alla Fiera del Levante che l’ha rifiutato visti gli alti costi di montaggio. Due interventi tra il pubblico: il prof. Battisti che si auspica che l’Expo sia occasione per intervenire sulla struttura della cittĂ per farne l’armatura della nuova cittĂ ecosostenibile; mentre l’arch. Favole chiede se sia vero che l’Expo 2000 sia stato un fallimento come numero di visitatori. Replica di MĂśnninghoff: le foto proiettate non danno giustizia all’Expo 2000 ed è normale che presso l’Ordine degli Architetti si tenda a criticare i fatti. L’Expo non è occasione di “sfoggioâ€? dell’architettura, ma bisogna pensare ai contenuti che possono essere validi anche in “contenitoriâ€? mediocri. Ăˆ normale sovrastimare il numero dei visitatori, ma lo si fa per ottenere il massimo consenso della cittadinanza. Le conseguenze sono talmente positive che, in cambio, cittĂ come Hannover o Milano possono ben sopportare qualche padiglione di cattiva qualitĂ . , 4
Riflessioni su Expo e dopo Expo nella serata dedicata all’esperienza di 3IVIGLIA , rivista giĂ nelle prime battute della presidente Daniela Volpi e del giornalista Giangiacomo Schiavi alla luce del confronto con la Milano del ritardo e degli interrogativi polemici – Milano sarĂ occasione per grandi concorsi, qualitĂ progettuale e soprattutto giovani o solo ingresso di fondi? Prende la parola Enrique Soler, direttore FIDAS di Siviglia: impossibile non cogliere la positivitĂ e l’entusiasmo con cui viene presentata l’avventura che la cittĂ visse in quegli anni, definita da Soler “una festa dell’architetturaâ€?. La vicenda segna innanzitutto la riconnessione tra l’area localizzativa – l’Isola di Cartuja, una “bolla territorialeâ€? creata da un intervento di deviazione fluviale – e il nucleo della cittĂ , che, smantellando il sedime ferroviario e rivedendo la rete viaria, a tempo di record rinnovò la sua immagine raggiungendo una nuova considerazione nazionale e internazionale. Pur enumerando le realizzazioni architettoniche connesse alla revisione infrastrutturale, Soler rintraccia il cuore dell’esperienza di Siviglia nello sforzo di gestione del processo. La scelta dell’area contemplava l’effetto elastico, ovvero la variabilitĂ della superficie occupata dai padiglioni in funzione delle adesioni, ponendo l’eventualitĂ di un adeguamento come INPUT progettuale per il piano organizzativo – una sintesi elaborata dalla Commissione tra i finalisti del concorso Emilio Ambasz e il gruppo Ordonez-Pita – che riuscĂŹ a far fronte ad oltre un centinaio di partecipanti rispetto ai 60 iniziali. Alla chiusura della manifestazione, partĂŹ il Progetto #ARTUJA , ovvero il piano di riconversione: integrazione e conservazione della qualità – gli organizzatori avevano puntato
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1.000.000.000 di euro per lo Stato e l’assenza degli U.S.A.), ha preso la parola Hans MÜnninghoff, vice sindaco di Hannover dal 1997, entusiasta di aver seguito, per 11 anni prima e 9 dopo, la vicenda dell’Expo sotto una grande stabilità politica fondamentale per lo sviluppo urbano. Il tema dell’Expo 2000: 5OMO
.ATURA 4ECNICA non è stato molto seguito, puntando invece molto di piÚ sulla qualità ambientale (siamo agli inizi degli anni ’90 e già in Germania si parlava di tutela ambientale e di ecologia) e su tre aspetti in particolare: città come giardino e come spazio di vita sociale; realizzazione di un quartiere ecologico; realizzazione di infrastrutture e trasporti sostenibili. I risultati sono stati tanti e tangibili: dalla riduzione del traffico al potenziamento del turismo. Per l’Expo si decise di riqualificare l’area della vecchia Fiera che era l’area fieristica piÚ grande d’Europa (100 ettari circa) e per un anno e mezzo fu interrotta tutta l’attività fieristica, cosa che Milano non vuole fare. Purtroppo adesso è un’area fieristica all’avanguardia, ma troppo grande ed ogni fiera chiude in deficit. MÜnninghoff invita Milano a riflettere molto bene sull’idea di ampliare l’attuale quartiere fieristico, per non interrompere l’attività durante l’Expo, che potrebbe, successivamente al 2015, rivelarsi molto oneroso ed inutile. Ad Hannover fu costruito un intero nuovo quartiere ecologico con 3.000 nuove unità immobiliari mentre la parte meno permanente dell’Expo (quella riservata ai padiglioni dei vari Paesi partecipanti) è attualmente occupata da 10 padiglioni utilizzati in maniera funzionale per i quali è prevista la realizzazione di un parco tecnologico. Come documentano le foto che vengono proiettate in sala, e scattate un paio di settimane prima da Claudio Gobbi, molti padiglioni sono ora in stato di completo abbandono. Bisognerebbe, secondo MÜnninghoff, obbligare i Paesi partecipanti a costruire in maniera ecosostenibile i loro padiglioni oppure a smontarli e portarli via alla fine dell’Expo. Michele Arnaboldi, architetto svizzero vincitore del concorso
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su progettisti di fama ed edifici con un alto valore tecnologico innovativo - furono i paradigmi per il modello di uso dell’area. Lo studio funzionale compose il parco tecnologico escludendo la residenza e assegnando aree a servizi culturali, sportivi, strutture amministrative private e pubbliche allo scopo di consolidare il ruolo di riferimento per la regione e, conciliando gli interessi coinvolti, i lavori migliorarono per comparti l’aspetto desolante dell’area. Mentre scorrono le foto di Claudio Sabatino – che spiega come quest’enorme area di terziario appaia nei fine settimana tristemente deserta – come una doccia fredda arrivano le parole di Gae Aulenti. L’architetto – progettista del Padiglione Italia – illustra il pericolo che incombe su tutti gli Expo e in cui è incorso anche quello di Siviglia: creare una sequenza di “immagini simboloâ€?, rappresentative dei singoli paesi, presumendo che ciò generi automaticamente un contesto urbano, mentre la somma di questi episodi appare come un LUNA PARK degli orrori dove l’ambiente artificiale non ha niente a che vedere con la città – fatta di rapporti tra architettura e composizione urbana – divenendo per essa una spiacevole ereditĂ proiettata verso il brutto e il degrado. In un giudizio su Siviglia cosĂŹ energicamente espresso, ecco il monito per Milano: che questo non accada, e che le
forze organizzative mettano a tema questo aspetto cosĂŹ cruciale e rilevante. Augusto Cagnardi, urbanista, tenta un confronto tra i due contesti temporali. Innegabile è la difficoltĂ organizzativa del programma Expo, come attestano i diversi casi di rinuncia – Parigi, Chicago – e come il tema-architettura ne sia tradizionalmente escluso a favore del bilancio tra investimento e redditivitĂ , connessi alla flessibilitĂ dell’area, trasformando il rapporto Expo-cittĂ in una operazione non chiusa, anzi altamente dinamica, non facilmente dominabile. A tal proposito però, è emblematico come in genere vengano scelte aree di proprietĂ pubblica, nell’intento di non aggiungere ulteriori vincoli: come reagirĂ Milano con un’area di proprietĂ privata? Inoltre, rispetto a Siviglia, il contesto economico è completamente diverso: se oggi la parola crisi aleggia ovunque, non va dimenticato che il tema – il pianeta e le sue risorse – ha le potenzialitĂ per coinvolgere i paesi del Terzo mondo, stravolgendo le proporzioni e i canali di afflusso. Ăˆ possibile quantificare gli spazi sulla base di esperienze precedenti, figlie di contesti cosĂŹ differenti? Altro aspetto, la qualitĂ dell’intervento: il livello di competitivitĂ tra paesi e lo scenario economi-
3IVIGLIA 3FERA "IOCLIMATICA !VENIDA DE LAS 0ALMERA FOTO #LAUDIO 3ABATINO
co internazionale avranno forte incidenza nel partorire il bello o il brutto per la nostra cittĂ , senza che questo possa essere controllato, in un’area riservata e chiusa, in una periferia industriale sgradevole, con poche possibilitĂ di reintegrazione. Milano cosa si attende a manifestazione conclusa? Siviglia desiderava un parco tecnologico e una nuova considerazione almeno nazionale: e Milano? Si ritorna ai temi di introduzione: esiste ancora una occasione di positivitĂ ? Manca ancora molto per riordinare il quadro con decisioni vere e sciogliere infine il giudizio. ,AURA 2OSSI s %XPO 3UISSE IL RAPPORTO CON IL TERRITORIO 5 maggio 2009 moderatore: Andrea Bosco sono intervenuti: Michele Arnaboldi, Vittorio Magnago Lampugnani fotografie di Maurizio Montagna Quarta ed ultima puntata delle serate promosse dal nostro Ordine “di Expo in Expoâ€?, concentrate sulle sorti successive all’evento dei siti di diverse Esposizioni Internazionali in cittĂ europee, oggi dedicata alla Esposizione nazionale Svizzera del 2002. Il presidente Daniela Volpi, introducendo la serata, ricorda quanto lo stato di avanzamento lavori di Expo Milano 2015 non sia nei fatti ancora un progetto sul territorio, trovandoci ancora ad un livello di elaborazione, per quanto ci è noto per altro solo dalle cronache sui quotidiani, corrispondente a quanto contenuto nel dossier di marzo dell’anno scorso. Ma di piĂš, l’inattualitĂ del modello Expo/ BIE a confronto con l’impostazione dell’Esposizione Svizzera forse potrĂ far nascere spunti utili per il 2015, soprattutto guardando agli anni successivi all’Expo. Andrea Bosco, giornalista di Rai 3 e moderatore della serata, propone di prendere visione delle immagini relative lo stato attuale dei luoghi dell’esposizione, scattate per l’occasione dal bravo Maurizio Montagna, in modo di poter ra-
gionare sul concreto con gli altri ospiti, al di lĂ delle macchine inventate per l’evento. La proiezione proposta da Montagna è necessariamente premessa da alcune immagini tratte dal catalogo della esposizione del 2002. Ciò permette di apprezzare la totale differenza tra allestimento di allora e quanto oggi visibile. Una carrellata sulle 4 aree dedicate all’evento: s "IEL "IENNE DEDICATA AL TEMA “Potere e LibertĂ â€?. Allestimento di Coop Himmelb(l)au: tre torri luminose e sonore, poste nel lago ed accessibili da una passerella a forma di ampia spirale ascendente; s -ORAT DEDICATA AL TEMA h)STANte ed eternitĂ â€?. Allestimento di Jean Nouvel: una struttura cubica rivestita in corten ossidato collocata nel mezzo del lago, senza collegamenti pedonali; s .EUCHATEL DEDICATA AL TEMA “Natura e Artificioâ€?. Allestimento di Multipack: un edificio su palafitte, poi in parte conservato ed oggi utilizzato come albergo; s 9VERDON LES "AINS h)O E L 5NIversoâ€?, dei sempre scoppiettanti Diller e Scofidio che si inventano una “nuvola’â€? un oggetto metallico, accessibile dalla riva attraverso delle passerelle, capace di nebulizzare l’acqua del lago producendo un effetto “nuvolaâ€? affine alle brume del Giura. Nelle foto realizzate ad aprile da Maurizio Montagna l’unico elemento che appare nei diversi luoghi a testimonianza di tali strutture, sono dei “Binocoliniâ€? che inquadrano il luogo in cui si trovavano i padiglioni nel lago. In essi in particolare è contenuta l’immagine impressa di quanto era, come i mitici diorama/cartolina degli anni ‘60. Le foto mostrano il tipico pacato paesaggio dei laghi svizzeri, le attrezzature ordinate per la colazione al sacco e i prati distesi; nulla che renda riconoscibile il passaggio dell’ Esposizione. Michele Arnaboldi, che abbiamo giĂ conosciuto come estensore del piano per l’Expo di Hannover, in questa occasione presenta 2 suoi progetti di concorso, non vinti. La sua lettura riguardo l’Expo Svizzera è laconica: la considera infatti una occasione persa. A suo avviso è stato il risultato di una rinuncia, piĂš che di una scelta, un
modo per ovviare il ricorso dei Verdi, un occasione mancata per dare delle risposte strutturali alle aree coinvolte. E, come architetto, non lo convince il fatto di non avere avuto il coraggio di lasciar segno, una sorta di vuoto morale e intellettuale. Il progetto che ci presenta per l’area di Biel, presentato allora da un gruppo di promotori alternativo per l’esposizione del 2002, è di fatto diventato, sfumata l’occasione – e soprattutto i denari – dell’Expo, progetto di attuazione da parte della amministrazione locale, ora in lenta realizzazione. Bosco a conclusione del suo intervento ricorda come oggi le mostre siano piĂš frequentate dei musei, a sottolineare come al pubblico piaccia di piĂš l’evento rispetto al progetto culturale. Ăˆ vero che lo sviluppo tecnologico contemporaneo non è piĂš comunicato da fiere come l’Expo, ma rimane comunque una pretesto per accelerare la realizzazione delle infrastrutture, delle opere e funzioni latenti. Pensare a )TALIA , in questo senso, con le sue “cattedrali nel desertoâ€?, non è incoraggiante. Manolo De Giorgi sottolinea invece come per la Expo svizzera il paesaggio sia una scelta, cosĂŹ come il non voler lasciare traccia dietro di sĂŠ. Le feste popolari sono eventi con strutture che si montano e si smontano, ed è questa la tradizione cui si è ispirata la Svizzera. Un breve EXCURSUS sulla storia della mostra è allora utile a capire gli obiettivi che si era riproposta. A seguito del referendum del ’92 per l’ingresso della Confederazione in Europa, 2 giovani architetti ed un giornalista inventano il neologismo “Arteplageâ€?, a sottolineare il luogo di confine tra acqua e terra dei limiti dei laghi. Nel ’95 viene stabilita la localizzazione definitiva della Expo sui 3 laghi e si sviluppa uno studio di fattibilitĂ , tuttavia senza un MASTERPLAN complessivo. Nel ’97 viene nominata alla direzio-
ne artistica dell’evento Pippilotti Rist, nota video artista svizzera, che si avvalse per l’occasione di un laboratorio che chiama “Cucina delle ideeâ€?. Successivamente però verrĂ indotta a dimettersi. Nel ’98 vengono indetti i concorsi per le 4 aree. Attraverso 47 dossier di candidatura, vengono scelti 16 studi di progettazione, 4 per ogni area, che partecipano in concorso tra loro alla redazione del progetto finale. A causa dei termini troppo restrittivi del progetto si dimettono i dirigenti dell’organizzazione, viene nominato un MANAGER di crisi, entra la Swach come SPONSOR principale alla direzione dell’evento, aggiornando di un anno l’inaugurazione dell’esposizione – dal 2001 al 2002 –, e rialzando il BUDGET da 850 a 933 milioni. Dal pubblico, sollecitato da Bosco, interviene Andrea Kerbaker, in merito al significato di fare una Expo oggi. Essa è da intendersi come idea di sviluppo della cittĂ , non tanto un fatto architettonico, quanto di rilancio della localitĂ stessa. A seguire Franco Raggi intravede una qualche similitudine tra la condizione di Milano oggi e l’Esposizione Svizzera, a seguito dei mutamenti congiunturali di questo ultimo anno. Expo è allora occasione per scegliere strategicamente tra una rappresentazione delle retoriche nazionali oppure l’ottimizzazione delle vocazioni dei luoghi che giĂ esistono. Ma è necessario che ci venga presentato al piĂš presto il programma delle iniziative e dei relativi concorsi. Emilio Battisti sottolinea come questa quarta serata sia stata efficace a marcare la prospettiva per Milano 2015. L’amministrazione si nasconde dietro il regolamento del BIE per negare interventi articolati a dimensione territoriale. Ma l’uso delle risorse, in un momento di crisi, in cui non siamo certo nelle condizioni di affrontare la “tematica della festaâ€?, va condotto in senso eti-
&RANCESCO DE !GOSTINI Progettare il paesaggio s $AL PIANO "ERUTO AI GIORNI NOSTRI PASSANDO PER IL -ONTE 3TELLA 16 aprile 2009 introduzione di: Daniela Volpi ha presentato: Antonio Borghi sono intervenuti: Elena Balsari Berrone, Maurizio Boriani Serata inaugurale, presso la sede dell’Ordine, di un nuovo ciclo di conferenze sul tema del Paesaggio. L’Ordine degli Architetti, che da pochi anni è anche Ordine dei Paesaggisti, non ha voluto mancare all’appuntamento con un dibattito molto sentito ed attuale. L’arch. Volpi, introducendo la serata, mette subito l’accento su come sia necessario oggi correre ai ripari per quell’ambiente che è stato enormemente compromesso negli ultimi 50 anni a causa delle speculazioni edilizie e sull’importanza, a questo scopo, della pianificazione urbana. La bellezza paesistica è una risorsa di cui se ne è capita l’importanza solo recentemente e i progettisti devono diventare il riferimento per gli organi legislativi a tutti i livelli, dai Comuni alle Regioni, fino al Governo centrale. Ora si sta a poco a poco facendo strada la consapevolezza di quanto già accaduto che sta facendo crescere la volontà di tutelare l’ambiente e di conoscerne la sua complessa struttura. Fortunatamente c’è
anche un Risoluzione del Consiglio d’Europa che favorisce e/o obbliga gli Stati membri a seguire una politica comune di tutela del paesaggio e a mettere in atto azioni efficaci volte alla pianificazione. Antonio Borghi, presenta come si svolgerà questo ciclo di conferenze che si vuole concentrare sui temi introdotti da Daniela Volpi applicati però al nostro contesto urbano di Milano. Si inizia quindi da questa serata con un EXCURSUS storico di Maurizio Boriani, professore ordinario di Restauro al Politecnico di Milano dove insegna Restauro Urbano e che si occupa da tempo di problemi di tutela, conservazione e riuso del patrimonio architettonico e paesaggistico diffuso. A Milano il verde urbano non appare come una necessità imprescindibile fino al Piano Beruto del 1884, e fin qui troviamo solamente un episodio di progettazione da parte del Piermarini che realizzò i Giardini Pubblici come pubblico passeggio importandone l’idea dall’estero (in particolare da Francia e Inghilterra) con guardie e cancelli di ingresso. Nel 1844 il confine militare delle mura spagnole diviene principalmente il confine daziale della città ma viene piantumato diventando cosÏ in primo vero progetto di decoro urbano milanese. Altro punto interessante nella Milano dell’epoca è la Piazza d’Armi, lasciata inedificata davanti al Castello Sforzesco, che diviene luogo di incontro per il divertimento e lo sport per i giovani del popolo. In epoca post risorgimentale il giardino pubblico assume varie funzioni didattiche: diventa il contorno ideale alle statue dei Padri della Patria, viene inserita la flora esotica importata dai Paesi dell’Europa imperialista e viene ribadita la supremazia del potere dell’uomo sulla natura attraverso realizzazioni di boccette finte e tronchi artificiali. Leggermente piÚ tardi fanno la loro prima apparizione anche gli zoo. Nel 1881 entra in campo il capitale finanziario e viene proposta l’edificazione di Piazza d’Armi. La proposta viene bocciata ma la conseguenza è che viene proposto un nuovo piano regolatore per il quale viene incaricato Beruto.
49 INFORMAZIONI DAGLI ORDINI
3UISSE 3EQUENZA 9VERDON LES "AINS FOTO -AURIZIO -ONTAGNA
co, in modo che – come espresso bene da Arnaboldi – non sia uno sforzo fine a se stesso, ma che abbia un ritorno per la cittĂ . Sottolinea, inoltre, la necessitĂ , oltre che del recupero di funzioni ambientali, anche di quelle socio culturali, in relazione alla condizione di ospitalitĂ dei cittadini extracomunitari nella nostra cittĂ , ed alla sostenibilitĂ di tale condizione. Bosco chiude la rassegna degli interventi con qualche monito: ricorda agli architetti di pensare oltre che agli edifici anche a chi li frequenta, cosĂŹ come a non accanirsi con l’Amministrazione che si sta impegnando. Tuttavia, come dice Andreotti “a pensar male si fa peccato‌â€?.
INFORMAZIONI DAGLI ORDINI
50
Ăˆ del 1884 la prima versione del nuovo PRG, dall’impianto molto impacciato, che prevede quartieri molto ampi, una circonvallazione alberata scandita da piazze e slarghi di 40 m. di ampiezza che circonda tutta la zona di nuova edificazione, l’abbattimento dei bastioni e un grande parco pubblico a sud di Milano in una zona molto insalubre. Al posto dei bastioni (ad eccezione della zona dei giardini pubblici, dove il terrapieno alberato viene conservato) è previsto un doppio anello stradale con un’edificazione regolata da un’apposita normativa che prevedeva giardini privati.
Nella seconda versione (quella della Commissione Pirelli) le cose cambiano: mentre l’impianto stradale complessivo resta praticamente immutato, mantenendosi l’ampia dimensione degli isolati, il sistema del verde risulta radicalmente trasformato e migliorato. La Commissione nominata dal Collegio degli Ingegneri ed Architetti critica la mancanza di giardini pubblici, spazi e aree aperte destinandone la loro ubicazione e la loro estensione nei singoli quartieri. Nella terza e definitiva versione del 1889 è ancor piÚ precisa l’organizzazione del sistema del verde: ridotte le dimensioni degli isolati per l’opposizione dei proprietari privati, gli spazi verdi appaiono piÚ organici soprattutto nel settore est della città . Nell’insieme il Piano è piÚ modesto del precedente ma ugualmente distribuito e con una novità : viene realizzata una nuova circonvallazione intermedia tra le due principali. Dopo la grande impronta di Beruto sul verde pubblico milanese, viene ribadita la sistematicità della rete del verde anche dopo la rivoluzione industriale, quando il verde viene portato nei quartieri esattamente
come le altre reti cittadine di acqua, corrente elettrica, fognatura, ecc‌ Questa distribuzione porta in tutti i quartieri la diffusione di elementi ripetitivi identici (fontanelle verdi, lampioni, panchine, ecc., con lo stemma della cittĂ ) che identificano il governo della cittĂ . Boriani completa poi brevemente la carrellata storica con gli altri Piani per Milano, alcuni mai realizzati, altri, come ad esempio il Piano Albertini del 1934 che ha portato alla perdita della forma urbana di Milano. Un’ultima immagine, presa oggi in viale Romagna, illustra come si siano recuperati alcuni elementi dei viali post rinascimentali ristrutturando le panchine con le finte rocce alle spalle. Chi ha vissuto lavorando sul paesaggio degli ultimi 50 anni è l’architetto Elena Balsari Berrone che narra ai presenti in sala un’intensa attivitĂ progettuale di giardini disegnati al fianco dei piĂš importanti nomi dell’architettura del dopoguerra: Gio Ponti, Gardella, Zanuso, Magistretti, Caccia Dominioni e tanti altri. Mentre le poche, ma preziosissime foto d’epoca scorrono, proiettate in sala, l’arch. Balsari racconta di volta in volta quali sono state le soluzioni progettuale e anche alcuni aneddoti legati ad ogni giardino. Si inizia con il Montestella, conosciuto a Milano come “La Montagnettaâ€?, che viene realizzato con le macerie nell’immediato dopoguerra. Il nome deriva da un omaggio dell’architetto Bottoni cui era stato commissionato il progetto alla moglie Stella. Ci vollero anni prima che fosse ultimato ma, fortunatamente, la buona base di partenza con un diametro molto ampio, ha permesso di innalzarlo parecchio nel corso del tempo e, finalmente, di coprirlo con terra buona di coltivo per trasformarlo a verde. Il progetto rientrava ai margini del piĂš ampio progetto del quartiere QT8 per il quale l’arch. Balsari era stata incaricata. Ăˆ del 1955 un progetto per un albergo ad Arenzano degli architetti Gardella e Zanuso, mentre nel 1960 l’arch. Balsari si occupa del giardino della mensa dell’Olivetti a Ivrea. Arriva anche a progettare, tra mille difficoltĂ logistiche e cli-
matiche, un giardino privato in Iran il cui edificio era stato realizzato da Gio Ponti. In quella circostanza le essenze arboree furono portate in aereo dall’Italia. Nel 1960 vediamo la prima scalinata realizzata con pedate a prato e alzate in legno e uno dei primi giardini botanici a Sesto San Giovanni. Quest’ultimo, purtroppo, ora giace in uno stato di pessima manutenzione e la Balsari si augura possa essere presto riqualificato. Lo scorrere dei progetti ci porta fino al restauro del 1997 dei giardini di piazza della Repubblica sponsorizzato dai due alberghi prospicienti, e al verde di una lottizzazione a sud di Milano del 2003. Una Milano è quindi vista sotto un altro aspetto: non solo antica città d’acqua, ma anche di verde. Il 14 maggio il dibattito prosegue con la pianificazione attuale del verde pubblico milanese. , 4
Varese “Quale politica per la casa?â€? L’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Varese, lo scorso 5 maggio, ha promosso un dibattito sulla questione abitativa, vista non solo come criticitĂ a cui dare velocemente risposte da troppo tempo attese, ma anche come opportunitĂ di confronto per sviluppare nuova progettualitĂ condivisa fra i settori direttamente interessati. Per offrire un’opportunitĂ di confronto, è stata organizzata all’inizio di maggio presso la sede di Varese, una giornata di convegno con la partecipazione di amministrazioni pubbliche, enti e professionisti. In due distinte sezioni, si è trattato il tema dell’abitare dal punto di vista delle amministrazioni pubbliche e degli operatori privati. La prima sezione, moderata dall’architetto Nicola Braghieri, è stata un banco di prova della capacitĂ di coordinamento della politica: dalla Regione Lombardia al Comune di Cislago, passando per Milano, Provincia di Varese e Comune di Varese, tecnici e politici hanno racconta-
to ciò che stanno facendo a differenti livelli. L’impressione è che molti sforzi devono essere fatti perchĂŠ gli strumenti di gestione diventino fluidi e utilizzabili dalla macchina amministrativa: i sindaci “di trinceaâ€? rappresentano ancora avamposti troppo poco informati sui nuovi fenomeni e i loro strumenti di gestione. La prima sezione si è chiusa con l’intervento spiazzante dello scrittore-architetto Gianni Biondillo: ha chiesto, come fa nei suoi romanzi, se davvero politici e progettisti sanno di cosa parlano quando dichiarano di voler risolvere i problemi della cittĂ ! La seconda sezione si è aperta con l’intervento ancor piĂš critico della professoressa Graziella Tonon, del Politecnico di Milano, che ha sferzato pubblico e relatori con un racconto poco consolatorio delle bruttezze della metropoli d’oggi. Coordinata dall’architetto Stefano Rigoni, la seconda parte ha misurato la capacitĂ imprenditoriale del settore edile nel dare risposta alla domanda abitativa: molte le buone intenzioni, pur nell’ottica del privato, per realizzare le quali si chiede però alla politica di trovare autoritĂ gestionale e risorse. I professionisti della progettazione urbanistica e architettonica hanno idee e risorse necessarie per dare le corrette indicazioni: PGT e sostenibilitĂ , tecnica e ambientale delle nuove costruzioni rappresenteranno l’universo culturale di riferimento nel quale far maturare gli sforzi della politica e dell’imprenditoria. ,AURA 'IANETTI Quale politica per la casa? 5 maggio 2009 Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Varese via Gradisca 4 Varese
Territorio e Urbanistica
Regione Lombardia in Abruzzo Alle 3.32 del 6 aprile 2009 una scossa distruttiva ha colpito la zona dell’Aquila. È subito emerso che si tratta di un terremoto di impatto paragonabile a quello dell’Umbria e Marche del 1997. La città più colpita dalla scossa, di magnitudo 5.8 della scala Richter - IX grado della scala Mercalli - è L’Aquila, dove, nel centro storico ed in località Onna, si sono registrati estesi crolli e vittime, ma anche a Paganica, a Tornimparte, Poggio Picense, Villa Sant’Angelo,
sono state montate circa 100 tende che ospitano 800 sfollati. Nei campi Lombardia c’è tutto: dalle tende per ospitare chi è rimasto senza casa, dotate di brandine, materassi, cuscini e coperte, ai servizi igienici con doccia, dalle lavasciuga all’ufficio postale dotato di bancomat. Sono attivi servizi sanitari di pronto intervento e di assistenza, servizi di trasporto, di assistenza psicologica e di intrattenimento. Nel quadro delle funzioni che i vari soggetti svolgono, organizzati secondo vari C.O.M. (strutture operative che coordinano i servizi di emergenza, definiscono i comuni affe-
Fossa e Castelnuovo. I comuni interessati erano già individuati secondo i criteri di nuova classificazione sismica, tra la prima e la seconda categoria del territorio nazionale, considerate le più pericolose. Regione Lombardia è stata impegnata nei soccorsi fin dalle prime ore, con il coordinamento della Protezione Civile regionale, allestendo due tendopoli che svolgono un’importante azione di accoglienza: sono circa 250 i volontari della Protezione Civile della Regione Lombardia che stanno prestando soccorso alla popolazione abruzzese. I campi sono stati creati nella frazione di Monticchio della città dell’Aquila dove
renti e le regioni cui assegnare le operazioni) un’importante attività è la verifica di agibilità degli edifici, sotto il coordinamento della Protezione Civile Nazionale e dei Vigili del Fuoco. Una volta definite le aree a priorità d’intervento, ovvero quelle con realistiche possibilità di presentare edifici ancora agibili, i tecnici di Regione Lombardia, ingegneri, architetti, geologi (organizzati in squadre composte da due tecnici accompagnati da un vigile del fuoco) hanno esaminato a tappeto gli edifici all’esterno delle aree maggiormente colpite, in genere coincidenti con i centri storici. Con 10 verifiche di media al
A CURA DI &RANCESCA 0ATRIARCA
ni proseguono sul portale della Direzione Generale Protezione Civile. Su www.protezionecivile. regione.lombardia.it si trova un aggiornamento costante delle attività di soccorso. Nuovo portale Dal mese di dicembre 2008 è ON LINE il nuovo portale istituzionale di Regione Lombardia, che nasce con l’obiettivo di dare un’immagine coordinata della presenza sul web dell’ente e fornire all’utente finale una navigazione chiara e coerente all’interno delle tematiche e delle iniziative che caratterizzano l’azione di governo regionale. L’indirizzo internet non è cambiato www.regione.lombardia.it ma il sito si presenta con una nuova veste grafica e nuovi contenuti. In questa prospettiva, la Direzione Generale Territorio e Urbanistica ha provveduto a riorganizzare ed aggiornare le pagine web a lei dedicate. Dal mese di aprile infatti, è possibile avere informazioni ON LINE relativamente a tutto il complesso delle competenze attribuite alla Direzione che, ricordiamo, sono riferite alla conoscenza e alla valorizzazione del territorio in tema di: riforma legislativa per il governo del territorio; pianificazione territoriale e difesa del suolo; valutazione ambientale e paesistica di piani e progetti; Sistema Informativo Territoriale; riqualificazione e sviluppo urbano. Le pagine sono raggiungibili dall’HOME PAGE del portale di Regione Lombardia attraverso la sezione “Settori e Politiche” oltre che dal dominio www.territorio.urbanistica.it.
51 INFORMAZIONI DALLA REGIONE
RegioneLombardia
giorno per squadra, e una media di venti squadre a disposizione, vengono esaminati circa 200 edifici al giorno. La “scheda di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza postsismica” è stata approntata dalla Protezione Civile Nazionale e permette di definire una serie di interventi di rapida realizzazione in funzione dell’esito di agibilità dell’edificio. La valutazione della tipologia dell’edificio, dei danni agli elementi strutturali e non strutturali, la presenza di un pericolo esterno indotto da altre costruzioni, le caratteristiche del terreno e delle fondazioni concorrono al giudizio di agibilità dell’edificio e fin’ora le valutazioni condotte hanno evidenziato che l’agibilità è su circa il 50% del patrimonio edilizio esaminato. Le rilevazio-
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica
Gennaio Febbraio Marzo
2006
1590 1589,76 1593,53 1596,04 1599,81 1620 1613,62 1617,39 1619,9 1622,41 1660 1670 1660,08 1663,85 1672,64 1676,41 1690 1685,2 1688,97 1688,97 1692,73
2007 2008 2009
52
Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell’indice - novembre 1969: 100
Anno
Aprile
Maggio
Luglio
Agosto
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
1610 1609,85 1612,37 1612,37 1634,97 1637,48 1637,48 1700 1690 1700,27 1701,52 1697,76
1600 1610 1609,85 1611,11 1640 1642,5 1648,78 1697,76 1691,48
1612,37 1650 1655,06 1680 1688,97
n.b. Il valore da applicare, arrotondato alla diecina inferiore, è quello, in grassetto collocato nella parte superiore delle celle, immediatamente precedente al momento dell’assegnazione dell’incarico
2) Tariffa stati di consistenza Anno
2007
INDICI E TASSI
Giugno
1600 1604,83 1606,09 1630 1627,44 1631,2 1680 1690 1685,2 1692,73
Gennaio Febbraio Marzo
(in vigore dal dicembre 1982) anno 1982: base 100
Aprile
Maggio
Giugno
278,85
279,5
279,93
286,87
287,53
289,04
280 280,36 281,23 281,88 290 289,7 291,21 292,52
291,21
291,87
291,87
292,52
2008
Luglio
Agosto
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
282,53
282,97
282,97
283,84
284,92
286,01
293,82
294,04
293,38
293,38
292,3
291,87
2009 n.b. I valori da applicare sono quelli in neretto collocati nella parte superiore delle celle
3) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno
2007 2008 2009
Gennaio Febbraio Marzo
123,32 126,87 128,79
123,60 127,15 129,07
Aprile
123,80 127,83 129,07
Maggio
123,99 128,11 129,36
anno 1995: base 100 Giugno
124,37 128,79
Luglio
124,66 129,36
124,95 129,94
Agosto
giugno 1996: 104,2
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
125,14 130,03
125,14 129,75
125,52 129,75
4) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 5) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
2007 2008 2009
Gennaio Febbraio Marzo
113,31 116,57 118,34
113,58 116,84 118,60
Aprile
113,75 117,46 118,60
Maggio
113,93 117,72 118,87
Giugno
114,28 118,34
Luglio
114,55 118,87
114,81 119,40
6) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
2007 2008 2009
Gennaio Febbraio Marzo
118,76 122,18 124,02
119,03 122,45 124,30
Aprile
119,22 123,10 124,30
Maggio
119,40 123,38 124,58
Giugno
119,77 124,02
120,05 124,58
120,33 125,13
2002 105,42
2003 108,23
8) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
2000 113,89
2001 117,39
2000 105,51
2001 108,65
Agosto
114,99 119,22
115,34 119,22
120,51 124,95
2003 123,27
2002 111,12
2003 113,87
116,22 118,60
gennaio 1999: 108,2
120,88 124,95
2006 114,57
121,34 124,49
121,81 124,30
gennaio 2001: 110,5 2007 116,28
anno 1995: base 100 2002 120,07
115,78 118,78
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
120,51 125,23
2005 112,12
2008 119,63
2009 121,44
novembre 2001: 110,6
2004 125,74
9) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
114,99 119,48
anno 2001: base 100
2004 110,40
126,48 129,07
dicembre 2000: 113,4
anno 1999: base 100 Luglio
7) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
Agosto
126,00 129,27
2005 127,70
2006 130,48
anno 1997: base 100
2004 116,34
2005 118,15
2006 120,62
2007 132,44
2008 136,26
2009 138,32
febbraio 1997: 105,2 2007 122,43
2008 125,95
2009 127,85
Tariffa P.P.A. (si tralascia questo indice in quanto non più applicato) Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, relativo agli ultimi anni, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa. Dal 2004 determinato dalla Banca Centrale Europea. Provv. della B.C.E. (4.12.08) dal 10/12/08 2,50% Provv. della B.C.E. (15.1.09) dal 21/1/09 2,00% Provv. della B.C.E. (5.3.09) dal 11/3/09 1,50% Provv. della B.C.E. (2.4.09) dal 8/4/09 1,25% Provv. della B.C.E. (7.5.09) dal 13/5/09 1,00% Con riferimento all’art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto. dal 1.7.2006 al 31.12.2006
2,83% +7
9,83%
dal 1.1.2007 al 30.6.2007
3,58% +7
10,58%
dal 1.7.2007 al 31.12.2007
4,07% +7
11,07%
dal 1.1.2008 al 30.6.2008
4,20% +7
11,20%
dal 1.7.2008 al 31.12.2008
4,10% +7
11,10%
Comunicato (G.U. 5.2.2007 n° 29)
Comunicato (G.U. 30.7.2007 n° 175) Comunicato (G.U. 11.2.2008 n° 35)
Comunicato (G.U. 21.7.2008 n° 169)
per valori precedenti consultare il sito internet del proprio Ordine.
Comunicato (G.U. 2.2.2009 n° 26) dal 1.1.2009 al 30.6.2009
2.242 iscritti dell’Ordine di Bergamo; 2.247 iscritti dell’Ordine di Brescia; 1.641 iscritti dell’Ordine di Como; 668 iscritti dell’Ordine di Cremona; 902 iscritti dell’Ordine di Lecco; 394 iscritti dell’Ordine di Lodi: 660 iscritti dell’Ordine di Mantova; 11.531 iscritti dell’Ordine di Milano; 2.340 iscritti dell’Ordine di Monza e della Brianza;
835 iscritti dell’Ordine di Pavia; 352 iscritti dell’Ordine di Sondrio; 2.154 iscritti dell’Ordine di Varese. Ricevono inoltre la rivista:
90 Ordini degli Architetti PPC d’Italia;
Interessi per ritardato pagamento
Comunicato (G.U. 10.7.2006 n° 158)
La rivista AL, fondata nel 1970, oggi raggiunge mensilmente tutti i 25.966 architetti iscritti ai 12 Ordini degli Architetti PPC della Lombardia:
2,50% +7
9,50%
Per quanto riguarda: Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’Art. 81 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani consultare il sito internet dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano. Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.
1.555 Amministrazioni comunali lombarde;
Assessorati al Territorio delle Province lombarde e Uffici tecnici della Regione Lombardia; Federazioni degli architetti e Ordini degli ingegneri; Biblioteche e librerie specializzate; Quotidiani nazionali e Redazioni di riviste degli Ordini degli Architetti PPC nazionali; Università; Istituzioni museali; Riviste di architettura ed Editori.