AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi
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Direttore Responsabile Stefano Castiglioni Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali, Sara Gilardelli Martina Landsberger
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FORUM Architetti e pubblicità interventi di Leopoldo Freyrie, Nevio Parmeggiani, Bruno Pedretti Tre domande a... Jacopo Gardella La pubblicità nella deontologia professionale
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INDICI E TASSI
Direzione e Redazione via Solferino 19 – 20121 Milano tel. 0229002165 – fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico Gregorietti Associati
EDITORIALE
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GIUGNO 2005
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidenti: Daniela Volpi, Giuseppe Rossi, Ferruccio Favaron; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Angelo Monti; Segretario: Marco Francesco Silva; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Franco Andreu, Renato Conti, Gianfredo Mazzotta, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 31.3.06) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Giulio Barazzetta, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 14.12.05) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Quintino G. Cerutti, Maura Lenti, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 30.6.05)
Il riconoscimento della professione in termini di attività economica, seppur con i necessari distinguo, e quindi a confrontarsi con le regole del “mercato”, pone a breve, nel più ampio contesto della riforma della professione, anche il nodo di una certa liberalizzazione della promozionalità o, per usare un termine più esplicito, della “pubblicità”. Attualmente gli Architetti in modo sufficientemente puntuale (rispetto a formulazioni più generiche adottate dagli Ingegneri) dispongono già all’interno delle rispettive norme deontologiche di una serie di indicazioni atte ad offrire orientamento e criteri sinora apparsi, se non idonei, perlomeno sufficienti a disciplinare la divulgazione dei propri lavori svolti, la diffusione di siti personali, le recensioni di opere e progetti in pubblicazioni non solo puramente culturali, i confini e le relazioni tra messaggio pubblicitario di prodotti e di aziende nell’abbinamento con il ruolo professionale. Tuttavia due percorsi problematici sembrano oggi oltremodo dilatarsi, rendendo difficoltoso individuare limiti o fissare riferimenti: • da un lato ormai la professione si svolge sempre più in compiti ripetitivi, sostanzialmente senza valenza culturale e spesso anche con minimo contenuto tecnico (si pensi e semplificativamente alle pratiche di condono e alla sempre più vasta casistica di servizi burocratici per Enti e aziende) per i quali non sarà possibile rivendicare la tutela di una tariffa (non essendovi alcun interesse pubblico da tutelare) ma neppure sostenere una distinzione qualitativa rispetto a comuni attività economiche, con il risultato ultimo di un assoggettamento ad una concorrenza a tutto campo e relativa azione pubblicitaria nella logica del minimo costo per l’utente; • dall’altro è evidente il ridursi delle occasioni di architettura a privilegio di pochissimi protagonisti, a “stars” in grado di “griffare” incarichi di rilievo richiesti sia da committenza privata che pubblica. È il caso di dire che per i livelli superiori le regole già oggi sfumano del tutto: mostre, esposizioni, testi, pubblicazioni al cui riguardo è difficile non riconoscere il sostegno di un oneroso budget pubblicitario che (benché non consentiti dalle norme deontologiche attuali) costituiscono ormai una prassi diffusa se non un vero e proprio sistematico criterio aziendalistico fatto proprio anche dai maggiori atelier professionali. Ulteriori escalation paventabili (già di prassi in paesi anglosassoni) restano poi il ricorso corrente a promotori pubblicitari e lo svolgimento dell’attività in franchising (quale espressione e garanzia di denominazione nota e diffusa). Riscrivere regole chiare, comuni, adeguate ai tempi, è dunque indubbiamente un’esigenza avvertita, o piuttosto rivendicata, dall’ormai affollata compagine di laureati e tecnici operanti direttamente o collateralmente in materia di edilizia, territorio, design urbano, con il rischio tuttavia di formulare solo “un auspicio” o peggio “realizzare un’orditura” solo per i più che operano professionalmente nello stadio iniziale, o ruoli minori o di modesta entità, affrancandone poi i blasonati protagonisti di Architettura. Una prima difficoltà è anche quella di evitare autolimitazioni rispetto a prassi più spregiudicate consentite da altri Stati U.E., di cui professionisti in un contesto senza frontiere avrebbero poi facoltà di avvalersi. Non vanno poi ignorati i problemi connessi allo stabilire “modus operandi” per professionisti di differenti percorsi formativi (non essendo riusciti nel nostro Paese in oltre mezzo secolo ad armonizzare prassi e criteri in proposito neppure tra Ingegneri, Architetti e Geometri). Optare per l’abbandono, sic et simpliciter, delle tutele deontologiche potrebbe apparire solo una provocazione eccessiva (ma forse non più di tanto!). Stefano Castiglioni Presidente della Consulta Lombarda degli Architetti
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Promozione della professione tra antiche e nuove ambiguità
Architetti e pubblicità
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Nel Forum di questo numero intervengono Leopoldo Freyrie, Former President Architect’s Council of Europe; Nevio Parmeggiani Architetto Consigliere Nazionale e Presidente del Dipartimento Ordinamento e Magistratura del CNAPPC; Bruno Pedretti, professore di Storia dell’Arte Contemporanea presso la Facoltà di Architettura al Politecnico di Torino e curatore degli strumenti di comunicazione dello studio Gregotti Associati International. L’architetto Jacopo Gardella ha risposto a tre domande di Maurizio Carones. Ringraziamo tutti i partecipanti per i loro contributi.
Architetti, pubblicità e competitività di Leopoldo Freyrie
Il rapporto della Commissione Europea per la Concorrenza e la proposta di Direttiva della Commissione Europea al Mercato Interno – la cosiddetta Direttiva Bolkestein – affermano entrambe che uno dei nodi principali da risolvere, per riformare i servizi professionali e renderli competitivi, è quello dell’informazione e della pubblicità. La Commissione Europea intende come “informazione” quella che dev’essere data dal professionista al cliente: dati anagrafici, iscrizione all’Albo, qualifiche professionali, caratteristiche e costo della prestazione professionale, esistenza e natura delle norme deontologiche. In sostanza tutte quelle notizie necessarie per la stesura di un contratto chiaro tra le parti e fondato sull’etica professionale. Viceversa, la Commissione intende come “comunicazioni commerciali” tutte quelle forme di pubblicità di cui vuole la completa liberalizzazione, purché rispettose della “indipendenza, dignità e integrità della professione nonché il segreto professionale…”. Se la Commissione al Mercato Interno inserisce queste proposte in una Direttiva che passerà al vaglio degli organi istituzionali europei – il Parlamento, il Consiglio, il Comitato Economico e Sociale, il Comitato delle Regioni – viceversa l’Antitrust europeo procede, attraverso le Autorità nazionali, ordinando di modificare regolamenti e norme per ottenere la completa liberalizzazione nei Paesi dove la pubblicità sia impedita ai liberi professionisti. In breve, con le nuove regole è o sarà possibile pubblicizzare il proprio mestiere usando indifferentemente il proprio sito internet, le riviste di settore, un quotidiano o la radio. Quale sia il reale impatto di tali iniziative sul nostro mestiere è difficile da stabilire. In molti dei Paesi dell’Unione Europea il divieto alla pubblicità è già decaduto o non è mai esistito e non ci sono stati gli effetti temuti di “commercializzazione” del mestiere e della sua immagine, né si sono create situazioni di monopolio per i professionisti più ricchi, che abbiano la capacità finanziaria di spendere molto in comunicazioni commerciali. Basti pensare che negli Stati Uniti i grandi Studi di architettura, organizzati come aziende che investono molto in pro-
mozione, sono in realtà poco più del 7% del totale degli Studi americani, che hanno natura e fatturati assai simili ai nostri. È però altrettanto vero che, nei Paesi più liberisti, il permesso di fare pubblicità non ha incrementato, come suppone invece la Commissione Europea, né la competitività né ha maggiormente garantito il consumatore. Infatti il ragionamento della Commissione è fondato su un equivoco fondamentale: la confusione tra consumatore e utente di una opera di architettura. Se infatti è non solo logico, ma anche auspicabile, una maggiore attività di informazione al cliente sulle qualifiche dell’architetto, sulla deontologia professionale, sul costo del progetto e su cosa ha diritto ad ottenere dal professionista per quel costo, è meno chiaro quale sia il vantaggio per l’utente dell’architettura il fatto che i professionisti spendano risorse in pubblicità che sarà rivolta non agli utenti medesimi bensì ai clienti potenziali, che sappiamo essere le società immobiliari, le imprese di costruzioni, i developers, ecc. Personalmente non vedo nessun impedimento, anzi una opportunità, nella possibilità che gli architetti possano diffondere informazioni, ad esempio via internet, sul proprio curriculum professionale e le proprie opere, tanto più che il basso costo dei siti web non discrimina tra grandi Studi e architetti singoli o giovani e con poche risorse economiche. Ma nello stesso tempo non credo che la competitività, la qualità e l’informazione al consumatore si ottengano investendo su altre forme pubblicitarie più commerciali, attivando strumenti che viceversa rischiano di essere ingannevoli e di discriminanti per chi ha meno risorse. Infatti, credo che presto gli altri Ordini europei, così come i nostri, avranno un grande incremento delle attività di controllo deontologico non più per impedire le forme di pubblicità bensì per controllarne la veridicità, a garanzia del cliente e dell’utente.
Aspetti del nuovo codice deontologico di Nevio Parmeggiani
Da più parti pervengono giuste sollecitazioni all’emanazione di un codice deontologico aggiornato; dalle Istituzioni europee, dall’interno delle proposte di riforma delle professioni e obiettivamente dalle nuove modalità di approccio alla professione, in rapido mutamento rispetto al passato. Il CNAPPC, come è sua prerogativa, se ne è fatto carico e ne sta esaminando i contenuti. È inevitabile che il problema del rispetto della deontologia sia centrale nel sistema ordinistico delle professioni, pena il venire meno della sua ragione di essere. Un argomento, fra gli altri, al momento di particolare urgenza è quello della pubblicità. Nel febbraio del 2004, la Commissione europea ha adottato una Comunicazione, recante “Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali” che ha notevoli implicazioni con le problematiche deontologiche che interessano i
Pagina pubblicitaria per Linoleum, 1954.
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Studio di pagina pubblicitaria per Arflex, 1956.
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servizi professionali, nel senso di abolizione delle limitazioni alla concorrenza. In quest’ottica la funzione di regolamentazione deontologica, se spinta all’eccesso, può diventare una restrizione. È noto il caso riguardante le tariffe degli architetti del Belgio e conseguente procedimento di infrazione a norma dell’Art. 81 del Trattato CE. È da ritenersi, infatti, per la Commissione, che le potenziali caratteristiche restrittive delle disposizioni deontologiche possono influire negativamente sugli interessi degli utenti e consumatori, pur ritenendo che non debba essere dimenticato il valore sociale dell’interesse generale, articolato e legittimo da parte dei professionisti, in un regime di proporzionalità tra richiesta e prestazione. Pertanto, stante il pronunciamento della Commissione Europea, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Nazionale, ha ritenuto di invitare il nostro Consiglio Nazionale ad intervenire volontariamente sulla materia della pubblicità, per una regolamentazione più consona ai princìpi della concorrenza, con un confronto fra necessità e proporzionalità. Gli aspetti deontologici che interessano la concorrenza nella sua accezione di competitività virtuosa, e cioè nel senso di non deprimere la qualità del servizio, hanno una notevole importanza nell’ambito dell’intero corpo delle norme, correlandosi necessariamente con vari standard di comportamento, come nel campo tariffario, ma in modo precipuo, è evidente, con l’informativa e pubblicità. In particolare, per quanto riguarda la pubblicità, nella proposta di “Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio” relativa ai servizi nel mercato interno, all’Art. 29 è riportato “Gli stati membri sopprimono i divieti totali delle comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate”. È un aspetto che al momento le norme vigenti non prevedono e che può risultare problematicamente innovativo, ma che alla luce di princìpi concorrenziali può essere condivisa. Peraltro già nel Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70 in attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico (G.U. n. 87 del 14/4/2003) all’Art. 10, (uso delle comunicazioni commerciali nelle professioni regolamentate) viene detto “L’impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare, alla indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”. È evidente che l’abolizione dei divieti alla pubblicità, come sostenuto anche dall’ultima direttiva Qualifiche Professionali, non può prescindere dalla dignità dell’esercizio professionale. Non va dimenticato che nella logica del mercato competitivo taluni aspetti che nel passato potevano sembrare contrari alla negazione di princìpi puramente culturali non può più essere sostenuto. Rimane comunque un principio, non
In una di queste Albe Steiner scrive: “Il grafico di fronte al pubblico ha una grande responsabilità. Il grafico che si rispetti deve ritirarsi quando capisce che il prodotto è scadente. Può influire negativamente sullo sviluppo di un bambino, per esempio, o sullo sviluppo culturale della gente. Il progettista grafico deve essere sempre più orientato scientificamente, non è un venditore di fumo”. Archivio Albe e Lica Steiner tel. 02.23995812 – archivio.steiner@polimi.it lunedì, martedì, mercoledì 9.30-13.30
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Le immagini qui pubblicate si riferiscono ad alcuni lavori di Albe Steiner (1913-1974) e provengono dall’archivio Albe e Lica Steiner, costituito da circa 3500 volumi della biblioteca, centinaia di testate di riviste e manifesti, migliaia di fotografie, ceduti dalla famiglia al dipartimento di Progettazione Architettonica del Politecnico di Milano. L’Archivio, aperto al pubblico dal 14 dicembre 2004 in via Durando 38/A a Milano, è curato da Anna Steiner; oltre agli originali delle opere vi si trovano molti materiali di documentazione del contesto culturale e politico nel quale hanno operato Albe e Lica: ritagli stampa, carteggi, testi di conferenze, lezioni e interviste.
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Copertina di presentazione per il prodotto farmaceutico Granulovit della Pierrel, 1956.
Architettura progettata e architettura comunicata di Bruno Pedretti
Gli strumenti di promozione e i momenti di comunicazione della Gregotti Associati sono quelli che riscontriamo in ogni studio di architettura di forte rilevanza professionale e di immagine internazionale. Si va dagli strumenti istituzionali gestiti direttamente dallo studio, ai resoconti che la pubblicista esterna generalista e di settore dà
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superabile, nell’informazione al cliente e nella pubblicità delle proprie prestazioni; il decoro e la dignità del comportamento nel farsi conoscere e nell’offrire i propri servizi. Occorre affermare che le norme deontologiche, non possono essere solamente un’elencazione di divieti e nel caso in essere, della pubblicità, delle pure enunciazioni di princìpi, assolutamente da non trasgredire. Princìpi che comunque, soggetti ad interpretazioni personali, possono, ma non si dovrebbe, non essere sempre condivisi in modo dogmatico da tutti. L’alternativa è l’indicazione puntuale di una serie di modelli comportamentali da seguire nel proporre i propri servizi professionali. Per rispondere all’invito dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato per una revisione delle norme si è ritenuto di indicare questa strada, ponendo l’attenzione alla massima esemplificazione possibile. Concretamente il testo è articolato in due sezioni: informazione e pubblicità vera e propria. Informazione alla clientela intesa come elencazione precisa delle proprie potenzialità personali e nel rispetto della verità, relativamente alla consistenza dello studio, ai titoli, all’attività specifica, alla formazione, alle opere realizzate, ecc.. I mezzi attraverso i quali è resa l’informativa devono, in ogni caso, rispettare il decoro e il prestigio della professione. Questi mezzi possono comunque essere diversi, tenuto conto degli attuali sistemi di comunicazione mediatica. La pubblicità vera e propria intesa come offerta delle proprie prestazioni alla clientela indefinita, ovvero alla società nel suo complesso, con mezzi diversi e molto ampi, ma con elencazione di metodi da non seguire in quanto possono costituire pericolo di incorrere in situazioni indecorose per la professione. È evidente che si tratta di contemperare la possibilità di farsi conoscere e di proporre i propri servizi professionali alle nuove leve della professione, con la forza mediatica ed economica di posizioni professionali già affermate. Comunque se si vuole competere con la realtà di un mercato allargato come quello europeo, già attrezzato in tal senso, nel campo della pubblicità dei servizi professionali, non si può che convenire in un’abolizione di divieti, ancorché anacronistici, penalizzanti per la libertà della concorrenza. La verifica che questa concorrenza sia poi veramente virtuosa e rispettosa della dignità della professione spetta agli organi di controllo istituzionale.
Quarta di copertina della rivista “Note fotografiche”, 1941. Logo per il Premio Compasso d’Oro – la Rinascente, 1954-55.
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dell’attività della Gregotti Associati. In sintesi, gli strumenti istituzionali consistono in una newsletter cartacea ed elettronica pubblicata mediamente 3 o 4 volte l’anno, in una serie di libri editi autonomamente dallo studio, e nel sito web in edizione bilingue italiano/inglese, composto da oltre 500 pagine per ogni versione e che giunge a contare varie migliaia di visite mensili. Alle pubblicazioni istituzionali dello studio si sono affiancati, sin dagli anni Ottanta, alcuni volumi monografici pubblicati dai maggiori editori. A questi vanno aggiunti i
vari libri sul vasto progetto della Bicocca e la pubblicazione di analisi critiche, saggi e articoli che compaiono periodicamente in libri e riviste di settore in Italia e all’estero. Data la forte immagine pubblica che lo studio ha guadagnato sin dalla sua fondazione nel 1974 (la quale si è innestata sulla ricca vicenda professionale e intellettuale precedente del suo fondatore, Vittorio Gregotti), la Gregotti Associati gode quindi di una visibilità ben radicata nella comunicazione di settore, una visibilità accresciuta inoltre dal peculiare profilo intellettuale dei suoi
Architetti e spot Gli architetti rappresentano successo, creatività, sintesi tra funzionalità e buon gusto. Questo il motivo per cui sempre più frequentemente architetti famosi appaiono come testimonial della pubblicità. Il NAI (Netherlands Architecture Institute) di Rotterdam dall’8 al 15 maggio, ha realizzato una mostra dedicata a questo tema dal titolo Ads & Architect. The architect as a marketing tool presentando 90 esempi di pubblicità, tra spot televisivi e campagne stampa, dove architetti e advertiser “si usano” reciprocamente per creare ed accrescere la propria immagine. Se da una parte i pubblicitari si servono dei grandi nomi dell’architettura per promuovere alcuni prodotti, dall’altra gli stessi architetti, associandosi a marchi d’elite, mirano a sviluppare la propria immagine. Tra gli altri come testimonial sono sfilati Norman Foster per gli orologi Rolex, Frank Gehry per i mobili Vitra, OMA per Prada, Michael Graves per il caffè Millston e gli italiani Massimiliano Fuksas, per le automobili Renault, e Renzo Piano per la Lancia. Dagli accostamenti tra l’architetto e il prodotto emerge come ad ogni tipologia di architetto corrisponda un segmento di mercato: si va dall’architetto artista senza radici, al ”neo homo universalis”. Per spiegare la ragione della crescente partecipazione degli architetti all’ambito pubblicitario, il NAI ha raccolto, inoltre, alcune di interviste a personaggi chiave del mondo della pubblicità, del giornalismo e dell’architettura, tra cui Janet Boerland, direttore casting, Guus Beumer, organizzatore eventi, Hans van Gils, strategy director, Ben van Berkel, architetto e titolare dello studio UN, Chris Vos, docente di Comunicazione e Scienza dei Media presso l’Erasmus Universiteit Rotterdam. Un futuro danaroso per gli architetti. Ma solo per quelli già baciati dalla fortuna. Irina Casali
partner. Vittorio Gregotti è uno degli autori che più hanno segnato il dibattito disciplinare degli ultimi decenni, ha insegnato a lungo, diretto varie riviste ed esercita da molti anni un importante ruolo di editorialista; Augusto Cagnardi è a sua volta autore di numerose pubblicazioni, ha diretto per anni una rivista di temi territoriali e continua ad essere impegnato nell’attività di opinionista; lo stesso Michele Reginaldi (il socio più giovane dello studio) ha anch’egli evidenziato negli ultimi anni un proprio specifico impegno culturale riversatosi in alcune pubblicazioni sul suo lavoro artistico visivo e plastico. È in sostanza questo forte carattere intellettuale dei partner a indirizzare la promozione, la quale non è dunque affidata a un ufficio stampa in senso tradizionale, bensì si configura a partire dalla stessa produzione critica dei progettisti che guidano lo studio. Se questa modalità rimanda da un lato alla volontà di praticare una ridotta “divisione sociale del lavoro” (un principio applicato anche nei gruppi di progettazione), dall’altro ne derivano alcune significative conseguenze nel metodo comunicativo, che distingue lo studio milanese da vari studi di architettura simili italiani ed esteri. Innanzitutto, le scelte di promozione istituzionale emergono dal dibattito interno che si sviluppa intorno a specifici casi progettuali. L’“architettura comunicata” non viene mai pensata lontana né tanto meno autonoma dall’“architettura progettata”. Costruendosi a partire dal contributo di quanti hanno partecipato al lavoro – partner, associati, ma anche i più giovani progettisti –, il linguaggio comunicativo vive sempre a ridosso del linguaggio progettuale. Ciò potrebbe sembrare un’ovvietà condivisa da tutti coloro che esercitano l’architettura, ma non è così. Oggi ci troviamo infatti di fronte un mondo disciplinare che sempre più cavalca l’esaltazione di un’architettura di immagine, e proprio per questo lo studio Gregotti Associati, a costo di apparire talvolta controcorrente, adotta uno stile comunicativo improntato a una sorta di austerità descrittiva sia nei testi sia nell’illustrazione. Ciò che in passato si sarebbe definito il “pittoresco”, ossia la restituzione con effetti mimetici e spettacolari dell’architettura, viene evitato in nome di un primato che resti saldamente affidato all’opera progettata e costruita. Questa deve risultare un’architettura intelligibile nelle forme e precisa nelle regole, senza che mai si rovesci il rapporto tra opera e rappresentazione. Così come un progetto è compiutamente tale in relazione alla sua capacità di preordinare la realizzazione, così la comunicazione deve far tornare all’opera, non sostituirsi ad essa con un assoggettamento improprio del valore architettonico al valore puramente visivo. Davanti al diffondersi nei nostri anni di un’architettura “iconica” che rischia di ridurre la cultura progettuale a seduzione figurativa, il lavoro di comunicazione che pratichiamo alla Gregotti Associati è dunque tutt’altro che una rinuncia a valorizzare l’architettura: è piuttosto un modo di proteggere lo statuto progettuale dalle derive dell’estetizzazione “pittoresca”.
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Display da banco per punti vendita per penne Aurora, 1958. Studio per pagina pubblicitaria per la Pirelli, 1960.
Pagina pubblicitaria per la Rinascente, 1950.
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Tre domande a…
Jacopo Gardella M.C. La vicenda architettonica è stata sempre inevitabilmente caratterizzata anche da uno stretto rapporto con le particolari caratteristiche – politiche, economiche, sociali – di ogni periodo storico. Una società come la nostra, fortemente subordinata al potere dell’immagine, della comunicazione e della pubblicità, che influenze ha sul lavoro dell’architetto? J. G. L’influenza di una cultura dell’immagine non può che farsi sentire su chi, come l’architetto, crea immagine e si esprime attraverso di esse. Visto e scontato che l’influenza è indubbia, ci si domanda se essa sia negativa o positiva. Una civiltà come la nostra, basata principalmente sull’immagine è tendenzialmente superficiale, effimera, volubile. Ma l’architettura, a differenza della moda, dell’arredo, della decorazione, non è rivolta a soddisfare gusti contingenti; non si offre, come un qualsiasi prodotto pubblicizzato, al migliore e più pronto acquirente. La sua vera missione è quella di testimoniare valori profondi, duraturi, universali, e per ciò stesso, quasi sempre, incompresi, mal visti, osteggiati. Se capita che un’opera di architettura susciti una immediata e diffusa approvazione, se si presenta con una immagine accattivante e piacevole, sorge il sospetto che essa non sia una vera architettura, ma piuttosto un seducente e superficiale esempio di edilizia. M. C. Lei è anche testimone diretto di profondi cambiamenti del modo di svolgere il nostro lavoro: i grandi maestri italiani – come Ignazio Gardella – si ponevano la questione della promozione del proprio lavoro professionale? In che modo? J. G. La generazione dei Maestri del Movimento Moderno ha vissuto in un’epoca in cui la promozione della propria immagine era un concetto impensabile. La concorrenza professionale era allora molto meno accanita di adesso: la strada per farsi conoscere non aveva bisogno di mezzi extra-professionali; bastava la serietà del proprio lavoro, e la qualità della propria opera. Oggi, in un’epoca dominata dalla civiltà di massa, dal grande numero, dalla globalizzazione, sono necessarie altre doti, altri meriti, altri attributi. La committenza non sa distinguere l’opera di qualità dall’opera dozzinale, e si lascia abbindolare da apparenze abilmente confezionate e da immagini presentate con astuzia.
Per gli architetti del Movimento Moderno la validità delle proprie competenze era riconosciuta “sul campo”, nell’ambito della disciplina, e non aveva bisogno di espedienti esterni, come la cura della propria immagine e la pubblicità della propria persona. Questa pubblicità oggi si è evoluta e non passa più attraverso la sola esibizione di foto e di ritratti, ma può anche avvalersi di gesti spettacolari e spregiudicati. Recentemente il progettista di un grosso complesso espositivo si è rifiutato di assistere alla inaugurazione della propria opera adducendo opinabili ragioni ideologiche, politiche, deontologiche. Ci si domanda se un gesto così clamoroso, e nella sua violenza così sconcertante, nasca da sincere motivazioni etiche o da calcolate finalità propagandistiche, se provenga dal desiderio di testimoniare una scelta civile o dall’intenzione di perseguire un fine pubblicitario. M. C. Da attento e costante osservatore della città, che conseguenze formali Le sembra possa produrre la partecipazione dell’architettura e degli architetti a modalità espressive e comportamentali sempre più legate alla comunicazione pubblicitaria? J. G. Più che da un “attento osservatore della città” le conseguenze degli strumenti pubblicitari andrebbero meglio commentate da un diligente cronista della vita nella città. Non sono le insegne, i cartelli, gli avvisi pubblicitari a modificare in profondità la struttura formale dell’abitato: sono piuttosto le incessanti, invadenti e penetranti intrusioni compiute dalla pubblicità nel nostro spazio privato e domestico; esse impercettibilmente, ma inesorabilmente, alterano e snaturano i nostri riflessi psicologici; e inquinano il nostro modo di pensare. Tutti i programmi radiofonici trasmessi di prima mattina sono tempestati da idioti annunci pubblicitari. Il quel breve intervallo di tempo, tra il riposo della notte e la partenza per l’ufficio, sarebbe auspicabile ascoltare trasmissioni serie e selezionate, volte ad educare la popolazione e renderla più colta e matura, invece di instupidirla e abbruttirla con annunci insulsi e volgari. Non diversamente da quanto avviene in una dittatura militare, ma più subdolamente ed ipocritamente, la dittatura del consumismo edonistico ci toglie lo spazio della libertà e il diritto di fare le nostre scelte in modo autonomo e non condizionato.
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Studio fotografico realizzato in camera oscura con scritta a mano in acquarello per la Radio Televisione Italiana, 1951.
Di seguito riportiamo alcuni stralci degli articoli della deontologia professionale inerenti la pubblicità per seguirne l’evoluzione. 1965 – Ordine Interprovinciale Architetti della Lombardia Norme etiche per l’esercizio della professione di Architetto Capo IV – Rapporti con i clienti Art. 12 – L’architetto deve evitare ogni forma di accaparramento della clientela mediante pressioni di qualsiasi tipo. All’architetto è vietato ricorrere a forme di pubblicità non confacenti con il decoro della professione e lesive per gli interessi dei colleghi in quanto possono sottrarre un potenziale lavoro. La pubblica diffusione delle opere e dei progetti dell’architetto è da intedersi solo come atto di divulgazione culturale e non deve mai assumere fome concorrenziali od in contrasto con la libera professione. 1968 – Ordine degli Architetti d’Italia Testo unificato delle norme di deontologia per l’esercizio della professione di Architetto Capo V – Rapporti con le pubbliche autorità e con terzi Art. 29 – Ogni forma di pubblicità consentita o sollecitata dall’architetto, è contraria alla dignità professionale e da ritenere lesiva degli interessi dei Colleghi. La pubblica diffusione delle opere e dei progetti è da intendersi solo come atto di divulgazione culturale e non deve mai assumere forme concorrenziali o di carattere commerciale. 1994 – Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori Norme di deontologia professionale Capo V – Rapporti con i colleghi Art. 35 – La pubblicità commerciale è contraria alla dignità professionale ed è lesiva dell’immagine della categoria. La pubblica diffusione delle opere e dei progetti è atto di divulgazione culturale e non deve mai assumere forme concorrenziali o di carattere commerciale. 2003 – Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori Norme di deontologia professionale
Capo V – Rapporti con i colleghi Art. 35 – Il ruolo dell’architetto sottende al primato culturale rispetto all’aspetto mercantile e il mezzo informativo (cartaceo, televisivo e/o radiofonico, informatico) può rappresentare il fine della pubblicità. • 1. L’architetto potrà offrire i suoi servizi professionali mediante messaggi pubblicitari emessi sotto qualunque forma di comunicazione dentro i limiti delle condizioni generali imposte dalla Legge e dalle seguenti disposizioni speciali: a) la pubblicità può essere solo di carattere informativo e non persuasivo; b) in nessun caso potranno essere fatti paragoni con altri professionisti, siano o meno architetti, nè permettere che altri lo inseriscano nel messaggio pubblicitario; c) se si divulgano le proprie opere professionali, non si può citare la identità dei clienti, a meno che siano chiaramente pubblici e notori, né dati differenti da quelli puramente tecnici e artistici; d) si deve astenere dall’introdurre nel messaggio pubblicitario ogni riferimento diretto o indiretto al costo dei servizi diverso dalla espressione “onorario secondo la Tariffa vigente”; e) quando il messaggio non viene diffuso tramite spazi e supporti specificamente pubblicitari, deve identificarsi chiaramente il suo carattere, inserendo in modo visibile la legenda “inserzione pubblicitaria”, “messaggio pubblicitario”, “pubblicità”; f) per quanto riguarda la divulgazione delle proprie opere professionali, deve comparire il ruolo effettivamente ricoperto, le collaborazioni eventuali e se l’opera è stata realizzata o meno e il livello raggiunto della prestazione professionale. • 2. L’architetto deve inviare ogni messaggio pubblicitario che intende emettere alla previa autorizzazione dell’Ordine provinciale o all’organo a questo delegato. • 3. Non si considera pubblicità commerciale e, conseguentemente, non è richiesta l’autorizzazione dell’Ordine nei seguenti casi: a) divulgazione delle proprie opere e realizzazioni in libri, studi, riviste, e articoli di carattere tecnico, scientifico, artistico, professionale, sempre che non siano a pagamento e che sia assicurata la veridicità di quanto pubblicato e il rispetto della normativa deontologica e statutaria della professione; b) inserzione dei dati obiettivi dell’architetto che si riferiscono ai suoi titoli e specializzazioni accademiche, domicilio, telefono, e dati obiettivi similari, che possono figurare in guide, o sezioni specializzate di
altre pubblicazioni, anche se la pubblicazione è a pagamento. Ad oggi Sette degli undici Ordini lombardi hanno recepito integralmente quanto riportato nell’articolo 35 delle norme deontologiche emanate dal Consiglio Nazionale degli Architetti, gli Ordini di Bergamo e Cremona specificano i termini di silenzio assenso per ottenere l’autorizzazione al messaggio pubblicitario (§2), l’Ordine di Bergamo stralcia inoltre la necessità che nella divulgazione delle opere venga esplicitato il ruolo ricoperto ed il livello della prestazione eseguita (§1.f), l’Ordine di Brescia sottolinea con il termine “prettamente tecnico” le pubblicazioni esenti da autorizzazione (§3.a). L’Ordine di Milano ha invece elaborato in maniera differente le normative del CNA riprendendo tuttavia attraverso una diversa formulazione alcuni principi di base. Si riporta in dettaglio quanto emanato dall’Ordine di Milano con delibera 27.3.2000. Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano Norme di deontologia per l’esercizio della professione di Architetto. Testo unificato Art. 35 – La pubblicità a carattere spiccatamente commerciale è contraria alla dignità e all’etica professionale ed è lesiva dell’immagine della categoria. Tuttavia la pubblica diffusione delle opere e dei progetti costituisce atto lecito di divulgazione culturale a condizione che non assuma forme concorrenziali. L’architetto può proporre, descrivendoli, i suoi servizi professionali, ossia emettere messaggi illustranti l’attività svolta e le competenze possedute, sotto qualunque forma di comunicazione, entro i limiti delle condizioni generali imposte dalla legge e dalle seguenti disposizioni specifiche: il messaggio o comunicazione deve essere solo di carattere informativo e non persuasivo, inoltre non deve contenere riferimenti al costo dell’opera o servizio, se non mediante l’espressione “onorario secondo la Tariffa professionale di legge vigente”; non devono essere espressi, o comunque risultare percepibili, paragoni e confronti con altri professionisti, anche di diverse categorie; l’eventuale citazione dei committenti o la loro identificabilità deve essere autorizzata preventivamente dagli stessi; l’architetto è implicitamente garante del rispetto della presente norma. Sara Gilardelli
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La pubblicità nella deontologia professionale
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Bergamo a cura di Antonio Cortinovis e Gabrio Rossi
Pubblicità fra cultura e In-Formazione L’Ordine di Bergamo, attraverso la Commissione Cultura, ha promosso negli ultimi tre anni la partecipazione istituzionale alla Fiera Edile di Bergamo quale momento di promozione della professione e di rilancio del valore dell’Architettura nel mercato delle costruzioni, settore estramemente importante per numeri e persone impegnate nella nostra provincia. Tale esperienza mirava a diffondere la figura dell’architetto verso gli operatori privati ed istituzionali presenti in fiera nonchè al vasto pubblico dei 30-40.000 visitatori per ciascuna edizione. Seppure con gli inevitabili limiti legati alla prima esperienza, si sono esplorate le diverse opzioni di contatto ed incontro con la clientela producendo materiale informativo promozionale costituito da depliant e locandine; elaborando e distribuendo gadget promozionali; allestendo gli stand di contenuto espressivo, ideale, simbolico dell’architettura, istituendo il premio di architettura rivolto agli espositori della annuale fiera edile, a detta di molti la più significativa nello scenario lombardo; tutto ciò mantenendo vivace e prolifico il rapporto con i promotori dell’Ente Fiera, della Provincia di Bergamo e della Camera di Commercio. Le ultime due edizioni si sono svolte nella nuova Fiera di Bergamo, offrendo la possibilità di spazi maggiori e maggiore visibilità anche per lo stand dell’Ordine. L’appuntamento della Fiera è particolarmente sentito in una città come Bergamo che deve la sua notorietà proprio alla Fiera, storicamente quella bovina di S. Alessandro nei mesi estivi, tanto che il nuovo centro cittadino piacentiniano si colloca in gran parte sul sedime della antica fiera permanente, allora entro la cinta daziaria di cui fa memoria Porta Nuova. La fiera è da sempre, in ogni città, attività pubblicitaria ante litteram, ponendosi al tempo stesso quale mezzo di informazione, luogo di incontro e scambio fra domanda ed offerta, ma sopratutto ambito di formazione culturale nel confronto e nella competizione, o meglio nella concorrenza, intesa in termini odierni come promozione di sistema, fra i soggetti del mercato. L’Ordine, in quanto soggetto collettivo dei prestatori di servizi quali sono i suoi iscritti, è il principale promotore delle loro attività, grazie al supporto informativo e culturale di base che opera nei confronti della committenza. Solo in seconda battuta è infatti possibile per i singoli architetti distinguersi agli occhi della clientela secondo qualificazioni, specializzazioni e distribuzione territoriale. Sebbene sia vero che la figura del singolo professionista richieda, nella rete globale dell’informazione, di un supporto pubblicitario proprio, quale le nuove norme deontologiche consentono, è altrettanto vero che il sistema
informativo promozionale deve essere ancor più mirato e puntuale onde raggiungere gli obiettivi di riscontro sul potenziale bacino di clientela servibile. In termini di investimento delle risorse per pubblicità pare ovvio che il “Logo Architettura”, declinabile in arte, ingegno, buon costruire, rispetto della storia e della natura, nonchè in “valori” quali professionalità, deontologia e fiducia (ciò per cui la nostra professione è considerata di pubblico interesse), non è sostenibile dai singoli iscritti. E ciò non solo per una ragione economica, che tra l’altro solo qualche illustre collega od organizzazione professionale può o si potrebbe permettere il lusso di affrontare commercialmente, ma soprattutto perché si rischia un’inevitabile diaspora dei singoli messaggi che porterebbe alla saturazione dell’informazione se non addirittura al rigetto degli stessi e alla squalifica dell’intera categoria. Le tre edizioni della Fiera Edile hanno così visto l’Ordine di Bergamo proporre temi che potessero essere occasioni di incontro con tutti gli operatori del processo edilizio per valorizzarne la componente architettonica: un primo approccio, nel 2003, dove l’uomo vitruviano campeggiava nel piccolo spazio polimaterico, una riflessione su “l’uomo, la sua casa e la città, fra cielo e terra”, ossia l’idealità dell’Architettura ed il radicamento culturale del territorio nell’edizione 2004, per finire con il tema del gioco quale “spazio” anche psicologico della progettazione, affrontato nell’edizione 2005. Facendo seguito a questa esperienza, è auspicabile che gli Ordini, sia in occasione del riordinamento delle professioni che di una possibile attività pubblicitaria, impieghino in modo complementare ai singoli iscritti adeguate risorse e opportune forme ed iniziative promozionali nei confronti del cliente glocal. Provocatoriamente ci chiediamo: non sarà che anche solo per necessità biecamente pubblicitarie, gli ordini manterranno un motivo per sopravvivere? Alfredo Verzeri
Como a cura di Roberta Fasola
Pubblicità: quale forme adottare per farsi conoscere… …e, aggiungerei, rispettando le nuove norme del codice deontologico, assunte a livello nazionale ed integrate da decisioni delle singole province. In particolare, il Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Como ha introdotto l’Art.35, inerente i “rapporti coi colleghi”, contenente ampie specifiche riguardanti la pubblicità della professione, vale a dire che: 1. L’architetto potrà offrire i suoi servizi professionali median-
Una volta chiarito ciò che si può e non si può fare per attivare una corretta pubblicità del proprio operato, ora è necessario capire come si sta muovendo nello specifico il professionista comasco. Credo che fonte primaria di sponsor possa considerarsi (al di là di qualche occasionale e fortunata pubblicazione su riviste o libri del settore) l’utilizzo di internet, dove in realtà la pubblicazione del proprio lavoro, ritengo sia vissuta non tanto come mezzo di divulgazione, quanto come opportunità immediata di presentarsi con una sorta di curriculum on-line a chi ci ha magari già contattato e vuole vedere ciò che abbiamo fatto. Nello specifico, infatti, a Como, pur essendoci da parte
dell’Ordine una certa attenzione agli aspetti della comunicazione via internet, attraverso un aggiornamento costante del proprio sito, non si hanno grandi riscontri in merito: purtroppo, pur lavorandovi anche professionisti dagli interessi allargati (vale a dire che spaziano tra il lavoro concreto attraverso una progettazione di qualità e il lavoro culturale attraverso rapporti con l’università) si vive ancora un ambito operativo territorialmente ristretto, dove il rapporto fiduciario costituisce ancora la base prevalente della fonte di lavoro. Un piccolo esperimento ne ha dato conferma: ho banalmente digitato dentro a un motore di ricerca le parole “architetti Como” e ne è comparso un lungo elenco dove ad eccezione di pochi negozi, (erroneamente inclusi nello stesso) è attiva solo la voce “mappa” e non le altre “scheda” e “contatto”… vale a dire… tutti ci possono raggiungere, ma nessuno può sapere cosa facciamo! Le uniche pubblicazioni in merito, penso proprio che a questo punto si possano trovare unicamente sul sito di Europa Concorsi dove è possibile visionare concorsi vinti, o a cui si è semplicemente partecipato, e qualche lavoro eseguito. Personalmente non credo che questo significhi una scarsa fiducia nella comunicazione per mezzo della vetrina web, ma semplicemente la presenza di un sistema di lavoro ancora troppo confinato territorialmente: il circuito internet opera sicuramente su una scala molto più vasta e ancora troppo distante dalla nostra piccola realtà. Nella reticenza ad affidarci a questo tipo di comunicazione, forse si potrebbe ritrovare un altro significato, opposto e ben più profondo della “miopia comunicativa”: il tema dell’immagine rimane colto maggiormente nel suo aspetto fondativo a scapito di quello rappresentativo e comunicativo; si avverte cioè, ancora una certa fiducia nel valore del progetto a scapito di ciò che semplicemente appare agli altri; è forse la volontà di non ridurre a una foto tridimensionale il valore della ricerca? La stessa esperienza fatta nel corso degli anni col “Premio Magistri Comacini” testimonia una sensibilità da parte dell’Ordine verso una divulgazione culturale dell’architettura non riducendola a pura promozione. R. F.
Lecco a cura di M. Elisabetta Ripamonti
Concorsi: una grande occasione di crescita e promozione Ringrazio il gruppo LFL per la loro riflessione sul tema della promozione della professione che ha condotto a
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te messaggi pubblicitari emessi sotto qualunque forma di comunicazione dentro i limiti delle condizioni generali imposte dalla Legge e dalle seguenti disposizioni speciali: – la pubblicità può essere solo di carattere informativo e non persuasivo; – in nessun caso potranno essere fatti paragoni con altri professionisti, siano o meno architetti, né permettere che altri lo inseriscano nel messaggio pubblicitario; – se si divulgano le proprie opere professionali, non si può citare l’identità dei clienti, a meno che siano chiaramente pubblici e notori, né dati differenti da quelli puramente tecnici ed artistici; – si deve astenere dall’introdurre nel messaggio pubblicitario ogni riferimento diretto od indiretto al costo dei servizi diverso dall’espressione “onorario secondo la tariffa vigente”; – quando il messaggio non viene diffuso tramite spazi e supporti specificatamente pubblicitari, deve identificarsi chiaramente il suo carattere, inserendo in modo visibile la legenda “inserzione pubblicitaria”, “messaggio pubblicitario”, “pubblicità”; – per quanto riguarda la divulgazione delle proprie opere professionali, deve effettivamente comparire il ruolo ricoperto, le collaborazioni eventuali e se l’opera è stata realizzata o meno ed il livello raggiunto della prestazione professionale. 2. L’architetto deve inviare ogni messaggio pubblicitario che intende emettere alla previa autorizzazione dell’Ordine Provinciale o all’organo a questo delegato. 3. Non si considera la pubblicità commerciale e, conseguentemente non è richiesta l’autorizzazione dell’Ordine, nei seguenti casi: – divulgazione delle proprie opere e realizzazione in libri, studi, riviste e articoli di carattere tecnico, scientifico, artistico, professionale, sempre che non siano a pagamento e che sia assicurata la veridicità di quanto pubblicato ed il rispetto della normativa deontologica e statutaria della professione; – inserzione dei dati obiettivi dell’architetto che si riferiscono ai suoi titoli e specializzazioni accademiche, domicilio, telefono, e dati obiettivi similari, che possono figurare in guide, o sezioni specializzate di altre pubblicazioni, anche se la pubblicazione è a pagamento.
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considerare il concorso come lo strumento di promozione per antonomasia. Il gruppo LFL Architetti nasce nel 2000 e vede associati sei professionisti titolari di tre studi distinti che, incontratisi a seguito della partecipazione al concorso per l’ampliamento del tribunale di Lecco nel 1999 (dove risultano vincitori rispettivamente del primo e secondo premio) decidono di condividere insieme una nuova esperienza. L è la sigla di Luconi Architetti Associati degli architetti Laura e Piero Luconi, F indica Sergio Fumagalli architetto ed, infine, L è l’iniziale di Lavorincorso Architetti degli architetti Alessandra Manzoni e Giovanni Sacchi insieme al designer Dario Mario Zappa. Sono un gruppo giovane quindi rappresentativo, almeno in termini anagrafici, di una quota rilevante degli iscritti all’Ordine di Lecco. I risultati raggiunti sembrano confermare il loro convincimento sull’efficacia dei concorsi. Il progetto del gruppo LFL per l’ampliamento del cimitero di Berbenno del 2000 riceve una menzione d’onore al Premio Archès (per giovani architetti italiani under 40) e una medaglia d’argento, come progetto segnalato, al Premio Europeo Cosenza. Sergio Fumagalli, a nome del gruppo, dà una definizione di promozione della professione emblematica di quale valore venga attribuito all’operazione. Promozione significa, attraverso i concorsi, le mostre, i premi di architettura e le pubblicazioni, soddisfare una esigenza “primaria” che è quella di far conoscere il proprio lavoro, ma anche e soprattutto favorire momenti di confronto e di dialogo. Ecco perché crediamo nei concorsi come un efficace strumento in tal senso. Continua Giovanni Sacchi… I concorsi, il cui numero sta crescendo notevolmente negli ultimi anni, sembrano divenuti l’unico modo per farsi conoscere. Altri strumenti come i siti web risultano spesso inefficaci al fine di segnalare il nominativo di uno studio in un marasma di nomi e sigle diverse. I siti risultano funzionali in un momento successivo quando, contattato il potenziale committente, si desidera illustrare i lavori eseguiti. Per molti giovani architetti che non hanno incarichi, che si occupano più di pratica di studio che di architettura, lo strumento concorsi può risultare un utile trampolino di lancio. Insieme ad Alessandra Manzoni e a Dario Mario Zappa abbiamo aperto uno studio di architettura appena laureati nel mese di marzo del 1997, a luglio abbiamo vinto il primo concorso. Questo ha determinato uno scatto di credibilità nei nostri confronti consentendoci di acquisire incarichi importanti. Partecipare a concorsi ha comunque oggettive difficoltà, in primis il rischio della mancanza di raccordo tra la vincita di un concorso e la realizzazione di un’opera. Lavorincorso ricorda l’esperienza vissuta con il concorso d’idee per il Tribunale di Lecco, vinto nel 1999.
Area ex-piccola velocità a Lecco. Veduta della nuova biblioteca.
Abbiamo vinto il concorso d’idee; è stato assegnato un premio che, però, non ha portato a nessun incarico formale da parte del Comune che non ci ha coinvolti, ma ha messo alla base della gara per l’affidamento dell’incarico il nostro progetto semplicemente dilatato di quattro piani… Situazione analoga si sta verificando per il concorso dell’area ex-Piccola Velocità a Lecco vinto dal gruppo nel 2004, nel quale di nuovo la formula del concorso d’idee non garantisce alcun raccordo fra la fase concorsuale e le fasi di progettazione successive. La domanda sorge spontanea: ma come è possibile per un piccolo studio, per un giovane professionista che non dispone di grandi e sofisticati strumenti, cimentarsi in un concorso? Sergio Fumagalli: Quando, parecchi anni fa, in un dibattito pubblico a Lecco si ribatteva, alla nostra difesa d’ufficio dello strumento concorso considerato come occasione importante di confronto e di crescita, che i concorsi li fa solo chi se lo può permettere, ho risposto, convinto ancora oggi di questa tesi, che, per chi vive del proprio lavoro partendo da zero, come nel mio caso, la scelta faticosa di puntare sui concorsi è determinata anche dalla possibilità di ricevere incarichi importanti altrimenti non raggiungibili. È possibile partecipare ad un concorso anche senza una struttura notevole o particolari strumenti, basta dedicarci molto tempo ed energia che risultano, ovviamente, a rischio completo! È altrettanto vero che all’alto rischio di aver investito molto lavoro senza un risultato certo si associa la possibilità di fare un salto notevole una volta vinto il concorso. Quest’ultimo è infatti un’occasione fantastica anche per approcciare tutta una serie di problematiche con un committente pubblico, di fare esperienza con il “progetto pubblico” anche di entità rilevante, di acquisire curriculum per le gare di progettazione, di sperimentare il lavoro di cantiere. Ma in ogni caso è sempre stato, nella mia esperienza, un momento di crescita culturale e di confronto, di scambio continuo con i colleghi, in particolare, nell’esperienza più recente, con i colleghi del gruppo LFL per gli oltre 15 concorsi svolti insieme.
a cura di Roberto Gamba
Scuola superiore IPSIA a Sondrio.
Ampliamento cimitero di Berbenno di Valtellina.
Giovanni Sacchi: Fare concorsi vuol dire lavorare sviluppando una capacità di relazionarsi, indispensabile all’interno di un gruppo, dove il momento di confronto, che per noi è paritetico, consente un accrescimento incredibile su una miriade di temi progettuali diversi. Ci piacerebbe che i temi legati ai concorsi venissero dibattuti anche all’interno dell’Ordine professionale, dell’università e delle sedi di governo del territorio dove operiamo, per far sì che questa nostra esperienza di lavoro possa essere messa a confronto con la variegata galassia professionale che ci circonda. M. E. R.
Come farsi pubblicità a Milano (sicuramente la città italiana ove maggiormente sono sviluppate le attività mediatiche e dove maggiormente sono diffuse le occasioni utili alla promozione di qualunque mestiere)? Comprasi un paginone del “Corriere”, oppure uscire a cena con il Sindaco non è cosa permessa a tutti; se non a quei pochissimi colleghi che hanno alle spalle società immobiliari ben quotate in borsa. Oltretutto, non tutto è consentito con l’osservanza delle norme della deontologia professionale. Esistono comunque altre strade che permettono di esprimere e illustrare le proprie capacità e le proprie attitudini, di presentare i frutti del proprio lavoro; attraverso internet, con la frequentazione di ambienti e associazioni culturali, o tecnologiche; con l’edizione a stampa di una monografia critica e curriculare; con l’esposizione in “galleria” dei propri disegni e modelli, in mostre temporanee “personali”. Riguardo a quest’ultimo mezzo di promozione, che più di ogni altro riconduce il carattere del mestiere, all’ambito dell’espressività artistica, bisogna rilevare che a Milano è relativamente poco diffuso. A Milano, le “gallerie d’arte” raramente espongono i progetti di architettura e pochi architetti coltivano il desiderio di presenziarvi, indirizzando il proprio metodo operativo, verso una produzione raffinata e colta di disegni, espressivi di uno stile e di una tendenza. Di conseguenza, abbiamo interpellato, prima una giovane collega – Francesca Musa – che, laureatasi nel 2000, è attualmente impegnata in uno studio ed è cultrice di progettazione del paesaggio, al Politecnico di Milano. Ella ci ha inviato un contributo sulle sue prime esperienze da professionista. Abbiamo chiesto inoltre a Gianmario Andreani, che, da decenni, è di “Domus” il redattore e l’esperto della prestigiosa rubrica di recensioni librarie, che cosa pensa della sempre più diffusa ambizione, dimostrata da molti professionisti, di veder prodotti – anche presso le più importanti case editrici – libri che illustrano la propria attività. Infine a Cristina Della Bella – laureata in architettura e titolare della società CDB Mediagraph, specializzata in siti internet – abbiamo chiesto come si deve fare, quanto costa e quale materiale necessita per approntare un proprio “spazio virtuale”, sul web.
R. G.
Lavorare per la qualità della vita Stanchi di distribuire in modo più o meno capillare il proprio curriculum vitae senza ottenere i risultati sperati, si può prendere in considerazione la possibilità di fare una scelta diversa, come quella di iscriversi ad un’associazione culturale.
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Milano
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L’associazione di cui faccio parte, Cittadimare di La Spezia, promuove la cultura della qualità della vita, i cui obiettivi di sviluppo sostenibile duraturo sono delineati nello statuto: “L’Associazione si propone, come strumento di promozione della cultura dello sviluppo locale, a sostegno delle iniziative pubbliche e private volte a creare nuove opportunità occupazionali durature e sostenibili (…) Ogni azione dell’Associazione è mirata concretamente a promuovere proposte, progetti e strumenti di aggregazione che aiutino i giovani a conseguire un futuro di prosperità anche nei luoghi dove sono nati valorizzando le naturali potenzialità del territorio (…) Cittadimare, quale strumento di aggregazione socioeconomico culturale, è costituita per diffondere tra i cittadini, in particolare tra i giovani, la coscienza della importanza della identità della comunità in cui vivono e di quanto sia essenziale avviare nuovi modelli di organizzazione dello sviluppo sostenibile della comunità per affrontare con successo la competizione globale nel pieno rispetto delle identità locali”. Cittadimare è costituita da una rete di professionisti denominata The Working Network che raccoglie al suo interno diverse competenze: biologi, geologi, ingegneri, architetti, economisti. Nell’associazione stiamo portando avanti una serie di proposte di riqualificazione del territorio integrate e coordinate tra loro come un unico progetto multidisciplinare, dove ogni singolo progetto non perde di vista l’approccio globale: ristrutturazioni e interventi su strutture esistenti; allestimento, valorizzazione e promozione di percorsi; valorizzazione e promozione di siti di interesse storico, naturalistico e paesaggistico; gestione di strutture per attività di educazione ambientale; progetti per la conservazione dell’ambiente naturale; progetti per lo sviluppo della ricerca e della conoscenza del territorio. Per ognuno dei progetti Cittadimare mette inoltre a disposizione la conoscenza del territorio, i contatti con le amministrazioni locali e ultimo, ma forse più importante, il sostegno per la futura trasformazione in progetto esecutivo. Purtroppo quest’ultimo aspetto è la parte più difficile, quindi non sempre riesce... ma non sempre fallisce. Francesca Musa
Libri Da persone che si occupano di pubblicità ho imparato una cosa: la pubblicità su “Domus” ha un valore aggiunto rispetto alla pubblicità televisiva o comunque alla pubblicità che esaurisce la sua influenza in breve spazio di tempo. Questo perché la rivista viene collezionata e così la pagina pubblicitaria viene veduta anche dopo molti anni dalla sua pubblicazione. Così la bella foto della poltrona o della sedia veduta vent’anni dopo contribuisce a creare un’aura di qualità, di storia e
Logo dell’associazione Cittadimare.
di cultura attorno all’oggetto e alla casa che l’ha prodotto. Queste considerazioni sono valide anche per i libri. La pubblicazione di un libro dedicato alla propria opera ha valore di consacrazione per un architetto. Gli assicura uno status, è una pubblicità molto produttiva, gratificante anche per il cliente dell’architetto. Non tutti gli architetti interessano agli editori. Un editore fa le sue considerazioni: valuta quanto può rendere un libro e se non vede la possibilità di un guadagno rifiuta la pubblicazione. Nel mondo moderno, però l’apparato produttivo è pronto a soddisfare tutte le esigenze, tutte le richieste e cosi, presso alcuni editori, si è creato il settore del libro, se non propriamente pagato, almeno aiutato. In parte finanziato dalla persona interessata. Una editoria in cui è determinante la volontà del cliente. E così si moltiplicano le pubblicazioni, con incremento abnorme del mercato editoriale. Gianmario Andreani
Quando il virtuale diventa risorsa In un mondo che sembra andare sempre più di fretta ed in cui l’immagine, più della parola, appare come il nuovo mezzo di comunicazione, il sito web offre un’ottima risposta ad entrambe le esigenze. Da architetto che ha scelto di progettare spazi virtuali, penso che questo nuovo strumento comunicativo offra ad un progettista vaste opportunità. Dalla possibilità di un portfolio virtuale fruibile in qualsiasi momento cui indirizzare i propri contatti, (basta la semplice presenza sul biglietto da visita del link al proprio sito per suggerirlo), al dialogo a distanza con i clienti attraverso la visibilità in tempo reale dei progetti proprio grazie all’interattività che internet offre, fino alla possibilità di ampliare il proprio bacino d’utenza curando il posizionamento del proprio sito sui motori di ricerca. La prima richiesta che mi viene posta in genere è: “Fammi un preventivo per un sito”. Il che sarebbe un po’ come chiedere ad un architetto: “Fammi un preventivo per una casa”. É una domanda alla quale è pressoché impossibile dare una risposta senza prima avere definito con il cliente gli spazi, le tecnologie ed i contenuti, siano essi spazi reali o virtuali. Quali sono i parametri essenziali per realizzare un sito web e quindi per stabilirne i costi?
In primo luogo è necessario che il cliente concordi con l’azienda la funzionalità: lo scopo per il quale il sito viene realizzato, sulla base della quale verranno quindi poi scelte le tecnologie (strumenti e linguaggi per la realizzazione delle pagine), i contenuti (testi, immagini, moduli), l’interfaccia (veste grafica). Ad esempio gli architetti sovente mi chiedono un sito che sia una vetrina dei propri lavori da poter mostrare ai clienti. Ed in questo caso è bene avere chiaro anche che tipo di clienti: il target. Una cosa è un book online, una sorta di biglietto da visita virtuale per contatti presi di persona, ed un’altra è la ricerca di nuovi clienti tramite web, che invece comporta necessariamente non solo l’iscrizione, ma anche il posizionamento sui motori di ricerca. Su migliaia di risultati ottenuti inserendo una parola chiave, per avere la garanzia di apparire nelle prime 10-20 posizioni (oltre le quali un utente mediamente non prosegue la lettura), è necessario compiere un lavoro cospicuo dietro le quinte che comporta competenze ben specifiche e che di conseguenza è piuttosto oneroso. Considerato che a partire da 1.000-1.500 euro uno studio di architettura può realizzare una vetrina discreta dei propri lavori, è bene valutare con attenzione se investire anche nel posizionamento, che può arrivare attorno ai 5.000 euro. Si tratta quindi di decidere se far fruttare il sito anche per nuovi contatti online, o se scegliere semplicemente di offrire un servizio migliore a quelli esistenti. A questo proposito in qualche caso mi è stato chiesto di realizzare uno spazio riservato e protetto da password dove inserire i disegni con le varianti di progetto, o lo stato d’avanzamento dei lavori, da mostrare ai clienti. Un contatto diretto che permette di risparmiare tempo riducendo gli spostamenti, ma ancor più di poter accettare commesse distanti, i cui costi, in qualche caso, potrebbero diventare difficili da ammortizzare. Resta il fatto che questi prezzi sono solo indicativi e che il
Cristina Della Bella
Pavia a cura di Vittorio Prina
Conquistare, non accaparrare Su indicazione del Consiglio Nazionale, con due deliberazioni approvate nel 1998 e nel 1999, l’Ordine degli Architetti della Provincia di Pavia modificava l’Art. 35 delle vigenti Norme di Deontologia Professionale, liquidando definitivamente il vecchio testo che consentiva come veicolo pubblicitario della professione solo ed esclusivamente l’affissione di targhe professionali all’esterno del proprio studio e l’inserimento nell’elenco telefonico; infatti, si era stabilito che “la pubblicità commerciale è contraria alla dignità professionale ed è lesiva dell’immagine della categoria. La pubblica diffusione delle opere e dei progetti (…) non deve mai assumere forme concorrenziali o di carattere commerciale”. La modifica operata, da tempo attesa, è stata accolta con favore da tutti gli iscritti, i quali finalmente, pur nel rispetto di alcune regole fondamentali, giuste e doverose, potevano finalmente procedere all’uso dei nuovi sistemi di comunicazione-informazione per far conoscere il proprio campo di attività professionale, divulgando contestualmente i progetti e le opere realizzate ritenute più significativo-rappresentative del proprio operare. Occorre comunque precisare, che dal 1999 ad oggi, i
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Una pagina di prova di un sito.
reale costo di un sito è da personalizzare e stabilire di volta in volta in funzione della quantità di pagine, immagini, della complessità in termini di animazioni, delle eventuali tecnologie, come flash o l’uso di pagine dinamiche che sfruttano linguaggi lato server come ASP e PHP per la gestione di moduli, password, archivi anche di immagini. Per tutti questi fattori è meglio diffidare di prezzi eccessivamente bassi che spesso nascondono soluzioni preconfezionate o sono realizzati da improvvisatori del web, che offrono risultati alla fine solo controproducenti. Internet è un mondo dove l’approccio è mordi e fuggi, e diventa essenziale catturare l’attenzione seguendo opportune strategie, anche nella gestione dei testi, ed abbreviare il più possibile i tempi d’attesa per il caricamento della pagina, per evitare di far fuggire l’utente alla lettura delle prime tre righe, o peggio prima ancora che si apra la home page. Se si decide di usare il sito web come una risorsa lavorativa è quindi meglio rivolgersi a dei professionisti, che sappiano gestire non solo la corretta navigabilità del sito e la grafica, ma anche la forma comunicativa.
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colleghi della Provincia di Pavia che hanno richiesto all’Ordine l’autorizzazione per l’invio dei propri messaggi pubblicitari sono stati un numero notevolmente ridotto, così come quelli che hanno ritenuto di non dover richiedere alcuna autorizzazione. Il mezzo pubblicitario maggiormente richiesto e conseguentemente utilizzato resta la rete informatica di internet, segue il mezzo cartaceo, giornali, riviste o depliant informativi, e la pubblicità su automezzi, preferibilmente se gli stessi costituiscono uno status symbol (il valore del mezzo non ha nessuna importanza). I giovani preferiscono la rete informatica, anche perché rappresenta il veicolo più economico e veloce. Chi non ha avuto esperienze professionali, offre i propri servizi con un semplice testo descrittivo delle proprie competenze, ed è chiaramente alla ricerca di occasioni di lavoro. A volte, ingenuamente, per “accaparrarsi” un cliente sono spinti dal promettere prestazioni professionali preliminari senza il corrispettivo di nessun onorario; solo se il lavoro sarà di gradimento del cliente verrà pattuito un compenso. Ricadono così nella trappola di clienti, ormai non solo nazionali, e certamente non ingenui, che ne approfittano per ingannarli (una volta avuto il lavoro non piace mai), e rischiano di incorrere nelle sanzioni disciplinari previste dalle Norme di Deontologia, per aver praticato concorrenza sleale e violazione dei minimi tariffari. Chi ha avuto esperienze professionali o formative significative, vuole principalmente far conoscere il proprio modo di operare, i contenuti culturali del proprio progetto, vuole informare e non accenna al costo dei servizi se non con l’espressione “onorario secondo tariffa professionale vigente”; la rete informatica è vista come un mezzo per divulgare le proprie opere, per farsi conoscere, e da ultimo, ma non meno importante per “conquistare” il cliente e non certamente per “accaparrarlo”. Il testo è molto breve, mentre grande spazio viene dato alle immagini delle opere realizzate o in fase di realizzazione, ed ai progetti predisposti, ad iniziare dalla propria Tesi di Laurea. I meno giovani abbinano alla rete informatica anche la divulgazione del proprio lavoro prevalentemente tramite depliant informativi, piccole brochure, il cui contenuto fondamentale resta la rappresentazione delle opere realizzate e progettate in anni di attività professionale. Prevale la voglia di vedersi la “vetrina” del proprio operare, senza una ricerca affannata di eventuali incarichi. Il mezzo cartaceo è certamente più costoso, destinato a durare più nel tempo nel caso di brochure, e può raggiungere una platea molto più vasta. Infine, alcuni giovani e meno giovani, in verità molto pochi, scelgono i giornali e le fiancate di automobili, piccole e scattanti, per pubblicizzare il proprio studio professionale. L’aspetto non è culturale, ma neanche mercantile: è solo voglia di apparire. Marco Bosi
Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni
Interviene Giorgio Faccincani, iscritto all’Ordine Architetti PPC della Provincia di Varese e socio di Alterstudio Partners, a sua volta autore, con Bolles e Wilson, del progetto vincitore per la BEIC a Milano. C. C.
Progetto di riqualificazione del centro storico di Feltre, 2002.
Progetto Giardini di Porta Nuova, Area Garibaldi-Repubblica a Milano, 2003.
Tra promozione ed etica L’architetto, come chiunque altro svolga una libera professione o attività, ha il problema di farsi conoscere: è attraverso la conoscenza che egli può ottenere una serie di committenze che esulino dal mero giro di amici e/o
Progetto per polo bibliotecario di Bolzano, 2004.
Progetto per la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura a Milano, 2001.
parenti (che normalmente costituiscono il primo bacino d’utenza di un giovane professionista). In passato, essendo vietata ogni forma di pubblicità diretta, i clienti erano reperiti il più delle volte tramite il passaparola. Un cliente soddisfatto spesso “raccomandava” l’architetto ad altri potenziali committenti. Oggi, pur essendo ammesso farsi pubblicità (in ambito puramente informativo), non credo che tale strada sia praticabile e da praticare. Ritengo che un buon architetto possa e debba farsi conoscere solo attraverso la qualità del proprio lavoro. Questo è l’unico mezzo che permette di ottenere una certa visibilità e, perché no, anche notorietà unita ad una minima attendibilità professionale. Forme di pubblicità diverse e dirette, come, ad esempio, quelle costituite dall’invio di lettere di presentazione oppure dall’acquisizione di spazi pubblicitari, possono addirittura produrre un effetto contrario a quello sperato, mettendo in evidenza non le qualità professionali dell’architetto, ma solo la sua, pur legittima, necessità di lavorare, ponendolo in ogni caso in una posizione di debolezza nei confronti di un’eventuale committente così reperito. In questo senso l’esperienza del nostro studio, pur non essendo necessariamente applicabile a tutti i casi, riten-
Modello del ponte cicopedonale di Castenaso (Bo), 2001.
go possa costituire un riferimento per chi si pone, come noi ci siamo evidentemente posti, il problema della promozione professionale: ciò che abbiamo cercato di portare all’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori è stato fondato esclusivamente sulla nostra opera, sia in relazione ai progetti svolti, che all’apporto di contributi culturali e/o tecnici. Le modalità affrontate per promuoverci si sono basate principalmente sulla partecipazione a concorsi di architettura, a mostre, a convegni e seminari e sul lavoro in campo editoriale. Per quanto attiene ai concorsi, sono convinto che essi costituiscano un ottimo mezzo per veicolare le proprie idee e mettere in evidenza le proprie capacità professionali. Tutti sappiamo che la strada dei concorsi è, come si dice, “lunga e dolorosa” e aggiungerei anche costosa, ma ritengo che ogni studio debba riservargli una parte delle proprie risorse professionali ed economiche (anche eventualmente associandosi temporaneamente con altri colleghi). La partecipazione ai concorsi, pur non garantendo sempre risultati positivi, costituisce un’importante occasione di sperimentazione e di crescita professionale, nonché di confronto con altri professionisti, spesso più bravi di noi. A questo sono serviti, ad esempio, i concorsi fatti anche in collaborazione con noti architetti italiani ed esteri come quelli svolti per Feltre con Umberto Riva (progetto premiato), con la società Milanoprogetti per Bussero (progetto premiato), con il Gruppo Infrastrutture Sociali del Politecnico di Milano per Lecco (progetto premiato), con Giancarlo De Carlo, Paolo Pejrone, Mark Francis, Cantieri Isola, IC99, Avventura Urbana e altri per l’area Garibaldi-Repubblica a Milano, con Boris Podrecca a Bolzano, con Bolles e Wilson per la BEIC a Milano (progetto vincitore) e per il nuovo palazzo del cinema della Biennale di Venezia (in corso) e, infine, quello per la riqualificazione del centro storico di Castenaso (progetto vincitore). Giorgio Faccincani
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L’impegno di Antonio Acuto La figura di Antonio Acuto, architetto, professore, studioso e impegnato politico della scuola è stata ricordata il 20 aprile dalla Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano durante una mattinata che, per l’occasione, ha coinciso con la sospensione delle lezioni in modo da
permettere la partecipazione di studenti e docenti. Nell’aula magna gremita, gli interventi che si sono succeduti hanno tutti sottolineato la grande passione civile di Acuto, la sua generosità e la capacità progettuale non solo in campo professionale e nell’insegnamento ma in quello propositivo/organizzativo. Antonio Monestiroli, preside della Facoltà e amico di Antonio Acuto, nell’intervento di apertura, ne ha ricordato il ruolo fondamentale al momento della fondazione e della successiva costruzione della nuova Facoltà. Acuto ne è stato il primo preside in un preciso momento ovvero quando l’ordinamento degli studi è stato modificato ed è entrato in vigore il cosiddetto “3+2”. Un ordinamento che, non è stato interpretato da Acuto come applicazione di un’astratta legge ministeriale ma piuttosto come una risorsa vera e propria da utilizzare per riportare il progetto al centro dell’attività didattica. Anche il rettore, il prof. Giulio Ballio, ha delineato la grande carica propositiva che in ogni occasione Acuto è stato in grado di dimostrare: “i suoi disegni
partivano in grande” ma si accontentavano poi di risultati anche piccoli, sempre ascritti alla collettività. In questo, infatti, consisteva la generosità di Acuto: nella capacità di lavorare sempre per un progetto condiviso e condivisibile la cui realizzazione finale era da considerare come il risultato raggiunto da un intero gruppo. Gli interventi di Massimo Fortis, Walter Bordini, Giancarlo Consonni, Claudio D’Amato, Gian
Franco Di Pietro, Luciano Semerani e Guido Canella si sono soffermati anche sulla figura di Acuto professore, sottolineandone la passione per la ricerca, la profonda cultura e la dedizione all’insegnamento. Tutti questi temi hanno trovato una rappresentazione particolarmente efficace nel bel filmato che ha aperto la giornata, in cui i suoi collaboratori (Federico Acuto, Francesca Bonfante, Vincenzo Donato, Sabrina Greco, Ottorino Meregalli, Maurizio Meriggi, Silvia Montanari, Andrea Negrisoli, Cristina Pallini, Annalisa Scaccabarozzi) attraverso il montaggio di fotografie di vita privata, immagini di progetti realizzati e non e di ricerche effettuate a scuola insieme agli studenti, hanno affettuosamente ripercorso le tappe di una vita non come molte altre. Oltre al filmato, gli stessi giovani collaboratori, hanno curato la pubblicazione di un libro in cui sono stati raccolti parte dei suoi scritti e progetti ordinati cronologicamente e suddivisi in cinque diverse sezioni corrispondenti a cinque diversi ambiti della ricerca. Martina Landsberger
Sulle tracce di Louis Kahn Il 5 aprile 2005 nella sala Cento del Cinema Anteo di Milano si è svolta una proiezione in anteprima del film My architect (USA, 2003) dedicato a Louis I. Kahn dal figlio Nathaniel, distribuito dalla Mikado e presentato da Fulvio Irace. Attraverso il montaggio di filmati originali e di scene girate in questi ultimi anni, il regista ricostruisce la vita, i luoghi e soprattutto i progetti del grande Maestro americano. Il film si apre ripercorrendo i tragici momenti della morte di Kahn, trovato, privo di vita, nei bagni della Penn Station di New York, con i documenti contraffatti e quindi difficilmente identificabile (ci vorranno tre giorni per arrivare a confermarne l’identità). In quell’occasione il nome di Nathaniel non compare nei necrologi apparsi sui giornali, infatti nessuno sa dell’esistenza di questo bambino. Il film-documentario si configura, in questo
senso, come una sorta di tentativo di riconquista di un rapporto padre -figlio perduto o forse vissuto solamente in parte. Un viaggio nella memoria in cui però, purtroppo, l’architettura compare come personaggio di sfondo, una sorta di pretesto per raccontare un privato e degli affetti mai conosciuti. Il film arriva infatti a delineare la figura del maestro americano allo stesso modo in cui è possibile conoscerlo leggendo i diversi testi critici pubblicati oltre che gli stessi suoi rari scritti (tradotti recentemente dall’Electa). In sostanza poche sono le novità se non si prescinde dalle notizie relative alla vita privata del maestro. La grande occasione che però il film offre riguarda la possibilità di vedere, “visitare”, le sue architetture, i suoi spazi, di comprenderne la costruzione e di conseguenza il senso di ognuna di esse. A questo proposito restano in mente le parole, espresse al termine del film, da un architetto del Bangladesh che sottolinea come il Parlamento di Dakka (1962-76), che Kahn non
M. L.
Arte metropolitana Galleria in Galleria, questo il titolo dell’esposizione temporanea che dal 21 marzo al 22 maggio, in dieci importanti stazioni delle tre linee del metropolitana milanese (Lambrate, Loreto, Garibaldi, Centrale, Lampugnano, De Angeli, Duomo, Porta Venezia, Palestro, Montenapoleone), ha ospitato una collettiva d’arte contemporanea firmata dagli artisti: Stefano Arienti, Luca Bertini, Stefano Casciani. Enzo Cucchi, Jan Fabre, Alberto Garutti, Joseph Kosuth, Corrado Levi, Armin Linke, Amedeo Martegani, Masbedo, Mimmo Paladino,
Michelangelo Pistoletto, Dragana Sapanjons, SUPER! (Patrick Tuttofuoco/Massimiliano Buvoli/ Riccardo Previdi), Vedovamazzei. Un progetto concepito e realizzato da Norman Brain, la divisione creativa del gruppo Norman, in collaborazione con ATM e col patrocinio del Comune di Milano. La direzione artistica è stata affidata al critico d’arte Giacinto Di Pietrantonio.
L’intenzione dichiarata dagli ideatori è quella di rivitalizzare gli spazi anonimi del servizio pubblico milanese, non-luoghi in cui più di un milione di persone transita ogni giorno senza fermarsi. Video, mosaici, installazioni luminose hanno invaso le arterie della città sommersa, facendo pulsare l’arte fuori dai ristretti spazi canonici, dentro il cuore della metropoli. Un’iniziativa encomiabile che riprende, in piccolo, l’esempio di Napoli – a sua volta ispirato al Louvre di Parigi – in cui le stazioni della metropolitana sono vere e proprie stanze permanenti di un museo diffuso, o “obbligato”, come lo definisce Achille Bonito Oliva, poiché si è “costretti” a passarci dentro. Una visione della cultura che, annullando la convenzionale separazione tra arte e vita, contamina la dimensione ordinaria e “spuria” dell’esistenza, portando la bellezza nei luoghi, nel linguaggio, nei gesti del quotidiano, valorizzando la funzione sociale dell’opera d’arte.
Arte Aperta: una giornata d’apertura straordinaria delle gallerie specializzate nella promozione dei giovani artisti. Ventisette gallerie sparse nella città sono rimaste aperte dalle 18.00 alle 24.00; ispirandosi alle analoghe iniziative di Basilea, Berlino e New York, da Brera all’Isola a corso Magenta, le gallerie hanno ospitato mostre monografiche o collettive di artisti italia-
Cose che accadono, presso la galleria Fotografia Italiana, i dipinti di William Scott, La voce dei colori, presso Lorenzelli Arte, i quadri di Sironi, Sassu, Mendini, Banchieri e Ferroni, Città di carta, presso la galleria Pittura Italiana, le sculture di Klimax, Gravity, presso Suzy Shammah e gli scatti di Thomas Flechtner, Silent walk, da Antonio Colombo. La città fa tardi e indugia a spe-
ni e stranieri, con l’intento di promuovere l’arte contemporanea, per rendere visibile l’eccellenza di questo patrimonio ancora poco riconosciuto della città di Milano e favorirne l’incontro col pubblico. Tra le altre opere sono stati esposti i video di Steve Mc Queen presso la Fondazione Prada, le opere luminose di Michael Verju presso lo Studio Invernizzi, le fotografie di Alessia Spranzi,
gnere le luci: svolta, riscoperta o rinascita? Un’immissione massiccia di arte che sembra risvegliare Milano alla sua vocazione profonda. A torto identificata prevalentemente come sede della moda e del design, Milano vanta una molteplicità di gallerie d’arte, con un conseguente dinamico mercato e un collezionismo illuminato. Con le numerose accademie storiche e recenti, gli atelier
Irina Casali
Milano città aperta Il 28 aprile, a una settimana dall’apertura del MI ART 2005 – decima fiera internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, tenutasi dal 5 all’8 maggio –, la Provincia di Milano, estendendo la consueta mappa degli eventi presalone, ha promosso la seconda edizione della manifestazione
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ha mai visto concluso, sia diventato il mezzo per portare la democrazia nel “paese più povero al mondo” e di come il popolo stesso si riconosca in esso, ne riconosca il valore civile oltre che artistico. Il film uscirà in programmazione pomeridiana Beta sp e DVD in tutta Italia dall’8 aprile.
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di artisti, le scuole di formazione, le associazioni culturali, l’editoria e la stampa specializzata, il capoluogo lombardo è polo di attrazione e scambio per giovani artisti, fucina di idee, luogo di produzione artistica per eccellenza. Promuovendo iniziative che valorizzino il proprio potenziale creativo, Milano può essere rilanciata come punto di riferimento per l’arte internazionale. I. C.
Riapre la Pinacoteca del Castello All’interno del Castello Sforzesco di Milano, nell’edificio che si affaccia sulla Corte Ducale e che fu la residenza dei duchi di Milano nel corso del Quattrocento, è ospitata la Pinacoteca del Castello. I recenti interventi di
restauro, che hanno interessato in generale tutto il complesso del Castello, hanno coinvolto anche le sale della Pinacoteca. Dopo quattro anni di lavori, la preziosa raccolta, che vanta circa 230 opere e dipinti antichi, tra cui capolavori di Mantegna, Antonello da Messina, Foppa, Cesare da Sesto, Procaccini, Cerano, fino a Bellotto e Canaletto, è stata riaperta al pubblico. Il nuovo allestimento espositivo, è stato curato da Mauro Natale, docente di Storia dell’arte all’Università di Ginevra, in collaborazione con Ermanno A. Arslan, direttore dei Musei d’Arte, con Laura Basso, conservatore e con Valter Calmieri, museografo. L’attuale sistemazione delle opere si basa sulla progettazione di un percorso inedito che intende valorizzare le realizzazioni esposte e permetterne la migliore fruizione, accostando fra loro capolavori, confrontando scuole e autori. Emerge chiara l’imposta-
zione che vuole far risaltare i protagonisti dell’arte lombarda, dal tardo gotico fino al Settecento, accanto a opere provenienti da altre aree geografiche, testimonianze di contatti e scambi artistico-culturali, in particolare appartenenti alla scuola veneta e all’ambito fiammingoolandese. La prima delle sette sale (sala XX) è dedicata alla cultura tardo gotica, sviluppatasi alla corte dei Visconti e degli Sforza, fin oltre la metà del Quattrocento. Esemplare di questo periodo è il Polittico di Torchiara, del cremonese Benedetto Bembo, del 1462. Nella sala XXI si possono seguire le varie tappe dell’evoluzione della pittura lombarda dal Quattrocento fino ai primi decenni del Cinquecento, da Vincenzo Foppa, di cui sono esposte la Madonna col Bambino o Madonna del libro (1450-1470 ca.) e il Martirio di San Sebastiano (1490-1500), per arrivare a Bernardino Luini. Nella sala XXIII troviamo maestri come Filippo Lippi, Antonello da Messina, Giovanni Bellini, e Andrea Mantegna. Nella sala XXIV si ammirano capolavori del manierismo lombardo, tra cui opere dei fratelli Campi. La sala XXV propone dipinti di Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Giovan Battista Moroni e Tiziano (Ritratto di Monseigneur d’Aramon1541-1542 ca.). L’ultima sala
ospita autori del Seicento lombardo, tra cui Giovan Battista Crespi, detto il Cerano, e del Settecento, Fra’ Galgario e Giacomo Cerutti, detto il Pitocchetto. Il catalogo completo dei dipinti è a cura di Maria Teresa Fiorio nell’edizione Electa-Banca Intesa Bci. In occasione del nuovo allestimento Skira ha pubblicato una nuova guida, a cura di Laura Basso e Mauro Natale, La Pinacoteca del Castello Sforzesco a Milano (Milano, aprile 2005). Manuela Oglialoro
Il RIBA premia Frei Otto Nel 1848 la regina Vittoria istituisce un premio per la promozione dell’architettura con l’obiettivo di “celebrare” la figura di chi, con il proprio lavoro, direttamente o indirettamente, abbia contribuito a diffondere il mondo dell’architettura. Il premio, attribuito annualmente dal RIBA, Royal Insitute of British Architects, quest’anno è stato assegnato all’architettoingegnere tedesco Frei Otto, un pioniere nel campo delle tensostrutture e delle strutture a cavi. Nato nel 1925 da una famiglia di scultori, Otto studia alla Tech-
nische Hochschule di Berlino. Nel 1957 fonda la Entwicklungsstätte für den Leichtbau (Centro di sviluppo per le costruzioni leggere). La figura di Frei Otto va associata a quella dei grandi costruttori del XX secolo (Felix Candela, Richard Buckminster Fuller, Konrad Wachsmann e Walter Bird) anche se diverso è il punto di vista rispetto al quale Otto guarda al tema della “costruzione”. A un pensiero razionale Frei Otto contrappone una visione “espressionista” dell’architettura e dell’ingegneria, un approccio che tende a costruire un rapporto stretto, quasi simbiotico, di architettura e natura. È questo modo di intendere la costruzione che porta Frei Otto, negli anni Settanta, a fondare la cosiddetta “architettura ecologica” contraddistinta da una continua ricerca di strategie alternative compatibili con l’ambiente e le sue risorse. La tipologia strutturale che più si adatta a questo modo di concepire la costruzione, viene individuata nella “tenda” da cui derivano una molteplicità diversa di strutture portanti: pensiline tessili, costruzioni di reti di corda o miste sostenute da alberi o da archi, gusci a reticolo e anche costruzioni pneumatiche (tende ad aria). Negli anni Cinquanta e Sessanta Otto realizza alcuni piccoli padiglioni espositivi per mostre
di giardinaggio. Verso la metà degli anni Sessanta, la sua collaborazione con l’architetto Rolf Gutbrod lo porta a sviluppare forme di copertura asimmetriche (diversamente dalle soluzioni precedenti) e suddivise internamente in modo irregolare. Fra queste il Padiglione della Germania Federale all’Esposizione di Montreal del 1967 resta forse l’esempio più rappresentativo. M. L.
I laboratori della Scala All’interno dell’ex area industriale Ansaldo, in via Borgognone 38 a Milano, già oggetto di un concorso internazionale per la Città delle culture (2000), è attivo ormai da alcuni anni il complesso dei laboratori riuniti del Teatro alla Scala (visite con prenotazione obbligatoria nei giorni di martedì e giovedì dalle ore 9 alle 12 e dalle 14 alle 16), laboratori prima dislocati nelle sedi di Bovisa (luogo reso celebre ai milanesi dall’allestimento di Infinities proposto da Ronconi), Pero, Abanella e nello stesso edificio del Piermarini. Colpisce, dopo una visita guidata ai laboratori (su prenota-
60.000 costumi di scena, fatto da mobili in serie, che non hanno però nulla del fascino di quelli originali della Bovisa, si incontrano, dopo un percorso in quota – attraverso un interessante sistema di passerelle sospese da cui osservare le diverse fasi della costruzione scenica – le sale prove per il coro e lo spazio scenico per le prove di regia, che ripete, nelle dimensioni, il palcoscenico piermariniano. Un percorso articolato e istruttivo, non solo per scolaresche, forse non ancora consapevole dei suoi gioielli da mostrare, come ad esempio la collezione dei modellini delle scene d’opera, archiviati su un soppalco, invece di essere messi in mostra all’interno di uno dei tanti spazi a disposizione. Michele Caja
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zione obbligatoria e, purtroppo, a pagamento), la presenza di un complesso di tale entità e dimensioni, che, quasi sconosciuto ai più, vive e sopravvive all’interno della città, a fianco e apparentemente al di fuori dei dibattiti, al contrario, tanto ufficiali e pubblici sulla Scala e il suo destino. Una sorta di cittadella autonoma, di carattere prettamente tecnico, che sembra fare da contraltare alla tanto celebrata e patinata rinascita del nuovo quadrilatero della moda e del design tra via Savona e via Tortona, quasi come un mondo a sé stante, fatto prevalentemente di artigiani dediti agli allestimenti scenici – scenografia, scultura, termoformatura, falegnameria, officina meccanica, assemblaggio scene, sartoria, elaborazione costumi, lavanderia. Oltre al deposito di oltre
a cura di Roberto Gamba
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Nuova autorimessa comunale a Brienno (Co) Brienno, antico nucleo stretto tra le ripide pendici dei monti e il lago di Como, ha bandito questo concorso d’idee per realizzare un’autorimessa comunale su più piani, che serva a facilitare l’accesso al centro storico. L’Amministrazione Comunale nell’ambito di un progetto di riqualificazione complessiva ha ritenuto di individuare un luogo per una prima risoluzione del problema del parcheggio e, quindi, del recupero del giusto equilibrio urbano. La posizione dell’area di progetto, tra l’ingresso al paese dalla strada statale da sud, le gallerie e la montagna alle spalle, il sentiero, le ville e i giardini e il lago a valle, e le prime case del borgo verso nord, ritagliano questa piccola porzione, la cui caratteristica geomorfologica diviene elemento fondamentale della
progettazione. Il nuovo manufatto diverrà il contraltare, la nuova porta, da sud, memore dell’antica porta insistente, un tempo, nelle immediate vicinanze. La valutazione dell’impatto ambientale è stata orientata non alla mimesi, ma a quel rapporto che l’architettura genera tra sè medesima e i luoghi naturali o costituiti con cui si relaziona. La giuria era composta da Kurt Forster, Marco Brandolisio, Francesco Castiglioni, Giuseppe Reynaud, Franco Gerosa, Patrizia Nava, Alessandro Colombo. I premi sono stati per il primo classificato di 5.500 euro; per il secondo di 3.000; per il terzo di 2.000. Oltre a quelli qui presentati, sono stati menzionati i progetti di Lorenza Ceruti, Roberta Fasola; di Giuseppe Gambirasio; di Giulio Zanella.
1° classificato Luca Balestreri (Como), Franco Tagliabue, Stefania Saracino collaboratore: Marco Mapelli
tura, disegnati dal reticolo strutturale e dalle vele dei tamponamenti, si aprono verso l’esterno. La dimensione del telaio strutturale rimanda all’immagine dei contrafforti in pietra, ricorrenti nei muri di contenimento lungo le strade del lago. Il fronte sud, più chiuso e austero, si configura come porta di accesso al borgo lungo l’antica via Regina. Il fronte nord si apre verso il borgo al piano terra mettendo in diretta comunicazione gli spazi pubblici esterni con quelli interni e al primo piano con una grande loggia nello spazio del belvedere. Il progetto si integra con il sistema dei percorsi pedonali esistenti a più livelli: la balconata panoramica al piano terra dell’edificio si collega alla scalinata che porta al lago; il ponte al secondo livello si connette con un percorso storico che degrada verso il centro del paese.
Il tessuto originario del paese è dato da semplici addizioni successive di unità composte da singoli volumi, un nucleo dal tessuto compatto e al contempo articolato che si adatta all’orografia del terreno, costruito quasi interamente con roccia locale. Un principio insediativo così chiaro diviene il punto di partenza per il progetto. L’immagine di alcune foglie del bosco richiama una similitudine con la struttura del tessuto edilizio; essa viene sostituita nel progetto dal concetto della vela delle imbarcazioni: così, leggere superfici sono utilizzate per la schermatura delle facciate. Il fronte verso il lago e la coper-
2° classificato Giovanni Ambrosio (Casagiove – Ce), Giovanni Lucentini L’idea nasce da una rilettura del sistema dei terrazzamenti che caratterizza il paesaggio del Lago di Como. L’edificio si scompone in tre terrazze-belvedere che, incastrandosi con i percorsi esistenti, permettono di attraversare tutti i livelli della struttura e di scendere fino al lago. Il parcheggio è del tipo a tecnologia automatizzata.
La pietra moltrasina dei terrapieni viene disposta con conci di diverso taglio rispetto al rivestimento esistente. L’elemento centrale, invece, viene ricoperto da listelli di legno catramato; è sospeso sulla terrazza e sul lago con una struttura a sbalzo a travi di ferro incassate nella struttura in cemento armato del parcheggio e segue, sollevata dal suolo della terrazza, con la sua forma le curve della montagna e del terreno. Il rivestimento di legno permette di nascondere le auto e di mitigare l’impatto.
3° classificato Massimo Nodari (Esine – Bs), Sergio Ghirardelli Tre cubi perfetti di lato 10,7 m scompongono la massa volumetrica dell’autorimessa, accostandosi fra loro con giaciture diverse, individuando scorci prospettici inquadrati fra i muri in sbieco, come accade percorrendo gli stretti vicoli a lago del paese. Visti dall’acqua i tre cubi paiono galleggiare fra il verde, in un rapporto tra natura e costruito, non mimetico, ma complementare, come succede per il complesso monumentale cimitero-chiesa a nord dell’abitato. La struttura portante delle nuo-
ve autorimesse è in calcestruzzo costituita da pilastri isolati; a monte si appoggia sul muro di sostegno esistente della rampa. Una sovrastruttura leggera in metallo regge il rivestimento delle facciate a lago dei tre cubi e la pergola di copertura del belvedere, entrambi realizzati con lamelle in legno. Le controfacciate lignee modulano con il variare della luce e del punto di vista i pieni e i vuoti dei fronti. In sommità il belvedere è riparato dal sole da tre pergolati che nascondo le autovetture alla vista da monte. Il blocco ascensore, rivestito con vetri U-glass è di notte un segnale luminoso.
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Riqualificazione della piazza S. Stefano di Somma Lombardo (Va) Il concorso riguarda la riqualificazione della piazza Santo Stefano unitamente all’area in scarpata, di recente acquisizione da parte del Comune, che costeggia la scuola materna presente. Obiettivi di progetto, in rapporto al tessuto edilizio esistente, dovevano essere l’inserimento delle aree nel più ampio contesto del nucleo urbano antico, in relazione alle previsioni di PRG; la valorizzazione dell’importanza storica dell’antica chiesa parrocchiale e della vicina chiesa di Santa Maria della Ghianda; lo studio di una soluzione funzionale della viabilità. Erano da prevedere la creazio-
ne di un percorso pedonale di collegamento tra la sommità della scarpata e la piazza; il recupero del significato e della qualità dello spazio collettivo con interventi anche di arredo urbano; la riprogettazione delle aree a verde; la delimitazione /pavimentazione dell’area di rispetto del pozzo del civico acquedotto; la possibilità di garantire un futuro ampliamento delle aree della scuola materna. La giuria era composta da Francesco Bottarini, Matteo Sacchetti, Alfredo Martegani, Franco Ferrario, Nicola Ventura. I premi sono stati, per il 1° classificato 3.500 euro; 1.000 euro ai secondi classificati.
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Progetto vincitore Paola Cavallini (Parma), Stefano Della Santa, Paola Conti, Alfredo Castiglioni Per piazza Santo Stefano si immagina uno spazio che diventi prevalentemente pedonale. Viene ripensato anche l’ingresso della scuola materna: la risalita è risolta con una rampa che ridisegna la recinzione della scuola, arricchendola di vegetazione. Parte della piazza “sale” verso il giardino salvaguardando il muro di sassi esistente che, ripulito, diviene sostegno per alcune piante di rose rampicanti. Dal vecchio muro potrà sgorgare l’acqua che alimenta la lunga vasca che delimita la piazza sul lato nord. Dal giardino sulle piane, come da una balconata, ci
si potrà affacciare sulla piazza. L’accesso allo spazio verde potrà avvenire sia dalla nuova rampa, sia attraverso la risalita con pergola. Il dislivello esistente viene addolcito rimodellando il terreno in due terrazzamenti, che si raccordano tramite declini erbosi trattenuti da sedute in pietra. Le alberature (carpini, meli, ciliegi, sorbi, arbusti con bacche e fiori) rimandano ai boschi che s’incontrano ai margini dell’abitato, mentre le bordure con Calluna vulgaris ricordano la brughiera. I materiali delle pavimentazioni sono il “calcestre” (ghiaietto calcareo costipato), pietra di Luserna, ciottoli. I cordoli delle aree prative e dei percorsi, la struttura delle panche sono in acciaio Corten, o legno.
Centro socio-ricreativo a Olgiate Molgora (Lecco) Obiettivo del concorso di idee è la sistemazione dell’area di proprietà comunale denominata “Nava” per funzioni di tipo socioricreativo. L’organizzazione e la valorizzazione di questo ambito sono da perseguire attraverso l’inserimento di funzioni pubbliche dedicate al tempo libero, associazionismo e attività culturali, secondo il progetto definito nel programma elettorale come “Cittadella della Cultura e del Tempo Libero” e di delineare le idee generali di riorganizzazione e integrazione con il contesto urbanistico e ambientale. I temi che dovevano essere affrontati erano il recupero del fabbricato rurale esistente e la realizzazione di un nuovo volume edilizio di superficie massima di 600 mq. Gli spazi a verde dovevano tendere a un disegno di integrazione paesaggistica con le strutture sportive (due campi polifunzionali e un percorso attrezzato
per attività ginniche). Era importante che si tenesse in considerazione la sistemazione del tratto viario di attraversamento del paese per chi è diretto da Como verso Bergamo e Lecco, per la sua messa in sicurezza. La giuria era costituita da Stefano Boeri, Sergio Fumagalli, Giacomo Borella, Michele Mandelli, Emanuele Panzeri, Carmen Carabus, Giuseppe Riva; supplenti, Gerolamo Ferrario, Matteo Calvi. Erano richieste tre tavole in formato A1. Al progetto vincitore è stato attribuito un premio di 5.000 euro; ai due progetti secondi classificati 1.000 euro ciascuno. Di seguito sono stati segnalati i progetti di Maurizio Di Lauro, con Edy Gaffulli, Giovanna Maschio, Dario Varetto, collaboratore Andrea Volpato, consulente Paolo Micucci; inoltre Veronica Scortecci, Chiara Scortecci, Ilario Chiarel, Massimo Corsico, Jacopo Muzio.
1° classificato Lorenzo Consalez (Milano), Elena Bertinotti, Francesca Peruzzotti, Marcello Rossi, Andrea Starr consulenti e collaboratori: Luca Carella, Alice Faggioni, Paola di Salvo
comunità e di polo di attrazione, grazie all’edificio dell’auditorium, ai parcheggi e agli spazi aperti adatti per sagre e mercati. Il parco è disegnato tramite scavi e riporti, che formano grandi impronte nel suolo e rivelano la struttura delle costole di accesso. L’erosione della superficie segue alcune preesistenze, come il filare di magnolie bianche, la cascina ristrutturata e la scuola. I campi che ospitano le attività sono scavati alla quota di accesso dalla strada: i percorsi che conducono alla piazza sono in rilevato, in parte naturale, in parte riportato. In sezione si individuano tre zone: i campi, in basso, per lo sport e il tempo libero, i bordi inclinati per il relax, le costole, in rilevato, per l’accesso.
A occidente dell’area di progetto, un asse di percorsi, evidenziati attraverso interventi paesaggistici, o addirittura strutturati con attrezzature di percorso vita e punti di osservazione, lega i futuri campi sportivi e le nuove funzioni ai sentieri attrezzati che conducono al monte e al complesso di Monastirolo. Il nuovo parco, con la presenza delle funzioni civiche e ricettive, svolge la doppia funzione di punto di aggregazione per la
2° classificato (ex-aequo) Alessio Riva, Elena Verri, Stefano Galinta (Monza) collaboratori: Sergio Virdis, Giancarlo Colombo Visitando l’area si percepiscono la forza degli elementi naturali circostanti e la qualità del sito, abbracciato da grandi colline terrazzate ed aperto verso valle ad uno scenario naturale di grande respiro. La dimensione “gigante” che caratterizza questi elementi crea un rapporto immediato con l’area di progetto, quasi scavalcando il contesto più prossimo, per proiettarsi direttamente sullo spettatore, attraverso un
gioco di fondali e quinte naturali che, seppur su piani diversi, avvolgono il lotto. La differenza di quota rispetto all’intorno fa dell’area un palcoscenico privilegiato per godere direttamente del rapporto con questi elementi naturali. Il progetto, muovendo da queste considerazioni, sottolinea la volontà di potenziare la relazione con gli elementi circostanti: un sistema di elementi leggeri, coperti, per scala, posizione e valore progettuale, stabilisce idealmente un rapporto con l’ordine “gigante” del contesto e, ordinando la struttura del lotto introduce e accompagna il visitatore.
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2° classificato (ex-aequo) Antonio Lazzaretto (Milano), Maurizio Garrasi, Marco Barin, Elena Magi I nuovi corpi edilizi dell’auditorium, degli spogliatoi e della cucina per le feste vengono collocati in coincidenza con il salto di quota che caratterizza l’area, risultando sostanzialmente interrati rispetto alla quota alta del giardino. In tal modo viene mantenuta integralmente a spazio aperto tutta la superficie del lotto.
All’interno del corpo principale del fabbricato rurale esistente trovano spazio gli uffici, il centro autogestito, la foresteria, i due alloggi, l’audioteca e il bar; il corpo minore viene rivestito in legno quale casa della musica. La sistemazione paesaggistica prevede l’alternarsi di pieni e di vuoti in funzione dell’attività svolte: lo spazio vuoto delle feste e dei campi sportivi, in parte pavimentato e in parte trattato a prato; l’area boscata naturalistica sul margine occidentale del lotto.
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Ampliamento della Deutsche Schule di Milano Il concorso si è originato per la necessità di ampliamento delle strutture esistenti della Scuola Germanica di Milano (DSM), in via Legnano e ha visto la sperimentazione di un’innovativa formula di progettazione “partecipata”, che si è articolata in tre laboratori aperti al pubblico, durante i quali una discussione tra tutti i concorrenti e i futuri fruitori della struttura ha consentito di sollevare questioni e
sollecitazioni utili per lo sviluppo dei progetti finali. Il vincitore è stato scelto tra i cinque studi di architettura che sono stati invitati a partecipare (con Broggi & Burckhardt, Antonio Citterio & Partners, Studio Rota, Studio ARK Associati, Matteo Thun & Partners). I progetti sono stati esposti all’Urban Center della Galleria Vittorio Emanuele di Milano nell’autunno scorso.
Progetto vincitore Mario Broggi e Michael Burkhardt (Milano) collaboratori: Pierluigi Curtarelli, Fabio Valerio, Fabrizio Bozzi
scuola materna si svolgano in “diretto contatto con il terreno di gioco e di attività all’aperto”. Inoltre, è necessario prevedere uno “stop and go” di 30 automobili parallelamente a via Legnano per la consegna dei bambini e un parcheggio sotterraneo per 40 automobili con conseguente rampa d’accesso lunga almeno 25 metri. Ciò ha implicato un arretramento da via Legnano della nuova parte edificata, a scapito della superficie ricreativa del cortile, che è stata recuperata, creando il giardino pensile al primo piano (adatto anche a scopi didattici) e due terrazzi, a contatto con il primo e il secondo piano dell’edificio esistente. Le aule aggiuntive sono sovrapposte; viene introdotta una piccola zona ricreativa, “Belvedere” verso il parco su tutti i piani.
Il progetto precisa morfologicamente l’isolato con i nuovi edifici, in modo da ottenere un’edificazione perimetrale del comparto della scuola e completa l’esistente con una torre verticale. Ciò consente di situare la scuola materna in un interno: un padiglione ad un piano, gradonato e articolato, con un tetto giardino. Il nuovo corpo chiuso verso via Legnano funge da barriera al rumore del traffico stradale e il complesso scolastico acquista un carattere introverso. La normativa tecnica richiede che le attività educative della
Taglio del nastro, il 31 marzo scorso, per il nuovo polo fieristico milanese di Rho-Pero al quale si potrà arrivare con la nuova tratta della linea 1 della metropolitana anch’essa inaugurata in occasione delle due prime esposizioni, Expo Italia Real Estate e Progetto Città, per poi chiudere e riaprire definitivamente forse in settembre. Sull’inaugurazione, alla quale hanno partecipato il Presidente del Consiglio Berlusconi, il Presidente della Regione Formigoni, il Presidente della Provincia Penati e il Sindaco di Milano Albertini, avvenuta a due giorni dalle elezioni regionali con il cantiere non ancora concluso, è stato detto tutto e il contrario di tutto. Lo stesso architetto Massimiliano Fuksas, mente progettuale della nuova Fiera, non ha partecipato dichiarando di non volersi prestare a strumentalizzazioni di parte ma su “Il Sole 24 Ore” del 31 marzo 2005 non manca di far sapere il suo pensiero: Volevo che fosse un luogo aperto a chiunque a Milano, a Torino, ai quartieri e agli insediamenti vicini, alla gente di passaggio, ai più curiosi e ai turisti di architettura. Desideravo che si potesse percorrere e vedere dall’alto. Che osservassero i padiglioni in pieno allestimento, il traffico dei Tir e la miriade di persone che rendono possibile l’economia dei luoghi. Senza pagare alcun biglietto si può entrare in un bar, si può andare a prendere un caffè, si può andare in un ristorante e poi, oltre, uno showroom, le bolle delle sale riunioni, gli uffici sospesi, a sbalzo, su bacini d’acqua. E percorrere la sinuosità, la dolcezza e l’organicità “della vela” in acciaio e vetro lunga 1 km e mezzo, quanto l’asse centrale. E di seguito. A metà del percorso, discendere verso il centro congressi, ancora senza aver pagato un centesimo o avere mostrato un badge. Osservare un vulcano di vetro e acciaio che arriva a toccare il suolo. E in alto, come una montagna, quella che la Fiera chiama Logo e gli operai chiamano “Monte
Fuksas”, e di questo ne vado narcisisticamente fiero. (...) Non ho cercato il modello di città. Perché di modelli non ce n’era, non c’è mai stato bisogno e maggiormente oggi. La differenziazione dei percorsi, dei luoghi aperti, della visita e dell’attività in basso, alla quota del terreno, sono il diagramma esatto di quello che credo possa essere una città oggi. (...) Qui si tratta non di inaugurare, ma di riflettere e realizzare senza prendersi nessun merito in quanto i meriti, se ci sono, si vedranno e li vedranno i nostri figli. La Fiera di Milano inaugurata in questo modo, a tre giorni dalle elezioni regionali, è un’occasione perduta per comunicare non le speranze del Paese, ma le sue realizzazioni, le idee e la creazione. Sarebbe stato utile mostrare il lavoro di quanti, parte di una grande comunità, hanno innalzato vele per prendere il vento. Non sarò all’inaugurazione oggi 31 marzo. Quello che si può aggiungere è che committenti, politici e purtroppo anche gli architetti un giorno scompaiono.
Le opere, se buone, rimangono. E spero che quest’opera flessibile e duttile come uno strumento musicale – alla musicalità ci pensa la copertura tormentata in vetro – abbia la capacità di adattarsi ai bisogni della gente. Mentre la polemica sull’opportunità dell’inaugurazione ha tenuto occupati molti giornalisti delle varie testate locali e nazionali, tutti sono d’accordo nell’affermare l’importanza della nuova Fiera per l’economia lombarda e italiana. Marco Garonzio scrive su “Corriere della Sera” del 31 marzo 2005: È un bel segnale l’inaugurazione della Nuova Fiera. Milano può vantarsi di avere realizzato finalmente una grande opera, in linea con la migliore tradizione imprenditoriale della città. Il Paese ha un polo d’eccellenza di prima grandezza, che lo rende più che competitivo a livello internazionale. Sarebbe però un guaio accontentarsi del risultato raggiunto, della felice riconversione di un’area che sembrava compromessa, di strutture architettoniche all’avanguardia, di collabo-
razione tra istanze ed enti diversi. La sfida vera comincia adesso. Lo sanno gli amministratori, che si sono rimboccati le maniche per serrare i tempi della costruzione e delle infrastrutture d’accesso. Ne sono coscienti le aziende, piccole, medie e grandi, guardinghe e seriamente preoccupate dalla stagnazione e dall’economia che non decolla. Ne deve assumere piena consapevolezza l’opinione pubblica in tutte le sue articolazioni ideali, culturali e politiche. (…) La Nuova Fiera va presa in sè, ovviamente, come impresa, ma è da considerarsi anche sotto il profilo simbolico, cioè di un’istituzione che fa da apripista ad una praticabile inversione di tendenza nel guardare alla grande Milano, allo sviluppo delle sue potenzialità oggi così impacciate e mortificate. (…) L’inaugurazione della Fiera deve essere l’occasione per mobilitare le intelligenze, le capacità inventive, la progettualità. La nuova fiera di Milano, per capacità espositiva, si colloca effettivamente ai vertici europei, difinita come una nuova, grande, finestra sul mondo; un’importante piattaforma di lancio del made in Italy. Marco Morino su “Il Sole 24 Ore” del 1 aprile 2005 sottolinea la collaborazione vincente tra pubblico e privato, tra istituzione ed impresa e scrive: Ultimata l’opera ora scatta la nuova sfida: trascinare Milano ai vertici del mercato fieristico internazionale. L’Europa è attualmente l’area con la migliore e maggiore dotazione di centri fieristici del mondo. La maggiore offerta è localizzata in Germania (cinque quartieri internazionali) seguita da Italia e Francia. Con il nuovo polo Fiera Milano potrà recuperare importanti quote di mercato in Europa, sferrando l’attacco ai tedeschi. E il made in Italy si troverà al suo fianco un alleato ancora più potente. Ecco quindi che la grande festa, ricca di proteste e polemiche, del 31 marzo avvenuta sotto alla grande vela dell’architetto Massimilano Fuksas si trasforma in una nuova scommessa per Milano ...non prima però che siano ultimati i nuovi cinque padiglioni e la linea metropolitana ancora in cantiere. Laura Truzzi
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L’inaugurazione del Nuovo Polo Fiera Milano
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Architettura e architetture Giovanna Crespi e Nunzio Dego (a cura di) Giorgio Grassi. Opere e progetti Electa, Milano, 2004 pp. 456, € 58,00
Gli edifici raccolti riportano alla memoria forme, figure e proporzioni già sperimentate e conosciute, presenti nelle città e nelle architetture che le costruiscono. Così avviene nel caso dei progetti recenti, come l’edificio ad uso pubblico per Treviglio o la chiesa parrocchiale a Roma, le cui ragioni sono riconducibili alla memoria di edifici analoghi. Ma tale corrispondenza se da un lato è ciò che permette il riconoscimento di un’intenzione, dall’altro evidenzia l’autonomia del progetto dal riferimento, dovuta alla costruzione in un luogo preciso nel primo esempio e alla questione del valore del riferimento nel secondo. Ogni volta di nuovo il singolo progetto nell’essere risposta adeguata a una necessità, si colloca, come dice Grassi a proposito del progetto per Treviglio: “a metà fra una soluzione subita e una soluzione controllata”. Ilario Boniello
Il volume costituisce l’aggiornamento della monografia sul lavoro di Giorgio Grassi pubblicata da Electa nel 1996. Al materiale precedente sono state aggiunte le immagini delle opere realizzate così come le relazioni e i disegni dei progetti elaborati in questi ultimi anni. Relazioni e disegni sono il metodo usato per descrivere il grado di necessità delle singole architetture all’interno della città. Ai testi è affidato il compito di dimostrare il perché delle scelte, ai disegni come e tramite quali strumenti tali scelte giungono ad essere evidenti e riconoscibili. Per una rivista come la nostra, rivolta a chi svolge il mestiere dell’architetto nel quotidiano, crediamo che l’esperienza di Grassi trovi la sua ragione d’essere nella capacità dimostrativa, riassunta nei progetti raccolti in questa monografia, di un metodo di lavoro. La questione che i progetti di Grassi mettono in evidenza riguarda il rapporto che si stabilisce fra ciò che vi è di particolare in ogni singolo progetto, riconducibile al tema, al luogo e alle necessità che dall’esterno pongono vincoli precisi al funzionamento degli edifici, e il modo in cui la forma finita li riassume attraverso l’evidenza di un riferimento.
La basilica di San Lorenzo a Milano Laura Fieni (a cura di) La costruzione della basilica di San Lorenzo a Milano Silvana Ed., Milano, 2004 pp. 264, € 33,00 La basilica di San Lorenzo è uno dei monumenti più antichi e misteriosi di Milano. Edificata in età paleocristiana lungo la direttrice romana per Ticinum (Pavia), era preceduta da un atrio quadriportico di cui restano il colon-
nato romano e parte dei muri ad esso ortogonali. Una serie di edifici minori sono disposti a raggiera sui lati e sul retro e quattro torri contrastano le spinte dell’imponente cupola, ricostruita in età tardocinquecentesca. Per secoli la basilica è stata erroneamente identificata con edifici romani di età massimianea: la particolarità della pianta centrale quadrilobata e la maestosità dell’intero complesso hanno contribuito ad alimentare il mito di San Lorenzo come architettura romana. Riferimento per la cultura fin dal Rinascimento, la basilica continua ancor oggi a destare l’interesse di studiosi di tutto il mondo. Il volume raccoglie i risultati delle indagini archeologico-archeometriche condotte sulla basilica all’interno di un importante e ambizioso progetto di ricerca del Politecnico di Milano, al quale hanno collaborato l’Università Statale di Milano-Bicocca, l’Università degli studi di Pavia, l’Istituto di Storia della Cultura Materiale di Genova. Il testo introduttivo di Tiziano Mannoni è seguito dal bellissimo album fotografico di Gabriele Basilico. L’architetto Laura Fieni illustra le vicende costruttive relative a questa fabbrica continua, in cui i materiali impiegati nelle fasi tardoantiche sono stati recuperati dopo i crolli, rilavorati e messi nuovamente in opera in età medievale e moderna. Importanti contributi di carattere storico e architettonico su San Lorenzo sono forniti, tra gli altri, da Maria Grazia Sandri, Aurora Scotti Tosini e Pietro C. Marani. Il volume comprende inoltre i rilievi stratigrafici delle
diverse parti della basilica, le descrizioni dei metodi di datazione e di rilievo impiegati, una relazione sull’ultimo intervento di restauro delle facciate. Un’ampia bibliografia è posta in chiusura del testo. Francesca Floridia
Storia e tipologia Paul Davies, David Hemsoll Michele Sanmicheli Electa, Milano, 2004 pp. 404, € 100,00
“Uno dei principali architetti dell’Alto Rinascimento Italiano”, sono queste le parole con cui si apre un nuovo volume della collana Architettura e architetti classici dedicata da Electa ai grandi maestri dell’architettura classica, parole prese a prestito dalla forse unica monografia moderna – fino ad oggi – dedicata all’architetto veronese da Eric Langenskïold nel 1938. Eppure la fama di Sanmicheli ai suoi tempi è grande, non solo in quanto architetto progettista di opere difensive ma anche come costruttore di edifici civili (ville e palazzi) come pure di aule destinate al culto. È proprio a partire dall’identificazione dei vari tipi di architetture di cui Sanmicheli si occupa durante la vita (1487/88-1559) che il volume viene pensato. I due autori costruiscono parte dell’opera studiando le variazioni tipologiche applicate da Sanmicheli ai diversi edifici di cui si occupa. Questa scelta si pone come un’utile chiave di lettura
Martina Landsberger
Poesia dell’Urbe Roberta Piastri L’elegia della città. Roma nella poesia elegiaca di Ovidio Mercurio, Vercelli, 2004 pp. 158, € 16,00 Questo libro, che in apparenza sta a margine di quanto può interessare uno studioso di architettura, tocca in realtà un tema tanto importante quanto trascurato: il tema, forse meglio il problema, rappresentato da quella dimensione “ennesima” della città che è la sua raffigurazione letteraria. Questa dimensione è in realtà uno dei filtri attraverso cui di norma noi percepiamo l’ambiente urbano. La città non è formata soltanto dall’intreccio tridimensionale delle sue strade, delle sue piazze, dei
ma percepiamo meglio la Roma “reale” – la città degli uomini – nelle sue molte sfaccettature. Alberta Bergomi
Venezia città dell’anima Nicoletta Salomon Venezia inabissata. Un fantasaggio Mimesis, Milano, 2004 pp. 184, € 12,00 suoi manufatti, non è soltanto la quarta dimensione rappresentata dal tempo che la modifica, ma è anche (forse innanzitutto) il pensiero che, percependola, l’interpreta e le dà senso. Questo vale ovviamente anche per la Roma di Ovidio. A Ovidio, alla sua poesia, alla sua città, e alla relazione intellettuale tra questi temi Roberta Piastri ha di recente dedicato un volume che rappresenta il risultato del lavoro di ricerca sviluppato dall’autrice nel dottorato di Filologia e Letteratura dell’Università di Torino, pubblicazione tanto più lodevole in quanto è raro che lavori di questo tipo trovino uno sbocco editoriale. Esaminando le opere fondamentali di Ovidio, la Piastri giunge alla conclusione che ciò che conta nella sua poesia non è tanto l’onnipresenza di Roma bensì la capacità dell’Urbe – come in fondo di ogni città – di essere scena adeguata alla commedia umana, quella descritta nella poesia erotica e libertina dell’Ars Amatoria prima, così come poi quella scura e melanconica dei Tristia e delle Epistule ex Ponto. Certo in questo mutamento di registro – osserva l’autrice – la scena cambia: se nella poesia degli esordi è la dimensione mondana della vita urbana ad attirare l’interesse del poeta, nella fase di relegatio a Tomi il quadro topografico muta per lasciare spazio alle architetture ufficiali del regime – il Campidoglio e il Palatino – nello sfortunato tentativo di riconciliazione con la morale augustea. Leggendo questo libro forse non conosciamo meglio la Roma antica in senso archeologico,
Nicoletta Salomon, classicista e docente di estetica, racconta la storia di Venezia dopo che questa è finita sotto il mare, un’ipotesi solo apparentemente fantastica, che racchiude un messaggio paradossale. Venezia s’inabissa e continuerà a farlo, perché è fedele al suo destino; sprofondare fino a sparire nelle acque dell’inconscio, in cui affonda le proprie radici, è il prezzo che paga per non rinunciare ad essere ciò che è: città dell’anima, sede del profondo, dimora della psiche. I ricordi su Venezia evocati dell’autrice si sovrappongono alle umbratili immagini della tradizione letteraria, evidenziando ripetizioni e ritorni, figure tipiche in cui sono riposti significati universali. Poliedrica superficie riflettente Venezia infonde capacità psichica, costringe a guardarsi dentro. Bellissima e terribile, indomabile e imprendibile, come il mare a cui è affidata, Venezia è una presenza scomoda: ci ricorda la nostra parte sommersa. Descritta qui come una persona,
Venezia è un simbolo: racchiude due parti insieme, quella manifesta e quella latente. Venezia l’anfibia parla dell’imprescindibilità di considerare città e persone nella loro interezza, non solo per ciò che palesano in superficie. La parte emersa, in cui si riconosce la metropoli frattale priva di radici, segue regole d’adattamento basate su criteri standard di “funzionalità”. Di fronte a ciò Venezia testimonia il valore dell’eccezione. Fiera della propria unicità, non vi rinuncia; è disposta a pagarne il prezzo: soccombere al peso della propria incomparabile bellezza, tale perché senza alcuno scopo. Se la modernità sfreccia sull’onda dell’omologazione, Venezia sfugge, recalcitra, si nega. Sottrarsi è sinonimo di affermazione. Lontana dal tempo, svetta solitaria nel suo abisso. Cittàmemoria, monito, residuo utopico, la “sposa del mare” annuncia cosa significa essere fedeli a se stessi, dire sì alla propria individualità irripetibile. Tuttavia da Venezia si fugge per sfinimento malinconico, perché il confronto con l’anima richiede fatica. Venezia non la si abita, la si transita. Poi però vi si torna, assetati di qualcosa che nelle altre città è andato perso. La bellezza, nutrimento dell’anima, a Venezia è ovunque, circola tra le calli, sui balconi, ad ogni angolo di strada, nella vita di tutti i giorni. Le città efficienti hanno smarrito l’anima: la bellezza è separata dal resto del corpo urbano, rinchiusa nei musei, appannaggio di specialisti. Per questo si torna a Venezia, per camminarci dentro. Irina Casali
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di una vasta produzione architettonica ma soprattutto come un’utile strumento di analisi cui fare riferimento anche oggi nel momento in cui si affronta il progetto. Se da un lato, infatti, il volume presenta un’impostazione prettamente storica (prima parte dello studio dedicata alla vita dell’architetto veronese), dovuta ovviamente alla specificità dei due autori, dall’altra i capitoli dedicati alle diverse tipologie degli edifici, mettendo continuamente a confronto fra di loro le soluzioni adottate, permette di comprendere l’attualità dello studio tipologico e soprattutto l’aspetto di grande generalità offerto dal concetto di tipologia intesa, come scriveva Samonà: “come recupero dei nessi che di volta in volta si sono stabiliti fra l’esperienza di un passato e la coscienza delle istanze del presente”. Il capitolo, per esempio, dedicato alle chiese a pianta centrale dimostra come Sanmicheli affronti la questione a partire dalla conoscenza approfondita di questa tipologia, così come si è andata definendo nella storia, adeguandola di volta in volta alle necessità imposte dalla committenza. In questa capacità di lettura del progetto dal punto di vista storico e “compositivo-progettuale” sta la bellezza e l’utlità del volume.
a cura di Sonia Milone
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La civiltà della villa Andrea Palladio e la villa veneta, da Petrarca a Carlo Scarpa Vicenza, Palazzo Barbaran da Porto contrà Porti 11 5 marzo – 3 luglio 2005
“Una villa è un edificio progettato per sorgere in campagna (…) è il prodotto tipico della capacità creativa di un architetto e ne documenta la modernità (…) La villa non può essere compresa prescindendo dal suo rapporto con la città”. Queste poche righe tratte dal saggio dedicato da James Ackerman alla tipologia della villa rappresentano la chiave di lettura della mostra che Guido Beltramini e Howard Burns hanno curato per conto del Centro Studi Andrea Palladio di Vicenza. Due, dal punto di vista economico, sono i “tipi” di villa che si sviluppano in Italia: la tenuta agricola autosufficiente la cui produzione non è limitata ai soli bisogni interni ma viene immessa anche sui mercati urbani e regionali e la villa descritta da Leon Battista Alberti, concepita “per semplice diletto”, intesa cioè come luogo di svago e riposo, mantenuta dal capitale che il proprietario ricava attraverso le proprie attività svolte in città. La mostra, mettendo in evidenza di volta in volta l’adesione a uno o all’altro di questi due princìpi, ripercorre sette secoli di “vita in villa”. L’incipit del racconto coincide con l’abbandono di Padova da parte di Petrarca, che si trasferisce in campagna, ad Arquà, alla ricerca di quell’otium campestre caro ai Romani. La storia prosegue soffermandosi in modo partico-
lare sull’esperienza veneta, sulla costruzione del territorio operata da Palladio, e arriva a toccare i più recenti esempi di “villini liberty” in riva al mare, per concludersi con l’esperienza di Carlo Scarpa ad Altivole. Il percorso che si snoda attraverso l’osservazione di più di
300 documenti, dipinti, disegni autografi di architetti, modelli, fotografie, ecc., cerca di costruire una sorta di “filo rosso” mediante il quale sia possibile leggere la continuità che sta alla base della costruzione di questo particolare tipo edilizio. Una continuità da ritrovare nel particolare rapporto che di volta in volta la villa stabilisce con l’ambiente, con la natura in cui si insedia. Un rapporto che, secondo l’obiettivo dei curatori della mostra, permette, a prescindere dalle diverse forme delle architetture, di legare fra loro l’esperienza di Palladio e Scarpa. Martina Landsberger
presentativo”, “suggestioni oniriche”, si svela nei progetti per i musei e gli allestimenti. Ripiani e vetrine espositive variamente sagomate in legno, metallo o cristallo, esili strutture metalliche, aerei supporti, vuote cornici e telai, specchi; spazi eterei e semitrasparenti definiti da teli di stoffa o di carta, nastri metallici traslucidi o pannelli di vetro opalino, setti di carta, reti di corda, velari di garza, fasce di fili quasi invisibili, determinano dinamiche eccezioni magiche allo spazio regolare che Albini definisce e “misura” utilizzando un reticolo geometrico tridimensionale composto da cavi ed esili montanti. Questi elementi di tensione negli allestimenti museali sono costituiti da materiali meno effimeri quali travetti in cemento, pareti in ardesia, complessi supporti metallici. La mostra curata, insieme al relativo volume edito da Electa I Musei e gli Allestimenti di Franco Albini, da Federico Bucci e Augusto Rossari, è il primo contributo in occasione della ricorrenza del centenario della nascita ed è composta da 34 pannelli di riproduzioni fotografiche dall’archivio Albini. Le immagini sono affiancate da sette modelli realizzati presso il Laboratorio di modellistica della Facoltà di Architettura Civile di Milano dagli studenti del prof. Gianni Ottolini. Il Museo del Tesoro di San Lorenzo è illustrato inoltre da quattro fotografie a colori dello stato attuale realizzate da Marco Introini, che affiancano le foto storiche in bianco e nero; le immagini della Stanza di sog-
Quelle magiche eccezioni Franco Albini. Musei e allestimenti Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 10 11 – 28 aprile 2005 Uno degli aspetti fondamentali della poetica progettuale albiniana, che Tafuri descrive adottando definizioni quali “vena surreale”, “dimensione irreale”, “dimensione dell’astrazione”, “immagine sospesa”, “oggetti storici magicamente spaesati”, “capolavori di virtuosismo rap-
giorno per una villa alla VII Triennale di Milano del 1940 sono accompagnate dalla ricostruzione al vero, a cura del Cosmit, dell’amaca in rete e della poltrona a dondolo sospesa. L’esposizione itinerante proseguirà, dopo Mantova (dal 18 al 29 maggio), a Venezia presso lo
IUAV in giugno; a Matera in luglio e agosto; al Festival dell’architettura di Parma dal 19 al 25 settembre; a Robbiate (Lecco) in ottobre; all’Accademia di Mendrisio in ottobre e novembre; alla Facoltà di Architettura di Palermo fino a dicembre 2005. Vittorio Prina
G&I: paesaggio con figure Architettura come paesaggio. Opere fotografie sculture Roma, Complesso monumentale S. Michele a Ripa Grande via di S. Michele 25 31 marzo – 22 maggio 2005 Dopo la scomparsa di Roberto Gabetti, la riorganizzazione dello studio in Isolarchitetti, che affianca nuove leve ad Aimaro
Isola, prosegue con vitalità quella ricerca sempre sfuggita alle maglie di una critica che, nell’impossibilità di una classificazione omologabile, ha relegato spesso nella marginalità l’opera dei due architetti. Con accostamento fortuito quanto felice, la cornice austera dell’ex Carcere Minorile di Roma offre il contrappunto ideale al dispiegarsi di un allestimento (curato da Saverio Isola e Maurizio Petrangeli) che si impadronisce dello spazio con la stessa divertita ironia che va sempre più caratterizzando la produzione recente. Con compiaciuto understatement, si è introdotti a partecipare dello studiato disordine di un atelier la cui linea di ricerca si dipana coerente nella figurazione ma curiosa, ogni volta, delle occasioni e delle peculiarità del caso specifico, aggirando perciò la ripetizione sterile di canoni formali; i quali tuttavia sono
Filippo Lambertucci
La seduzione degli oggetti L’estasi delle cose Cinisello Balsamo, Museo di Fotografia Contemporanea, Villa Ghirlanda via Frova 10 Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 23 marzo – 12 giugno 2005 L’oggetto quotidiano di produzione industriale è protagonista di una mostra che investe i campi della fotografia, del design e dell’arte. Ideata dal Fotomuseum Winterthur di Zurigo, questa ricca esposizione (più di 500 opere) viene ospitata in due differenti sedi e declinata in due distinti temi: “L’estasi delle cose. Nell’arte”, presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello, “L’estasi delle cose. Nel quotidiano” allo Spazio Oberdan di Milano. Da un lato grandi
vanno dall’indifferenza fino a una devozione quasi ossessiva. La mostra sottolinea il ruolo centrale dell’immagine fotografica nella costruzione di un senso indotto: dalla semplice documentazione delle fasi di progettazione e produzione di beni, è divenuta strumento capace di orientare la nostra percezione fino a mostrarci l’”anima” degli oggetti. Mina Fiore
fotografi (dal periodo delle Avanguardie a oggi) posano il proprio sguardo su oggetti d’uso comune, schiudendone le potenzialità simboliche; dall’altro scatti anonimi provenienti dai mondi della pubblicità, dell’editoria e dell’industria, mostrano l’evoluzione del ruolo dell’oggetto nell’arco del Novecento. Le premesse culturali di questa iniziativa – promossa dalla Provincia di Milano, dal Comune di Cinisello Balsamo, in collaborazione con la Regione Lombardia – si radicano in una vocazione propria del territorio milanese, legata alla memoria industriale e allo sviluppo di nuovi settori di produzione nella comunicazione, nel design e nell’editoria. In questo quadro si colloca anche la recente apertura, a Cinisello, dello spazio espositivo di Villa Ghirlanda, il primo museo pubblico di fotografia in Italia. La mostra intende suggerire riflessioni sociologiche legate all’epoca post-industriale, nell’oscillazione del rapporto uomo -oggetto tra utilità, estetica e consumismo. In particolare la sezione milanese si articola in 15 aree tematiche che inseguono un intento quasi catalogatorio delle attività umane del XX secolo (il lavoro, l’abitazione, la moda, i trasporti, lo sport, la comunicazione); a queste si affiancano altre 8 sezioni che stimolano una lettura più generale (“prodotti culturali, “io e le cose”, “istruzioni per l’uso”, “la bella forma”). Il sovraccarico odierno di oggetti – sensazione singolarmente prodotta anche dall’affollamento di opere nell’allestimento milanese – scatena nell’individuo reazioni contrapposte, che
A occhi nudi Canaletto. Il trionfo della veduta Roma, Palazzo Giustiniani via dei Giustiniani 2 12 marzo – 19 giugno 2005 Allestita presso la prestigiosa sede di Palazzo Giustiniani, la mostra presenta attraverso una ricca serie di disegni, incisioni e dipinti, il percorso artistico del Canaletto: dagli esordi barocchi, con “scene” dai forti accenti chiaroscurali, alle “vedute” della maturità, di spirito illuminista, in cui adotta una tersa luminosità atmosferica per evidenziare con nitidezza ogni particolare del paesaggio cittadino, rigorosamente organizzato secondo un preciso telaio prospettico. Il passaggio dalla scenografia alla veduta non è un semplice mutamento di stile, ma una vera rivoluzione culturale: per la prima volta il paesaggio cessa di essere semplice sfondo di temi storici, mitologici o allegorici e assume la dignità di soggetto artistico autonomo. Pittore di acque e architetture, Canaletto ritrae palazzi, piazze
e chiese della Venezia più nota, ma anche il brusio della vita di ogni giorno che anima le strade e i canali della laguna, coi suoi mercanti, gondolieri e nobildonne. Entra in scena lo spettacolo della città o meglio, la città esce dal quadro e si “cittadinizza”. La letteratura canalettiana indugia forse ancora troppo sulla questione dell’uso della camera oscura da parte del maestro veneto, poichè la veduta, anche la più oggettiva, non è un riflesso, ma una conquista. Il Canal Grande, la laguna, le chiese erano lì da secoli. L’uomo ha sempre attraversato montagne, mari, foreste. Eppure non ci sono paesaggi nella pittura paleolitica, né nelle decorazioni egizie o nella ceramica greca. Per un uomo del XIII secolo il giardino dell’Eden è più reale del bosco che attraversa ogni giorno, perché è la prima cosa che vuole vedere e che, dunque, gli interessa rappresentare. È solo nel ’700 che una certa mentalità isola, incornicia e battezza esteticamente ciò che era usuale, sotto gli occhi di tutti, lì intorno. Eppure, fino ad allora, mai visto. Per arrivare a vederlo è stato necessario convertire lo sguardo dal Cielo alla terra, rischiarare il sacro diradando le sue antiche vertigini: dalla luce divina alla luce della ragione. Il Rinascimento inventa la vista prospettica, l’Illuminismo le vedute panoramiche, Canaletto ci regala Venezia, l’800 ci darà il mare e la montagna: liberata dal visionario, a occhi nudi, l’arte può ora conquistare spazi prima “invisibili”. Sonia Milone
37 OSSERVATORIO MOSTRE E SEMINARI
ben presenti, spesso irritanti, nel beffardo ammiccare ad una ricercata inattualità che costringe sempre ad una critica non superficiale. La mostra, voluta e curata dal dipartimento CAVEA della “Sapienza” con la partecipazione del DARC e della Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Comune di Roma, accanto a immagini dei più noti fotografi italiani (Basilico, Berengo Gardin, Ghirri) che ritraggono sia le architetture di Gabetti e Isola che i paesaggi in cui si collocano, illustra, per mezzo di plastici e acquerelli, disegni su tela e su carta, gli ultimi quindici anni dell’attività dello studio Gabetti e Isola, ora Isolarchitetti. In occasione della mostra viene pubblicato il libro Architettura come paesaggio (Allemandi) a cura di M. Petrangeli, corredato da un ricco apparato iconografico a colori con disegni di Aimaro Isola e da cinque letture di autori di formazione diversa come Bordini, Olmo e Portoghesi, che osservano la ricerca dei due architetti da molteplici punti di vista.
a cura di Walter Fumagalli
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Promuovere va bene, ma attenti alle norme deontologiche! I liberi professionisti svolgono una funzione che da secoli viene ritenuta di fondamentale importanza per la vita della Comunità cui essi appartengono, funzione che costituisce la loro stessa ragione d’essere: prestare un servizio qualificato a favore dei propri clienti. Un libero professionista senza clienti, quindi, semplicemente non può fare il libero professionista. L’acquisizione di clientela costituisce pertanto un momento essenziale dell’attività di qualsiasi libero professionista, e in questa prospettiva la promozione costituisce un momento altrettanto essenziale di tale attività. Questi semplici concetti valgono ovviamente anche per gli architetti. Proprio perché hanno ad oggetto lo svolgimento di prestazioni considerate di pubblica rilevanza, peraltro, le iniziative di promozione poste in essere dagli architetti devono rispettare alcune regole, che hanno lo scopo di evitare il verificarsi di comportamenti e di eccessi suscettibili di ripercuotersi a danno dei potenziali utenti, degli altri architetti e quindi dell’intera collettività. A questo argomento le norme di deontologia professionale, approvate dal Consiglio Nazionale degli Architetti ed in vigore dal 1° gennaio 1994, dedicano diversi articoli. Un veloce ripasso di tali articoli è sempre utile. Rinviando per il momento l’esame dell’Articolo 35, che raggruppa la maggior parte delle disposizioni dedicate all’argomento, occorre prendere le mosse da un concetto che permea di sé l’intero impianto delle norme di deontologia, e che si trova espresso nella loro premessa: “l’opera di architettura tende a sopravvivere al suo ideatore, al suo costruttore, al suo proprietario, ai suoi primi utenti. Per questi motivi è di interesse pubblico e costituisce
fondamento etico della professione. La tutela di questo interesse è uno degli scopi primari dell’opera professionale e costituisce fondamento etico della professione”. Operare con correttezza, aggiornando costantemente la propria preparazione al fine di garantire la qualità delle proprie prestazioni, e svolgendo la propria attività tenendo sempre ben presente l’interesse del cliente coniugato con l’interesse pubblico di cui sopra, dovrebbe quindi costituire il fondamento delle iniziative promozionali di qualunque buon professionista, e di fatto costituisce il substrato delle regole specifiche dettate al fine di regolare la materia.Le prime tre di queste regole sono riportate non a caso fra i “princìpi generali” delle norme di deontologia: • “l’architetto nel promuovere la sua attività professionale deve attribuirsi solo capacità o titoli pertinenti alla professione o riconosciuti dalla legge senza qualificarsi in modo equivoco, esercitare pressioni, o vantare influenze di qualsiasi tipo” (Articolo 6); • “per l’architetto qualsiasi forma di libera e leale competizione si basa esclusivamente sulla qualità del suo lavoro nel rispetto dei diritti dei colleghi” (Articolo 8); • il rapporto con i colleghi deve essere improntato a correttezza, lealtà e chiarezza” (Articolo 10). Si tratta di regole la cui importanza è testimoniata anche dal fatto che la loro violazione comporta la sanzione della sospensione fino a tre mesi (Articolo 56), vale a dire una delle sanzioni più gravi previste a carico degli architetti. A queste regole fanno seguito altre disposizioni più specifiche. Anzitutto, “l’architetto deve evitare ogni forma di accaparramento della clientela mediante espedienti di qualsiasi tipo contrari alla dignità professionale” (Articolo 17). Non è vietato, quindi, acquisire una gran quantità di incarichi grazie alla qualità delle proprie
prestazioni professionali, ma è vietato farlo adottando “espedienti di qualsiasi tipo contrari alla dignità professionale”. Secondariamente, “l’architetto non deve mai assumere incarichi in condizioni di incompatibilità ai sensi delle leggi vigenti e delle presenti norme” (Articolo 28). Non è consentito, quindi, approfittare della posizione derivante dall’assolvimento di un certo incarico, per assumere un altro incarico che possa configurare una situazione di incompatibilità con il primo, come per esempio accadrebbe nel caso dell’architetto che, avendo ricevuto l’incarico di assistere un proprio cliente, decida di assistere anche la controparte. Due specifiche ipotesi di incompatibilità sono espressamente disciplinate dagli articoli 29 e 30: • “l’architetto che esegue per incarico di Pubbliche Amministrazioni strumenti urbanistici o loro varianti deve astenersi dal momento dell’incarico e fino alla loro approvazione definitiva dall’assumere incarichi privati di progettazione nell’area oggetto dello strumento urbanistico. Tale norma è estesa anche a quei professionisti che abbiano collaborato alla stesura del piano o che con il primo abbiano rapporti di collaborazione in atto” (Articolo 29); • “l’architetto che svolge l’incarico di consulenza per un’Amministrazione Pubblica in forma occasionale o continuativa, non può assumere incarichi professionali privati e pubblici aventi oggetto attinente la consulenza. Tale divieto è esteso anche a quei professionisti che con il primo abbiano rapporti di collaborazione in atto” (Articolo 30). Anche in questi casi, quindi, commetterebbe un’infrazione disciplinare l’architetto che approfittasse della propria posizione presso la pubblica amministrazione, per acquisire ulteriori incarichi professionali da parte di terzi. Nei rapporti con i colleghi, poi, anche nella fase dell’acquisizione di clientela il comportamento dell’architetto va
• “deve qualificarsi in modo tale che sia evitato ogni possibile equivoco, precisando nella carta intestata, nella targa di studio, nell’elenco telefonico, nelle guide specializzate, nei timbri o nelle dizioni apposte sugli elaborati e in ogni altra indicazione, soltanto i titoli che gli competono e la forma in cui svolge la professione” (Articolo 40, primo comma); • non può “abbinare il titolo di dottore architetto a quello di professore se non specificando l’esatto valore di quest’ultimo titolo (professore di scuola media; professore incaricato presso l’Università; professore libero docente; professore ordinario; professore emerito, ecc.)” (Articolo 40, secondo comma); • “deve evitare ogni forma di scorretta concorrenza nei riguardi di altri colleghi (…)” (Articolo 34); • “non deve compiere atti tendenti alla sostituzione di colleghi che stiano per avere od abbiano ricevuto incarichi professionali” (Articolo 36); • “deve astenersi da apprezzamenti denigratori nei confronti di un collega, ed in particolare quando ne prosegue l’opera iniziata o interrotta”, e “dovrà astenersi, altresì, da qualsiasi giudizio inerente gli onorari maturati dal collega sostituito” (Articolo 38). Anche nello svolgimento dell’attività promozionale preordinata all’acquisizione di clientela, quindi, non potrà essere tenuto alcuno di questi comportamenti. Si può ora esaminare il già richiamato Articolo 35, che come detto raggruppa la maggior parte delle disposizioni specificamente dedicate alla promozione. A parte la premessa dal significato alquanto oscuro (alla lettera: “il ruolo dell’architetto sottende al primato
culturale rispetto all’aspetto mercantile e il mezzo informativo (…) può rappresentare il fine della pubblicità”), l’articolo esordisce fissando il principio per cui “l’architetto potrà offrire i suoi servizi professionali mediante messaggi pubblicitari emessi sotto qualunque forma di comunicazione (…)”, dopo di che detta le seguenti regole specifiche: • anzitutto, “la pubblicità può essere solo di carattere informativo e non persuasivo”; • “in nessun caso potranno essere fatti paragoni con altri professionisti, siano o meno architetti”; • “se si divulgano le proprie opere professionali, non si può citare l’identità dei clienti, a meno che siano chiaramente pubblici e notori, né dati differenti da quelli puramente tecnici e artistici”, e “deve comparire il ruolo effettivamente ricoperto, le collaborazioni eventuali e se l’opera è stata realizzata o meno e il livello raggiunto della prestazione professionale”; • l’architetto “si deve astenere dall’introdurre nel messaggio pubblicitario ogni riferimento diretto o indiretto al costo dei servizi diverso dall’espressione onorario secondo la Tariffa vigente”; • “quando il messaggio non viene diffuso tramite spazi e supporti specificamente pubblicitari, deve identificarsi chiaramente il suo carattere, inserendo in modo visibile la legenda inserzione pubblicitaria, messaggio pubblicitario, pubblicità”. Prima di effettuare il messaggio pubblicitario l’architetto deve acquisire l’autorizzazione del proprio Ordine professionale, ma tale autorizzazione non è necessaria se la divulgazione sia inserita in libri, studi, riviste e articoli di carattere tecnico, scientifico, artistico o professionale, e non sia a pagamento ed ovviamente sia veritiera (in caso contrario è comunque vietata). L’autorizzazione dell’Ordine non è
necessaria neppure nel caso in cui dati obiettivi come titoli di specializzazione accademica, domicilio, e telefono vengano inseriti, eventualmente anche a pagamento, in guide o sezioni specializzate di altre pubblicazioni. Salvo quanto previsto dal già richiamato Articolo 56, la violazione di ogni altra disposizione fra quelle fin qui richiamate comporta la sanzione dell’avvertimento o della censura (Articolo 57), ma può comportare fino alla sospensione di sei mesi nel caso di recidiva. Quindi promuovere va bene, ma nell’attento rispetto delle regole! W. F.
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improntato a quei princìpi di correttezza che devono sempre ispirare la sua attività professionale. Vengono a questo proposito in rilievo le disposizioni secondo cui l’architetto:
a cura di Emilio Pizzi e Claudio Sangiorgi
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Coordinamento per la sicurezza nei cantieri. Appunti sul quadro normativo di riferimento La materia del coordinamento per la sicurezza nei cantieri, come è noto, è regolata dal combinato disposto del Decreto Legislativo 14 agosto 1996, n. 494, modificato e integrato dal Decreto Legislativo 19 novembre 1999, n. 528, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. I primi due provvedimenti, in particolare, fissano il profilo generale di legge atto a garantire il rispetto delle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da realizzarsi nei cantieri temporanei o mobili, mentre il decreto presidenziale, con funzione di regolamento, detta i contenuti minimi dei piani di sicurezza, con ciò dando attuazione alle previsioni dell’Articolo 31, comma 1, della Legge Quadro in materia di Lavori Pubblici 109/94. A questo orizzonte nazionale, si è poi aggiunta una serie di deliberazioni, documenti, circolari di livello regionale e comunale, che completano e puntualizzano i criteri interpretativi e le modalità operative da adottare sulle questioni di maggior rilievo per la gestione della complessa materia della sicurezza. Così, ad esempio, la Regione Lombardia, di concerto con Ance e Sindacati, ha approvato, con deliberazione n. 9872 del 19 luglio 2002, le “Linee guida in materia di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili. Aggiornamento 2001” (scaricabili dal sito internet www.oopp.regione.lombardia.it), che costituiscono un efficace strumento di orientamento per il professionista incaricato di assolvere il ruolo di coordinatore in fase di progettazione o esecuzione. Di grande utilità, soprattutto, la sezione allegati, ove sono illustrati i contenuti dei principali documenti da redigere o verificare a cura del coordinatore (piano di sicurezza e coordinamento, piano operativo di sicurezza, piano sostitutivo di sicurezza, ecc.), nonché riportati elenchi e indirizzi utili (documentazione da conser-
Area di scarico/carico macerie a ridosso diretto del ponteggio, con danneggiamento dei montanti per urto da pala meccanica.
vare in cantiere, uffici Asl e Dpl per invio notifica preliminare, ecc.), oltre a facsimile di dichiarazioni e verbali. L’allegato F.1, in particolare, “Individuazione degli oneri della sicurezza”, fissa i criteri per la determinazione dei costi necessari alla predisposizione delle misure tecniche e/o organizzative finalizzate ad assicurare che i lavori vengano svolti con gli indispensabili presidi e le necessarie tutele per l’incolumità degli addetti e dei terzi esterni al cantiere. In esso si richiama il dettato del Dpr 21 dicembre 1999, n. 554, “Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici” e, più in dettaglio, l’Art. 34 comma 2, ove si specifica che, nella formulazione dei prezzi unitari non desumibili dai prezziari della stazione appaltante o dai listini correnti nell’area interessata, all’importo determinato applicando alle quantità relative a materiali, manodopera, noli e trasporti i rispettivi prezzi elementari, si deve aggiungere una percentuale per le spese relative alla sicurezza. Il totale così ottenuto, poi, deve essere incrementato ulteriormente di una percentuale variabile tra il 13 e il 15% – a seconda della categoria e tipologia dei lavori – per spese generali e, infine, di un altro 10% quale utile d’impresa.
Ne segue che quota parte degli oneri per la sicurezza sono riconosciuti come già ricompresi entro le voci di listino o nei nuovi prezzi, in forma di componente di costo concorrente alla determinazione del prezzo unitario e sono, pertanto, solo da estrapolare da suddette voci nella loro esatta consistenza (si tratta dei cosiddetti oneri interni valutati direttamente nella stima dei lavori). Per tale operazione di identificazione, l’allegato F.1 riporta una tabella in cui, per singola tipologia di lavorazione (intonaci interni, intonaci esterni, opere da fabbro, tamponamenti interni, ecc.) viene individuata l’incidenza delle misure di sicurezza attraverso un coefficiente k espresso in percentuale entro un intervallo minimo/massimo. La scelta dell’esatto valore percentuale da adottare tra queste due soglie nel caso specifico è, poi, ovviamente, compito del coordinatore per la sicurezza, in funzione della particolare natura delle opere e dei maggiori o minori rischi correlati, di conseguenza, allo svolgimento della singola fase di lavorazione analizzata. Val solo qui la pena di ricordare che, essendo gli oneri interni parte integrante delle voci di stima del computo metrico, queste rappresentano già il totale dell’importo compresa la per-
centuale destinata alla sicurezza e che, pertanto, quest’ultima non può assumere l’importo quale 100, ma deve applicarsi al totale della voce decurtato proprio della quota parte dedicata alla sicurezza. Tale modalità di calcolo ha trovato successivamente ulteriore conferma da parte della Direzione Centrale Tecnica del Comune di Milano che, a seguito della necessità di dare esatta e univoca interpretazione alle disposizioni contenute nel Dpr 222/03, ha ribadito l’opportunità di utilizzare, per la determinazione dei coefficienti k, oltre che la propria personale sensibilità ed esperienza, le indicazioni e i valori forniti dall’allegato F.1 nelle richiamate Linee Guida della Regione. Agli oneri interni devono, poi, aggiungersi gli oneri esterni o specifici dell’opera che, non essendo considerati direttamente nella stima dei lavori, avendo carattere di novità e accessorietà all’esecuzione del progetto, devono essere oggetto di attenta valutazione, con criterio dell’analisi dei prezzi, per la determinazione del loro esatto valore. Gli stessi riferimenti di legge qui richiamati per la questione “costi della sicurezza”, possono inoltre essere proficuamente impiegati per la definizione – con metodo “speditivo”
– del parametro uomini/giorno, se non altro quale utile termine di verifica di criteri di più approfondita definizione di tale indice. In sintesi, il ricorso al metodo “speditivo” prevede i seguenti passaggi: • gli importi relativi alle singole tipologie di lavoro, vengono decurtati della percentuale di utile dell’impresa (10%); • gli importi delle tipologie, al netto dell’utile d’impresa, sono ulteriormente decurtati della percentuale relativa
Sostegno provvisorio “più che di fortuna” per posa in opera di carpenteria metallica.
C. S.
41 PROFESSIONE NORMATIVE E TECNICHE
Tra le situazioni di maggior rischio: fori e aperture in sezione di solaio privi di adeguata protezione.
alle spese generali (13-15%), ottenendosi i costi netti delle tipologie di lavoro; • i costi delle tipologie di lavoro sono moltiplicati per le relative percentuali di incidenza della manodopera (si vedano in proposito le tabelle dell’Art. 2 del Decreto Ministeriale 11 dicembre 1978), ottenendo così l’importo della nuda e pura manodopera per singola tipologia; • il costo orario della squadra tipo è ricavato dalla sommatoria dei prodotti tra il numero di operai di pari qualifica e la relativa paga oraria; le paghe orarie relative alle qualifiche “specializzato”, “qualificato” e “manovale” sono dati di input desumibili da qualsivoglia prezziario di Camera di Commercio (ad esempio, quello della CCIAA di Milano); • i costi giornalieri delle squadre tipo di ogni tipologia di lavoro si ottengono moltiplicando i costi orari delle squadre tipo per il numero di ore lavorative giornaliere (otto); • il numero di giornate lavorative della squadra tipo si ricava dividendo i costi della manodopera (calcolati in precedenza) per il costo giornaliero della squadra; • il numero di uomini/giorno, per ogni tipologia di lavoro, si ricava moltiplicando il numero di giornate lavorative della squadra tipo per il numero di lavoratori della squadra stessa; • il numero di uomini/giorno, per l’intera opera, si ottiene sommando gli uomini/giorno calcolati per le singole tipologie di lavoro. Se così resta ferma la necessità di rendere effettiva ed analitica, con riferimento allo specifico cantiere e sulla scorta di un’attenta valutazione del progetto, la determinazione dei costi e del parametro uomini/giorno, come giustamente richiamato anche dal Dpr 222/03, si danno, tuttavia, anche al professionista, con i criteri qui succintamente ricordati, strumenti di verifica utili per un rapido controllo incrociato della correttezza delle proprie ipotesi e dei propri ragionamenti.
a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato
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Legge G.U n.11 del 19.3.2005 3a Serie speciale L. R. 16 dicembre 2004, n. 35 Istituzione del Parco naturale dell’Adda Nord La seguente legge all’Art. 1 tratta dell’istituzione e finalità del Parco naturale. È istituito il Parco naturale dell’Adda Nord ai sensi dell’Art. 16-ter della Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale). Riguardo alle finalità lo scopo è tutelare la biodiversità, conservare ed incrementare le potenzialità faunistiche, floristiche, vegetazionali, geologiche, idriche, ecosistemiche e paesaggistiche dell’area. Inoltre, la legge si propone di realizzare l’integrazione tra uomo e ambiente naturale mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici, architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali. Si propone e si disciplina la fruizione dell’area ai fini scientifici, culturali, educativi e ricreativi. L’Art. 2 definisce i criteri di gestione del parco, l’Art. 3 stabilisce il piano per il parco, l’Art. 4 il regolamento del parco, l’Art. 5 i divieti. G.U. n. 70 del 25.3.2005 Serie generale Provvedimento 22 marzo 2005 Termini, condizioni e modalità relative alla presentazione del modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali – Articolo 1, comma 374, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria 2005) Il seguente provvedimento stabilisce all’Art. 1 le definizioni, all’Art. 2 tratta del modello unico informatico catastale e modalità di trasmissione, all’Art. 3 della richiesta di abilitazione all’utilizzo del servizio telematico. L’Art. 4 istituisce l’abilitazione all’utilizzo del servizio telematico, l’Art. 5 la revoca e sospensione dell’abilitazione all’utilizzo del servizio telematico, l’Art. 6 le condizioni e modalità di presentazione. Gli articoli successivi decretano le modalità d attivazione del servizio telematico. G.U. n. 73 del 30.3.2005 Serie generale Decreto 10 marzo 2005
Classi di reazione al fuoco per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali è prescritto il requisito della sicurezza in caso d’incendio Il seguente decreto legge all’Art. 1 stabilisce il campo di applicazione e le definizioni. L’Art. 2 tratta della classificazione di reazione al fuoco, l’Art. 3 dei prodotti con classificazione alla reazione al fuoco definita senza oneri di prova, l’Art. 4 istituisce l’impiego dei prodotti per i quali è prescritta la classe di reazione al fuoco. G.U. n. 73 del 30.3.2005 Serie generale Decreto 15 marzo 2005 Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo Il decreto all’Art. 1 fissa lo scopo e il campo di applicazione. L’Art. 2 tratta dei prodotti incombustibili, l’Art. 3 dei prodotti non classificati, l’Art. 4 di prodotti installati lungo le vie di esodo. L’Art. 5 stabilisce i criteri per i prodotti installati in altri ambienti, l’Art. 6 per i prodotti isolanti installati lungo le vie di esodo. L’Art. 7 definisce i criteri per i prodotti isolanti installati in altri ambienti, l’Art. 8 per i prodotti isolanti per installazioni tecniche a prevalente sviluppo lineare. L’Art. 9 tratta dei requisiti di posa in opera, l’Art. 10 dell’impiego dei prodotti per i quali e prescritta la classe di reazione al fuoco. G.U. n. 13 del 2.4.2005 3a Serie speciale L. R. 21 dicembre 2004, n. 39 Norme per il risparmio energetico negli edifici e per la riduzione delle emissioni inquinanti e climalternanti La legge all’Art. 1 definisce l’ambito di applicazione. Essa detta le disposizioni per attuare, nel settore civile, l’uso razionale dell’energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e ridurre contestualmente l’emissione nell’atmosfera di gas inquinanti e climalteranti. La legge si applica alle nuove costruzioni e agli interventi edilizi o impiantistici su qualsiasi tipo di costruzione esistente, comprese le manutenzioni straordinarie, con esclusione delle manutenzioni ordinarie. Le disposizioni prevalgono sui regolamenti e sulle altre norme comunali e trovano recepimento nei regolamenti comunali stessi entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge. Restano invariate le norme sulle distanze minime tra gli edifici.
Gli artt. successivi trattano di finalità, obiettivi, miglioramento termico degli edifici, valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili, del catasto degli impianti di riscaldamento, delle diagnosi energetiche. Gli artt. finali stabiliscono crediti e concessione di contributi. B.U.R.L. 2° Suppl. straordinario al n. 9 del 4 marzo 2005 Legge regionale 2 marzo 2005 n. 11 Istituzione del Parco Regionale della Grigna Settentrionale La legge regionale all’Art. 1 istituisce il Parco regionale della Grigna Settentrionale. L’Art 2 stabilisce i criteri di finalità del parco. L’Art. 3 detta i confini del parco. Gli artt. successivi definiscono gli strumenti di pianificazione, i siti di importanza comunitaria, le norme di salvaguardia. C. O.
Stampa Fisco Addio all’Irap per i piccoli studi. Lo stop all’imposta è esteso anche alle imprese familiari (da “Italia Oggi” del 13.4.05) Via l’Irap per imprese familiari e studi professionali con non più di tre dipendenti. E arriva la proroga a tutto il 2005 dei trasferimenti erariali alle regioni per finanziare il decentramento delle funzioni amministrative. È questo il contenuto dei principali emendamenti in materia fiscale presentati al decreto legge per il rilancio della competitività. Sul fronte Irap è una proposta di correzione a liberare le imprese familiari e i piccoli studi professionali con non più di tre dipendenti dalla morsa dell’Irap. Milano Nuove culture, design e ricerca. Nasce il manifesto dei creativi (dal “Corriere della Sera” del 31.3.05) I creativi milanesi si sono messi attorno a un tavolo e hanno discusso della città durante un pomeriggio organizzato da Assolombarda. All’incontro hanno partecipato anche le istituzioni cittadine, Comune, Camera di Commercio, mondo del teatro, università. “Per Milano e per
Comune, salta il recupero dei Navigli. Le imprese disertano il bando per sistemare i ponti storici. A rischio anche il restauro delle mura spagnole (dal “Corriere della Sera” del 13.4.05) Il bando, indetto nel dicembre scorso dall’Amministrazione comunale a caccia di sponsor per ristrutturare le 9 passerelle pedonali sul Naviglio Pavese e sul Naviglio Grande è andato deserto: nessuna proposta, nessuna offerta. Il Comune offriva ai privati, in cambio dell’intervento, maxispazi pubblicitari. Normativa tecnica Norme tecniche, il TU divide gli operatori (da “Edilizia e Territorio” del 11-16.4.05) Il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici ha dato parere positivo al Testo Unico sulle norme tecniche di costruzione. “In linea di principio – dice il vicepresidente dell’OICE Braccio Oddi Baglioni – condividiamo tanto l’idea di riunire le norme in un Testo Unico tanto il passaggio da un’impostazione prescrittiva ad una prestazionale. Nel merito però è ancora troppo presto per dare una valutazione”. I costruttori così come i progettisti nutrono forti perplessità sull’attuale formulazione del Testo Unico. In particolare sull’eccessivo carico di responsabilità incentrate sui professionisti, sui diversi criteri di accettazione dei materiali e sulle interferenze tra le nuove norme e le vecchie (non solo l’Ordinanza 3274). In vista altre correzioni all’Ordinanza 3274 (da “Edilizia e Territorio” del 11-16.4.05) C’è un pericolo di sovrapposizione tra le norme contenute nell’Ordinanza antisismica n. 3274/2003 della Protezione civile e quelle del Testo Unico. Da un lato, infatti, l’ordinanza è destinata a diventare pienamente obbligatoria in maggio. Dal-
l’altra il Testo Unico la rende facoltativa, pur richiamandola all’Articolo 5.7.1.1. (comma 2). Procedure Esteso il silenzio-assenso che snellisce le procedure (da “Il Sole 24 Ore” del 11.4.05) La discussione parlamentare sulla semplificazione amministrativa può finalmente iniziare. Il disegno di legge sulla competitività contiene una serie di interventi anti-burocrazia. Il testo va in due direzioni: corregge la Legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa e accelera il processo di delegiferazione. Attualmente i decreti in discussione sono due: il primo sta per essere convertito in legge e si limita ad ampliare l’ambito di operatività della dichiarazione di inizio attività; l’altro contiene novità rilevanti per il cittadino e per i tecnici: trasforma infatti il silenzio assenso da eccezione a regola. In Lombardia sottotetti in standby. In attesa di chiarimenti è meglio presentare comunque un “permesso di costruire” (da “Il Sole 24 Ore” del 5.4.05) La nuova legge lombarda sul governo del territorio ha scatenato ansie e polemiche sul recupero abitativo dei sottotetti. Lo stesso Comune di Milano ha informato la cittadinanza che non ammetterà più interventi di recupero abitativo dei sottotetti in deroga al piano regolatore. In presenza di una normativa equivoca e in attesa che la magistratura amministrativa maturi un orientamento, nel momento di trasformare un sottotetto, sarà buona regola astenersi dalle denunce d’inizio attività e chiedere un permesso di costruire. Urbanistica Aree edificabili: a tempo. Le regole in presenza di piani urbanistici (da “Il Sole 24 Ore” del 1.4.05) Il contribuente che ha acquistato l’area edificabile, pagando l’imposta di registro dell’1% e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, decade dalle agevolazioni se non utilizza l’area edificabile entro cinque anni. Questa la risposta fornita dall’agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 40/E del 31 marzo 2005, in seguito ad un’istanza di interpello presentata da un consorzio.
Ritornano le politiche per la città: assegnati 37 milioni per mettere a punto piani strategici e della mobilità (da “Edilizia e Territorio” del 11-16.4.05) Ripartono le politiche d’incentivazione statale ai programmi integrati e innovativi per aree urbane. Dopo quattro anni di sostanziale immobilismo, il Cipe ha assegnato nel settembre scorso 207 milioni per le aree urbane del Sud, e a fine marzo sono stati firmati con le regioni gli accordi quadro che hanno assegnato i fondi, nel frattempo diventati 285 milioni con fondi Ue e comunali. La vera novità è nei circa 37 milioni assegnati per l’elaborazione di una nuova generazione di programmi strategici con cui presentarsi con le carte in regola alla nuova tornata di fondi strutturali europei. Sulle infrastrutture prioritarie la Regione può scavalcare i poteri di Province e Comuni (da “Edilizia e Territorio” Commenti e Norme n. 12/2005) All’interno della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, le norme che disciplinano il piano territoriale regionale (Ptr) presentano un aspetto innovativo. Con una norma “modello legge obiettivo” la Regione può individuare nel Ptr opere e infrastrutture prioritarie regionali la cui localizzazione abbia efficacia diretta e assoluta. È la principale novità relativamente al piano territoriale regionale, strumento simile a quello della vecchia legge del 1975. Sulle opere prioritarie i Comuni non avranno più potere di veto. Piano dei Servizi parte integrante del governo del territorio. Più spazio all’iniziativa privata (da “Edilizia e Territorio” Commenti e Norme n. 12/2005) Una delle novità più rilevanti nella legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 è costituita dalla conferma del Piano dei Servizi, strumento già previsto dalla legge regionale n. 1/2001. La programmazione dei servizi fa parte dello strumento urbanistico comunale insieme al Documento di Piano e al Piano delle Regole. Viene incentivata l’iniziativa privata nella realizzazione degli obiettivi del Piano dei Servizi. Si ammette la realizzazione delle attrezzature da parte dei proprietari delle aree, purché ci sia possibilità di gestirle. M. O.
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l’Italia è importante creare un ambiente favorevole all’innovazione – ha detto il presidente di Assolombarda, Michele Perini – i paesi con il maggior numero di creativi registrano i più alti livelli di crescita economica. Senza il contributo e le idee di questa categoria di professionisti non si può essere competitivi nella società della conoscenza”. Dalla discussione è uscito una sorta di manifesto in cui i creativi denunciano i punti di debolezza della loro città.
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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it
Lodi Haas: dagli Usa i trompe l’oeil “extralarge” International Trompe l’oeil Festival, terza edizione Lodi, 20 – 22 maggio 2005 È stato Richard Haas, artista americano specializzato nella realizzazione di trompe l’oeil di grande formato, dipinti su facciate esterne di palazzi e grattacieli, l’ospite d’onore della terza edizione del Festival Internazionale del Trompe l’Oeil, che si è tenuto a Lodi dal 20 al 22 maggio 2005. La manifestazione, che risulta unica nel suo genere, è promossa dall’associazione noprofit Primaluce, con sede a Lodi, in collaborazione con Provincia e Comune di Lodi, alcuni istituti scolastici superiori cittadini (un centinaio i ragazzi che si occupano dell’accoglienza turistica multilingue nelle tre giornate del Festival), numerosi enti e associazioni uniti in uno sforzo organizzativo collettivo. Il Festival, che l’anno scorso ha portato nel capoluogo lombardo oltre 10 mila visitatori, intende catalizzare nella città di Lodi gli artisti di tutto il mondo specializzati nella tecnica artistica del trompe l’oeil (termine francese che significa “inganna l’occhio” in quanto l’artista dipinge decorazioni, architetture, oggetti facendoli apparire tridimensionali e dunque reali e ingannando così lo spettatore), invitandoli a prendere parte alla sezione concorso o fuori concorso. Dopo l’inglese Graham Rust e il francese Yannick Guegan, è toccato ad Haas quest’anno presiedere la giuria della sezione concorso del Festival, tenere una conferenza sull’argomento il venerdì sera, giorno di apertura della manifestazione. È stato particolarmente interessante, per artisti, architetti, operatori specializzati nell’arredo casa, studenti d’arte e di architettura e semplici estimatori, poter scoprire come si progetta e si realizza un trompe l’oeil di vaste dimensioni. Le iscrizioni al Festival, cui nelle precedenti edizioni hanno preso parte una settantina di artisti provenienti un po’ da tutto il mondo (Stati Uniti, Cile, Israele,
Ucraina, Austria, Inghilterra, Francia, Germania, Belgio, Italia), si sono aperte il 22 gennaio. Gli artisti iscritti sono stati tutti presentati in una vetrina virtuale sul sito del Festival www.trompeloeilfestival.com. Nel corso delle tre giornate l’evento è stato articolato in due parti: • una sezione concorso riservata ai professionisti del settore con un premio speciale per le scuole: gli artisti nell’arco dei tre giorni, in piazza della Vittoria (sede di Duomo e Municipio), hanno realizzato un trompe l’oeil (delle dimensioni di 1 x 2 metri) a tema. Il premio è stato di 1500 euro per il primo classificato, 1000 euro per il secondo classificato, 500 euro per il terzo. Gli artisti in gara avranno a disposizione uno spazio aperto al pubblico nel chiostro di San Cristoforo (in via Fanfulla, sempre nel centro storico), sede della Provincia di Lodi, dove esporre dipinti a trompe l’oeil (o immagini di opere murali) precedentemente realizzati. • una sezione fuori concorso, con la sola esposizione di trompe l’oeil, nel chiostro di San Cristoforo. Il Festival è stato accompagnato da convegni ed eventi collaterali. In particolare, sotto i portici di Palazzo Broletto, sede del Municipio, alcuni studenti specializzati hanno curato il labora-
torio artistico per bambini: mentre i genitori visitavano le sedi espositive e il centro storico di Lodi i bimbi si sono cimentati in imprese artistiche. Tutte le sedi del Festival, collocate nel cuore della città di Lodi, i convegni, il laboratorio per bambini erano gratuiti. Tutte le immagini e le notizie sulle prime due edizioni del Festival, nonché informazioni sull’edizione 2005 si possono trovare sul sito: www.trompeloeilfestival.com; e-mail: info@trompeloeilfestival.com. Richard Haas – Cenni biografici Richard Haas, nato nel 1936 a Spring Green, nel Wisconsin (Usa) si laurea all’Università del Wisconsin di Milwaukee e si perfeziona all’Università del Minnesota. Succesivamente insegna arte dapprima alla Michigan State in Lansing, poi, trasferitosi a New York City, al Bennington College, nel Vermont. Dal 1979 sviluppa la sua carriera artistica realizzando oltre 120 dipinti murali, per interni ed esterni, tenendo conferenze a livello nazionale e internazionale. Richard Haas ha ottenuto nel corso degli anni numerosi premi tra cui la medaglia d’onore dell’American Institute of Architects (1977), riconoscimenti da National Endowment for the
Mantova Costruire a Mantova Il numero 2 di marzo di quest’anno della rivista “Costruire”, pubblicata dal gruppo editoriale Unit di Verona, è stato dedicato interamente alla città di Mantova. Dalla rivista riportiamo il testo dell’intervista di Carmen Santi a Sergio Cavalieri. Qual è la situazione attuale del settore edile a Mantova?
Si può dire che attualmente il settore edile della città di Mantova, come in buona parte anche nella provincia, stia vivendo un momento di stasi causato soprattutto da un eccesso di offerta, sia per quanto riguarda il settore residenziale, che per quello industriale. Nonostante questa situazione i piani urbanistici sia del capoluogo che dei comuni della provincia, continuano a prevedere zone di espansione, a destinazione residenziale e artigianaleindustriale. Una maggiore oculatezza nelle previsioni di crescita della popolazione, e una maggiore attenzione per le aree sotto utilizzate o per quelle dismesse, presenti in ogni realtà urbana, permetterebbe di riequilibrare il divario tra domanda e offerta. Ritengo che l’unico settore per ora che rimane in qualche modo stabile, o leggermente in crescita sia nel il capoluogo che nella provincia, è quello delle infrastrutture. Tale settore, stagnante negli anni precedenti, ha ripreso un certo vigore a seguito di una maggiore attenzione da parte delle Amministrazioni Pubbliche. Come valuta la nuova legge urbanistica della Regione Lombardia, da poco approvata?
Quali politiche di sviluppo auspica per la città del futuro? Argomento decisamente impegnativo, che necessita di una riflessione generale sull’architettura. Un qualunque progetto urbanistico, di architettura o di arredo urbano, che sia di piccole o di grandi dimensioni, comporta sempre degli elementi di trasformazione con il contesto nel quale si inserisce; occorre quindi essere consci che le scelte che si vanno a effettuare formeranno un bene collettivo che si trasmetterà alle generazioni future. Risulta quindi evidente che solo la capacità di prevedere, non solo da parte dei progettisti, ma soprattutto da parte della committenza sia pubblica che privata,
l’immagine complessiva e precisa della qualità del luogo nel quale si deve progettare, permetterà di ottenere delle opere specifiche e coerenti sia con il contesto nel quale si collocano sia con il loro utilizzo nel tempo. Un passo in questa direzione si potrebbe fare ricorrendo, soprattutto per quanto riguarda la committenza pubblica, allo strumento dei concorsi, sia che si tratti di concorsi di idee che di progettazione. Questo strumento, per altro previsto e consigliato dalla normativa vigente, potrebbe contribuire a un miglioramento della cultura architettonica delle città; dando al tempo stesso ai professionisti la possibilità di mettersi in discussione e di confrontarsi, uscendo da quell’isolamento nel quale spesso si cade nel chiuso dei propri studi, riappropriandosi del quel ruolo sociale appartenente alla figura dell’architetto e del progettista. Quali sono le priorità da risolvere in questo momento per la fruibilità della città? Ritengo che per ogni realtà, sia essa di grandi, medie o piccole dimensioni, occorre fare uno sforzo al fine di operare avendo una visione generale dei problemi, non solo per quanto riguarda le problematiche da affrontare, ma anche considerando il fattore temporale. Non è possibile intervenire con soluzioni che risolvono alcuni problemi contingenti, senza fermarsi a pensare che tali soluzioni rischiano di creare nel tempo ulteriori guasti, a volte irreversibili. L’architettura e l’urbanistica costituiscono un bene collettivo e come tale deve perseguire scopi che non rincorrano bisogni dettati da un’emotività temporanea, né devono consentire che l’interesse di pochi abbia il sopravvento sulla comunità. Quali sono le difficoltà che incontrano gli architetti nella loro professione e quali soluzioni prospetta? Ritengo che una delle maggiori difficoltà che gli architetti trovano nell’operare, sia data dal fatto che spesso vengono considerati i soli responsabili del risultato finale del loro lavoro. Occorre smentire con decisione tale considerazione, poiché se
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Arts (1987), Guggenheim Foundation (1983), MacDowell Colony (2003) the Doris C. Freedman Award (1989), il titolo di studente onorario dell’anno dell’Università del Wisconsin, e, nel 2003, il premio di artista individuale dallo Yonkers friends of the Arts e dal Westchester Council for the Arts. Ha partecipato a numerose esposizioni a carattere personale e collettivo e ha pubblicato diversi libri d’arte con i suoi spettacolari dipinti. Ma per visualizzare le sue opere, per meglio capire i suoi interventi di recupero di grigie facciate esterne con grandiosi trompe l’oeil, è necessario visitare il suo sito internet all’indirizzo www.RichardHaas.com.
La nuova Legge Urbanistica della Regione Lombardia presenta vari punti sicuramente criticabili, in quanto alcuni articoli sono in contrasto con la Normativa Nazionale vigente, altri risultano poco chiari o in contrasto tra loro; ma nonostante questo credo che l’impianto generale della Legge sia da ritenersi valido. Infatti, lascia ampia libertà nell’impostazione delle metodologie e dei parametri al fine di produrre adeguati progetti di gestione del territorio, permettendo all’esperienza e alla capacità progettuale del professionista di proporre soluzioni appropriate alle singole realtà locali. Il progettista avrà quindi la possibilità e il compito di definire le tipologie di analisi e le procedure idonee, che permetteranno l’impostazione delle soluzioni che interessano il territorio; dandogli maggiore forza nella fase di collaborazione con la componente politico-amministrativa, per la scelta conclusiva della soluzione definitiva, lasciando comunque a quest’ultima la responsabilità di definire tempi e modalità della relativa attuazione. In quest’ottica diventa essenziale il buon funzionamento dei S.I.T., che formeranno una base univoca e fondamentale per la conoscenza del territorio e l’Osservatorio permanente della programmazione territoriale, che permetterà di esaminare le metodologie d’indagine e d’intervento proposte, individuando tra queste le più idonee ad ogni singola realtà territoriale.
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indubbiamente l’architetto è l’artefice materiale del progetto, l’input iniziale parte dalla committenza e la qualità del prodotto finale dipende, dalla volontà e dall’intelligenza di quest’ultima. E anche di fronte a un’eccellente capacità professionale del progettista e a una volontà “illuminata” del committente, senza un’adeguata capacità di chi esegue materialmente i lavori, il risultato finale può risultare ancora deludente. Ora se è sicuramente vero che l’architetto deve essere sempre pronto a mettersi in discussione, ascoltando le ragioni della committenza, e che non deve mai pensare di aver trovato la soluzione ottimale per non scadere nella quotidianità, è altrettanto vero che chi commissiona l’opera, sia esso un ente pubblico o un privato, ha il potere di incidere enormemente sul risultato. Inoltre i vincoli, indubbiamente necessari, non sempre risultano adeguati a una visione complessiva dei bisogni della nostra società. Nella realtà spesso l’Architetto si trova ad operare in un contesto dove con il minimo impiego di denaro, deve ottenere il massimo risultato, senza dare il giusto peso alla qualità del progetto. Io invece condivido quanto espresso da un collega durante una riunione di lavoro: “Gli apprezzamenti estetici sono soggettivi, la qualità complessiva è oggettiva”.
Milano
a cura di Laura Truzzi Designazioni • COMUNE DI CUGGIONO: richiesta di segnalazione professionisti per nomina Commissioni Giudicatrici Concorso di Idee: “Riqualificazione Piazza S. Giorgio e Vie Limitrofe” e “Riqualificazione Piazza Castelletto”. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Roberto GAMBA, Andrea MATRICARDI. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in P.T.U.A nuovo ordinamento del 4 marzo 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Paola GARBUGLIO, Valerio TESTA.
• POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in P.T.U.A vecchio ordinamento del 19 aprile 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Cristina NEPOTE, Pierluigi RAULE. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea per il “Corso di Studio in Architettura Ambientale D.M. 509/99” del 4 marzo 2005. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Lorenzo NOÈ. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea per il “Corso di Studio in Edilizia Milano D.M. 509/99”del 4 marzo 2005. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Natalino ZANIER. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Scienze dell’Architettura del 3 marzo 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Francesco ALBERTI, Giancarlo FOI, Marco Giuseppe GONELLA, Franco PISTOCCO, Claudio SALOCCHI. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea di I° livello in Scienze dell’Architettura del 1 marzo 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Giuseppe ASNICAR, Carlo GERVASINI. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea di I°livello in Architettura delle Costruzioni del 1 marzo 2005. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Marco Mario DUINA. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Disegno Industriale del 15 aprile 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Elvio LEONARDI, Guido SANTAGOSTINO. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti
dell’Ordine per gli esami di Laurea in Architettura del 18-19 aprile 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Lucia BERGO, Carlo CATTANEO, Chiara Maria FREYRIE, Valerio MONTIERI. • POLITECNICO DI MILANO. Designazione dei rappresentanti dell’Ordine per gli esami di Laurea in Architettura del 18 aprile 2005. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Renato Renzo ANGELLA, Silvana CAFFARO RORE, Emilio CARAVATTI, Valeria Maria CERRUTI, Daniele COPPI, Michele Angelo FERÈ, Barbara FERRARI, Luigi Maria GUFFANTI, Emira MANINA, Daniele Riccardo NAVA, Andrea Massimo RAVOGLI, Federica SOSTERO, Stefano TUCCI. Serate d’Architettura • X Milano 31 marzo 2005 Sono intervenuti: Cesare Macchi Cassia, Franco Purini, Mirko Zardini. Conduttore: Giulio Barazzetta. La serata del 31 marzo scorso è stata dedicata alla presentazione del libro X Milano di cui abbiamo proposto la recensione su “AL” n. 10 del 2004. Giulio Barazzetta, consigliere dell’Ordine e conduttore della serata, dopo una breve introduzione, sostiene che il libro sia uno dei pochi sul mercato che entri nel merito dello stato della cose di Milano – città di cui stiamo cercando la definizione ormai da anni – e provi a proporre delle idee. Il tema che si pone è quindi quello del rapporto fra osservazione e città, nonché la deformazione professionale di queste osservazioni. Cesare Macchi Cassia delinea il percorso metodologico del libro partendo dall’analisi di una Milano che non dialoga con il suo territorio (Monza e Lodi si vogliono infatti staccare senza che ci sia una controproposta progettuale), attraverso un’indi-
viduazione di una trasversale che esprima la dinamicità contemporanea e dia un’immagine antagonista della grande Milano per giungere alla progettazione dell’intero territorio circostante. È necessario disegnare la continuità del paesaggio urbano; un paesaggio urbano posto a nord di Milano che ha l’occasione di essere l’unica città che non si trova a ridosso dell’inizio dei rilievi montani. Conclude Macchi Cassia con l’appello all’architettura territoriale, ossia al pensare l’architettura come costruttrice del paesaggio urbano indipendentemente dalle sue dimensioni. Mirko Zardini, del Centro Canadese di Architettura di Montreal, trova il libro interessante in quanto mette in crisi tutta una serie di luoghi comuni su Milano ed apre il discorso sulle nuove centralità citando l’esempio di Parigi. Ultima nota che Zardini sottolinea è l’importanza del valore paesaggistico che deve essere ben superiore a quello ad esso attribuito. X Milano è un libro difficile, ma interessante per Franco Purini per il quale è spunto di tre riflessioni: la prima è dedicata al futuro della Lombardia che consiste praticamente nel sogno di vedere la regione come una grande città dove i centri urbani ne costituiscono i quartieri. La seconda riflessione porta Purini a comparare le teorie del libro ai famosi corridoi europei: chi è fuori (anche di pochi chilometri) dal corridoio europei costituisce un neo-emarginato. Infine, l’interesse morfologico: la necessità che le scelte urbanistiche prendano un’immagine e uno slogan visivo facilmente identificabile e condiviso. Ma il libro, secondo Purini, presenta anche dei limiti come ad esempio l’idea, a suo avviso “illuministica” del progetto – oggi assolutamente impraticabile. Conclude commentando che il libro a suo avviso nasce da una narrazione, ma alla fine evita proprio la narrazione stessa come a
voler rimandare argomenti piú concreti alla prossima occasione. Dopo una lunga serie di questioni poste dal pubblico che hanno visto coinvolti anche gli altri autori del libro presenti in sala, Giulio Barazzetta riassume la questione centrale della serata messa in campo dal libro: ripetizione e condensazione. Quindi la serialità e la sua densificazione o meno in luoghi che sono luoghi specifici e che danno origine ad altre forme che non siano la ripetizione. L’ultimo intervento si può definire piuttosto un incitamento di Purini agli autori ed estimatori: “fate di questo libro, che leggiamo solo noi addetti ai lavori, un qualcosa che oltrepassi il recinto sempre più angusto e sempre più triste dello scambio disciplinare perché questo progetto deve essere soprattutto bello da vivere. È un sogno che vogliamo realizzare con gli strumenti che questa società ci mette a disposizione. Se tra questi strumenti c’è il marketing usatelo”. • Una rivoluzione al vapore 7 aprile 2005 Sono intervenuti: François Burkhardt, Vico Magistretti, Anty Pansera, Giovanni Renzi. Conduttore: Franco Raggi. Cogliendo l’occasione di una mostra al Castello Sforzesco, nonché l’approssimarsi dell’apertura del Salone del Mobile, la Fondazione dell’Ordine ha voluto dedicare la conferenza che, lo scorso 7 aprile, ha concluso il primo ciclo di serate organizzate nel 2005, al fenomeno di design, di moda e di estetica – così lo introduce Franco Raggi, consigliere dell’Ordine e conduttore della serata – rappresentato dalla sedia e dagli arredi Thonet. Infatti, la sedia Thonet costituisce già da più di un secolo un esempio di integrazione perfetta tra tecnologia e design. L’argomento è molto interessante: per la prima volta un oggetto diventa l’archetipo di un’utopia realizzata. L’utopia
della qualità e della serie infinita che rappresenta anche il principio dal quale nasce e si sviluppa la Rivoluzione Industriale agli inizi dell’800. La sedia Thonet, che già nel 1914 era stata prodotta in qualche milione di pezzi, è il primo esempio che realizza il fascino di un archetipo, forma senza tempo, soluzione esatta, un rapporto esemplare fra tecnologia e progetto che alla fine genera un prodotto semplice, utile, solido, economico ed anche bello. La sedia Thonet, infatti, introduce un tema importante nel campo dell’architettura e del design: il buon progetto; ossia la capacità di cogliere le possibilità e saperle trasformare in una sintesi tecnico-estetica. Franco Raggi conclude con una definizione dell’arredo Thonet: “fenomeno industriale”. Giovanni Renzi, curatore della mostra al Castello Sforzesco insieme alla moglie Chiara, illustra quanto sia complesso parlare di Thonet e della sua produzione per due motivi: la collocazione temporale (1830-1930) e la carenza di documenti, molti dei quali sono andati distrutti. I numeri citati da Giovanni Renzi sono comunque impressionanti: nel 1870 Thonet produceva e vendeva 1.200 sedie al giorno, aveva 22 negozi in Europa, 6 fabbriche e 4.000 operai. Alla fine dell’800 erano state prodotte 50.000.000 sedie n. 14. Alla base del successo c’è sicuramente un’idea di Thonet e dei suoi cinque figli: cercare la serialità per la produzione del mobile. La ricerca maniacale della serialità avviene attraverso l’utilizzo del faggio piegato a vapore. Ecco quindi che la sedia n. 14, più che una seduta in sè costituisce un’idea complessa di un procedimento per produrre un mobile in serie. Secondo Anty Pansera l’azienda Thonet rappresenta un vero e proprio “caso” che va affrontato da vari punti di vista. Innanzitutto il padre era ebanista di formazione e quindi conosceva
tutte le tecniche della piegatura del legno e le utilizza per fare mobile; poi affronta il problema partendo dall’origine acquistando foreste di faggi e creando i laboratori sulle vie fluviali che avrebbero poi trasportato con facilità i prodotti; infine ponendo molta attenzione alla distribuzione ed alla pubblicità attraverso i curatissimi cataloghi e i negozi monomarca, esempio unico per l’epoca. Pansera non esita a paragonare l’esperienza viennese di Thonet con l’esperienza chiavarese di De Scalzi, anch’essa di molto successo, ma di costo molto più elevato, e dalla quale emerge la tipica frammentarietà dell’industria italiana. Franco Raggi introduce il bell’intervento di Vico Magistretti con una domanda: com’è cambiato oggi il design? … non più serialità, ma ricerca dell’oggetto da produrre in una serie limitata? Da questa domanda Vico Magistretti prende spunto per una lunga ed appassionata chiaccherata, sull’architettura e il design, tipica di chi ama il suo lavoro: sottolinea l’importante ruolo della Triennale per il rilancio dell’architettura nel dopoguerra e la gioia che si provava nell’uscire dalla guerra con una grande strada davanti da percorrere. Magistretti, a proposito del successo della Thonet, passa quindi al confronto di due generazioni di architetti: la sua e quella precedente influenzate in modo nettamente differente dal legame con la serialità. La generazione precedente alla sua ha visto gli architetti disegnare, pensare e far produrre pezzi e decorazioni singoli per i singoli progetti – quasi una venerazione per la non serialità – mentre la generazione di Vico Magistretti ha evitato la decorazione e ha puntato sulla produzione attraverso lo stampo. Lo stampo che diventa in quel momento importantissimo per quello che sarà l’Italian Design fino a diventare quasi una sorta di ossessione: ogni nuovo og-
getto diventa possibile solo se realizzabile mediante lo stampo. Per questo Magistretti attribuisce senza dubbio a Thonet l’invenzione del concetto che tutto ciò che si pensa di disegnare ha la sua ragione nella facilità e nella ragionevolezza della produzione. François Burkhardt si sta occupando di recuperare il marchio Thonet per arrivare ad una nuova produzione dei pezzi. Punto di partenza del percorso è la necessità di trovare un concetto per tutti i milioni di oggetti prodotti e pubblicati nei cataloghi traendo spunto da alcune considerazioni: il grande numero di brutte copie che esistono oggi in commercio e il basso costo dell’antiquariato a causa dell’elevato numero di esemplari (tutte le nonne avevano una sedia Thonet in casa). È quindi necessario creare un vero e proprio programma culturale che ridoni originalità e credibilità al marchio e che rimetta in visione la qualità, ma anche la genialità dell’invenzione dell’impresa della Thonet. La replica di Giovanni Renzi pone l’accento su quanto la forza dell’industrializzazione e della produzione di Thonet sia consistita soprattutto sulla grande manualità e sulla manovalanza a basso costo. Mentre lo stesso processo produttivo, che anche oggi avviene principalmente a mano, ha trasformato le sedie Thonet in un prodotto molto costoso. Franco Raggi congeda i partecipanti con una considerazione e una domanda: oggi l’innovazione del design, intesa come ricerca dell’applicazione estremamente corretta di una tecnologia ad una tipologia e una morfologia, non la si trova più nella Thonet. La Thonet oggi lavora su un archetipo che è diventato un modello storico. Viene spontaneo chiedersi chi oggi abbia lo spirito di innovazione extra stilistico di Thonet... qualcuno tra i presenti in sala ha ribattuto “l’Ikea”.
INFORMAZIONE DAGLI ORDINI
47
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi Dicembre
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10%. Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato)
1495,58
G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice-novembre 1969:100 Anno 2002 2003 2004 2005
48
Febbraio Marzo Aprile 1470 1467,96 1471,72 1475,49 1510 1504,37 1509,40 1511,91 1540 1537,02 1538,28 1542,04 1560 1555,86 1560,88 1563,39
Maggio
Giugno 1480 1478,00 1480,51 1513,16 1514,42 1544,56 1548,32
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2002 2003
INDICI E TASSI
Gennaio 1460 1462,93 1500 1501,86 1530 1532,00
2004 2005
dicembre 1978:100,72
Luglio
Agosto
Settembre Ottobre
Novembre Dicembre
509,35
511,52
512,39
512,82
513,69
514,56
515,86
517,17
517,60
522,38
523,25
523,69
524,12
525,43
526,29
527,60
528,03
529,34
529,34
532,38
533,68
534,55
535,86
536,29
537,16
537,16
537,16
538,46
538,46
508,04 520 520,64 531,94 540 540,20
Febbraio 114,97 117,46 119,28
541,07
Marzo 115,35 117,56 119,48
Aprile 115,54 117,85
anno 1995: base 100 Maggio 115,64 118,04
Giugno 115,73 118,33
Luglio 116,02 118,42
4) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) 5) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)
anno 2000: base 100
Anno 2003 2004 2005
Giugno 106,34 108,73
Gennaio 105,46 107,58 109,25
Febbraio 105,64 107,93 109,61
Marzo 105,99 108,02 109,78
Aprile 106,17 108,28
Maggio 106,26 108,46
Luglio 106,61 108,81
6) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)
anno 1999: base 100
Anno 2003 2004 2005
Giugno 111,46 113,95
Luglio 111,73 114,04
2005 112,12
Gennaio 110,53 112,75 114,51
Febbraio 110,72 113,12 114,87
Marzo 111,09 113,21 115,06
Aprile 111,27 113,49
Maggio 111,36 113,67
7) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
2001 103,07
1996 105,55
2003 108,23
2004 110,40
1997 108,33
1998 110,08
1999 111,52
1998 101,81
1999 103,04
Settembre Ottobre 116,50 116,60 118,61 118,61
2000 105,51
2000 113,89
Agosto 106,79 108,99
Settembre Ottobre 107,05 107,14 108,99 108,99
2002 111,12
Novembre Dicembre 107,40 107,40 109,25 109,25
gennaio 1999: 108,20 Agosto 111,92 114,23
Settembre Ottobre 112,19 112,29 114,23 114,23
Novembre Dicembre 112,56 112,56 114,51 114,51
gennaio 2001: 110,50
novembre 1995: 110,60 2001 117,39
2002 120,07
2003 123,27
2004 116,34
2005 118,15
anno 1997: base 100
2001 108,65
Novembre Dicembre 116,89 116,89 118,90 118,90
dicembre 2000: 113,40
anno 1995: base 100
9) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno
giugno 1996: 104,20 Agosto 116,21 118,61
anno 2001: base 100
2002 105,42
8) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
1555,86
Giugno
506,30
Gennaio 114,77 117,08 118,90
1529,48
novembre 1978: base 100
3) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno 2003 2004 2005
Settembre Ottobre Novembre 1490 1481,77 1484,28 1486,79 1490,56 1494,33 1520 1518,19 1520,70 1524,46 1525,72 1529,49 1550 1549,58 1552,09 1552,09 1552,09 1555,86
Maggio
Febbraio Marzo
538,46
Agosto
Aprile 510 510,65
Gennaio
519,78 530 530,21
Luglio
2003 113,87
2004 125,74
2005 127,70
febbraio 1997: 105,20
Interessi per ritardato pagamento
Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.
Provv. della Banca d’Italia (G.U. 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 Provv. della Banca d'Italia (G.U. 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 Provv. della Banca d'Italia (G.U. 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003
4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%
Con riferimento all’art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.
Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003
3,35% +7 2,85% +7
Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) dal 1.7.2003 al 31.12.2003
2,10% +7
Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11) dal 1.1.2004 al 30.6.2004
2,02% +7
10,35% 9,85% 9,10% 9,02%
Comunicato (G.U. 9.7.2004 n° 159) dal 1.7.2004 al 31.12.2004
2,01% +7
Comunicato (G.U. 8.1.2005 n° 5) dal 1.1.2005 al 30.6.2005
2,09% +7
9,01%
9,09%
Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla diiplina delle locazioni di immobili urbani. 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove). Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.