AL 6, 2006

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AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi

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FORUM Itinerari di architettura interventi di Daniela Benelli, Federico Bucci, Giuliana Corsini e Annig Sarian, Luigi Spinelli Visitare l’architettura

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FORUM ORDINI Como Cremona Lecco Lodi Mantova Milano Monza e Brianza Pavia Sondrio Varese

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OSSERVATORIO Argomenti Concorsi Riletture Libri Mostre Itinerari

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PROFESSIONE Legislazione Normative e tecniche Organizzazione professionale Strumenti

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INFORMAZIONE Dagli Ordini

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INDICI E TASSI

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Direttore Responsabile Giuseppe Rossi Direttore Maurizio Carones Comitato editoriale Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione Igor Maglica (caporedattore) Irina Casali, Martina Landsberger, Anna Ramoni Direzione e Redazione via Solferino 19 – 20121 Milano tel. 0229002165 – fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione@consulta-al.it Progetto grafico Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa Mancosu Editore spa via Alfredo Fusco 71/a – 00136 Roma tel. 06 35192255 – fax 06 35192260 e-mail: mancosueditore@mancosueditore.it http://www.mancosueditore.it Concessionaria per la Pubblicità via Alfredo Fusco 65 – 00136 Roma tel. 06 35192280 – fax 06 35192269 e-mail: isi.spa@mancosueditore.it Sales Manager Fabrizio Moi Agente pubblicità per il nord Italia: Giacomo Lorenzini (Mass Media) Alessandro Martinenghi (Graphic Point) per il centro Italia: Franco Sanna Alexander Tourjansky Stampa ati spa – Pomezia, Roma Rivista mensile: Spedizione in a.p. – 45% art. 2 comma 20/b – Legge 662/96 – Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 29.000 copie Prezzo singola copia: € 3,00 Abbonamento annuale (10 numeri): € 20,00 Abbonamento riservato agli Iscritti degli Ordini della Lombardia: € 3,00 Informazioni per abbonamenti: tel. 06.351921 In copertina Particolare di Elevated Railroads and the Parks and Boulevards of Chicago, 1908. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL Chiuso in redazione: 16 maggio 2006

EDITORIALE

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GIUGNO 2006

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: segreteria@consulta-al.it Presidente: Giuseppe Rossi; Vice Presidenti: Achille Bonardi, Ferruccio Favaron, Giorgio Tognon; Segretario: Sergio Cavalieri; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Emiliano Campari, Stefano Castiglioni, Angelo Monti, Biancalisa Semoli, Giuseppe Sgrò, Daniela Volpi Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidenti: Paola Frigeni, Angelo Mambretti; Segretario: Antonio Cortinovis; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Gianfranco Bergamo, Matteo Calvi, Enrico Cavagnari, Stefano Cremaschi, Alessandro Pellegrini, Francesca Rossi, Mario Salvetti, Italo Scaravaggi, Carolina Ternullo, Elena Zoppetti (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Stefania Annovazzi, Umberto Baratto, Franco Cerudelli, Laura Dalé, Antonio Erculani, Paola Faroni, Franco Maffeis, Donatella Paterlini, Silvia Pedergnaga, Enzo Renon, Roberto Saleri (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Angelo Monti; Vice Presidente: Chiara Rostagno; Segretario: Margherita Mojoli; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Angelo Avedano, Antonio Beltrame, Alessandro Cappelletti, Laura Cappelletti, Enrico Nava, Michele Pierpaoli, Andrea Pozzi (Termine del mandato: 15.3.2010) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Gian Paolo Scaratti; Segretario: Federica Fappani; Tesoriere: Luigi Fabbri; Consiglieri: Luigi Agazzi, Giuseppe Coti, Davide Cremonesi, Antonio Lanzi, Fiorenzo Lodi, Fabio Rossi, Paola Samanni (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidenti: Massimo Dell’Oro, Elio Mauri; Segretario: Marco Pogliani; Tesoriere: Vincenzo D. Spreafico; Consiglieri: Ileana Benegiamo, Fernando Dè Flumeri, Massimo Mazzoleni, Elena Todeschini, Diego Toluzzo, Alessandra Valsecchi (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Antonio Muzzi, Massimo Pavesi, Fabretta Sammartino, Ferdinando Vanelli (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Enrico Rossini; Tesoriere: Manuela Novellini; Consiglieri: Lara Gandolfi, Cristiano Guernieri, Filippo Mantovani, Giuseppe Menestò, Sandro Piacentini, Alberta Stevanoni, Luca Rinaldi, Nadir Tarana (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidenti: Marco Engel, Silvano Tintori; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Adalberto Del Bo, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Alberto Scarzella, Giovanni Edoardo Zanaboni, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 20.12.2009) Ordine di Monza e della Brianza, fax 039 3309869 Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Presidente: Biancalisa Semoli; Vice Presidenti: Massimo Caprotti, Alberto Poratelli; Segretario: Pietro Giovanni CicardI; Tesoriere: Paolo Vaghi; Consigliere: Angelo Dugnani, Ezio Fodri, Clara Malosio, Maria Rosa Merati, Fabiola Molteni, Roberta Oltolini, Federico Pella, Giovanna Perego, Francesco Redaelli, Francesco Repishti (Termine del mandato: 1.2.2010) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Fabiano Conti, Maria C. Dragoni, Maura Lenti, Gian Luca Perinotto, Giorgio Tognon, Alberto Vercesi (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Giuseppe Sgrò; Vice Presidente: Giovanni Vanoi; Segretario: Aurelio Valenti; Tesoriere: Claudio Botacchi; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Marco Ghilotti, Enrico Scaramellini, Laura Trivella (Termine del mandato: 15.10.2009) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Laura Gianetti; Tesoriere: Pietro Minoli; Consiglieri: Luca Bertagnon, Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Antonio Bistolettil, Emanuele Brazzelli, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni, Adriano Veronesi (Termine del mandato: 15.10.2009)


Maurizio Carones

3 EDITORIALE

Se ci si riferisse a quella descrizione attraverso un’“attenzione a campi di osservazione limitati” praticata dal signor Palomar di Calvino quale strumento conoscitivo, si potrebbe ritenere che gli abitanti delle nostre città non le abbiano mai realmente viste considerandone la modernità. Essi, infatti, sembrano apprezzare il valore della città storica, dei monumenti, delle “case d’epoca” mentre criticano le parti moderne della città, le “periferie”. L’opinione pubblica, spesso aiutata dalle prese di posizione di autorevoli mezzi di informazioni e, a volte, anche da quelle di alcuni architetti, sembra accogliere semplicisticamente tali considerazioni e concordare sul fallimento dell’architettura moderna, citando quasi sempre gli esempi di alcuni famosi quartieri di edilizia sociale quali eloquenti rappresentazioni dello scarso successo di un pensiero architettonico. Ciò che si definisce “immaginario collettivo” pare, infatti, individuare nostalgicamente in altre epoche il suo modello abitativo, oscillando da visioni agresti ormai rintracciabili solo in alcune scenografie televisive a suggestioni derivate da esempi mutuati direttamente da altri contesti. È difficile entrare in tali questioni e certamente non è questa la sede più appropriata. Sul rapporto con il moderno si potrebbe infatti dire che, in particolare, l’esperienza architettonica italiana si è soffermata negli ultimi decenni, così come, allo stesso modo, ha occupato altre discipline del pensiero. D’altra parte, negli ultimi tempi, tale “querelle” sembra aver lasciato il posto a dispute sulle quantità, su dati dimensionali, sulle altezze degli edifici, sul rapporto con l’ambiente, sul ruolo della tecnologia, sull’uso di particolari materiali, sul carattere simbolico dell’architettura. Dibattiti che si limitano spesso a una discussione sull’aspetto esterno degli edifici. È allora un compito che spetta soprattutto agli architetti, alle scuole ed anche all’ordinamento professionale, cercare di spiegare ai concittadini che l’architettura moderna innanzitutto va conosciuta. Occorre spiegare la nobiltà di una ricerca teorica e progettuale che, in sintonia con altri campi del sapere e spesso addirittura anticipandoli, ha praticato un pensiero moderno molto alto. E di ciò le nostre città hanno numerose testimonianze, al di là dei problemi che alcune parti di queste città e di queste sperimentazioni possono oggi presentare. È un nostro compito di architetti quello di spiegare come l’architettura moderna italiana sia di esempio per tutto il mondo, e come le nostre città, nella loro affascinante stratificazione storica, siano leggibili anche attraverso questo codice. Se si vuole, è un compito “divulgativo”, e quindi, come tale, bisognoso di semplificazioni, in grado di essere anche accattivanti. Gli architetti in questo senso possono avere un ruolo importante poiché sempre riescono a testimoniare la passione di una continua ricerca e gli sforzi di una disciplina che costantemente si interroga sul suo contributo nei confronti della società. Questo obiettivo può dunque passare anche attraverso la definizione di “itinerari” di architettura con i quali ripercorrere le nostre città, spiegando ad un pubblico allargato l’architettura moderna, cercando di farla vedere anche a chi ha sempre avuto sotto gli occhi ciò che non ha mai veramente visto.


Itinerari di Architettura

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Nel forum di questo numero intervengono Daniela Benelli, assessore alla Cultura, culture e integrazione della Provincia di Milano, Federico Bucci, professore associato di Storia dell’Architettura contemporanea presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, Giuliana Corsini, vice capo Delegazione FAI Milano e Annig Sarian, membro della Delegazione FAI Milano, Luigi Spinelli, professore a contratto di Progettazione architettonica presso la Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano e redattore di “Domus”. Ringraziamo tutti i partecipanti per la loro collaborazione.

Itinerari a tema: una proposta culturale per il patrimonio storico e per l’architettura contemporanea di Daniela Benelli

Da tempo la Provincia di Milano lavora per catalogare, descrivere e preservare il proprio patrimonio culturale. I beni da tutelare, e in una seconda fase da proporre al pubblico come offerta culturale, sono distribuiti su un territorio molto vasto. Nella mappatura di questa ricchezza è ormai consolidata la collaborazione con gli Enti Locali, che contribuiscono ad archiviare la documentazione e a creare così una carta dettagliata di luoghi, musei, edifici. È questo il presupposto di percorsi culturali a tema di tipo storico, che riuniscano le risorse patrimoniali ed artistiche del territorio attorno a idee chiave. Ma lo stesso modello potrebbe essere applicato all’architettura moderna. Milano e il territorio ne vantano esempi pregiati che però ancora non sono considerati una risorsa. L’azione della Provincia di Milano ebbe inizio nel 1983 con il progetto Beni Architettonici e Ambientali della Provincia di Milano, un primo inventario fatto di schede, cartografie, fotografie, pubblicato nel 1985. Negli anni successivi, attraverso campagne d’approfondimento, si lavorò in tutti i Comuni del territorio provinciale, coinvolgendo fotografi professionisti e promuovendo seminari di studi, mostre fotografiche e convegni. Questa seconda fase si concluse nel 1997. Successivamente si procedette alla sistemazione della documentazione (l’Archivio dello Spazio e la sua predisposizione in formato elettronico su web) prima di avviare l’attuale fase di aggiornamento attraverso contatti diretti con gli uffici tecnici comunali e l’aggiornamento delle schede esistenti. L’itinerario come strumento di conoscenza del patrimonio culturale per il pubblico è stato sviluppato con costanza proprio del Settore Cultura della Provincia di Milano. In questo approccio è centrale il territorio come concentrato di attrattive, documento materiale della storia del posto, e del consolidamento dei processi di trasformazione e di adattamento nel tempo: opere pubbliche, opere d’architettura e di ingegneria che testimoniano il moderno. L’itinerario fa parte delle azioni attraverso cui si sviluppa la valorizzazione del patrimonio culturale,

insieme alla tutela e alla conservazione. Tutti e tre i passaggi hanno come fondamento la conoscenza del patrimonio culturale. Sia passato che recente. L’architettura moderna, ovvero tutti quei beni che nel periodo di rilevamento avevano almeno cinquant’anni, è quindi inclusa sia nell’inventario che nell’analisi dei complessi urbani, in particolare nei quartieri attrezzati, ma anche come modello di edilizia civile residenziale, di servizi e della produzione industriale. Ma problema di non poco conto è il limite temporale previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio per definire storico un edificio e di conseguenza proteggerlo con la tutela dello Stato. La questione è delicata soprattutto per la conservazione del moderno. La legge esclude infatti le architetture che non abbiano ancora cinquant’anni o i cui autori siano viventi, anche se già si manifestano problemi di conservazione oppure se vi sono seri rischi di trasformazione del contesto. Il censimento dei beni del territorio è un’opera aperta a nuove acquisizioni derivanti da necessità contingenti. Ma si presenta al tempo stesso come momento essenziale di formazione e di consolidamento di valori, attraverso raffronti e confronti, sopralluoghi e visite, capaci di trasformare il paesaggio in memoria culturale. Quest’ultimo aspetto è molto importante per pensare le nuove funzioni culturali del territorio – non solo di Milano – e proiettarle nel futuro. La conoscenza consapevole dei luoghi e delle loro ricchezze produce nel visitatore una mappa mentale, una rappresentazione in cui convivono impressioni emotive e percezioni concrete. Neppure un itinerario di architettura può sottrarsi a questa impostazione. Il progetto della Provincia Oltre Milano – Arte e cultura dell’area metropolitana si proponeva di avvicinare il territorio provinciale ai suoi abitanti e ad un pubblico più vasto. I percorsi, costruiti sull’inventario provinciale, descrivevano attraverso alcuni edifici (borghi, castelli, rocche, ville, giardini, palazzi, luoghi del lavoro, chiese e arte religiosa, luoghi della fantasia), contesti insieme culturali e territoriali dell’area provinciale. Il patrimonio di architettura moderna e gli archivi di architetti del Novecento meritano una seria attenzione da parte degli addetti ai lavori così come delle politiche culturali. Come i musei, costituiscono una indubbia attrattiva culturale, ma appaiono ancora poco conosciuti dalla gente comune, legata all’architettura tradizionale, a ciò che è fruibile nell’immediato. Gli esempi di architettura moderna del nostro territorio potrebbero essere valorizzati all’interno di un percorso di scoperta, per far comprendere al pubblico come le trasformazioni sociali ed economiche del passato lascino il segno anche nell’urbanistica che circonda il muoversi quotidiano nella città. Questo itinerario non dovrebbe essere solo una successione di edifici risolti nella descrizione dell’opera, ma anche storia del luogo, degli avvicendamenti di classi sociali e di usi.


H. Beck, The London Underground Map, 1933.

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Salviamo il carnet de voyage di Federico Bucci

“La chiave è questa: guardare… Guardare / osservare / vedere / immaginare / inventare / creare”. Con queste parole Le Corbusier sottolineava in una breve nota l’importanza dell’osservazione diretta delle cose. Sono cambiati i tempi in cui l’architetto, in compagnia di un semplice taccuino, compiva lunghi viaggi alla scoperta del mondo e ne riportava appunti e disegni utili per costruire il proprio “archivio della memoria”. Oggi, chi vuole conoscere cosa avviene nel panorama dell’architettura internazionale può sfogliare i dettagliati reportage fotografici dei cantieri appena ultimati che le riviste fanno a gara a pubblicare in anteprima o, in modo ancora più veloce, connettersi all’inesauribile deposito di dati e immagini di internet. Basta accontentarsi, naturalmente. Nonostante la facilità dell’informazione consentita dai nuovi mezzi tecnologici l’approccio diretto resta, infatti, fondamentale: l’opera costruita necessita di essere attraversata, percorsa, analizzata tramite una percezione totale, che unisca il corpo e la mente. Una cosa che mi ha sempre colpito molto studiando un maestro come Luigi

Moretti è quanto sia necessario per un architetto osservare le costruzioni del passato remoto e prossimo e del contemporaneo. Moretti parlava di visione successiva, “temporale”, che come nell’ascolto di un brano musicale permette una ragionata ed emozionale acquisizione dell’opera. Fin qui siamo nel campo degli specialisti del settore, di chi fa dell’architettura non solo l’oggetto del proprio lavoro ma la principale passione della propria vita, fino a farla coincidere con una sorta di mania, trasformando ad esempio le occasioni di vacanza in veri e propri pellegrinaggi alla scoperta dei grandi capisaldi della storia o delle nuovissime realizzazioni. Se invece consideriamo un pubblico più ampio si può notare come l’architettura moderna e contemporanea, rispetto a quella del passato e ad altre forme di espressione artistica, resti sempre piuttosto marginale nell’interesse collettivo. Anche se va rilevato come proprio i più recenti episodi di spettacolarizzazione dell’architettura abbiano contribuito a diffondere una maggiore curiosità intorno ai progetti contemporanei. Dopo il “caso Bilbao” oggi è sempre più facile trovare visitatori occasionali e non, intenti ad immortalare l’ultimo edificio firmato da uno dei protagonisti dello star system mondiale o il grattacielo in testa alla classifica delle vette più alte.


Map C – Time Zones for The Rapid transit Lines at the End of the First Period of Construction, Chicago, 1923.

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In generale è cambiato il modo di viaggiare e le formule odierne del turismo di massa hanno modificato l’approccio del visitatore: oggi la conoscenza di un luogo si misura più rapidamente, contenuta nell’intervallo tra un aereo e l’altro e scandita dalle istantanee di fotocamere digitali o telefonini. Ma qui non voglio soffermarmi su un terreno che è proprio dei sociologi e degli antropologi e, cioè, sulla que-

stione del consumo di immagini e di eventi che caratterizza l’epoca odierna, quanto invece affrontare il tema della conoscenza reale dell’architettura, alla luce anche della mia esperienza didattica. Insegno “Storia dell’architettura contemporanea” al Politecnico di Milano e devo confrontarmi quotidianamente con il problema del come descrivere e far intendere le ragioni e i contenuti degli


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edifici e delle città. Gli strumenti a disposizione per la trasmissione delle immagini sono sempre più vari e sofisticati e aiutano ad approfondire molto bene i singoli aspetti di un’opera, ma ogni volta che ho organizzato delle visite guidate ho riscontrato negli studenti una diversa predisposizione alla comprensione e migliori risultati di apprendimento. Ovvio, dirà qualcuno, ma non è così sem-

plice dare motivazioni alle più giovani generazioni – così coinvolte in viaggi virtuali – a ritrovare il gusto della realtà. L’Ordine degli Architetti di Milano con gli “Itinerari di architettura contemporanea” ha svolto in questi ultimi anni un ruolo importante, avvicinando un pubblico eterogeneo alla scoperta di un patrimonio, spesso quasi del tutto ignorato, che è invece parte integrante del tessuto urbano e della


Elevated Railroads and the Parks and Boulevards of Chicago, 1908.

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sua storia e che è costituito da piccole e grandi tappe di quel percorso di modernità che durante il secolo scorso ha modificato radicalmente il volto della città e del territorio. Solo attraverso un contatto ravvicinato con l’architettura è possibile capirne davvero le intrinseche caratteristiche: le dinamiche insediative e il rapporto con il contesto, l’impianto spaziale, le soluzioni tecniche e costruttive, ecc. Ecco perché consiglio agli studenti di architettura di osservare il più possibile e di essere consapevoli almeno di quello che hanno davanti agli occhi. Lodovico Meneghetti qualche anno fa raccontava la sconcertante risposta di uno studente che alla domanda “Hai mai visitato la basilica di Sant’Ambrogio?” ribatteva: “ma professore… io sono di Cassina de’ Pecchi”! Pensando a quell’aneddoto invito sempre gli studenti a toccare con mano l’architettura.

Scoprire e amare l’architettura moderna con il FAI di Giuliana Corsini e Annig Sarian

Quando si pensa al FAI (Fondo Ambiente Italiano) – fondazione nata nel 1975 sull’esempio del National Trust inglese, da un’intuizione di Giulia Maria Crespi e di Renato Bazzoni, subito affiancati da importanti rappresentanti della cultura lombarda – si tende a limitarne gli interventi alla tutela e alla conservazione del “passato – patrimonio”. Dato per scontato che il salvataggio di un’opera di rilevante importanza, frutto del genio umano, sia comunque fondamentale alla vita culturale, il FAI ha avuto l’intuizione di offrirne il godimento al grande pubblico, pubblicizzandone la storia, facilitandone la visita e diffondendone la comprensione. Fenomeno che nasce solo dal diretto


contatto con la partecipazione a quella che ancora è, o fu, la vita di castelli, palazzi, ville, fabbriche, teatri, negozi, borghi, in aggiunta a parchi, giardini, baie e costiere. Tutti beni restaurati grazie alla munificenza degli stessi donatori o di altri enti o persone le quali, con le loro offerte, hanno permesso al FAI di accettare le donazioni e quindi di aprirli al pubblico per realizzare il suo grande impegno di “diffondere la cultura”, secondo il motto “conoscere per amare”. A quest’opera di salvataggio sopra descritta, il FAI ha aggiunto un’eccezionale iniziativa: perché non provare ad aprire anche quei gioielli architettonici e paesaggistici, ancora in uso, anche se un po’ offuscati dal tempo, interdetti alla maggior parte dei cittadini in quanto in mano a enti pubblici o privati proprietari? Nelle “Giornate FAI di Primavera”, oltre al libero accesso a tutte le proprietà FAI, sono stati aperti in Italia, centinaia

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di luoghi (400 nel 2006), normalmente non accessibili al pubblico, grazie alla disponibilità di enti pubblici, privati e religiosi e grazie alla collaborazione di un elevato numero di volontari. Per la Delegazione FAI di Milano, la scelta di questi “soggetti di cultura architettonica” negli ultimi quattro anni è stata un’esperienza entusiasmante; ci siamo guardati intorno e, ritenendo il pubblico in buona percentuale maturo per la conoscenza e l’apprezzamento dell’architettura contemporanea, abbiamo organizzato visite guidate a edifici di grande interesse fino ad allora ignorati a volte anche dagli stessi fruitori (per varie ragioni storico-politiche). Si è così iniziata ad apprezzare l’importanza della progettazione (in alcuni casi con il cambio della destinazione d’uso) degli edifici “anni ’30”, come pure di quelli “anni ’50” e nel contempo si sono potute rivalutare nella loro pienezza creativa e nella serietà della progettazione opere quali: • il Palazzo di Giustizia di Marcello Piacentini (fine anni ’30) con tutti i superbi interventi pittorici e scultorei degli amici del progettista e protagonisti del grande periodo d’arte italiana “anni ’30”. • il grattacielo Pirelli di Gio Ponti (fine anni ’50) con la collaborazione di Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli, Giuseppe Valtolina ed Egidio Dall’Orto e gli ingegneri Pier Luigi Nervi e Arturo Danusso. Nel contempo abbiamo scoperto opere di bravi architetti sensibili i quali hanno saputo dare, con le loro progettazioni di “ricupero”, un valore aggiunto alle primitive situazioni, quasi siano stati stimolati da quelle presenze inconsuete lasciate dalla progettazione industriale. Questi brillanti “ricuperi” aperti dal FAI sono stati: • il Palazzo de “Il Sole 24 Ore”, ex Siemens Italtel – di Renzo Piano, in via Monterosa; • il Palazzo Techint, ex Isotta Fraschini e Sit Siemens – di James Gowan, Ilaria dell’Acqua, Franco Raggi, Renato Restelli, in via Monterosa; • la mediateca di Santa Teresa, ex convento delle Carmelitane scalze – Studio M2P, in via della Moscova; • lo Spazio Armani, ex fabbrica Nestlé, in via Bergognone, di Michele de Lucchi e Giancarlo Ortelli; • via Ventura, 5 ex fabbrica Faema, ora sede dell’Editrice Abitare, della scuola Politecnica di Design, di studi professionali e sale espositive (per l’urbanistica dell’arch. Mutti). Queste visite sono state organizzate con la collaborazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti, che ha coinvolto giovani leve come guide. Gli stessi progettisti e collaboratori di studio si sono con entusiasmo prestati ad illustrare le “nuove architetture” e a preparare schede informative per trasmettere tutto quanto era alla base della progettazione per meglio informare i visitatori. Apprezzatissimi questi incontri dai giovani architetti che hanno potuto confrontarsi con architetture direttamente illustrate dalla voce dei progettisti. Gran successo di pubblico – non aspettavamo una tale folla – mediamente tra le tremila e le cinquemila presenze per ogni “bene” ma soprattutto un pubblico molto interessato e parteci-


Railway Map of Tokyo & Vicinity, 1953.

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pe. Questo ci spinge a pensare che sia necessario continuare su questa strada che la nostra Delegazione di Milano ha aperto. Sarà una vera, emozionante, “Riscoperta di Milano”, dagli anni ’30 fino ai nostri giorni.

Gli “itinerari di Domus” di Luigi Spinelli

Gli “itinerari”, inserti pieghevoli pubblicati nella rivista “Domus” a partire dal marzo del 1986 e fino al giugno 2000, pensati almeno all’inizio per le realizzazioni di un architetto in una determinata città, erano articolati su una pagina iniziale con una cartina riassuntiva, un testo di introduzione con la biografia del protagonista, seguiti da una serie di schede – circa trenta – sulle singole opere, composte da due-tre immagini, un breve testo, essenziali indicazioni bibliografiche, il tutto in due colori su carta ruvida e colorata. Nel tempo questa impostazione si è rivelata flessibile a nuove invenzioni nell’argomento e

nella presentazione, con escursioni nei campi dell’arte, del paesaggio, dell’ingegneria, della tradizione costruttiva. Del primo di questi, con la nuova direzione di Mario Bellini alla rivista, dedicato alle architetture di Terragni a Como, ero stato incaricato come autore. Lavorando attorno ad un progetto tutto da costruire in quei giorni, avevo disegnato una sequenza di piccoli inserimenti cartografici che documentavano le relazioni delle architetture con il tessuto urbano, operazione riconfermata anche per il secondo e il terzo itinerario. Dal quarto, che avevo preparato sulle case d’abitazione di Giovanni Muzio a Milano, mi è stato affidato l’incarico redazionale della rubrica. È iniziato così un impegno che comportava la discussione e la scelta dei titoli, l’incarico agli autori, l’impaginazione e il disegno degli inserimenti urbani. Un lavoro che si è rinnovato attraverso tre direzioni della rivista, con sfumature diverse, ma sostanzialmente costante, alternando ogni mese l’entusiasmo propositivo di giovani colleghi, diventati nel tempo amici, il bonario scetticismo di architetti più maturi e famosi, il sottile piacere della


Rete metropolitana di Milano, aprile 2005.

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scoperta di edifici creduti ormai demoliti, della localizzazione effettiva di architetture troppo citate e mai visitate, un paio di lettere arroganti di chi si riteneva unico depositario a trattare di questo o quell’architetto, molte proposte rimaste purtroppo nel cassetto. Una dimensione dei quindici anni trascorsi e dei 158 itinerari pubblicati può essere compresa pensando che agli inizi si impaginava con fotocopie ridotte e incollate con scotch bi-adesivo, mentre oggi la localizzazione delle architetture presentate sulla rivista è individuabile attraverso Google Earth. Fin qui le vicende. Il lavoro sulle pagine di “Domus”, insieme a un discreto numero di visite alle architetture di Milano e dell’Italia settentrionale, accompagnando studenti del mio laboratorio o di facoltà estere, ha stratificato nel tempo qualche convinzione personale: • l’itinerario di architettura inteso come articolo sulla carta è ovviamente riduttivo, deve essere uno strumento utile per il sopralluogo sul territorio. Questa abitudine a frequentare l’architettura credo abbia ricordi in comune con molti

miei coetanei, le spedizioni armate con taccuino e macchina fotografica, i duelli con certi portinai incattiviti dal troppo interesse rivolto inspiegabilmente agli immobili loro affidati, le fotografie rivelatesi al ritorno mosse, perché scattate con troppa fretta. Un’abitudine necessaria alla percezione spaziale delle opere studiate che nessuna fotografia riesce a sostituire. Un’abitudine oggi inspiegabile per gli studenti dei primi anni, che siamo costretti a incolonnare in visite organizzate con la costanza del cane pastore. • L’itinerario pubblicato non va considerato come documento conclusivo, che esaurisce l’argomento, ma deve essere uno strumento di avvio e stimolo alla conoscenza. Lo spazio a disposizione sugli itinerari di “Domus” garantiva una prima sintetica bibliografia che rimandava ad altri approfondimenti, a studi specifici sulle singole architetture. Certi argomenti, veri e propri esperimenti, avevano lo scopo di interessare a temi trasversali, privi ancora di trattazioni sistematiche, come le Architetture minime del Veneto, elementi del paesaggio nei quadri dei vedutisti, le Architetture di terra in Marocco o i manufatti


RĂŠgie Autonome des Transports Parisiens, Mini-Guide de Paris, 1988.

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M. Vignelli, New York Subway Guide, 1972 (particolare).

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(gallerie e viadotti) di Rino Tami lungo l’Autostrada A2, vero e proprio itinerario. Altri ancora erano invenzioni che reagivano con il tema proposto dal numero della rivista durante la direzione di François Burkhardt, come La città nel cinema di fantascienza per il numero sull’anno 2028 o le Architetture programmatiche a Los Angeles per “La sindrome Disney”. – la giusta dimensione dell’itinerario. Posso riconoscere come i meno riusciti quelli dedicati ai più grandi maestri dell’architettura o alle grandi città (del tipo Architettura moderna a…). Le realtà locali si sono rivelate più adatte, come per i casi di Biagio Rossetti a Ferrara e Tony Garnier a Lione. Oggi auspicherei itinerari più “situazionisti”, dove

far reagire personaggi e storie diverse sullo stesso territorio: ad esempio una bella visita ad Urbino sovrapponendo il lavoro di Francesco di Giorgio e Giancarlo De Carlo. • Infine, la localizzazione in questo territorio, che non è altro che la scena dentro la quale ci muoviamo, rende queste architetture oggetti degni della conoscenza collettiva. In altre nazioni il nome dell’architetto e l’anno di costruzione sono scritti in grande sull’edificio, e oggi abbiamo un po’ di pudore ad accennare al ruolo degli architetti nella società civile, ma la curiosità e i ricordi dei passanti durante queste visite devono gratificarci almeno quanto le domande degli studenti.


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Visitare l’architettura a cura di Anna Ramoni

Pubblichiamo le schede di alcune associazioni che organizzano in maniera sistematica itinerari di architettura moderna e contemporanea, e una bibliografia indicativa di guide all’architettura moderna delle città lombarde. ACMA – Centro di Architettura ACMA nasce a Milano nel 1994 in forma di impresa di servizi innovativi da un gruppo di esperti nel campo urbanistico, architettonico e ambientale in grado di mettere a disposizione di enti pubblici, istituzioni e privati le proprie competenze tecniche e organizzative. Essa ha l’obiettivo di accompagnare il rinnovamento dell’architettura italiana individuando e diffondendo temi innovativi legati alle mutevoli esigenze della società contemporanea e di rispondere – concependo, organizzando e coordinando iniziative culturali e pubblicazioni – alla necessità dell’attuale cultura amministrativa e imprenditoriale di rappresentarsi attraverso progetti architettonici e urbanistici di qualità. ACMA organizza, in Italia e all’estero, attività culturali, formative e didattiche legate allo sviluppo delle qualità dell’ambiente e dello spazio urbano e architettonico. In particolare, in occasione del Salone del Mobile, propone tradizionalmente una visita guidata ai principali edifici moderni del centro di Milano. Sede: via Antonio Grossich, 16 – 20131 – Milano tel. +39 02 70639293 fax +39 02 70639761 e-mail: acma@acmaweb.com www.acmaweb.com AIM – Associazione Interessi Metropolitani AIM è un’associazione no profit nata nel 1987, per iniziativa di un importante gruppo di imprese, banche ed enti milanesi con l’obiettivo di sostenere Milano e la sua area metropolitana nello sviluppo economico, tecnologico, sociale e culturale. Ogni attività dell’AIM si basa su una ricerca o studio che da luogo a volumi o a progettazioni concrete. Le principali aree di indagine sono: il Settore dell’Innovazione, l’Informazione e la Comunicazione, il Settore Artistico, il Rinnovo della città, la Qualità della Vita

e, infine, il Confronto con l’Europa. In quasi 20 anni di attività, AIM ha pubblicato più di 70 studi, ha promosso manifestazioni e convegni, seminari, mostre e ha organizzato corsi con la partecipazione di migliaia di cittadini. In collaborazione con l’Urban Center del Comune di Milano, AIM organizza itinerari a tema per le vie della città, per promuovere le trasformazioni urbanistiche e architettoniche più recenti. Sede: corso Magenta, 59 – 20123 – Milano tel. +39 02 48193088 fax +39 02 48194649 e-mail: aimstaff@aim.milano.it www.aim.milano.it FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano Il FAI, nato nel 1975, è la principale fondazione italiana no profit per la tutela, la salvaguardia, la cura, la promozione e la valorizzazione del patrimonio artistico e naturalistico. Attualmente il FAI vanta oltre 70.000 Aderenti e 36 Beni sotto la sua tutela. Durante tutto l’anno il FAI organizza eventi che, traendo spunto dalle diverse stagioni, toccano argomenti di ogni genere, dal giardinaggio alla gastronomia, alla musica, alla danza e all’arte: – la Giornata di Primavera: è un evento mirato a promuovere il FAI e la sua missione e durante il quale migliaia di visitatori sono invitati a conoscere, scoprire o riscoprire centinaia di monumenti eccezionalmente aperti in tutta Italia; – i concerti: sono organizzati per comunicare ad un pubblico sempre più ampio la missione del FAI e per contribuire alla raccolta fondi, con la partecipazione dei maggiori protagonisti della scena musicale italiana e internazionale; – i viaggi: seguendo percorsi lontani dai grandi flussi turistici, ogni anno il FAI presenta un calendario di viaggi dedicati ai propri aderenti e che si svolgono sotto la guida di esperti d’arte e di storia. Per la diffusione dei suoi scopi statutari, il FAI si avvale a livello locale dell’aiuto delle Delegazioni, che organizzano visite guidate a monumenti e palazzi storici, viaggi, concerti, conferenze, seminari, convegni. Sede: viale Coni Zugna, 5 – 20144 – Milano tel +39 02 4676151 fax +39 02 48193631 e-mail: info@fondoambiente.it www.fondoambiente.it

Fondazione dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano La Fondazione ha per scopo la valorizzazione e la qualifìcazione della professione dell’Architetto, il suo costante aggiornamento tecnico scientifico e culturale, la promozione e l’attuazione di ogni iniziativa diretta alla formazione, perfezionamento, riqualificazione ed orientamento professionale in materia di architettura ed urbanistica. A tal fine la Fondazione istituisce corsi di perfezionamento ed aggiornamento della professione e di orientamento alla stessa anche avvalendosi di consulenti esterni; promuove e realizza iniziative editoriali (scritte, audiovisive e di tipo informatico) con l’esclusione di giornali quotidiani; promuove attività di ricerca tecnico scientifica nelle materie oggetto della professione di architetto anche tramite convegni, riunioni, mostre nonchè seminari di studio; provvede alla tutela e alla conservazione degli archivi e del materiale di architetti di particolare interesse culturale. La Fondazione, in collaborazione con La Triennale, organizza, in occasione della Festa dell’Architettura, cicli di “Itinerari di Architettura Milanese”, coordinati da professionisti del settore. Nelle scorse edizioni i temi affrontati sono stati: la “casa alta”, il condominio, i luoghi del lavoro, arte e architettura, architetture milanesi di Franco Albini, architetture milanesi di Ignazio Gardella. Sul sito dell’Ordine verrà prossimamente inaugurata una sezione specificamente dedicata agli Itinerai di Architettura Milanese. Sede: via Solferino, 19 – 20121 – Milano tel. +39 02 62534390 fax +39 02 62534209 e-mail: fondazione@ordinearchitetti.mi.it www.ordinearchitetti.mi.it/fondazione/f ondazione.html IAT – Informazioni e Accoglienza Turistica della Provincia di Milano Lo IAT nasce nel 2004. Organizzato in diversi uffici, è alla dipendenza della Provincia di Milano, assessorato al Turismo. Suo intento principale è quello di offrire la città di Milano come attraente meta turistica: si occupa, perciò, di trovare modi e maniere per creare o stimolare interesse e curiosità, da parte degli operatori e dei turisti italiani e stranieri, valorizzando al massimo il patrimonio d’arte e di cultura che la città è in grado di offrire.


Multiplicity Multiplicity, creata da Stefano Boeri, Maddalena Bregani, Francisca Insulza, Francesco Jodice, Giovanni La Varra, John Palmesino, è un’agenzia di ricerca territoriale con sede a Milano. L’agenzia realizza progetti in differenti parti del mondo utilizzando molte strategie di indagine, analisi e rappresentazione. È una rete in continua trasformazione attivata nei diversi luoghi di indagine. Al momento la rete conta circa 80 ricercatori coinvolti in 5 progetti principali. La rete è formata da architetti, geografi, artisti, urbanisti, fotografi, sociologi, economisti, cineasti, ecc. Multiplicity progetta e realizza installazioni, strategie di intervento, laboratori di ricerca territoriale e libri sui processi di trasformazione della condizione urbana contemporanea. Essa indaga lo spazio abitato, ricercando le tracce lasciate dai nuovi comportamenti sociali nello spazio materiale. Tra i recenti progetti: USE Uncertain states of Europe (Bordeaux, Bruxelles, Tokyo), Tokyo Voids, Perth International Arts Festival 2002 e USE Dentro la Città Europa (Milano), Solid Sea, per Documenta 11 (Kassel 2002). Sede: Multiplicity.Lab (presso il Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano) via Bonardi, 3 – 20133 – Milano tel. +39 02 23995400 fax +39 02 23995435 e-mail: info@multiplicity.it www.multiplicity.it

Bibliografia essenziale – M. Mulazzani, S. Polano, Guida all’architettura italiana del Novecento, Electa, Milano, 2004 – G. Muratore, A. Capuano, F. Garofalo E. Pellegrini, Guida all’architettura moderna: Italia. Gli ultimi trent’anni, Zanichelli, Bologna, 1988 Bergamo – AA. VV., L’immagine della città: il Novecento architettonico a Bergamo, Stefanoni, Bergamo, 2003 – G. Bertelli, M. Brambilla, M. Invernizzi, Bergamo: cent’anni di architettura 1890-1990, Alcon, Bergamo, 1994 Brescia – G. P. Treccani, Itinerari d’architettura contemporanea sul Garda, Alinea, Firenze, 1996 – P. Ventura, Itinerari di Brescia moderna, Alinea, Firenze, 1992 Como – A. Artioli, Giuseppe Terragni: la casa del fascio di Como. Guida critica all’edificio, descrizione, vicende storiche, polemiche, recenti restauri, Betagamma, Roma, 1989 – F. Cani, C. Rostagno, Oltre Terragni. La cultura del Razionalismo a Como negli anni Trenta, Nodo Libri, Como, 2004 – L. Cavadini, Il razionalismo lariano. Como 1926-1944, Electa, Milano, 1989 – A. Novati, Como: gli anni del razionalismo, Clup, Milano, 1990 Lodi – F. Irace, G.L. Ciagà, Trasparenza e prospettiva: Renzo Piano a Lodi (album fotografico di Gabriele Basilico), Bolis, Azzano San Paolo, 2004 Mantova – AA. VV., Modernità dell’architettura nel territorio mantovano, Ed. Tre Lune, Mantova, 2003 – R. Bocceda, Nuova architettura costruita nel mantovano, catalogo della mostra presso Casa del Mantegna 28 gennaio – 20 febbraio 2005, Tipografia commerciale, Mantova, 2005

Milano – AA. VV., Milano Architettura, Allemandi, Torino, 1998 – AA. VV., Milano. Architettura, città, paesaggio, Mancosu, Roma, 2006 – M. Boriani (et al.), Milano contemporanea: itinerari di architettura e urbanistica, Designers Riuniti, Torino, 1986 – S. Brandolini, Milano - nuova architettura, Skira, Milano, 2005 – M. G. Folli, Tra novecento e razionalismo. Architetture milanesi: 1920-1940, Clup, Milano, 1991 – G. Gramigna, S. Mazza, Milano. Un secolo di architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca, Hoepli, Milano, 2001 – M. Grandi, A. Pracchi, Milano. Guida all’architettura moderna, Zanichelli, Bologna, 1980 – C. Morandi, Milano. La grande trasformazione urbana, Marsilio, Venezia, 2005 – T. Muirhead, Milan. A guide to recent architecture, Könemann, Köln, 1998 Monza – AA.VV., Monza. Itinerari in città, Edistudio, Milano, 1988 – F. De Giacomi, E. Galbiati, Monza la sua storia, Silvana, Monza, 2000 Pavia – C. Coppa, Pavia, Sagep, Genova, 1997 – V. Prina, R. Dorigati, Pavia moderna. Architettura moderna in Pavia e provincia, 1925-1980, Cardano, Pavia, 2003 Sondrio – L. Guerra, Spazi di un secolo. Sondrio: guida all’architettura del Novecento, Italia nostra, Sondrio, 2001 Varese – L. Crespi, A. Del Corso, Un secolo di architettura a Varese. Edifici del Novecento a Varese e in provincia, Alinea, Firenze, 1990 Canton Ticino – Architetture nel territorio. Canton Ticino 1970-2000, CD Rom a cura di Graziella Zannone Milan e Mercedes Daguerre, casa editrice Tarmac, Mendrisio (Svizzera), 2001

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Esso svolge, in particolare, servizio di informazione ai turisti e ai cittadini milanesi; promuove attività culturali cittadine (corsi, mostre, visite guidate, teatri, concerti ed eventi particolari); distribuisce gratuitamente ai turisti delle pubblicazioni di primo supporto informativo; vende servizi turistici, pubblicazioni turistiche di vario genere, biglietti di concerti di musica classica in occasione di particolari rassegne musicali; predispone servizi turistici quali visite d’arte a Milano e Provincia; realizza pubblicazioni e brochures; organizza convegni in città per favorire contatti tecnici tra operatori stranieri e operatori locali, partecipa alle principali Fiere Nazionali. Sede: via Marconi, 1 – 20123 – Milano tel. +39 02 72524301 fax +39 02 72524350 e-mail: info@milanoinfotourist.com www.milanoinfotourist.it/home.htm


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Como a cura di Roberta Fasola

Oltre Terragni La provincia di Como presenta un patrimonio di architetture articolato, che è esito della stagione intellettuale e culturale del razionalismo comasco. Nel solco di questa esperienza, le 8 architetture qui indicate tracciano i capisaldi di un itinerario inconsueto, deliberatamente frammentario ed incompiuto, eppure espressivo della ricerca di una coniugazione tra professione e progetto di qualità. L’obiettivo atteso è d’invitare il lettore a spingere la propria attenzione “oltre Terragni”, per cogliere il portato di una stagione che ha segnato, con ardore, l’esercizio dell’architettura nel nostro territorio. Adolfo dell’Acqua, Casa del fascio a Rovellasca, 1933 ca. La casa adotta, sia per caratteri costruttivi che per soluzioni materiche, l’impronta degli edifici littori del periodo, con particolare riguardo per le contemporanee esperienze milanesi. Ricorrente è pure l’impostazione dei fronti architettonici asimmetrici e l’inserimento del volume della torre, che segna l’ingresso al manufatto.

generazioni. Le attività accolte nel manufatto vengono esibite nella facciata rivolta verso la città, dove si giustappongono corpi architettonici distinti. Il trattamento euritmico delle facciate si caratterizza per l’adozione di materiali eterogenei. Il marmo di musso definisce il carattere monumentale ed allegorico degli ingressi e gli elementi strutturali e costruttivi delle fabbriche, l’intonaco rosso cupo sottolinea il volume dei corpi edilizi, le ampie superfici in vetro – lineari e curve – sottolineano l’avvenuta inserzione di elementi compositivi imprevisti. Cesare Cattaneo con Luigi Origini, Asilo “Giuseppe Garbagnati” ad Asnago, 1935-37 L’opera, sin dalla sua costruzione, viene ritenuta un’efficace esemplificazione della ricerca a quell’epoca condotta dalla cultura architettonica italiana sul fronte dell’architettura scolastica. A dispetto della ristretta disponibilità finanziaria e delle limitate dimensioni (l’edificio è destinato a soli 50 allievi) l’asilo d’infanzia, per caratteri formali e materici, persegue una perfetta coincidenza tra valori espressivi e caratteri funzionali. Il corpo asimmetrico dell’edificio pone particolare attenzione all’ambiente circo-

Giovanni (Gianni) Mantero, Casa del balilla, ora stadio Sinigaglia, a Como, 1934-36 L’opera nazionale balilla s’innesta sullo stadium Giuseppe Sinigaglia, opera di Giovanni Greppi (1926-1927), che viene ora conglobato nel nuovo manufatto (pista parabolica), ora smontato (facciata monumentale). L’articolazione del complesso si caratterizza per la presenza di attrezzature sportive e culturali destinate alle giovani


Oscar Ortelli, sede del Banco Lariano a Rovellasca, 1939 Il volume architettonico dell’edificio si connota per la particolare soluzione adottata nell’interpretazione dell’angolo che viene cavato e contenuto entro una superficie concava, ove risulta ubicato l’ingresso. Il repertorio delle sperimentazioni del razionalismo comasco è trattenuto e contenuto entro un lessico compositivo più affine ai caratteri costruttivi e materici del principio del secolo scorso e del contesto entro cui l’opera si colloca. Delle sperimentazioni comensi permane il trattamento asimmetrico delle facciate e l’abitudine ad esibire gli elementi strutturali della fabbrica.

Cesare Cattaneo, Casa d’affitto a Cernobbio, 1938-39 L’architettura è esito di un complesso processo d’elaborazione progettuale che conduce l’autore a risolvere alcune questioni cruciali, quali: l’inserimento del corpo entro un ambiente connotato da edifici preesistenti, da un lato e dall’altro, l’adozione di soluzioni progettuali atte ad assecondare i modi d’uso dell’edificio per mezzo di ampie superfici vetrate, volumi ed elementi aggettanti. I caratteri materici dell’architettura chiosano la ricerca compositiva dell’autore il cui scopo, nel solco delle imposizioni autarchiche, è di pervenire a soluzioni costruttive durevoli e d’onere contenuto. Di particolare interesse risulta essere l’adozione di un intonaco esterno in cemento con polvere di marmo e le particolari soluzioni costruttive adottate nella scala interna di connessione tra i tre piani e nei tavolati divisori (fotografia di Daniele Garnerone). Mario Salvadé, Cementeria di Merone, ora Holcim Italia S.p.a., 1945-65 Il sito è esito d’interventi diacronici: la casa per operai

17 addetti alle cave (1946); il villaggio annesso allo stabilimento di Merone (1946); l’edificio dei servizi generali e sociali (1947); il 4° forno e il deposito del carbone, l’edificio di insaccaggio, l’autorimessa ed autofficina, la cabina elettrica (1946-57); le case operaie per la cementeria (1955); il 5° forno (1960-65) che, nella parte posteriore, presenta una serie di sili di cemento. Come ricorda Agnoldomenico Pica, nel segnalare per la complessità, l’organizzazione e l’eleganza della Cementeria: Salvadè riesce a trasformare “le difficoltà e i vincoli più esosi in stimoli per la fantasia, il peso e l’ingombro delle dimensioni abnormi in possibilità di espressione scarnamente monumentale, ha cioè capito (...) come l’architetto possa, anzi debba, essere a un tempo il tecnico rigoroso che consegna un organismo giustamente, economicamente e utilmente funzionale, e il creatore di quel paesaggio industriale che è destinato a rimanere come la più nobile, la più splendente immagine di questo secolo: il Novecento”. Renato Uslenghi, Fontana di Villa Geno a Como, 1948-51 L’architettura della fontana che completa la sistemazione della nuova passeggiata a lago, congegnata da Pietro Lingeri (1936-37), si caratterizza per la presenza di una poderosa piastra in cemento armato “a sbalzo sul lago”, ove è ubicato un volume centrale a tronco di cono, atto ad accogliere gli impianti tecnici. All’andamento orizzontale dell’architettura, tesa a definire un raccordo ideale tra acqua e sponda lacustre, si contrappone la forza centripeta dell’alto getto d’acqua.

Attilio Terragni, Scuola media in via Andina a Cantù, 1952-53 Il progettista affronta il tema dell’edilizia scolastica sin dal 1930, con una serie d’architetture ove l’articolazione degli elementi strutturali definisce e serra il ritmo compositivo delle facciate che, sovente, vengono rideclinate entro volumi derivati da una medesima matrice compositiva. Nell’architettura

FORUM ORDINI

stante ed asseconda le differenti funzioni delle sue parti. Le facciate eterogenee riverberano i diversi modi d’uso dell’architettura, che si articola attorno allo spazio dei giochi.


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canturina Attilio Terragni compie un duplice passaggio nel giustapporre, da un lato, il corpo parallelepipedo rettangolo delle aule scolastiche al volume monolitico ed arcuato dell’auditorium su pilotes e nel conferire, dall’altro, autonomia al lessico architettonico delle facciate. Chiara Rostagno

Cremona a cura di Fiorenzo Lodi

L’argomento, “Itinerari di architettura del ’900”, ha stimolato all’interno dell’Ordine di Cremona un certo dibattito; infatti il tema, se riferito al periodo post bellico in provincia, è assai carente di testi. Questa semplice considerazione, unita al fatto che il nuovo Consiglio ha tra gli scopi l’intervento sul territorio in una veste propositiva e trainante, ha generato la convinzione di realizzare una pubblicazione su questo tema. L’opera andrà ad evidenziare quelle architetture che potranno essere oggetto di itinerari e mete “turistiche”, proposte con un facile linguaggio accessibile anche dal grande pubblico. La realizzazione coinvolgerà i nostri iscritti, che, sulla base dei criteri da noi forniti, avranno l’onore e l’onere di segnalare quegli edifici che a loro giudizio potranno concorrere al futuro esempio dell’architettura dei nostri giorni. Quando uscirà questo numero di “AL” i nostri iscritti avranno già ricevuto la specifica richiesta di segnalazione; a titolo esplicativo vogliamo qui proporre un primo campione, puramente indicativo, di quanto è in fase di realizzazione. F. L.

Itinerari di architettura del ’900 Hotel delle Arti Progetto del 2002 dello Studio di architettura Giorgio Palù e Michele Bianchi di Cremona, premio architetture The best new hotel – the european design hotel 2002, è un esempio di successo e raffinatezza negli interventi di recupero per edifici storici di temi progettuali legati all’ospitalità. La parete della cortina edilizia sulla pubblica via ripete nella sagoma e nei volumi l’edificio preesistente sempre però trattando come rivestimento, come quinta l’entrata dell’albergo. La hall a doppia altezza colpisce sia per gli elementi di design, sia per gli sfondi in lamiera microforata trattata in foglia oro-argento, sia per la ricercata eleganza di fondere l’arte e la tecnologia. Il metodo costruttivo a secco è

stato applicato con successo nel recupero architettonico e la tecnica a struttura e rivestimento la rende priva di materiali edilizi pesanti. La corte interna diventa uno spazio urbano ritrovato, senza pareti, con trasparenze orizzontali intime ritmate da una struttura in acciaio verticale leggera ed elegante. La tecnologia viene evidenziata sia nella cura dei dettagli che nell’innovazione impiantistica. (Susi Zagheni) Sala di Contrattazione della Camera di Commercio di Cremona Oggi la Sala di Contrattazione della Camera di Commercio di via Baldesio, progettata dagli architetti cremonesi Giovanni Gentilini e Fulvio Melioli con Sandro Angelini e realizzata tra il 1965 e il 1970 – è impiegata anche per esposizioni e concerti, aprendosi così ad un’utenza sempre più vasta. Concepita come una piazza coperta, una sorta di “agorà” pubblica dove si svolgono gli affari, rivela tale caratteristica grazie ad un’inedita spazialità interna non percepibile esternamente. L’interno della Sala Contrattazione – come gli spazi annessi, la Saletta Mercanti e la Sala Maffei – è concepita con la cura del dettaglio e la sobrietà di chi ha appreso e maturato l’insegnamento di Gio Ponti. Una gamma cromatica limitata ai toni del marrone e del bianco crea un’impressione di unità e luminosità degli ambienti, che si concentrano intorno allo spazio ottagonale a doppia altezza della Sala Contrattazione. L’arredamento originale ne rifletteva, come oggi il palco per concerti studiato dallo stesso Gentilini, i caratteri spaziali. La complessa copertura a quattro falde è arricchita da timpani in cemento che illustrano: Commer-


Palazzo Affaitati L’affidamento dell’incarico dato nel 1984 allo Studio degli Architetti Marco Albini, Franca Helg e Antonio Piva di Milano per la riqualificazione museale di Palazzo Affaitati rientra in una proposta di restauro di un luogo finalizzato ad un uso vivo e funzionale di un edificio. Palazzo Affaitacio, Industria, Artigianato e Agricoltura, mentre dal vertice pende un originale lampadario formato da fari di lampioni stradali retti da montanti metallici verniciati di bianco. (Teresa Feraboli) Chiesa di san Carlo Borromeo L’opera è costituita da un intero complesso edilizio religioso comprendente la chiesa parrocchiale, una cappella feriale,

il nucleo oratoriale, la casa parrocchiale, nonché altri spazi di servizio all’intero immobile. Sorto a Crema nell’omonima parrocchia di san Carlo alla metà degli anni Ottanta del ’900 ha rappresentato e rappresenta tutt’oggi, il vero nucleo aggregativo, oltre che funzionale e simbolico al tempo stesso, di questo borgo periferico della città, nonché l’emergenza urbanistica maggiormente caratterizzante, in un contesto urbano residenziale anonimo e ripetitivo. Il progetto è degli architetti cremaschi Enzo Bettinelli, Giuseppe Dossena e Paolo Marchesetti, gruppo vincitore di un concorso indetto dalla locale Curia. Il grande piazzale rivela ed esalta la geometrica purezza della pianta centralizzata del complesso, tutta giocata sul valore altamente

ti, a Cremona, è un esempio di palazzo cinquecentesco simbolo della potenza commerciale dei proprietari L’intervento, che si sta sviluppando a lotti, con una continuità nelle amministrazioni che si sono succedute, è il punto di partenza del sistema museale di Cremona. Caratteristica progettuale principale è la flessibilità dell’allestimento espositivo con strutture di acciaio e sistema impiantistico pensato per una continua trasformazione ad ospitare ed esporre opere d’arte. Riconoscibili, anzi esaltate in questo intervento, sono le preesistenze architettoniche dell’edificio sia nell’attenzione e valorizzazione degli spazi, che nel rapporto prospetti-luce naturale. Ricco di collezioni private è, ad oggi, uno dei musei moderni di punta della Lombardia e del nord Italia, ma, nonostante un’intensa attività culturale, non è ancora diventato un luogo frequentato abitualmente dai cremonesi. (S. Z.)

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simbolico delle forme triangolo e quadrato, sapientemente aggregati tra loro in un poetico dialogo simbolico tra la dimensione umana della Terra (quadrato) e quella trascendentale di Dio (triangolo). Il protiro d’ingresso angolare sembra svolgere la funzione di chiamata da ogni dove dei fedeli che vengono ad incontrare l’unico Dio; la falda di copertura discendente si conclude all’ingresso dell’aula, spazio per i fedeli, e di lì ricomincia ad ascendere fino a culminare nella trave che regge il crocifisso e le campane e che domina l’intero fabbricato. (Adriano Alchieri)


Lecco

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a cura di Maria Elisabetta Ripamonti

Ritengo interessante segnalare, a proposito d’itinerari di architettura nella nostra provincia, una mostra “Lecco Contemporanea 1900-1960” svoltasi recentemente a villa Manzoni. L’accenno a questa mostra e alle architetture moderne che vengono presentate ci spinge a porre l’attenzione ad ambiti importanti del nostro territorio, meritevoli di essere visitati non solo dai colleghi ma anche, e soprattutto, dai molti fruitori della nostra provincia. Le architetture del ’900 costituiscono insieme alla ricchezza paesaggistica, una grande risorsa degna di divenire itinerario di visita turistica. Lascio la parola all’architetto Massimo Dell’Oro, vice-presidente dell’Ordine degli Architetti di Lecco e responsabile della commissione cultura, per una rivisitazione della mostra. M. E. R.

“Lecco contemporanea 1900-1960” A poca distanza dalla chiusura della mostra Lecco Contemporanea 1900-1960 mi piacerebbe aprire con questo primo intervento uno spazio di dibattito sui temi che entrano a pieno titolo nella nostra specifica disciplina. Credo, infatti, che il grande merito della mostra svoltasi a villa Manzoni a Lecco sia stato proprio quello di portare all’attenzione del grande pubblico quei temi che, come la costruzione della città e la sua caratterizzazione architettonica, hanno attraversato l’intera stagione novecentesca della cultura architettonica. La sapiente mixture di materiali, tavole originarie, materiali fotografici e documenti audiovisivi hanno felicemente colpito l’immaginazione dei numerosi visitatori e di questo dobbiamo essere grati all’intero staff organizzativo. Rivisitando, tra gli spazi espositivi, le fasi di crescita urbana della città, supportato da un approccio che sappia leggere, di una città, le diverse parti e le sue architetture, non solo nella comprensione delle presenze monumentali ma anche delle continue aggiunte e modificazioni, tipologiche e formali, di elementi più minuti o addirittura nel recupero di progetti o piani non realizzati, mi piacerebbe restituire uno spunto di riflessione che credo possa emergere con chiarezza dalla visita di questa mostra. E questa convinzione è proprio la conferma che il periodo degli anni ’30 costituisce per Lecco un vero e proprio spartiacque della sua recente storia. Si può affermare che la nostra città, storicamente caratterizzatasi come nodo di scambio, di cerniera delle relazioni con il territorio, dalla metà dell’800 fino a proprio gli

anni ’30, sia stata caratterizzata da un legame stretto e costante tra l’iniziativa della “produzione imprenditoriale” e l’iniziativa di una “forte infrastrutturazione” della città, a testimonianza di una lungimiranza nell’interpretare il ruolo della città, che non troverà nei periodi successivi una tale intensità e continuità. Non casualmente tutte le ipotesi di qualificazione della città nelle sue funzioni di centro produttivo in espansione, trovano fervide basi nel periodo degli anni ’30; infatti, proprio a partire dagli anni ’20 sono stati i grandi insediamenti industriali a determinare sia la nuova dimensione urbana sia le modalità di espansione, costituendo presenze massicce nella zona lungo la ferrovia e in altri lotti restati liberi all’interno del perimetro urbano, tanto da condizionare fortemente la formazione del tessuto circostante, la nuova rete stradale, gli allineamenti e i caratteri degli edifici che vi sorgeranno accanto. Ma sono anche gli anni in cui Lecco realizza tutte le attrezzature di servizio, scolastiche e di assistenza che vanno a integrare quella stretta contiguità esistente tra residenza e produzione, che ha definito e definisce in parte ancora oggi l’immagine fondamentale della nostra città. Non casualmente dagli elementi esposti negli spazi della mostra si frappongono gli ampliamenti viari verso il colle di Santo Stefano, futuro viale Turati (1932), l’emergere di un nuova idea di città, alternativa alla città borghese lungo l’arco lacuale (1937), ma anche un piano di ampliamento ferroviario come quello presentato dall’ingegnere Amigoni (1927). Progetti ed idee, come altre di quel tempo che ci restituiscono, proprio nello specifico temporale riferito ai temi per la città una delle principali dicotomie, quella tra la città della produzione o città residenziale-turistica che Lecco ha dovuto affrontare dagli inizi del secolo scorso e che neppure in epoca “fascista” ha saputo risolvere. In un itinerario tutto interno all’area urbana lecchese, emergono dal tessuto della città le seguenti opere:


Lodi a cura di Antonino Negrini

Intinerario guidato

Nella pagina a fianco: Piero Bottoni, sede INAIL in corso Martiri, 1941.

• Case Bigoni in località Pescarenico, 1930, arch. Mino Fiocchi; • Asilo Opera Pia in località Belledo, 1928, arch. Mino Fiocchi; • Casa per abitazioni e uffici in via Cairoli, 1932, arch. Mario Cereghini; • Chiosco per rifornimento auto sul lungolario in località Caviate, 1933, arch. Mario Cereghini; • Edifico scolastico “De Amicis”, 1932, ing. Prandoni e arch. Laneve; • Chiesa dell’Istituto Airoldi e Muzzi in località Germanedo, 1937, arch. Mario Cereghini. Negli anni immediatamente successivi al dopoguerra riscontriamo invece per lo più l’attuazione e la realizzazione dei programmi predisposti negli anni precedenti e dove forse dobbiamo prendere atto che le realizzazioni hanno molte volte “tradito” le buone intenzioni. Avendo davanti agli occhi, per esempio, le grandi immagini esposte di viale Turati ci domandiamo, un po’ stupiti, dove siano gli standard qualitativi di molti interventi similari e di quel periodo nel nostro paese e dove sia la qualità di opere di architettura, difficilmente rintracciabile nei prospetti messi in evidenza per l’occasione. Fortunatamente l’impianto disegnato trova proprio la sua conferma invece nel cono ottico sul cui fondale si colloca a consolidarne la prospettiva urbana il volume corretto della chiesa di san Francesco realizzata su progetto di Mino Fiocchi proprio nel 1950. Anche per questo periodo tra le molte realizzazioni spesso modeste, sottolinerei per la loro capacità di restituire invece una precisa scelta architettonica, oltre la sopra citata chiesa di san Francesco, anche le seguenti opere: • Quartiere di via Montegrappa, 1941, arch Francesco Meschi e ing. Mario Ruggeri; • Sede INAIL in corso Martiri, 1941, arch. Piero Bottoni; • Case operaie in località Belledo, 1949, arch. Mino Fiocchi. Massimo Dell’Oro

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Presso la città di Lodi, è presente un’importante opera di architettura contemporanea, che merita di essere visitata: si tratta del palazzo della Banca Popolare Italiana, realizzato su progetto di Renzo Piano Building Workshop (1999), in via Polenghi Lombardo n. 13. La nuova sede della Banca, oltre ad essere un esempio d’architettura contemporanea, rappresenta un vero e proprio frammento di città nella città, studiato con l’obiettivo di ridare vita ad un tessuto urbano completamente degradato. Il centro polifunzionale, denominato Bipitalia City, si estende su un’area di 90.000 metri quadrati, con un grande parallelepipedo di circa 250 metri di lunghezza, ed alcuni corpi cilindrici d’altezza e dimensione variabili, rappresentando un “muro di cinta” che diventa metafora della città medievale. Dal muro fenditure e scorci invitano a scoprire la spazio interno. L’uso del cotto per i rivestimenti richiama la terra cotta delle chiese, delle fortificazioni, delle aziende storiche delle campagne padane. Il complesso accoglie un auditorium circolare per 800 persone, utilizzato per le assemblee istituzionali di gruppo e per i convegni; una precisa scelta costruttiva ne ha fatto una perfetta sala da musica. I sedili sono disposti radialmente ad insistere verso il palco centrale versatile, adattandosi ad essere impiegato per congressi, o concerti sinfonici o da camera. I materiali interni utilizzati formano un eccellente effetto cromatico, essendo costituiti dal cotto per i pannelli di rivestimento delle pareti, in continuità con l’esterno, il legno di ciliegio americano dal caldo cromatismo, ed il verde delle seggiole di alcantara; mentre nel foyer da notare il taglio dei blocchi del pavimento in marmo bianco di Carrara, che arreda il percorso absidale che conduce ai diversi accessi alla sala. Degna di nota la tensostruttura sospesa ad otto metri da terra sopra la piazza interna, composta da 564 lastre trapezoidali di vetro serigrafato, accoppiate e sovrapposte; essa è sorretta da un complesso sistema di cavi d’acciaio di sospensione e pretensione, disposti a raggiera rispetto al fulcro centrale costituito dall’Auditorium e da travi d’acciaio concentriche rispetto allo stesso centro. Da notare anche la fontana “Fiore d’acqua” che caratterizza la piazza emergendo dall’acqua col suo gioco di movimenti e suoni, realizzata su progetto dell’artista eclettico giapponese Susumu Shingu: essa rappresenta un fiore roteante, azionato dal peso e dal contrappeso dell’acqua raccolta dai bacini d’acciaio della fontana. Di quest’opera Renzo Piano esprime il seguente pensiero “Questo è un progetto che integra e completa la città: è un bastione, ma anche una strada interna pubblica; è

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Mino Fiocchi, asilo Opera Pia in località Belledo, 1928.


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Renzo Piano, sede della Banca Popolare Italiana a Lodi.

una banca, anzi, “La Banca”, ma al tempo stesso è una piazza, arricchita dal verde…”. Le visite organizzate fanno parte della manifestazione “Invito a Palazzo” promossa dall’ABI – Associazione Bancaria Italiana – e realizzata con le banche aderenti al progetto, che ha raggiunto l’anno scorso la IV edizione, ed avvengono a cadenza annuale, indicativamente nel mese d’ottobre su appuntamento e sono destinate preferibilmente ad Ordini professionali, Università o Enti interessati. Per informazioni è possibile contattare direttamente la Banca Popolare Italiana, Unità Funzionale Marketing Operativo, tel. 0371 580993 – 580591. A. N.

Mantova a cura di Nadir Tarana

Modernità dell’architettura nel territorio mantovano: guida di itinerari possibili L’edizione, nel 2003, della guida Modernità dell’architettura nel territorio mantovano ha contribuito a fornire un regesto di facile consultazione di edifici costruiti nel corso dello scorso secolo in provincia di Mantova. Il lavoro di selezione delle opere, la loro documentazione critica e la redazione finale della pubblicazione è stato portato a termine da un gruppo di appassionati colleghi nell’ambito della Commissione Cultura dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Mantova coordinato da Giampaolo Benedini. Il risultato è stato la prima guida sulle architetture del territorio mantovano dagli inizi del Novecento ai giorni nostri: cinquantasette opere, inserite in ordine cronologico, identificate da un numero riportato nelle mappe della città di Mantova o del territorio provinciale, in modo da lasciare libero il lettore di programmare itinerari e percor-

si di visita. Le schede che riguardano le singole opere sono state compilate in modo chiaro e facilmente comprensibile anche ai non addetti ai lavori, riportando in molti casi anche gli estratti delle planimetrie di intervento, così da consentire un facile approccio a una prima analisi delle forme architettoniche. In alcuni casi le informazioni per il lettore sono completate dal rimando ai principali riferimenti bibliografici e documentali. Il materiale ordinato, per quanto la ricerca in sé possa essere considerata parziale, costituisce tuttavia un incredibile registro delle trasformazioni del gusto, delle forme architettoniche, dei caratteri di innovazioni tecnologica e compositiva che, anche nel territorio di una realtà provinciale come quella mantovana, hanno segnato e caratterizzato il loro tempo. La scelta di riportare le opere suddivise in schede singole in ordine cronologico secondo la data di costruzione fa poi in modo che si possano istituire diversi percorsi di lettura, di approfondimento e di visita. Si va allora dai richiami alla Secessione Viennese della casa di Tazio Nuvolari in via Chiassi a Mantova di Aldo Andreani, alle forme razionaliste degli edifici del ventennio fascista, oggi perlopiù trasformati in edifici pubblici, alle case a schiera unifamiliari a Pegognaga di Aldo Rossi, fino a più recenti interventi di costruzione di edifici per attività terziarie. Molto più interessante e piacevole è, però, un lettura trasversale del materiale raccolto, assecondando la scelta di tipologie architettoniche, delle quali si può scorgere l’evoluzione nel corso del tempo. Emerge come il tipo della casa unifamiliare sia rimasto pressoché immutato nel tempo, nonostante le forme architettoniche abbiano assecondato i gusti e le mode: si va dal bellissimo esempio di architettura razionalista rappresentato dalla Villa dei direttori all’interno dello Zuccherificio di Sermide, dell’arch. Zavanella (1932) con il tettoterrazzo, alla casa dell’ing. Mario Pavesi, progettata da lui stesso negli anni Sessanta, affacciata sul Lago Superiore, combinando materiali della tradizione, fino agli esempi contemporanei delle ville costruite negli anni Novanta nelle lottizzazioni della prima periferia. È interessate cogliere le trasformazioni occorse alle architetture industriali, immaginando come, parallelamente, si sia via via meccanizzato e poi informatizzato anche il lavoro al loro interno: la sede storica della Iveco a Suzzara conserva infatti un edificio industriale del 1900, il complesso di bonifica delle chiaviche di San Matteo è stato realizzato nel 1940 su progetto dell’arch. Portaluppi, la sede cittadina della Cartiera Burgo di Nervi (1960) rappresenta insieme un mirabile esempio di sperimentazione architettonica e ingegneristica, mentre la sede del Calzificio San Pellegrino a Ceresara, o della Sogefi a Mantova riportano forme post moderne a testimonianza del loro periodo di costruzione. Per quanto riguarda le architetture di uso pubblico riportate, invece, è interessante notare come la ricerca sulla forma architettonica si accompagni nel tempo all’esigenza di costruire per rispondere a rinnovati bisogni; vengono, infatti, documen-


tate la Stazione di Rifornimento in piazzale Gramsci a Mantova (arch.G. Galmanini 1958), l’ingresso della piscina comunale di Mantova (1949-59) e la sede della Società Canottieri Mincio (1960) entrambe progetti dell’ing. M. Pavesi, la Caserma dei Vigili del Fuoco (arch. M. Cittadini, 1955), gli ampliamenti dei cimiteri comunali di Salina (arch. A. Gozzi, A. Medici, C. Castagnoli, F. Rovetta, 1982-84) e di Commessaggio (arch. S. Arfini, G. Beramaschi, G. Bombonati, 1989), la costruzione dell’autorimessa Parcheggio Mazzini (arch. D. Nicolini 1986-87), la riqualificazione paesaggistica di una sponda del Lago Inferiore con la realizzazione del campo di canoa-kayak (G. Bombonati, 1998). Da ultimo la guida è un documento di studio: è essa stessa un itinerario di studio e di approfondimento, che si presta ad essere ampliata, integrata, completata. Per questo motivo la Commissione cultura dell’Ordine sta esaminando la possibilità di continuare l’esperienza del censimento delle architetture moderne del territorio con l’obiettivo di una seconda e più completa pubblicazione. Cinzia Calanca

Milano a cura di Roberto Gamba

Esiste una monumentalità nelle opere di architettura più recenti; esiste un interesse per conoscerle? Nelle più importanti città del mondo la visita, la curiosità

R. G.

ACMA: itinerari di architettura In occasione del Salone del mobile ACMA organizza tradizionalmente una visita guidata alle principali opere realizzate a Milano dagli anni ’20 al dopoguerra, per mettere in evidenza gli elementi del dibattito culturale e le contraddizioni che hanno contraddistinto una specifica fase del Movimento moderno. Vengono così selezionati e messi a confronto i luoghi topici, la cui realizzazione ha caratterizzato l’immagine della città moderna: la Ca’ Bruta di Muzio e la Montecatini di Gio Ponti, la Torre Velasca e il grattacielo Pirelli, le opere di Terragni, Figini e Pollini, Asnago e Vender, Gardella, De Finetti, Bottoni, ecc.

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Caserma dei Vigili del Fuoco, arch. M. Cittadini, 1955.

verso il “nuovo” in architettura si assomma ormai all’abitudine e all’impegno per conoscere i monumenti del passato. Creare itinerari di architettura contemporanea è pertanto oggi un compito cui si dedicano, in molti comuni, enti pubblici, associazioni culturali, appassionati di tradizione e sviluppo del territorio. Indagare a Milano che cosa si fa per rendere partecipi i cittadini dello “spettacolo dell’architettura” è abbastanza facile: le iniziative si susseguono, spesso sollecitate dai numerosi architetti, o dagli eventi anche mondani legati al design, alle fiere, agli spettacoli. La Fondazione dell’Ordine degli Architetti, con La Triennale, organizza cicli di “Itinerari di Architettura Milanese”, programmati da un Comitato scientifico e coordinati da professionisti del settore. ACMA – Centro Italiano di Architettura ha proposto nell’aprile scorso, in occasione delle giornate del Salone del mobile, una visita guidata nel centro di Milano alle principali opere architettoniche del Novecento. L’AIM – Associazione interessi metropolitani – “non-profit” – nata nel 1987, per iniziativa di un gruppo di imprese, banche ed enti milanesi, con l’obiettivo di sostenere Milano e la sua area metropolitana nello sviluppo economico, tecnologico, sociale e culturale, propone itinerari guidati e gratuiti lungo le direttrici nord, sud, est, ovest. Il portale internet della Provincia di Milano (www.provincia.milano.it) propone itinerari di visita a vari luoghi del territorio. In esso vengono citati e descritti gli edifici storici, ma anche quelli contemporanei architettonicamente rilevanti, come il Palazzo Terragni di Lissone, il Municipio di Sesto San Giovanni di Bottoni, l’insediamento dell’Eni a Metanopoli, con il centro direzionale, residenziale e le nuove realizzazioni. Di seguito vengono presentati i contributi inviatici da Antonio Angelillo – fondatore e direttore dell’ACMA – e Luisa Toeschi, direttrice dell’AIM, che relazionano sulle attività svolte e sui successi conseguiti, rispetto alla promozione della conoscenza dell’architettura e dello sviluppo della città.


La Torre Velasca, in una foto d’epoca.

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Da oltre dieci anni ACMA propone itinerari di architettura ai professionisti italiani, segnalando esperienze in grado di contestualizzare l’opera architettonica, il linguaggio, le tecniche, le problematiche affrontate nella fase della progettazione e realizzazione. Si tratta di veri e propri laboratori itineranti che prevedono visite agli studi e incontri con gli architetti locali, conferenze, visite ai cantieri e alle opere, guide. I viaggi sono rivolti ad un pubblico esperto (giornalisti e redattori di riviste specializzate, docenti universitari e cultori della materia) e vengono organizzati anche su richiesta di Ordini professionali e università, associazioni e imprese private. Parallelamente, decine sono ormai le tappe attraverso le quali ACMA ha analizzato i fenomeni dell’architettura contemporanea: dall’evoluzione della grande metropoli (Monaco: nuovi progetti urbani, Berlino: la capitale del nuovo millennio) alle problematiche evidenziate dai nuovi linguaggi (Bilbao e Paesi Baschi… non solo Gehry; Svizzera: il nuovo corso dell’architettura europea), dall’origine di un approccio architettonico maggiormente sensibile all’ambiente (Finlandia sulle tracce di Alvar Aalto; Porto: dopo il regionalismo; workshop in Patagonia, Luis Barragan e il Messico) all’evoluzione della professione nelle aree considerate marginali (Andalusia: nuove leve dell’architettura spagnola; Passaggio a Nord Est: esperienze architettoniche nella Mitteleuropa). Per maggiori informazioni: www.acmaweb.com Antonio Angelillo

Conoscere Milano. Un progetto di Urban Center e AIM sulla città che cambia Siamo nell’autunno 2001. Si incomincia a parlare del cantiere del Teatro degli Arcimboldi; dell’Università a Bicocca; degli esiti del concorso a Bovisa per una nuova

sede del Politecnico; lungo viale Bezzi si vede un grande cantiere di cui non si sa nulla, la Bocconi inaugura un nuovo edificio ellissoidale firmato come ultima opera da Ignazio Gardella. C’è nell’aria sentore di nuovo anche se non se ne ha percezione concreta e diretta. Il Comune di Milano ha aperto, in Galleria, l’Urban Center, uno sportello per i cittadini per informarli sui progetti urbanistici e architettonici pubblici e privati. AIM, Associazione per gli Interessi Metropolitani, il cui Comitato scientifico è costituito da Cesare Stevan, Luigi Mazza, Lanfranco Senn, Lorenzo Ornaghi, Gianni Verga, Pier Giuseppe Torrani, studia e propone un programma informativo, per far conoscere i fatti legati alla trasformazione urbana con specifico riferimento al passaggio dalla “città delle industrie” alla “città dei servizi terziari” o di nuovi quartieri residenziali. Nel 2002 con la pubblicazione delle prime quattro mini-guide, prende avvio il primo ciclo Conoscere Milano. I Luoghi della trasformazione: 44.000 libretti distribuiti in città e 5.000 partecipanti ai percorsi guidati in pullman rappresentano il consuntivo del primo anno di attuazione del progetto. L’impegno per far “percepire” il cambiamento in atto o progettato ottiene certamente una risposta interessante, non da un pubblico di progettisti o specialisti, ma da studenti, pensionati, scuole, professionisti e anche occasionali turisti: la gente vuole capire, conoscere, vuole farsi una propria idea. Il taglio di lettura proposto è quello della “trasformazione”: le aree ex industriali della Pirelli che diventano il nuovo grande quartiere Bicocca firmato Vittorio Gregotti, con i suoi vari e differenti episodi (tra cui Deutsche Bank di Gino Valle); le aree ex Officine Meccaniche (OM) che ospitano il cantiere del Quartiere Ravizza, con tre parchi e le torri progettate da Fuksas; la vasta area della Raffineria Fina a Quarto Oggiaro, che diventa occasione di realizzazione del Quartiere Certosa, con un progetto di un immenso parco da Armstrong Bell; i capannoni di Face Alcatel, che in due anni si trasformano nel Bodio Center, con 3500 impiegati; l’Italtel di via Monte Rosa, che cambia pelle e diventa il grande isolato di vetro di Renzo Piano e accanto la sede di Techint che poco cambia il grande edificio industriale della Isotta Fraschini. In quattro anni sono 14 le monografie pubblicate di Conoscere Milano per un totale di 160.000 copie diffuse, migliaia i partecipanti: nelle due giornate dedicate alle Università di Milano (gennaio 2004), con specifica attenzione ai loro nuovi edifici, i partecipanti da tutta la Lombardia arrivano a 25.000 persone. Un sito Internet dedicato a questo programma www.conosceremilano.it anticipa i programmi di visite guidate e pubblica tutte le guide, scaricabili, sia in italiano che in inglese. Ne fanno fede i numerosi “arrivi” dalle università straniere di gruppi interessati a svolgere gli itinerari proposti. Questi i titoli della collana Conoscere Milano che si possono richiedere a Urban Center gratuitamente: I luoghi della Trasformazione (n. 4 – esauriti); Il Passante Ferroviario; Via Savona, Via Tortona e Dintorni; Le 10 Uni-


Aldo Putelli, edificio dell’ex G.I.L., Monza, 1933. Luigi Caccia Dominioni, scuola di avviamento professionale e media, Vimercate, 1960.

versità di Milano; Nuovi Luoghi del Lavoro 1 e 2; La Nuova Bicocca; I luoghi della Trasformazione per la festa dell’architettura; I parchi della trasformazione; La Bovisa che cambia; La città che cambia.

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Monza e Brianza a cura di Francesco Redaelli e Francesco Repishti

Architetture sociali del Novecento nella nuova provincia di Monza e della Brianza Volendo trovare un filo conduttore capace di strutturare l’itinerario proposto, è stato scelto di privilegiare alcune di quelle architetture pubbliche che possono essere considerate moderni capisaldi dell’organizzazione sociale e insediativa del nostro territorio. Il percorso prende avvio dagli anni Trenta, quando la ricerca del consenso e del controllo delle masse da parte del fascismo venne attuata attraverso la realizzazione di strutture per il tempo libero e lo sport. A Monza (piazza Castello) l’esempio più rappresentativo è costituito dall’edificio dell’ex G.I.L., la sede locale della Gioventù Italiana del Littorio, realizzato nel 1933 su progetto dell’ingegnere Aldo Putelli e recentemente ristrutturato. Alla complessa integrazione funzionale, articolata negli spazi del teatro-cinema, della palestra, della sala di lettura e del refettorio, corrisponde un’adeguata rappresentazione in figura attraverso il ricorso a plastici volumi arrotondati di rimando espressionista. Ideale contrappunto all’edificio di Putelli è la Casa del fascio di Lissone (piazza Libertà), realizzata nel 1938-39 su progetto di Antonio Carminati e Giuseppe Terragni, vincitori di apposito concorso e rappresentanti della nuova architettura razionale che si stava diffondendo anche in Italia. L’edificio è caratterizzato dal contrasto tra l’andamento orizzontale del corpo degli uffici e del cinema-teatro, sottolineato dalle finestre a nastro e dalla lunga balconata, e il geometrico verticalismo della torre in pietra, introversa e priva di aperture ad eccezione dell’arengo aggettante verso la piazza. Il passaggio agli anni Sessanta consente invece di sottolineare lo sforzo profuso dai comuni del milanese per rispondere alla richiesta sempre più pressante di scuole e servizi sociali dovuta alla crescita repentina delle città nel periodo delle grandi ondate migratorie. Nel 1960 Luigi Caccia Dominioni ha portato a compimento il progetto, iniziato anni prima in collaborazione con Livio e Piergiacomo Castiglioni, di una nuova Scuola di avviamento professionale e media a Vimercate (piazza Martiri Vimercatesi). L’edificio, posto al centro di un quartiere residenziale di prima espansione, partecipa alla formazione del campo scolastico della città, dialogando con gli altri edifici

dell’istruzione preesistenti, e reinterpretando in chiave personale elementi della tradizione milanese quali i lunghi tetti a falde e le superfici grigliate proprie dell’edilizia rurale. Tornando a Monza appare opportuno menzionare la figura di Luigi Ricci, che in veste di capo sezione dei lavori pubblici del comune ha progettato buona parte dell’edilizia scolastica della città nel corso di un trentennio. La Scuola elementare De Amicis (piazza Matteotti) per esempio, realizzata nel 1960, interpreta le esigenze di economicità e i dettami razionalisti riaffermando il ruolo sociale della città attraverso un’architettura di aggregazione e integrazione funzionale: sull’atrio d’ingresso affacciano le aule dalle ampie finestre, la palestra a doppia altezza, e il corpo degli uffici. A partire dagli anni Settanta lo svilupparsi e il consolidarsi delle città nei quartieri periferici hanno spinto le comunità locali ad ampliare le proprie chiese e ad edificarne di nuove su tutto il territorio. Il Complesso parrocchiale di San Giuseppe a Monza (via Guerrazzi), realizzato tra il 1972 e il 1976, rappresenta l’attrezzatura collettiva di un quartiere sviluppatosi nel dopoguerra lungo la direttrice storica per Milano. Il progetto dell’architetto svizzero Justus Dahinden reinterpreta la tradizione romanico-lombarda attraverso un organismo completamente rivestito in cotto, che delimita al suo interno due piccole piazze di uso collettivo. Più recentemente Roberto Gabetti e Aimaro Isola, vincitori di un concorso a inviti nel 1994, hanno redatto il progetto per la Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista a Desio (via Di Vittorio). L’edificio a pianta quadrata ripropone la copertura a capanna delle chiese paleocristiane, mentre la torre campanaria definisce il sagrato sottostante come fulcro esterno dal quale si snodano i porticati scanditi dalla successione delle colonne in mattoni faccia a vista. L’edificio, posto ai confini dell’abitato e affacciato sulla strada provinciale Desio-Bovisio, si erge sull’intorno con una sua esuberante espressività, quasi a voler imporre un carattere antidomestico della dimensione collettiva, in contrapposizione ad un consolatorio paesaggio privatizzato circostante. Più recentemente il processo di decentramento delle sedi universitarie milanesi ha iniziato a coinvolgere anche il territorio brianzolo. Il carattere provvisorio della nuova sede per la Facoltà di Medicina e Chirurgia a Monza (via Cadore), realizzato nel 2000 su progetto di Remo Dorigati in prossimità dell’Ospedale San Gerardo, isolato in mezzo ai campi e ancora privo di servizi, rivestito in pannelli

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Luisa Toeschi


Roberto Gabetti e Aimaro Isola, parrocchiale di San Giovanni Battista, Desio, 1994. Guido Canella e Michele Achilli, ampliamento del municipio, Limbiate, 2004.

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prefabbricati e sormontato dagli impianti tecnologici lasciati a vista, esprime l’estraneità della funzione universitaria nei confronti del contesto. Infine, la necessità di ampliare e adeguare funzionalmente le sedi municipali ha portato i comuni a promuovere nuovi progetti su tutto il territorio. Nel 2004 è stato inaugurato l’Ampliamento del municipio di Limbiate (via Monte Bianco) chiaramente riconoscibile come addizione separata dall’edificio preesistente. Guido Canella e Michele Achilli hanno concepito un volume compatto a pianta ellittica rivestito in mattoni paramano, sorretto da un sistema porticato di colonne inclinate e sormontato da una gronda aerea perimetrale. Un ampio invaso centrale a tutt’altezza, illuminato da una cupola vetrata, distribuisce le differenti funzioni presenti ai diversi livelli e sottolinea il carattere collettivo dell’edificio. F. Redaelli

Pavia a cura di Vittorio Prina

Architettura moderna a “Zonzo” (1) Ho una grande passione per gli itinerari di architettura, in particolar modo di architettura moderna e contemporanea. L’itinerario penso debba guidare, prendere per mano e accompagnare, raccontare. È un esercizio di estrema sintesi per ottenere un oggetto di piccole dimensioni che può essere infilato in tasca: deve guidare nel territorio secondo un percorso logico o permettere ad ognuno di costruire il proprio con un breve testo introduttivo e una planimetria che individua la posizione delle architetture, deve permettere con una immagine il riconoscimento dell’opera la cui storia è riassunta in poche righe, magari accompagnata da un piccolo disegno che permetta al viaggiatore di orientarsi nella scoperta architettonica. Penso che una delle emozioni più intense in architettura sia, dopo averla studiata e immaginata su di un libro o rivista, l’incontro reale con l’opera che si svela ai nostri occhi;

si comprendono alcuni elementi o relazioni sulla carta a volte oscuri o apparentemente immotivati; la si legge assieme al contesto, si percepiscono finalmente le dimensioni reali e le caratteristiche spaziali, si vedono per la prima volta alcuni dettagli e soprattutto le parti secondarie, più nascoste, forse meno interessanti ai fini di una pubblicazione, ma assolutamente imperdibili per l’appassionato o lo studioso. Prima di ogni viaggio di studio mi preparo, se già non ne esistono, diversi itinerari divisi per progettisti, per tipologia dell’edificio o altro; appena giunto a destinazione cerco subito in libreria qualche guida di architettura moderna della città che mi permette scoperte inaspettate. Già molti anni or sono nelle nazioni estere se ne potevano trovare numerose: in Olanda ad esempio mi capitò di trovare in ogni piccola città o paese una guida dedicata. Da questo momento in poi subentra la casualità che a volte fortunatamente interrompe l’itinerario previsto e ci devia verso percorsi non previsti secondo l’istinto, la curiosità, l’interesse per edifici o luoghi inaspettati. A volte capita di vagare senza itinerari e senza meta in luoghi sconosciuti lasciandosi accompagnare non solo dall’architettura, ma da sensazioni, persone, fantasie, profumi e, quando meno lo si aspetta, s’incontrano luoghi bellissimi dei quali ci ricorderemo magari per tutta la vita; ma questa è un’altra storia.Ho pubblicato molti itinerari. Alcuni per “Domus” che nel 1986 ha ripreso la pubblicazione degli itinerari di architettura: Le Corbusier e Parigi, Albini e Milano, Architettura Moderna e Genova, Bruno Taut e Berlino: ognuno legato a viaggi desiderati, costruiti e realizzati, a ricordi intensi ed a scoperte sempre interessanti. Ho scoperto ad esempio molte opere compromesse da pesanti e irrispettose modifiche, prima fra tutte la libreria “Baldini e Castoldi” individuata, parzialmente celata da rivestimenti vari dai quali spuntavano le passerelle sospese e i cavi di acciaio, nella libreria “Remainders” in Galleria Milano; a Vaucresson (Parigi), dopo un lungo errare, ho riconosciuto a fatica il prisma puro della villa Besnos devastato da tetto a falde, comignoli, balconcini e accerchiato dalle più disparate botteghe e superfetazioni; sempre nella banlieu parigina presso La CelleSaint-Cloud la deliziosa casa per week-end era tristemente trasformata con tanto di grate arcuate in ferro battuto alle finestre. Emozionanti sono stati la scoperta sia dell’asilo galleggiante ancora ormeggiato nei pressi del Pont d’Austerlitz che della piccola casa popolare, tra i muri diroccati di un giardino nascosto, che pensavo demolita (entrambe per l’Esercito della Salvezza); l’inaspettato e casuale incontro con monsieur Jaoul (figlio) che, prima di correre all’aeroporto, ha acconsentito ad una visita dell’interno splendidamente conservato; la colazione offerta all’ora di pranzo di un primo gennaio, all’interno dell’alloggio minore della casa Plainex, dall’assonnato proprietario mentre l’anziana madame Plainex che occhieggiava nascosta dietro la tenda di una finestra del suo appartamento si guardava bene dall’aprire… Un’ulteriore passione è la ricerca di architetture minori del Movimento Moderno, a volte sconosciute o non pubblicate. Già all’inizio degli anni Novanta ho iniziato questa ricerca, relativa alla provincia pavese, che ho pubblicato per


Giuseppe Pagano Pogatschnig, progetto preliminare per l’Idroscalo della Società Italiana Servizi Aerei, Pavia, 1925-26.

di conoscere ed apprezzare opere che determinano una sorta di “qualità diffusa” e che in futuro si auspica vengano rispettate e riportate alla loro dignità architettonica. V. P. Note: 1. L’immaginaria città di “Zonzo” è il tema di un capitolo di Francesco Careri in Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 2. V. Prina, Pavia Moderna Architettura moderna in Pavia e Provincia 1925-1980, Edizioni Cardano, Pavia, 2003.

Sondrio a cura di Marco Ghilotti ed Enrico Scaramellini

Caccia Dominioni in Valtellina e nei Grigioni Dotate di una forte riconoscibilità le architetture di Luigi Caccia Dominioni lasciano un segno potente in Valtellina disponendosi quali efficaci testimonianze di una riuscita relazione tra modernità e tradizione in una costante oscillazione tra i volumi plasmati sul movimento e su una visione dinamica dello spazio e la naturale ricerca di un’appartenenza al luogo ottenuta attraverso il raffinato utilizzo della tradizione costruttiva locale. Tra i numerosi interventi residenziali e le grandi opere pubbliche realizzate in provincia di Sondrio e nei vicini Grigioni dall’architetto milanese, l’itinerario suggerisce tre opere significative: la Biblioteca Vanoni a Morbegno del 1965-66; il Monastero di santa Maria Presentata a Poschiavo (Svizzera) del 1969-72 e la Chiesa di san Giuseppe ai Prati Grassi a Morbegno del 1988-1993. La Biblioteca Vanoni a Morbegno sorge sulla sinistra orografica del torrente Bitto al limite del centro storico di Morbegno. La particolare morfologia del luogo ha ispirato il progetto della biblioteca, caratterizzata da una grande volume cilindrico (dal diametro di 6 m.) che, come una torre del sapere, custodisce al suo interno i volumi disposti lungo una scala a chiocciola. Un identico volume circolare, ma di dimensioni inferiori, si affianca al precedente ospitando al proprio interno la scala di accesso ai depositi librari interrati. Una grande finestra panoramica definisce il fronte verso il giardino dell’ampia sala di lettura circolare al piano terreno; quattro sottili fessure verticali nella vicina parte perimetrale della sala modulano la luce proveniente da sud. L’edificio deve il suo aspetto turrito, quasi fosse una fortezza, ai sassi levigati che caratterizzano i suoi fronti.

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frammenti, proprio sulle pagine di “AL”. Molte le opere inedite dei maestri: Wolfgang Frankl e Mario Ridolfi, i BBPR, Luciano Baldessari. Carlo Mollino con il padre Eugenio, Ignazio Gardella, Alvar Aalto, Asnago e Vender, Giovanni Muzio, Giuseppe Pagano… Mi sono dedicato in seguito a progettisti locali meno noti; è veramente divertente cercare affinità e spesso complesse relazioni metodologiche o di linguaggio con i progetti dei maestri dell’epoca: Carlo Alberto, Giovanni Rota, Bruno Ravasi, Eliseo Mocchi, Carlo Morandotti, Ottavio Bonomi, Gaetano Ciocca ed altri. Ho ricomposto questi frammenti del puzzle, uniti ad altre scoperte, nel 2003 nel libro che raccoglie i migliori progetti e realizzazioni in Pavia e provincia dal 1925 al 1980 (2). Seguo in genere due possibili metodi di ricerca: banalmente scorro i regesti delle opere di ogni monografia e poi cerco di individuare (molto spesso con difficoltà, sia per la scarsità di informazioni che per le trasformazioni avvenute) l’edificio nel territorio; oppure vago senza meta precisa, meglio se in motocicletta, tra i paesi della provincia e mi fermo quando sono colpito da un edificio mai visto che desta il mio interesse. Da quel momento inizia una vera e propria sfida, nel tentativo di individuare il progettista basandomi su impressioni relative ai caratteri stilistici ed al linguaggio. In entrambe i casi una delle esperienze umanamente più coinvolgenti è costituita da richieste di informazioni a persone incontrate sul posto. Spesso i più informati e partecipi sono gli anziani quasi sempre seduti a gruppetti attorno ai tavolini di un bar mentre osservano la vita che scorre: sono depositari di una importante “memoria storica”, si consultano tra loro, discutono, pescano in ricordi lontani che non riguardano solo l’architettura, ma episodi e personaggi dell’epoca, fornendomi indicazioni preziose non solo per la ricerca architettonica. A Pavia ho dedicato anche itinerari “anomali”, decisamente contemporanei nonostante non descrivano architettura moderna: un Leopold Pollach “minore”, ma per nulla secondario, ha tessuto una fitta trama di interventi di riqualificazione estesa a scala urbana (molto tempo prima di una concezione unitaria della città), relativa ad edifici pubblici in genere requisiti al clero e destinati con scarsi mezzi economici e sapienti interventi a collegi, orfanotrofi o case di lavoro. Una serie di vedute incise nel Settecento delineano una città virtuale caratterizzata da alcuni scorci urbani esistenti che mostrano importanti edifici non ancora realizzati all’epoca dell’incisione (alcuni mai realizzati): una sorta di città del futuro concettualmente simile ai montaggi computerizzati di progetti non ancora compiuti inseriti da Wim Wenders nelle sequenze di Fino alla fine del mondo. I racconti dei viaggiatori che nei secoli sono passati da Pavia compongono un itinerario che descrive i luoghi con commenti deformati da influenze politiche e sociali, da “leggende metropolitane” e “luoghi comuni” dell’epoca, similmente a quanto ancora oggi accade. Fortunatamente sono sempre più numerose le pubblicazioni e le iniziative relative all’architettura moderna nelle singole province: spero che questo permetta, sia agli architetti che ad un pubblico più vasto,


Luigi Caccia Dominioni, Chiesa di san Giuseppe a Morbegno.

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Il Monastero delle suore agostiniane di Poschiavo, realizzato alla fine degli anni Sessanta, sorge poco sopra il fondovalle su un terreno accidentato adagiando verso il sole il proprio impianto ad “U”. Protetto dall’edificio e volto a sud, il percorso coperto chiuso da vetrate al piano terra, segna la fascia basamentale dell’impianto. Sul fronte est sorge il piccolo cimitero definito da un muro circolare in pietra. La pavimentazione interna di tutto l’edificio è caratterizzata da un disegno dell’artista Francesco Somaini, che trova simbolica conclusione nel nucleo centrale di tutto il complesso: la suggestiva piccola cappella. La Chiesa di san Giuseppe ai Prati Grassi a Morbegno, così come l’adiacente complesso residenziale, risalgono alla fine degli anni Ottanta. La chiesa, costruita ai margini della città, è realizzata interamente in pannelli prefabbricati, disegnati appositamente per questo progetto e rivestiti con ghiaietto ricavato dallo scavo. Il movimento delle persone è la matrice planimetrica del progetto. La linea curva si materializza in senso costruttivo divenendo setto, parete, quinta e l’andamento fluido di questo sinuoso tracciato converge ai poli liturgici dello spazio sacro dove la luce, principale materia dell’architettura, sembra svelare il divino. M. G.

Intervista a Luigi Caccia Dominioni Ci racconta come nasce un suo progetto? Quando affronto un progetto, inizio sempre da uno studio approfondito della pianta, modifico la forma di un ingresso, traccio un percorso lungo il quale si articolerà il corridoio di accesso ai locali e ai servizi. Riduco i collegamenti strettamente funzionali ed estendo i percorsi di rappresentanza che spesso diventano il tracciato di riferimento del progetto. Guardando il modo di muoversi delle persone organizzo le forme della casa. Opero poi prestando molta attenzione al conteso entro il quale andrà a collocarsi l’edificio sul quale sto lavorando, ricerco la forma più adatta alle condizioni dell’intorno. Dimensiono e posiziono le aperture della casa cercando di individuare scorci particolari sul paesaggio naturale e sulla città. Le finestre danno luce e vita agli ambienti, influenzano il loro uso e per questo la loro posizione è importante. Così nasce una pianta che è più adeguata alle esigenze della persona, alle sue richieste. Anche l’oggetto nasce dalla pianta. I tavoli, le sedie, i mobili che ho disegnato nascono così per arredare e completare gli edifici che progetto, in coerenza con l’attenzione posta nei confronti della vivibilità degli spazi. Mi è capitato a volte, dovendo risolvere problemi di arredo, di inventare dei mobili. Un letto particolare per risolvere un problema di spazio, un tavolo ovale per sfruttare al meglio l’andamento curvilineo di una parete, ancora una volta, anche il design degli oggetti è indissolubilmente legato alla pianta.

Ci sono progetti dove le capita di non progettare la pianta? Si, sono i grandi supermercati. In quel caso, come nell’edificio commerciale di via Rubattino a Milano, la pianta è già definita e il mio lavoro si concentra quindi sul progetto della “carrozzeria” dell’involucro. C’è un oggetto che ha progettato al quale è particolarmente legato? Non in particolare. Anche se prediligo gli oggetti realizzati in ferro cromato, tra questi il “divano fasce cromate” in cui questo materiale è stato utilizzato nel modo più semplice, più naturale e quindi più giusto. Il piatto di ferro racchiude i cuscini in modo essenziale, le parti in metallo sono unite con brugole lasciate a vista e la piega delle parti terminali della struttura cerca di ingentilirne il carattere. Un buon prodotto di design è un oggetto che assolve alla funzione per il quale è stato pensato ed utilizza in modo corretto il materiale con il quale è stato realizzato. La maniglia “Melanzana” ad esempio, prodotta da Azucena, nasce dal ridisegno delle maniglie per comò e si ispira alle forme tondeggianti che ben si adattano alla presa della mano; la maniglia San Babila, prodotta da Olivari, utilizza un cilindro puro in metallo come impugnatura, il nastro di raccordo a elica suggerisce il movimento di apertura. I prodotti di design devono essere pensati per gli spazi entro i quali dovranno essere inseriti, a partire dal modo in cui l’uomo si muove. Insisto sul tavolo ovale perché questa è la forma più naturale, se due persone come noi devono parlarsi seduti a un tavolo sui lati perpendicolari inevitabilmente devono ruotare il busto assumendo una posizione scomoda; in un tavolo ovale questo non avviene. Ritorno ancora una volta alla pianta, alle esigenze della persona, ai movimenti dell’uomo. Quest’ultimo si muove essenzialmente per linee curve, che ricordano la sinuosità dei corsi d’acqua e questa forma propria del movimento umano è matrice della forma architettonica. M. G. Milano, piazza Sant’Ambrogio, 7 febbraio 2006

Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni

Progresso indifferente La promozione del “moderno” nel paesaggio varesino non ha avuto entusiastici consensi, ma timidi e cauti riscontri da enti e istituzioni, più volte sollecitati da uno sparuto gruppo di estimatori. Se alla stagione del Liberty si sono rivolte (giustamente) grandi risorse, economiche e intellettuali, sulla suc-


Maurizio Sacripanti e ing. Giuseppe Noris, Museo di Maccagno (1979).

di Varese. Poi si prosegue con Ernesto Griffini, Vito e Luigi Latis, sino a raggiungere Agra dove Carlo Mollino collocò la “Casa sull’altopiano” nel 1953. Rinasce la stagione delle ville progettate da Pietro e Pier Carlo Lingeri, Luigi Caccia Dominioni, lo studio Albini-Helg-Piva, lo studio AchilliBrigidini-Canella, Vico Magistretti, Asnago e Vender. Poco più tardi, negli anni ’60, approdò in provincia anche Ignazio Gardella per realizzate a Varese la sede della Banca d’Italia (1962) e il palazzo degli Uffici Finanziari (1965). Negli anni ’70 arrivò a Fagnano Olona persino Aldo Rossi (agli inizi della sua grande produzione) per il progetto della Scuola elementare. Nel 1979 Maurizio Sacripanti vinceva, con l’ing. Noris, il concorso per il Museo di Maccagno. Purtroppo non lo vide finito, come la maggior parte dei suoi progetti. Questo elenco di opere e di progettisti rimane, come dicevo, un insieme di episodi isolati nel tempo e nello spazio, emblematici per la loro unicità, quasi meteore “adottate” dall’ambiente e inosservate dagli abitanti. Le vicende legate all’avventura del “moderno” continuano sia nella ricerca storica sia nella limitata produzione architettonica, impegnata, nonostante tutto, nell’innovazione e nella trasformazione di una cultura dalle solide radici. Il reperimento di manufatti e l’indagine dei documenti sulle opere che si rifanno al Movimento Moderno è ancora in atto per merito di studiosi, ricercatori e studenti. Uno strumento certamente utile per questa impresa o, semplicemente, per disegnare un possibile percorso immediatamente “percorribile”, è costituito dall’insieme di ricerche già pubblicate e riferite alla Provincia di Varese. Tra queste, più fruibili per il taglio antologico o per sistematica di argomenti, vorrei ricordare: La fabbrica ritrovata, Archeologia industriale nella Valle dell’Olona, catalogo della mostra, a cura di R. Castelli, B. Cuccuru, L. Pagani, L. Tedeschi, iniziativa dell’Università Popolare di Varese, 1989; L. Crespi e A. Del Corso, Un secolo di architettura a Varese, edifici del Novecento a Varese e in Provincia, Alinea, Firenze, 1990; A. Alpago Novello ed altri, Varese 1926-1940, l’apoteosi della Provincia, Ferrari, Bergamo, 1992; Polis, Koine, Milano, anno II n. 9, Varese (monografia); Polis, ed. Koine, Milano, anno III n. 11, Provincia di Varese (monografia). L’idea di un “Ecomuseo dei laghi prealpini” sul territorio varesino (supportato magari in parallelo da osservatori su comparti omogenei) potrebbe indurre, con ipotesi di intrecci tematici, ad azzardare degli itinerari percorribili e promuovere una didattica finalmente utile al miglioramento della domanda di architettura. L’educazione della committenza al diritto a un’architettura di qualità non può prescindere dalla conoscenza dei processi di produzione dell’architettura e dalla decodifica delle ragioni del progetto, certamente anche con l’osservazione mirata e critica del paesaggio. All’architetto è necessario, ora più che mai, che la committenza ponga domande “pertinenti” per ottenere risposte culturalmente ed eticamente corrette. Angelo Del Corso

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cessiva architettura l’attenzione e l’indagine è stata favorita, e spesso realizzata, con le risorse degli stessi promotori e l’esiguo apporto delle istituzioni. La conoscenza e l’indagine critica della produzione architettonica del “moderno” è nella quasi totalità contenuta nei testi di alcune pubblicazioni, considerate come reperti da collezionista. Questo atteggiamento distaccato ha radici lontane, le stesse che accettarono solo come fatto episodico l’innesto di quelle opere, spesso volute e disegnate da milanesi, sul territorio varesino. L’architettura necessita, per realizzarsi e costituire paesaggio consolidato, di legami colti tra committente, progettista e istituzione: questi tre attori, di concerto, possono determinare il progresso o il declino del territorio. “L’architettura della città è sempre in qualche modo, l’architettura delle classi al potere e realizza determinati tipi di interessi” (Aldo Rossi, L’analisi e la progettazione architettonica, Clup, Milano, 1970). Dopo le modificazioni proposte dalla Società Grandi Alberghi Varesini con i progetti del Sommaruga (190812), i quartieri IACP di Flumiani, il Palazzo Littorio (1933) e piazza Monte Grappa (1934-39) di Loreti a Varese, gli interventi di Gambini a Busto Arsizio negli anni Venti ed i molti interventi di carattere industriale distribuiti lungo i nuovi tracciati ferroviari o il consolidato corso dell’Olona, la produzione del dopo-guerra non ha visto altrettanta sensibilità e volontà di progresso. L’INA Casa negli anni ’50 affidò i progetti per i nuovi insediamenti residenziali nel varesotto a progettisti di prestigio, comunque già referenti dell’Ente in Lombardia: Magnaghi e Terzaghi realizzarono a Cassano Magnago, Fagnano Olona, Gallarate, Sesto Calende, Malnate, Laveno; mentre Magistretti lavorava su Somma Lombardo e lo studio BBPR progettava il quartiere Moriggia a Gallarate. Nella stessa fascia sud della Provincia riuscirono, nei decenni successivi, ad imporsi professionisti autoctoni quali Enrico Castiglioni, Vittorio Introini e Carlo Moretti. Ben più avara di curiosità e di innovazione è stata la committenza delle zone nord verso i progettisti locali; poche sono le realizzazioni apprezzabili di Luigi Vermi, Benigno Cuccuru e Carlo Segre. Qualche opportunità in più è stata concessa a Luciano Brunella, pur nella sua troppo breve vita. Risulta altresì innegabile, in modo particolare nella storia recente, che maggiore è la distanza da Milano e minore è, in generale, la bellezza dell’architettura realizzata, dovuta alla marginale domanda di qualità e alla maggiore richiesta di rappresentatività espressa da un linguaggio omologato, ammiccante quello già largamente realizzato (e comunemente accettato) dalla classe più elevata. Sono comunque presenti in Provincia, quasi orpelli preziosi su una trama priva di ordito, edifici progettati dalle “eccellenze” milanesi, e non varesine, di levatura nazionale ed internazionale. Piacentini realizzò ad Induno Olona, intorno agli anni ’40, una villa, mentre Muzio progettava la Chiesa ed il convento di san Antonio alla Brunella di Varese. Figini e Pollini, nello stesso periodo, erigevano una villa a Cartabbia, a sud


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Milano, riapre l’Acquario civico Il 1° aprile scorso, dopo tre anni di chiusura, si è riaperto l’Acquario di viale Gadio a Milano, un piccolo edificio Liberty eretto esattamente un secolo fa, nel

ti del primo piano aperti al pubblico, è stato realizzato un percorso longitudinale che, dal piano terra, conduce al terrazzo esterno e, attraverso un giardino d’inverno, all’auditorium. Il sistema espositivo delle vasche che racconta il ciclo dell’acqua, dai monti al mare, e che si avvale di un apparato di acquariologia all’avanguardia è stato realizzato con soluzioni tecnologiche e formali innovative e di rilevante impatto percettivo. L’Acquario civico si trova in viale Gadio 2, nel Parco Sempione e può essere visitato gratuitamente tutti i giorni, da martedì a domenica dalle 9,30 alle 13 e dalle 14 alle 17,30.

Un censimento per l’architettura contemporanea 1906, in occasione dell’Esposizione internazionale di Milano per festeggiare l’apertura del traforo del Sempione. Si tratta del primo acquario in Europa realizzato in un luogo lontano dal mare. Danneggiato dai bombardamenti durante la guerra, viene riaperto al pubblico nel 1963 e rimane attivo fino al 2003, anno in cui si decide di restaurarlo. Il progetto viene affidato agli architetti Piero De Amicis e Luigi Maria Guffanti, con il coordinamento scientifico del dott. Mauro Mariani. La complessità dell’intervento progettuale è consistita nel rendere compatibili, in un’ipotesi di soluzione unitaria, tre ambiti problematici diversi: l’insieme dei requisiti tecnico-scientifici per una nuova concezione dell’Acquario come sede sia espositiva che di ricerca idro-biologica, l’entità fisica dell’edificio, vincolato per la sua rilevanza architettonica e storica, e il quadro finanziario deliberato dall’Amministrazione comunale che fissava limiti economici inderogabili. Si è scelto, in quest’ottica, di utilizzare al massimo lo spazio interno dell’edificio, riorganizzandolo secondo aree funzionali omogenee, acquisendo, al piano interrato, le aree non cantinate e soppalcando al primo piano, dove possibile, tutti i locali. Per utilizzare al meglio gli ambien-

Nel quadro delle attività promosse dalla Legge Regionale 16 del 2002 per la valorizzazione dell’architettura contemporanea, la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, assessorato programmazione e sviluppo territoriale e l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali, ha organizzato, nell’ottobre del 2005, una mostra dedicata al tema dell’architettura contemporanea in Emilia-Romagna. Una commissione scientifica formata da docenti delle università di Bologna e Ferrara, ha catalogato gli edifici di rilevante qualità architettonica realizzati fra il 1945 e il 2000 nella Regione. I risultati di questa ricerca, condotta anche attraverso specifiche campagne fotografiche realizzate dall’Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali, sono stati resi pubblici tramite la mostra curata da Mario Lupano e Piero Orlandi, il cui obiettivo è stato quello di promuovere, presso il grande pubblico, la conoscenza dell’architettura contemporanea. I curatori, in questa occasione, hanno scelto di mostrare fotografie, video, disegni – provenienti da archivi –, progetti e plastici relativi a circa 200 edifici fra quelli censiti. In particolare sono state esposte le opere di alcuni dei maggiori archi-

tetti moderni e contemporanei del panorama italiano che hanno lavorato nella Regione – Franco Albini, Piero Bottoni, Melchiorre Bega, Giovanni Michelucci, Mario Pucci, Aldo Rossi, Carlo Scarpa, Gio Ponti, Giuseppe Vaccaro, Vittoriano Viganò – e le letture fotografiche di Luigi Ghirri, Paolo Monti Gabriele Basilico, Nunzio Battaglia, Michele Buda, Alessandra Chemollo, Paola De Pietri, Riccardo Vlahov, Giovanni Zaffagnini. Parallelamente alla mostra è stato pubblicato, a cura di Maristella Casciato e Piero Orlandi, il volume Quale e Quanta. Architettura in EmiliaRomagna nel secondo Novecento, edizioni Clueb, Bologna, che raccoglie il censimento completo. L’elenco delle architetture, costituito di edifici pubblici e privati, e di tutto ciò che contribuisce alla costruzione dell’immagine della città, è stato redatto sia su base bibliografica che mediante indagini dirette presso gli Uffici tecnici degli Enti locali, e coordinato dalla stessa Commissione scientifica utilizzata per l’organizzazione della mostra. Martina Landsberger —————-

Senz’acqua Il 40% della popolazione mondiale soffre di carenze idriche. 5000 bambini muoiono ogni giorno per malattie derivate dall’acqua contaminata. Più di un 1,4 miliardi di persone al mondo non hanno accesso all’acqua potabile. L’acqua e l’aria sono la principale fonte di vita, pertanto dovrebbero essere di tutti, non proprietà o privilegio di qualcuno. Non è così: il diritto alla vita è negato a centinaia di milioni di esseri umani. L’acqua oggi è solo un bisogno, ma deve diventare

un diritto, inscritto nelle carte costituzionali di tutti i paesi. Questo monito espresso dalla vedova Mitterand, impegnata in un importante campagna di sensibilizzazione sull’acqua, emerge nelle ragioni della mostra H20 nuovi scenari della sopravvivenza, organizzata a Milano dallo Studio Marcatti & Associati negli spazi di Emporio 31 (v Tortona 31), in concomitanza con l’ultima edizione del Salone del mobile. L’iniziativa no profit, realizzata senza sovvenzioni nè sponsor, ha chiamato a testimoniare la “cultura del progetto”; architetti, designer e grafici, con una tavola da disegno di 70 cm per 100 cm, hanno offerto il loro contributo al problema, chi con proposte di soluzione specifiche, chi con immagini poetiche o simboliche. In entrambi i casi si è trattato di “reagire in modo creativo”. Facendo. In esposizione 40 tavole realizzate con l’intervento di 75 professionisti, che hanno lavorato all’insegna della gratuità e solidarietà. Il fine della mostra (che sarà itinerante e raccoglierà nuovi contributi dalle diverse città e Paesi in cui sarà presente) è quello di sensibilizzare e coinvolgere. Allargare l’attenzione e la partecipazione su un problema che è cruciale per il destino dell’umanità. Irina Casali


Un percorso parallelo e complementare a quello della mostra allestita al Castello Sforzesco (Il Codice di Leonardo dal 24 marzo al 21 maggio) si snoda lungo via Dante e via Mercanti, coinvolgendo i passanti in un viaggio alla scoperta del genio di Vinci.

Due i temi principali affrontati da un centinaio di pannelli che guidano alla conoscenza del Maestro e della sua attività milanese: “Il Codice Svelato” e “I Navigli di Leonardo”. Il primo illustra i segreti nascosti nei suoi codici, ponendo l’accento sui suoi rapporti con la città: i progetti per Milano, la realizzazione del Cenacolo, il disegno di una città ideale per Ludovico il Moro. Il secondo tema raccontanta, attraverso disegni, dipinti e fotografie, il rapporto del Maestro con le vie d’acqua. Giunto a Milano nel 1482, restò affascinato dal sistema medioevale dei Navigli, tanto da annotare i vari corsi d’acqua (tra cui il Naviglio della Martesana da poco ultimato), le opere realizzate e le sue proposte di miglioramento per le conche. Studiò il comportamento delle acque, immaginò ponti mobili e una giardino di delizie con fontane e giochi d’acqua, per primo studiò i laghi della Brianza e un nuovo canale per rendere l’Adda navigabile. L’affascinante percorso, illuminato anche di sera, è frutto della collaborazione fra il Museo della Scienza e della Tecnologia e l’Associazione Amici dei Navigli. Ricco di citazioni, testi e immagini riporta il passante attento e curioso nel clima della Milano rinascimentale. Anna Ramoni

Il festival del paesaggio a Pavia Tra 25 marzo e 2 aprile 2006 il settore Cultura del Comune di Pavia, nell’ambito del programma Pavia, Città internazionale dei saperi, con la cura scientifica di Luisa Bonesio, ha organizzato il festival del paesaggio: L’anima dei luoghi. Tra visite guidate, navigazioni in battello, laboratori per bambini, workshop di cinema, eventi gastronomici e presentazioni di libri, sono state organizzate alcune importanti occasioni di riflessione sul paesaggio pavese. • Mostre al Castello visconteo: Lungo il fiume, mostra cartografica; Calvino e le sue radici, mostra documentaria; Riflessi sull’acqua, mostra documentario-iconografica. • Videoinstallazione critica in piazza della Vittoria: Immagini di arredo urbano pavese, a cura di Luca Micotti e Lorenza Aprici. • Convegni: 25/3 Un territorio in Partenza: viaggio da Pavia al Mare per il recupero del paesaggio (sono intervenuti: Giovanni Iannelli, Aurora Scotti, Francesco Puma, Carlo Cacciamani, Luigi Mille, Marco Dezzi Bardeschi, Graziella Sibra); 28/3 Progettare il paesaggio: come la politica disegna il territorio (sono intervenuti: Fabio Granata, Emilia Benfante, Milena Bertani, Silvana Borutti, Giuseppina Balzamo, Franco Sacchi); 29/3 Paesaggi in prospettiva (a cura di Luisa Bonesio, sono intervenuti: Maurizio Vitta, Claudia Pasqualini Salsa, Luigi Zanzi, Alberto Magnaghi, Massimo Quaini, Annalisa Maniglio Calcagno, ha

coordinato Luigi Russo); 31/3 Paesaggio urbano pavese: identità fluviale, identità fluida (a cura di Luca Micotti, sono intervenuti: Vittorio Prina, Remo Dorigati, Alessandro Rocca); 1/4 L’“Abitare” e la grazia. Nuovi percorsi tra Bellezza, Tecnica, Agricoltu-

ra (a cura di Luciano Valle, sono intervenuti: Paolo Lassini, Gabriele Corti, Maurizio Boriani, Agnese Visconti). • Laboratori: 28/3 Giardinamente. Il Giardino dei Sensi, a cura di Franca Bottaro; 30/3 Filosofia del camminare. Laboratorio itinerante con momenti di raccoglimento per scrittura diaristica, a cura di Duccio Demetrio. • Conversazione conclusiva, 2/4 aula magna dell’Università: L’anima dei luoghi con James Hillman.

Progettazione del paesaggio L’AIAPP – Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio è l’ente cui fanno riferimento molti professionisti attivi nel campo della paesaggistica. L’Associazione, affiliata all’IFLA (International Federation of Landscape Architects e all’EFLA, European Foundation for Landscape Architecture), è impegnata a promuovere la cultura del paesaggio, la tutela, la conservazione e il miglioramento della qualità ambientale del nostro paese. Una delle iniziative dell’AIAPP, gestite da anni con successo, è quella dei “Giovedì verdi”, cicli di conferenze sul paesaggio organizzate al Museo di Storia Naturale di Milano. Dopo le scorse dieci edizioni che hanno visto la presenza di noti paesaggisti internazionali, tra cui Peter Latz, Kathryn Gustafson, Martha Schwartz, Bet Figueras, Henri Bava, Michel Corajoud, Christophe Girot, quest’anno la nuova serie di incontri è dedicata al tema del “Paesaggio progettato”. Quattro famosi paesaggisti presentano le loro esperienze e la loro teoria sulla progettazione del paesaggio. Il primo relatore è stato Paolo Burgi, svizzero, che ha presentato i suoi progetti caratterizzati da minimalismo e poesia, dall’arte unita alla tecnologia. Una delle sue realizzazioni più recenti ha interessato il comprensorio di Cardada, vicino a Locarno (vedi foto), dove il progettista ha effettuato una serie di interventi, dando un notevole contributo alla comprensione del paesaggio e del territorio

montano e del Lago Maggiore, con la costruzione della Piazza d’arrivo della funivia, dell’Osservatorio Geologico, del Sentiero Ludico e del Promontorio Paesaggistico. La seconda conferenza è stata tenuta da Alain Provost, uno dei più importanti architetti francesi del paesaggio, il cui lavoro include rilevanti progetti come quelli per Courneuve Park, per l’Eurotunnel a Calais, il Technocentre Renault a Guyancourt, la ricostruzione dei giardini del castello di Villarceaux, e il Thames Barrier Park a Londra. Charles Jencks, architetto di fama mondiale, autore di numerose pubblicazioni sulla teoria dell’architettura e sul paesaggio, ha presentato il suo “Giardino della speculazione cosmica”. Quest’opera ha interessato una tenuta a Portrack, nelle Lowlands scozzesi, dove ponti,

stagni e siepi sono stati pensati e pianificati come espressione e corrispondenza di forme cosmiche, onde e frattali, che descrivono la struttura dell’universo, secondo un’idea della realizzazione del paesaggio che coinvolge la concezione stessa dell’universo e della scienza. Chiude gli incontri del giovedì l’esposizione di Fernando Caruncho, filosofo e giardiniere. Per l’artista spagnolo, che non ama la definizione di paesaggista, tre sono gli elementi fondamentali: l’acqua, la luce e la geometria. I suoi paesaggi sono intrisi di poesia e concepiti per apportare pace e serenità. Le sue opere più recenti sono state realizzate a Madrid, sulla Costa Brava e a Gerona, in Catalogna. Manuela Oglialoro

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Leonardo svelato


a cura di Roberto Gamba

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Area ex Ansaldo a Milano settembre – ottobre 2005 Questo concorso ad inviti è stato bandito dalla Pirelli RE e dalla Morgan Stanley RE Funds, raggruppamento proprietario dei terreni nell’area ex Ansaldo a Milano, in viale Sarca. Lo spazio è occupato da capannoni di 60 mila mq posto a ridosso della Bicocca Village – l’Entertainment Centre. Si è trattato di ridefinire l’immagine e la funzione dell’area, per le destinazioni d’uso industriale e commerciale. Il bando prevede la realizzazione su un primo lotto di oltre 52.000 mq di un edificio uso uffici, mentre sui restanti circa 8.000 mq di slp saranno distribuite funzioni compatibili, prevalentemente ad uso commerciale. È prevista inoltre la realizzazione di 17.007 mq di parcheggi prevalentemente interrati. L’avvio dei lavori è previsto nella seconda parte del 2006; il valore del complesso immobiliare,

una volta ultimato, sarà di circa 200 milioni di euro. Erano stati invitati a partecipare 10 gruppi: von Gerkan, Marg und Partner; Maurizio Varratta; Exposure Arch.; MCA Integrated Design; Metrogramma, 5+1, Lissoni Ass., Giampiero Peia Ass., Sebastiano Brandolini, Milanoprogetti, MS Ing., Ezio Micelli; CMR; Beniamino Servino con G. Ambrosio, G. Del Giudice, A. Di Virgilio, L. Molinari, AI Eng., AI Studio Ass. (S. Cremo, O. Berta); Cino Zucchi Arch. Sono stati proclamati vincitori ex aequo lo studio Archea e Michael Maltzan, che successivamente sono stati invitati a collaborare per dare forma ad una terza definitiva soluzione. L’ente banditore ha indicato l’attenzione al criterio della sostenibilità ambientale, metro imprescindibile nella valutazione dei progetti.

1° classificato ex aequo (foto 1- 3) Archea Associati (Firenze): Laura Andreini, Marco Casamonti, Silvia Fabi, Gianna Parisse, Giovanni Polazzi

Nel secondo che ha una superficie di circa 7.000 mq si prevede la realizzazione di una struttura composta da un insieme di edifici a forma cilindrica ed un edificio parallelepipedo di testa che chiude lo spazio, con all’interno gli spazi commerciali. I materiali previsti eco-compatibili sono blocchi in laterizio porizzato con farina di legno, malta di calce e calcestruzzo con argilla espansa. Le facciate esterne dell’edificio sono realizzate da una doppia pelle costituita internamente da serramenti vetrati ed esternamente da una schermatura in vetri trasparenti.

Il progetto è concepito come un dialogo tra i due lotti, alternando pieni e vuoti, concavi e convessi. Nel primo si prevede la realizzazione di un edificio uso uffici costituito da un piano interrato ad uso parcheggi e sette piani fuori terra. L’immobile è un parallelepipedo con dei vuoti di forma cilindrica all’interno dei quali sono localizzate delle piccole piazze.

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1° classificato ex aequo (foto 4-6) Micheal Maltzan Architecture (Los Angeles) Il progetto prevede la realizzazione di un complesso costituito da due torri a pianta quadrata, di dimensione differente (primo lotto: lato circa 61 m; secondo lotto: lato circa 45,8 m), situate ai margini est e ovest dei due lotti e collegati tra loro da un ponte aereo alto 20 metri. Le attività commerciali si trova4

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no a piano terra di entrambi i complessi. Le aree a verde sono concentrate a piano terra con un grande parco che si dirada in entrambi i lotti. In entrambi i lotti si prevedono due livelli interrati di parcheggi di pertinenza degli edifici. I materiali da costruzione di cui si prevede l’utilizzo sono ecocompatibili in quanto sostituti del cemento e a base di acciaio riciclato.


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Riqualificazione del centro sportivo di Cortenuova (Bergamo) luglio – ottobre 2005 Tema del concorso di progettazione è l’ampliamento e la riqualificazione del centro sportivo comunale, che dovrà prevedere la realizzazione di campi da calcio, campo da tennis, piscina, una pista ed un’area verde per l’atletica; un parco pubblico, strutture ricreative, parcheggi, per una complessiva spesa di euro 8.000.000. Erano richieste tre tavole in formato A0. Il montepremi è stato di 26.000 euro. La Giuria era composta da Fabio Sansottera, Roberto Zampoleri, Giorgio Rizzi, Giuseppe Molari, Giuseppe Ranghetti, Gianni Roncaglia, Anto-

nio Cortinovis, Filippo Simonetti, Sergio Crotti. Si sono classificati al terzo e quarto posto, ma poi esclusi dalla premiazione: Emiliano Bellini con S. Volpe e Alberto Roscini con A. Piantanida, C. Nozza, A. Gobbi, M. Benedetti. Segnalati sono stati i progetti di Maria Claudia Peretti con S. Longaretti, I. Vizzardi, M.C. Bertuzzi; G. Fenyves; Lorenzo Consalez con M. Rossi, E. Bertinotti, P. Citterio (Morandi e Citterio arch.), A. Starr Stabile, E. Gelmetti, F. Peruzzotti. Classificato al nono posto Frans Giobbi con F. Gilberti, E. B. Giobbi, D. Guidetti, M. Masneri, F. Vida, M. Sissa Magrini.

1° classificato (foto 1-3) Paolo Belloni (Bergamo) con PBEB Architetti, Elena Brazís collaboratori: Michele Todaro, Davide Pagliarini

posta la pianura coltivata. I solchi della campagna entrano nella città. Superfici monomateriche – recinzioni – modesti edifici di servizio – tribune e spazi per il pubblico: come organizzare questi pochi elementi per costruire “luoghi”? Il progetto si costruisce per segmenti giustapposti, una sequenza alternata di fasce che organizzano spazi per l’attività sportiva e spazi di interconnessione destinati a parco. Ogni fascia è organizzata da una sequenza di “campi” architettonicamente e funzionalmente compiuti.

Architettura e territorio; campagna antropizzata e limiti della città diffusa: la pianura bergamasca è luogo di transito tra la collina e la pianura, ma è anche luogo di transito di infrastrutture e canali irrigui che segnano il territorio. Il luogo è geograficamente chiaro, il suo orientamento è nord-sud: da un lato la montagna e nella direzione op-

2° classificato (foto 4-6) Martina Cafaro (Treviso), Monica Bosio, Marco Ferrari, Carlo Zavan, Alberto Fichera Le attrezzature sportive vengono concentrate all’interno di grandi “forme di terra”, nella maggiore delle quali viene mantenuto il campo da calcio a undici. Ogni recinto ha una propria autonomia funzionale, sia come dotazione di servizi che come accessibilità e sosta. Il parco, che si estende su una superficie di 19.500 mq, nasce dall’articolazione tra terrapieni e 4

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sistema della vegetazione, in voluto rapporto con lo spazio polifunzionale per manifestazioni socio-ricreative. Il progetto adotta la nuova viabilità di accesso prevista dal P.R.G., ma ne propone una versione del tipo “strada-parco” per mediare il rapporto con la campagna. Il primo lotto di opere previste comprende i lavori che rendono funzionale l’utilizzo del campo da calcio esistente e del nuovo campo da calcio a sette, e allo stesso tempo suggeriscono l’assetto futuro del parco e delle aree centrali del paese.

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3° classificato (foto 7-9) Antonio Lazzaretto (Milano), Francesco Marmo, Giulio Rabboni, Elena Magi, Marco Barin, Lisa Santin, Alessandro Prati, Carlo Barrese, Renato Renzo Angella collaboratori: Lisa Santin, Giulio Raboni L’impianto planimetrico del progetto viene strutturato rispettando l’orientamento della centuriazione, che informa il paesaggio agricolo circostante. Una serie di recinti, di diverse carat7

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teristiche fisiche, delimitano le funzioni specifiche, il parco, i campi da gioco, l’area delle piscine, le corti giardino, la piazza alberata per le feste, i giochi dei bambini, i parcheggi, gli edifici, formando una gerarchia di percorsi, di spazi aperti, di interni. Procedendo dall’esterno verso l’interno dell’area, il densificarsi delle funzioni genera una progressiva complessificazione degli spazi e dei percorsi che si conclude nella articolazione degli interni degli edifici caratterizzati da una forte introversione.

Riqualificazione del Lungolago di Malgrate (Lecco) maggio – novembre 2005 Il Comune aveva bandito questo concorso di idee per la riqualificazione urbanistica, culturale e sociale del lungolago, dal confine con il Comune di Valmadrera, (via Parini) sino al Ponte Azzone Visconti in località Porto. Era richiesto un intervento che esaminasse la passeggiata a lago (nuovi percorsi e spazi pedonali e ciclabili; il ridisegno del luogo urbano, da compiersi anche attraverso un attento studio dei materiali e delle tipologie degli arredi, del sistema di illuminazione; uno studio del verde. La Piazza Garibaldi, fulcro del centro storico, manca di una propria identità; la riqualificazio-

ne del porticciolo doveva prevedere un nuovo pontile d’attracco; inoltre, doveva essere rivista e valorizzata l’area di tutta la riva interessata al rimessaggio delle barche integrandola con la passeggiata a lago. La Giuria era composta da Leopoldo Emilio Freyrie, Simone Cola, Massimo Mazzoleni, Gerolamo Ferrario, Massimiliano Valsecchi. Sono stati segnalati i progetti di Sergio Fumagalli (LFL architetti), Piero Luconi, Laura Luconi, Alessandra Manzoni, Giovanni Sacchi, Dario Zappa; di Ilaria Gurian, Antonella La Spada, Davide De Giobbi, Prisco Ferrara. Menzionato il progetto di Silvio Delsante, Augusto Colombo, Alberto Capitanio, Remo Capitanio.

1° classificato (foto 1-3) Andrea Gerosa (Lambrugo, Como), Vincenzo Gaglio

circa 240 posti auto a raso. Per ovviare all’assenza di un significativo spazio di relazione si prevede, tra i vari interventi a carattere puntuale disclocati sul lungolago, la costruzione di una vera piazza, la Piazza Garibaldi, localizzata su rilevato appositamente costruito. Questa si contraddistinguerà per un nuovo e forte carattere identitario attribuitogli dalla presenza dell’imbarcadero, dal ridisegno delle pavimentazioni, dalla presenza di nuovi luoghi di ritrovo coperti e attrezzati con attività quali, centro informazioni, biglietteria per la navigazione su lago e caffetteria.

L’unitarietà del nuovo Lungolago di Malgrate è affidata alla ridefinizione dell’attuale sezione stradale tramite la costruzione di un percorso ciclo-pedonale coperto da pergolato, l’inserimento di idoneo arredo urbano, la messa a dimora di essenze arboree che integreranno quelle esistenti, interventi sul nastro stradale per il rallentamento del traffico veicolare, l’ottimizzazione degli spazi adibiti a parcheggio che permettano di ricavare 1

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Studio di fattibilità dei parchi Castel Cerreto e Roccolo a Treviglio (Bg) luglio – ottobre 2005 Il tema del concorso è lo studio di fattibilità di un parco “storiconaturalistico” per la località Castel Cerreto e “ricreativo-ludico” per la località Roccolo: vale dire un insieme di sistemazioni paesistiche, di tutela e di recupero che tengano conto dei valori ambientali, storici, archeologici ed artistici dei luoghi delle aree interessate in rapporto anche a possibili Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (PLIS) la cui formazione è auspicata dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP). I partecipanti hanno dovuto formare gruppi di lavoro con almeno un laureato in architettura, in

scienze agrarie, in scienze naturali, in materia ambientale e con un giovane professionista. Erano richieste due tavole per ogni parco in formato A1. Per il vincitore era previsto un premio di euro 10.000; al secondo e al terzo classificato rispettivamente euro 5.000 e euro 2.500. Quattro sono stati i partecipanti. La giuria era composta da Antonio Maraniello, presidente; Flavio Bregant, Achille Bonardi, Carlo Stanis Cecchini Manara, Domenico Egizi, Giorgio Zordan. Oltre ai due progetti qui presentati, si sono classificati al terzo posto Maria Zerillo e al quarto Michelangelo Lassini.

1° classificato (foto 1-2) Barbara Oggionni (Treviglio) con Giovanna Angelucci, Enrico Antignati, Ferdinando Baruffi, Claudia Bencetti, Isabella Bussi, Livio Leoni

ecologici e da percorsi estendibili anche al territorio, così da supportare la fattibilità di un PLIS. A corredo della normativa proposta, basata su studi di settore, vi sono progetti con inserimento di orti urbani di quartiere finalizzati a collegare le aree di margine urbano con il Parco Roccolo; di orti didattici che ripro-

Sono stati formulati due progetti distinti, come richiesto dal bando, ma collegati fra loro da corridoi

e lungo le nuove reti infrastrutturali che dovrebbero essere realizzate all’interno delle aree tutelate. Lungo i percorsi sono previste aree di sosta con indicazione dei siti di pregio che i percorsi stessi attraversano, così da favorire la realizzazione di un grande parco a scala territoriale.

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pongono le antiche colture tipiche della zona; di ripopolamento dei boschi e dei fontanili, così da garantire la sopravvivenza delle zone naturalistiche. I corridoi ecologici sono realizzati con fasce boscate che divengono barriere vegetali poste lungo i margini delle linee ferroviarie che attraversano i parchi

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le presenza di vaste aree recintate legate a specifiche funzioni (lago artificiale, parco associazioni, area sperimentazione mezzi agricoli). La diretta prossimità con il margine urbano amplifica la vocazione ludica delle aree verdi; la presenza delle strade a

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scorrimento veloce o delle vie ferrate può divenire un elemento che caratterizza il gioco formale di un parco urbano di scala sovracomunale, da attrezzare per specifiche attività ricreative, con una grande piazza pavimentata. 3

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2° classificato (foto 3-5) Franco Balbo (Carvico, Bergamo), Elena Perico, Maurizio Panseri, Emanuela Panseri, Matteo Panseri La pianura coltivata è caratterizzata da campi e filari alberati che riquadrano il territorio in “stanze verdi”. Il progetto prevede di utilizzare questi elementi, formali e funzionali, per cercare di restituire unitarietà ad un ambiente

oggi frantumato. Lo spazio aperto dei due Parchi si viene così a legare nuovamente sotto una stessa regola: i confini vengono stabiliti. Gli spazi possono essere destinati e attrezzati a diverse funzioni ricreative, con una grande piazza pavimentata e sottomessi a differenti leggi formali, senza che l’unitarietà del territorio venga tradita. Il Parco Roccolo è prossimo al centro cittadino e vi è la tangibi-


F. Albini, I. Gardella, G. Minoletti, G. Pagano, G. Palanti, G. Predaval, G. Romano, “Milano Verde: progetto di sistemazione della zona SempioneFiera”, fotografia del modello, in “Casabella Costruzioni”, dicembre 1938.

Nell’ambito dei “Martedì del Corriere della Sera” si sono tenuti, presso la sede del giornale, una serie di incontri incentrati sul tema della costruzione della città, sui progetti per la grande Milano. Il confronto fra politici, amministratori, architetti è proseguito, poi, sulle pagine dello stesso quotidiano. Il 21 febbraio, apre la discussione, introducendo i temi dei successivi interventi, Stefano Boeri, direttore di “Domus”. Sotto elezioni, le idee scendono in piazza (…) Un frastuono di proposte (…) che a ben guardare nasce da due principali tribù di idee. La prima tribù raccoglie le idee con le gambe lunghe e la testa in cielo. Lungimiranti e caparbie, queste idee guardano dall’alto grandi porzioni di territorio (…) Suggeriscono soluzioni complessive per i grandi problemi urbani (…) Ma fanno qualche fatica a guardare in basso, a dirci come e soprattutto dove applicare queste soluzioni (…) La seconda tribù di idee non corre questo rischio. I suoi membri hanno i piedi ancorati al suolo e gli occhi ben vicini a terra (…) dispongono di un’appassionata precisione geografica. In questi giorni accade che le due tribù, s’incontrino (…) che attorno a un’idea generalista si radunino tante piccole idee localiste (…) Di questi tempi avremmo bisogno di idee capaci di parlarci di luoghi concreti, ma anche di aprirci il cuore verso alcune ambiziose prospettive di sviluppo. Idee con i piedi per terra e la testa nel cielo; legate sia a un luogo che a un sogno possibile (…) la forestazione di parti del Parco sud e la loro connessione con i Parchi periurbani esistenti farebbe di Milano una metropoli interamente perimetrata da una cintura verde (…); le politiche sulla cultura (…), un programma di inziative (…), un Parco delle Culture; la questione della casa (…) Progetti di questo tipo appartengono alla tribù delle idee che tengono insieme un pezzo fisico di territorio, una rete di energie economiche e un immaginario simbolico potentissimo. Mario Botta (22 febbraio) affronta, senza mezzi termini, la que-

stione dei grandi progetti che stanno trasformando la città e attacca il Comune, gli architetti e i committenti. Si è voluto riempirli di mix funzionali perché aspirano a essere delle città autosufficienti. In realtà sono delle caricature delle città (…) non rispettano le tracce storiche (…) Abbiamo copiato un modello americano (…) un modello sbagliato (…) La nostra colpa è stata quella di non fermare l’importazione di modelli uguali in tutto il mondo. Con Botta concorda Gae Aulenti (23 febbraio) che sottolinea come il responsabile del disegno urbano sia chi governa e non tanto l’architetto. A Milano è mancato questo tipo di governo (…) la città si è frammentata (…) Ce l’ho con questa giunta. Perché non è propositiva Ha giocato sempre a nascondersi preferendo una comunicazione bizzarra alle cose concrete (…) Basta sfogliare quell’opuscolo sui parchi distribuito dall’Urban Center. Dove tutto viene definito parco (…) I grandi parchi di chiusura dell’abitato servono a creare dei limiti, delle regole e a evitare il fenomeno della periferia (…) Quando si parla di continuità dei tessuti intendo proprio il tessuto che continua e finisce nei parchi. Quella dovrebbe essere la periferia, una periferia di qualità. L’assessore Verga (22 febbraio) ricorda come le aree di intervento siano aree dismesse in cui pare difficile trovare le tracce storiche “invocate” da Botta; Stefano Boeri aggiunge di non approvare completamente gli interventi in atto e Ugo Bernardi, presidente di Citylife, aggiudicatrice del concorso per l’area della Fiera, puntualizza che le linee guida c’erano e che nel progetto è stata sottolineata la vocazione di innovazione e internazionalizzazione dell’area. Al dibattito si aggiungono due rappresentanti politici – Carlo Cerami per i DS e Maurizio Lupi per Forza Italia – Alberto Ferruzzi, presidente di Italia Nostra, Fabio Terragni, amministratore delegato di Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo e Manfredi Catella, amministratore delegato di Hines Italia. Quest’ultimo (25 febbraio), sul tema dei grandi progetti, invoca l’aspirazione a ideali che possano sostenere visioni strategiche di lungo

37 periodo (…) La domanda che dovremmo tenere ferma nel dibattito è come vogliamo che sia l’Italia tra qualche decennio (…) La riqualificazione delle nostre città e del nostro territorio rappresenta uno degli ingredienti irrinunciabili per la riaffermazione della nostra competitività, ma dobbiamo trovare il modo per giocare bene (…) grandi architetti al lavoro in Italia, combinazione fra architetti italiani e stranieri e concorsi (…) per creare competenze e conoscenze (…) Oggi le aree cui si riferiscono i grandi progetti di Milano sono in gran parte “isole” (...) sconnesse dalla città. Per Alberto Ferruzzi (5 marzo), che concorda sulla necessità di una cintura verde, Milano attraverso il frazionamento dei “grandi progetti” ha perso un’occasione strategica che non si ripeterà più (…) E affronta il tema dei piccoli progetti soffermandosi sulla Legge regionale dei sottotetti a Milano applicata senza alcuna considerazione del decoro urbano. Fabio Terragni (24 febbraio) invita a confrontarsi sul futuro della città senza trascurare la dimensione attuativa. Tre sono le proposte: la prima riguarda la dimensione metropolitana secondo la quale la città potrà affrontare adeguatamente i suoi problemi solo se si farà capoluogo di una più ampia regione urbana (…) Se Milano non diventa metropoli è destinata a soffrire e non crescere. Poi, la possibilità di un “grande evento” (…) un’iniziativa globale che metta al centro sapere e conoscenza, coinvolgendo università e imprese (…) Infine: forestazione urbana e nuovi insediamenti ecologici (…) Milano Metropoli sta discutendo con Regione Lombardia e Provincia di Milano per avviare una procedura d’incentivazione della forestazione delle fasce attorno alla città che permetta anche di realizzare “Ecovillaggi urbani”, che rappresentino una risposta alle esigenze di abitare, di verde, di socialità. Infine, i due rappresentanti politici. Lupi (26 febbraio) affronta

l’argomento a partire da quanto fatto dalla giunta Albertini. Nel ’97 Milano era una città senza depuratori e con soli 7 mq di verde per abitante. Oggi la nostra città ha i depuratori (realizzati dopo che la Corte di giustizia europea aveva condannato lo Stato Italiano per l’inadempienza milanese, precisa Ferruzzi) e i mq di verde per abitante sono raddoppiati. Condivide l’idea di Boeri sulla ”cintura verde”: sì al modello Parco Nord e Bosco in Città, no al modello Parco Sud; e sottolinea come Milano nei fatti sia già una cittàRegione che necessita di uno status legislativo speciale. Altre questioni riguradano le strutture d’eccellenza, la questione della casa e della città sotterranea. Cerami (2 marzo), apprezzando la disponibilità al dibattito offerta da Lupi, sostiene la necessità di una valutazione realistica dei problemi che gravano sulla città. L’assenza di politica e di visione strategica di Palazzo Marino induce gli esponenti del centrodestra a tentare di segnare una discontinutà con il recente passato (…) i grandi progetti sono stati concepiti in una logica di pura negoziazione tra Comune e operatori lasciando fuori la città. Gli interventi proposti sono condivisibili (…) È auspicabile un’architettura di forte simbolicità, che tenga conto dei valori ambientali e della qualità urbana. Ma il ruolo del Comune come operatore immobiliare (…) dovrà ispirarsi al principio del contenimento dell’uso del suolo (…), a una sapiente localizzazione della residenza a prezzi agevolati, a una forte presenza di nuovi spazi di offerta culturale. Tutto ciò in accordo con l’amministrazione cittadina, la Provincia, la Regione, i sindaci dell’hinterland costruendo quel governo metropolitano che, più che di poteri speciali, necessita di una guida lungimirante e politicamente forte. E di un programma strategico e condiviso. Martina Landsberger

OSSERVATORIO RILETTURE

La tribù delle idee


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La modernità di Marcello Canino Sergio Stenti (a cura di) Marcello Canino1895/1970 Clean, Napoli, 2005 pp. 240, € 30,00 Ciò che emerge dal volume monografico su Marcello Canino – edito in occasione della mostraconvegno tenutasi a Napoli nel giugno 2005 – è che, ripercorrendo l’attività di un protagonista dell’architettura napoletana ed italiana del Novecento, si possa iniziare a far luce su un intero

mann, Behrens; un professionista attento alla tradizione, ma rivolto verso un’idea di modernità fortemente segnata dal rapporto con la storia e la classicità; un intellettuale che pur nella difficoltà del momento storico manifestava un carattere moderno nell’attenzione posta alle questioni urbane. Il volume si completa con una parte analitica affidata a giovani architetti e ricercatori che ordinano la vasta produzione architettonica di Canino secondo precise questioni tematiche. Risultano particolarmente interessanti i saggi sulle cosiddette architetture minori – ville, edifici industriali, stazioni, quartieri residenziali, ecc. – che vengono analizzate attraverso una lettura orientata a evidenziarne gli aspetti progettuali e compositivi.

La casa popolare in Lombardia 1903-2003 è il catalogo di quella mostra ed è, mentre lo recensiamo, già esaurito. Questa opera, nelle parole del suo curatore: “mediante un ricco ed articolato quadro di saggi e di schede analitiche documenta e riflette sugli studi e sui materiali ordinati per la mostra che non si limitano ai quartieri di edilizia pubblica frutto del progetto dei maestri dell’architettura del Novecento lombardo, ma anche di molte realizzazioni poco conosciute che il lavoro analitico svolto presso le diverse Aler di Lombardia ha permesso di identificare. Il volu-

Paola Catapano

periodo storico da tempo trascurato, se non addirittura negato: quello che va dagli anni del regime fascista fino alla ricostruzione postbellica. La lettura condotta da Stenti e da un gruppo di studiosi sull’attività poliedrica e sulle diverse accezioni del fare architettura di Canino, non si esaurisce in una semplice catalogazione-sistematizzazione dei suoi lavori. Le tappe, le occasioni, la crescita dell’architettoingegnere, sono descritte, “unendo diversi punti di vista” che restituiscono uno spaccato della cultura architettonica di quegli anni. I grandi concorsi promossi dal regime con la realizzazione del palazzo delle Finanze e della Provincia, le ville private, il rione Carità, la Mostra d’Oltremare e il quartiere di Fuorigrotta, le terme di Castellammare, il rione Traiano, sono analizzati con sistematicità e rigore interpretativo e sono riletti alla luce di riflessioni sulla politica urbana e sul dibattito architettonico degli anni del dopoguerra, attraverso il continuo rimando ad altri protagonisti di quella generazione. Dai diversi contributi si delinea la figura di un uomo e un architetto erroneamente trascurato dalla critica contemporanea; un professore amato e stimato che coniugava l’estetica di Croce con il richiamo all’ordine delle opere di Perret, Asplud, Hoff-

La casa popolare in Lombardia Raffaele Pugliese, (a cura di) La casa sociale. Dalla legge Luzzatti alle nuove politiche per la casa in Lombardia Unicopli – DPA, Politecnico di Milano, 2005 pp. 174, € 20,00 Raffaele Pugliese, (a cura di) La casa popolare in Lombardia 1903-2003 Unicopli – DPA, Politecnico di Milano, 2005 pp. 366, € 50,00 Alla fine del 2005, a due anni dalla celebrazione del centenario della legge Luzzatti, l’editore Unicopli ha dato alle stampe due pubblicazioni a cura di Raffaele Pugliese che fanno il punto della situazione sulle politiche regionali della casa e offrono la più aggiornata chiave di lettura dello straordinario patrimonio ex-IACP della Lombardia. Il primo volume La casa sociale. Dalla legge Luzzatti alle nuove politiche per la casa in Lombardia raccoglie i contributi del convegno che aveva inaugurato la mostra al palazzo della Triennale e che tra la fine del 2003 e nel 2004 ha girato anche nelle città di Brescia, Varese, Mantova, Lecco, Lodi e Pavia. La seconda

me si propone come preliminare e fondativo nucleo di conoscenza di quel sapere civile indispensabile per affrontare in modo consapevole il rapporto con il patrimonio e con il passato”. Vista la rilevanza del patrimonio che ci è stato tramandato da cento anni di edilizia residenziale pubblica è inutile sottolineare l’importanza di queste pubblicazioni, soprattutto al fine di sollecitare una maggiore continuità del dialogo tra gli amministratori, il mondo della ricerca e quello delle professioni che è stato allora così ben avviato per scivolare poi in secondo piano di fronte al concretizzarsi dei primi interventi e all’incalzare delle scadenze elettorali. Antonio Borghi

I Samonà, architetti operanti AA.VV. Giuseppe e Alberto Samonà 1923-1993. Inventario analitico dei fondi documentari conservati presso l’Archivio Progetti Il Poligrafo, Padova, 2003 pp. 502, € 32,00

Se è vero che l’architettura è una disciplina che si costruisce su se stessa, è cioè una scienza fondata sulla conoscenza delle esperienze precedenti, allora ben si comprende l’utilità, o meglio la necessità, di istituire archivi pubblici, in cui sia conservata, secondo precise metodologie scientifiche, la memoria storica di chi ha, con la propria opera, più o meno profondamente inciso sulla costruzione di un territorio, o su quella di un pensiero teorico, o addirittura sia riuscito a coinvolgere entrambi gli ambiti. In quest’ottica, l’iniziativa dell’Istituto di Architettura di Venezia (IUAV), in particolare del suo Archivio Progetti diretto da Roberto Sordina, di catalogare e rendere pubblico l’archivio di Giuseppe e Alberto Samonà, depositato presso l’Ateneo nel 1993, appare di grande rilievo per un duplice motivo: da un lato per aver cercato di sistematizzare – operazione di grande complessità dovuta al modo stesso di operare dei Samonà – il lavoro di questi due importanti architetti, entrambi impegnati anche nell’attività didattica proprio presso l’Ateneo veneziano, e in secondo luogo per aver reso accessibile l’archivio al pubblico tutto, ma soprattutto agli studenti della Scuola. Una Scuola che tanto deve al pensiero e soprattutto all’iniziativa di Giuseppe Samonà che dal 1945 in poi, per ventisei anni consecutivi, come scrive Roberto Sordina, “la governò, popolandola di molte anime, che confliggevano e formavano nell’eccellenza architetti”. Testimonianza della vastità e consistenza dell’archivio è il presente volume che, oltre a pubblicare il regesto dei fondi conservati presso l’Archivio Progetti


Martina Landsberger

Luoghi e legami Zygmunt Bauman Fiducia e paura nella città Bruno Mondadori, Milano, 2005 pp. 80, € 10,00 Nei tre brevi saggi che compongono il volume, il sociologo Zygmunt Bauman delinea le caratteristiche delle città globali scaturite dal crollo della società post-fordista. Nate per “dare sicurezza a tutti i loro abitanti”, le città moderne sono diventate luoghi ad alta concentrazione di paura, epicentri in cui si semina e si raccoglie diffidenza, terrore, angoscia. I luoghi descritti da Bauman assomigliano alle città panico di Paul Virilio. Crollato il modello solidale e corporativo e anche quello assistenziale, l’individuo è diventato l‘unico soggetto sociale, autosufficiente e autoreferenziale, almeno in apparenza. Ma, ad un secondo sguardo, la sopravvalutazione dell’individuo mostra i propri limiti. Privato dei vincoli sociali, l’individuo è un essere fragile, vulnerabile. Infranta la “parentela tra uomo e uomo”, dissolta la solidarietà, con la deregulation dilagano sospetto, sfiducia, insicurezza. La competizione va a braccetto con la paura dell’Altro. Le città si nutrono di xenofobia. Di fianco agli esclusi dal progresso economico, gli underclass, scacciati in spazi off-limits, proliferano isole di protezione per ricchi sempre più ricchi. Spazi “extraterritoriali”, blindati e sorvegliati, destinati ad un “élite globale”: le gated communities (comunità chiuse – dove l’accento, sottolinea l’autore, va sul secondo termine). La

secessione della nuova élite globale è il segno di quello che l’autore chiama “passaggio dalla fase solida alla fase liquida della modernità”. Se la povertà inchioda al luogo, la ricchezza permette di muoversi in uno spazio più vasto e al tempo stesso virtuale che consente di sfuggire ai disagi locali. Ma “è nei luoghi che l’esperienza umana si forma, si accumula e viene condivisa, e il suo senso viene elaborato, assimilato…”. L’appello del sociologo è rivolto agli urbanisti: invece di mettersi al servizio della guerra urbana progettando enclaves per isolare e difendere le persone da “nemici” reali potenziali o presunti - alimentando una profezia che si auto-avvera – dovrebbero tornare a “creare ponti”, transiti e luoghi d’incontro per “riunire gli abitanti della città”. La soluzione è nel ritorno ai luoghi pubblici, spazi aperti, ospitali, ove tutti si ritrovino al di là delle differenze. “La comprensione reciproca si ottiene con una ‘fusione di orizzonti’; orizzonti cognitivi che vengono tracciati e allargati accumulando esperienze di vita. La fusione che una comprensione reciproca richiede non può che essere la conseguenza di un’esperienza condivisa”. Irina Casali

Como-Milano Giancarlo Consonni e Graziella Tonon Terragni inedito quaderno n. 8 dell’Archivio Bottoni Ronca Editore, Cremona, 2006 pp. 260, € 24,50

Il secondo quaderno dedicato a Terragni dalle pubblicazioni dell’Archivio Bottoni ordina i materiali del maestro comasco raccolti nelle carte dell’urbanista milanese. In realtà i quaderni sarebbero tre, includendo il n. 6 dedicato all’edificio dell’INA casa di corso Sempione e a casa Rustici, curato da Laura Montedoro, inaugurale della riflessione su Terragni-Bottoni. In quest’ultimo, il n. 8, disegni foto o lettere, inviati o dedicati a Bottoni dallo stesso Terragni, assieme ai materiali dei lavori in comune, sono censiti e commentati da saggi di Consonni e Tonon che si fanno carico del loro esame e di una loro collocazione – da un punto di vista per così dire “bottoniano” – oltre alla presentazione degli inediti di Terragni. Questa seconda parte critica, centrale del quaderno, è introdotta da una prima che riepiloga sia la consistenza del fondo che le diverse provenienze e racconta la storia del rapporto fra Bottoni e Terragni in vita e postumo. Il regesto dei documenti conservati nell’archivio è presentato nelle settanta pagine alla fine del volume.

Oltre alla conoscenza dei documenti, bisogna provare a riscrivere una interpretazione di questo rapporto forse più vicina alle cose. Anche pensando all’uso che di Terragni si è fatto nell’architettura italiana del dopoguerra. In questo caso è di indubbio interesse tracciare i contributi specifici nei lavori comuni connotati dalla sigla CM. Il concorso per il piano regolatore di Como CM8 (1934) e quello per la nuova fiera di Milano (1938), che ben esemplificano i legami e le divergenze fra i razionalisti milanesi e comaschi, i diversi profili ideologici e artistici che si delineano alla fine degli anni Trenta, alla conclusione della prima stagione razionalista. Un interrogativo per così dire “costante”, un dubbio permanente che permane nel muto rispecchiarsi dell’edificio dell’INA casa e di Casa Rustici sull’asse di corso Sempione. Che ben mostrano, seppure nella digressione milanese di Terragni, due modi d’intendere l’architettura nuova e la sua pratica nella società moderna. Giulio Barazzetta

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(fondi donati da Livia Toccafondi e Andrea Samonà, Bastiana e Francesco Dal Co, Corrado ed Emiliano Balistreri-Tricanato) e parecchie riproduzioni fotografiche del materiale grafico conservato, riporta gli interventi di alcuni dei relatori che nel 2002 parteciparono a una giornata di studi dedicata all’opera e all’insegnamento dei Samonà svoltasi in parallelo alla mostra Giuseppe e Alberto Samonà lezioni di architettura, curata da Francesco Tentori e Marco Pogac ˇnik.


a cura di Sonia Milone

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La costruzione dell’isolato olandese Dutch Urban Block Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 8 22 marzo – 5 aprile 2006 Alla fine di marzo si è aperta alla Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano una mostra prodotta dalla Facoltà di Architettura di Delft sui risultati di un eccellente lavoro sulla città olandese guidato da Susanne Komossa con la collaborazione dei Dipartimenti di Architettura e di Urbanistica. Lo studio, raccolto in un Atlante pubblicato ora anche in inglese, illustra lo sviluppo nel tempo dell’isolato residenziale, elemento protagonista di un’esperienza unica nella vicenda urbana occidentale, in grado di contenere in sé la ricchezza dei compo-

città e della sua stessa ragion d’essere. L’Atlante analizza diversi isolati di Amsterdam e Rotterdam in sequenza storica muovendo dal XVII secolo, il periodo nel quale si fissano in modo definitivo i caratteri dell’esperienza urbana olandese; tra questi riveste un ruolo decisivo l’idea di casa quale generale matrice di tutti gli edifici, nella forma come nell’aspetto e in molti casi anche nella lingua, che usa connotare gli edifici pubblici con il suffisso domestico di huis. Si tratta di una sorta di domesticità diffusa, di principio architettonico semplice per il quale l’edificio pubblico è una grande casa in mezzo alle altre, caratterizzato da dimensioni e ruolo urbano preminenti mentre, all’inverso, la casa viene a sua volta contaminata dai caratteri aulici acquisendo, in certo qual modo, una sua specifica sacralità. Dalla ricerca emerge che la solida città olandese, caratterizzata anche da movimenti e ten-

Bill, homo faber Max Bill Milano, Palazzo Reale piazza Duomo 12 29 marzo – 25 giugno 2006 Dedicare una mostra a una figura quale è stata quella di Max Bill significa affrontare il rapporto che esiste o che dovrebbe esistere fra le diverse forme d’arte. Bill è una figura poliedrica, una sorta di homo faber, che nel corso di tutti gli 86 anni della sua vita sperimenta ogni forma d’arte. Svizzero di origine, frequenta fra il 1927 e il 1928, il Bauhaus di Gropius, e in particolar modo Kandinskij e Klee, professori della scuola. È forse proprio l’atmosfera, il dibattito culturale e intellettuale che si svolge all’interno del Bauhaus, a determinare in Bill un particolare interesse per ogni disciplina insegnata. Il risultato sarà un’attività

Avendo in mente queste poche parole, risulta facile percorrere la bella mostra che si snoda lungo un percorso suddiviso in sezioni in cui le diverse forme artistiche a volte si mescolano, allo scopo di mettere in evidenza il medesimo procedimento razionale adottato. Si parte con i lavori giovanili e con quelli sviluppati all’interno del Bauhaus, si passa successivamente agli esperimenti sul concetto di infinito e in particolare sulla costruzione del Nastro di Möbius, poi alla rappresentazione pittorica fondata sulla matematica, sulle leggi dell’armonia, sulla possibilità di continue variazioni a partire da un tema dato. Seguono, infine, le sezioni dedicate all’architettura, alla grafica, alla tipografia e al design. Martina Landsberger

Il Cabanon al parco Sempione Le Corbusier. L’interno del Cabanon Milano, Palazzo dell’Arte viale Alemagna 6 5 aprile – 4 giugno 2006

nenti che riguardano la vita urbana, comprendendo insieme alla casa gli spazi destinati allo svago nonché gli edifici pubblici e quanto di pratico necessita al risiedere in città. In questo quadro l’abitazione non costituisce il connettivo urbano (ciò che collega quantitativamente, secondo una visione rozza dell’abitare purtroppo assai diffusa nel nostro paese) quanto piuttosto la parte preminente del contenuto civile della

sioni contrastanti, sembra seguire se non proprio una linea di lavoro continua, una linea di ricerca riconoscibile. Purtroppo non possiamo dire altrettanto del nostro paese dove la crisi politica e sociale che l’Italia ha attraversato nello scorso secolo e continua ad attraversare oggi, si rispecchia in modo fin troppo crudamente realistico nella sua costruzione. Adalberto Del Bo

nel corso degli anni, ugualmente spesa fra la pittura, la scultura, il design, la tipografia, la grafica e l’architettura e anche la politica. È proprio l’architettura, l’arte che Bill predilige. Essa consiste nella continua ricerca della “buona forma”, nell’apirazione alla coincidenza di forma, appunto, costruzione e materia. A questo scopo, l’artista-architetto ha il compito e la responsabilità civile e sociale di realizzare “forme” contraddistinte da un valore assoluto, e, con questo obiettivo, deve necessariamente rinunciare alla rappresentazione di se stesso, della propria personalità. Progettare significa compiere operazioni di verifica di “carattere logico – scrive Bill – Un atteggiamento simile investe fra l’altro tutte le mie attività. Attività sempre fondate sull’analisi del problema, con l’obiettivo di raggiungere una soluzione logica e verificabile”, comprensibile, possiamo dire, oggi.

Significativo segnale di una rinnovata sensibilità architettonica all’indomani del secondo conflitto mondiale, il Cabanon coniuga le ricerche di Le Corbusier sulla casa come machine à habiter alla riscoperta dell’ambiente naturale come risorsa per l’abitare. Si tratta della casa di vacanza dell’architetto a Cap Martin, in Costa Azzurra: una cellula interamente in legno di 3,66 x 3,66 m, in cui si concentrano le funzioni vitali di una qualunque abitazione, ridotte all’essenziale. Un ambiente minimale, concepito sui precetti dimensionali sintetizzati dal Modulor, dove il lavabo è un elemento in acciaio tratto da un wagon-lit, ormai un ricordo isolato della civiltà macchinista, inserito tra pareti e mobili rigorosamente geometrizzati ma addolciti dal caldo colore naturale del legno. Negli anni Cinquanta, infatti, l’architetto studia le potenzialità espressive dei materiali e della pratica costruttiva tradizionale legate alle peculiarità ambientali del sito, la cui applicazione culminerà nell’elaborazione del linguaggio monu-


Maria Teresa Feraboli

Vivere su un’isola Less. Strategie alternative dell’abitare Milano, PAC via Palestro 14 5 aprile – 18 giugno 2006

Al PAC si trovano esposte, in forma di installazione, alcune di queste ricerche, situate a metà tra l’interpretazione poetica e polemica dei luoghi della contemporaneità e la tensione alla manipolazione del reale, alla progettualità, con soluzioni che trovano radici nelle esperienze organiche radical. Sorprende il constatare che per molti artisti convenuti, da Zittel a Orta a Wapenaar ad Atelier van Lieshout, questa soluzione si concretizzi in una sorta di solipsistico cocooning, attraverso nicchie, piccoli bozzoli semoventi, addirittura abiti – abitazione, quasi la risposta ultima alla complessità della città plurale fosse nell’isolamento e nello straniamento dal contesto, nella fuga. Ma ci sono poi invece opere più consolanti e positive, che tuffano profondamente l’uomo nella città e sembrano suggerire proprio nel rapporto percettivo lo

strumento del mutamento, come avviene negli specchi di Cantor, nelle utopie surrealiste di Armajani o nel fragile e poetico Arch de Triumph for Personal Use di Jimmie Durham. O che nella differenza e nella contaminazione vedono risorsa ed ispirazione, come le favelas di Marjetica Potrc o le voci di Silvio Wolf. O infine, come Somebody’s Architecture di Carlos Garaicoa, che riconoscono nella potenza dell’immaginazione e del sogno di cambiamento la molla perché questo avvenga davvero. “Viviamo su un’isola. Siamo circondati da persone che vagano come se si fossero smarrite, che desiderano di veder cambiare il loro mondo”. Caterina Lazzari

Leonardo e Milano Il Codice di Leonardo Da Vinci nel Castello Sforzesco Milano, Castello Sforzesco 24 marzo – 21 maggio 2006 A Milano, da piazza Mercanti, attraverso il Cordusio e lungo via Dante, è stato temporaneamente allestito un percorso tematico, illustrato da grandi pannelli con immagini e didascalie. Il racconto che si svolge nell’arco di qualche centinaio di metri ha come protagonista Leonardo da Vinci e la storia narrata è quella del suo rapporto con la città, dove visse fra il 1482 e il 1499 e, dopo la caduta degli Sforza, fra il 1506 e il 1513. Si tratta di un periodo di ben 24 anni durante i quali Leo0mere il proprio talento, ma soprattutto indagare e conoscere la multiforme realtà del territorio lombardo: il suo paesaggio, le diverse forme d’insediamento, l’artigianato, i mestieri, e non ultima l’arte. Le suggestioni, le influenze, le esperienze dovettero essere per lui talmente profonde da farci oggi modificare radicalmente l’immagine storiografica che lo vedeva come “straniero”, portatore di contributi aggiornatissimi elaborati altrove. Come si può notare proprio lungo l’esposizione en plein air, della sua appartenenza al luogo restano infatti tracce evidenti negli spet-

tacolari disegni, nei progetti e negli appunti. Documento principe in tal senso è proprio il Codice Trivulziano, custodito dall’omonima biblioteca milanese e in questi giorni degnamente esposto nella leonardesca “Sala delle Asse” del Castello Sforzesco: un documento molto prezioso, ma più in generale, uno spunto per riflettere su Leonardo e la cultura rinascimentale della Milano sforzesca. Il manoscritto vinciano, infatti, che raccoglie appunti e disegni stesi fra il 1487 e il 1490, è posto al centro della sala attorniato da vetrine che ospitano codici miniati, incunaboli e cinquecentine; l’obiettivo dei curatori è ricostruire, almeno in parte, la biblioteca di Leonardo, nota grazie ad elenchi di suo pugno. Si tratta di testi che ovviamente esprimevano preferenze, inclinazioni e atteggiamenti intellettuali del grande artista ma, va detto, anche dei suoi personali strumenti d’indagine sul lessico, sul linguaggio e quindi sulla cultura letteraria e scientifica del tempo. È di grande interesse in tal senso lo studio, da parte dei curatori della mostra, sui vocaboli contenuti nello stesso Codice Trivulziano: semplici liste di termini, nudi elenchi di parole che però oggi danno un contributo importantissimo alla conoscenza della forma mentis del personaggio, dei suoi processi d’elaborazione intellettuale, dei rapporti stabiliti via via fra osservazione, uso e invenzione di strumenti, codici e linguaggi. Isabella Balestreri

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mentale impiegato a Chandigarh. La ricostruzione dell’interno del Cabanon – fondata sugli studi di Filippo Alison e curata da Cassina – è ora visitabile nella porzione del parco adiacente a Palazzo dell’Arte, preceduta da uno spazio in cui si proiettano testimonianze su Le Corbusier a Cap Martin. L’angusto ingresso della cellula è ravvivato da un dipinto e introduce nell’unica stanza che costituisce la casa, dove l’arredo è formato da un bagno in miniatura nascosto da una tenda rossa, da un letto che ricorda un tavolato, sovrapposto a due mobili contenitori salvaspazio, da un tavolo a penisola, diverse mensole e un armadioparete. Le finestre e i tagli che garantivano la ventilazione dell’abitacolo si aprono su fotografie della vegetazione e del mare francesi e su squarci del parco Sempione. In occasione del Salone del Mobile Cassina, già depositaria dei diritti di produzione degli arredi di Le Corbusier, ha realizzato uno schema trasparente del Cabanon anche all’interno dei suoi spazi in via Durini, dove ha esposto filmati, pubblicazioni e tre opere plastiche originali prestate dalla Fondation Le Corbusier. Questo allestimento aiuta l’interpretazione della personalità dell’architetto, di cui l’azienda milanese ha presentato le varianti 2006 dei mobili (la versione a tre posti del divano, la Méridienne, il pouf mai prodotto in precedenza e la Fateuil Wagon Fumoir) reintroducendo la possibilità di averne l’imbottitura in piuma.

Come sottolineato nella presentazione della mostra, parlare di abitare, oggi, significa parlare di città. Non solo perché la maggior parte della popolazione mondiale vive in aree urbane, ma anche perché la città è organismo per eccellenza per la coabitazione e l’integrazione tra culture e saperi, dunque incubatore della nostra società e insieme luogo delle sue più grandi contraddizioni. Fiducia e paura nella città, per usare parole di Zigmunt Bauman, generate dalla crisi delle strutture tradizionali del vivere sociale, dall’estremizzarsi dei suoi conflitti, dalla conseguente complessità crescente delle formule abitative. Si levano così, nel diffuso senso di impotenza dell’abitante la città globale e spesso di chi lo governa, guizzi di tensione al riscatto attraverso la ricerca, appunto, di strategie alternative, che prendono la forma dell’opera letteraria, dell’iniziativa sociale, della sperimentazione architettonica o artistica.


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Mino Fiocchi, un architetto fra Milano e il Lago di Lecco Luciano Bolzoni Giacomo Fiocchi, detto Mino (Lecco 1893 – Milano 1985), fra tutti gli architetti che operarono in Lombardia nel Novecento fu probabilmente il più attento al linguaggio della tradizione; Fiocchi operò sostanzialmente in solitudine, riducendo al minimo le collaborazioni e le occasioni di sfogo mondano. Non ebbe mai un collaboratore di studio. Prese parte al gruppo di studio Sant’Orsola, costituito insieme ai colleghi Ponti, Muzio e Lancia; Carlo Fiocchi nella biografia del padre (Mezzo secolo di progetti. Mino Fiocchi architetto, 1981) descrive la vena anticonformista del padre, che lungo tutta la sua carriera applicò un particolare rigore professionale nelle proprie attitudini progettuali, sempre basate su semplici quanto inderogabili vincoli di intervento. Questi vincoli furono la base del lavoro di Fiocchi che ripartì il suo operato sostanzialmente nel territorio lombardo, separato in due netti limiti geografici di intervento: il territorio di Lecco e delle sue montagne e Milano città. All’esterno dei confini urbani Fiocchi si è spesso misurato con il tema della residenza per le vacanze, tematica tipica che ha avuto in qualità di sperimentatori tutta una classe di architetti, argomento di studio e oggetto di lavoro professionale legato alla questione della seconda casa che ha impegnato nel ventesimo secolo un’intera generazione di progettisti cittadini, da Ponti a Muzio, da Pier Giulio Magistretti a Portaluppi, da Albini a Cereghini, da Mollino a Vietti, da Asnago e Vender allo stesso Fiocchi. L’approccio di Fiocchi alla problematica della residenza per vacanze può essere sintetizzato nei progetti alpini, che lo videro preciso riconoscitore dei metodi e del linguaggio della casa montana, compresa entro i rassicuranti limiti dimensionali del blocco edilizio in muratura, sovrastato dalla copertura a falde spioventi. Tali progetti alpini possono essere sintetizzati

dai due migliori lavori di Fiocchi, quella Baita Giulia Devoto Falck di Cortina d’Ampezzo del 1936, nata dalla ricostruzione di una vecchia costruzione secentesca e la Baita La Roccella del Pian dei Resinelli disegnata nel 1938 per la propria famiglia. In entrambe le costruzioni Fiocchi prevede una distribuzione interna che duplica le stesse dotazioni di servizio della residenza urbana, fornendo lo stesso livello di abitabilità e prestazioni che il committente aveva nell’abitazione di Milano, ma all’interno di contenitori edilizi che non derogavano dai princìpi della tradizione costruttiva in termini di risultanze formali dell’architettura. Il rigore progettuale di Fiocchi è sintetizzato in tutti gli altri progetti ambientati nel contesto alpino come i rifugi e le abitazioni nel territorio prealpino. Nei progetti cittadini Fiocchi pare rifuggire l’idea del fabbricato urbano senza dignità, in attinenza ad una esigente concezione del disegno basata sulla conoscenza e la lettura del sito, quale principale punto di avvio del progetto, impostato graficamente sugli assi principali del lotto del fabbricato; contestualmente un’attenzione all’essenzialità costruttiva, legata ad una forte carica rappresantiva dell’essenza del committente, rammentava una chiarezza ed una semplicità convenzionali in ordine alla comunicazione dell’intervento edilizio su strada, caratteristico proprio del lavoro di Fiocchi. Gli elementi distintivi del progetto sono sempre riscontrabili a prescindere dalla tipologia oggetto del lavoro; inoltre la categoria di edifici che viene chiamato a disegnare lo vede in buona sostanza legato ad una committenza di tipo borghese, alla quale sa di appartenere e a cui risponde con un solido lavoro di architetto-artigiano solitario, nel suo piccolo studio di via Cernaia. Il percorso professionale di Fiocchi ha prodotto circa duecento lavori in cinquant’anni di attività, senza derogare mai da un iter progettuale basato sulla severità e sulla capacità di non perdere la propria motivazione in ordine ad ogni singolo problema di architettura; il percorso ha inizio con il progetto per il concorso per il Piano

Regolatore dell’Isola Comacina fino agli ultimi lavori condotti con motivazione e passione in un iter metodologico costante nel tempo. Bibliografia B. Bianchi, G. Gambirasio, E. Mantero, Mino Fiocchi architetto, Lecco, Comune di Lecco, 1986; L. Bolzoni, Architettura moderna nelle Alpi italiane dal 1900 alla fine degli anni Cinquanta, in “Quaderni di cultura alpina”, Priuli & Verlucca, Ivrea, 2000; L. Bolzoni, Architettura moderna nelle Alpi italiane dagli anni Sessanta alla fine del XX secolo, in “Quaderni di cultura alpina”, Priuli & Verlucca, Ivrea, 2001; C. Fiocchi, Mezzo secolo di progetti. Mino Fiocchi architetto, ERIS Ed., Milano, 1981; M. Cereghini, Costruire in montagna, Ed. del Milione, Milano, 1950; A. Disertori, Casa Fiocchi a Milano, in “Dedalo” n. 6, 2000. Fonti iconografiche Luciano Bolzoni: 3, 17, 18, 22, 23, 25, 26, 27, 28, 30, 31 Internet: 12 Archivio Mino Fiocchi di Milano: 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 21, 24, 29

Si ringraziano gli Architetti Carlo Fiocchi e Massimiliano Della Foglia per aver concesso la consultazione dell’Archivio Mino Fiocchi di Milano. 1. Progetto per l’Isola Comacina, 1921 La Reale Accademia di Brera nel 1921 bandì il concorso “Camillo Boito” per il Piano Regolatore dell’Isola Comacina; il bando prevedeva la realizzazione di un villaggio per artisti composto da abitazioni, servizi e da un piccolo albergo. Fiocchi ottenne il primo premio ex aequo “per essere stato forse l’unico a concepire in armonia con la tradizione rustica locale,

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una certa praticità d’uso dell’isola, che non turba la pace e profitta bene della sua costituzione”. Tale praticità si riconduceva alla perfetta conoscenza del sito dalla quale derivava un disegno d’insieme di stampo romantico, visibile in particolar modo nel piccolo borgo sulle rive del lago che anticipa il soprastante Palazzo degli Artisti dalla connotazione rinascimentale. Il concorso che vide tra gli altri anche la partecipazione di Gaetano Moretti, Caneva, De Finetti, Frigerio, Greppi e Zacchi, non conobbe alcun vincitore ufficiale. 2. Casa Fiocchi, 1924-25 Milano, via Cernaia 6 Il palazzo progettato per la propria famiglia sorse praticamente in mezzo ad uno spazio erboso, ai margini dell’allora centro urbano delimitato dallo scorrere del Naviglio. Tipico caso di architettura milanese che trasmette una precisa serie di informazioni all’osservatore, dedotte dall’attenta trama della facciata perfettamente simmetrica, tanto da indurre lo stesso progettista a ricorrere al disegno d’insieme, inventando un secondo ingresso fittizio per bilanciare l’accesso al civico numero 6, che portava direttamente nel vano ottagonale di smistamento del palazzo. Il fronte principale è praticamente tagliato dalla zoccolatura delimitante il piano terra in marmo che, tramite una sottile fascia, si collega con i piani superiori caratterizzati dal rilievo

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Nel rifugio Castelli, Fiocchi interpreta il tema senza abbandonarsi a sfide derivate da una ricerca formale coraggiosa, ma tende a restituire il classico for-

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della parte centrale costruita con sei lesene, a comporre due livelli del fabbricato, sormontate da una balconata continua. 3. Villa Fiocchi, 1926 Lecco, via Cantarelli 6 Come scrive Carlo Fiocchi, la villa realizzata a Lecco per il fratello Lodovico rappresenta l’esempio più lampante dell’influs-

tava un evidente riferimento alla casa engadinese. Disegnata da Fiocchi anche la piccola cappella annessa al rifugio. 5. Asilo Infantile, 1928 Lecco, via Santa Barbara 3

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Il progetto fu commissionato dal padre Giulio, titolare dell’omonima azienda di munizioni, che vedeva nella costruzione dell’asilo un’occasione di riscatto sociale per i propri dipendenti; la struttura edilizia sociale nacque per ospitare i figli dei dipendenti dell’azienda di famiglia, durante i turni di lavoro dei genitori. 10

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so palladiano, sia per le soluzioni volumetriche che per il posizionamento calibrato dell’abitazione rispetto al contesto, posta perfettamente al centro dell’appezzamento di terreno, un giardino studiato in tutti i suoi settori (orto, frutteto, viali piantumati, rotonda di cipressi, statue, pergolato, esedra, prato con portabandiera, spazio alberato per ricevimenti). La villa, fulcro dell’intero complesso, era caratterizzata dal rigore delle opzioni simmetriche che delineavano uno sviluppo distributivo, segnato da un cannocchiale che, attraversando l’abitazione, collegava le zone del giardino, dividendo le ali del fabbricato.

mato architettonico rassicurante della casa unifamiliare alpina. Il primo nucleo costruito del rifugio immaginava un semplice corpo di fabbrica che riprendeva i canoni della tradizione locale, cui si aggiunge nel 1928 un ulteriore edificio annesso progettato dallo stesso Fiocchi, ruotato planimetricamente rispetto all’originale e di dimensioni maggiori; esiste, infine, un ulteriore progetto di ampliamento datato 1960, firmato dello stesso architetto. L’architettura originaria non rivelava difformità dalle ordinarie modalità costruttive dei rifugi alpini se non nel rimando decorativo del terrazzino coperto dell’edificio grande, che deno-

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L’impianto architettonico si può leggere nell’elemento dominante della costruzione: le due torri, emergenza in analogia con la casa popolare di Pescarenico, costruita l’anno successivo, da cui si rileva una potenziale assonanza con il linguaggio palladiano. Anche qui il tema di architettura sociale veniva svolto, ancora una volta, seguendo uno spirito professionale che come prima istanza si poneva a servizio dell’architettura e di ciò che questa doveva significare per la committenza. 6. Rifugio Giuseppe Cazzaniga, 1928 Moggio (Lc), Piani di Artavaggio Nelle intenzioni di Fiocchi la nuova architettura alpina, non poteva non essere quella richiamata dal collega Mario Cereghini, interpretata quale prosecuzione dell’armonia costruttiva tradizionale; l’immagine della montagna, impervia, difficile, pericolosa, ma comunque conciliante, darà luogo a rappre-

sentazioni progettuali che caratterizzeranno una breve quanto intensa stagione di opere moderne. E come per il collega e amico Cereghini (e consuocero), la redazione di progetti destinati all’ambiente alpino, in questo periodo della carriera di Fiocchi non subisce soste. Il progetto del rifugio Cazzaniga deriva dall’architettura militare e la singolare conformazione del sito, uno sperone di roccia, lo conferma; gli stessi disegni di progetto evidenziano un adattamento al sito del fabbricato che nel suo formato architettonico non si discosta dalla tipica capanna montana riscontrabile in molte località alpine, che diverrà col tempo via via riparo, convitto, bivacco, avamposto. 7. Casa Popolare di Pescarenico, 1929 Lecco, via Pescatori 36 Come scrive, il figlio Carlo, la spartana semplicità dell’edilizia popolare è per Fiocchi derivata dall’essenzialità progettuale e di realizzazione dei rifugi alpini, edifici essenziali per natura e per sostanza. La stessa essenzialità della tipica casa popolare urbana, spesso collocata ai margini cittadini quindi periferica di per sé ma comunque parte di città, per Fiocchi doveva divenire espressione dignitosa e rappresentativa di 13

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4. Rifugio Nino Castelli, 1926-28 (1960) Moggio (Lc), Piani di Artavaggio


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l’abitazione. Disegno che mostrava un calibro concettuale che esprimeva l’immagine borghese dell’abitazione, rappresentata dal fabbricato civile di grande volumetria complessiva (alcuni locali interni si sviluppavano su due livelli) e che, al pari dell’espressione di tutta l’edilizia civile progettata dallo stesso Fiocchi, riconduceva il tema di architettura all’esigenza di stabilire una misura di distinzione nel tessuto abitato.

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un umanesimo in scala minore. Come nel progetto per l’asilo infantile, nella casa popolare di Pescarenico, Fiocchi punta all’appartenenza del lavoratore, quindi dell’abitante, ad una situazione imprenditoriale e sociale, capace di determinare quale funzione collettiva un senso di affezione e di distinzione che si rifletteva nei vincoli del progetto. Tale distinguibilità è evidente nelle vecchie immagini del complesso edilizio che lo vedevano forte emergenza calata a forza nel fondale prealpino della città, sulle rive del lago, incombente sul contesto e significativa raffigurazione di un mondo sociale ora scomparso.

9. Villa Falck, 1938 Milano, via Tamburini 1 Dalla felice esperienza della costruzione della Baita Giulia Devoto Falck realizzata a Cortina d’Ampezzo un paio d’anni prima e dalle collaborazioni commerciali con Giorgio Enrico Falck, a Fiocchi viene commissionato il disegno dell’abitazione milanese del vecchio sena17

sima espansione del giardino interno. L’edificio consta di quattro piani fuori terra e rivela un’architettura di facciata ancorata alle forme e ai materiali del tipico edificio commerciale milanese più che a quelli dell’abitazione, dove ai correnti rivestimenti pregiati tipici della casa aristocratica vengono avvicendati i blocchi di breccia lombarda levigata.

sciuti in termini di architettura alpina, riconoscibile quale caso didattico sulla possibilità di progettare e realizzare edifici di qualità all’interno di un macrocosmo caratterizzato da sempre da segni tanto precisi quanto architettonicamente corretti.

10. Baita La Roccella, 1938-41 Abbadia Lariana (Lc), Roccoli Resinelli

Probabilmente l’architettura religiosa più nota di Fiocchi; la cappella Falck si relaziona con la grandiosità dell’architettura classica in un’opera che riflette una meditazione sugli obelischi

Anche questo progetto viene redatto per una casa della propria famiglia. La baita è sistemata su un appezzamento di terreno irregolare e la giacitura sembra rivelare un’opzione progettuale non casuale: la stessa configurazione non complanare rispetto al lotto addita al progettista la sembianza formale della casa che accetta e scavalca i salti di quota mediante il volume edilizio che raccorda i livelli del sito. I prospetti si adattano alle caratteristiche del luogo e cambiano secondo l’angolo visuale di osservazione, concetto non estraneo ad alcune opere mon19

11. Cappella funeraria Falck, 1939 Cimitero Monumentale, Milano

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8. Progetto per una villa sul lago per la IV Triennale di Monza, 1930 Fiocchi ottenne la medaglia d’oro alla IV Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Monza, con un progetto di una ipotetica villa affacciata sul lago; ed era proprio lo specchio d’acqua a caratterizzarne la concezione, mediante l’adozione di una darsena per il riparo delle imbarca-

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zioni, interna al volume stesso della costruzione, da cui accedere direttamente ai vari livelli del-

tore. Il progettista delinea l’edificio in un lotto compreso tra il parco Sempione, via XX Settembre e via Vincenzo Monti e la via Tamburini, strada secondaria cui si affaccerà il lato della costruzione dove insiste l’ingresso. Tale opzione, che prevedeva l’allontanamento dal viale alberato, consentirà la mas-

tane del periodo, modificandosi di fronte in fronte; il rivestimento in legno della porzione alta delimita orizzontalmente le parti dei sottotetti, unificando i differenti corpi dell’edificio. La costruzione anche oggi figura come uno degli edifici moderni più cono-

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contraddistinto da un doppio loggiato che consente la relazione tra la corte interna, attorno alla quale si sviluppa l’abitazione, e il giardino pubblico esterno. Lo stesso materiale di rivestimento degli esterni, lastre di serpentino levigato, il loggiato su due livelli, le due corti, la gal-

disegnare l’architettura di Fiocchi, sin qui caratterizzata da interventi mirati per una committenza costituita da grandi famiglie lombarde che avevano come spinta precipua la volontà di farsi rappresentare anche dalle proprie dimore urbane.

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12. Sede della Banca Popolare di Lecco, 1941 Lecco, piazza Garibaldi 12 La sede della Banca Popolare di Lecco è uno dei pochi progetti affidati a Fiocchi da un’istituzione (fra questi ricordiamo gli edifici

16. Villa Monzino, 1955 Milano, via Telesio 8

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commissionati dalla Società Elettrica Bresciana e l‘allora USSL di Lecco); la sede dell’Istituto nasce con una facciata principale sulla piazza d’impostazione neoclassica, rigorosamente semplice con un apparato decorativo molto ridotto, caratterizzato da otto lesene che sorreggono un terrazzino, come nel progetto di via Cernaia a Milano. Successivamente l’Istituto bancario chiese a Fiocchi di arricchire l’edificio mediante un nuovo rivestimento superficiale delle facciate su strada con materiali pregiati; l’architetto lecchese rifiutò l’incarico che fu successivamente affidato al collega Portaluppi. 13. Casa Campanini, 1941 Milano, via Guastalla 2 Nella Casa Campanini, Fiocchi esprime una composizione molto elaborata, di chiara vocazione neoclassica; l’intervento viene previsto in un lotto di un brano importante del centro storico milanese, contraddistinto da emergenze architettoniche significative e verde pubblico di pregio e indica una deroga agli usuali metodi di lavoro di Fiocchi, solito ad imprimere al disegno dell’abitazione civile (soprattutto quando borghese) una cautela progettuale qui non seguita. Il fabbricato si sviluppa sfruttando tutto il lotto a disposizione,

ne di un nuovo corpo basso sviluppato in due livelli. Il progetto viene impostato sulla riconducibilità di ogni singola abitazione ai valori spaziali della casa unifamiliare; di fatto l’architetto disegna praticamente una villa per ogni piano stante il grande spazio a disposizione che permetteva il vasto taglio dimensionale, rendendo possibile una riconduzione dell’intervento allo spirito intimista della casa milanese, tipica di Fiocchi.

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leria panoramica che univa gli ambienti del piano terra (motivo ricorrente nella costruzione delle piante), la balaustra perimetrale sulla copertura, riflettono una eccezione all’iter professionale dell’architetto. 14. Edificio residenziale, 1948 Milano, via Monte di Pietà 19 Il disegno del palazzo si rivela ancora una volta espressione rappresentativa dell’architettura borghese della città, con un forte segnale dovuto alla grandezza della scala d’intervento e che verosimilmente si discosta da quanto fin qui realizzato da Fiocchi in termini di edilizia residenziale, stante le grandi dimensioni del fabbricato che delinea una grande residenza urbana. Ai due bracci su strada che costituiscono le ali del fabbricato, corrisponde la facciata vera del condominio, arretrata rispetto alla via civica, sottolineata dai due grandi obelischi collocati al primo livello, vero motivo di riconoscibilità su strada dell’intero complesso. In qualche modo il condominio anticipa un differente modo di

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15. Edificio residenziale, 1948 Milano, via Borgonuovo 20 Fiocchi non ha mai nascosto la sua avversione nei confronti del palazzo a torre, ma la particolare condizione di partenza che richiedeva la ricostruzione di un edificio parzialmente distrutto dai bombardamenti consentì la nascita di questo condominio costituito da otto piani fuori terra, non visibile dalla via citta-

Al contrario della non lontana casa Falck, Fiocchi situa il fabbricato al centro del piccolo lotto di terreno, in cui sviluppa anche l’idea del giardino interno e della facciata principale derivandola dalla Casa Mosters di Somma Lombardo, progettata due anni prima. Tale rimando ad un’altra abitazione di campagna coincide con l’idea di Fiocchi della villa quale seconda residenza della famiglia borghese, dove si riscontrano tutti gli elementi tipici dell’architettura della casa padronale extraurbana e che nel caso specifico si riconduce ad una precisa volontà di rappresentazione della committenza. 30

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dina, da collegare alla parte di edificio mediante la realizzazio-

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romani. Di base quadrata sormontata da una volta semisferica, la cappella appare come uno dei fabbricati funerari più evidenti del Cimitero Monumentale, grazie al suo motivo piramidale alto una quindicina di metri, costituito dallo svettare in verticale del motivo dell’obelisco, rivestito da lastre di serpentino.


a cura di Walter Fumagalli

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La valutazione ambientale dei piani urbanistici Molti si lamentano, giustamente, del fatto che la qualità della vita nelle nostre città è sempre più degradata, che l’aria è irrespirabile, che muoversi nelle ore di punta è diventato una tortura, e che, anche fuori dalle città, il traffico ha raggiunto livelli di congestione ormai insostenibili che fanno perdere tempo, denaro, pazienza e soprattutto salute. Si propongono così mirabolanti soluzioni (la mitica BRE.BE.MI., la Tangenziale Est Esterna, ed altre imponenti infrastrutture stradali), che miracolosamente dovrebbero porre rimedio ai problemi viabilistici senza esborso di denaro pubblico (o quasi!). Ben pochi, però, si domandano quali siano le cause dello stato di cose in cui siamo arrivati, e quali azioni possano essere messe in campo per evitare che in futuro continuino a essere commessi gli errori del passato; e pochi rilevano che questa situazione è figlia dello sviluppo che i nostri centri abitati hanno avuto negli ultimi cinquant’anni, sviluppo che il più delle volte sembra ispirato alla più caotica disorganizzazione, e nel migliore dei casi risulta programmato dalle singole amministrazioni locali senza tenere conto degli effetti che, a medio e lungo termine, esso avrebbe provocato all’interno e all’esterno dei confini comunali. Come spesso accade, anche da questo punto di vista un aiuto ci arriva dall’Europa: sapremo approfittarne? La normativa europea La Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 27 giugno 2001 detta le norme procedurali che devono essere rispettate, al fine di valutare gli effetti che determinati piani e determinati programmi sono suscettibili di produrre sull’ambiente. Essa trae spunto dagli Articoli 6 e 174 del Trattato istitutivo della Comunità europea: il primo di tali articoli stabilisce che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione delle politiche e delle azioni comunitarie,

nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile, mentre il secondo dispone che la politica della Comunità in materia ambientale deve contribuire a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, della tutela e del miglioramento della qualità dell’ambiente, della protezione della salute umana, nonché dell’utilizzazione accorta delle risorse naturali, e quindi precisa che tale politica deve essere fondata sul principio della precauzione. Movendo da queste premesse, la direttiva opera secondo le seguenti direttrici: • “intervenire a livello comunitario in modo da fissare un quadro minimo per la valutazione ambientale che sancisca i princìpi generali del sistema di valutazione ambientale e lasci agli Stati membri il compito di definire i dettagli procedurali tenendo conto del principio della sussidiarietà”; • stabilire che la valutazione venga redatta in modo da “identificare, descrivere e valutare i possibili effetti ambientali significativi, tenendo conto degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma, nonché alternative ragionevoli”; • “stabilire che le autorità responsabili per l’ambiente e il pubblico siano consultati durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri”; • fare in modo che i pareri espressi dalle autorità interessate e dal pubblico vengano “presi in considerazione durante la preparazione del piano o del programma”, e che “quando è adottato un piano o programma, le autorità interessate ed il pubblico siano informate e siano messi a loro disposizione dati pertinenti”. Ai sensi dell’Articolo 2 della direttiva, sono da considerare “piani” soggetti all’obbligo di “valutazione ambientale” quelli elaborati e/o adottati da un’autorità a livello locale, previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. Rientrano quindi in tale tipologia anche i piani urbanistici, che regolano l’organizzazione e lo sviluppo delle nostre città.

La legge regionale L’Articolo 4 della Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12 disciplina l’applicazione della direttiva n. 2001/42/CE ai piani urbanistici dei comuni della Lombardia. A questo scopo, la norma fissa le seguenti regole: • “al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile e assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente, la Regione e gli enti locali, nell’ambito dei procedimenti di elaborazione e approvazione dei piani e programmi (…) provvedono alla valutazione ambientale degli effetti derivanti dall’attuazione dei predetti piani e programmi” (primo comma); • “sono sottoposti alla valutazione di cui al comma 1 il piano territoriale regionale e i piani territoriali di coordinamento provinciali, il documento di piano di cui all’Articolo 8, nonché le varianti agli stessi” (secondo comma); • “la valutazione ambientale di cui al presente articolo è effettuata durante la fase preparatoria del piano (…) ed anteriormente alla sua adozione o all’avvio della relativa procedura di approvazione” (secondo comma); • “per i piani di cui al comma 2, la valutazione evidenzia la congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità del piano e le possibili sinergie con gli altri strumenti di pianificazione e programmazione; individua le alternative assunte nella elaborazione del piano (…), gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione o di compensazione, anche agroambientali, che devono essere recepite nel piano stesso” (terzo comma); • “entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente Legge, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva gli indirizzi generali per la valutazione ambientale dei piani, in considerazione della natura, della forma e del contenuto degli stessi” (primo comma); • “sino all’approvazione del provvedimento della Giunta regionale (…) l’ente competente ad approvare il piano territoriale o il documento di piano, nonché i piani attuativi che comportino variante, ne valuta la sostenibilità ambientale secondo cri-


Gli indirizzi regionali Con la Delibera n. 1563 del 22 dicembre 2005 la Giunta regionale ha approvato la proposta degli indirizzi generali per la valutazione ambientale, proposta che dovrà essere approvata in via definitiva dal Consiglio regionale. Ai sensi dell’Articolo 4.4 della Legge Regionale n. 12/2005, come si è visto, anche prima di tale definitiva approvazione gli indirizzi proposti dalla Giunta dovranno essere seguiti nella redazione di tutti i piani elencati nell’allegato “A” alla delibera n. 1563/2005. Per quanto riguarda il settore della pianificazione territoriale, la valutazione ambientale va applicata con riferimento ai piani elencati nella seguente tabella.

ne ambientale nei piani “deve essere effettiva, a partire dalla fase di impostazione fino alla sua attuazione e revisione, sviluppandosi durante tutte le fasi principali del ciclo di vita”. Questi i principali aspetti procedimentali di ciascuna di queste fasi. • La fase preliminare di orientamento e impostazione del piano Il procedimento di valutazione ambientale si apre con un atto formale assunto dall’autorità competente, il quale deve essere pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione ed almeno su un quotidiano, e che deve fra l’altro “definire le modalità di informazione e di partecipazione del pubblico, di diffusione e pubblicizzazione delle informazioni”: le proposte pervenute andranno valutate ai fini della stesura di un Documento programmatico. In questa fase deve essere verificato anche se vi siano i presupposti per escludere dalla valutazione ambientale i piani che, pur rientrando fra quelli indicati dalla delibera, “determinano l’uso di piccole aree a livello locale e le modifiche minori, come definiti con provvedimento della Giunta regionale”, e se vi siano invece le condizioni per sottoporre a

piano territoriale regionale piano territoriale regionale d’area piano territoriale di coordinamento provinciale piano di sviluppo socioeconomico della Comunità Montana documento di piano del piano di governo del territorio piano dei servizi del piano di governo del territorio, se costituisce variante al documento di piano piano delle regole del piano di governo del territorio, se costituisce variante al documento di piano piano particolareggiato, piano di lottizzazione, piano di recupero, piano per l’edilizia economica e popolare, piano per gli insediamenti produttivi, se costituiscono variante al documento di piano programma integrato di intervento programma integrato di sviluppo locale piano territoriale di coordinamento del parco regionale

Gli indirizzi deliberati dalla Giunta regionale hanno contenuto eminentemente tecnico, e quindi una loro analisi è incompatibile con questa rubrica: a tal fine non si può quindi che rinviare alla loro lettura. Può essere invece interessante ripercorrere le regole di carattere procedurale dettate dalla Giunta, la quale in proposito ha fissato un principio di fondo: l’integrazione della dimensio-

valutazione ambientale quei piani che, pur non rientrando in teoria fra quelli soggetti alla stessa, “possono avere effetti significativi sull’ambiente”. Tale verifica si conclude con la decisione di escludere o non escludere il piano dalla valutazione ambientale, e tale decisione, oltre alle motivazioni che dovessero aver portato all’esclusione, devono essere messe a disposizione del pubblico.

• La fase di elaborazione e redazione del piano In questa fase occorre fra l’altro definire l’ambito di influenza del piano, articolarne gli obiettivi generali, individuare le possibili alternative, stimare gli effetti ambientali di ciascuna di tali alternative, elaborare il Rapporto ambientale e costruire un sistema di monitoraggio. Il Rapporto ambientale, in particolare, deve individuare, descrivere e valutare gli obiettivi, le azioni e gli effetti significativi che l’attuazione del piano potrebbe avere sull’ambiente, nonché le “ragionevoli alternative”. Al termine di questa fase l’autorità responsabile della valutazione ambientale deve esprimersi sulla proposta di piano e sul Rapporto ambientale, esprimendo un giudizio sulla sostenibilità del piano stesso sulla base degli effetti ambientali individuati nel Rapporto, anche alla luce delle possibili alternative individuate. • La fase di consultazione, adozione e approvazione del piano In questa fase le autorità competenti ed il pubblico devono essere consultati in merito al Rapporto ambientale ed al piano, e deve essere redatta una Dichiarazione di sintesi mediante la quale vanno illustrati gli obiettivi ambientali, gli effetti attesi, le ragioni della scelta dell’alternativa di piano approvata, ed il programma di monitoraggio degli effetti che il piano stesso produrrà nel tempo. Al termine di questa fase l’autorità competente adotta o approva il piano ed il sistema di monitoraggio, mettendo a disposizione del pubblico le relative conclusioni. • La fase di attuazione e di gestione del piano Il processo di valutazione ambientale non si esaurisce con l’approvazione del piano, ma prosegue con il monitoraggio mediante il quale vengono raccolte le informazioni necessarie per valutare se quest’ultimo è veramente in grado di raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale perseguiti, ed in caso di risposta negativa individuare le misure correttive che dovessero rivelarsi a tal fine necessarie. W. F.

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teri evidenziati nel piano stesso”. In conclusione, dunque, anche i piani di governo del territorio, di cui il documento di piano costituisce parte integrante, e le relative varianti sono soggetti alla valutazione ambientale e quest’ultima, dal momento in cui la Giunta regionale approva la delibera di proposta degli inerenti indirizzi generali, deve essere redatta in conformità a tali indirizzi.


a cura di Emilio Pizzi e Claudio Sangiorgi

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La certificazione energetica degli edifici: l’esperienza CasaClima La recente crisi nei livelli di fornitura del gas per riscaldamento e altri usi domestici, che ha colpito il nostro paese a seguito della riduzione del quantitativo erogatoci dalla Russia, ha posto in evidenza la piena vulnerabilità dell’Italia sul piano energetico. La rinuncia al nucleare e la lentezza nello sviluppare strategie alternative fondate su fonti rinnovabili quali il solare o l’eolico ci hanno, infatti, resi dipendenti, in misura molto più significativa di quanto non accada per altri paesi, dagli approvvigionamenti esteri, con tutti i rischi e i costi che questo comporta nell’attuale scenario di forte instabilità e incertezza internazionali. Ne discende inevitabilmente la necessità di mettere in atto, prima di tutto e nell’immediato, opzioni di contenimento dei consumi energetici mirate a diminuire il fabbisogno richiesto e a incrementare l’efficienza di rendimento delle dotazioni impiantistiche che tale fabbisogno alimentano. Tra i principali campi applicativi di questo esercizio al risparmio (che si traduce oltretutto in riduzione dell’inquinamento da polveri sottili e di emissioni di CO2), l’edilizia è sicuramente uno dei terreni privilegiati, sia per la forte incidenza percentuale del settore sui consumi globali di energia, sia per il sussistere di ampi margini di miglioramento di pronto riscontro, quando solo si decida per una politica virtuosa di contenimento degli sprechi. Occorre, in altri termini, e con uno slogan, sfruttare al massimo delle sue potenzialità la fonte “risparmio energetico”. È quanto si è proposta, prima fra le altre, la Provincia di Bolzano, grazie al patrimonio di studi e ricerche sul campo del suo Ufficio Aria e Rumo-

re, che ha messo a punto un sistema di certificazione denominato “CasaClima KlimaHaus” inteso a fornire, in modo facile e immediato anche per il profano, il livello di consumi per fabbisogno termico di un qualsivoglia edificio. Le case, infatti, sono soggette a una classificazione da A ad F, cui corrisponde un’equivalente soglia massima di chilowattora consumati, con obbli-

go di legge, per ogni nuova costruzione realizzata nel territorio provinciale, di ricadere almeno in classe C (minore o uguale a 70 kWh/mq per anno). Gli elementi vincenti di questa esperienza, che sta conoscendo una vasta risonanza a livello nazionale e internazionale, sono la facilità d’uso del relativo software di calcolo dell’efficienza energetica dell’involucro messo a disposizione dei progettisti (scaricabile in forma gratuita dal sito www.casaclima.info) e la conduzione in concreto, in corso d’opera nelle diverse fasi di cantiere, di controlli tesi a verificare l’effettiva rispondenza di quanto realizzato con le soluzioni costruttive e impiantistiche

dichiarate in progetto. Tali controlli sono condotti con l’ausilio di termografie e del cosiddetto “blower-doortest”, ovvero di un test sulla tenuta all’aria dell’involucro teso a valutare l’eventuale presenza di fughe d’aria che incrementino il contributo delle dispersioni per ventilazione. Agli edifici che riescono a raggiungere le classi A (minore o uguale a 30 kWh/mq per anno) e B (minore o uguale a 50 kWh/mq per anno), le uniche peraltro che possono fregiarsi del titolo vero e proprio di CasaClima, viene rilasciata un’apposita targhetta da apporre in facciata, in prossimità dell’ingresso. Uno strumento semplice di comunicazione, ma che – unitamente a un’intelligente campagna informativa condotta mediante studiati promo pubblicitari sui diversi media – ha portato gli stessi costruttori (inizialmente piuttosto restii nell’introdurre un livello di cogenza per la norma) a farsi primi sostenitori dell’iniziativa, per il maggior valore aggiunto, rispetto a un incremento dei costi di costruzione non così significativo, che una residenza CasaClima riesce a spuntare sul mercato immobiliare. Ma quali sono gli accorgimenti da adottare per realizzare una “classe A”? Prima di tutto un ruolo fondamentale è giocato dall’orientamento dell’edificio, che deve essere teso a massimizzare gli apporti energetici solari gratuiti e a minimizzare le dispersioni, rivolgendo i propri fronti vetrati a sud e le pareti opache a nord. Secondariamente risulta determinante la conformazione del corpo di fabbrica, che deve essere semplice e compatto, sì da ridurre al minimo il rapporto tra volume utile e superficie involucrante, evitando al tempo stesso pericolosi punti di dispersione per ponti termici. In terzo luogo occorre che la costituzione materiale dei manufatti sia capace di esaltare le prestazioni dell’involucro: grandi spessori di isolamento, dunque, e forte massa per smorzare in estate


Esterni e interni di una CasaClima A+ a Tesimo – Burgraviato. Costruttori: Feichter Roland e Haller Gerlinde; progettista: geom. Horst Palla Kaltern.

Le iniziative della Provincia di Milano La Provincia di Milano ha avviato un tavolo di lavoro su “Energia & Ambiente”, al fine di predisporre una base unitaria per i regolamenti edilizi dei singoli comuni, con l’obiettivo dichiarato di contenere i consumi energetici e ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera. Il programma di lavoro, i cui esiti provvisori sono disponibili sul sito della Provincia (www.provincia.milano.it/ambiente/energia/tavoloenergia.shtml) è il seguente: • stesura di linee guida per un regolamento edilizio tipo; • definizione delle procedure di verifica e di controllo; • definizione delle modalità di monitoraggio dei risultati; • preparazione di misure di accompagnamento. La Provincia intende inoltre attivare delle attività correlate con una migliore qualità edilizia condividendo con i Comuni i contenuti delle seguenti proposte:

• applicazione di uno schema di certificazione edilizia da applicare su base volontaria; • preparazione di linee guida per le diagnosi energetiche; • realizzazione di campagne di informazione ai cittadini sui costi e i benefici degli edifici a basso consumo e ad alta qualità ambientale; • ideazione di un concorso annuale

per le migliori realizzazioni (premi per progettisti, costruttori, comuni). Il bilancio energetico di un edificio (Qt + Qv) – η (Qi + Qs) In questa semplice formula di fisica tecnica è racchiuso il principio progettuale alla base di una CasaClima. Il primo termine rappresenta la somma delle perdite termiche, per trasmissione (Qt) e per ventilazione (Qv), mentre il secondo esprime gli apporti gratuiti, ovvero i guadagni termici per i cosiddetti carichi interni (luci, elettrodomestici, persone…, per edifici residenziali viene convenzionalmente usato il valore 3,5 W/mq, mentre per edifici per uffici 4,5 W/mq) e per i

guadagni termici solari. η è un coefficiente che esprime il grado di utilizzazione dei guadagni, a seconda che la costruzione sia con struttura leggera, media o pesante. La differenza tra perdite termiche ed apporti gratuiti visualizza, in regime invernale, la quota di fabbisogno energetico che occorre andare in continuo a reintegrare mediante il riscaldamento e fornisce, quindi, una misura diretta di quanto “consuma” la singola casa. I corsi di formazione La SiB (Seminari in Bioedilizia), in collaborazione con l’ufficio Aria e Rumore della Provincia Autonoma di Bolzano, organizza affollatissimi corsi base (20 ore) e di specializzazione (40 ore) per i progettisti, in italiano e tedesco, che in varie località dell’Alto Adige illustrano princìpi e modalità operative di gestione del software CasaClima. I contenuti dei corsi spaziano dalla fisica tecnica alla tecnologia, dai particolari costruttivi alle dotazioni impiantistiche, sempre mantenendo un’apprezzabile approccio fortemente pragmatico. Decisamente interessante anche la visita finale a una realizzazione CasaClima, ove toccare con mano gli esiti e le problematiche di questa innovativa filosofia del costruire. Informazioni riguardanti i corsi base CasaClima per progettisti in lingua italiana possono essere richiesti all’indirizzo e-mail: sib@brennercom.net – tel. 320.6045009 dalle ore 9.00 alle ore 12.00. Per saperne di più Ufficio Aria e Rumore, via Amba Alagi 35, 39100 Bolzano, tel. 0471 411820, e-mail: all@provincia.bz.it. Gli Esperti CasaClima e le Aziende specializzate CasaClima sono pubblicate sulla homepage www.casaclima.info nella rubrica “Indirizzi”. C. S.

49 PROFESSIONE NORMATIVE E TECNICHE

l’onda termica proveniente dall’esterno. A questi pratici suggerimenti, si aggiunge poi quello di dotare l’aspirante CasaClima di sistemi di ventilazione meccanizzata con scambiatori di calore di buon rendimento, che permettano di conservare all’interno dei locali il caldo, provvedendo in automatico al ricambio dell’aria interna. Se poi, oltre che del calore, ci si preoccupa dell’ambiente in senso più lato, adottando materiali bioecologici garantiti, quali lana di pecora o fibre di cellulosa, e soddisfacendo più elevati criteri di sostenibilità e di tutela della salute, allora è possibile raggiungere anche la classe A+. Ogni anno, un’apposita commissione di esperti sceglie la migliore CasaClima realizzata in Alto Adige, in quello che è diventato un evento di grande risonanza mediatica e che contribuisce ancor più a diffondere questo approccio nella pur già avvertita categoria dei progettisti.


a cura di Sara Gilardelli

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La riforma delle professioni in un’ottica europea Sono anni che si sente parlare, in Italia, della Riforma delle Professioni, ma di fatto, una legge specifica ancora non c’è. Guardando invece il più ampio contesto europeo qualcosa si è mosso: vale quindi la pena tracciare il percorso di due direttive (appunto europee) che avranno un notevole impatto sul futuro della nostra professione. La prima, di ampia applicazione, nasce dalla dichiarazione dei Capi di Stato europei riuniti a Lisbona nel 2000 e di seguito, diffusamente conosciuta come l’Agenda di Lisbona. L’Agenda di Lisbona si poneva l’obiettivo, il cui raggiungimento fu allora previsto per il 2010, di creare in Europa “l’economia basata sulla conoscenza, più dinamica e competitiva del mondo, capace di crescita economica sostenibile con più lavoro, maggiore coesione sociale e rispetto per l’ambiente”. Questa idea, sicuramente ottimista, va vista nell’ottica del mondo di allora: c’era grande speranza per le enormi possibilità offerte dalla rivoluzione tecnologica, non era scoppiata la guerra in Iraq, l’11 settembre era una giornata qualunque e la Cina e l’India non avevano ancora pienamente rivelato il loro potenziale di concorrenza. Era ovvio comunque che l’Europa, per essere competitiva, doveva rivedere parecchie cose. Il confronto negativo con gli U.S.A. rendeva evidente la necessità di una grande riforma strutturale per arrivare a realizzare una decisa trasformazione nella nostra economia. L’Agenda chiedeva una strategia per rendere possibile la mobilità dei lavoratori tra Stati diversi come se si restasse nell’ambito del proprio paese. Una visione a lungo respiro dove comincia il cammino della Direttiva sui Servizi del Mercato Interno (SIM). I princìpi regolatori erano l’orizzontalità e l’armonia, cioè una legge che valesse per tutte le categorie e che cercasse di semplificare

e di unificare tutte le regole burocratiche ed amministrative relative alla libera circolazione dei prestatori di servizi. Nel 2004 usciva la cosiddetta Direttiva Bolkestein, il cui credo fondamentale era che la totale liberalizzazione dei mercati avrebbe risolto tutto. Il nodo cruciale del documento, che ha provocato aspre proteste, è stato il principio del “paese di origine”. Il signor Bolkestein, economista, credeva erroneamente che quello che veniva accettato in un paese, per forza di cose doveva andare bene in qualsiasi altro paese. Purtroppo la sua visione poteva applicarsi alla scatola di pomodori pelati, ma non al mondo più complesso coperto dalla direttiva. In tale direttiva si paragonavano e consideravano servizi di aree delicate come educazione, cultura, conoscenza, residenza sociale e ambiente, alla stregua di prodotti commerciali. La direttiva era rivolta a “qualsiasi attività economica di libera professione”, cioè agenti immobiliari e agenzie di noleggio auto erano equiparate a studi di medici, architetti o avvocati. Giustamente a nostro avviso, questa bozza ha suscitato grandi contestazioni e preoccupazioni per i possibili risvolti negativi sulla qualità dei servizi, per la scarsa protezione dei lavoratori e per l’indebolimento del potere delle amministrazioni, a discapito dei servizi di welfare. C’era anche una componente di preoccupazione verso la concorrenza sleale, il dumping sociale, che sicuramente non favoriva la protezione del consumatore. Ora abbiamo una proposta di Direttiva del 16 febbraio 2006, modificata ai primi di aprile, che vede definitivamente eliminato il principio del paese d’origine. Viene invece riconosciuta la validità del concetto opposto, ovvero la necessità di attenersi alle regole del paese ospite; un po’ come succede per la patente di guida. In questa nuova versione del documento, viene anche sottolineata l’importanza del principio di protezione dell’interesse generale in merito a sicurezza, ambiente e protezione del lavoratore. Si riconosce l’importanza

della diversità culturale e linguistica e l’inviolabilità di alcuni organismi di pubblico interesse. Difatti, dalla direttiva, vengono escluse molte professioni ed attività, come servizi sociali, culturali e medici, oltre agli enti che gestiscono la residenza pubblica. Oggi la direttiva accoglie la definizione di “libera professione” basata sulla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, che dice testualmente: “Le libere professioni sono esercitate sulla base di relative qualifiche professionali in una funzione personale, responsabile e professionalmente indipendente, da coloro che forniscono servizi intellettuali e di concetto nell’interesse di clienti privati e pubblici”. Riteniamo positive le modifiche apportate a questa direttiva, e ora possiamo esaminare la seconda: quella sulle “Qualifiche professionali”, la 36/2005, che sostituisce la Direttiva 384/1985. In questa direttiva siamo riusciti a mantenere un approccio settoriale per l’accesso alle professioni regolamentate. Rimangono parte integrante gli 11 punti che definiscono il ruolo dell’architetto ed inoltre siamo riusciti ad ottenere che tutti gli aspetti delle qualifiche verranno esaminati da un processo di “comitatologia”. Perciò saremo coinvolti nelle decisioni che ci competono, sia al livello generale, che settoriale. È la prima volta che viene introdotto l’obbligo della Commissione a consultare le professioni, e questo è incluso nel testo chiave della direttiva. Approfittando dell’occasione, si è cercato di stabilire una soglia minima di 5 anni di studio e 2 di pratica per l’accesso alla professione di architetti, che è un criterio stabilito dall’UIA (Union Internationale des Architectes) e che il CAE (Consiglio degli Architetti d’Europa) sottoscrive in pieno. Ciò non è stato possibile visto che era necessaria l’unanimità del Consiglio e che c’è stata la prevedibile opposizione di quegli stati membri che hanno una formazione per la figura di architetto limitata a 4 anni. Questa è stata quindi la soglia mantenuta nella nuova direttiva, ma di fatto tutti i prin-


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enti privati. Questo sistema è già vigente in 9 paesi europei, in alcuni casi addirittura obbligatorio ed è un’idea fortemente condivisa sia dall’UIA che dal CAE. Assieme a questo sistema di aggiornamento, va anche sottolineata l’importanza della formazione, per garantire una maggiore preparazione all’esercizio della professione. Va segnalato che il 29 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha stabilito il tirocinio obbligatorio per alcune professioni, compresi gli architetti. La disciplina su modalità e durata dei tirocini entrerà in vigore con gli Esami di Stato del 2007. È molto probabile infine che fra poco, in Italia, vedremo delle proposte concrete di riforma degli Ordini, per puntare su una totale liberalizzazione del mercato. Con un numero di architetti (126.000 circa, quasi pari a quelli presenti negli U.S.A.) metà dei quali iscritti negli ultimi 10 anni e con un’incidenza pro-capite seconda al mondo solo al Giappone, non ritengo che il problema sia la difficoltà di accesso alla professione. È necessario invece che come architetti, arriviamo ad essere coscienti della nostra responsabilità verso il pubblico interesse, l’ambiente ed il futuro, attraverso innanzitutto un rapporto di concorrenza leale tra colleghi, un controllo sulla formazione e

un’ottima preparazione e un serio aggiornamento professionale. Tutto questo per arrivare, come professione (e non necessariamente con il sistema ordinistico attuale), a riconquistare visibilità e credibilità. Questa conquista è fondamentale per poter lavorare meglio, all’interno dell’Europa futura e di oggi, e per migliorare la qualità della vita. È la politica strategica del CAE, che vuole riconciliare i princìpi contenuti nell’Agenda di Lisbona, con quelli della cosiddetta Agenda di Gothenburg sullo sviluppo sostenibile: questo deve essere l’obiettivo di tutti noi. Luciano Lazzari presidente dell’Ordine degli Architetti di Trieste e vice Presidente del Consiglio Architetti d’Europa

Nota: maggiori informazioni si possono trovare sul sito www.ace-cae.org e si segnala che registrandosi gratuitamente, si potrà ricevere l’info sheet del CAE con informazioni su tutti gli sviluppi europei che riguardano la nostra professione.

PROFESSIONE ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE

cìpi della vecchia direttiva sono stati garantiti e ribaditi. Alla luce di tutto ciò, possiamo trarre dei princìpi che andranno sicuramente ad influire sulla nostra professione e più precisamente, sulla riforma che prima o poi verrà adottata in Italia. Il principio fondamentale che sta alla base di tutto è quello della protezione del Consumatore, o più propriamente, dell’Utente. I punti chiave che ne conseguono sono: • L’informazione. È stato stabilito il principio (non ancora l’obbligo) dell’istituzione di una carta professionale o carta d’identità, che permetta di dimostrare le proprie qualifiche professionali in qualsiasi momento. Il documento conterrà tutte le informazioni relative al professionista: la qualifica iniziale, l’esperienza di tirocinio o di lavoro, qualsiasi aspetto relativo a sanzioni subite o rischi professionali in corso, ecc. Assieme a questa, a garanzia di tutte le parti, sarà importante arrivare ad un Elenco Prestazionale che entra nel specifico dell’incarico del professionista. • Assicurazione professionale. Non ancora obbligatoria nella Direttiva, è vista come necessaria per la tutela dell’interesse pubblico. • Pubblicità. Questo principio viene anche visto come occasione di tutela e di trasparenza e pertanto vengono tolte tutte le inibizioni a questo strumento. A tal fine, il CNAPPC (Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori) ha predisposto la revisione dell’Art. 35 delle Norme deontologiche. • Tariffe. Ci sono ormai soltanto 3 paesi europei con un tariffario minimo e anche se la U.E. non può intervenire laddove, come in Italia, le tariffe minime sono conseguenti ad una legge di Stato, si può prevedere che prima o poi l’Italia si adeguerà a questa tendenza – iniziando probabilmente dai lavori per privati. • CPD (Continued Professional Development). Viene auspicato un sistema di aggiornamento professionale, che potrà essere condotto da società industriali e commerciali, Ordini, Università, amministrazioni locali ed


a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

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Legge G.U. n. 58 del 10.3.2006 Serie generale Legge 20 febbraio 2006, n. 77 Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell’UNESCO La legge all’Art. 1 sottolinea il valore simbolico dei siti italiani UNESCO che, inseriti nella “lista del Patrimonio mondiale” ed individuati dalla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio mondiale culturale e ambientale firmata a Parigi il 16 novembre 1972 dai Paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), costituiscono per il patrimonio culturale, paesaggistico e naturale italiano punte di eccellenza. L’Art. 2 stabilisce le priorità di intervento qualora i progetti di tutela e restauro dei beni culturali, paesaggistici e naturali, inclusi nel perimetro di riconoscimento dei siti italiani UNESCO siano oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti. L’Art. 3 istituisce i Piani di gestione per assicurare la conservazione dei siti italiani UNESCO e creare le condizioni per la loro valorizzazione. L’Art. 4, ai fini di una gestione compatibile dei siti italiani UNESCO e di un corretto rapporto fra flussi turistici e servizi culturali offerti, fissa le misure di sostegno tramite la previsione di interventi attuativi. G.U. n. 60 del 13.3.2006 Serie generale Legge 3 marzo 2006, n. 86 Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-Legge 1° febbraio 2006, n. 23, recante misure urgenti per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo, conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio in determinati comuni Il Decreto-Legge 1° febbraio 2006, n. 23, recante misure urgenti per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo, conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio in determinati comuni, è convertito in legge. B.U.R.L. 1° Suppl. ordinario al n. 11 del 14 marzo 2006 Legge regionale 9 marzo 2006, n. 7 Riordino e semplificazione della normativa regionale mediante testi unici

L’Art. 1 della legge sancisce le finalità e oggetto. Ai fini del riordino e della semplificazione della normativa regionale vigente, la legge disciplina le modalità e le procedure per la redazione e l’approvazione di testi unici, riguardanti materie e settori omogenei. L’Art. 2 tratta delle caratteristiche ed effetti dei testi unici. Il testo unico provvede, con l’entrata in vigore, all’abrogazione delle disposizioni il cui contenuto ha trovato collocazione nello stesso testo unico e altre eventuali disposizioni che, pur non avendo trovato collocazione nel testo, devono essere abrogate. Il testo unico indica inoltre le disposizioni che, non inserite nello stesso e vertenti sulla medesima materia o settore omogeneo, restano in vigore. Le disposizioni vigenti non abrogate espressamente dal testo unico mantengono la stessa efficacia. Le disposizioni dei testi unici non possono essere abrogate, derogate, sospese se non mediante l’indicazione precisa della norma da abrogare. Nei casi di abrogazione o modifica esse devono intervenire direttamente sul testo unico. L’Art. 3 stabilisce le norme direttive per la redazione dei testi unici, l’Art. 4 i criteri di approvazione. B.U.R.L. 2° Suppl. ordinario al n. 13 del 28 marzo 2006 Regolamento regionale 27 marzo 2006, n. 5 Modifiche al regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1 (Criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica – Art. 3, comma 41, lettera m –, L.R. 5 gennaio 2000, n. 1) L’Art. 1 elenca le modifiche al regolamento regionale 1° febbraio 2004, n. 1 in materia di assegnazione e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Il nuovo testo fissa oggetto e ambito di applicazione, i criteri per i bandi di assegnazione, le procedure per la presentazione della domanda, i requisiti soggettivi, la valutazione della domanda, la costituzione delle graduatorie comunali, i criteri di assegnazione degli alloggi. B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 13 del 31 marzo 2006 D.g.r. 15 marzo 2006, n. 8/2121 Criteri e procedure per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici in attuazione della Legge regionale 11 marzo 2005, n. 12

La giunta regionale delibera di approvare il documento “Criteri e procedure per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici in attuazione della L.R. 11 marzo 2005 n. 12 che costituisce normativa di riferimento alla quale gli enti, cui sono attribuite le funzioni amministrative per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche dovranno attenersi. Il Capitolo 1 tratta del paesaggio e della tutela paesaggistica, il Capitolo 2 delle aree e beni assoggettati a specifica tutela paesaggistica, il Capitolo 3 della ripartizione delle competenze tra regione ed enti locali. Il Capitolo 4 fissa criteri e procedure relativi ad alcune categorie di opere ed interventi, il Capitolo 5 il procedimento amministrativo in materia di paesaggio. Il capitolo 6 stabilisce i criteri di valutazione paesaggistica dei progetti tramite il percorso metodologico. C. O.

Stampa Ambiente Ambiente, codice sotto esame. I rilievi riguardano il parere negativo delle autonomie e il mancato vaglio da parte del Consiglio di Stato (da “Il Sole 24 Ore” del 21.3.06) Sulla delega ambientale il Quirinale vuole chiarimenti. Con una lettera, il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha chiesto al Governo spiegazioni sul rispetto delle competenze regionali e sulle ragioni del parere negativo espresso dalla Conferenza Stato Regioni. Il decreto legislativo che riordina tutta la materia ambientale è stato trasmesso alla Presidenza della Repubblica per essere emanato. Ma invece del via libera è arrivata una richiesta di spiegazioni. Questo decreto rappresenta una sorta di Testo Unico che disciplina un ampio ventaglio di argomenti: Via (Valutazione d’impatto ambientale), Vas (Valutazione ambientale strategica), autorizzazione ambientale integrata, difesa del suolo, tutela delle acque, gestione delle risorse idriche, rifiuti, bonifiche, tutela dell’aria, riduzione delle emissioni, danno ambientale.


L’appalto ritorna congiunto. Le amministrazioni saranno libere di individuare i confini della gara (da “Il Sole 24 Ore” del 25.3.06) Con il nuovo Codice degli appalti cade uno dei dogmi della Legge Merloni: la rigida separazione tra la progettazione delle opere pubbliche e la realizzazione. L’Articolo 53 del provvedimento lascia alle amministrazioni il potere di decidere se affidare la sola esecuzione, il progetto esecutivo e i lavori insieme, oppure anche il progetto definitivo e quello esecutivo insieme con i lavori. Le vecchie definizioni di “appalto integrato” e ”appalto concorso” vengono cancellate senza sostituzioni. Il risultato è una sostanziale liberalizzazione degli affidamenti. La separazione tra progettazione e costruzione era uno dei punti qualificanti della Merloni, idea nata da una spinta moralizzatrice dell’epoca post Tangentopoli, che aveva convinto il legislatore della necessità di sottrarre alle imprese la leva del progetto, per evitare il malcostume delle successive varianti che facevano lievitare i prezzi. Norme tecniche Antincendio, verso il tramonto del nulla osta provvisorio (da “Edilizia e Territorio” del 20-25.3.06) Il Nop (Nulla osta provvisorio) per l’antincendio, utilizzabile per i locali destinati ad attività economiche o comunque al pubblico, nato con la Legge 818/1984, è destinato a scomparire. La decadenza finale di tutti i Nop è fissata a febbraio 2009. Entro quella data occorre convertirsi alle più stringenti misure del certificato di prevenzione incendi. La conferma viene dal DM dell’Interno 29 dicembre 2005, con le direttive per il superamento del regime del Nulla osta provvisorio, ai sensi dell’Articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37. Paesaggio Minisanatoria paesaggistica al via. L’autorizzazione postuma è consentita solo se non c’è creazione o aumento di volumi e superfici (da “Edilizia e Territorio” del 13-18.3.06) Debutta l’accertamento di compatibilità

paesaggistica postumo. I piccoli interventi sui beni paesaggistici effettuati in assenza o in difformità dall’autorizzazione potranno essere sanati, previo pagamento di una sanzione pecuniaria. A prevederlo è il decreto legislativo che modifica il Codice dei beni culturali. La possibilità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica postuma riguarda tre tipologie di intervento: i lavori che non hanno creato superfici utili o volumi (né hanno aumentato quelli legittimamente realizzati), l’impiego di materiali diversi da quelli previsti dall’autorizzazione paesaggistica, i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. Parchi Tangenziali di verde contro smog e traffico (dal “Corriere della Sera” del 7.4.06) L’idea di un anello di alberi che circonda Milano, proposta già dal direttore di “Domus”, Stefano Boeri, è stata ripresa, sviluppata e modificata da Giovanni Terzi, consigliere di Fi e presidente della Commissione Ambiente di Palazzo Marino. Il concetto è semplice: due cerchi concentrici, il primo è costituito da un anello esterno di 60 chilometri. L’obiettivo è riunire il Parco Nord al Parco Sud con un lavoro di cucitura e di recupero, utilizzando le aree dismesse e il verde dei grandi progetti di recupero urbano. L’altro anello è la cerchia dei Bastioni: anche qui si tratta di ricucire ma soprattutto di creare, trasformando parte della cerchia in percorso pedonale riempiendo di verde l’anello interno. I due anelli dovrebbero essere collegati con percorsi ciclo pedonali. Restauro Restauri, 8 milioni per i monumenti di Milano (dal “Corriere della Sera” del 7.4.06) La mappa dei prossimi interventi di restauro a Milano comprende: la Pinacoteca di Brera, Palazzo Litta, La Sala delle Cariatidi, l’Arco della Pace, la torre del Circo Romano e tanti altri edifici e opere d’arte. Sono stati stanziati fondi per 8.650 mila euro, finanziati dal Ministero dei Beni Culturali. Il programma si chiama “Milano più bella”. Il finanziamento maggiore (4.431 mila euro) è destinato al progetto Brera in Brera che prevede l’ampliamento della Pinacoteca, l’acquisizione di Palazzo Citterio e il trasferimen-

to di una parte delle attività dell’Accademia di Belle arti alla Bovisa. La legge riconosce la qualifica (da “Il Sole 24 Ore” del 5.4.06) Il Presidente della Repubblica ha firmato il D.Lgs 42/2004 con cui il Governo ha introdotto modifiche al codice dei Beni culturali in materia di restauro. In particolare, sono stati modificati l’Articolo 29, che definisce la qualifica di restauratore e le modalità per ottenerla, e l’Articolo 182, che detta le norme transitorie. Alle scuole di alta formazione, il D.Lgs affianca “centri, anche a carattere interregionale, dotati di personalità giuridica”. Urbanistica Roma, PRG da 64,5 milioni di mc (da “Edilizia e Territorio” del 13-18.3.06) Sviluppo edificatorio concentrato nella centralità, per creare dei poli di aggregazione alternativi al centro storico; potenziamento delle reti, specialmente ferroviarie; riqualificazione delle periferie; tutela delle aree verdi e delle zone archeologiche. Va in questa direzione, il nuovo Piano regolatore della Capitale, approvato dal Consiglio comunale, a tre anni dall’adozione. Da qui in avanti la crescita edilizia di Roma sarà di 64,5 milioni di metri cubi. M. O.

53 PROFESSIONE STRUMENTI

Appalti


54

Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Monza e della Brianza fax: 039 3309869 Segreteria: segreteria@ordinearchitetti.mb.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it

Milano

a cura di Laura Truzzi Designazioni • Impresa EDIL CAS S.R.L. di Milano: richiesta di professionisti per collaudo di opere in c.a. relative alla realizzazione di n. 2 palazzine plurifamiliari in Comune di Lentate sul Seveso, via Salvetti 77. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Aldo BESOZZI, Marco BRAJKOVIC, Umberto SANTAMBROGIO. • COMUNE DI SAN GIORGIO SU LEGNANO: richiesta di professionisti esperti in materia di tutela paesistico-ambientale per rinnovo commissione edilizia comunale. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Luigia Carla DAL PUPPO, Giancarlo LEONE, Silvia PERTOLDI, Maria Grazia SOLINAS, Alessandra UBERTAZZI. • Arbitrato Arcobaleno Plus Soc. Coop a r.l./Parrocchia di San Protaso: richiesta di professionista per rinnovo di nomina di nuovo arbitro. Il Consiglio dell’Ordine ha nominato quale terzo arbitro con funzioni di Presidente: Eugenio GARLASCHELLI. • POLITECNICO DI MILANO. Come da sorteggio effettuato per le commissioni degli esami di laurea relative all’Anno Accademico 2004-2005 e verifica delle disponibilità, si nominano i seguenti architetti: – Laurea Specialistica in Architettura del 7 aprile 2006 In ordine progressivo di commissione: Paolo RAPETTI, Franco MISANI, Giuliano BANFI, Maurizio MONTI, Massimo MAGNI, Vittorio RIGAMONTI, Claudio REATO, Alberto ZONA, Gianmarco MONTAGNA, Giorge A. LATOUR HEINSEN, Umberto ANDOLFATO, Franco GALAVOTTI, Eugenio VENDRAMET, Roberto MASCAZZINI. – Laurea Specialistica in Architettura del 7 aprile 2006: Alessandra LELLI. – Laurea in Architettura del 6 aprile 2006.

In ordine progressivo di commissione: Sandro ROLLA, Adele BUGATTI, Lucia BERGO, Enrico CHIAPPETTI. – Laurea Specialistica in P.U.P.T. del 7 aprile 2006. In ordine progressivo di commissione: Oscar BONAFÈ, Lorenzo PONTIGGIA. – Laurea Specialistica e Vecchio Ordinamento in Disegno Industriale del 6 aprile 2006: Marco Mario DUINA, Matteo Pietro CASATI, Paolo VANNI. Laurea di II° livello in Architettura – Architettura delle Costruzioni del 7 aprile 2006: Massimo MALASPINA. Serate • Dove si va? La riforma delle professioni e il suo tortuoso iter 12 aprile 2006 Hanno partecipato: Daniela Volpi, Leopoldo Freyrie, Luciano Lazzari L’architetto che si deve muovere con competenza tra storia e modernità non può non confrontarsi con la necessità di tenere la propria professione, antica, al passo con l’attuale globalizzazione del mercato. Per questo si parla molto della riforma delle professioni, attesa già dal 1994. È questo l’argomento, molto dibattuto e partecipato, che è stato discusso in occasione della serata presso la sede dell’Ordine degli Architetti del 12 aprile scorso; serata aperta dal Presidente dell’Ordine di Milano Daniela Volpi che ha visto numerosi interventi anche da parte del pubblico presente in sala. È questo il primo incontro, al quale in Consiglio dell’Ordine si propone di farne seguire altri, volto ad illustrare lo stato delle proposte elaborate dal Governo italiano alla luce della recente direttiva europea relativa al “riconoscimento delle qualifiche professionali”, approvata nel giugno scorso, e delle altre norme europee in materia di “libera circolazione dei servizi”. Luciano Lazzari, Presidente dell’Ordine di Trieste e Vice Presidente del Consiglio degli Architetti d’Europa, sottolinea l’im-

portanza di quest’ultimo, nel quale convergono 31 Paesi in rappresentanza di 42 Ordini, che ambisce a diventare il punto di riferimento per l’Europa. Per contestualizzare la situazione attuale, Lazzari traccia l’excursus di due direttive europee che coinvolgono la nostra professione. La prima risale al 2000 quando i Capi di Stato europei, in un clima di grande ottimismo e in un contesto economico ancora positivo, ratificarono l’Agenda di Lisbona che si riprometteva di creare in Europa il più grande polo intellettuale del mondo. Nel 2004 nasce la “Direttiva Bolkestein” che assimila le attività culturali a quelle commerciali e soprattutto applica il principio del “Paese d’origine” nel quale il lavoratore è sottoposto al rispetto della normativa del suo paese d’origine; ciò che viene accettato in un Paese viene accettato in tutti i Paesi. Essendo rivolta a qualsiasi attività economica di libera professione, la direttiva punta alla liberalizzazione totale dei mercati, equiparando agenti immobiliari a studi medici, architetti o avvocati. Conseguenze di questa direttiva sono, secondo Lazzari, la mancata protezione del lavoratore, l’indebolimento del potere della amministrazioni locali e la comunque scarsa tutela del consumatore. Il 16 febbraio scorso si è passati alla seconda fase di questo iter europeo dove viene riconosciuta la necessità di attenersi alle regole del Paese ospite e vengono escluse, dai dettami della direttiva europea, alcune attività come servizi sociali, culturali e medici. Solo nella modifica alla direttiva, avvenuta nello scorso mese di aprile, l’architetto è stato assimilato agli altri professionisti e quindi è stato automaticamente escluso dall’Art. 3. È stata quindi finalmente riconosciuta l’importanza della libera professione regolamentata che viene esercitata sulla base di effettive qualifiche professionali settoriali, mentre è fallito il tentativo dei geometri di essere riconosciuti alla pari degli architetti. Infine, Lazzari parla delle più evidenti conseguenze della direttiva europea sulla riforma che


gli addetti ai lavori e anche l’incontro prosegue con numerosi interventi dei presenti in sala e con un animato dibattito. Giovanni Loi, segretario di anarchit (Associazione Nazionale Architetti Italiani) interviene con un’indagine sulla storia delle facoltà di architettura dal 1968 dalla quale emergono le origini di questi problemi professionali di cui si sta dibattendo. Importante per Loi il riferimento al Diritto Comunitario e aggiunge alcuni punti all’elenco della richieste dell’anti-trust europeo, e che il CNA non ha mai voluto riconoscere come la libera concorrenza tra professionisti e meno vincoli all’esercizio della professione. Secondo Freyrie l’anti-trust si occupa degli architetti in quanto sono sul mercato, ma in realtà si occupa della concorrenza economica e non esaurisce tutti gli aspetti della politica europea. La nostra professione è una professione culturale pagata sul mercato e il CNA fa tutto ciò che è in suo potere per tutelare la professione ritenendola un’attività deontologica. Per questo non accetta nemmeno le S.r.l. in quanto sarebbero composte dal 51% di soggetti non architetti. A Loi fa seguito una parte del pubblico presente in sala per il quale il CNA e il Consiglio Europeo non hanno titolo per modificare le normative vigenti al quale Freyrie risponde che il problema sta nel fatto che la categoria degli architetti ha poca voglia di partecipare attivamente ai dibattiti e ai gruppi di lavoro. Edoardo Zanaboni, Consigliere dell’Ordine, ribadisce la richiesta di partecipazione attiva da parte di tutti gli iscritti all’Ordine in quanto è necessario che siano presenti in tutti i punti di discussione per la difesa economica della professione, nel rispetto del consumatore ma pretendendo da questo altrettanto rispetto. Marco De Allegri, membro del Consiglio direttivo del Co. Di. Arch. (Comitato di Difesa degli Interessi degli Architetti Milano) chiede più concorrenza e tutela ambientale per l’Italia e pone la domanda se l’Ordine professionale debba tutelare l’interessa pubblico generale o tutelare gli

iscritti. Nel primo caso dovrebbe essere piuttosto un’Authority o un ente terzo, nel secondo sarebbe più opportuno che fosse un sindacato libero. De Allegri afferma che non può essere concesso il ruolo di rappresentanza ad un organismo ad iscrizione obbligatoria da cui non ci può dissociare, pena l’uscita dal mercato del lavoro. Per quanto riguarda la cosiddetta “formazione permanente”, De Allegri chiede che nella proposta legislativa venga ridimensionato il capitolo e che si parli piuttosto di “aggiornamento professionale” in quanto l’architetto è già un professionista ben formato che dopo 5 anni di esami a livello universitario ha affrontato l’Esame di Stato e il duro mercato del lavoro. Infine, De Allegri contesta l’idea che possa essere concesso il ruolo di garante della qualità e della formazione a colleghi che operano in aperta concorrenza su identico mercato del lavoro. In Italia se si procedesse alle cancellazioni annuali dall’Ordine per mancata osservazione del precetto della formazione permanente, l’architetto cancellato verrebbe automaticamente escluso dal mercato del lavoro, a differenza da ciò che avviene, ad esempio in Inghilterra, dove un architetto può venire escluso dal RIBA per mancato aggiornamento, ma dove non è necessario essere iscritto al RIBA per poter esercitare la professione. Ultimo intervento quello di Alberto Scarzella, Consigliere dell’Ordine, che ha proposto l’organizzazione della serata e che richiede ai Consiglieri nazionali di non consentire all’obbligatorietà dell’assicurazione prima di aver rielaborate tutte le norme coperte da assicurazione per renderle finalmente certe ed interpretabili. Risposte conclusive di Lazzari che invita i colleghi ad un occhio particolare alla qualità architettonica e del Presidente Daniela Volpi che conferma l’intenzione che questa possa essere solo la prima delle serate che verranno organizzate per proporre un’alternativa valida alla riforma delle professioni.

55 INFORMAZIONE DAGLI ORDINI

prima o poi verrà adottata in Italia: l’istituzione di una carta di identità professionale che conterrà tutte le informazioni relative al professionista e gli aggiornamenti obbligatori. Passando dalla “scala europea” e quella italiana, Leopoldo Freyrie, consigliere del Consiglio Nazionale degli Architetti, pur confermando la necessità assoluta della riforma delle professioni, non si illude che questa possa risolvere tutti i problemi dell’adattamento di una professione antica al mondo contemporaneo e si auspica che lo scollamento tra parlamento europeo e quello italiano venga colmato dalla richieste delle direttive e dell’anti-trust europei. In Italia, ad oggi nessuna delle proposte parlamentari sulla riforma delle professioni è arrivata alla fine dell’iter e non è mai stato tenuto conto del lavoro fatto in questo senso dalle istituzioni europee. I punti più urgenti di adeguamento che l’Europa ci chiede sono: • 1) maggior informazione al cliente-committente (che Freyrie distingue dall’utente) da parte del professionista; • 2) garanzia assicurativa al cliente da parte del professionista (che in Italia ha dei costi altissimi rispetto ad altri Paesi); • 3) pubblicità liberalizzata, cosa che l’italia ha già in parte fatto; • 4) costante aggiornamento professionale. Comparando medici e architetti, l’anti-trust europeo suggerisce l’impegno morale nei confronti del committente al continuo aggiornamento obbligatorio; • 5) tariffa professionale libera in quanto rapporto privatistico. A questo punto Freyrie tocca uno dei punti più deboli della professione dell’architetto in Italia sempre in accordo con gli altri relatori sulla necessità della riforma attesa da 10 anni: l’eccessiva localizzazione degli architetti che difficilmente escono dalla provincia mentre grandi studi stranieri vengono in Italia facendo pesare la loro capacità economica più della qualità del progetto. Dobbiamo provvedere al più presto ad una sorta di autoriforma che ci permetta di accedere al più ampio mercato straniero. L’argomento della serata non manca di suscitare interesse tra


A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969

Base dell'indice-novembre 1969:100

Anno 2003

Giugno

2004 2005 2006

56

Maggio

Luglio

1513,16 1514,42 1544,56 1548,32 1570 1570.93 1573,44

Agosto Settembre Ottobre Novembre 1520 1518,19 1520,70 1524,46 1525,72 1529,49 1550 1549,58 1552,09 1552,09 1552,09 1555,86 1580 1577,21 1579,72 1580,97 1583,48 1583,48

Tariffa stati di consistenza (in vigore dal dicembre 1982)

anno 1982: base 100

Anno 2004 2005

INDICI E TASSI

Gennaio Febbraio Marzo Aprile 1500 1510 1501,86 1504,37 1509,40 1511,91 1530 1540 1532 1537,02 1538,28 1542,04 1560 1555,86 1560,88 1563,39 1568,42 1590 1589,76 1593,53 1596,04

Dicembre

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10%. Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato)

1529,48

G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA

1555,86 1586

Gennaio 260 264,74

Febbraio Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre Ottobre

Novembre Dicembre

265,61

266,48

266,91

267,56

267,78

268,21

268,21

268,21

268,86

268,86

268,86

269,73

271,03

271,47

271,90

272,55

272,99

273,20

273,64

273,64

274,07

265,82 270 270,17

2006

274,72 275,37 275,81 n.b. I valori da applicare sono quelli in neretto nella parte superiore delle celle

Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno 2004 2005 2006

Gennaio 117,08 118,90 121,49

Febbraio 117,46 119,28 121,78

Marzo 117,56 119,48 121,97

Aprile 117,85 119,86

anno 1995: base 100 Maggio 118,04 120,05

Giugno 118,33 120,24

Luglio 118,42 120,53

Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)

anno 2000: base 100

Anno 2004 2005 2006

Giugno 108,73 110,49

Gennaio 107,58 109,25 111,64

Febbraio 107,93 109,61 111,90

Marzo 108,02 109,78 112,08

Aprile 108,28 110,14

Maggio 108,46 110,31

Luglio 108,81 110,75

Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)

anno 1999: base 100

Anno 2004 2005 2006

Giugno 113,95 115,80

Gennaio 112,75 114,51 117,00

Febbraio 113,12 114,87 117,28

Marzo 113,21 115,06 117,46

Aprile 113,49 115,43

Maggio 113,67 115,61

Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

2001 103,07

2003 108,23

2004 110,40

1997 108,33

1998 110,08

1999 111,52

2000 113,89

1998 101,81

Agosto 108,99 110,93

1999 103,04

2000 105,51

2001 117,39

2002 111,12

Settembre Ottobre 108,99 108,99 111,02 111,19

Novembre Dicembre 109,25 109,25 111,19 111,37

Settembre Ottobre 114,23 114,23 116,35 116,54

Novembre Dicembre 114,51 114,51 116,54 116,72

gennaio 2001: 110,50 2006 114,57 novembre 1995: 110,60 2002 120,07

2003 123,27

2003 113,87

2004 116,34

anno 1997: base 100 2001 108,65

Novembre Dicembre 118,90 118,90 121,01 121,20

gennaio 1999: 108,20 Agosto 114,23 116,26

anno 1995: base 100

Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

2005 112,12

Settembre Ottobre 118,61 118,61 120,82 121,01

dicembre 2000: 113,40

anno 2001: base 100

2002 105,42

Tariffa DLgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

Luglio 114,04 116,08

giugno 1996: 104,20 Agosto 118,61 120,72

2004 125,74

2005 127,70

2006 130,48

febbraio 1997: 105,20 2005 118,15

2006 120,62

Tariffa P.P.A. (si tralascia questo indice in quanto non più applicato)

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale Legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Articolo 9 della Tariffa. Provv. della Banca d’Italia (G.U. 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 4,50% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 4,75% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 4,50% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 4,25% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 3,75% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 3,25% Provv. della Banca d’Italia (G.U. 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 2,75% Provv. della Banca d'Italia (G.U. 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 2,50% Provv. della Banca d'Italia (G.U. 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003 2,00% Con riferimento all’Art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.

Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003

3,35% +7 2,85% +7

Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) dal 1.7.2003 al 31.12.2003

2,10% +7

Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11) dal 1.1.2004 al 30.6.2004

2,02% +7

10,35% 9,85%

Comunicato (G.U. 9.7.2004 n° 159) dal 1.7.2004 al 31.12.2004 dal 1.1.2005 al 30.6.2005

9,10%

Per valori precedenti consultare il sito internet del proprio Ordine.

2,09% +7

Comunicato (G.U. 28.7.2005 n° 174) dal 1.7.2005 al 31.12.2005

9,02%

2,01% +7

Comunicato (G.U. 8.1.2005 n° 5)

2,05% +7

Comunicato (G.U. 13.1.2006 n° 10) dal 1.1.2006 al 30.6.2006

2,25% +7

9,01% 9,09% 9,05% 9,25%

Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’Art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla diiplina delle locazioni di immobili urbani. 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’Art. 1 della Legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’Art. 24 della Legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’Art. 1 della Legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’Art. 24 della Legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove). Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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