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AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi

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EDITORIALE FORUM L.R. 12/2005 interventi di: Commissione Urbanistica della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, Gianni Beltrame, Lorenzo Spallino

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INFORMAZIONE Dagli Ordini

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INDICI E TASSI

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidenti: Daniela Volpi, Giuseppe Rossi, Ferruccio Favaron; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Angelo Monti; Segretario: Marco Francesco Silva; Tesoriere: Marco Balzarotti; Consiglieri: Franco Andreu, Renato Conti, Gianfredo Mazzotta, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 31.3.06) Ordine di Cremona, tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Luigi Fabbri; Consiglieri: Edoardo Casadei, Federica Fappani (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guernieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Federico Acuto, Giulio Barazzetta, Antonio Borghi, Maurizio Carones, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza, Antonio Zanuso (Termine del mandato: 14.12.05) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Paolo Marchesi; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Quintino G. Cerutti, Maura Lenti, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 30.6.05) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 30.6.05)


Sicuramente un percorso in salita quello delineatosi per la nuova legge per il governo del territorio, varata in extremis alla fine della legislatura per dotare la Regione Lombardia di un testo unico esaustivo in materia ediliziourbanistica. Se si è già, come è naturale, ampiamente dibattuto e scritto in merito ai significati culturali, agli obiettivi strategici, restano in ogni caso per gli operatori, tecnici ed amministratori i nodi da sciogliere e le implicazioni operative da precisare. In proposito è possibile scorrere una sintetica elencazione: – In primis una mancata interazione con il potere statale che ha portato (il 13 maggio) il Consiglio dei Ministri a impugnare innanzi alla Corte Costituzionale la nuova disciplina, ritenendola “censurabile” per i sottoesposti articoli: • L’art. 9, comma 12, 13 (relativo alla facoltà diretta dei privati ad attuare opere pubbliche su aree preposte a vincolo espropriativo nel Piano dei Servizi) e l’art. 11 comma 3, (relativo alla possibilità di compensazione) perché in contrasto con le norme in materia di realizzazione di opere pubbliche (che qualora “soprassoglia” dovrebbero essere invece realizzate nel rispetto dei criteri d’appalto fissati dalla legislazione comunitaria e nazionale); • L’art. 19, comma 2, lettera b) e art. 55 comma 1, lettera b) e l’art. 57 comma 1, lettera b) per contrasto di competenza in materia di rischi geologici, idrogeologici e sismici; • L’art. 27, comma 1, lettera e) e l’art. 33 perché in contrasto di competenza con il “codice delle comunicazioni elettroniche” (al cui riguardo non è necessario il “permesso di costruire”). E fin qui trattasi di conflitto riferito alla difesa formale delle norme del potere centrale, senza attenzione ai contenuti effettivi e significativi del testo normativo. – Un’ulteriore serie di obiezioni concerne invece la parte della legge in parziale variante/sostituzione del DPR 380/01, cioè la materia strettamente edilizia e precisamente la parte II (dall’art. 27 all’art. 54) che, a differenza della prima, non ha di fatto avuto alcun dibattito e concertazione preventiva. Le obiezioni dei Comuni concernono, per la verità, più che altro aspetti connessi a riduzioni di oneri urbanizzativi per: • L’art. 27 comma 1; lettera b) che ridefinisce quale manutenzione straordinaria “interventi che comportino la trasformazione di una singola unità immobiliare in due o più unità immobiliari o l’aggregazione di due o più unità immobiliari in un’unità immobiliare”, in precedenza rientranti nella fattispecie ristrutturativa”. • L’art. 52 comma 2 che, confermando il precedente art. 2 della L.R. 1/2001, sottrae però a qualsiasi controllo (con totale liberalizzazione i cambi di destinazione per unità inferiori a 150 metri lordi) estensibile quindi, con opportuni semplici accorgimenti, ad interi consistenti edifici. • L’art. 48, comma 3 per il mancato adeguamento o

meglio revisione in toto, della scheda per la determinazione del contributo sul costo di costruzione anacronistica e immotivatamente penalizzante per certe tipologie residenziali e che, in ogni caso, resta un onere di macchinosa applicazione. – Di maggior rilevanza restano tuttavia alcuni aspetti propriamente urbanistici di cui alla I parte e precisamente (solo per citarne alcuni): • All’art. 8 la vaghezza d’indicazioni relativamente al “documento di piano” che, va sottolineato, resta un atto formale deliberato, nei confronti del quale è possibile quindi presentare ricorsi qualora si dovesse ritenere che indirizzi, obiettivi, princìpi esposti nello stesso non siano garantiti o rispettati (sia nella loro generalità che nei confronti di singoli soggetti); • All’art. 11 ove si afferma che i “diritti edificatori attribuiti ai sensi del comma 3 sono liberamente commerciabili” quando per gli stessi invece non è pensabile una cessione se non tramite atti di convenzione che coinvolgano, oltre ai soggetti privati (venditore e acquirente), anche l’Ente pubblico; • All’art. 26, comma 2 in cui si condannano i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti ad una sorta di congelamento urbanistico di almeno un anno, in attesa di un’apposita deliberazione della G.R. circa “non precisati criteri” (quando l’esperienza insegna come difficilmente possa avvenire nella tempistica promessa); • Agli articoli 23 e 24 in cui restano formulazioni troppo generali e vaghe relativamente a supporto ed erogazione di contributi per gli Enti locali, in particolare nel caso dei piccoli Comuni che non dispongono di Uffici di piano e strutture d’ufficio per affrontare un assetto e una revisione urbanistica implicante disponibilità di risorse finanziarie, di mezzi e di apposito personale tecnico. Una carenza indubbiamente resta non aver inserito nel testo unico regionale un articolato relativo all’implementazione nell’edilizia delle energie da fonti energetiche biocompatibili e rinnovabili, favorendo il superamento della dicotomia tra “forma tecnica” e “forma architettonica”. In proposito va infatti rilevato che il DPR 380/2001 aveva già delineato sia pure sommariamente alcune indicazioni mentre la stessa Regione Lombardia non ha lesinato contributi mirati. A quanto sopra va infine aggiunto che il cambio di assessorato e dello staff di funzionari già preposti in Regione pone una seria ipoteca sulla continuità e sulla necessaria messa a punto operativa del nuovo testo legislativo che, indubbiamente resta un valido strumento innovativo, forse però varato con tempistica precipitosa, senza la necessaria completezza, non supportato da un’opportuna fase sperimentale e privo del corredo di regolamentazione atto ad un’agevole concreta, diffusa applicazione. Stefano Castiglioni Presidente della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti

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L.R. 12/2005 – Un’avvio applicativo non senza difficoltà


L.R. 12/2005

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Questo numero dedicato alla nuova Legge Regionale Lombarda per il Governo del Territorio è stato curato dalla Commissione Urbanistica della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, coordinata da Gianfredo Mazzotta. Pubblichiamo di seguito alcuni schemi esplicativi realizzati da Gianfredo Mazzotta ed un’analisi della Legge in questione firmata nel maggio 2005 da: Gianfredo Mazzotta (Ordine di Como), Stefano Castiglioni (Presidente Consulta), Fernando De Francesco (Ordine di Bergamo), Claudio Nodari (Ordine di Brescia), Mario Barbieri (Ordine di Cremona), Massimo Dell’Oro e Elio Mauri (Ordine di Lecco), Erminio Muzzi (Ordine di Lodi), Francesco Cappa (Ordine di Mantova), Marco Engel (Ordine di Milano), Giovanni Vanoi (Ordine di Sondrio). Sono inoltre intervenuti l’arch. Gianni Beltrame, urbanista, paesaggista, docente del Politecnico di Milano e l’avv. Lorenzo Spallino, esperto in urbanistica, dello Studio Legale Spallino di Como. Ringraziamo per i loro contributi tutti i partecipanti.

Legge per il Governo del Territorio, L.R. 12/2005. Analisi e valutazioni sulla struttura della Legge

Commissione Urbanistica della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Il lavoro svolto negli ultimi anni dalla Commissione Urbanistica della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti (attraverso convegni, incontri con gli uffici regionali, note informative) ha inteso contribuire al dibattito urbanistico e sociale, che l’emanazione della nuova Legge Regionale per il Governo del Territorio (L.R. 12/2005) sta inevitabilmente aprendo. L’operazione compiuta dalla Commissione Urbanistica, nell’analisi e valutazione dell’ultimo testo di legge regionale, è partita da una presa d’atto dell’entrata in vigore della Legge (tralasciando gli aspetti politici), per giungere a una lettura oggettiva delle potenzialità ma anche delle problematicità pratiche, che il testo innesca. Questo per evidenziare le conseguenze urbanistiche e territoriali che la nuova Legge produrrà nei prossimi mesi. Ora, ad emanazione avvenuta, è importante avviare un nuovo processo di valutazione e confronto al fine di evidenziare problematicità e conseguenze applicative contribuendo in tal modo a una corretta evoluzione della Legge affinché la stessa sia portatrice di uno sviluppo corretto e ambientalmente sostenibile. Considerazioni sulla filosofia della Legge La consapevolezza della necessità, sicuramente irrinunciabile, di un aggiornamento e revisione della attuale L.R. 51/1975 alla luce dei mutati scenari sociali, economici e disciplinari è il punto di partenza indiscutibile per l’analisi

e la valutazione della Legge Regionale per il Governo del Territorio. Essa propone inoltre una sorta di Testo Unico delle normative urbanistiche ed edilizie annullando le precedenti legislazioni regionali vigenti in materia. Il testo di Legge Regionale in sintesi propone il superamento dello zooning della città, per permettere di giungere a una trasformazione del territorio attraverso programmi e “progetti urbani”. La sostituzione del P.R.G. con il P.G.T. (Piano di Governo del Territorio) introduce una serie di strumenti (Documento di Piano, Piano delle Regole, Piano dei Servizi e Piani Attuativi) che necessitano di un nuovo approccio tecnico e politico. Attenzione però a non cedere a spinte speculative o a superficiali interpretazioni della legge e lasciare che la sola architettura sia lo strumento per risolvere i problemi urbani. La pianificazione territoriale di tipo interdisciplinare (urbanistica, sociologia, antropologia, economia) rimane la componente “primordiale” per la costruzione culturale e fisica della città. Le amministrazioni comunali e i professionisti dovranno inventare, come succede in tutti i momenti di passaggio “epocali” nuove metodologie di lavoro. Emerge dunque la consapevolezza, della necessità che l’applicazione della nuova Legge urbanistica sia attenta alle diversità di assetto territoriale e sociale; alle differenti necessità urbanistiche e dei diversi caratteri paesistici, che esprime oggi il territorio lombardo. La “libertà metodologica” nella costruzione del nuovo Piano Regolatore, introdotta dalla Legge porta con sé sia un aspetto positivo (provare a sperimentare nuove forme di pianificazione), sia negativo (mancanza di elementi di riferimento comuni per poter confrontare scelte e decisioni tra territori limitrofi o simili e incertezze sul piano tecnico-amministrativo). La preoccupazione è che la strumentazione urbanistica che ne deriva possa essere utilizzata in maniera non consona ai princìpi di “flessibilità” cui si ispira la Legge. Tenendo conto che la mancanza di “invarianti strutturali” che determina un “controllo” (ai vari livelli), aumenta i gradi di preoccupazione; tanto più che concetti come la tutela attiva del paesaggio e dell’ambiente (elementi trasversali a tutte le tematiche urbanistiche e architettoniche) risultano presenti nella Legge ma con toni sfumati. La difficoltà sembra risiedere nel passaggio dai princìpi all’applicazione pratica di essi. Ma, come sempre, solo la sperimentazione sul campo potrà darci le risposte, positive o negative, sul valore della nuova Legge. Risulta, infine, fondamentale per l’applicazione della Legge, sottolineare i contenuti dell’Art. 26 (Adeguamento dei piani) esso infatti nel comma 2, oltre a stabilire che i comuni deliberano l’avvio del procedimento di adeguamento dei loro P.R.G. vigenti entro un anno dalla data di entrata in vigore della Legge, stabilisce che essi procedono all’approvazione di tutti gli atti di P.G.T. secondo i princìpi, i contenuti e il procedimento stabiliti dalla presente Legge. Per i comuni con popolazione inferiore a quindicimila abitanti, tale obbligo di adeguamento decor-


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re dalla data di entrata in vigore della deliberazione della Giunta Regionale di cui all’Articolo 7, comma 3. Il ruolo degli Ordini, dei professionisti e dei Comuni Il nuovo testo legislativo rilancia con forza il ruolo e la responsabilità degli amministratori pubblici ma anche l’esperienza e la capacità propositiva dell’architetto. Esso dovrà essere virtuoso e produrre soluzioni consone alle singole realtà locali, costruendo modelli pianificatori flessibili, che uniscano sviluppo sostenibile e tutela del territorio, da proporre alla componente politico-amministrativa. Aumenta anche, di contro, la capacità di proporre e sostenere idee e programmi, degli amministratori locali, che dovranno dichiarare indirizzi e obiettivi per lo sviluppo ma anche la salvaguardia e la promozione dell’am-

biente. Da verificare poi sul campo e con gli strumenti dati dalla Legge. Ma questo potrebbe anche comportare un “disordine urbanistico”, al cospetto di professionisti e amministratori poco attenti e virtuosi. Quindi il ruolo della Consulta, degli Ordini, ma anche della Regione aumenta, sotto l’aspetto dell’aggiornamento e formazione professionale, oltre che di chiarimento sulle procedure. I concetti generali della Legge La commissione ha ritenuto di sintetizzare i contenuti principali e strutturali del P.G.T., prima importante “novità” della Legge, in una serie di schemi sintetici, questo per dare un apporto pratico nella lettura e interpretazione della stessa.


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Il “Piano di Governo del Territorio” della nuova legge lombarda: interrogativi e perplessità di Gianni Beltrame Sono personalmente convinto che la nuova Legge lombarda non costituisca, come si sostiene ufficialmente da parte della Regione e da parte di molti altri sostenitori del “nuovo comunque sia”, una legge di reale innovazione, di riforma e di necessario aggiornamento di un quadro legislativo regionale ormai invecchiato e logoro, quanto piuttosto una legge di vera e propria “controriforma”, rivolta soprattutto a smantellare e vanificare quasi tutte le sane acquisizioni metodologiche di base e di parziali avanzamenti nelle prassi di pianificazione (si pensi ai piani della cosiddetta terza generazione) che faticosamente l’urbanistica aveva saputo costruire e conquistare dalla Legge Ponte in poi e con la provvida introduzione nei piani della “questione ambientale” e che richiedevano di essere finalmente riportate a un quadro di legge organico. Smantellamento effettuato in nome di un rozzo liberismo antipianificatorio che considera la pianificazione

urbanistica sino ad ora praticata non come una cosa da migliorare e da fare avanzare quanto come un’attività del tutto negativa, eccessivamente rigida e vincolistica, tutta da negare e da buttare e avendo invece come unico obiettivo finale quello dell’indebolimento dell’azione “pubblica” di programmazione e di difesa del territorio per favorire la massimizzazione delle possibilità di trasformazione ed edificazione dei suoli affidata e promossa dalla parte privata, sottraendola il più possibile a norme, regole, limiti qualitativi e quantitativi, vincoli ambientali e ricognitivi e programmi, attraverso una gestione urbanistica di volta in volta “concertata” (ovvero contrattata), affidata in gran parte alle Giunte comunali. Convincimento che ho già avuto modo di esplicitare e argomentare in numerosi scritti, dibattiti e convegni. Ma non è di questo che voglio occuparmi in questo articolo. Voglio piuttosto soffermarmi solo sui tre principali articoli di legge che vorrebbero (o avrebbero dovuto) ridefinire e innovare (e se ne sentiva veramente un gran bisogno!) il nuovo strumento urbanistico comunale, definito ora dalla nuova Legge come Piano di Governo del Territorio (Art. 7). Innovazione a mio parere del tutto mancata e fallita sia


Lo smembramento in tre “atti “ del nuovo Piano comunale La prima domanda che sorge spontanea è questa: perché mai, per quale ragione, con quale vantaggio il nuovo strumento viene diviso in tre parti, detti “atti”, considerati, oltretutto, “sempre modificabili” ciascuno per conto suo? Non si capisce se siamo di fronte ad un piano “uno” o a un piano “trino”, ovvero se questi tre atti debbano essere obbligatoriamente coerenti tra di loro o se possano essere elaborati ed approvati ognuno per suo conto e in tempi diversi, senza alcun obbligo di coerenza. Dove va a finire la necessaria unità logica, la coerenza interna del piano? Ma in realtà non si capisce nemmeno se il Documento di Piano costituisca un atto di riferimento obbligatorio per gli altri due atti o costituisca, almeno, un atto di maggior rilevanza. In realtà sembra di trovarsi di fronte più che a un Piano “innovato” e ripensato, ad un piano volutamente “smembrato” e “disarticolato”, onde renderlo sempre meno “Piano” (in senso proprio) sempre più innocuo, sempre più vago, sempre più facilmente variabile a piacimento (soprattutto da parte dei cattivi amministratori), sempre più “contrattabile” e “negoziabile”. Un’altra cosa non chiara riguarda la distribuzione di contenuti che la Legge distribuisce tra ciascuno dei tre atti. Perché attribuire, ad esempio, al Piano delle Regole il compito di definire le aree agricole quando questo compito dovrebbe essere attribuito, ben più logicamente, al Documento di Piano? Ma consideriamolo l’articolato ancor più da vicino. Il Documento di Piano (Art. 8) Sembrerebbe dover rappresentare, ma non se ne è certi, la parte strategica o strutturale del Piano. Nel testo si precisa solamente, ma evidentemente non basta, che non produce “effetti diretti sul regime giuridico dei suoli” (comma 3). Perché allora conferire una validità di soli cinque anni a questo strumento? Si ritiene che si possano definire serie “strategie territoriali” su un limitatissimo arco temporale di cinque anni? Per di più mediante uno strumento “sempre modificabile”? Anche se l’ultima versione della Legge non contiene più l’esplicito divieto di praticare l’azzonamento, il comples-

so delle norme e delle definizioni urbanistico-territoriali mirano e consentono, attraverso la loro vaghezza e imprecisione, ad estendere l’edificabilità, volendolo, quasi ovunque. Parrebbe dunque, sempre volendolo, poter mantenere in vita la tecnica dell’azzonamento (Art. 8, comma 2, sub b e c) e la possibilità di definire “obiettivi quantitativi di sviluppo” (Art. 8, comma 2, sub b). Non è però certo. Ma questo atto dovrà anche essere “dimensionato” per un arco temporale di cinque anni? Sarebbe anche un bene! Ma se ne è accorto il legislatore? Il Piano dei Servizi (Art. 9) Mentre il Piano dei Servizi definito dall’Art. 7 della L.R. 1/2001 non era altro che un “allegato” alla Relazione del Piano Regolatore (cosa assai logica) il Piano dei Servizi diventa ora un atto, del tutto autonomo, senza termini di validità e “sempre modificabile”. Come già detto non è chiara la relazione tra Piano dei Servizi e Documento di Piano: come si potrà, infatti, elaborare un Piano dei Servizi in assenza di un Documento di piano precedentemente elaborato e al quale fare obbligatoriamente riferimento? Senza cioè conoscere, ad esempio, le previsioni relative alla popolazione da insediare che deve essere prevista, logicamente, dal Documento di Piano (Art. 8, comma 2, sub b)? Se i due strumenti sono dunque, nella sostanza, indissolubilmente legati, perché tenere allora separati i due atti? Perché uno dura cinque anni e l’altro non ha termini di validità? Il Piano delle Regole (Art. 10) Le sue indicazioni hanno carattere vincolante ed effetti diretti sul regime giuridico dei suoli, ma non ha termini di validità mentre, anch’esso “è sempre modificabile”. Non sembra interpretabile però come un vero e proprio strumento “operativo” del quale, peraltro, non si trova traccia nella Legge. Rimane sempre una sovrapposizione o confusione di contenuti con il Documento di Piano. Se il Piano delle Regole deve riferirsi (comma 1) solo agli ambiti del tessuto urbano consolidato, perché mai deve essere lui, e non il Documento di piano, a definire le aree destinate all’agricoltura, le aree di valore paesaggisticoambientale ed ecologiche, le aree non soggette a trasformazione urbanistica? Norme Esistono ancora, per il livello comunale, le Norme Tecniche di Attuazione o una qualsiasi altra forma di “norme” attuative? Non ne esiste più traccia e neppure sembrano più esistere per il Piano Territoriale Provinciale (Art. 15). È possibile concepire uno strumento urbanistico privo di un testo normativo? Ma i dubbi non finiscono certamente qui.

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perché la Legge configura uno strano e poco comprensibile strumento “trino” del quale non si capiscono bene la logica e il senso, sia perché creerà innumerevoli dubbi interpretativi, in sede di elaborazione applicativa del Piano e in sede di gestione, sia anche in relazione agli altri strumenti della pianificazione territoriale (provinciale in primo luogo). Ma soprattutto perché non supera e non risolve il difetto di fondo del vecchio Piano Regolatore consistente nell’aver costretto e fuso, in un unico strumento, sia il momento strutturale che quello operativo (quando l’I.N.U., già nel 1995, ne aveva indicato la via d’uscita).


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Perequazione e compensazione nella L.R. Lombarda 12/2005 di Lorenzo Spallino Perequazione, compensazione: lemmi I lemmi compensazione e perequazione indicano l’azione e il risultato dell’azione dei rispettivi verbi (l’incentivare e il suo risultato, il compensare e il suo risultato, il perequare e il suo risultato). Perequazione e compensazione esprimono nella lingua italiana concetti cui sottostà un’innegabile dimensione di natura etica, non collegabile al mero dato di scambio della controprestazione. Assunte a regola urbanistica, perequazione e compensazione marcano l’assunto secondo il quale è la comunità, nel senso più ampio, che si deve far carico delle diseguaglianze potenzialmente derivanti dalla pianificazione territoriale. La perequazione nel panorama legislativo La legislazione nazionale contempla nel solo Articolo 24 della Legge Urbanistica il tentativo di obbligare i proprietari immobiliari a consorziarsi tra loro al fine di realizzare la volumetria potenziale dell’intero compendio fondiario in cui sono comprese le aree di loro proprietà. Ispirato al principio di “sussidiarietà orizzontale” o, altrimenti detto, di “giustizia distributiva”, l’istituto della perequazione – che ha avuto nelle amministrazioni di Reggio Emilia e Roma i precursori più noti, passati indenni al vaglio giurisprudenziale – impone ai proprietari dei lotti interessati di aggregare, attraverso atti di natura privatistica, la volumetria edificatoria di tutti i lotti – compresi quelli che saranno successivamente ceduti all’amministrazione – entro “aree di concentrazione”. Tutti i proprietari, nessuno escluso, beneficiano pro quota della potenziale volumetria complessivamente assegnata alla zona sotto forma di indice fondiario: in tal modo si vuole rendere giuridicamente e finanziariamente eguale il trattamento di tutti i lotti superando la discriminazione intrinseca alla disciplina urbanistica tipica della tecnica “zonizzazione + standard”. Discriminazione peraltro frutto di una degenerazione del sistema, posto che nella Legge Urbanistica il P.R.G. doveva contenere disposizioni di carattere precettivo per la proprietà soltanto per le prescrizioni di zona, mentre previsioni con efficacia meramente indicativa erano riferite alle localizzazioni e “vincolanti per le amministrazioni locali soltanto in sede di formazione dei piani particolareggiati” (M. Difino). Il modello lombardo del “Piano Direttore” I tentativi di dare attuazione concreta alla perequazione dovevano tenere conto della suddivisione del territorio in zone omogenee dettata dal D.M. 1444/1968, norma quadro non eludibile. La Legge 12/2005 della Regione Lombardia disapplica espressamente il D.M. 1444, imponendo di determinare attraverso il Piano dei Servizi quantità minime per servizi pubblici di interesse pubblico o di interesse generale non ripartiti per categorie, analo-

gamente alla proposta di Legge Nazionale sul Governo del Territorio (D.L. n. 4707) cui è affidato il compito di riformare la Legge Urbanistica del 1942. A differenza della proposta di legislazione nazionale, il legislatore lombardo non percorre la strada dello sdoppiamento tra Piano Strutturale, cui è assegnata la funzione programmatoria, e Piano Operativo, cui spetta la funzione di conformare la proprietà, disponendo invece il debutto del Piano Direttore, fatto solo di indici e funzioni per le aree di trasformazione ed attuato con elevata libertà direttamente attraverso i piani attuativi, valutati caso per caso dalla Giunta senza passare per il voto del Consiglio Comunale. La perequazione nella L.R. Lombarda 12/2005 La L.R. 12/2005 tratta di perequazione e compensazione all’Articolo 11, dove gli istituti appaiono anzitutto facoltativi. Il Documento di Piano è il luogo delle scelte preliminari: è in questa sede che le Amministrazioni locali possono individuare i criteri di compensazione, di perequazione e di incentivazione (Art. 8, c. 2, lettera g). Definiti i criteri, è data una prima forma di perequazione, che può essere definita “diretta”, secondo la quale i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale – la cui definizione può essere rinvenuta per relationem attraverso la L.R. 14.3.2003 n. 2, non abrogata – “possono ripartire tra tutti i proprietari degli immobili interessati dagli interventi i diritti edificatori e gli oneri derivanti dalla dotazione di aree per opere di urbanizzazione mediante l’attribuzione di un identico indice di edificabilità territoriale, confermate le volumetrie degli edifici esistenti, se mantenuti” (Art. 11, comma 1). Una seconda forma di perequazione, che può essere definita “diffusa”, è quella secondo la quale il Piano delle Regole può: • attribuire “a tutte le aree del territorio comunale, ad eccezione delle aree destinate all’agricoltura e di quelle non soggette a trasformazione urbanistica, un identico indice di edificabilità territoriale, inferiore a quello minimo fondiario, differenziato per parti del territorio comunale, disciplinandone altresì il rapporto con la volumetria degli edifici esistenti, in relazione ai vari tipi di intervento previsti” (Art. 11, c. 2, primo periodo); • regolamentare in tal caso “la cessione gratuita al comune delle aree destinate nel piano stesso alla realizzazione di opere di urbanizzazione, ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche o di interesse pubblico o generale, da effettuarsi all’atto dell’utilizzazione dei diritti edificatori, così come determinati in applicazione di detto criterio perequativo” (Art. 11, c. 2, secondo periodo). La compensazione nella L.R. Lombarda 12/2005 Nell’ottica di superare le tradizionali tensioni legate alla monetizzazione delle espropriazioni, le amministrazioni locali possono, nel rispetto dei criteri fissati dal Documento di Piano (Art. 8, c. 2, lettera g), attribuire “alle aree destinate alla realizzazione d’interventi di interesse pub-


Spaesamento, poteri e territorio Al di là delle prime riflessioni di ordine tecnico, esiste un ordine di considerazioni in genere sottaciuto ma diffuso: esso riguarda in prima battuta la sensazione di spaesamento che è facile percepire tra gli addetti ai lavori all’uscita della Legge, e in seconda battuta la pressoché

definitiva conclusione del processo di investitura delle Amministrazioni locali in materia di pianificazione territoriale. Solo in piccola parte originato dalla novità dei riferimenti lessicali e di impianto, lo spaesamento è in buona parte dovuto dall’essere venuto meno un modello di panificazione territoriale basato su elementi fisici, facilmente individuabili a una semplice scorsa delle tavole. Ecco quindi la fine di un mondo, che però, ricorda Ernesto De Martino, non è la fine del mondo, non ha in sé nulla di patologico, è anzi esperienza salutare, connessa alla storicità della condizione umana, mentre va dato atto che la Legge Regionale presenta il pregio di un disegno finalmente non parcellizzato della gestione del territorio. Ed ancora: se il legislatore lombardo, da un lato lascia libere le amministrazioni locali di determinare i contenuti della pianificazione territoriale entro minime cornici di controllo, e dall’altro offre potenti strumenti di attuazione delle strategie di pianificazione, di fronte ad un simile mix di strumenti e poteri, la preghiera che il territorio formula è quella della massima attenzione agli esiti delle scelte, nel rispetto per chi questo territorio ha vissuto e per chi deve ancora abitarlo. Confesso di non conoscere cosa garantisca un buon risultato sotto questo profilo: so però che scelte di questo calibro vanno prese nella consapevolezza della transitorietà del nostro passaggio e, al tempo stesso, dell’indelebilità dei nostri segni, in quella coscienza della precarietà della condizione umana che forse non garantisce la bontà del risultato, ma che certamente mette nella migliore condizione per conseguirlo.

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blico o generale, non disciplinate da piani e da atti di programmazione”, aree in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree edificabili a titolo di compensazione della loro cessione “gratuita” al Comune (Art. 11, c. 3, primo periodo). Tali diritti “sono liberamente commerciabili” (Art. 11, c. 4) e al proprietario è rimessa la facoltà di scegliere se: • ricevere le aree o i diritti volumetrici in questione; oppure: • realizzare direttamente – sulla base delle indicazioni del Piano dei Servizi – gli interventi di interesse pubblico o generale, mediante accreditamento o stipulazione di convenzione con il comune per la gestione del servizio”, (Art. 11, c. 3, secondo periodo). Sarebbe frustrante chiedersi dove stia il rispetto della disciplina pubblicistica in tema di appalti, sia di opere come di servizi, se criterio preferenziale di scelta dell’operatore diviene la titolarità dell’area, mentre vale piuttosto ricordare che la dizione “sono liberamente commerciabili” (comma 4) è necessaria, in quanto nella legislazione vigente il commercio dei diritti edificatori non è ammesso, se non nella limitatissima forma della cessione di volumetria tra fondi omogenei e contigui.


Bergamo

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a cura di Antonio Cortinovis e Gabrio Rossi

Abbiamo chiesto al collega De Francesco, coordinatore della Commissione Piani e Norme Edilizie e Urbanistiche del nostro Ordine Provinciale, oltre che membro della Commissione Urbanistica della Consulta, di riportare il clima di frenesia che ha ormai contagiato gli urbanisti della Regione, alle prese con questa nuova legge la cui portata è ben più ampia della questione squisitamente speculativa del “recupero dei sottotetti”. G. R.

“Oh guarda, un urbanista!” L’entrata in vigore della Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12 ha rilanciato l’attività della Commissione Urbanistica dell’Ordine rendendo necessario un percorso di approfondimento e studio sistematico della Legge stessa da parte dei membri della commissione per poter offrire un supporto informativo a tutti gli iscritti. Il testo di legge è stato quindi diviso in più parti, seguendo l’ordine degli articoli, per poterlo affrontare integralmente durante una serie di riunioni a tema. Nel corso delle prime riunioni si è affrontato l’esame degli articoli che costituiscono la Prima Parte, relativa alla Pianificazione del Territorio. Sono già emersi non pochi passaggi che destano qualche perplessità ed incertezza interpretativa, passaggi che sono stati raccolti in un apposito documento di lavoro tutt’ora in fieri. Una volta concluso l’esame relativo anche alla Seconda Parte, quella afferente alla vera e propria Gestione del Territorio, l’insieme del lavoro svolto si concretizzerà nella predisposizione di un elenco di richieste di chiarimento e di ipotesi interpretative con lo scopo di sottoporlo, durante un’apposita riunione di Commissione allargata a tutti gli iscritti interessati, a un tecnico regionale e a uno dei legali dell’Ordine ai quali, in veste di esperti, saranno affidati gli approfondimenti del caso. Terminata questa fase del lavoro della Commissione, sarà sottoposta al Consiglio dell’Ordine la proposta di valutare la necessità di organizzare una giornata di approfondimento, in forma di convegno sull’argomento, rivolta innanzitutto agli iscritti e aperta agli altri Ordini e collegi professionali, nonché agli amministratori pubblici ed agli imprenditori privati. Fernando De Francesco

Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli

La nuova Legge urbanistica a Brescia Molto numerose sono state le iniziative e gli incontri organizzati e programmati in Provincia di Brescia, spesso in sinergia con l’Ordine per divulgare la Legge 12, cercando di chiarire e approfondire gli aspetti salienti di questa normativa, complessa e articolata in diversi strumenti di pianificazione, che non ha mancato di suscitare dubbi e difficoltà. Gli aspetti giuridici hanno avuto la parte del leone. Conferenze dell’avvocato Ballerini, consulente legale di numerosi comuni della Provincia. Conferenza il 14 maggio dell’avvocato Fossati presso la Confartigianato. Incontro il 17 maggio, ad Orzinuovi, con l’assessore all’urbanistica della Provincia di Brescia, Peli, e l’architetto Zani, dell’Ufficio di presidenza della Regione Lombardia. Il 19 maggio una tavola rotonda organizzata dall’Ordine degli Architetti, cui partecipa il Sovrintendente Luca Rinaldi, il prof. Dezzi Bardeschi, l’architetto Rota della Regione Lombardia, il prof. Treccani dell’Università di Brescia, sul tema “Problemi di tutela dal monumento al tessuto minore alla luce delle recenti disposizioni di Governo del Territorio”. Il 22 maggio un incontro presso il Collegio geometri, relatore dott. Mauro Cavicchini. L’attivismo dei geometri è specialmente testimoniato dalla stampa dell’“instant book”, La nuova disciplina urbanistica ed edilizia nella Regione Lombardia, del geometra Battista Borsetti, in vendita in esclusiva presso la storica libreria bresciana F. Apollonio & C. Come contributo a questo numero della rivista abbiamo raccolto l’opinione sul tema del presidente dell’Ordine di Brescia Paolo Ventura, docente di Urbanistica presso la facoltà di Architettura dell’Università di Firenze. In primo luogo egli sottolinea gli aspetti positivi e di fiducia nei confronti della nuova normativa, da cui ci si attende un miglioramento che si traduca in una maggiore efficacia degli strumenti di pianificazione ed in uno sviluppo sostenibile, mentre un insieme di speranza e preoccupazione deriva dall’enorme mole di lavoro che dovrà essere svolto per adeguare alle nuove richieste gli strumenti di pianificazione urbanistica delle amministrazioni locali. A tale proposito evidenzia una difficoltà che già si è fatta sentire nella nostra Provincia riguardo all’approvazione dei Piani Regolatori Generali in itinere nel corso dell’anno appena trascorso: agli inizi del 2004, infatti, la Regione Lombardia aveva demandato la loro approvazione agli stessi Comuni previo parere di conformità da parte della Provincia di Brescia che aveva approvato il Piano Territoriale di Coordinamento nella primavera dello stesso anno e l’aveva poi pubblicato, ben più tardi, nel dicembre successivo. A causa di quanto previsto nell’Art. 25 della Legge Regionale


appariva del tutto confermata dalle nuove norme, nonostante il famoso stralcio dell’Art. 65. Poi, inoltratosi a descrivere le novità in materia di governo del territorio, anche se la nuova Legge riordina completamente la materia, sostituendo la vecchia Legge 51/1975 e le molte leggi che l’avevano modificata, integrata e perfezionata, il relatore ha teso a mettere in evidenza gli aspetti di continuità, di riduzione della carica ideologica e dell’aumento di autonomia degli enti locali. Le conclusioni erano rivolte a rassicurare sul fatto che in realtà non era stato apportato alcun cambiamento significativo rispetto alla normativa precedente, e che, di fatto le regole erano le stesse. Se si vuole essere maligni, bisogna dedurre, proprio alla luce dei risultati elettorali dei due consiglieri regionali intervenuti a quella riunione, che i dubbi non siano stati del tutto fugati. P. T.

Como a cura di Roberta Fasola

Gli articoli pubblicati in questo spazio hanno come punto di partenza comune le tematiche, le riflessioni e le considerazioni emerse dall’incontro, organizzato dall’ordine Architetti il 13 aprile 2005, avente come oggetto la nuova Legge di Governo del Territorio. Questo primo appuntamento, ha voluto mettere al centro del dibattito il “Documento di Piano” come strumento trasversale all’interno del P.G.T. e con un alto valore tecnico–politico. L’intento è stato quello di promuovere un dibattito culturale che coinvolga tecnici, amministratori e cittadini, per meglio capire la metodologia di lavoro e i rapporti tra la Pianificazione Comunale, il Piano Provinciale e il “progetto urbano” della città futura, ponendo attenzione all’uso sostenibile delle risorse. L’evento è parte di un ciclo di appuntamenti indirizzati verso la formazione degli attori operanti sul territorio. Un secondo momento di approfondimento avrà per oggetto la “valutazione ambientale strategica (V.A.S.) e il P.G.T.”. Il Consiglio dell’Ordine

La redazione del nuovo P.R.G. di Erba. Analisi ecologica e riconoscimento degli elementi patrimoniali del territorio Il nuovo strumento urbanistico della città di Erba – Sergio Dinale e Paola Rigonat Hugues, architetti incaricati per la redazione del nuovo P.R.G. di Erba, con Giuseppe Oriolo,

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per il governo del territorio, norma transitoria, accade ora che i Piani inviati alla Provincia nel corso del 2004, in realtà siano ritenuti da molti segretari comunali ed esperti avvocati soggetti ancora all’approvazione da parte della Regione – anche se i responsabili regionali ritengono il contrario – con la conseguenza che il loro iter risulta fortemente rallentato, se non bloccato, in attesa di chiarimenti. Ma, oltre a questo, altri aspetti della regolamentazione transitoria: la riduzione dei poteri dei Piani provinciali, che sono obbligati ad una completa revisione, nonché l’obbligo di rifacimento di tutti i Piani entro quattro anni dall’approvazione della Legge 12. Tali tempi risultano essere molto stretti, pochi per poter redigere e rendere attuativi degli strumenti di programmazione complessi ed articolati, e non è dato di sapere quante amministrazioni in questo lasso di tempo riusciranno a portarli a termine. Ad esempio, nella Regione Toscana solo 60 su 270 comuni si sono adeguati completamente alla nuova normativa urbanistica regionale del 1995, e non pare vi siano motivi che possano indurre a credere di poter fare molto meglio. L’architetto Ventura sottolinea, inoltre, come ad ogni variante degli strumenti urbanistici, si verifichi un’ulteriore richiesta di inserimento di nuove aree edificabili da parte dei privati e degli investitori, e come, quindi, il radicale rinnovamento dei Piani, che la nuova normativa comporta, non possa non suscitare nuove richieste in tal senso: da questo punto di vista teme che la presente Legge non possa ritenersi una legge di tutela del territorio, nonostante quanto affermato nelle premesse. Perplessità suscita anche la reintroduzione a sorpresa in aula, nell’Art. 9 del testo, di un parametro quantitativo nella valutazione della dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale ridotto a 18 mq per abitante, a fronte dello standard minimo regionale stabilito nella precedente Legge 51/75, ora abrogata, che prevedeva 26,5 mq per abitante. Tale riduzione, a fronte di quella già effettuata con la Legge 1/2001, titolo III, appare inutile e anacronistica rispetto a disponibilità di standard pubblici ormai superiori ai minimi. Giova ricordare, infine, la riunione prima delle elezioni amministrative, il 28 febbraio 2005 presso la sede degli uffici regionali distaccati in Brescia, con la partecipazione di amministratori e di tecnici, quanto mai curiosi e preoccupati, nel quale l’allora Legge Regionale 149/2005, fu presentata dallo stesso relatore consigliere regionale ingegnere Giovanni Maria Bordoni insieme alla consigliere uscente Margherita Peroni. L’intervento del relatore era apparso immediatamente rivolto a tranquillizzare gli animi e a fugare le apprensioni. Tracciata l’impalcatura generale della nuova Legge, il relativo lungo iter legislativo, dall’approvazione delle linee guida nel settembre 2001, fino alla redazione dei testi del luglio 2002 e 2003 e alla sofferta approvazione, con notevoli modifiche, della Legge nel febbraio 2005, Bordoni ha subito ribadito che la normativa sui sottotetti


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consulente ecologo naturalista – nasce all’interno del percorso di formazione del tradizionale P.R.G. ma confluisce all’interno della nuova procedura del Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) a seguito dell’emanazione della Legge Urbanistica n. 12 del 2005. Ciò è stato possibile anche per la rilevanza che ha assunto l’analisi ecologica nel percorso del piano. L’impostazione del percorso analitico conoscitivo del nuovo P.R.G. di Erba ha inteso: • avviare una riflessione su ciò che in questo momento rappresenta il patrimonio del territorio comunale; • individuare le azioni che consentano forme di salvaguardia e implementazione del proprio patrimonio; • coinvolgere la popolazione e le diverse forze sociali nella definizione del proprio assetto patrimoniale. Il concetto di patrimonio Il concetto di patrimonio è la base concettuale dell’idea di sviluppo sostenibile. Esso ha un’accezione molto estesa: patrimonio ambientale ma anche patrimonio storicoculturale, infrastrutturale, sociale, ecc. Con riferimento al sistema ambientale, il termine patrimonio allude a un bene conservativo, che implica una riserva non necessariamente di diretto utilizzo; tramandabile e ricostruibile solo su tempi lunghi. Il patrimonio ambientale diventa risorsa nella definizione dei parametri per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile. E quindi non può essere degradato, anche se a un’analisi sommaria può apparire più facile trasformarlo in altre forme di rendita. Sotto questo aspetto il territorio di Erba appare caratterizzato da due importanti condizioni, specificamente analizzate: • una condizione di ricchezza ecologica di sistemi ambientali, di ricchezza del loro livello di trasformazione e di paesaggi; • una condizione di elevata porosità del sistema insediativo territoriale e quindi di presunta dotazione di una rete ecologica ben funzionante; • il concetto di responsabilità nel garantire la sopravvivenza di valori a scala regionale (parco), nazionale e internazionale (pS.I.C.); L’analisi ecologica del territorio I presupposti teorici, l’approccio di metodo e gli strumenti di lavoro dell’ecologia territoriale e dell’indagine naturalistica a scala di elevato dettaglio si stanno oggi diffondendo, ma sono raramente integrati nelle analisi urbanistiche. Il territorio di Erba condensa numerose peculiarità ecologiche ed antropiche e questa coesistenza ha richiesto letture integrate che, pur partendo da schemi concettuali e strumenti applicativi differenti, devono necessariamente concorrere a: • giusta “comprensione del territorio”; • individuazione dei valori (patrimonio) e delle criticità; • definizione degli appropriati strumenti progettuali; L’integrazione dei diversi approcci diventa importante

anche nell’ottica di dare risposte a istanze sempre più pressanti come lo sviluppo sostenibile (Agenda 21) e l’integrazione e armonizzazione con strumenti di tutela a diversi livelli istituzionali (Piano del Parco Valle Lambro, direttiva Habitat) che nel prossimo futuro diverranno di certo indicatori essenziali della qualità dell’agire sul territorio. Nell’approccio ecologico-naturalistico di un territorio le direttrici dell’analisi sono due: quella spaziale (ecologia) e quella temporale (biogeografia e dinamica) che acquistano significatività a diverse scale di analisi (dal “macro” al “micro”). Senza questi due approcci, ad esempio, non è possibile comprendere la biodiversità di un territorio che è invece uno degli obiettivi principali di conservazione alla scala globale (es. protocollo di Kyoto) e locale (applicazione di Agenda 21). Un’altra chiave importante per la comprensione di sistemi ecologici e territoriali è la dinamica naturale/antropica che essi presentano. Questi fenomeni dinamici possono essere del tutto naturali (ad esempio il progressivo impaludamento di piccoli bacini lacustri e quindi l’avanzare delle canne e in un secondo tempo di alcuni boschi palustri) o legati ad azioni antropiche (ad esempio la creazione di praterie a molinia dove c’erano un tempo cariceti, il loro abbandono dopo decenni di utilizzo e l’attuale stato di incespugliamento e rimboschimento). Tutto ciò avviene perché in ogni territorio e per specifiche condizioni di suolo e di clima vi è un tipo di ecosistema detto “terminale” (climax) che rappresenta il massimo equilibrio possibile. Lo strumento principale per l’analisi ecologica del territorio è la carta degli habitat. La carta, che rappresenta lo strumento centrale di analisi e di valutazione, è stata definita “degli habitat” sulla base dell’interpretazione data a questo termine nella Direttiva Habitat. La costruzione della carta è il risultato di un processo integrato di fotointerpretazione di ortofotogrammi e di rilevamenti sul terreno con raccolta di materiale iconografico. La carta della naturalità, derivata da quella degli habitat, rappresenta una ricodifica degli habitat sul livello della loro naturalità/manomissione antropica e non su quello della loro evoluzione. Il risvolto progettuale L’apporto dell’approccio ecologico si può leggere da due punti di vista: da un lato una comprensione di alcuni valori che devono farsi patrimonio, la loro quantificazione e la definizione degli obbiettivi minimi e ottimali per la conservazione della funzionalità ecologica complessiva (bacini di naturalità, reti ecologiche, sostenibilità) del territorio; dall’altro lato, a livello progettuale, la definizione di macro-sistemi ecologici caratterizzati da un certo modello di funzione, di utilizzo, di trasformazione, ma anche la definizione di criteri per la progettazione “fine”, quali l’individuazione di diverse misure di compensazione, la creazione di barriere verdi, la precisazione dei requisiti ambientali-ecologici da garantire anche all’interno dei tessuti abitati. Il concetto sistemico dell’ecologia ovvia-


Gianfredo Mazzotta

A proposito della Legge 12/2005 Dopo aver seguito le conferenze tenute a Como dall’assessore Moneta, dal relatore della Legge ing. Bordoni presso il Collegio Imprese Edili, dall’avv. Viviani presso la Cassa Rurale di Alzate e il Convegno del 13 aprile, organizzato dagli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri di Como e dalla C.C.I.A.A., vorrei riportare la riflessione sulla principale questione che la riforma della Legge urbanistica regionale pone. Il relatore della Legge Bordoni, al di là di aver illustrato “lessicalmente” gli articoli del capitolo della “Pianificazione Comunale per il governo del territorio”, si è preoccupato di giustificare la scelta politica di aver portato in approvazione, all’ultimo minuto dell’ultimo giorno di attività del Consiglio Regionale, la nuova Legge preferendo un esame successivo, a “bocce ferme”, piuttosto che un ulteriore rinvio sine die della proposta di Legge ancora da ridefinire a seguito dei diversi emendamenti presentati in sede di Commissione. Il puntuale e costruttivo esame dell’avv. Viviani ha messo in luce, fermo restando l’impianto normativo, una serie diffusa di problemi di interpretazione, di mancate correlazioni normative, di lacune e di dubbi, non solo giuridici, che portano acqua al mulino di chi considera affrettato il provvedimento. Gli interventi di diversa natura del convegno del 13 aprile, in particolare da parte dei funzionari regionali, in merito al mutato scenario legato al Documento di Piano, e dell’avv. Lorenzo Spallino sulla perequazione e compensazione, che ne ha fatto intendere la complessità mettendo in luce gli aspetti politico-gestionali dei comuni (dopo trent’anni la perequazione ante litteram degli standard nei piani attuativi è ancora faticosamente compresa!), hanno ampliato il fossato dei dubbi sulle risposte ai quesiti proposti nel dibattito. Per sgombrare il campo da eventuali equivoci, sono dell’opinione che la congerie di riunioni/convegni, che si sono già svolti e che si avvicenderanno, sono comunque importanti, anche se in qualche misura ripetitivi, perché consentono di poter raccogliere opinioni e critiche da parte dei diversi settori dell’economia, della funzione pubblica, delle professioni e, in genere, degli operatori. Anzi, sono dell’opinione che si dovrebbero promuovere

iniziative di ulteriori coinvolgimenti laddove si riscontrassero carenze di contributi disciplinari dimenticati. In tal senso ritengo che la proposta del presidente dell’I.F.A.C. (Azienda Speciale della C.C.I.A.A.), di assumersi l’onere di promuovere iniziative in tal senso (non ultimo l’Osservatorio), sia particolarmente lodevole. Vorrei quindi riportare “la palla al centro” per poter riordinare le idee sul modo di procedere concordando nel fatto che le ottiche di analisi del nuovo provvedimento legislativo sono sostanzialmente diverse a seconda dei soggetti che ne vengono interessati e che tenterei di dividere in almeno tre categorie: • la prima comprende sicuramente coloro che esaminano e giudicano la Legge in base alla portata degli elementi strategici e di programmazione, prefigurando o intuendo gli scenari del futuro assetto del territorio e valuta gli effetti conseguenti al trasferimento delle competenze di coloro cui compete il controllo del territorio stesso; • la seconda riguarda gli aspetti operativi in senso progettuale ove è coinvolta la parte politica-amministrativa e professionale; • la terza la certezza del diritto dei contenuti normativi degli strumenti di Piano per i responsabili della gestione. Orbene credo che, in attesa delle modalità per la pianificazione comunale che la Giunta Regionale deve definire entro sei mesi e delle esemplificazioni per i Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti da emanarsi sempre dalla Giunta entro un anno, ci si debba concentrare per un certo tempo sugli aspetti enunciati per la prima categoria, aspettando ad occuparci degli altri aspetti più avanti in presenza di maggiori e più puntuali definizioni. Una questione tra le tante, ma che appare di notevole spessore, riguarda la delega, direi quasi totale, assegnata ai Comuni su come decidere del “governo” del proprio territorio, considerando che l’approvazione del P.G.T. è di sola competenza comunale, fatta salva la compatibilità con il Piano provinciale, avente i contenuti specifici elencati nell’Art. 15 punto 2 della stessa Legge che riguardano questioni di interesse sovracomunale, quali infrastrutture, corridoi tecnologici, assetto idrogeologico, ambiti destinati all’attività agricola, ecc., e le previsioni in materia ambientale atte a ragguagliarsi alle previsioni del Piano Territoriale Paesistico, ecc. Non essendoci più limiti dimensionali in quanto al punto 2b dell’Art. 8 si dice che sulla base degli elementi conoscitivi i comuni “devono determinare gli obiettivi dello sviluppo”, non essendoci controlli in merito, se non la coerenza con gli obiettivi di sviluppo definiti, dobbiamo augurarci una contemporanea crescita virtuosa nel governo politico-amministrativo dei Comuni; sulla qual cosa si nutrono ragionevoli dubbi, visto quanto successo nel passato, ove peraltro sussistevano, per fortuna, i limiti della delibera consigliare che accompagnava la Legge 51/1975 e le procedure con il controllo regionale. Un altro aspetto da considerare e da valutare riguarda le responsabilità nella gestione degli ambiti di trasformazione

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mente non vede questi “sistemi di ecosistemi” come entità isolate ma come elementi di una rete di flussi. Proprio per questo l’attenzione viene focalizzata sulle fasce di transizione, sui punti di discontinuità in modo che sia garantita, dove possibile, la giusta penetrazione del naturale nel produttivo e insediativo, o al contrario si definiscano con attenzione le giuste barriere dove questi ultimi sistemi si trovino in diretto contatto.


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Per commentare in modo adeguato e pertinente i contenuti della nuova Legge Regionale abbiamo chiesto a due autorevoli e competenti professionisti locali un loro giudizio sulla normativa da poco licenziata dalla Regione Lombardia.

fronte a questa Legge. Se n’è parlato troppo e troppo lunghi sono stati i tempi di preparazione. Tante anche le innovazioni nazionali che hanno vincolato il dispositivo e numerose le Regioni che hanno già legiferato in materia. Molte le perplessità sulla Legge. Innanzitutto, sembra sia sfuggita al legislatore la conoscenza diretta delle realtà locali, che compongono un quadro territoriale estremamente variegato, sotto i tutti i punti di vista. In particolare sono state ignorate le condizioni di centinaia di piccoli Comuni, oggi ingessati da una disciplina transitoria fortemente punitiva. Appare svilito anche il ruolo della Provincia, con la dispersione del lavoro finora realizzato. Nel lontano 2001 eravamo tra i sostenitori delle Linee Guida che predicevano, negli enunciati, un forte spirito d’innovazione. Strada facendo, però, buona parte di questi non si sono concretizzati, andando a definire così un testo di legge di tipo tradizionale, proprio ciò che non si voleva accadesse. Dopo la legislazione “madre” della Legge 51/1975, il corpo normativo determinatosi negli anni si è caratterizzato per la gran quantità di disposizioni di varia origine, di volta in volta, dettate dalle esigenze avvertite come più urgenti o più meritevoli e quindi efficaci, soprattutto per le semplificazioni introdotte. Con la Legge 12/2005 si è pensato, positivamente, di definirne un Testo Unico: purtroppo ne è scaturita una legge tesa, soprattutto, ad individuare l’indicazione delle norme vigenti e abrogate con il coordinamento formale del testo delle disposizioni ancora in vita, ma senza darne una cornice che inquadri tutta la legislazione inerente. La Legge è divisa in due parti: nella prima sono state riunite e coordinate le norme sulla pianificazione, mentre la seconda contiene il corpo normativo che disciplina l’attività edilizia. Rilevante è l’attività di delegificazione delle norme primarie concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali afferenti la materia edilizia. Ci si aspettava una legge che potesse fare “cultura” urbanistica, e invece ci troviamo di fronte a una normativa troppo pragmatica, per certi aspetti “comoda”, ma scarsamente innovativa. Sono, però, da apprezzare gli sforzi che il legislatore regionale ha messo in opera. Verrebbe da chiedersi: fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. Così, anche noi, sospendiamo il giudizio “storico”. Troppo vicini nel tempo sono gli eventi perché si possa dare una valutazione attendibile.

M. M.

Mario Gazzoli

Il parere di un “urbanista sul campo”

Il parere di un “urbanista condotto”

Tanto si è scritto e detto sin dal tempo delle Linee Guida (settembre 2001) che oggi pare inverosimile trovarci di

A trent’anni di distanza dalla sua emanazione, la benemerita Legge Urbanistica Regionale della Lombardia di

(PA) conferita alla sola Giunta comunale, compreso l’esame delle osservazioni. Gli ambiti di trasformazione, contenuti nel documento di Piano riguardano, ove i Comuni ne ravvisino la necessità, i territori destinati ai nuovi insediamenti nelle diverse destinazioni funzionali, rappresentati in scala grafica adeguata ma come direzioni di espansione in quanto non devono produrre effetti diretti sul regime dei suoli, accompagnati dai criteri di intervento. Le regole per la fase attuativa si determinano nel momento della formazione del piano attuativo. Pertanto le dimensioni in ordine alle destinazioni funzionali e tipologiche, agli indici di utilizzazione, alle entità delle aree a destinazione pubblica, all’infrastrutturazione, ecc., si risolvono nel rapporto tra la Giunta e gli operatori. Anche qui dobbiamo augurarci un’altrettanta contemporanea crescita virtuosa nella coerenza con il Documento di Piano. In questa situazione, se tale rimane, le responsabilità virtuose invocate per le Amministrazioni devono essere replicate agli urbanisti ed ai consulenti a vario titolo: penso nel senso di onestà intellettuale, di preparazione professionale di non appiattimento o addirittura quiescenza con l’ente politico-amministrativo. Queste preoccupazioni tutte devono farci riflettere e valutare, se condivise, l’opportunità di discuterne a fondo per porre il problema in maniera propositiva perché ritengo che possano esistere ragionevoli spazi anzitutto per interventi modificativi della Legge, ma proposti in maniera coordinata a partire dalle questioni di grande impatto e, di seguito e successivamente, tutti gli altri aspetti più di dettaglio. Silvano Cavalleri

Cremona a cura di Massimo Masotti


Michele de Crecchio

Lecco

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a cura di M. Elisabetta Ripamonti

Dal Piano Regolatore Generale al Piano di Governo del Territorio A trent’anni dall’entrata in vigore della precedente Legge urbanistica regionale (15/4/1975 n. 51) denominata: “Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico” è stata recentemente approvata (in data 11 marzo 2005 con il n. 12) la nuova Legge urbanistica della Regione Lombardia denominata, molto più sinteticamente, “Legge per il governo del territorio”. Alla precedente legislazione va sicuramente riconosciuto il merito di aver avviato e stimolato il rinnovamento della strumentazione urbanistica comunale della Lombardia provvedendo a uniformare i criteri di valutazioni con regole e procedure di semplice applicazione. In tal modo è stato governato il processo di trasformazione della strumentazione urbanistica che, da una pianificazione espansiva superdimensionata (P. di F. anni ’50/’60), ha permesso di passare a una pianificazione contenitiva (P.R.G. anni ’80/’90). Ora si deve procedere verso una legislazione consapevole ed ambientalmente sostenibile. A tale scopo, in adempimento ad una direttiva CEE, viene introdotta anche la valutazione ambientale di piani e programmi. La nuova Legge è composta sostanzialmente da due parti di cui la prima, di pianificazione, definisce gli strumenti di governo del territorio mentre la seconda, più strettamente normativa, si occupa della gestione del territorio, realizzando inoltre una sorta di “testo unico” delle normative urbanistiche ed edilizie in quanto vengono annullate tutte le precedenti legislazioni vigenti in materia. Viene anche istituita un’autorità per la programmazione territoriale con il compito di monitorare il funzionamento della nuova Legge oltre che determinare criteri, modi e tempi di adeguamento alla stessa da parte dei Comuni con popolazione inferiore a quindicimila abitanti. Fra le innovazioni più importanti va sicuramente citata la centralità che il Comune assume nel nuovo processo di trasformazione territoriale ed anche l’elevata “libertà” in sede attuativa dei piani esecutivi che verranno presentati a maggioranza e approvati dalla Giunta Comunale. Vengono inoltre introdotti criteri di compensazione, perequazione ed incentivazione urbanistica applicabile ai piani attuativi e agli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale. Il vecchio Piano Regolatore Generale (P.R.G.) viene trasformato in Piano di Governo del Territorio (P.G.T.), strumento che si articola in tre diversi atti, e precisamente: il Documento di Piano, il Piano dei Servizi e il Piano delle Regole.

FORUM ORDINI

Salvatore Parigi e di Giorgio Morpurgo, Legge nota come 51/1975, va definitivamente in pensione. Il testo che la sostituisce, la Legge 12/2005 per il governo del territorio, non brilla né per lucidità d’impostazione generale, né per chiarezza espositiva. Francamente mi sarei aspettato che l’esperienza raccolta in trent’anni potesse suggerire al legislatore regionale ben migliore livello d’elaborazione. Il documento che accompagnerà negli anni prossimi il lavoro delle amministrazioni è infatti poca cosa: la terra di Carlo Cattaneo, pur così massacrata dall’incoltura d’avidi speculatori, di amministratori inadeguati e di timidi urbanisti, avrebbe davvero meritato qualcosa di meglio. È ben vero che, se alla Legge 51 erano state a suo tempo avanzate critiche per ridondanza di disposizioni più di rango regolamentare che propriamente legislativo, la nuova Legge deve essere, in concreto, ancora riempita di contenuti: le cosiddette “modalità” per la pianificazione comunale che la Giunta Regionale dovrà emanare entro un anno e che, si spera, anticipi quanto prima possibile. Se le premesse sono però quelle dell’articolato così a fatica e confusamente licenziato dal Consiglio Regionale, dubito che il prodotto possa essere significativamente migliorato “in corso d’opera”. La Legge appare, francamente, più preoccupata di “smontare” che di “costruire”: al punto che, nella frenesia di semplificare e di snellire, scompaiono anche efficaci procedure e utili prescrizioni da tempo praticate, lasciando disorientati gli operatori che ne avevano ormai da tempo ben “metabolizzati” i contenuti. Davvero indisponente è l’imposizione di rifare daccapo, con spreco di denaro e di risorse tecniche, il piano territoriale paesistico, i Piani Provinciali di Coordinamento e i Piani Regolatori Comunali, anche se di recentissima produzione. Decisamente anticostituzionale il blocco delle iniziative pianificatorie comunali che, in pratica, dovranno subire le nostre amministrazioni, impossibilitate, per un periodo che non sarà breve, persino a migliorare il proprio strumento urbanistico generale o anche solo a eliminarne errori. Acquista infine un sapore decisamente “sadico” la pervicacia con la quale s’insiste, con dovizia di articoli e disposizioni di dettaglio, a imporre l’alterazione dei sottotetti e questo anche a carico dei paesaggi più delicati e persino contro la volontà delle amministrazioni più sensibili. Tragicomica infine la notizia che, dopo avere imposto a fatica, e con la forza dei soli numeri (risicati), una legge scarsamente condivisa, solo ora l’assessorato regionale scopra l’esigenza di “sperimentare”, nel milanese, qualche P.G.T. campione. Non sarebbe stato molto più utile avervi provveduto prima, guardando non solo alla fascia metropolitana, ma anche alla ben più, urbanisticamente parlando, civile provincia?


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• Il Documento di Piano ha validità quinquennale ed è costituito dal quadro conoscitivo del territorio comunale, definisce indirizzi e strategie, determina gli obbiettivi di sviluppo; • il Piano dei Servizi, documento già sperimentato in applicazione della Legge 1/2001, definisce gli utenti dei servizi e la corrispondente dotazione di attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, le eventuali aree per l’edilizia residenziale pubblica, le aree a verde, le connessioni tra territorio rurale e quello edificato assicurando comunque aree a standard per un minimo di 18 mq/abitante. Non ha scadenza e può essere modificato; • il Piano delle Regole riguarda il costruito e definisce gli ambiti urbani consolidati, gli ambiti assoggettati a tutela, le aree destinate all’agricoltura, le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche e le aree non soggette a trasformazione urbanistica. Definisce inoltre i parametri di intervento di nuova edificazione o sostituzione, le caratteristiche tipologiche e le destinazioni d’uso non ammissibili; i contenuti del Piano hanno carattere prescrittivo e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli. Non ha scadenza ed è sempre modificabile. Spetta al Consiglio Comunale l’approvazione del Piano di Governo del Territorio (P.G.T.), che è sottoposto, inoltre, al parere di “compatibilità” da parte dell’Amministrazione Provinciale contemporaneamente al deposito per le osservazioni dei cittadini. Considerate le attuazioni differenziate cui la Legge rinvia, da sei mesi a un anno a quattro anni o a successivi adempimenti da definirsi, si può affermare che con la nuova Legge di Governo del Territorio è iniziato il processo di rinnovamento e aggiornamento della Pianificazione Urbanistica in Lombardia. Spetta ora a tutti, Ordini professionali compresi, contribuire all’evoluzione affinché la stessa sia portatrice di uno sviluppo corretto e ambientalmente sostenibile. Elio Mauri

Mantova a cura di Sergio Cavalieri

Le prospettive della Legge La nuova Legge Regionale Lombarda, riprende buona parte dei concetti esposti nel documento programmatico approvato nell’ambito del IV Congresso Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, sul tema del “Governo del territorio”, cioè la necessità di: • esaltare la partecipazione dei cittadini alla formazione e definizione del disegno urbano e dei bisogni reali sul territorio, (espressa nell’Art. 2), col fondamentale apporto

dell’architetto quale coordinatore delle figure professionali che saranno chiamate alla produzione dei progetti di settore, (geologi, ingegneri, sociologi, biologi, agronomi, esperti nelle scienze ambientali, avvocati, ecc.); • approfondire tematiche che coinvolgano anche l’ambiente, il paesaggio, l’archeologia, l’architettura, l’ecosistema, l’economia, le trasformazioni sociali e antropiche, per ridurre i guasti prodotti dalle esperienze passate (espressa nell’Art. 8); • attivare processi di pianificazione che giungano a una trasformazione del territorio attraverso un’equilibrata crescita programmata e progettata, cioè ad un “Piano” che si attua per progetti urbani, all’interno di un sistema coordinato e coerente che consenta di ottenere un assetto organizzato e un’elevata qualità architettonica in grado di esaltare lo stato dei luoghi, oltre che, un maggior controllo, nella costruzione della città pubblica, dell’armatura urbana e dei servizi, legando i processi di pianificazione alla programmazione delle opere pubbliche e ai processi di concertazione pubblico-privato, nella logica del raggiungimento del più alto livello del pubblico interesse (1); • evitare le ristrettezze di un sistema normativo troppo prescrittivo che nel recente passato non è riuscito a produrre qualità urbana e territoriale. Perciò, la nostra categoria, non può che accogliere con favore questa Legge che restituisce all’architetto la libertà d’impostare metodologie e di costruire modelli flessibili in grado di produrre soluzioni consone ad ogni singola realtà locale, lasciando spazio alla sua esperienza e alla sua capacità propositiva, in una parola, alla sua professionalità. Una Legge che, come la precedente 51 del 1975, ambisce a individuare un processo urbanistico a livello locale innovativo, che vuole superare le esperienze prodotte dalle altre regioni, sulla scorta dell’impostazione I.N.U. – Piano Strutturale/Piano Operativo – dopo aver sperimentato preliminarmente sul campo alcuni degli elementi che compongono il P.G.T.: • il Documento di Piano, evoluzione del documento d’inquadramento, che ha visto la luce con la L.R. 9/1999 sui Programmi Integrati d’Intervento, determinerà gli obiettivi di sviluppo complessivo del P.G.T., cioè la sua capacità insediativa generale, sulla scorta di tutte le analisi ed indagini già sperimentate coi precedenti modelli di pianificazione e non solo, sarà quindi il Piano del Sindaco e sarà anche l’unico a avere una scadenza temporale e che non produrrà effetti diretti sul regime dei suoli; • il Piano dei Servizi – ovvero il piano della città pubblica, introdotto dalla L.R. 1/2001, che ha riformulato il concetto di standard, non più d’esclusivo dominio pubblico, ma anche di pertinenza privata – qualora d’interesse generale, non solo area di sedime, ma opera nel suo complesso – mutuando lo standard di qualità anticipato dalla già richiamata L.R. 9/1999 – quando non addirittura attività di servizio, (assistenza domiciliare agli anziani o ai diversamente abili); • il Piano delle Regole, una sorta di piano particolareggiato


tonomia di ogni strumento se poi la mancanza di uno solo di essi blocca il Comune per un periodo imprecisato? Il Governo del territorio deve essere perseguito senza soluzioni di continuità, non torniamo ai “vecchi tempi morti” che hanno caratterizzato l’ultimo quarto del secolo scorso e hanno causato solo guasti e non salvaguardie; • probabilmente, dovuta alle ultime febbrili trattative che hanno preceduto il voto finale, appare del tutto censurabile, anche la norma (Art. 7 – 3° comma), che subordina l’approvazione dei P.G.T., nei Comuni con popolazione inferiore ai quindicimila abitanti, all’entrata in vigore dei criteri volti ad individuare i contenuti minimali dei loro P.G.T.; in questo modo s’impedirà l’adeguamento della pianificazione locale su circa il 90% del territorio lombardo; • la norma (Art. 11, 2° comma) che, ai fini della perequazione urbanistica, affida al Piano delle Regole la regolamentazione della cessione gratuita al comune delle aree destinate nel Piano stesso alla realizzazione di opere di urbanizzazione, ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche o d’interesse pubblico o generale, sembra contraddittoria e inopportuna, perché “trasferisce” al Piano delle Regole un compito proprio del Piano dei Servizi. Francesco Cappa Referente della Commissione Professione e Coordinatore gruppo di lavoro sulla Riforma urbanistica regionale dell’Ordine Architetti, P.P.C. di Mantova. Note 1. Esigenza questa, molto sentita anche dagli amministratori locali, che sempre più frequentemente prediligono una pianificazione attuativa complessiva che non si limiti alla realizzazione delle sole opere di urbanizzazione, ma si estenda anche alla costruzione degli edifici e dei relativi servizi (P.I.I.); non un ritorno al Piano disegnato propugnato tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, ma a un progetto urbano completo che scaturisca da un’approfondita analisi del luogo: morfologicoambientale ed economico-sociale. 2. Sull’argomento l’ing. Mario Rossetti, dirigente regionale, sostiene che i comuni col Piano delle Regole possano anticipare le scelte della P.T.C.P., secondo il disposto dell’Art. 15 – 4° e 5° comma, seguendo la procedura dell’Art. 13 – 5° e 7° comma.

Milano a cura di Roberto Gamba

Sono stati interpellati: • Giancarlo Bianchi Janetti, architetto, direttore dello Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Milano. Il settore si avvale, quali organismi di consulenza, della Commissione Edilizia (organo tecnico, che si pronuncia sulla

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del tessuto urbano consolidato – cioè centro storico ed aree di completamento – ma, non solo, perché dovrà regolamentare anche le aree produttive, comprese quelle agricole – altro importante elemento di novità rispetto al passato. Una Legge che probabilmente verrà ricordata come Legge Moneta dal nome dell’assessore che l’ha fortemente voluta, sino al punto di rischiarne la bocciatura – ricordiamo che è stata approvata con solo due voti di scarto – e, come il suo artefice, vuole essere altrettanto concreta ed immediata, perciò: • riduce all’essenziale i tempi burocratici d’attuazione degl’interventi (P.A. approvati dalla Giunta con tempi di pubblicazione/osservazione dimezzati e permessi di costruire convenzionati – per cambi d’uso che presuppongano la carenza di standard o l’inadeguatezza delle OO.UU.), non consentendo, tra l’altro, di lasciare per troppo tempo le pratiche nel cassetto, perché prevede l’inefficacia degli atti assunti, qualora l’organo deliberante non provveda alla relativa approvazione entro termini perentori (Artt. 13 – 7°comma e 14 – 4° comma); • concentra le procedure e ne snellisce i percorsi (P.A. in variante anche ordinaria al P.G.T., con possibilità di affidare agli operatori privati l’esecuzione di opere pubbliche senza gara – almeno sino ad importi di 5.000.000 di euro); una “rivoluzione” in campo amministrativo che stravolgerà compiti e ruoli delle figure impiegate negli uffici tecnici comunali, in particolare di quelli medio-piccoli, che non dovranno più dedicare tempi interminabili alle gare d’appalto per opere pubbliche – prima per la predisposizione dei bandi, poi per seguirne l’evoluzione attuativa – ma dovranno, più concretamente, attrezzarsi per analizzare le proposte formulate dai privati, valutandone l’adeguatezza tecnico-economica, sia nella fase preliminare della proposta, che in quella finale della presa in carico dell’opera. Tuttavia, non mancano elementi di criticità e, su questi, se possibile, chiedo chiarimenti al rappresentante regionale: • non si capisce per quale motivo venga affidata alla Provincia la definizione delle aree agricole; perché non attuare quanto stabilito dal Titolo V della Costituzione, demandando al comune tale scelta e lasciando al livello provinciale il coordinamento intercomunale? A tale proposito, poi, non si comprende come sia possibile per i Comuni avviare il procedimento di adeguamento dei loro P.R.G. entro un anno dalla data d’entrata in vigore della nuova Legge, quando le Province hanno lo stesso termine per dare inizio all’adeguamento dei loro P.T.C.P. (2); • ed ancora, con riferimento a questa disposizione che, di fatto, impedisce ai comuni di approvare il proprio Piano delle Regole, non si comprende perché non si consenta a quei comuni virtuosi che hanno già approvato, o che si apprestino ad approvare, Documenti d’Inquadramento o Piani dei Servizi, cioè due terzi degli strumenti che costituiscono il nuovo P.G.T., l’approvazione di varianti che superano l’angusto limite dell’Art. 2 – 2° comma della L.R. n. 23/1997, se non attraverso atti di programmazione negoziata; che senso ha prevedere l’au-


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qualità architettonica ed edilizia dei progetti, con particolare riguardo al loro corretto inserimento nel contesto urbano) e dell’Osservatorio Edilizio del Cittadino. Questo si è insediato nel 2000, con il compito di affiancare l’Amministrazione, nella necessaria attività di aggiornamento ed interpretazione delle disposizioni delle norme regolamentari. L’Osservatorio è costituito, oltre che da Bianchi Janetti, da esponenti delle realtà professionali: l’ing. Carlo Rusconi, l’arch. Isabella Steffan e l’avv. Edgardo Barbetta, che ne è presidente. Garantisce la concreta applicazione delle norme e promuove soluzioni innovative di ordine organizzativo e procedurale; • Pietro Mezzi è Assessore alla politica del territorio e parchi (con competenze per Agenda 21, mobilità ciclabile, diritti degli animali) della nostra Provincia. Gestisce il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale; la pianificazione paesistica; la programmazione delle infrastrutture; il sistema Informativo Territoriale e Websit; la valutazione di impatto ambientale; la valutazione strategica P.T.C.P.; il supporto delle attività degli uffici tecnici dei comuni, con iniziative, finanziamenti, consulenze sulle procedure urbanistiche, sulla valenza paesistica degli strumenti urbanistici; • Marco Engel condivide con i colleghi Federico Acuto, Franco Aprà, Carlo Baccalini, Emilio Pizzi, Gregorio Praderio le sedute della Commissione Urbanistica interna dell’Ordine di Milano, istituita nel 2003, perché svolga un’attività costante di verifica e proposta, sviluppata in coerenza con le iniziative della Consulta. Il contributo raccolto è una sintesi del documento elaborato dalla Commissione, la cui stesura completa è reperibile sul sito dell’Ordine di Milano. R. G.

Revisione e interpretazione della strumentazione urbanistica Con l’entrata in vigore il 31 marzo scorso della Legge Regionale n.12, inizia, per le Pubbliche Amministrazioni, una consistente attività di revisione della strumentazione urbanistica da realizzarsi nel prossimo triennio. Per quanto riguarda invece l’attività edilizia le modifiche sono immediatamente operative, dato che la Legge disapplica molti articoli del D.P.R. 380 e sostituisce, con effetto immediato sui Regolamenti Edilizi vigenti, le procedure e le definizioni degli interventi edilizi (Art. 27), in particolare: • la manutenzione straordinaria può comportare modifiche in incremento o riduzione delle U.I., il relativo intervento è di conseguenza gratuito (già lo era in comune di Milano); • la ristrutturazione può comportare demolizione e ricostruzione dei fabbricati nel solo rispetto della volumetria preesistente, quindi modificando sia la sagoma che il sedime, anche con diversa collazione dell’edificio (di nuovo nessuna novità per Milano);

• è obbligo per le amministrazioni concludere il procedimento d’esame delle DIA con un atto formale, copia del quale può essere richiesta dal presentatore, che ha così certezza della validità del titolo (per la conclusione del procedimento non sono fissati termini). La nuova Legge contiene infine una diversa disciplina degli interventi di recupero dei sottotetti esistenti in base alla quale, in primo luogo, vengono abrogate le Leggi Regionali 15/1996 e 22/1999 e, in secondo luogo, non è più previsto, contrariamente alle leggi abrogate, che tali interventi siano definiti di ristrutturazione e possano essere intrapresi in deroga agli strumenti urbanistici. Ne consegue che, con l’entrata in vigore della Legge per il governo del territorio, non è più possibile recuperare sottotetti inabitabili secondo le procedure fino ad ora applicate. Considerata l’entrata in vigore della nuova Legge, al 31 marzo 2005, gli uffici del Settore Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Milano non accettano più la presentazione di progetti di recupero sottotetti, in deroga alle norme urbanistiche, a partire dalla data di pubblicazione della Legge e hanno diffidato l’inizio delle opere, relative alle DIA di medesimo oggetto, presentate dopo il giorno 1 marzo 2005. Giancarlo Bianchi Janetti

Una legge che non guarda lontano A fine marzo è entrata in vigore la nuova Legge Regionale Lombarda per il governo del territorio che apporta radicali modifiche, non sempre nel segno della semplificazione. La Legge opera uno svuotamento di significato dei meccanismi di controllo della compatibilità degli strumenti urbanistici comunali nei confronti del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.). La verifica, infatti, avverrà sul Documento di Piano – non dovranno invece essere vagliati il Piano delle Regole e quello dei Servizi che assieme al Documento di Piano compongono il Piano di Governo del Territorio che sostituisce il vecchio P.R.G. – che non necessariamente compie le scelte localizzative più rilevanti, con uno svilimento delle funzioni di indirizzo delle scelte comunali. Il nuovo provvedimento, poi, non viene applicato immediatamente ai Comuni con meno di 15mila abitanti, in attesa di decreti attuativi che chiariscano le procedure. La Legge Regionale, inoltre, obbliga a un processo di adeguamento del P.T.C.P. da iniziare entro un anno, tenendo conto delle nuove funzioni attribuite: valutazione ambientale dei piani, suddivisione dei contenuti in orientativi e prevalenti, coinvolgimento della Conferenza dei Comuni. Ed è in questo processo di revisione del P.T.C.P. che la Provincia intende rivitalizzare il ruolo di una pianificazione che nasca dal basso, stimolando i Comuni con interessi convergenti a definire un disegno del territorio a livello intercomunale. Emerge sempre più l’esigenza di una regia a scala inter-


Pietro Mezzi

Gli Ordini per la promozione delle esperienze della pianificazione La nuova Legge urbanistica regionale raccoglie e riordina in un unico testo un insieme complesso e ingarbugliato di normative, soggetto negli ultimi anni a molte innovazioni, abbandonando definitivamente il sistema di pianificazione basato sull’unitarietà dello strumento di piano, ritenuto incapace di governare le trasformazioni più consistenti che avvenivano ormai da tempo al margine, se non all’esterno, delle regole della pianificazione comunale ordinaria. Nella stesura del nuovo testo il legislatore regionale è stato guidato da una valutazione positiva del sistema decisionale degli atti di pianificazione negoziata: valutazione che non può essere interamente condivisa. L’esperienza degli ultimi anni, fatta di molte luci ma anche di ombre, dimostra che la negoziazione può produrre risultati positivi, sia per trasparenza delle procedure che per concreti esiti delle trasformazioni territoriali, se entrambi i contraenti partono da regole chiare e pubblicamente note per la contrattazione stessa, come spesso hanno garantito le indicazioni dei Piani Regolatori. Dalla fiducia nella capacità del rapporto negoziale tra amministrazione pubblica ed operatori immobiliari di rappresentare compiutamente l’interesse della collettività discendono alcuni nodi critici della nuova Legge che sono destinati ad influire sull’attività dei professionisti ed in particolare: • equità e trasparenza delle scelte della pianificazione comunale e limiti della discrezionalità; • modalità di valutazione della qualità dei Piani e degli esiti sul territorio; • opportunità e rischi del nuovo ruolo culturale, tecnico e professionale degli architetti e dei pianificatori. A partire da questi nodi critici appare indispensabile un riesame delle disposizioni contenute nell’articolato della Legge, in vista del probabile periodo di “rodaggio” al quale sarà assoggettato un provvedimento di tanta importanza, approvato dal Consiglio Regionale nella concitazione delle sedute conclusive del proprio mandato. Nel primo elenco dei temi sui quali avviare il riesame non potranno mancare: • incoerenza fra ruolo della pianificazione attuativa e procedure di approvazione;

• limitazione all’autonomia decisionale dei Comuni su materie di carattere locale; • riproposizione, concettualmente e quantitativamente riduttiva, del solo standard residenziale; • banalizzazione delle politiche perequative; • sottovalutazione del tema della mobilità. Una riflessione più approfondita meritano poi i temi della pianificazione di area vasta: P.T.R., Piani d’Area Regionali, P.T.C.P., ed i temi sorprendentemente non trattati dalla Legge, quali la pianificazione intercomunale e quella dell’area metropolitana. In conclusione la nuova Legge riduce il campo delle verifiche di conformità normativa, chiamando ad una nuova responsabilità le figure tecniche e professionali. L’espulsione dal testo legislativo dei contenuti manualistici, che connotavano la legislazione precedente, può rappresentare un’occasione di rinnovamento del dibattito tecnico culturale e della prassi professionale. In questa prospettiva può essere valorizzato il ruolo degli Ordini ai quali spetta il compito di promuovere occasioni di approfondimento, confronto delle nuove esperienze della pianificazione urbanistica, valutandole in relazione ai temi più sopra sollevati. Attraverso l’attività di “monitoraggio”, si potrebbero selezionare i “casi-modello” (best practice) da portare ad esempio, e, all’opposto, individuare le esperienze meno riuscite ed identificarne i motivi, contribuendo, attraverso la pubblicizzazione di questa attività, a migliorare il lavoro dei tecnici e degli amministratori. Marco Engel

Pavia a cura di Vittorio Prina

La redazione del testo relativo ad AL Pavia è stata affidata a Federico Oliva, Ordinario di Urbanistica e Direttore del Corso di Laurea di Pianificazione presso il Politecnico di Milano. Oliva collaborò nel 1976 con Giovanni Astengo e Giuseppe Campos Venuti alla redazione del Piano Regolatore di Pavia, è autore dell’attuale Piano Regolatore di Vigevano (Pavia, 2004) e co-autore del Piano Regolatore di Roma (2003). V. P.

La nuova Legge Lombarda La nuova Legge Lombarda modifica radicalmente l’impostazione del piano comunale (diventato Piano di Governo

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media propria della pianificazione provinciale. La frammentazione e la complessità degli interessi e delle relazioni nei processi di sviluppo insediativo hanno a volte trovato virtuose soluzioni di coordinamento di esperienze di cooperazione intercomunale, ma non è più eludibile assicurare ai processi una regia complessiva, che sappia definire obiettivi condivisi e linee di intervento comuni, per un uso attento e intelligente delle risorse territoriali alla scala provinciale. La Legge, così come concepita, trascura questo aspetto.


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del Territorio) mentre non presenta particolari novità sugli altri livelli di pianificazione, regionale e provinciale e sui relativi strumenti. Tuttavia, pur differenziandosi dalle altre leggi regionali che stanno dando attuazione alla riforma urbanistica nel nuovo ordinamento costituzionale che affida alle Regioni la piena responsabilità delle proprie scelte, fatti salvi i “princìpi generali” definiti dallo Stato, anche in questa Legge sono rintracciabili elementi importanti di quella riforma: basti pensare alla modalità attuativa fondamentale, la perequazione urbanistica, che è trattata in modo esauriente in un articolo (“compensazione, perequazione e incentivazione urbanistica”) nel quale si definisce esplicitamente la compensazione come modalità ordinaria per l’acquisizione delle aree necessarie alla collettività. La stessa tripartizione in cui articolato è il P.G.T. (in realtà una quadripartizione, data l’importanza dei Piani Urbanistici Attuativi cui viene affidato il compito fondamentale di assegnare i diritti edificatori) presenta analogie e differenze con l’articolazione prevalente nelle riforme regionali: il Documento di Piano può, nonostante il limite temporale di cinque anni, essere assimilato al Piano Strutturale; il Piano delle Regole corrisponde al Regolamento Urbanistico presente in quasi tutte le leggi; invece il Piano dei Servizi è un documento originale di questa legge, già sperimentato dal 2001, determinante non solo per la riforma degli standard, ma anche per definizione operativa della perequazione. Rispetto al quadro nazionale, manca all’appello il Piano Operativo, il documento relativo alle trasformazioni previste in un quinquennio (il periodo di validità dei vincoli urbanistici), al termine del quale decadono sia i vincoli sia i diritti non attuati. Si tratta di una mancanza grave, perché così non viene risolto il nodo fondamentale dell’urbanistica italiana, vale a dire l’equiparazione tra vincoli e diritti garantita in modo organico dal piano, perché la decadenza quinquennale dei vincoli espropriativi, più volte ricordata dalla Legge, non trova alcuna corrispondenza negli altri strumenti, dato che il Documento di Piano, non essendo conformativo, non assegna alcun diritto. Questa mancanza, che rappresenta un limite molto pesante, potrebbe essere risolta dagli indirizzi totalmente perequativi del Documento di Piano e dalle regole operative, altrettanto perequative, del Piano dei Servizi e dei Piani Urbanistici Attuativi che eliminano completamente la distinzione tra aree pubbliche e aree private e prevedano la compensazione come modalità unica per l’acquisizione delle aree pubbliche. Ma si tratta di una soluzione facoltativa, affidata ai piani che la possono o meno adottare e non di una soluzione definitiva, guidata organicamente dalla Legge e obbligatoria per tutte le situazioni, indipendentemente dalla più o meno buona gestione politica e tecnica. A questa osservazione di fondo, si aggiunge un dubbio relativo al “principio generale” indicato dalla Legge nazionale, che distingue in “strutturali” e “operative” le componenti del piano: se il Piano dei Servizi e il Piano delle Regole sono senz’altro operativi, il Documento di Piano non può

essere considerato a tutti gli effetti un documento strutturale, per la sua durata limitata. Si pone quindi da subito un problema di adeguamento, non irrilevante, rispetto alla legge “di princìpi” in discussione in Parlamento. I limiti e le contraddizioni appena messi in luce, impediscono di dare un giudizio complessivamente positivo alla Legge lombarda, che tuttavia presenta almeno due aspetti importanti da sottolineare. Il primo aspetto riguarda il recupero, attraverso la forma del testo unico, degli elementi più innovativi della più recente legislazione regionale, poco valorizzati dalla mancanza di un quadro di riferimento che non si è voluto garantire quando la crisi del P.R.G. era ormai evidente, buttando via, come si dice, il bambino con l’acqua sporca; non ci si riferisce solo agli standard, la cui normativa appare migliorata (i servizi dimensionati sugli utenti effettivi e non su improbabili “abitanti teorici”), o alle regole per il recupero dei sottotetti, ma anche e soprattutto all’approccio negoziale che viene inserito all’interno del processo del Piano e non più utilizzato “contro” l’idea stessa di Piano generale, garantendo allo stesso approccio, così, come l’esperienza dimostra, un’efficacia assai maggiore. Il secondo aspetto, certamente il più importante, riguarda il fatto che la legge riporta i Comuni ad immaginare il proprio futuro in termini di Piano, un Piano forse non efficiente come sarebbe necessario, ma comunque un Piano. Caduto l’alibi dell’impossibilità di ricorrere al Piano, causa l’inefficacia del P.R.G. (la Lombardia è la regione italiana in cui si è meno sperimentata la riforma attraverso i Piani, con una responsabilità equamente ripartita tra tecnici e politici), si riapre dunque una prospettiva che allontana, anche se non cancella, le illusioni della deregulation, che dalla “Legge Verga” in poi, hanno portato a scelte valutabili positivamente solo in termini di quantità, ma non certo in termini di qualità e, soprattutto, di sviluppo, con la costruzione cioè di funzioni strategiche e la conquista di ricadute positive, durature per le comunità urbane; scelte che, al contrario, sono sempre state condizionate, grazie alla politica del “caso per caso”, dalle regole del mercato immobiliare, più che da quelle dell’interesse collettivo che solo un Piano può garantire. Federico Oliva

Sondrio a cura di Enrico Scaramellini

Legge per il governo del territorio della Regione Lombardia Negli ultimi anni la Commissione urbanistica dell’Ordine di Sondrio ha svolto una considerevole mole di lavoro sul


A ragione, sono stati posti quali primi articoli di legge gli strumenti per il coordinamento e l’integrazione delle informazioni, la valutazione ambientale dei piani (l’utilizzo dei S.I.T.) e l’Autorità per la programmazione territoriale che si avvale dell’Osservatorio permanente della programmazione territoriale. Poter contare nel più breve tempo possibile su basi geografiche digitali corrette e in continuo aggiornamento è il primo grosso passo avanti che consente perlomeno di operare velocemente e con maggiore tranquillità rispetto al passato. È importante ottenere al più presto il lavoro dell’Autorità per la programmazione territoriale visto che, ad esempio, in provincia di Sondrio quasi tutti i comuni sono al di sotto dei quindicimila abitanti con l’aggravante che l’Ente Provinciale non ha neppure provveduto almeno ad adottare un P.T.C.P. Altrettanto importante sarà avviare immediatamente la fase di sperimentazione assistita e di formazione che gli Ordini professionali e le amministrazioni locali attendono con interesse. Giovanni Vanoi coordinatore Commissione Urbanistica dell’Ordine di Sondrio

Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni

Considerazioni generali sulla Legge Lombarda Dopo trent’anni esatti la Regione Lombardia cambia radicalmente l’atteggiamento e la modalità con cui affrontare la complessa questione della gestione del territorio. Basti, per rendersi conto di questo, mettere a confronto il titolo della Legge n. 51 del 15 aprile 1975 con quello della Legge n. 12 del 11 marzo 2005. La prima infatti così era titolata: Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico; la seconda ha per titolo Legge per il governo del territorio. Tra disciplina e governo Innanzi tutto il termine disciplina deriva dal vocabolo discipúlus – discepolo – che prefigura una subordinazione ovvero si ipotizza la presenza di un’autorità investita di poteri e dotata di verità che insegna ai subordinati come comportarsi in quanto incapaci di decidere da soli. I successivi termini, salvaguardia, dal francese sauvegarde, che indica un tipo particolare di protezione concessa in tempo di guerra a persone, località e cose che non devono

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tema della legislazione urbanistica regionale; prima in merito alle Linee Guida e, successivamente, sull’articolato della Legge recentemente entrata in vigore. Tutto il lavoro si è svolto in parallelo ed in perfetta integrazione con l’attività della Commissione Urbanistica della Consulta, in virtù di un tavolo di confronto privilegiato che la Consulta stessa ha avuto il merito di attivare con l’assessorato regionale competente. Nessun dubbio sul fatto che occorresse mettere mano ad una riforma in materia, quantomeno per apportare i necessari adeguamenti alle leggi di “prima generazione” per inserirle in un contesto culturale, politico e legislativo profondamente mutato. Si pensi all’evoluzione di problematiche quali la questione ambientale e la conseguente necessità di integrare la pianificazione urbanistica con la pianificazione paesistica-ambientale rimasta, almeno nel caso della R.L., congelata per anni dalla Legge 431/1985; ed ora, la necessità di coordinamento con il Piano Territoriale Regionale. Di notevole importanza anche il mutamento del quadro legislativo nazionale (vedi ad es. L.142/1990, riforma della autonomie locali, riforma del titolo V° della Costituzione, ecc.) entro il quale si rende necessario ristabilire equilibri e rapporti di gestione e pianificazione secondo più moderne concezioni di interazione tra vari soggetti attuatori ai diversi livelli. L’applicazione della L.R. 51/1975 ha posto in risalto, a suo tempo, diverse problematiche tra cui quella che riguarda le specificità d’ambito territoriale. La Provincia di Sondrio, ad esempio, è stata in un certo senso penalizzata, date le sue caratteristiche di realtà completamente montana, dalla applicazione “rigida” derivante dalla normativa in essere. Il riferimento allo standard di 26,5 mq/abitante in modo indifferentemente sia per la realtà metropolitana, sia per quella montana, tipica del territorio valtellinese, non ha certo prodotto positive ricadute in termini di buon governo del territorio. D’altro canto è legittima qualche preoccupazione da più parti manifestata in merito all’eccessiva flessibilità e libertà di azione che la nuova normativa consente. Rispetto alla bozza di legge presentata dalla Regione nel luglio 2002, l’elaborazione finale del testo si caratterizza per una ancora maggiore “flessibilità” o, meglio, lascia alle Amministrazioni che la dovranno applicare, una più ampia libertà d’uso e di interpretazione di regole, concetti e definizioni. Il nocciolo della questione appare evidente dall’analisi critica a suo tempo elaborata dal collega Mazzotta il quale ha posto, a ragione, la libertà metodologica sia tra gli aspetti positivi, sia tra quelli negativi. Rimane pertanto la fondata preoccupazione che lo strumento possa essere utilizzato anche in modo non proprio consono ai princìpi cui è ispirato, intesi ovviamente nella loro più nobile accezione. Al di là delle comprensibili preoccupazioni che accompagnano in ogni caso operazioni così “rivoluzionarie”, è importante capire quali siano i primi passi da muovere.


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essere coinvolte nelle operazioni belliche e tutela, dal latino tueri – difendere, proteggere – danno l’idea del clima culturale in cui è maturata la Legge del ’75. L’immagine è quella di una guerra, da un lato forze vocate alla distruzione (gli enti locali?, i Comuni?) dall’altro un soggetto illuminato e consapevole del patrimonio naturale e paesistico (la Regione?) che deve preoccuparsi di salvare il salvabile. Con ogni probabilità questa posizione era dovuta all’evidente distruzione sotto gli occhi di tutti, non solo degli ambientalisti, di un paesaggio e di risorse ambientali che, negli anni ’60 e primi anni ’70, anni del boom industriale lombardo, si è perpetrata all’interno comunque della legalità della normativa urbanistica previgente alla Legge del ’75. Oggi è certamente mutato l’atteggiamento complessivo della società, nelle sue varie espressioni, nei confronti del territorio e dell’ambiente in generale. Si vive all’interno di una diffusa consapevolezza del bene comune che è l’ambiente. Talvolta addirittura si assiste ad alcune degenerazioni che tale atteggiamento può produrre, al no pregiudiziale a qualsiasi trasformazione dell’assetto territoriale. Il termine “nuovo” utilizzato nel titolo della Legge del 2005, governo, dal latino gúbernum – timone della nave – rappresenta una svolta nella consapevolezza di cui si parlava. Una volta stabilito il bene comune, condiviso quindi l’obiettivo, si prendono le decisioni relative al dove si vuol andare, dove il termine andare significa movimento, trasformazione. Si passa da una visione tattica, di difesa immobile, ad una visione strategica, dinamica. Sussidiarietà verticale ed orizzontale La modalità ed i criteri di questa dinamica è illustrata dal secondo comma dell’Art. 1 “criteri di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, sostenibilità, partecipazione, collaborazione, flessibilità, compensazione ed efficienza”. Sarebbe interessante soffermarsi su tutti questi termini ma non è certamente questa la sede adatta. Qualche considerazione va comunque spesa almeno sul primo termine, sussidiarietà. Ormai viene accettata l’accezione secondo cui la sussidiarietà è il concetto per cui un’autorità centrale avrebbe una funzione essenzialmente sussidiaria, essendo ad essa attribuiti quei soli compiti che le autorità locali non siano in grado di svolgere da sé. La sussidiarietà, che ha origini teorico-culturali antiche (1), ma ultimamente riformulate da recenti documenti (2), si articola in due direzioni: la sussidiarietà verticale e la sussidiarietà orizzontale. La prima è quella costituita da un sistema di poteri pubblici tra diversi soggetti verticalmente disposti in scala gerarchica – Unione Europea, Stato, Regioni, Municipalità – in cui il soggetto “più grande” si assume i compiti che il soggetto “più piccolo” non è in grado di svolgere da sè all’interno di definizioni di competenze territoriali e funzionali. La seconda vede la ripartizione di funzioni tra diversi soggetti – istituzioni, società, mercato – dotati di autonomie proprie, escludendo livelli gerarchici, ma impiegando criteri di allinea-

mento. In tale contesto le istituzioni non possono alterare le autonomie dei soggetti sociali ed economici ma devono promuovere il coinvolgimento, la responsabilità e l’imprenditorialità dei soggetti sociali ed economici. La Legge regionale del governo del territorio tentativamente cerca di raggiungere tali obiettivi non solo negli enunciati programmatici, come per esempio nel comma 5 dell’Art. 2 (3), ma anche concretamente, come nella formulazione del 2° e 3° comma dell’Art. 13 (4) laddove individua nei soggetti sociali ed imprenditoriali degli attori coprotagonisti della prima fase decisionale. Spetta poi certamente alla responsabilità ed alla capacità degli enti locali utilizzare al meglio il disposto normativo del 3° comma dell’Art. 13 trasformando quello che potrebbe essere una semplice o fastidiosa formalità del tipo “non disturbare il manovratore” in una grande occasione per mettere in chiaro le esigenze ed i progetti dei soggetti socio-culturali ed economici. Quanta differenza rispetto alla prassi seguita fino a qualche anno fa, che vedeva, fino all’adozione da parte del Consiglio Comunale, il P.R.G. come un documento segretato per impedire manovre speculative che, comunque, spesso accadevano puntualmente. Innovazione tecnologica come strumento di partecipazione All’Art. 3, sotto il titolo Strumenti per il coordinamento e l’integrazione delle informazioni, viene introdotto, un po’ surrettiziamente, il Sistema Informativo Territoriale (SIT) che manda definitivamente in soffitta i piani disegnati su improbabili cartografie catastali aggiornate spesso con espedienti funambolici. Forse non ci si rende conto della “rivoluzione” che tale dispositivo normativo può rappresentare. Lo hanno subito capito molte aziende informatiche che stanno proponendo ai professionisti che si occupano di pianificazione o direttamente alle amministrazioni comunali, offrendo programmi informatici o servizi proprio citando le novità introdotte dalla Legge regionale. La maturità raggiunta della tecnologia GIS (Geographic Information System) per la gestione dei dati territoriali offre davvero la possibilità di “democratizzare” o meglio di applicare fattivamente il principio della sussidiarietà, sia verticale sia orizzontale, alla pianificazione. L’utilizzo di internet e il condividere le informazioni tra tutti, sia tra i diversi livelli amministrative sia tra i vari soggetti socio-economici, permette una reale azione di coinvolgimento nelle decisioni e nel controllo. L’Art. 3 sottolinea in più occasioni tale opportunità: “Il SIT è fondato su basi di riferimento geografico condivise tra gli enti medesimi e aggiornato in modo continuo” (Art. 3, comma 1); “basi geografiche e cartografiche congruenti, per potersi tra loro confrontare” (Art. 3, comma 2); “I dati raccolti dal SIT sono pubblici e possono essere consultati o richiesti da chiunque ne faccia motivata domanda” (Art. 3, comma 4); “Il SIT fornisce servizi e informazioni a tutti i cittadini e vi possono confluire informazioni provenienti da enti pubblici e dalla comunità scientifica” (Art. 3, comma 5).


Un possibile rischio Occorre avere una grande attenzione a quanto previsto dal comma 14 dell’Art. 13 della Legge regionale che così recita: “I Comuni, con deliberazione del Consiglio Comunale, possono avvalersi della Provincia per la redazione degli atti di P.G.T.; i Comuni inclusi in una comunità montana possono avvalersi della comunità montana stessa”. Occorre non sottovalutare il rischio che la possibilità sopra descritta vanifichi tutti i propositi di sussidiarietà che la Legge prevede. Infatti, potrebbe configurarsi una sorta di delega da parte delle piccole comunità comunali all’ente Provincia che a sua volta potrebbe standardizzare i piani vanificando così l’originalità della proposta progettuale e soprattutto eludere, sempre come rischio possibile, il coinvolgimento dei soggetti sociali ed imprenditoriali. Claudio Scillieri

Note 1. Altusio 1603, Pio XI 1931, Röpke 1930/40, Centesimus Annus, 1991. 2. Delors 1991, Trattato di Mastricht 1992, Titolo V Costituzione Italiana 2001. 3. Il secondo comma dell’Art. 2 così recita: “Il governo del territorio si caratterizza per a) la pubblicità e la trasparenza delle attività che conducono alla formazione degli strumenti; b) la partecipazione diffusa dei cittadini e delle loro associazioni; c) la possibile integrazione dei contenuti della pianificazione da parte dei privati”. 4. Il secondo e terzo comma dell’Art. 13 così recitano: “2. Prima del conferimento dell’incarico di redazione degli atti del P.G.T., il Comune pubblica avviso di avvio del procedimento su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale e sui normali canali di comunicazione con la cittadinanza, stabilendo il termine entro il quale chiunque abbia interesse, anche per la tutela degli interessi diffusi, può presentare suggerimenti e proposte. Il Comune può, altresì, determinare altre forme di pubblicità e partecipazione. 3. Prima dell’adozione degli atti di P.G.T. il Comune, tramite consultazioni, acquisisce entro trenta giorni il parere delle parti sociali ed economiche”.

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Un salto di qualità Una grande opportunità per far compiere un balzo al livello della qualità della progettazione urbanistica è certamente rappresentata dalla Valutazione ambientale dei piani descritta all’Art. 4. Come è noto, la Direttiva 2001/42/CEE impone ai paesi membri l’obbligo di adottare apposite procedure per la valutazione ambientale di piani e programmi che “possono avere effetti significativi sull’ambiente” (Art.3, comma 1 della direttiva). Una breve disamina del contenuto della direttiva ci permette di capire la vastità di tale lavoro: • Art. 5 – redazione di un “rapporto ambientale” in cui vengono individuati, descritti e valutati gli effetti significativi sull’ambiente che possono venire dall’attuazione del piano con la valutazione delle possibile alternative progettuali messe a confronto; • Art. 6 – la valutazione di cui all’Art. 5 deve avvenire mediante consultazione pubblica preceduta da una adeguata diffusione delle informazioni; • Art. 10 – realizzazione di un sistema di monitoraggio e valutazione ambientale in grado di controllare il processo di attuazione del piano per proporre sue eventuali revisioni. Appare chiara la possibilità offerta al progettista ed alla pubblica amministrazione nel seguire tale direttiva europea, ma altrettanto chiara è la possibilità di trasformare tale opportunità in semplice disbrigo di una formalità ripetendo formule generiche riguardanti principi generali con un sapiente uso di “taglia e incolla”. Tale riduzione purtroppo sta avvenendo per un’altra grande opportunità di miglioramento della qualità progettuale quale quella prevista dall’Art. 25 e seguenti delle N.T.A. del Piano territoriale paesistico regionale (Dcr 6.3.01, B.u.r.l. 8.8.01) e dalle Linee guida contenute nella Dgr 8.11.02 (B.u.r.l. 2° suppl. straord. al n. 47 del 21.11.02) ovvero dalla valutazione paesistica dei progetti così tanto disattesa da molte amministrazioni comunali della Lombardia.


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Premio al deserto La giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino promosso da Fondazione Benetton Studi e Ricerche, composta da Sven-Andersson, Carmen Añón, Monique Mosser, Ippolito Pizzetti, coordinata da Domenico Lucani e presieduta da Lionello Puppi, ha deciso di dedicare la 16° edizione del premio a Dei Abu Maqar, il monastero copto di San Macario situato lungo la strada del deserto tra il Cairo e Alessandria in Egitto: un luogo che coniuga e spiega con sobrietà il rapporto tra innovazione e conservazione. Il monastero, fondato nel 360 d.C. e abitato, da allora, ininterrottamente da monaci cristiani copti, è passato attraverso periodi alterni di fioritura e miseria, fasi di edificazione o abbandono delle strutture, con un’oscillazione visibile tra tempi di pace e sviluppo – in cui l’insediamento tendeva ad espandersi nel deserto con microcosmi abitativi allargando i margini di libertà e autogoverno – e tempi di offesa e degrado – in cui il centro abitato era costretto ad arroccarsi dentro le mura della fortezza. Fu nel 1969 quando il patriarca

Cirillo VI ordinò a dodici monaci, guidati dall’eremita Matta el Meskin (Matteo il Povero), di ripopolare il monastero in cui risiedevano ormai pochi monaci vecchi e ammalati, dando una spinta decisiva al risorgimento del suggestivo sito. Nel giro di pochi anni il monastero conobbe una rinascita spirituale e materiale. Oggi vi risiedono centotrenta monaci, tra cui laureati in agricoltura, medicina pedagogia, farmacia, veterinaria, ingegneria e vi collaborano settecento lavoratori di differenti convinzioni religiose provenienti dalle popolazioni nei dintorni. Oltre mille ettari di deserto sono stati trasformati in frutteti e campi coltivati. Un grande anello con centocinquanta celle avvolge il piccolo monastero preesistente, in un insieme radicalmente riformato. I lavori di ricostruzione ed ampliamento hanno contemporaneamente permesso il recupero d’importanti vestigia di un patrimonio artistico in parte sepolto o consunto. L’attribuzione del premio al monastero Dei Abu Maqar, come ha sottolineato la giuria, si fonda sulla conquista della bellezza e pienezza del deserto che i monaci hanno saputo fare nel corso dei secoli, ispirando l’immersione nelle misure dello spazio e nel senso del tempo e dimostrando la conoscenza della natura e l’eternità delle sue leggi. Irina Casali

Non solo Palladio Come ogni anno il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio (www.cisapalladio.org) organizza una serie di attività estive. Fondato nel 1958, con sede a Vicenza in Palazzo Barbaran da Porto (qui fotografato da Pino Guidolotti), il CISA è un istituto di ricerca nel campo della storia dell’architettura. Un consiglio scientifico, composto dai maggiori specialisti europei e nordamericani, progetta corsi, seminari, mostre e pubblicazioni dedicati non solo alla figura di Palladio, ma

anche alla storia dell’architettura, ai problemi del restauro e della conservazione di edifici storici. Per quest’anno sono previsti tre seminari e un Premio. Parallelamente alla mostra aperta fino al 3 luglio prossimo Andrea Palladio e la villa veneta. Da Petrarca a Carlo Scarpa, dal 16 al 22 giugno, si svolgerà il 22° seminario internazionale di storia dell’architettura curato da Donata Battilotti e Lionello Puppi, La villa nel mondo. La villa rappresenta la sintesi di ragioni e spinte contestuali complesse coinvolgenti competenze disciplinari diverse. Il seminario intende riflettere sui grandi momenti di costruzione della villa e realizzare un confronto fra le discipline che influiscono sulla sua costruzione. Dal 27 agosto al 3 settembre si terrà il 47° corso sull’architettura palladiana curato da Guido Beltramin e Howard Burns, Incontro con Palladio. Si tratta di un


ce, il 5° Corso sull’architettura scarpiana, a cura di Wolf Tegethoff e Vitale Zanchettin, Carlo Scarpa. Tettonica e costruzione. Il rapporto tra struttura e forma affonda le sue radici nelle più antiche tradizioni dell’architettura europea: il tema è legato alle possibilità di intendere l’architettura come rappresentazione di una precisa concezione strutturale. Obiettivo del corso è ricercare, nell’opera di Scarpa, le fonti di tale concezione tettonica. Infine il Premio James Ackerman per la storia dell’architettura il cui obiettivo è la pubblica-

zione di uno studio originale nel campo della storia dell’architettura. I partecipanti alla selezione devono far pervenire al CISA un abstract di non più di cinque cartelle e due lettere di presentazione. Una Commissione giudicatrice selezionerà i progetti ammessi al secondo livello di valutazione, per il quale si richiederà l’invio dei manoscritti. L’invio dell’abstract con le lettere di presentazione è fissata al 15 novembre 2005.

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Martina Landsberger

Festa per l’Architettura alla Triennale Come già l’anno scorso, anche quest’anno il mese di maggio e giugno ha visto la Triennale di Milano aprire la porta a iniziative esclusivamente dedicate all’architettura. Infatti, dal 4 maggio al 25 giugno si è svolta la seconda edizione del Festival per l’Architettura. Nell’arco di due mesi si è succeduta una “programmazione” che ha visto alternarsi eventi di tipo permanente, come

le mostre, a eventi invece incentrati intorno a incontri a tema. Il 5 maggio è stata inaugurata la mostra Ricerca e formazione Progetto di Architettura. Architetti italiani under 50, esposizione organizzata dalla Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano, e curata da Antonio Piva, il cui obiettivo è stato quello di chiarire lo stato della ricerca sul progetto operata all’interno delle diverse facoltà italiane, e la sua messa in opera. Ogni facoltà ha, infatti, segnalato il lavoro di alcuni suoi collaboratori e questi sono stati messi in mostra. In concomitanza con la giornata inaugurale si è svolto un convegno in cui i delegati delle diverse scuole hanno cercato di tracciare i “lineamenti dell’identità dell’architettura italiana”. Parallelamente a questa grande mostra ne sono state allestite altre quattro: Mockba XXI Immagini di una metropoli in trasformazione che, tramite grandi fotografie in bianco e nero, ha illustrato i cambiamenti della città sovietica attraverso le opere costruttiviste, quelle del periodo stalinista, l’epoca di Krushev per arrivare fino all’oggi. Le case nella Triennale. Mostre e progetti sull’abitare, ha messo in luce il ruolo della Triennale all’interno del dibattito sulla casa in Italia; L’esplosione della città, ha invece permesso il confronto fra 13 città europee con le loro trasformazioni. Da ultimo si è svolta una mostra monografica sull’opera di Emilio Ambasz. Con la collaborazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano, sono stati organizzati tre itinerari volti alla cono-

scenza di alcune architetture milanesi, in particolare la visita alle opere realizzate da Ignazio Gardella e Franco Albini, di cui ricorrono nel 2005 i centenari della nascita, e la riscoperta di alcuni edifici della Milano moderna in cui il rapporto con l’arte plastica e pittorica si è realizzato concretamente. Come già l’anno scorso Gianni Canova ha curato una sezione dedicata al rapporto cinema /città, proiettando alcuni film ambientati in oriente: a Pechino, Hong Kong e in Corea. Gli incontri della serie “Italy builds. L’Italia che si trasforma” hanno avuto l’obiettivo di mettere a confronto il pubblico con alcuni dei protagonisti della costruzione del nuovo paesaggio italiano; il ciclo: la Fabbrica estetica ha affrontato il tema delle trasformazioni dei luoghi del lavoro e, la sezione Focus, ha alternato interlocutori diversi che hanno affrontato temi, problemi ed esperienze di attualità. M. L.

In onda l’Era Urbana Dal 10 maggio al 3 giugno, sulle frequenze di Rai Radio 3, è andato in onda “L’Era Urbana”, un programma dedicato alla città contemporanea, realizzato con il contributo scientifico del Comune di Roma (Assessorato all’urbanistica), Ordine degli Architetti di Roma, Ordine degli Architetti di Torino, in collaborazione con la DARC. La seconda edizione della

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ritorno alle origini dell’iniziativa “storica” del Centro. Asse portante del corso saranno le visite agli edifici palladiani. Dal 15 al 18 settembre si svolgerà il 10° Seminario internazionale sul restauro architettonico, a cura di Mario Piana, La stratigrafia degli elevati: le nuove tecniche di indagine sugli edifici. Atto indispensabile per la stesura del progetto e la conduzione dell’intervento di restauro, il rilievo si configura come un momento di conoscenza dell’edificio. Dal 26 al 29 ottobre si terrà, inve-


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trasmissione a cura di Paola Tagliolini, realizzata dalla storica dell’arte Marta Francocci e dal regista e antropologo Giorgio de Finis con la consulenza dell’architetto Renata Bizzotto, ha sviscerato il tema spinoso della ricostruzione: protagonisti luoghi e città ferite o vulnerabili che dopo aver subito guerre, attentati, abbandoni o crisi economiche, vivono una stagione nuova, progettano un riscatto, aspirano a un’epifania. Diciotto puntate che hanno attraversato il globo: dalla New York del dopo 11 settembre alla Torino dei giochi invernali 2006, da Shangai, metropoli simbolo dello sviluppo economico della nuova Cina, alle città e le zone violate dalla guerra: Beirut, Sarajevo, Bagdad, il Kossovo. E ancora i nuovi progetti per Milano, Roma, Barcellona, Istambul, Berlino, Bilbao. Il viaggio si è avvalso di guide di prim’ordine, come i filosofi Massimo Cacciari ed Emanuele Severino, l’antropologo Marc Augè, il sociologo Slavoj Zizec, il giornalista Paolo Rumiz, lo scrittore Edoardo Albinati, l’esperto di geopolitica Predrag Matvejevic, gli artisti Sandro Chia e Michelangelo Pistoletto. Protagonisti, tra gli altri, Renzo Piano, impegnato a New York con la storica Morgan Library, la nuova sede del New York Times, l’ampliamento del Whitney Museum e quello della Columbia University; Charles Gwathmey, autore dell’addizione al Gugghenheim Museum e del Museo della Fotografia di New York; David Childs protagonista del rifacimento di Pen Station e con Daniel Libeskind della ricostruzione di Ground Zero; Jean Nouvel, che costruirà una nuova torre simbolo della Beirut postbellica; Giancarlo de Carlo, che nella

capitale del Libano sta realizzando un importante intervento residenziale; Gae Aulenti, impegnata a Torino su un impianto sportivo; Massimiliano Fuksas, pronto per la sfida del Palazzo dei Congressi a Roma; Henry Cobb progettista della nuova sede della Regione a Milano; Richard Meyer, artefice del museo d’arte contemporanea di Barcellona; Benedetta Tagliabue che per la capitale della Catalogna ha progettato il nuovo mercato Santa Caterina; e ancora Vittorio Grergotti, Mario Botta, Zaha Adid, Arata Isozaki, Odile Decq e il leone d’oro alla scorsa Biennale di Venezia, Peter Eisenman. “L’Era Urbana – spiega Marta Francocci – è un coro dove le voci sullo sfondo evocano il dolore per un luogo perduto, per una speranza infranta dalla guerra, da un disastro o dall’assenza di mezzi per progettare un destino diverso. Ma sopra a tutto si sente un attaccamento al futuro, un autentico desiderio di partecipare al nuovo corso, quasi una rinascita”. “Si distrugge per ricostruire – dice Massimo Cacciari – secondo i paradigmi e le idee del momento. È quello che hanno fatto i grandi umanisti Alberti e Brunelleschi (…) bisogna stare attenti a demonizzare l’istinto di distruzione che è stato il tratto dominante delle grandi epoche creative e sicure delle proprie idee”. “La novità – puntualizza Marc Augé – è che oggi anche nei luoghi di guerra la distruzione e la conservazione sono parte di uno stesso programma. Si pianificano entrambe prima dell’inizio del conflitto, basta pensare all’Afganistan e all’Iraq”. I. C.

Luci sull’Anas L’Anas vanta un patrimonio d’ingegneria che fa parte della storia dell’architettura moderna italiana. Gli interventi di Riccardo Morandi, Silvano Zorzi, Carlo Cestelli

Guidi sono opere d’autore, divenute vere e proprie architetture di paesaggio, non solo punti di riferimento dell’ingegneria stradale. L’Anas intende promuovere una campagna di immagine mettendo in luce le proprie opere. Il primo intervento, individuato con l’amministrazione comunale, è il viadotto di Riccardo Morandi sull’ansa del Tevere alla Magliana, grande opera di ingegneria e architettura ultimata nel 1967. Per chi giunge a Roma dall’aeroporto il viadotto della Magliana appare come una vera porta di accesso alla città, visibile dall’autostrada e dalla ferrovia. Il viadotto, infatti, si impone per

tre caratteristiche formali e strutturali evidenti: un grande portale unico posto in mezzo al percorso, due grandi coppie di “braccia” o tiranti che reggono l’intero impalcato e una “forma” di ponte per così dire inedita, con l’impalcato schiacciato a terra a sfiorare il Tevere. Il viadotto, nonostante la sua imponenza e qualità architettonica, di notte è praticamente invisibile, e di giorno la velocità ne produce una visione distratta e superficiale. La lettura del sistema statico e costruttivo ha consentito di individuare i criteri di illuminazione degli elementi architettonici e strutturali dell’opera. Le scelte progettuali sono consistite nell’illuminare con maggiore intensità, ma in modo uniforme, il portale, l’elemento “compresso” e corposo del ponte; una illuminazione più sfuma-

ta e meno intensa è stata invece riservata agli stralli, le parti tese della struttura; si è scelto infine di utilizzare lampade a luce bianca naturale per la restituzione del colore autentico del calcestruzzo. Il progetto di illuminazione è stato promosso dall’associazione temporanea tra professionisti costituita dagli architetti Rosario Pavia, Pepe Barbieri, Alessandro Grassia con Paola Brunori, Roberto Corradini, Andrei Pavia ed Elena Penzo. L’impianto di illuminazione è stato realizzato dall’impresa A.T.M.S. I. C.


Il progetto Città della Moda, con i suoi 1.110.485 mq, costituisce una delle componenti principali del progetto Garibaldi Repubblica. Ad opera dell’architetto Cesar Pelli, il progetto si articola su livelli diversi: a sei metri d’altezza sorgerà il “Podio”, una piazza pedonale di dimensioni straordinarie (100 metri di diametro) realizzata tra l’imbocco di corso Como e la Stazione Garibaldi. Attorno al Podio palazzi ecosostenibili in ferro e vetro, da 11 a 145 metri, con residenze e uffici, ma anche spazi dedicati alla moda, alla creatività, alla comunicazione e alla produzione. Un grande albergo chiuderà la piaz-

za sulla quale si affacceranno ristoranti, bar, negozi, luoghi per la cultura e la musica. Oltre la piazza, affacciati sul parco, la Scuola di Alta Formazione (realizzato da Università Bocconi, Università Cattolica e Politecnico di Milano) e il Modam (Museo della Moda, centro di esposizione e ricerca) per i quali la Fondazione Città della Moda bandirà nel 2005 un concorso internazionale di progettazione. Sotto il “Podio” sorgeranno strade e parcheggi (affinché le automobili non attraversino il quartiere, e le zone adiacenti

siano alleggerite dal traffico). La Città della Moda sarà soprattutto un’isola pedonale, facilmente accessibile grazie alla creazione di uno spazio urbano aperto dedicato agli eventi, e a oltre un chilometro di percorsi pedonali e ciclabili che collegano i quartieri circostanti. Gli spazi pubblici sono studiati per essere utilizzati in occasioni di sfilate e manifestazioni. La moda non avrà dunque un luogo deputato, ma uscirà dallo spazio fisico per ispirare e coinvolgere l’intero quartiere. L’intento è creare un sistema continuo pedonale che vada da piazza XXV Aprile al quartiere Isola; da corso Como una leggera rampa raggiungerà la grande piazza. Sono in studio analisi preliminari con FF.SS. e il Comune di Milano per individuare modalità di connessione effica-

ce tra la Città della Moda e la stazione Garibaldi. È prevista la realizzazione del capolinea della MM 5. I. C.

Umberto Eco architetto “Se la semiologia non è solo la scienza dei sistemi di segni riconosciuti come tali, ma la scienza che studia tutti i fenomeni di cul-

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tura come se fossero sistemi di segni basandosi sull’ipotesi che in realtà tutti i fenomeni di cultura siano sistemi di segni, e cioè che la cultura sia essenzialmente comunicazione – uno dei settori in cui la semiologia si trova maggiormente sfidata dalla realtà su cui cerca di far presa è quello dell’architettura”. Sono queste le righe iniziali del capitolo che Umberto Eco dedica ad “Architettura e Comunicazione” nel suo studio, pubblicato nel 1968, La struttura assente, un testo che ha notevolmente contribuito alla rifondazione della lettura dell’opera architettonica a partire dai termini “segno, significante e significato”. Un percorso indirizzato alla “conoscenza” del senso dell’opera al fine di una sua comprensione. L’architettura, spiega Eco, in quanto sistema di segni gode di uno statuto interpretativo assimilabile a quello di altre produzioni artistiche e culturali. Il suo significato risiede nella comprensione e interpretazione dello spazio. Ma architettura è anche “produzione d’immagini che si compenetrano con lo spazio e che con questo interagiscono, fino a mescolarsi, diventando un vero e proprio linguaggio di comunicazione”. Queste righe giustificano il conferimento della laurea ad honorem che l’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha deciso di attribuire, il 9 maggio scorso, ad Umberto Eco. Il conferimento della laurea ha fatto parte della cosiddetta “due giorni” organizzata dall’Università in occasione dell’apertura del proprio anno accademico, evento che ha riguardato anche l’inaugurazione del labo-

ratorio di ingegneria marittima “Okeanos” sul lungomare Italo Falcomatà e la realizzazione di un progetto per il rinnovamento e l’adeguamento sismico del Museo Nazionale dell’Iran. La cerimonia di attribuzione della laurea è consistita in un intervento di apertura svolto dal rettore Alessandro Bianchi che ha denunciato la condizione d’incertezza in cui versano l’università e la ricerca italiana. È quindi intervenuto il preside della Facoltà di Architettura Massimo Giovannini studente di Eco, quando questi insegnava alla Facoltà di Architettura di Firenze e al Politecnico di Milano. La laudatio è stata affidata a Franco Zagari, direttore del dipartimento Oasi. A quest’ultima è seguita la Lectio Magistralis che Umberto Eco ha dedicato al concetto di bello, compiendo, sulla scia della sua ultima opera Storia della bellezza, una sorta d’analisi comparata dei vari ideali di bellezza della storia, per arrivare a riconoscere la propria idea di bellezza nell’opera pittorica di Friedrich in cui il tema dominante è la contemplazione della natura da parte dell’uomo sempre rappresentato di spalle. “Ecco – ha detto Eco, concludendo la propria lezione – credo che nel corso dei secoli l’esperienza del bello sia sempre stata quella che si prova stando così, come di spalle, di fronte a qualcosa di cui non facciamo e non vogliamo a ogni costo fare parte. In questa distanza sta l’esile filo che separa l’esperienza della bellezza da altre forme di passione”. M. L.

OSSERVATORIO ARGOMENTI

Milano: città alla moda?


a cura di Roberto Gamba

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Trasformazione di viale Italia in asse residenziale, Castellanza (Va) Il concorso, indetto nel dicembre del 2003, ha come oggetto la progettazione della trasformazione di viale Italia in asse residenziale di quartiere attraverso soluzioni funzionali e utili alla mobilità, soprattutto di carattere ciclo-pedonale, con interventi di limitazione della velocità e di razionalizzazione del traffico e con la realizzazione di opere di arredo urbano di gradevole impatto estetico. Fino a poco tempo fa questa zona era assediata dal traffico, soprattutto pesante; la situazione è cambiata grazie alla realizzazione di una nuova strada intercomunale, che ha eliminato dal viale il transito dei mezzi pesanti e commerciali da e ver-

so l’autostrada. La progettazione doveva avere una visione globale di tutta la zona con la definizione della viabilità di accesso, dei parcheggi, dei percorsi pedonali e ciclabili, con particolare riguardo all’arredo urano ed alle aree di sosta e di socializzazione, del verde, di viste estetiche e di punti di identità. Erano richieste due tavole in formato A0. Il premio per il vincitore è stato di 5.000 euro. La giuria era composta da Sergio Callegari, Ettore Mezzotti, Francesco Nicastro, Walter Carozzani, Gino Balestra. Quarto si è classificato il progetto di Lionello Bolgiani e P. Giovannelli.

1° classificato Giorgio Burragato (Milano) collaboratore Marzia Sirtoli

un lato che sull’altro. Si propone la realizzazione di un’area piuttosto vasta, che parte dal parco pubblico, inglobando la zona della chiesa. L’immagine di questo percorso urbano viene valorizzata introducendo rotatorie, aiuole, illuminazione, sedute, raccoglitori dei rifiuti, elementi di forma e disegno correnti, o pensati appositamente per questo intervento. Le rotatorie, che assumono connotati specifici di volta in volta diversi per grafica, forma, colore, materiali, svolgono agli incroci la funzione di regolatori “naturali” del traffico veicolare, permettendo di eliminare i semafori.

Il progetto vuole realizzare sul viale Italia un percorso fortemente caratterizzato da una continuità tipologica e formale, individuabile nelle finiture dei materiali, nel calibro e nel disegno dei diversi percorsi. La scelta di una carreggiata stradale non rettilinea è un invito alla moderazione della velocità per gli automobilisti. Questi flessi, spostando l’asse stradale ora su un lato ora sull’altro della strada, permettono di realizzare le aree verdi e i parcheggi sia su

2° classificato Ciro Antonio Benvenuti (Legnano), Marco Cagelli, M. Caldiroli, Simona Stella L’intervento progettato intende sostituire l’attuale viale Italia, con uno spazio che si configuri anche come luogo di sosta, per il passeggio e come “contenitore” di eventi per la cittadinanza. Si è immaginato un “nastro” continuo tra le ferrovie Nord e la strada statale Saronnese che permetta di mantenere i necessari collegamenti tra le due parti di città, garantiti da assi di attraversamento trasversale. Il traffico automobilistico è limitato al

3° classificato Paolo Bollati, Luca S. Balconi (Milano – Legnano) Riequilibrio tra asse viario “viale Italia” e contesto urbano, ovvero il tentativo di riportare la “strada” ad una dimensione incline alle necessità di quartiere, di riportarla alla sua funzione di estensione dello spazio abitativo in cui i cittadini si ritrovano e s’incontrano, in una sorta di “riconoscimento e identificazione”. La ricerca di identità collettiva si manifesta soprattutto attraverso lo spazio urbano, come espres-

disimpegno delle proprietà private. I parcheggi non vengono previsti. La caratteristica di passaggio che si è inteso mantenere per l’intero intervento ha suggerito oltre che una passeggiata nel verde anche una passeggiata culturale: un percorso in cui lo spazio si articola attraverso la presenza di verde e sculture che insieme formano luoghi significativi che accompagnano il passaggio e invitano alla sosta. La presenza delle sculture collega idealmente il viale con il Museo d’Arte Modena (Pagani) a breve distanza.

sione della qualità abitativa. Alla base della progettazione e della riqualificazione urbana è necessario porre il complesso degli “eventi” che circondano la specificità della “strada” e non solo la mera funzione viabilistica; le varie “attività” correlate alla “strada” contribuiscono a consolidare il valore urbano e sociale dell’arteria viaria senza ridurla solamente a un percorso veicolare sfruttato per collegare i comuni della valle Olona con la strada statale Saronnese, la strada statale del Sempione e l’ingresso autostradale della Mi-Laghi.


Il concorso di idee, coordinato da Marco Brambilla, aveva lo scopo di individuare una proposta di intervento per la trasformazione dell’area residenziale, compresa nel nucleo storico di San Martino e costituire il documento di indirizzo per la progettazione di un Piano Attuativo. L’azzonamento identifica una parte dell’area come zona A e la restante come zona B. Dovevano essere valorizzate le peculiarità del nucleo storico, coordinate con gli interventi recentemente lì realizzati, perseguita la qualità urbana, del paesaggio, quella energetico-ambientale; secondo principi di minimizzazione dell’impegno di risorse materiali non rinnovabili e di massimo riutilizzo delle risorse naturali; massima manutenibilità, durabilità dei materiali e dei componenti, sostituibilità degli elementi, compatibilità dei mate-

riali ed agevole controllabilità delle prestazioni dell’intervento nel tempo. Un concorso di idee non richiede la stretta osservanza della normativa vigente ma, trattandosi di una proposta suscettibile di realizzazione, le soluzioni individuate dovevano rispettare in modo sostanziale, ma non formale, le prescrizioni urbanistiche, per quanto riguarda le destinazioni d’uso, le fasce di rispetto, la volumetria ammessa e l’altezza dei fabbricati. Era richiesta 1 tavola in formato A0. La commissione giudicatrice era composta da Ivano Gianola, Silvano Cavalleri, Maximiliano Galli, Giuseppe Speroni, Cesare De Santis, Gianvincenzo Borghi. Al vincitore erano destinati 7.300 euro; al secondo classificato 3.600, al terzo 2.400. al quarto 1.200 euro. In realtà sono stati assegnati quattro premi ex-aequo.

1° classificato (ex-aequo) Agostino Rina (Milano) collaboratore Francesco Panzeri

negozi al piano terra e uffici ai piani superiori, accoglie e completa gli interventi già avviati per la riqualificazione della piazza. La via S. Maria, mantenendo la naturale pendenza, ospita alcuni posti auto e dà accesso alla quota più bassa del terrapieno, costituita da un parcheggio interrato e da uno spazio commerciale ricavato sull’angolo con la via. Il progetto prevede la nuova costruzione di quattro corpi di fabbrica di tre piani fuori terra ciascuno (il primo adibito a negozi ed uffici, il secondo e il terzo a tipologia “mista”, simplex e duplex).

Il progetto si propone di risolvere la dualità tra gli obiettivi di conservazione dell’ambiente naturale e l’esigenza di rafforzare i valori di urbanità costruendo un margine/terrapieno lungo via S. Maria che, a partire dall’affaccio sulla piazza della Chiesa, si “stacchi” dalla strada stessa e, attraverso un percorso pedonale, conduca alle nuove abitazioni. L’edificio di testata, costituito da

1° classificato (ex-aequo) Mauro Mericco (Milano), Anna Ferratini L’intervento assume come presupposti le presenze storiche e i valori ambientali del contesto. L’edificato storico è prevalentemente orientato lungo un asse favorevole ad una migliore illuminazione e guadagno termico; esso è conservato e riqualificato, per il mantenimento della memoria urbana. Sono demoliti gli edifici ad uso artigianale e ricostruiti i cortili storici come spazi di relazione. La costruzione della nuova residenza, orientata lungo il traccia-

to direttore, definito dagli edifici storici, è organizzata intorno a percorsi pedonali interni all’area. Viene ridefinito il lato nord-est della piazza, mediante il disegno di un piccolo giardino come ambiente intimo, a completare la varietà tipologica degli spazi pubblici; viene ridisegnato il volume prospiciente la piazza. La tipologia edilizia unifamiliare dei nuovi edifici si integra con la preesistente, dove sono presenti alloggi di dimensioni più contenute. Ogni abitazione ha un piccolo giardino delimitato da basse recinzioni, che induce la percezione di uno spazio verde unitario.

31 OSSERVATORIO CONCORSI

Proposta di intervento per l’area di San Martino, Mozzate (Co)


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1° classificato (ex-aequo) Carlo Moscatelli (Cantù), Matteo Moscatelli Il progetto mira al completamento della piazza esistente, con l’inserimento di un edificio curvilineo e la continuazione della pavimentazione. La viabilità è stata risolta tramite la formazione di un nuovo collegamento esterno, logica continuazione delle strade esistenti. Questo ha permesso di rendere lo spazio urbano esclusivamente pedonale. L’espansione urbanistica prevede la creazione di un nuovo insediamento di media densità, in fregio alla via S. Maria, concepito con una disposi-

1° classificato (ex-aequo) TP4 Associati (Cantù): Angelo Avedano, Barbara Laria, Roberto Laria, Giorgio Motta La piazza viene ampliata e valorizzata, con l’allineamento con l’edificio residenziale e con la ripresa di alcune matrici formali della pavimentazione. Viene ripreso a livello planimetrico anche l’elemento architettonico del porticato, che tuttavia si estende in altezza fino alla copertura. Il “vuoto” procurato dall’arretramento della ferrovia è stato modellato sfruttando il dislivello altimetrico tra i nuovi edifici e i binari esistenti, in maniera da realizzare una fascia di verde con un

zione “a corte”, per favorire il senso di comunità, con gli assi disposti in direzione nord-est e sudovest. Per garantire la massima sostenibilità, particolare attenzione è stata dedicata alla distanza tra gli edifici – per permettere la completa aerazione e illuminazione; alla loro forma – concepita in modo da garantire ad ogni unità immobiliare un balcone o portico-veranda; al disegno del verde – non solo come elemento decorativo, ma anche di godimento. La conservazione della fascia di rispetto ferroviaria è servita invece a creare una zona filtro destinata a parcheggio pubblico e ad orti per anziani.

andamento di tipo collinare. Viene ricostituito il fronte stradale su via S. Maria e arretrato il confine con la proprietà su via Guffanti. Tutto ciò va a costituire due nuovi isolati, separati fra loro da un parcheggio pubblico, composti ciascuno da due corpi di fabbrica e uniti da un alto porticato. Lo svuotamento da parte a parte del primo isolato apre la corte verso la piazza e la collega con il parcheggio passando attraverso una scalinata coperta. Questo vuoto genera un asse che parte dal nuovo spazio pubblico e attraversa entrambi gli isolati, collegandoli fra di loro, ed evita al contempo di creare architetture troppo chiuse in se stesse.

Milano: Concorso internazionale di progettazione “Darsena” L’intervento previsto dall’Amministrazione mira alla riqualificazione e al mantenimento del valore simbolico di un’area, di circa 100.000 mq, delimitata dai viali Gorizia, Gabriele D’Annunzio, piazza General Cantore e piazza XXIV Maggio, comprendendo via Ronzoni, fino alla Conca di Viarenna. Questo ambito è collocato anche in un’area storica fortemente urbanizzata, caratterizzata dalla presenza dell’Arena Romana e di Sant’Eustorgio. Il concorso è inserito quale punto fondamentale dell’Accordo di Programma, del 2003 – tra Comune e Regione – nel quale sono stati definiti gli interventi di recupero funzionale e ambientale del sistema Navigli. Si prevede di completare l’intervento entro cinque anni; in fasi progressive, con le prime realizzazioni entro due-tre anni. Alla competizione sono stati ammessi 10 progettisti, selezionati tra oltre 50 curricula professionali presentati. Oltre ai progetti del gruppo vincitore e di quello menzionato, hanno partecipato: Oriol Bohigas i Guardiola, con E. Arbizzani, C. Pession, F. Casiroli; Pasquale Culotta, con A. Cilli, V. Giostra, B. Guarino, G. Lopes, F. Lusco, G. Matassa, M. Mele, F. Mutti, N. Piazza, B. Pighi, F. Pro-

vantini, M. R. Nobile, F. M. Raimondo; Eduardo Souto De Moura, con R. Dorigati, R. Furtado, C. Nozza, T. Cattaneo, C. Dorigati, F. Giorgettta, G. C. Floridi, G. P. Manazza; Klaus Schuwerk, con J. Kleihues, C. Müller; David Chipperfield, con P. Gelmini, P. L. Cervellati, A. O. Kipar, P. Pomodoro, U. Puppini, G. Sala, L. Freyrie, M. E. Pestalozza; Stefano Parodi, con A. Acerbi, C. Annoni, G. Caron, C. Ferrara, M. Lassini, P. Marchesini Viola, M. Montagna, P. Palladino, B. Pedretti, E. Recine, M. Reginaldi, D. Saviola, G. Ajani, L. Gianmartini, A. Zambetti; Maria Alessandra Segantini, con C. Cappai, G. Cocco, G. Finotti, G. Possagnolo; Bruno Morassutti, con R. Angella, A. Baccega, G. Borrè, C. Cappa, M. Rein Caro, C. Conti, L. Dexler, P. Garbuglio, F. Giansiracusa, G. Gussoni; Elke Stauber, con G. Bianchi, L. Binda, E. Garbuglio, R. Peverelli; La giuria, presieduta da Pier Giuseppe Torrani, comprendeva: Leonardo Cascitelli, Aurelio Galfetti, Fulvio Irace, Antonio Monestiroli, Roberto Stefani, Silvano Tintori, Andrea Tosi, Silvia Volpi; supplente, Giovanni Oggioni. Il vincitore del concorso ha ricevuto euro 62.000; gli altri selezionati euro 21.000.

1° classificato Jean François Bodin, Edoardo Guazzoni, Paolo Rizzatto, Sandro Rossi, Andrea Del Grosso, Gaetano Viero consulenti: ERRE.VI.A. M. Zanetti, E. Moretti, Nicola Nasini, Hortensia s.r.l, Lucia Mainardi, Emmanuelle Braud, Francesca Musa, Vittorio Cazzaniga, Franco Bilieri,

Alfredo Colombo, Giacomo Menini, Alessandro Lauria, Matteo Turati Il progetto approfondisce i caratteri della Darsena a partire dalla natura delle diverse parti urbane che qui si affacciano. Le due piazze agli estremi vengono consolidate come veri e propri approdi alla Darsena. Si crea un nuovo


la forma rilevata da Beruto nel 1884, è proteso a costituire il cuore di tutta l’area; l’argine murato scandisce le passeggiate a differenti livelli, integrato da portici, luoghi di ristoro, magazzini. Le sponde vengono collegate da due ponti pedonali, uno fisso e uno mobile, in ferro e legno. Da piazza Cantore un parco si estende sino ai resti delle mura seicentesche a formare un giardino d’acqua. Una galleria pedonale e un museo collegano la Conca alla Darsena parallelamente al canale ritrovato.

gio, aprendo il Ticinello in continuità con la testata della Darsena, il progetto restituisce il carattere di ponte al monumento del Cagnola, che ritrova la sua misu-

ra a scala urbana. Superando la separatezza del bacino d’acqua con la piazza, il nuovo mercato diviene espressione architettonica dell’unità ritrovata.

Complesso alberghiero a supporto del Centro congressi, Varese Progetto menzionato Angelo Torricelli, Giovanni Cislaghi, Vincenzo Donato, Marco Stanislao Prusicki consulenti: Edmondo Vitiello, Paolo Bassi, Stefano Mambretti, Gabriele Amadori, Marco Robecchi collaboratori: Andrea Ariazzi, Marco Barin, Daniele Consonni, Valentina Dotti, Luisa Ferro, Matteo Foresti, Linda Greco, Omar Lazzeri, Fabrizio Mennuni, Ottorino Meregalli, Anton Luca Nannini, Andrea Negrisoli, Mirco Noris, Astrid Pernistich, Stefano Recalcati, Sara Riboldi, Gianluca Sacchi, Gianluca Sortino, Silvio Terzi, Carlotta Torricelli, Lisa Zanotti Oggi la Darsena è l’elemento capace di ricondurre ad unità l’intero Ticinese attraverso un

progetto in grado di ridefinire l’acqua come elemento fondamentale di relazione con il territorio e di riorganizzazione del corpo urbano. Lo spazio lungo i Bastioni, insieme alle due piazze, si configura come la nuova grande piazza d’acqua per il sud Milano, erede dei piazzali fuori porta (l’antico Carrobbio e quello cinquecentesco esterno ai Bastioni). Piazza Cantore viene disegnata riproponendone la “vocazione teatrale” e risolvendo l’architettura del suo lato meridionale unitariamente con la grande banchina. Mantenendo costante la quota della piazza, lungo la sponda settentrionale e l’area della Conca, il progetto crea nuovi passeggi pubblici, che fanno rivivere il tracciato originario di quelli neoclassici. Nell’area di piazza XXIV Mag-

33 OSSERVATORIO CONCORSI

rapporto diretto tra Darsena e arco monumentale del Cagnola, che riconquista il ruolo di ponte d’ingresso alla città. Il bacino viene ampliato verso la piazza, tramite lo spostamento della presa del Ticinello e attraverso la formazione di un nuovo canale. Il terrapieno ricavato è il basamento del nuovo edificio del mercato, in ferro e vetro, con elementi frangisole. Piccoli ponti in legno collegano la banchina al mercato e ad un piccolo giardino sull’acqua. Lo sperone, rettificato secondo

La Camera di Commercio di Varese ha bandito nell’autunno dello scorso anno questo concorso di idee, per la progettazione di massima di un complesso alberghiero con capacità ricettiva di 150-180 camere e di categoria non inferiore a quattro stelle, a supporto della attività del Centro Congressi Ville Ponti di Varese. Era richiesta un’idea di grande caratterizzazione architettonica; il privilegio degli aspetti relativi all’inserimento dell’opera nel contesto, dal punto di vista architettonico, della scelta dei materiali e della salvaguardia ambientale; la considerazione criteri di economia realizzativa e gestionale; la messa in evidenza della connotazione degli ambienti interni comuni e di rappresentanza, oltre che nelle unità ricettive (camera-tipo, suite-tipo).

Il tema doveva essere sviluppato senza tener conto dei vincoli dimensionali urbanistici, al fine di ottenere principalmente un contributo di idee di grande interesse architettonico. Erano richiesti massimo due disegni in formato A3, più due tavole formato A0 e tre tavole formato A1. Il premio riconosciuto al vincitore è di 50.000 euro; al secondo classificato 15.000 euro e al terzo di 5.000 euro. La commissione giudicatrice era composta da Alessandro Balducci, Riccardo Speroni, Alberto Speroni, Alberto Ravenna, Mauro Temperelli. Oltre a quelli qui sotto presentati, sono stati menzionati i progetti di Luciano Crespi, Massimo Marinelli, Luciano Marè, Sabina Arcieri.


OSSERVATORIO CONCORSI

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1° classificato Alessandro Santarossa (Venezia), Valentina Angelone, Francesca Doria, Roberto Scaramuzza L’albergo nasce sul fianco più morbido della collina, tra il promontorio, la dorsale dei carpini e il filare dei cipressi. Per collocare l’edificio di quasi 7.000 mc, non si sono tentati finti mimetismi, che avrebbero in realtà richiesto lo sventramento di gran parte della collina, ma si è ricercato un nuovo equilibrio del sito allo stesso modo delle Ville Ponti: ponendosi quindi come ogget-

to assoluto all’interno del parco. L’albergo è stato pensato secondo il principio degli spazi serventi e serviti: i primi sono tutti raccolti in quattro grandi piloni, che costituiscono la struttura principale e liberano lo spazio a doppia altezza della hall, che diventa prosecuzione coperta del parco circostante. I piani soprastanti sono pensati secondo criteri di massima razionalità: le camere si dispongono attorno al chiostro centrale, che contiene la sequenza delle camere a patio digradanti e rappresenta il cuore alberato dell’albergo.

3° classificato Alessandro Rossini (Brescia), Paolo Mestriner, Paolo Pedrali, Francesca Ziliani collaboratori: Sara Antonelli, Andrea Busi, Guglielmo Alcherio, Orlando Comini, Silvia Renata Piccini consulenti: Stefano Bergomi, Emanuela Borio, Loris Colombo Le considerazioni che muovono l’approccio progettuale al complesso alberghiero si indirizzano su due fronti: da un lato come salvaguardare l’area verde del parco; dall’altro come soddisfare le esigenze funzionali e le articolazioni che una “macchina”

2° classificato Claudio Castiglioni (Varese), Carlo Castiglioni, Claudio Nardi, Fabio Bezzecchi, Luca Compri, Alessandro Laterza, Antonella Miravalle, Maurizio Colombo, Cristian Meletto, Anna Pietragalla, Cinzia Serrano con: Francesca Nogara, Roberto Savioli, Milena Raffaelli, Daniela Simonetta L’area è connotata da un filare di pioppi che la divide in due e salvaguarda la qualità antropologica e vegetale del colle e diviene spina dorsale del progetto. L’edificio, a cavallo della quinta vegetale, percorre destini architettonici diversi lungo i due lati contrapposti. Sul lato ovest, verso il colle, una cortina lunga e sot-

tile protegge ciò che è rimasto dell’acropoli varesina e trattiene, come una diga, il declivio del terreno. La copertura di questa parte di edificio è un manto vegetale che, intersecandosi con il parco, si trasforma in espressione orografica. L’altra parte di edificio, quello esterno, risponde ad una logica diversa. Qui il contesto più che naturale è di completamento urbano: due corpi di collegamento, uno vetrato (la hall-reception) ed uno in quota (le cucine), collegano tra loro l’edificio interno e quello esterno. Sotto la copertura ondulata si trova il “piano nobile” che accoglie i saloni “a giorno” e il ristorante, attorno a cui si sviluppano ampie terrazze panoramiche.

albergo ha in nuce. Il segno forte dei pioppi cipressini presenti lungo un lato dell’area d’intervento determina il progetto. Esso diventa, nel nuovo rapporto con l’edificio, una vera e propria pelle naturale, fungendo da frangivento e frangisole a seconda della stagione. Il nuovo volume si inserisce nel terreno mettendo in risalto la topografia sezionata. Ci troviamo così di fronte ad una sorta di dialogo tra natura e architettura, dove l’organicità delle preesistenze verdi si confronta con il cristallino del nuovo volume, che con diverse superfici risponde alle mutazioni stagionali della luce e del verde.


La Regione Lombardia ha approvato la nuova disciplina sul governo del territorio con la Legge 11 marzo 2005, n. 12 che ha sostituito la Legge urbanistica regionale n. 51 del 1975. Alcuni degli istituti contenuti nella vecchia Legge sono stati ripresi, altri sono stati completamente innovati e inseriti in un contesto normativo cambiato. Per i professionisti, i tecnici e gli amministratori si tratta ora di affrontare una riflessione approfondita sulle nuove modalità di pianificazione e gestione del territorio, cimentarsi con i nuovi strumenti e capirne le possibilità di applicazione. Per questo recentemente si sono moltiplicate le iniziative di confronto e discussione della nuova Legge regionale. La Provincia di Milano ha organizzato due incontri. Il tema del primo convegno, tenutosi il 21 marzo 2005, presso lo Spazio Oberdan, con la collaborazione dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, verteva su “La pianificazione territoriale a scala provinciale. Innovazioni e prospettive della Legge lombarda per il governo del territorio”. Tra i relatori Leonardo Carioni, presidente della Provincia di Como, ha sottolineato l’importanza della funzione di coordinamento svolta dalla Provincia nella pianificazione territoriale. Pietro Mezzi, assessore alla Politica del Territorio e Parchi della Provincia di Milano, si è soffermato sulle prospettive aperte dalla nuova Legge, soprattutto in relazione all’obbligo di adeguamento del Piano territoriale per ciò che riguarda la valutazione ambientale, l’individuazione delle aree agricole e la tutela del paesaggio. Fortunato Pagano, presidente dell’INU Lombardia, ha svolto un’analisi dettagliata degli aspetti giuridici che dipingono il ruolo della Provincia attualmente, richiamando lo storico dibattito sull’ente intermedio di gestione del territorio, quindi accennando sia ai rapporti tra Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e il Piano Territoriale Regionale (PTR), sia ai rapporti tra PCPT e Piano di Governo del Territorio a livello

comunale (PGT). Laura Pogliani, componente del Direttivo INU Lombardia, ha sviluppato il tema della riforma del PTCP facendo riferimento alle problematiche attuali del territorio (trasporti, casa, rete ecologica) che richiedono urgenti risposte in Lombardia. Giovanni Bordoni, consigliere regionale, ha illustrato alcuni punti di forza della nuova Legge di cui è stato egli stesso relatore. Il secondo convegno promosso dalla Provincia di Milano, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), svoltosi il 2 maggio 2005, presso lo Spazio Oberdan, ha avuto come oggetto di dibattito “Dal Piano regolatore al Piano di Governo del Territorio”. Prospettive di applicazione del nuovo quadro di riferimento urbanistico per i comuni lombardi”. Questo secondo appuntamento è stato particolarmente indirizzato agli amministratori comunali ed ai responsabili tecnici del settore. Nella relazione di apertura, Pietro Mezzi, assessore provinciale, ha trattato il tema dell’autonomia delle scelte urbanistiche comunali e della cooperazione, tra le istituzioni, al fine di massimizzare le scelte per la qualità del territorio. Achille Taverniti, vicepresidente ANCI Lombardia, ha esaminato le opportunità e le difficoltà dei comuni lombardi nell’applicazione della nuova Legge. Mario Rossetti, già direttore generale Territorio della Regione Lombardia, ha illustrato la natura del PGT, avvertendo di non ridurre il nuovo Piano ad una sostituzione superficiale del precedente PRG, ma di valutare i contenuti inediti del nuovo strumento, in particolare relativi alla componente ambientale. Avvocato Mario Viani ha sottolineato il carattere negoziale che assume tutta l’attività amministrativa nei confronti della gestione del territorio e ha posto l’accento sulla necessità di verificare l’adeguatezza degli strumenti alle scelte di interesse pubblico, nella trasformazione dei suoli. Valeria Erba, docente del Politecnico di Milano, ha sostenuto la validità di una posizione che, senza rinunciare a evidenziare le incongruenze comprese nella nuova Legge, sia disponibile ad accettare le sfide proposte, soprattutto per

ciò che concerne l’applicazione dei suoi contenuti pìù interessanti, come, a livello di pianificazione comunale, il Piano dei Servizi e il Piano delle Regole. L’INU ha disposto il 14 aprile 2005, presso l’Ordine degli Architetti di Milano, una riunione aperta a tutti i soci dell’INU Lombardia e a quanti fossero interessati, dal titolo “Applicazioni della nuova Legge regionale per il Governo del Territorio (L.R. 12/2005)”. Nel corso di questo incontro Piero Ranzani, componente del Consiglio Direttivo INU, ha fornito un contributo introduttivo al tema, in cui ha evidenziato il fatto che le due parti in cui è stata suddivisa la Legge, pianificazione del territorio e gestione del territorio, possono creare una separazione tra gli ambiti strumentali e quelli procedurali e rafforzando, quindi, una divisione che tende a radicarsi nella prassi amministrativa. Il dibattito ha fatto emergere posizioni critiche nei confronti dei contenuti della nuova Legge, ma anche la necessità di confrontarsi con questi ed elaborare una ricerca teorica con punti di vista alternativi. Maria Cristina Treu, docente del Politecnico di Milano, ha sostenuto che la Legge presenta aspetti contraddittori, ma che vuole anche recuperare esperienze importanti nel quadro della progettazione ambientale, con attenzione per il rischio geologico, idrogeologico, sismico e per il sistema generale delle conoscenze; nell’intervento è emerso che è necessario non solo controllare l’applicazione della Legge, ma anche accompagnarne lo sviluppo; infatti, in ben nove casi la Legge rinvia ad atti che dovranno essere differiti nel tempo e quindi ripresi in più fasi. L’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano ha preparato un incontro, tenuto presso la sede, il 24 marzo 2005, sul tema “Prime riflessioni sui criteri applicativi della nuova Legge Regionale per il Governo del Territorio”, cui hanno partecipato Federico Oliva, docente del Politecnico di Milano, Fortunato Pagano, avvocato, Marco Engel, coordinatore della Commissione Urbanistica dell’Ordine di Milano, Stefano Castiglioni, presidente della Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli

Architetti, Gianfredo Mazzotta, coordinatore della Commissione Urbanistica della Consulta. Nell’incontro sono stati discussi vari punti: le finalità, i princìpi ispiratori e gli aspetti applicativi della nuova Legge; le innovazioni introdotte dal P.G.T, con i suoi distinti atti, il Documento di Piano, il Piano dei Servizi e il Piano delle Regole; la valutazione ambientale dei piani; i criteri di perequazione, compensazione e incentivazione nella gestione dei piani; i rapporti tra pianificazione comunale e altri livelli di pianificazione. Anche alla Casa della Cultura, a Milano, si è svolto un dibattito, il 21 marzo 2005, dal titolo “La nuova Legge Urbanistica per il Governo del Territorio: una Legge da cambiare?”; sono intervenuti: Gianni Beltrame, docente del Politecnico di Milano, Carlo Cerami, avvocato, Luca Beltrami Gadola, imprenditore, Luciano Minotti, direttore centrale Trasporti e Viabilità Provincia di Milano, Federico Oliva, docente del Politecnico di Milano, Achille Tarveniti, dell’ANCI. In Provincia di Como è stato organizzato un ciclo di incontri, patrocinati dalla Consulta Regionale Lombarda degli Architetti e dall’Ordine degli Architetti della Provincia, rivolti ai tecnici e agli amministratori locali, finalizzati ad aprire un confronto sull’evoluzione legislativa in materia urbanistica. Nel corso del primo evento, svoltosi il 13 aprile 2005, dal titolo “L.R.12/05 il Documento di Piano, strumento strategico e di programmazione”, si è dibattuto della ricaduta territoriale e di programmazione tecnico economica derivante dall’applicazione del documento di piano. Il secondo incontro, tenutosi il 24 maggio 2005, a Erba, imperniato su “L.R.12/05: la Valutazione ambientale strategica e il PGT”, ha approfondito il tema della VAS come strumento di controllo e verifica dello sviluppo territoriale ed economico dei comuni lombardi. Manuela Oglialoro

35 OSSERVATORIO RILETTURE

Alcune iniziative sulla nuova L.R. 12/2005


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“Costruire in montagna” Vittorio Prina Franco Albini. Albergo Rifugio Pirovano a Cervinia Alinea, Firenze, 2005 pp. 60, € 12,00 Il libro di Vittorio Prina è dedicato al celeberrimo “Albergo per ragazzi” a Cervinia (1948-1953), opera esemplare di Franco Albini, nella quale si ritrovano, come sintetizzate, le questioni proprie del progetto moderno, del rapporto con la tradizione, della costruzione. Il volume appartiene alla collana “Momenti di architettura moderna”, diretta da Giovanni Denti, che con i suoi titoli affronta la descrizione di note architetture attraverso la pubblicazione di testi, disegni, rappresentazioni fotografiche ed altri documenti. Il progetto di Franco Albini per il Rifugio Pirovano ben si presta a una simile indagine. Nel libro, nonostante la generale notorietà dell’opera di Albini, quella particolare dell’edificio, e la dimensione di “casetta” – le prime versioni del progetto erano così titolate – emerge infatti una ricchezza di temi che

è ben condotta da Prina. Una serie di riferimenti ad altre architetture, fotografie dello stesso Albini di tradizionali “rascard”, molteplici soluzioni progettuali, rappresentazioni inedite – fra cui un fotomontaggio realizzato dallo stesso autore del libro che propone una simulazione, molto realistica, di un non realizzato ampliamento del progetto – propongono letture complesse dell’edificio di Cervinia. Chiara esemplificazione di come ogni edificio possa essere indagato guardando alla versione realizzata come risultato di una vicenda articolata, il progetto è così percorso da descrizioni

che isolano i problemi e li affrontano mediante le questioni architettoniche ad essi sottese. L’edificio è quindi oggetto di un racconto, di una “storia” che viene ogni volta nuovamente scritta, pratica molto differente da quella che cerca di parlare di architettura con l’uso di stereotipate immagini-simbolo. In questo senso anche l’architettura più conosciuta si rende disponibile a nuove letture ed interpretazioni che studino i modi della sua costruzione e non solamente il suo noto esito figurale. Un buon omaggio alla razionalità costantemente seguita da Franco Albini attraverso l’interesse per le risposte a problemi sempre nuovi e non alla ricerca di soluzioni predeterminate. Maurizio Carones

Variazioni di uno schema Marco Mulazzani (a cura di) Francesco Mansutti e Gino Miozzo. Architetture per la gioventù Skira, Milano, 2005 pp. 216, € 38,00

Il libro presenta il repertorio delle architetture per la gioventù progettate e costruite dagli architetti padovani Francesco Mansutti e Gino Miozzo. Attraverso le schede delle singole opere, circa trenta tra case del balilla e colonie quasi tutte realizzate tra il 1931 e il 1937, è documentata la ricerca sui modi di costruzione dei singoli progetti, di come attraverso la definizione di “nuclei funzionali” quali il teatro, la palestra, gli uffici e i luo-

ghi all’aperto si giunga a dare forma riconoscibile al tema della residenza collettiva temporanea, dei luoghi ludici e del tempo libero. Tali nuclei si ripetono senza sostanziali varianti in tutti i progetti. Le variazioni, che identificano ogni singola composizione, avvengono nella disposizione planimetrica e nel collegamento delle parti attraverso i porticati. I diversi modi di comporre gli stessi elementi rendono riconoscibile l’intento di dare forma a un tema di architettura che trova la sua ragione in un preciso programma funzionale. Tali edifici risultano così essere caratterizzati dai volumi delle singole parti che costruiscono i fronti verso la città delimitando attraverso i porticati le aree per le attività all’aperto. Come scrive Marco Mulazzani nel saggio introduttivo: “Quando un elemento risulta definito in maniera ottimale, come nel caso del teatro, può essere utilizzato in situazioni diverse. Sarebbe tuttavia riduttivo interpretare questo procedimento come un mero stratagemma volto a semplificare il lavoro progettuale: il fine è piuttosto quello di arrivare a una architettura univocamente determinata – al limite, caratterizzata solo per le

differenti modalità di aggregazione degli elementi”. I progetti, illustrati da immagini d’epoca, sono dimostrativi di questo procedimento: alla stabilità degli elementi della costruzione è affidato il compito di rendere evidente il tema, mentre i diversi modi di aggregazione, adeguandosi alle necessità del luogo, ne rendono possibile la costruzione. Ilario Boniello

Tafuri al presente Marco Biraghi Progetto di crisi. Manfredo Tafuri e l’architettura contemporanea Christian Marinotti, Milano, 2005 pp. 318, € 22,00 Ampliare il campo di ricerca, aprire vecchie questioni i cui esiti sono in continuo cambiamento, le cui soluzioni sono provvisorie e pertanto nuovamente attuali e lungimiranti. Il lavoro di Marco Biraghi (che già in passato ha richiamato figure imprescindibili come quella di Ezio Bonfanti) chiude un cerchio dopo averlo audacemente

riaperto, rivelando la capacità di isolare le questioni, rimetterle in campo e ponendo all’oggi la questione Tafuri: il critico, lo storico che ha scritto di architettura “con il martello”, e che ha fatto della krisis l’elemento motore della sua indagine. Dalle pagine di Biraghi traspare l’intelligenza di un importante e quanto mai attuale memento: si possono demolire, segmentare e frammentare le questioni, ma non polemicamente o con opaca vacuità semplificatrice, bensì aggiungendo complessità strumentale, riprovando, stabilendo legami, e ribadendo la circolarità delle cose. Ed ancora: tornare a scorgere i capisaldi prendendo quota, distanza positiva e visione sinottica del reale, traendo gli strumenti per interpretare il nostro tempo, per leggere l’oggi. L’autore, infatti, non si limita a parlare di Tafuri, ma allarga lo spettro


Carlo Gandolfi

Progettare? Un compito omerico Alessandro Mendini (a cura di Loredana Parmisani) Scritti Skira, Milano, 2004 pp. 732, € 45,00 “L’uomo iper-moderno si muove nell’universo degli oggetti come sulle onde di un’infinita Odissea. Ho paura del mondo così come lo vivo e lo ho vissuto. Percepisco la modernità prima come minaccia (…) I miei oggetti si pongono in essa come anticorpi, come anomalie, come fiori finti. Il mondo gelido, devastante e uniforme del potere scientifico mi spinge a fare una progettazione acrobatica, ad esprimere con vari mezzi le mie speranze, ma anche il mio disagio”. Design inteso dunque da Alessandro Mendini innanzitutto “come espressione poetica” ed arte come esorcismo potente contro la freddezza della tecnocrazia e l’algida distesa di oggetti-strumento, poiché, se è vero che “nel bene e nel male, o nell’indifferenza, tutto il mondo è divenuto boutique”, è respon-

Polis, eros e poiesis Eugenio Trías L’artista e la città Le lettere, Firenze, 2005 pp. 174, € 22,00

sabilità sociale e culturale del progettista riuscire a tracciare “una passeggiata umana, compiuta in un vuoto di merce e di metropoli”. Di qui la sua costante ricerca verso quell’essenza antropologica che “riconduce alla radice arcaica la problematica del rapporto fra gli oggetti e le persone nel mondo”, il suo incessante tentativo di creare cose, architetture e ambienti “tesi a oltrepassare i confini pratici” in direzione di un “sovra-funzionalismo coinvolgente simboli, desideri e costumi ancestrali”, sulla base di un metodo di lavoro che oscilla “fra la libertà inutile dell’arte pura e il vincolo di utilità del progetto funzionale”. Accusa il design di oggi di essere “bello, ma stupido”, di non saper più instaurare col mondo imprenditoriale un rapporto dialettico (necessariamente) di opposizione o provocazione, perché “nella sua essenza l’atto poetico contraddice l’atto industriale”. Finalmente raccolti in un unico volume gli scritti di Mendini. Il libro non solo illustra il pensiero e la poetica di uno dei grandi protagonisti della cultura del progetto degli ultimi quarant’anni, ma, dopo le dichiarazioni d’artista o gli acuti approfondimenti critici, diviene anche diario intimo, dove spiccano per intensità e densità poetica le pagine raccolte nel capitolo “Per” in cui, in una sorta di “esercizi di ammirazione” alla Cioran, sono raccolti i ritratti folgoranti dedicati a colleghi come Sottsass o Ambasz o i toccanti ricordi di amici come il grande critico dalla “barba biblica”, Pierre Restany. Sonia Milone

Il saggio di Eugenio Trías, tra le figure di spicco del pensiero filosofico spagnolo contemporaneo, ricerca il nesso dialettico tra anima e città, produzione e desiderio. Pubblicata nel ’76, poco dopo la morte di Franco, è la prima opera dell’autore tradotta in italiano e mostra il corso di una nuova Spagna che, uscita dal nazionalismo fino allora dominante, si apre all’orizzonte culturale dell’Europa: per i temi e gli autori trattati El artista y la ciudad è un libro marcatamente “europeo”. Lo scritto si snoda attraverso alcuni personaggi rappresentativi di diverse epoche: Platone e la polis ateniese, Pico della Mirandola e la città rinascimentale, Goethe ed Hegel e la Germania classica e romantica, Wagner e Nietzsche e il post romanticismo successivo al 1848, Thomas Mann e l’apice della modernità. I singoli capitoli, eloquenti anche come saggi a sé stanti, offrono nell’insieme una parabola del progressivo disfarsi del legame tra individuo e società e della corrispondente scissione tra eros e creazione: ferita tragica di cui l’era contemporanea mostra i segni nelle opere dei suoi artisti e nella cultura in genere. La pulsione desiderante, di cui si nutre la creazione artistica,

nel corso della storia occidentale, si scontra progressivamente con esigenze produttive fine a se stesse, sino a perdere ogni riferimento a ciò che Platone concepisce come poiesis, ovvero, il risultato dell’accordo tra eros, bello, anima e bene, che è insieme immagine di un ordine “politico”. L’uomo “singolare e universale” immaginato da Pico nella celebre orazione De dignitate hominis e impersonato dai grandi artisti del Rinascimento italiano, rappresenta il coronamento di quest’idea platonica, ma anche l’ultima sua manifestazione. Il desiderio, si scinde gradatamente dal corpo sociale, divenendo incapace di “oggettivarsi”: schiacciato nella dimensione privata, si rifugia in se stesso o in una realtà “allucinata” – è il caso estremo dell’ultimo Nietzsche, il quale, spogliato di un orizzonte di mediazione dialettica, “interiorizza la città”, portando dentro di sé “il conflitto”, nella pazzia. Solo di fronte ad una Verità incomunicabile, l’artista moderno si ripiega sull’opera, figura della propria alienazione. La “rottura dell’ordine psicologico del soggetto” testimonia la lacerazione dell’“ordine sociopolitico dell’oggetto”. Si aprono così le strade all’inversione utopica o negazione dell’eros, di cui la follia, l’eccesso, la morte divengono cifra esistenziale prima che artistica: sintomo di un soggetto e un universo “eccentrici”, apolidi. Irina Casali

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d’indagine e di confronto prendendo in esame le figure dell’architettura contemporanea mostrandone il quadro e sfruttando un pretesto efficace, con il risultato prezioso di provocare una riflessione assai estesa. Uno strumento importante, quindi, che offre spunti altri e mutevoli e permette di intravedere e assaggiare l’ulteriorità, tanto necessaria al presente, di cui ci parla Eliot. Biraghi nota le spie in Tafuri e prova ad illuminarle; risale alle corrispondenze e alle radici, avvallando la provvisorietà strategicamente provocata delle tesi, facendole vibrare di nuovo con lucido delineare e chiaro disegno che rifiuta di essere completato quasi a riaffermare – tafurianamente – il divenire labile ed insieme necessario delle cose: è “la costruzione analitica mai definita e sempre provvisoria” che non vuole ammettere né sancire, oggi, la fine della ricerca.


a cura di Sonia Milone

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Architettura e pittura a Como Archipittura. Interrelazione fra le Arti a Como nell’età del Razionalismo Como, Pinacoteca Civica via Diaz 84 13 maggio – 3 luglio 2005 La mostra Archipittura si inserisce all’interno delle iniziative promosse nell’ambito del centenario della nascita di Giuseppe Terragni, e fissa l’attenzione su una delle più ricche ed importanti questioni che interessano storici dell’arte e architetti: il rapporto tra la produzione architettonica e lo sviluppo della cor-

rente astrattista nella città di Como tra gli anni ’30 e il ’50. Le stanze della Pinacoteca Civica del Comune, ampie per dimensioni geometriche, fanno da contrappunto, soprattutto al primo piano della mostra, agli schizzi in formato “fazzoletto” (per questo ancora più preziosi), creando una sorta di atmosfera magica, di propensione al silenzio. La mostra è strutturata su due piani: al primo sono esposti schizzi, disegni e modelli degli attori principali di questo movimento comasco; per l’occasione sono state eseguite riproduzioni, a scala più grande dei particolari degli schizzi di progetto dei vari architetti. Nel percorso, anche per il visitatore non proprio preparato su questi temi, è subito chiaro l’intento espositivo, quello cioè di mettere in evidenza questa forte convivenza tra pittura e architettura, tra ideale dell’arte e produzione dell’opera, interpretando così il pensiero di uno dei fondatori del movimento, Franco Ciliberti autore di Valori Pri-

mordiali nel 1941 e del conseguente Manifesto di Valori Primordiali. Si cammina tra le invenzioni astrattiste di Mario Radice e le invenzioni spazio/tipologiche di Cesare Cattaneo che raggiunge, per intensità espressiva, una poetica lirica. Si passa poi al piano superiore, nella parte di esposizione che potremmo definire permanente, dove nelle piccole salette disposte a pettine e rialzate dal piano di calpestio si possono visionare i magnifici schizzi di Sant’Elia sulla città futurista, le pagine graficamente impeccabili del manifesto futurista, e i quadri del gruppo comasco, dalle opere della Badiali a Radice, da Rho a Galli.

Questa mostra, apre un cammino d’indagine dentro questo ventennio di forte produzione degli artisti e degli architetti comaschi che con aspirazioni più ampie e fortemente ideali portarono la semplice arte dell’architettura a sfiorare l’arte poetica dell’armonia. Francesco Fallavollita

Una “casa per tutti” Le case nella Triennale Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 19 maggio – 24 luglio 2005 La “casa per tutti”, mito del Moderno ed esigenza ancor più sentita nel secondo dopoguerra, rivive attraverso progetti, fotografie, plastici e ricostruzioni in 3D dei prototipi abitativi realizzati in scala 1:1 in occasione delle esposizioni della Triennale dagli anni Trenta al 1947. La mostra, che si avvale di nume-

rosi documenti inediti provenienti sia dall’archivio della “Fondazione La Triennale di Milano”, sia da archivi privati, è attentamente curata da Graziella Leyla Ciagà e Graziella Tonon. Le curatrici propongono un intelligente percorso che si snoda dai modelli di abitazione ideati nei primi anni Trenta per avvicinare il grande pubblico all’etica del razionalismo, all’evoluzione di quest’ultima nelle istanze sociali del secondo dopoguerra, ancora oggi concretamente rappresentate dal QT8, il quartiere simbolo della ricostruzione milanese. L’allestimento di Giovanni Marzari procede di pari passo al tragitto di modernizzazione dell’architettura italiana in base ai princìpi e alle modalità espressive internazionali: dalla “Casa Elettrica” del Gruppo 7, costruzione temporanea edificata nel 1930 durante l’ultima Triennale monzese, alla serie di memorabili exempla distribuiti all’interno del parco Sempione, in occasione della prima manifestazione milanese dell’Ente nel 1933. Questa edizione, diretta da Gio Ponti e indirizzata all’affermazione della nuova “civiltà dell’abitare”, costituisce la profezia della “dimensione sociale dell’abitare collettivo”, poi ribadita nel 1936 con l’esposizione di differenti tagli di alloggio e finalmente attuata, all’indomani del conflitto, nel QT8 grazie alla regia di Piero Bottoni. La volontà di riproporre all’attenzione della città e dell’Ente Triennale l’impegno civile che lo ha contraddistinto nel secolo scorso appartiene a Fulvio Irace, responsabile scientifico per l’architettura dell’Ente stesso. Questa mostra, dunque, vuole essere una scommessa per il futuro e un invito a riconsiderare un problema tuttora fondamentale e

spesso trascurato – la “casa per tutti” – affrontando le mutate esigenze della società contemporanea. Maria Teresa Feraboli

Il racconto del drago Pietro Derossi. Racconti di architettura: 1970 – 2005 Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 10 12 maggio – 1 giugno 2005 Lo spazio mostre del Campus di Bovisa del Politecnico di Milano ospita l’esposizione, dedicata a Pietro Derossi. Allestita in collaborazione con i giovani di Alterazioni Video, abbinando ai consueti pannelli, video installazioni e proiezioni di foto e disegni, la mostra documenta il lavoro dell’architetto torinese, allievo, “nel significato concreto del termine” (Gabetti), di Carlo Mollino. Fin dagli inizi, nei primi anni Sessanta, nell’incontro con la tradizione, quella regionalistica e quella rifondativa del “neoliberty”, emerge un suo caratteristico approccio ossimorico, di totale coinvolgimento e insieme di totale distacco critico, con articolazioni e deformazioni del partito architettonico, che, persistendo nella contestazione, approda, attraverso l’ibridazione con la Pop Art e con le ricerche di gruppi come gli Archigram, alla radicalità dei “fotoromanzi” del gruppo Strum per il Moma, alla flessibilità di effimeri notturni di aggregazione giovanile, qui “rammemorati” da una musica “psichedelica”, e infine, alla produzione di un nuovo paesaggio domestico di “cose”, che attraverso un’apparenza


Stefano Cusatelli

Alice nel paese dell’arte Alice nel Castello delle Meraviglie Milano, Castello Sforzesco 26 maggio – 18 settembre 2005 Si è inaugurata a Milano un’originale mostra che seguendo “le

avventure di Alice nel paese delle meraviglie”, propone un inedito viaggio all’interno dell’arte italiana del ’900 per esplorare il tema del mutamento di scala e dello sfalsamento temporale. Come Alice infatti è soggetta a improvvisi ingrandimenti e rimpicciolimenti, così l’itinerario conduce dal mondo macroscopico delle enormi tele della Transavanguardia a quello miniaturizzato nei dipinti di piccolo formato di maestri come Sironi, per giungere ad opere in scala 1:1, copie quasi perfette della realtà, usate dagli artisti per affermare, come l’Humpty Dumpty del racconto: “Quando io uso una parola (…) questa significa esattamente quello che decido io (…) né più né meno”. Ma il viaggio di Alice procede anche per continui slittamenti temporali: il coniglio bianco corre ripetendo di avere fretta; seguendolo possiamo entrare nell’universo futurista della velocità. Ma, a testimoniare la relatività del concetto di tempo, ecco anche la sospensione temporale della Metafisica: al di là dello specchio, nella fiaba, lo stesso giorno si sussegue più volte. Nel paese delle meraviglie Alice trova dunque una realtà “altra” dove ogni personaggio offre una visione particolare e anomala delle cose, così come nel

Sonia Milone

Un “over 50” ed i “giovani d’oggi” Architetti italiani under 50 Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 5 maggio – 12 giugno 2005 Non si può parlare degli “under 50” come di una categoria di giovani, ma come professionisti nel pieno della loro espressività, ricordando che Terragni a trent’anni era già considerato un maestro. Visitando la mostra emerge la notevole convergenza nella progettazione in tutte le Facoltà italiane e l’indifferenza dei valori tra le vecchie gloriose Facoltà e le nuove; la scarsa presenza femminile come partecipazione in prima persona; che l’Italia, dopo Garibaldi, dopo la realizzazione delle autostrade, si è unita anche nei risultati dell’insegnamento nelle Facoltà di architettura. All’epoca di Michelucci a Firenze e di Mancini a Milano non lo era. È stata una sorpresa constatare che i progetti potrebbero essere tutti classificati formalmente come razionalisti, tra il protorazionalismo con tipologie semantiche vicine alla “Casa Elettrica” e quello degli anni ’50 caratterizzato dalle finestre o dai tamponamenti disposti a quinconce.

Naturalmente questa è una semplificazione: c’è ora una maggior attenzione al progetto integrato e ai princìpi della globalizzazione. Avevo avuto la percezione di questo ritorno al razionalismo assistendo alle lauree in Facoltà, ma non in modo così chiaro. Voglio ricordare quanti sconvolgimenti hanno subito, via via , le nostre convinzioni. I docenti del Politecnico di Milano, negli anni ’40, si stavano convertendo dal post-neoclassicismo al razionalismo, forse spinti da noi allievi, il cui maestro era Gropius. Verso gli anni ’50 ci parve opportuno virare verso un tipo di architettura più sensibile al paesaggio che chiamerò, impropriamente, neo-liberty. Poi tra i nostri docenti avvenne il ripensamento post-moderno di Aldo Rossi. Si assistette al ritorno delle colonne, dei timpani, delle trabeazioni, che tante interpretazioni, non corrette, hanno prodotto nelle nostre periferie e province. Il decostruttivismo che seguì mi fece temere una proliferazione di tanti piccoli musei di Bilbao. Nulla di tutto questo. Concludendo, se nella vita di un professionista si sono susseguite tante tendenze, mi ha fatto piacere constatare che i “giovani” si siano incontrati per trovare la continuità dovuta a radici comuni. Mi sembrano molto coerenti: meglio questa unità che vedere ogni venti anni mutare approccio alla centralità del progetto, il più delle volte in modo poco approfondito, indipendentemente dalla filosofia che lo ha espresso e formalmente datato. Enrico Freyrie

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ludica, formalizzano la dialettica di una sperimentale abitabilità. Col tempo, in progressione non lineare, la ricerca di una legittimazione “ermeneutica” attraverso l’intreccio con la filosofia (Marx, Heidegger, Gadamer, Lyotard, Vattimo), si concreta nell’organizzazione d’eventi culturali (XVII e XIX Triennale, Identità e differenze) e, nella costruzione di modelli contaminati e giustapposti (Case a schiera a San Vito, Scuole materne a Torino), d’interni urbani per nuove socialità (Centro Aldo Moro, Anhalter Bahnof), e di architetture d’interni, in forma di viaggi archeologici nel neoclassico (ristorante Biffi Scala) o di felici occupazioni militari nel barocco (Scuola di restauro nella reggia di Venaria). Il coronamento della torre d’angolo della Wilhelmstrasse berlinese annuncia lo squarcio del velo della continuità disciplinare in favore di una narrazione su più piani (prefigurazione, configurazione, rifigurazione) descritta da Ricoeur, che, nelle ultime prove dei concorsi torinesi, approfondisce, in un ulteriore ciclo di mutazione del drago narratore, l’associazione dei figli, il tema della continuità dello spazio e il confronto con i linguaggi correnti.

mondo dell’arte, l’atto creativo sovverte gli orizzonti abituali ed opera uno sfondamento del consueto che apre nuovi sensi, facendoci precipitare, come Alice quando all’inizio della fiaba cade nel buco, in un altro ambiente, in un diverso paesaggio. “Di fronte all’imperativo del moderno di amministrare il sogno per dominare la vita, occorrono corpi insonni capaci di ebbrezza” ha scritto G. Deleuze. Vorrei, infatti, ricordare che proprio Alice è la figura-lanterna che guida il noto filosofo nel labirinto della contemporaneità, perché, mantenendosi sempre sul crinale dell’interrogazione, modifica corpi, figure e paesaggi, rilanciando, ricca di inventiva, il gioco del divenire, spezzando la sottomissione al conformismo autoritario e omologante.


a cura di Walter Fumagalli

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Dialogo sui sottotetti

Personaggi: Il Saggio, L’Amico sfortunato S. “Primavera profuma i sogni di noi poveri mortali, e tu te ne vai per questa strada polverosa con un fascio di carte sottobraccio e con un’aria che sembra ti abbia morso un serpente! Cosa sono quelle carte, e perché sei così arrabbiato?”. A. “Bravo, prendimi pure in giro. Sono due leggi, ed al mio posto saresti arrabbiato anche tu, e forse più di me”. S. “Spiegami un po’: cosa ti è successo di così grave?”. A. “Ti ricordi che mia figlia ha avuto la brillante idea di sposarsi e che quindi cerca casa?”. S. “Certo, e mi ricordo anche che in affitto non riesce a trovarla, e che i costi per comprare un appartamento nella vostra zona sono esorbitanti”. A. “Be’, mi è capitata un’occasione: nel mio palazzo hanno messo in vendita il sottotetto, e allora l’ho comprato per mia figlia. È vero, lo so che per un sottotetto ho speso un pacco di soldi e adesso alla mia età sono pure pieno di debiti, ma almeno pensavo di aver risolto il problema”. S. “Ma come, vorresti mandare tua figlia a vivere in un solaio?”. A. “Ma dai, cosa dici? Pensavo di approfittare di una Legge regionale del 1996 che permetteva di trasformare i sottotetti in appartamenti anche dove i piani regolatori non lo consentono”. S. “Adesso che me lo dici, mi ricordo di averne sentito parlare”. A. “Ecco, così ho incaricato un architetto di fare il progetto. Mi è costato un altro po’ di soldi e di debiti, ma alla fine l’architetto ha fatto proprio un bel progetto, anche se ovviamente l’ha fatto in deroga al Piano regolatore perché lì ormai tutta la volumetria era già stata sfruttata. Quindi ho presentato il progetto al Comune, per poter realizzare i lavori grazie a quella Legge del 1996”. S. “Bene, allora tutto a posto”. A. “A posto un bel niente! L’altro giorno mi è arrivata una lettera del Comune, e indovina un po’: mi dice che

dopo la presentazione del progetto la Regione ha fatto una nuova Legge che chiamano per il governo del territorio, che ha tolto di mezzo quella del 1996 e non permette più di fare gli appartamenti nei sottotetti a meno che non vengano rispettate tutte le disposizioni dei Piani Regolatori. Ma la cosa da non credere è come è nata questa nuova Legge. L’ho letto sul giornale: quando era stata presentata al Consiglio regionale, la nuova Legge conteneva quattro articoli che regolavano l’argomento, e uno di questi articoli consentiva esplicitamente di trasformare i sottotetti in abitazioni senza l’obbligo di rispettare i piani regolatori, come quella del 1996. Poi però questi quattro articoli sono stati votati a scrutinio segreto, e per un pugno di voti è stato bocciato proprio quello che prevedeva la possibilità di derogare ai piani regolatori. Così tutti i soldi che ho speso sono stati buttati via, ho un sottotetto che non mi serve a niente, e adesso mia figlia non sa dove andare ad abitare. Ho fatto proprio un bell’affare! Comunque per vederci un po’ più chiaro mi sono procurato sia la Legge vecchia che la Legge nuova, le ho lette, ma mi sembra di essere rimasto al buio”. S. “Adesso capisco perché te ne vai in giro con due leggi sottobraccio! Senti, tu sai che di leggi io un po’ me ne intendo. Fammi vedere se è proprio vero quello che dice il Comune”. A. “Leggi pure! Ma tanto se lo dice il Comune sarà certo così. Vuoi che si sia inventato le cose?”. S. (dopo aver letto attentamente le leggi) “Mah! In effetti qui dice che per fare i lavori occorre il permesso di costruire o la denuncia di inizio di attività, e sia per l’uno che per l’altra la Legge obbliga a rispettare il piano regolatore. Però…”. A. “Però cosa?”. S. “Però, se la vuoi sapere tutta, a pensarci proprio bene non mi sembra così scontato che il Comune abbia ragione”. A. “Fammi capire!”. S. “Be’ vedi, una volta ho letto che

per interpretare nel modo giusto una legge bisogna attribuire alle norme il senso che emerge dal significato delle loro parole, secondo l’intenzione del legislatore. Ma attento, l’intenzione del legislatore non è l’opinione o l’intento di questo o quel deputato, di questo o quel consigliere regionale che ha materialmente contribuito alla formulazione delle disposizioni da interpretare, ma è solo quella che emerge dal testo della legge. E poi c’è un’altra regola: quando alle disposizioni di una legge può essere attribuito più di un significato, deve essere data preferenza a quello che permette loro di avere qualche effetto, e non a quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”. A. “Mi sembra giusto, e allora?”. S. “E allora seguimi con un po’ di attenzione. La questione che ci interessa è regolata dagli Articoli 63, 64 e 65 della nuova Legge, e questi articoli sono stati inseriti in un gruppo di norme che disciplinano alcune particolari attività edilizie: prima la trasformazione dei sottotetti in appartamenti, poi la realizzazione delle autorimesse, e infine la costruzione degli edifici di culto e delle attrezzature religiose. Se poi leggi l’Articolo 63 capisci perché sono state dedicate ai sottotetti queste norme speciali, anziché utilizzare anche per loro le regole generali. Sta a sentire: la Regione promuove il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici”. A. “Va bene, ma da tutto questo cosa deduci?”. S. “Deduco prima di tutto che la Legge ha deciso di favorire dichiaratamente il cosiddetto recupero a fini abitativi dei sottotetti, e poi deduco che ha deciso di regolare i singoli argomenti trattati dagli Articoli 63, 64 e 65 con le speciali disposizioni che questi articoli contengono, e non con le norme corrispondenti riportate nella parte generale della legge”. A. “Va bene, ma andiamo al sodo”.


partamento in un sottotetto fosse necessario rispettare sempre e comunque le disposizioni dei Piani Regolatori, avrebbe senso una norma che impone l’obbligo di rispettare solo alcune di queste disposizioni, e solo nel caso che si modifichi il tetto?”. A. “Mi sembra proprio di no. Se fosse sempre necessario rispettare le norme di Piano Regolatore, e quindi anche quelle sull’altezza degli edifici, una disposizione di questo tipo sarebbe sostanzialmente inutile. Anzi, se la Legge ha detto che quando si modifica il tetto bisogna rispettare le norme del Piano Regolatore sull’altezza dei fabbricati, allora significa che le altre norme del Piano Regolatore possono anche non essere rispettate!”. S. “Bravissimo. Ma sta a sentire anche questa. Secondo l’Articolo 65, le disposizioni sui sottotetti non possono essere applicate se l’edificio ricade in una delle zone individuate a suo tempo dal comune ai sensi dell’Articolo 1.7 della Legge Regionale 15 luglio 1996 n. 15”. A. “E che cosa significa questo?”. S. “Detto così, sembrerebbe abbastanza poco. Ma se pensi che l’Articolo 1.7 era quello che permetteva ai comuni di individuare le zone in cui i sottotetti non potevano essere recuperati in deroga alle previsioni del Piano Regolatore, allora la situazione comincia a diventare davvero chiara. Se l’Articolo 65 della nuova Legge ha escluso dal campo di applicazione dei precedenti Articoli 63 e 64 proprio le zone nelle quali i comuni hanno a suo tempo stabilito di non ammettere interventi in deroga ai Piani Regolatori, secondo me è perché anche per la nuova Legge quegli interventi possono usufruire della stessa deroga. In caso contrario, anche l’Articolo 65 non avrebbe alcun senso: per trasformare i sottotetti in appartamenti bisognerebbe rispettare sempre il Piano Regolatore, ma una volta progettato, un intervento conforme a tale piano non potrebbe essere realizzato proprio in quelle zone nelle quali il Comune ha preteso il rispetto del Piano Regolatore”. A. “Allora, vediamo un po’ se ho capi-

to bene. La nuova Legge ha stabilito che in Lombardia i cosiddetti interventi di recupero abitativo dei sottotetti sono permessi purché ricorrano determinate condizioni. Fra queste condizioni non è mai menzionato, se non in un caso particolare, l’obbligo di rispettare le previsioni dei Piani Regolatori. Di conseguenza si deve concludere che, al di fuori di tale caso, anche secondo la nuova Legge si possono ricavare appartamenti nei sottotetti esistenti, senza bisogno di rispettare le previsioni dei Piani Regolatori”. S. “Mi sembra proprio che, per come risulta scritta, la Legge debba essere interpretata così”. A. “Ma allora telefono subito al mio architetto e gli dico di presentare domani stesso una nuova denuncia di inizio di attività”. S. “Piano, non ti esaltare! Per il momento la nostra è ancora una semplice teoria, sulla quale per ora credo che la magistratura non abbia maturato un proprio orientamento. Se ti piace rischiare puoi anche presentare la tua brava denuncia di inizio di attività, e se il Comune non ti risponde eseguire i lavori. Ma se invece non ami il rischio, è meglio che procedi con i piedi di piombo ed un bel po’ di pazienza”. A. “E cioè?”. S. “Prova a chiedere al Comune un permesso di costruire, spiegando per bene i motivi per cui ritieni che i lavori possano essere realizzati anche in deroga al Piano Regolatore. Se il Comune si convince e ti rilascia il permesso, sei a cavallo. Ma se ti risponde di no, allora è meglio che ti rivolgi alla magistratura, così non rischi di dover interrompere i lavori e lasciare inattivo il cantiere per chissà quanto tempo. E speriamo che una volta tanto la fortuna non ti giri le spalle”. W. F.

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S. “Eccoci al sodo: guarda qua. La Legge dice, qui all’Articolo 63, che in tutta la Lombardia è consentito il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto esistente. Allora, senti cosa penso io: di solito sono i Piani Regolatori a stabilire di volta in volta quali interventi possono essere realizzati in ciascuna zona e quali no, ed in questi casi sia il permesso di costruire che la denuncia di inizio di attività devono giustamente rispettare tali Piani. Ma per il recupero dei sottotetti questa regola non vale, perché è direttamente la Legge che dà ai cittadini il diritto di fare i lavori. Fatto questo, la Legge chiarisce poi quali sono le condizioni indispensabili per poter eseguire le opere: sono quelle stabilite dai soliti Articoli 63, 64 e 65, e se li leggi scopri che fra quelle condizioni non vi è l’obbligo di rispettare il Piano Regolatore, se non in un unico caso, e anche quello molto ben delimitato”. A. “Fammi un po’ vedere”. S. “Ecco qua, vedi? Bisogna che l’edificio dove sta il sottotetto sia destinato almeno in parte a residenza; bisogna che sia servito da tutte le opere di urbanizzazione primaria, o che almeno l’interessato si impegni a realizzarle insieme con i lavori di recupero del sottotetto; bisogna che siano rispettate tutte le condizioni di abitabilità previste dai regolamenti vigenti; bisogna che ciascun appartamento abbia un’altezza media non inferiore a certi limiti. Ma dell’obbligo di rispettare il Piano Regolatore questi tre articoli non parlano proprio!”. A. “Tu però dicevi che in un caso occorre che il Piano Regolatore sia rispettato”. S. “Certo, e proprio questa disposizione rappresenta l’eccezione che conferma la regola! Leggi l’Articolo 64: bisogna rispettare le norme del Piano Regolatore, solo nel caso in cui si decida di modificare l’altezza o la pendenza del tetto, ed anche in quel caso è indispensabile che vengano rispettate non tutte le norme del Piano Regolatore, ma solo quelle che regolano i limiti di altezza massima degli edifici. Ora, dimmi un po’: se per fare un ap-


a cura di Emilio Pizzi e Claudio Sangiorgi

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La corretta manutenzione degli estintori antincendio È assodato che il metodo più efficace per combattere un incendio è quello di intervenire al suo primo insorgere, quando cioè il focolaio è ancora di dimensioni ridotte. Sono pertanto gli estintori i mezzi di pronto intervento più diffusi per la lotta antincendio, grazie soprattutto alla facilità di impiego, al costo contenuto e alla notevole efficacia estinguente su un principio di incendio. La nuova norma UNI 9994, edizione novembre 2003, costituisce attualmente il riferimento per la verifica e la manutenzione degli estintori portatili e carrellati d’incendio prescrivendo i criteri per effettuare la sorveglianza, il controllo, la revisione ed il collaudo al fine di garantirne l’efficienza operativa. Le diverse fasi possono prevedere anche verifiche apparentemente simili, che tuttavia si distinguono per il diverso livello di competenza del personale individuato per il loro espletamento. La citata norma UNI 9994 stabilisce altresì che ciascun estintore deve avere in dotazione un cartellino di manutenzione che documenti gli interventi effettuati. Esso deve obbligatoriamente riportare almeno le seguenti informazioni: • numero di matricola o altri estremi di identificazione dell’estintore; • ragione sociale, indirizzo completo e altri estremi di identificazione dell’estintore; • massa lorda dell’estintore; • carica effettiva; • tipo di fase effettuata; • data dell’ultimo intervento (mese e anno); • firma leggibile o punzone identificativo del manutentore. Sorveglianza La fase di sorveglianza consiste nel controllare con costante e particolare attenzione l’estintore, eseguendo i seguenti accertamenti oltre alle eventuali ulteriori indicazioni fornite dal produttore e/o dall’installatore: • verificare che l’estintore sia presen-

te e segnalato con apposito cartello, secondo quanto prescritto dal D.Lgs. n. 493/1996, recante la dicitura “estintore” e/o “estintore n. …”; • accertare che l’estintore sia chiaramente visibile, immediatamente utilizzabile e che l’accesso allo stesso sia libero da ostacoli; • verificare che l’estintore non sia stato manomesso, in particolare non risulti manomesso o mancante il dispositivo di sicurezza per evitare azionamenti accidentali; • controllare che i contrassegni distintivi siano esposti a vista e siano ben leggibili; • verificare che l’indicatore di pressione, se presente, indichi un valore di pressione compreso all’interno del campo verde; • eseguire un esame visivo dell’estintore per accertare che lo stesso non presenti anomalie quali, ad esempio, ugelli ostruiti, perdite, tracce di corrosione, sconnessioni o incrinature dei tubi flessibili, ecc.; • verificare che l’estintore sia esente da lesioni alle strutture di supporto e alla maniglia di trasporto; in particolare, se di tipo carrellato, controllare che sia privo di danni ai mozzi ed ai cuscinetti delle ruote ed abbia ruote perfettamente funzionanti; • accertare che il cartellino di manutenzione sia presente sull’apparecchio e sia correttamente compilato. Le eventuali anomalie riscontrate devono essere prontamente eliminate, se è possibile un’azione correttiva immediata, altrimenti devono essere tempestivamente segnalate al responsabile del servizio di prevenzione e protezione. La sorveglianza può essere effettuata dal personale normalmente presente nelle aree protette dopo aver ricevuto adeguate istruzioni, mediante l’esecuzione di un’ispezione essenzialmente visiva al termine della quale occorre compilare l’apposita scheda del registro antincendio previsto dal D.P.R. 37 del 12/1/1998. La frequenza non è definita dalla norma e può pertanto variare in funzione della tipologia di attività, delle condizioni ambientali e del livello di rischio

(si consiglia una periodicità mensile o quindicinale). Controlli periodici Il controllo consiste nel verificare l’efficienza dell’estintore eseguendo, oltre a quanto previsto per la fase di sorveglianza, le seguenti operazioni: • controllo del tipo e dell’idoneità dell’agente estinguente in funzione delle aree da proteggere; • controllo della presenza, del tipo e della carica delle bombole di gas ausiliario per gli estintori pressurizzati con tale sistema, secondo le indicazioni del produttore; • verifica mediante pesata: – a) della carica della bombola di anidride carbonica per la pressurizzazione degli estintori (a polvere, a schiuma, ecc.); – b) della carica degli estintori ad anidride carbonica; – c) della carica degli estintori a pressione permanente (compresi quelli ad idrocarburi alogenati) e delle bombole di gas nei quali una perdita dell’1% della massa totale dell’estintore o della bombola a gas produce una perdita di pressione non maggiore del 10% della pressione di esercizio alla temperatura di 20 ± 2 °C; • verifica degli estintori a pressione permanente e le bombole di gas, diversi da quelli di cui alle lettere b) e c) del punto precedente, mediante misura della pressione interna alla temperatura di 20 ± 2 °C. Ciò deve essere ottenuto in uno dei seguenti modi: – 1) a mezzo di una presa che consenta di determinare direttamente la pressione interna con l’ausilio di un apparecchio di misura indipendente. Tale presa deve essere munita di tappo di chiusura; – 2) a mezzo di un indicatore di pressione, fisso sull’involucro dell’estintore, il cui buon funzionamento deve poter venire verificato indipendentemente; • controllo del serraggio dei raccordi ruote-mozzi e lubrificazione delle parti mobili; • compilazione del cartellino di manutenzione con punzonatura della data di effettuazione del controllo. In sostanza deve essere controllata


Una delle fasi del controllo manutentivo periodico (foto I.N.A.M.A.).

la completa e corretta funzionalità dell’estintore senza tuttavia procedere a prove di funzionamento. La frequenza dei controlli deve essere almeno semestrale. Il produttore deve fornire tutte le indicazioni necessarie per effettuare il controllo. Gli interventi devono essere eseguiti da personale qualificato ed in possesso dei requisiti di legge e devono essere annotati sull’apposita scheda del registro antincendio. Revisione (manutenzione) La revisione consiste nel controllare e rendere perfettamente efficiente l’estintore tramite l’esecuzione dei seguenti accertamenti ed interventi: • verifica della conformità al prototipo omologato per quanto attiene alle iscrizioni ed all’idoneità degli eventuali ricambi; • verifiche di cui alle precedenti fasi di sorveglianza e controllo; • esame interno dell’apparecchio per la verifica del buono stato di conservazione; • esame e controllo funzionale di tutte le parti; • controllo di tutte le sezioni di passaggio del gas ausiliario e dell’agente estinguente, in particolare il tubo pescante, i tubi flessibili, i raccordi e gli ugelli, per verificare che siano liberi da incrostazioni, occlusioni e sedimentazioni;

• nel caso di estintori carrellati, controllo dell’assale e delle ruote; • eventuale ripristino delle protezioni superficiali; • taratura e/o sostituzione dei dispositivi di sicurezza contro le sovrapressioni; • ricarica e/o sostituzione dell’agente estinguente; • montaggio dell’estintore in perfetto stato di efficienza; • compilazione del cartellino di manutenzione con punzonatura della data di effettuazione della revisione. La frequenza con cui eseguire le operazioni previste per la fase di revisione è indicata nella seguente tabella. Frequenza di revisione TIPO DI ESTINTORE

Tempo massimo di revisione con sostituzione della carica (mesi)

A polvere

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Ad acqua o a schiuma

18

Ad anidride carbonica

60

Ad idrocarburi alogenati

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Il produttore deve fornire tutte le indicazioni necessarie per effettuare il controllo. Gli interventi devono essere eseguiti da personale qualificato ed in possesso dei requisiti di legge e devono essere annotati sull’apposita scheda del registro.

Collaudo Il collaudo consiste in una misura di prevenzione atta a verificare con la frequenza sotto specificata, la stabilità del serbatoio o della bombola dell’estintore in quanto facente parte di apparecchi a pressione. Gli estintori a biossido di carbonio (CO2) e le bombole di gas ausiliario devono rispettare le scadenze indicate dalla legislazione vigente in materia di gas compressi e liquefatti. Gli estintori che non sono soggetti a verifiche periodiche secondo la legislazione vigente e costruiti in conformità alla Direttiva 97/23/CE (D.Lgs 93/2000) devono essere collaudati ogni dodici anni mediante una prova idraulica della durata di trenta secondi alla pressione di prova indicata sul serbatoio. Gli estintori che non sono soggetti a verifiche periodiche secondo la legislazione vigente e non conformi alla Direttiva 97/23/CE (D.Lgs 93/2000) devono essere collaudati ogni sei anni mediante una prova idraulica della durata di un minuto alla pressione di 3,5 MPa o come da valore punzonato sul serbatoio se maggiore. Il produttore deve fornire tutte le indicazioni utili per effettuare il collaudo. Naturalmente gli estintori che vengono rimossi per eseguire gli interventi di revisione e collaudo devono essere prontamente rimpiazzati con altri aventi prestazioni non inferiori. In ogni caso gli estintori devono essere ricaricati quando siano utilizzati anche parzialmente. Mario Abate Ispettore Antincendi Coordinatore – Comando VV.F. Milano

43 PROFESSIONE NORMATIVE E TECNICHE

In fase di revisione, i ricambi utilizzati devono far conservare all’estintore la conformità al prototipo approvato o omologato dal Ministero dell’Interno ed essere garantiti all’utilizzatore a cura del manutentore. Infatti la sostituzione di un elemento (estinguente, serbatoio, dispositivi di sicurezza, ecc.) con un componente diverso da quello previsto nel prototipo approvato, fa decadere l’approvazione di tipo e rende il prodotto non conforme alla legge.


a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

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Legge G.U. n. 91 del 20.4.2005 3a Serie generale Decreto 12 aprile 2005 Determinazione, per il periodo 1° gennaio 2005 - 31 dicembre 2005, della misura del tasso di interesse di mora da applicare, ai sensi e per gli effetti dell’Art. 30 del capitolato generale dell’appalto dei lavori pubblici, approvato con Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 19 aprile 2000, n. 145 Ai sensi dell’Art. 26 della Legge 11 febbraio 1994, n. 109 – quale risulta modificato dall’Art. 9, comma 44, della Legge 18 novembre 1998, n. 415 – la misura del tasso di interesse di mora da applicare ai sensi dell’Art. 30 del capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici approvato con Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 19 aprile 2000 n. 145, è fissata per il periodo 1° gennaio 2005 – 31 dicembre 2005 al 7,125%. G.U. n. 96 del 27.4.2005 Serie generale Decreto-legge 26 aprile 2005, n. 63 Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d’autore Il seguente Decreto-legge all’Art. 1 tratta dello sviluppo e coesione territoriale. Il coordinamento e la verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale, nonché delle politiche di coesione, con riferimento alle aree del Mezzogiorno, e le funzioni previste dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell’utilizzo di fondi strutturali per tali aree sono attribuiti al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero a un Ministro da lui delegato. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma precedente, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato utilizza anche le strutture organizzative del Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, cui restano attribuite tali competenze ivi comprese le relative risorse. L’Art. 2 istituisce un coordinamento delle politiche in materia di diritto d’autore. Al fine di consentire l’efficace coordinamento, anche a livello internazionale, delle funzioni di contrasto delle attività illecite lesive della proprietà intellettuale, i compiti del Ministero per i Beni e le Attività culturali, sono esercitati d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

B.U.R.L. 1° Suppl. straordinario al n. 15 del 12 aprile 2005 D.g.r. 24 marzo 2005 – n. 7.21205 Revoca della D.g.r. n. 20047 del 23 dicembre 2004 e approvazione della “Direttiva regionale per l’allertamento per rischio idrogeologico e idraulico e la gestione delle emergenze regionali” La Giunta regionale delibera di revocare la D.g.r. n. 20047 del 23 dicembre 2004, recante “Direttiva regionale per l’allertamento per rischio idrogeologico e idraulico e la gestione delle emergenze nazionali in prima attuazione della Direttiva Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 e della Legge Regionale 22 maggio 2004, n. 16; di approvare la “Direttiva regionale per l’allertamento per rischio idrogeologico ed idraulico e la gestione delle emergenze nazionali”; di dare atto che con successiva intesa tra Regione Lombardia e Ministero dell’Interno saranno regolate le modalità del concorso delle forze statali al sistema regionale di protezione civile. B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 16 del 22 aprile 2005 D.g.r. 24 marzo 2005 – n. 7.21201 Approvazione della variante al Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Regionale dell’Adamello, ai sensi dell’Art. 19 della L.R. 86/1983 e successive modifiche ed integrazioni – Obiettivo 9.6.1. “Pianificazione delle aree protette” La Giunta regionale delibera di approvare la variante al Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Regionale dell’Adamello costituita dai seguenti elaborati, parte integrale e sostanziale della presente delibera: Allegato 1: Norme tecniche di Attuazione; Allegato 2: Parco Regionale dell’Adamello – Planimetria generale azzonamento (scala 1:25.000); Allegato 3: Parco Regionale dell’Adamello – Planimetria generale: I siti di importanza comunitaria (scala 1:25.000). B.U.R.L. 4° Suppl. straordinario al n. 10 del 10 marzo 2005 D.g.r. 16 febbraio 2005 – n. 7.20741 Scheda dell’iniziativa FRISL 2005/2007 “Realizzazione di asili nido e servizi per la prima infanzia” La Giunta regionale delibera di approvare la scheda relativa all’iniziativa FRISL 2005/2007W “Realizzazione di asili nido e servizi per la prima infanzia”. B.U.R.L. 4° Suppl. straordinario al n. 10 del 10 marzo 2005

D.g.r. 16 febbraio 2005 – n. 7.20742 Scheda dell’iniziativa FRISL 2004/2006 “Eliminazione barriere architettoniche” La giunta regionale delibera di approvare la scheda relativa all’iniziativa FRISL 2004/2006V “Eliminazione barriere architettoniche”. B.U.R.L. 4° Suppl. straordinario al n. 10 del 10 marzo 2005 D.g.r. 16 febbraio 2005 – n. 20880 Scheda dell’iniziativa FRISL 2005/2007 “Interventi per gli ospedali” La giunta regionale delibera di approvare la scheda relativa all’iniziativa FRISL 2005/2007X “Interventi a favore degli ospedali”. B.U.R.L. 4° Suppl. straordinario al n. 10 del 10 marzo 2005 Circ. r. 22 febbraio 2005 – n. 11 Circolare n. 11 del 22 febbraio 2005: Modalità per l’accesso ai contributi FRISL 2004/2006 iniziativa “Eliminazione barriere architettoniche” e FRISL 2005/2007 iniziativa “Realizzazione di asili nido e servizi per la prima infanzia” e iniziativa “Interventi a favore di ospedali” La parte prima della seguente circolare riguarda l’istituzione FRISL, le iniziative finanziate e modalità di assegnazione di contributi, l’erogazione dei contributi e revoche, i rientri FRISL, le note sull’ammissibilità delle domande, la priorità e l’informativa ai sensi del D.Lgs 196/03. La parte seconda le note per la compilazione della scheda. C. O.

Stampa Ambiente Autorizzazione unica obbligatoria dal 7 maggio (da “Edilizia e Territorio – Commenti e Norme” n. 18/2005) I nuovi impianti industriali e di trattamento dei rifiuti sono soggetti ad un’unica autorizzazione integrata ambientale che sostituisce le procedure previste dalle singole discipline di settore di tutela dell’aria, dell’acqua, del suolo e di gestione dei rifiuti. Entra in vigore il D.Lgs 59/2005


Appalti Merloni, scatta la mini riforma (da “Edilizia e Territorio” del 18-23.4.05) Il Senato ha approvato in via definitiva la Legge Comunitaria 2004 (A.S. 2742) che contiene una serie di modifiche alla legge quadro sugli appalti. Scompaiono gli affidamenti fiduciari di progetti e validazione, sostituiti da scelte che rispettano comunque i princìpi di trasparenza e non discriminazione. Nel global service potranno essere utilizzate le norme sui servizi, anche quando i lavori sono economicamente prevalenti. Gli avvisi di project financing dovranno indicare subito i criteri di scelta del promotore.

(dal “Corriere della Sera” del 22.4.05) A trent’anni dalla nascita, il Parco del Ticino si propone come un modello di tutela dell’ambiente. “Un modello lombardo ed esportabile in Europa”, dice il presidente, Milena Bertani. Il progetto è stato presentato nell’ambito della prima assemblea dei parchi regionali italiani a Castano. In questa sede sono stati affrontati temi scientifico-naturalistici, socioeconomici e giuridico-istituzionali relativi all’istituzione dei parchi ed alla creazione di una rete ecologica nazionale. La Provincia: progettiamo un’autostrada del verde (dal “Corriere della Sera” del 22.4.05) All’assemblea nazionale dei parchi è stato presentato un progetto riguardante la realizzazione di una vera e propria “dorsale del verde” che colleghi l’Adda al Ticino attraverso i sei parchi regionali e gli undici sovracomunali della provincia di Milano. Lo studio di fattibilità sarà pronto a fine anno.

Normative tecniche Materiali da costruzione, parametri europei per superare la prova del fuoco (da “Edilizia e Territorio – Commenti e Norme” n. 16/2005) Con il Decreto del Ministero dell’Interno 10.3.05 “Classi di reazione al fuoco per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali è previsto il requisito della sicurezza in caso d’incendio” viene recepito il sistema europeo di classificazione di reazione al fuoco per i prodotti da costruzione (di cui alla direttiva 89/106/Ce). Antisismica, è in arrivo la proroga (da “Italia Oggi” del 4.5.05) I Consigli nazionali degli Ingegneri, dei Geologi e dei Geometri hanno chiesto il rinvio dell’entrata in vigore dell’Ordinanza n. 3274/2003 della Protezione Civile che detta nuove regole per la costruzione in zona sismica. In particolare sono previsti nuovi metodi di calcolo rispetto a quelli in uso. La maggior parte degli interrogativi riguarda il rapporto tra quest’ordinanza e quanto contenuto nel Testo Unico delle costruzioni poiché appaiono in contraddizione: il Testo Unico recepisce le norme in materia antisismica, ma stabilisce che è facoltativo adottarle. Parchi Sfida ecologica, via agli stati generali dei parchi regionali

Urbanistica Urbanistica, il Governo boccia la Regione. Ricorso alla Consulta contro la nuova legge. L’assessore Boni: meglio modificarla (dal “Corriere della Sera” del 20.5.05) Il Governo impugna la legge urbanistica della Lombardia, uno dei provvedimenti più importanti della scorsa legislatura. Il Consiglio dei Ministri ritiene il provvedimento “censurabile” in particolare per tre aspetti: disciplina delle compensazioni per l’esproprio di aree di pubblico interesse, indirizzi per la prevenzione dei rischi idrogeologici, iter autorizzativi per gli impianti di comunicazione elettronica. Inoltre la legge regionale sarebbe in contrasto con le direttive Ue per quanto riguarda la possibilità per i privati di realizzare direttamente interventi di interesse pubblico. Gli urbanisti sono pubblici ufficiali. Costretti a risarcire il danno erariale se commettono abusi nell’elaborazione di varianti al P.R.G. (da “Edilizia e Territorio” del 2-7.5.05) La seconda sezione centrale della Corte dei Conti, con la sentenza n. 109 del 24.3.05, afferma la responsabilità erariale per i tecnici esterni chiamati a redigere gli strumenti urbanistici. Gli organi politico-amministrativi (Giunte e Consigli) decidono la pianificazione sulla base di quanto predisposto dai tecnici, siano essi inter-

ni od esterni all’ente. Anche i liberi professionisti esterni “esercitano una funzione pubblica”, perché “predispongono gli strumenti normativi che regoleranno per il futuro, lo sviluppo urbanistico della città” e sono alla base delle decisioni amministrative. P.I.I., nessuno segue il modello Milano (da “Edilizia e Territorio”del 18-23.4.05) Solo Milano crede nei Programmi Integrati di Intervento, il resto della Lombardia non segue la metropoli. Dei P.I.I. realizzati in tutta la Lombardia, dal 2000 a oggi, attraverso la procedura dell’Accordo di programma in variante, ben 18 sono situati all’interno della Provincia milanese, mentre solo nove realizzati nelle altre Province. Il Comune ha attivato ben 96 P.I.I., considerando anche quelli non in variante. I P.I.I. sono stati previsti in Lombardia dalla Legge Regionale 9/1999 con tre tipologie. Ci sono quelli approvati, in variante al Piano Regolatore, dalla Regione con Accordo di programma con il Comune, realizzati prima della L.R. 3/2004; i P.I.I. adottati dal Comune ed esaminati dalla Provincia per un parere di compatibilità sul P.T.C.P.; infine ci sono i P.I.I. che richiedono solo delle varianti semplificate (aumento della capacità edificatoria non superiore al 10%) e vengono direttamente approvati dall’amministrazione locale, senza verifica con il P.T.C.P. Lottizzazione, esenti da IVA le cessioni di opere ai Comuni (da “Edilizia e Territorio – Commenti e Norme” n. 17/2005) L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 50/E, chiarisce quali attività di urbanizzazione sono equiparate al versamento del contributo previsto dalla legge “Bucalossi”. Il particolare regime vale solo per la realizzazione di alcuni tipi di strutture individuate espressamente dalla Legge (Articolo 441, L. 847/1964) come strade residenziali, parcheggi, scuole, chiese e impianti sportivi. Precisata anche la posizione degli enti locali, che devono pagare l’IVA sulla vendita di aree in esecuzione di convenzioni. M. O.

45 PROFESSIONE STRUMENTI

che disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell’autorizzazione nonché le modalità d’esercizio degli impianti.


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Ordine di Bergamo tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Ordine di Brescia tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Ordine di Como tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Ordine di Cremona tel. 0372 535422 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Ordine di Lecco tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld.it Ordine di Lodi tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Ordine di Mantova tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Ordine di Milano tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Ordine di Pavia tel. 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Ordine di Sondrio tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Ordine di Varese tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it

Milano

a cura di Laura Truzzi Designazioni • Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri: richiesta rappresentanti dell’Ordine per Commissione Giudicatrice Concorso nazionale di idee per la “Realizzazione di edifici pubblici ed opere di urbanizzazione presso l’ex cotonificio “Cederna” di Monza. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Fabia Marta PONTE DI PINO, Luigi Mario SPINELLI, Patrizia ZANELLA. • Impresa De Vita Geom. Roberto Lavori Edili di Nerviano: richiesta terna per collaudo di opere in c.a. relative ad un fabbricato di due piani fuori terra più sottotetto e un seminterrato per un totale di n. 10 unità immobiliari (n. 8 abitazioni e n. 2 uffici) in Comune di Parabiago. Si sorteggiano e si approvano i seguenti nominativi: Gian Battista CONFALONIERI, Maurizio CUNIOLO, Luigi MAGNI. • Arbitrato Nuova Edilnov Restauri s.r.l./Condominio via Turati n. 63/b, Limbiate: richiesta nomina terzo arbitro con funzione di Presidente. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Laura DI GIULIO. • Arbitrato Frigerio C.E. s.r.l. /Condominio di Mac Mahon n. 109, Milano: richiesta nomina terzo arbitro. Si sorteggia e si approva il seguente nominativo: Mario TAGLIAPIETRA. Legge n. 62 del 18.4.2005 Incarichi di progettazione su base fiduciaria Il 12 maggio scorso è entrata in vigore la Legge n. 62 del 18.4.2005 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea, Legge comunitaria 2004). La Legge comunitaria ha ridisegnato in alcuni punti la Legge Merloni in modo da non consentire le assegnazioni di incarico dirette, per importi stimati inferiori a 100 mila euro, senza che vengano rispettati i princìpi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza. In questa catego-

ria rientrano, oltre agli incarichi di progettazione, anche i collaudi e i servizi di verifica dei progetti, sempre con importo stimato al di sotto dei 100 mila euro. In particolare l’argomento è trattato nell’art. 24 della Legge n. 62 che potete trovare sul sito dell’Ordine all’indirizzo: www.ordinearchitetti.mi.it/news/novita.html Convenzioni Vi informiamo che l’Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Milano ha attivato alcune nuove convenzioni che permetteranno significative agevolazioni economiche per gli iscritti con: • Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Per info: www.ordinearchitetti.mi.it/news/conv_cultura.html • Gruppo Digit Srl Per info: www.ordinearchitetti.mi.it/news/conv_strum.html • Videocom Per info: www.ordinearchitetti.mi.it/news/conv_soft.html Sul sito potrete inoltre trovare anche le precedenti convenzioni già stipulate. Serate d’Architettura • Volo a vista sull’Europa.. La Svizzera: l’Architettura, il Mestiere e l’Europa 9 maggio 2005 Sono intervenuti: Vittorio Magnago Lampugnani, Luca Ortelli Conduttore: Adalberto Del Bo Il terzo incontro dedicato alla ricognizione dello stato dell’architettura italiana, dopo quelli su Roma e Milano, ed europea ha visto orientare il dibattito verso la realtà svizzera. Mentre parlare di Unione Europea e di Svizzera potrebbe sembrare una contraddizione, stiamo invece trattando di un Paese dai confini molto aperti verso l’Europa e con la volontà di intensificare con questa i già intensi rapporti. La firma svizzera sulla Dichiarazione di Bologna del 1999 ha indotto nel Paese lo stesso processo di trasformazione in atto in Italia dagli ultimi quattro anni e deve essere intesa come la volontà di apertura e di scambio con il resto d’Europa. Del Bo cita dalla Dichiarazione di Bologna: “il titolo rilasciato al

termine del primo ciclo sarà anche spendibile quale idonea qualificazione nel mercato del lavoro europeo”. Mentre in Italia questo articolo della Dichiarazione è stato applicato alla lettera, lo scopo della serata è quello di vedere in che modo lo stesso sia stato interpretato nella vicina Svizzera ed è per questo che Del Bo presenta gli ospiti, illustri portavoce delle scuole di architettura svizzere: l’architetto Vittorio Magnago Lampugnani, ex direttore della Scuola Politecnica di Zurigo, e l’architetto Luca Ortelli, direttore della Scuola di Architettura dell’Università di Losanna. Entrambi sono personaggi con un ampio raggio di osservazione, grandi conoscitori anche del panorama italiano, in grado di dare un quadro delle differenze e delle prospettive e di commisurarle rapidamente con quanto succede in Europa. I tre principali temi proposti dagli incontri Volo a Vista non mutano rispetto ai due incontri precedenti: scuola, architettura, mestiere. Lampugnani, dopo aver illustrato alcuni dati relativi alle scuole svizzere (4 scuole universitarie e 12 scuole tecniche per un Paese di 6.500.000 abitanti; 1.200 studenti nella scuola di Zurigo) confronta l’assetto scolastico precedente (4 anni di scuola più il tirocinio professionale di un anno) con quello attuale (3+2 anni più il tirocinio professionale sempre di un anno). Il problema di questa nuova impostazione è sicuramente costituito dal fatto che, dopo solo tre anni di formazione, i giovani laureati non sono professionalmente maturi. L’ultimazione del primo ciclo deve quindi essere vista, positivamente, solo come un lasciapassare europeo che dia la possibilità di proseguire gli studi in una qualunque altra sede europea. È chiaro che in questo momento le figure professionali che si presentano nel mondo dell’architettura sono molteplici, ma la scuola, se non può avere una Unitè de Docrine, deve per lo meno avere un profilo chiaro che i docenti devono avere in comune per poter funzionare come struttura formativa. Secondo Lampugnani la scuola non deve dimenticare la sua ori-


gine tecnica, deve essere quindi motivo di apprendimento del mestiere di architetto e di urbanista. L’Architetto deve essere, conclude Lampugnani, custode della dimensione tecnica, intellettuale e anche poetica, dimensione quest’ultima che la scuola deve aiutare a sviluppare. Luca Ortelli torna sulla Dichiarazione di Bologna che vede come una dichiarazione di princìpi molto aperta che ogni Paese ha declinato in modo diverso. La Svizzera, di solito molto precisa e zelante, l’ha applicata da oltre un anno per volontà delle autorità accademiche, ma ne ha dato una particolare interpretazione: la conclusione del primo ciclo di tre anni viene considerata come un “passaporto europeo” per la mobilità tra scuole,

ma non viene considerata qualificante per la professione. In Svizzera il Presidente della scuola (che corrisponde al Rettore delle nostre università) ha libera scelta nell’organizzazione della scuola stessa. L’attuale Presidente della scuola di Losanna ad esempio ha optato per il raggruppamento di alcuni dipartimenti in facoltà: “Facoltà di architettura, ingegneria civile e ambientale”. Quindi vediamo come, da un imposizione amministrativa, la scuola di Losanna abbia tratto lo spunto per una revisione generale della formazione che ha coinvolto anche i piani di studio. Con questa trasformazione, ogni facoltà potrà produrre un solo tipo di laurea e automaticamente l’architetto sarà più generalista in modo da

pugnani afferma che, grazie alla sua consolidata tradizione di concorsi, che poi effettivamente vengono realizzati, la Svizzera è sicuramente avvantaggiata rispetto al nostro Paese. Mentre Ortelli critica i concorsi e le gare di oggi che si basano sulla consistenza della struttura dello studio, sul fatturato e sulle precedenti esperienze analoghe…; in questo modo i concorsi non premiano più il bel progetto ma, a suo avviso, la mediocrità inducendo alla creazione dell’architetto specialista in concorsi. Nelle giurie poi vi è una grande frattura fra l’architetto e il resto dei giurati: ciò che viene premiato dagli architetti è sempre l’opposto da ciò che viene votato dalle altre figure professionali chiamate a giudicare un progetto. A conclusione della serata sono stati numerosi gli interventi e domande dei presenti in sala, a dimostrazione del grande interesse che riveste l’argomento tra gli addetti ai lavori. Tra le risposte dei relatori non possiamo non riportare la citazione di Luca Ortelli di un politico francese a proposito del tema della serata, Architettura e Mestiere: “Ci sono troppi architetti per quello che fanno, ma troppo pochi per quello che dovrebbero fare”.

47 INFORMAZIONE DAGLI ORDINI

poter far fronte alle molteplici esigenze della realtà contemporanea. Un architetto avrà la capacità di leggere, decifrare e interpretare tutte le problematiche urbane e territoriali. Anche la scuola di Losanna, in accordo con quella di Zurigo, forse retaggio della formazione italiana dei due direttori, sta cercando di andare oltre l’aspetto meramente tecnico dell’architetto coniugando la grande tradizione tecnico-pratica dei politecnici svizzeri con una dimensione anche un po’ umanista che è forse l’elemento nuovo per l’insegnamento svizzero. Per quanto riguarda il mondo del lavoro, in Svizzera la situazione non si presenta molto più rosea che in Italia. L’architetto cosiddetto “generalista”, che sa fare il suo mestiere, va contro la logica del mercato che oggi tende all’estrema specializzazione. Secondo Ortelli, la scuola deve riprendere il suo ruolo di leader (ciò che di importante oggi succede in architettura purtroppo non passa più dalla scuole) nella formazione e nella ricerca e riprendere anche alcuni importantissimi temi, come ad esempio l’alloggio collettivo o lo sviluppo sostenibile, che non sono più affrontati nelle università ma che sono trattati da competenze che sono al di fuori di quelle dell’architetto. Ortelli nota una frattura profonda tra quello che sono le emergenze e le priorità del nostro mestiere e ciò che è “l’apparato celebrativo” che sembra celebrare un aspetto molto superficiale della professione. La scuola deve ridefinire il suo ruolo. Ortelli rivolge un invito a tutti i colleghi: bisogna cercare di vedere l’università come il luogo dove si esercita la critica e dove, se possibile, si mette a punto un sistema di costruzione della città e del territorio, alternativo a quello che oggi subiamo spinti da parametri che hanno poco a che fare con la nostra formazione. A conclusione del primo giro di esposizione dei relatori l’architetto Del Bo rilancia un tema importante: il concorso d’architettura. A Milano, pur tra difficoltà e contraddizioni, sembra che si stia pian piano costituendo, nell’appartato pubblico, l’idea dell’importanza del concorso di architettura. In Svizzera? Lam-


A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l’adeguamento dei compensi Dicembre

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10%. Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato)

1495,58

G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA

1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice-novembre 1969:100 Anno 2002 2003 2004 2005

48

Febbraio Marzo Aprile 1470 1467,96 1471,72 1475,49 1510 1504,37 1509,40 1511,91 1540 1537,02 1538,28 1542,04 1560 1555,86 1560,88 1563,39 1568,42

Maggio

Giugno 1480 1478,00 1480,51 1513,16 1514,42 1544,56 1548,32

2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno 2002 2003

INDICI E TASSI

Gennaio 1460 1462,93 1500 1501,86 1530 1532,00

2004 2005

dicembre 1978:100,72

Luglio

Agosto

Settembre Ottobre

Novembre Dicembre

509,35

511,52

512,39

512,82

513,69

514,56

515,86

517,17

517,60

522,38

523,25

523,69

524,12

525,43

526,29

527,60

528,03

529,34

529,34

532,38

533,68

534,55

535,86

536,29

537,16

537,16

537,16

538,46

538,46

541,07

542,81

508,04 520 520,64 531,94 540 540,20

Febbraio 114,97 117,46 119,28

Marzo 115,35 117,56 119,48

Aprile 115,54 117,85 119,86

anno 1995: base 100 Maggio 115,64 118,04

Giugno 115,73 118,33

Luglio 116,02 118,42

4) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) 5) Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)

anno 2000: base 100

Anno 2003 2004 2005

Giugno 106,34 108,73

Gennaio 105,46 107,58 109,25

Febbraio 105,64 107,93 109,61

Marzo 105,99 108,02 109,78

Aprile 106,17 108,28 110,14

Maggio 106,26 108,46

Luglio 106,61 108,81

6) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda)

anno 1999: base 100

Anno 2003 2004 2005

Giugno 111,46 113,95

Luglio 111,73 114,04

2005 112,12

Gennaio 110,53 112,75 114,51

Febbraio 110,72 113,12 114,87

Marzo 111,09 113,21 115,06

Aprile 111,27 113,49 115,43

Maggio 111,36 113,67

7) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

2001 103,07

1996 105,55

2003 108,23

2004 110,40

1997 108,33

1998 110,08

1999 111,52

1998 101,81

1999 103,04

Settembre Ottobre 116,50 116,60 118,61 118,61

2000 105,51

2000 113,89

Agosto 106,79 108,99

Settembre Ottobre 107,05 107,14 108,99 108,99

2002 111,12

Novembre Dicembre 107,40 107,40 109,25 109,25

gennaio 1999: 108,20 Agosto 111,92 114,23

Settembre Ottobre 112,19 112,29 114,23 114,23

Novembre Dicembre 112,56 112,56 114,51 114,51

gennaio 2001: 110,50

novembre 1995: 110,60 2001 117,39

2002 120,07

2003 123,27

2004 116,34

2005 118,15

anno 1997: base 100

2001 108,65

Novembre Dicembre 116,89 116,89 118,90 118,90

dicembre 2000: 113,40

anno 1995: base 100

9) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Architetti Milano) Indice da applicare per l’anno

giugno 1996: 104,20 Agosto 116,21 118,61

anno 2001: base 100

2002 105,42

8) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

1555,86

Giugno

506,30

Gennaio 114,77 117,08 118,90

1529,48

novembre 1978: base 100

3) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Architetti Milano) Anno 2003 2004 2005

Settembre Ottobre Novembre 1490 1481,77 1484,28 1486,79 1490,56 1494,33 1520 1518,19 1520,70 1524,46 1525,72 1529,49 1550 1549,58 1552,09 1552,09 1552,09 1555,86

Maggio

Febbraio Marzo

538,46

Agosto

Aprile 510 510,65

Gennaio

519,78 530 530,21

Luglio

2003 113,87

2004 125,74

2005 127,70

febbraio 1997: 105,20

Interessi per ritardato pagamento

Con riferimento all’art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l’elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d’Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.

Provv. della Banca d’Italia (G.U. 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 Provv. della Banca d’Italia (G.U. 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002 Provv. della Banca d'Italia (G.U. 12.3.2003 n° 59) dal 12.3.2003 Provv. della Banca d'Italia (G.U. 9.6.2003 n° 131) dal 9.6.2003

4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75% 2,50% 2,00%

Con riferimento all’art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.

Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003

3,35% +7 2,85% +7

Comunicato (G.U. 12.7.2003 n° 160) dal 1.7.2003 al 31.12.2003

2,10% +7

Comunicato (G.U. 15.1.2004 n° 11) dal 1.1.2004 al 30.6.2004

2,02% +7

10,35% 9,85% 9,10% 9,02%

Comunicato (G.U. 9.7.2004 n° 159) dal 1.7.2004 al 31.12.2004

2,01% +7

Comunicato (G.U. 8.1.2005 n° 5) dal 1.1.2005 al 30.6.2005

2,09% +7

9,01%

9,09%

Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.

Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla diiplina delle locazioni di immobili urbani. 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove). Applicazione Legge 415/98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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