AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 6 Giugno 2002
Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Roberta Castiglioni, Martina Landsberger Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - Fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Impaginazione Chiara Giuliani Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova m.fto (AL)
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In copertina: Marco Zanuso, Teatro Strehler (foto: Federico Brunetti).
Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL
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Forum Architettura pubblica interventi di: Claudio Baracca, Claudio Castiglioni, Fabio Delorenzi, Nunzio Fabiano, Ado Franchini, Massimo Giuliani Bergamo Como Lecco Lodi Milano Pavia Varese
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Concorsi
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Professione e aggiornamento Legislazione Normative e Tecniche
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Informazione Dagli Ordini Dalle Istituzioni Lettere Stampa Libri, riviste e media Mostre e Seminari
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Indici e tassi
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Sommario
Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 http://www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 http://www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Guido Dallamano, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 http://www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 http://www.cr.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticremona@archiworld.it Informazioni utenti: infocremona@archiworld.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 http://www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 http://www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 http://www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guarnieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 http://www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 http://www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Gianni M. Colosetti, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 http://www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 http://www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Stefano Castiglioni; Segretario: Riccardo Papa; Tesoriere: Pietro Minoli; Consiglieri: Claudio Baracca, Enrico Berté, Maria Chiara Bianchi, Antonio Bistoletti, Emanuele Brazzelli, Claudio Castiglioni, Orazio Cavallo, Gabriele Filippini, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)
Maurizio Carones
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Il tema dell’architettura pubblica è affrontato in questo numero di “AL” dal Forum coordinato da Claudio Baracca, Enrico Bertè e Claudio Castiglioni, i quali hanno raccolto una serie di interventi che affrontano la questione da diversi punti di vista: da quello della qualità architettonica, a quello delle procedure concorsuali, a quello legislativo, a quello del finanziamento privato dell’opera pubblica. Tutti argomenti che, a partire dalle questioni poste in modo preciso dai vari contributi, meriterebbero di essere ripresi in una discussione anche più ampia, ma che, allo stesso tempo, indicano la necessità di una progressiva verifica sui fatti. Verifica che è possibile avviare dall’analisi di ciò che i diversi redattori degli Ordini riportano come esemplificazione: una sorta di parziale istantanea sull’architettura pubblica lombarda. È indubbio che da una decina di anni, a partire dalle note vicende legate alla corruzione di politici e funzionari, spesso particolarmente connesse alla realizzazione di opere pubbliche, la società, con vari passaggi, abbia progressivamente ricominciato ad interessarsi alla qualità dell’opera pubblica intesa come questione civile, che riguarda la società nel suo complesso. Ciò ha determinato un generale risveglio dell’interesse nei confronti dell’architettura. Sul piano legislativo si è avuta, ad esempio, l’affermazione normativa dello strumento concorsuale come prassi in luogo dell’incarico fiduciario, sul piano della discussione sociale l’architettura è tornata ad essere spesso trattata dai giornali e dagli organi di informazione come fatto collettivo e non lasciata solamente al commento del passante che attende il disvelamento del manufatto per esprimere il suo caustico giudizio sull’opera eseguita. Tutto ciò ha evidentemente rapporti con un quadro di riferimento internazionale che ha aiutato anche il nostro paese e le nostre amministrazioni a guardare all’architettura come una risorsa, fatto per certi versi curioso dal momento che per molti anni la nostra architettura è stata - e, per fortuna, in qualche misura lo è ancora - di riferimento per la cultura mondiale. Allora l’interrogativo da verificare nei fatti potrebbe essere questo: sono riconoscibili nelle opere pubbliche realizzate o in fase di realizzazione tali cambiamenti e se sì in che cosa? A questo interrogativo potrebbe seguirne un altro: in che modo l’amministrazione pubblica, attraverso la redazione di programmi di qualità, costruisce le condizioni per ottenere architetture di qualità?
Architettura pubblica
Premessa di Claudio Castiglioni Da alcuni anni si assiste ad una costante evoluzione nell’ambito dei lavori pubblici; la legislazione nazionale, dopo anni di immobilismo, ed a seguito delle direttive europee, è stata sottoposta a continue revisioni, tuttora in corso. Il ruolo del Committente pubblico è profondamente mutato, la legislazione gli attribuisce responsabilità più precise e circostanziate, sia nell’orientamento politico-amministrativo sia nella verifica tecnico-normativa dell’iter che va dal progetto alla costruzione. Si è passati, con l’individuazione del responsabile del procedimento, da una sostanziale delega posta nelle mani del professionista incaricato, ad un più elevato livello di responsabilità amministrativa nel processo decisionale del progetto: • redazione del piano triennale delle opere pubbliche; • verifica preliminare della fattibilità tecnica, della conformità ambientale, paesistica e territoriale; • redazione del documento preliminare di progettazione; sono atti amministrativi (introdotti dalla legislazione vigente) che conferiscono responsabilità di guida e verifica alla Pubblica Amministrazione e distinguono, al suo interno, tra responsabilità politiche e tecniche. Con la legge Merloni prima, e con la legge Obiettivo ora, è codificato ed avviato, anche in Italia, il progetto finanziato (project financing). Questa procedura, che regola l’ingresso del capitale e della gestione privata (attraverso il promotore) nell’opera pubblica, si applica laddove esistano tariffe o rette a carico di coloro i quali usufruiscono del “servizio”: privati cittadini o enti pubblici. Questa formula coordinata di progettazione-costruzione-gestione è applicabile soprattutto alle infrastrutture dedicate alla mobilità, tuttavia non sono escluse altre tipologie edilizie: impianti
sportivi, aeroporti, scuole, ospedali e edifici socio-assistenziali. Resta il fatto che la procedura comporta significative ripercussioni sul processo progettuale, basti pensare alla assoluta centralità dei fattori economico e gestionale. Negli ultimi anni, in molte città europee, è stata attribuita all’opera pubblica una forte carica emblematica; l’edificio pubblico, o d’uso pubblico, è divenuto intenzionalmente logo promozionale del suo stesso territorio. All’obiettivo della qualità diffusa si va sempre più spesso integrando, o addirittura sostituendo, quello della singola eccellenza puntuale, condensato di qualità e spettacolarità architettonica. Il fenomeno non è sorprendente per una società votata al marchio ed al consumo tout court, dagli oggetti ai luoghi fisici (sindrome di Bilbao). Non si può escludere che anche in Italia si potranno verificare, in futuro, eventi architettonici mirati a rappresentare le ambizioni sia di piccoli comuni sia di capoluoghi urbani. Nel nostro Paese non si è ancora consolidato un diffuso livello di qualità dell’architettura contemporanea mentre, nelle Pubbliche Amministrazioni, debbono ancora maturare consapevolezza e cognizione critica di giudizio nell’esaminare la qualità delle opere pubbliche progettate, ciò nonostante, negli ultimi anni, abbiamo assistito (per imposizione legislativa) alla diffusione di concorsi e di gare riferite a temi progettuali rilevanti: municipi, musei ed esposizioni, biblioteche, sale di spettacolo e musicali. In ultima analisi, in Italia, devono ancora affermarsi, in modo strutturale, professionalità, competenza e capacità amministrativa, sia per gestire con coerenza e profitto il sistema concorsuale (attraverso bandi omogenei ed esaustivi e commissioni equilibrate), sia per affermare una qualificata qualità estetica e tecnologica dell’architettura. A conclusione di queste schematiche riflessioni ci pare d’obbligo svolgere un ulteriore ragionamento che responsabilizza, “moralmente”, il nostro ruolo di architetti. Una buona legge non è, di per sé, in grado di garantire una buona architettura; la qualità, in senso lato, è il prodotto di due fattori: l’architetto ed il committente. Il progettista è come il regista, se non si “applica”, difficilmente produrrà un buon film. L’architetto deve impegnare tutte le sue risorse intellettuali e la massima tensione “etica” per offrire, alla committenza, il meglio della disciplina professionale. Analizzando, con obiettività, l’offerta professionale, dobbiamo rilevare che molto va ancora fatto per elevare lo standard italiano; a riguardo, molte responsabilità passate e future fanno e faranno capo alle nostre università di architettura. Considerazioni assai simili si possono compiere soppesando l’adeguatezza della committenza, specie nel caso della Pubblica Amministrazione che dovrebbe svolgere, in questo senso, un ruolo esemplare. I criteri di formazione dei collaboratori della Pubblica Amministrazione, preposti alla verifica dei progetti, dovrebbero porre l’accento sui contenuti di merito degli elaborati progettuali e non solo su quelli fiscali. Da questo stato di cose si esce innalzando i livelli di entrambi i protagonisti: il progettista ed il committente.
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La costruzione della città e in particolare dei suoi “luoghi pubblici”, fin dall’antichità, si rappresenta come il manifesto della cultura di un popolo. Nella costruzione dell’agorà o dell’Acropoli greca, del foro a Roma o della piazza rinascimentale, per arrivare fino ai più recenti progetti di Le Corbusier, di Louis Kahn, solo per citare alcuni dei Maestri dell’architettura moderna, si rappresenta la cultura di una particolare collettività e una precisa idea dell’abitare. A partire da questa breve premessa il Forum di questo numero, curato dal prof. Claudio Baracca, docente di Progettazione esecutiva presso la Prima Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dall’arch. Enrico Bertè, delegato dell’Ordine di Varese alla Commissione cultura della Consulta, e dall’arch. Claudio Castiglioni, consigliere dell’ordine di Varese, intende indagare il tema dell’Architettura Pubblica nel suo ruolo “culturale” di manifesto dei valori collettivi di una società da un lato e nel suo aspetto più propriamente tecnico-legislativo, dall’altro. Ringraziamo, per i loro interventi: l’avv. Fabio Delorenzi, l’avv. Nunzio Fabiano, il prof. Ado Franchini, docente di Progettazione dell’Architettura presso la Prima Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e l’arch. Massimo Giuliani.
Filarete, Ospedale Maggiore Ca’ Granda.
In particolare, le migliori garanzie per avviare un ciclo virtuoso, potranno venire dalla “crescita” della committenza che, in regime di libero mercato, dovrebbe valorizzare e premiare la professionalità.
L’architetto e le regole: note sul progetto dell’opera pubblica di Claudio Baracca L’ormai definitiva operatività della L. 109/94 e del suo Regolamento di Attuazione, costituiscono un significativo banco di prova delle nuove regole che, ormai da qualche anno, sovrintendono alla realizzazione delle opere pubbliche. Basta ripercorrere i princìpi generali che sono oggetto dell’art. 1 della legge, per rendersi conto di come l’aggiornamento legislativo in materia non abbia inteso determinare solo nuovi modelli operativi o norme di maggiore dettaglio, ma piuttosto imporre una diversa visione del processo di progettazione e realizzazione dell’opera pubblica. Infatti, il legislatore premette che ”l’attività amministrativa in materia di opere e lavori pubblici deve garantirne la qualità ed uniformarsi a criteri di efficienza e di efficacia, secondo procedure improntate a tempestività, trasparenza e correttezza”, ed ancora ”i princìpi desumibili dalla presente legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale”. In sostanza, anche all’opera pubblica devono riservarsi le attenzioni proprie del settore immobiliare privato: garanzia della qualità del prodotto edilizio, congruità dei tempi e dei costi di realizzazione, possibilità di una corretta gestione successiva, e così via. Rilevanti infine il riconoscimento del valore sociale dell’opera e la necessità di istituire responsabilità specifiche il cui rispetto sia garantito da un adeguato sistema di controlli. Il conseguimento di tali obiettivi - assolutamente necessario in un paese dove la cattiva gestione delle opere pubbliche ha raggiunto a volte livelli scandalosi - implica una sostanziale revisione dell’intero processo di progettazione e realizzazione. E questo ha preoccupato non poco gli architetti, abituati anche per
formazione universitaria, a concepire la progettazione come un lavoro “artigianale” che privilegia la parte compositiva del progetto, mettendo in secondo piano le componenti tecnologiche, organizzative e gestionali. Si tratta allora di intendersi sul significato da attribuire alla “qualità del progetto”: se essa dipende sostanzialmente dal valore dell’idea che lo ha generato o se a costituirla contribuiscono altre componenti più complesse. A questo proposito è interessante citare quanto trent’anni fa scriveva Giancarlo De Carlo nel saggio L’architettura degli anni settanta: ”L’attività architettonica è solo un aspetto particolare dei fenomeni di trasformazione globale dell’ambiente fisico, l’affermarsi di una metodologia di analisi e di intervento fondata sulla formazione di gruppi interdisciplinari nei quali l’architetto, secondo la natura dei problemi, potrà essere primo attore o comparsa”, oppure ricordare la posizione di Oriol Bohigas che sostiene come l’architetto debba ”partecipare al progetto, nella città o nell’architettura, cosciente che l’architettura è solo una piccola parte di un complesso di decisioni molto più generali, che coinvolge il piano politico e quello economico”. E allora cosa significa progettare? A chi tocca gestire le diverse operazioni? Chi sarà il garante della qualità delle opere pubbliche? Accettando un ruolo meno “egocentrico” del nostro mestiere, ci si avvicina abbastanza facilmente alla visione alla quale la normativa dei lavori pubblici sembrerebbe indirizzare. La progettazione è parte di un processo più ampio che porta alla realizzazione dell’edificio: non è quindi un’operazione individuale, preliminare ed autonoma, ma risente di regole e condizioni proprie dell’intero processo. Soprattutto non esprime di per sé una qualità definitiva che non debba essere verificata nella realizzazione e nella gestione successiva. Abbiamo assistito, soprattutto nel settore delle opere pubbliche, alla realizzazione di progetti non sufficientemente motivati, spesso a veri e propri fallimenti, nonostante le firme di architetti famosi. Molti esempi che abbiamo sotto gli occhi dovrebbero ricordarci che l’esito dell’architettura è complessivo e dipende dal-
Il project financing, rispetto alle forme tradizionali di finanziamento, presenta normalmente una durata del debito generalmente elevata ed un elevato livello del capitale di debito rispetto al capitale di rischio, oltre ad una complessa ripartizione dei rischi in capo ai vari soggetti coinvolti e ad elevati ed onerosi controlli sul progetto (da parte dei soggetti finanziatori o di consulenti tecnici di questi ultimi) che limitano l’autonomia gestionale della società progetto o dei promotori. La strutturazione di un’operazione di project financing richiede tempi più lunghi e maggiori costi di un’operazione di finanziamento ordinaria. Essenziali per un project financing sono non soltanto la positiva valutazione della capacità di autofinanziamento del progetto, del mercato di riferimento (dimensioni, quote, tendenze, accordi com-
Luigi Canonica, l’Arena.
di Fabio Delorenzi
Il Project Financing L’applicabilità del project financing alle opere pubbliche è prioritariamente legato all’economicità del progetto. Rispetto ad operazioni di finanziamento tradizionali, il project finance è infatti caratterizzato dal fatto che le garanzie di rimborso per i finanziatori si basano principalmente sui flussi di cassa attesi dal progetto e non sull’affidabilità economico-patrimoniale dei promotori (rispetto ai quali, il finanziamento alla società progetto può assumere le seguenti configurazioni: a. senza rivalsa - le uniche garanzie del rimborso del debito consistono nei flussi di cassa, ovvero b. con rivalsa limitata - i promotori assumono impegni diretti verso i finanziatori in relazione a rischi specifici).
Per favorire l’utilizzazione del project finance, la riforma - ad oggi in via di definizione, essendo in corso di emanazione i decreti legislativi delegati - si propone di attenuare alcuni dei vincoli posti dalla legge quadro sui lavori pubblici e di introdurre una legislazione semplificata secondo alcune linee guida: • a. semplificazione delle procedure per l’approvazione dei progetti preliminari, per la valutazione di impatto ambientale e per la definizione delle procedure necessarie per la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza; • b. attribuzione al CIPE, integrato con la presenza dei Presidenti delle Regioni interessate, del compito di approvazione del progetto definitivo e di vigilanza sull’esecuzione dei progetti approvati;
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Opere pubbliche e project finance Cresce l’interesse verso il coinvolgimento di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche ed il migliore sfruttamento economico delle stesse, dal momento che vincoli di bilancio sempre più stringenti non consentono una politica espansiva della spesa pubblica per finanziare investimenti destinati a nuove opere infrastrutturali. In paesi stranieri, il settore privato ha d’altra parte già dimostrato di poter validamente contribuire alla realizzazione di progetti infrastrutturali anche di notevoli dimensioni, accettando di assumere limitate e ben circoscritte quote di rischio in ambiti istituzionali in grado di assicurare livelli sufficienti di trasparenza e stabilità dell’azione del decisore pubblico. Tecniche di project financing sono state ampiamente utilizzate in diversi paesi - Regno Unito, Stati Uniti, Irlanda, Spagna e Olanda - per il finanziamento di strade, ponti e tunnel, sistemi di trasporto urbano, porti ed aeroporti, centrali elettriche, inceneritori e depuratori, ospedali, università e scuole, musei e stadi.
pubblica utilità ed ulteriori misure volte a favorire il ricorso al project financing per il finanziamento di opere pubbliche infrastrutturali affidate in concessione e stabilendo i criteri con cui i promotori privati possono presentare alla P.A. proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità tramite contratti di concessione con risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori stessi. Tale legge ha avuto il grande merito di prevedere: • la facoltà dopo l’aggiudicazione di costituire una società progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile (per assumere il ruolo di concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all’aggiudicatario), • ed il diritto di subentro, a vantaggio degli istituti finanziatori, in tutti i casi di risoluzione della concessione.
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la correttezza dell’intero processo di produzione dell’edificio, la cui qualità è generale: qualità di presupposti, ambientale, urbanistica, compositiva, funzionale, tecnologica, manutentiva, economica e così via. Saranno in grado gli architetti di avviarsi su questa strada? La questione si pone sia sul piano formativo che su quello professionale. Da una parte le Facoltà di Architettura dovranno sviluppare percorsi didattici che consentano agli studenti di accedere a competenze più specifiche all’interno del processo edilizio o di essere in grado di gestirne la complessità. Anche per la lentezza del sistema Universitario, si può ipotizzare che buona parte delle Facoltà di Architettura continuerà invece a produrre tecnici in grado di controllare solo parti limitate di questa complessità - nonostante proprio gli architetti, per l’approccio progettuale che li distingue - potrebbero essere i naturali gestori dell’intero processo, connettere i diversi contributi professionali, essere sostanzialmente i garanti del progetto, dell’organizzazione e della qualità del sistema complesso di produzione dell’architettura. Anche sul piano professionale i problemi non sono pochi: in generale, la realtà degli studi di progettazione operanti nel nostro paese è caratterizzata dalla piccola dimensione e dalla scarsa specializzazione. Ciò sta conducendo molti professionisti ad abbandonare il settore delle opere pubbliche, per la difficoltà di gestire il carattere di complessità tecnica e di interdisciplinarietà del progetto, oltre che per i timori suscitati dalla diretta responsabilità del professionista rispetto al corretto svolgimento di tutte le fasi della progettazione. Per la società, che rappresenta al tempo stesso il committente e l’utente dell’opera pubblica, il sistema di garanzie istituito dalla normativa vigente offre invece di gran lunga più garanzie che nel passato. Certamente, nonostante qualche mugugno corporativo, questo condurrà inevitabilmente all’accettazione delle nuove regole ed all’elaborazione di diverse posizioni e modelli da parte di tutti i soggetti interessati al processo di realizzazione dell’opera pubblica. Resta lo spazio, attraverso la verifica operativa, per le critiche serie e costruttive e per i miglioramenti che una maggiore professionalità sarà in grado di produrre.
merciali, materie prime) e dell’equilibrio del piano finanziario del promotore. Determinanti sono anche l’affidabilità dei promotori e del gestore, l’esperienza di settore, l’utilizzo di tecnologie affidabili e sperimentate, tempi di realizzazione sufficientemente certi, costi predefiniti (anche di gestione e manutenzione), soddisfacenti previsioni di utilizzo dell’opera nonché un quadro normativo certo e stabile. La complessità dei rischi connessi con la realizzazione e la gestione di opere pubbliche difficilmente consente di trasferire integralmente ed incondizionatamente tutti i rischi di progetto al settore privato. Non solo sono normalmente necessari impegni e garanzie da parte della P.A. che sollevino i promotori (e le banche) dai rischi non direttamente controllabili, o almeno da parte di essi, ma può essere determinante verificare preliminarmente anche la possibilità di trasferire parte del rischio di minori ricavi alla P.A. Per quanto riguarda la possibile allocazione dei rischi di un project financing di un’opera pubblica si rimanda allo “schema A”.
Come abbiamo evidenziato nella parte descrittiva di un’operazione di project finance, la presenza di un soggetto giuridico ad hoc (la società di progetto) è infatti lo strumento indispensabile per realizzare l’autonomia giuridica del progetto rispetto ai promotori; ciò rende possibile la costituzione di un sistema di vincoli e garanzie in favore dei finanziatori e la contemporanea limitazione delle responsabilità dei promotori stessi. La società di progetto consente infatti di realizzare una struttura contrattuale in grado di isolare il progetto rispetto ai rischi non controllabili che vengono trasferiti alle controparti della società di progetto (costruttore, gestore, concedente, fornitori di materie prime, ecc.) che sono responsabili delle specifiche attività cui i singoli rischi sono riferibili. Lo schema delineato dalla legge quadro (come modificata dalla Merloni-ter) si è purtroppo rivelato fin dall’inizio non adatto ad alcuni progetti (ad es. il ponte sullo stretto di Messina) per diversi motivi che non è possibile esaminare diffusamente in questa sede. A titolo esemplificativo, meritano di essere segnalate le limitazioni alla durata della concessione (trenta anni) ed alla contribuzione pubblica: “Qualora nella gestione siano previsti prezzi o tariffe amministrati, controllati o predeterminati, il soggetto concedente assicura al soggetto concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti (…) anche mediante un prezzo, stabilito in sede di gara, che (…) non può superare il 50% dell’importo totale dei lavori”.
Legge Quadro sui Lavori Pubblici (come modificata dalla cd. Merloni ter) La legge 415/1998 detta “Merloni Ter“ ha modificato la legge quadro sui lavori pubblici (L. 109/1994), introducendo nel nostro ordinamento la figura del promotore privato di opere di
La cd. Legge Obiettivo La Legge 21 dicembre 2001, n. 443 ha delegato il Governo a disciplinare in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive (cd “Legge Obiettivo”).
Giovanni Muzio, Palazzo della Triennale.
• c. possibilità di pagamento del prezzo dell’opera anche a stati di avanzamento lavori; • d. eliminazione del tetto del 50% per il contributo pubblico (che non dovrebbe comunque coprire i costi dell’intera opera); • e. eliminazione del limite temporale di 30 anni per la concessione; • f. semplificazioni della disciplina della conferenza di servizi; • g. introduzione di forme di tutela solo risarcitoria per equivalente, al fine di rendere più rapida la realizzazione dell’opera dopo la stipula del contratto. Considerazioni In Italia il project finance ha trovato ostacoli sia normativi che politici, connessi ad un approccio tradizionale secondo il quale la realizzazione di opere di pubblica utilità dovrebbe rimanere sotto il controllo, totale o quasi, delle Amministrazioni pubbliche. I primi risultati delle riforme legislative sono sotto gli occhi di tutti. Nelle ultime settimane è stata bandita la gara per la nuova autostrada Milano-Brescia sulla base di un progetto di un promotore (sulla base della regolamentazione introdotta dalla Merloni-ter) ed altri bandi di gara - sulla base della stessa regolamentazione - sono in corso di definizione. Tutte le persone che conoscono il project financing sanno che non ci sono e non ci saranno molti progetti come l’autostrada Milano-Brescia: le caratteristiche di un progetto di questo tipo rappresentano per analisti di settore e giuristi un caso di scuola, almeno per quanto riguarda il settore trasporti. Il progetto riguarda infatti un’area geografica tra le più ricche d’Europa e più congestionate dal punto di vista del traffico. Qualunque valutazione della cd. legge obiettivo ci sembra invece prematura, non essendo stata ancora pubblicata la legge delegata. Le modifiche legislative intro-
violare quell’ambito di competenza della legislazione concorrente delle Regioni in tema di governo del territorio di cui al II comma dell’art. 117 cost. novellato. In altri termini, ci pare senz’altro possibile che lo Stato possa dettare norme di princìpi sulle materie di legislazione esclusiva o concorrente, ma non altrettanto ci sembra possibile una legislazione di dettaglio, alla stregua di quella attualmente vigente, in tema di lavori pubblici, senza esautorare in qualche modo il potere delle Regioni. Aggiungasi, al riguardo, che già la normativa comunitaria appare sufficientemente esaustiva in tema di appalti pubblici, allorché, attraverso le varie direttive di settore disciplina sia la materia dei lavori pubblici, sia la materia dei servizi, sia quella delle forniture, sia, infine, quelle dei settori esclusi.
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Schema generale di allocazione dei rischi in capo ai vari soggetti partecipanti ad un’operazione di project financing di un’opera pubblica (soggetto a variazioni in relazione alle caratteristiche della singola opera).
Note sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria alla luce della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni, con riferimento al disegno di modifica atto-Senato 1246 di Nunzio Fabiano La legge 109/94, nota come legge Merloni, ha posto non pochi problemi, non solo sul piano strettamente interessante la materia dei lavori pubblici, intesi come realizzazione delle opere, ma anche sul piano di quella riguardante la progettazione delle stesse opere, nelle varie fasi della redazione progettuale: preliminare, definitiva ed esecutiva. Prima di soffermarci su alcuni aspetti particolari derivanti dalle novità introdotte nel disegno di legge, in corso di approvazione, al Senato della Repubblica, con atto nr. 1246, alla normativa sugli affidamenti degli incarichi di progettazione, è necessario premettere brevi considerazioni, di carattere generale, anche sulle conseguenze derivanti dalle modifiche introdotte al titolo V della parte II della Costituzione, dalla recente legge cost. n. 3/2001. Infatti, è pur vero che la tutela dell’ambiente, accanto all’ecosistema e ai beni culturali, è compresa tra le materie di legislazione esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117 lettera s), come novellato dalla citata legge costituzionale, ma è altrettanto vero, a parere di chi scrive, che l’esigenza di tutela dell’ambiente non dovrebbe estendersi, da parte della legislazione nazionale, fino a ricomprendere una “puntuale” normativa, anche di dettaglio, nel campo dei lavori pubblici. In questo modo, si finisce con il
Dalla lettura delle varie direttive, peraltro, emerge chiaramente che i princìpi comunitari che devono necessariamente essere rispettati nei pubblici appalti sono limitati, ancorché di notevole portata sostanziale e si identificano nella “trasparenza” dell’attività amministrativa, nella adeguata “pubblicità”, nella necessità di garantire la “concorrenza”, nell’assicurare il rispetto del “libero mercato”. Pertanto, se lo scopo delle direttive comunitarie è, appunto, quello di assicurare, attraverso questi princìpi, il raggiungimento del miglior rapporto qualità-prezzo, senza mai scendere ad un livello di disciplina di dettaglio, tale da far perdere di vista l’obiettivo di fondo, appare inconcepibile che un sistema normativo nazionale, intriso di lacci e laccioli, giustificato da velleità garantiste, giunga ad inficiare il raggiungimento dello scopo. In altri termini, ciò che deve interessare maggiormente la stazione appaltante pubblica non è tanto un sistema procedimentale per la realizzazione di un’opera pubblica, concepito alla stregua di un percorso ad ostacoli, quasi fosse un campo minato (l’esperienza di tangentopoli insegna e conferma l’inutilità di un sistema garantista sul piano formale!), quanto, piuttosto, ricercare, attraverso un meccanismo snello, che assicuri il rispetto dei princìpi comunitari, il miglior rapporto qualità-prezzo per la realizzazione dell’intervento programmato. A tale ultimo riguardo, sarebbe, invece, auspicabile che la stazione appaltante si preoccupi, con scrupolo intelligente, di presidiare il rapporto negoziale sotteso all’intervento, sia nella fase della progettazione, sia in quella della realizzazione, verificando e validando realmente i progetti, fissando tempi certi, penali adeguate, controlli reali, e così via. In definitiva e per quanto qui interessa con riferimento agli in-
Carlo Macciachini, Cimitero monumentale.
carichi di progettazione, gli Enti aggiudicatori possiedono diversi strumenti per perseguire al meglio il raggiungimento del soddisfacimento dell’interesse pubblico nella realizzazione di opere pubbliche, sotto il profilo del giusto equilibrio nel rapporto qualità-prezzo, e compete agli stessi enti avvalersi di tali strumenti in modo adeguato ed intelligente. Con riferimento, ad esempio, alla cosiddetta “gestione del progetto” da parte dell’Amministrazione procedente ed al rapporto tra quest’ultima e il progettista incaricato, saltando a piè pari tutti gli aspetti preliminari legati alla fase dell’affidamento dell’incarico professionale, non può trascurarsi che la previsione, apparentemente marginale, di cui all’art. 16 comma sesto della legge Merloni, riveste indubbia rilevanza sotto il profilo del potere di intervento dell’Amministrazione procedente nella fase antecedente l’approvazione del progetto esecutivo. A tale riguardo, è opportuno ricordare che, il rimando alle norme regolamentari, di attuazione della legge Merloni, di stabilire i “criteri, contenuti e momenti di verifica dei vari livelli di progettazione”, costituisce un punto centrale e nodale della gestione della fase progettuale, che deve informare e permeare tutto il rapporto tra l’ente pubblico ed il professionista incaricato. Purtroppo, la grave debolezza della previsione del comma sesto dell’art. 16 della legge Merloni, consiste nell’aver genericamente legato questi aspetti di verifica alla “discrezionale” valutazione delle “caratteristiche e dell’importanza dell’opera”. Ne consegue che spesso tale valutazione, nel presupposto di una scarsa importanza attribuita all’opera, non viene effettuata o viene effettuata in senso negativo, facendo saltare quei necessari momenti di verifica che appaiono, ad avviso di chi scrive, indispensabili per qualsiasi tipo di progettazione, atteso che, come in seguito si esporrà, gli elementi di verifica richiesti, se
non tutti ma almeno la gran parte, accedono ad ogni progetto. È, infatti, di esclusiva competenza dell’Amministrazione aggiudicatrice la verifica della rispondenza degli elaborati progettuali esecutivi alle scelte effettuate in sede di progettazione preliminare e la loro conformità alla normativa vigente prima dell’approvazione del progetto esecutivo da parte del proprio organo competente. In relazione a tale competenza, l’articolo 46 del Dpr 21 dicembre 1999, n. 554, attribuisce al responsabile del procedimento il compito di sottoporre a verifica i progetti preliminari per accertare la rispondenza della scelta progettuale alle esigenze pubblicistiche da soddisfare. Tale verifica comporta sia il controllo della coerenza esterna della soluzione prescelta con le caratteristiche socioeconomiche ed ambientali del contesto in cui l’intervento s’inserisce, in conformità a quanto indicato all’art. 15 dello stesso regolamento, riguardante le disposizioni preliminari alla progettazione, sia dell’efficacia dell’intervento, nei riguardi delle finalità che s’intendono perseguire con la realizzazione dell’opera e delle connesse esigenze di funzionalità, manutenibilità ed economicità. È in relazione a tale complessità, sottesa alle incombenze indicate dal citato art. 46 del Regolamento della legge Merloni, che va evidenziato il particolare impegno richiesto dalla redazione del documento preliminare alla progettazione e nella fase della verifica della professionalità del progettista. Ed ancora, sotto il profilo dinanzi considerato, l’art. 47 del regolamento prevede che le verifiche contemplate anche dall’art. 30 comma 6° della legge Merloni, da porre in essere prima di iniziare le procedure per l’affidamento per l’aggiudicazione, siano effettuate in un momento precedente l’approvazione del progetto esecutivo. È evidente, pertanto, che tale processo di verifica tendente alla finale validazione del progetto, investe il progetto definitivo. Le stesse verifiche, poi, devono effettuarsi in contraddittorio con i professionisti incaricati, al fine di innescare quelle sinergie tra Amministrazione e progettista, sul piano delle scelte prospettate, delle soluzioni costruttive, spaziali, tipologiche, funzionali, architettoniche e tecnologiche, che meglio rispondono all’interesse pubblico legato all’opera da realizzarsi. Ben si giustifica, quindi, a conclusione di tali verifiche l’operazione di validazione progettuale, anch’essa di competenza del responsabile del procedimento. La validazione è, infatti, classificabile come un controllo successivo giuridico-formale, al contrario della verifica che, invece, come già esposto, è un controllo tecnico concomitante. Il contenuto minimo della validazione deve, pertanto, necessariamente comprendere, tra l’altro: • 1. la corrispondenza dei nominativi dei progettisti a quelli titolari dell’affidamento e la sottoscrizione dei documenti per l’assunzione delle rispettive responsabilità; • 2. la completezza della documentazione relativa agli intervenuti accertamenti della fattibilità tecnica, amministrativa ed economica degli interventi; • 3. l’esistenza delle indagini geologiche, geotecniche e, ove necessario, archeologiche nell’area d’intervento e la congruenza dei risultati di tali indagini con le scelte progettuali; • 4. la completezza, adeguatezza e chiarezza degli elaborati progettuali, grafici, descrittivi e tecnico-economici previsti dal regolamento; • 5. l’esistenza delle relazioni di calcolo delle strutture e degli impianti e la valutazione dell’idoneità dei criteri adottati; • 6. l’esistenza dei computi metrico-estimativi e la verifica della corrispondenza agli elaborati grafici, descrittivi ed alle prescrizioni capitolari; • 7. la rispondenza delle scelte progettuali alle esigenze di manutenzione e gestione; • 8. l’effettuazione della valutazione di impatto ambientale, ovvero della verifica di esclusione dalle procedure ove prescritte; • 9. l’esistenza delle dichiarazioni in merito al rispetto delle prescrizioni normative, tecniche e legislative comunque applicabili al progetto;
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dotte negli ultimi anni hanno indubbiamente avuto il grande merito di stimolare l’approfondimento della materia da parte di Amministrazioni pubbliche ed operatori del settore. Il cammino è però ancora lungo e passa attraverso il progressivo acculturamento degli interlocutori e l’approfondimento delle problematiche tipiche di ogni opera pubblica (o almeno delle singole categorie). Per non cadere nella demagogia o nella propaganda, è importante non dimenticare mai che il project financing non è un finanziamento agevolato, non è utilizzabile per tutti gli interventi, ed è una tecnica di finanziamento con i relativi costi che devono essere sostenuti da qualcuno - e con i relativi rischi - che devono trovare una soddisfacente allocazione tra i privati e la pubblica amministrazione.
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Marcello Piacentini, Palazzo del Tribunale.
la validazione del progetto, il regolamento ammette la possibilità, in caso di accertata carenza di adeguate professionalità all’interno dei propri uffici, che il responsabile del procedimento possa avvalersi del supporto degli organismi di controllo previsti dal comma 7° dell’art. 30 della legge Merloni. Pertanto, se tale è il quadro delle “garanzie”, oltre alle altre prima accennate (penali, tempi, ecc.) qui, per brevità, non esaminate, con riferimento all’assetto normativo comunitario e regolamentare nazionale, ne consegue che, laddove la vigente legislazione nazionale appaia intrisa di lacci e laccioli, sul piano applicativo e fortemente frenante sul piano procedimentale, occorrerebbe porsi il problema di porvi adeguato rimedio. In tal caso, sarebbe sufficiente e legittimo, nel quadro del nuovo assetto costituzionale quale risultante dalla precitata legge Cost. 3/2001, che gli Enti pubblici aggiudicatori introducano una norma regolamentare interna (ad esempio nel regolamento sui contratti), con la quale riferirsi direttamente alle di-
rettive comunitarie, saltando a piè pari la cosiddetta legge Merloni e le normative nazionali di settore, per beneficiare di quei margini di flessibilità propri della normativa europea. Queste considerazioni non devono sorprendere più di tanto, perché delle due l’una, o ci si considera in Europa e si rispettano concretamente le direttive ed i princìpi comunitari di settore, rinviando per gli aspetti peculiari alle normative di dettaglio interne di carattere regolamentare, o, diversamente, si continuano a perpetuare, attraverso normative nazionali particolarmente dettagliate e superflue, i “distinguo”, tipici del costume tutto italiano che, certamente, non agevolano il processo di integrazione comunitaria. Alla luce delle sopraesposte considerazioni, è appena il caso di richiamare alla mente le difficoltà applicative derivanti dalla necessità di rispettare il “fortunatamente” abrogato, dalla legge comunitaria 1° marzo 2002, nr. 39, art. 53, decreto Karrer che, appunto, mal si conciliava con la direttiva 92/50 CEE in materia di appalti di pubblici servizi, come recepita nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157. Orbene, tali incongruenze normative devono, in parte, essere state avvertite dal legislatore nazionale, che nel disegno di legge, atto Senato nr. 1246/2002, sta tentando di alleggerire il “peso” di alcune norme della legge Merloni. Infatti, passando all’esame delle più significative novità, in corso di approvazione da parte del Senato, con il citato disegno di legge 1246, limitatamente, per quel che attiene alla presente nota riferita al tema degli appalti di servizi di progettazione, occorre porre l’accento, in primo luogo, sull’annosa questione degli incarichi di progettazione affidati dai privati, per la realizzazione di opere a scomputo dei cosiddetti oneri di urbanizzazione. A tale riguardo, la proposta legislativa prevede, attraverso l’introduzione del comma 3bis all’art. 2 della legge 109/94, che le disposizioni della stessa legge Merloni non si applichino agli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all’attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui al quinto comma dell’art. 28 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, riferiti cioè alle convenzioni urbanistiche dei piani attuativi. Mentre per le singole opere d’importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla direttiva 93/37/CEE. La norma è stata prospettata allo scopo di evitare gli ulteriori strali della Corte di Giustizia europea sul tema dell’affidamento degli incarichi di progettazione di opere pubbliche effettuati da privati, a scomputo degli oneri di urbanizzazione dovuti, da cedersi, poi, agli enti pubblici che presiedono all’attività edilizia. Nei termini prospettati, a parere di chi scrive, la norma non risolve certamente il problema, atteso che se il sistema degli incarichi privatistico-fiduciari, affidati dai privati per la progettazione di opere a scomputo oneri di urbanizzazione, è da censurare allorché si tratti di opere d’importo stimato al di sopra della soglia comunitaria, parimenti il sistema è censurabile, in linea di principio, anche quando si tratti di opere sotto soglia europea. Di talché, meglio sarebbe stato affidare la scelta del professionista allo stesso Ente pubblico, beneficiario ultimo dell’opera, o prevedere il concerto privato/pubblico, a prescindere dall’importo dell’appalto. In altri termini, se, in tema di affidamento di incarichi di progettazione di opere pubbliche, è avvertita l’esigenza di assicurare le norme sulla concorrenza e la qualità progettuale, la stessa esigenza si pone sempre e a prescindere dall’importo delle opere da progettarsi. Meglio, a nostro avviso, si presentano le novità prospettate nel disegno di legge 1246, a proposito dell’art. 17, commi 10,11 e 12, che verrebbero integralmente sostituiti. Rispetto al vigente sistema che distingue, ai fini delle modalità di affidamento degli incarichi di progettazione, secondo tre fasce, fino a 40.000 Ecu, da 40.000 a 200.000 Ecu e oltre i 200.000
Ecu, viene operata una diversa aggregazione, allo scopo di ampliare la possibilità dell’affidamento fiduciario di incarichi di progettazione il cui importo sia inferiore alla soglia di applicazione della disciplina comunitaria. Ed invero, il comma 11°, come novellato, prevede che per l’affidamento di incarichi di progettazione, il cui importo stimato sia compreso tra Euro 100.000 e la soglia di applicazione della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi, il regolamento disciplini le modalità di aggiudicazione che le stazioni appaltanti devono rispettare in alternativa al pubblico incanto. Tale disciplina deve essere orientata ad assicurare adeguata pubblicità agli appalti, contemperando i princìpi generali della trasparenza e del buon andamento con l’esi-
te di trasformazione del territorio in funzione dei bisogni e delle urgenze delle realtà locali, perseguendo i princìpi costituzionali di buon andamento e trasparenza della gestione della “cosa pubblica”.
La Risorsa Architettura. I progetti eccellenti e la rappresentatività dell’opera pubblica di Ado Franchini “Nessuno oggi lo può negare: l’architettura è di pubblico interesse. Instaurare una continuità tra la conservazione delle tracce della nostra memoria collettiva ed i progetti architettonici e
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• 10. l’acquisizione di tutte le approvazioni ed autorizzazioni di legge, necessarie ad assicurare l’immediata cantierabilità del progetto; • 11. il coordinamento tra le prescrizioni del progetto e le clausole dello schema di contratto e del capitolato speciale d’appalto, nonché la verifica della rispondenza di queste ai canoni di legalità. Si tratta, in definitiva, di un controllo generale del progetto esecutivo ai fini del rilascio di una sorta di “nulla osta” all’approvazione del progetto stesso, operazione che pone in capo al responsabile del procedimento gravose responsabilità. Proprio in dipendenza di tali onerose incombenze, addossate al responsabile del procedimento, a proposito della verifica e del-
Ortomercato.
genza di garantire la proporzionalità tra le modalità procedurali ed il corrispettivo dell’incarico. È di tutta evidenza che l’aver previsto expressis l’alternatività, senza necessità di particolare motivazione, rispetto alla procedura del pubblico incanto, costituisce, nel caso di specie, un’indubbia apertura in relazione a quanto previsto nel vigente comma 11° della legge 109/94 e succ. mod. ed int. Ciò che la norma richiede, infatti, è la garanzia, come del resto già in precedenza prospettato, che siano assicurati i princìpi generali di trasparenza, buon andamento, pubblicità e concorrenza. Per altro verso, il comma 12° dell’art. 17 della vigente legge 109/94, viene integralmente sostituito con la previsione che, per l’affidamento di incarichi di progettazione il cui importo stimato sia inferiore a 100.000 Euro, le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento ai soggetti di cui al comma primo lettere d), e), f), g) (dello stesso art. 17 n.d.r.) di loro fiducia, previa verifica dell’esperienza e della capacità professionale degli stessi e con motivazione della scelta in relazione al progetto da affidare. Anche in questo caso, il legislatore compie un’ampia apertura, elevando, quasi sino al raddoppio, l’importo stimato per gli incarichi in questione, consentendo il ricorso nel caso di specie agli appalti fiduciari. Tale evoluzione normativa non deve assolutamente scandalizzare, perché, in primo luogo, la scelta, ancorché fiduciaria, e la relativa valutazione curriculare dovranno essere motivati, in secondo luogo, perché tale scelta, ove non rispondente a parametri oggettivi in ordine alla verifica dell’esperienza e della capacità professionale, potrà essere oggetto di censura in sede giurisdizionale. In conclusione, è auspicabile che il legislatore nazionale, alla luce della già citata legge Cost. 3/2001 e della vigente normativa comunitaria, si ritragga sempre più, lasciando spazio alle Regioni ed agli Enti locali di beneficiare di quell’autonomia legislativa regionale e regolamentare comunale per meglio orientare le scel-
urbanistici che costituiranno il patrimonio di domani è una inderogabile necessità (...) Per queste ragioni il Ministero della Cultura e della Comunicazione ha intrapreso una importante politica che tende ad affermare la preponderanza dell’architettura come fatto sociale nell’insieme della società civile”. Sono parole di Catherine Traumann, Ministro della Cultura francese, scritte alla fine degli anni Novanta per introdurre la legge nazionale francese sull’architettura che ha consentito alla Francia di procedere nella realizzazione di nuove grandi opere pubbliche (“l’Architetto”, n. 131, novembre 1998). In Italia l’idea di Architettura Civile come espressione di valori collettivi positivi ed elevati, come stimolo a fare bene e a riconoscersi in un’identità nazionale ed europea, torna ad essere presa in considerazione in seguito ad alcuni precisi avvenimenti: • 1. la legge Merloni comincia (nel bene e nel male) a modificare i criteri di scelta e le modalità di realizzazione delle opere pubbliche; • 2. arriva “l’effetto Francia”, e il cinquantennale silenzio tra pubbliche istituzioni e Architettura viene improvvisamente interrotto nel febbraio 1998 da una iniziativa-lampo di Walter Veltroni, allora Ministro per i Beni Culturali, che convoca a Roma 100 architetti italiani per informarli che la qualità dell’architettura contemporanea sarebbe tornata ad essere oggetto di attenzione e di promozione da parte del Governo e degli Enti pubblici nazionali e locali attraverso il rilancio dei concorsi di progettazione. • 3. Contemporaneamente arriva in Italia “l’effetto Bilbao”, ed appare chiaro a tutti che l’immagine magnetica di un grande progetto pubblico può rendere molto a livello politico, e può essere utile nel rilanciare l’identità delle città in afasia postindustriale. (Qualcuno però si sta già domandando se “l’effetto-immagine” ha una durata sufficiente a giustificare l’investimento…). • 4. Il Ministro Giovanna Melandri porta in Parlamento e fa approvare la famosa “Legge per l’architettura”, che sembra evocare la necessità di una “legge speciale” per un argomento che
Giuseppe Mengoni, Galleria Vittorio Emanuele.
negli altri paesi europei è invece di normale amministrazione, poiché incide con evidenza sulla qualità della vita dei cittadini. • 5. L’obbligo di rispettare le norme comunitarie europee in materia di gare e concorsi resuscita dopo decenni di oblio lo strumento dei concorsi nazionali e internazionali, sia nelle grandi città sia nei centri urbani medio-piccoli, e (con un certo sorpreso scetticismo) riappaiono sulla scena italiana i grandi nomi del jetset dell’Architettura e dell’Engeenering mondiale, che in nome di una internazionalità che lusinga e sprovincializza qualunque amministrazione locale, s’impongono e sbaragliano subito i concorrenti italiani. Per fare solo alcuni esempi, Roma avvia nel 1999 il ciclo dei grandi concorsi con i progetti per il Centro per le Arti Contemporanee (vinto dal progetto di Zaha Adid), e Milano la segue con i concorsi internazionali dell’Ansaldo (vincitore David Chipperfield) e della Beic, la grande Biblioteca Europea di Informazione e Cultura (assegnata allo studio tedesco Bolles-Wilson). La fine del XX secolo sembra aprire nuovi scenari per i destini dell’architettura italiana, da tempo messa ai margini del dibattito internazionale. Pare davvero che l’idea di un’Architettura Civile intesa finalmente come risorsa positiva, utilizzabile per il bene comune in quanto fatto collettivo riconoscibile, si stia facendo strada nel malcelato fastidio per l’architettura tipico delle pubbliche amministrazioni italiane, abituate a considerarla come un servizio “sovrastrutturale” e sostanzialmente accessorio (quando non del tutto inutile) se paragonato ad altri più immediati e redditizi indicatori economici e politici. Tuttavia, secondo il tipico retaggio della nostra tradizione nazionale, nessun grande progetto sembra per ora avviarsi ad una rapida realizzazione (1). La caratteristica tutta italiana di rendere complesso e irrealizzabile ogni genere di decisione è certo la sostanziale differenza che permane rispetto al pragmatismo tedesco, francese, spagnolo e persino portoghese, paesi dove si riesce ad utilizzare la maggior parte dei fondi nazionali e comunitari grazie ad un efficiente e veloce sistema di appalti pubblici.
Note: 1. Salvo interventi privati come quelli della Pirelli/Bicocca, che riesce persino a realizzare un nuovo teatro per 2.600 spettatori senza fare alcun concorso di progettazione, o delle Imprese legate alla grande industria che gestiscono le proprie risorse immobiliari in totale autonomia, come nelle aree Fiat di Novoli a Firenze. 2. Nell’epoca post-industriale il processo di trasformazione e di crescita delle città prende forme e nomi nuovi e assai diversi da quelli tradizionalmente considerati dalla storia urbana: termini come città diffusa, megalopoli, città/regione, Global City, hiperville, StadtLand, Tecnopolis, arcipelago urbano, urban Islands, e altri ancora testimoniano come gli spostamenti di popolazione indotti dalla deindustrializzazione, dall’informatizzazione delle comunicazioni nella vita quotidiana sono fenomeni evidenti di una realtà urbana e sociale che si propone con la forza di veloci mutazioni e di economie di scala potenti e diffusive, alle quali non è facile rispondere con i canoni tradizionali della “rappresentatività” e dell’”eccellenza progettuale”.
L’incidenza delle opere pubbliche nei processi di trasformazione urbana. La qualità dell’architettura pubblica nella città di Massimo Giuliani Il lento e costante miglioramento della qualità La qualità complessiva dell’architettura pubblica nella città sta attraversando una fase di lento ma costante miglioramento che, molto probabilmente, è dovuto ai profondi cambiamenti che, a partire dall’inizio degli anni ’90, hanno modificato le regole per la realizzazione degli edifici in generale e delle opere pubbliche in particolare. Nonostante le innovazioni siano state vissute dalla classe tecnica sostanzialmente in maniera passiva, il bilancio in termini di qualità complessiva dei manufatti può ritenersi, senza dubbio, positivo ed è innegabile che la pur travagliata nuova legge sui lavori pubblici stia producendo buoni risultati. Molto diversa potrebbe invece essere la valutazione passando da un esame complessivo ad uno analitico, suddividendo cioè le componenti della qualità in aspetti specifici quali, ad esempio, l’immagine dell’opera pubblica, il rapporto formafunzione, il rapporto con il committente e la soddisfazione degli utenti. La rappresentatività delle opere pubbliche Cominciamo dal problema dell’immagine o, se volete, della rappresentatività delle strutture pubbliche come elementi ordinatori/generatori della trama urbana nel suo complesso. Nonostante questo sia in realtà l’aspetto su cui, probabilmente, gli architetti hanno lavorato con più impegno, è ammissione comune che la città continua inesorabilmente a perdere elementi di riconoscibilità ed anche gli interventi di buon livello non riescono ad interagire positivamente col contesto, ma, al contrario, sembrano fagocitati dalla casualità dell’immagine urbana complessiva. Esiste ormai infatti una divaricazione sempre più vistosa tra la città a cui ci ispiriamo quando progettiamo, e che ci ostiniamo a immaginare composta da un insieme armonico di emergenze formali e di tessuto edilizio omogeneo, e quella che, ormai da decenni, stiamo costruendo. Una città talmente ridondante di segni da rendere ineffettuale qualunque tentativo di ricomposizione. La riconoscibilità, soprattutto nelle grandi città, sopravvive solo attraverso il “marchio” che, sempre uguale a sé stesso, scandisce la scena urbana. Da questo punto di vista sono i supermercati, con la loro “ordinata” ripartizione di influenze commerciali ad essere i landmark più affidabili. Le motivazioni di questa situazione possono essere ricercate in cause interne alla disciplina quali ad esempio la sempre minor considerazione del contesto urbano di partenza, oppure possiamo porre l’attenzione ai “riferimenti formali” consumati troppo velocemente dai progettisti nel tentativo di elaborare un proprio linguaggio personale. In alternativa potremmo porre l’accento sui modi ed i tempi di “produzione della città” ed infine sostenere come proprio l’assenza d’immagine sia la qualità formale che contraddistingue le nostre città. La soddisfazione degli utenti Tuttavia nessuno è soddisfatto di questo stato di cose tanto è vero che, seppur soggettivamente convinti di aver svolto al meglio i nostri progetti, siamo concordi nel criticare, anche aspramente, il complesso degli interventi realizzati. La stessa insoddisfazione che possiamo registrare tra gli utenti che spesso giudicano in maniera egualmente negativa sia gli interventi “anonimi”, che le architetture “firmate”. Non è quindi un problema di “capacità professionale” ma un
aspetto che verosimilmente è dovuto al sistema di produzione delle opere pubbliche. Proviamo quindi ad interpretare le motivazioni della scarsa soddisfazione degli utenti e, nello svolgere questo tema, analizziamo anche gli altri aspetti che abbiamo individuato all’inizio del nostro ragionamento: il rapporto forma-funzione ed il rapporto con il committente. Committente, utente, progettista Potremmo innanzitutto azzardare che il miglioramento qualitativo che ha contraddistinto il settore dei lavori pubblici abbia riguardato molto di più gli aspetti tecnologico-finanziari (coordinamento delle professionalità che concorrono a realizzare l’opera, controllo dei costi e dei tempi) che quelli prestazionali relativi all’adeguatezza alle esigenze del servizio ed alla soddisfazione dell’utente. Non è un problema nuovo. Anzi si tratta forse del problema principale che ostacola più di ogni altro l’aumento di qualità nei lavori pubblici e che è dovuto, in massima parte, all’assenza della figura del committente od alla sua scarsa capacità di definire compiutamente gli obiettivi e le priorità che l’opera deve soddisfare. È stata proprio l’assenza della figura del committente a spingere i progettisti, fin dalla metà degli anni ’60, ad individuare obiettivi e finalità del progetto attraverso processi partecipativi che coinvolgevano i possibili o probabili utenti. Senza rapporto con il committente è infatti arduo produrre un buon progetto, proprio perché l’architetto non può essere anche il soggetto che individua le funzioni, così come lo psicanalista non può analizzare se stesso. Al di là delle specificità culturali con cui ognuno interpreta il rapporto forma-funzione è evidente che questo processo di sintesi non può prescindere da un vero rapporto dialettico con chi ha la competenza di definire le funzioni e la responsabilità di gestire l’edificio una volta realizzato. Gli architetti che hanno dovuto definire le funzioni sono spesso scivolati verso una definizione di configurazioni ispirate più da “forme a priori”, che da esigenze d’uso. Augurarsi come fa Giancarlo De Carlo nel saggio L’architettura della partecipazione (1973) che l’architettura dei prossimi anni sia sempre meno la rappresentazione di chi la progetta e sempre più la rappresentazione di chi la usa non è quindi uno slogan no global, ma l’individuazione di un fertile campo d’esplorazione e, allo stesso tempo, una preziosa riserva di forme cui attingere per nuovi progetti meno autoreferenziali.
Le immagini qui pubblicate sono state appositamente realizzate per “AL” e fanno parte di un archivio di fotografie digitali sull’architettura ed il paesaggio urbano milanese. Un campionamento di tale archivio sarà prossimamente consultabile sul sito www.archi-photo.com Una selezione di queste fotografie è stata raccolta in Le stagioni del Costruire realizzato da Assimpredil (Milano, 2001) a cura di Federico Brunetti, con l’introduzione di Piero Torretta e un saggio di Marco Biraghi. © 2002 Federico Brunetti Fotografia digitale di architettura
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Ma, una volta superati gli italici ostacoli, saranno le grandi nuove opere urbane a decretare la ripresa della nostra architettura nel panorama europeo? Se dunque ha un senso il concetto di architettura come risorsa (e le città italiane ne hanno proprio un grande bisogno), possiamo permetterci di seguire l’onda dell’architettura prét-a-porter che soddisfa l’ego dei politici e sostiene il narcisismo degli architetti del nuovo International Style? Sarà “il nuovo” tout-court che può rinnovare l’immagine un po’ stantia delle nostre città? È questa la risorsa dell’architettura del XXI secolo italiano ed europeo? E quanto di nuovo c’è davvero dietro alle icone internazionali dell’architettura patinata per dare sostanza ai problemi reali dei centri urbani e delle conurbazioni tardonovecentesche e post-industriali? (2). Ritengo che potremo parlare di una rinascita della nostra architettura e di una nuova rappresentatività dell’opera pubblica non tanto di fronte alle “grandi opere pubbliche” ma solo quando vedremo anche nei piccoli Comuni e nelle città medie i buoni risultati costruiti di tutte queste “intenzioni” e di queste novità normative e amministrative. Una buona architettura costruita vale cento disegni di legge e mille progetti disegnati e non realizzati. E la diffusione di mille buone piccole architetture pubbliche e private è il solo segno di ripresa della rappresentatività dell’architettura italiana come fatto collettivo di valore. La ricetta neo-liberista di favorire gli investimenti privati con il project-financing nell’ambito delle opere pubbliche non sta funzionando, anche se potrebbe dare dinamismo e fattibilità ai programmi urbani, ma per applicare questa formula con risultati positivi bisogna essere coscienti che urbanistica e architettura non sono solo trattative politico-economiche: esse sono un sistema di regole che conformano le scelte, sono un’idea di città che si esprime con le forme e la sostanza dell’architettura e che riguarda tutte le componenti della società. Nel prossimo mese di luglio si terrà a Berlino Il XXI Congresso Mondiale di Architettura (UIA Berlin 2002) che si intitolerà “Risorsa Architettura”. Uno slogan che in Europa ha trovato concreta attuazione nella realizzazione di una grande quantità di opere pubbliche di alto profilo qualitativo, provocando un fenomeno a cascata anche su un grande numero di interventi commissionati da investitori privati, spesso coinvolti per legge nel sistema dei concorsi ad inviti anche per le realizzazioni private di interesse urbano. Renzo Piano, il nostro migliore “architetto internazionale”, è giustamente l’unico italiano invitato nel programma ufficiale dell’evento. Per ora non sono annunciate esposizioni o mostre che illustrino la realtà italiana contemporanea, anche perché come al solito nessuna Istituzione ha avanzato proposte concrete. Ma non bisogna affrettare le cose, perché noi sappiamo di una nuova generazione di architetti che sta aprendosi la strada silenziosamente e che sarà in grado di rispondere alla necessità di rappresentatività e di qualità dell’opera pubblica in modo più consapevole rispetto alle reali aspettative della città contemporanea. Ed al prossimo Congresso mondiale ci sarà anche qualcuno di noi.
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a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pellegrini
a cura di Roberta Fasola
Municipio di Bedulita
Architettura pubblica: colloquio con Marco Castelletti
Come in altri ambienti montani, la localizzazione e la forma degli insediamenti sono motivate dall’economia agricolo-silvo-pastorale e dalla conformazione del territorio. Tipica della valle Imagna l’assenza di centri veri e propri. La struttura si impernia su una trama facente capo a luoghi fulcro, dotati dei soli edifici con funzione comunitaria, coincidenti con le parrocchie. Parlando del paese non ci si riferisce a un centro urbano di grosso impianto, ma a semplici luoghi ubicati in posizione emergente e facilmente accessibile, comprendente la chiesa parrocchiale, la torre campanaria, la casa parrocchiale, il cimitero, elementi raccordati prima fra loro da spazi connettivi variamente distribuiti secondo la morfologia dei siti e poi raccordati con i nuclei diffusi, più o meni vicini, attraverso una rete di vie mulattiere. Il piccolo comune di Bedulita (circa 500 abitanti), in valle Imagna, non ha un nucleo urbano, antico o moderno, ma è caratterizzato da una estesa punteggiatura sul territorio di cà (cà Personeni, cà Pellegrino, cà Torre, cà Pridam, ecc.) poste sul pendio della vallata. La casa isolata è pertanto il tipo, che rende riconoscibile il paese dagli altri che invece gravitano intorno ad un nucleo storico. Anche il vecchio municipio e la chiesa sono edifici isolati, posti lungo la strada della valle e isolati nei prati. La casa isolata, la casa a corridoio, si afferma nella sua forma canonica e costituisce il tipo di abitazione più ricorrente nel XIX e XX secolo in valle Imagna. Sono stati gli emigrati più abbienti a prediligere questo tipo di abitazione; lo troviamo isolato e circondato da un giardino. La casa a corridoio è posta sempre parallela alla strada; quando si trova su un pendio è disposta parallelamente alle curve di livello. Esiste quindi un ingresso dalla strada e uno dal giardino. La disposizione è determinata da un elemento topografico particolare, dal profilo del terreno, da un corso d’acqua e, di regola, da una strada. Il progetto di municipio cerca di rendere evidenti i caratteri del luogo e utilizza il tipo della casa isolata a corridoio come elemento di chiarezza del paesaggio della valle. Mario Cortinovis
Mario Cortinovis, Municipio di Bedulita (Bg), 1984. Due vedute del Municipio.
Una serie di domande e risposte. Parole messe in sequenza a descrivere, tramite l’indubbia esperienza professionale dell’arch. Castelletti, quale noto professionista comasco, la gestione degli appalti pubblici ed il ruolo del committente nei sistemi di attribuzione d’incarico proposti dalla Legge Merloni. Uno degli aspetti negativi, sviscerato durante l’interessante intervista, è stato senza dubbio quello relativo alla presenza, all’interno della stessa legge e del regolamento di attuazione, di meccanismi eccessivamente complessi, o comunque di difficile interpretazione, nell’assegnazione degli incarichi, che finiscono col vanificare le propositività della legge. La Legge Merloni, che nel nuovo prossimo atteso aggiornamento modifica il tetto massimo per l’assegnazione diretta dell’incarico da 40.000 a 100.000 Euro, vuole essere la risposta alla troppo spesso spinosa questione del frazionamento degli incarichi: l’innalzamento del “tetto”, infatti, è estremamente chiaro in questo senso, in quanto esprime la volontà di ritornare verso il “rapporto fiduciario” negli incarichi pubblici di modesta entità con tempi accorciati e costi limitati per l’Ente pubblico nella gestione delle procedure. Al di sopra della cifra enunciata si potrà accedere all’assegnazione dell’incarico solo tramite gli strumenti del concorso o dell’avviso di gara. Il primo, a sua volta, potrà essere aperto a tutti o indirizzato solo a fasce più ristrette - per limiti di età o con meccanismo ad inviti tramite preselezioni a curriculum. A tal proposito, l’arch. Castelletti vuole sottolineare l’estrema validità di questo strumento per l’assegnazione di opere pubbliche nelle quali è richiesta una determinata qualità, che vede, o la possibilità nel caso dei concorsi “under 35” per giovani professionisti l’occasione di avviarsi alla professione e di introdursi sul mercato, o nel caso di concorsi ad inviti la presenza di un numero ristretto di partecipanti, che grazie alle loro precedenti esperienze, sono in grado di assicurare da subito un prodotto di elevata qualità. È necessaria, da parte delle commissioni, una capacità di lettura dei progetti che sappia analizzare i contenuti delle proposte e le loro modalità di rappresentazione. Ha assunto importanza nei concorsi il modo in cui il progetto viene comunicato e spesso le possibilità di disegno offerte dall’informatizzazione, grazie all’utilizzo di immagini ed approfondimenti grafici tridimensionali, fuorviano da una corretta interpretazione del progetto, rendendone difficile la lettura o, addirittura, sostituendosi al contenuto stesso. Si è riscontrata, sempre nel nostro Paese, anche una certa difficoltà nel gestire i grossi concorsi, in quanto si è appurata una sorta di empasse al momento di procedere oltre la fase della premiazione: ne sono un esempio il concorso per l’IUAV vinto da Enrique Miralles e bloccato dall’on. Sgarbi, o l’esperienza personale dello stesso arch. Castelletti che l’ha visto vincitore nel lontano 1989 del concorso per il lungolago di Porlezza, progetto iniziato, invece, solo recentemente. Questo delicato problema del lasso di tempo che intercorre tra la vittoria e l’assegnazione dell’incarico, purtroppo comporta anche tutta una serie di conseguenze, prima fra tutte, la necessità da parte del progettista di rivedere il progetto, necessità che chiaramente nasce dall’evoluzione personale e professionale del suo
ideatore e inoltre la possibilità che il progetto venga abbandonato o rivisto in seguito al succedersi di nuove amministrazioni che mutano i programmi in corso delle opere pubbliche. Altre volte, invece, a fronte della difficoltà nell’eseguire interamente il progetto vincitore, si è ovviato con la sistemazione parziale e consequenziale di lotti funzionali ed autonomi. È il caso di Albese con un concorso bandito per la sistemazione di aree e attrezzature pubbliche che ha visto la sistemazione prima della piazza del mercato e dell’area del cimitero, poi la sistemazione di via Colombo e la creazione di una passerella in c.a. che attraversa il parco, ed infine la realizzazione del padiglione polifunzionale. Il concorso tuttavia rimane il più valido strumento qualitati-
vare ad ottenere contenuti validi, unitamente ad un approfondimento degli elaborati grafici e dei documenti allegati. In Italia, tuttavia, rispetto al resto dell’Europa si rileva ancora la necessità di un migliore approfondimento della scala di progetto perché è proprio “attraverso l’approfondimento e la cura del dettaglio che si delinea la precisione e la buona riuscita della realizzazione di un progetto”. La questione del problema della misura, intesa come scala di progettazione, lega reciprocamente teoria e pratica architettonica. Misura come condizione di rapporto di scala tra le cose, loro valore geometrico e qualitativo. Cosa certa è che la Merloni individua un aspetto positivo del progetto, vale a dire la codificazione delle sue fasi, che
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Bergamo
Marco Castelletti, Padiglione delle feste, Albese con Cassano, veduta prospettica.
Marco Castelletti, Sala Polifunzionale, Villa Padulli - Cabiate, veduta prospettica.
vo di assegnazione di un incarico pubblico anche se le Amministrazioni che decidono di avvalersi di tale procedimento dovrebbero dare delle certezze riguardo al finanziamento delle opere e ai suoi tempi di attuazione. Per il procedimento degli avvisi di gara, invece, si vuole subito sottolineare un aspetto negativo: venendo richiesti tutta una serie di requisiti pratici (tra i quali, ad esempio, la presenza di un fatturato minimo) o l’aver già eseguito determinate opere attinenti al bando si assiste, come conseguenza, al fenomeno dell’associazione temporanea tra professionisti. La necessità di tali associazioni è quindi un chiaro segnale di come in Italia ci sia un’eccessiva frantumazione della professione a fronte di studi europei che sono già organizzati per rispondere alle nuove esigenze poste dal mercato. Purtroppo, spesso, si verifica anche una certa avversione per le giovani generazioni e una scarsa fiducia nelle loro capacità di gestione e di realizzazione di un appalto pubblico: avversione che si rileva con la presenza di particolari clausole nel bando, come ad esempio, la richiesta di almeno cinque anni di iscrizione all’Albo. Si è così verificato che la Legge Merloni è stata in grado di elevare la qualità delle opere pubbliche con lo strumento del concorso, resta da chiedersi se sia in grado di fare altrettanto per l’incarico diretto o l’avviso di gara. Indubbiamente sta alla sensibilità degli amministratori la capacità di dare valore anche a questo particolare tipo di procedimento. Esempio positivo in tal senso, ricorda l’arch. Castelletti, è stato quello fornito dal Comune di Lentate, per la progettazione di piazza S. Vito: all’avviso di gara, al quale hanno partecipato circa 60 raggruppamenti, è seguita l’assegnazione dell’incarico, e la procedura ha privilegiato l’aspetto qualitativo rispetto a quello economico delle offerte e la gara è stata condotta in maniera molto professionale da parte dell’Amministrazione Comunale e del responsabile del procedimento. È necessaria, perciò, una profonda attenzione da parte dell’Amministrazione nei confronti del progetto se si vuole arri-
manifesta evidenti benefici soprattutto nella durata, nell’uso e nella riduzione di necessità di manutenzione del prodotto realizzato. Sono necessari una sempre maggiore valutazione dei costi e dei benefici e un maggior studio del dettaglio per arrivare a una realizzazione più veloce e precisa, dove i problemi vengono risolti in fase progettuale e non esecutiva. In Italia il rapporto tra i tempi della fase progettuale e quelli di realizzazione è di 1 a 3 al contrario dell’estero dove i numeri appaiono invertiti: ciò deve far comprendere la necessità impellente di conferire al nostro sistema una rinnovata qualità a fronte anche di una migliore retribuzione professionale. La Legge in discussione opera sicuramente in questa direzione, attraverso la distinzione delle fasi del progetto in preliminare, definitivo ed esecutivo. Si è verificato, inoltre, un altro aspetto sicuramente positivo, vale a dire quello riguardante una maggiore soddisfazione personale da parte del progettista che vede salvaguardata la propria opera grazie all’ottenimento dell’incarico per meriti acquisiti, e che quindi riesce a fare un’architettura dotata di un certo spessore sia qualitativo che culturale, cosa che non sempre riesce ad ottenere lavorando col privato. D’altro canto, però, bisogna anche tener conto del fatto che spesso le buone architetture costano ed anche per questo si dovrebbe prendere esempio ancora dall’estero dove, una volta scelto il progetto, segue un progetto esecutivo ed un preventivo accurato di spesa e qual’ora questo superasse i finanziamenti previsti, si trovano nuove risorse per eseguire l’opera. In Italia, invece, purtroppo, si risolve grossolanamente il problema riducendo i costi, a scapito della qualità dell’opera e con evidenti difficoltà di gestione da parte delle imprese coinvolte in fase di esecuzione delle opere. Per tutto questo ci si augura che la Legge Merloni possa trovare presto applicazioni ancora più positive. R. F.
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Lodi
a cura di Carmen Carabus e Giorgio Melesi
a cura di Antonino Negrini
Alcune suggestioni sul tema dell’architettura pubblica
Un progetto articolato
“Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? chiede il Kublai Kan. Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra - risponde Marco - ma dalla linea dell’arco che esse formano” (da: Italo Calvino, Le città invisibili, 1972) Nel disegno complessivo che determina la forma della città, luogo di storia e differenziazione culturale, l’architettura pubblica concorre con la sua carica simbolica a definire certamente la riconoscibilità del luogo. Ci sono realizzazioni che con fatica nella loro complessità manifestano un contenuto che potrebbe essere definito “corale” e nello sforzo è riconoscibile, molto spesso attraverso la genialità e sensibilità del progettista, la domanda di una vita civile che chiede espressione. L’architettura pubblica diventa così riconducibile ad un concetto più ampio: riconosciamo il desiderio di significato che attraverso la percezione provoca e comunica. In ogni piccolo luogo è possibile questa dinamica e forse la qualità dell’architettura risiede in questo, non sovrastruttura della vita civile, bensì suo corpo espressivo. C. C. e G. M.
Nella pagina a fianco: alcuni esempi di architettura pubblica nel territorio lecchese.
L’architettura pubblica riveste un ruolo importante nel campo edilizio, essendo un bene comune oltre ad essere indice di cultura; deve quindi indirizzare l’Amministrazione, ad una scelta “della soluzione giusta”, che non sempre risulta faci-
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Massimo Pavesi, Casalmaiocco, Centro amministrativo-sociale-scolastico, veduta dell’edificio.
le, soprattutto perché si spende denaro pubblico, e quindi è soggetta alle critiche da parte di tutte le categorie. L’incarico per la progettazione di tali opere, è sempre un’esperienza ricercata dagli architetti, in quanto li introduce con impegno, nello studio dei problemi più vari, considerando le diverse destinazioni e funzioni presenti nell’opera pubblica. Data l’importanza dell’argomento, è risultata indispensabile l’esemplificazione del tema, pubblicando un progetto di un collega, l’architetto Massimo Pavesi, che si è prestato gentilmente a fornire il materiale. Il progetto riguarda un’intervento nel Comune di Casalmaiocco, sviluppato tramite un programma edilizio-urbanistico, per edificare in diverse riprese, il Centro amministrativo-sociale-scolastico in un’area centrale al paese; collocata tra la via Manzoni e la piazza Dante, in adiacenza al vecchio municipio, alla chiesa parrocchiale, ed a fianco della scuola elementare ed al parco pubblico attrezzato. Il Complesso edilizio interessa un’edificazione di 9.380 mc corrispondenti a 1.942 mq utili lordi, e comprende: • La nuova sede comunale con uffici, aula consiliare, sala giunta, locali per riunioni, magazzini, autorimessa; • L’alloggio del custode (trasformato in seguito negli uffici comunali); • La palestra con annessi spogliatoi, utilizzata sia dalla scuola elementare che come struttura pubblica; • L’ampliamento della scuola elementare con la formazione di nuove aule e di un salone auditorium. L’intero complesso è dotato di opportune interconnessioni e di una serie di accessi pedonali e veicolari per i dovuti collegamenti. Sotto l’aspetto urbanistico, si sviluppa attorno ad una piazzetta pedonale, opportunamente collegata con il verde pubblico antistante, diventando uno dei luoghi più caratteristici del paese, mentre sotto l’aspetto architettonico, è stata adottata una soluzione planivolumetrica estremamente articolata che oltre ad adattarsi alle esigenze notevolmente differenti dei singoli elementi che lo contraddistinguono, richiama la varietà e la spontaneità del piccolo centro abitato. L’aspetto estetico più evidente è rappresentato dalla connessione fra le diverse falde della copertura, con manto di
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Lecco
Prospetti e sezioni.
Pianta del piano rialzato.
Milano a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba
La grande casa delle parole L’8 aprile l’Urban Center del Comune di Milano ha ospitato un incontro organizzato in collaborazione con la Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano per discutere i risultati del concorso per la nuova sede della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura che sorgerà sull’area dello scalo di Porta Vittoria ed il suo stato d’avanzamento. Nell’introdurre l’incontro Enrico Morteo, ha parlato dell’Urban Center come di una novità positiva nel panorama culturale milanese, auspicandone un potenziamento della funzione informativa rispetto ai progetti di trasformazione urbana in atto. L’idea dell’Urban Center nacque alla metà degli anni Ottanta, sulla scia di analoghe esperienze in Europa e nel mondo, ma solo nel novembre del 2001 si è giunti all’inaugurazione dello spazio nella Galleria Vittorio Emanuele, con la mostra dei progetti finalisti del concorso dell’Arengario. Altre iniziative sono seguite, come la presentazione del concorso del parco Forlanini ed altre seguiranno, come la presentazione del progetto di ampliamento della Bocconi, dell’Atlante dei beni di valore storico-culturale e l’organizzazione di Conoscere Milano, una serie di visite guidate nelle periferie milanesi, organizzate in collaborazione con l’Associazione Interessi Metropolitani ed il Politecnico di Milano. A proposito del progetto della Nuova biblioteca Morteo ha introdotto alcuni temi che rendono questo progetto emblematico per le prospettive della Milano contemporanea. Primo perché si tratta del recupero dell’area di uno scalo ferroviario, che insieme alle aree industriali costituiscono per dimensione e collocazione l’occasione migliore per una riqualificazione del nucleo storico della città. In secondo luogo perché si tratta di una biblioteca, di una grande infrastruttura culturale pubblica, settore nel quale l’Italia ha accumulato un grande ritardo rispetto al resto del mondo occidentale. Milano sta cercando di colmare questo ritardo con la realizzazione dei nuovi poli della cultura sulle aree della ex-Ansaldo, nel museo del ‘900 all’Arengario e appunto con questa biblioteca, il cui ruolo dovrebbe andare al di là di Milano stessa. Un altro motivo che rende questo progetto particolarmente rilevante è dato dal fatto che si è trattato di un concorso internazionale di progettazione architettonica (come anche nel caso dell’ex-Ansaldo e dell’Arengario), procedura della quale nel nostro paese si è sentita a lungo la mancanza e che pare oggi tornare alla ribalta con una rinnovata credibilità e la nascita di strutture pubbliche atte a promuoverle, come l’Ufficio concorsi del Comune di Milano. Almeno per questi tre motivi dobbiamo tutti sperare in un positivo svolgimento dell’iter di questo progetto che purtroppo, come ha ricordato l’Assessore Gianni Verga, è finanziato per ora solo fino alla fase di progettazione esecutiva, attualmente in corso di elaborazione secondo una precisa tabella di marcia. Giovanni Oggioni, responsabile dell’Ufficio concorsi del Comune, ha apprezzato il lavoro della giuria per aver premiato il progetto più coraggioso ed ha parlato della fase preliminare al bando di concorso, con la diffi-
coltà di definire i criteri di intervento rispetto all’area adiacente sulla quale insiste un progetto di Vittorio Gregotti, della cui realizzazione in quei termini nessuno era in grado di garantire. Oggioni ha illustrato le prospettive di sviluppo della struttura di supporto allo svolgimento dei concorsi all’interno del Comune di Milano, con l’intenzione di estenderla alla gestione di concorsi di progettazione urbanistica e al controllo del corretto svolgimento dei progetti affidati per concorso nelle fasi seguenti all’aggiudicazione, quasi una struttura di project management comunale. Mauro Galantino e Cino Zucchi, membri della giuria del concorso, hanno quindi illustrato i criteri che hanno premiato lo studio d’architettura anglo-tedesco Bolles+Wilson, affiancato per l’occasione da Alterstudio. Galantino ha ricordato il disagio rispetto alla conformazione del lotto, dovuta ad un lungo processo di concertazione tra l’amministrazione e la proprietà dell’area, che ha dato luogo a due lotti lunghi e stretti in direzione est-ovest, anomali all’interno dell’impianto urbanistico milanese come è stato definito nel secolo scorso dal Piano Beruto. Per di più in allegato al Bando di Concorso i partecipanti ricevevano l’indicazione di massima delle volumetrie previste dal progetto di Gregotti Associati, senza sapere se e come doverne tenere conto. A questo proposito è emerso durante la serata che l’Amministrazione pubblica sta esercitando pressione affinché il progetto sull’area adiacente la biblioteca venga riconsiderato a partire dal progetto della nuova biblioteca. Riguardo al progetto vincitore, Galantino ha specificato come proponga coraggiosamente una eccezione alle regole dell’architettura moderna, individuando chiaramente un fronte principale ed un “retro”, richiamando però allo stesso tempo una forma adoperata da Le Corbusier nel suo unico progetto americano, la “manovella” del Carpenter Center. Questa viene riproposta come tipo anche nel fluire dello spazio pubblico a piano terra attraverso l’edificio, con un evidente salto di scala. Questo tema viene gestito con sapienza grazie all’assenza di elementi che mettono in evidenza le reali dimensioni dell’edificio, riducendone l’impatto monumentale. L’assenza di elementi architettonici tradizionali fanno sembrare l’edificio un pezzo di design, un elemento che dialoga col paesaggio circostante piuttosto che col singolo fruitore, acquistando in questo modo le giuste proporzioni in relazione ai percorsi. Punto dolente e fonte di preoccupazione per Galantino è la scarsa qualità della quasi totalità dell’edilizia italiana, perché in un progetto come questo la qualità delle finiture assume una particolare importanza, e la qualità dei dettagli raramente si sposa con la prassi degli appalti al massimo ribasso di uso corrente. Determinante per la positiva conclusione di questa ben avviata impresa risulterà quindi essere la capacità del gestore della biblioteca di instaurare un buon rapporto con una impresa costruttrice di alta qualità. Cino Zucchi ha posto l’accento sulla positiva evoluzione della pratica dei concorsi in Italia negli ultimi anni, tendenza pienamente confermata nel concorso in oggetto. Entrando nel merito del progetto, Zucchi ha interpretato la presenza di due fronti differenziati come una qualità, visto che un fronte dialoga con la città, verso il Largo Marinai d’Italia, mentre l’altro è direttamente collegato alla fermata del passante. Questo rappresenta una situazione ottimale dal punto di vista logistico, simile a quella del Beaubourg, dove i turisti entrano dal fronte principali, mentre i veri utenti accedono da quella sul retro, più diretta. L’anomalia della
forma del lotto ha costituito un tema urbanistico di fronte al quale erano possibili almeno due atteggiamenti: il tentativo di una ricucitura, come si trattasse di operare sulla metà di un lotto del Beruto, oppure l’approfittare della particolare forma del lotto e della straordinarietà della destinazione d’uso per la formulazione di un edificio altrettanto straordinario. Dal punto di vista tipologico i progetti presentati si potevano ricondurre a due famiglie: l’edificio lineare a piastra ritmato da corti più o meno aperte sul lato nord oppure l’edificio disarticolato in singoli corpi di fabbrica lungo un percorso scenografico, strada percorsa in solitudine dal gruppo vincitore. La mostra allestita nell’Urban
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Schizzi prospettici del progetto per la Biblioteca europea di Informazione e Cultura.
Center permette di valutare le diverse declinazioni di questa scelta progettuale, operate dai gruppi selezionati e di porla di fronte alla grande “Arca dei libri” proposta Peter Wilson e soci. Dal punto di vista dei paradigmi spaziali è evidente la decisione con la quale il progetto vincitore formula l’atrio centrale d’ingresso, dove viene risucchiato lo spazio pubblico che attraversa l’edificio, come nel Carpenter Center appunto, ed in tempi più recenti la Kunsthal di Rotterdam di OMA/Rem Koolhas. La stessa volontà di far attraversare l’edificio dallo spazio pubblico si esprime con compiutezza già in un precedente dello studio Bolles+Wilson, la biblioteca di Muenster, piccola città della Germania settentrionale dove lo studio si è stabilito nel 1987, dopo aver iniziato l’attività agli inizi degli anni Ottanta a Londra. Il progetto di questa biblioteca, pur assumendo un linguaggio architettonico molto contemporaneo, ha saputo perfettamente integrarsi nel centro storico della cittadina, interpretando ed integrando correttamente i flussi dello spazio urbano. Tra le più frequenti critiche mosse al progetto è stata citata la “scarsa milanesità” del progetto, il non aver messo a frutto questa occasione, unica committenza pubblica di questa dimensione dai tempi del tribunale di Piacentini, per costruire un segno forte dell’eredità di Ernesto N. Rogers. Quello che ha prevalso, raccogliendo per altro molti consensi, è stata invece la volontà di premiare l’edificio con l’identità più forte, nel quale l’aspetto architettonico e compositivo avesse maggior risalto: il grande basamento, l’atrio centrale ed i due bracci soprelevati sono una soluzione di grande individualità e riconoscibilità, aspetto non secondario per un edificio che deve ancora trovare i suoi finanziatori. Le stime dei costi indicano in 230 milioni di Euro il fabbisogno per la costruzione della Biblioteca tra il 2002 e il 2007, metà occorrenti per l’edificio e gli arredi e l’altra metà per l’acquisizione del patrimonio librario iniziale. Per la gestione corrente è prevista una spesa di circa 18 milioni di Euro all’anno. A. B.
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A. N.
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copertura in tegole di cotto, che rispettano in modo armonico l’inserimento dei nuovi edifici, fra le case del nucleo più antico del paese; inoltre il progetto ha previsto, nel suo insieme, la completa accessibilità nel rispetto delle leggi sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Di seguito sono elencati i tempi e costi in lire dell’intervento: • anno 1986, progetto generale; • anno 1986, progetto palestra per un importo lavori di 691 milioni di lire; • anno 1988, progetto municipio 1° parte, per un importo lavori di 620 milioni di lire; • anno 1989, progetto municipio 2° parte, per un importo lavori di 288 milioni di lire; • anno 1991, progetto Piazza, per un importo lavori di 230 milioni di lire.
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Vista dell’edificio.
Vista interna della sala consiliare.
La nuova casa comunale di Camparada, il paese brianzolo non lontano da Lesmo, è stata costruita su un’area (di oltre 7500 mq) vincolata dal P.R.G. a verde e servizi pubblici e strategica rispetto al piccolo abitato. Il progetto di Raffaele Selleri, Gaetano Selleri, Elena Manara Selleri, strutture dell’ingegner Luigi Acquati, nasce con lo specifico intento di dotare Camparada del “centro” del quale manca, con la creazione di una piazza (di cui per altro il comune è privo) impostata scenograficamente secondo un’asse di simmetria di cui il nuovo municipio sia il centro e il muro semicircolare il limite esterno. Il progetto vuole proprio sottolineare la centralità e l’emergenza della sala consiliare, vero cuore simbolico e formale del tutto. Tutta l’area è stata comunque coinvolta nel progetto, quale indispensabile connettivo alla costruzione e la realizzazione del nuovo municipio è stata l’occasione per recuperare ad un senso e a un disegno urbano alcuni elementi, tra cui il viale antistante, nato in modo casuale e “non disegnato” come asse di scorrimento automobilistico. La costruzione (di circa 510 mq lordi) tipologicamente risulta strutturata su due piani, collegati tramite una scala interna. Ingressi separati, a piano terra, conducono agli uffici comunali, alla sala consiliare e alla filiale di banca/tesoreria; dagli uffici comunali si può accedere direttamente alla sala consiliare. Gli uffici comunali hanno una superficie di circa 270 mq. La sala consiliare (circa 150 mq) è di forma ellittica e si trova sull’asse di simmetria della costruzione, ha un’altezza di due piani e può ospitare circa 90 persone. La filiale di banca (di 100 mq) occupa lo spazio posto a piano terra nella parte sinistra del complesso ed è completamente indipendente dall’organismo comunale. A piano terra, subito dopo l’ingresso e la scala che conduce al primo piano, si incontra il salone sportelli con l’anagrafe, la ragioneria, la vigilanza e in genere i servizi ai cittadini; i rimanenti uffici si trovano al primo piano: sindaco, assessori, ufficio tecnico, sala giunta, segreteria. A quota interrata si è previsto un grande archivio direttamente collegato con gli uffici tramite una scala interna, uno spazio per gli automezzi del comune e un magazzino. La costruzione è in mattoni paramano lasciati a vista; tale materiale, oltre ad essere assai resistente e di facile manutenzione, è quello, soprattutto in Lombardia, della nostra storia. Anche l’interno della sala consiliare è rivestito con paramano di mattoni. Il soffitto è in legno con illuminazione zenitale, l’arredo è stato progettato su misura. L’importo complessivo delle opere è stato di circa 1 milione di euro; la progettazione è stata effettuata a partire dal 1997 e lavori si sono conclusi nel 2001.
Pavia a cura di Elisabetta Bersani, Valerio Oddo, Luca Pagani
Il castello di Vigevano ritrova la sua identità Pur se tramite interventi di conservazione operati con l’obiettivo di restituire la strada Coperta e la rocca Vecchia del castello di Vigevano, rispettivamente l’una al passaggio urbano rendendola disponibile ad attività espositive, l’altra ad attività congressuali ed a manifestazioni collettive, il lavoro condotto ha teso a fornire elementi interpretativi sulle ragioni costruttive di tutto il monumento anche nei suoi rapporti urbani. E se proprio la complessità dei rapporti che la strada Coperta ha stabilito nei confronti del “sistema” difensivo visconteo - (strada Coperta, rocca Vecchia e Maschio del Castello) - appare come il carattere prevalente della sua individualità, di fatto, nel progetto, i collegamenti con le due for-
Planimetria generale.
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Dalla relazione di progetto Sezione della strada Coperta in prossimità del Maschio.
R. G.
Municipio di Camparada, pianta del piano terra.
tificazioni poste a monte ed a valle del rilievo che la strada-ponte unisce, si realizzano solo attraverso evidenti soluzioni di continuità: in un caso le aperture ricavate in rottura di partiti murari all’interno delle fondazioni del Maschio, e, nell’altro, il superamento del fossato, rivelato dal lavoro di rilievo, nuovamente riaperto e posto originariamente a recingere interamente la Rocca, vengono denunciate tramite la realizzazione di nuove strutture metalliche, ponti e passerelle in quota, che si sovrappongono alle preesistenze. Parimenti il compito che ha mosso il lavoro condotto sulla rocca Vecchia non è semplicemente compreso in ragioni di adeguamento alle nuovi funzioni previste, né per immediati obiettivi di conservazione. Rispetto ad essi questo progetto approfondisce il senso complessivo e la particolarità dei contenuti formali della Rocca. Sia le modalità della sistemazione a verde, del restauro delle torri d’ingresso e della realizzazione dei nuovi collegamenti ai due livelli della strada Coperta, sia l’allestimento e l’arredo della Cavallerizza ottocentesca, tendono a farsi carico di compiti soprattutto diretti alla sistemazione architettonica di questa area.
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Nuovo Municipio di Camparada
a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni
Varese allo sprint, gregaria o leader?
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Veduta della Cavallerizza.
Veduta della strada coperta al livello inferiore e del ponte di collegamento alla rocca Vecchia. Recupero della strada Coperta al livello inferiore Progettisti: Sandro Rossi, Marco Chiolini, Edoardo Guazzoni, Enrico Sacchi Consolidamento strutturale: Lorenzo Iurina Rilievo: Enrica Pinna e Rosaria Toma. Sistemazione delle aree libere della Rocca Vecchia e allestimento della Cavallerizza ottocentesca Progettisti: Sandro Rossi, Bruna Vielmi, Edoardo Guazzoni con Lucia Mainardi, Alessandra Rovida.
Nel corso degli ultimi anni il dibattito varesino ha posto al centro delle sue attenzioni alcune iniziative progettuali ed amministrative che, salvo pochi casi, non hanno ecceduto la fase progettuale. Agli esiti di quest’appassionato dibattito è affidata immagine e ruolo futuro della città, sia nell’ambito del sistema regionale lombardo, sia di quello insubrico (includendo, in quest’ultimo, anche il vicino Canton Ticino in territorio elvetico). Al centro d’attese e progetti vi sono: lo sviluppo delle strutture culturali ed universitarie ed alcuni programmi di rilancio, nel quadro di un sostenibile sistema di servizi, delle vestigia turistiche che, nel passato, hanno dato splendore alla città. Teatro, università, funicolari, centro congressi, ospedale (a quest’ultimo è stato dedicato un approfondito contributo nel numero 3, marzo 2002, di “AL”) sono i temi di maggiore rilevanza nel dibattito sulle opere pubbliche varesine; confronto per un verso culturale, per l’altro amministrativo e politico. La ricostruzione del teatro a Varese è un tema che si trascina, in un’alternanza di ipotesi, da almeno trent’anni; il dibattito è forse animato anche dal desiderio di cancellare la colpa per la demolizione del settecentesco Teatro Sociale (avvenuta per ragioni speculative negli anni ’50) e di rimediare alla distruzione, dovuta a cause belliche, dell’auditorium costruito da Giuseppe Sommaruga sul colle Campigli nel 1910. Gli ultimi atti compiuti, in merito, dall’Amministrazione locale, fanno capo ad un’azione organica in due passi tra loro strategicamente e culturalmente connessi: • l’elaborazione, da parte di un gruppo interdisciplinare, di un approfondito studio di fattibilità per un Centro Culturale polivalente, studio in cui si delineano anche i principali connotati architettonici dell’opera; • la cessione, affidata ad operatori ed a finanze private, della costruzione e gestione di un “teatro” temporaneo con copertura tessile, da realizzarsi e, di fatto, già realizzato, nello stesso luogo ove, successivamente, dovrà essere costruita l’Opera stabile; un teatro tenda dall’acustica e scenotecnica certamente non perfette ma in grado di offrire, nelle stesse intenzioni dell’Amministrazione, rilevanti opportunità propedeutiche per “rianimare” questa città cui mancano strutture, specificamente dedicate, da oltre cinquant’anni. L’interesse del doppio passaggio consiste proprio nel positivo ruolo che la struttura svolgerà a favore del successivo teatro stabile, il tutto a condizione che l’intento permanga e che, l’ambizione per un’opera importante e qualificata, non subisca tentennamenti a causa di mediocrità che (talvolta) sospingono, le legittime ambizioni della provincia, nel provincialismo. Per chiarire il ruolo che l’Amministrazione ha inteso dare al futuro Centro Culturale, vanno percorse sommariamente le principali linee guida dello studio di fattibilità redatto da A. Traldi, Studio Castiglioni & Nardi, F. Giffoni (architettura), unitamente a consulenti di settore, tra cui, Muller BBM (acustica), Kunkel Consulting (impianti scenotecnici), M. G. Samoggia e Sorbo & Righi associati (consulenti per le attività teatrali e per quelle convegnistiche).
Il progetto è ispirato da un programma complesso: un centro culturale polivalente costituito anche da un teatro capace di ospitare dalla lirica al balletto, dalla musica sinfonica alla prosa ai convegni; l’acustica è variabile per rispondere in modo ottimale ai requisiti delle differenti attività musicali, di recitazione e di parlato. Il teatro è integrato da una serie di funzioni complementari, previste in massima parte come attività commerciali orientate verso il consumo culturale, in grado di attrarre pubblico a scala non solo urbana e di contribuire alla sostenibilità gestionale della struttura culturale stessa. La nozione di “luogo teatrale” è estesa all’intero edificio; il progetto è improntato da connotati di “accoglienza” che si esprimono nella sala teatrale, nell’accesso principale sovrastato da una sorta di pronao esteso verso la piazza, nei foyer e nella piazza interna, tutti spazi entro i quali, dalla città ed attraverso grandi vetrate, sarà possibile vedere la vita culturale cittadina rappresentata come fosse essa stessa azione scenica. L’obiettivo è un organismo che ampli il respiro della città, che ossigeni un contesto di dimensione regionale, ivi compreso il vicino Cantone ticinese. All’ambito dei programmi a destinazione culturale si unisce un ulteriore importante progetto, assai più limitato sul piano dimensionale ma rilevante per i suoi connotati tipologici; si tratta del recupero dell’edificio dell’ex Casa del Mutilato (Studio Castiglioni & Nardi, A. Traldi) fabbricato rappresentativo del ricco patrimonio, in bilico tra retorica di “regime” e razionalismo, realizzato a Varese nel Ventennio; caratterizzato da interessanti analogie con la tipologia delle ville e villini storici realizzati tra il ‘700 ed il ‘900 (emergenze architettoniche che connotano profondamente ed in modo peculiare l’urbanistica della città). Lo studio di fattibilità per il recupero di questo edificio prevede la riattivazione della sala conferenze (200 posti) anche per eventuali proiezioni d’essai, l’insediamento dell’Assessorato alla Cultura unitamente ad un info-point delle iniziative culturali nella città e nel territorio, la realizzazione di un nuovo volume (destinato a caffetteria) che dialoga con l’architettura dell’edificio razionalista e che, al contempo, istituisce un rapporto funzionale con il prospiciente giardino, ottenuto da un semplice riassetto viario dell’area. Il progetto si ispira alla tradizione che, specificamente in questa città, ha visto fiorire cultura e pubbliche relazioni più nei giardini e nelle ville storiche che negli edifici e nelle piazze pubbliche. L’Università a Varese ha registrato un’importante crescita istituzionale, da distaccamento della Facoltà di Medicina di Pavia a istituzione autonoma diffusa, in rete, su un ampio territorio che include anche la città di Como, da qui a buon titolo l’appellativo di Università dell’Insubria. Alla crescita istituzionale corrisponde la crescita strutturale: • in periferia il Campus di Bizzozero, in divenire, in cui si registra l’interessante realizzazione della facoltà di Biologia (Remo Dorigatti con V. Bertoletti, P. Manazza, A. Sclavi), un’architettura che unisce, alla composizione dei volumi di scuola funzionalista, espliciti connotati espressionisti cui è affidato il dialogo con il luogo. Il contesto è ampio, l’orografia modella dolcemente prati e boschi all’intorno, a distanza si elevano gli altri edifici del campus insieme a quelli di altre associazioni, più lontana ancora, sullo sfondo, la scena si allarga su Alpi e Prealpi; • nel pieno centro della città ha assunto particolare rilevanza il recupero dell’ex-collegio S. Ambrogio, a que-
sto ha guardato un recente concorso di idee per il recupero e l’ampliamento degli immobili destinati alla Facoltà di Economia. La rilevanza urbana dell’iniziativa era legata sia all’importanza intrinseca del tema, sia alla centralità dell’area nel sistema urbano, sia, infine, al programma progettuale stesso che prevedeva di incentivare il rapporto tra Università e Città attraverso l’apertura e la fruizione pubblica di alcuni spazi tra cui, in particolare, la nuova biblioteca accademica. La promozione del concorso d’architettura è un’iniziativa lodevole, primo passo di un percorso che, tuttavia, si rivela talvolta a doppio taglio; il concorso se condotto coerentemente offre uno tra i migliori risultati possibili, se
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A. Traldi, Studio Castiglioni & Nardi, Fabio Giffoni. Varese, Studio di fattibilità per il centro polifunzionale.
interrotto o gestito in modo anomalo porta a spiacevoli sviluppi, come nel caso specifico. In primo luogo l’opzione esercitata per la “formula” del concorso di idee, anziché per quella del concorso di progettazione (quest’ultimo pone maggiori vincoli allo svolgimento delle successive fasi amministrative), non è parsa puntuale per via del già preciso programma funzionale contenuto nel bando e per la quantità di elaborati previsti (cinque tavole formato A0). L’esito del concorso poi, non ha portato all’individuazione di un solo vincitore ma di ben quattro progetti ex-aequo (capigruppo: A. Barbieri, D. Banaudi, M. Bonamico, C. Castiglioni) e, come spesso accade, da un siffatto esito “salomonico” è conseguita la dispersione d’ogni ambizione architettonica a vantaggio della città. L’Amministrazione si è rivolta al Provveditorato Opere Pubbliche di Milano affidando allo stesso il proseguo dell’incarico progettuale, con l’ulteriore risultato che un’importante occasione di dibattito architettonico nel cuore della città, tra cultura universitaria e spazio urbano, si allontana lungo una rotta burocratica da cui non sarà facile attendersi sviluppi di autentica qualità. La rinascita delle Funicolari che collegano le pendici della montagna varesina con il Sacro Monte (800 m) e con il Campo dei Fiori (1.200 m) rappresentava, fino a non molti anni or sono, un’ipotesi tanto remota quanto irrealistica. Va dato atto, alle ultime Amministrazioni della città, di avere realizzato il recupero del primo braccio funicolare (tramite la procedura dell’appalto concorso; impresa C. Bianchi) di un’opera che ha segnato il lustro della Varese d’inizio secolo e di avere avviato, inoltre, le procedure per il recupero del secondo tratto con il favore di un finanziamento regionale. La rilevanza di questo recupero non risiede solo nell’opera in se stessa ma, anche, negli orizzonti di crescita economica e di destino che, anche da essa, potranno conseguire. Varese ravvisa nell’attrattiva turistica (storico-artistica ma soprattutto ambientale) un’importante quota del suo ruolo futuro.
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Le funicolari, oltre ad essere esse stesse un soggetto attrattivo, oltre a rappresentare un efficace ed ecologico mezzo di servizio per i residenti, sono la porta d’accesso più importante e “naturale” allo straordinario complesso realizzato da Giuseppe Sommaruga tra il 1908 ed il 1912, sistema formato dall’Albergo Campo dei Fiori e dall’attiguo gioiello del ristorante, entrambi dominanti, a perdita d’occhio, Alpi e Pianura Lombarda. Queste strutture, di proprietà privata, da svariati decenni sono abbandonate a se stesse mancando, in primo luogo, di un credibile collegamento infrastrutturale di risalita della montagna (la stessa funicolare che ne accompagnò la nascita?). È probabile che non tutti i problemi connettivi possano essere risolti da una pur moderna funicolare (si pensi ai rifornimenti, alla sicurezza, ai soccorsi), ciò nonostante, non va sottovalutata l’accattivante attrattiva spettacolare e pubblicistica che questo trasporto può esercitare. Saranno da risolvere ulteriori problemi connessi al pieno utilizzo delle rotaie con fune: • un efficiente collegamento pubblico della stazione di partenza con la città; • la realizzazione di un adeguato autosilo per le auto private (già ipotizzato sotto il piazzale Montanari) con le conseguenti implicazioni ambientali; • la definitiva soluzione del collegamento tra Piazzale Montanari e la stazione di partenza delle funicolari. Le manifeste preoccupazioni economiche, relative alla gestione della struttura, sono a loro volta plausibili, non va tuttavia dimenticato che benefici diretti ed indotti, a vantaggio della città e del territorio, passano inevitabilmente attraverso investimenti e sacrifici; ciò premesso, dopo un anno d’attività del primo tronco, il bilancio gestionale non pare particolarmente preoccupante, né incontrovertibile. Resta comunque aperto il tema del futuro destino funzionale del complesso architettonico del Sommaruga: casinò, centro studi universitario, albergo-residence, ecc.; certa-
mente il recupero delle funicolari farà sì che queste ipotesi, sino a ieri solo utopiche, possano finalmente entrare nella concretezza. Le funicolari possono essere esempio di quanto l’investire in opere pubbliche possa fungere d’avvio alla crescita sociale ed economica del territorio. Il Centro Congressi è l’ulteriore ed auspicata opera pubblica varesina per la quale, pur alternandosi diverse ipotesi insediative, non sussistono, ad oggi, concrete procedure operative, ciò nonostante, alle prospettive di quest’opera sono affidate le ambizioni di sviluppo del territorio nel settore dei servizi. A questo programma sembrerebbero collaborare la vicinanza dell’Aeroporto di Malpensa, il futuro sviluppo delle linee ferroviarie connesse al programma Elvetico dell’Alp Transit, le qualità paesaggistiche dei luoghi. Effettivamente queste condizioni potrebbero conferire una qualche opportunità di sostentamento ad un centro congressuale, a condizione che siano finalmente sanate le gravi carenze ricettive di cui il territorio soffre endemicamente. Programmi e progetti non prescindono da capacità e volontà delle classi dirigenti espresse dal territorio, soprattutto quando si tratta, come in questo caso, di ricercare ed impegnare ingenti risorse economiche. In merito alla dirigenza politica va evidenziata l’autorevole rappresentanza di cui si avvantaggia Varese nell’ambito governativo ed istituzionale sia nazionale sia regionale. Appare evidente come questa circostanza alimenti una forte attesa nella città per i risultati che saranno conseguiti nell’arco dei prossimi anni; risultati, per la cui qualità, non si potranno eludere responsabilità o meriti in capo alla classe dirigente stessa. E. B.
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Varese, Università degli Studi dell’Insubria, Concorso di idee per la ristrutturazione della facoltà di economia, progetti di: 1. A. Barbieri, 2. D. Banaudi, 3. C. Castiglioni, 4. M. Bonamico.
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A cura della Redazione
La fondazione Piero Portaluppi a Milano che Portaluppi ha composto fra il 1920 e il 1960 e delle ristampe di alcune sue opere, oltre che di una collezione di riviste d’architettura di tutto il mondo appartenute a Luciano Canella. Infine, in appositi locali sono stati depositati i materiali di un archivio in fieri: disegni, lucidi, filmati, schizzi, mobili e oggetti, fotografie e scritti. Una visita alla Fondazione offre anche l’opportunità di conoscere una delle opere milanesi di Portaluppi architetto la cui attività si è svolta a partire dall’indagine di alcuni particolari temi, da un lato la progettazione e la costruzione di alcune importanti centrali elettriche per conto di Ettore Conti e dell’Edison, lungo l’arco alpino, e dall’altra una serie di proposte urbane, specificatamente riferite a Milano: edifici pubblici (planetario Hoepli e Arengario), edifici per uffici e residenze alto-borghesi. Nell’affrontare il tema della residenza ciò che interessa a Portaluppi è il confronto con la città, lo studio dell’inserimento dell’edificio nella trama viaria urbana ancora di impianto ottocentesco, la risoluzione del problema dei fronti e degli affacci. La casa di via Morozzo della Rocca da questo punto di vista è esemplare: definisce il fronte stradale caratterizzando il luogo dalla strada e con la costruzione delle sue facciate rappresenta le possibili-
Casa Wassermann in viale Lombardia a Milano, 1935-36, (foto: Antonio Paoletti, Archivio Fondazione Piero Portaluppi, Milano).
25 Casa Portaluppi in via Morozzo della Rocca a Milano, 1935-39, (foto: Antonio Paoletti, Archivio Fondazione Piero Portaluppi, Milano).
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L’esposizione di alcuni oggetti d’arredo in concomitanza con lo svolgimento del Salone del Mobile 2002 e un ciclo di presentazioni di volumi che indagano alcuni aspetti della storia della città - ciclo curato da Maria Canella - ha coinciso con l’apertura al pubblico di un nuovo spazio dedicato all’architettura: la Fondazione Portaluppi. Se da un lato l’obiettivo della Fondazione è direttamente rivolto alla diffusione dell’opera, anche quella meno conosciuta, dell’architetto milanese, mediante il recupero dell’intero archivio andato disperso dopo la sua morte, dall’altro la sua apertura offre alla città un nuovo spazio specificamente dedicato all’architettura in cui organizzare manifestazioni, incontri, un luogo in cui si possa dibattere di architettura. In via Morozzo della Rocca al numero 5, in un edificio progettato dallo stesso Portaluppi nel 193839 e sede del suo studio, proprio in questi stessi locali, è stata ricavata la sede della Fondazione. È stata ripristinata la suddivisione originaria degli ambienti, recuperando i materiali e le finiture di allora e si è ricostruita, ampliandola, la biblioteca. Due grandi sale sono state destinate ad accogliere future mostre, conferenze e proiezioni. La biblioteca, aperta al pubblico per ricerche e consultazioni, oggi è diventata luogo di raccolta degli scritti
Centrale idroelettrica di Cadarese, 1925-29, (foto: Antonio Paoletti, Archivio Fondazione Piero Portaluppi, Milano). tà della nuova architettura “razionale”. “L’ordine architettonico scompare, scompaiono le sagome, gli aggetti ed ogni inutile sporgenza. La gronda capitola: questo fastigio, questo sopracciglio della casa un giorno creato oltre che per ragione di bellezza, per la difesa di tutta la parete dell’edificio dalle intemperie, non ha più ragione d’essere: l’acqua è egualmente convogliata all’interno, la parete è difesa da materiali nuovi”, scrive Portaluppi nel 1932. E nella relazione di progetto presentata in Comune nel 1938, come scrive Luciano Patetta “sembra rimandare ai dettami della Commissione d’Ornato che, dall’inizio dell’Ottocento, ha fissato l’impronta dell’edilizia milanese secondo un’idea della morfologia urbana che pone al centro l’unità strada e persegue l’ideale architettonico di una sequenza di fronti semplice e compatte, ciascuna in sé equilibrata, nel senso di un proporzionamento simmetrico”. Osservando il fronte dell’edificio appare chiara la volontà di distinzione delle due parti che lo compongono: il basamento in cui si trovano l’atrio, la portineria e lo studio di Portaluppi che sfrutta l’altezza di oltre 5 metri per disporre i locali su differenti piani, e la zona degli appartamenti distribuiti molto semplicemente
intorno ad un corridoio che distingue la zona notte da quella giorno, trattato uniformemente in facciata. Il basamento (è chiaro il riferimento alla tradizione milanese di costruzione degli zoccoli degli edifici) è realizzato tramite un rivestimento in lastre metalliche di colore scuro, suo elemento di caratterizzazione. La Fondazione, nata nel settembre del 1999, si compone di un Consiglio direttivo di cui fanno parte alcuni tra i discendenti di Piero Portaluppi, di un comitato scientifico individuato in rappresentanti del mondo dell’architettura, della storia dell’arte e della cultura in generale, e di un comitato operativo il cui compito è specificatamente legato all’organizzazione dell’archivio. Nel 2003 il programma prevede l’organizzazione di una grande mostra dedicata alla figura di Portaluppi accompagnata da una pubblicazione e da un documentario per la televisione. Martina Landsberger Fondazione Portaluppi via Morozzo della Rocca 5 20123 Milano tel. 02 36521591 www.fondazionepieroportaluppi.org e.mail: info@fondazionepieroportaluppi.org
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È una delle funzioni primarie dell’Antenna Europea del Romanico, come si può chiaramente evincere dal servizio che segue, quella di promuovere e sostenere iniziative tendenti allo studio e alla conoscenza del patrimonio d’arte esistente in Europa, in particolare quello della regione che ne ha i maggiori meriti di paternità. Regione che sicuramente non ha fatto più di tanto in questo senso, a ogni livello di competenze e responsabilità, trascurando un patrimonio tra i più ricchi, per identità e connotazioni, in quanto modello e fermento esportato in tutta Europa. Diffuso anche fisicamente in terre lontane per opera di una folta schiera di Maestri che hanno, forse come non mai, definito con il loro lavoro, con il loro sapere, una così vasta rete di influenza. Non una ricerca sistematica, non una catalogazione puntuale, non una campagna di studi per soppesare lo stato di conservazione in generale e per programmare interventi di salvaguardia pianificati. Non un’attenzione di particolare riguardo neppure da parte degli istituti universitari, inutilmente affaticati a proporre spesso temi di laurea o di ricerca strampalati, senza attingere a realtà e consistenze fuor di casa, di grande pregio e utilità. Non un programma pianificato di percorsi, di accessi, di visite, di strumenti conoscitivi. Solo episodi isolati, apprezzabili, di iniziativa spontanea, privata. La nascita dell’Antenna Europea del Romanico è un segnale positivo di controtendenza. È un disegno intuìto a livello locale, ma condiviso e sostenuto da tante realtà istituzionali. È centro di promozione che ben si colloca nelle strategie di valorizzazione progettate e finanziate dalla Comunità Europea per la valorizzazione dei pa-
trimoni d’arte locali, anche ai fini di ritorni economici. Ma non solo. È uno dei tanti “strumenti” tesi a formare una rete di interscambi, di conoscenza, di amicizie, di collaborazione, per costruire una identità europea che non sia solo quella della moneta unica. Un’occasione opportuna e innovativa, un’attenzione nuova verso un tema antico. Uno sforzo intelligente di proporsi soprattutto alle nuove leve con un’architettura delle origini. La nostra. Quella dello “stile lombardo” come veniva denominato prevalentemente fino ai primi dell’Ottocento, quando, per la prima volta, venne chiamato da alcuni storici francesi “stile romanico” per identificarlo con alcuni elementi stilistici di origine romana come l’arco a tutto sesto e la pianta basilicale. Non ancora visitabili sui siti internet, traboccanti di architettura di ogni foggia nuova, soprattutto quella forestiera. È un’impresa non facile ma che riteniamo foriera di nuovi stimoli, di nuove opportunità. È un coinvolgimento degli architetti lombardi, degli “addetti ai lavori” dunque, che non può prescindere da un programma sistematico serio, anche se impegnativo, perché richiede generosità e collaborazioni da parte di colleghi dei diversi Ordini regionali ai quali va fin da ora il nostro grazie. Cesare Rota Nodari Presidente dell’Associazione Antenna Europea del Romanico
È nata l’Antenna Europea del Romanico Il 15 dicembre dello scorso anno è stata ufficialmente inaugurata una nuova importante organizzazione culturale: l’Antenna Europea del Romanico, centro studi che pone
Veduta da sud dell’ex complesso monastico (foto: Marco Mazzoleni).
la sua sede principale in Lombardia, ad Almenno S. Bartolomeo (Bergamo) nei pressi della celeberrima rotonda di S. Tomè (sec. XII). Si chiude così una lunga fase preparatoria che parte addirittura dal 1983, ma che assume una concretezza operativa nel 1990 con l’acquisto dell’ex monastero degli Agri, o di S. Tomè, per farne luogo di studio e di ricerca. Successivamente si elabora il progetto “Antenna Europea del Romanico” che viene condiviso, sostenuto e finanziato dalla Comunità Europea e dalla Regione Lombardia. L’obiettivo primario dell’Antenna è quello di costituire una rete (reale/virtuale) che coinvolga a scala continentale i principali centri del Romanico e specialmente quei luoghi ove storia e monumenti rimandano al Romanico lombardo. La rete di connessioni che si andrà a costituire non si baserà soltanto su rapporti di studio e di ricerca scientifica, ma anche di progettualità sui temi della valorizzazione di questi beni, come anche della promozione economico-sociale delle aree interessate a queste presenze. Si vogliono così porre le basi di una programmazione infrastrutturale (a macro-scala) di una “economia della conservazione attiva”, col fine esplicito di far dialogare, in termini virtuosi, mondi apparentemente se-
La rotonda di San Tomè e il vicino ex monastero degli Agri (foto: Marco Mazzoleni).
parati e ostili: il substrato storicoculturale della civiltà del Romanico con la valorizzazione conoscitiva ed economica dei pertinenti territori. Ma perché l’Unione Europea ha inteso promuovere questa iniziativa? Certamente perché l’Europa “nasce” con la cultura romanica e il Romanico è la prima espressione comune di tutto l’occidente europeo. In trent’anni, dal 1060 al 1090, il nostro continente vive la più intensa stagione architettonica di tutta la sua storia: sorgono le grandi chiese. Grazie a queste straordinarie architetture, l’Europa trova se stessa, acquista coscienza di sé: la sua prima lingua sono le pietre dei suoi edifici religiosi. In breve, tutta l’Europa è attraversata da questo nuovo linguaggio; ma ciò che più conta, forse, è che nell’animo delle sue genti il Romanico è connaturato e si tramanda come categoria trascendente del gusto. Ed è per questa precisa ragione che questo capitolo della storia europea parla ancora al cuore dei suoi popoli, perché ha profonde radici locali. Stimolando questo aspetto si possono nuovamente instaurare rapporti collaborativi con varie parti del continente. Forti di queste premesse ideali, s’è intuito che il San Tomè ad Almenno, per le sue valenze simboliche ed il suo eccezionale contesto storico, architettonico ed ambientale, era il luogo eletto per dotare la Lombardia di una finestra sul Romanico europeo, dalla quale trarre impulso non solo nelle relazioni culturali, ma anche in diversificati altri settori del vivere contemporaneo. Significato ed obiettivi L’Antenna Europea del Romanico è un organismo scientifico a livello internazionale che si propone di raccogliere, elaborare e rendere disponibili i dati relativi ai caratteri storici, artistici, architettonici, insediativi e relazionali delle aree interessate al progetto, svolgendo contemporaneamente un ruolo di indirizzo e di stimolo per la loro promozione sociale e culturale. È soprattutto un’organizzazione “a rete”, nel senso che ogni singolo polo di studio che si insedia sul territorio europeo si dispone non solo ad operare in ordine ai fabbisogni di indagine, tutela e valorizzazione della propria area, ma è anche tenuto a dialogare e a riversare per via informatica i propri saperi alla cabi-
na di regia, che di comune accordo tutti i partners hanno voluto insediata presso l’ex Monastero San Tomè ad Almenno S. Bartolomeo, a rimarcare anche il ruolo di spicco avuto dalla Lombardia nella nascita e nella diffusione di questa cultura. La rete è preparata per infittirsi sempre più, fino a coprire (teoricamente) l’intero spazio del Romanico, che come è noto va dalla penisola Iberica alle isole Britanniche, dalla Scandinavia alla Sicilia. Il progetto quindi vuole far riscoprire e risentire appieno alle nostre popolazioni la naturale e secolare familiarità con l’arte del Medioevo romanico, e in particolar modo con l’architettura, perché questa sia vissuta non come patrimonio culturale da museo, ma come centro attivo delle relazioni e sensazioni dell’uomo occidentale. La costruzione di un sistema di relazioni tra le diverse aree europee che si riconoscono legate dalla forte valenza del Romanico è l’obiettivo prioritario dell’Antenna, da realizzarsi attraverso lo studio e la salvaguardia delle testimonianze romaniche, la valorizzazione di tutto l’ambito territoriale nel quale sono immerse, l’indiretto utilizzo di questi beni per la promozione economica e sociale delle realtà interessate. Per avere un’idea più precisa della complessità e della molteplicità dei compiti che l’Antenna dovrà svolgere basta scorrere l’elenco delle funzioni qui riportato: • censire i beni storici, architettonici ed artistici riconducibili al periodo Romanico; • acquisire o elaborare cartografie tematiche a scopo scientifico, turistico, culturale e didattico; • realizzare un archivio informativo a livello transnazionale relativo al periodo Romanico; • predisporre strumenti comunicativi efficaci per la trasmissione e la divulgazione a vari livelli (didattico, scientifico, turistico, culturale, ecc.) dei dati e delle conoscenze afferenti al patrimonio Romanico, in tutte le sue forme ed accezioni; • sostenere e favorire azioni finalizzate ad un processo di recupero dei beni storico-monumentali e dell’architettura minore; • stimolare la ricerca scientifica mediante la sperimentazione di azioni innovative nel campo della tutela e della valorizzazione dei beni censiti; • sostenere e condividere azioni comuni negli ambiti sopra individuati; • acquisire esperienze, competenze, attrezzature e tecnologie utili alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, monumentale e diffuso esistente; • inserire i beni monumentali e il patrimonio architettonico (e artistico) minore in una rete di nuove funzioni culturali e turistiche; • attivare corsi di formazione alla conservazione architettonica nonché all’innovazione tecnologica; • promuovere azioni specifiche con operatori turistici per la valorizzazione dei circuiti sul Romanico nel più generale contesto europeo; • promuovere iniziative tese a confrontare programmi e risultati di ri-
cerca in ambiti congressuali, di convegni e seminari; • promuovere e sostenere azioni destinate alla creazione di nuova occupazione nel campo della valorizzazione turistica dei luoghi; • fungere da osservatorio per la ricerca e la documentazione a valenza generale, da centro di incontro per esperienze di animazione e valorizzazione culturale provenienti da altri contesti, da luogo deputato all’ideazione e alla promozione di nuove proposte; • fungere da sede deputata alla sperimentazione del progetto culturale dei territori in rete; • offrire laboratorio e spazi per l’animazione sociale e culturale, la ricerca e il confronto scientifico sulle tematiche dello sviluppo e della valorizzazione del patrimonio culturale; • fungere da luogo ove dibattere e accrescere gli interessi socio-culturali ed ambientali dei territori rurali coinvolti e degli altri ambiti ricchi di testimonianze risalenti al periodo Romanico; • promuovere e diffondere scambi culturali e turistici fra le aree coinvolte nel progetto di Antenna, favorendo quelli agganciati al mondo della scuola e della ricerca; • curare iniziative editoriali (pubblicazioni, opuscoli, notiziari, brochures, video-tape, CD-ROM) secondo criteri comuni a tutti i partners. L’Unione Europea ha creduto nel progetto dell’Antenna e ha finanziato il suo nascere. Già sette partners ne hanno sottoscritto l’adesione: G.A.L. Valle Imagna, Italia; G.A.L. Anglona Monte Acuto, Italia; G.A.L. Eurochianti, Italia; Adeco Canal De Castilla, Spagna; G.A.L. Terres Romanes, Francia; Lot et Garonne Objectif 2000, Francia; Mancomunidad Cabo Penas, Spagna. Molti altri se ne aggiungeranno quando la sede lombarda inizierà a funzionare a pieno ritmo nella sua qualità di sede riconosciuta, a livello regionale e nazionale, degli studi e delle iniziative sul Romanico lombardo, nonché come punto di riferimento internazionale per il Romanico europeo. Localmente hanno dato il loro avvallo scientifico all’iniziativa e un formale impegno di collaborazione nell’attività di ricerca sia l’Università degli Studi di Bergamo che il Politecnico di Milano. Altre università sono già state coinvolte sul tema, come quelle di Siena, Sassari e Segovia, ed altre se ne aggiungeranno non appena inizieranno ad operare i quadri direttivi del Centro Studi. Di particolare significato anche l’interesse dimostrato dal Distretto 2040 Italia del Rotary International che creerà sul tema molteplici agganci operativi in varie parti d’Italia e città europee. Si confida pertanto che alla fine di quest’anno i partners tecnico-scientifici dell’Antenna saranno già parecchie decine. La sede A funzioni così particolari devono certo corrispondere spazi e attrezzature di notevole qualità. L’Antenna si colloca così non solo in un contesto storico di grande pregio, l’ex Monastero S. Tomè, adiacente
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Antenna Europea del Romanico ad Almenno S. Bartolomeo (Bg)
Tempio di San Tomè, Almenno San Bartolomeo (Bg). Spaccato assonometrico, pianta del piano terra (disegni di rilievo: C. Rota Nodari).
all’omonima chiesa romanica, ma si situa in locali sapientemente restaurati, secondo la seguente articolazione funzionale: • edificio principale: al piano terra trovano collocazione un book shop con caffetteria (spazio accoglienza), una sala multimediale attrezzata per convegni specialistici con servizio di traduzione simultanea, la centrale operativa (cabina di regia) e l’ufficio di segreteria; al primo piano una biblioteca altamente specializzata, sale di studio e postazioni multimediali; • edificio minore: al piano terra sono situate alcune sale espositive (museo San Tomè degli Almenno) e locali di accoglienza per i visitatori; al primo piano la direzione e la foresteria; • spazi esterni: il cortile, dotato di porticati e di un pergolato, costituirà per le sue dimensioni raccolte ed il suo carattere intimo un luogo di distensione e meditazione. Oltre a valorizzare l’insieme per gli scorci suggestivi che da qui si hanno sul S. To-
mè e sul circostante ambiente naturale, sarà il più comodo punto di ritrovo e di orientamento per i visitatori dell’eccezionale monumento romanico, come anche si rivelerà utile spazio per iniziative culturali a particolare afflusso di pubblico (concerti, presentazioni, rappresentazioni). Una dotazione impiantistica e tecnologica di prim’ordine permetterà poi a personale ed utenti di svolgere le loro diverse attività con la massima efficienza e nel massimo confort. Potranno disporre di avanzatissime attrezzature audio e video, sistemi informatici, banche dati, servizi di traduzione simultanea, dotazioni librarie e supporti multimediali aggiornati e fortemente specializzati, oltre naturalmente a materiale divulgativo e didattico appositamente predisposto. GianMaria Labaa Direttore dell’Associazione Antenna Europea del Romanico
Mozzate. Concorso di progettazione: Piano Attuativo S. Martino
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Il tema del concorso, bandito nell’autunno scorso, consisteva nella realizzazione di un quartiere di edilizia residenziale con riconoscibili caratteristiche di qualità urbana e del paesaggio, nonché di alta qualità energetico-ambientale; per contribuire alla riqualificazione e valorizzazione del contesto, attraverso l’individuazione di soluzioni che incentivino la migliore fruizione, il corretto uso degli spazi e che consentano al cittadino la percezione della migliore qualità ambientale. Erano richieste 2 tavole in formato A0; i premi erano di 25, 10 milioni e tre premi da 5 milioni di lire. L’area di progetto si situa ai margini dell’edificato del Comune di Mozzate, in continuità con due strade degne di nota, di cui una conduce a una cascina, luogo di un certo valore storico e paesistico, seppure ora in stato di grave abbandono. Queste stra-
de oltre a racchiudere virtualmente l’area sono considerate le principali vie di accesso al quartiere residenziale di progetto. Esse delineano l’orientamento e lo sviluppo dell’edificato con i suoi punti di accesso. Il quartiere è composto da edifici con tipologie miste che si snodano lungo i due lati, di una strada privata, di accesso ai singoli edifici, interna all’area, il cui tracciato si appoggia sul lato ovest e sud dei suoi confini. Questa disposizione consente la formazione verso nord di un grande parco, considerato privato in adiacenza agli edifici e pubblico per la restante parte. Così situato il parco, arricchito da rilievi, può aprirsi verso la campagna con l’effetto di amplificare visivamente i suoi confini. Alberi di varie specie e uno specchio d’acqua, ricordo delle cave locali, lo rendono un luogo molto gradevole e confortevole.
1° classificato Roberta Fasola, Luca Belestreri
menti puntuali tradizionali, legati al concetto stesso di “rurale” e vengono contaminati da elementi di natura esterna. Il progetto si pone come obbiettivo quello di creare un quartiere che sia in grado di funzionare da cerniera tra il costruito e la campagna: piazze, aree per il gioco e il relax, spazi verdi, s’integrano in un sistema fatto di elementi ripetuti (strade pedonali in “glorit”, il disegno delle recinzioni, i materiali di rivestimento degli edifici come l’intonaco, il legno o il mattone a vista). Vista la considerevole volumetria in progetto richiesta dal bando, si è cercato di pensare a un quartiere che si facesse leggere in “negativo”: l’edificato e la sua collocazione nel
Il lotto interessato dal progetto si colloca in una situazione nodale tipica di molte realtà locali, in cui i quartieri di più recente formazione sembrano fondersi con la campagna, che a sua volta diviene sempre più contaminata da interferenze di carattere “urbano”. Nello specifico caso di Mozzate non esiste una netta demarcazione tra quanto sia rurale e quanto invece urbano: le unità monofamiliari sembrano sorgere su ampi lotti allungati (una volta campi); i campi, a loro volta, perdono di giorno in giorno identità, attraverso la sostituzione/abbandono di tutti quegli ele-
territorio a sottolineare molteplici visuali prospettiche verso l’intorno ed il verde pubblico. Si prevede la concentrazione del volume edificato lungo un asse centrale del lotto e lungo la linea ideale di demarcazione tra il tessuto sub-urbano e quello campestre. Per garantire l’effetto “filtro” si è pensato di distinguere le unità abitative in due tipi: un primo più compatto,
in grado di offrire sia servizi di quartiere, che appartamenti, bilocali e duplex; e uno più “trasparente” che si affaccia sul lotto agricolo a nord, nel quale si è pensato di creare delle case unifamiliari. L’effetto di permeablità/filtro è accentuato dal filare di pioppi posto lungo la strada di accesso. Tutti gli edifici hanno ampie vetrate aggettanti dotate di elementi frangisole.
Il viale interno privato è largo 16/20 metri - così da permettere oltre al passaggio veicolare e pedonale anche spazi ampi antistanti gli edifici. Per le villette questo spazio serve la rampa al box a quota -1,50 e la scala d’accesso al piano rialzato, per i condomini contiene una quota di parcheggio esterno antistante i box e l’area di accesso pedonale. Dal via-
le, nei punti di stacco tra un edificio e l’altro, si dipartono percorsi pedonali che mettono in collegamento immediato le residenze con il parco. I due segmenti di cui è formato il viale interno alberato convergono in una piazzetta di quartiere disegnata e dimensionata in modo da poter diventare un luogo di incontro e di gioco adeguato.
mità del viale, per creare uno spazio pubblico, che si estende fin all’interno dell’Ateneo, al di sotto di esso, illuminato dall’alto, portandosi con sé la superficie in pietra della pavimentazione. Il complesso si organizza con una distinzione architettonica e funzionale tra
il foyer pubblico e la matrice interna degli uffici di quattro o cinque piani. Gli uffici si articolano su più piani, illuminati dagli atri e prevedono un raggruppamento variabile dei dipartimenti universitari, collegati alla biblioteca a tre piani.
Mauro Galantino, Marco Zanibelli (collaboratori Ester Garzonio, Paolo G. Mancia, Antonella Miante, Valentina Misgur) hanno pensato a due edifici sovrapposti; l’edificio dei dipartimenti è staccato dal suolo, posto su setti. Il distacco dilata lo
spazio interno; individua le funzioni di ingresso, di passaggio e sosta sotto l’edificio. Il secondo edificio è una corona di luce lungo la sua periferia, che penetra nel centro congressi; realizzata con una contrazione del perimetro.
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Bocconi 2000 – ampliamento dell’Università
2° classificato Oscar Toribio Sosa, Giovanni Gianetti, Luigi Trentin Il progetto assume alcune proprietà dell’urbano (concentrazione, artificializzazione) e alcune proprietà della campagna (spazi aperti, bassa densità). La disposizione per fasce orizzontali, con andamento est-ovest, dei lotti esistenti sul sedime oggetto del concorso, costituisce l’orditura di base attraverso cui viene composto il progetto. Questa disposizione permette di avere la migliore esposizione solare per gli edifici. All’interno di queste strip vengono individuati gli spazi e le loro caratteristiche: accessi veicolari ai parcheggi interrati, percorsi pedonali, 3° classificato Letizia Lionello coll. Sara Callione, Uysun Harutyun Le tipologie residenziali proposte si configurano in piccoli condomini a tre piani e villette a due piani, oltre il seminterrato e il sottotetto. I volumi sono costituiti dall’aggregazione di piccoli parallelepipedi con base 12 x 6 m, tagliati da un tetto inclinato di 30° appoggiato su un solo lato, il più lungo. La scelta di queste dimensioni e forme nasce dal confronto con
spazi aperti privati, spazi aperti pubblici, edificato. La circolazione principale avviene ad anello attorno all’area; gli ingressi ai parcheggi sono disposti lungo questo perimetro. Le tipologie edilizie adottate sono essenzialmente due: le case a schiera e le case binate; si sono adottate tipologie usuali nel territorio a bassa densità, a cui solitamente si accompagna una bassa qualità architettonica. La distribuzione di queste tipologie privilegia un criterio di risparmio energetico, posizionando verso sud gli spazi di vita della casa, e portando tutti gli spazi di servizio (bagni, scale, distribuzione) a nord. L’uso di aggetti (logge, balconi, schermi in legno esterni) agirà in modo selettivo rispetto ai raggi solari, in relazione alla stagione. quelle degli edifici rurali circostanti. La composizione dei volumi può avvenire in vari modi: per adiacenza simmetrica, in serie, con sfalsamento sia in pianta sia tra piani alti e piani bassi - il condominio può proseguire nella villetta - percorrendo i due lati dell’asse sinuoso interno all’area, garantendo al quartiere un’immagine omogenea e ordinata. L’articolazione planimetrica e altimetrica consente un’integrazione con l’ambiente circostante preesistente e l’amplificazione dell’effetto del verde.
È stato allestita nel mese di febbraio, sui tre livelli dell’Urban Center, in Galleria a Milano, la mostra dei progetti selezionati al concorso per il nuovo complesso dell’Università Luigi Bocconi (istituti scientifici e di ricerca con 883 mq di uffici, un’aula magna da 1000 posti, suddivisa in due sale, un parcheggio interrato). Su invito diretto, in un’unica fase, vi hanno preso parte 10 studi, di cui 7 stranieri e 3 italiani. La mostra presentava anche il progetto storico di Giuseppe Pagano e quello del nuovo edificio a pianta ellittica, di Gardella, destinato alla didattica, inaugurato in ottobre. La Giuria, presieduta da Kenneth Frampton, comprendeva Angelo Mangiarotti, Guido Nardi, Henri Ciriani, Giovanna Mazzocchi, Roberto Maz-
1° classificato Grafton architects Yvonne Farrel e Shelley McNamara Il progetto stabilisce una relazione significativa tra il contesto urbano e gli spazi del campus, conformandosi all’altezza del tessuto circostante. L’aula magna è in posizione strategi-
zotta, Carlo Camerana, Don Arosio, Carlo Secchi, Giovanni Pavese. Hanno vinto Yvonne Farrel e Shelley McNamara (Grafton architects); il gruppo di Aurelio Galfetti, si è classificato secondo; terzo Carlos Ferrater Lambarri e Joan Guibernau. Hanno inoltre partecipato: Diener & Diener; Emmanuelle e Laurent Beaudouin, Sandra Barclay, Jean Pierre Crousse, con Paolo Tarabusi, Giorgio Goffi; Jensen & Skodvin; Josep Llinàs Carmona. I lavori che ultimeranno il Piano Bocconi 2000, iniziato nel 1999, cominceranno nella prossima primavera con la fase di scavi e bonifica della zona. La gara d’appalto si concluderà entro la fine del 2002 mentre i lavori di costruzione procederanno dal 2003 al 2005.
ca, all’intersezione tra il viale di circonvallazione e una via a esso perpendicolare, in modo da consentire la visione immediata della sala e del suo foyer, da chi proviene dal centro cittadino, come portico simbolico dell’Università. L’edificio è spostato rispetto alle estre-
Fabio Nonis, Angelo Lorenzi, Carlo Alberto Maggiore (con Pietro Battistella, Paola Berlanda, Jessica Bianco, Nicola Faustini, Luca Gelmini, Paolo Lombardi, Mario Masci, Andrea Palmieri, Fabio Pravettoni, Barbara Sedini), concepisce l’ampio isolato come sistema costruito per grandi edifici compiuti,
in modo da determinare una pluralità di caposaldi, alla scala del campus e della città. Costruisce un grande blocco rettangolare compatto, di 153x55 metri, staccato da terra da una fascia arretrata vetrata; racchiude all’interno uno spazio vuoto che fissa la matrice tipologica del progetto.
Roberto Collovà ha proposto infine un impianto che si fonda sull’utilizzo dell’orientamento dell’area in dire-
zione nord sud e su un muro servente, elemento organizzatore funzionale, architettonico e urbano.
Concorsi
A cura di Roberto Gamba
Legislazione a cura di Walter Fumagalli
La disciplina degli appalti di servizi pubblici, al pari di quella relativa agli appalti di lavori pubblici, è una delle materie che rientra nella competenza degli organi comunitari, i quali vi provvedono per lo più mediante l’emanazione di direttive cui, successivamente, ciascuno degli Stati membri deve obbligatoriamente adeguare la propria legislazione nazionale entro un termine di volta in volta stabilito dalle direttive stesse. L’articolo 50 del Trattato istitutivo della Comunità Europea stabilisce in proposito che, “ai sensi del presente Trattato, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone”, ed in particolare annovera fra tali servizi anche “le attività delle libere professioni”. Anche la progettazione, la direzione lavori, e le altre attività tecniche preordinate alla realizzazione di opere pubbliche vanno quindi ricondotte nell’ambito del concetto di servizi pubblici. Nel disciplinare la materia, a sua volta, la normativa comunitaria non può discostarsi da alcuni princìpi fondamentali sanciti dal Trattato, primo fra tutti il principio della libera concorrenza, il quale trova espresso riconoscimento nell’articolo 49 del Trattato stesso, in forza del quale “le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione”. In coerenza con questo principio, la direttiva n. 92/50 CEE del 18 giugno 1992, riguardante fra l’altro i “servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria, anche integrata”, all’articolo 3.2 stabilisce che “le amministrazioni assicurano la parità di trattamento tra i prestatori di servizi”. In Italia gli incarichi relativi alle prestazioni tecniche necessarie per permettere la realizzazione dei lavori pubblici sono regolamentati dalle disposizioni dettate dall’articolo 17 della legge 11 febbraio 1994 n. 109, successivamente modificato dall’articolo 6 della legge 18 novembre 1998 n. 415. Tale norma individua anzitutto, al primo comma, i soggetti che hanno titolo per espletare “le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché alla direzione dei lavori ed agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile unico del procedimento e del dirigente competente”.
Oltre agli uffici tecnici degli enti pubblici, la disposizione elenca fra tali soggetti: • i liberi professionisti singoli o associati nelle forme previste dalla legge 23 novembre 1939 n. 1815 e successive modificazioni; • le società di professionisti individuate dal sesto comma, lettera “a”, dell’articolo 17 (vale a dire le società costituite esclusivamente fra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dagli ordinamenti professionali, sotto forma di società di persone ovvero di società cooperativa, che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale); • le società di ingegneria individuate dal sesto comma, lettera “b”, dell’articolo 17 (cioè “le società di capitali […] che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale”); • i raggruppamenti temporanei costituiti tra liberi professionisti e/o società di professionisti e/o società di ingegneria. Al successivo quarto comma, dopo aver individuato i casi in cui la redazione del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo, nonché lo svolgimento di attività tecnico-amministrative connesse alla progettazione possono essere affidati a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, l’articolo 17 stabilisce che le società di ingegneria, singole o raggruppate, “possono essere affidatarie di incarichi di progettazione soltanto nel caso in cui i corrispettivi siano stimati di importo pari o superiore a 200.000 Euro, salvo i casi di opere di speciale complessità e che richiedano una specifica organizzazione”. In tutti gli altri casi, dunque, le prestazioni poc’anzi elencate possono essere affidate soltanto a liberi professionisti singoli o raggruppati secondo modelli organizzativi diversi dalle società di ingegneria. Una limitazione di questo tipo, evidentemente, infligge un colpo non indifferente al principio di libera concorrenza che dovrebbe permeare di sé la normativa di settore, ed inevitabilmente la questione è stata portata all’attenzione della magistratura amministrativa con riferimento ad un caso davvero singolare, di cui sembra opportuno riassumere i dati salienti. Una pubblica amministrazione, dovendo conferire a professionisti esterni l’incarico di progettare un’opera pubblica per un compenso stimato inferiore alla soglia dei 200.000 Euro, aveva indetto una gara il cui avviso, in applicazione del riportato quarto comma dell’articolo 17 della legge n. 109/1994, escludeva la partecipazione delle società di ingegneria.
Nonostante questo alcune società di ingegneria, ritenendo che l’avviso fosse contrastane con le regole dettate dalla normativa comunitaria, avevano presentato ugualmente le loro offerte. A fronte di questa iniziativa l’ente pubblico, facendo leva sull’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia, decideva di disapplicare tanto il proprio avviso quanto il richiamato articolo 17, e quindi riapriva la gara al fine di permettere la partecipazione delle società di ingegneria. Questa decisione suscitava la reazione del competente Ordine degli Ingegneri, del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e del Consiglio Nazionale degli Architetti, i quali si rivolgevano alla magistratura amministrativa per ottenerne l’annullamento. La vertenza è stata ora definita dalla V Sezione del Consiglio di Stato, la quale con sentenza n. 505 del 30 gennaio 2002 ha confermato la decisione del Tribunale Amministrativo enunciando alcuni princìpi di non scarsa importanza. Anzitutto in via generale i giudici hanno espresso il convincimento che “il regime concernente la determinazione, in una norma nazionale, di una soglia minima di compensi professionali per l’ammissione di società di ingegneria a gare di progettazione sia in contrasto con i dettami del Trattato comunitario, incidendo pregiudizialmente su fattori inerenti alla libera concorrenza e all’esercizio delle libere professioni”, ribadendo a questo riguardo, “in ossequio alla giurisprudenza della Corte comunitaria, che il principio della libera concorrenza comporta non solo la necessaria eliminazione di ogni discriminazione apportata a causa della nazionalità, bensì anche la più generale soppressione degli ostacoli che possono comunque proibire o rendere altrimenti difficile l’attività del prestatore di servizi in altro Stato membro”. Entrando poi nel merito del contenuto dell’articolo 17.4 della legge n. 109/1994, essi hanno sottolineato che dal testo di tale articolo “appaiono evidenti i potenziali effetti distorsivi della libera competizione nel mercato dei servizi, e comunque una ratio legis che, seppur dettata dal non pregiudizialmente condannabile intento di tutelare l’accesso al mercato anche di piccole strutture professionali, non si appalesa compatibile con il sistema derivante dal Trattato (…)”. Al contempo, i giudici hanno rimarcato che la norma in esame appare ingiustificata almeno sotto tre convergenti punti di vista: • dal punto di vista delle società di ingegneria, “il dettato legislativo finisce (…) con l’incidere pregiudizievolmente sulla necessaria pariteticità tra persone fisiche e persone giuridiche (…), il tutto in un ambito soggetto a forti prescrizioni di tutela e limitazioni da parte dell’ordinamento comunitario”;
• dal punto di vista degli altri professionisti “viene ad essere formalizzata una dequalificazione professionale del singolo professionista o dell’associazione professionale non societaria, attenuandone l’attitudine ad opere progettuali di maggiore complessità, e si integra una violazione, sotto ulteriore ed indiretto profilo, dei princìpi della concorrenza, già altrimenti compromessi, imponendo ai committenti di opere progettuali minori una pregiudiziale inerente alla qualità stessa del servizio reso”; • dal punto di vista degli enti pubblici, infine, “solo i committenti di lavori di maggiore complessità, riferita o intrinsecamente a fattori tecnici ovvero a parametri di compenso professionale elevato (…), possono avvalersi di ogni sorta di supporto progettuale tecnico-professionale, ivi comprese le c.d. società di ingegneria, mentre per le progettazioni più semplici o con un importo minimo di compenso, si introduce un’area di riserva per entità organizzative di minore entità, ovvero per singoli professionisti”. Svolte tutte queste considerazioni, dunque, la sentenza giunge all’inevitabile conclusione che, “avuto riguardo ai profili della libera prestazione di servizi, della tutela della concorrenza e del rispetto del paritetico esercizio della professione da parte di tutti i titolari della funzione, singoli o comunque associati, non risultando inoltre traccia delle ragioni imperative di interesse generale invocate a sostegno della limitazione della libertà di prestazione dei servizi, la norma di cui all’articolo 17 comma 4 della legge in esame appare incompatibile con il prevalente dettato comunitario”. Dall’accertata incompatibilità della norma nazionale rispetto alla norma comunitaria, la sentenza trae infine due logiche conseguenze. Anzitutto il giudice deve disapplicare la norma nazionale, in ossequio all’insegnamento della Corte Costituzionale secondo cui “la normativa comunitaria (…) entra e permane in vigore, nel nostro territorio, senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge ordinaria dello Stato; e ciò tutte le volte che essa soddisfa il requisito dell’immediata applicabilità” (Corte Costituzionale, 23 aprile 1985 n. 113). Secondariamente, “all’obbligo di disapplicazione non può sfuggire (…) la stessa Amministrazione, chiamata anch’essa a dare puntuale applicazione alle norme comunitarie, disattendendo quelle interne che si pongono in contrasto con le prime”, Amministrazione che pertanto, ove ne ricorra la necessità, deve modificare “in via di emenda” i provvedimenti che abbia eventualmente assunto in contrasto con le disposizioni comunitarie, ed uniformare a queste ultime la propria ulteriore attività. W. F.
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Professione e Aggiornamento
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Le società di ingegneria e le opere pubbliche: un passo avanti
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Una seppur breve analisi di quella che è stata l’evoluzione nel nostro ordinamento delle società di professionisti e delle società di ingegneria non può che prendere le mosse dalla legge 23 novembre 1939 n. 1815 (contenente la “Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza). Tale legge vietava espressamente la costituzione di società tra soggetti esercenti le professioni intellettuali per le quali era richiesta l’iscrizione in appositi albi o elenchi sulla base di titoli abilitativi ovvero di altri requisiti legali, ed ammetteva invece come unica forma possibile di organizzazione tra liberi professionisti quella meramente associativa. Col passare del tempo tale divieto iniziò ad essere in forte contrasto con la sempre più marcata esigenza, che si avvertiva soprattutto in alcuni determinati settori, fra cui quello delle attività di progettazione, di ricorrere alla costituzione di vere e proprie società per lo svolgimento dei lavori di maggior complessità. Fu così che, pur limitatamente a fattispecie contingenti e del tutto eccezionali, il legislatore effettuò una prima timida apertura in ordine alla possibilità di costituire apposite società per lo svolgimento di quelle attività di progettazione che richiedevano particolari competenze tecniche e scientifiche: a puro titolo esemplificativo, si rammenta il disposto dell’articolo 13, primo comma, della legge 2 maggio 1976 n. 183 (riguardante la “Disciplina dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980”) che conteneva un espresso riferimento alle “imprese di progettazione industriale”, ed al disposto dell’articolo 11, terzo comma, della legge 12 febbraio 1981 n. 17 (contenente disposizioni sul finanziamento per l’esecuzione di un programma integrativo di interventi per l’ammodernamento ed il potenziamento del parco del materiale rotabile della rete ferroviaria dello Stato) ai sensi del quale l’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato poteva affidare anche a persone giuridiche (e dunque anche a società di capitali) le attività di studio e progettazione per la costruzione di opere e per le forniture di beni e servizi, che richiedessero speciali competenze tecniche e scientifiche. Anche la giurisprudenza recepì l’esigenza da parte degli operatori di settore di costituire società di capitali per la prestazione di attività di progettazione di particolare complessità, ed infatti la Corte di Cassazione, sezione II, con la pronuncia n. 7263 del 6 dicembre 1986, precisò che “il divieto di costituzione di società per azioni aventi ad oggetto l’espletamento di prestazioni riservate a professionisti iscritti negli appositi albi, quali quelle di progettazione e direzione della costruzione di opere civili di competenza degli ingegneri, che è posto dagli artt. 1 e 2 della legge 23 novembre 1939 n. 1815 (…) deve ritenersi parzialmente abrogato nei riguardi delle società che progettino impianti mediante strutture industriali e complesse organizzazioni tecnico-amministrative, ovvero che svolgano attività di studio e progettazione richiedenti speciali competenze tecnico e scientifiche (…) alla stregua delle sopravvenute disposizioni di cui all’art. 13 della legge 2 maggio 1976 n. 183 (…) all’art.1 del D.L. 30 gennaio 1979 n. 20 (…) ed all’art. 11 della legge 12 febbraio 1981 n. 17”.
La Suprema Corte ebbe ulteriormente modo di precisare che il divieto contenuto nell’articolo 2 della legge n. 1815/1939 non operava nei confronti di quelle società (c.d. società di ingegneria), che offrivano un prodotto diverso e più complesso rispetto alle prestazioni fornite dai singoli professionisti, e consistente nell’effettuazione di un servizio completo, nell’ambito del quale l’opera intellettuale del professionista acquisiva un ruolo marginale a fronte di tutta una serie di attività ausiliarie, di carattere informativo, di consulenza ed assistenza, come, ad esempio, l’attività di consulenza finanziaria per la previsione dei costi ed il reperimento dei fondi occorrenti per la realizzazione di una determinata opera, quella di consulenza giuridico-amministrativa per la partecipazione alle gare d’appalto e la stipula dei relativi contratti, quella di assistenza in fase esecutiva per il controllo delle forniture, quella di supervisione alla costruzione od al montaggio di un determinato impianto ed ai relativi collaudi, ovvero quella di formazione tecnica delle maestranze, quella di manutenzione e di gestione degli impianti. In sostanza, secondo tale orientamento giurisprudenziale, era ammissibile e legittima la costituzione di società il cui ambito di attività esulasse dalla semplice progettazione, concretandosi, come visto, nella prestazione di un servizio più completo, comprendente anche lo svolgimento di attività complementari, fermo restando invece il divieto di costituire società tra liberi professionisti aventi ad oggetto la sola effettuazione di prestazioni d’opera intellettuale. Questo, dunque, era il panorama normativo e giurisprudenziale che si presentava al legislatore della c.d. legge Merloni (legge 11 febbraio 1994 n. 109), il quale, preso atto della circostanza che, nonostante il divieto di cui all’articolo 2 della legge n. 1815/1939, in alcuni determinati settori erano ammesse ad operare anche le società di ingegneria, ha provveduto ad individuare espressamente tali società tra i soggetti potenziali affidatari di incarichi pubblici di progettazione (articolo 17, primo comma, lettera “f”), definendole, all’articolo 17, sesto comma, lettera “b”, come “le società di capitali (…) che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale”. Successivamente, per effetto dell’articolo 24 della legge 7 agosto 1997 n. 266 (“Interventi urgenti per l’economia”), venne a cadere anche il divieto contenuto nell’articolo 2 della legge n. 1815/1939, con la conseguenza di legittimare la costituzione di società aventi ad oggetto anche le sole prestazioni d’opera intellettuale. Il legislatore della legge n. 266/1997, però, si è limitato solamente all’espressa abrogazione del divieto in questione, senza provvedere a dettare una specifica disciplina per la costituzione delle società di professionisti, che ha, invece, demandato ad un emanando regolamento ministeriale, il quale avrebbe dovuto stabilire i requisiti e criteri per l’esercizio delle attività professionali di cui all’articolo 1 della legge n. 1815/1939, e quindi anche la definizione dei parametri per la costituzione delle predette società. Tale regolamento, che avrebbe dovuto essere emanato entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge n. 266/1997, non è stato adottato, essendo insorte alcune perplessità in ordine alla possibilità che una siffatta materia potesse essere legittimamente disciplinata a livello regolamentare. Sulla scorta comunque dell’abolizione del divieto di
costituzione di società professionali, il legislatore della c.d. legge “Merloni-ter” (legge 18 novembre 1998 n. 415, che ha integrato e modificato la legge n. 109/1994) ha potuto inserire tra i soggetti potenziali affidatari degli incarichi pubblici di progettazione, oltre alle predette società di ingegneria anche le società di professionisti, ovvero “le società costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali (…) ovvero nella forma di società cooperativa (…) che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale” (articolo 17, sesto comma, lettera “a”). Secondo quanto espressamente disposto dal settimo comma dell’articolo 17 della legge n. 109/1994, così come sostituito dall’articolo 6 della legge n. 415/1998, i requisiti organizzativi e tecnici delle società di professionisti e delle società di ingegneria, necessari per lo svolgimento delle attività di progettazione, di direzione dei lavori ed accessorie per conto delle pubbliche amministrazioni, avrebbero dovuto essere stabiliti dal regolamento di attuazione della medesima legge n. 109/1994. In ottemperanza a tale previsione, con riguardo alle società di ingegneria, l’articolo 53 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (regolamento di attuazione della legge Merloni) stabilisce che tali società, i cui soci possono essere sia professionisti che non professionisti (così come si evince chiaramente dalla definizione di società di ingegneria contenuta nel sopracitato articolo 17, sesto comma, lettera “b” della legge n. 109/1994) devono disporre di almeno un direttore tecnico con funzioni di “collaborazione alla definizione degli indirizzi strategici della società e di collaborazione e controllo sulle prestazioni svolte dai tecnici incaricati delle progettazioni”, che sia ingegnere o architetto ovvero laureato in una disciplina tecnica attinente all’attività prevalente svolta dalla società, abilitato all’esercizio della professione da almeno un decennio ed iscritto, al momento dell’assunzione dell’incarico, al relativo albo professionale, ovvero abilitato all’esercizio della professione secondo le norme dei paesi dell’Unione Europea cui il soggetto eventualmente appartenga. Al direttore tecnico la società delega il compito di approvare e controfirmare gli elaborati tecnici inerenti alle prestazioni oggetto dell’affidamento da parte delle pubbliche amministrazioni, e per effetto di tale approvazione il direttore tecnico assume, in solido con la società di ingegneria, responsabilità civile nei confronti dell’amministrazione committente. Per quanto attiene, invece, alle società di professionisti, l’articolo 54 del regolamento si limita a stabilire, peraltro analogamente a quanto disposto anche per le società di ingegneria dal terzo comma dell’articolo 53, l’obbligo per le stesse di predisporre ed aggiornare l’organigramma dei soci, dei dipendenti o dei collaboratori impiegati nello svolgimento delle funzioni professionali e tecniche, ed a indicare nell’organigramma medesimo le specifiche competenze e responsabilità. È opportuno al riguardo precisare che, contrariamente a quanto stabilito per le società di ingegneria, le società di professionisti possono essere costituite esclusivamente da professionisti iscritti negli appositi albi professionali. Luca de Nora
Rassegna
a cura di Camillo Onorato G.U. n. 4 del 26.1.2002 - 3a Serie Speciale Legge Regionale 10 agosto 2001, n. 13 Norme in materia di inquinamento acustico La presente Legge all’art. 1 detta norme per la tutela dell’ambiente esterno ed abitativo dall’inquinamento acustico e si prefigge di salvaguardare il benessere della persona rispetto all’inquinamento acustico nell’ambiente esterno e negli ambienti abitativi, di prescrivere l’adozione di misure di prevenzione nelle aree in cui i livelli di rumore sono compatibili rispetto agli usi attuali e previsti del territorio, di perseguire la riduzione della rumorosità ed il risanamento ambientale nelle aree acusticamente inquinate, di promuovere iniziative per ridurre l’inquinamento acustico. Fra gli articoli successivi all’art. 2 viene fatta una classificazione acustica del territorio comunale: all’art. 4 sono analizzati i rapporti tra classificazione acustica e pianificazione urbanistica; all’art. 7 tratta dei requisiti acustici degli edifici e delle sorgenti sonore interne. Il titolo II all’art. 9 definisce il risanamento tramite piani di contenimento ed abbattimento del rumore delle infrastrutture di trasporto, all’art. 10 si occupa dei piani di risanamento acustico delle imprese. Particolare rilevanza è data al piano regionale di bonifica acustica, al traffico stradale ed al traffico aereo. Il titolo III tratta dei controlli, dei poteri sostitutivi, delle sanzioni e dei contributi. Il titolo IV detta la norma finanziaria e gli adeguamenti dei regolamenti edilizi e d’igiene. G.U. n. 37 del 13.2.2002 - Serie Generale Deliberazione 15 novembre 2001 Art. 14, Legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche ed integrazioni Programma triennale di edilizia statale 2001-03: verifica di compatibilità con i documenti programmatori vigenti La presente deliberazione esprime ai sensi dell’art. 14, comma 11 della Legge 109/1994 e successive modifiche ed integrazioni parere di compatibilità del Programma triennale di edilizia statale 2001-03 con i documenti programmatori vigenti in relazione alle disponibilità finanziarie assicurate dalle leggi di bilancio. G.U. n. 37 del 13.2.2002 - Serie Generale Deliberazione 15 novembre 2001 Art. 14, Legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche ed integrazioni Programma triennale della viabilità 2001-03: verifica di compatibilità con i documenti programmatori vigenti La seguente deliberazione esprime ai sensi dell’art. 14 comma 11 della legge 109/1994 e successive modifiche ed integrazioni parere di compatibilità del Programma triennale della viabilità 2001-03 con i documenti programmatori vigenti ferma restando la compatibilità con le disponibilità finanziarie assicurate dalle leggi di bilancio. G.U. n. 8 del 23.2.2002 - 3a Serie Speciale Regolamento regionale 19 novembre 2001, n. 6 Regolamento attuativo delle disposizioni di cui all’Art. 4, comma 14, all’Art. 6, comma 4, all’Art. 7 comma 12 e all’Art. 10, comma 9 della Legge regionale 11 maggio 2001, n. 11 “Norme nella protezione ambientale dell’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione Negli articoli della presente Legge sono elencati i contenuti tecnici cui gli impianti sono sottoposti. In particolare il regolamento si rivolge ad impianti di potenza al connettore d’antenna non superiore a 7 W, agli impianti ad uso amatoriale in concessione, alle reti microcellulari di telecomunicazione, alla titolarità dell’impianto, alla conformità dell’impianto.
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Professione e Aggiornamento
Le società di professionisti e le società di ingegneria: un po’ di storia
a cura di Emilio Pizzi e Tiziana Poli
Professione e Aggiornamento
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Risorse e sostenibilità ambientale
Energia rinnovabile: Il “Programma tetti fotovoltaici” nelle applicazioni legislative e nei programmi di promozione delle attività per lo sviluppo sostenibile: il D. Lgs. 26.10.1995 n. 504; la L.13.5.1999 n. 133 e la Delibera 6.12.2000 dell’Autorità per l’energia elettrica e del gas Energie rinnovabili e ambiente “Bisogna dunque ‘rompere il gioco’, con urgenza, e edificare per l’uomo, perché egli in avvenire non sia più assente dalle opere della costruzione, ma ne diventi l’ospite onorato e il signore. A meno che non si voglia, un giorno non lontano, veder crollare l’unica giustificazione della civiltà occidentale, l’enorme edificio razionale, per certi versi straordinario, innalzato dalla razza bianca durante secoli di sforzi, e le cui macerie seppellirebbero anche le altre razze (….). Significa restituire subito il principio e la chiave, cioè il sole” (1). Le Corbusier, che rivendica anticipatamente il diritto al sole, ci ricorda la necessità della luce come elemento fondamentale per l’uomo ma anche, per assurdo, con le relativamente recenti dichiarazioni di un noto comico ligure in merito all’installazione di un impianto fotovoltaico nella sua residenza, siamo venuti a conoscenza, in modo popolare (diffuso), che l’ambiente che ci circonda è una risorsa per l’uomo e che fra queste risorse il sole è una risorsa rinnovabile ovvero non limitata e che si può utilizzare facilmente. Accedere al sole, alla natura, all’energia disponibile ci permette di sviluppare un nuovo modo di gestire l’energia, di rapportarci in modo diverso a quei sistemi che diamo per scontati nella consuetudine quotidiana ma che rivestono un’importanza fondamentale; nella direzione di una maggiore qualità della vita. “La disponibilità di energia condiziona il progresso economico e sociale di una nazione, ma il modo con cui l’energia viene resa disponibile può condizionare negativamente l’ecosistema e quindi la qualità della vita” (2). Il sole è una risorsa fondamentale che possiamo sfruttare in modo attivo o passivo (3) attraverso tecnologie specifiche o sistemi costruttivi, come vedremo in seguito. Dalle valutazioni contenute nel Libro Bianco delle energie rinnovabili possiamo capire quale direzione abbiano i programmi di sviluppo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e come siano particolarmente indirizzati, nei prossimi anni, all’incentivazione delle risorse rinnovabili di tipo a basso impatto ambientale (per gli elementi strutturali) come l’eolico, il fotovoltaico e quelle risorse che sfruttano le risorse esaurite come le biomasse e i rifiuti. Per quanto riguarda l’eolico, l’esperienza di un recente concorso di progettazione ha individuato il problema dell’integrazione delle centrali (eoliche) con il territorio che le ospita (4), riproponendo la necessità di sviluppare i sistemi di produzione di energia integrati con il luogo e le attività umane presenti con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale locale (biodiversità, paesaggio, ecc.) unitamente a quello generale (riduzione delle emissioni di CO2, limitare l’utilizzo delle risorse non rinnovabili, ecc.). L’attività di incentivazione della produzione di energia elettrica, e in forma diversa anche quella ter-
mica, con tecnologie che sfruttano il sole si pone due obiettivi strategici: ridurre l’utilizzo delle risorse non rinnovabili e diffondere, attraverso le politiche di incentivazione, una maggiore conoscenza dei problemi e sollecitare una risposta consapevole agli stessi. Il primo dovrebbe portare allo sviluppo di iniziative per l’investimento nelle centrali di produzione dell’energia elettrica da parte di soggetti pubblici e il secondo ad una diffusione dell’autonomia energetica e della riduzione dei consumi anche da parte di privati. Per autonomia energetica s’intende instaurare un rapporto bivalente con i sistemi di approvvigionamento, quindi produrre energia elettrica e non solo consumarla per far fronte alle proprie necessità. Con l’opportunità eventualmente di poter essere collegati o scollegati dalla rete di distribuzione dell’energia, cosa molto importante al fine della riduzione del numero e della dislocazione degli impianti di produzione e di distribuzione. Da un punto di vista ambientale generale la diffusione di sistemi di produzione che utilizzano il sole come risorsa potrebbe anche essere una soluzione possibile ai problemi di limitazione delle risorse disponibili e di emissioni di inquinanti tanto a livello locale nei paesi industrializzati, quanto nei paesi più poveri dove l’energia elettrica non è disponibile con i riflessi che questo può avere anche sullo sviluppo futuro delle attività industriali e sull’autonomia economica. I paesi industrializzati hanno quindi l’onere di sviluppare delle alternative possibili e rendere accessibili le tecnologie solari grazie ad una fase di ricerca e di dare maggiore diffusione delle pratiche con la riduzione dei costi degli impianti anche incentivando l’intervento delle agenzie di credito che potrebbero rendere più conveniente l’utilizzo delle tecnologie solari, orientando le facilitazioni di credito verso quegli interventi a basso impatto ambientale rispetto alle strutture che utilizzano risorse non rinnovabili (5). Con questi impegni è stato avviato un programma chiamato “Tetti fotovoltaici” di sostegno alle iniziative di sfruttamento delle tecnologie solari per la produzione di energia elettrica. Il Programma “Tetti fotovoltaici” Il decreto direttoriale n. 99/SIAR/2000 e successivamente modificato ed integrato dal Decreto n. 106/SIAR/2001 all’art. 2 definisce e avvia il Programma Tetti Fotovoltaici “finalizzato alla realizzazione nel periodo 2000-2002, di impianti fotovoltaici di potenza da 1 a 50 kWp collegati alla rete elettrica di distribuzione in bassa tensione e integrati/installati nelle strutture edilizie (ivi inclusi gli elementi di arredo urbano) e relative pertinenze, poste sul territorio italiano. Il Programma è organizzato in due Sottoprogrammi: uno rivolto ai soggetti pubblici e l’altro indirizzato, attraverso le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ai soggetti pubblici e privati. Entrambe le categorie di soggetti, titolari di utenza elettrica e che intendano installare impianti fotovoltaici presso strutture edilizie di loro proprietà o sulle quali esercitano un altro diritto reale di godimento, possono beneficiare, per la realizzazione di detti impianti, di un contributo pubblico in conto capitale, la cui misura sarà determinata anche in relazione alle disponibilità finanziarie di questo Ministero”. Il bando del Ministero del-
l’Ambiente di attuazione dei Decreti stabilisce alcuni requisiti per l’accessibilità al contributo pubblico, pari al 75% del costo dell’intervento, esclusa l’IVA: per gli impianti di potenza compresa fra i 1KW e i 20 KW possono presentare domanda per l’erogazione del contributo i Comuni, le Provincie, le Università statali, i Comuni competenti per il territorio delle aree naturali protette limitatamente agli interventi nelle suddette aree (per le quali è previsto un incremento dell’erogazione pari al 20%) e gli enti pubblici di ricerca, nel caso in cui i generatori fotovoltaici costituiscano parte integrante del sistema edilizio e siano ad esso collegati (bando scaduto il 28.6.2001) con esclusione delle provincie di Trento e Bolzano (che potranno aderire contribuendo con fondi regionali in misura del 30%); per la realizzazione di impianti di potenza compresa tra 1 e 5 KW coloro che possono chiedere l’erogazione del contributo sono i privati o gli aventi diritto i quali beneficeranno di un contributo in ragione della potenza installata ponendo come soglia massima l’importo di lire 15,5 milioni di lire per KWp. Il bando Regionale della Lombardia per gli impianti di potenza inferiore al quale possono partecipare i privati è da poco scaduto (13.3.2002) ma è prevedibile che venga rinnovato. I piccoli impianti possono essere di due tipi: autonomi (stand alone) e connessi alla rete elettrica (grid connected), naturalmente quelli autonomi sono normalmente localizzati in aree non raggiunte dalla rete di distribuzione e in questo caso non possono accedere al contributo, mentre quelli connessi saranno ulteriormente avvantaggiati in quanto la Delibera n. 224/00 del 6 dicembre 2000 dell’Autorità per l’energia elettrica consente lo scambio dell’energia in rete, ovvero permette di cedere l’energia elettrica prodotta in eccesso rispetto al consumo all’ente erogatore che successivamente nel contabilizza il risultato. La Delibera indica la potenza massima dell’impianto, non superiore a 20 KW, per i quali è prevista la contabilizzazione dell’energia di scambio, consegnata e riconsegnata mediante un criterio definito all’art. 6, ovvero mediante la compensazione su base annua con coefficiente 1 in riferimento alla fascia oraria di consegna e produzione. Il sistema consente di ottenere dei crediti che andranno in detrazione dei consumi futuri effettuati; gli oneri della misurazione vengono compensati (art. 7) con un importo pari a lire 60.000/anno. Il Bando della Regione Lombardia, aderendo al sottoprogramma, prevede l’erogazione dei contributi in misura pari al 75% con liquidazione al 100% a fine dei lavori, importi ripartiti percentualmente alle provincie in base alla popolazione residente (art. 3); è importante che l’impianto debba essere mantenuto efficiente e connesso alla rete per 12 anni, salvo causa di forza maggiore (art. 4,5) e il produttore deve garantire l’efficienza del modulo fotovoltaico per almeno 20 anni (art. 6,5) durante i quali la perdita di efficienza non può essere inferiore del 10%, nei primi dieci anni, e del 20% in totale; pena la restituzione del contributo. La procedura prevede che con la domanda si presentino altri documenti (art. 6,6): • scheda tecnica relativa all’installazione dell’impianto proposto; • progetto definitivo che evidenzi i criteri di progettazione adottati; • al progetto definitivo deve essere allegato obbligatoriamente un preventivo dettagliato relativo alle singole voci di spesa firmato da tecnico abilitato o rilasciato da ditta specializzata; • certificazione IEC 61215, fornita dal costruttore, relativa ai moduli fotovoltaici da installare, rilasciata da Istituto di certificazione abilitato; • autorizzazione, sottoscritta nelle forme di legge dal proprietario del complesso edilizio, ad eseguire l’intervento (nel caso il proprietario sia diverso dal soggetto richiedente); • dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante la natura, la decorrenza e la durata del diritto reale di godimento (nel caso il soggetto richiedente sia titolare del solo diritto di godimento);
• autocertificazione relativa alla iscrizione alla camera di commercio (solo per le imprese). I contributi che possono essere erogati anche per gli impianti da 1 a 5 KW (piccole abitazioni singole o piccoli condomini) non possono superare i la cifra di € 8.000,08 (15,5 milioni di Lire) (art.8) per KWp e per ottenerlo le richieste (art. 7) dovranno essere conformi alla specifica tecnica di fornitura dell’Enea oltre a contenere: • redazione pratica autorizzazione comunale; • progettazione, direzione lavori, collaudo e certificazioni degli impianti; • fornitura dei materiali e dei componenti necessari alla realizzazione degli impianti; • installazione e posa in opera degli impianti; • eventuali opere edili strettamente necessarie e connesse all’installazione degli impianti. Le domande saranno valutate (art. 9) secondo un parametro definito dalla formula X = 100 k*(C * P)/(Y * Z) Avendo indicato con C il costo massimo stabilito (in milioni di lire-€ /kW), P potenza nominale dell’impianto (in kW), Y costo preventivato di spesa (in milioni di lire-€) desunto dal quadro economico del progetto definitivo, Z percentuale di contributo pubblico richiesto (in percento, con due cifre decimali), il fattore moltiplicativo k è pari a 1,5 per gli interventi di integrazione nelle strutture edilizie, intendendo con integrazione i casi in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano o vadano a sostituire elementi costruttivi fissi del complesso edilizio, per 1 in tutti gli altri casi. Da ciò si desume che risultano particolarmente avvantaggiate le strutture che sostituiscono sistemi edilizi esistenti (facciate, coperture, frangisole, ecc.) piuttosto che gli impianti in cui il pannello è applicato al sistema edilizio; considerazione valida sia per gli interventi di nuova costruzione (per la tempistica difficilmente realizzabili) che per quelli di ristrutturazione. Giustamente in questo modo il beneficio ambientale è anche dato dalla riduzione di produzione dei materiali da costruzione. Gli interventi dovranno essere realizzati entro e non oltre 180 gg. dalla data di pubblicazione delle graduatorie di merito (art. 10), pena il decadimento del diritto e l’erogazione del contributo dovrà essere richiesto entro 180 giorni dalla fine dei lavori mediante richiesta contenente una serie di dichiarazioni, ma soprattutto la copia delle comunicazioni/autorizzazioni/concessioni edilizie comunali relative alla realizzazione dell’installazione dell’impianto fotovoltaico corredate, nel caso di area soggetta a vincolo ambientale o paesaggistico, di copia del nulla osta ai sensi dei titoli I e II del testo unico del D.Lgs. 490/1999; in quanto le opere/impianto sono sottoposte a procedimento autorizzativo comunale e a dichiarazione di verifica tecnico-funzionale dell’impianto (allegato F al bando), prevista dalla specifica tecnica di fornitura Enea (allegato A del bando). In alcune Regioni il bando è ancora aperto; per conoscere la situazione è possibile consultare il sito del “Programma Tetti Fotovoltaici”. Cos’è un impianto di produzione di energia da sole. Le procedure di calcolo Un impianto fotovoltaico è un sistema di produzione di energia elettrica composto da varie parti fra i quali gli elementi principali sono la cellula fotovoltaica e l’inverter con il BOS (Balance of system). Il sistema nel suo complesso è a bassa manutenzione, non produce emissioni inquinanti in atmosfera, né altro inquinamento locale (se non quanto emesso e consumato in fase di costruzione del prodotto), funziona se esposto alle radiazioni solari. Quando la luce colpisce una cellula fotovoltaica trasmette energia ad un elettrone, i poli (positivo e negativo) sono le due facce inferiore e superiore della cella (costituita prevalentemente da silicio cristallino), che possono provenire da due gruppi di materiali (oltre al silicio amorfo (a-si) che ha rese inferiori, di efficienza pari al 7%): Monocristallino (m-si; efficienza pari al 13,5% tempo di vita 30 anni);
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Professione e Aggiornamento
Normative e tecniche
Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Milano Pavia Sondrio Varese
Gen 36,2 39,6 39,6 33,6 40,5 31,9 32,7 32,7 31,9 47,4 43,1
Feb Mar 53,7 97,3 60,7 106,8 52,9 95,6 52,9 99,0 54,4 98,2 51,3 97,3 51,3 95,6 52,1 99,9 50,6 95,6 69,2 122,3 56,8 98,2
Apr 130,0 134,2 130,0 140,0 131,7 136,7 135,0 137,5 135,8 148,3 128,3
Mag 164,5 175,7 155,9 176,5 158,4 172,2 172,2 172,2 173,1 184,3 164,5
Giu 171,7 187,5 170,8 198,3 172,5 191,7 195,8 185,0 197,5 188,3 170,8
Orientamento (gradi)
Inclinazione (gradi) 20 30 45 0 (Sud) 1,11 1,13 1,11 ± 15 1,10 1,12 1,11 ± 30 1,09 1,11 1,10 ± 45 1,07 1,09 1,08 ± 60 1,05 1,06 1,04 ± 90 (Est-Ovest) 0,99 0,97 0,94
60 1,03 1,03 1,03 1,02 0,99 0,88
Tab. 2 - Coefficienti di correzione per l’orientamento dei pannelli fotovoltaici al fine del calcolo di efficienza energetica.
determinare tale influenza è necessario effettuare un rilievo delle altezze (vedi immagine), dell’orientamento e delle distanze dell’oggetto dagli ostacoli, dopo di che è possibile determinare la proiezione delle ombre sull’oggetto e il loro permanere durante le stagioni, dato che la posizione del sole è continuamente differente durante l’anno. È possibile effettuare tale operazione manualmente o con strumenti informatici (è scaricabile dalla rete il software Sundi, vedi nell’elenco dei siti web) e successivamente, riportando tali proiezioni si otterrà l’incidenza dell’ombra per un determinato periodo dell’anno e con la relativa percentuale di attenuazione della radiazione solare data dai sistemi semipermeabili (tabella 3). Queste operazioni di correzione non sono inserite nel modulo Excel della Regione Lombardia per l’ottenimento dell’effettiva radiazione incidente, in quanto influenzano il periodo di ammortamento dell’investimento, cosa che dovrebbe essere accuratamente valutata dal richiedente (se l’area di installazione è prevalentemente all’ombra, nonostante il contributo del 75%, rimarrà a carico del richiedente il 25% che impiegherà molto più tempo per ammortizzare l’investimento; probabilmente anche oltre il periodo di vita dell’impianto, con una perdita di risorse economiche sia per lo stato che per l’utente). Nel procedimento previsto dalla Regione Lombardia è disponibile un file in formato Excel, scaribile dal sito internet (www.amLug 192,9 210,1 190,3 215,3 190,3 211,0 212,7 206,7 213,6 192,9 189,4
Ago 161,9 173,9 155,0 173,9 156,7 168,8 170,5 167,1 171,4 173,1 156,7
Sett 116,7 122,5 109,2 119,2 111,7 115,0 115,0 116,7 114,2 132,5 114,2
Ott 78,4 79,2 77,5 72,3 78,4 70,6 69,8 72,3 68,9 87,0 77,5
Nov 39,2 44,2 40,8 37,5 42,5 36,7 36,7 36,7 35,8 55,8 46,7
Dic 33,6 37,0 34,4 28,4 35,3 27,6 28,4 28,4 27,6 40,5 40,5
Tab. 1 - Radiazione solare media mensile e radiazione solare annua sul piano orizzontale per i capoluoghi di provincia della Regione Lombardia (kWh/mq), (Fonte: elaborazione dati UNI 10349) (6).
za dei pannelli, bisogna utilizzare dei coefficienti correttivi in funzione dell’orientamento e dell’inclinazione del pannello; i valori della tabella 2 (7) sono quelli indicati dalla Regione Lombardia per l’ottenimento del calcolo ai fini dell’erogazione del contributo. La radiazione incidente effettiva sul piano del pannello sarà quindi desunta dalla tabella 1, valore moltiplicato per il coefficiente della tabella 2; altri strumenti informatici sono disponibili anche nel web per ottenere valori meno approssimativi, di questi alcuni sono elencati a margine. Di non secondaria importanza riveste il contesto, l’intorno che potrebbe influenzare l’efficienza del modulo fotovoltaico e soprattutto le ombre portate dalle alberature e dagli edifici. Per
90 0,75 0,76 0,78 0,79 0,78 0,70
Il rilievo delle ombre portate elaborazione dalla guida del programma Sundi.
Tot. 1.276 1.371 1.252 1.347 1.271 1.311 1.316 1.307 1.316 1.442 1.287
NOME BOTANICO Acer platanoides Acer rubrum Acer saccharinum Aesculus hippocastanum Betula pendula Catalpa speciosa Fagus sylvatica
NOME COMUNE Acero riccio Acero rosso Acero argentato Ippocastano d’India Betulla comune Catalpa cordifolia Faggio
ESTATE 5-14 8-22 10-28 8-27 14-24 24-30 7-15
INVERNO 60-75 63-82 60-87 73 48-88 52-83 83
Tab. 3 - Percentuali di trasmittanza della radiazione solare di alcune specie vegetali arboree (8).
biente.regione.lombardia.it/QualitAmbiente.htm) della Regione, con il quale è possibile ottenere il dato relativo al periodo di pay-back (tempo di rientro del capitale investito espresso in anni) secondo quanto previsto dal programma e dalle attuali condizioni di fornitura dell’energia elettrica. I pannelli fotovoltaici possono essere installati in varie configurazioni (copertura, frangisole, su supporti orientati, su terrazze, in facciata) e il mondo produttivo sta ricercando nuove soluzioni per una maggiore integrazione del prodotto con il sistema costruttivo (tegole solari, vetrate, facciate continue, elementi schermanti); ogni sistema ha caratteristiche differenti e consente utilizzi anche in costruzioni di tipo tradizionale. Il programma ha avuto molto successo nella sua prima fase, per le richieste degli “enti pubblici”, con un rilevante esubero di domande rispetto agli importi a disposizione. In conclusione si dovrebbero fare delle considerazioni generali sull’approccio ambientale che tali sistemi impongono. Vero è che si ottengono dei risultati dal punto di vista della riduzione delle emissioni di CO2 (bilanciandolo con le emissioni nella fase di produzione del pannello secondo la LCA Life Cycle Assesment - valutazione del ciclo di vita - il confronto è più critico) con sistemi attivi di risparmio energetico ma è altrettanto vero che i risultati migliori si potrebbero ottenere anche con una migliore organizzazione dello spazio costruito, con una ottimizzazione delle risorse e delle utenze a disposizione e soprattutto con una maggiore attenzione alle azioni che inducono consumi energetici non necessari. Alessandro Trivelli Note: 1. Le Corbusier, La Casa degli uomini, “Ritorno al sole”, p. 68 Jaca Book, Milano 1984. 2. Libro Bianco per la valorizzazione delle risorse energetiche, Enea, 1998; da attuazione alla Com (97) 599 def. del 26-11-1997: “Energia per il futuro: le fonti rinnovabili - Libro Bianco per una strategia e un piano d’azione della Comunità”. 3. La differenza fra sfruttamento attivo o passivo è presa dalla definizione dei sistemi bioclimatici 4. Paesaggi del vento bandito da Enel/Erga e Legambiente www.enel.it 5. Anche da quanto indicato dalla Task Force G8, presieduta da Corrado Clini (direttore generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio) e Mark Stuart, di cui fanno parte diversi esperti anche dell’IEA (International Energy Agency), organizzazioni ambientalisti ed esponenti del mondo finanziario. 6. Tabella ricavata da www.regione.lombardia.it 7. Tabella ricavata da www.regione.lombardia.it 8. Green Design, Kiado Publisher, Budapest, 1998. Note bibliografiche I sistemi fotovoltaici collegati in rete ed integrati negli edifici, pubblicazione curata da ISES e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, 2001. “La casa e l’energia”, in Il fotovoltaico integrato negli edifici, pubblicazione curata da ISES e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, 2001. Il soleatrecentosessantagradi, luglio-gosto 2001 Anno VIII, n. 7 Sundi V1.1 Dr. Ing Volker Quaschning Green Design, Kiado Publisher, Budapest 1998 Notizie dal Web Regione Lombardia: http://www.ambiente.regione.lombardia.it/QualitAmbiente.htm Norme Regione Lombardia: http://www.regione.lombardia.it/rlweb008.nsf/docsbycode/leggiburl http://www.tetti-fotovoltaici.org/lombardia.htm
Programma tetti fotovoltaici: http://www.tetti-fotovoltaici.org/progra.htm Solare termico Regione Lombardia: http://www.ambiente.regione.lombardia.it/webqa/DgRi/bandosolare/default.htm Informazioni generali http://www.demosite.ch/ http://www.epv.net/ http://www.ecofys.nl/products/intersole_en.html http://www.isesitalia.it/RINNOVABILI/SOLFV/sol_fv.htm http://www.enel.it/it/erga/default.htm http://www.pv.unsw.edu.au/ http://www.heliopolis2000.com/fotovoltaico.shtm http://www.iris.ba.cnr.it/fotovoltaico/fotovoltaico.htm http://www.fotovoltaici.com/glossario.htm http://www.greensite.it/energia/fotovolt.htm http://www.pvdatabase.com/search_form.cfm http://wwwamb.casaccia.enea.it/ Tools http://www.eurosolare.it/contenuto/calcola.htm http://www.heliostechnology.com/design.asp http://emsolar.ee.tu-berlin.de/simulation/sundi.html http://www.theenergyguy.com/prof_tools.html Aziende http://www.bpsolar.com/ http://www.deasrl.it/ http://www.eurosolare.it/ http://www.heliostechnology.com/ http://www.saint-gobain-glass.com/index_fr.asp http://www.braas.com/ http://www.elettronicasanterno.it/ Leggi e norme di riferimento • Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 G.U. 29 novembre 1995, n. 279 Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative. • Legge 13 maggio 1999, n. 133 G.U. del 17-05-1999, n. 133 Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale. G.U. serie generale n. 19 del 24 gennaio 2001 • Delibera n. 224/00 Disciplina delle condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici con potenza nominale non superiore a 20 kW L’autorità per l’energia elettrica e il gas • Decreto Ministero Ambiente 106/SIAR/2001 • Decreto Ministero Ambiente 99/SIAR/2000 • Delibera del CIPE del 19 novembre 1998 “Linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra”, con la quale vengono stabiliti gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra al 2008-2012. Norme tecniche • norme CEI/IEC per la parte elettrica convenzionale; • norme CEI/IEC e/o JRC/ESTI per i moduli fotovoltaici; • conformità al marchio CE per i moduli fotovoltaici e il gruppo di conversione; • UNI 10349 per il dimensionamento del generatore fotovoltaico; • UNI/ISO per le strutture meccaniche di supporto e di ancoraggio dei moduli fotovoltaici. Si richiamano, in particolare, le norme EN 60439-1 e IEC 439 per i quadri elettrici, le norme CEI 110-31 e le CEI 110-28 per il contenuto di armoniche e i disturbi indotti sulla rete dal gruppo di conversione, le norme CEI 110-1, le CEI 110-6 e le CEI 110-8 per la compatibilità elettromagnetica (EMC) e la limitazione delle emissioni in RF. Circa la sicurezza e la prevenzione degli infortuni, si ricorda: • il DPR 547/55 e il D.Lgs. 626/94 e successive modificazioni, per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni sul lavoro; • la legge 46/90 e DPR 447/91 (regolamento di attuazione della legge 46/90) e successive modificazioni, per la sicurezza elettrica. Per quanto riguarda il collegamento alla rete e l’esercizio dell’impianto, le scelte progettuali devono essere conformi alle seguenti normative e leggi: • norma CEI 11-20 per il collegamento alla rete pubblica; • norme CEI EN 61724 per la misura e acquisizione dati; • legge 133/99, articolo 10, comma 7, per gli aspetti fiscali.
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Professione e Aggiornamento
Professione e Aggiornamento
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Policristallino (p-si; efficienza al 12,5%, tempo di vita 30 anni) consiste in piccoli grani di silicio monocristallino, più facile da ottenere e più economico del monocristallino ma meno efficiente. Alla vista sono riconoscibili in quanto il monocristallino appare di colore abbastanza omogeneo mentre nel policristallino si riconoscono i cristalli che hanno una forma sfaccettata; il colore delle celle (blu scuro) è dato dall’ossido di titanio, utilizzato come materiale antiriflettente per ottimizzare la captazione solare. In commercio si possono trovare anche colorati con efficienze inferiori: l’efficienza di un modulo fotovoltaico, che è composto da circa 36 celle collegate fra loro, viene misurata in laboratorio, dove viene colpito da una radiazione di 1000 W/m2 (condizioni standard di irraggiamento). Il modulo fotovoltaico è sigillato e sottovuoto, la faccia superiore è chiusa e protetta da una lastra di vetro chiaro. Oltre al modulo fotovoltaico un elemento importante è l’inverter, che con il BOS consente di utilizzare la corrente continua prodotta dal modulo, l’efficienza del BOS, comprensiva di quella dell’inverter è significativa per individuare i tempi di rientro dell’investimento. La progettazione dell’impianto inizia dall’analisi del luogo e principalmente i dati che interessano maggiormente sono: • la latitudine e la longitudine del luogo, radiazione solare disponibile; • il consumo annuo medio di energia elettrica(kWh); • l’inclinazione del pannello fotovoltaico (gradi); • l’orientamento del pannello fotovoltaico (N, E, S, O); • gli eventuali ostacoli fra il pannello e il percorso solare; • la caratteristica degli ostacoli (permeabilità alla radiazione solare). La radiazione disponibile dipende sia dalla latitudine terrestre che dalle particolari condizioni microclimatiche che conferiscono all’ambiente maggiore o minore permeabilità alla radiazione solare (es.: particolari condizioni di copertura del cielo, nebbie, ecc.); questi dati sono normalmente accessibili e in Italia sono contenuti nella norma UNI 10349 (per la Regione Lombardia vedi tabella 1); al fine del calcolo delle prestazioni complessive del pannello solare si considera la media annuale. Dato che i valori inseriti nella tabella 1 sono relativi a rilievi della radiazione solare incidente sul piano orizzontale per ottenere un valore corretto d’uso (il proprio), al fine di determinare l’efficien-
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Ordine di Bergamo tel. 035 219705
www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it
Informazione
Ordine di Brescia tel. 030 3751883
www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800
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www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087
www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341
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Bergamo L’Antenna e gli architetti lombardi Sono centinaia gli edifici romanici ancora conservati in Lombardia e parecchie centinaia quelli pervenutici a stati di conservazione più bassi. Quanti esattamente siano, nessuno (per ora) lo sa; ma sarebbe oltremodo importante la partecipazione attiva dei colleghi alla “costruzione” dell’Antenna segnalando per esempio - loro attività, quali: studi, pubblicazioni, restauri. O anche esprimendo il semplice desiderio di una collaborazione intellettuale. Tra gli obiettivi dell’Antenna vi è anche quello di realizzare nell’ambito della costituita biblioteca/mediateca un archivio grafico e fotografico su detti monumenti ed anche raccogliere documentazione sui loro restauri; acquisendo in donazione, in deposito ed anche eventualmente acquistando carte significative per la storia di questi nostri edifici. Si fa appello pertanto a tutti gli architetti lombardi che nell’ambito della loro professione avessero avuto modo di eseguire studi o interventi su edifici romanici di prendere in attenta considerazione questa opportunità: è anche questo un modo di dare più attenzione e riscontro alle proprie fatiche. Riterremmo molto utile che tutti gli architetti che avessero particolari interessi o esperienze sull’argomento si mettessero in contatto con l’Antenna stessa, anche in ragione di possibili comuni iniziative. Il modo più semplice e diretto è utilizzare il sottoindicato schema da compilare e spedire via fax al numero 035.55.32.06 o in busta chiusa a: Antenna Europea del Romanico - via S. Tomè, 2 – 24030 Almenno S. Bartolomeo (Bg) oppure inviare una E-mail all’indirizzo: antenna.almenno@lombardiacom.it contenente i vostri dati e la ragione del vostro interesse. Sarete ricontattati nel più breve tempo possibile.
Convegno Sabato 20 aprile 2002, presso il centro Congressi Giovanni XXIII, organizzato dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, si è svolto il convegno:”Incentivi per interventi di architettura sostenibile”. Hanno aperto i lavori: l’arch. Achille Bonardi, presidente dell’Ordine; l’arch. Felice Sonzogni, assessore al Territorio, Trasporti e Infrastrutture della Provincia di Bergamo; l’avv. Pierluigi Buzzanca, assessore Edilizia Privata del Comune di Bergamo, il p.i. Claudio Amati, presidente Associazione Comuni Bergamaschi. Sono intervenuti: l’arch. Roberto Sacchi, coordinatore della Commissione per l’Edilizia Sperimentale e Innovativa; l’arch. Mauro Mauro Benericetti, capo servizio Programmazione Urbanistica e Casa del Comune di Faenza, Marco Menichetti, assessore Edilizia Privata e Pubblica, Ecologia, Ambiente e Trasporti del Comune di San Donato Milanese e l’arch. Sergio Lironi. Corso di approfondimento Nel periodo compreso fra il 3 maggio e il 7 giugno 2002 si è svolto il Corso di approfondimento dei temi e dei rapporti tra liturgia, architettura e arte nella progettazione di nuove chiese e nell’adeguamento liturgico delle chiese storiche, organizzato dal Coordinamento delle Iniziative culturali e dalla Commissione Cultura dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo e con la partecipazione della Curia Vescovile e il Museo Diocesano A. Bernareggi di Bergamo.
ordine provinciale degli architetti di nome cognome indirizzo località provincia e-mail tel.
fax
c.a.p.
Segnalo il mio interesse per l’argomento Romanico ed in particolare desidererei (barrare una o più caselle): ! ricevere maggiori informazioni sull’Antenna Europea del Romanico ! iscrivermi all’Antenna Europea del Romanico ! considerare la donazione/deposito/vendita di materiale (grafico, fotografico, documentario) alla biblioteca/mediateca dell’Antenna Europea del Romanico ! segnalare miei studi e/o rilievi ! avanzare proposte di collaborazione (ricerche, restauri, …)
Milano Deliberazioni della 99 a Seduta di Consiglio del 18.3.2002 Domande di prima iscrizione presentate nel mese di gennaio 2002 (n. 84, di cui 63 architetti unicamente l.p. e 21 architetti che svolgono altra professione): 12800, Anghinelli, Silvia, 10.10.1968, Milano; 12769, Arfani, Kathia, 17.12.1969, Melzo; 12762, Arnoldi, Andrea, 18.6.1970, Milano; 12802, Arosio, Francesca, 3.5.1975, Cernusco S. Naviglio; 12747, Bader, Michael, 19.3.1968, Albstadt; 12773, Bellino, Giuseppe Emanuele, 6.1.1946, Cordoba; 12750, Bernetta, Michele, 5.12.1973, Lecco; 12766, Bonfanti, Michela, 23.6.1974, Vimercate; 12813, Bossi, Luigi, 11.5.1963, Novara; 12746, Brega, Marco, 24.8.1970, Milano; 12770, Canonica, Edith Chiara, 20.6.1974, Milano; 12768, Catalano, Caterina, 31.3.1970, Palermo; 12786, Colombo, Marco, 9.3.1969, Vaprio D’Adda; 12785, Comoglio, Marina, 10.3.1971, Magenta; 12784, Conti, Sara Angela Lucia, 27.3.1972, Roma; 12803, Cornegliani, Simona, 9.3.1975, Milano; 12814, Cusati, Mauro, 25.8.1968, S. Mauro La Bruca; 12764, Dagnoni, Sabrina, 22.3.1968, Milano; 12815, Dal Negro, Paola Luisa, 22.6.1964, Borgomanero; 12810, De Bortoli, Marco Gerardo, 11.11.1969, Milano; 12783, De Ponti, Anna, 9.3.1975, Cassano D’Adda; 12789, Di Natale, Marcella, 23.7.1973, Verbania; 12805, Dondé, Matteo, 14.7.1972, Milano; 12811, Dorell, Dan, 16.12.1973, Tel-Aviv; 12812, Fabi, Elena, 27.12.1975, Varese; 12792, Farina, Massimiliano, 20.7.1974, Milano; 9495, Fassina, Marco Giuseppe, 14.2.1960, Milano; 12730, Ferrari, Giuseppe Nicolò William, 11.5.1962, Milano; 12807, Forte, Stefania, 12.1.1974, Varese; 12771, Fumagalli, Marcello, 7.8.1972, Milano; 12755, Gaiotto, Paolo, 30.8.1971, Bollate; 12790, Galluccio, Valentina, 1.3.1975, Lecce; 12753, Garattoni, Paolo, 3.8.1970, Bollate; 7562, Ghioni, Anna, 28.1.1965, Milano; 12816, Giani, Greta, 9.8.1970, Como; 12817, Gnugnoli, Federica, 6.12.1968, Torino; 12780, Gottardi, Tiziana Ester, 17.5.1965, Milano; 12818, Iannilli, Valeria, 1.4.1965, Palermo; 12782, Indelicato, Veronica, 24.5.1973, Milano; 12793, Lanzani, Carlo, 2.11.1975, Milano; 12741, Lanzani, Cesare, 7.11.1957, Milano;12794, Lazzati, Romina, 2.7.1970, Legnano; 12774, Liberatore, Antonio Marco, 28.2.1971, Milano; 12744, Lombardi Galli della Loggia, Grazia, 11.3.1969, Milano; 12752, Macchi, Riccardo, 9.10.1970, Busto Arsizio; 12804, Maganza, Mara, 3.10.1973, Milano; 12743, Magnaschi, Roberta, 20.11.1968, Piacenza; 12778, Magrin, Stefania, 16.10.1969, Milano; 12738, Mainini, Ornella, 9.2.1969, Busto Arsizio; 12772, Marangon, Valentina, 23.1.1974, Venezia; 12801, Mariani, Marta,
30.4.1974, Vimercate; 12795, Masotti, Sandro, 18.3.1970, Milano; 12777, Mazzini, Paola Maria Giuseppina, 12.3.1966, Milano; 12732, Merlin, Chiara, 25.4.1973, Saronno; 12745, Miramonti, Patrizia, 10.5.1974, Cuggiono; 12775, Monteforte, Giuseppe, 2.4.1970, Uggiano La Chiesa; 12742, Monti, Daniela, 27.4.1974, Cantu’; 12791, Montonati, Vieri, 5.7.1973, Cantu’; 12733, Navarini, Ebe, 25.3.1960, Milano; 12781, Nicoletti, Elisabetta Carolina, 29.4.1971, Monza; 12806, Pacini, Federica, 31.12.1973, Genova; 12734, Paioro, Emanuela Vittoria, 23.2.1973, Cernusco s.Naviglio; 12787, Palumbo, Marina, 17.8.1970, Milano; 12765, Parolini, Alessandra, 10.9.1972, Vaprio D’Adda; 12729, Pasotti, Elena, 26.3.1975, Legnano; 12758, Pasquali, Liliana Carla, 7.2.1955, Torino; 12759, Pellavio, Marco, 16.9.1970, Milano; 12749, Pellicani, Chiara Alessandra, 20.3.1969, Milano; 12797, Penati, Federica, 17.6.1973, Monza; 12757, Pizzol, Diego, 30.1.1970, Milano; 12735, Pompili, Stefania, 24.7.1969, Bergamo; 12809, Pravettoni, Fabio, 8.5.1974, Rho; 12748, Presbitero, Silvia, 26.5.1969, Milano; 12776, Ratti, Mia Gaia, 23.7.1975, Milano; 12799, Rebecchi, Barbara, 19.8.1973, Milano; 12763, Rivolta, Bruna, 16.5.1972, Monza; 12740, Rolla, Francesco, 6.6.1974, Casale Monferrato; 12796, Roveda, Alessia, 12.5.1971, Milano; 12798, Sada, Simona, 3.4.1972, Milano; 12736, Scifo, Paola, 11.5.1974, Milano; 12808, Sedini, Barbara, 16.6.1973, Monza; 12761, Spagnulo, Federico, 10.3.1969, Milano; 12751, Sparano, Nicoletta, 11.4.1973, Lecco; 12819, Speca, Lucio, 18.5.1959, Monteprandone; 12760, Stracchi, Elena, 28.4.1972, Milano; 12756, Suma, Claudio, 9.2.1974, Taranto; 12731, Tamborra, Giovanni, 16.5.1969, Canosa di Puglia; 1336, Tartaglia, Filippo, 2.8.1938, Milano; 12737, Tonegutti, Francesca Paola, 25.1.1972, Arezzo; 12779, Toninato, Claudia, 5.7.1969, Milano; 12739, Ventura, Marco Viller Stefano, 20.4.1966, Dresano; 12788, Vitalini, Maurizio, 21.12.1964, Milano; 12767, Vitiello, Nora, 24.2.1962, Milano; 12754, Volterrani, Marie Christine, 27.10.1971, Milano. Iscrizioni per trasferimento da altro Albo: Luigi Bossi da Novara; Mauro Cusati da Como; Paola Luisa Dal Negro da Novara; Marco Giuseppe Fassina da Varese; Anna Ghioni da Brescia; Greta Giani da Como; Federica Gnugnoli da Bologna; Valeria Maria Iannilli da Bergamo; Lucio Speca da Teramo. Reiscrizione all’Albo: Filippo Tartaglia a seguito di cancellazione disciplinare (ex G41). Giri interni di posizione da “Milano” a “Elenco Speciale”: Riccardo Dell’Osso quale professore associato per il biennio 2001.2003 a decorrere dal 1.03.02 ha optato per il t.pieno; Maria Pompeiana Iarossi quale ricercatore di ruolo in prova dal 01.12.2001. Cancellazioni su ri-
chiesta: Giovanni Cancelli; Enrico Lorenzo Franchini; Roberto Fresia; Gemma Iacona in de Gresti di S.Leonardo; Giacomino Lusso; Gian Maria Pasetti; Anna Maria Pitrone; cancellazioni per morte: Augusto Cesana; Paola Ferraguzzi. Cancellazioni per trasferimento ad altro Albo: Cristina Castelli a Lecco (06.03.02); Mauro Furia Bonanomi a Lecco (06.03.02); Andrea Maria Morandi a Varese (05.03.02). Inserimento nell’Albo d’Onore: Gian Maria Pasetti. Rilascio di nulla osta per trasferimento ad altro Albo: Emanuela Colzani a Parma; Sonia Favaro a Lecco; Francesca Siclari a Genova. Designazioni • Il 27 febbraio scorso l’Ordine di Milano ha provveduto alla designazione della terna di professionisti, tra i quali l’Amministrazione del Comune di Burago Molgora (Mi), Area Pianificazione e Controllo Territorio e Ambiente, potrà scegliere il componente della Commissione Edilizia esperto in Tutela Paesistico Ambientale. La rosa è composta dagli architetti Gabriella M. Crivelli, Marino Magni, Carlo Miliciani e Patrizia Pozzi. Sempre per il Comune di Burago dI Molgora, Area Pianificazione e Controllo Territorio e Ambiente, il 21 marzo è stata designata la terna di professionisti, tra i quali l’Amministrazione potrà scegliere il componente della Commissione Edilizia esperto in barriere architettoniche. La terna è composta dagli architetti Tiziana Maria De Paoli, Roberto Gabriele e Mario Felice Pensato. • Il 1° marzo sono stati designati gli architetti Ivano Camera e Luca Scacchetti tra i quali l’Amministrazione del Comune di Concorezzo, Settore Lavori Pubblici e Assetto del Territorio, potrà scegliere il rappresentante in seno alla Commissione Giudicatrice del Concorso di idee per la riqualificazione ed il recupero del contesto storico-urbanistico della Piazza Civica in Concorezzo. • Il 1° marzo 2002 l’Ordine di Milano ha comunicato al Presidente della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Dr. Armando Ingrassia la designazione degli architetti Ciro Patrizio Bucci e Francesco Galluzzi (membri effettivi) ed Enrico Lembo e Roberto Vittorio Pozzi (membri supplenti) tra i quali potrà essere scelto il rappresentante in seno alla Commissione per l’Assistenza Tecnica gratuita per l’Anno 2002. • Il 4 marzo è stata designata la terna di professionisti tra i quali l’Amministrazione del Comune di Milano, Settore Strade Parcheggi e Segnaletica, potrà scegliere il componente della Commissione Giudicatrice per la procedura di licitazione privata per l’affidamento della concessione, in diritto di superficie, della progettazione, costruzione e gestione, in project financing, di un parcheggio pubblico a rotazione nel sottosuolo di P.za Meda. La terna è composta
dagli architetti Pierfranco Galliani, Raffaele Penco e Maura Restelli. • Il 7 marzo 2002 sono stati comunicati al Rettore del Politecnico di Milano Adriano De Maio ed al Preside della I Facoltà di Architettura Campus Leonardo Cesare Stevan il nominativo dell’architetto Ezio Didone quale rappresentante dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Pianificazione Territoriale Urbanistica ed Ambientale (PTUA) nel giorno 26 marzo 2002. • Il 7 marzo 2002 sono stato comunicati al Preside Antonio Monestiroli i nominativi dei rappresentanti dell’Ordine nelle Commissioni relative agli esami di Laurea in Architettura presso la Facoltà di Architettura Civile di Milano/Bovisa nei giorni 25-26 marzo 2002. Sono stati nominati gli architetti Simonetta Licata nella 1ª Commissione, Manuela Grecchi nella 2ª, Claudio Sangiorgi nella 3ª e Giuseppe Bruno nella 4ª. • Il 7 marzo 2002 sono stato comunicati al Preside Cesare Stevan i nominativi dei rappresentanti dell’Ordine nelle diciassette Commissioni relative agli esami di Laurea in Architettura del 25-26 marzo 2002 presso la I Facoltà di Architettura Campus Leonardo. Sono stati nominati gli architetti Sandro Verga nella 1ª Commissione, Nicoletta Pellerito nella 2ª, Eugenio Vendramet nella 3ª, Pietro Nicolini nella 4ª, Fabio Butera nella 5ª, Letizia Lionello nella 6ª, Flavio G. Conti nella 7ª, Gian Paolo Guzzetti nella 8ª, Riccardo Nava nella 9ª, Giulio Renato Zucchi nella 10ª, Nadia A. Castelli nella 11ª, sostituita il 27 marzo dall’architetto Mario Airaghi, Romolo Bertani nella 12ª, Claudio Corna nella 13ª, Pieluigi Raule nella 14ª, Fausto Colombo nella 15ª, George Latuor Heinsen nella 16ª ed infine Lorenzo Baroni nella 17ª commissione. • Lo stesso 7 marzo sono state comunicate le designazioni dei rappresentanti dell’Ordine per le Commissioni relative agli esami di Laurea in Disegno Industriale nei giorni 8 e 9 aprile. Sono stati designati gli architetti Ernestino Fossati e Annalisa Babieri (disponibili solo l’8 aprile), Francisca Ponti (Ponti Ferrari), Silvana Caffaro Rore, Matteo Pietro Casati e Gianfranco Dazzi. • Il 20 marzo è stata designata la terna di professionisti, tra i quali l’Amministrazione del Comune di Magenta, Ufficio Lavori Pubblici e Protezione Civile, potrà conferire l’incarico di Collaudo Statico e T.A. di OO.PP. in Magenta. La terna è composta dagli architetti Andrea Luca Barba, Massimo Decimo Casnaghi e Pierluigi De Stefano, i quali sono iscritti all’Albo Regionale dei Collaudatori per la categoria “Edilizia e forniture connesse”. • Il 20 marzo è stata designata la terna di professionisti, tra i quali l’Impresa Dotti Mario Srl potrà scegliere il collaudatore statico di una palazzina in via Roma a Limbiate. La terna è composta dagli architetti Luigi Magni, Roberto Pozzo-
li ed Enrico Rigamonti. Lo stesso giorno è stata designata la terna di professionisti, tra i quali l’Impresa Edilizia Guarnieri potrà scegliere il collaudatore delle opere in Cemento armato relative alla costruzione di una palazzina ad uso residenziale da erigersi in via Bernina a Desio. La terna è composta dagli architetti Maurizio Cuniolo, Fabio Massimo De Castiglioni e Vittorio De Micheli. • L’11 aprile è stata designata la terna di professionisti tra i quali l’Amministrazione del Comune di Cologno Monzese, Settore Lavori Pubblici/Ecologia, potrà scegliere il componente della Commissione Giudicatrice del “Bando di gara Project financing” per la realizzazione di una struttura sotterranea polifunzionale mediante realizzazione di cuniculi tecnologici e gallerie per reti e relativi servizi. La terna è composta dagli architetti Giorgio Marchesotti, Antonio Montanari e Valerio Testa. • L’11 aprile è stata designata la terna di professionisti tra i quali l’Amministrazione del Comune di Bollate, Area Lavori Pubblici, potrà scegliere il componente della Commissione Giudicatrice per il procedimento di gara mediante licitazione privata per l’affidamento di una concessione per la costruzione e gestione di un centro sportivo in via Dante. La terna è composta dagli architetti Giacomino Amadeo, Alvaro Cimnaghi e Mario Enrico Ticozzi. Antonio Borghi Convenzione con l’editore Mondadori Grazie alla convenzione stipulata tra l’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano e l’editore Mondadori è possibile sottoscrivere uno o più abbonamenti alle riviste edite da Elemond e Conde’ Nast con sconti particolarmente vantaggiosi. Gli sconti vanno dal 38% per le riviste Casabella, Interni, Ville e giardini, al 55% per AD fino al 60% per Casaviva. L’offerta ha validità fino al 31 luglio 2002. Per ricevere i moduli di sottoscrizione ed ulteriori informazioni rivolgersi al Servizio clienti Mondadori, Sig. Paternò al numero di telefono 02 90639952. Regolamento per il servizio delle fognature nel Comune di Milano Richiamata la precedente segnalazione riportata su AL n° 8/9, 2001, si avverte che la Commissione di lavoro incaricata della riformulazione della normativa al riguardo, ha concluso nel mese di marzo l’attività per la redazione del nuovo testo, che ha quindi presentato all’Amministrazione Comunale. Detto testo è disponibile presso la sede dell’Ordine oltre che sul relativo sito Internet per chi desideri esporre osservazioni da sottoporre alla Commissione. Arturo Cecchini
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Informazione
Dagli Ordini
con la nuova versione del grattacielo a pianta circolare, spostatosi più vicino alla sede della moda, con la volontà di ospitare ai piani bassi altre funzioni che ne garantiscano la vivibilità anche al di fuori degli orari d’ufficio. La stessa intenzione estesa a tutto l’intervento è stata manifestata dai rappresentanti della Provincia e del Comune, che dovranno farsi carico della realizzazione dello spazio pubblico, a partire dal cosiddetto Campus interno ed i suoi giardini tematici, il cui carattere non è più solamente quello di vuoto urbano, ma anche di contenitore di funzioni pubbliche. • A che punto è l’iter del progetto? I traguardi raggiunti sino ad ora sono la localizzazione dell’area dove sorgerà il Palazzo della Regione, mentre per giugno dovrebbe essere concluso l’accordo di programma tra Camera della moda e l’Ente Fiera. Mancano all’appello due importanti elementi: la Valutazione di Impatto Ambientale e il piano finanziario di Banca Intesa che verrà reso pubblico all’approvazione dell’Accordo di Programma. L’amministrazione intende comunque anticipare la fase attuativa del progetto, avviando la procedura per i tre concorsi di progettazione architettonica all’interno del masterplan elaborato dall’architetto Nicolin, il quale sarà incaricato di supervisionare il rispetto di regole comuni da parte dei progetti selezionati. L’architetto Nicolin non si occuperà quindi della progettazione dei singoli edifici e del campus - come previsto in un primo momento - lui stesso ha anzi ribadito il carattere di coordinamento del suo ruolo, nella definizione dell’impianto urbanistico, dei tracciati e dello schema planivolumetrico del progetto. I concorsi riguarderanno la nuova sede della regione, il comparto denominato Città della moda e il grande Campus/parco al centro, e sembrano destinati a dare ulteriore visibilità a questo progetto. A gestire l’attuazione degli interventi, saranno predisposti due organi: un Comitato di vigilanza che si occuperà di coordinare i Concorsi, ed è già stato attivato, ed un Comitato di regia, la cui competenza dovrebbe estendersi anche all’area delle ex-varesine. • L’aspetto infrastrutturale La concentrazione di infrastrutture di trasporto in questo punto viene ancora visto come un motivo a favore dell’insediamento della Città della moda, anche in vista della maggiore efficienza che avrà il passante ferroviario una volta completato. Di fronte alle critiche di alcuni presenti, preoccupati dall’impatto delle nuove funzioni su un quartiere dalla buona vivibilità come l’Isola e dallo schema viabilistico ad Y del progetto originale di Nicolin, che prevedeva il prolungamento di viale Zara lungo via Volturno, si è risposto dicendo che l’asse viario non è da intendersi come un’arteria di scorrimento,
ma di una strada a due corsie, una per senso di marcia, fiancheggiate da larghi marciapiedi, che mantengano la sezione di un viale a vantaggio del disegno urbano dell’intera area. Il traffico in entrata in città verrebbe incanalato nel ramo verso il Cimitero monumentale, mentre il ramo proveniente dalle ex-varesine servirebbe i flussi in uscita da Milano. È stata anche verificata la possibilità di interrare questo ultimo tratto, ma non si sa se sarà questa la soluzione adottata. Altri dubbi sono stati avanzati sulla attendibilità della Valutazione di impatto ambientale, viste le numerose incognite e varianti del progetto e visto che questa stessa valutazione dovrebbe essere effettuata da una società controllata dalla Regione Lombardia, la quale è tra i principali committenti dell’operazione. L’architetto Nicolin ha sottolineato l’esigenza di insistere su due punti qualificanti per l’intero progetto, dal punto di vista “urbano”: la realizzazione del parco e la riqualificazione del primo tratto di via Volturno, interventi di carattere sperimentale che dovrebbero in qualche modo coinvolgere gli abitanti del quartiere e per i quali sarebbe opportuno vincolare gli oneri di urbanizzazione dei primi interventi che coinvolgono l’area. • Un concorso per riflettere sullo spazio pubblico Nel corso della discussione si è auspicato l’allargamento del concorso di progettazione del parco alla riqualificazione e connessione del quartiere Isola con il nuovo insediamento, una possibilità per la valorizzazione del quartiere e l’integrazione dei nuovi interventi. Permangono infatti le preoccupazioni degli abitanti dell’Isola rispetto alla perdita degli attuali spazi a verde pubblico, data per certa, a fronte di una incerta acquisizione di nuovi spazi verdi dei quali nessuno è in grado di prevedere tempi e modalità di realizzazione. Lungo via de Castillia resistono inoltre alcuni piccoli proprietari le cui case ostacolano il completamento del progetto: vedremo se il Comune riuscirà a spuntarla, o se si troveranno anche qui soluzioni alternative. A mio parere l’uditorio è stato positivamente impressionato dall’approccio aperto e sperimentale dei progettisti, Nicolin e Tancredi, ben disposti a raccogliere i suggerimenti emersi in varie pubbliche discussioni in questi ultimi mesi. Due volte sono già stati ospitati dall’Ordine degli architetti, una volta da quello degli ingegneri e se ne è parlato in varie altre sedi. Questi stessi temi verranno discussi anche in una prossima udienza pubblica del Consiglio comunale, sarebbe quindi opportuno che questa disponibilità abbia modo di tradursi in concrete scelte progettuali e che il progetto ne risulti rafforzato e non indebolito da compromessi mediocri. Antonio Borghi
Dalle Istituzioni
Regione Lombardia Opere pubbliche: osservatorio e consulenza on line Chi opera all’interno della pubblica amministrazione si trova quotidianamente impegnato ad amministrare la cosa comune facendo riferimento ai princìpi ed alle regole dettate dalla normativa, sui cui contenuti sovente sussistono difficoltà interpretative. La Regione Lombardia, sentendo fortemente la responsabilità quale legislatore di dettare regole chiare, in questi ultimi anni ha sempre più incisivamente esercitato il suo ruolo nel fornire un orientamento interpretativo, sia emanando circolari e linee guida, sia attraverso i suoi organi consultivi. L’evoluzione dei sistemi di comunicazione ha impresso a tale attività un’efficacia sempre maggiore, avvicinando la Regione agli enti locali i quali, tra i più impegnati interpreti dell’applicazione delle leggi, risultano interlocutori qualificati per testarne l’esaustività e l’efficacia. Dall’avvio della settima legislatura la Regione Lombardia ha incrementato notevolmente i propri investimenti per promuovere iniziative che, attraverso una politica di e-government, porteranno a dare attuazione a specifici obiettivi previsti dalla propria pianificazione strategica, lungo tutto il percorso della stessa legislatura. Oggi, con soddisfazione, do notizia della realizzazione di due strumenti molto importanti che segneranno il passaggio ad un miglior livello di interlocuzione tra la Regione Lombardia ed i propri enti territoriali; si tratta di due diversi servizi accessibili tramite internet di cui darò una sommaria descrizione ma che sono ormai utilizzabili on line. Il primo cui mi riferisco, certamente non in ordine di importanza, è stato realizzato dalle Regione Lombardia in collaborazione con tutte le altre regioni italiane e con il Ministero per le Infrastrutture e per i Trasporti,
in forza di un protocollo di intesa che prevede l’attivazione di un servizio di consulenza on line in materia di opere pubbliche a beneficio degli enti pubblici e di tutti gli operatori del settore. Si tratta di uno strumento condiviso in campo nazionale per garantire quell’uniformità di orientamento che deve portare chiarezza sulle regole di un mercato mobile quale è quello delle opere pubbliche. Digitando l’indirizzo www.oopp.regione.lombardia.it le stazioni appaltanti lombarde potranno porre gratuitamente quesiti relativi alla pianificazione, progettazione ed esecuzione di opere pubbliche, autodotandosi di user name e password e richiedendo l’accreditamento alla sezione regionale del servizio di consulenza telematica. Gli utenti riceveranno le risposte dagli esperti della sezione regionale lombarda, che ha sede presso l’Assessorato alle Opere Pubbliche Politiche per la Casa e Protezione Civile, nell’arco dei 15 giorni successivi all’inoltro del quesito. I quesiti e le relative risposte verranno pubblicate nel data base del servizio che sarà consultabile gratuitamente da parte di chiunque abbia interesse attraverso l’ausilio di un motore di ricerca attivabile per argomento, per legge o per data. Il sito contiene anche una banca dati con la normativa di riferimento per la disciplina dei lavori pubblici e la pubblicazione delle news di settore. Si tratta di instaurare un rapporto tra la Regione ed i propri enti territoriali diverso rispetto al passato, volto a cogliere in modo sistematico le preziose indicazioni relative alle criticità emergenti nell’applicazione delle leggi. Un contatto tra istituzioni che diverrà sempre più incisivo dopo la recente riforma costituzionale, che dà maggior peso all’autonomia legislativa regionale, avvicinando il legislatore ai soggetti chiamati all’applicazione della legge. Il secondo strumento ormai disponibile operativamente riguarda l’attività dell’Osservatorio Regionale dei Lavori Pubblici, che opera anche quale Sezione regionale dell’Osservatorio istituito presso l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici L’Osservatorio diviene telematico e opererà attraverso internet. Grazie all’applicazione che la Direzione opere pubbliche, politiche per la casa e protezione civile della Regione Lombardia ha realizzato, le stazioni appaltanti non dovranno più inviare floppy disk contenenti i dati sugli appalti, ma opereranno on line con un sistema
di trasmissione sicuro che consente di effettuare controlli di congruità e correttezza e assegna immediatamente il codice univoco all’opera. Non sarà necessario installare alcun applicativo presso le stazioni appaltanti che inseriranno i dati on line. Sarà sufficiente collegarsi al sito http://osservatorio.oopp.regione.lombardia.it per richiedere l’abilitazione. Resta in vigore per ora l’obbligo dell’invio delle schede cartacee, ma si confida che entro breve tempo sarà possibile eliminare questa modalità di trasmissione applicando la tecnologia di “Lombardia integrata”, un sistema di trasmissione dati sicuri e certificati a norma di legge tra le Amministrazioni lombarde messo a punto dalla Regione Lombardia. Anche i bandi di gara per lavori pubblici da realizzare in Lombardia vanno in rete. Tutti i soggetti interessati, connettendosi al sito http:\\osservatorio.oopp.regione.lombardia.it o accedendovi dall’home page della Regione (www.regione.lombardia.it), potranno consultare i bandi di gara che le stazioni appaltanti, abilitate con le modalità indicate per l’Osservatorio sui lavori pubblici, pubblicheranno in forma telematica secondo le disposizioni della legge 24 novembre 2000 n. 340 e del D.M. n. 20 del 6.4.2001. La Direzione opere pubbliche, politiche per la casa e protezione civile ha infatti realizzato l’applicativo che consente alle stazioni appaltanti di adempiere alle disposizioni di legge attraverso un sistema assistito. I bandi saranno visualizzabili in forma sintetica o scaricabili nella versione integrale. Il sistema consentirà a tutte le imprese operanti nella regione di essere tempestivamente informate su tutti i lavori pubblici banditi da qualunque stazione appaltante, contribuendo all’affermazione del principio della libera concorrenza. Carlo Lio Assessore ai Lavori Pubblici, Politiche per la Casa e Protezione Civile della Regione Lombardia
Lettere redazione.al@flashnet.it
Con garbo a Sgarbi... Lettera aperta a proposito dell’intervista a Vittorio Sgarbi pubblicata sul numero di Aprile 2002 della rivista “Costruire”: Architetti: vi perseguiterò Egregio professore, mentre per inciso le chiedo perdono di una personale idiosincrasia nei confronti dell’italico aggettivo di “onorevole”, in questa sede vorrei evitare di dilungarmi su una peraltro non difficile risposta alle Sue recenti argomentazioni ad effetto circa l’operato degli Architetti d’oggi: in proposito non mancherà sicuramente chi vorrà darne circostanziato riscontro. Preferisco tuttavia riprendere a monte il tema del ricorrente confronto tra chi si professa Critico e chi invece si impegna incisivamente nel proprio ruolo di Architetto. Lei comprenderà benissimo che la storia (disciplina di cui Ella è cultore) si ripete: ciò che oggi fa sensazione quasi sempre è già stato detto e conseguentemente ha già trovato risposta in passato. Mi è dunque congeniale risparmiare inchiostro e riproporLe, al riguardo, un idoneo apologo espresso proprio da chi ebbe ad insegnarmi molto a proposito di Architettura (esercitata per così dire sul campo) e che naturalmente non poté fare a meno di sperimentare un incontro, condito da sprezzanti ironie e stizzose opinioni, proprio con un “Professore” della erudita ed eletta classe dei Critici d’Arte e (inevitabilmente) di Architettura: “Immagino dunque un carro che percorre una strada. Sul carro sta il nostro professore che volta la schiena all’asino e guarda fisso la strada che gli scorre sotto, guarda lontano nella direzione della strada percorsa; non perde nulla del paesaggio; conosce e ritiene tutto. I sassi che gli sfuggono sotto lo infastidiscono per la loro miseria di semplici sassi; i paracarri sono semplici paracarri, le case e le piante, solo case e piante. Oh lui ama e gode il paesaggio nel-
la sua completezza. È possibile che da sotto le ruote del carro non sfugga mai un paesaggio intero? Di fianco al professore, seduto sulla stessa panca sta il carrettiere che conduce l’asino. Egli naturalmente è volto verso l’asino, ne risente gli odori e il fiato, fa attenzione alla strada avanti per quel tanto che gli basta a guidare l’asino, il carro e il professore insieme. Tien l’occhio ai ciottoli, ai paracarri e non spazia lontano se non per regolare il passo ed evitare il peggio. Si volta di tanto in tanto, ma solo per misurare la strada percorsa; con le mani callose tien forte la briglia e la frusta. Egli è rozzo e conduce il carro; conduce anche il professore perché possa vedere il paesaggio lontano fatto di luce e di colori. Egregio professore, io mi sento sulla panca dalla parte del carrettiere; Ella è piuttosto dalla parte del professore tipo. Siamo seduti entrambi sempre nello stesso punto e sullo stesso carro. Io fo più attenzione ai sassi ed ai paracarri e se mi volto è soprattutto per misurare il cammino percorso. Ella non finisce di riguardarsi il paesaggio, e ha ragione; tuttavia degni di considerazione anche l’asino che infine ci conduce tutt’e due ed è proprio per il suo camminare a dispetto di tutti che a Lei è concesso di godere i suoi paesaggi. Ma so bene che queste sono posizioni inespugnabili. E così lo spettacolo del carro con il professore volto di poppa e il carrettiere attento all’asino e alla strada, dura da sempre. Le cronache dicono che la ragione fu sempre del rozzo carrettiere perché era alleato con l’asino ”. Non avendo per ora altro commento, Le porgo doveroso ossequio. Stefano Castiglioni
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Informazione
Informazione
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Fondazione dell’Ordine Serate d’architettura Il 28 febbraio, nella sede dell’Ordine degli architetti di Milano, si è svolto l’incontro Chi farà la città della moda? Il progetto dell’area Garibaldi-Repubblica. Architettura, funzioni, strutture di gestione e aspetti finanziari per un polo funzionale ancora da inventare. Erano presenti i rappresentanti delle istituzioni coinvolte nel progetto: Mario Boselli, Pres. della Camera Nazionale della Moda, Guido Della Frera, Ass. agli affari generali e personale della Regione Lombardia, Ennio Presutti, Pres. Società Garibaldi-Repubblica, Pierluigi Nicolin, vincitore del concorso di progettazione bandito diversi anni fa, Giancarlo Tancredi, responsabile di questo progetto per il Comune di Milano, Giovanni Verga, Ass. allo sviluppo del territorio del Comune di Milano, e Luigi Mazza urbanista e consulente del Comune di Milano, nel ruolo di moderatore. La sala di via Solferino è riuscita appena ad ospitare il numeroso pubblico, tra i quali particolarmente attenti diversi rappresentanti di Cantieri Isola, associazione di quartiere da oltre un anno attenta agli sviluppi del progetto, ritenuto pericoloso per l’equilibrio della zona. Forse anche in previsione della loro “agguerrita” presenza l’architetto Nicolin e Tancredi hanno portato nella sede dell’Ordine il plastico che individua le volumetrie dell’intervento e la loro collocazione, ed attorno a quel tavolo la discussione si è protratta fino a dopo mezzanotte. Di seguito cercherò di riassumere in alcuni punti la rappresentazione dello stato dell’arte del progetto che è stata esposta dagli oratori e la discussione che ne è seguita. • Che consistenza assumono le funzioni nei più recenti sviluppi del progetto Città della moda? Ad aprire la serata è stato il rappresentante della Camera della moda Boselli, il quale ha confermato l’interesse di novanta imprenditori del settore al nuovo insediamento. Si tratterebbe per lo più di stilisti emergenti, piccole e medie imprese che vedrebbero con favore un nuovo polo espositivo, soprattutto in previsione del trasferimento della fiera a Rho-Pero, localizzazione poco adatta alla moda, che preferisce mettersi in mostra in città. Secondo Boselli ed i progettisti lo sviluppo di questo settore potrebbe essere incentivato dalle attrezzature previste ad integrazione dei 30.000 mq espositivi. Si prevedono infatti una scuola di design, un archivio storico e museo, un nuovo albergo ed un Palazzo della moda. I termini dell’operazione non sono stati chiaramente delineati, ma il mix di funzioni sembra essere meglio articolato rispetto a come esposto un anno fa nella stessa sede. Più chiara sembra anche la situazione del Polo istituzionale, almeno per quanto riguarda la Regione, che rinuncia alla metà della propria volumetria
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Rassegna
Informazione
a cura di Manuela Oglialoro
Rischia di rallentare in Lombardia il processo di riuso dei sottotetti a fini abitativi o meglio, rischia di bloccare quell’interpretazione della Legge regionale 15/1996, e la successiva generalizzata azione che ha consentito in questi anni di recuperare, in base ai parametri edilizio-urbanistici, non solo i sottotetti precedenti al 1996, ma anche quelli successivi, anche in edifici di nuova costruzione purché giunti al “rustico” al momento della presentazione della domanda. Il doppio stop, pur non toccando per ora la validità della Legge 18/2001, ha messo in forte allarme i costruttori edili lombardi, che da anni fanno largo utilizzo di quella norma.
Ambiente
Milano
Grandi opere pubbliche e impatto sull’ambiente. Matteoli contro Lunardi. Il decreto legislativo fa insorgere i Verdi (dal “Corriere della Sera” del 13.4.02) È di nuovo scontro tra i ministeri dei lavori pubblici e quello dell’Ambiente sulla Via, la Valutazione di Impatto Ambientale che attua una preventiva verifica degli effetti sul territorio di opere pubbliche come il Ponte sullo Stretto di Messina, il Mose di Venezia, l’Alta velocità Torino-Lione e l’autostrada Livorno-Civitavecchia. Ciascuno dei dicasteri, guidati rispettivamente da Pietro Lunardi e Altero Matteoli, ha approntato una riforma del procedimento giudicato dal governo troppo lungo e complicato. Il decreto legislativo di Lunardi è stato diffuso dalle associazioni ambientaliste che vi hanno ravvisato la definitiva marginalizzazione dei pareri richiesti ai ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali.
La fabbrica del vapore? Sbagliati tutti i tempi. Ancora fermi i lavori per la cittadella dei giovani. L’assessore: troppi annunci e intoppi, ma siamo pronti a ripartire (dal “Corriere della Sera” del 11.4.02) I cancelli della fabbrica del vapore sono ancora chiusi. Aldo Brandirali, alla guida dell’assessorato comunale ai giovani, ammette gli errori. “È partita prima l’immagine dei lavori. Avevano annunciato la Fabbrica del Vapore, ma di pronto c’era giusto il cartello d’ingresso. Il progetto è diviso su tre appalti. Il primo per il lato che guarda su via Luigi Nono: ”Stiamo aspettando il responso degli uffici per la parte tecnologica” spiega Brandirali. Il secondo è il più grosso: con 8 milioni e mezzo di Euro il Comune dovrebbe ristrutturare tutta la parte dove verranno ospitati i laboratori. “Anche questo appalto non è definito e contiamo a settembre di poter avviare le pratiche. Idem per il terzo appalto quello della cosiddetta Cattedrale”.
Normativa Il testo unico dell’edilizia snellisce le procedure ma aumenta gli oneri dei tecnici. Progettisti a “responsabilità totale”. I rischi delle relazioni di conformità di ingegneri, architetti, geometri e periti (da “Il Sole 24 Ore” del 23.4.02) I vantaggi che il testo unico dell’edilizia garantisce ai cittadini, sotto forma di snellimento delle procedure, aggravano le responsabilità dei professionisti. Ai tecnici è infatti chiesta una collaborazione di tipo sostitutivo nei confronti della pubblica amministrazione, soprattutto per i casi di utilizzazione delle dichiarazioni di inizio attività (Dia). Le figure più esposte a queste responsabilità sono quelle del direttore dei lavori e del progettista: cioè ingegneri, architetti, geometri e periti che redigono le cosiddette relazioni di conformità. Stop ai sottotetti in Lombardia. Doppia decisone del Tar contro l’uso della legge regionale per recuperare spazi anche in nuove abitazioni (da “Il Sole 24 Ore” del 24.4.02)
Musei e grattacieli, in pulmann nella nuova Milano. Il Sindaco: visite guidate nelle periferie per i cittadini. Si parte con quattro itinerari. Pagano gli sponsor (dal “Corriere della Sera” del 11.4.02) L’università al posto delle fabbriche, biblioteche dove un tempo si scaricavano merci, grandi teatri in luogo d’aree dismesse. E poi musei, case nuove e nuove strade e binari, cantieri. La Milano che cambia e rinasce, ama le periferie - sintetizza il Sindaco Albertini che diventano città; alla Bovisa alla Bicocca, a Metanopoli, a Porta Vittoria, a Garibaldi-Repubblica. Dove sta il problema? In questo, secondo il Sindaco, questa “nuova Milano” nessuno la conosce, di questa città “in trasformazione” i milanesi sanno poco o nulla. Ora ci pensa il Comune: per otto sabati, distribuiti in due mesi, porterà i milanesi a vederla, la Milano che cambia. In pulmann con tanto di guida. L’iniziativa si chiama infatti “Conoscere Milano - Il
luoghi della trasformazione”, ed è promossa dall’Urban Center di Palazzo Marino in collaborazione con l’Associazione interessi metropolitani e con la Facoltà di Architettura del Politecnico. Disegni, studi e vignette. Apre al grande pubblico la Fondazione Portaluppi (da “Il Giornale” del 5.4.02) Nasce per volere degli eredi, la Fondazione Portaluppi con sede in via Morozzo 5 con lo scopo di creare un centro studi, di divulgazione e di ricerca in grado di ridare luce all’opera e alla personalità dell’architetto che aveva scelto come logo due P speculari come emblema del suo mondo. Un mondo che comprendeva diverse discipline: il disegno, il restauro, la forma, la ricerca filologica, il progetto tecnico e quella mano abile da vignettista. Milano cambia col “fai da te”. Triennale: le trasformazioni urbane a convegno (da “la Repubblica” del 17.4.02) Milano è come sotto una cappa di trasformazione pulviscolare: cambia ma non si vede. Niente terremoti o rivoluzioni, ma processi sotterranei, dispersi e diffusi che stanno creando una nuova città. La cosa interessante è che sempre più spesso a dirigere queste mutazioni del territorio urbano sono esperienze autogestite: comitati di quartiere o di cittadini, giovani o associazioni di volontariato (…) che recuperano spazi abbandonati, che rivitalizzano aree pubbliche, che offrono nuovi progetti di vita della città. Proprio di questi si occupa la Triennale con un convegno “Milano Comunità in corso”. Il Duomo è malato, troppo smog. La veneranda fabbrica: “C’è il rischio che qualche statua crolli” (da “la Repubblica” del 9.5.02) Lo smog e il clima minacciano la facciata del Duomo. L’inquinamento dell’aria e gli sbalzi di temperatura, particolarmente pronunciati quest’inverno, aggrediscono i marmi, riducendone la solidità e compromettendone la stabilità. “C’è il rischio, concreto, che qualche frammento di statua ceda e crolli” avverte l’ingegner Benigno Morlin, direttore della veneranda Fabbrica, annunciando a sorpresa l’imminente avvio di una nuova campagna di consolidamento e restauro. I segreti del grattacielo. Ecco perché non è crollato. Resiste da sempre a un vento più pericoloso del Piper (da “la Repubblica” del 21.4.02) Il grattacielo Pirelli, investito da un piccolo aereo privato, ha suscitato un solo un unanime commento: “Rivincita del cemento armato”. Un commento che sottintende una implicita condanna delle strutture realizzate in ferro, come quelle dei due grattacieli crollati a New
York. Il confronto tuttavia, ed il successivo giudizio, sono alquanto superficiali, giacché le condizioni in cui sono avvenuti i due incidenti si presentano talmente diverse da rendere impossibile una comparazione obiettiva. Hinterland Melegnano, “regole verdi” per l’edilizia. Ispirate ai princìpi della bioarchitettura le nuove norme comunali, “no” agli sprechi di energia (dal “Corriere della Sera” del 14.4.02) Una casa ecologica all’insegna del risparmio per decisione comunale. È quanto prevede il nuovo regolamento edilizio presentato a Melegnano dall’amministrazione uscente e annunciato in “eredità” a chi verrà eletto. Per la prima volta, sono ammessi non solo limiti e vincoli tecnici, burocratici e pratici, ma anche chiari princìpi di bioarchitettura per case che abbiano caratteristiche ecocompatibili e, soprattutto, di massimo risparmio energetico. Obiettivo dichiarato: arrivare al 2003 con le nuove norme in tempo per il rilascio delle prime licenze edilizie sull’area industriale dismessa dell’ex Broggi Izar, dove sono previsti 600 nuovi abitanti. Idrovie Un battello a energia solare farà la spola Milano-Locarno (da “Il Giornale” del 24.4.02) Ecocompatibile grazie ai pannelli solari e al motore elettrico; una capienza di 60-90 posti, e doppia guida a prua e a poppa. Sono le caratteristiche della nuova imbarcazione, che farà silenziosamente la spola tra Locarno e Milano, quando l’Idrovia turistica verrà riattivata. L’Aem e l’Istituto per i Navigli/Associazione amici dei Navigli hanno promosso il progetto del battello, che entrerà in funzione nel 2003 nel tratto dei canali milanesi, già percorso dalla Viscontina. Professione Professionisti italiani pronti a sbarcare in massa nel Cantone (da “Il Giornale” del 24.4.02) Liberi professionisti italiani in cerca di lavoro nel Canton Ticino, e per tutti è pronto un vademecum per esercitare oltre confine. A poco più di un mese dal giorno in cui la Confederazione non sarà più off - limits per i liberi professionisti italiani, prendono forma le nuove leggi per chi vuole mettere su studio in Svizzera. Già fin d’ora però alcune categorie professionali ticinesi sono sul piede di guerra e avvertono: “Vada per gli italiani, ma solo a patto che venga rispettata la parità di trattamento. In base al principio della reciprocità, anche noi dobbiamo avere la possibilità di lavorare nella Penisola”.
Riletture a cura di Antonio Borghi I luoghi-simbolo di Milano, prima parte: piazza del Duomo e la Soprintendenza La cronaca architettonica di inizio anno - a parte la funambolica inaugurazione del Teatro degli Arcimboldi - non ha dovuto affrontare temi di particolare interesse. I cronisti del settore hanno trattato gli sviluppi delle solite polemiche cittadine sul traffico, sul tramonto dell’Alba di Milano e qualche enorme transazione immobiliare, oppure, in alternativa, sono tornati ad occuparsi dei luoghi più simbolici della capitale meneghina, in una continua dialettica tra passato, presente e futuro. A proposito del luogo forse più simbolico di Milano, la piazza del Duomo, “la Repubblica” del 26 marzo titolava Una piazza in crisi d’identità dopo gli interventi della Sovrintendenza, che ha sfrattato fioristi e megapalchi, si riapre il dibattito sul futuro del centro. L’arciprete del Duomo: “La stanno profanando”. Zita Dazzi sintetizza in questo modo i termini della questione. “Piazza del Duomo: per la Soprintendenza non ci dovranno più essere né mercatini dei fiori, né grandi eventi che richiamino migliaia di persone. Un processo di conservazione del principale complesso artistico e architettonico iniziato un paio d’anni fa con la decisione della giunta di togliere le insegne pubblicitarie dalla facciata di Palazzo Carminati. Poi, alla fine dell’anno scorso, un altro diktat di Palazzo Marino: non ci saranno più i grandi concerti, tipo i Pooh o Khaled. Tutte decisioni che aprono il dibattito su piazza del Duomo. ‘La piazza è di tutti. Ma ci vuole un po’ di decoro. Non è il posto giusto per i pic-nic e non è il luogo adatto al rock’ sostiene, ad esempio, il nuovo arciprete del Duomo, monsignor Luigi Manganini. Da una parte, infatti, c’è chi rivendica il ruolo di moderna agorà aperta a tutti gli eventi della società contemporanea, dalle manifestazioni politiche ai grandi concerti pop. Dall’altra c’è chi vorrebbe restituire alla piazza centrale della città quella pace e quella dignità che vengono turbate dalle folle di stranieri che bivaccano sul sagrato, ma anche dai turisti in calzoncini corti o dai manifestanti delle più diverse estrazioni ideologiche. Ma anche al di fuori di questi eventi clou, quella del Duomo negli anni innegabilmente è diventata una piazza in cerca d’autore. Il luogo di ritrovo per migliaia di sudamericani ogni domenica pomeriggio, il teatro di risse catastrofiche, la meta preferita dei turisti giapponesi, lo scenario ideale per le foto di matrimonio dei coreani, l’epicentro dei festeggiamenti per il carnevale o per le vittorie calcistiche. Di tutto un po’, con la Sovrintendenza ai beni architettonici che si mette di mezzo e fa ritirare le bancarelle dei fioristi in piazzetta Reale, ma anche la patinoire che veniva montato nel periodo di Natale.”
Forse, come spiega il professor Monestiroli, la ragione è un’altra: piazza del Duomo è ancora incompiuta. Sentiamo quindi cosa risponde il Preside della Facoltà di Architettura Civile, la II Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano a Bovisa, alle domande di Luca Pagni nell’intervista intitolata Prevale il consumismo duro, soltanto la cultura la salverà. “Professor Antonio Monestiroli, (...) ci può spiegare cosa sta diventando Piazza del Duomo? La possiamo ancora identificare con l’agorà, il punto di riferimento e di incontro della città? Piazza del Duomo sta seguendo il processo di trasformazione delle vie del centro, in particolare degli spazi commerciali. Sono cambiamenti inevitabili: spariscono alcuni grandi bar come il Motta, negozi storici come Galtrucco. Via via vengono sostituite da attività commerciali del tutto diverse. Non sempre in peggio: gli empori multimediali sono diventati, a modo loro, punti di incontro e di diffusione culturale. Il tutto però a scapito dell’incontro tra le persone, non crede? Certo, la tendenza prevalente è quella del consumismo duro, dell’offerta di beni di consumo meno interessanti dal punto di vista culturale. Non solo: nella piazza e negli spazi attorno l’unica offerta sembra essere quella commerciale: prima, invece, era bilanciata da bar, ristoranti, cinema, librerie. Ora ci sono solo negozi di vestiti. Unica eccezione, ripeto, i negozi multimediali che hanno anche il merito di attrarre i consumatori più giovani, la parte più vivace della società. In questo modo la piazza perde la sua polifunzionalità che la faceva diventare il luogo di ritrovo quasi obbligato. Quello che dice vale soprattutto per coloro che risiedono in città. Corso Vittorio Emanuele sembra diventato il ritrovo di chi abita nell’hinterland. E piazza del Duomo il punto di ritrovo di molti immigrati. È così? Per definizione il centro di Milano è pur sempre quello, per chi viene da fuori. Allo stesso modo è anche vero che quando gli spazi commerciali sono monofunzionali non si sviluppa alcuna attività aggregativa. L’unica salvezza per il centro di Milano è rappresentata dagli spazi espositivi: Palazzo Reale e l’Arengario, una volta completato il loro recupero, possono diventare un importante punto di riferimento e di incontro. La Soprintendenza, nel tempo, ha detto no alla Fiera del libro, alla patinoire, alla tazzinetta benefica e ora anche al mercato dei fiori: tutte iniziative che ravvivavano la piazza del Duomo. Non è una visione troppo monumentalistica? Sì e no. L’uso degli spazi pubblici è andato deteriorandosi. Guardiamo a via Dante. L’idea dell’isola pedonale era giusta, ma ora non c’è più un uso pubblico della via. È stata regalata ai commercianti. Per viverla, magari sedendosi, bisogna come minimo bere un caffè. Per cui trovo
giusto limitare le bancarelle. Ma il problema di piazza del Duomo è anche un altro. La piazza è incompiuta. Il Mengoni, l’architetto della Galleria, l’aveva pensata in modo diverso. Nei primi anni Novanta Ignazio Gardella aveva vinto il concorso di trasformazione di piazza del Duomo riprendendo il progetto di Mengoni. Ma nessuna Giunta ha mai avuto il coraggio di portarlo avanti. Cosa prevedeva? In tutta Europa le piazze che si affacciano su una chiesa gotica sono di dimensioni ridotte. Sono chiese che si devono guardare da vicino, perché appaiono ancora più slanciate verso il cielo, verso il divino. Gardella voleva recuperare questo effetto realizzando sul lato del Carminati un fondale con una fontana e una loggia. Non sarebbe stato un ampliamento della piazza, ma il completamento del disegno originario del Mengoni. Ma le nuove piazze di Milano dove si trovano? Alle Colonne di San Lorenzo, per esempio. È sempre piena di gente. È un esperimento riuscito. Ma anche fuori dal centro le piazze devono essere sempre recuperate. Il guaio è che sono considerate come un luogo della vita civile del passato. Un’idea completamente sbagliata.” Torna sull’argomento sulle pagine milanesi del “Corriere” del 29 marzo l’urbanista Marco Vitale con un appassionato editoriale dal titolo Un fiore in Piazza. “Non sarebbe consono al valore monumentale di Piazza del Duomo. Queste, in estrema sintesi, le ragioni per sfrattare definitivamente da piazzetta Reale il mercatino dei fiori, illustrate in un documento della sovrintendente ai beni ambientali e architettonici. Così dovrebbe finire una delle poche tradizioni dolci e pittoresche che allietavano le domeniche di primavera in Piazza del Duomo. Già hanno spento le ‘stelle’ della piazza, cantate da Umberto Saba (‘Milano. Fra le tue pietre e le tue nebbie faccio villeggiatura. Mi riposo in Piazza del Duomo. Invece di stelle ogni sera si accendono parole. Nulla riposa della vita come la vita’). Adesso si sfratta anche questo dolce, colorito mercatino. E cosa andremo a fare in Piazza del Duomo? A vedere quella, a esclusione del Duomo, tronfia e retorica architettura? O ad ammirare turisti e immigrati? Ci dicono: non è consono. Ma che cosa vuol dire? Non
è consono a cosa? A fare di Piazza del Duomo un museo? Ma Piazza del Duomo non è un museo e non deve diventarlo. Ribelliamoci: non solo perché questa specifica decisione è sbagliata, ma perché essa è espressione di una concezione inaccettabile della città. D’accordo che in Piazza del Duomo non si tengano quegli orrendi concerti con microfoni che fanno tremare la Madonnina o altri orrori consimili. D’accordo che non si vendano salsicce e torroni. Ma via, un mercatino di fiori o di libri o di altri ‘oggetti’ gentili per attirare un po’ di gente e non lasciare la piazza in mano a turisti straniti e agli immigrati, per conservare un po’ di vita cittadina accanto ai monumenti, a chi fa danno? Ma la sovrintendente non ha mai visto le piazze del Duomo di Angelo Inganni, con i venditori di ortaggi e gli arrotini; non ha mai visto lo stupendo ritratto della Scala, sempre di Angelo Inganni, con a lato del porticato d’ingresso della Scala la bancarella del venditore di uccellini; non ha mai visto il dipinto di Samuel Prout, Il coperto dei Figini, con la bancarella e la venditrice di frutta davanti al Duomo; non ha visto le incisioni del ‘700 di Piazza del Duomo animate da personaggi ben vestiti, carrozze lussuose e, insieme, da artigiani e venditori? Non ha mai visto la ‘Raccolta di 30 costumi con altrettante vedute’ con i vari esercenti di arti e mestieri, ciascuno ambientato con lo sfondo di un monumento della città, quasi a sottolineare che a Milano le arti e mestieri sono nobili come i monumenti, anzi li rendono ancora più nobili perché li animano e ne fanno una cosa viva? Non si è mai domandata perché questa vecchia Milano suscita nostalgia e affetto? Perché rappresenta la vita di Milano, il carattere di Milano, la fusione tra arti e mestieri, sontuose carrozze e nobili monumenti, che sono però parte della città viva e non musei. Sono convinto che a Piazza del Duomo debba essere assicurato un alto livello di decoro (qualcosa è stato fatto in questo senso, ma molto resta da fare), ma credo di essere in buona compagnia rifiutando la visione di Piazza del Duomo come un museo. Per questo credo che sia un errore lo sfratto del mercatino dei fiori, una delle cose più dolci e gentili che c’erano in Piazza del Duomo, una delle più consone alla sua funzione come Piazza del Popolo e non come Piazza dei Sovrintendenti”.
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Libri,riviste e media a cura della Redazione
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Paola di Biagi (a cura di) La grande ricostruzione. Il piano Ina-Casa e l’Italia degli anni ’50 Donzelli, Roma, 2001 pp. 502 , € 35,12 Enrico Colla, Fernando Mazzocca (a cura di) Il Palazzo Reale di Milano Skira, Milano, 2002 pp. 326, € 70,00 Pisana Posocco, Gemma Radicchio, Gundula Rakowitz (a cura di) Scritti su Aldo Rossi “Care Architetture” Allemandi, Torino, 2002 pp. 160, € 18,00 Laura Mancini, Vittorio Notari Giuseppe De Finetti Villa Crespi Alinea, Firenze, 2002 pp. 36, € 6,50 Salvatore Di Pasquale Brunelleschi. La costruzione della cupola di santa Maria del Fiore Marsilio, Venezia, 2002 pp. 256, € 19,50 David Colaianni, Vito Giorgio Colaianni I grattacieli e la scuola di Chicago Franco Angeli, Milano, 2002 pp. 136, € 15,00 Margherita Petranzan Gae Aulenti Rizzoli, Milano, 2002 pp. 240, € 24,00 Christoph L. Frommel, Luisa Giordano, Richard V. Schofield Bramante milanese e l’architettura del Rinascimento lombardo Marsilio, Venezia, 2002 pp. 520, € 48,00 Francesco Finotto La città aperta. Storia delle teorie urbanistiche moderne Marsilio, Venezia, 2002 pp. 240, € 21,69
“Un discettare svagato e colto…”
La ragione della forma
Un manuale per progettare
Un architetto romano
Lezioni di storia urbana
Cinque fotografi per Portaluppi
La villa e il lago
Il diciotto marzo del 1964 la lezione inaugurale all’anno accademico dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia viene tenuta da Carlo Scarpa. Il tema su cui il Maestro è chiamato a discettare è quello dell’”Arredamento”. Nella trascrizione digitale, operata da Sergio Polano e patrocinata da Casabella, emerge tutto il valore per lo studioso d’architettura di poter attingere direttamente alle parole dei Maestri. La trattazione, come è sottolineato da Francesco Dal Co nelle brevi note introduttive, è frutto di un’eloquenza svagata e colta che apre la mente a mondi possibili in cui la visione dell’architetto assimila e trasforma l’esterno da sé in costruzione compositiva. Ecco che allora il refettorio del convento, ora aula magna, acquista forza e profondità nell’immagine evocata del suo arredo originale, o il telo ripiegato sopra il letto della capanna indigena, descritta con vivezza e semplicità, ci comunica con forza di essere strumento per costruire uno spazio di grande forza. E poi, in successione rapida Scarpa tocca i grandi temi della relazione tra ornato e architettura, il ruolo dei vuoti, i rapporti di proporzione, fino al compito dell’allestimento museografico e dell’arte moderna. La lezione di Carlo Scarpa non è a tesi, non esiste un percorso delineato che coinvolga con il rigore di un teorema, ma vi è un procedere per discontinuità, suggestioni, cenni biografici, continue digressioni e trasgressioni che catturano come solo l’eloquio dei grandi docenti sa fare. Alle generazioni di studenti di architettura che a questa ricchezza non hanno potuto attingere direttamente, sicuramente arricchiti dopo l’ascolto di questo cd, rimarrà forse la malinconia per la scomparsa di Maestri che con una frase solo accennata siano capaci di aprire le menti ai mondi possibili di un grande Mestiere.
“Voglio insegnare ai miei allievi a comporre con mezzi semplicissimi. È anzitutto necessario che vedano chiaramente la destinazione della propria opera, che dispongano le parti in base all’importanza (…) non appena conoscono le prime regole di costruzione, dico che devono ricavare dalla costruzione stessa un’ornamentazione ragionata, espressiva. Ripeto spesso che le arti hanno il potere di abbellire qualunque cosa, ma insisto perché capiscano che la forma, in architettura, deve essere sempre appropriata alla funzione che le viene assegnata”. In queste poche righe si concentra l’insegnamento teorico di Henri Labrouste architetto e ingegnere francese, principale rappresentante della corrente razionalista sviluppatasi in Francia nel XIX secolo come alternativa all’insegnamento dell’Ecole des Beaux–Arts. A Labrouste interessa evidenziare, teoricamente e praticamente, come in architettura sia necessario stabilire una precisa relazione fra costruzione e forma, come ogni edificio debba comporsi a partire da una chiara gerarchia delle parti e come “la decorazione deve nascere dalla costruzione espressa con arte”. I saggi che compongono il libro – rielaborazione degli interventi tenuti nel ‘96 nell’ambito di un convegno dedicato alla figura di Labrouste – intendono evidenziare la coerenza che contraddistingue il suo pensiero e la sua opera. A questo proposito sono analizzati non solo gli edifici più conosciuti, le biblioteche parigine, ma anche le ville e gli hôtels particuliers, i monumenti funerari e commemorativi. In un momento in cui il tecnicismo si dimostra essere la componente “vincente” del progetto di architettura, è importante porre l’attenzione sull’opera di chi, nella propria attività sia pratica che teorica, ha sempre ricercato “la ragione di ogni forma”, anche di quella propriamente tecnica.
Nata in Gran Bretagna nel 1968, come Metric Handbook, ausilio ai progettisti inglesi, per il passaggio dal sistema di misura britannico, a quello metrico decimale, l’opera, è stata ristampata in 14 edizioni successive, diventando lo strumento fondamentale di consultazione per i professionisti del mondo anglosassone. L’edizione del 1999, esce oggi in Italia aggiornata e adattata, da Marco Vaudetti e Germana Bricarello, docenti di Architettura a Torino, per eliminare i riferimenti di esclusivo utilizzo britannico. Per esempio, il tema della progettazione del paesaggio è stato affrontato tenendo conto del fatto che tale disciplina è praticata poco in Italia; si riscontrano inoltre osservazioni che nascono dall’esperienza delle new towns (operazione che in Italia non è esistita e che può in qualche modo essere assimilata alle appendici residenziali di un centro urbano, non attrezzate di servizi). In realtà il sistema classificatorio delle tipologie funzionali dell’odierna società nel libro viene rivoluzionato; con la proposizione di riferimenti ai più recenti avvenimenti socio-politici, che possono influenzare la progettazione; sono stati rivisti per esempio gli schemi organizzativi delle agenzie bancarie e postali, degli uffici comunali, dei musei, delle biblioteche, delle case per anziani secondo la vigente normativa italiana e secondo un più ampio e interrelato concetto di “mostrare”. Trentanove sono i capitoli, suddivisi in “rappresentazioni grafiche convenzionali; basi di antropometria, ergonomia, spazi e mobili per la progettazione; apparecchi sanitari e spogliatoi; veicoli; impianti per la movimentazione; paesaggio”. Ci sono, inoltre, i capitoli dedicati al controllo termico ambientale, alla luce, al suono, alle strutture, alla manutenzione. Completa il volume un’ampia bibliografia e un indice analitico.
Il volume raccoglie i testi del ciclo di lezioni pubbliche di storia urbana curate nel 2000 da Vittorio Gregotti e promosse, oltre che dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, dall’Ufficio Ricerche e Documentazione sulla Storia Urbana del Comune di Modena. Il libro raccoglie interventi di C. Olmo, S. Boeri, M. De Michelis, O. Bohigas, V. Gregotti e un’introduzione di B. Secchi sul tema della storia urbana e delle trasformazioni che nel corso dei secoli hanno investito le nostre città e il territorio. La città europea del XXI secolo, nelle comunicazioni qui riportate, diventa oggetto di analisi all’interno di programmi di ricerca diversi, manifestazioni di alcune delle posizioni che per obiettivi o metodologie differenti oggi si confrontano alimentando un dibattito sulle trasformazioni urbane e soprattutto sugli strumenti e i metodi di analisi di queste trasformazioni che questo ciclo di lezioni avrebbe in un qualche modo dovuto far comprendere. Olmo con una comunicazione dal titolo “La città e le sue storie” illustra la complessità del tema aprendo la strada a Boeri che riporta anche qui la sua Ricerca indiziaria sulla “città diffusa” presentata già a Bordeaux nel 2000 con Mutations e ai tre esempi di progettazione urbana della nuova Berlino, della Barcellona Olimpica e della Bicocca di Milano riportati rispettivamente da De Michelis, Bohigas e Gregotti. Resta, più che l’originalità dei contenuti delle lezioni, la bontà dell’intento di un’amministrazione pubblica, dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Modena, che ha mirato alla costruzione e al mantenimento di luoghi che contribuiscono a diffondere una cultura della città e che abbia organizzato lezioni rigorosamente pubbliche di architettura contribuendo quanto meno a farne ricomprendere il suo valore prettamente civile.
Il volume edito dall’Ordine degli Architetti di Piacenza promuove una ricerca per immagini di cinque fotografi sulla Centrale elettrica di Portaluppi e partecipa a comporre il quadro di proposte per riscoprire l’architettura del Novecento. Bergonzoni, unico architetto tra i cinque fotografi, apre con un’inquadratura molto allontanata e rivelatrice della grande invenzione tipologica: la copertura a doppia falda, i grandi camini, quello che compare in lontananza è la casa, il tempio dell’energia. Le immagini di Merli alternano le saette e i guizzi dell’apparato decorativo esterno, inquadrato tra sbuffi di vapore e fumi di scarico, a riprese interne che inseguono i percorsi dei grandi tubi come se documentassero la folle corsa nella centrale di un enorme mostro fluviale. Per chiudere con una rivelazione: la centrale è in realtà chiusa, deserta, silente. Il silenzio e l’immobilità sono fin da subito protagonisti delle immagini di Belloni, sottolineati dall’inquadratura rigorosamente frontale, da un contenimento emotivo persino degli effetti luministici, dall’esibizione della cartellonistica più prosaica. Grande rigore e intellettualismo per un effetto di ricercata attualità scenica, come suggerisce Roberto Mutti nella preziosa introduzione. Maiavacca sceglie di sporcare le sue immagini sottoutilizzando la messa a fuoco e lo studio dell’inquadratura, raddoppiando l’esposizione. Ritrova cartoline sbiadite dal tempo della grande illusione: il progresso. Rigamonti affida alla resa della pellicola polaroid la sua ricostruzione, per dettagli minimi e frammenti narrativi, di un’immagine che mai appare rivelata nell’insieme. La scelta sofisticata dei particolari dell’architettura suggerisce in modo sottile, e dall’interno, l’ambiguità tipologica, chiudendo il cerchio.
Martina Landsberger
Francesca Scotti
Olga Chiesa
Nel 1743 Marcantonio Dal Re, introducendo la sua raccolta di incisioni di ville della Brianza, scrive che le persone “più distinte per nascita e per facoltà (…) si recarono ad impegno onorevole il fabbricarsi ne’ luoghi più distinti per l’amenità, e per la clemenza dell’aere i loro camparecci soggiorni, ne’ quali la magnificenza degli edifizi e la ben regolata simmetria dei giardini conciliasse (…) interpolato riposo dalle gravi occupazioni della città”. La villa sorge sempre in un ambiente paesaggisticamente attraente e significativo, la sua presenza sottolinea i luoghi emergenti e caratterizza gli insediamenti che si costruiranno al suo contorno. La simbiosi struttura architettonica-sito naturale risulta fondamentale per il tipo della villa che si rappresenta come elemento di relazione con lo spazio esterno e con il paesaggio naturale circostante, costituendo, solo in un secondo momento, il nucleo di una struttura urbana inserita in un contesto territoriale. Villa Olmo, realizzata da Simone Cantoni alla fine del XVIII secolo, sorge a nord di Como, sulla riva del lago, in un’area contraddistinta già all’epoca dalla presenza di edifici con tipologia a villa. Come nel caso di tutte le ville del lago il progetto intende sottolineare il rapporto privilegiato che l’edificio deve instaurare con l’acqua anche tramite il giardino. I diversi capitoli che compongono il libro tendono a evidenziare da un lato questo importante aspetto del progetto, e dall’altra il ruolo giocato nella composizione dalla geometria, dalla simmetria intesa come la giusta proporzione che lega le parti al tutto secondo le teorie progettuali illuministiche già codificate dal Milizia. Al progetto iniziale del giardino e al suo completamento in età neoclassica e all’apparato decorativo degli interni della villa sono dedicati due ulteriori capitoli.
Fabrizia Franco
Tanto è semplice la definizione che Norberg-Schulz propone per Portoghesi nell’introduzione, da lasciar dubitare che si possa definire con una parola una figura tanto complessa. Così scopriamo che romano è attributo complesso e riassume quel prodotto di contaminazioni che la città è sempre riuscita ad esercitare attraverso la sua realtà fisica e, soprattutto, la sua dimensione ideale, metaforica; e quell’influsso che ha finito sempre per piegare in qualche modo i non romani, segue in Portoghesi, lui romano, un percorso più arduo, che lo spingerà ad inseguire le tracce di “Roma prima di Roma”. Da lì muove una linea di ricerca non ortodossa che Portoghesi condurrà con criteri inclusivi e che lo porterà al centro del dibattito già alla fine degli anni ’50, raccogliendo il sostegno prima e il ripudio più tardi dello stesso Zevi. Il volume raccoglie le tracce di un’attività critica e professionale eccezionalmente feconda, organizzandola secondo fasi tematiche piuttosto che meramente cronologiche. La prima fase corrisponde all’inquadramento di quegli statuti critici e operativi che marcheranno da subito la posizione non allineata di Portoghesi, quale si può riconoscere ad esempio nella casa Baldi o nei saggi su Guarini e Borromini. Il secondo periodo è quello della messa a punto di un concetto di spazio inteso come “sistema di luoghi”, uno spazio plastico ma regolato, dove la “parete inflessa” ubbidisce a precise regole di dislocazione ottenute come interferenze di centralità. Mentre il terzo periodo è caratterizzato in gran parte dal tema della tradizione, divisa tra le pratiche della Memoria e della Storia; il periodo finale è quello della figurazione organica, dell’esplicita ricerca nella Natura degli archetipi dell’architettura, chiudendo la struttura circolare anticipata già nel ’69 con la mostra Storia e Natura come nutrimento. Filippo Lambertucci
Bernardo Secchi, Carlo Olmo, Stefano Boeri, Marco De Michelis, Oriol Bohigas, Vittorio Gregotti La città europea del XXI secolo, Lezioni di storia urbana Skira, Milano, 2002 pp. 128, € 14,50
Emilia. Cinque fotografi per una centrale di Piero Portaluppi Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Piacenza, 2002, pp. 108
Carlo Scarpa Arredare. Prolusione all’anno accademico Iuav, 1964 1965 a cura di Sergio Polano (CD allegato a “Casabella” n. 698)
Renzo Dubbini (a cura di) Henri Labrouste Electa, Milano, 2002 pp. 300, € 93,00
Roberto Gamba
David Adler ed. italiana a cura di Marco Vaudetti e Germana Bricarello Manuale di dati e misure per la progettazione Utet, Torino, 2002 pp. 774, € 120,00
Giovanna Massobrio, Maria Arcadi, Stefania Tuzi Paolo Portoghesi architetto Skira, Milano, 2002 pp.320, € 60,00
Ilario Boniello
Nicoletta Ossanna Cavadini Villa Olmo. Universo filosofico sulle rive del lago di Como Electa, Milano, 2002 pp. 176, € 70,00
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informazione Informazione
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Astronauta di paesaggi terrestri Marcello D’Olivo (1921-1991). Architettura e arte Udine, Galleria d’arte moderna; Chiesa di San Francesco 18 gennaio – 28 aprile 2002
a cura di Ilario Boniello e Martina Landsberger
informazione Informazione
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Rassegna mostre
Rassegna seminari
La carità a Vicenza. I luoghi e le immagini Vicenza, Basilica Palladiana 20 aprile - 15 luglio
Urban Reciprocity: Architecture & Urban Planning in Renaissance Rome Roma, The Studium Urbis via di Montoro 24 3 giugno - 8 luglio 2002
Ritratto di un’idea. Arte e architettura nel fascismo Roma, Palazzo Valentini, Piccole Terme Traianee via IV Novembre 119/A 11 maggio - 28 luglio 2002 Zaha Hadid. Opere e Progetti Roma, DARC via Guido Reni 8/10 11 maggio - 11 agosto 2002 Carlo Mattioli. Una collezione Vicenza, Basilica Palladiana 12 maggio - 4 agosto 2002 Side Effects - Olivo Barbieri, Francesco Jodice e Armin Linke Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 15 maggio - 22 settembre 2002 Giuseppe ed Alberto Samonà. Lezioni di architettura Venezia, IUAV, Cotonificio veneziano di Santa Marta Dorsoduro 2196 16 maggio - 26 luglio 2002 Ville venete nel territorio vicentino Lonigo (Vi), Palazzo Pisani piazza Garibaldi 1 17 maggio - 21 luglio 2002 Dubuffet e l’arte dei graffiti Brescia, Palazzo Martinengo via Musei 30 26 maggio - 6 ottobre 2002 Il Quinto Quarto. Disegni di King e Miranda Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 4 giugno - 8 settembre 2002 Le fotografie di Franco Fontana sulla Route 66 Reggio Emilia, Palazzo Magnani corso Garibaldi 29 29 giugno - 4 agosto 2002 Il paesaggio e il suo mito Mozzambano (Vr), Villa Vecelli Cavriani 1 -15 luglio 2002 Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca Camerino, Convento di San Domenico 19 luglio - 17 novembre 2002
Giuseppe e Alberto Samonà. Lezioni di Architettura Venezia, IUAV, Cotonificio veneziano di Santa Marta Dorsoduro 2196 4 luglio 2002 Evora: progetto del paesaggio tra risorse e conflitti Milano, ACMA Centro Italiano di Architettura via Antonio Grossich 16 25 luglio - 4 agosto 2002 Paesaggi di architettura mediterranea. Spazi di relazione e di vita sociale Camerino (Mc), Palazzo Ducale 28 luglio - 1 agosto 2002 Summer Academy for mediterranean solar architecture Roma, Università degli Studi di Roma Tre 29 luglio - 10 agosto 2002 Palladio e le parole. Il racconto dell’architettura dal cinquecento al novecento Vicenza, Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio 11 settembre - 21 settembre 2002 Master europeo in storia dell’architettura Roma, via della Madonna de’ Monti 40 12 settembre 2002 - 23 aprile 2003 Progettare parchi e giardini alla scuola del Castello Milano, Civica Scuola Arte & Messaggio Castello Sforzesco via Giusti 42 corso con inizio 23 settembre 2002 Recupero e conservazione delle costruzioni storiche Roma, Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma La Sapienza, Palazzo Baleani 30 settembre 2002 Paradeisos 2002 7° Convegno Nazionale sui Parchi Urbani Milano, Palazzo delle Stelline corso Magenta 27 - 28 novembre 2002
La mostra rappresenta un’importante affermazione del ruolo significativo che l’architetto artista friulano riveste per l’architettura italiana. Non si tratta soltanto di un omaggio, un tributo che la città di Udine riserva a un suo figlio importante a dieci anni dalla scomparsa ma del segnale di una necessaria riscoperta del lavoro di D’Olivo, protagonista ignorato e scomodo della sperimentazione architettonica italiana degli anni Cinquanta ma anche dei successivi decenni. Architetto animato da profonda passione che si trasforma, anche nei momenti più difficili, in pura energia progettuale, continuamente alimentata da una ricerca in campo pittorico, egli fonda il suo percorso di progettista sui termini di logica, tecnologia e poesia riflettendo sul rapporto tra architettura e natura. Rapporto che se da un lato esprime una fiducia profonda nei mezzi della tecnologia non può, dall’altro, rinunciare alla nostalgia per una condizione mitica ormai per sempre perduta, che si materializza nell’utopia di Ecotown Ecoway, nelle visioni urbane o nei paesaggi fantastici dei suoi bellissimi disegni. Al grande amore per la natura intesa come maestra e costantemente presente nell’ossessiva esplorazione dell’organicità della linea curva D’Olivo accompagna una passione altrettanto radicale per il pensiero matematico che dai tempi della frequentazione delle lezioni di Giorgio Salvini a Padova costituisce l’altro versante della sua ricerca. Il suo rapporto con Leonardo Sinisgalli, il fascino per i numeri, i continui spostamenti, i viaggi all’estero trasmettono l’immagine, alimentata anche dai racconti di chi ha incontrato e conosciuto Marcello D’Olivo, di un uomo
complesso, la cui opera resta tuttavia profondamente unitaria come si può notare visitando le due sezioni della mostra che trattano rispettivamente dell’architettura e dell’opera pittorica. L’esposizione dei progetti d’architettura, all’interno della suggestiva chiesa di San Francesco, ripercorre alcune opere fondamentali: il Villaggio del Fanciullo a Opicina (Trieste) del 1950, che lo pone all’attenzione di Bruno Zevi, il Piano di Lignano Pineta, forse il suo progetto più importante, la cui spirale costituisce ancora oggi uno dei più riusciti princìpi di fondazione di una città comtemporanea, il “treno” edificio-via che attraversando la spirale giunge fino al mare; e, ancora, il progetto per una torre alta un chilometro che denuncia l’influenza wrightiana o i progetti per i gradienti, quelli per Libreville nel Gabon fino al Monumento al Milite ignoto commissionato all’architetto friulano da Saddam Hussein nel 1979. Nella Galleria d’Arte Moderna di Udine continua il viaggio attraverso l’opera di D’Olivo pittore, tra semidei, minotauri e filosofi, guerrieri e cavalli, alberi e astronavi che danno vita a paesaggi terrestri e astrali, come li aveva definiti Leonardo Sinisgalli, non privi di un’inquietudine cosmica. L’esposizione, organizzata dai Civici Musei e promossa dal Comune di Udine con il sostegno della Regione Friuli-Venezia Giulia, è accompagnata da due cataloghi ben documentati: quello dedicato all’architettura, curato da Ferruccio Luppi e Paolo Nicoloso, e quello dedicato alla pittura, curato da Isabella Reale. Entrambi raccolgono interessanti contributi critici tra cui i testi di Annalisa Avon, Maristella Casciato, Paola Di Biagi e ancora di Francesco Tentori, Gillo Dorfles, Massimiliano Fuksas. Un video-intervista a D’Olivo e, infine, una serie di incontri tematici aperti al pubblico completano l’iniziativa di una mostra importante che ci auguriamo apra ad uno studio più ampio sui significati e sul valore dell’opera di Marcello D’Olivo. Roberta Albiero
Vignola costruttore Convegno internazionale di studi: Vignola e i Farnese Piacenza, Palazzo Farnese 18-20 aprile 2002 Coordinato da un comitato scientifico internazionale (B. Adorni, C.L. Frommel, C. Thoenes, R. Tuttle) il convegno si è articolato in sezioni tematiche dedicate: agli esordi, alle fonti e alla biografia, all’analisi delle opere, costruite e progettate, e all’opera teorica. Seguiranno entro l’anno gli atti, con una sezione monografica su Palazzo Farnese, oltre alla raccolta dei diversi contributi, a complemento dei testi già presenti nel catalogo della mostra. Un insieme di pubblicazioni che cercano di colmare una conoscenza lacunosa dell’opera vignolesca e di dimostrare la sua attualità dal punto di vista sia teorico che pratico. Guardare le architetture del Vignola con gli occhi dei contemporanei significa secondo Frommel indagarne i caratteri architettonici, tipologici e costruttivi e rivelarne l’originalità attraverso una lettura fuori dagli schemi, che guarda ai singoli progetti indipendentemente dalla regola teorizzata. Una regola che, formatasi in ambito romano, dalla frequentazione del circolo vitruviano e dal rilievo diretto dei monumenti antichi (Pagliara), non si riflette, di fatto, nell’opera, che non è mai filologica ricostruzione, come in certi casi nel Palladio (Burns), ma vera e propria reinvenzione. Una regola, che come ha mostrato Oechslin, si è modificata e ampliata nel tempo attraverso continue riedizioni, da Blondel a Weinbrenner, fino alla totale rinnegazione (la Dé-vignalisation di Le Corbusier); mentre l’opera, sempre riferita, nelle diverse riletture (da Vasari a Milizia, da Venturi a Tafuri), a un ordine prestabilito, a un sistema di regole e relazioni proporzionali date, non era in grado di dimostrare la sua autonomia e di evidenziare la sua vera grandezza,
il suo principio più generale di verità e sincerità, che risiede proprio nella capacità di mediare tra regola e eccezione, norma e licenza, (Thoenes). Oggi un’analisi più attenta, basata anche sui lavori di restauro condotti negli ultimi anni dalle Soprintendenze locali, ha permesso di entrare in merito a questioni più propriamente costruttive, e di approfondire l’indagine relativa agli interventi farnesiani (Caprarola, Piacenza, Roma), ma anche alle opere più marginali e meno studiate: l’esperienza bolognese, quella umbra e quella affascinante della Tuscia laziale (Isola Farnese, Montalto e Grotte di Castro). Emerge in controluce un nuovo Vignola costruttore, paesaggista ed esperto di tecniche idraulicoingegneristiche (porto e canale Navile a Bologna, impianto idrico di Caprarola) e di fortificazioni, la cui conoscenza pratica, da cui nasce e si sviluppa la teoria, lo avvicina ai suoi maestri, in particolare Leonardo e Peruzzi, ma anche, attraverso una nuova grandezza ereditata dall’insegnamento romano, a Michelangelo. Emerge così una straordinaria capacità di adattare princìpi e regole alle condizioni specifiche del luogo e alla nuova scala degli edifici, che, pur nella loro stereometrica e conclusa volumetria, si misurano sempre con il paesaggio circostante, sia esso urbano o naturale: le relazioni volumetriche di Caprarola con il borgo medievale e la tradizione delle ville fortificate farnesiane; la costruzione di palazzo Farnese sulle fondamenta della cittadella viscontea e la ricerca sul teatro rinascimentale; il portico dei Banchi a Bologna e la ridefinizione del prospetto unitario della piazza Maggiore, la Castellina di Norcia e il rapporto tra le preesistenze e il nuovo impianto del palazzo fortificato sono solo alcuni esempi emblematici della versatilità dell’architettura vignolesca entro e oltre i limiti di una regola teorica prescritta. Michele Caja
Disegnare, fare, pensare Disegni di architettura italiana dal dopoguerra ad oggi Dalla collezione Francesco Moschini AAM Architettura Arte Moderna Scuderie medicee Poggio a Caiano (Firenze) 9 febbraio – 1 aprile 2002 Se esiste una specificità dell’architettura italiana del dopoguerra, è forse quella della sua dimensione disegnata. E disegnata lo è stata assai l’architettura in Italia: è quello che la raccolta di una vita di Francesco Moschini, in parte in esposizione a Poggio a Caiano, mostra prima di tutto come dato di fatto, per quantità e qualità sia dei pezzi che del loro contenuto. Ma ancor più rivela la portata problematica che alligna in quel disegnata, attributo ambiguo e tuttavia cruciale per la definizione di un territorio, del territorio comune in cui si sono incrociati e scontrati i destini della ricerca architettonica in Italia. Al cospetto di un quadro sinottico ma non esauriente dell’intero orizzonte si dovrà riflettere almeno su due punti nodali: il primo legato allo stesso statuto del disegno, cioè all’essere strumento di figurazione o di pre-figurazione; il secondo, a corollario del primo, sull’implicazione etica che l’attributo disegnata evoca quale accezione squisitamente teorica in rapporto al costruire, al risvolto fabbrile del fare architettura. In merito al primo punto dunque, si dovrebbe puntualizzare almeno la differenza: c’è un disegno inteso come pre-figurazione, anticipazione appunto di un risultato finale demandato a strumenti altri, strumento di verifica e notifica di modalità, espressione mediata di un principio di realtà materiale. È certo il disegno tecnico in senso stretto, ma anche tutto il disegno che rappresenta, e quindi puntualmente registra finalità operative attraverso codificazioni condivise.
E c’è il disegno che si fa figurazione, fissando entro i propri limiti un’autonomia disciplinare dal carattere fondativo; è il campo di quei disegni che assurgono a dimensione teorica per il portato concettuale che incarnano, programmaticamente svincolati da qualsiasi ciclo produttivo, se non quello puramente intellettuale. Se il primo tipo è il disegno degli Scarpa, dei Samonà o ancora di Ridolfi, presso il quale il dettaglio arriva anche ad essere tassello di una metafisica, il secondo tipo è la linea aperta da Rossi, che sarà poi praticata sia da quanti da un lato, avvieranno una effettiva revisione di statuti teorici, sia da quanti troveranno rifugio in un distacco compiaciuto dei propri segni. Occorre dunque precisare e riconoscere il ruolo che il disegno ha ricoperto nella ridefinizione di un quadro teorico necessario e propedeutico a qualunque fare, laddove questo lo si voglia intendere strettamente come costruire, riconoscerne lo spessore di assunto, per definizione autonomo e necessariamente non subalterno ad un principio di realtà ancorato al fattibile. La polemica tuttora aperta intorno all’accezione denigratoria del termine disegnata, che si sta spostando sulla altrettanto mistificante contrapposizione reale–virtuale introdotta dai sistemi di rappresentazione informatici, testimonia l’attualità della mostra di Poggio a Caiano e la necessità di raccolte come quella di Moschini. Infatti la riunione di tanti pezzi così diversi e importanti attiva immediatamente il grande potenziale di un materiale non ancora disinnescato e forse non ancora compreso appieno; allineati per una volta molti dei protagonisti dello scenario recente uno di fronte all’altro, l’esposizione evoca un urgente seguito, una verifica delle tesi delineate nei saggi del bel catalogo curato da Romolo Tancredi. Ed una prima, non trascurabile è già nel fatto che la mostra sia ospitata nel sereno restauro delle Scuderie Medicee operato da Franco Purini. Filippo Lambertucci
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Informazione
Mostre e seminari
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno
Gennaio Febbraio
1999
1360 1370 1380 1358,71 1361,22 1363,73 1368,75 1371,26 1371,26 1373,78 1373,78 1377,54 1380,05 1385,08 1386,33 1390 1400 1410 1420 1387,59 1393,87 1397,63 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1410,19 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1430 1440 1450 1430,28 1435,31 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1447,86 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1460 1470 1462,93 1467,96 1471,72 1475,49
2000 2001 2002
Marzo
Aprile
Maggio
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978)
48
Anno
Gennaio Febbraio
1999
470 470,23 471,10 480 480,23 482,40
2000 2001
Indici e tassi
2002
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
novembre 1978: base 100 Giugno
Luglio
dicembre 1978:100,72
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
471,97
473,71 474,58 474,58 475,45 475,45 476,75 477,62 479,36 479,79 490 483,70 484,14 485,44 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 510 506,30 508,04 509,35 510,65
3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)
anno 1995: base 100
Anno
Gennaio Febbraio
Giugno
2001 2002
109,30 109,69 111,80 112,18
Marzo
Aprile
Maggio
Luglio
giugno 1996: 104,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 112,47 112,76
3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
Gennaio Febbraio
2001 2002
100,44 100,79 102,73 103,08
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Gennaio Febbraio
2001 2002
105,26 105,63 107,67 108,04
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 103,35 103,61
4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno
dicembre 2000: 113,4
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
anno 1999: base 100
gennaio 1999: 108,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 108,31 108,59
5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
gennaio 2001: 110,5
2001 2002 103,07 105,42
6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
anno 2001: base 100
anno 1995: base 100
1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08
1999 2000 2001 2002 111,52 113,89 117,39 120,07
7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51
novembre 1995: 110,6
anno 1997: base 100
febbraio 1997: 105,2
2001 2002 108,65 111,12
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1993, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa
Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.
della della della della della della della della della della della
Banca Banca Banca Banca Banca Banca Banca Banca Banca Banca Banca
d'Italia d'Italia d'Italia d'Italia d'Italia d’Italia d’Italia d’Italia d’Italia d’Italia d’Italia
(G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U. (G.U.
14.4.1999 n° 86) dal 14.4.1999 10.11.1999 n° 264) dal 10.11.1999 8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001
Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria dell’Ordine.
2,5% 3% 3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,5% 4,25% 3,75% 3,25%
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10%. Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).
Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.